Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di termini normativi - Vol. II
Serie: Progetti di legge   Numero: 395/1 - Vol.II
Data: 13/02/2025
Organi della Camera: Assemblea

 

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Dossier n. 420/1 Volume II

 

 

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 395/1 Volume II

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 9

Articolo 7, comma 1 (Misure di proroga in materia di politiche abitative) 11

Articolo 7, comma 2 (In materia di misure a sostegno dell'edilizia privata) 14

Articolo 7, comma 3 (Sicurezza delle gallerie ferroviarie) 16

Articolo 7, comma 4 (Sospensione aggiornamento sanzioni del Codice della strada) 18

Articolo 7, commi 4 bis e 4 ter  (Revisione veicoli ispettori MIT) 20

Articolo 7, commi 4-quater e 4-quinquies (Attività relative al Tunnel sub-portuale e alla Diga foranea di Genova) 21

Articolo 7, comma 4-sexies (Proroga in materia di contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo) 23

Articolo 7, comma 4-septies (Disposizioni su trasporti eccezionali) 25

Articolo 7, comma 4-opties (Linea 2 Metropolitana Torino) 27

Articolo 7, comma 4-novies (Interventi Ferrovie dello Stato) 28

Articolo 7, comma 4-decies (Brevetti assistente bagnanti) 30

Articolo 7, comma 4-undecies (Requisiti assistenti bagnanti) 31

Articolo 7, comma 4-duodecies   (Trasporti in condizioni di eccezionalità) 32

Articolo 8, comma 1 (Proroga di termini in materie di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) 34

Articolo 8, comma 1-bis (Riassegnazione fondi Afghanistan al bilancio del MAECI) 36

Articolo 9, comma 1 e comma 5 (Proroga di termini in materie di competenza del Ministero della difesa) 38

Articolo 9, comma 2 (Digitalizzazione processi penali militari) 40

Articolo 9, commi 3 e 4 (Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari) 42

Articolo 10, comma 1 e comma 2 (Tirocinio dei magistrati) 45

Articolo 10, comma 2-bis (Proroga in materia di patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori) 47

Articolo 10, commi 2-ter e 8-bis  (Proroghe in materia di abilitazione all’esercizio della professione forense) 49

Articolo 10, comma 3 (Proroga di termini in materia di esclusione da procedure di mobilità per il personale del Ministero della giustizia) 52

Articolo 10, commi 4-6 (Rispristino sezioni distaccate insulari) 54

Articolo 10, comma 7 (Intercettazioni mediante infrastrutture digitali interdistrettuali) 56

Articolo 10, comma 8 (Proroga del divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia) 57

Articolo 10, commi 8-ter e 8-quater (Disposizioni in materia di fuori ruolo dei magistrati) 58

Articolo 10, commi 8-quinquies e 8-sexies (formazione degli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici) 60

Articolo 10-bis  (Modifiche alla legge 11 maggio 2004, n. 126) 61

Articolo 11, comma 1 (Disposizioni concernenti termini in materie di competenza del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica) 63

Articolo 11, comma 2 (Termini in materia di riperimetrazione dei siti contaminati di interesse nazionale) 65

Articolo 11, comma 2-bis (Tempistiche di iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti) 68

Articolo 11, comma 2-ter  (Differimento della contabilizzazione della quota di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa prodotti da fasci di frutti di olio di palma vuoti e da PFAD) 70

Articolo 11, comma 2-quater (Termine di applicazione degli obblighi di immissione in consumo di biocarburanti per i fornitori di metano e di biometano per il trasporto stradale e ferroviario) 74

Articolo 11, comma 2-quinquies (Recipienti a pressione) 77

Articolo 11, comma 2-sexies (Energia elettrica da biomassa) 78

Articolo 11, comma 2-septies (Recupero dei rifiuti nei cementifici) 80

Articolo 11, comma 2-octies (Impianti GNL) 81

Articolo 12 (Destinazione del cinque per mille) 83

Articolo 12, comma 1-bis (Assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare) 85

Articolo 13 (Proroga del termine di stipula contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali a danno di beni materiali delle imprese italiane) 87

Articolo 13, comma 1-bis (Proroga disciplina Camere di commercio) 89

Articolo 13, comma 1-ter (Piattaforme gestione rifiuti) 90

Articolo 13, comma 1-quater (Autoriparazione) 91

Articolo 13, comma 1-quinquies (Credito d’imposta incentivi Transizione 5.0) 92

Articolo 13, comma 1-sexies (Proroga dell’applicazione delle disposizioni in materia di riporzionamento dei prodotti preconfezionati) 93

Articolo 13, comma 1-septies (Premio aggiuntivo a carico dei soggetti finanziatori sul volume complessivo garanzie del fondo PMI) 95

Articolo 14, comma 1 (Proroga del termine credito d’imposta e contributo a fondo perduto riconosciuto alle imprese turistico alberghiere e ricettive) 96

Articolo 14, comma 2 (Proroga semplificazioni per impianti fotovoltaici in strutture turistiche o termali) 99

Articolo 14, comma 3 (Contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato) 101

Articolo 14, comma 3-bis (Risorse per i flussi turistici in occasione delle celebrazioni del Giubileo 2025) 103

Articolo 15, comma 1 (Rinvio dell’operatività dell’organo consultivo di tutela degli interessi dei tifosi nelle società sportive professionistiche) 104

Articolo 15, comma 2 (Misure relative al compendio sito in Roma, denominato «Città dello sport») 106

Articolo 15, comma 2-bis (Disposizioni in materia di finanziamento sportivo) 110

Articolo 15, comma 2-ter (Proroga dei termini per l’adeguamento alla normativa in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali) 114

Articolo 16 (Termine concernente l’attività istruttoria connessa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni) 115

Articolo 17 (Proroga di termini in materia di editoria) 117

Articolo 17-bis (Contributo per la conservazione degli archivi  delle imprese radiofoniche private che svolgono attività d’informazione di interesse generale) 121

Articolo 18, comma 1 (Proroga delle misure per la tutela funzionale e processuale  del personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica) 123

Articolo 18, comma 2 (Proroga in materia di autorizzazione del personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica a svolgere colloqui personali con detenuti) 127

Articolo 19, comma 1 (Disposizioni concernenti termini in materia di agricoltura) 129

Articolo 19, comma 1-bis (Proroga in materia di comunicazioni obbligatorie nel settore dei cereali) 133

Articolo 19, comma 1-ter (Revisione macchine agricole) 134

Articolo 19, comma 1-quater (Disposizioni concernenti termini in materia di pesca e acquacoltura) 136

Articolo 19-bis (Proroga degli interventi previsti dal Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura) 138

Articolo 19-ter (Tavolo tecnico sisma del 1990) 140

Articolo 19-quater, commi 1 e 2 (Differimento di termini relativi alla nuova disciplina delle persone con disabilità e ampliamento della fase temporale e dell’ambito territoriale di sperimentazione della medesima disciplina) 141

Articolo 19-quater, comma 3 (Regolamento sui criteri per l’accertamento della disabilità connessa all’artrite reumatoide, alle cardiopatie, alle brancopatie e alle malattie oncologiche) 145

Articolo 19-quater, comma 4 (Termine di operatività della Segreteria tecnica per le politiche in tema di disabilità) 149

Articolo 20 (Proroga delle misure di sostegno e delle attività di assistenza in favore dei profughi dall’Ucraina titolari del regime di protezione temporanea) 152

Articolo 20-bis (Proroga del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile) 162

Articolo 21, commi 1 e 2  (In materia di certificazioni dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea) 164

Articolo 21, comma 3 (Esercizio associato delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni) 167

Articolo 21, commi 4 e 5 (Abrogazione della disciplina sanzionatoria per gli inadempimenti degli obblighi di vaccinazione contro il COVID-19, estinzione dei relativi procedimenti sanzionatori e annullamento delle sanzioni) 171

Articolo 21, commi 5-bis e 5-ter (Abrogazione e modifica di alcune disposizioni sul percorso di carriera del personale della Polizia di Stato) 173

Articolo 21, comma 5-quater (Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte  delle Polizie municipali anche nei comuni con meno di 20.000 abitanti) 179

Articolo 21, comma 5-quinquies (Inconferibilità di incarichi di livello comunale e provinciale ad amministratori locali) 181

Articolo 21, commi 5-sexies e 5-septies (Abrogazioni) 183

Articolo 21, commi 5-octies, 5-novies e 5-decies (Sanzioni e controlli COVID-19) 185

Articolo 21-bis (Disposizioni in materia di elezione del presidente della provincia) 187

Articolo 22 (Entrata in vigore) 189

 


Schede di lettura


Articolo 7, comma 1
(Misure di proroga in materia di politiche abitative)

 

 

L’articolo 7, comma 1, proroga, fino al 31 dicembre 2025, la durata dei contratti di locazione o di assegnazione in godimento degli immobili residenziali realizzati, in regime di edilizia agevolata, con il programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

Si prevede, inoltre, fino al 31 dicembre 2025, l’obbligo di notifica della proposta di alienazione all'assegnatario, al quale è attribuito il diritto di prelazione. Sono inoltre rinnovati, fino al 31 dicembre 2025, i contratti scaduti, al fine di consentire l’esercizio del diritto di prelazione, in base a determinate condizioni.

 

Il comma 1 dell’articolo 7 proroga, fino al 31 dicembre 2025, i termini temporali contenuti nelle disposizioni dell’art. 1-bis del D.L. 132/2023, in materia di politiche abitative a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

 

Nello specifico, si proroga, fino al 31 dicembre 2025, la durata dei contratti di locazione o di assegnazione in godimento degli immobili residenziali, realizzati in regime di edilizia agevolata dal programma straordinario istituito dall'art. 18 del D.L. 152/1991, ai medesimi termini e condizioni. La proroga è riservata ai contratti di locazione o di assegnazione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 132/2023 (in vigore dal 29 novembre 2023) e in scadenza entro il 31 dicembre 2025 (comma 1 dell’art. 1-bis).

L’art. 18 del D.L. 152/1991 prevede un programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato, che ha l'obiettivo di costruire alloggi da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni, quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata. Gli interventi realizzati da imprese e/o loro consorzi, il cui stanziamento complessivo è di 950 miliardi di vecchie lire (euro 490,63 milioni di euro) sono finalizzati, in prevalenza, all’attuazione di interventi di nuova costruzione di edilizia residenziale e alla realizzazione di edifici commerciali e terziari ed alle relative opere di urbanizzazione.

 

Si proroga, fino 31 dicembre 2025, l’obbligo, a carico del proprietario che intende trasferire a titolo oneroso le suddette unità immobiliari, di notificare la proposta di alienazione all'assegnatario, al quale è attribuito un diritto di prelazione, restando, comunque, ferma la facoltà di riscatto eventualmente prevista nei suddetti contratti. È prevista, in tal caso, l’applicazione dei diritti di prelazione e di riscatto come disposti dagli articoli 38 e 39 della legge 392/1978, in quanto compatibili (comma 2 dell’art. 1-bis).

 

Il comma 3 dell’art. 1-bis del D.L. 132/2023 stabilisce, inoltre, per i contratti scaduti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge (in vigore dal 29 novembre 2023), la possibilità di esercitare il diritto di prelazione previsto al comma 2 alle seguenti condizioni:

a) l'immobile è occupato dall'assegnatario o, in caso di decesso, dal suo nucleo familiare al momento della notificazione della volontà di alienarlo;

b) il proprietario dell'immobile non ne ha disposto con contratto preliminare o contratto definitivo di compravendita ovvero con altro contratto costitutivo o traslativo dell'usufrutto, uso o abitazione, trascritto anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto;

c) il soggetto che esercita la prelazione ha adempiuto regolarmente al pagamento dell'indennità di occupazione.

L’art. 1591 (Danni per ritardata restituzione) del codice civile prevede che il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.

 

Il comma in esame prevede, poi, il rinnovo, fino al 31 dicembre 2025, dei contratti scaduti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 132/2023, ai medesimi termini e condizioni, al fine di consentire l'esercizio del diritto di prelazione.  Il rinnovo dei contratti scaduti non può avvenire se è intervenuto un provvedimento passato in giudicato di rilascio dell'immobile (comma 4 dell’art. 1-bis).

 

Il comma 5 dell’art. 1-bis del D.L. 132/2023 prevede che quanto disposto non pregiudica le facoltà di riscatto, eventualmente previste a favore degli assegnatari degli immobili.

In merito all’esercizio del diritto di prelazione, ai sensi dell’art. 38 della legge 392/1978, nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Sul diritto di riscatto, l’art. 39 della legge 392/1978 prevede che qualora il proprietario non provveda alla notificazione prevista dall’art. 38, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa. Ove sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell'atto notificato con cui l'acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto.

Se per qualsiasi motivo, l'acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.

 


Articolo 7, comma 2
(In materia di misure a sostegno dell'edilizia privata)

 

 

L’articolo 7, comma 2 proroga di ulteriori sei mesi i termini dei lavori nel settore dell’edilizia privata, di cui all’articolo 10-septies, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51. Tale intervento effettuava la proroga di alcuni termini in materia di edilizia privata in considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficoltà di approvvigionamento dei materiali nonché dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi.

 

Tale disposizione è stata successivamente prorogata, dapprima, dall’art. 10, comma 11-decies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, e successivamente dall’articolo 4-quater, comma 1, lettera a), del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 2 febbraio 2024, n. 11.

Nel dettaglio, la norma estende da 30 mesi (come previsto dal vigente art. 10-septies) a 36 mesi la proroga:

-         dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori in materia edilizia, di cui all'art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico in materia edilizia), relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31 dicembre 2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 30 giugno 2024), purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato di volersi avvalere della proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione del soggetto medesimo, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del D. Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali).

Il secondo periodo della lettera a) (come da ultimo modificata dall’art. 4-quater, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 181 del 2023) del comma 1 dell’art. 10-septies specifica che la proroga in oggetto (e dunque ora l’ulteriore proroga disposta dalla norma in esame) si applica anche ai termini relativi alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), nonché delle autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate, nonché ai permessi di costruire e alle SCIA per i quali l'amministrazione competente abbia accordato una proroga ai sensi dell'art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 (cioè per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire), o ai sensi dell'art. 10, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020 e dell'art. 103, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020.

Si ricorda che l’art. 15 del Testo unico dell’edilizia disciplina l’efficacia temporale e la decadenza del permesso di costruire. Ai sensi del comma 1, nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

Il comma 2 prevede che il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori.

Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga.

La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive. Si ricorda, altresì, che i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui al citato art. 15, per gli interventi relativi alla realizzazione di infrastrutture di rete a banda ultra-larga fissa e mobile, sono stati prorogati di ventiquattro mesi dall’art. 18, comma 4, del decreto-legge n. 13 del 2023, al fine di consentire il tempestivo raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale di cui al regolamento (UE) 2021/240 e al regolamento (UE) 2021/241;

-         del termine di validità nonché dei termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della Legge n. 1150 del 1942, o dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché dei termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi fino al 31 dicembre 2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 30 giugno 2024), purché non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del D. Lgs. n. 42 del 2004.

Il secondo periodo della lettera b) (come da ultimo modificata dall’art. 4-quater, comma 1, lettera a), decreto-legge n. 181 del 2023) del comma 1 dell’art. 10-septies precisa che la proroga in oggetto (e dunque ora l’ulteriore proroga disposta dalla norma in esame) si applica anche ai diversi termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della Legge n. 1150 del 1942, o agli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché ai relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di tre anni di cui all'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge n. 69 del 2013, e della analoga proroga di tre anni di cui all'art. 10, comma 4-bis, del decreto-legge n. 76 del 2020.

Si ricorda che il piano di lottizzazione è uno strumento urbanistico, a iniziativa prevalentemente privata, disciplinato dall’art. 28 della legge 1150 del 1942, attuativo della pianificazione urbanistica generale e finalizzato a realizzare un intervento edilizio che richieda nuove opere di urbanizzazione o comporti l’aggravio del carico urbanistico esistente.


Articolo 7, comma 3
(Sicurezza delle gallerie ferroviarie)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 7 differisce dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025 i termini previsti da alcune disposizioni del decreto ministeriale del 2005, relativo alla sicurezza delle gallerie ferroviarie, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) contenente apposite linee guida, relative a prescrizioni tecniche di prevenzione e di protezione che i gestori e le imprese ferroviarie dovranno applicare alle infrastrutture ferroviarie e ai veicoli finalizzate a garantire un livello adeguato di sicurezza ferroviaria, assicurando in tal modo l’omogeneità della normativa nazionale con quella unionale in materia di requisiti e di sicurezza delle gallerie del sistema ferroviario.

 

In dettaglio, il comma 3 dell’articolo 7 novella il terzo periodo dell'articolo 13, comma 17-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (recante anch’esso proroghe di termini legislativi e convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21), differendo ulteriormente il termine ivi previsto del 31 dicembre 2024, fino al 30 aprile 2025.

Il termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2023 nel DL n. 183/2020 anche in relazione all’emergenza Covid-19, era stato già differito al 31 dicembre 2024 ad opera del D.L. n. 121 del 2021 (art. 10, comma 7-quater).

 

Per comprendere la modifica occorre ricordare che il richiamato comma 17-bis dell’art. 13 del D.L. n. 183/2020, ha previsto, al primo periodo, l’emanazione con decreto del MIT (di concerto con il Ministro dell'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici e l’ANSFISA e da notificare alla Commissione europea e all'Agenzia dell'UE per le ferrovie), di apposite linee guida finalizzate a garantire un livello adeguato di sicurezza ferroviaria mediante specifiche prescrizioni tecniche di prevenzione e di protezione da applicare alle infrastrutture ferroviarie e ai veicoli da parte dei gestori e delle imprese ferroviarie, nonché a definire i tempi di adeguamento a dette prescrizioni da parte dei gestori e delle imprese ferroviarie. La finalità è quella di assicurare l'omogeneità della normativa nazionale con quella dell'Unione europea in materia di requisiti e di sicurezza delle gallerie del sistema ferroviario, come definito dall'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 50 (di attuazione della direttiva 2016/798 sulla sicurezza delle ferrovie). Il terzo periodo del comma 17-bis ha inoltre stabilito che nelle more dell’entrata in vigore del decreto contenente tali linee guida (decreto peraltro mai emanato) e tenuto conto dell’emergenza Covid-19, fossero differiti i termini previsti da alcuni articoli, del decreto MIT 28 ottobre 2005, per l’adeguamento del sistema delle gallerie ferroviarie ai requisiti previsti dagli allegati al decreto legislativo n. 50/2019.

Si tratta dei seguenti articoli del DM 28 ottobre 2005, che pertanto sono quelli oggetto del differimento operato dalla disposizione in commento:

-        l’articolo 3, comma 8, che prescrive che, in occasione della ristrutturazione del materiale rotabile in esercizio, tutti i componenti sostituiti e integrativi devono rispettare i criteri di sicurezza di cui all’Allegato II e che comunque entro 15 anni dall’entrata in vigore del decreto ministeriale stesso (entrato in vigore l’8 aprile 2016, quindi entro l’8 aprile 2031) tutto il materiale rotabile circolante sulle infrastrutture ferroviarie debba rispettare i criteri di sicurezza di cui all’Allegato II; il termine inizialmente previsto al 2031 e poi anticipato al 31 dicembre 2023 viene quindi ora differito al 30 aprile 2025;

-        l’articolo 10, comma 2, in base al quale entro 3 anni dall'entrata in vigore del decreto, quindi entro l’8 aprile 2019, termine ora differito al 30 aprile 2025, il Gestore dell'infrastruttura propone al Ministero un programma di realizzazione delle misure di sicurezza modulato nel tempo, da attuarsi comunque non oltre i successivi sette anni, che rispetti l'obiettivo di sicurezza di cui all'Allegato III, contenente le disposizioni in materia di analisi di rischio. Il Ministero, sentito il parere della Commissione sicurezza, comunica il programma di realizzazione degli interventi di adeguamento ai soggetti erogatori dei finanziamenti per gli investimenti in attuazione delle norme vigenti.

-        l’articolo 11, comma 4, secondo cui i lavori di adeguamento delle gallerie, in base agli interventi approvati, devono essere realizzati entro quindici anni dall’entrata in vigore del decreto quindi entro l’8 aprile 2031; anche in questo caso il termine, prima fissato al 31 dicembre 2023, viene qui differito al 30 aprile 2025.

 

Si ricorda infine che il comma 17-bis dispone altresì che nelle more dell'adozione del decreto sulle linee guida, in caso di incidente, i gestori assicurano, con oneri a proprio carico, l'accessibilità in sicurezza delle gallerie di lunghezza superiore a 1.000 metri alle squadre di soccorso e ai vigili del fuoco, mediante la predisposizione di attrezzature, mezzi e dotazioni specialistiche idonei. A tal fine, sulla base dell'analisi e della ricognizione delle specifiche situazioni territoriali, i gestori predispongono, nell'ambito delle risorse disponibili per la gestione e la manutenzione della rete, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in collaborazione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il programma annuale recante le modalità operative di accesso in sicurezza delle squadre di soccorso e dei vigili del fuoco. Di tale programma i gestori informano annualmente il MIT e l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.


Articolo 7, comma 4
(Sospensione aggiornamento sanzioni del Codice della strada)

 

 

L’articolo 7, comma 4, proroga al 2025 la sospensione dell’aggiornamento biennale dell’importo delle sanzioni amministrative previste dal Codice della strada. Conseguentemente, proroga al 1° dicembre 2025 il termine entro cui deve essere adottato il decreto ministeriale relativo agli importi delle citate sanzioni, che saranno applicati dal 1° gennaio 2026 e che devono essere aggiornati in base all’andamento inflattivo del biennio 2024-2025.

 

L’articolo 7, comma 4, proroga al 2025 la sospensione, già prevista per gli anni 2023 e 2024 dalla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022), dell’operatività dell’articolo 195, comma 3, del Codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e quindi l’aggiornamento biennale dell’importo delle sanzioni amministrative ivi previsto.

Di conseguenza, dispone che il decreto ministeriale che definisce i nuovi limiti delle sanzioni applicate a decorrere dal 1° gennaio 2026, sia adottato entro il 1° dicembre 2025. L’entità delle sanzioni deve essere aggiornata in base all’andamento inflattivo relativo al biennio 2024-2025.

 

A tale riguardo, si ricorda che l’articolo 195 del Codice della strada dispone, al comma 3, che la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per le violazioni al Codice della strada sia aggiornata con cadenza biennale in misura pari all’intera variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti.

A tal fine, entro il 1° dicembre di ogni biennio, il Ministro della giustizia provvede, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, a fissare i nuovi limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, che si applicano a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo. Tali limiti devono essere stabiliti seguendo i criteri di cui ai commi precedenti, vale a dire (comma 2):

·       la gravità della violazione;

·       l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione;

·       la personalità del trasgressore e le sue condizioni economiche.

 

Infine, l’ultimo periodo del comma 3 dispone espressamente che i suddetti limiti possono superare quelli massimi previsti dal comma 1, a mente del quale – e premesso che la sanzione amministrativa consiste nel pagamento di una somma di danaro tra un limite minimo ed un limite massimo fissato dalla singola norma, sempre entro il limite minimo generale di euro 21 ed il limite massimo generale di euro 9.296 (per la conversione in euro degli importi delle sanzioni originariamente stabiliti in lire, si veda il decreto legislativo n. 213 del 1998, articolo 51) – il predetto limite massimo generale può essere superato solo in tre casi:

1.     nelle ipotesi di aggiornamento di cui al comma 3;

2.     quando si tratti di sanzioni proporzionali;

3.     quando si tratti di più violazioni ai sensi dell’articolo 198, nel qual caso è irrogata la sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo.


 

Articolo 7, commi 4 bis e 4 ter
(Revisione veicoli ispettori MIT)

 

 

La disposizione, introdotta in sede referente, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 i termini rispettivamente previsti dall'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, e dall'articolo 13, comma 6-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n.21.

 

Il comma 4-bis proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 i termini previsti dall'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, relativo alla revisione periodica dei veicoli di cui all'articolo 80 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, già precedentemente differito al 31 dicembre 2024.

Il comma 4-ter proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 i termini previsti all'articolo 13, comma 6-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21, relativo allo svolgimento delle prove di verifica delle capacità e dei comportamenti per il conseguimento delle abilitazioni di guida di cui all'articolo 116 del codice della strada.

Tale termine era stato precedentemente previsto al fine di ridurre l'arretrato in materia determinato dalla carenza di personale in servizio presso gli uffici della motorizzazione civile adibito alla funzione di esaminatore e aggravato dall'attuazione delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Pertanto fino al 31 dicembre 2025 le predette prove possono essere svolte, anche da personale degli uffici della motorizzazione civile collocato in quiescenza, abilitato ai sensi dell'articolo 121, commi 3 e 5-bis, del codice della strada.


Articolo 7, commi 4-quater e 4-quinquies
(Attività relative al Tunnel sub-portuale e alla Diga foranea di Genova)

 

 

Il comma 4-quater, dell’articolo 7, introdotto in sede referente, è volto ad estendere e a disciplinare, fino al 31 agosto 2026, l’attività del Commissario straordinario per la ricostruzione del c.d. ponte Morandi relativamente al Tunnel sub-portuale e alla Diga foranea di Genova.

Il successivo comma 4-quinquies, anch’esso introdotto in sede referente, reca la clausola di invarianza finanziaria relativa alle disposizioni recate dal comma precedente.

 

Il comma 4-quater novella in più punti il comma 1-ter, dell’articolo 9-bis, del D.L. 109/2018, introdotto nel testo di tale decreto dall’art. 18, comma 3-bis, lett. b), del D.L. 104/2023.

Il primo periodo di tale comma 1-ter ha attribuito, al Commissario straordinario per la ricostruzione del c.d. ponte Morandi (d’ora in poi indicato semplicemente con il termine “Commissario”), i compiti relativi al coordinamento e al monitoraggio delle attività dei soggetti attuatori relativi al Tunnel sub-portuale e alla Diga foranea di Genova.

La lettera a) del comma in esame riscrive il periodo in questione al fine di precisare che:

- il Commissario per la ricostruzione del c.d. ponte Morandi non svolge semplicemente i compiti succitati, ma assume ogni determinazione ritenuta necessaria per l'affidamento, l'avvio, la gestione o la prosecuzione dei lavori, nonché per il coordinamento e il monitoraggio delle attività dei soggetti attuatori relativi al Tunnel sub-portuale e alla Diga foranea di Genova[1];

- tutte le funzioni testé menzionate, sono attribuite al citato Commissario fino al 31 agosto 2026, vale a dire sino al termine di durata dell’incarico commissariale previsto dal D.P.C.M. 12 dicembre 2024;

Si fa notare che la norma vigente non prevede un termine finale, ma si limita ad attribuire al Commissario in questione i citati compiti di coordinamento e monitoraggio a decorrere “dalla data di entrata in vigore della presente disposizione”.

 

Ulteriori modifiche al testo del comma 1-ter dell’art. 9-bis del D.L. 109/2018 sono recate dalle lettere b) e c) del comma in esame.

La lettera b) introduce un periodo volto a disporre che le risorse finanziarie destinate alla realizzazione dei progetti in questione (vale a dire il Tunnel sub-portuale e la Diga foranea di Genova) sono trasferite alla contabilità speciale del Commissario.

La lettera c) integra l’ultimo periodo del comma 1-ter, al fine di prevedere che il Commissario si può avvalere (per lo svolgimento delle funzioni ad esso attribuite dal medesimo comma), non solo della sua struttura di supporto (come stabilito dal testo vigente) ma anche dei soggetti di cui all'art. 1, comma 3, per le finalità ivi indicate.

L’art. 1, comma 3, del D.L. 109/2018, dispone che “per le attività urgenti di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché per ogni altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione di lavori, servizi e forniture, il Commissario straordinario può avvalersi, anche in qualità di soggetti attuatori, previa intesa con gli enti territoriali interessati, delle strutture e degli uffici della Regione Liguria, degli uffici tecnici e amministrativi del Comune di Genova, dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di ANAS s.p.a., delle Autorità di distretto, nonché, mediante convenzione, dei concessionari di servizi pubblici e delle società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico”.

 

Il comma 4-quinquies reca la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che dalle disposizioni di cui al comma precedente non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


Articolo 7, comma 4-sexies
(
Proroga in materia di contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo)

 

 

Il comma 4-sexies dell’articolo 7, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 la facoltà, in deroga all'articolo 328 del codice della navigazione, che tutti i contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo siano stipulati dal comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore.

 

Il comma 4-sexies dell’articolo 7, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sul testo dell'articolo 103-bis, comma 1 del decreto legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, al fine di prorogare dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, in deroga all'articolo 328 del codice della navigazione, la facoltà per il comandante della nave ovvero l'armatore o un suo procuratore, nelle forme di cui all'articolo 329 del codice della navigazione, di stipulare tutti i contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo. Resta fermo l'obbligo di procedere alle annotazioni ed alle convalide previste.

 

A tale proposito è utile ricordare come il citato articolo 103-bis aveva inizialmente previsto la proroga al 31 dicembre 2020 della validità di tutte le certificazioni e i collaudi dei motopescherecci adibiti alla pesca professionale nonché delle unità di cui al D.P.R. n. 435 del 1991 (navi e mezzi di salvataggio, aliscafi e aeroscafi, galleggianti), in scadenza in data successiva al 30 gennaio 2020 e fino alla data del 30 settembre 2020. Si prevedeva inoltre che, in deroga all'articolo 328 del codice della navigazione, tutti i contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo venissero stipulati dal comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore nelle forme di cui all'articolo 329 del codice della navigazione. Tale disposizione è stata prorogata, a seguito della novella di cui all’articolo 8-bis, comma 1, del decreto legge n. 132 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 170 del 2023, fino al 31 dicembre 2024.

 

Si ricorda inoltre, che l'articolo 328 del Codice della navigazione, (Forma del contratto), di cui a Regio decreto n. 327 del 1927, prevede che salvo quanto disposto nei successivi articoli, il contratto di arruolamento deve, a pena di nullità, essere fatto per atto pubblico. Il contratto deve, parimenti a pena di nullità, essere annotato dalle autorità sul ruolo di equipaggio o sulla licenza. Prima della sottoscrizione, il contratto deve essere letto e spiegato al marittimo; l'adempimento di tale formalità risultare nel contratto stesso.

L'articolo 329 del Codice (Stipulazione del contratto in località estera dove non vi sia autorità consolare) prevede che se l'arruolamento ha luogo all'estero, in località che non è sede di autorità consolare, il contratto deve, a pena di nullità, essere stipulato per iscritto, alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione. Il contratto è conservato fra i documenti di bordo.

L'articolo 357 (Annotazioni relative alle persone arruolate), comma 3, del Regolamento di esecuzione del Codice della navigazione, prevede che relativamente all'indicazione di cui al n. 5 dell'articolo 170 del codice, il ruolo di equipaggio deve anche contenere, per ciascuna persona arruolata, il nome, il compartimento d'iscrizione e il numero di matricola, la data e il luogo di imbarco e sbarco, la firma di chi effettua il movimento e il timbro d'ufficio. Quando la retribuzione è convenuta nelle forme indicate dalle lettere c) e d) del secondo comma dell'articolo 325 del codice si deve indicare sul ruolo la parte spettante all'arruolato in rapporto al numero totale delle parti convenuto e specificare gli altri elementi fissi della retribuzione. Le stesse annotazioni si effettuano sulla licenza delle navi minori ai fini dell'applicazione degli articoli 172, 330 e 1287 del codice stesso. I contratti di arruolamento stipulati in località estera dove non sia autorità consolare sono annotati sul ruolo di equipaggio dal comandante della nave e convalidati dalla autorità marittima o consolare nel primo porto in cui abbia sede una di tali autorità

 

 


Articolo 7, comma 4-septies
(Disposizioni su trasporti eccezionali)

 

 

Il comma in titolo, introdotto in sede referente, interviene sulla disciplina dell'art. 7-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, contenente disposizioni urgenti in materia di trasporti in condizioni di eccezionalità prevedendo che il termine originariamente fissato al 30 marzo 2025 per la sospensione dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto di cui all'articolo 10, comma 10-bis, del codice della strada, venga posticipato al 30 marzo 2026. Viene inoltre riformulato il comma 2, secondo periodo del medesimo articolo. Si interviene, infine, sul comma 2-bis, prorogando il termine originario del 30 ottobre 2024 al 31 dicembre 2025.

 

In primo luogo, oggetto di modifica è l'articolo 7-bis, contenente disposizioni urgenti in materia di trasporti in condizioni di eccezionalità del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, contenente misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili al quale vengono apportate le seguenti modificazioni:

Al comma 2, primo periodo:

1) le parole: «30 marzo 2025» sono sostituite dalle parole: «30 marzo 2026».

2) sono soppresse le parole: «al fine di semplificare la disciplina transitoria disposta dalle linee guida adottate con il medesimo decreto sui trasporti in condizione di eccezionalità relativa alle verifiche di sicurezza per il transito dei mezzi fini a 86 tonnellate»;

La disposizione in commento interviene sul comma secondo prevedendo, a seguito della apposita modifica che fino alla medesima data continui ad applicarsi, ai trasporti in condizioni di eccezionalità la disciplina di cui all'articolo 10, comma 10 del codice di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché, ai trasporti in condizioni di eccezionalità per massa complessiva oltre le 86 tonnellate effettuati mediante complessi di veicoli con meno di otto assi, la disciplina transitoria sulle eventuali misure, anche di natura organizzativa o gestionale, di mitigazione del rischio applicabili di cui all'articolo 10, comma 10-bis, lettera b-bis)del codice della strada»;

Si interviene, infine, sul comma 2-bis, prorogando il termine originario del 30 ottobre 2024 al 31 dicembre 2025.

Più nello specifico il comma 2 bis prevede che presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia istituito un tavolo tecnico, con la partecipazione delle amministrazioni interessate, degli enti proprietari delle strade e delle associazioni di categoria, per la definizione del Piano nazionale per i trasporti in condizioni di eccezionalità. Il predetto Piano, da adottare originariamente entro il 30 ottobre 2024 (a seguito della proroga entro il 31 dicembre 2025) con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i corridoi dedicati ai trasporti in condizioni di eccezionalità che garantiscono il collegamento tra le aree industrializzate del Paese e i principali poli logistici e industriali, le modalità di monitoraggio dei manufatti e le azioni necessarie per risolvere le criticità anche di natura infrastrutturale, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate a legislazione vigente ovvero con oneri a carico degli utilizzatori dei predetti corridoi.

 

 

 

 

 

 


Articolo 7, comma 4-opties
(
Linea 2 Metropolitana Torino)

 

 

L’articolo 7, comma 4-opties, introdotto in Commissione, reca l’autorizzazione di spesa di 150 milioni di euro per gli anni 2025 e 2026 per la realizzazione della Linea 2 della metropolitana di Torino.

 

In dettaglio, il nuovo comma 4-opties novella l'articolo 32-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56), estendendo l’autorizzazione di spesa di 150 milioni di euro, ivi prevista per il solo anno 2024, anche agli anni 2025 e 2026.

Di tale somma annua, 100.000 euro sono relativi al compenso del Commissario ed euro 50.000 sono relative alle spese concernenti l'eventuale supporto tecnico.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 32-bis del DL n. 19/2024 che qui viene novellato, aveva disposto la proroga di 180 giorni del termine per la presentazione del cronoprogramma da parte del Commissario straordinario per la linea 2 della metropolitana di Torino. Il termine precedente, di 90 giorni a decorrere dal 28 novembre 2023, era previsto nel d.P.C.M. di nomina, all’art. 2, comma 3. Il cronoprogramma è stato presentato il 19 gennaio 2024. Il commissario straordinario è il prof. Bernardino Chiaia, ordinario di tecnica delle costruzioni al Politecnico di Torino.

La disposizione ha previsto che – entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 19/2024 – il commissario straordinario presenti al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti una proposta di rimodulazione del progetto di linea 2 della metropolitana di Torino, onde consentirne una realizzazione per lotti funzionali a risorse per l’opera invariate.

La disposizione prevede inoltre la possibilità di avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di strutture dell'amministrazione centrale o territoriale interessata, nonché di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalla regione o da altri soggetti ricompresi tra le amministrazioni pubbliche.

 

Agli oneri derivanti dal comma 4-bis, pari a euro 150.000 per ciascuno degli anni 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire "dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


Articolo 7, comma 4-novies
(I
nterventi Ferrovie dello Stato)

 

 

L’articolo articolo 7, comma 4-novies, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine entro cui devono essere eseguite o contabilizzate le lavorazioni, da parte delle società del gruppo Ferrovie dello Stato, affinché il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti possa riconoscere alla società maggiori somme a titolo di revisione dei prezzi.

Il pagamento è subordinato alla verifica da parte del ministero dell'effettivo fabbisogno aggiuntivo, che deve essere richiesto da Rete Ferroviaria Italiana Spa entro il 31 gennaio 2026.

A tal fine, si autorizza una spesa di 175 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026

 

L’articolo 7, comma 4-novies, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sull’articolo 18, comma 2, secondo periodo del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023, relativo alla realizzazione degli interventi ferroviari finanziati, anche in parte, sulle risorse previste dal PNRR e affidati al contraente generale dalle società del gruppo Ferrovie dello Stato, che siano in corso di esecuzione alla data del 1° giugno 2021.

 

Nello specifico, il comma in esame estende, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, il termine entro il quale alle lavorazioni eseguite o contabilizzate, sono riconosciute dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al contraente generale maggiori somme a titolo di revisione dei prezzi, anche in deroga a specifiche clausole contrattuali, tenuto conto anche dell'incremento delle tariffe di Rete Ferroviaria Italiana Spa, nonché per le modifiche dei contratti per il l Terzo Valico dei Giove, stipulate entro il 30 giugno 2024.

Il successivo periodo specifica che l’erogazione di tali risorse è subordinata alla verifica da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dell'effettivo fabbisogno aggiuntivo, risultante da apposita istanza presentata da Rete Ferroviaria Italiana Spa entro il 31 gennaio 2026, tenuto conto anche dell'incremento delle tariffe della medesima società.

L’ultimo periodo del comma 4-novies autorizza la spesa di 175 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2025 e 2026, a cui si provvede mediante riduzione del fondo per gli  interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, di cui all’articolo 1, comma 1076 della legge n. 205 del 2017.

 

Si ricorda che l’articolo 18, comma 2, del citato decreto legge n. 104 del 2023, destinava risorse, nel limite massimo di 157 milioni di euro per l’anno 2023 e 841 milioni di euro per l’anno 2024, al fine di provvedere ai maggiori oneri derivanti dalla realizzazione degli interventi ferroviari finanziati, anche in parte, sulle risorse previste dal PNRR e affidati a contraente generale dalle società del gruppo Ferrovie dello Stato in corso di esecuzione alla data del 1° giugno 2021.

In particolare, i contratti interessati dalla disposizione in esame sono relativi ai seguenti interventi:

·       la linea A/V Milano-Verona: tratta Brescia-Verona, 1° lotto funzionale - Il 1° lotto funzionale rientra nel progetto complessivo che prevede la realizzazione della nuova linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Brescia - Verona - Padova che fa parte dell’asse AV/AC Milano - Venezia. Tale linea riveste un’importanza strategica sia a livello nazionale che europeo, infatti, è uno dei tasselli del Core Corridor Mediterraneo che collegherà i porti del sud della Penisola iberica all'Europa orientale, passando per il sud della Francia, l’Italia Settentrionale e la Slovenia. L'intervento consentirà di incrementare l’offerta di trasporto alta velocità, regionale e merci lungo la direttrice orizzontale Milano – Venezia, garantendo una migliore separazione dei flussi di traffico, con un conseguente incremento della capacità e della regolarità del servizio, riduzione dei tempi di viaggio e aumento della frequenza dei treni.

·       la linea A/V Milano-Venezia: subtratta Verona-Vicenza 1° lotto funzionale - Il primo lotto Funzionale Verona – Bivio di Vicenza ha un valore di circa 2,5 miliardi di euro, nell’ambito di un investimento complessivo di oltre €2,7 miliardi da parte di Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS Italiane). La nuova tratta correrà per 44Km da Verona a Vicenza, attraversando 13 Comuni – 8 in provincia di Verona (Verona, San Martino Buon Albergo, Zevio, Caldiero, Belfiore, S. Bonifacio, Arcole e Monteforte d’Alpone) e 5 in provincia di Vicenza (Lonigo, Montebello Vicentino, Brendola, Montecchio Maggiore e Altavilla Vicentina). Il viaggio della nuova linea inizierà dalla stazione di Verona Porta Vescovo (Punta scambi estrema, lato Est) a partire da cui correrà parallelamente alla linea storica per circa 3,5 km fino a raggiungere la galleria artificiale di San Martino Buon Albergo (VR). Questa galleria consentirà alla ferrovia di sottopassare l’abitato e l’autostrada, e – risalendo al piano campagna – di continuare il viaggio fino al nodo di scambio nei pressi di Vicenza, punto in cui termina il tracciato del 1° Lotto Funzionale e da cui partirà il tracciato del 2° Lotto funzionale, l’attraversamento di Vicenza.

·       la Tratta AV/AC Terzo valico dei Giovi - Il Terzo Valico dei Giovi rappresenta uno dei principali investimenti delle nuove linee ad alta capacità veloce. Il progetto si sviluppa complessivamente per 53 km, di cui 37 km in galleria, e interessa 14 comuni attraversando le provincie di Genova e di Alessandria e le regioni Liguria e Piemonte. Nel suo insieme la linea è caratterizzata da gallerie costituite da due canne gemelle a singolo binario, all’interno delle quali i treni potranno raggiungere una velocità di 250 km/h. Per ogni galleria, le due canne affiancate sono collegate tra loro da una serie di tunnel trasversali in modo che ciascuna possa servire da via di sicurezza per l’altra. La nuova linea sarà collegata alle linee esistenti attraverso quattro punti di innesto: l'interconnessione di Voltri, Genova (Bivio Fegino), Novi Ligure e Tortona.


Articolo 7, comma 4-decies
(Brevetti assistente bagnanti)

 

 

Il comma in titolo, introdotto in sede referente, interviene sulla disciplina dell'art. 7 introducendo dopo il comma 4 il comma 4-bis che proroga la validità fino al 30 settembre 2025 dei brevetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 maggio 2024, n. 85, in corso di validità alla data del 30 settembre 2024, con termine di scadenza compreso tra il 1° ottobre 2024 e il 29 settembre 2025.

 

Più nello specifico, la disposizione interviene al fine di garantire continuità al servizio di assistente bagnanti per la stagione balneare 2025, prevedendo che i brevetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) e f), del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 maggio 2024, n. 85, in corso di validità alla data del 30 settembre 2024, con termine di scadenza compreso tra il 1° ottobre 2024 e il 29 settembre 2025, restano validi fino al 30 settembre 2025. Si precisa che i brevetti in questione riguardano il brevetto di salvamento mare» che concerne l'abilitazione all'esercizio dell'attività di assistente bagnanti in acque marittime, acque interne e piscine; (art. 2 comma 1, lett. d));

Il «brevetto di salvamento acque interne» che concerne l'abilitazione all'esercizio dell'attività di assistente bagnanti in acque interne e piscine; (art. 2 comma 1, lett. e));

Il «brevetto di salvamento piscine» che concerne l'abilitazione all'esercizio dell'attività di assistente bagnanti nelle piscine (art. 2 comma 1, lett. f)).

Si precisa inoltre che i titolari dei suddetti brevetti, per poter esercitare l'attività di assistente bagnanti, devono essere in possesso del certificato di idoneità fisica allo svolgimento dell'attività sportiva non agonistica di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro della salute del 24 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 169 del 20 luglio 2013, in corso di validità.

 

 


Articolo 7, comma 4-undecies
(Requisiti assistenti bagnanti)

 

 

Il comma in titolo, introdotto in sede referente, interviene sulla disciplina dell'art. 7, introducendo dopo il comma 4, il comma 4 bis che prevede la sospensione del termine di efficacia del requisito della maggiore età per lo svolgimento dell’attività di assistente bagnante, dalla data di entrata in vigore della presente disposizione fino al 30 settembre 2025.

 

La disposizione interviene al fine di garantire continuità al servizio di assistenza ai bagnanti per la stagione 2025, prevedendo che l’efficacia del requisito della maggiore età di cui al decreto adottato ai sensi dell’articolo 10, comma 3-quinquies, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n.  15, per lo svolgimento dell’attività di assistente bagnante, è sospeso dalla data di entrata in vigore della presente disposizione fino al 30 settembre 2025. Si precisa che il decreto in questione è quello adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in data 29 luglio 2016, n. 206 con cui è stato emanato il regolamento recante norme per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistente bagnante.


Articolo 7, comma 4-duodecies 
(Trasporti in condizioni di eccezionalità)

 

 

L’articolo 7, comma 4-duodecies, individua la procedura in base alla quale sulla scorta delle manifestazioni di interesse pervenute, previa ricognizione dello stato di avanzamento dell’iter approvativo dell’opera e delle relative procedure di affidamento, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è definito, secondo l’originaria graduatoria, l’elenco degli interventi che possono accedere all’erogazione delle ulteriori rate dei finanziamenti del Fondo di cui all'articolo 1, comma 891, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nei limiti delle risorse stanziate a legislazione vigente, a condizione che l’aggiudicazione del relativo appalto di lavori avvenga entro e non oltre il 31 dicembre 2025.

 

La disposizione prevede che, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i soggetti beneficiari dei finanziamenti di cui all'articolo 1, comma 891, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, trasmettano al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti apposita manifestazione di interesse alla proroga dei termini di accesso al finanziamento assegnato, corredata dalla documentazione attestante lo stato di avanzamento degli interventi, il quadro economico aggiornato, incluso il dettaglio delle risorse necessarie a garantire l’integrale realizzazione dell’opera, nonché il termine finale per l'aggiudicazione dei lavori.

 Sulla base delle manifestazioni di interesse di cui al primo periodo, previa ricognizione dello stato di avanzamento dell’iter approvativo dell’opera e delle relative procedure di affidamento, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, è definito, secondo l’originaria graduatoria, l’elenco degli interventi che possono accedere all’erogazione delle ulteriori rate dei finanziamenti del Fondo, nei limiti delle risorse stanziate a legislazione vigente, a condizione che l’aggiudicazione del relativo appalto di lavori avvenga entro e non oltre il 31 dicembre 2025.

 Eventuali risorse inutilizzate all’esito della ricognizione possono essere ripartite tra gli interventi individuati ai sensi del secondo periodo, secondo l’originaria graduatoria, tenuto conto di eventuali fabbisogni integrativi di finanziamento dell’intervento conseguenti a esigenze di revisione dei prezzi dell’intervento ovvero a varianti.

 Il medesimo decreto disciplina le modalità di monitoraggio degli interventi e dei relativi cronoprogrammi, attraverso i sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nonché le modalità di revoca delle risorse anche in caso di mancato aggiornamento dei dati contenuti nei predetti sistemi informativi.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 891, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, finalizzato alla messa in sicurezza dei ponti esistenti e alla realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza nel bacino del Po. Le risorse del fondo sono state assegnate alle città metropolitane, alle province territorialmente competenti e all’ANAS S.p.A. con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 3 gennaio 2020, n. 1, che individuava, quale termine per l’aggiudicazione degli interventi, 24 mesi dalla data di erogazione della prima rata di finanziamento, decorsi i quali sarebbe intervenuta la revoca del finanziamento.

Successivamente, l’articolo 10, comma 11-sexiesdecies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, 198, ha differito al 30 giugno 2024 i termini per l'aggiudicazione degli interventi finanziati a valere sulle risorse di cui al citato articolo 1, comma 891, della legge, n. 145 del 2018. In attuazione di questa disposizione, il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 11 luglio 2023, ha apportato modifiche al decreto n. 1 del 2020 al fine di prevedere che i soggetti attuatori sono tenuti ad aggiudicare i lavori entro il 30 giugno 2024.

In considerazione delle criticità riscontrate dai soggetti beneficiari nell’aggiudicazione dei lavori, l’articolo 5, comma 4, del decreto-legge 29 giugno 2024, n. 89, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, ha ulteriormente differito al 31 dicembre 2024 i termini per l’aggiudicazione degli interventi in esame. Infatti, la crisi economica determinata dall’emergenza sanitaria da COVID-19, dalla crisi ucraina e dalle crisi internazionali attualmente in corso hanno determinato difficoltà sia nell’aggiudicazione degli interventi, sia nella realizzazione degli stessi.

Posto che alla data del 31 dicembre 2024 non è ancora intervenuta l’aggiudicazione per molti degli interventi in esame e valutata l’importanza degli stessi anche in termini di sicurezza della circolazione viaria, la proposta emendativa in esame prevede che i beneficiari dei finanziamenti, entro 15 giorni, debbano trasmettere  al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la conferma di interesse a mantenere il finanziamento assegnato, lo stato di avanzamento degli interventi, corredato dal quadro economico aggiornato comprendente il dettaglio dei finanziamenti a copertura dell’integrale realizzazione delle opere, nonché la data prevista per l’aggiudicazione dei lavori.


Articolo 8, comma 1
(Proroga di termini in materie di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

 

 

L’articolo 8, comma 1 prevede per l’anno 2025 un finanziamento aggiuntivo di 2,34 milioni di euro relativo a misure per la sicurezza degli uffici e del personale all’estero.

 

La disposizione in esame integra l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14 (Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina) in quanto aggiunge alle spese già autorizzate (2 milioni di euro per il 2022, altrettanti per il 2023 e 2,2 milioni di euro per il 2024) per l'invio di militari dell'Arma dei Carabinieri a tutela degli uffici e del personale MAECI all'estero un finanziamento di 2, 34 milioni di euro per il 2025.

Alla copertura di tali ulteriori oneri si provvede utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024.

 

La relazione tecnica ricorda che il decreto-legge n. 14 del 2022 prevedeva all’art. 4, comma 2, un’autorizzazione di spesa di 1 milione di euro per l’anno 2022 per l’invio di dieci militari dell’Arma dei Carabinieri a tutela degli uffici all’estero maggiormente esposti nella crisi in corso nell’Est Europa, al fine di potenziare le misure di protezione delle sedi e del relativo personale. Successivamente, la legge di conversione n. 28 del 5 aprile 2022 aumentava a 2 milioni di euro tale stanziamento aggiuntivo, che veniva poi prorogato fino al 31 dicembre 2023 con la legge di bilancio per il 2023(legge n. 197 del 2022), e, infine, ulteriormente prorogato per il 2024 ed incrementato a 2,2 milioni di euro dal decreto-legge n 145 del 2023.

Tali fondi hanno consentito l’istituzione di 24 posizioni aggiuntive - destinate alle sedi maggiormente esposte a seguito dell’aggressione russa all’Ucraina - nel contingente dell’Arma dei Carabinieri da inviare con compiti di protezione e scorta presso le Rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari esclusivamente per periodi che, anche per effetto di proroghe, non siano complessivamente superiori ad un anno.

Dato il permanere dell’esigenza di garantire un accresciuto livello di protezione alle sedi sopra menzionate, la disposizione in esame protrae anche per il 2025 le 24 posizioni già istituite.

 

 

L’articolo 158 del Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) dispone che l'Arma dei carabinieri assicura i servizi di sicurezza delle Rappresentanze diplomatiche e consolari, nonché degli uffici degli addetti militari all'estero. Concorre, inoltre, ad affrontare particolari situazioni di emergenza o di crisi, locali o internazionali, che dovessero mettere in pericolo la sicurezza delle suddette Rappresentanze, assicurando la disponibilità di personale appartenente a reparti speciali.

Il Comando Carabinieri del MAECI è un reparto specializzato che dipende dal Comando Unità Mobili e Specializzate “Palidoro” e, funzionalmente, dal Ministro degli affari esteri per il tramite del Segretario Generale (Decreto interministeriale esteri/difesa n. 957 del marzo 1999). Si articola su un Ufficio Comando (sezione personale, sezione operazioni e logistica e nucleo affari generali) e un Reparto Sicurezza e Vigilanza (sezione sede e sezione estero). Il reparto offre tutela alle rappresentanze diplomatiche italiane nei cinque continenti, schierando oltre trecento Carabinieri nelle sedi italiane all’estero.

 


Articolo 8, comma 1-bis
(Riassegnazione fondi Afghanistan al bilancio del MAECI)

 

 

L’articolo 8, comma 1-bis, introdotto durante l’esame in sede referente, provvede, anche per il 2025, alla riassegnazione al bilancio del MAECI dei fondi destinati (fino al 2020) al sostegno delle forze armate e di sicurezza afghane, non più impiegati dopo il ritiro del contingente internazionale e in corso di restituzione.

 

La necessità della proroga è motivata dal fatto che il completo versamento dei fondi all’entrata non è stato ancora ultimato, da qui il posticipo dell’esercizio per consentire la totale restituzione degli importi non più utilizzati.

La relazione tecnica precisa che le procedure contabili per la liquidazione dei fondi in esame richiedono che il rimborso da parte degli enti gestori sia corrisposto in quote di anticipo e saldo, quest’ultimo da corrispondere solo dopo la chiusura finanziaria dei programmi e delle attività in essere e al netto di eventuali costi amministrativi e di passività. Tenuto conto che, in attesa della definitiva rendicontazione delle pendenze amministrativo-contabili, il completo versamento dei fondi non è stato ancora ultimato, si rende necessario il posticipo dell’esercizio per consentire la totale restituzione degli importi non più utilizzati.

 

La disposizione interviene sull’articolo 38, comma 1, del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, che prevede il versamento all'entrata del bilancio dello Stato negli anni 2022, 2023 e 2024 delle quote restituite dalle competenti organizzazioni internazionali dei contributi per il sostegno alle forze armate e di sicurezza afghane, già erogati alle predette organizzazioni in applicazione dei provvedimenti di autorizzazione delle missioni internazionali adottati fino all'anno 2020. Tali risorse – sempre ai sensi del D.L. n. 17/2022, vengono riassegnate nel medesimo anno in cui avviene il versamento, allo stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per:

·     l'incremento delle dotazioni finanziarie delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari di prima categoria;

·     il finanziamento di interventi di aiuto e di assistenza, anche umanitaria, in aree di crisi.

La norma in esame proroga tale disposizione anche per il 2025.

 

Si segnala che, da ultimo, la disposizione era stata prorogata per il 2024 dall’art. 9, comma 4, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215 (Proroga di termini) e, in precedenza, per il 2023 dall’art. 13, comma 5, D.L. 29 dicembre 2022, n. 198 (Proroga di termini).

 

Dal 2014 al 2020 i provvedimenti di autorizzazione delle missioni internazionali (fino al 2016 decreti-legge e successivamente le deliberazioni previste dalla legge n. 21 luglio 2016, n. 145) hanno stanziato annualmente, nell’ambito degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, un importo di 120 milioni di euro a favore delle forze armate e di sicurezza dell’Afghanistan.

Il contributo è stato versato ai due fondi internazionali costituiti allo scopo, uno per il supporto delle forze armate (fondo ANATF, gestito dalla NATO) e uno per le forze di sicurezza (fondo LOTFA, gestito dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo - UNDP). Al momento del ritiro della coalizione internazionale e della presa del potere da parte dei talebani (agosto 2021), i due fondi hanno ovviamente cessato le loro attività, senza aver interamente speso i fondi a disposizione. La restituzione dei fondi residui ai Paesi che li avevano versati non si è però ancora conclusa.

 


Articolo 9, comma 1 e comma 5
(Proroga di termini in materie di competenza del Ministero della difesa)

 

 

L’articolo 9, comma 1, alla lettera a), proroga al 31 dicembre 2025 il termine del regime transitorio del collocamento in ausiliaria, di cui all’articolo 2229, comma 1 del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

La lettera b), apporta modifiche all’articolo 2230 del Codice dell'ordinamento militare, relativo alla definizione delle unità di personale da collocare in ausiliaria ai sensi dell’articolo 2229.

Il comma 5 riporta la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1.

 

L’articolo in esame modifica il Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), introducendo proroghe e aggiornamenti relativi al regime transitorio del collocamento in ausiliaria per il personale militare.

In particolare, l’articolo 9, comma 1, lettera a), proroga il termine del regime transitorio del collocamento in ausiliaria, di cui all’articolo 2229, comma 1, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025. L’articolo 2229, comma 1, consente il collocamento in ausiliaria su base volontaria per ufficiali e sottufficiali dell’Esercito italiano, della Marina e dell’Aeronautica militare che ne facciano richiesta e che si trovino a non più di cinque anni dal limite di età, ai fini del progressivo conseguimento dei volumi organici stabiliti dall’articolo 2206-bis del Codice dell’ordinamento militare (COM).

 

Tale articolo è stato oggetto di modifiche, da ultimo, mediante l’art. 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 94, che ha prorogato il termine dal 2020 al 2024, coordinandone il contenuto con le disposizioni introdotte dal decreto legislativo 26 aprile 2016, n. 91, all'articolo 2230 del Codice, che quantificano, fino all'anno 2024, le unità di personale da collocare in ausiliaria.

 

L’articolo 9, comma 1, lettera b), apporta modifiche all’articolo 2230 del COM, relativo alla definizione delle unità di personale da collocare in ausiliaria ai sensi dell’articolo 2229.

In particolare, le modifiche prevedono:

-        al comma 1, dopo la lettera m-quinquies), l’aggiunta della lettera m- sexies) contenente le unità di personale da collocare in ausiliaria per il 2025. La nuova lettera m-sexies) contiene le seguenti previsioni numeriche per il collocamento in ausiliaria nel 2025:

·        Ufficiali: 32

·        Marescialli: 75

·        Totale: 107

-        al comma 1-bis le parole: « m-quinquies) » sono sostituite dalle seguenti: «m-sexies)», aggiornando in tal modo il riferimento normativo per includere il nuovo anno 2025.

 

Si ricorda che l’articolo 2230 al comma 1-bis prevede che il cinquanta per cento delle posizioni destinate a unità di ufficiali di cui al comma 1, previste per gli anni dal 2020 in poi, sia riservato ai tenenti colonnelli. Qualora il numero dei tenenti colonnelli risulti inferiore alla quota riservata, le posizioni residue sono devolute a ufficiali aventi grado diverso.

 

Il comma 5 riporta la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1.

Gli oneri complessivi sono valutati in:

·       euro 5.350.000 per l’anno 2026;

·       euro 4.820.127 per l’anno 2027;

·       euro 3.102.380 per l’anno 2028.

Agli stessi oneri si provvede mediante:

·       maggiori entrate derivanti dal comma 1, per i seguenti importi:

-      euro 1.337.500 per l’anno 2026;

-      euro 1.205.032 per l’anno 2027;

-      euro 775.595 per l’anno 2028.

·       riduzione del fondo di parte corrente di cui all'articolo 619 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, per i seguenti importi:

-      euro 4.012.500 per l’anno 2026;

-      euro 3.615.095 per l’anno 2027;

-      euro 2.326.785 per l’anno 2028.

 

 


Articolo 9, comma 2
(Digitalizzazione processi penali militari)

 

 

La norma in esame proroga nuovamente, fino al 31 dicembre 2025 la previsione, introdotta durante l’emergenza da Covid-19, che consente il deposito in via informatica di atti, documenti e istanze nei procedimenti penali militari.

 

La previsione che consente il deposito con valore legale, mediante invio da indirizzo di posta elettronica certificata a indirizzo di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari militari destinatari, è stata introdotta dall’articolo 75, comma 3, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106.


 


Articolo 9, commi 3 e 4
(Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari)

 

 

L’articolo 9, ai commi 3 e 4, reca disposizioni transitorie riguardanti la rappresentatività, i distacchi e i permessi retribuiti delle Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari (APCSM).

 

Le disposizioni di cui ai citati commi 3 e 4 sono finalizzate a garantire la necessaria continuità delle funzioni delle Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari.

 

La legge 28 aprile 2022, n. 46 ha delineato la cornice giuridica nell'ambito della quale istituire associazioni professionali a carattere sindacale tra militari.

 

L'intervento normativo si è reso necessario in conseguenza della sentenza n.120 del 2018, in cui la Corte costituzionale, modificando il proprio precedente orientamento, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo art. 1475, comma 2, del Codice dell'ordinamento militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), in quanto prevedeva che i militari non potessero costituire associazioni professionali a carattere sindacale.

 

In estrema sintesi, la Corte:

-   ha riconosciuto la legittimità di associazioni professionali di personale militare a carattere sindacale, rinviando alla legge la definizione delle condizioni e dei limiti di tale riconoscimento;

-   ha stabilito che le associazioni in questione devono essere composte solo da militari e che essi non possano aderire ad associazioni diverse;

-   ha ribadito la legittimità del divieto per i militari di esercitare il diritto di sciopero.

 

La legge n. 46/2022 prevede numerose deleghe, molte delle quali sono state attuate durante la legislatura in corso.

In particolare, per quanto concerne le questioni concernenti le disposizioni in commento, si segnala che è all’esame della Camera il disegno di legge A.C. 2171 (approvato dal Senato A.S. 1273), che reca misure in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari (APCSM), per garantire l'avvio del nuovo sistema previsto dalla legge 28 aprile 2022, n. 46 e consentire la finalizzazione della trattativa negoziale in corso. La citata legge n. 46/2022, prevedendo che il contingente di distacchi e permessi retribuiti ai fini dello svolgimento dell'attività sindacale siano stabiliti con la contrattazione, nell'ambito delle risorse ad essa destinate, non contiene però una disciplina transitoria. In attesa della prima contrattazione, nell'ambito della quale sarà determinato il contingente dei distacchi e dei permessi, il sistema delineato dalla legge n. 46 del 2022 non può concretamente partire senza una norma che consenta ai rappresentanti delle APCSM di partecipare alle procedure di contrattazione.

Al fine di porre rimedio a tale carenza, un primo intervento normativo è già stato effettuato con il decreto-legge 9 maggio 2024, n. 61 (convertito con modificazioni dalla legge 4 luglio 2024, n. 96), con il quale è stato tra l'altro determinato il contingente di distacchi e permessi per l'anno 2024.

Poiché le procedure di contrattazione sono tutt'ora in corso e presumibilmente si concluderanno dopo il 31 dicembre 2024 (termine di efficacia del citato decreto-legge 61 del 2024), il provvedimento A.C. 2171 fissa, all’articolo 1, i contingenti di distacchi e permessi anche per il 2025, in misura analoga a quanto previsto per il 2024. Tale disciplina ha comunque carattere provvisorio, e sarà superata (ai sensi della legge 46/2022) da quanto stabilito in sede di contrattazione.

Il medesimo A.C. 2171 dispone anche, all'art. 2, l'estensione del termine per l'esercizio, da parte del Governo, della delega per la disciplina delle limitazioni all'esercizio dell'attività sindacale da parte di determinate categorie di personale. In proposito, si segnala altresì che lo scorso 18 novembre il Governo ha trasmesso alle Camere lo schema di decreto legislativo A.G. n. 234che attua la delega prevista dall'articolo 9, comma 15, della legge n. 46 del 2022. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al relativo dossier.

 

 

Più in dettaglio, il comma 3 riconosce alle APCSM i distacchi e i permessi retribuiti di cui all’articolo 1480, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 – COM) in base ai criteri stabiliti dall’articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2024 (ovvero un distacco ogni 4.000 unità di personale e un’ora annua di permesso retribuito ogni due unità di personale).

Tale riconoscimento vige a decorrere dal 1° gennaio 2025 fino all’accertamento della rappresentatività per il triennio 2025-2027, e comunque non oltre il 30 aprile 2025.

 

La relazione illustrativa precisa che la disposizione è finalizzata a evitare soluzione di continuità tra la fruizione delle prerogative sindacali riconosciute in via transitoria dall’articolo 1 del decreto-legge 9 maggio 2024, n. 61 (che ha determinato il contingente di distacchi e permessi per l'anno 2024) e la ripartizione del contingente di distacchi previsto a carattere strutturale dall’anno 2025 dal disegno di legge A.C. 2171, già approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (vedi box). 

In mancanza dell’intervento, infatti, i rappresentanti delle APCSM non potrebbero svolgere le funzioni ad essi devolute. Gli stessi rappresentanti, infatti, sarebbero costretti a rientrare in servizio e dovrebbero attendere un triennio prima di poter essere posti nuovamente in distacco, come previsto dall’art. 1480, comma 9, del COM.

 

Il comma 4 proroga la rappresentatività vigente alla data di entrata in vigore del decreto in esame, nelle more del nuovo accertamento della rappresentatività, e comunque non oltre il 30 aprile 2025.

Anche questa misura è connessa alle previsioni di cui all’A.C. 2171 (vedi box) e si rende necessaria per garantire la piena agibilità dell’attività delle APCSM.

 

Si ricorda che la distribuzione di distacchi e permessi è operata sulla base dell'effettiva rappresentatività del personale.

L'art. 1478 COM prevede che le APCSM, per essere considerate rappresentative a livello nazionale, devono raggiungere un numero di iscritti almeno pari al 4% della forza effettiva complessiva della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare di riferimento, rilevata al 31 dicembre dell'anno precedente. Se, invece, l'APCSM è costituita da militari appartenenti a due o più Forze armate o Forze di polizia a ordinamento militare, per essere considerata rappresentativa a livello nazionale, essa deve raggiungere un numero di iscritti non inferiore al 3% della forza effettiva delle singole Forze armata o Forze di polizia a ordinamento militare, rilevata alla medesima data.

Per l’individuazione delle APCSM rappresentative per il triennio 2022-2024 si vedano:

- per le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Guardia di finanza) il  D.M. 29 marzo 2024;

- per le Forze armate (Esercito italiano, Marina militare e Aeronautica militare) il D.M. 29 marzo 2024.

 

 


Articolo 10, comma 1 e comma 2
(Tirocinio dei magistrati)

 

 

L’articolo 10, comma 1, riduce la durata del tirocinio previsto per i magistrati ordinari da 18 a 12 mesi anche con riferimento a coloro che risultano idonei nei concorsi banditi fino al 31 dicembre 2024. Il comma 2 reca la relativa copertura finanziaria.

 

La disposizione in esame estende l’applicazione dell'articolo 1, comma 381, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) al tirocinio dei magistrati ordinari dichiarati idonei all'esito dei concorsi banditi fino al 31 dicembre 2024. Ne discende, nello specifico, la riduzione a 12 mesi, rispetto ai 18 mesi ordinariamente previsti, del periodo di tirocinio previsto dall’art. 18 del decreto legislativo n. 26 del 2006.

 

Il decreto legislativo n. 26 del 2006 stabilisce, in particolare, che i magistrati ordinari, nominati a seguito di concorso per esame, svolgono un tirocinio della durata di diciotto mesi. Il tirocinio si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, effettuata presso la Scuola superiore della magistratura ed una della durata di dodici mesi, da svolgere presso gli uffici giudiziari.

Nella sessione effettuata presso la Scuola, i magistrati ordinari in tirocinio frequentano corsi di approfondimento teorico-pratico su materie individuate dal Consiglio superiore della magistratura.

La sessione presso gli uffici giudiziari si articola, invece, in tre periodi: il primo, della durata di quattro mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all'attività giurisdizionale in maniera che sia garantita, al magistrato ordinario in tirocinio, la formazione di un’equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di due mesi, è svolto nelle procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di sei mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio. 

 

Alla riduzione della durata prevista dalla disposizione in commento consegue altresì una rimodulazione del tirocinio destinato ai magistrati ordinari. Pur essendo mantenuta l’articolazione in sessioni, queste ultime vengono proporzionalmente ridotte e scandite in:

§  4 mesi per la sessione presso la Scuola superiore della magistratura;

§  8 mesi per la sessione presso gli uffici giudiziari, a sua volta articolata in tre periodi della durata rispettivamente di tre, uno e quattro mesi.

Tali sessioni possono svolgersi anche in periodi temporali non consecutivi.

 

Si ricorda che la riduzione della durata del tirocinio venne disposta per la prima volta dall’art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 2016, per i magistrati ordinari dichiarati idonei all’esito di concorsi banditi negli anni 2014 e 2015 (ad eccezione dei magistrati vincitori del concorso riservato alla provincia autonoma di Bolzano) al fine di consentire una più celere copertura delle vacanze nell’organico degli uffici giudiziari di primo grado.

Tale precedente veniva richiamato dal Consiglio Superiore della Magistratura nella delibera del 20 ottobre 2022, che, osservando la situazione di grave scopertura in cui versava l’organico della magistratura ordinaria, auspicava l’adozione di una misura analoga a quella disposta dal d.l. n. 168/2016 per i magistrati vincitori del concorso indetto con D.M. 29.10.2019.

Con il richiamato articolo 1, comma 381, della legge 197 del 2022 veniva, dunque, disposta un’analoga riduzione del periodo di tirocinio a favore degli idonei nei concorsi per magistrato ordinario banditi con i decreti ministeriali del 29 ottobre 2019 e del 1° dicembre 2021. Tale misura è stata successivamente estesa, per effetto del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, ai magistrati ordinari dichiarati idonei all'esito dei concorsi banditi fino all'anno 2023 (art. 11, comma 4-bis).

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, la disposizione in commento è volta ad applicare la riduzione della durata anche nei confronti dei magistrati risultati idonei nell’ambito della procedura di reclutamento in corso, indetta con il decreto ministeriale 8 aprile 2024, allo scopo di accelerare l’assunzione delle funzioni dei nuovi magistrati e contribuire alla copertura delle vacanze funzionali.

 

Ai fini dell’attuazione del comma 1, il comma 2 autorizza una spesa di 4.103.270 euro per l’anno 2027 e di 808.624 euro per l’anno 2029, provvedendo alla copertura degli oneri finanziari mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 37, della legge n. 150 del 2005, relativa all'istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura.


Articolo 10, comma 2-bis
(Proroga in materia di patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori)

 

 

Il comma 2-bis dell'articolo 10, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, proroga di un ulteriore anno la disciplina transitoria che consente l’iscrizione all’albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori a coloro che siano in possesso dei requisiti previsti prima dell’entrata in vigore della riforma forense del 2012.

 

Il comma 2-bis proroga di un ulteriore anno la disciplina transitoria che consente l’iscrizione all’albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori a coloro che siano in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente prima della riforma forense del 2012.

 

La disposizione interviene, infatti, sull’art. 22 della legge forense (legge n. 247 del 2012), consentendo l’iscrizione all’albo speciale che abilita gli avvocati al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione, al Consiglio di Stato, alla Corte dei Conti, alla Corte costituzionale e al Tribunale superiore delle acque pubbliche, agli avvocati che maturino i requisiti previsti prima della riforma, entro 13 anni (in luogo degli attuali 12 anni) dall’entrata in vigore della riforma stessa, e dunque entro il 2 febbraio 2026.

 

L’art. 22 della legge di riforma dell’ordinamento forense subordina l’iscrizione all’albo speciale:

-        al superamento dell'apposito esame previsto dall’art. 3 della legge 1003/1936 da parte di coloro che abbiano maturato almeno 5 anni di anzianità d'iscrizione all'albo circondariale;

-        all’aver frequentato lodevolmente e proficuamente la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal CNF (reg. 1/2015) per coloro che abbiano maturato una anzianità di iscrizione all'albo di 8 anni.

La normativa in vigore prima della riforma, della quale con il comma 4-ter si proroga ulteriormente l’efficacia, prevede invece, per l’iscrizione all’albo speciale, il possesso dei seguenti requisiti:

-        12 anni di iscrizione nell'albo ordinario (senza alcun ulteriore requisito), ovvero

-        5 anni di iscrizione nell'albo ordinario e superamento di un esame.

Inoltre, possono essere iscritti nell'albo speciale, a condizione che siano iscritti in un albo degli avvocati, anche se non hanno materialmente esercitato la professione: i professori universitari di ruolo di discipline giuridiche dopo quattro anni di insegnamento; gli ex consiglieri di cassazione e di corte d'appello; l’avvocato generale, il vice-avvocato generale o l’avvocato distrettuale dello Stato; coloro che avendo conseguita l'abilitazione alla libera docenza e la definitiva conferma, abbiano esercitato per almeno otto anni un incarico di insegnamento.

 

Si ricorda che il termine originario previsto dalla legge n. 247 è stato, da ultimo prorogato dall’art. 11, comma 6-sexies, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, che ha portato, a 12, gli anni di vigenza della norma transitoria. Ancora prima erano intervenuti, sempre per prorogare il termine:

-        il D.L. n. 228 del 2021, n. 228(art. 8, comma 4-ter);

-        il D.L. n. 183/2020 (art. 8, comma 5-bis);

-        il D.L. n. 162 del 2019 (art. 8, comma 6-quater);

-        la legge di bilancio 2019 (l. 145 del 2018, art. 1, co. 1139, lett. e);

-        la legge di bilancio 2018 (l. 205 del 2017, art. 1, co. 470);

-        il D.L. n. 244 del 2016 (art. 10, co. 2-ter);

-        il D.L. n. 210 del 2015 (art. 2, co. 2-ter);

-        il D.L. n. 198 del 2022 (art. 8, comma 4-ter, lett. b)).


Articolo 10, commi 2-ter e 8-bis
(Proroghe in materia di abilitazione all’esercizio della professione forense)

 

 

Il comma 2-ter dell'articolo 10, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, differisce di un anno l'entrata in vigore della nuova disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. Le nuove modalità di svolgimento delle prove entreranno quindi in vigore a partire dalla sessione d'esame 2026 anziché dalla sessione 2025.

Il comma 8-bis, introdotto dalla Commissione, oltre a proroga l’applicazione della disciplina speciale dell’esame di Stato per l’abilitazione alla professione forense già prevista per le sessioni 2023 e 2024 (lett. a), anche per la sessione 2025, elimina il requisito del conseguimento di un punteggio complessivo a 105 per il superamento della prova orale (lett. b).

 

Il comma 2-ter differisce di un ulteriore anno l'entrata in vigore della nuova disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. Le nuove modalità di svolgimento delle prove entreranno quindi in vigore a partire dalla sessione d'esame 2026 anziché dalla sessione 2025.

La disposizione, introdotta nel corso dell’esame in Commissione, interviene sull’articolo 49 della legge professionale forense (legge n. 247 del 2012), recante la disciplina transitoria per l’esame di Stato per l’iscrizione all’albo degli avvocati, prevedendo che per i primi tredici anni (in luogo degli attuali 12 anni) dalla data di entrata in vigore della riforma (2 febbraio 2013), l'esame continui a svolgersi secondo le norme previgenti (v. infra).

Si tratta di un ulteriore differimento in quanto il termine per l’acquisizione di efficacia della riforma, originariamente fissato dal legislatore decorsi due anni dall’entrata in vigore della legge, è stato più volte differito, dai seguenti provvedimenti:

·       art. 2-ter, comma 1, del D.L. n. 192 del 2014 (da 2 a 4 anni);

·       art. 10, comma 2-quater, del D.L. n. 244 del 2016 (da 4 a 5 anni);

·       art. 2, comma 3-quater, del D.L. n. 91 del 2018 (da 5 a 7 anni);

·       art. 8, comma 6-quinquies, del D.L. n. 162 del 2019 (da 7 a 9 anni);

·       art. 8, comma 4-quater del D.L. n. 228 del 2021 (da 9 a 10 anni);

·       art. 8, comma 4-ter, lett. b), del D.L. n. 198 del 2022 (da 10 a 11 anni);

·       art. 11, comma 6-quater del D.L. n, 215 del 2023 (da 11 a 12 anni).

 

Sempre con riguardo all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione forense, il comma 8-bis, introdotto dalla Commissione, proroga l’applicazione la disciplina speciale prevista dall’articolo 4-quater del D.L. n. 51 del 2023 per la sessione 2024, anche per la sessione 2025 (lett.a).

 

Si ricorda che l’articolo 4-quater del D.L. n. 51 del 2023 prevede per la sessione 2023 e per quella 2024 dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense una disciplina speciale, modificando in parte la disciplina ugualmente derogatoria introdotta per le sessioni 2020, 2021 e 2022, in ragione dell’emergenza epidemiologica derivante dal COVID-19.

La disciplina speciale prevede che l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato si articoli in due prove: una prova scritta e una prova orale.

La prova scritta è svolta sui temi formulati dal Ministero della giustizia e ha ad oggetto la redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale. Il candidato, in tale prova, potrà scegliere un quesito proposto in una materia tra: diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo.

Tale prova scritta è valutata da parte di una sottocommissione composta da tre membri, ciascuno dei quali dispone di dieci punti di merito. La prova si supera con un punteggio di almeno 18 punti.

 

Per quanto riguarda la prova orale, si prevede che essa si articola in 3 fasi:

Ø     l’esame e la discussione di una questione pratico-applicativa, relativa alla soluzione di un caso pratico, che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, in una materia a scelta dal candidato tra: diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo;

Ø     la discussione di brevi questioni che dimostrino le capacità argomentative e di analisi giuridica del candidato relative a tre materie, di cui una di diritto processuale, scelte dal candidato tra cinque materie: tre di diritto sostanziale (diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo) e due di diritto processuale (diritto processuale civile e diritto processuale penale);

Ø     dimostrazione di conoscenza dell'ordinamento forense e dei diritti e doveri dell'avvocato.

 

La seconda prova è superata ottenendo un punteggio complessivo di 105 punti, riportando nella discussione della questione pratico-applicativa e in ciascuna delle altre materie un punteggio, dato dalla somma dei voti dei singoli commissari, non inferiore a 18 punti.

 

Il comma 8-bis, lett. b) dell’articolo 10 del decreto-legge in conversione, come introdotto dalla Commissione elimina il requisito del conseguimento di un punteggio complessivo a 105 per il superamento della prova orale.

 

 

Si ricorda che l'articolo 46 della legge n. 247 del 2012 ha modificato la disciplina dello svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione forense. Tale disciplina, come accennato non ha ancora trovato applicazione. Infatti, l'articolo 49 della legge ha previsto una disposizione transitoria oggetto di numerose proroghe, ai sensi della quale l'esame di Stato ha continuato a svolgersi secondo la normativa previgente, dettata dal R.D. n. 37 del 1934. Pertanto, tali modalità sono rimaste invariate sino alla sessione 2020, quando è intervenuta, in ragione dell’emergenza sanitaria, la citata disciplina speciale.

Inoltre, si fa presente che con il decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, era stata prevista un’ulteriore proroga di un anno dell'entrata in vigore della nuova disciplina dell'esame (articolo 8, comma 4-ter, lett. b). Pertanto, allo stato, le nuove modalità di svolgimento delle prove entreranno in vigore a partire dalla sessione d'esame 2024.

Sotto il profilo delle prove da sostenere, l’articolo 46, comma 1, nella formulazione attuale non ha comportato cambiamenti nel numero e nella tipologia rispetto a quanto disposto dall’art. 17-bis del RD 37/1934, confermando le tre prove scritte e l’unica prova orale. Attualmente, in base a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 46 le tre prove scritte - anche in questo caso invariate rispetto alla disciplina del RD n. 37 del 1934 - consistono nella redazione:

• di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia civilistica;

• di un parere motivato, da scegliere tra due questioni in materia penale;

• di un atto giudiziario su un quesito proposto in una materia scelta dal candidato tra diritto privato, diritto penale e diritto amministrativo, dal quale si possano desumere le sue conoscenze di diritto sia sostanziale che processuale.

La formulazione attuale del comma 7 prevede che le prove scritte si svolgano con il solo ausilio dei testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali. Tale disposizione, che come già detto, non è mai stata applicata. La disposizione di cui al RD del 1934, prevede invece la possibilità di utilizzare testi corredati di commenti e massime giurisprudenziali.

Per la valutazione di ciascuna prova scritta, ogni componente della commissione d'esame dispone di dieci punti di merito; alla prova orale sono ammessi i candidati che abbiano conseguito, nelle tre prove scritte, un punteggio complessivo di almeno 90 punti e un punteggio non inferiore a 30 punti in ciascuna prova. Diversamente, la normativa previgente, meno severamente, prevede che sia sufficiente riportare un punteggio non inferiore a 30 in almeno 2 prove.

Per quanto riguarda la prova orale, l’articolo 46 della legge n. 247 del 2012 presenta alcune novità rispetto al regime precedente: è prevista l’illustrazione della prova scritta da parte del candidato (non più un’esposizione succinta come nella norma previgente) e la dimostrazione della conoscenza di 5 materie obbligatorie (ordinamento e deontologia forense, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale), nonché di 2 materie a scelta tra diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto commerciale, diritto dell'Unione europea, diritto internazionale privato, diritto tributario, diritto ecclesiastico, ordinamento giudiziario e penitenziario (quest’ultima materia rappresenta l’unica aggiunta al previgente elenco delle materie disponibili).

La disciplina previgente (RD n. 37 del 1934), che si è continuata ad applicare in ragione delle innumerevoli proroghe intercorse fino alla sessione 2020, quando è intervenuta la citata disciplina speciale in ragione dell’emergenza sanitaria, richiede invece sei materie (non sette), di cui obbligatoria solo quella relativa ad ordinamento forense e diritti e doveri dell’avvocato e le altre cinque a scelta del candidato (pur con la limitazione relativa alla scelta di almeno una materia di diritto processuale).

 


Articolo 10, comma 3
(Proroga di termini in materia di esclusione da procedure di mobilità per il personale del Ministero della giustizia)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 10 differisce ulteriormente fino al 1° gennaio 2026 l’applicazione della disciplina in materia di mobilità volontaria per il personale del Ministero della giustizia.

 

La disciplina della cosiddetta mobilità volontaria dei pubblici dipendenti (costituita dal passaggio diretto, su base volontaria, da un'amministrazione ad un'altra), prevista dall'articolo 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165[2], è stata parzialmente modificata dall’art. 3, comma 7, del decreto-legge n. 80 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113/2021, che ha limitato i casi nei quali è richiesto l'assenso dell'amministrazione di appartenenza.

 

Ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il previo assenso dell'amministrazione di appartenenza è richiesto nel caso in cui si tratti di posizioni dichiarate motivatamente infungibili dall'amministrazione cedente o di personale assunto da meno di tre anni o qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. Resta comunque ferma per l’amministrazione di appartenenza la possibilità di differire, per motivate esigenze organizzative, il passaggio diretto del dipendente fino ad un massimo di sessanta giorni dalla ricezione dell'istanza di passaggio diretto ad altra amministrazione.

 

L’articolo 14, comma 12-ter, del medesimo d.l. n. 80/2021[3] aveva inizialmente previsto che la neo-introdotta disciplina sulla mobilità volontaria non si applicasse al personale del Ministero della giustizia fino al 31 dicembre 2022; tale termine è stato e successivamente prorogato al 31 dicembre 2023 dal decreto-legge n. 198/2022 e al 31 dicembre 2024 dal decreto-legge n. 215 del 2023[4].

La novella in commento differisce ulteriormente tale termine al 31 dicembre 2025.

 

Secondo quanto riporta la relazione illustrativa, la proroga in commento è motivata dalla necessità di «evitare che nel periodo rilevante per il conseguimento degli obiettivi del PNRR gli uffici giudiziari, centrali e periferici, subiscano impoverimenti di organico dovuti a trasferimenti non previamente valutati dall’Amministrazione».

 


Articolo 10, commi 4-6
(Rispristino sezioni distaccate insulari)

 

 

L’articolo 10, commi da 4 a 6, proroga l’operatività delle sezioni distaccate di tribunale di Ischia, Lipari e Portoferraio sino al 31 dicembre 2025.

 

L’articolo 10, comma 4, novella i termini di cui all’articolo 10, commi da 1 a 3, del D.lgs. n. 14 2014, relativi al termine di operatività delle sezioni distaccate di tribunale di Ischia (nel circondario del tribunale di Napoli), Lipari (nel circondario del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto) e Portoferraio (nel circondario del tribunale di Livorno).

Si ricorda che, da ultimo, tale termine era stato prorogato sino al 31 dicembre 2024 ad opera dell’art. 14-bis del D.L. 132/2023.

 

La disposizione in commento proroga ulteriormente l’operatività dei predetti uffici fino al 31 dicembre 2025.

Sul punto si osserva che:

-        la sezione di Ischia ha giurisdizione sul territorio dei comuni di Barano d’Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Ischia, Lacco Ameno, Serrara Fontana;

-        la sezione di Lipari ha giurisdizione sul territorio dei comuni di Leni, Lipari, Malfa, Santa Marina Salina;

-        la sezione di Portoferraio ha giurisdizione sul territorio dei comuni di Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Portoferraio, Rio Marina, Rio nell'Elba.

 

Come chiarito dalla relazione illustrativa, tale proroga è necessaria in considerazione delle peculiarità dei territori in cui operano gli uffici giudiziari interessati e delle specifiche esigenze che li connotano.

 

Si ricorda che l’assetto della cd. geografia giudiziaria è stato profondamento riformato a seguito dell’attuazione della legge delega n. 148/2011, che ha dettato principi e criteri direttivi per la riorganizzazione degli uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale. In particolare, tale riforma è stata attuata mediante l’adozione di due decreti delegati, i decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012, che hanno modificato la disciplina degli uffici giudiziari con riferimento, rispettivamente, ai tribunali ordinari, le procure e le sezioni distaccate (D.lgs. 155/2012) ed agli uffici dei giudici di pace (D.lgs. 156/2012).

In particolare, la tabella A allegata al D.lgs. 155/2012 ha disposto, oltre alla soppressione di 31 tribunali e 31 procure, anche la soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale.

Successivamente, con il citato D.lgs. 14/2014 è stato disposto esclusivamente il temporaneo ripristino del funzionamento, inizialmente sino al 31 dicembre 2016, delle sezioni distaccate insulari di Ischia, Lipari e Portoferraio, secondo le modalità fissate all’articolo 10 dello stesso decreto legislativo.

Successivamente, l’operatività di tali uffici giudiziari è stata più volte prorogata. In ordine cronologico, come sopra ricordato, l’ultimo intervento in materia si è avuto con l’art. 14-bis del D.L. 132/2023, che aveva prorogato il funzionamento delle suddette sezioni sino al 31 dicembre 2024.

Come opportunamente specificato dall’art. 10, co. 5, D.lgs. 14/2014 nelle sezioni de quibus “sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime”.

Al contrario, le funzioni del giudice per le indagini preliminari (GIP) e del giudice dell'udienza preliminare (GUP) sono esercitate, in via esclusiva, nella sede principale del tribunale. Quest’ultima limitazione si applica anche in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie (art. 10, co. 6). Tuttavia, in deroga a questa seconda limitazione, attraverso un DM del Ministro della Giustizia ad hoc, è possibile disporre la trattazione anche presso la sede distaccata (art. 10, co. 7).

Peraltro, l’art. 10, co. 8, stabilisce che “in considerazione di particolari esigenze, il presidente del tribunale, sentite le parti, può disporre che una o più udienze relative a procedimenti civili o penali da trattare nella sede principale del tribunale siano tenute nella sezione distaccata, o che una o più udienze relative a procedimenti da trattare nella sezione distaccata siano tenute nella sede principale”.

 

L’articolo 10, comma 5, con una disposizione di coordinamento, interviene sull’art. 10, co. 13, del D.lgs. 14/2014, prorogando dal 1°gennaio 2025 al 1° gennaio 2026, limitatamente alle sezioni distaccate di Ischia, Lipari e Portoferraio, il termine di entrata in vigore della Tabella A del regio decreto n. 12/1941 (sostituita dalla tabella di cui all'allegato II del citato D.lgs. n. 14/2014), concernente l’organizzazione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale.

 

Ai fini dell’attuazione di quanto previsto dai precedenti commi 4 e 5, l’articolo 10, comma 6, infine, autorizzala spesa di euro 159.000 per l'anno 2025, provvedendo alla relativa copertura finanziaria mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della giustizia.


Articolo 10, comma 7
(Intercettazioni mediante infrastrutture digitali interdistrettuali)

 

 

L’articolo 10, comma 7, proroga al 31 dicembre 2025 il termine a partire dal quale dovranno essere utilizzate le cd. infrastrutture digitali interdistrettuali per compiere le operazioni di intercettazione nei procedimenti penali.

 

L’articolo 10, comma 7 incide sull’art. 2 del D.L. 105 del 2023, che ha istituito le cd. infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni, di cui.

In particolare, la disposizione in commento novella il comma 8 del predetto art. 2, che regola il termine a partire dal quale tali strutture digitali dovranno essere utilizzate per compiere le attività di intercettazione.

La disposizione novellata prevedeva che le intercettazioni inerenti ai procedimenti penali iscritti in data successiva al 28 febbraio 2025 dovessero essere effettuate ricorrendo alle suddette infrastrutture.

Con la novella in commento si prevede le intercettazioni mediante infrastrutture digitali interdistrettuali siano utilizzate nei procedimenti penali iscritti successivamente alla data del 31 dicembre 2025.

 

Si ricorda che l’istituzione delle suddette infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni si è resa necessaria allo scopo di garantire più elevati e uniformi livelli di sicurezza, aggiornamento tecnologico, efficienza, economicità e capacità di risparmio energetico dei sistemi informativi, funzionali alle attività di intercettazione eseguite da ciascun ufficio del pubblico ministero (art. 2, co. 1, D.L. 105/2023).

La norma ha, inoltre, attribuito alla potestà regolamentare del Ministro della giustizia la definizione di alcuni aspetti tecnici e specialistici.

In particolare, si prevede che con decreto ministeriale vengano individuate le predette infrastrutture digitali, nonché i requisiti tecnici essenziali, al fine di assicurare la migliore capacità tecnologica, il più elevato livello di sicurezza e l'interoperabilità dei sistemi (art. 2, co. 2, D.L. 105/2023).

Sempre con decreto ministeriale, devono essere definiti i requisiti tecnici specifici per la gestione dei dati, che assicurino l'autenticità, l'integrità e la riservatezza dei dati stessi, nonché la regolazione del collegamento telematico tra le infrastrutture istituite ed i luoghi di ascolto nelle Procure, in modo tale da assicurare il massimo livello di sicurezza e riservatezza (art. 2, co. 3, D.L. 105/2023).

 

Come chiarito dalla relazione illustrativa, le suddette infrastrutture sono state individuate con il DM 6 ottobre 2023 e il nuovo termine del 31 dicembre 2025 è stato stabilito tenendo conto dell’aggiornato stato di avanzamento delle operazioni di implementazione delle infrastrutture digitali interdistrettuali.


Articolo 10, comma 8
(Proroga del divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia)

 

 

Il comma 8 dell’articolo 10 proroga al 31 dicembre 2025 il divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale dell’amministrazione della giustizia.

 

Il comma 8 dell’articolo 10 interviene in materia di limitazioni alla mobilità del personale non dirigenziale dell’amministrazione della giustizia.

In particolare la disposizione in commento, modificando l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 168 del 2016, proroga di un ulteriore anno, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, il divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale dell’amministrazione della giustizia, salvo che vi sia il nulla osta dell'amministrazione stessa.

 

L'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168 (convertito dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), ha disposto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (che obbliga le amministrazioni di appartenenza ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro 15 giorni dalla richiesta, se disposizioni di legge o regolamentari dispongono l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando), l’esclusione fino al 31 dicembre 2019 della possibilità per il personale in servizio presso l'amministrazione della giustizia di essere comandato, distaccato o assegnato presso altre pubbliche amministrazioni. La previsione faceva eccezione per il personale con qualifiche dirigenziali, nonché per i comandi, distacchi e assegnazioni in corso e per quelli previsti presso organi costituzionali. Tale disposizione rispondeva all’esigenza di non sottrarre risorse al settore della giustizia, già esposto ad una grave carenza negli organici.

L’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8), ha modificato la suddetta disposizione, prorogandone gli effetti fino al 31 dicembre 2020, e specificando che essa avrebbe operato «salvo nulla osta della stessa amministrazione della giustizia».

Gli effetti della disposizione sono stati quindi prorogati fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 8, comma 4, del decreto legge 31 dicembre 2020, n. 183; fino al 31 dicembre 2022 dall'art. 8, comma 4, del decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228; fino al 31 dicembre 2023 dall'art. 8, comma 4, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198, e, da ultimo, fino al 31 dicembre 2024 dall’articolo 11, comma 6-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215.


Articolo 10, commi 8-ter e 8-quater
(Disposizioni in materia di fuori ruolo dei magistrati)

 

 

L’articolo 10, comma 8-ter, prevede l'applicazione della riforma in materia di ricollocamento a seguito dell'assunzione di incarichi politico-amministrativi apicali, presso amministrazioni pubbliche titolari di interventi PNRR, solo agli incarichi assunti dopo il 31 agosto 2026. L’articolo 8-quater reca una norma di coordinamento.

 

Il comma 8-ter dell’articolo 10, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, modifica il comma 4 dell’articolo 20 della legge n. 71 del 2022.

 

L'articolo 20, comma 1, della legge n. 71 del 2022 disciplina il ricollocamento dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari collocati fuori ruolo per l'assunzione di incarichi politico-amministrativi apicali a livello nazionale o regionale e incarichi di governo non elettivi.

In particolare, per quanto riguarda i magistrati che hanno svolto incarichi politico-amministrativi apicali (capo e vicecapo dell'ufficio di gabinetto; segretario generale della Presidenza dei Consiglio dei ministri o di un Ministero; capo e vicecapo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri; capo e vicecapo di dipartimento presso i consigli e le giunte regionali) il provvedimento prevede due alternative (comma 1):

Anche i magistrati che abbiano svolto incarichi di governo non elettivi (componente del Governo; assessore regionale o nelle giunte delle province autonome; assessore comunale) hanno a disposizione due possibilità (comma 2):

Le disposizioni sul ricollocamento non si applicano se l'incarico è cessato prima che sia trascorso un anno dall'assunzione, sempre che la cessazione non dipenda da dimissioni volontarie non conseguenti a ragioni di sicurezza, motivi di salute o altra giustificata ragione (comma 3).

Il comma 4 reca una norma transitoria per la quale la riforma si applica solo agli incarichi assunti dopo l'entrata in vigore della legge.

 

La disposizione in commento, nel riformulare la norma transitoria di cui al comma 4 del citato articolo 20, prevede che la disciplina sul ricollocamento dei magistrati si applichi agli incarichi di governo non elettivi assunti dopo il 21/06/2022 (data di entrata in vigore della legge n. 71 del 2022) e agli incarichi politico-amministrativi apicali nelle amministrazioni titolari di interventi PNRR assunti dopo il 31 agosto 2026.

 

 

Il comma 8-quater, conseguentemente alle modifiche apportate dal comma precedente alla legge n. 71, abroga l’ultimo periodo dell’articolo 18, comma 3 del d.l. n. 104 del 2023, il quale, al fine di consentire la continuità nella gestione delle attività amministrative connesse all'attuazione del PNRR, fino al 31 agosto 2026 prevede che il termine di un anno di cui all'articolo 20, comma 3, della legge 17 giugno 2022, n. 71, sia aumentato a due anni in relazione agli incarichi di cui al comma 1 del medesimo articolo 20 assunti presso amministrazioni titolari di interventi previsti nel PNRR.


Articolo 10, commi 8-quinquies e 8-sexies
(formazione degli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici)

 

 

I commi 8-quinquies e 8-sexies dell’articolo 10 sono stati introdotti in sede referente. Il comma 8-quinquies stabilisce che il commissario incaricato di provvedere alla formazione degli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici, entro 90 giorni dalla pubblicazione dell'elenco degli aventi diritto, in possesso dei relativi titoli di studio e che hanno presentato domanda di iscrizione entro il 31 marzo 2025 (e dunque non più entro 90 giorni dall’8 maggio 2024), indìce l'elezione dei presidenti degli albi e provvede agli altri adempimenti necessari per l'istituzione degli ordini regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il comma 8-sexies prevede che, fino all'adozione del decreto del Ministro della giustizia chiamato a istituire l'Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, i pedagogisti, gli educatori professionali socio-pedagogici e gli educatori dei servizi educativi per l'infanzia che hanno presentato domanda di iscrizione ai relativi albi possono comunque esercitare la rispettiva attività professionale disciplinata dalla vigente legislazione.

 

Come sopra anticipato, il comma 8-quinquies novella l'articolo 10, comma 2, della L. n. 55/2024, stabilendo che il commissario incaricato di provvedere alla formazione degli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici, entro 90 giorni dalla pubblicazione dell'elenco degli aventi diritto, in possesso dei relativi titoli di studio e che hanno presentato domanda di iscrizione entro il 31 marzo 2025 (e dunque non più entro 90 giorni dall’8 maggio 2024, data di entrata in vigore della L. 55/2024), indìce l'elezione dei presidenti degli albi e provvede agli altri adempimenti necessari per l'istituzione degli ordini regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 8-sexies prevede che, fino all'adozione del decreto del Ministro della giustizia – previsto dall'articolo 6, comma 2, della L. n. 55/2024 – chiamato a istituire l'Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, i pedagogisti, gli educatori professionali socio-pedagogici e gli educatori dei servizi educativi per l'infanzia che hanno presentato domanda di iscrizione ai relativi albi possono comunque esercitare la rispettiva attività professionale disciplinata dalla medesima L. n. 55/2024.

 

Per ulteriori ragguagli si rinvia al dossier sull’AC 596.


Articolo 10-bis
(Modifiche alla legge 11 maggio 2004, n. 126)

 

 

L’articolo 10-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2004 in tema di termini di presentazione della domanda e di ripristino del rapporto di impiego del pubblico dipendente sospeso o collocato anticipatamente in quiescenza a seguito di un procedimento penale conclusosi con una sentenza di proscioglimento o con un decreto di archiviazione.

 

Più nel dettaglio l’articolo 10-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede che l’articolo 2, comma 1, del decreto legge 16 marzo 2004, n. 66 (conv. legge n. 126 del 2004) deve essere interpretato (con effetto retroattivo) nel senso che il termine di decadenza ivi posto si applica alle sole domande di cui all'articolo 3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003 n. 350, presentate dai dipendenti pubblici cessati o in quiescenza alla data della sentenza definitiva di proscioglimento o del decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. In base alla norma di interpretazione autentica, quindi, il termine di decadenza non trova applicazione per i dipendenti sospesi dal servizio o dalla funzione.

 

Il comma 57 dell’articolo 3 della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003) disciplina il caso in cui il dipendente pubblico sia sospeso dalla funzione o dal servizio oppure abbia chiesto di essere anticipatamente collocato in quiescenza a seguito di un procedimento penale pendente. Nel caso di sentenza definitiva di proscioglimento (con formula “piena”, ovvero perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero con decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato[5]) questi ha diritto al prolungamento o al ripristino del rapporto di lavoro, oltre i limiti di età previsti dalla legge, per un periodo pari a quello della sospensione, anche in deroga ai divieti di assunzione previsti dalla legislazione vigente e con il medesimo trattamento economico spettante in assenza di sospensione del rapporto di lavoro. In ogni caso, la permanenza in servizio non può superare i cinque anni ulteriori rispetto ai limiti massimi previsti dai rispettivi ordinamenti[6].

 

Il comma 57-bis del medesimo articolo 3 della legge finanziaria 2004 disciplina invece la situazione dei dipendenti pubblici che, già sottoposti a procedimento penale e per questo sospesi o collocati anticipatamente in quiescenza, siano stati prosciolti con formule diverse da quelle previste dal comma 57, anche dopo la cessazione dal servizio. In questo caso, il ripristino o il prolungamento del rapporto di impiego è rimesso (sempre previa domanda dell’interessato) alla discrezionalità dell'amministrazione di appartenenza. Esso è in ogni caso escluso quando risultano «elementi di responsabilità disciplinare o contabile» del pubblico dipendente: a tal fine le amministrazioni procedono ad una specifica valutazione che deve concludersi entro dodici mesi dall'istanza di riammissione in servizio.

 

Il decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66 (conv. legge n. 126 del 2004), all'articolo 2, disciplina le modalità di presentazione delle domande di ripristino o prolungamento del rapporto di impiego e l'attuazione della disciplina per le diverse categorie di pubblici dipendenti. Il comma 1, nello specifico, prevede che le domande di ripristino o prolungamento del rapporto di impiego devono essere presentate dai soggetti interessati all'amministrazione di appartenenza, a pena di decadenza, entro novanta giorni dalla data della sentenza definitiva di proscioglimento o del decreto di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. L'amministrazione provvede entro sessanta giorni a decorrere dalla data di presentazione della domanda di cui al comma 57 dell’articolo 3 della legge finanziaria 2004 ovvero dalla definizione del procedimento di cui al comma 57-bis del medesimo articolo.


Articolo 11, comma 1
(Disposizioni concernenti termini in materie di competenza del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica)

 

 

L’articolo 11, comma 1, proroga dal 1° gennaio 2024 al 1° gennaio 2025 il termine da cui decorre l’obbligo di incremento di energia termica da fonti energetiche rinnovabili (FER) nelle forniture di energia superiori a 500 TEP annui.

 

Più specificamente, l’articolo 11, comma 1, novella l’articolo 27, comma 1, del d.lgs. n. 199/2021, il quale ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2024, le società che effettuano vendita di energia termica sotto forma di calore per il riscaldamento e il raffrescamento a soggetti terzi per quantità superiori a 500 TEP annui provvedano affinché una quota dell’energia venduta sia rinnovabile.

 

L’articolo 27, comma 2, del d.lgs. n. 199/2021 ha previsto che con decreto del Ministro della transizione ecologica (ora Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), siano definite le modalità:

§  di attuazione dell’obbligo di cui al comma 1 secondo traiettorie annuali coerenti con l’articolo 3, comma 2 del d.lgs. n. 199/2021, il quale prevede un obiettivo di incremento indicativo di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali per riscaldamento e raffrescamento pari a 1,3 punti percentuali come media annuale calcolata per i periodi dal 2021 al 2025 e dal 2026 al 2030;

§  di verifica del rispetto dell’obbligo di cui al comma 1;

§  con cui può essere ridotta la soglia di cui al comma 1, tenendo conto dell’evoluzione del grado di raggiungimento degli obiettivi previsti e della sostenibilità economica degli investimenti;

§  con cui i soggetti obbligati che non rispettano l’obbligo di cui al comma 1 provvedono al versamento di un contributo compensativo in un fondo appositamente costituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali finalizzato alla realizzazione di interventi con effetto equivalente ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti;

§  per l’utilizzo delle risorse confluite nel fondo costituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali secondo criteri di massima efficienza e riduzione dei costi nell’individuazione dei contributi compensativi per i soggetti obbligati al versamento.

Si osserva che i suddetti obiettivi devono considerarsi aggiornati alla luce della direttiva RED III (direttiva (UE) 2023/2413), recepita nel PNIEC 2024. In particolare, il PNIEC 2024 ha previsto una quota FER nel settore termico pari al 35,9% nel 2030. Si precisa che la direttiva RED III porta a individuare per l’Italia un target settoriale al 2030 pari al 29,6%, che sale al 39,1% se si considerano gli incrementi indicativi previsti dall’Allegato 1a della medesima direttiva. Il PNIEC 2024 prevede che per il conseguimento del target si ricorra al contributo del recupero di calore di scarto e della quota rinnovabile dell’energia elettrica consumata per riscaldamento, alle condizioni previste dalla direttiva RED III.

Secondo quanto disposto dall’articolo 27, comma 2 del d.lgs. n. 199/2021, il decreto attuativo (cd. DM OIERT) avrebbe dovuto essere pubblicato entro il 31 dicembre 2022. Il 19 dicembre 2023 il MASE ha avviato una consultazione sul decreto  il cui termine, inizialmente fissato al 15 gennaio 2024, è stato prorogato al 31 gennaio 2024. In tale sede, riferisce la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento in esame, la maggioranza degli operatori ha segnalato l’importanza di considerare anche il calore di scarto come fonte rinnovabile ai fini del rispetto degli imponendi obblighi, come indicato, del resto, anche nell’allegato I del d.lgs. n. 199/2021, che prevede che il calore di scarto venga incluso all’interno della contabilizzazione della quota di calore prodotta da fonti rinnovabili. Stando alla relazione, la possibilità di conteggiare il calore di scarto, al fine di adempiere all’obbligo imposto dalla norma primaria, presenta particolari criticità e complessità che hanno impedito di concludere l’istruttoria tecnica sul decreto in questione. Con ciò si dovrebbe spiegare il fatto che il decreto non risulta essere ancora adottato.

La relazione illustrativa fornita dal Governo rileva, infatti, che la necessità della proroga è determinata dal fatto che, ai fini dell’emanazione del decreto ministeriale attuativo della disposizione medesima, si è reso opportuno attendere la pubblicazione delle linee guida della Commissione europea relative alla definizione di calore e freddo di scarto, prevista dall’articolo 2 della direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II): queste ultime sono state pubblicate con comunicazione della Commissione europea, il 2 settembre 2024, al numero C (2024) 5043.


Articolo 11, comma 2
(Termini in materia di riperimetrazione dei siti contaminati di interesse nazionale)

 

 

L’articolo 11, comma 2, sopprimendo le parole «da adottare entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», elimina il termine ordinatorio previsto dall’art. 17-bis, comma 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152. La disciplina in questione prevedeva un termine acceleratorio per l'effettuazione della ricognizione e la riperimetrazione dei siti contaminati attualmente classificati di interesse nazionale.

 

L'art. 17-bis comma 1 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 contenente disposizioni per la riperimetrazione dei siti contaminati di interesse nazionale prevedeva che con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, sentiti la regione e gli enti locali interessati, fossero effettuate la ricognizione e la riperimetrazione dei siti contaminati attualmente classificati di interesse nazionale ai fini della bonifica, escludendo le aree e i territori che non soddisfano più i requisiti di cui all'articolo 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 15.

Si precisa che ad oggi risultano individuati 42 Siti di interesse nazionale (SIN), per una superficie cumulata che costituisce approssimativamente il sei per mille del territorio nazionale (circa 170.000 ettari totali a terra e circa 78.000 ettari a mare).

Sul sito internet del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) è disponibile una pagina dedicata all’anagrafica dei Siti di interesse nazionale (https://bonifichesiticontaminati.mite.gov.it/sin/anagrafica-denominazione-caratteristiche/) dalla quale è possibile accedere, per ciascun Sito, a una scheda descrittiva di sintesi e a una rappresentazione grafica georiferita.

In sintesi, ogni SIN ha caratteristiche specifiche in termini di inquadramento geografico e territoriale (Comuni interessati, diverse destinazioni urbanistiche, sia produttive che residenziali), storia produttiva (Raffineria, Chimica Integrata, Acciaierie, Zone ASI, siti in esercizio, siti dismessi, aree a contaminazione passiva, ecc.) e problematiche ambientali (tipologie di contaminanti riscontrati, contaminazioni storiche, fonti attive di contaminazione, ecc.).

La perimetrazione di un SIN determina un effetto conformativo della proprietà (TAR Lazio, Sez. I, 27/7/2010, n. 27771), nonché conseguenze giuridiche per i proprietari delle aree in considerazione delle operazioni preliminari di caratterizzazione e messa in sicurezza del sito (Cons. Stato, sez. VI, 27/12/2011, n. 6843).

La giurisprudenza ha chiarito che nei SIN il presupposto dell’evento potenzialmente in grado di contaminare il sito (previsto dall’articolo 242, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per le procedure ordinarie) è assorbito dall’inclusione dell’area all’interno della perimetrazione ai sensi dell’articolo 252 del ridetto decreto legislativo n. 152 del 2006, in ragione dei presupposti di legge «inerenti alla pericolosità degli inquinanti presenti nonché all’impatto ambientale in termini di rischiosità sanitaria ed ecologica» (TAR Lazio, sez. I, 15/10/2008, n. 8920); la Suprema Corte di Cassazione ha, altresì, statuito che «la inclusione di una determinata area all’interno del perimetro di un sito di interesse nazionale ne presuppone la potenziale contaminazione rendendola soggetta a caratterizzazione» (Cass. Pen., Sez. III, 2/2/2018, n. 5075).

A tal proposito, occorre richiamare l’articolo 242-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale subordina la realizzazione di interventi e opere nei SIN a una specifica valutazione del MASE, concernente il rispetto di due condizioni:

a) che detti interventi siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscano con l’esecuzione e il completamento della bonifica;

b) che detti interventi non determinino rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area ai sensi e nel rispetto del decreto legislativo n. 81 del 2008.

In tale contesto, e in particolare in ragione dei vincoli (ambientali e conformativi) derivanti dall’inclusione di un’area nel perimetro di un SIN, l’articolo 17-bis del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2021, ha demandato al Ministro della transizione ecologica (ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica), “la ricognizione e la riperimetrazione dei siti contaminati attualmente classificati di interesse nazionale ai fini della bonifica, escludendo le aree e i territori che non soddisfano più i requisiti di cui all’articolo 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Il termine iniziale di un anno è stato prorogato di un ulteriore anno ad opera dell’articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 198 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2023 e, successivamente prorogato di un ulteriore anno dall’articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 215 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 18 del 2024.

Tale attività, particolarmente complessa per il numero dei SIN (42) da esaminare e per la specificità di ciascuno di essi, necessita, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa del governo, di una disciplina di una riperimetrazione stabile nel tempo e non sottoposta a limiti temporali. Ciò anche perché esigenze di riperimetrazione possono ben verificarsi nel tempo, oltre i limiti temporali individuati dalla norma vigente, in ragione del progredire delle attività di bonifica che potranno giustificare l’esclusione di porzioni del territorio dai siti di interesse nazionale.


 


Articolo 11, comma 2-bis
(Tempistiche di iscrizione al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti)

 

 

Il comma 2-bis dell’articolo 11, introdotto in sede referente, reca disposizioni volte a differire al 14 aprile 2025 il termine per l’iscrizione, al Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI), da parte di enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di 50 dipendenti, nonché da parte di tutti gli altri soggetti diversi dai produttori iniziali, ivi inclusi i soggetti da questi delegati.

 

Il comma in esame – ai fini dell'operatività del RENTRI – prevede che, con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, è aumentato da 60 a 120 giorni il termine per l’iscrizione al RENTRI, previsto dall’art. 13, comma 1, lettera a), del D.M. Ambiente 4 Aprile 2023, n. 59.

In attuazione dell’art. 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cd. Codice dell’ambiente (v. box seguente) – che disciplina il sistema di tracciabilità dei rifiuti stabilendo, tra l’altro, che tale sistema si compone delle procedure e degli strumenti di tracciabilità dei rifiuti integrati nel RENTRI – è stato emanato il D.M. Ambiente 4 aprile 2023, n. 59, finalizzato alla definizione della disciplina di dettaglio del RENTRI. In particolare, l’art. 13 di tale decreto stabilisce tempistiche di iscrizione al RENTRI differenziate a seconda dei vari soggetti obbligati.

Per i soggetti indicati dalla lettera a) del comma 1 – vale a dire “per enti o imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi con più di cinquanta dipendenti, e per tutti gli altri soggetti diversi dai produttori iniziali, ivi inclusi i soggetti” da questi delegati – l’iscrizione al RENTRI deve essere effettuata a decorrere dal 15 dicembre 2024 (vale a dire dal diciottesimo mese a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.M. 59/2023) ed entro i 60 giorni successivi (vale a dire entro il 13 febbraio 2025). Tale ultimo termine, in base al disposto del comma in esame, dovrà essere differito (con apposito decreto ministeriale) al 14 aprile 2025 (cioè entro i 120 giorni successivi, anziché i 60 previsti dal testo vigente del D.M. 59/2023).

 

L'art. 6 del D.L. 135/2018 ha previsto la soppressione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) a decorrere dal 1° gennaio 2019. In sostituzione di tale sistema, il medesimo articolo ha previsto l'istituzione del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti (RENTRI) e ha disposto – fino alla definizione ed alla piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità organizzato e gestito direttamente dal Ministero dell'ambiente – l’applicazione dei meccanismi di tracciabilità tradizionali (registri di carico e scarico, formulari di trasporto e MUD).

Successivamente, l'art. 1, comma 16, del d.lgs. 116/2020 (con cui sono state recepite le nuove direttive rifiuti e imballaggi) ha riportato all'interno del Codice dell'ambiente (mediante la riscrittura dell'art. 188-bis del d.lgs. 152/2006) la nuova disciplina del RENTRI introdotta dal richiamato art. 6 del D.L. 135/2018.

In attuazione del citato articolo 188-bis, è stato emanato il D.M. Ambiente 4 aprile 2023, n. 59, finalizzato alla definizione della disciplina di dettaglio del RENTRI.

In merito al RENTRI, nella risposta all’interrogazione 5/02994, resa nella seduta del 23 ottobre 2024, viene evidenziato che tale registro “non è certamente divenuto operativo senza tener conto di un lasso di tempo utile all'adattamento dei soggetti obbligati. Basti pensare che la piena attuazione del citato decreto ministeriale n. 59 del 2023 ha comportato l'adozione di una serie di decreti direttoriali attuativi, ciascuno dei quali volto a fornire agli operatori un quadro chiaro e puntuale in merito a tempistiche e adempimenti. Con il decreto direttoriale del 22 settembre 2023 sono stati stabiliti i termini (i) per l'iscrizione al Registro, (ii) per l'entrata in vigore dei nuovi modelli del registro cronologico di carico e scarico e del formulario di identificazione del rifiuto (FIR), (iii) per la tenuta in formato digitale dei nuovi modelli e (iv) per l'emissione del FIR in formato digitale. Con tale decreto si è tenuto conto dell'esigenza di distribuire i tempi e di renderli idonei allo scopo di consentire l'effettivo adempimento agli obblighi ricadenti sui soggetti interessati, tanto che, con riguardo alle imprese con più di 50 dipendenti, si è previsto che l'obbligo di iscrizione decorre dal 15 dicembre 2024 fino al 13 febbraio 2025 e che l'obbligo di emissione del FIR sorge solo una volta chiusasi la finestra temporale per l'iscrizione. Con i successivi decreti 6 novembre 2023 e 19 dicembre 2023 sono state definite le modalità operative per la trasmissione dei dati al Registro e di accesso e iscrizione allo stesso, sono stati indicati i requisiti informatici per garantire l'interoperabilità, nonché le modalità di funzionamento degli strumenti a supporto e di compilazione dei modelli. L'adozione dei citati decreti direttoriali ha permesso l'apertura dell'ambiente DEMO sul portale RENTRI, al fine di testare le applicazioni e i sistemi gestionali per la trasmissione dei dati e la compilazione dei modelli. Unitamente all'apertura dell'ambiente DEMO, è stato attivato un servizio di assistenza agli utenti .... Al contempo, è stata avviata anche una intensa attività formativa diretta alle associazioni e alle imprese .... Dal mese di settembre sono state coinvolte anche le Sezioni Regionali e provinciali della struttura dell'Albo nazionale gestori ambientali con la programmazione di oltre 20 eventi su tutto il territorio nazionale e la partecipazione di oltre 10.000 utenti. Si ritiene, dunque, che la gradualità del percorso di adempimento agli obblighi previsti dal RENTRI, la messa a disposizione di specifici strumenti di supporto nonché l'attività di formazione di cui s'è fatta menzione potranno consentire la piena operatività del nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti in linea con le attese delle amministrazioni interessate e dei settori produttivi coinvolti, senza cogliere questi ultimi impreparati”.

 


Articolo 11, comma 2-ter
(Differimento della contabilizzazione della quota di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa prodotti da
fasci di frutti di olio di palma vuoti e da PFAD)

 

L’articolo 11, comma 2-ter, introdotto in sede referente, differisce dal 1 gennaio 2025 al 1 gennaio 2026 il termine oltre il quale non è più ammessa la contabilizzazione, ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di consumo di energia da fonti rinnovabili, della quota di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa prodotti a partire da fasci di frutti di olio di palma vuoti e acidi grassi derivanti dal trattamento dei frutti di palma da olio (PFAD), salvo che essi siano certificati come a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni.

 

Il comma 2-ter, inserito in sede referente, interviene sull’articolo 40, comma 1, del d.lgs. n. 199/2021[7], nella parte in cui prevede (lettera c)) – ai fini del raggiungimento dell’obiettivo nazionale di consumo complessivo di energia da fonti rinnovabili (FER) al 2030 e dell’obiettivo nazionale settoriale al 2030 in materia di utilizzo di energia da FER nei trasporti – che, non oltre il 1 gennaio 2025, non si debba più contabilizzare la quota di biocarburanti e bioliquidi, nonché di combustibili da biomassa, prodotti a partire da olio di palma, fasci di frutti di olio di palma vuoti e acidi grassi derivanti dal trattamento dei frutti di palma da olio (PFAD), salvo che gli stessi siano certificati come biocarburanti, bioliquidi o combustibili da biomassa a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni.

Con l’intervento qui in esame il termine del 1° gennaio 2025 viene differito di un anno, al 1° gennaio 2026, limitatamente ai fasci di frutti di olio di palma vuoti e agli acidi grassi derivanti dal trattamento dei frutti di palma da olio (PFAD).

Rimane quindi operativo il divieto di contabilizzazione della quota di biocarburanti e bioliquidi, nonché di combustibili da biomassa, prodotti a partire da olio di palma.

Rimane fermo, altresì quanto disposto dall’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 199/2021, ai sensi del quale tutti combustibili suindicati non possono beneficiare di alcuna misura di sostegno, fatta eccezione per quelli certificati a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni (Indirect Land Use Change – ILUC).

 

La relazione tecnica allegata all’emendamento del relatore introduttivo del comma 2-bis in esame evidenzia che il differimento del termine è sufficiente per fornire agli operatori il tempo necessario a gestire gli approvvigionamenti.

 

 

I vincoli indicati dall’articolo 40 del D.lgs. n. 199/2021 costituiscono attuazione di quanto previsto nell’articolo 26 e ss. della direttiva 2018/2001/UE sulle fonti rinnovabili - RED II, la quale a sua volta conferma e rafforza i limiti di ammissibilità, per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa prodotti da colture alimentari e foraggere a elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni (Indirect Land Use ChangeILUC), già fissati dalla direttiva 2015/1513/UE cd. ILUC.

Nello specifico, la direttiva RED II, all’articolo 26, paragrafo 1, mantiene i limiti introdotti dalla direttiva ILUC inerenti la quota di biocarburanti e bioliquidi, e di carburanti da biomassa consumati nei trasporti prodotti a partire da colture alimentari o foraggere (tra esse la palma e la soia), che può essere contabilizzata ai fini del conseguimento degli obiettivi UE in materia fonti rinnovabili e anzi li rafforza, introducendo la possibilità di limiti nazionali specifici.

Il terzo comma del paragrafo 1 dell’articolo 26, dispone, infatti, che gli Stati membri possono fissare limiti inferiori e possono distinguere, ai fini dell’articolo 29, paragrafo 1 – che fissa i criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa – tra diversi tipi di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa ottenuti da colture alimentari e foraggere, tenendo conto delle migliori evidenze disponibili riguardo all’impatto del cambiamento indiretto di destinazione d’uso dei terreni. Gli Stati membri possono, ad esempio, fissare un limite inferiore per la quota di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa ottenuti da colture oleaginose.

Quanto al limite specifico all’utilizzo di biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa prodotti da colture alimentari e foraggere a elevato rischio ILUC per i quali si osserva una considerevole espansione della zona di produzione della loro materia prima su terreni che presentano elevate scorte di carbonio, l’articolo 26, paragrafo 2 – oltre a prevedere come limite il livello di consumo registrato per essi nel 2019, a meno che non siano certificati a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni – dispone che a partire dal 31 dicembre 2023 il loro contributo dovrebbe essere gradualmente ridotto fino a raggiungere lo 0% al più tardi entro il 2030.

Il paragrafo 2 ha rinviato ad un atto delegato della Commissione l’adozione dei criteri per la determinazione delle materie prime a elevato rischio ILUC per le quali si osserva una considerevole espansione della zona di produzione in terreni che presentano elevate scorte di carbonio. In attuazione di questa previsione, il regolamento delegato (UE) 2019/807, all’articolo 3, ha fissato i seguenti criteri cumulativi:

a)    l’espansione media annua della zona di produzione globale delle materie prime dal 2008 è superiore all’1% e interessa più di 100 000 ettari;

b)    la quota di tale espansione in terreni che presentano elevate scorte di carbonio è superiore al 10 %.

L’applicazione dei criteri di cui alle lettere a) e b) si basa sulle informazioni incluse nell’allegato, oggetto di periodico riesame, che si riporta di seguito.

 

Espansione media annua della zona di produzione dal 2008 (kha)

Espansione media annua della zona di produzione dal 2008 (%)

Quota di espansione in terreni di cui all’articolo 29, par. 4, lettere b) e c) della direttiva (UE) 2018/2001

Quota di espansione in terreni di cui all’articolo 29, par. 4, lettera a) della direttiva (UE) 2018/2001

Cereali

Frumento

- 263,4

- 0,1 %

1 %

-

Granturco

4 027,5

2,3 %

4 %

-

Colture zuccherine

Canna da zucchero

299,8

1,2 %

5 %

-

Barbabietola da zucchero

39,1

0,9 %

0,1 %

-

Colture oleaginose

Semi di colza

301,9

1,0 %

1 %

-

Olio di palma

702,5

4,0 %

45 %

23 %

Soia

3 183,5

3,0 %

8 %

-

Girasole

127,3

0,5 %

1 %

-

 

Il successivo articolo 4 del citato regolamento consente la certificazione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa come combustibili a basso rischio di cambiamento indiretto di destinazione d’uso dei terreni solo se sono soddisfatti tutti i seguenti criteri:

·       i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa sono stati prodotti a partire da materie prime supplementari ottenute tramite misure di addizionalità;

·       gli elementi di prova necessari per individuare le materie prime supplementari e dimostrare le dichiarazioni relative alla produzione di materie prime supplementari sono debitamente raccolti e accuratamente documentati dagli operatori economici interessati);

·       i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa rispettano i criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 29 della direttiva (UE) 2018/2001.

  Il citato articolo 29 della direttiva stabilisce, a sua volta, i seguenti criteri:

-        per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa prodotti a partire da rifiuti e residui provenienti non da terreni forestali bensì agricoli, gli operatori o le autorità nazionali devono disporre di piani di monitoraggio o di gestione dell’impatto sulla qualità del suolo e sul carbonio del suolo;

-        per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa provenienti dall’agricoltura non devono essere utilizzate materie prime ottenute su terreni che presentano un elevato valore in termini di biodiversità (es. foreste primarie) o elevate scorte di carbonio (es. zone umide) o che erano torbiere nel gennaio 2008 (a meno che la coltivazione e la raccolta di tali materie prime non comportino il drenaggio di terreno precedentemente non drenato);

-        per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa ottenuti da biomassa forestale:

o   il paese in cui è stata raccolta la biomassa forestale deve avere introdotto e attuare norme per la legalità delle operazioni, per la rigenerazione forestale delle superfici, per la protezione delle aree designate ai sensi di norme internazionali o nazionali, per il mantenimento della qualità del suolo e della biodiversità, per il mantenimento della capacità produttiva a lungo termine delle foreste; altrimenti, devono essere attuati sistemi di gestione a livello di zona di approvvigionamento forestale per garantire il perseguimento delle medesime finalità;

o   il paese in cui ha avuto origine la biomassa forestale è parte dell’accordo di Parigi e ha presentato un contributo determinato a livello nazionale alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, relativo alle emissioni e agli assorbimenti risultanti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dall’uso del suolo, che garantisce che le variazioni di scorte di carbonio associate alla raccolta della biomassa sono contabilizzate in vista dell’impegno di ridurre le emissioni di gas serra o dispone di leggi applicabili alla zona di raccolta, per conservare e migliorare le scorte e i pozzi di assorbimento di carbonio; in alternativa, devono essere attuati sistemi di gestione a livello di zona di approvvigionamento forestale per garantire che i livelli di scorte e di pozzi di assorbimento di carbonio nella foresta siano mantenuti o rafforzati a lungo termine.

 

La direttiva UE/2023/2413, del 18 ottobre 2023 - RED III, che modifica la direttiva RED II, indica alla Commissione di riesaminare il livello della quota massima dell’espansione media annua della zona di produzione mondiale in terreni che presentano elevate scorte di carbonio sulla base di criteri oggettivi e scientifici, tenendo conto degli obiettivi e degli impegni dell’UE in materia di clima, con la proposta, se necessario, di una nuova soglia sulla base dei risultati del riesame. Inoltre, la Commissione – sempre secondo la direttiva – dovrebbe valutare la possibilità di progettare una traiettoria accelerata per eliminare gradualmente il contributo di tali combustibili agli obiettivi in materia di energie rinnovabili, al fine di massimizzare i risparmi di emissioni di gas a effetto serra.


Articolo 11, comma 2-quater
(Termine di applicazione degli obblighi di immissione in consumo di biocarburanti per i fornitori di metano e di biometano per il trasporto stradale e ferroviario)

 

 

Il comma 2-quater dell’articolo 11, introdotto in sede referente, stabilisce che gli obblighi di immissione in consumo di energia da fonti rinnovabili previsti dall’articolo 39 del decreto legislativo n. 199 del 2021, si applichino a decorrere dal 1° gennaio 2026 con esclusivo riguardo: ai fornitori di metano, immesso in consumo per il trasporto stradale e ferroviario; ai fornitori di biometano o di biogas per trasporti, immesso in consumo per il trasporto stradale e ferroviario.

 

La disposizione, introdotta nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce al 1° gennaio 2026 il termine iniziale di applicazione di taluni degli obblighi di immissione in consumo di energia da fonti rinnovabili relativi al settore dei trasporti, previsti dall’articolo 39 del decreto legislativo 8 novembre 2021 n.199, con riferimento a specifiche categorie di soggetti.

 

Si ricorda che il menzionato decreto legislativo reca disposizioni preordinate al recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. La direttiva in questione, in breve, stabilisce un sistema comune per promuovere l’energia da fonti rinnovabili nei diversi settori della vita sociale, stabilendo un insieme comune di norme per l’uso delle energie rinnovabili nei settori dell’elettricità, del riscaldamento e del raffrescamento e dei trasporti nell’Unione, con l’obiettivo di promuovere ed incrementare l’uso di energia da fonti rinnovabili per combattere i cambiamenti climatici, proteggere l’ambiente e ridurre la dipendenza energetica.

Per quanto attiene, più nello specifico, al decreto legislativo di recepimento, occorre evidenziare che quest’ultimo risulta deputato, parimenti, all’attuazione delle misure e degli strumenti delineati dal Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC), predisposto dall’Italia in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999: il Piano stabilisce gli obiettivi nazionali al 2030 sull’efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché in tema di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell’energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile; delineando, per ciascuno di essi, le misure che saranno attuate per assicurarne il raggiungimento. Il Piano è stato trasmesso alla Commissione europea il 31 dicembre 2019 e successivamente approvato. A tal riguardo, si sottolinea che la relazione illustrativa dello schema di decreto, in particolare, individua quale obiettivo delle misure ivi contenute quello di “accelerare la transizione dai combustibili tradizionali alle fonti rinnovabilì”. “La concretizzazione di tale transizione”, si legge, “esige ed è subordinata alla programmazione e realizzazione degli impianti sostitutivi e delle necessarie infrastrutture”.

Nella sistematica del decreto in questione, il richiamato articolo 39 è collocato sotto il Capo I del Titolo V, che raggruppa le disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti e sui criteri di sostenibilità per biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa. Per quel che più interessa nella presente sede, in sintesi, la disposizione in questione prevede, conformemente alla traiettoria indicata nel PNIEC, l'obbligo per i singoli fornitori di benzina, diesel e metano di conseguire entro il 2030 una quota almeno pari al 16 per cento di fonti rinnovabili sul totale di carburanti immessi in consumo nell'anno di riferimento e calcolata sulla base del contenuto energetico, dettando al contempo specifiche regole di calcolo e ulteriori sotto quote di obbligo di composizione nell'ambito della quota citata.

Occorre evidenziare, peraltro, che in attuazione dell’articolo 39 è stato adottato il decreto  del  Ministro  dell'ambiente  e   della   sicurezza energetica n. 107 del 16 marzo 2023 (DM Biocarburanti), che introduce, dall'anno di immissione in consumo 2023, le nuove condizioni, i nuovi criteri e le nuove modalità di attuazione dell'obbligo di utilizzo di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Il regolamento ministeriale è stato successivamente modificato dal decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica n. 343 del 20 ottobre 2023; mentre sulle scadenze del sistema d’obbligo d’immissione in consumo di vettori energetici rinnovabili di origine biologica è intervenuta, da ultimo, la Circolare MASE del 10 dicembre 2024.

 

In particolare, la disposizione in commento stabilisce che gli obblighi di immissione in consumo di una quota di vettori energetici rinnovabili, previsti dall’articolo richiamato e specificati dalla citata normativa secondaria, si applichino a decorrere dal 1° gennaio 2026, con esclusivo riferimento alle seguenti categorie di soggetti:

·       fornitori di metano che sia immesso in consumo per il trasporto stradale e ferroviario;

·       fornitori di biometano, o di biogas, per trasporti che sia immesso in consumo per il trasporto stradale e ferroviario.

 

La disposizione, in sostanza, determina una proroga del termine a decorrere dal quale si applichino i menzionati obblighi di immissione di biocarburanti, in relazione alle suddette categorie di soggetti: si ricorda, infatti, che il menzionato DM Biocarburanti del 16 marzo 2023, come successivamente modificato, secondo l’interpretazione invalsa,  prevedeva che, fino al 31 dicembre 2024, la quota d’obbligo di immissione in consumo di biocarburanti sul metano e sul biometano ovvero biogas per trasporti fosse pari allo 0%. Per effetto della disposizione primaria in commento, pertanto, tale termine viene prorogato, per le categorie di fornitori indicate, al 1° gennaio 2026.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 11, comma 2-quinquies
(Recipienti a pressione)

 

 

Il comma 2-quinquies dell’articolo 11, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sull’articolo 40-ter del decreto-legge n. 73 del 2022 in materia di semplificazione degli adempimenti relativi ai recipienti a pressione con capacità superiore ai 13 metri cubi.

 

A tale riguardo è utile ricordare come il sopra citato articolo 40-ter aveva previsto una procedura semplificata, di natura provvisoria, per i recipienti a pressione con capacità complessiva superiore a 13 metri cubi che avrebbe dovuto trovare applicazione fino al 31 dicembre del 2024.

La modifica normativa introdotta nel corso dell’esame del provvedimento, presso la Commissione di merito, mira a sopprimere il riferimento a tale data con la conseguenza di estendere l’applicazione del regime semplificato, originariamente previsto in via provvisoria, per tale tipologia di recipienti a pressione.

 


Articolo 11, comma 2-sexies
(Energia elettrica da biomassa)

 

 

L’articolo 11, comma 2-sexies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone una proroga dell’attuale disciplina in materia di attestazione dei criteri di sostenibilità della produzione di energia elettrica e calore da biomasse (escluso il biometano).

 

In particolare, si proroga sino al 31 dicembre 2025 l’attuale disciplina delle modalità di attestazione del rispetto dei criteri di sostenibilità da parte dei produttori di energia elettrica e calore da combustibili da biomassa, escluso il biometano.

Si tratta di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa prodotti a partire da rifiuti e residui provenienti da terreni agricoli, di cui al vigente articolo 42 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, attuativo di una direttiva europea dell’anno 2018 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili provenienti dall'agricoltura. Al riguardo, l’articolo 42 del decreto legislativo n. 199/2021 indica alcuni criteri per ridurre al minimo il rischio di utilizzare biomassa forestale derivante da una produzione non sostenibile e, dunque, prevede casi di divieto della produzione di energia elettrica e calore da combustibili da biomassa. Di conseguenza, i produttori sono tenuti ad attestare il rispetto dei criteri di sostenibilità, anche mediante autodichiarazione accompagnata da adeguata documentazione, da fornire ai competenti organismi di certificazione. Ai sensi del decreto emanato il 7 agosto 2024 dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica recante l’istituzione del Sistema Nazionale di Certificazione della sostenibilità  dei biocombustibili, della certificazione dei carburanti rinnovabili di origine non biologica e di quella dei carburanti da carbonio riciclato, la disciplina relativa alle attestazioni era destinata a rimanere  in vigore fino a nove mesi dopo l’entrata in vigore del decreto stesso, ovvero a decorrere dal 27 agosto 2024; per effetto del nuovo comma 2-bis, la suddetta disciplina sarà prorogata di alcuni mesi, vale a dire fino a fine anno 2025.

Il nuovo comma 2-bis, inoltre, stabilisce che i produttori avranno tempo fino al 31 maggio 2025 per accettare il preventivo per la certificazione della sostenibilità da parte di un organismo accreditato secondo il suddetto Sistema Nazionale di Certificazione, oppure operante presso un Sistema Volontario riconosciuto dalla Commissione Europea, fatta salvo la possibilità di concludere l'iter della certificazione, per il solo comparto delle biomasse solide, entro il 30 giugno 2026. Gli organismi di certificazione, a loro volta, dovranno informare delle richieste ricevute il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.

 

Il Sistema Nazionale di Certificazione della Sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi è regolato dal decreto ministeriale 7 agosto 2024, che ha abrogato un decreto interministeriale datato 14 novembre 2019. Con il passaggio dal vecchio al nuovo Sistema Nazionale di Certificazione, il legislatore ha aggiornato le disposizioni del decreto ministeriale 14 novembre 2019, continuando a perseguire l’obbiettivo di fare sì che tutta la catena di consegna dei biocarburanti e dei bioliquidi sia certificata per assicurare il rispetto della sostenibilità, per poter usufruire di regimi incentivanti o per concorrere agli obiettivi previsti dalla normativa di settore.


 


Articolo 11, comma 2-septies
(Recupero dei rifiuti nei cementifici)

 

 

Il comma 2-septies, introdotto in sede referente, differisce di un anno, cioè fino al 31 dicembre 2025, l’efficacia della norma transitoria secondo cui, in deroga ai vigenti atti autorizzativi, in caso di impianti di produzione di cemento autorizzati allo svolgimento delle operazioni di recupero di rifiuti “R1” (utilizzazione dei rifiuti principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia) con limiti quantitativi orari, giornalieri o riferiti ad altro periodo inferiore all'anno, si considera vincolante soltanto il quantitativo massimo annuo di utilizzo, limitatamente ai quantitativi effettivamente avviati al recupero energetico.

 

La proroga prevista dal comma in esame interviene sull’efficacia della disposizione recata dal comma 5-bis dell’articolo 4 del D.L. 17/2022.

Tale ultima disposizione prevede – al fine di mitigare gli aumenti dei costi delle fonti energetiche, in particolare per le imprese del settore del cemento – che, in deroga ai vigenti atti autorizzativi, in caso di impianti di produzione di cemento autorizzati allo svolgimento delle operazioni di recupero di rifiuti “R1” con limiti quantitativi orari, giornalieri o riferiti ad altro periodo inferiore all'anno, si considera vincolante soltanto il quantitativo massimo annuo di utilizzo, limitatamente ai quantitativi effettivamente avviati al recupero energetico.

Si ricorda che, in base all’allegato C alla parte IV del Codice dell'ambiente (D. Lgs. 152/2006), che elenca le operazioni di recupero dei rifiuti, l’operazione “R1” consiste nell’utilizzazione (di rifiuti) principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (cd. combustibili solidi secondari - CSS).

Il citato comma 5-bis precisa che la deroga in esso prevista:

- si applica previa comunicazione all'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione e all'agenzia regionale per la protezione ambientale territorialmente competente;

- opera a condizione che vengano rispettati i limiti tecnici impiantistici previsti dalle disposizioni in materia di prevenzione degli incendi e dalle disposizioni in materia di elaborazione dei piani di emergenza interna per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti (previsti dall'art. 26-bis del D.L. 113/2018);

- si applica fino al 31 dicembre 2023.

Tale termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2022, è stato differito al 31 dicembre 2023 dall’art. 11, comma 8-septies, del D.L. 198/2022, poi al 31 dicembre 2024 dall’art. 7, comma 3-bis del D.L. 132/2023 e ora al 31 dicembre 2025 dal comma in esame.

 


Articolo 11, comma 2-octies
(Impianti GNL)

 

 

L’articolo 11, comma 2-octies, introdotto nel corso dell’esame del Senato, ha per oggetto il gas naturale che i titolari di concessioni cedono al Gestore dei Servizi Energetici. Novellando la normativa vigente, si stabilisce che a partire dal 2025 il punto di cessione del gas sia il MGAS (Mercato del Gas Naturale).

 

In particolare, il comma in esame interviene sull'articolo 16, comma 5, lettera b) del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni, dalla legge 27 aprile, n. 34.

Il decreto-legge 17/2022 reca misure per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali. Il suo articolo 16 mira al rafforzamento della sicurezza di approvvigionamento di gas naturale a prezzi ragionevoli. A tale scopo, l’articolo 16 invita i titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale esistenti o da conferire nel rispetto dei limiti imposti dalla legislazione vigente, della normativa dell'Unione europea e degli accordi internazionali, a partecipare alle procedure per l'approvvigionamento di lungo termine.

A normativa vigente, i titolari delle concessioni presentano al Gruppo GSE (il Gestore dei Servizi Energetici) la manifestazione di interesse ad aderire alle procedure. Con queste manifestazioni di interesse, i titolari delle concessioni comunicano i programmi incrementali delle produzioni di gas naturale per la durata di vita utile del giacimento, un elenco di possibili sviluppi, incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale, i tempi massimi di entrata in erogazione, il profilo atteso di produzione e i relativi investimenti necessari. Inoltre, le manifestazioni di interesse contengono impegni a cedere il gas prodotto al Punto di Scambio Virtuale (PSV) e a mettere a disposizione del Gruppo GSE un quantitativo di diritti sul gas corrispondente ai volumi produttivi medi annui attesi, e sono corredate da una relazione concernente il prezzo stabilito, la quale è asseverata da una primaria società di revisione contabile di livello internazionale iscritta al registro dei revisori legali. Il quantitativo di diritti sul gas viene messo a disposizione per cinque anni decorrenti dal 1° ottobre 2024 o, se il contratto è stipulato in data successiva al 30 aprile 2024, dal primo giorno del sesto mese successivo alla stipula del contratto medesimo.

Secondo l’articolo 16 del decreto-legge 17/2022, la cessione del gas prodotto avviene ad un Punto di Scambio Virtuale (PSV).

 

Il Punto di Scambio Virtuale è uno hub, gestito da Snam Rete Gas, dove viene determinato il prezzo finale all’ingrosso della materia prima. Una volta stabilito questo parametro, i fornitori fissano il prezzo della componente materia prima gas da applicare agli utenti finali.

 

Per effetto della novella recata dal comma 2-bis, invece, a partire dal 2025 il punto di cessione del gas prodotto è individuato nel MGAS (il Mercato del Gas Naturale), gestito dalla società GME S.p.A. (Gestore dei mercati energetici). 


 


Articolo 12
(Destinazione del cinque per mille)

 

 

L’articolo 12 estende di un ulteriore anno il regime transitorio relativo al cinque per mille IRPEF per le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte all'anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021, prevedendo che esse continuano, fino al 31 dicembre 2025, ad essere destinatarie della quota del cinque per mille.

 

La disposizione estende di un ulteriore anno il regime transitorio relativo al cinque per mille IRPEF per le ONLUS. In particolare, essa dispone che sino al quinto anno successivo all’operatività del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, attivo dal 23 novembre 2021, come disposto dal Decreto direttoriale n. 561 del 26 ottobre 2021, le ONLUS che risultano iscritte all'anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021 continuano, fino al 31 dicembre 2025, a essere destinatarie della quota del cinque per mille secondo le modalità stabilite per gli enti del volontariato dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 111 del 2017 e al D.P.C.M. del 23 luglio 2020. La proroga così disposta è funzionale a evitare che alcuni enti costituiti in ONLUS, in quanto non ancora iscritti al RUNTS per il 2025, possano rimanere esclusi dal riparto del beneficio del 5 per mille.

 

Si rammenta che l’istituto del cinque per mille dell’IRPEF è stato introdotto a titolo sperimentale per l’anno 2006 dall’art. 1, co. 337-340 della legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266, confermato annualmente, e poi reso definitivo dalla legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 154, legge 23 dicembre 2014, n. 190) che ne ha stabilizzato la disciplina e definito il limite massimo di spesa annuale.

Originariamente, i beneficiari del cinque per mille erano numerose differenti tipologie di enti (organizzazioni di volontariato, ONLUS, associazioni di promozione sociale, associazioni e fondazioni riconosciute, ecc.) che operavano in alcuni settori, come indicati ad esempio dall’art. 2, co. 4-novies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, e art. 1, comma 1 lettera a), del D.P.C.M. 23 aprile 2010.

Successivamente, il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, che ha riordinato la disciplina del 5 per mille, ha disposto, tra l’altro, che i soggetti destinatari del cinque per mille siano esclusivamente gli “enti iscritti nel Registro unico nazionale degli enti del terzo settore”, prevedendo dunque che tutti i singoli enti, precedentemente beneficiari, dovessero registrarsi presso tale Registro, quando fosse istituito, per poter continuare a fruire di tali contributi.

L’istituzione del Registro unico nazionale è avvenuta con il Decreto Ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il Registro è attivo dal 23 novembre 2021 come disposto dal Decreto direttoriale n. 561 del 26 ottobre 2021.

Conseguentemente, già l’articolo 1, comma 2, del D.P.C.M. 23 luglio 2020 ha stabilito un regime transitorio esclusivamente per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), per cui ancora per il primo anno di operatività del registro, le ONLUS che avevano sino ad allora ricevuto il contributo del 5 per mille avrebbero continuato a riceverlo anche qualora non iscritte al Registro. Tale termine è stato ulteriormente prorogato, sempre limitatamente alle ONLUS, al secondo anno di operatività del registro dall’articolo 9 comma 6 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228; al terzo anno di operatività del registro, dal decreto-legge n. 198 del 2022; al quarto anno di operatività del registro, dall’articolo 17-bis del decreto-legge 11 dicembre 2023, n. 145.


Articolo 12, comma 1-bis
(Assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare)

 

 

L’articolo 12, comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, proroga a decorrere dall'anno 2025 la corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare, definendo la relativa copertura finanziaria.

 

L’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare compete ad alcuni invalidi di guerra e per servizio militare, qualora gli enti preposti non siano in grado di procedere, entro un determinato termine temporale, all’assegnazione dell’accompagnatore.

 

La disposizione in esame interviene sull’articolo 1 della legge n. 184 del 2009 (Disposizioni concernenti l'assegno sostitutivo dell'accompagnatore militare per il 2009), che reca a sua volta disposizioni di proroga della corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare in via transitoria – in relazione alla soppressione del servizio militare di leva ed in attesa della riforma organica della disciplina del suddetto assegno – per gli anni precedenti. 

 

Da ultimo, il decreto-legge n. 215/2023, articolo 10-bis, (Proroga di termini) aveva prorogato per il 2024 la corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare.

In precedenza, il decreto-legge n. 162 del 2019 (Proroga di termini), all’articolo 9, comma 2-bis, aveva prorogato la corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare per il triennio 2020–2022.

 

Agli oneri derivanti dalla disposizione in esame, quantificati in 127.248 euro a decorrere dall’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2025-2027, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2025, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa.

 

Si segnala che il decreto-legge n. 77 del 2021, all’articolo 66-ter ha autorizzato le Amministrazioni competenti alla corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare, pur in assenza del decreto che annualmente accerta il numero degli assegni che potranno essere liquidati a tale titolo agli altri aventi diritto. La norma è intervenuta sull’articolo 1 della legge n. 288 del 2002, che reca disposizioni sulla corresponsione dell’assegno sostitutivo dell’accompagnatore militare, con lo scopo di prevedere che nelle more dell'adozione del richiamato decreto annuale le Amministrazioni preposte all’erogazione dell’assegno sostitutivo continuano ad erogare i pagamenti sulla base del decreto emanato nell'annualità precedente.

Per il 2023, è stato emanato il decreto interministeriale 24 ottobre 2023, recante “Provvidenze a favore dei grandi invalidi”.

Per il 2024 è stato emanato il decreto interministeriale 3 settembre 2024 relativo all'assegno sostitutivo del servizio reso dagli accompagnatori, con le regole per il 2024/2025, che confermano pienamente quelle degli anni precedenti.

 


Articolo 13
(Proroga del termine di stipula contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali a danno di beni materiali delle imprese italiane)

 

 

L’articolo 13 dispone una proroga al 31 marzo 2025 del termine, originariamente fissato al 31 dicembre 2024, entro il quale le imprese con sede legale in Italia - e le imprese non residenti con stabile organizzazione in Italia - sono tenute alla stipula di contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali a danno dei beni materiali.

 

L’articolo in commento dispone una proroga dei termini in materie di competenza del Ministero delle imprese e del made in Italy.

Nello specifico, l’articolo 13, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 il termine entro il quale le imprese con sede legale in Italia - e le imprese non residenti con stabile organizzazione in Italia - sono tenute alla stipula di contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali, di cui all’articolo 1, comma 101, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, a danno dei beni materiali da queste detenuti. 

 

 

L’articolo 1, comma 101, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024), stabilisce l’obbligo, in capo alle imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 del Codice civile, di stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni ai beni iscritti nello Stato patrimoniale di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce BII, numeri 1), 2) e 3), direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale.

Le imprese sono dunque obbligate a stipulare polizze assicurative per la copertura dei danni a terreni e fabbricati, impianti e macchinari, nonché attrezzature industriali e commerciali causati da eventi quali i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni.

L’articolo 2188 del Codice civile istituisce il Registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge e, segnatamente, dai successivi articoli 2083, 2135, 2136, 2195, 2200, 2201, 2202, 2205, 2250, 2251, 2296, 2297, 2298, 2306, 2307, 2312, 2317, 2329, 2493, 2502-bis, 2520, 2556, 2559, 2612, 2615-ter, 2845 e 2949.

L’articolo 2195 del Codice stabilisce, in particolare, che sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:

1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4) un'attività bancaria o assicurativa;

5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

Sono soggette all'obbligo dell'iscrizione le società costituite secondo uno dei tipi

regolati nei capi III e seguenti del titolo V del Codice e le società cooperative, anche se non esercitano un'attività commerciale, gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale.

Invece, non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel Registro delle imprese i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del Codice civile (i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia).

Ulteriori disposizioni sono definite dai successivi commi 102-111 della medesima legge di bilancio 2024.

In particolare, al comma 102 si prevede che l’inadempimento dell’obbligo di assicurazione venga considerato nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche.

La polizza deve prevedere un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15 per cento del danno e l’applicazione di premi proporzionali al rischio. Tali valori possono essere aggiornati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy, con il quale possono essere altresì stabilite ulteriori modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione.

In caso di accertamento di violazione o elusione dell’obbligo a contrarre, incluso il rinnovo, IVASS provvede a irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 500.000 euro. I commi da 108 a 110 recano norme finalizzate a contribuire all’efficace gestione del rischio da parte delle compagnie assicurative per la copertura dei danni in esame, autorizzando SACE S.p.A. a concedere una copertura fino al 50 per cento degli indennizzi (fino a un massimo di 5 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026). Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti da tali coperture è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso.

Il comma 111 prevede infine che le disposizioni in esame non siano applicabili agli imprenditori agricoli (di cui all’articolo 2135 del Codice civile), per le quali resta ferma la disciplina del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità stabilita dall’articolo 1, commi 515 e seguenti della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022).


Articolo 13, comma 1-bis
(Proroga disciplina Camere di commercio)

 

 

Il nuovo comma 1-bis, inserito in sede referente all’articolo 13, proroga per altri due mandati la disciplina transitoria relativa alle giunte delle Camere di commercio che sono state interessate da processi di accorpamento tra Camere di commercio stesse.

 

Nello specifico, il suddetto comma proroga l'applicazione di una disposizione transitoria già prevista dall’articolo 4, comma 4, primo periodo, del decreto legislativo 219/2016, che aveva modificato la legge 29 dicembre 1993, n. 580 di disciplina delle Camere di commercio.

In particolare, la disposizione transitoria di cui sopra stabiliva che nelle Camere di commercio risultanti da fusioni tra Camere di commercio stesse, la composizione del consiglio e della giunta seguisse regole specifiche per un certo periodo di tempo, adattandosi progressivamente alla nuova struttura con l'obiettivo di evitare discontinuità nell’amministrazione e consentire una transizione più graduale.

Il nuovo comma in esame proroga questa disciplina transitoria per altri due mandati per le Camere di commercio nate dall'accorpamento di circoscrizioni territoriali esistenti prima della riforma delle Camere di commercio, introdotta dalla legge 7 agosto 2015, numero 124.

Si prevede, inoltre, che le giunte delle Camere di commercio in questione siano composte dal presidente e da nove membri.

In pratica viene prolungata una misura transitoria per garantire continuità negli organi delle Camere di commercio accorpate e ne viene definita la loro composizione.

 

 


Articolo 13, comma 1-ter
(Piattaforme gestione rifiuti)

 

 

Il comma in titolo interviene sull'articolo 178-quater, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente), sostituendo le parole "entro novanta giorni" ovunque ricorrano, con le parole "entro centoventi giorni".

 

Più nello specifico, la disposizione interviene sull'articolo 178-quater, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, rubricato "Modalità per adempiere agli obblighi della responsabilità estesa del produttore nel settore del commercio elettronico", ampliando da novanta a centoventi giorni il termine previsto per la sottoscrizione degli accordi di cui al comma 3 del medesimo articolo.


Articolo 13, comma 1-quater
(Autoriparazione)

 

 

Il comma in titolo interviene sull'articolo 3, comma 2 della legge 11 dicembre 2012, n. 224, concernente la disciplina dell'attività di autoriparazione, sostituisce le parole "per gli undici anni", con le parole "per i dodici anni e sei mesi".

 

La disposizione interviene sull'articolo 3, comma 2, della legge 11 dicembre 2012, n. 224, concernente la disciplina dell'attività di autoriparazione che prevede che le imprese che, alla data di entrata in vigore della medesima legge, fossero iscritte nel registro delle imprese o nell'albo delle imprese artigiane e fossero abilitate alle attività di meccanica e motoristica o a quella di elettrauto, avrebbero potuto proseguire le rispettive attività (per gli undici anni, termine ora divenuto di dodici anni e sei mesi) successivi alla medesima data.


Articolo 13, comma 1-quinquies
(
Credito d’imposta incentivi Transizione 5.0)

 

L’articolo 13, comma 1-quinquies, introdotto in sede referente, chiarisce che il credito d’imposta Transizione 5.0 è riconosciuto anche se gli investimenti agevolabili sono sostenuti antecedentemente alla presentazione della relativa domanda di accesso, a condizione che siano effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2024.

 

          La presente disposizione introduce un nuovo periodo al comma 2 dell’articolo 38 del decreto-legge n. 19 del 2024, specificando che il credito d’imposta Transizione 5.0 è riconosciuto per gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2024 anche se sostenuti antecedentemente alla presentazione della richiesta di accesso al beneficio fiscale.

 

Sul punto, si evidenzia che il sopra citato articolo 38 reca disposizioni concernenti il nuovo credito d’imposta Transizione 5.0.

Nello specifico, tale agevolazione fiscale è riconosciuta a tutte le imprese residenti in Italia e alle stabili organizzazioni di soggetti non residenti nel medesimo territorio che dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 investono in strutture produttive ivi situate, nell’ambito di progetti di innovazione volti alla riduzione dei consumi energetici.

Peraltro, si segnala che l’articolo 1, commi 427-429, della legge n. 207 del 2024 (legge di bilancio 2025) ha introdotto significative modifiche alla disciplina del Piano Transizione 5.0, ampliandone l’ambito di applicazione e semplificandone le procedure di accesso. In particolare, i primi due scaglioni di investimento (fino a 2,5 milioni di euro e da 2,5 a 10 milioni di euro) sono confluiti in un unico scaglione (fino a 10 milioni di euro), al quale si applica l’aliquota del 35 per cento (precedentemente, allo scaglione da 2,5 a 10 milioni veniva applicata l’aliquota del 15 per cento).

Pertanto, alla luce delle suddette modifiche, il credito d’imposta è riconosciuto nelle seguenti misure:

§  35 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 10 milioni di euro;

§  5 per cento del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Per ulteriori approfondimenti sul beneficio in oggetto, nonché sulle modifiche recentemente apportate alla relativa disciplina, si rinvia rispettivamente al dossier sul decreto-legge n. 19 del 2024 e al dossier sulla legge di bilancio 2025.


 

Articolo 13, comma 1-sexies
(Proroga dell’applicazione delle disposizioni in materia di riporzionamento dei prodotti preconfezionati)

 

 

L’articolo 13, comma 1-sexies, introdotto in sede referente, proroga dal 1° aprile 2025 al 1° ottobre 2025 il termine di decorrenza per applicare la misura – introdotta dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 – che impone al produttore di informare, mediante specifica etichetta, dell’avvenuta riduzione di quantità di un prodotto preconfezionato.

 

Nello specifico, il comma 1-sexies dell’articolo 13, aggiunto nel corso dell’esame in sede referente, interviene sulla previsione di cui all'articolo 23 della legge n. 193/2024 (legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 – qui il dossier del Servizio Studi), la quale, per contrastare il fenomeno del riporzionamento dei prodotti a invarianza di costi (o shrinkflation), impone ai produttori che immettono in commercio un prodotto di consumo che, pur mantenendo inalterato il precedente confezionamento, ha subito una riduzione della quantità nominale con conseguente aumento del prezzo per unità di misura da essi dipendente, di informare il consumatore dell’avvenuta riduzione. A tal fine, si impone al produttore di apporre nel campo visivo principale della confezione di vendita o tramite un’etichetta adesiva la dicitura: “Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”. L’obbligo informativo dura per un periodo di sei mesi, decorrenti dalla data di immissione in commercio del prodotto in questione.

La norma in commento interviene ora sul comma 3 del predetto articolo 23, prevedendo che la disposizione di contrasto allo shrinkflation trovi applicazione a decorrere non più dal 1° aprile 2025, come da formulazione inziale del comma 3, ma dal 1° ottobre 2025.


 


Articolo 13, comma 1-septies
(Premio aggiuntivo a carico dei soggetti finanziatori sul volume complessivo garanzie del fondo PMI)

 

 

L’articolo 13, comma 1-septies introdotto in sede referente, pospone all’adozione di un decreto interministeriale il versamento del premio aggiuntivo – previsto dalla legge di bilancio 2025che dovrebbe versare chi eroga i finanziamenti bancari garantiti dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

 

Nello specifico, l’articolo 13, comma 1-septies, introdotto in sede referente, interviene sull’articolo 1, comma 451, della legge n. 207/2024 (legge di bilancio 2025 – qui il dossier del Servizio Studi), che prevede che i soggetti che erogano finanziamenti bancari assistiti dalla garanzia rilasciata ai sensi dell’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662/1996, istitutivo del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (cd. Fondo di garanzia PMI) versino al medesimo fondo, senza nuovi o maggiori oneri a carico dei soggetti finanziati, un premio, in aggiunta al premio eventualmente dovuto sulla singola operazione, per le garanzie richieste ed ottenute dal 1° gennaio 2025.

Con l’intervento qui in esame si prevede che il versamento di tale premio aggiuntivo è dovuto per quelle garanzie richieste e ottenute sui finanziamenti concessi alle PMI a partire non più dal 1° gennaio 2025 bensì dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy e del Ministro dell’economia e delle finanze, previsto al comma 454 dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio, che detterà criteri e modalità di attuazione di tali disposizioni.

 

Si rappresenta, tuttavia, che il citato comma 454 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2025 non dispone un termine per l’adozione del decreto interministeriale, rendendo così indeterminato il termine per il versamento del premio aggiuntivo previsto dal comma 451 dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio.


Articolo 14, comma 1
(Proroga del termine credito d’imposta e contributo a fondo perduto riconosciuto alle imprese turistico alberghiere e ricettive)

 

 

L’articolo 14, comma 1, dispone una proroga al 31 dicembre 2025 (anziché al 31 dicembre 2024) del credito d’imposta e del contributo a fondo perduto riconosciuto alle imprese turistico-alberghiere e ricettive in relazione alle spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d’impresa.

 

L’articolo 14, comma 1, dispone la proroga al 31 dicembre 2025 dei contributi, di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, riconosciuti alle imprese turistico-alberghiere e ricettive.

 

Nello specifico, la lettera a), modificando il comma 1, dell’articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2021, stabilisce che le imprese turistico-alberghiere e ricettive possano beneficiare di un contributo, sotto forma di credito d’imposta, fino all’80 per cento delle spese sostenute per gli interventi edilizi “agevolabili” realizzati dal 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto legge de quo) e fino al 31 dicembre 2025 (in luogo al vigente termine del 31 dicembre 2024).

 

Analogamente, la successiva lettera b), modificando il comma 2, dell’articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2021, stabilisce che alle medesime imprese possa essere riconosciuto un contributo a fondo perduto non superiore al 50 per cento delle spese sostenute per gli interventi edilizi “agevolabili” realizzati dal 7 novembre 2021 e fino al 31 dicembre 2025 (in luogo al vigente termine del 31 dicembre 2024).

 

A tale riguardo, nella relazione illustrativa si chiarisce che la misura è finalizzata, pertanto, a prorogare il termine ultimo per la conclusione degli interventi sopra descritti, in modo da realizzare un potenziamento dell’offerta turistica nazionale, garantendo una maggiore competitività delle imprese e consentendo un adeguato sviluppo economico del settore.

A tale proposito, nella medesima relazione illustrativa si rappresenta che, ad esito della definizione delle istruttorie sulle domande pervenute, sono state ammessi al contributo, al netto delle rinunce, 3611 beneficiari. Di questi 1632 hanno concluso gli interventi. Per 873 tale conclusione è attesa, anche sulla base delle interlocuzioni intercorse fra gli stessi e il soggetto gestore, entro il mese di dicembre 2024, mentre, in relazione ai restanti 1106 beneficiari il rispetto del termine previsto dall’attuale formulazione dei commi 1 e 2 non appare ragionevolmente prevedibile. La modifica mira quindi a prevenire il rischio che i relativi beneficiari decadano dal contributo frustrando le finalità incentivanti cui l’articolato normativo è preposto e rendendo vana la corposa attività istruttoria già svolta dal soggetto gestore.  

La disposizione inoltre è finalizzata a prorogare i termini per la fruizione del credito d’imposta previsti dall’Avviso del Ministero del turismo del 23 dicembre 2021, consentendo di utilizzarlo entro il termine della prescrizione decennale, che in genere è prevista per agevolazioni analoghe.

 

La lettera c), novellando il comma 10 del medesimo articolo 1, stabilisce che tali incentivi (credito d’imposta e contributi a fondo perduto) sono concessi, secondo l’ordine cronologico delle domande, nei limiti di spesa originariamente fissati (100 milioni di euro per l'anno 2022, 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 40 milioni di euro per l'anno 2025, con una riserva del 50 per cento dedicata agli interventi volti al supporto degli investimenti di riqualificazione energetica), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A tale riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che la novella de qua ribadisce la neutralità finanziaria della misura.

 

 

Si osserva che l’articolo 9, comma 1, dell’Avviso del Ministero del turismo pubblicato in data 23 dicembre 2021 stabilisce che il credito d’imposta possa essere utilizzato esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, mediante modello F24, a decorrere dall’anno successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati, entro e non oltre il 31 dicembre 2025.

Si valuti l’opportunità di apportare, in sede di adeguamento delle disposizioni attuative, una modifica a tale previsione, in virtù della proroga di cui al presente articolo.

 

 

L’articolo 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 (così come modificato dall’articolo 28, comma 3-ter, lettera a), del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4), riconosce alle imprese del settore turistico, ricettivo e fieristico-congressuale un credito di imposta e un contributo a fondo perduto, a fronte di specifiche spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d’impresa.

In particolare, ai sensi del comma 1, il credito d’imposta spetta fino all’80 per cento delle spese sostenute dal 7 novembre 2021 al 31 dicembre 2024, mentre il contributo è attribuito, ai sensi del comma 2, fino al 50 per cento delle spese per detti interventi, per un importo massimo di 40.000 euro (eventualmente innalzabile, in presenza di specifiche condizioni).

Entrambi gli incentivi (credito d’imposta e contributo a fondo perduto) sono cumulabili entro il limite del costo sostenuto per gli interventi ovvero non concorrono a formare le basi imponibili IRES ed IRAP.

In estrema sintesi, gli interventi edilizi agevolabili, a norma del comma 5, sono i seguenti: (i) interventi di incremento dell’efficienza energetica delle strutture e di riqualificazione antisismica; (ii) interventi di eliminazione delle barriere architettoniche; (iii) interventi edilizi funzionali alla realizzazione di quelli indicati nei precedenti punti; (iv) realizzazione di piscine termali e acquisizione di attrezzature e apparecchiature per lo svolgimento delle attività termali; (v) interventi di digitalizzazione. 

Per le spese non coperte dagli incentivi è possibile fruire di un finanziamento a tasso agevolato. Le norme altresì contengono una disciplina transitoria per il passaggio dal credito di imposta per la riqualificazione delle strutture turistico alberghiere di cui all’articolo 79 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 al nuovo incentivo.

Le imprese interessate presentano apposita domanda al Ministero del turismo, esclusivamente per via telematica, attraverso una piattaforma online gestita da Invitalia S.p.A., ai sensi dell’articolo 6 dell’Avviso pubblico del Ministero del turismo del 23 dicembre 2021. Le modalità applicative di accesso alla piattaforma sono state definite con successivo Avviso pubblico, pubblicato in data 18 febbraio 2022 (la documentazione - avvisi e decreti di concessione - afferente le agevolazioni de quo è presente sul sito del Ministero del turismo).

Il comma 8 del richiamato articolo 1 individua le specifiche regole di fruizione del credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione in F24 (articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), a decorrere dall’anno successivo a quello in cui gli interventi sono realizzati, senza applicazione del limite di utilizzo annuale dei crediti di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000 (pari a 2 milioni di euro a partire dall’anno 2021), né del limite all’utilizzo dei crediti da indicare nel quadro RU del Modello Redditi di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 (pari a 250 mila euro).

A tale riguardo, l’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 460 del 14 novembre 2023, osserva che con il citato Avviso pubblico del Ministero del turismo, pubblicato il 23 dicembre 2021 ­ recante le modalità applicative per l'erogazione di contributi e crediti d'imposta in oggetto ­ all’articolo 9 chiarisce che il credito di imposta è utilizzabile «entro e non oltre il 31 dicembre 2025», sicché, nell'ipotesi di non avvenuta compensazione o cessione del  credito entro e non oltre il 31 dicembre 2025, la facoltà di beneficiare dell'agevolazione in parola viene meno, restando preclusa ogni possibilità di rimborso.

A seguito delle modifiche di cui all’articolo 28, comma 3-ter, lettera a), del decreto-legge n. 4 del 2022, il predetto credito d'imposta è altresì cedibile, solo per intero, senza facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari vigilati, alle società appartenenti a un gruppo bancario ovvero alle imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, ferma restando l’applicazione della disciplina antiriciclaggio contenuta nell’articolo 122-bis, comma 4, del decreto-legge Rilancio per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima; i contratti di cessione conclusi in violazione di tali ultime disposizioni sono nulli. Nella sua formulazione originaria, invece, la norma chiariva che il credito di imposta fosse cedibile, in tutto o in parte, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, comprese le banche e gli altri intermediari finanziari ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente (sul punto si veda quanto precisato nella risposta n. 5-01429 “Chiarimenti in ordine alla disciplina della cessione dei crediti d'imposta per le imprese turistiche”).


Articolo 14, comma 2
(Proroga semplificazioni per impianti fotovoltaici in strutture turistiche o termali)

 

 

L’articolo 14, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine fino al quale i progetti di nuovi impianti fotovoltaici di potenza fino a 1 MW ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali possono essere realizzati previa dichiarazione di inizio lavoro asseverata (DILA).

 

 Segnatamente, la norma novella l’articolo 6, comma 2-septies, del D.L. n. 50/2022, laddove dispone che fino al 31 dicembre 2024 sono sottoposti a DILA (dichiarazione di inizio lavori asseverata) i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra o su coperture piane o falde di potenza non superiore a 1 MW ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture.

La novella proroga di un anno, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine di applicazione della suddetta previsione.

Si rammenta che tale termine, originariamente, era stato fissato al 16 luglio 2024 (24 mesi dalla data di entrata in vigore della L. n. 91/2022 di conversione in legge del D.L. n. 50/2022) ed è stato prorogato al 31 dicembre 2024 dall’articolo 12, comma 2-bis del D.L. n. 215/2023, cd. D.L. mille proroghe (L. n. 18/2024).

 

L’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n. 50/2022 prevede, inoltre, che, ove gli impianti siano ubicati in aree situate nei centri storici o seggette a tutela paesaggistica, la dichiarazione debba essere accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del progettista abilitato che attesti che gli impianti non sono visibili dagli spazi pubblici esterni limitrofi e che i manti delle coperture non sono realizzati con prodotti che hanno l'aspetto dei materiali della tradizione locale. Tale periodo del comma 2-septies non viene qui modificato.

 

Con riferimento alla proroga dell’applicazione del regime della DILA per la fattispecie qui contemplata, si rileva che in G.U. del 12 dicembre 2024  è stato pubblicato il decreto legislativo n. 190/2024, in vigore dal 30 dicembre 2024, recante il riordino della disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili[8]. Tale decreto legislativo non prevede più il regime amministrativo della DILA, disponendo, anzi, l’abrogazione della relativa disciplina (cfr. art. 13 e allegato D, lettera h))[9].

Per quanto qui interessa, si segnala che il d.lgs. all’articolo 7 e l’Allegato A, lettera d), sottopone ora ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l'energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza:

1) inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;

2) fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza a edifici esistenti cui sono asserviti.

Si valuti, pertanto, l’effettiva esigenza di mantenere in vigore la previsione in esame.


Articolo 14, comma 3
(Contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato)

 

 

L’articolo 14, comma 3, modifica una norma transitoria nell’ambito della disciplina dei contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato; la norma oggetto di modifica concerne uno dei presupposti di ammissibilità[10] – cosiddette causali – di una durata dei contratti superiore a dodici mesi – e in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi –[11]. La causale transitoria in oggetto è costituita da esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate da atti tra datore di lavoro e dipendente stipulati entro un determinato termine, il quale viene ora prorogato dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025. Resta fermo che tale causale è valida solo qualora i contratti collettivi di lavoro applicati in azienda[12] non individuino le fattispecie di ammissibilità della medesima durata in deroga.

 

Le previsioni eventualmente poste dai contratti collettivi e dagli accordi individuali costituiscono due delle tre possibili causali contemplate dalla normativa in oggetto; la causale relativa ai contratti collettivi è prevista dalla disciplina in via permanente, mentre la causale relativa agli accordi individuali è, come detto, prevista in via transitoria. La terza causale (che è prevista dalla disciplina in via permanente) è costituita dalle esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

Riguardo alla causale transitoria oggetto della novella di cui al presente articolo 14, comma 3, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9 del 9 ottobre 2023[13] indica che il termine temporale finale (ora oggetto di proroga) concerne esclusivamente la stipulazione del relativo accordo individuale e che, quindi, il rapporto di lavoro a tempo determinato può proseguire anche dopo la suddetta scadenza.

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[14] indica che i motivi della proroga in esame concernono in particolare il settore del turismo – settore per il quale i contratti collettivi di lavoro, al momento di emanazione del presente decreto-legge, risultavano ancora in fase di rinnovo –.

 

 


Articolo 14, comma 3-bis
(Risorse per i flussi turistici in occasione delle celebrazioni del Giubileo 2025)

 

 

Il comma, introdotto in sede referente, destina risorse pari a 130.000 euro per l’anno 2025 in favore del Comune di Pietrelcina (BN) e a 130.000 euro per il medesimo anno in favore del al Comune di Sotto il Monte Giovanni XXIII (BG), al fine di sostenere le attività di accoglienza dei pellegrini in occasione delle celebrazioni del Giubileo della Chiesa cattolica 2025. Provvede, altresì, alla copertura degli oneri.

 

La disposizione stabilisce che all’onere, pari a 260.000 euro per il 2025, si provveda mediante corrispondente riduzione del fondo presso il bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, finalizzato all'attuazione di misure in favore degli enti locali e alla realizzazione di interventi in materia sociale e di infrastrutture, sport e culturali, cui all'articolo 1 comma 551 della legge 30 dicembre 2023 n. 213 (legge di bilancio per il 2024).

 


Articolo 15, comma 1
(Rinvio dell’operatività dell’organo consultivo di tutela degli interessi dei tifosi nelle società sportive professionistiche)

 

 

L’articolo 15, comma 1, rinvia dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2027, a seguito della modifica apportata in sede referente (il testo iniziale del provvedimento in esame prevedeva infatti il rinvio al 31 dicembre 2025) il termine a decorrere dal quale si applicano le disposizioni in materia di costituzione di un organo consultivo rappresentativo delle tifoserie negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche.

 

Come sopra segnalato, l’articolo 15, comma 1, rinvia dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2027, a seguito della modifica apportata in sede referente (il testo iniziale del provvedimento in esame prevedeva infatti il rinvio al 31 dicembre 2025) il termine a decorrere dal quale si applica la disposizione che prevede l’istituzione, all’interno delle società sportive professioniste, di un organo consultivo rappresentativo delle tifoserie.

A tal fine, esso novella l'articolo 51, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021.

 

L'articolo 51, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021 prevede, tra l’altro, che le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 7, del medesimo decreto, si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2024, ora differito al 31 dicembre 2025 dalla disposizione in esame. 

In particolare, ai sensi del citato comma 7, negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche è prevista la costituzione di un organo consultivo che provvede, con pareri obbligatori ma non vincolanti, alla tutela degli interessi specifici dei tifosi. L'organo consultivo è formato da non meno di tre e non più di cinque membri, eletti ogni tre anni dagli abbonati alla società sportiva, con sistema elettronico, secondo le disposizioni di un apposito regolamento approvato dal consiglio di amministrazione della stessa società, che deve stabilire regole in materia di riservatezza e indicare le cause di ineleggibilità e di decadenza. L'organo consultivo elegge tra i propri membri il presidente, che può assistere alle assemblee dei soci.

Il medesimo comma 7 si occupa direttamente di individuare come necessarie talune delle cause di ineleggibilità e di decadenza: in particolare esse ricorrono nel caso di emissione, nei confronti del tifoso, di uno dei provvedimenti di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, di uno dei provvedimenti previsti dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, ovvero di un provvedimento di condanna, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Si specifica che sono fatti salvi gli effetti dell'eventuale riabilitazione o della dichiarazione di cessazione degli effetti pregiudizievoli disciplinati dal comma 8-bis dell’articolo 6 della legge n. 401 del 1989.

Infine, l’articolo 13, comma 7, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 36 del 2021 ha previsto che le società sportive professionistiche avrebbero dovuto adeguare il proprio assetto societario alle disposizioni in parola entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

La relazione illustrativa segnala, tra l’altro, che la proroga si rende necessaria in quanto è in esame in Parlamento un provvedimento che reca una disciplina più ampia di quella oggetto del presente intervento, approvato in prima lettura presso la Camera dei Deputati e attualmente all’esame del Senato della Repubblica (AS 1120, recante "Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive"), al fine di rispettare i tempi dei relativi lavori parlamentari, che inevitabilmente potranno produrvi effetto.

L’AS 1120 è stato approvato dalla Camera il 23 aprile 2024 (AC 836, si veda il dossier relativo al provvedimento, nel testo trasmesso al Senato).

 

 

 


 

Articolo 15, comma 2
(Misure relative al compendio sito in Roma, denominato «Città dello sport»)

 

 

L’articolo 15, comma 2, proroga sino al 31 dicembre 2027 la facoltà per l'Agenzia del demanio di ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara per l'affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di interventi di riqualificazione del compendio sito in Roma, denominato «Città dello sport». Per tali finalità, l'Agenzia del demanio è autorizzata ad affidare la progettazione, la realizzazione e la gestione anche per lotti funzionali e ricorrendo ad iniziative di partenariato pubblico privato, la cui valutazione è effettuata d'intesa con la Regione Lazio e il Comune di Roma Capitale, in ragione dei principi di sussidiarietà verticale, in materia di partenariato pubblico-privato delle pubbliche amministrazioni, e dei contenuti delle decisioni Eurostat. Per le medesime finalità di riqualificazione e riconversione del compendio, l'Agenzia, d'intesa con i predetti enti territoriali può utilizzare la concessione del diritto di superficie sullo stesso o parte di esso per una durata non superiore a novanta anni ovvero ricorrere alla valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione, per la medesima durata, in funzione del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa.

 

Come sopra anticipato, l’articolo 15, comma 2, nell’inserire il comma 2-bis all'articolo 31 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), proroga sino al 31 dicembre 2027 la facoltà per l'Agenzia del demanio di ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara per l'affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di interventi di riqualificazione dell’area destinata alla «Città dello sport». In particolare, la disposizione in esame prevede che, in ragione della necessità di garantire il completamento delle progettualità relative all'utilizzo del compendio sito in Roma, denominato “Città dello Sport”, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 31 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), sono applicabili fino al 31 dicembre 2027.

 

A livello di inquadramento generale, si ricorda che l'articolo 31, comma 1, del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), ha previsto che, in relazione agli interventi relativi alla Misura M1C3-Investimento 4.3 “Caput Mundi-Next Generation EU per grandi eventi turistici” del PNRR (di cui al comma 420 dell’art. 1 della L. 234/2021), la società "Giubileo 2025" può agire (in luogo della previgente previsione secondo cui “agisce”) in qualità di stazione appaltante.

Il comma 2 – in conseguenza di quanto disposto al comma 1 – riconosce all’Agenzia del demanio le funzioni di stazione appaltante in ordine ad una serie di interventi relativi al compendio denominato “Città dello Sport” sito in Roma. Nel dettaglio, la norma in esame dispone, al primo periodo, che in ragione della necessità e urgenza di consentire la prima concreta fruizione del compendio di proprietà dello Stato sito in Roma, denominato “Città dello Sport” per ospitare le celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025, l’Agenzia del demanio, previa comunicazione al Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Commissario straordinario nominato con D.P.R. 4 febbraio 2022, ai sensi dell’art. 1, comma 421 e seguenti, della L. 234/2021, applica la procedura di cui all’art. 48, comma 3, del D.L. 77/2021 per l’affidamento, sulla base del progetto di fattibilità tecnico economica, della progettazione ed esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di interventi di:

- arresto del degrado, messa in sicurezza di aree e ogni altra attività necessaria per ottenere il collaudo statico dell’opera realizzata;

- completamento del palasport per destinarlo ad arena scoperta;

- superamento delle barriere architettoniche e installazione di servizi igienici per ospitare i fedeli e gli utenti in generale;

- regimentazione delle acque meteoriche e realizzazione di un’area verde per l’accoglienza dei fedeli per grandi eventi.

Il secondo periodo del comma 2 prevede che, per le finalità di cui al primo periodo, l’Agenzia del demanio può ricorrere alla procedura di cui all’art. 48, comma 3, del citato D.L. 77/2021 anche per l’affidamento di servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi tecnici, inerenti agli interventi di cui al primo periodo, ferma restando l’applicazione delle ulteriori misure acceleratorie e semplificatorie di cui all’art. 1, comma 427-bis, della L. 234/2021.

Per ulteriori ragguagli si veda il relativo dossier.

 

Il secondo periodo del capoverso 2-bis inserito dalla disposizione in esame prevede che per tali finalità, l'Agenzia del demanio è autorizzata ad affidare la progettazione, la realizzazione e la gestione anche per lotti funzionali e ricorrendo ad iniziative di partenariato pubblico privato, la cui valutazione è effettuata d'intesa con la Regione Lazio e il Comune di Roma Capitale, in ragione dei principi di sussidiarietà verticale ai sensi dell'articolo 175 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) – che disciplina l’iter che gli enti concedenti interessati a sviluppare progetti secondo la formula del PPP devono seguire qualora tali progetti siano di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato e per essi non sia previsto il parere del CIPESS - e dei contenuti delle decisioni Eurostat.

 

Si ricorda che l’articolo 175 è stato di recente modificato dall’art. 54 del d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, in relazione al quale si veda il dossier predisposto sull’AG 226 (Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).

 

Il terzo periodo del capoverso 2-bis prevede che per le medesime finalità di riqualificazione e riconversione del compendio, l'Agenzia, d'intesa con i predetti enti territoriali può utilizzare la concessione del diritto di superficie sullo stesso o parte di esso per una durata non superiore a novanta anni ovvero ricorrere alla concessione di valorizzazione di cui all'articolo 3-bis del D.L. n. 351/2001 (L. n. 410/2001), per la medesima durata, in funzione del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa.

 

L’articolo 3-bis del D.L. n. 351 del 2001, modificato dal D.L. n. 95 del 2012, prevede la possibilità di dare in concessione o locare a privati, a titolo oneroso, beni immobili di proprietà dello Stato ai fini della riqualificazione e riconversione tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Le concessioni e le locazioni sono affidate con procedure di evidenza pubblica.

L’articolo 3, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012 ha eliminato il limite massimo di cinquanta anni per la durata delle locazioni e concessioni di valorizzazione per gli immobili di proprietà dello Stato appartenenti al demanio storico-artistico. All'Agenzia del demanio è stata attribuita l'iniziativa per la convocazione delle conferenze di servizi o la promozione di accordi di programma per la valorizzazione degli immobili; ai comuni interessati, per l'intera durata della concessione o della locazione, è riconosciuta una quota del 10 per cento del relativo canone. Infine, nei bandi di gara predisposti dall'Agenzia del demanio, può essere contemplata la possibilità per il concessionario di subconcedere le attività economiche o di servizio per i cittadini.

L’art. 1, comma 308, della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), aggiungendo il comma 4-bis all'articolo 3-bis del D.L. n. 351/2001 (L. n. 410/2001), ha previsto che al termine del periodo di tempo previsto dalle concessioni e locazioni, l’Agenzia del demanio, verificato il raggiungimento della finalità di riqualificazione e riconversione dei beni, riconosce al locatario/concessionario, ove non sussistano esigenze di utilizzo per finalità istituzionali, il diritto di prelazione per l'acquisto del bene al prezzo di mercato.

Si segnala che oggetto delle concessioni di valorizzazione in argomento possono essere immobili del demanio storico-artistico, sottoposti a vincoli di inalienabilità.


 


Articolo 15, comma 2-bis
(Disposizioni in materia di finanziamento sportivo)

 

 

L’articolo 15, comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede che, per il 2025, una quota sino a 4 milioni di euro delle eventuali maggiori entrate del gettito destinato al finanziamento del movimento sportivo nazionale sono destinate ad alimentate il Fondo per il professionismo negli sport femminili. Le predette risorse sono destinate: alle Federazioni Sportive Nazionali, che hanno già deliberato il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili;

alle Federazioni che deliberano il predetto passaggio entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Le modalità di accesso alle risorse attribuite ai sensi del presente comma sono stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport.

 

Il comma 2-bis dell’articolo 15 prevede che, per il 2025, una quota sino a 4 milioni di euro delle eventuali maggiori entrate del gettito destinato al finanziamento del movimento sportivo nazionale, di cui all'articolo 1, comma 632, secondo periodo, della legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018), sono destinate ad alimentate il Fondo per il professionismo negli sport femminili, di cui all'articolo 39, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021.

 

L'articolo 1, comma 632 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019), integralmente sostituito dall’art. 1, comma 245, della legge di bilancio per il 2025 (L. n. 207/2024), al primo periodo, demanda ad un decreto annuale del Ministro dell’economia e delle finanze l’accertamento delle entrate di cui ai commi 630 e 630-bis della stessa legge di bilancio 2019.

Il secondo periodo del comma 632 dispone che, qualora le entrate, accertate con le modalità di cui sopra, siano superiori all’importo di 410 milioni di euro, la differenza è attribuita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio in favore del Dipartimento per lo sport, al Comitato Italiano Paralimpico, al Comitato Olimpico Nazionale Italiano, nonché a Sport e Salute S.p.a., anche per il finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite.

Il comma 630 prevede, al primo periodo, che, a decorrere dall'anno 2019 e sino al 2025, il livello di finanziamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.

Il medesimo comma 630 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, al secondo periodo dispone che le risorse di cui al primo periodo (che, si ricorda, sono non inferiori complessivamente a 410 milioni di euro annui) sono destinate al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; per una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri di cui ai commi da 634 a 639 (ossia, alla riforma dei concorsi pronostici sportivi). Il comma 630 della legge di bilancio 2019 prosegue prevedendo che al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 280 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa.

Invece, il comma 630-bis prevede, al primo periodo, che, a decorrere dall'anno 2026, il livello di finanziamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), della società Sport e salute Spa e dell'Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia (NADO Italia) è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive.

Sempre il comma 630-bis dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, al secondo periodo, prevede che le risorse di cui al primo periodo (che, si ricorda, non inferiori complessivamente a 410 milioni di euro annui), sono destinate al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al suo funzionamento e alle sue attività istituzionali nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; nella misura di 7,7 milioni di euro annui alla NADO Italia, Organizzazione Nazionale Antidoping in Italia; per una quota non inferiore a 355,3 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura degli oneri connessi alla riforma dei concorsi pronostici sportivi di cui ai successivi commi da 634 a 639. Il comma 630-bis della legge di bilancio 2019 prosegue prevedendo che al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 272,3 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa.

La nuova formulazione dell'articolo 1, comma 632 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019), interviene quindi sulla procedura di riparto delle entrate effettivamente incassate ai sensi dei commi 630 e 630-bis, con le seguenti finalità:

- distinguere le due fasi procedurali dell’accertamento (di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze) e della ripartizione delle risorse (confermata in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri);

- precisare che l’oggetto della procedura di riparto cui al comma 632 è la sola, eventuale, eccedenza incassata rispetto alla soglia di 410 milioni di euro (che è la somma minima garantita al movimento sportivo nazionale ai sensi dei precedenti commi 630 e 630-bis);

- precisare che il citato meccanismo di ripartizione delle eccedenze si applica non solo fino al 2025 (periodo disciplinato dal comma 630) ma anche a decorrere dal 2026 (periodo disciplinato dal comma 630-bis);

- esplicitare a livello legislativo i soggetti destinatari delle eventuali eccedenze, che sono il Dipartimento per lo sport, il CONI, il Comitato italiano paralimpico nonché alla società Sport e Salute S.p.a., anche per il finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite.

 

Le risorse di cui al comma in esame sono destinate:

- alle Federazioni Sportive Nazionali di cui al comma 3, del medesimo articolo 39, del citato decreto legislativo, che hanno già deliberato il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili;

- nonché alle Federazioni che deliberano il predetto passaggio entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

Si rammenta al riguardo che l'articolo 39, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze il «Fondo per il professionismo negli sport femminili», da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, con una dotazione iniziale di 2,9 milioni di euro per l'anno 2020, 3,9 milioni di euro per l'anno 2021 e 3,9 milioni di euro per l'anno 2022. Il comma 2 prevede che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, le Federazioni Sportive Nazionali che intendono accedere al Fondo devono deliberare il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili che deve avvenire entro il 31 dicembre 2022.

In base al comma 3, le Federazioni Sportive Nazionali che hanno deliberato il passaggio al professionismo sportivo di campionati femminili possono presentare la domanda di accesso al Fondo qualora l'utilizzo dei finanziamenti richiesti sia finalizzato: a)  per l'anno 2020, per far fronte alle ricadute dell'emergenza sanitaria da Covid-19: 1)  al sostegno al reddito e alla tutela medico-sanitaria delle atlete; 2)  allo svolgimento di attività di sanificazione delle strutture sportive e di ristrutturazione degli impianti sportivi; b)  per gli anni 2021 e 2022: 1)  alla riorganizzazione e al miglioramento delle infrastrutture sportive; 2)  al reclutamento e alla formazione delle atlete; 3)  alla qualifica e alla formazione dei tecnici; 4)  alla promozione dello sport femminile; 5)  alla sostenibilità economica della transizione al professionismo sportivo; 6)  all'allargamento delle tutele assicurative e assistenziali delle atlete. Il co. 4 prevede che per le domande di cui al comma 3, lettera a), almeno la metà dei finanziamenti richiesti deve rispondere alle finalità di cui al numero 2) della medesima lettera a). Per le domande di cui al comma 3, lettera b), almeno la metà dei finanziamenti richiesti deve rispondere alle finalità di cui ai numeri 2) e 6) della medesima lettera b). Il co. 5 ha quindi demandato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport, la definizione delle modalità di accesso al Fondo, nel limite massimo delle risorse stanziate, che costituiscono tetto di spesa. Il co. 6 stabilisce che le Federazioni Sportive Nazionali che hanno avuto accesso al Fondo presentano al Presidente del Consiglio dei ministri o all'Autorità politica da esso delegata in materia di sport, ogni sei mesi, un resoconto sull'utilizzo delle risorse, sentite le associazioni delle sportive, le associazioni delle società e le associazioni degli allenatori.

 

Le modalità di accesso alle risorse attribuite ai sensi del presente comma sono stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport di cui al secondo periodo del suddetto comma 632.

 

 


Articolo 15, comma 2-ter
(Proroga dei termini per l’adeguamento alla normativa in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali)

 

 

L’articolo 15, comma 2-ter, inserito nel corso dell’esame in sede referente, differisce dal 31 ottobre 2024 al 30 giugno 2025 il termine entro il quale i gestori delle aree sciabili attrezzate e degli impianti di risalita devono adeguare gli impianti di risalita e le piste da sci alle prescrizioni stabilite in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali.

 

In particolare, la disposizione in esame modifica il comma 2 dell’articolo 40 del d.lgs. n. 40/2021, differendo dal 31 ottobre 2024 al 30 giugno 2025 il termine entro il quale i gestori delle aree sciabili attrezzate individuate ai sensi dell'articolo 4 dello stesso decreto legislativo e degli impianti di risalita devono adeguare gli impianti di risalita e le piste da sci alle prescrizioni stabilite dal citato d.lgs. in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali.

 

Si rammenta al riguardo che inizialmente i gestori delle aree sciabili attrezzate e degli impianti di risalita avrebbero dovuto adeguare gli impianti di risalita e le piste da sci alle prescrizioni in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 40 del 2021 ossia entro due anni dal 3 aprile 2021.

Successivamente, l’articolo 16-bis, comma 1, lett. b), del D.L. n. 198/2022 (L. n. 14/2023), nel novellare il comma 2 dell’articolo 40 del d.lgs. n. 40/2021, ha differito tale termine al 31 ottobre 2024.

Si segnala infine che le disposizioni del d.lgs. n. 40/2021 - ai sensi del successivo articolo 43-bis del medesimo decreto - si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2022.


Articolo 16
(Termine concernente l’attività istruttoria connessa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni)

 

 

L’articolo 16, comma 1, prevede che, dal 5 dicembre 2024 fino al 31 dicembre 2025, l’attività istruttoria per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei relativi costi e fabbisogni standard è svolta presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il comma 2 precisa che per tali attività il citato Dipartimento si avvale del personale e delle risorse destinate alla segreteria tecnica istituita dalla legge di bilancio del 2023 nell’ambito della Cabina di regia per la determinazione dei LEP.

 

Il comma 1 interviene al fine di assicurare continuità al lavoro istruttorio svolto dalla segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP, in attesa che il legislatore individui le procedure di definizione dei LEP aderenti ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, che ha dichiarato illegittime, in via consequenziale, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023). Rientrano tra le citate disposizioni anche quelle relative al personale e alle risorse finanziarie per la citata attività istruttoria svolta dalla segreteria tecnica.

In tal senso, l’articolo 16 offre una base giuridica volta a garantire la continuità delle attività amministrative, al fine di dare compiuta attuazione alla sentenza della Corte che prevede di fare salvo il lavoro istruttorio e ricognitivo già avviato dalla segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP. Per far fronte a tali esigenze, si prevede che l’attività istruttoria per la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, dal 5 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, è svolta presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il comma 2 dispone che il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie si avvale del contingente di personale già previsto dalla legge di bilancio 2023 e delle risorse a tal fine stanziate.

 

Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, tale disposizione è finalizzata anche al raggiungimento, entro dicembre 2025, degli obiettivi della Riforma del quadro fiscale subnazionale di cui alla Missione 1 - Componente 1- Riforma 1.14 del PNRR. Il termine del 31 dicembre 2025, di cui all’articolo 16, corrisponde alla scadenza per l’obiettivo di definizione dei LEP programmato nel PNRR.

Il personale e le risorse finanziarie di cui al comma 800, dell’articolo 1, della legge di bilancio 2023 continueranno – nelle more di ulteriori interventi legislativi ed entro il termine di cui all’articolo 16 del decreto-legge in conversione – le attività istruttorie connesse alla determinazione dei LEP presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Si ricorda infine che la segreteria tecnica ha svolto anche ulteriori attività come quelle per la predisposizione dei decreti legislativi attuativi della legge delega sulla riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111) e quelle inerenti l’elaborazione della proposta dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in favore delle persone con disabilità, nell’ambito delle procedure di raccordo riferite al Dipartimento per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri. La relazione illustrativa esplicita che al personale incardinato presso il Dipartimento per gli Affari regionali saranno riferite anche tali attività finora attribuite alla segreteria tecnica.

 

Prima della sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, l’articolo 1, comma 800, della legge di bilancio 2023 aveva previsto il seguente contingente di personale per la segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP: dodici unità, di cui una con incarico dirigenziale di livello generale che abbia ricoperto incarichi dirigenziali in uffici con competenza in materia di finanza degli enti territoriali e federalismo fiscale, una con incarico dirigenziale di livello non generale e dieci unità di livello non dirigenziale. Secondo la citata disposizione, le predette unità sono state individuate anche tra il personale delle altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo, 2001, n. 165 e, in quest'ultimo caso, sono collocate in posizione di comando, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti. Di conseguenza, la disposizione aveva previsto un incremento della dotazione organica dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri di un posto di funzione dirigenziale di livello generale e di un posto di funzione dirigenziale di livello non generale. Nell’ambito delle risorse disponibili assegnate al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, il medesimo comma 800 recava l’autorizzazione di spesa di euro 1.149.000 annui a decorrere dall’anno 2023 per il funzionamento della segreteria tecnica.

 


Articolo 17
(Proroga di termini in materia di editoria)

 

 

L’articolo 17 dispone la proroga per un ulteriore biennio di tre misure agevolative in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici, in particolare in materia di quota di copie vendute necessaria per accedere ai contributi diretti, in materia di parificazione dell’ammontare del contributo minimo a quello percepito nel 2019 e in materia di posticipazione del pagamento dei costi certificati fino a sessanta giorni dopo l'incasso del saldo del contributo.

 

L’articolo in esame proroga talune misure agevolative vigenti già da qualche anno nell’ambito del regime ordinario di concessione di contributi in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici.

Si tratta delle misure di cui ai commi 3 e 5 dell’articolo 96 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, la cui applicazione è estesa agli anni di contribuzione 2025 e 2026, e della misura di cui al comma 4 del medesimo articolo 96, la cui applicazione è estesa con riferimento al contributo dovuto per le annualità 2024 e 2025.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione è finalizzata a far fronte al persistente stato di crisi nel settore editoriale, garantendo alle imprese editrici la continuità del sostegno pubblico nelle more dell’emanazione del Regolamento per la ridefinizione ed integrazione dei criteri per l’erogazione dei contributi diretti, previsto dall’articolo 1, comma 316, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024) e in corso di adozione, volto a razionalizzare l’impiego delle risorse finanziarie destinate a tale finalità, anche in ragione della trasformazione tecnologica digitale e dei nuovi contenuti informativi.

 

La misura di cui al comma 3 dell’articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020 prevede una riduzione, dal 30 al 25 per cento per le testate locali, e dal 20 al 15 per cento per le testate nazionali, della percentuale di copie vendute sul totale di quelle distribuite che costituisce requisito necessario per poter ricevere i contributi diretti concessi alle imprese editrici di quotidiani e periodici, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70.

 

Ai sensi del citato articolo 5 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, i contributi diretti sono concessi alle imprese editrici che, in ambito commerciale, esercitino unicamente un'attività informativa autonoma e indipendente di carattere generale e siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) anzianità di costituzione dell'impresa e di edizione della testata per la quale si chiede il contributo di almeno due anni maturati prima dell'annualità per la quale la domanda di contributo è presentata;

b) regolare adempimento degli obblighi derivanti da ciascuna tipologia di contratto collettivo di lavoro, nazionale o territoriale, applicato dall'impresa editrice richiedente il contributo;

c)  edizione in formato digitale dinamico e multimediale della testata in parallelo con l'edizione su carta o in via esclusiva;

d)  impiego, nell'intero anno di riferimento del contributo, di almeno 5 dipendenti con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le imprese editrici di quotidiani, e di almeno 3 dipendenti con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le imprese editrici di periodici;

e)  per l'edizione cartacea, vendita della testata nella misura di almeno il 30 per cento delle copie annue distribuite, per le testate locali, e di almeno il 20 per cento delle copie annue distribuite, per le testate nazionali. Ai fini di tale requisito è da intendersi testata nazionale quella distribuita in almeno cinque regioni con una percentuale di vendita in ciascuna regione non inferiore all'1 per cento della distribuzione totale.

Per accedere ai contributi è altresì necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) iscrizione al Registro delle imprese, ove richiesto in base alla normativa vigente;

b) iscrizione al Registro degli operatori della comunicazione, istituito presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e conformità degli assetti societari alla normativa vigente;

c) assenza di situazioni di collegamento o di controllo fra imprese editrici; la presentazione di più domande da parte di imprese editrici controllate o collegate tra loro comporta per tutte la decadenza dal diritto di accedere al contributo;

d) proprietà della testata per la quale si richiede il contributo;

e) divieto di distribuzione di utili provenienti dall'esercizio dell'anno di riscossione dei contributi e negli otto anni successivi, adottato con norma statutaria;

f)  obbligo per l'impresa di dare evidenza nell'edizione della testata del contributo ottenuto nonché di tutti gli ulteriori finanziamenti a qualunque titolo ricevuti;

g)  impegno ad adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna, assunto anche mediante l'adesione al Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale.

 

La misura di cui al comma 5 dell’articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020 prevede che qualora dall'applicazione dei criteri ordinariamente previsti per il calcolo del contributo (ai sensi dell'articolo 8 del predetto decreto legislativo n. 70 del 2017), derivi un contributo di importo inferiore a quello erogato alla medesima impresa editoriale per l'annualità 2019, il suddetto importo è parificato a quello percepito per tale anno.

 

Ai sensi del citato articolo 8 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, il contributo comprende una quota di rimborso dei costi direttamente connessi alla produzione della testata e una quota per le copie vendute.

Tra i costi ammessi a rimborso, purché sostenuti con modalità di pagamento tracciabili, figurano: il costo per il personale dipendente, entro determinati massimali; il costo per l'acquisto della carta necessaria alla stampa; il costo per la stampa e per la distribuzione; il costo per gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa; il costo per l'acquisto e l'installazione di hardware, software di base e dell'applicativo per l'edizione digitale; il costo per la progettazione, realizzazione e gestione del sito web e per la sua manutenzione ordinaria ed evolutiva; il costo per la gestione e l'alimentazione delle pagine web; il costo per l'installazione di sistemi di pubblicazione che consentano la gestione di abbonamenti a titolo oneroso, di aree interattive con i lettori e di piattaforme che permettano l'integrazione con sistemi di pagamento digitali. Ai fini del rimborso dei costi sono previsti tre scaglioni, individuati sulla base del numero di copie annue vendute, cui corrispondono determinate percentuali di rimborso del costo dichiarato.

La quota di contributo per le copie vendute è invece calcolata, per quanto concerne l'edizione su carta, moltiplicando un determinato valore monetario, anch’esso variabile a seconda dello scaglione di appartenenza, per il numero di copie vendute, mentre per l’edizione digitale è comunque pari a 0,40 euro per copia venduta. Sono previsti massimali di contributo, distinti per l'edizione su carta e per l’edizione in formato digitale.

Sono previsti inoltre rimborsi ad hoc per gli oneri previdenziali sostenuti per i neoassunti sotto i 35 anni, per i percorsi di alternanza scuola-lavoro, per le azioni di formazione e aggiornamento del personale, nonché una riduzione del contributo nel caso gli stipendi superino determinati limiti.

Il contributo complessivamente erogabile non può comunque essere superiore al 50 per cento dei ricavi dell'impresa, ed è previsto che se l'applicazione dei criteri di cui al presente decreto determina un contributo di importo inferiore a 5.000 euro, il contributo non è erogato e le risorse che si rendono disponibili sono ripartite proporzionalmente tra gli aventi titolo.

 

Quanto al comma 4 dell’articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020, esso prevede che i costi regolarmente rendicontati nel prospetto sottoposto a certificazione possono essere pagati dalle imprese beneficiarie entro sessanta giorni dall'incasso del saldo del contributo. L’avvenuto pagamento dei costi nel predetto termine è attestato dal revisore contabile in apposita certificazione, che dà evidenza anche degli strumenti di pagamento tracciabili utilizzati, e che è trasmessa al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri nel termine di dieci giorni dall'effettuazione dell'ultimo pagamento. Nell’ipotesi di mancato pagamento dei costi esposti per l'ammissione al contributo o di mancata trasmissione nei termini della certificazione di avvenuto pagamento, l'impresa decade dal diritto al pagamento dell'acconto, fermo restando l'obbligo in capo alla medesima di rimborsare le somme indebitamente riscosse.

 

Si ricorda che le tre misure agevolative sopra descritte, introdotte dal citato articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020 relativamente all’anno di contribuzione 2020 (per quanto concerne i commi 3 e 5) e con riferimento al contributo dovuto per l’annualità 2019 (per quanto concerne il comma 4), sono state prorogate già in passato, in particolare dall’articolo 5, comma 7-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, dall’articolo 14, comma 2-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, e dall’articolo 17-bis, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, ed hanno operato, da allora, senza soluzione di continuità.

La disposizione in commento, come si è detto, ne proroga l’applicabilità per un ulteriore biennio, e cioè relativamente agli anni di contribuzione 2025 e 2026 (per quanto concerne le misure di cui ai commi 3 e 5 sopra descritti) e con riferimento al contributo dovuto per le annualità 2024 e 2025 (per quanto concerne la misura di cui al comma 4)

Analogamente alle più recenti tra le precedenti proroghe sopra citate, la norma in commento specifica che, in caso di insufficienza delle risorse stanziate, resta fermo che agli aventi titolo spettano contributi diretti mediante riparto proporzionale (ai sensi dell'articolo 11, comma 1, secondo periodo, del predetto decreto legislativo n. 70 del 2017).

 

La relazione tecnica specifica che, anche in forza della clausola da ultimo citata, l’articolo in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le disposizioni in esame trovano copertura a valere sulle risorse assegnate annualmente al Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria, nell’ambito della quota destinata alla Presidenza del Consiglio dei ministri.


Articolo 17-bis
(Contributo per la conservazione degli archivi
delle imprese radiofoniche private
che svolgono attività d’informazione di interesse generale)

 

 

L’articolo 17-bis prevede l’erogazione anche per l’anno 2025 del contributo – pari a due milioni - per favorire la conversione in digitale e la conservazione degli archivi multimediali delle imprese radiofoniche private è concesso nel limite di spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2024.

 

La disposizione, introdotta in sede referente, dispone che anche per l’anno 2025 sia erogato il contributo, pari a 2 milioni, volto a favorire la conversione in digitale e la conservazione degli archivi multimediali delle imprese radiofoniche private che svolgano attività di informazione di interesse generale.

Per quanto concerne gli oneri finanziari, pari a 2 milioni di euro per l’anno 2025 si è ricordato, si provvede a valere sulle risorse del Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria (di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 198 del 2016), nell’ambito della quota destinata agli interventi di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri (di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della medesima legge n. 198 del 2016, de all’articolo 1, comma 616, della legge n. 178 del 2020).

 

Il contributo di cui qui si tratta è stato previsto (originariamente nella misura di 3 milioni e per il 2019) dall’articolo 30-quater, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019.

Lì è stato previsto che siffatto contributo non sia soggetto a riparto percentuale tra gli aventi diritto (e possa essere riassorbito da eventuale convenzione appositamente stipulata successivamente).

Il contributo è riconosciuto alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale, di cui alla legge n. 230 del 1990.

Tale legge è stata dapprima abrogata dall’articolo 1, comma 810 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019). L'abrogazione però - come tutti gli altri termini previsti dal richiamato comma 810 in relazione alla prevista progressiva riduzione ed eliminazione dei contributi per l’editoria - è stata oggetto di successive proroghe, giungendosi infine ad un termine di settantadue mesi (rispetto alla data di riferimento, il 1° gennaio 2019): cfr. l'articolo 14, comma 4-ter del decreto-legge n. 228 del 2021.

Questo medesimo articolo (al comma 4-bis) ha previsto che il contributo fosse erogato (per complessivi due milioni) anche per l'anno 2022 (precedente proroga, per il 2021, era stata disposta dall'articolo 7, comma 4-bis del decreto-legge n. 183 del 2020).

Indi l’articolo 12, comma 5-bis, del decreto-legge n. 198 del 2022 ha previsto l'erogazione del contributo anche per l'anno 2023, ancora nel limite di spesa di 2 milioni. Analoga disposizione, valevole per l’anno 2024 per quel medesimo importo, è stata ribadita dall’articolo 7-bis del decreto-legge n. 215 del 2023.

 

L’articolo 1 della legge n. 230 citata individua come imprese radiofoniche che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale, quelle che nei primi tre anni di applicazione di una precedente legge di disciplina e finanziamento del settore editoriale (la legge n. 67 del 1987), abbiano: a) trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le ore sette e le ore venti; b) utilizzato esclusivamente per la diffusione dei propri programmi, in ciascuno dei tre anni, almeno 60 impianti di trasmissione ubicati in almeno 35 province e in almeno 14 regioni italiane e che, quantomeno nel terzo anno, abbiano esteso il numero di impianti al 50 per cento delle province e all'85 per cento delle regioni; c) usufruito delle agevolazioni e dei rimborsi di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 230 del 1990 (contributo per le imprese che abbiano diffuso con propri impianti programmi nel triennio 1986-1988 ed in regola con la documentazione richiesta) o dei contributi di cui al comma 2 dell'articolo 11 della legge n. 67 del 1987 (contributo per imprese radiofoniche che risultino organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento).

 

 

 

 

 


Articolo 18, comma 1
(Proroga delle misure per la tutela funzionale e processuale
 del personale dei servizi di informazione
per la sicurezza della Repubblica)

 

 

L’articolo 18, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2025 i termini di efficacia di alcune disposizioni previste, in via transitoria, dal decreto-legge 7/2015 in materia di garanzie funzionali e di tutela, anche processuale, del personale e delle strutture dei servizi di informazione per la sicurezza (AISI, AISE e DIS). Fino a tale data:

§  il personale dei servizi può, previa autorizzazione, porre in essere condotte previste dalla legge come reato anche in relazione ad una specifica serie di delitti con finalità di terrorismo;

§  al personale delle Forze armate adibito alla tutela delle strutture e del personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere attribuita la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza con funzioni di polizia di prevenzione;

§  le identità di copertura degli addetti dei servizi di sicurezza possono essere utilizzate negli atti dei procedimenti penali dandone comunicazione all’autorità giudiziaria con modalità riservate;

§  l'autorità giudiziaria - su richiesta dei vertici del DIS, dell'AISI e dell'AISE – autorizza gli addetti dei servizi di informazione per la sicurezza a deporre nel processo penale con identità di copertura ove sia necessario mantenere celate le loro vere generalità nell'interesse della sicurezza dello Stato o per tutelarne l'incolumità.

 

La disposizione in esame proroga le misure a tutela del personale dei servizi di sicurezza introdotte, in via transitoria (inizialmente fino al 31 gennaio 2018), dal decreto-legge 7/2015 (art. 8, comma 2) recante sia disposizioni urgenti per il contrasto del terrorismo, sia la proroga delle missioni internazionali di pace.

 

Una prima proroga, fino al 31 gennaio 2021, è stata disposta dall'articolo 1, comma 1120, lettera d), della legge 205/2017. Successivamente, sono intervenute ulteriori proroghe: fino 31 gennaio 2022, ad opera del D.L. 183/2020 (art. 1, comma 14), fino al 31 gennaio 2023 con il D.L. 228/2021 (art. 1, comma 17), fino al 31 gennaio 2024 con il D.L. 198/2022 (art. 21, comma 1) e fino al 31 dicembre 2024 con il D.L. 215/2023.

 

Si segnala che il disegno di legge, di iniziativa governativa, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario introduce a regime le disposizioni del presente articolo (art. 31, comma 1, lett. b) e comma 2). Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera ed è attualmente in corso l’esame in sede referente presso il Senato (A.C. 1660 – A.S. 1236).

 

Causa di giustificazione

La prima previsione oggetto di proroga (art. 8, comma 1, lett. a), del DL 7/2015) concerne la possibilità di estendere anche a una serie di delitti con finalità di terrorismo le condotte scriminabili, previste dalla legge come reato, che il personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a porre in essere, sebbene per tali condotte non sia opponibile il segreto di Stato di cui all’art. 39, comma 11 della legge sui servizi di informazione (L. 124/2007).

 

L’art. 17 della L. 124/2007 dispone la non punibilità, entro precisi limiti e secondo procedure prestabilite, del personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi (comma 1) ed esclude che possano essere autorizzate condotte dirette a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l'incolumità di una o più persone (comma 2) e altre condotte particolarmente gravi (comma 3)

Inoltre, (ai sensi del comma 4) non possono essere autorizzate, condotte previste dalla legge come reato per le quali non è opponibile il segreto di Stato ai sensi dell’art. 39, comma 11, della legge 124/2007, con le sole eccezioni della partecipazione all’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-bis, 2° comma, c.p.) e dell’associazione mafiosa (art. 416-bis, 1° comma). Solo per le condotte relative ai due reati da ultimo citati opera la speciale causa di giustificazione - prevista dallo stesso art. 17, comma 1, della legge 124/2007 - secondo cui non è punibile il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi.

Il richiamato articolo 39, comma 11, esclude che possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale o a fatti costituenti i delitti di devastazione, saccheggio e strage (art. 285 c.p.), associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) e strage (422 c.p.).

 

In base al decreto-legge 7/2015 le ulteriori condotte-reato previste dal codice penale per le quali, in presenza di autorizzazione, opera la suddetta scriminante, ma solo in via temporanea, sono le seguenti:

§  partecipazione ad associazioni sovversive (art. 270, 2° comma, c.p.);

§  assistenza agli associati (art. 270-ter, c.p.);

§  arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quater, c.p.);

§  organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1, c.p.);

§  addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quinquies, c.p.);

§  finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (art. 270-quinques.1, c.p.; la L. 153/2016, che ha introdotto tale fattispecie penale, ha esteso anche a questo reato la scriminante di cui sopra);

§  istigazione a commettere uno dei delitti contro la personalità interna o internazionale dello Stato (art. 302, c.p.);

§  partecipazione a banda armata (art. 306, 2° comma, c.p.);

§  istigazione a commettere delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità o apologia degli stessi delitti (art. 414, 4° comma, c.p.).

 

Qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza

La seconda misura oggetto di proroga (art. 8, comma 1, lett. b), del DL 7/2015) riguarda la possibilità di attribuire anche al personale delle Forze armate adibito alla tutela delle strutture e del personale del Dipartimento per le informazioni per la sicurezza (DIS) o dei servizi di informazione per la sicurezza (AISI e AISE) la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza, con funzioni di polizia di prevenzione.

 

L’attribuzione può avvenire, specifica la disposizione oggetto di proroga, con le modalità previste dall’articolo 23, comma 2, della legge 124/2007 vale a dire deve essere effettuata dal Presidente del Consiglio per non oltre un anno, su proposta del direttore generale di DIS, AISI e AISE. La disposizione oggetto di proroga specifica anche che si tratta del personale delle forze armate adibito alla tutela delle strutture di DIS, AISI e AISE ai sensi dell’articolo 12 della medesima legge 124/2007, il quale, in particolare al comma 1, prevede appunto che le Forze armate, le Forze di polizia, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza forniscono ogni possibile cooperazione, anche di tipo tecnico-operativo, al personale addetto ai servizi di informazione per la sicurezza, per lo svolgimento dei compiti a questi affidati.

 

Identità di copertura

La terza misura prorogata (art. 8, comma 1, lett. c), del DL 7/2015) prevede che, in caso di procedimenti penali avviati per le condotte-reato di addetti dei servizi realizzate nelle operazioni d’istituto, è consentito utilizzare le relative identità di copertura (autorizzate dal direttore generale del DIS), previa comunicazione con modalità riservate all’autorità giudiziaria procedente contestualmente all’opposizione della causa di giustificazione.

 

La disposizione oggetto di proroga specifica che si tratta delle identità di copertura di cui all’articolo 24, comma 1, della legge 124/2007. In base a tale norma, il direttore generale del DIS, previa comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri o all'Autorità delegata, ove istituita, può autorizzare, su proposta dei direttori dell'AISE e dell'AISI, l'uso, da parte degli addetti ai servizi di informazione per la sicurezza, di documenti di identificazione contenenti indicazioni di qualità personali diverse da quelle reali. Con la medesima procedura può essere disposta o autorizzata l'utilizzazione temporanea di documenti e certificati di copertura.

La disposizione oggetto di proroga specifica altresì che si fa riferimento ai procedimenti penali di cui all’articolo 19 della medesima legge 24/2007. Tale articolo disciplina le modalità con cui, in caso di indagini preliminari riguardanti personale dei servizi di informazione e sicurezza, può essere opposta all’autorità giudiziaria l’esistenza della speciale causa di giustificazione in base alla quale non è punibile, nel rispetto di determinati limiti, il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi (tale speciale causa di giustificazione è prevista dall’articolo 17 della medesima legge e autorizzata ai sensi dell’articolo 18).

 

Infine, viene prorogata la misura che consente all’autorità giudiziaria - su richiesta dei vertici del DIS, dell’AISI e dell’AISE - di autorizzare gli addetti dei servizi di informazione per la sicurezza a deporre nel processo penale con identità di copertura in ogni stato o grado, ove sia necessario mantenere segrete le loro vere generalità nell’interesse della sicurezza dello Stato o per tutelarne l’incolumità (art. 8, comma 1, lett. d), del DL 7/2015).

 

La disposizione oggetto di proroga, fa salva la disposizione generale che consente agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria, anche appartenenti ad organismi di polizia esteri, ai dipendenti dei servizi di informazione per la sicurezza, agli ausiliari, nonché alle interposte persone, chiamati a deporre, in ogni stato e grado del procedimento, in ordine alle attività svolte sotto copertura ad indicare le generalità di copertura utilizzate nel corso delle attività medesime (art. 497, comma 2-bis, c.p.p.).

 


Articolo 18, comma 2
(Proroga in materia di autorizzazione del personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica a svolgere colloqui personali con detenuti)

 

 

L’articolo 18, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2025 il termine entro il quale il Presidente del Consiglio può delegare i direttori delle Agenzie d’informazione per la sicurezza interna e esterna (AISI e AISE) o altro personale delegato a svolgere colloqui investigativi con i detenuti ai fini di prevenzione del terrorismo internazionale.

 

Nel dettaglio, la disposizione - novellando il comma 2-bis dell’articolo 4 del D.L. 144/2005, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale - proroga di 6 mesi (dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2025) il termine entro il quale il Presidente del Consiglio - anche a mezzo del Direttore generale del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) - può richiedere che i direttori dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e dell’AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) o altro personale dipendente espressamente delegato siano autorizzati a svolgere colloqui investigativi con detenuti e internati, al solo fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.

Tale facoltà è stata introdotta, in via transitoria (inizialmente fino al 31 gennaio 2016), dall'articolo 6 del D.L. 7/2015, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali, che ha modificato l’articolo 4 del DL 144/2005, introducendovi il citato comma 2-bis.

 

La proroga di tale disciplina è stata già disposta più volte: prima dal D.L. 210/2015 fino al 31 gennaio 2017 (articolo 4-ter), poi dal D.L. 244/2016 fino al 31 gennaio 2018 (art. 5, comma 8), dalla L. 205/2017 fino al 31 gennaio 2019 (articolo 1, comma 1120, lett. c), dalla L. 145/2018 fino al 31 gennaio 2020 (articolo 1, comma 1131, lett. g), dal D.L. 162/2019 fino al 31 gennaio 2021 (articolo 3, comma 3), dal D.L. 183/2020 fino al 31 gennaio 2022 (articolo 1, comma 14), dal D.L. 228/2021 fino al 31 gennaio 2023 (articolo 1, comma 16), dal D.L. 198/2022 fino al 31 gennaio 2024 (art. 21, comma 2), dal D.L. 215/2023 fino al 31 dicembre 2024 (art. 19, comma 2).

 

L’autorizzazione a tali colloqui investigativi è rilasciata dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma, in presenza di specifici e concreti elementi informativi che rendano assolutamente indispensabile l’attività di prevenzione (art. 4, comma 2-ter, D.L. 144/2005).

Dello svolgimento dei colloqui è data comunicazione scritta entro cinque giorni al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Inoltre, le autorizzazioni ai colloqui e le successive comunicazioni sono annotate in un registro riservato presso l’ufficio del procuratore generale. Devono essere informati dello svolgimento dei colloqui anche il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e, a conclusione delle operazioni, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica - COPASIR (art. 4, comma 2-quater, D.L. 144/2005).

Il personale dei servizi di informazione ha l'obbligo di denunciare fatti costituenti reato ai rispettivi direttori i quali, senza ritardo, informano il Presidente del Consiglio, o l'Autorità delegata, ove istituita. A loro volta, i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza e il direttore generale del DIS hanno l'obbligo di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativamente a fatti configurabili come reati, di cui sia stata acquisita conoscenza nell'ambito delle strutture che da essi dipendono. L'adempimento di tale obbligo può essere ritardato, su autorizzazione del Presidente del Consiglio, quando ciò sia strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali del Sistema di informazione per la sicurezza (art. 23, commi 6, 7 e 8 della L. 124/2007, richiamati dall’art. 4, comma 2-quinques del D.L. 144/2005).

In ogni caso, gli elementi acquisiti attraverso le attività di cui sopra non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi (art. 226, comma 5, del D.Lgs/271/1989, richiamato dall’art. 4, comma 2-quinques del D.L. 144/2005).

 

Si segnala, infine, che il disegno di legge, di iniziativa governativa, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario introduce a regime le disposizioni del presente articolo (art. 31, comma 3). Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera ed è attualmente in corso l’esame in sede referente presso il Senato (A.C. 1660 – A.S. 1236).


Articolo 19, comma 1
(Disposizioni concernenti termini in materia di agricoltura)

 

 

L’articolo 19, comma 1, estende, a regime, l’applicazione delle misure per il contenimento della diffusione del batterio della Xylella fastidiosa contenute nell’art. 8-ter, commi 1 e 2-bis, del D.L. n. 27 del 2019.

 

Nel dettaglio la disposizione in esame interviene, modificandolo, sull’art. 8-ter, del decreto-legge n. 27 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2019, che ha introdotto alcune misure normative volte al contenimento del batterio della Xylella fastidiosa.

In particolare, le modifiche apportate incidono:

- sul comma 1 dell’art. 8-ter nel quale viene soppresso il riferimento temporale al periodo prescritto (7 anni);

 - sul comma 2-bis dell’art. 8-ter che viene altresì integralmente soppresso. Tale ultima disposizione aveva prorogato le misure descritte nei commi 1 e 2 del predetto art. 8-ter per gli anni 2023 e 2024. 

 

Sul comma 2-bis dell’art. 8-ter è di recente intervenuto l’art. 13, comma 2, D.L. n. 215 del 2023 che aveva prorogato al 2024 le misure oggetto di una prima proroga (2023) prevista dall'articolo 15, comma 1-novies, D.L. 29 dicembre 2022, n. 198.

Le misure normative volte a contrastare la diffusione del predetto batterio cui la disposizione in commento si riferiscono:

·       alla facoltà riconosciuta - per un periodo di sette anni (termine temporale che, come sopra accennato, la disposizione in esame intende sopprimere) - al proprietario, al conduttore o al detentore a qualsiasi titolo di terreni di procedere, previa comunicazione alla regione, all'estirpazione di olivi situati in una zona infetta dalla Xylella fastidiosa, al fine di ridurre la massa di inoculo e di contenere la diffusione della batteriosi. E’ specificato che tale facoltà è esercitata  con esclusione dei terreni situati nella zona di contenimento (decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, e successive modificazioni) in deroga al divieto di abbattimento degli alberi di olivo o della procedura di abbattimento per morte accertata o improduttività (articoli 1 e 2 del decreto legislativo luogotenenziale n. 475/1945) e ad ogni disposizione vigente anche in materia vincolistica nonché in esenzione dai procedimenti di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica, (decreto legislativo n. 152/2006) e dal procedimento di valutazione di incidenza ambientale (comma 1, articolo 8-ter);

·       alla facoltà per i soggetti iscritti al Registro ufficiale dei produttori (articolo 20 del decreto legislativo n.214/2005) con centri aziendali non autorizzati all'emissione del passaporto perché localizzati in aree delimitate alla Xylella fastidiosa, di essere autorizzati dal Servizio fitosanitario regionale a produrre e commercializzare all'interno della zona infetta le piante specificate di cui all'articolo 1 della decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, e successive modificazioni. Tali soggetti devono garantire la tracciabilità della produzione e della commercializzazione delle suddette piante e devono altresì assicurare che le stesse siano esenti da patogeni da quarantena e da organismi nocivi di qualità e che sia garantita la corrispondenza varietale oltre ad eventuali altri requisiti definiti dai Servizi fitosanitari regionali (comma 2, articolo 8-ter).

 

 

Tra gli organismi nocivi che da anni infestano le piante di ulivo si ricorda, in particolare, il batterio della Xylella fastidiosa, che ha fortemente colpito la filiera olivicolo-olearia della Puglia, specie, del Salento. Sin dal suo manifestarsi, nel 2013, sono state progressivamente messe in atto delle misure fitosanitarie e degli interventi finanziari destinati a contrastare tale patogeno nonché a sostenere gli imprenditori del settore e i territori interessati.

Lo strumento principale con cui il legislatore ha finanziato la ricostruzione del paesaggio e l'indennizzo alle imprese danneggiate è stato il Fondo per la realizzazione del Piano straordinario per la rigenerazione del settore olivicolo della Puglia nelle zone che sono risultate infette dal patogeno della Xylella fastidiosa– di cui all'articolo 8-quater del D.L. 27/2019 - dotato di risorse pari a 150 milioni di euro per gli anni 2020 e 2021 e adottato con il decreto ministeriale 6 marzo 2020.

Inoltre, con il decreto 1 settembre 2022 sono stati stabiliti i criteri e le modalità di concessione dei contributi per le operazioni di sostituzione di piante di olivo danneggiate dalla batteriosi con almeno pari numero di specie arboree diverse dall'ulivo e non ospiti di Xylella fastidiosa (25 milioni di euro).

Infine, con il decreto 13 settembre 2022 sono stabiliti criteri e modalità per la concessione di contributi destinati al potenziamento della rete di laboratori pubblici (5 milioni di euro).

 

Ulteriori misure per il contenimento della Xylella sono:

·        al fine di facilitare il processo di ricomposizione fondiaria e la rigenerazione dei territori interessati dall'evento patogeno, per l'anno 2023, gli atti di trasferimento a titolo oneroso, a favore di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, di terreni interessati dal predetto evento patogeno e delle relative pertinenze, qualificati come agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti, di valore economico inferiore o uguale a 50.000 euro e, comunque, sino a una superficie non superiore a cinque ettari, sono esenti dall'imposta ipotecaria e da quella catastale; l'imposta di registro si applica in misura fissa, pari a 200 euro. Per i medesimi atti, gli onorari notarili sono ridotti della metà. Per il periodo di cinque anni decorrenti dalla data del trasferimento immobiliare, la destinazione d'uso agricola dei terreni e delle pertinenze oggetto di trasferimento non può essere modificata. Le agevolazioni fiscali di cui al presente comma valgono come incentivi statali ai fini di quanto previsto, in materia di incentivi impianti fotovoltaici in ambito agricolo (articolo 65, decreto-legge n.1/2012) (art. 15, comma 1-novies, D.L. n. 198/2022);

·        nel caso in cui il proprietario, il conduttore o il detentore a qualsiasi titolo di terreni proceda all'estirpazione di olivi situati in una zona infetta dalla Xylella fastidiosa, è consentito procedere al reimpianto di piante riconosciute come tolleranti o resistenti, anche di specie vegetali diverse da quelle estirpate (articolo 8-ter, comma 1-bis D.L. n. 27/2019);

·        al fine di sostenere le imprese agricole danneggiate dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2024 per i reimpianti e le riconversioni tramite cultivar di olivo resistenti, nonché per le riconversioni verso altre colture (art. 3, comma 8-bis, D.L. n. 63/2024).

·         

 

Con ordinanza n. 3 del 26 maggio 2023 sono state definite le aree indenni dall'organismo nocivo Xylella fastidiosa nel territorio della Repubblica italiana, da cui risulta che vi è un nuovo focolaio di Xylella fastidiosa nella regione Lazio e dei  nuovi  ritrovamenti  di  piante infette da Xylella fastidiosa  nelle  aree  demarcate  delle  regioni Puglia e Toscana. Con il D.M. 22 maggio 2023 è stato quindi abrogato il precedente decreto 6 giugno 2019, che definiva le aree indenni dall'organismo nocivo Xylella fastidiosa.

Infine con il D.M. 31 gennaio 2024 è stato modificato il regime degli aiuti di Stato relativi al ristoro dei danni causati da infezioni di Xylella fastidiosa nel territorio della Regione Puglia nel corso dell'anno 2018.

Attività della Commissione XIII (Agricoltura) della Camera

Si segnala che in data 12 aprile 2023 la Commissione ha deliberato l'avvio di una indagine conoscitiva sull'emergenza legata alla presenza del patogeno Xylella fastidiosa nella regione Puglia. Per i relativi approfondimenti si possono consultare il programma dell'indagine e le audizioni svolte.

 

 

 

 


 


Articolo 19, comma 1-bis
(Proroga in materia di comunicazioni obbligatorie nel settore dei cereali)

 

 

Il nuovo comma 1-bis, inserito in sede referente, all’articolo 19, posticipa dal 1° marzo 2025 al 31 luglio 2025 l’entrata in vigore delle sanzioni per la mancata comunicazione obbligatoria al registro istituito nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) da parte di aziende agricole, cooperative, consorzi, imprese commerciali, imprese di importazione e imprese di prima trasformazione che acquisiscono e vendono, a qualsiasi titolo, cereali nazionali ed esteri.

Nello specifico, il comma in esame introduce una proroga al termine stabilito dall'articolo 1, comma 142, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021).

Il testo originario prevedeva che le sanzioni amministrative descritte nel suddetto comma entrassero in vigore dal 1° marzo 2025. Con l'intervento normativo in commento, questa data viene posticipata al 31 luglio 2025, concedendo ai soggetti interessati (aziende agricole, cooperative, consorzi, imprese commerciali, imprese di importazione e imprese di prima trasformazione che acquisiscono e vendono, a qualsiasi titolo, cereali nazionali ed esteri) un ulteriore periodo di circa cinque mesi per regolarizzare la propria posizione prima che scattino le sanzioni.

Nel dettaglio si ricorda che il comma 142 riguarda le sanzioni amministrative per i soggetti obbligati a comunicare determinati dati secondo i tempi e le modalità previste dal comma 139 della Legge di Bilancio 2021.

In particolare, con la presente proroga del termine, si dispone che a partire dal 31 luglio 2025, chi non ha effettuato la comunicazione nei tempi e modi previsti dovrà pagare una sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro.

Inoltre chi non rispetta le modalità di comunicazione e di tenuta telematica del registro (stabilite con decreti attuativi previsti dal comma 141) è soggetto a una sanzione più elevata, da 2.000 a 4.000 euro.

Da ultimo si ricorda che il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi del Ministero dell'Agricoltura è l'autorità competente per effettuare i controlli e applicare le sanzioni.

 


Articolo 19, comma 1-ter
(Revisione macchine agricole)

 

 

L’articolo 19, comma 1-ter, fissa nuovi termini per la revisione generale periodica delle macchine agricole immatricolate fino al 31 dicembre 2019.

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento, inserita nel corso dell’esame in Commissione, fissa nuovi termini per la revisione generale periodica delle macchine agricole immatricolate in diversi periodi, apportando modifiche all’articolo 11, comma 5-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, come convertito con modificazioni dalla legge di conversione 25 febbraio 2022, n. 15.

In particolare:

- la lettera a), interviene sulla lettera a) del richiamato art. 11 del D.L. n. 228 del 2021 prorogando al 31 dicembre 2025 il termine per la revisione dei veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983;

- la lettera b) interviene sulla lettera b) della disposizione citata prorogando al 31 dicembre 2025 il termine per la revisione delle macchine agricole immatricolate tra il 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1996;

- la lettera c), interviene sulla lettera c) della medesima disposizione, prorogando al 31 dicembre 2025 il termine per la revisione delle macchine agricole immatricolate tra il 1° gennaio 1997 al 31 dicembre 2019.

 

Il sopra citato art. 11, comma 5-ter, del D.L. n. 228 del 2021, n. 228, al fine di sostenere la continuità dell'esercizio delle attività imprenditoriali agricole garantendo il corretto impiego delle dotazioni meccaniche aziendali, fissava nuovi termini per la revisione delle macchine agricole di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2015. Tali termini sono stati oggetto di una prima proroga attraverso il D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.

 

Si ricorda che il D.M. citato, nell’Allegato 1, prevedeva originariamente la tempistica per la revisione periodica delle macchine agricole ed operatrici in circolazione secondo una scadenza prestabilita:

a) per i veicoli immatricolati entro il 31 dicembre 1983, revisione entro il 30 giugno 2021;

b) per i veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1984 al 31 dicembre 1995, revisione entro il 30 giungo 2022;

c) per i veicoli immatricolati dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 2018, revisione entro il 30 giugno 2023;

d) per i veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2019, revisione al quinto anno entro la fine del mese di prima immatricolazione.

 

Quanto alla lettera d) essa era stata invece modificata dal D.L. n. 228 del 2021 prevedendo che il termine per la revisione per i veicoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2020 fosse fissato al quinto anno successivo alla fine del mese di prima immatricolazione.

 

 

 


Articolo 19, comma 1-quater
(Disposizioni concernenti termini in materia di pesca e acquacoltura)

 

 

Il comma 1-quater, inserito in sede referente all’articolo 19, mira a prorogare il termine per l’adempimento dell’obbligo assicurativo per le imprese della pesca e dell’acquacoltura.

 

Nello specifico il nuovo comma 1-quater intende prorogare fino al 31 dicembre 2025 il termine, originariamente previsto al 31 marzo 2025 dall’articolo 1, comma 101, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, per l’adempimento dell’obbligo assicurativo da parte delle imprese della pesca e dell’acquacoltura.

Più nel dettaglio, il sopra citato articolo prevede che le imprese con sede in Italia, o con una sede stabile nel Paese, debbano stipulare entro il 31 marzo 2025 (termine già prorogato dal 31 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 dall’articolo 13 del presente disegno di legge, sul quale si rimanda alla relativa scheda di lettura) un'assicurazione per coprire i danni ai beni materiali causati da calamità naturali ed eventi catastrofali come terremoti, alluvioni, frane e inondazioni.

La proroga del suddetto termine, dal 31 marzo al 31 dicembre 2025, è necessaria per offrire alle imprese del settore un periodo più lungo per conformarsi agli obblighi assicurativi previsti dalla normativa, tenendo conto delle specificità del comparto e delle eventuali difficoltà operative legate a scadenze più ravvicinate.

Si precisa che tale obbligo non si applica alle imprese agricole, per le quali restano valide le disposizioni relative ad AGRICAT.

Dalla disposizione emendativa in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Il Fondo AgriCat è uno strumento mutualistico nazionale istituito per fornire una copertura di base contro i danni alle produzioni agricole causati da eventi avversi di natura catastrofale, quali gelo, brina, siccità e alluvioni.

È operativo dal 2023 e si rivolge a tutte le aziende agricole beneficiarie dei pagamenti diretti della Politica Agricola Comune (PAC).

Il Fondo è costituito per il 70% da fondi pubblici, inclusi contributi europei e nazionali, e per il 30% da contributi degli agricoltori stessi.

La dotazione complessiva è di 350 milioni di auro all’anno.

Il Fondo AgriCat si inserisce nel più ampio sistema di gestione del rischio in agricoltura con l’obiettivo di offrire una protezione più completa e integrata agli agricoltori italiani.

 

 

 

 


Articolo 19-bis
(
Proroga degli interventi previsti dal Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura)

 

 

L’art. 19-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, proroga al 31 dicembre 2025, alcuni interventi connessi alla tutela dell'ecosistema marino, della concorrenza e della competitività delle imprese nazionali previsti nell’ambito del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura.

 

Nel dettaglio la disposizione in esame, al comma 1, proroga al 31 dicembre 2025, gli interventi connessi alla tutela dell'ecosistema marino, della concorrenza e della competitività delle imprese nazionali previsti dal Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura, nonché quelli promossi dallo stesso Programma nazionale ai sensi degli art. 16, 17 e 18 del D.lgs n. 154 del 2004. Ciò al fine di sostenere il settore della pesca e dell'acquacoltura. La stessa disposizione chiarisce che le risorse destinate all'attuazione del primo periodo del comma 1, sono incrementate di 2 milioni di euro per l'anno 2025.

 

L’art. 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011 n. 10, stabilisce che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali (ora Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) adotta il Programma nazionale triennale della pesca inerente gli interventi di esclusiva competenza nazionale indirizzati alla tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali, nel rispetto dell’art. 117 della Costituzione ed in coerenza con la normativa dell’UE.

 

L’art. 16 del D. lgs n. 154 del 2004 prevede che il Programma nazionale della pesca e dell’acquacoltura finanzia :a) corsi di aggiornamento e riqualificazione per i soci e per i dipendenti delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura e loro consorzi, organizzati dalle associazioni nazionali delle cooperative della pesca e dell'acquacoltura, riconosciute ai sensi delle leggi vigenti; b) iniziative volte a favorire la cooperazione tra i pescatori, gli acquacoltori, i consorzi tra cooperative della pesca e dell'acquacoltura; c) contratti di programma, progetti sperimentali e convenzioni per la fornitura di servizi al settore, finalizzati al rafforzamento del ruolo della cooperazione nel più ampio contesto del processo di sviluppo dell'economia ittica. L’art. 17 dello stesso D. Lgs. n. 154 del 2004 stabilisce la promozione dell'associazionismo nel settore della pesca e dell'acquacoltura nazionali, da parte dello stesso programma Nazionale, attraverso il finanziamento di specifiche iniziative, ivi compresi i contratti di programma, i progetti sperimentali e le convenzioni per la fornitura di servizi al settore, sulla base di programmi annuali o pluriennali predisposti dalle associazioni nazionali riconosciute delle imprese di pesca e delle imprese di acquacoltura. L’art. 18 del medesimo D. Lgs n. 154 del 2004 statuisce che il Programma nazionale prevede il finanziamento di specifiche iniziative rivolte ai lavoratori dipendenti, promosse dalle organizzazioni sindacali nazionali stipulanti il Contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento nel settore della pesca e dell'acquacoltura, sulla base di programmi annuali o pluriennali predisposti dalle medesime organizzazioni.

 

 

Il comma 2 della disposizione in commento, indica la copertura finanziaria degli oneri indicati al comma 1.

 

Si ricorda che l’art. 1, comma 563, della legge di bilancio per il 2025 ( l. n. 207/2024) ha rifinanziato il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura con 250.000 euro per il 2025 e con 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027. Precedentemente la legge di bilancio per il 2023 (L.n. 197/2022)  ha incrementato la dotazione finanziaria di questo programma di 8 milioni di euro per l'anno 2023 (articolo 1, comma 439). 

 

Il Programma Nazionale della pesca e dell’acquacoltura 2022-2024 è stato adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 5-decies del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10. Tale ultima disposizione prevede che il Ministro della agricoltura, sovranità alimentare e delle foreste, sentita la Commissione speciale per la pesca e l’acquacoltura, adotta il Programma nazionale triennale contenente interventi di competenza esclusiva nazionale indirizzati alla tutela dell’ecosistema marino e della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali. Il Programma nazionale della pesca e dell’acquacoltura - adottato per il triennio 2022-2024 con D.M. 24 dicembre 2021- è quindi lo strumento programmatico di governo della pesca italiana per le competenze di natura nazionale che debbono comunque essere strettamente integrate a quelle dell'Unione europea ed a quelle assegnate alle Regioni. In forza delle citate disposizioni legislative, sono state adottati, sino ad oggi il Programma triennale 2007-2009 (D.M. agosto 2007), successivamente prorogato sino a tutto il 2012, il Programma triennale 2013-2015 (D.M. 31 gennaio 2013) e il Programma triennale 2017- 2019 (D.M. 28 dicembre 20216). Le risorse complessive assegnate al suddetto Programma triennale sono state di circa 3 milioni di euro per il 2017 e di altrettanti per il 2018 e di circa 15 milioni di euro per il 2019 (la legge di bilancio 2018, n. 205 del 2017, art. 1, comma 123, ha previsto l’integrazione, per l’anno 2019, di 12 milioni di euro della dotazione finanziaria del predetto Programma). Successivamente l’art. 14-bis del decreto-legge n. 23 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge n. 40 del 2020, ha prorogato al 31 dicembre 2021 il Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2017-2019 già prorogato al 31 dicembre 2020 dall’articolo 1, comma 517, della legge n. 160 del 2019.

Si ricorda, infine, che l’art. 14 dal decreto legislativo n. 154 del 2004 ha istituito, presso il MASAF, il Fondo di solidarietà nazionale della pesca e acquacoltura finalizzato ad interventi di prevenzione, per far fronte ai danni alla produzione e alle strutture produttive nel settore della pesca e dell'acquacoltura, a causa di calamità naturali, avversità meteorologiche e meteomarine di carattere eccezionale.

 


Articolo 19-ter
(Tavolo tecnico sisma del 1990)

 

 

L’articolo in esame riguarda il tavolo tecnico, istituito dall’art.7-bis del decreto legge 11 giugno 2024, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2024, n.111, per la verifica delle disposizioni in tema di rimborso delle imposte per i soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa.  

 

La disposizione amplia le competenze del citato tavolo tecnico, prevendo che esso si occupi anche del “tema relativo a istanze presentate successivamente alla scadenza dei termini”.

 

La disposizione fissa altresì un termine per la conclusione dei lavori del tavolo tecnico (che invero non era previsto nella norma originaria), fissandolo al 30 settembre 2025.   

 

Si ricorda che il tavolo tecnico in oggetto, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, è composto da un rappresentante ciascuno di Agenzia delle entrate, città metropolitana di Catania, libero consorzio comunale di Siracusa e libero consorzio comunale di Ragusa.


Articolo 19-quater, commi 1 e 2
(Differimento di termini relativi alla nuova disciplina delle persone con disabilità e ampliamento della fase temporale e dell’ambito territoriale di sperimentazione della medesima disciplina)

 

 

Le lettere a), e) ed f) del comma 2 dell’articolo 19-quater – articolo inserito in sede referente – differiscono dal 1° gennaio 2026 al 1° gennaio 2027 il termine di decorrenza dell’applicazione, nell’intero territorio nazionale, della disciplina relativa ai nuovi procedimenti pubblici generali per le persone con disabilità – procedimento di valutazione di base e procedimento di valutazione multidimensionale e del progetto di vita individuale (personalizzato e partecipato) –; la lettera b) del medesimo comma differisce dal 30 novembre 2025 al 30 novembre 2026 il termine per l’adozione del regolamento ministeriale (previsto dalla suddetta disciplina) inerente al suddetto procedimento valutativo di base. In relazione al suddetto differimento dell’applicazione della nuova disciplina: la lettera c) del comma 2 e il comma 1 del presente articolo prevedono, rispettivamente, il prolungamento, fino al 31 dicembre 2026, della sperimentazione della stessa nuova disciplina negli ambiti territoriali già individuati e l’ampliamento – con decorrenza dal 30 settembre 2025 (e fino al 31 dicembre 2026) – di questi ultimi; la lettera d) del comma 2 rimodula i termini temporali di alcune norme transitorie e finali.

 

La disciplina[15] – oggetto del differimento di cui alle lettere a), e) ed f) del comma 2[16] – sui nuovi procedimenti pubblici generali per le persone con disabilità prevede un procedimento di valutazione di base e un procedimento di valutazione multidimensionale e del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, con connesso budget di progetto. Il primo procedimento è svolto dall’INPS ed è valido al fine del conseguimento delle prestazioni sociali, socioassistenziali e sociosanitarie inerenti alle condizioni così accertate, con esclusione delle prestazioni di natura previdenziale[17]. Al riconoscimento della condizione di disabilità in base al suddetto procedimento consegue anche la possibilità di richiesta dell’avvio del secondo procedimento summenzionato[18].

Come accennato, la novella di cui alla lettera b) del comma 2 differisce dal 30 novembre 2025 al 30 novembre 2026 il termine per l’adozione del regolamento ministeriale relativo alla ridefinizione dei singoli criteri – ai quali fa specifico riferimento la disciplina legislativa[19] – per la valutazione di base – valutazione oggetto del suddetto procedimento – nonché all’inclusione in tale procedimento di altri procedimenti vigenti; riguardo a quest’ultimo profilo, la norma legislativa prevede che il regolamento in oggetto[20]: aggiorni le definizioni, i criteri e le modalità di accertamento dell'invalidità civile, della cecità civile, della sordità civile e della sordocecità civile; definisca le modalità per ricondurre l'accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini scolastici all'interno del procedimento per la valutazione di base.

Si ricorda che il regolamento in oggetto deve essere adottato dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'Autorità politica delegata in materia di disabilità e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dell'istruzione e del merito, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito l'INPS[21].

I due nuovi procedimenti generali summenzionati sono già oggetto di sperimentazione negli ambiti territoriali delle seguenti province: Brescia; Catanzaro; Firenze; Forlì-Cesena; Frosinone; Perugia; Salerno; Sassari; Trieste. In relazione al suddetto differimento dell’applicazione, a livello nazionale, della nuova disciplina, la novella di cui alla lettera c) del comma 2[22] estende fino al 31 dicembre 2026 il periodo della sperimentazione – periodo finora inerente all’intero anno 2025 –. Inoltre, il comma 1 del presente articolo amplia, con decorrenza dal 30 settembre 2025 (e fino al 31 dicembre 2026), l’ambito territoriale della sperimentazione, estendendola ai territori delle province (o province autonome) ivi elencate (si ricorda che la Commissione Programmazione economica e bilancio del Senato ha dato il 13 febbraio 2025 parere non ostativo sull’emendamento introduttivo dell’estensione territoriale in esame “nel presupposto che la relazione tecnica sia integrata con la previsione che per la Provincia di Aosta si applicherà in via sperimentale il solo Capo III del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62, inerente alla valutazione multidimensionale e all’elaborazione del progetto di vita”). L’estensione territoriale è operata nell’ambito delle risorse finanziarie già stanziate per l’attuazione della disciplina sui nuovi procedimenti summenzionati[23]. Tale estensione territoriale concerne anche[24] le attività di formazione oggetto del regolamento ministeriale che disciplina le iniziative formative di carattere nazionale, nonché il trasferimento delle risorse alle regioni per la formazione integrata, anche a carattere territoriale, dei soggetti coinvolti nei procedimenti di valutazione di base, nei procedimenti di valutazione multidimensionale e nell’elaborazione dei progetti di vita individuali, personalizzati e partecipati[25].

La lettera d) del comma 2 rimodula i termini temporali di alcune norme transitorie e finali. In particolare:

-        si modifica la norma che, con riferimento alle persone con disabilità, garantisce in ogni caso il mantenimento dei diritti riconosciuti dalla disciplina in vigore fino al 31 dicembre 2025, sostituendo quest’ultimo termine temporale con quello del 31 dicembre 2026;

-        si riformula, con omologo differimento temporale, la norma di salvezza delle prestazioni, dei servizi, delle agevolazioni e dei trasferimenti monetari già erogati o dei quali sia comunque stata accertata la spettanza entro il 31 dicembre 2025 – ora, quindi, entro il 31 dicembre 2026 – in materia di invalidità civile, di cecità civile, di sordità civile, di sordocecità o ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché delle istanze di accertamento (in materia) presentate entro il medesimo termine oggetto ora di differimento (per tali istanze, si applica, dunque, la disciplina previgente). A quest’ultimo riguardo, per i territori rientranti nella sperimentazione, l’applicazione della disciplina previgente concerne soltanto le istanze presentate prima della data di decorrenza della sperimentazione medesima; in merito a quest’ultimo termine, si valuti l’opportunità di inserire, per i nuovi ambiti territoriali, un riferimento esplicito al suddetto termine dilatorio del 30 settembre 2025, dal momento che la norma vigente[26] non pone un termine mobile, ma fa riferimento, per gli ambiti territoriali rientranti nella sperimentazione, alle istanze di accertamento della condizione di disabilità presentate entro il 31 dicembre 2024;

-        si modifica, sempre con omologo differimento temporale, la norma che, per le revisioni e le revoche delle prestazioni già riconosciute, dispone l’applicazione – anche nei territori soggetti alla suddetta sperimentazione – fino al 31 dicembre 2025 – ora, quindi, fino al 31 dicembre 2026 – delle condizioni di accesso e dei sistemi valutativi in vigore precedentemente al 30 giugno 2024[27];

-        si modifica la norma transitoria che individua due fattispecie[28] in cui l’applicazione dell’istituto del progetto di vita (e quindi della previa valutazione multidimensionale) è consentita anche senza il previo svolgimento della valutazione di base, sostituendo, per la definizione di tali fattispecie, il termine del 1° gennaio 2026 con il termine del 1° gennaio 2027.

 

 

 


Articolo 19-quater, comma 3
(Regolamento sui criteri per l’accertamento della disabilità connessa all’artrite reumatoide, alle cardiopatie, alle brancopatie e alle malattie oncologiche)

 

 

L’articolo 19-quater, comma 3, inserito in sede referente, prevede che, nelle more dell’adozione del regolamento previsto dal D.Lgs n. 62/2024[29], sull’aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordità civile e della sordocecità, con decreto del Ministro della salute, di concerto con l’Autorità politica delegata in materia di disabilità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sia adottato un regolamento contenente i criteri per l’accertamento della disabilità connessa all’artrite reumatoide, alle cardiopatie, alle broncopatie e alle malattie oncologiche, nei territori in cui è prevista la sperimentazione dei nuovi procedimenti pubblici generali per le persone con disabilità.

 

Il comma 3 dell’articolo 19-quater, inserito in sede referente, prevede che, nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 62 del 2024[30], e fermo restando quanto previsto dal regolamento di cui al comma 7-bis dell’articolo 9 del decreto-legge n. 71 del 2024[31] (conv. con mod. dalla legge n. 106 del 2024), nei territori individuati dal comma 1[32] del presente articolo e dall’articolo 9, comma 1, del citato decreto-legge n. 71[33], sia adottato un regolamento che identifica i criteri per l’accertamento della disabilità connessa all’artrite reumatoide, alle cardiopatie, alle broncopatie e alle malattie oncologiche, tenendo conto delle differenze di sesso e di età e nel rispetto dei princìpi e criteri di cui al citato articolo 12 del decreto legislativo n. 62 del 2024.

Tale regolamento deve essere adottato con decreto del Ministro della salute, di concerto con l’Autorità politica delegata in materia di disabilità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 62 del 2024[34] reca l’attuazione della Delega al Governo in materia di disabilità volta alla revisione e al riordino delle disposizioni vigenti in tale ambito.

L’articolo 12 del suddetto decreto legislativo, al comma 1, prevede l’adozione di un regolamento del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con l’Autorità politica delegata in materia di disabilità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dell'istruzione e del merito, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sentito l’INPS, che aggiorni le definizioni, i criteri e le modalità di accertamento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordità civile e della sordocecità civile, previsti dal decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992. L’adozione di tale regolamento è stata differita, ai sensi del comma 2, lettera b), del presente articolo, dal 30 novembre 2025 al 30 novembre 2026 (v. ante scheda art. 19-bis, commi 1 e 2).

In base al comma 2 del citato articolo 12, il regolamento anzidetto, tenendo conto delle differenze di sesso e di età, individua:

a) i criteri per accertare l’esistenza e la significatività delle compromissioni delle strutture e funzioni corporee in base ad ICF, tenendo conto dell’ICD[35];

b) i criteri per accertare se le compromissioni sono di lunga durata;

c) fermi restanti i casi di esonero già stabiliti dalla normativa vigente, l’elenco delle particolari condizioni patologiche, non reversibili, per le quali sono esclusi i controlli nel tempo;

d) i criteri per stabilire gli eccezionali casi nei quali la revisione della condizione di disabilità è ammessa al termine della scadenza indicata nel certificato che attesta l’esito della valutazione di base, di regola dopo due anni, e secondo procedimenti semplificati fondati anche sull’impiego della telemedicina o sull’accertamento agli atti;

e) le tabelle che portano ad individuare, ai soli fini dell’articolo 5, comma 1, lettera a)[36], una percentuale correlata alle limitazioni nel funzionamento determinate dalla duratura compromissione;

f) i criteri, secondo ICF, per l’individuazione del profilo di funzionamento[37] limitatamente ai domini[38] della mobilità e dell’autonomia (di cui al richiamato articolo 10, comma 1, lett. d));

g) i criteri per la definizione della condizione di non autosufficienza, fermo restando quanto previsto per gli anziani non autosufficienti dall’articolo 4 della legge 23 marzo 2023, n. 33[39];

h) il complesso di codici ICF con cui verificare in che misura le compromissioni strutturali e funzionali ostacolano, in termini di capacità, l’attività e la partecipazione, inclusi i domini relativi al lavoro e alla formazione superiore per gli adulti e all’apprendimento per i minori;

i) un sistema delineato per fasce, volto ad individuare l’intensità di sostegno e di sostegno intensivo, differenziandoli tra i livelli di lieve, media, elevata e molto elevata intensità;

l) i criteri per individuare le compromissioni funzionali per le quali riconoscere l’efficacia provvisoria alle certificazioni mediche[40] di cui all’articolo 7;

m) gli eccezionali casi in cui il richiedente può chiedere l’accertamento sulla sola base degli atti (si tratta dei casi in cui l’istante può richiedere, contestualmente alla trasmissione del certificato medico introduttivo, di essere valutato senza il ricorso alla visita diretta, sulla base degli atti raccolti).

 

Si ricorda inoltre che il comma 7-bis dell’articolo 9 del decreto legge n. 71 del 2024[41], prevede che, nelle more dell’adozione del regolamento di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 62 del 2024, al fine di consentire la sperimentazione di cui all’articolo 33 del citato decreto legislativo nei territori individuati dal comma 1 del medesimo decreto legge e dal comma 1 dell’articolo in commento (v. ante scheda art. 19-bis, commi 1 e 2), con regolamento da adottare con decreto del Ministro della salute, di concerto con l’Autorità politica delegata in materia di disabilità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono individuati i criteri per l’accertamento della disabilità connessa ai disturbi dello spettro autistico, al diabete di tipo 2 e alla sclerosi multipla, tenendo conto delle differenze di sesso e di età e nel rispetto dei princìpi e criteri di cui al citato articolo 12 del decreto legislativo n. 62 del 2024.

La fase di sperimentazione è prevista a partire dal 1° gennaio 2025 e la sua durata è stata estesa da 12 a 24 mesi dal comma 1, lettera c), dell’articolo in commento, quindi fino al 31 dicembre 2026. La disciplina sui nuovi procedimenti pubblici generali per le persone con disabilità, oggetto della sperimentazione, prevede un procedimento di valutazione di base e un procedimento di valutazione multidimensionale e del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, con connesso budget di progetto (v. ante scheda art. 19-bis, commi 1 e 2). La procedura di sperimentazione è volta all’applicazione provvisoria e a campione, secondo il principio di differenziazione geografica tra Nord, Sud e centro Italia e di differenziazione di dimensioni territoriali, della nuova disciplina.

 

Come si evince dalla relazione illustrativa, il comma in commento ha lo scopo di anticipare la definizione dei criteri di accertamento di determinate patologie e la loro specifica disciplina, considerata la proroga al 30 novembre 2026 per l’adozione dell’intero regolamento sull’aggiornamento delle definizioni, dei criteri e delle modalità di accertamento dell’invalidità civile, della cecità civile, della sordità civile e della sordocecità civile, previsto dall’articolo 12, comma 1, del citato decreto legislativo n. 62 del 2024.


 

Articolo 19-quater, comma 4
(Termine di operatività della Segreteria tecnica per le politiche in tema di disabilità)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 19-quater, inserito in sede referente, differisce al 31 dicembre 2027 il termine di operatività della Segreteria tecnica per le politiche in materia di disabilità – struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri –, al contempo conferendo ad essa nuove funzioni di supporto al Ministro per le disabilità e al Dipartimento per le politiche a favore delle persone con disabilità, e stanziando a tal fine 900.000 euro per l’anno 2027, tramite una riduzione di pari importo del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità.

 

L’art. 19-quater, comma 4, inserito in sede referente, al primo periodo, da un lato attribuisce alla Segreteria tecnica per le politiche in materia di disabilità compiti di supporto al Ministro per le disabilità e al Dipartimento per le politiche a favore delle persone con disabilità; dall’altro fissa come nuovo termine finale di operatività della Segreteria in oggetto il 31 dicembre 2027.

 

Si ricorda che tale Segreteria, originariamente istituita dal d.P.C.m. 25 ottobre 2018 come ufficio al servizio della soppressa “Struttura di missione per le politiche in favore delle persone con disabilità”, è stata trasformata dall’art. 4-bis, co. 1, del D.L. n. 77/2021[42] (conv. con mod. dalla L. n. 108/2021) in una vera e propria struttura di missione della Presidenza del Consiglio dei ministri – a norma dell’art. 7 co. 4 del D.Lgs. n. 303/1999[43] – operante presso il Dipartimento per le politiche a favore delle persone con disabilità.

Più specificamente, il citato art. 4-bis, al co. 1, ha previsto, al fine di assicurare un adeguato supporto tecnico allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui all’art. 3 della Legge n. 18/2009[44], con specifico riferimento al monitoraggio delle riforme in attuazione del PNRR, che la Segreteria tecnica già costituita presso la Struttura di missione per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui al d.P.C.m. 25 ottobre 2018 venga prorogata fino al completamento del PNRR e comunque non oltre il 31 dicembre 2026.

È stato successivamente emanato il d.P.C.m. 5 giugno 2023, che all’art. 2 definisce (lett. a-m) i compiti della Segreteria tecnica, prevedendo anche (artt. 3 e 4) il contingente di personale ad essa assegnato ed il relativo trattamento economico.

 

I detti compiti di supporto[45] sono diretti all’attuazione tanto della riforma della materia della disabilità di cui al D.Lgs. n. 62/2024[46] – inclusa la fase sperimentale di cui al comma 1 dell’articolo in esame, cui la norma riconnette un’attività di affiancamento e assistenza anche agli enti territoriali coinvolti da parte della citata Segreteria – quanto del programma di azione triennale predisposto dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità per l’integrazione e la promozione dei diritti di queste ultime, di cui all’art. 3 della Legge n. 18/2009, nonché della direttiva UE n. 2841/2024 istitutiva della carta europea della disabilità e del contrassegno europeo di parcheggio per le persone con disabilità. Infine, la Segreteria è chiamata a fornire il proprio supporto amministrativo anche nella gestione dei rapporti col Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità.

 

In proposito, si ricorda che l’art. 3 co. 5 lett. b) della Legge n. 18/2009 ha attribuito al citato Osservatorio il compito di predisporre un programma di azione triennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale.

Si ricorda inoltre che in attuazione della delega di cui alla Legge n. 227/2021[47] è stato emanato il D.Lgs. n. 20/2024 recante “Istituzione dell’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, in attuazione della delega conferita al Governo”, organo collegiale composto da 3 membri che, operativo dal 1° gennaio 2025, rafforza il livello di protezione e di promozione dei diritti delle persone con disabilità nel nostro paese. Ad esso sono attribuiti una serie di compiti definiti dall’art. 4 co. 1 del citato decreto legislativo[48].

 

Il secondo periodo del comma 4 in esame prevede poi lo stanziamento, strumentale allo svolgimento dei suddetti compiti, pari a 900.000 euro per il 2027, disponendo una corrispondente riduzione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità.

 

Tale fondo, istituito come “Fondo per la disabilità e la non autosufficienza” dall’art. 1, co. 330, della legge n. 160/2019[49] ha assunto la nuova denominazione in virtù dell’art. 1, co. 178, della legge n. 234/2021[50], con il trasferimento delle risorse presso lo stato di previsione del MEF e l’autorizzazione di risorse incrementali della dotazione, pari a 50 milioni di euro in ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, allo specifico fine di dare piena attuazione alla delega al Governo prevista nell'ambito del PNRR per il riordino e la sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità[51].


Articolo 20
(Proroga delle misure di sostegno e delle attività di assistenza in favore dei profughi dall’Ucraina titolari del regime di protezione temporanea)

 

 

L’articolo 20 prevede disposizioni finalizzate a garantire la prosecuzione fino al 31 dicembre 2025 delle misure di accoglienza e assistenza nei confronti dei profughi dall’Ucraina titolari del regime di protezione temporanea, prorogato in sede di Unione europea fino al 4 marzo 2026, nonché a consolidare nelle forme ordinarie le relative misure, cessato lo stato di emergenza, riconducendole in capo alle amministrazioni ordinariamente competenti.

In particolare si prevede: la prosecuzione fino al 31 dicembre 2025 dei progetti di accoglienza nell’ambito del sistema di accoglienza e integrazione (SAI) in scadenza al 31 dicembre 2024; la corresponsione di un contributo una tantum per chi dichiari di non aver bisogno della prosecuzione dell’assistenza pubblica; anticipazioni per gli enti titolari di convezioni per l’assistenza diffusa, disponibili alla proroga; la cessazione del contributo di sostentamento per i titolari di permessi per protezione temporanea rilasciati dopo il 1° febbraio; la prosecuzione, in via transitoria ed eccezionale, a cura delle prefetture, delle residue forme di accoglienza eventualmente ancora assicurate dalle strutture territoriali di protezione civile; il trasferimento delle risorse alle amministrazioni ordinariamente competenti per le misure di assistenza.

A tal fine, si provvede mediante una o più ordinanze del Capo del Dipartimento di protezione civile, da adottare entro il 31 gennaio 2025, previo parere delle Regioni e Province Autonome e di concerto con il Ministero dell’interno, in deroga ad una serie di disposizioni normative.

 

La disposizione in commento risponde, in primo luogo, alla necessità di assicurare la prosecuzione delle misure di accoglienza e di assistenza nei confronti dei profughi dall’Ucraina sul territorio italiano, già predisposte e valevoli fino al 31 dicembre 2024, in ragione della decisione del Consiglio dell’Unione Europea di prorogare fino al 4 marzo 2026 gli effetti del meccanismo europeo di protezione temporanea attivato per la prima volta in relazione alla crisi ucraina, con la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del 4 marzo 2022.

In tale contesto interviene anche l’articolo 2, comma 2, del decreto in esame, disponendo la possibilità di rinnovo (a richiesta) fino al 4 marzo 2026 dei permessi di soggiorno per protezione temporanea in scadenza al 31 dicembre 2024, rilasciati agli sfollati dall’Ucraina (si rinvia, supra, alla relativa scheda di lettura).

 

Nel diritto dell'Unione europea, la «protezione temporanea» è la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui trattasi e degli altri richiedenti protezione. L'obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l'UE. Tra questi diritti rientrano il soggiorno, l'accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, l'assistenza medica e l'accesso all'istruzione per i minori.

Tale meccanismo è disciplinato dalla direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, che in Italia è stata recepita con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85.

Tale procedura di carattere eccezionale non era stata mai utilizzata fino allo scorso 4 marzo 2022, quando il Consiglio dell'UE giustizia affari interni ha approvato, su proposta della Commissione europea, la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 e che ha come effetto l'introduzione di una protezione temporanea. A norma della direttiva 2001/55/CE, la protezione temporanea è stata prima richiesta per un periodo iniziale di un anno, fino al 4 marzo 2023, ed è stata automaticamente prorogata di un ulteriore anno fino al 4 marzo 2024. Con decisione di esecuzione (UE) 2023/2409 del 19 ottobre 2023, il Consiglio UE ha convenuto di prorogare ulteriormente di un anno fino al 4 marzo 2025 la protezione temporanea riconosciuta alle persone in fuga dalla guerra della Russia contro l'Ucraina e, da ultimo, con decisione di esecuzione (UE) 2024/1836 del 25 giugno 2024, ha prorogato fino al 4 marzo 2026 la protezione temporanea. L’attuale proroga non modifica quanto già previsto dalla decisione adottata il 4 marzo 2022, relativamente alla categoria di persone beneficiarie della protezione temporanea.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in esame proroga fino al 31 dicembre 2025 la vigenza delle disposizioni del d.P.C.M. 28 marzo 2022, con cui è stata data attuazione, sul piano del diritto interno, alla prima decisione di esecuzione (UE) 2022/382 sulla concessione della protezione temporanea.

 

Si ricorda che il d.P.C.M. 28 marzo 2022, all’articolo 1, stabilisce la data di decorrenza della protezione e le categorie di sfollati beneficiari; all’articolo 2 disciplina il permesso di soggiorno per protezione temporanea; all’articolo 3 disciplina i rapporti tra protezione temporanea e domanda di protezione internazionale; all’articolo 4 prevede i casi di esclusione della protezione temporanea; all’articolo 5 individua le misure assistenziali da assicurare sul territorio nazionale; all’articolo 6 detta alcune disposizioni di favore per i cittadini ucraini presenti in Italia prima dell’inizio del conflitto; all’articolo 7 individua il Ministero dell’intero come punto di contatto nazionale; all’articolo 8 detta disposizioni finanziarie e finali.

 

Sono prorogate tutte le disposizioni del decreto, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del menzionato d.P.C.M., che, per la disciplina delle misure assistenziali rinvia ad ordinanze ex art. 25 del Codice di protezione civile (ossia ordinanze di protezione civile autorizzate, sulla base della deliberazione dello stato di emergenza, a derogare alla normativa vigente). La ratio di tale esclusione è verosimilmente da rinvenirsi nella cessazione al 31 dicembre 2024 dello stato di emergenza dichiarato per garantire l’accoglienza dei profughi ucraini (si v. infra).

 

Si ricorda in proposito che, per organizzare le attività di accoglienza, è stato dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, in prima battuta fino al 31 dicembre 2022 con deliberazione adottata dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022. In conseguenza del perdurare della crisi internazionale, la durata dello stato di emergenza è stata prorogata dapprima con la legge di bilancio 2023 fino al 3 marzo 2023 (art. 1, co. 669, L. n. 197/2022), poi, fino al 31 dicembre 2023, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2023, ancora, fino al 4 marzo 2024 per effetto dell'articolo 21, co. 9-bis, del D.L. n. 145/2023 (conv. L. n. 191/2023), e da ultimo fino al 31 dicembre 2024 come previsto dalla legge di bilancio 2024 (art. 1, co. 390, L. n. 213/2023).

 

Con la medesima disposizione è altresì autorizzata la prosecuzione fino al 31 dicembre 2025 dei progetti di accoglienza nell’ambito del sistema di accoglienza e integrazione (SAI) in scadenza al 31 dicembre 2024.

 

Si ricorda in proposito che per garantire l'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina anche nelle strutture territoriali della rete SAI (Sistema di accoglienza e integrazione), gestito dagli enti locali, è stata disposta l'attivazione di complessivi 11.000 posti nel Sistema nel 2022 (art. 3, D.L. n. 16 del 2022 che ne ha previsti 3.000 nel e art. 26, co. 1, lett. c-bis), D.L. n. 115 del 2022). Per il 2023, il decreto-legge n. 16 del 2023 (art. 1, comma 5) ha incrementato di circa 53 milioni di euro il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo al fine di garantire la prosecuzione dell'accoglienza nelle strutture della rete SAI (rifinanziando dal 4 marzo al 31 dicembre 2023 complessivi 4.191 posti nell'ambito di progetti già attivati nel 2022). Per il 2024, il decreto-legge n. 19 del 2024 (art. 9, co. 5) ha autorizzato il proseguimento dell'accoglienza nel SAI fino al 31 dicembre 2024, incrementando a tal fine il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di 26,2 milioni di euro per il 2024 (rifinanziando complessivi 2.270 posti nell'ambito di progetti già attivati).

 

Il comma 2 prevede che, entro il 31 gennaio 2025, si provveda a regolare il progressivo consolidamento nelle forme ordinarie, fino al termine del 31 dicembre 2025, delle ulteriori misure di assistenza ed accoglienza straordinarie e temporanee attualmente in essere.

 

Si tratta delle misure assistenziali previste ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera g), D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 85, anche mediante il coinvolgimento delle associazioni ed enti di volontariato, comprese quelle per l'alloggio, l'assistenza sociale, per le cure mediche, per il sostentamento e l'accesso al sistema educativo per i minori alla pari con i cittadini italiani, nonché per l’accesso alla formazione professionale o a tirocini nelle imprese, nonché delle misure previste dagli articoli 31, commi 1 e 2, e 31-bis del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (per una ricostruzione delle singole misure si rinvia al box, in calce alla scheda).

 

Lo strumento a tal fine individuato è quello di ordinanze (una o più) del capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2025, previo parere delle Regioni e Province Autonome e di concerto con il Ministero dell’interno, in deroga agli articoli 26 e 27, comma 5, del Codice di protezione civile, che disciplinano le ordinanze volte a favorire il rientro nell'ordinario a seguito di emergenze di rilievo nazionale.

 

In particolare l’articolo 26 del Codice disciplina i contenuti dell’ordinanza che deve essere emanata (almeno 30 giorni prima della scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale) per favorire il rientro nell’ordinario prevedendo in particolare che la stessa sia finalizzata a favorire e regolare il proseguimento dell’esercizio delle funzioni commissariali in via ordinaria nel coordinamento degli interventi, conseguenti all'evento, pianificati e non ancora ultimati.

Il comma 5 dell’articolo 27 dispone inoltre la possibilità di prorogare per un periodo di tempo determinato la durata della contabilità speciale per la prosecuzione e il completamento degli interventi e delle attività previste dalle ordinanze emergenziali, ove non ultimati o conclusi alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Per gli ulteriori interventi ed attività da porre in essere secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti possono essere trasferite alla regione.

 

Il medesimo comma dispone, inoltre, che con le menzionate ordinanze si provvede a:

§  trasferire le misure di assistenza e accoglienza straordinarie e temporanee già disposte (si v. box in calce alla scheda) in capo alle amministrazioni ordinariamente competenti (comma 2, lettera a));

§  prevedere la corresponsione di un contributo una tantum, a cura del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, in favore delle persone e dei nuclei familiari che dichiarino di non aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica (comma 2, lettera a));

§  prevedere l’anticipazione, per un importo pari al 50 per cento dell’onere massimo complessivo stimato, in favore degli enti capofila delle convenzioni per l’assistenza diffusa ancora in essere, che siano disponibili alla proroga delle stesse per un periodo non superiore a sei mesi, (comma 2, lettera a));

Oltre alla disponibilità di posti nei centri di accoglienza per migranti, sono state attivate forme e modalità di accoglienza "diffusa", assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i Centri di servizio per il volontariato, gli enti e le associazioni iscritte al Registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, nell'ambito di apposite convenzioni sottoscritte dal Dipartimento della protezione civile, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Conferenza delle regioni e province autonome e dall'ANCI.

In origine, i posti finanziati sono stati 15.000, successivamente incrementati fino a 22.000 (art. 31, co. 1, lett. a), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. a), D.L. 50 del 2022; art. 26, co. 1, lett. a), D.L. 115 del 2022). Con il decreto-legge n. 16 del 2023 si è stabilita la prosecuzione dell'accoglienza diffusa per un massimo di 7.000 unità e di 49,6 milioni per l'anno 2023, autorizzando a tal fine anche convenzioni territoriali tra regioni, enti del terzo settore e privati, previo nulla osta del Dipartimento della protezione civile (art. 1, comma 1, lett. a)). La legge di bilancio n. 213/2023 (art. 1, co. 392, lett. a)) ha prorogato, nel limite di 7.000 unità, per l'anno 2024, l'efficacia delle convenzioni in essere al 31 dicembre 2023, incluse quelle aventi natura territoriale.

 

§  stabilire per i titolari di permessi di soggiorno per protezione temporanea, se rilasciati dopo il 1° febbraio 2025, la cessazione del riconoscimento del contributo di sostentamento (c.d. COS), introdotto dal decreto-legge n. 21 del 2022, mentre, se rilasciati prima del 1° febbraio 2025, la fissazione di termini perentori per presentare la relativa richiesta (comma 2, lettera b));

Si ricorda che in favore dei profughi giunti in Italia che hanno provveduto ad autonoma sistemazione è stata disposta la elargizione, nel limite massimo di 80.000 unità, di un contributo per il sostentamento (art. 31, co. 1, lett. b), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. b), D.L. 50 del 2022 e art. 1, comma 1, lett. b), D.L. n. 16 del 2023; art. 1, co. 392, lett. b), L. 213/2023). Il contributo è pari ad euro 300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data di ingresso nel territorio nazionale. In presenza di minori, in favore dell'adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni (ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022).

 

§  regolare, in via transitoria ed eccezionale, le modalità di prosecuzione, a cura delle prefetture, delle residue forme di accoglienza eventualmente ancora assicurate sul territorio nazionale dalle strutture territoriali di protezione civile previste dall’articolo 2 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile (comma 2, lettera c));

 

§  regolare l’assegnazione alle amministrazioni ordinariamente competenti, in capo alle quali è trasferita la competenza per l'attuazione delle misure di assistenza e di accoglienza, delle corrispondenti risorse finanziarie disponibili nell'ambito del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse di cui si tratta sono quelle iscritte a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 21, comma 9, del decreto-legge n. 145/2023, n. 145, che per consentire il proseguimento delle attività di soccorso e assistenza, nel territorio nazionale, alla popolazione ucraina ha autorizzato la spesa di 180 milioni di euro per l’anno 2023 e di 274 milioni di euro per l'anno 2024. La disposizione precisa ulteriormente che le risorse eventualmente eccedenti saranno destinate all'incremento del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (comma 2, lettera d)).

 

Le misure del cui trasferimento si dispone sono individuate mediante rinvio alle previsioni di cui agli articoli 31, comma 1, e 31-bis del richiamato D.L. n. 21 del 2022, per il cui dettaglio si rinvia al box in calce alla scheda.

 

Ai sensi del comma 3 le ordinanze di cui sopra possono disporre in deroga alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (adottato con D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36) e alle disposizioni dello schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura dei beni e dei servizi relativi al funzionamento dei centri di accoglienza per migranti previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) e adottato con decreto del Ministro dell’interno 4 marzo 2024.

Resta fermo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo.

Si stabilisce, inoltre che, ove compatibili, trovano applicazione le altre deroghe previste dagli articoli 8 e 9 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 872 del 4 marzo 2022, con i quali, rispettivamente, sono state dettate misure per accelerare le procedure di attivazione dei posti in accoglienza dei profughi nell’ambito del SAI e sono state individuate le deroghe normative ammesse per la realizzazione delle attività di accoglienza, soccorso e assistenza alla popolazione in fuga dall’Ucraina da parte dei commissari delegati e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano e degli eventuali soggetti attuatori.

 

In attuazione dei commi 2 e 3 dell’articolo in esame è già stata adottata l’ordinanza n. 1123 del 29 dicembre 2024.

 

L’ordinanza in particolare: affida al Dipartimento della protezione civile il compito di effettuare entro il 15 gennaio 2025 la ricognizione delle persone e dei nuclei familiari ospitati nelle forme dell’accoglienza diffusa attivate a livello nazionale e regionale nonché nelle residue forme di accoglienza eventualmente ancora assicurate dalle strutture territoriali di protezione civile, che dichiarino di aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica anche oltre il termine del 31 gennaio 2025.

Per coloro che dichiarino di non aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica oltre il 31 gennaio 2025, è possono chiedere, entro il 31 gennaio 2025, la concessione di un contributo una tantum, pari a 250 euro a persona una tantum. In caso di nucleo familiare superiore a 3 persone, si prevede una decurtazione del 20%. In caso di nucleo familiare superiore a 5 persone si prevede una decurtazione del 30%. In ogni caso, per nucleo familiare, è previsto un tetto massimo di 1.200 euro.

Per coloro che dichiarino di aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica, si provvede secondo le seguenti modalità:

a) può essere prorogata, sino al termine ultimo del 30 giugno 2025, agli stessi patti e condizioni, l'efficacia delle convenzioni di accoglienza diffusa;

b) ove necessario, alla scadenza delle convenzioni di cui sopra è assicurata, sull’intero territorio nazionale, l’accoglienza fino al 31 dicembre 2025, anche in altra Regione, prioritariamente nell’ambito del SAI, ovvero, in subordine, nei centri di accoglienza governativi;

c) laddove le persone interessate siano irreperibili ovvero non abbiano rilasciato la dichiarazione, o rifiutino di abbandonare le strutture alla scadenza delle convenzioni di accoglienza diffusa e rifiutino, altresì, l’eventuale ricollocamento offerto, anche in altra regione, possono essere adottati provvedimenti di revoca delle misure di accoglienza.

Sono poi previste ulteriori disposizioni per garantire, fino al 31 dicembre 2025, il contributo forfetario per l’accesso alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (art. 31, co. 1, lett. c), decreto-legge n. 21/2022) e le misure in materia di minori non accompagnati (art. 31-bis, decreto-legge n. 21/2022).

 

Il comma 4 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, nel corso del 2025, le occorrenti variazioni di bilancio, anche mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione agli stati di previsione della spesa dei Ministeri interessati, delle risorse disponibili a valere sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, come indicate dalle ordinanze di cui al comma 2.

Nella relazione tecnica si evidenza infatti che le disposizioni esaminate non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, provvedendo le amministrazioni interessate ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

In seguito dell'attivazione del meccanismo europeo di protezione temporanea, al fine di organizzare gli interventi di assistenza ed accoglienza a fronte del continuo incremento del numero delle persone provenienti dall'Ucraina, il decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 31) ha previsto diverse misure di assistenza ed accoglienza, che sono state successivamente rafforzate e rimodulate in conseguenza degli sviluppi della crisi bellica, mediante i decreti-legge n. 50 (articolo 44) e n. 115 del 2022 (articolo 26), n. 16 del 2023, nonché mediante la legge di bilancio per il 2024, n. 213 del 2023 (art. 1, co. 389-392 e 394-396).

Per effetto di questa sequenza di disposizioni, in favore dei rifugiati dall'Ucraina sono state previste fino al 31 dicembre 2024, termine dello stato di emergenza, diverse forme di supporto tra loro complementari.

Le risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2024 (art. 1, co. 389) per la prosecuzione delle misure sono pari a 274 milioni di euro per il 2024 e ad esse concorrono le risorse previste dalla citata ordinanza cdpc n. 872 del 4 marzo 2022, che per esplicito richiamo normativo risultano pari a 31,44 milioni di euro. Per tale destinazione sono poi riservate risorse a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, che risultano pari a 26 milioni per il 2024.

 

L'accoglienza nei centri per migranti

L'assistenza dei cittadini ucraini è stata in primo luogo garantita nell'ambito delle strutture già previste per i richiedenti protezione internazionale e i rifugiati.

A decorrere dall'inizio del conflitto, infatti, i cittadini ucraini possono essere accolti, sia nell'ambito delle strutture territoriali del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che nei centri governativi di prima accoglienza e nei centri di accoglienza temporanea (CAS), di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) anche se non in possesso della qualità di richiedente protezione internazionale o degli altri titoli di accesso previsti dalla normativa vigente (art. 3 del decreto-legge n. 16 del 2022, poi confluito nel decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, art. 5-quater).

A tal fine è stato disposto, da un lato, un potenziamento del sistema di c.d. prima accoglienza, costituito dai centri governativi ordinari e straordinari, mediante l'incremento delle relative risorse finanziarie.

Complessivamente sono stati stanziati circa 174,411 milioni di euro per il 2022 (articolo 5-quater, co. 1, D.L. 25 febbraio 2022, n. 14; articolo 31, comma 3, D.L. 21 marzo 2022, n. 21; articolo 44, comma 3, D.L. 17 maggio 2022, n. 50) e 137,9 milioni di euro per l'anno 2023 (articolo 1, comma 4, D.L. 2 marzo 2023, n. 16).

Dall'altro lato, per garantire l'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina anche nelle strutture territoriali della rete SAI (Sistema di accoglienza e integrazione), gestito dagli enti locali, è stata disposta l'attivazione di complessivi 11.000 posti nel Sistema nel 2022 (art. 3, D.L. n. 16 del 2022 che ne ha previsti 3.000 nel art. 26, co. 1, lett. c-bis), D.L. n. 115 del 2022). Per il 2023, il decreto-legge n. 16 del 2023 (art. 1, comma 5) ha incrementato di circa 53 milioni di euro il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo al fine di garantire la prosecuzione dell'accoglienza nelle strutture della rete SAI (rifinanziando dal 4 marzo al 31 dicembre 2023 complessivi 4.191 posti nell'ambito di progetti già attivati nel 2022). Per il 2024, il decreto-legge n. 19 del 2024 (art. 9, co. 5) ha autorizzato il proseguimento dell'accoglienza nel SAI fino al 31 dicembre 2024, incrementando a tal fine il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di 26,2 milioni di euro per il 2024 (rifinanziando complessivi 2.270 posti nell'ambito di progetti già attivati).

 

L'accoglienza diffusa

Oltre a ciò è stata disposta l'attivazione di forme e modalità di accoglienza "diffusa", diverse da quelle garantite attraverso le strutture di accoglienza per migranti, che sono assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i Centri di servizio per il volontariato, gli enti e le associazioni iscritte al Registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri e gli enti religiosi civilmente riconosciuti. Tali attività sono svolte nell'ambito di apposite convenzioni sottoscritte dal Dipartimento della protezione civile, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Conferenza delle regioni e province autonome e dall'ANCI con soggetti che dimostrino, oltre agli altri requisiti previsti, di non aver riportato condanne e non aver in corso processi penali per una serie specifica di reati, nonché di non essere destinatari di una misura di prevenzione.

In origine, i posti finanziati sono stati 15.000, successivamente incrementati fino a 22.000 (art. 31, co. 1, lett. a), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. a), D.L. 50 del 2022; art. 26, co. 1, lett. a), D.L. 115 del 2022). Con il decreto-legge n. 16 del 2023 si è stabilita la prosecuzione dell'accoglienza diffusa per un massimo di 7.000 unità e di 49,6 milioni per l'anno 2023, autorizzando a tal fine anche convenzioni territoriali tra regioni, enti del terzo settore e privati, previo nulla osta del Dipartimento della protezione civile (art. 1, comma 1, lett. a)). Da ultimo, la legge di bilancio n. 213/2023 (art. 1, co. 392, lett. a)) ha prorogato, nel limite di 7.000 unità, per l'anno 2024, l'efficacia delle convenzioni in essere al 31 dicembre 2023, incluse quelle aventi natura territoriale.

 

Il contributo per l'assistenza sanitaria

Il decreto-legge n. 21 del 2022 ha introdotto un contributo in favore delle regioni per l'erogazione dell'assistenza sanitaria ai cittadini provenienti dall'Ucraina richiedenti e titolari della protezione temporanea (articolo 31, co. 1, lett. c)), per un massimo di 100.000 unità, nel limite di 152 milioni di euro per l'anno 2022. Il successivo decreto- legge n. 50 del 2022 (articolo 44, comma 1, lett. c)) ha integrato lo stanziamento a tal fine previsto nel limite di 27 milioni per l'anno 2022, in modo da finanziare ulteriori 20.000 unità.

Nell'esercizio dei poteri di rimodulazione riconosciuti in capo al Dipartimento della protezione civile dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 671, L. n. 197/2022), con ordinanza 27 febbraio 2023 il contributo forfetario è stato riconosciuto per un massimo di ulteriori 50.000 unità, a tal fine provvedendo mediante le somme non utilizzate autorizzate per l'attivazione del contingente di 22.000 posti di accoglienza diffusa di cui all'art. 31, comma 1, lettera a), del D.L. n. 21/2022. Pertanto, le risorse per l'accesso alle cure sono stanziate per fornire assistenza sanitaria a un bacino di utenza pari a 170.000 persone.

Anche tale misura è proseguita per tutto il 2023 nell'ambito del fabbisogno sanitario standard per l'anno 2023, prevedendo al contempo una rilevazione dei costi effettivamente sostenuti dalle regioni (art. 1, comma 6, D.L. n. 16 del 2023) ed è proseguita per tutto il 2024 (art. 1, co. 392, lett. c), L. 213/2023).

 

Ulteriori forme di sostentamento

In favore dei profughi provenienti dall'Ucraina è stata inoltre prevista: 

·        la elargizione, nel limite massimo di 80.000 unità, di un contributo per il sostentamento in favore di coloro che hanno provveduto ad autonoma sistemazione (art 31, co. 1, lett. b), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. b), D.L. 50 del 2022 e art. 1, comma 1, lett. b), D.L. n. 16 del 2023; art. 1, co. 392, lett. b), L. 213/2023). Il contributo è pari ad euro 300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data di ingresso nel territorio nazionale. In presenza di minori, in favore dell'adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni (ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022);

·        un contributo una tantum, nel limite di 40 milioni annui allo scopo di rafforzare l'offerta di servizi sociali da assegnare ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea sia per il 2022 (art. 44, co. 4, D.L. 50 del 2022), sia per il 2023 (art. 1, comma 1, lett. c), D.L. 13 del 2023), sia per il 2024 (art. 1, comma 391, L. 213 del 2023).

 

Assistenza per i minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina

Per rafforzare le capacità di accoglienza dei minori, l'articolo 31-bis del D.L. 21/2022 ha riconosciuto una somma fino ad un massimo di 100 euro al giorno pro-capite a titolo di rimborso per i comuni che accolgono direttamente o sostengono le spese per l'affidamento familiare dei minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina. L’efficacia delle misure di cui all'articolo 31-bis, inizialmente limitata all'anno 2022, è stata successivamente prorogata per tutto il 2023 (si v. art. art. 2, comma 7, lett. a) e b), D.L. n. 198 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2023).

Il successivo decreto-legge n. 16 del 2023 (art. 3) ha stabilito che la somma in favore dei comuni è riconosciuta non a titolo di rimborso per i costi sostenuti, bensì a titolo di contributo e ha fissato al 30 settembre 2024 la data per la presentazione delle relative istanze da parte dei comuni interessati.

 

 


Articolo 20-bis
(Proroga del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile)

 

 

L’articolo 20-bis, inserito in sede referente, interviene sulla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di bilancio 2015), comma 394, relativo al Fondo per il contrasto alla povertà minorile, prorogandolo fino al 2027 e fissando l’ammontare dei contributi, concessi sottoforma di credito di imposta, per i versamenti effettuati a suo sostegno da parte delle fondazioni bancarie. Tali contributi sono fissati a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027. Essi non potranno essere più ceduti ad intermediari bancari, finanziari e assicurativi e saranno soggetti alla tassa di registro.  Inoltre, l’articolo 20-bis modifica, ampliandolo, anche il comma 395 relativo alle procedure per la concessione dei contributi. Infine, stabilisce la copertura degli oneri finanziari, cui si provvederà mediante il fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

L’articolo in esame, che consta di due commi, interviene sulla legge 27 dicembre 2015, n. 208 (legge di bilancio 2018).

In particolare, il comma 1 modifica:

-        il comma 394, relativo al Fondo per il contrasto alla povertà minorile. La novella, di cui alla lettera a) punto 1), proroga dal 2024 al 2027 il contributo, sotto forma di credito di imposta, a favore delle fondazioni bancarie che effettuano versamenti al Fondo. Tale contributo ammonta al 75% dei versamenti. Il contributo assegnato per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027 è fissato a 3 milioni di euro.

Inoltre la novella di cui alla lettera a) punto 2) elimina la possibilità prevista per le fondazioni bancarie, di cedere i crediti di imposta ad intermediari bancari, finanziari e assicurativi ed elimina altresì l’esenzione per i crediti di imposta dall’imposta di registro;

-        il comma 395, che stabilisce la procedura da seguire ai fini del riconoscimento del credito d’imposta per l’anno 2025. Le Fondazioni dovranno trasmettere entro il 30 aprile all’ACRI (Associazione di Fondazioni e di casse di risparmio S.p.a.) le delibere di impegno irrevocabile per il versamento al Fondo delle somme da ciascuna stanziate. Entro i successivi 20 giorni l’ACRI trasmetterà all’Agenzia delle entrate l’elenco delle Fondazioni finanziatrici. Sarà quindi cura del Direttore dell’Agenzia dell’entrate, entro i successivi 30 giorni, comunicare alle Fondazioni il credito d’imposta ad esse attribuito (comma 1, lettera b).

Ai sensi del comma 2 (clausola di copertura finanziaria) gli oneri derivanti sono calcolati in 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027. Ad essi si provvederà mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. Tale Fondo è istituito dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282 (“Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica”), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Il Fondo per interventi strutturali di politica economica è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze “al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale”.


Articolo 21, commi 1 e 2
(In materia di certificazioni dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea)

 

 

L’articolo 21, commi 1 e 2, abroga talune disposizioni relative all’autocertificazione degli stranieri non cittadini dell’Unione europea, contenute in un decreto-legge del 2012, ripristinando al contempo previsioni che allora furono espunte.

 

Il comma 1, in particolare, dispone che vengano abrogate alcune disposizioni dell’articolo 17 (“Semplificazione in materia di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati”) del decreto-legge n. 5 del 2012 (“Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo”).

Le disposizioni qui abrogate hanno avuto la ventura di non acquisire efficacia di sorta, dal loro comparire nel 2012 ad oggi.

Si tratta delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare le dichiarazioni sostitutive (le cosiddette autocertificazioni) riguardanti gli stati, le qualità personali e i fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

Più puntualmente, sono oggetto di abrogazione i commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies, del citato articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012, finalizzati, si è ricordato, alla equiparazione con il cittadino italiano dello straniero regolarmente soggiornante in Italia, per quanto concerne l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

 

In particolare, il citato comma 4-bis modificava la disposizione (di cui all’articolo 3, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) che consente ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione e regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all'articolo 46 (relativo alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni) ed all'articolo 47 (relativo alle dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà) del citato Testo unico, limitatamente - si è ricordato - agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.

La modifica apportata dal comma 4-bis eliminava proprio il riferimento all’applicazione, in materia di autocertificazione, di speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.

La previsione che faceva salve le norme speciali, era stata interpretata nel senso che dovessero essere sempre utilizzate le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione qualora tale acquisizione fosse desumibile dalle previsioni contenute nel Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998) o nel relativo regolamento di attuazione (d.P.R n. 394 del 1999), quali, ad esempio, il certificato del casellario giudiziale ed il certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso (articolo 16, del novellato d.P.R. n. 349 del 1999), la certificazione attestante la conformità ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativo dell'alloggio in uso (articoli 29, comma 3 e 30 del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998), la certificazione attestante l'iscrizione nelle liste o nell'elenco anagrafico finalizzato al collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione (articolo 22, comma 11 del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998 ed articolo 37, comma 5, del novellato d.P.R n. 394 del 1999), la certificazione attestante l'iscrizione ovvero la frequenza ad un corso di studio per il rinnovo del permesso di soggiorno per studio (articolo 39, comma 3 del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998 ed articolo 46 del novellato d.P.R. n. 394 del 1999) (Circolare Ministero dell’interno 24 gennaio 2012).

 

Ebbene, il comma 4-bis viene ora abrogato, determinandosi in tal modo la ‘reviviscenza’ – come chiarito peraltro al comma 2 dell’articolo in commento – della disposizione (entro il Testo unico sulla documentazione amministrativa recato dal d.P.R. n. 445 del 2000) che fa salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero, con le implicazioni sopra rammentate.

 

In via analoga, il comma 4-ter dell'articolo 17 del medesimo decreto-legge n. 5 del 2012 interveniva sulla disposizione speciale prevista dal regolamento di attuazione del Testo unico in materia di immigrazione (d.P.R. 394 del 1999: articolo 2, comma 1), che riconosce ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti il diritto di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui sopra, fatte salve le disposizioni del citato Testo unico in materia di immigrazione o del regolamento di attuazione che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti.

Anche in tal caso, quel comma 4-ter sopprimeva il riferimento all’applicabilità di disposizioni speciali contenute nella normativa di settore.

Ora è la volta del comma 4-ter ad essere soppresso, con il correlativo ripristino disposto espressamente al comma 2 dell’articolo in commento – della disposizione (entro il d.P.R. n. 394 del 1999, regolamento attuativo del Testo unico dell’immigrazione) che fa salve le disposizioni del Testo unico dell’immigrazione e del suo regolamento attuativo che prevedono l’esibizione o la produzione di specifici documenti.

 

Dei ricordati commi 4-bis e 4-ter, il successivo comma 4-quater (dell'articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012, si è ricordato) dettava la decorrenza. Originariamente, essa era dal 1° gennaio 2013. Una sequela di proroghe è intervenuta a seguire, protraendosi per un decennio[52], fino alla fissazione del termine di decorrenza al 31 dicembre 2024.

Tale comma 4-quater è anch’esso abrogato, dal momento che vengono meno le disposizioni sostanziali (i commi 4-bis e 4-ter) di riferimento.

 

In seguito all’approvazione, nel corso dell’esame in Senato, di un emendamento interamente sostitutivo dell’originario comma 2 dell’articolo in commento, tale disposizione attualmente prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'articolo 3, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000 e l'articolo 2, comma 1, del d.P.R. 394 del 1999, tornano in vigore nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge 4 aprile 2012, n. 35.

 

Infine abrogato è il comma 4-quinquies.

Esso demandava ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l’individuazione delle modalità per l'acquisizione, attraverso sistemi informatici e banche dati delle amministrazioni pubbliche, dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio.

Siffatto decreto ministeriale non è mai stato emanato, per le difficoltà, ricordate dalle relazioni illustrativa dei vari decreti-legge di proroga, di realizzazione di un canale informatico in grado di consentire l'acquisizione dei diversi certificati esclusivamente attraverso il ricorso a sistemi informatici e banche dati.

Anche la relazione illustrativa che correda il presente decreto-legge rammenta le difficoltà di adeguamento tecnologico, da cui è scaturita la sequenza prolungata di proroghe. Se permanessero le previsioni ora abrogate, ennesima proroga si imporrebbe in quanto, essa rileva, diversamente gli uffici competenti in materia di immigrazione delle questure dovrebbero, in assenza del canale informatico di accesso diretto, corrispondere con le articolazioni territoriali delle altre amministrazioni (giustizia, lavoro, istruzione, ecc.), “con conseguente notevole allungamento dei tempi di rilascio dei titoli di soggiorno in questione”.


Articolo 21, comma 3
(Esercizio associato delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 21 del decreto legge in commento interviene sull’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, disponendo l’abrogazione dei commi 31-ter e 31-quater. I richiamati commi 31-ter e 31-quater stabilivano i termini entro i quali i piccoli comuni avrebbero dovuto adempiere all’obbligo previsto dal comma 28 del medesimo articolo 14 di organizzare in forma associata l’esercizio delle funzioni fondamentali individuate dal precedente comma 27. L’abrogazione dei citati commi 31-ter e 31-quater viene disposta – come evidenziato nella relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione - in ragione di quanto previsto dalla sentenza n. 33 del 2019 della Corte costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 28 del predetto articolo 14 “nella parte in cui non prevede la possibilità, in un contesto di Comuni obbligati e non, di dimostrare, al fine di ottenere l’esonero dall’obbligo, che a causa della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, del Comune obbligato, non sono realizzabili, con le forme associative imposte, economie di scala e/o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento”) e delle competenze legislative regionali in materia, nonché in considerazione del fatto che, in conseguenza di ciò, il superamento dell’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali dovrebbe costituire uno dei punti qualificanti della futura revisione del Testo unico degli enti locali, che rientra fra i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2025, come risulta dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029.

 

Il comma 3 dell’articolo 21 del decreto legge in commento interviene sull’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, disponendo l’abrogazione dei commi 31-ter e 31-quater, del medesimo articolo 14 relativi all’esercizio associato delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni.

 

Si rammenta che il comma 28 del richiamato articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010 ha stabilito che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l). Se l'esercizio di tali funzioni è legato alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica

 

Il richiamato comma 31-ter ha disposto in ordine all’attuazione (graduale) da parte dei piccoli comuni dell’esercizio associato delle funzioni individuate dal comma 27[53] del medesimo articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010, prevedendo le seguenti fasi:

-         entro il 1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali di cui al comma 27;

-        entro il 30 settembre 2014, con riguardo ad ulteriori tre delle funzioni fondamentali di cui al comma 27;

-         entro il 31 dicembre 2014, con riguardo alle restanti funzioni fondamentali di cui al comma 27.

 

Il successivo comma 31-quater ha quindi correlativamente stabilito che, in caso di decorso dei termini di cui al comma 31-ter, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, trova applicazione l'articolo 8[54] della legge 5 giugno 2003, n. 131. Per effetto di quest’ultimo richiamo normativo, decorso inutilmente il termine assegnato, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento e la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

 

I termini di cui al richiamato comma 31-ter sono stati prorogati una prima volta al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 530, della legge n. 147 del 2013 e successivamente al 31 dicembre 2015 dal decreto legge n. 192 del 2014 (art. 4, comma 6-bis)), al 31 dicembre 2016 dal decreto legge n. 210 del 2015 (art. 4, comma 4), al 31 dicembre 2017 dal decreto legge n. 244 del 2016 (art. 5, comma 6), al 31 dicembre 2018 dalla legge n. 205 del 2018 (art. 1, comma 1120, lett. a), al 30 giugno 2019 dal decreto legge n. 91 del 2018 (articolo 1, comma 2-bis), al 31 dicembre 2019 dal decreto legge n. 135 del 2018 ((art. 11-bis, comma 1), al 31 dicembre 2020 dal decreto legge n. 162 del 2019 (articolo 18-bis, comma 1), al 31 dicembre 2021 dal decreto legge n. 183 del 2020 (art. 2, comma 3),  al 31 dicembre 2023 dal decreto legge n.  228 del 2021 (art. 2, comma 1) e al 31 dicembre 2024 dal decreto-legge n. 215 del 2023 (art. 2, comma 2).

 

E’ quindi intervenuta, con la sentenza n. 33 del 2019, la Corte costituzionale, che ha affermato che la disposizione che impone ai comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le funzioni fondamentali (si tratta appunto del sopra richiamato comma 28 dell’articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010) è incostituzionale “nella parte in cui non prevede la possibilità, in un contesto di Comuni obbligati e non, di dimostrare, al fine di ottenere l’esonero dall’obbligo, che a causa della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, del Comune obbligato, non sono realizzabili, con le forme associative imposte, economie di scala e/o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento”. La Corte, nella citata pronuncia, ha altresì evidenziato che “la previsione generalizzata dell’obbligo di gestione associata per tutte le funzioni fondamentali (ad esclusione della lett. l del comma 27) sconta, infatti, in ogni caso un’eccessiva rigidità, al punto che non consente di considerare tutte quelle situazioni in cui, a motivo della collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, la convenzione o l’unione di Comuni non sono idonee a realizzare, mantenendo un adeguato livello di servizi alla popolazione, quei risparmi di spesa che la norma richiama come finalità dell’intera disciplina.

La norma del comma 28 dell’art. 14 del d.l. n. 78 del 2010, infatti, pretende di avere applicazione anche in tutti quei casi in cui: a) non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati; b) esiste solo un Comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta la necessità del coinvolgimento di altri Comuni non posti in una situazione di prossimità; c) la collocazione geografica dei confini dei Comuni non consente, per esempio in quanto montani e caratterizzati da particolari «fattori antropici», «dispersione territoriale» e «isolamento» (sentenza n. 17 del 2018), di raggiungere gli obiettivi cui eppure la norma è rivolta.

Si tratta di situazioni dalla più varia complessità che però meritano attenzione, perché in tutti questi casi, solo esemplificativamente indicati, in cui l’ingegneria legislativa non combacia con la geografia funzionale, il sacrificio imposto all’autonomia comunale non è in grado di raggiungere l’obiettivo cui è diretta la normativa stessa; questa finisce così per imporre un sacrificio non necessario, non superando quindi il test di proporzionalità (ex plurimis sentenze n. 137 del 2018n. 10 del 2016, n. 272 e n. 156 del 2015).

Va peraltro rilevato che un ulteriore sintomo delle criticità della normativa risulta dall’estenuante numero dei rinvii dei termini originariamente previsti, che, come evidenziato dal giudice rimettente, coprendo un arco temporale di quasi un decennio, dimostrano l’esistenza di situazioni oggettive che, in non pochi casi, rendono di fatto inapplicabile la norma.”.

 

Il comma 3 dell’articolo 21 in commento ha disposto l’abrogazione delle previsioni in questione – come evidenziato nella relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione - in ragione della richiamata giurisprudenza costituzionale e delle competenze legislative regionali in materia, nonché in considerazione del fatto che, in conseguenza di ciò, il superamento dell’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali dovrebbe costituire uno dei punti qualificanti della futura revisione del Testo unico degli enti locali, che rientra fra i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2025, come risulta dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029.


Articolo 21, commi 4 e 5
(Abrogazione della disciplina sanzionatoria per gli inadempimenti degli obblighi di vaccinazione contro il COVID-19, estinzione dei relativi procedimenti sanzionatori e annullamento delle sanzioni)

 

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 21 abrogano[55] la disciplina che comminava una sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni degli obblighi (posti in via transitoria e già non più vigenti) di vaccinazione contro il COVID-19 e dispongono l’estinzione dei relativi procedimenti sanzionatori e l’annullamento delle sanzioni già irrogate. L’intervento normativo in esame specifica che restano acquisite al bilancio dello Stato le somme già versate, in ragione delle sanzioni pecuniarie, alla data di entrata in vigore del presente decreto (28 dicembre 2024).

 

Si ricorda che, per il periodo intercorrente tra il 31 dicembre 2022 e il 31 dicembre 2024, era stata disposta[56] la sospensione delle attività e dei procedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, pari a cento euro, prevista per l'inadempimento dell'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19, obbligo stabilito – con riferimento a vari periodi temporali, poi conclusi – per molteplici categorie di soggetti; tale periodo di sospensione è cessato, dunque, in via anticipata rispetto alla scadenza del 31 dicembre 2024, in ragione dell’entrata in vigore (il 28 dicembre 2024) della disciplina abrogativa in esame.

Come accennato, il comma 5 del presente articolo 21 dispone l’interruzione (in via definitiva) dei procedimenti sanzionatori non ancora conclusi, l’estinzione dei giudizi pendenti (con la compensazione delle spese relative a questi ultimi) e l’annullamento delle sanzioni già irrogate. Il medesimo comma 5 specifica che restano acquisite al bilancio dello Stato le somme già versate, in ragione delle sanzioni pecuniarie, alla data di entrata in vigore del presente decreto (28 dicembre 2024).

In relazione all’annullamento delle sanzioni irrogate, si prevede che l’ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione trasmetta in via telematica al Ministero della salute l’elenco dei provvedimenti sanzionatori oggetto di annullamento, al fine del discarico delle relative somme da ogni forma di responsabilità a carico del medesimo ente.

Si ricorda che la sanzione amministrativa pecuniaria in oggetto era irrogata dal Ministero della salute[57], tramite l'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, il quale vi provvedeva sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale, periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero. Tali elenchi erano formati anche mediante l'acquisizione dei dati disponibili in base al Sistema Tessera Sanitaria[58] sui soggetti – assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale – vaccinati contro il COVID-19, nonché sui soggetti per i quali non risultassero vaccinazioni (comunicate dal Ministero della salute al medesimo Sistema) e, ove disponibili, sui soggetti che risultassero esenti dall'obbligo di vaccinazione.

Per indicazioni sullo stato di fatto dei procedimenti sanzionatori e dei relativi contenziosi, si rinvia alla relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[59].

Si ricorda che una modifica formale al presente comma 4, operata in sede referente, esplicita l’oggetto del relativo intervento abrogativo.

 


Articolo 21, commi 5-bis e 5-ter
(Abrogazione e modifica di alcune disposizioni sul percorso di carriera del personale della Polizia di Stato)

 

 

I commi 5-bis e 5-ter dell’articolo 21 sono stati introdotti nel corso dell’esame in sede referente.

L’articolo 21, comma 5-ter, lettera b), dispone espressamente l’abrogazione dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 334 del 2000, disciplinante il percorso di carriera per l’ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato. Conseguentemente, le altre norme recate dai due commi stabiliscono modifiche ad alcune specifiche disposizioni collegate alla norma abroganda.

In primo luogo, il comma 5-bis abroga la lettera hh) dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 95 del 2017, la quale stabilisce al 30 giugno 2025 il termine di decorrenza dell’applicazione dell’abrogando articolo 10 del decreto legislativo n. 334 del 2000.

Per quanto attiene al comma 5-ter, la lettera a) modifica l’articolo 4, comma 7 del decreto legislativo n. 334 del 2000, stabilendo la soppressione delle parole: “L’individuazione degli uffici viene effettuata anche in relazione a quanto previsto dall’articolo 10, comma 1. La lettera c) abroga l’articolo 23 del decreto legislativo n. 334 del 2000, recante alcune disposizioni transitorie in materia di progressione in carriera del personale appartenente al ruolo dei commissari e dei dirigenti della Polizia di Stato. Infine, la lettera d) modifica l’articolo 53 del decreto legislativo n. 334 del 2000, che estende l’applicazione di alcune disposizioni sulla carriera dei funzionari della Polizia di Stato alle carriere dei medici e dei medici veterinari della Polizia, sopprimendo le parole: “nonché, con esclusione dei funzionari medici veterinari, quelle di cui all’articolo 10”.  

 

Introdotti nel corso dell’esame in sede referente, il i commi in esame intervengono, congiuntamente, sulla disciplina del percorso di carriera necessario per l’ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato: disciplina che trova collocazione nel più ampio sistema normativo in materia di ordinamento del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, delineato dal decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 e s.m.i., nonché dalle disposizioni del Capo I del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 e s.m.i., recante disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di Polizia.

Per un sintetico. approfondimento sul contenuto e sulle finalità dei menzionati decreti legislativi, si veda, più nello specifico, infra.

 

Pietra angolare della riforma di tale sub-sistema normativo è la lettera b) del comma 5-ter: la norma dispone, infatti, l’espressa abrogazione dell’articolo 10 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334.

 

Si ricorda che il decreto legislativo da ultimo menzionato reca disposizioni per il riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, in attuazione dell’articolo 5, comma 1, della legge 31 marzo 2000, n. 78, recante delega al Governo in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato; e, al contempo, recante norme in materia di coordinamento delle Forze di polizia. In particolare, l’articolo 5 comma 1 delegava il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per il riordinamento dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato, mediante soppressione o istituzione di nuovi ruoli o qualifiche, in conformità dei principi e criteri direttivi ivi stabiliti, tra i quali si ricordano: la previsione della qualifica apicale di Dirigente generale di livello B con consistenza organica adeguata alle funzioni da assolvere e all'armonico sviluppo delle carriere; la conseguente rideterminazione del livello dirigenziale del prefetto avente funzioni di Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, al fine di assicurare la sovraordinazione gerarchica di cui all'articolo 65 della legge 1° aprile 1981, n. 121; la revisione delle modalità di accesso e dei relativi corsi di formazione in modo coerente con la riforma dei cicli universitari e dell'avanzamento; nonché la previsione, per i ruoli di nuova istituzione, delle relative funzioni, ad esclusione di quelle che comportino una specifica qualificazione.

Si segnala che il decreto legislativo n. 334 del 2000 è stato oggetto di successive modificazioni, anche per effetto dell’attuazione dell’articolo 7, comma 4 della legge n. 78 del 2000, che delegava il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2001, disposizioni integrative o correttive dei decreti-legislativi adottati ai sensi della legge medesima.

 

In particolare, la disposizione oggetto di abrogazione, attualmente in vigore, disciplina il percorso di carriera necessario per l'ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato. In particolare, l’articolo prevede che, ai fini della predetta ammissione, il personale, nel corso della carriera, debba aver svolto incarichi, alternativamente:

·       in più uffici con funzioni finali; ovvero

·       in più uffici con funzioni o finali o strumentali e di supporto; ovvero

·       in più uffici nell'ambito dell'Amministrazione centrale della pubblica sicurezza; ovvero

·       in almeno un ufficio con funzioni finali o con funzioni strumentali e di supporto e in almeno un ufficio nell'ambito dell'Amministrazione centrale della pubblica sicurezza.

La disposizione, da ultimo, a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 5, lettera n) del già citato decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, dispone il rinvio ad un decreto del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza al fine di individuare, secondo criteri di funzionalità, i requisiti minimi di servizio richiesti in ciascuno dei settori di impiego.

Si evidenzia, in particolare, che le menzionate modifiche hanno espunto dalla disposizione il riferimento al requisito minimo di servizio (pari ad un anno) previsto, rispettivamente dagli originari commi 1 e 2, in ciascuno dei settori di impiego (personale appartenete al ruolo dei commissari e primi dirigenti) ai fini, rispettivamente, della partecipazione allo scrutinio per l'ammissione al corso di formazione per l'accesso alla qualifica di primo dirigente – o al concorso per titoli ed esami - e per l’ammissione allo scrutinio per la promozione alla qualifica di dirigente superiore.

 

Conseguentemente all’abrogazione disposta dalla lettera b) del comma 5-ter, le altre norme recate dai commi in analisi intervengono su determinate disposizioni vigenti le quali, per diverse finalità, richiamano espressamente l’abrogando articolo 10 del decreto legislativo n. 334 del 2000.

 

Anzitutto, il comma 5-bis, dispone l’espressa abrogazione della norma recata dall’articolo 2, comma 1, lettera hh) del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.

 

Si ricorda che il menzionato decreto legislativo reca disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, in parziale attuazione dell’ articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124, relativo alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Ai sensi di quest’ultima disposizione, infatti, il Governo, nell’ambito degli interventi di riorganizzazione, è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi strumentali per la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, al fine di evitare sovrapposizioni di competenze. Il provvedimento è stato adottato in correlazione con il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, adottato in attuazione della delega recata dall’articolo 1, comma 5, secondo periodo, della legge 31 dicembre 2012, n. 244.

In estrema sintesi, il decreto legislativo n. 95 del 2017 determina la revisione dei ruoli del personale: della Polizia di Stato (Capo I); dell’Arma dei carabinieri (Capo II); del Corpo della Guardia di finanza (Capo III); e del Corpo di polizia penitenziaria (Capo IV). Il decreto è entrato in vigore il 7 luglio 2017, ed è stato oggetto di successive modifiche.

 

In particolare, nell’ambito dell’eterogena disciplina dettata dall’articolo 2 comma 1 del menzionato decreto legislativo, l’abroganda lettera hh) prevede che la disposizione di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334 (oggetto di abrogazione, lo si ripete, per effetto della già esaminata lettera b) del comma 5-ter) si applichi a decorrere dal 30 giugno 2025.

Con riferimento al termine iniziale di applicazione della disposizione richiamata, si evidenzia che l’originario dettato dell’articolo 2, comma 1, lettera hh) del decreto legislativo n. 95 del 2017 prevedeva che l’applicazione avvenisse a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Successivamente, il termine di decorrenza è stato oggetto di più proroghe.

Una prima proroga sopraggiunse, posticipando il termine per l’applicazione della disposizione al 1° gennaio 2022, per effetto dell’articolo 36, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo n. 172 del 2019.

Ancora, il decreto ‘proroga-termini’ per l’anno 2022 (articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 228 del 2021) dispose un’ulteriore proroga al 1° gennaio 2024, per potere ultimare entro tale data il processo di rideterminazione sia delle dotazioni organiche degli appartenenti alla carriera dei funzionari della Polizia di Stato, sia dei posti di funzione riservati ai vice questori aggiunti, ai vice questori, ai primi dirigenti e qualifiche equiparate, da coordinare necessariamente con la progressione in carriera dei medesimi funzionari.

Il termine è stato poi posticipato al 1° gennaio 2025, dal decreto-legge n. 198 del 2022 (all’articolo 2, comma 4-bis).

Da ultimo, prima dell’intervento abrogativo in analisi, il termine è stato posticipato al 30 giugno 2025 dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto-legge in esame (n. 202 del 2024), entrato in vigore il 28 dicembre 2024. La proroga, a mente della relazione illustrativa del presente decreto, si è resa necessaria per poter disporre “la definizione dei principi e della realizzazione della progressione in carriera dei funzionari”, essendo ancora in corso il processo di revisione dell’assetto ordinativo degli Uffici con funzioni finali e di quelli con funzioni strumentali e di supporto della Polizia di Stato (finalizzato a determinarne natura, competenze, linee di dipendenza, sede e dotazioni organiche).

Occorre segnalare che, per effetto dell’approvazione della medesima proposta emendativa che all’articolo 21 ha aggiunto i commi 5-bis e 5-ter in analisi, nel corso dell’esame in sede referente, la lettera a)  dell’articolo 2, comma 1 del presente decreto-legge è stata soppressa. In proposito, si fa rinvio alla relativa scheda di lettura del presente Dossier.

 

Il comma 5-ter, poi, sempre in conseguenza dell’abrogazione di cui alla lettera b) del comma medesimo, stabilisce modifiche a determinate disposizioni del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334.

 

La lettera a) dispone una modifica dell’articolo 4, comma 7 del menzionato decreto, stabilendo la soppressione delle parole: “L’individuazione degli uffici viene effettuata anche in relazione a quanto previsto dall’articolo 10, comma 1. La soppressione del periodo in questione, lo si ribadisce, risulta conseguenziale all’abrogazione della disposizione – l’articolo 10 - cui lo stesso periodo fa rinvio, dettata dalla lettera b) del comma in esame.

 

Si ricorda che, nell’ambito della disciplina recata dal menzionato articolo 4, relativa ai requisiti di partecipazione e alle modalità di svolgimento del corso di formazione iniziale, preso la Scuola Superiore di Polizia, per l’accesso alla qualifica di commissario, il comma 7 prevede che i commissari capo siano assegnati ai servizi d'istituto presso gli uffici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad esclusione degli uffici centrali del dipartimento della pubblica sicurezza, permanendo nella sede di prima assegnazione per un periodo non inferiore a due anni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335.

Il periodo finale, poi, oggetto di soppressione ad opera della norma in commento, stabilisce attualmente che l’individuazione degli uffici sia effettuata anche in relazione alla disciplina prevista dall’articolo 10 comma 1, oggetto di abrogazione: disciplina che, come già ricordato, concerne il percorso di carriera necessario per l'ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato.

 

Articolo 4, comma 7, del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 21, comma 5-ter, lettera a)

I commissari capo sono assegnati ai servizi d'istituto presso gli uffici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad esclusione degli uffici centrali del dipartimento della pubblica sicurezza, permanendo nella sede di prima assegnazione per un periodo non inferiore a due anni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335.

L'individuazione degli uffici viene effettuata anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 10, comma 1.

I commissari capo sono assegnati ai servizi d'istituto presso gli uffici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad esclusione degli uffici centrali del dipartimento della pubblica sicurezza, permanendo nella sede di prima assegnazione per un periodo non inferiore a due anni, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335.

L'individuazione degli uffici viene effettuata anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 10, comma 1.

 

 

La lettera c) dispone espressamente l’abrogazione dell’articolo 23, comma 5 del decreto legislativo n. 334 del 2000.

Si ricorda che l’abroganda disposizione, nel quadro della più ampia disciplina dettata dall’articolo 23, rubricato “Disposizioni transitorie in materia di progressione in carriera del personale appartenente al ruolo dei commissari e dei dirigenti”, stabilisce che le disposizioni concernenti il percorso di carriera di cui all'articolo 10 (oggetto di abrogazione per effetto della lettera b) del comma in esame: si veda più ampiamente supra) si applicano con le seguenti modalità: quelle di cui al comma 1, al personale appartenente al ruolo dei commissari immesso in ruolo a partire dal 1° gennaio 2001; quelle di cui al comma 2, ai primi dirigenti nominati a tale qualifica a partire dal 1° gennaio 2006.

A tal riguardo, si evidenzia tuttavia che, come già ricordato, l’articolo 1, comma 5, lettera n) del già citato decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 ha sostituito il testo del richiamato articolo 10: il testo risultante dalla novella, tuttavia, si compone di un solo comma, da cui sono stati espunti i riferimenti al requisito minimo di servizio (pari ad un anno) previsto dall’originario comma 1 per il personale appartenete al ruolo dei commissari ai fini della partecipazione allo scrutinio per l'ammissione al corso di formazione per l'accesso alla qualifica di primo dirigente o per il concorso per titoli ed esami; e dall’originario comma 2 per i primi dirigenti, ai fini dell’ammissione allo scrutinio per la promozione alla qualifica di dirigente superiore. Pertanto, l’articolo 23, comma 5 e l’articolo 10 del decreto legislativo n. 334 del 2000 (entrambi oggetto di abrogazione per effetto delle disposizioni in esame del presente decreto-legge), come attualmente vigenti, non risultano tra loro coordinati.

 

L’abrogazione in questione, lo si ribadisce, risulta conseguenziale all’abrogazione della disposizione – l’articolo 10 - cui la stessa disposizione fa rinvio, dettata dalla lettera b) del comma in esame.

 

La lettera d), infine, dispone una modifica dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 334 del 2000, stabilendo la soppressione delle parole: “nonché, con esclusione dei funzionari medici veterinari, quelle di cui all’articolo 10.  

 

Si ricorda che la richiamata disposizione, nel quadro della disciplina dettata dalle norme del Capo I del Titolo III, concernenti le carriere dei medici e dei medici veterinari di Polizia, rappresenta una norma di rinvio. In sintesi, quest’ultima, infatti, attualmente (in seguito alle modifiche apportate dall’articolo 7, comma 1, lettera dd) del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172) stabilisce che al personale appartenente alle carriere dei medici e dei medici veterinari di Polizia si applichino determinate disposizioni del Capo I del Titolo I del medesimo decreto legislativo n. 334 del 2000, in materia di carriera dei funzionari della Polizia di Stato che espletano funzioni di polizia: in particolare, per quel che più interessa in questa sede, stabilisce l’applicazione ai richiamati soggetti delle disposizioni di cui all’articolo 10, concernenti, lo si ricorda, il percorso di carriera necessario per l'ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato. La norma, tuttavia, per quanto concerne la sola applicazione del richiamato articolo10, esclude espressamente i funzionari medici veterinari.

 

La soppressione dell’inciso in questione, lo si ribadisce, risulta conseguenziale all’abrogazione della disposizione – l’articolo 10 - cui lo stesso inciso fa rinvio, dettata dalla lettera b) del comma in esame.

 

Articolo 53 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 21, comma 5-ter, lettera d)

Al personale appartenente alle carriere dei medici e dei medici veterinari di Polizia si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera b), ultimo periodo, e quelle di cui agli articoli 13, 27, 28 e 28-bis, nonché, con esclusione dei funzionari medici veterinari, quelle di cui all'articolo 10.

Al personale appartenente alle carriere dei medici e dei medici veterinari di Polizia si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera b), ultimo periodo, e quelle di cui agli articoli 13, 27, 28 e 28-bis, nonché, con esclusione dei funzionari medici veterinari, quelle di cui all'articolo 10.

 

 

 

 


Articolo 21, comma 5-quater
(Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte
 delle Polizie municipali anche nei comuni con meno di 20.000 abitanti)

 

 

Il comma 5-quater dell’articolo 21, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede che anche i comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti possono avviare la sperimentazione semestrale dell’uso di armi ad impulsi elettrici (cd. taser) da parte delle Polizie municipali.

 

In particolare, viene soppressa la lettera a) del comma 1-bis dell’articolo 19 del decreto-legge n. 113 del 2018 (cd. “DL sicurezza”) che appunto circoscrive la sperimentazione ai comuni appartenenti a una delle classi demografiche di cui all'articolo 156, comma 1, lettere h) (da 20.000 a 59.999 abitanti) e i) (da 60.000 a 99.999 abitanti) del testo unico enti locali (D.lgs. 267/2000).

 

Il comma 6 dell’articolo 2 del decreto-legge, soppresso nel corso dell’esame in sede referente, contestualmente all’introduzione della disciplina a regime in commento, si limita invece a prorogare la medesima estensione della sperimentazione dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 19 del D.L. 113/2018 ha introdotto in via sperimentale l’utilizzo di armi ad impulsi elettrici (c.d. Taser) da parte della polizia municipale. Una analoga sperimentazione era stata avviata nel 2014 per la Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza art. 8, comma 1-bis, del DL 119/2014 e D.M. 4 luglio 2018).

In particolare, il comma 1 del citato articolo 19 del D.L. 113/2018 ha attribuito dapprima ai comuni capoluogo di provincia e a quelli con popolazione superiore ai centomila abitanti la facoltà di dotare di armi comuni ad "impulsi elettrici", in via sperimentale e per il periodo di sei mesi, due unità di personale, munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza, individuato fra gli appartenenti ai dipendenti Corpi e Servizi di polizia municipale. Al termine del periodo semestrale di sperimentazione, gli enti locali possono regolare l’assegnazione in dotazione effettiva e stabile di reparto dei taser positivamente testati (comma 3). I comuni e le regioni provvedono, rispettivamente, agli oneri derivanti dalla ripetuta sperimentazione e alla formazione del personale delle polizie locali interessato, nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci (comma 6)

Il successivo comma 1-bis, come modificato nel 2023 (D.L. n. 44/2023, art. 17-bis, co. 1) ha esteso la sperimentazione anche ad altri comuni (cioè non capoluoghi di provincia o con popolazione inferiore a centomila abitanti) per i quali ricorrano i due seguenti requisiti (rispettivamente lett. a) e b)):

§  popolazione di almeno 20.000 abitanti (più precisamente si fa riferimento ai comuni appartenenti a una delle classi demografiche di cui all'articolo 156, comma 1, lettere h) (da 20.000 a 59.999 abitanti) e i) (da 60.000 a 99.999 abitanti) del testo unico enti locali (D.lgs. 267/2000); si tratta della disposizione ora soppressa;

§  istituzione, con regolamento comunale o con diverso provvedimento del sindaco, dell'armeria del Corpo o Servizio di polizia locale; nel caso in cui le armi da custodire, comprese quelle ad impulso elettrico, siano in numero non superiore a quindici, le armi sono custodite negli appositi armadi metallici.

 

Si ricorda in proposito che in ogni comune è istituita l'armeria del Corpo o Servizio di polizia municipale in apposito locale nel quale sono custodite le armi in dotazione ed il relativo munizionamento (D.M. interno 145/1987, art. 12, comma 1). L'istituzione dell'armeria non è necessaria qualora si tratti di custodire armi in numero non superiore a quindici e munizioni non superiori a duemila cartucce. In tal caso le armi e le munizioni sono custodite in appositi armadi (D.M. interno 145/1987, art. 12, comma 4). Si tratta di appositi armadi metallici corazzati, chiusi a chiave con serratura di sicurezza tipo cassaforte (D.M. interno 145/1987, art. 14, comma 1).

 

Con il decreto-legge n. 215/2023 (art. 2, co. 4-bis, introdotto in sede di conversione) è stata ulteriormente ammessa fino al 31 dicembre 2024, la possibilità di avviare la sperimentazione delle armi ad impulsi elettrici anche per i comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, purché il comune abbia provveduto ad istituire l’armeria del Corpo o Servizio di polizia locale. Come già si è detto, l’articolo 2, comma 6, del decreto-legge in esame, soppresso nel corso dell’esame in sede referente, proroga tale facoltà fino al 31 dicembre 2025.

 


Articolo 21, comma 5-quinquies
(Inconferibilità di incarichi di livello comunale e provinciale
ad amministratori locali)

 

 

Il comma in esame, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, consente di conferire incarichi amministrativi di vertice o dirigenziali nelle province e nei comuni agli amministratori locali che hanno svolto il mandato nel medesimo comune o nella medesima regione dell’ente locale che conferisce l’incarico.

 

A tal fine, viene abrogato l’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 39/2013 che ha introdotto diverse disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della L. 190/2012.

In particolare, l'articolo 7, comma 2, abrogato dalla disposizione in esame, prevede che non possono essere conferiti determinati incarichi:

·       a coloro i quali nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l'incarico;

·       coloro che nell'anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell'amministrazione locale che conferisce l'incarico;

·       a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione.

 

Gli incarichi che non possono essere conferiti sono i seguenti:

·       incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione;

·       incarichi dirigenziali nelle medesime amministrazioni di cui alla lettera a);

·       incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale;

·       incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione.

 

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 7 citato, le cause di inconferibilità di cui sopra non si applicano ai dipendenti della stessa amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che, all'atto di assunzione della carica politica, erano già titolari di incarichi.

 

In materia è intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza 98/2024. La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con il criterio direttivo di delega della legge n. 190 del 2012, dell’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo di cui sopra nella parte in cui non consente di conferire l'incarico di amministratore di ente di diritto privato - che si trovi sottoposto a controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a quindicimila abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione - in favore di coloro che, nell'anno precedente, abbiano ricoperto la carica di presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato controllati da amministrazioni locali, provincia, comune o loro forme associative in ambito regionale. La legge delega, argomenta la Corte, nell'individuare gli incarichi di provenienza ostativi, si è limitata ad indicare solo quelli di natura politica con esclusione di quelli di natura amministrativo-gestionale. Al contempo, gli incarichi di amministratore di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico assumono rilievo, nella logica della legge delega, solo in quanto incarichi di destinazione.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 10-octies, del provvedimento in esame, interviene in materia di inconferibilità di incarichi a livello regionale agli amministratori locali (si veda la relativa scheda).

 

 

 


Articolo 21, commi 5-sexies e 5-septies
(Abrogazioni)

 

 

I commi in esame, introdotti durante l’esame parlamentare, recano l’abrogazione di una serie di norme.

 

Il comma 5-sexies reca l’abrogazione delle seguenti norme:

a)     articolo 14, comma 5, del decreto legislativo 3 agosto 2022, n. 114: prevede che con uno o più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabilite misure applicative del regime tributario dei rendimenti

b)    articolo 1, comma 265, della legge 30 dicembre 2020, n. 178: consente agli operatori di finanza mutualistica e solidale adeguatamente patrimonializzati di erogare credito alle imprese che presentino specifici requisiti in termini di occupati, attivo patrimoniale, ricavi lordi e indebitamento, più elevati rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente.

c)     articolo 7-quater, del decreto legge 30 marzo 2023, n. 34: credito d'imposta per le start-up innovative operanti nei settori dell'ambiente, dell'energia da fonti rinnovabili e della sanità fino a un importo massimo di 200.000 euro, in misura non superiore al 20 per cento delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo volte alla creazione di soluzioni innovative per la realizzazione di strumenti e servizi tecnologici avanzati al fine di garantire la sostenibilità ambientale e la riduzione dei consumi energetici.

d)    articolo 13, comma 7 del decreto-legge 4 maggio 2023: si demanda ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, la definizione delle modalità di attivazione per l’accesso ai percorsi di inclusione sociale e lavorativa, ulteriori rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente per i beneficiari del Rdc. A decorrere dalla data di entrata in vigore di tale decreto, l’inosservanza delle modalità di attivazione ivi previste da parte del beneficiario del Rdc comporta l’applicazione delle sanzioni previste dal D.L. 4/2019

e)     articolo 32, del decreto legislativo 28 febbraio 2021 n. 40:  prevede che con dPCM o decreto Ministro sport siano definiti i parametri per la valutazione della qualità dei comprensori sciistici da parte delle regioni e province autonome. La valutazione prevede 5 categorie di qualità, da un "fiocco bianco" fino a cinque "fiocchi bianchi"

 

Il comma 5-septies reca modifiche soppressive alla legge 15 luglio 2022, n. 106, recante “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo”. In particolare, il comma sopprime disposizioni che prevedono l’emanazione di decreti ministeriali attuativi.

All’articolo 3, in tema di Registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo, viene abrogato il comma 2, il quale demanda ad un decreto ministeriale le disposizioni in ordine alla procedura per stabilire i requisiti e le modalità per l'iscrizione nel registro stesso.

All’articolo 4, recante norme sulla professione di agente o rappresentante per lo spettacolo dal vivo, è abrogato il comma 5, il quale demanda ad un decreto ministeriale le disposizioni in tema di requisiti e modalità per l'iscrizione nel Registro nazionale degli agenti o rappresentanti per lo spettacolo dal vivo.

All’articolo 5, rubricato “Osservatorio per lo spettacolo”, viene soppresso il comma 6, il quale demanda ad uno o più decreti le disposizioni in ordine alla composizione e al funzionamento dell’Osservatorio.

All’articolo 6, riguardante il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo, risulta abrogato il comma 2, il quale demanda ad un decreto ministeriale le disposizioni sulla definizione delle modalità di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale medesimo.

All’articolo 9, recante “Istituzione del Tavolo permanente per lo spettacolo”, è soppresso il primo periodo del comma 3, il quale demanda ad un decreto ministeriale la definizione della disciplina della composizione e le modalità di funzionamento del Tavolo.


Articolo 21, commi 5-octies, 5-novies e 5-decies
(Sanzioni e controlli COVID-19)

 

 

Il comma 5-octies dell’articolo 21, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, apporta modificazioni all’articolo 4 del decreto-legge 25 marzo del 2020, n. 19, che disciplina controlli e sanzioni per la violazione delle misure urgenti adottate per evitare la diffusione da COVID-19.

Il comma 5-novies dell’articolo 21, introdotto dalla Commissione, modifica l’articolo 2 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, in materia di sanzioni amministrative e controlli per violazioni delle misure di contenimento della diffusione del COVID-19.

Il comma 5-decies dell’articolo 21, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, interviene sui procedimenti amministrativi non ancora conclusi limitatamente ai profili inerenti all’irrogazione delle sanzioni amministrative, anche accessorie, dei decreti sopra citati.

 

Il comma 5-octies, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, interviene sull’articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 (conv. legge n. 35 del 2020) recante il quadro sanzionatorio per la violazione delle misure di contenimento del contagio, abrogando i commi 2 e 4 e modificando (conseguentemente alla abrogazione dei commi 2 e 4) il comma 5.

 

Nello specifico l’abrogando comma 2 dell’articolo 4 prevede l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni per le violazioni che riguardano specifiche attività ricreative, commerciali o professionali. L’abrogando comma 4, prevede invece che all'atto dell'accertamento di tali violazioni, l'organo accertatore può disporre subito, in via cautelare, e per un periodo non superiore a 5 giorni, la chiusura provvisoria dell'attività o dell'esercizio, "ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione". Tali giorni di chiusura erano poi scomputati dalla sanzione accessoria effettivamente irrogata.

 

Il comma 5-novies dell’articolo 21, introdotto nel corso dell’esame in Commissione, apporta modificazioni all’articolo 2 del decreto-legge n. 33 del 2020 (conv. legge 14 luglio 2020, n. 74) – incidendo sul comma 1 e comma 2 – contenente una disciplina sanzionatoria destinata a trovare applicazione nei casi di inosservanza delle misure di contenimento previste dal decreto-legge in esame, nonché dai decreti e dalle ordinanze emanati in attuazione del medesimo.

 

Più nel dettaglio, ai sensi del comma 1 dell'articolo 2, salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all'articolo 650 c.p., è disposta l'applicazione delle sanzioni già previste dall'art. 4, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020 (vedi supra) nei casi di violazione delle misure urgenti adottate per fronteggiare la diffusione del COVID-19 descritte all’articolo 1 del decreto-legge n. 33 del 2020.

La disposizione introdotta dalla Commissione abroga il secondo periodo di questo comma, relativo all’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni nei casi in cui la violazione sia commessa nell'esercizio di un'attività di impresa.

 

Il comma 2 dell'articolo 2 del decreto legge da ultimo citato prevede, poi, che le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità statali sono irrogate dal Prefetto, mentre quelle per le violazioni delle misure disposte da autorità regionali e locali sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte.

Il nuovo comma 5-novies dell’articolo 21 sopprime i periodi dal quarto all’ultimo del comma 2 dell’articolo 2 per i quali:

Ø  all’atto dell’accertamento delle violazioni, ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorità procedente può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni;

Ø  il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione; 

Ø  in caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima

 

 

Il comma 5-decies dell’articolo 21, introdotto dalla Commissione, incide sui procedimenti amministrativi non ancora conclusi. In particolare, ne disciplina l’interruzione definitiva per i profili relativi all’irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie di cui all’articolo 4, commi da 2 a 5 del decreto-legge n. 19 del 2020 e di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 33 del 2020.

Prevede, inoltre, che nei giudizi pendenti si intende cessata la materia del contendere relativamente alle domande aventi ad oggetto le sanzioni amministrative accessorie e, se l’impugnazione ha ad oggetto le sole sanzioni amministrative accessorie, il giudizio è estinto e le spese sono compensate.

 

Si ricorda che la cessazione della materia del contendere è una causa di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale che viene pronunciata dal Giudice attraverso una sentenza dichiarativa con cui viene stabilito che non si può procedere nel giudizio ed alla definizione, perché è venuto meno l’interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso.

 

 

 


 

Articolo 21-bis
(
Disposizioni in materia di elezione del presidente della provincia)

 

 

L’articolo 21-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede, al comma 1, che non si applica per gli anni 2025 e 2026 il termine di cui al comma 60 dell’articolo 1 della legge n. 56 del 201, ai sensi del quale, in via generale, sono eleggibili a presidente della provincia i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni.

 

Relativamente alla previsione del comma 1 dell’articolo 21-bis in commento, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, si ricorda che in base al sistema elettorale provinciale definito dalla legge n. 56 del 2014:

§  l’elezione del presidente della provincia è di secondo grado, essendo lo stesso eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia[60];

§  hanno diritto di elettorato passivo i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni (articolo 1, comma 60, della legge n. 56 del 2014).

La modifica disposta dal comma 1 dell’articolo in commento incide su tale ultima previsione estendendo, limitatamente agli anni 2025 e 2026, l’elettorato passivo anche ai sindaci il cui mandato scada prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni provinciali. Pertanto, per effetto della norma in esame, per gli anni 2025 e 2026, non è più richiesta una durata minima residua del mandato di sindaco per potersi candidare alle elezioni di presidente della provincia, fermo restando che il presidente della provincia (che dura in carica quattro anni) decade in caso di cessazione dalla carica di sindaco (articolo 1, comma 65, della legge n 56 del 2014).

 

Sulla medesima disposizione di cui al comma 60 dell’articolo 1 della legge n. 56 del 2014 sono intervenuti, in precedenza, l’articolo 1, comma 2, del decreto legge n. 91 del 2018 (che - limitatamente alla tornata elettorale del 31 ottobre 2018 – ha stabilito l’eleggibilità alla carica di presidente della provincia dei sindaci il cui mandato scadeva. non prima di 12 mesi dalle elezioni) e l’articolo 17-bis, comma 1, del decreto legge n. 162 del 2019 (che ha previsto la non applicabilità della disposizione di cui al citato comma 60  per gli anni 2020 e 2021).

Si ricorda, infine, che in base al sistema elettorale delineato dalla predetta legge n. 56 del 2014, ciascun elettore vota per un solo candidato alla carica di presidente della provincia. Il voto è ponderato in base ad un indice di ponderazione i cui criteri di determinazione sono fissati nell’allegato A della medesima legge n. 56, che tiene conto della popolazione legale di ciascun comune e del rapporto tra questa e la popolazione della provincia.

 


Articolo 22
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 22 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Il decreto-legge è dunque vigente dal 28 dicembre 2024.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 



[1]             Informazioni sullo stato di attuazione della diga foranea di Genova sono contenute nella scheda opera n. 245 della banca dati SILOS, curata dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con CRESME e ANAC. Nella medesima banca dati viene segnalato:

               - in relazione alla diga foranea che: il soggetto competente è l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale; i lavori sono in corso; il costo dell’opera è di 1,3 miliardi di euro e il fabbisogno residuo è pari a 350 milioni di euro;

               - in relazione al tunnel sub-portuale di Genova che: il soggetto competente è Autostrade per l'Italia Spa; i lavori sono in corso; il costo dell’opera è pari a 1 miliardo di euro, interamente finanziato.

[2]     Riguardo, alla procedura di mobilità volontaria, in generale, cfr. la disciplina di cui all'articolo 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base al comma 2-bis del suddetto articolo 30, e fatte salve le norme speciali, le pubbliche amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, intese alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità volontaria in oggetto, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestino servizio. Il trasferimento mediante mobilità volontaria è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e nella posizione economica corrispondenti a quelle possedute presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento, a condizione che sia assicurata la neutralità finanziaria, può essere disposto anche qualora la vacanza di organico sia presente in area funzionale diversa da quella di provenienza (fermo restando che l'area funzionale di inquadramento nella nuova amministrazione corrisponde all'area funzionale di inquadramento nell'amministrazione di provenienza).

[3]     Il comma 12-ter è stato introdotto dalla legge di conversione.

[4]     Articolo 11, comma 6-ter.

[5]             Al fine in oggetto, sono equiparati, ai sensi del medesimo comma 57, alle suddette fattispecie “i provvedimenti che dichiarano non doversi procedere per una causa estintiva del reato pronunciati dopo una sentenza di assoluzione del dipendente imputato perché il fatto non sussiste o perché non lo ha commesso o se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato”.

[6]             Tale limite di cinque anni è posto dall’articolo 2, comma 32, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10.

[7]             D.lgs. n. 199/2021, recante attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, cd. RED II.

[8]     Adottato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 26, commi 4-7 della legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022).

[9]     In particolare, l’articolo 6 del decreto legislativo, modificativo dell’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011, prevede i seguenti regimi: a) attività libera, b) procedura abilitativa semplificata (PAS), c) autorizzazione unica. Il regime amministrativo della dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA) non è più previsto e la relativa disciplina – contenuta nell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011) – viene contestualmente abrogata dall’articolo 13 e allegato D), lettera h).

[10]            Riguardo a tale disciplina, cfr. gli articoli 19 e 21 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

[11]            Si ricorda che un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro competenti per territorio (ai sensi del comma 3 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015).

[12]   La disciplina in oggetto fa riferimento alla nozione di contratti posta dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Cfr., in merito, anche la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9 del 9 ottobre 2023, reperibile alla seguente url: https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normativa/circolare-n-9-del-09-ottobre-2023.pdf.

[13]            Riguardo alla url dove è disponibile la suddetta circolare, cfr. supra, in nota.

[14]            La suddetta relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1337.

[15]            Disciplina di cui al D.Lgs. 3 maggio 2024 n. 62.

[16]            In particolare, le norme oggetto di differimento sono quelle richiamate dall’articolo 40, comma 2, del suddetto D.Lgs. n. 62 del 2024; tale comma è oggetto della novella di cui alla lettera f), mentre le novelle di cui alle lettere a) ed e) operano un omologo intervento con riguardo, rispettivamente: alla norma che attribuisce all’INPS la competenza per il nuovo procedimento di valutazione di base; ad alcune norme abrogative.

[17]            Riguardo a tale procedimento, cfr., in particolare, il capo II del citato D.Lgs. n. 62 del 2024, e successive modificazioni.

[18]            Riguardo a quest’ultimo, cfr., in particolare, il capo III del suddetto D.Lgs. n. 62 del 2024, e successive modificazioni.

[19]            Cfr. il comma 2 dell’articolo 12 del citato D.Lgs. n. 62 del 2024.

[20]            Cfr. i commi 1 e 3 del citato articolo 12 del D.Lgs. n. 62 del 2024, e successive modificazioni.

[21]            Tali norme regolamentari devono essere definite sulla base della classificazione ICF (Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute-International Classification of Functioning Disability and Health, adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità) e della classificazione ICD (Classificazione Internazionale delle malattie, adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità) e in conformità con la definizione di disabilità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del citato D.Lgs. n. 62 del 2024.

[22]            La novella concerne l’articolo 33, commi 1 e 2, del citato D.Lgs. n. 62 del 2024, e successive modificazioni. Si ricorda che gli ambiti territoriali già attualmente interessati dalla sperimentazione sono stati individuati dall’articolo 9, comma 1, del D.L. 31 maggio 2024, n. 71, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2024, n. 106. Riguardo alla sperimentazione, cfr., oltre ai citati articolo 33 del D.Lgs. n. 62 e articolo 9 del D.L. n. 71 del 2024, l’articolo 31 del medesimo D.Lgs. n. 62, e successive modificazioni, e il regolamento di cui al D.M. 12 novembre 2024, n. 197 (regolamento “recante la disciplina per la procedura di sperimentazione della valutazione multidimensionale e del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, le relative modalità, le risorse da assegnare e il monitoraggio”).

[23]            Il riparto delle risorse finanziarie tra i territori interessati dalla sperimentazione è oggetto delle norme regolamentari (il primo riparto è stato definito dall’articolo 5 del citato D.M. n. 197 del 2024).

[24]            Riguardo a tale profilo, implicitamente, non trova applicazione il termine dilatorio del 30 settembre 2025.

[25]            Regolamento adottato ai sensi dell’articolo 32 del citato D.Lgs. n. 62 del 2024 e in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

[26]            Di cui all’articolo 33, comma 5, del citato D.Lgs. n. 62 del 2024.

[27]            Si ricorda che il 30 giugno 2024 è entrato in vigore il citato D.Lgs. n. 62 del 2024.

[28]            Tali fattispecie sono le seguenti: il caso di possesso di una certificazione rilasciata (prima del termine in esame, ora differito al 1° gennaio 2027) ai sensi della citata L. n. 104 del 1992; il caso in cui sia in corso (alla data ora oggetto di differimento) un procedimento per il progetto individuale ai sensi dell’articolo 14 della L. 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni.

[29]            Recante “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”.

[30]            Decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62: “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”.

[31]            Decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71: “Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell'anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca”.

[32]            Province di Alessandria, Lecce, Genova, Isernia, Macerata, Matera, Palermo, Teramo, Vicenza, Provincia autonoma di Trento, Aosta.

[33]            Province di Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari, Trieste.

[34]            Sul contenuto del D.Lgs, n. 62 del 2024 cfr. il dossier del Servizio Studi.

[35]            ICF: Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute-International Classification of Functioning Disability and Health, adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità; ICD: Classificazione Internazionale delle malattie-International Statistical Classification of Diseases, adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità.

[36]            La lettera menzionata prevede, tra i criteri della valutazione di base, l’orientamento dell'intero processo valutativo medico-legale sulla base dell’ICD e degli strumenti descrittivi ICF, con particolare riferimento all’attività e alla partecipazione della persona, in termini di capacità dell’ICF.

[37]            Per “profilo di funzionamento” si intende la descrizione dello stato di salute di una persona attraverso la codificazione delle Funzioni e Strutture Corporee, delle Attività e della Partecipazione secondo ICF tenendo conto ICD, quale variabile evolutiva correlata all’età, alla condizione di salute, ai fattori personali ed alle determinanti di contesto, che può ricomprendere anche il profilo di funzionamento ai fini scolastici.

[38]            Per “domini della qualità di vita” si intendono ambiti o dimensioni rilevanti nella vita di una persona con disabilità valutabili con appropriati indicatori.

[39]            Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane; il menzionato art. 4 reca in particolare delega al Governo in materia di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non autosufficienti.

[40]            Trattasi di certificazione rilasciata da una struttura sanitaria o socio-sanitaria pubblica o privata accreditata, attestante patologie determinanti gravi compromissioni funzionali.

[41]            Decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71: “Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell'anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca”.

[42]            “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.

[43]            “Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

[44]            “Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità”.

[45]            I quali sono dunque ulteriori rispetto a quelli già attribuiti alla Segreteria tecnica dal d.P.C.m. 5 giugno 2023 citato da ultimo.

[46]            “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l'elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”.

[47]            “Delega al Governo in materia di disabilità”.

[48]            V. anche il dossier del Servizio Studi.

[49]            “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”.

[50]            “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”.

[51]            Secondo la relazione tecnica di accompagnamento all’emendamento, tale fondo è capiente e non è gravato da vincoli di sorta, e il suo utilizzo è conforme alla relativa destinazione (alle politiche in favore delle persone con disabilità in relazione all’attuazione della legge delega n. 227/2021.

[52]   Il termine iniziale di decorrenza, fissato al 1° gennaio 2013, è stato prorogato più volte: al 30 giugno 2014, dal decreto-legge n. 150/2013; al 30 giugno 2015, dal decreto-legge n. 119/2014; al 31 dicembre 2015, dal decreto-legge n. 192/2014; al 31 dicembre 2016, dal decreto-legge n. 210/2015; al 31 dicembre 2017, dal decreto-legge n. 244/2016; al 31 dicembre 2018, dalla legge n. 205/2017; al 31 dicembre 2019, dalla legge n. 145/2018; al 31 dicembre 2020, dal decreto-legge n. 162/2019; al 31 dicembre 2021, dal decreto-legge n. 183/2020; al 30 giugno 2022, dal decreto-legge n. 228/2021; al 31 dicembre 2022, dal decreto-legge n. 36/2022; al 31 dicembre 2023, dal decreto-legge n. 198/2023; al 31 dicembre 2024, dal decreto-legge n. 215/2023.

[53]   Il comma 27 dell’articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010 stabilisce che “27. Ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione:

a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

 f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

h) edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;

l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale;

l-bis) i servizi in materia statistica.”

[54]   L’articolo 8 della legge n. 131 del 2003 stabilisce – in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo - che “1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

2. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L'articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.

3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.”.

[55]            L’abrogazione concerne l’articolo 4-sexies del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, e successive modificazioni.

[56]            Ai sensi dell’articolo 7, comma 1-bis, del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, e successive modificazioni. Si ricorda che nella suddetta data del 31 dicembre 2002 è entrata in vigore la citata L. n. 199.

[57]            La disciplina procedurale in esame era posta dai commi da 3 a 6 del citato articolo 4-sexies del D.L. n. 44 del 2021, e successive modificazioni. Il comma 4 del presente articolo 21, come detto, abroga l’intero articolo 4-sexies.

[58]            Riguardo al Sistema Tessera Sanitaria, cfr. il relativo portale.

[59]            La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1337.

[60]            Si ricorda che sono all’esame della 1a Commissione del Senato i disegni di legge A.S. 57 e connessi in materia di funzioni fondamentali, organi di governo e sistema elettorale delle province e delle città metropolitane. Nel testo unificato proposto dalla relatrice si prevede, innovando l’assetto normativo vigente, l’elezione a suffragio universale e diretto degli organi della provincia e della città metropolitana.