Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di termini normativi
Serie: Progetti di legge   Numero: 395
Data: 08/01/2025
Organi della Camera: I Affari costituzionali, V Bilancio

8 gennaio 2025

 

 

 

Disposizioni urgenti in materia di termini normativi

 

 

 

D.L. n. 202/2024 - A.S. n. 1337

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 395

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Articolo 1, comma 1 (Validità delle autorizzazioni alle assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato). 9

Articolo 1, commi 2 e 3 (Disposizioni in materia di versamenti contributivi da parte delle pubbliche amministrazioni). 10

Articolo 1, comma 4 (Personale dell’Avvocatura dello Stato). 13

Articolo 1, commi 5 e 6 (Proroga di termini delle misure straordinarie per la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa). 15

Articolo 1, commi 7 e 8 (Contrasto alla crisi idrica). 19

Articolo 1, comma 9 (Responsabilità erariale). 21

Articolo 1, comma 10 (Attività del Commissario straordinario per il G7). 28

Articolo 2, comma 1, lettera a) (Percorso di carriera del personale dirigente della Polizia di Stato). 29

Articolo 2, comma 1, lettera b) (Disapplicazione dell’ordinario meccanismo dell’area negoziale per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate). 31

Articolo 2, commi 2 e 3 (Permessi di soggiorno per sfollati dall’Ucraina). 33

Articolo 2, comma 4 (Graduatorie di alcuni concorsi per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco) 35

Articolo 2, comma 5, lettera a) (Proroga della validità di una graduatoria di reclutamento di personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco). 36

Articolo 2, comma 5, lettera b) (Contributo a familiari di personale di Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Forze armate, deceduto per attività di servizio anti-COVID-19)  38

Articolo 2, comma 6 (Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte  delle Polizie municipali). 40

Articolo 3, comma 1 (Proroga dei termini in materia di registrazione degli aiuti di Stato COVID-19 nel Registro nazionale aiuti di Stato). 42

Articolo 3, comma 2 (Responsabilità per inadempimento di obblighi riguardanti la registrazione di aiuti di Stato). 49

Articolo 3, comma 3 (Proroga del termine di presentazione della domanda di trasferimento di immobili statali in gestione all’Agenzia del demanio agli enti territoriali) 51

Articolo 3, comma 4, lettera a) (Disposizioni in materia di locazioni passive) 53

Articolo 3, comma 4, lettera b) e comma 5 (Disposizioni concernenti AMCO S.p.A.)  55

Articolo 3, comma 6 (Divieto di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari)  57

Articolo 3, comma 7 (Proroga inerente al Servizio pubblico di connettività). 59

Articolo 3, comma 8 (Consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi). 62

Articolo 3, comma 9 (Bilanci degli enti del servizio sanitario della regione Calabria)  66

Articolo 3, comma 10 (Proroga del regime di esenzione IVA). 68

Articolo 3, commi 11-13 (Disposizioni in materia di utilizzo di risorse per la continuità produttiva e aziendale di ILVA). 71

Articolo 3, comma 14 (Disposizioni in materia di cessioni di compendi assicurativi e allineamento di valori contabili per le imprese). 78

Articolo 4, comma 1 (Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana - Esacri). 80

Articolo 4, comma 2 (Ulteriore proroga della deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per medici ucraini). 83

Articolo 4, comma 3 (Proroga della possibilità di conferimento di alcuni tipi di incarichi a tempo determinato nell'ambito del SSN). 88

Articolo 4, comma 4 (Proroga per l’anno 2025 della possibilità di conferimento di incarichi di lavoro autonomo a laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti agli ordini professionali, anche se privi della specializzazione). 90

Articolo 4, comma 5 (Proroga del periodo di maturazione del servizio triennale come requisito temporaneo per l’accesso alla dirigenza del SSN relativa ai servizi di emergenza-urgenza) 92

Articolo 4, comma 6 (Disposizione in materia di procedure relative all’eventuale superamento del limite della spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti). 95

Articolo 4, comma 7, lettera a) (Proroga dei termini di validità dell’iscrizione all’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL e di altri enti del Servizio Sanitario Nazionale). 97

Articolo 4, comma 7, lettera b) (Raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati in medicina e chirurgia). 101

Articolo 4, comma 7, lettera c) (Proroga del termine per l’adeguamento alla riforma in materia di accreditamento istituzionale e stipula degli accordi con gli erogatori) 103

Articolo 4, comma 7, lettera d) (Proroga della disciplina transitoria in tema di limitazione della responsabilità penale a titolo di omicidio colposo e lesioni personali colpose per fatti commessi nell'esercizio di una professione sanitaria). 105

Articolo 4, comma 8 (Incentivo al processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio sanitario nazionale). 107

Articolo 4, comma 9 (Formazione specifica in medicina generale). 110

Articolo 4, comma 10 (Incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta). 114

Articolo 4, comma 11 (Proroghe in materia di misure per l’abbattimento delle liste d’attesa)  116

Articolo 4, comma 12 (Incarichi a sanitari e operatori socio-sanitari in quiescenza)  122

Articolo 5, comma 1 (Requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici). 123

Articolo 5, commi 2 e 3 (Incarichi dirigenti tecnici). 126

Articolo 5, comma 4 (Équipe formative territoriali e docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche). 129

Articolo 6, comma 1 (Disponibilità delle Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale). 132

Articolo 6, commi 2-4 (Durata e incardinamento della segreteria tecnica di progettazione per gli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016). 135

Articolo 7, comma 1 (Misure di proroga in materia di politiche abitative). 138

Articolo 7, comma 2 (In materia di misure a sostegno dell'edilizia privata) 141

Articolo 7, comma 3 (Sicurezza delle gallerie ferroviarie). 143

Articolo 7, comma 4 (Sospensione aggiornamento sanzioni del Codice della strada) 145

Articolo 8 (Proroga di termini in materie di competenza DEL Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) 147

Articolo 9, comma 1 e comma 5 (Proroga di termini in materie di competenza del Ministero della difesa). 149

Articolo 9, comma 2 (Digitalizzazione processi penali militari). 151

Articolo 9, commi 3 e 4 (Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari)  152

Articolo 10, comma 1 e comma 2 (Tirocinio dei magistrati). 155

Articolo 10, comma 3 (Proroga di termini in materia di esclusione da procedure di mobilità per il personale del Ministero della giustizia). 157

Articolo 10, commi 4-6 (Rispristino sezioni distaccate insulari). 159

Articolo 10, comma 7 (Intercettazioni mediante infrastrutture digitali interdistrettuali)  161

Articolo 10, comma 8 (Proroga del divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia). 162

Articolo 11, comma 1 (Disposizioni concernenti termini in materie di competenza del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica). 163

Articolo 11, comma 2 (Termini in materia di riperimetrazione dei siti contaminati di interesse nazionale). 165

Articolo 12 (Destinazione del cinque per mille). 167

Articolo 13 (Proroga del termine di stipula contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali a danno di beni materiali delle imprese italiane). 169

Articolo 14, comma 1 (Proroga del termine credito d’imposta e contributo a fondo perduto riconosciuto alle imprese turistico alberghiere e ricettive). 171

Articolo 14, comma 2 (Proroga semplificazioni per impianti fotovoltaici in strutture turistiche o termali). 174

Articolo 14, comma 3 (Contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato)  176

Articolo 15, comma 1 (Rinvio dell’operatività dell’organo consultivo di tutela degli interessi dei tifosi nelle società sportive professionistiche) 177

Articolo 15, comma 2 (Misure relative al compendio sito in Roma, denominato «Città dello sport»). 179

Articolo 16 (Termine concernente l’attività istruttoria connessa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni). 182

Articolo 17 (Proroga di termini in materia di editoria). 184

Articolo 18, comma 1 (Proroga delle misure per la tutela funzionale e processuale  del personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica). 188

Articolo 18, comma 2 (Proroga in materia di autorizzazione del personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica a svolgere colloqui personali con detenuti) 192

Articolo 19 (Disposizioni concernenti termini in materia di agricoltura). 194

Articolo 20 (Proroga delle misure di sostegno e delle attività di assistenza in favore dei profughi dall’Ucraina titolari del regime di protezione temporanea). 197

Articolo 21, commi 1 e 2 (In materia di certificazioni dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea). 207

Articolo 21, comma 3 (Esercizio associato delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni)  210

Articolo 21, commi 4 e 5 (Abrogazione della disciplina sanzionatoria per gli inadempimenti degli obblighi di vaccinazione contro il COVID-19, estinzione dei relativi procedimenti sanzionatori e annullamento delle sanzioni). 214

Articolo 22 (Entrata in vigore). 216

 


Articolo 1, comma 1
(Validità delle autorizzazioni alle assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato)

 

 

L’articolo 1, comma 1, disciplina, in via transitoria e a regime, il periodo entro cui le amministrazioni dello Stato, le agenzie e gli enti pubblici non economici possono esercitare le facoltà assunzionali, ivi incluse quelle derivanti da speciali disposizioni di legge, da autorizzare, ai sensi della normativa vigente, con apposito DPCM.

 

Preliminarmente, si ricorda che le suddette facoltà assunzionali sono quelle autorizzate ai sensi dell’art. 35, c. 4 del D.Lgs. 165/2001, il quale prevede che, con decreto del Presidente del consiglio dei ministri (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), sono autorizzati - sulla base del Piano triennale dei fabbisogni, approvato da ciascuna amministrazione o ente per l’adozione delle determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento - l'avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici.

 

Il presente articolo 1, comma 1, dispone, in primo luogo, che, a decorrere dal 2025, le predette facoltà assunzionali autorizzate con il suddetto DPCM abbiano una validità non superiore a tre anni, non prorogabili alla scadenza.

 

La disposizione in commento reca altresì una disciplina transitoria, prorogando al 31 dicembre 2025 il termine, non ulteriormente prorogabile, entro il quale possono essere esercitate le suddette facoltà assunzionali relative ad annualità pregresse al 2025, già autorizzate o da autorizzare con il suddetto decreto, in scadenza alla data del 31 dicembre 2024.

 


Articolo 1, commi 2 e 3
(Disposizioni in materia di versamenti contributivi da parte delle pubbliche amministrazioni)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 1 modifica i termini di due normative transitorie, relative alla prescrizione temporale delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria inerenti ai dipendenti pubblici (lettera a)) e ai soggetti (lettera b)) titolari con pubbliche amministrazioni di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (o di rapporti assimilati a quest’ultima categoria). Il successivo comma 3 prevede, in coordinamento con le novelle di cui al comma 2, un differimento dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 del termine finale di applicazione della norma transitoria che, per i casi di mancato versamento delle suddette contribuzioni da parte delle pubbliche amministrazioni, esclude l’applicazione delle sanzioni civili e degli interessi di mora.

 

I commi 2 e 3 riguardano, come accennato, i versamenti contributivi, per i relativi lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni[1].

Più in particolare, la lettera a) del comma 2 concerne la normativa transitoria[2] relativa alla prescrizione temporale delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria inerenti ai dipendenti delle suddette pubbliche amministrazioni. Tale normativa stabilisce che, fino a un termine, prorogato da parte della presente novella dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, i termini di prescrizione[3] non si applicano per gli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria[4], con riferimento ai periodi di competenza compresi entro un determinato termine, prorogato da parte della presente novella dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020[5]. Restano fermi la salvezza degli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato nonché il diritto all'integrale trattamento pensionistico del lavoratore[6].

La lettera b) del medesimo comma 2 prevede un differimento dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 del termine finale di applicazione della norma transitoria[7] che esclude l’effetto di prescrizione temporale per il mancato versamento delle contribuzioni previdenziali inerenti alla cosiddetta Gestione separata dell’INPS[8], con riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (o ai rapporti assimilati a quest’ultima categoria) intercorrenti con le suddette pubbliche amministrazioni. Resta ferma la salvezza degli effetti di provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato.

La relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto[9] osservano che le novelle di cui al comma 2 sono intese a consentire alle pubbliche amministrazioni di portare a termine le necessarie attività di verifica della sussistenza dei rapporti di lavoro in determinati periodi temporali e di evitare le forme di contenzioso inerenti alla mancata o incompleta liquidazione dei trattamenti previdenziali[10].

Il comma 3 differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine finale di applicazione della norma transitoria[11] che esclude le sanzioni civili e gli interessi di mora per il caso di mancato versamento dei suddetti contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria – oggetto delle novelle di cui al precedente comma 2 – da parte delle pubbliche amministrazioni. Resta fermo che non si fa luogo a rimborso delle somme già versate a titolo di sanzione o interesse di mora.

La norma di esclusione prorogata dal presente comma 3 non concerne le fattispecie oggetto di sanzioni penali o amministrative pecuniarie; si ricorda che tali sanzioni sono previste, per i datori di lavoro (nonché per i committenti dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa rientranti nella suddetta Gestione separata dell’INPS), nelle ipotesi in cui le ritenute contributive non siano versate (dal datore di lavoro o committente) entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento dell’inadempimento contributivo[12].

 

 


Articolo 1, comma 4
(Personale dell’Avvocatura dello Stato)

 

 

L’articolo 1, comma 4, consente fino al 31 dicembre 2025 all’Avvocatura dello Stato di avvalersi di personale non dirigenziale in posizione di comando senza dover ricevere il nulla osta dell’Amministrazione di appartenenza ed in deroga all’attuale limite del 25 per cento.

 

 

Più nel dettaglio il comma 4 dell’articolo 1 modifica il comma 18 dell’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215 (conv. legge n. 18 del 2024), il quale, nella sua formulazione previgente, prevedeva la possibilità per l’Avvocatura dello Stato, fino al 31 dicembre 2024, di avvalersi di personale in comando ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge n. 127 del 1997 senza dover ricevere, quindi, il nulla osta dell’Amministrazione di appartenenza ed in deroga all’attuale limite del 25 per cento previsto dall’articolo 6, comma 1-quinquies, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (conv. legge n. 799 del 2022).

 

Il decreto-legge in esame proroga fino al 31 dicembre 2025 la possibilità per l’Avvocatura dello Stato di avvalersi di personale non dirigenziale in posizione di comando.

 

L’esigenza nasce – come evidenzia la relazione illustrativa di accompagnamento all’A.S. 1337 – “dalla difficoltà di reclutamento del personale per la copertura di profili soprattutto relativi all’area assistenti. Infatti, con i recenti concorsi Formez non è stato possibile coprire tutti i posti vacanti in dotazione organica per tale area, in quanto i vincitori, spesso laureati, rinunciano, dopo poco tempo dall’assunzione, per accettare posti di area superiore in altre amministrazioni, perché economicamente più favorevoli”. Sempre nella relazione si ricorda che “L’Avvocatura è ricorsa in questi anni anche a procedure di mobilità, non riuscendo però a soddisfare l’intera esigenza. L'impossibilità, quindi, di sostituire in un tempo ragionevole il personale cessato dal servizio per intervenuta quiescenza con nuove assunzioni rende necessario ricorrere a personale in comando, superando i limiti che l’attuale quadro normativo impone, ossia il limite del 25% dei posti vacanti a seguito di mobilità ed il nulla osta delle Amministrazioni di provenienza”. La norma si pone, quindi, “come obiettivo quello di ricorrere al personale in comando nelle more di espletamento delle procedure concorsuali programmate per ricoprire le posizioni cessate e necessarie allo svolgimento delle attività di supporto agli Avvocati dello Stato per garantire una pronta difesa delle Amministrazioni dello Stato e degli enti patrocinati, anche con riguardo all’attività defensionale svolta nell’ambito del significativo contenzioso insorto a seguito delle procedure di attuazione del PNRR che come noto gode di termini processuali molto accelerati”.

 

È opportuno segnalare che - come riporta il sito dell’Avvocatura generale dello Stato - risultano in atto i seguenti concorsi:

 

 

 

 

·        Concorso Ripam per la selezione di 2293 unità di personale, area seconda, da destinare presso: Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, del Ministero della cultura e dell'Avvocatura dello Stato. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 104 - IV Serie Speciale Concorsi ed esami - del 31 dicembre 2021. 

 

 


Articolo 1, commi 5 e 6
(Proroga di termini delle misure straordinarie per la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa)

 

 

I commi 5 e 6 dell’articolo 1 in esame dispongono ulteriori proroghe alla normativa vigente riguardante il nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa. In particolare: a) viene differito ulteriormente (dal 31 dicembre 2024) al 31 dicembre 2025, il termine per la realizzazione di tale nuova struttura ospedaliera e b) viene contestualmente estesa al 31 dicembre 2025 la durata dell’incarico del Commissario straordinario nominato allo scopo della realizzazione del complesso ospedaliero. Agli oneri derivanti dalla proroga, quantificati in 100.000 euro per l'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione.

 

Più in dettaglio, le proroghe al 31 dicembre 2025, mediante la tecnica della novella ai commi 1 e 2 dell’articolo 42-bis del DL. n. 23/2020[13] (L. n. 40/2020) dispongono, rispettivamente (comma 5):

a)            la proroga di un ulteriore anno del termine di realizzazione del complesso ospedaliero di Siracusa già fissato in tre anni dalla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione n. 40 (7 giugno 2020) del D.L. n. 23/2020 – termine scaduto quindi una prima volta il 7 giugno 2023 -, con una conseguente estensione temporale del termine finale inizialmente previsto per i lavori;

Si tratta della terza proroga[14], essendo stata la seconda disposta al 31 dicembre 2024 dall’articolo 15-sexies, comma 1, lett. a), D.L. 29 settembre 2023, n. 132 (L. n. 179/2023) in materia di proroga termini.

b)            la contestuale estensione temporale della durata dell’incarico del Commissario straordinario, svolto a titolo gratuito, conferito con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri e successivamente prorogato[15].

Anche in questo caso, il citato articolo 15-sexies del DL. 132/2023 di proroga termini aveva prorogato al 31 dicembre 2024 la durata dell’incarico.

 

Il comma 6 definisce la copertura gli oneri derivanti dalle proroghe previste, stimati in 100.000 euro per l'anno 2025, esattamente l’importo che era stato quantificato per la precedente proroga a tutto il 2024. La copertura è, anche questa volta, prevista a valere sulla corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015). Si tratta del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (Cap. 3076 nello stato di previsione del MEF).

La RT a corredo della norma sottolinea, per quanto riguarda la struttura di supporto alle attività del Commissario prevista dal comma 5-bis dell'articolo 42-bis, che la stessa è costituita da un contingente massimo di cinque unità di personale, di cui un'unità di livello dirigenziale non generale e quattro unità di personale non dirigenziale, scelto tra il personale delle amministrazioni pubbliche di cui al perimetro delineato dal D.Lgs. n. 165/2001, con esclusione del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, in posizione di comando, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti e mantiene il trattamento economico fondamentale e accessorio dell'amministrazione di appartenenza. Trattandosi esclusivamente di personale proveniente da pubbliche amministrazioni, in posizione di comando o fuori ruolo, posto in una struttura di supporto al Commissario di governo, si applica quanto previsto dall'articolo 9, comma 5-ter, del D. Lgs. n. 303 del 1999, secondo cui gli oneri del personale comandato o fuori ruolo restano a carico dell'amministrazione di appartenenza[16].

 

 

Il comma 502, articolo 1, della Legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020) ha previsto, da ultimo, modifiche all’articolo 42-bis del D.L. n. 23/2020 (cd. Decreto Liquidità, L. 40/2020) che aveva introdotto talune misure straordinarie per la progettazione e la realizzazione di un nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa. In particolare, è stata prevista l’aggiunta del comma 5-bis al predetto articolo 42-bis diretto a prevedere una struttura di supporto per la realizzazione dei compiti del Commissario straordinario nominato per la progettazione e la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero della città di Siracusa, con la finalità di contrastare gli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria da Covid-19.

Il completamento della struttura è stabilito entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge n. 23/2020 (7 giugno 2020).

La struttura di supporto posta alle dirette dipendenze del Commissario è costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è composta da un contingente massimo di 5 unità di personale[17], di cui 1 unità di livello dirigenziale non generale e 4 unità di personale non dirigenziale.

Tra queste ultime unità del contingente di personale non dirigenziale possono essere nominati fino a due esperti e consulenti, anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione, in possesso di comprovata esperienza - in base ai presupposti, criteri e modalità operative per l’affidamento di incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, stabiliti all’articolo 7, comma 6 del D.Lgs. 165/2001 -, il cui compenso è definito dal Commissario straordinario, e non può comunque superare i 48.000 euro annui. Il rimborso delle spese di missione sostenute dal personale è corrisposto direttamente dal Commissario straordinario, previa presentazione di documentazione, con obbligo di rendicontazione, mentre le spese di missione sostenute dal Commissario straordinario per lo svolgimento del suo incarico sono rimborsate nei limiti previsti dalla normativa vigente, analogamente corrisposte previa presentazione di documentazione e con obbligo di rendicontazione, con oneri cui è chiamato a provvedere direttamente il Commissario nei limiti delle risorse disponibili che confluiscono nella contabilità speciale indicata dalle disposizioni del medesimo 42-bis, comma 4.

 

Il Commissario straordinario deve operare nel rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 159/2011, oltre ai vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea degli obblighi internazionali e dei principi di cui agli articoli 30, commi 1, 34 e 42 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016) e in deroga ad ogni altra disposizione di legge diversa da quella penale[18].

In merito all'affidamento e all'esecuzione di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, il comma 1 dell'art. 30 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50 2016), oltre a fare riferimento al rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, specifica, altresì, lo specifico rispetto da parte delle stazioni appaltanti dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità, al fine evidente anche di non sfavorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

Con riferimento al nuovo ospedale di Siracusa si evidenzia il contratto (qui il testo) per l’affidamento di servizi di supporto tecnico – amministrativo e di committenza ausiliaria al responsabile unico del procedimento (RUP) ai sensi del combinato disposto degli articoli 3, comma 1, lettera m), numeri 1), 2) e 3), 31, commi 7 e 11, e 39, comma 2, del richiamato Codice dei contratti.

Al fine di consentire la massima autonomia finanziaria per la progettazione e realizzazione del complesso ospedaliero in esame, al Commissario straordinario viene intestata un’apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale, alla quale sono assegnate le risorse disponibili e su cui possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla progettazione e alla realizzazione di tale complesso ospedaliero.

Dal profilo finanziario, peraltro, la progettazione e la realizzazione del complesso ospedaliero risulta finanziata a valere sulle risorse disponibili, assegnate alla Regione Siciliana, ai sensi del programma di edilizia sanitaria previsto di cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n.67 e, ferma restando la quota minima del finanziamento a carico della medesima regione e previa sottoscrizione dell'Accordo di programma tra il Commissario, il Ministero della salute ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

In proposito si sottolinea che l’ultimo riparto delle risorse per l'edilizia sanitaria è stato effettuato con Delibera CIPE n. 51 del 24 luglio 2019, per complessivi 4.695 milioni di euro, in base alle disponibilità dell'art. 1 comma 555 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e sulle risorse residue di cui all'art. 2 comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, attribuendo alla Regione siciliana l’8,36% del totale complessivo, per un ammontare di 334,2 milioni di euro. 

 


Articolo 1, commi 7 e 8
(Contrasto alla crisi idrica)

 

 

Il comma 7 dell’articolo 1 rinnova anche per l’anno 2025 l’autorizzazione di spesa di 150.000 euro disposta per l’anno 2024 dal comma 10 dell’art. 1 del D.L. 39/2023 (c.d. decreto siccità) per la copertura degli oneri derivanti dai compensi degli esperti o consulenti di cui può avvalersi il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri per l’esercizio delle funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia per la crisi idrica. Il comma 8 reca la clausola di copertura finanziaria.

 

Il comma 7 dell’articolo 1, con novella al comma 10 dell’art. 1 del D.L. 39/2023 (c.d. decreto siccità), rinnova anche per l’anno 2025 l’autorizzazione di spesa di 150.000 euro disposta per l’anno 2024 dal citato comma 10 per la copertura degli oneri derivanti dai compensi degli esperti o consulenti di cui può avvalersi il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri per l’esercizio delle funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia per la crisi idrica istituita dal medesimo art. 1 del D.L. 39/2023.

Si ricorda che l’art. 1 del D.L. 39/2023, al fine di promuovere l’adeguamento della rete infrastrutturale idrica ai nuovi fabbisogni connessi al fenomeno della siccità, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Cabina di regia per la crisi idrica alla quale è attribuito l’esercizio di funzioni di impulso e coordinamento in merito alla realizzazione degli interventi, monitoraggio della realizzazione delle infrastrutture idriche già approvate e finanziate (ad esclusione di quelle finanziate dal PNRR e dal PNC), promozione del coordinamento tra i diversi livelli di governo ed enti pubblici e privati e dell’attivazione dei poteri sostitutivi, e monitoraggio sulla corretta utilizzazione delle risorse finanziarie. La Cabina di regia effettua una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione, individuando quelli che possono essere realizzati da parte del Commissario straordinario. Il comma 10 dell’art. 1 (come sostituito dall’art. 1, comma 2, del D.L. 75/2023) prevede, in particolare, che per l’esercizio delle funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri può avvalersi del numero massimo di due esperti o consulenti, di cui all'art. 9, comma 2, del D. Lgs. n. 303/1999, da inserire nell'ambito del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici del medesimo Dipartimento, che, pertanto, è riorganizzato mediante apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante anche i criteri di designazione e le modalità di selezione del personale delle professionalità necessarie, cui compete un compenso fino a un importo massimo annuo di euro 75.000 al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico dell'amministrazione per singolo incarico. A tal fine, il medesimo comma 10, nel testo previgente, autorizza la spesa di euro 87.500 per l'anno 2023 e di euro 150.000 per l'anno 2024 e dispone che al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'art. 1, comma 200, della L. n. 190/2014. Per la riorganizzazione del Nucleo di valutazione si veda il D.P.C.M. 3 ottobre 2023.

La relazione illustrativa segnala che la previsione in esame è in linea con la possibilità di disporre – ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.L. n. 39/2023 – la proroga al 31 dicembre 2025 del Commissario straordinario per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, essendo stata tale prerogativa esercitata nella riunione del Consiglio dei ministri del 29/11/2024, nel corso della quale è stata deliberata la proroga fino al 31 dicembre 2025 dell’incarico del suddetto Commissario straordinario.

 

Il comma 8 reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri di cui al comma 7, pari a 150.000 euro per l’anno 2025, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all’art. 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).


Articolo 1, comma 9
(Responsabilità erariale)

 

 

L’articolo 1, comma 9, proroga di quattro mesi, e precisamente dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025, la disposizione del decreto-legge n. 76/2020 che limita la responsabilità erariale di amministratori, dipendenti pubblici e privati cui è affidata la gestione di pubbliche risorse ai danni cagionati dalle sole condotte poste in essere con dolo, escludendo quindi ogni responsabilità per colpa grave.

 

A tal fine la disposizione in esame modifica l’articolo 21, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2020 (conv. L. n. 120/2020), che ha introdotto tale regime speciale di responsabilità erariale, più volte prorogato.

Nel testo finora vigente, la disposizione limita, con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 (data di entrata in vigore del citato decreto-legge) al 31 dicembre 2024, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità, ai soli casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente sia stata compiuta con dolo.

Questa limitazione di responsabilità si applica ai danni cagionati dalle sole condotte attive, mentre nel caso di danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto che avrebbe dovuto attivarsi e non lo ha fatto, il soggetto agente continua a risponderne sia a titolo di dolo, sia di colpa grave.

 

Più in generale è opportuno ricordare che in base al regime ordinario di responsabilità amministrativo-contabile, fissato nella legge 14 gennaio 1994, n. 20 (articolo 1), gli elementi di specifica caratterizzazione di tale tipo di responsabilità sono:

-          il rapporto di servizio, che lega l’autore dell’illecito all’amministrazione pubblica che risente della sua negativa condotta;

-          l’evento lesivo, che si sostanzia in un danno patrimoniale (illegittimo sacrificio di un bene economico della P.A.) oppure nella violazione di un bene bene-valore fondamentale della contabilità pubblica;

-          lo stato soggettivo di dolo o almeno di colpa grave che ha sostenuto la condotta di chi ha agito, stante l’irrilevanza, a seguito dell’intervento riformatore del 1994, della semplice colpa.

 

I termini di efficacia della disposizione di cui si tratta sono stati più volte prorogati: è utile ricordare che nel testo originario del decreto-legge n. 76, l’esclusione dell’azione di responsabilità erariale per le condotte gravemente colpose trovava applicazione con riguardo ai soli fatti commessi dal 17 luglio 2020 al 31 luglio 2020, termine quest’ultimo esteso al 31 dicembre 2021 in sede di conversione. L’efficacia della disposizione è stata poi ulteriormente prorogata fino al 30 giugno 2023 dal D.L. n. 77 del 2021 (articolo 51, comma 1, lett. h)) e fino al 31 dicembre 2024 dal D.L. n. 44 del 2023 (articolo 1, comma 12-quinquies, lett. a)). La disposizione in esame proroga ulteriormente l’efficacia della disposizione dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025.

 

A tale riguardo, merita ricordare che il regime speciale di responsabilità erariale limitato al dolo per le condotte commissive introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, con le sue successive proroghe, è stato sottoposto al vaglio della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 132 del 2024, ha respinto le censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla Corte dei conti, in particolare, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.

Per i profili qui di interesse, nella sentenza che in calce si trova sintetizzata, la Corte chiarisce che non è irragionevole una disciplina che limiti al dolo l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, qualora tale disciplina sia limitata e circoscritta (ad un numero limitato di agenti pubblici o a determinate attività amministrative) e in ogni caso in presenza di particolari o eccezionali ragioni che la giustifichino «al fine di assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilievo costituzionale».

Nello specifico, la Corte ha argomentato che la disciplina stabilita dall’articolo 21, co. 2, del D.L. 76/2020 è una disciplina provvisoria stabilita in relazione al peculiare contesto economico e sociale determinatosi a seguito della prolungata chiusura delle attività produttive dovuta alla pandemia, che determinava l’esigenza di contribuire al rilancio dell’economia nazionale, inducendo il legislatore a stimolare l’attività degli agenti pubblici riducendo la quantità di rischio in capo agli stessi, contrastando cioè il rischio della “burocrazia difensiva” in ragione della tutela di interessi costituzionalmente rilevanti della società italiana. Tale obiettivo trova conferma, per la Corte, nella limitazione dell’intervento legislativo alle sole condotte attive, «in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo».

Analogamente, secondo la Consulta, le successive proroghe della disposizione censurata, operate nella fase successiva alla crisi economica provocata dalla pandemia, hanno trovato giustificazione nella necessità di semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), in attesa, peraltro, di una «complessiva revisione della disciplina amministrativo-contabile», come specificato nell’ultima proroga introdotta dal D.L. n. 44 del 2023.

 

In relazione alla legittimità delle proroghe finora disposte, al punto 6.8 in diritto della richiamata sentenza si legge «(c)ompromettere l’attuazione del PNRR equivale a impedire la ripresa di un sentiero di crescita economica sostenibile e il superamento di alcuni divari economici, sociali e di genere. Con la conseguenza che l’inerzia amministrativa, nel contesto descritto, viene a pregiudicare gravemente interessi di grande rilevanza costituzionale, quali il rispetto degli obblighi assunti in sede UE (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.), la tutela dell’ambiente (art. 9 Cost.) e la realizzazione di un’economia sostenibile (art. 41 Cost.), l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico (art. 81 Cost.), gli interessi delle future generazioni (art. 9 Cost.), l’eguaglianza, anche di genere (art. 3 Cost.), e la coesione territoriale (artt. 5 e 119 Cost). Il che, anche per tale fase, rende ragionevole il punto di equilibrio che, limitatamente alle condotte attive, provvisoriamente limita l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa al solo dolo».

 

Al contempo, la Corte ha segnalato al legislatore la necessità di una complessiva riforma della responsabilità amministrativa per ristabilire un equilibrio tra la sua disciplina e le trasformazioni dell’amministrazione e del contesto istituzionale e sociale in cui essa opera, fornendo in proposito anche alcune rilevanti indicazioni (si v. infra).

 

A tale riguardo, si ricorda che lo scorso 4 aprile 2024 è stato avviato presso le Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia della Camera l’esame di due proposte di legge di iniziativa parlamentare (C. 1621 e C. 340) che recano rilevanti modifiche alle disposizioni vigenti in materia di funzioni di controllo e consultive della Corte dei Conti, nonché in materia di responsabilità amministrativa. La proposta C. 1621 è stata adottata come testo base, su cui sono state presentate le proposte emendative.

 

 

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 132 del 2024, ha respinto le censure di illegittimità costituzionale sollevate nei confronti della disposizione del decreto-legge n. 76 del 2020 (articolo 21, co. 2).

Tale disposizione prevede una disciplina provvisoria, in base alla quale, in deroga al regime ordinario, la responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti è circoscritta al dolo, lasciando rilevare il profilo soggettivo della colpa grave solo per le condotte omissive. La limitazione di responsabilità, inizialmente introdotta per i fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore e fino al 31 dicembre 2021, nell’ambito delle misure dirette a fronteggiare le ricadute economiche pregiudizievoli conseguenti all’emergenza epidemiologica, è stata successivamente prorogata per consentire la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), fino al 31 dicembre 2024.

Su tale disposizione sono stati sollevati dubbi di legittimità costituzionale dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania nell’ambito di un giudizio per responsabilità erariale nei confronti di alcuni funzionari pubblici in conseguenza di un ammanco di cassa dovuto a plurime riscossioni di assegni non autorizzati.

In particolare, la procura regionale era chiamata, nel caso di specie, a distinguere la contestazione nei confronti del cassiere, a titolo di dolo, dalle due contestazioni (commissiva per la firma degli assegni e omissiva per il mancato controllo sulla documentazione contabile e sui conti), a titolo di colpa grave, nei confronti dei capi del servizio amministrativo e della gestione finanziaria. Nel chiedere la condanna dei convenuti, la Procura ha quindi eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del d.l. n. 76 del 2020, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 28, 81, 97 e 103 Cost., «in quanto norma di presumibile applicabilità nella vicenda ma irragionevolmente limitatrice della responsabilità amministrativa alle sole ipotesi» di condotte commissive dolose.

Più in particolare, secondo il giudice a quo, la disposizione censurata, che «introduce l’esenzione generalizzata da responsabilità per le condotte commissive connotate dall’elemento soggettivo della colpa grave»:

§  incide su un «punto di equilibrio», quello della imputabilità a titolo di dolo e colpa grave per responsabilità amministrativa, riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale quale «principio generale» e deresponsabilizza l’operato dei pubblici dipendenti medesimi, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

§  pur finalizzata a consentire la ripresa dell’economia dopo la pandemia, ricomprende qualsiasi condotta attiva e non solo quelle inerenti alla gestione dell’emergenza o in grado di rilanciare il sistema economico, e non distingue tra attività provvedimentali e materiali, e tra condotte causative di danni verso l’amministrazione e verso terzi, in violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

§  discrimina tra coloro che hanno la gestione attiva e i compiti «di predisporre i provvedimenti amministrativi» e coloro che hanno obblighi di controllo e vigilanza, i quali ultimi continuano a rispondere anche per condotte commissive connotate da colpa grave, nonché discrimina tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico, in violazione dell’art. 3 Cost.;

§  sottrae alla giurisdizione della Corte dei conti «l’assoggettabilità a responsabilità» delle condotte attive gravemente colpose, in violazione dell’art. 103 Cost.;

§   “svuota” la responsabilità del pubblico dipendente e, al contempo, impedisce all’amministrazione di ricevere adeguato ristoro nel caso di condotte attive gravemente colpose e causative di danno, «che non poco contribuiscono ai deficit dei bilanci pubblici», in violazione degli artt. 28 e 81 Cost.

 

Nel merito, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale aventi priorità logica nel ragionamento del ricorrente, ossia quelle riferibili al contrasto della norma impugnata con gli artt. 3 e 97 Cost.

Mentre sono dichiarate inammissibili, per inconferenza dei parametri evocati, le questioni sollevate in riferimento agli artt. 28, 81 e 103 Cost.: infatti, secondo la Consulta, il primo dei parametri evocati concerne esclusivamente la responsabilità del pubblico dipendente verso terzi (art. 28), e non quella amministrativo-contabile, il secondo attiene ai limiti al cui rispetto è vincolato il legislatore nella sua politica finanziaria (art. 81) mentre il terzo riguarda il diverso profilo del riparto di giurisdizione tra il giudice contabile e gli altri giudici (art. 103).

 

Nella parte in diritto della pronuncia, la Corte ricostruisce i tratti fondamentali della responsabilità amministrativa, sottolineandone il carattere composito, in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria. Tale carattere composito si apprezza, in particolare, con riguardo all’elemento soggettivo della responsabilità, che, a regime, è stato ancorato dal legislatore ai casi di dolo e colpa grave (articolo 1, co. 1, L. n. 20 del 1994, come modificato dal D.L. n. 543/1996). Sul punto, la Corte sottolinea in particolare che la scelta legislativa della limitazione della responsabilità alle ipotesi dolose e gravemente colpose, positivamente scrutinata dalla Corte stessa con la sentenza n. 371 del 1998, si collocava nel processo riformatore degli anni Novanta, che marcavano il passaggio da un’amministrazione che doveva semplicemente dare esecuzione alla legge a quella che è stata definita “amministrazione di risultato”. Infatti, come più volte ribadito (sentenze n. 203 del 2022 e n. 355 del 2010), la disciplina della responsabilità amministrativa in generale e del suo elemento soggettivo in particolare, si sostanzia nella scelta della ripartizione del rischio dell’attività tra l’apparato e l’agente pubblico, al fine di trovare un giusto punto di equilibrio tra due esigenze: da un parte, scoraggiare i comportamenti non solo dolosi ma anche gravemente negligenti dei funzionari pubblici, che pregiudicano il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e gli interessi degli stessi amministrati. Dall’altra parte, impedire che il rischio dell’attività sia percepito dall’agente pubblico come talmente elevato da fungere da disincentivo all’azione, pregiudicando, anche in questo caso, il buon andamento.

In questa prospettiva la Corte rimarca che «il punto di equilibrio (tra le due menzionate esigenze, ndr) può non essere fissato dal legislatore una volta per tutte, ma modulato in funzione del contesto istituzionale, giuridico e storico in cui opera l’agente pubblico», e che tale opera di bilanciamento è rimessa alla discrezionalità del legislatore «con il solo limite della non manifesta irragionevolezza e arbitrarietà della scelta» (sentenza n. 355 del 2010; nello stesso senso, sentenza n. 371 del 1998, ordinanze n. 168 del 2019, n. 219, n. 221 e n. 286 del 2011).

 

Chiarito che l’imputabilità a titolo di dolo e colpa grave nella responsabilità amministrativa non rappresenta un principio generale dell’ordinamento, ma è frutto di una scelta del legislatore modulata in funzione del contesto storico-istituzionale, la Corte fa presente che nei decenni successivi alla riforma della responsabilità amministrativa del 1994 la scelta a favore di un’amministrazione di risultato si è andata via via consolidando, mentre contemporaneamente «la complessità dell’ambiente in cui operano gli agenti pubblici è divenuta ancora maggiore, sul piano istituzionale, giuridico e fattuale, rendendo più difficili le scelte amministrative in cui si estrinseca la discrezionalità e più facile l’errore, anche grave».

In particolare, alcuni sviluppi dell’ordinamento, tra i quali la Corte richiama la crescente problematicità nell’individuare le norme applicabili in un sistema giuridico multilivello, i costanti tagli alle risorse finanziarie, umane e strumentali delle amministrazioni, i riflessi del pluralismo sociale e istituzionale nei procedimenti amministrativi, avrebbero accentuato la “fatica dell’amministrare”, reso più difficile l’esercizio della discrezionalità amministrativa e stimolato, come reazione al rischio di incorrere in responsabilità, il fenomeno della c.d. “burocrazia difensiva”.

In tale contesto, secondo la Corte, trova giustificazione la ricerca di nuovi punti di equilibrio «che riducano la quantità di rischio dell’attività che grava sull’agente pubblico, in modo che il regime della responsabilità, nel suo complesso, non funga da disincentivo all’azione».

Per la Consulta tale ricerca di una ragionevole distribuzione del rischio non ammetterebbe, in ipotesi, che il legislatore stabilisca un regime ordinario che limitasse la responsabilità amministrativa alla sola ipotesi del dolo, perché in tale modo il rischio (ed il danno cagionato dall’agente) risulterebbe addossato quasi esclusivamente sulla collettività, indebolendo altresì la funzione deterrente della responsabilità amministrativa. Sono invece da ritenersi non irragionevoli due diverse ipotesi esplicitate dalla Corte:

§  una disciplina che circoscriva alle sole ipotesi di dolo l’elemento soggettivo della responsabilità relativamente ad un numero limitato di agenti pubblici o a determinate attività amministrative, allorché esse presentino, per le loro caratteristiche intrinseche, un grado di rischio di danno talmente elevato da scoraggiare sistematicamente l’azione;

§  una disciplina provvisoria che limiti al dolo l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, avuto riguardo a un contesto particolare che richieda tale limitazione al fine di assicurare la maggiore efficacia dell’attività amministrativa e, attraverso essa, la tutela di interessi di rilievo costituzionale.

È alla luce di questo ampio inquadramento che la Corte esamina la disposizione impugnata, ritenendo che la disciplina stabilita dall’articolo 21, co. 2, del D.L. 76/2020 rientri nella seconda delle due ipotesi prospettate. In particolare, la Corte ha ritenuto che si tratti di una disciplina provvisoria (in vigore fino al 31 dicembre 2024) stabilita in relazione al peculiare contesto economico e sociale determinatosi a seguito della prolungata chiusura delle attività produttive dovuta alla pandemia, che determinava l’esigenza di contribuire al rilancio dell’economia nazionale, inducendo il legislatore a stimolare l’attività degli agenti pubblici riducendo la quantità di rischio in capo agli stessi, contrastando cioè il rischio della “burocrazia difensiva” in ragione della tutela di interessi costituzionalmente rilevanti della società italiana. Tale obiettivo trova conferma, per la Corte, nella limitazione dell’intervento legislativo alle sole condotte attive, «in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo» (così la relazione illustrativa del d.l. n. 76 del 2020).

Analogamente, secondo la Consulta, le successive proroghe del termine di efficacia di tale disciplina nella fase successiva alla crisi economica provocata dalla pandemia, hanno trovato giustificazione nella necessità di semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Da ultimo, la Corte, rivolgendosi al legislatore, osserva che, dopo la scadenza della disciplina provvisoria oggetto della pronuncia, vi sia il rischio di una ri-espansione del fenomeno della burocrazia difensiva e dunque, di un rallentamento complessivo dell’azione amministrativa. Pertanto, si sollecita una complessiva riforma della responsabilità amministrativa, finalizzata a “ristabilire una coerenza” tra la sua disciplina e le trasformazioni dell’amministrazione e del contesto in cui essa deve operare, in modo da rendere più equa la ripartizione del rischio di danno, così alleviando la “fatica dell’amministrare” senza sminuire la funzione deterrente della responsabilità.

In tale attività riformatrice, la Corte precisa che il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, non potrà tuttavia, come già richiamato, limitare l’elemento soggettivo della responsabilità al dolo. Si aprono tuttavia altre soluzioni, molte delle quali proposte nelle “numerose analisi scientifiche” che la Corte ricorda esistono della materia.

In particolare, si potrebbero valutare:

§  un’adeguata tipizzazione della colpa grave, già presente in specifici settori dell’ordinamento, così da evitare l’incertezza della sua effettiva declinazione, attualmente affidata ex post al giudice;

§  l’introduzione di un limite massimo oltre il quale addossare il danno, per ragioni di equità nella ripartizione del rischio, non al dipendente pubblico ma all’amministrazione nel cui interesse egli agisce, eventualmente accompagnata dalla previsione della rateizzazione del debito risarcitorio;

§  la previsione, oltre all’attuale ipotesi generale di rateizzazione a discrezione del giudice, di ulteriori fattispecie obbligatorie di riduzione normativamente tipizzate nei presupposti.

La Corte indica altresì ulteriori possibili misure che potrebbero essere considerate dal legislatore, quali il rafforzamento delle funzioni di controllo della Corte dei conti, con il contestuale abbinamento di una esenzione da responsabilità colposa per coloro che si adeguino alle sue indicazioni, l’incentivazione delle polizze assicurative (attualmente non obbligatorie) e l’eccezionale esclusione della responsabilità colposa per specifiche categorie di pubblici dipendenti, anche solo in relazione a determinate tipologie di atti, in ragione della particolare complessità delle loro funzioni o mansioni e/o del connesso elevato rischio patrimoniale. Infine, il legislatore potrebbe intervenire per scongiurare l’eventuale moltiplicazione delle responsabilità per i medesimi fatti materiali, spesso non coordinate tra loro.

 

 

 


Articolo 1, comma 10
(Attività del Commissario straordinario per il G7)

 

 

L’articolo 1, comma 10 provvede a prorogare fino al 30 giugno 2025 l’attività del Commissario straordinario per il G7.

 

La proroga dell’operatività effettuata dal comma 10 in esame è finalizzata a consentire il completamento delle attività di collaudo, rendicontazione e chiusura della contabilità.

 

Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 1 del D.L. 5 del 2024 ha previsto la nomina, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di un Commissario straordinario con il compito di procedere alla urgente realizzazione degli interventi infrastrutturali e manutentivi connessi con la presidenza italiana del G7 nel 2024 e con lo svolgimento in Italia del vertice dei Capi di Stato e di Governo in programma dal 13 al 15 giugno 2024.

Per l’esercizio delle proprie funzioni e per le attività connesse alla realizzazione degli interventi infrastrutturali, il Commissario straordinario può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

·         delle strutture delle amministrazioni locali e degli enti territoriali;

·         delle strutture periferiche delle amministrazioni centrali dello Stato;

·         nel limite di 100.000 euro per il 2024, di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalle Regioni o da altri soggetti di cui all’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

·         delle strutture dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico e Meridionale, con potere di coordinare l'attuazione degli interventi in corso o programmati sulle infrastrutture di interesse.

Con DPCM 23 gennaio 2024 è stato nominato Commissario straordinario l’Ing. Soccodato.

 

La disposizione precisa che la prosecuzione dell’attività avviene senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che al Commissario non spetta alcun compenso per le attività di cui al presente comma.

 

Si ricorda infine che l’articolo 2 del richiamato decreto-legge n. 5 autorizzava per l’anno 2024 la spesa di 18.050.000 euro per la realizzazione degli interventi infrastrutturali e manutentivi e per il compenso del Commissario straordinario, provvedendo alla copertura di tali oneri.


Articolo 2, comma 1, lettera a)
(Percorso di carriera del personale dirigente della Polizia di Stato)

 

 

L’articolo 2, comma 1, lettera a), proroga al 30 giugno 2025 il termine di decorrenza dell’applicazione le disposizioni concernenti il percorso di carriera necessario per l’ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato, di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, recante l’ordinamento del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato.

 

La disposizione proroga di un semestre - dal 1° gennaio al 30 giugno 2025 - il termine di decorrenza dell’applicazione delle disposizioni concernenti il percorso di carriera necessario per l’ammissione allo scrutinio per la promozione a dirigente superiore e a primo dirigente della Polizia di Stato, di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, recante l’ordinamento del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato.

La disposizione da ultimo richiamata richiede che per poter essere ammessi allo scrutinio per la promozione a primo dirigente e alla qualifica di dirigente superiore occorra aver svolto più incarichi, i quali possono esser stati ricoperti, in alternativa:

Ø  in più uffici con funzioni finali;

Ø  in più uffici con funzioni o finali o strumentali e di supporto;

Ø  in più uffici nell’ambito dell'Amministrazione centrale della pubblica sicurezza;

Ø  in almeno un ufficio con funzioni finali o con funzioni strumentali e di supporto e in almeno un ufficio nell'ambito dell'Amministrazione centrale della pubblica sicurezza.

A seguito delle modifiche introdotte con l’esercizio della delega sulla revisione dei ruoli (decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95), è stato eliminato il requisito minimo di servizio (pari ad un anno) in ciascuno dei settori di impiego al fine della valutazione del percorso di carriera.

Ed è stato disposto il rinvio ad un decreto del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza onde individuare, secondo criteri di funzionalità, i requisiti minimi di servizio richiesti in ciascuno dei settori di impiego.

Dapprima, lo stesso decreto di riordino dei ruoli aveva stabilito che l’applicazione della citata disposizione avvenisse a decorrere dal 1° gennaio 2020 (articolo 2, comma 1, lett. hh), del decreto legislativo n. 95 del 2017).

Successivamente, il termine di decorrenza è stato oggetto di più proroghe.

Una prima proroga sopraggiunse, posticipando il termine per l’applicazione della disposizione al 1° gennaio 2022, per effetto dell’articolo 36, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo n. 172 del 2019.

Ancora, il decreto ‘proroga-termini’ per l’anno 2022 (articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 228 del 2021) dispose un’ulteriore proroga al 1° gennaio 2024, per potere ultimare entro tale data il processo di rideterminazione sia delle dotazioni organiche degli appartenenti alla carriera dei funzionari della Polizia di Stato, sia dei posti di funzione riservati ai vice questori aggiunti, ai vice questori, ai primi dirigenti e qualifiche equiparate, da coordinare necessariamente con la progressione in carriera dei medesimi funzionari.

Infine il termine è stato posticipato al 1° gennaio 2025, dal decreto-legge n. 198 del 2022 (all’articolo 2, comma 4-bis).

 

Nuova proroga ora si aggiunge, con la previsione che la citata disposizione sugli incarichi di servizio necessari per accedere allo scrutinio per la promozione alle qualifiche di primo dirigente e dirigente superiore si applichi a decorrere dal 30 giugno 2025.

 

A leggere la relazione illustrativa, siffatta nuova proroga si rende necessaria per poter disporre “la definizione dei principi e della realizzazione della progressione in carriera dei funzionari, considerato che è ancora in corso il processo di revisione dell’assetto ordinativo degli Uffici con funzioni finali e di quelli con funzioni strumentali e di supporto della Polizia di Stato (finalizzato a determinarne natura, competenze, linee di dipendenza, sede e dotazioni organiche), che implicherà la modifica, tra l’altro, del decreto del Ministro dell’interno del 14 aprile 2022, recante la determinazione dei posti di funzione riservati ai funzionari della Polizia di Stato con qualifica dirigenziale di livello non generale che espletano funzioni di polizia”.


Articolo 2, comma 1, lettera b)
(Disapplicazione dell’ordinario meccanismo dell’area negoziale per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate)

 

 

L’articolo 2, comma 1, lettera b), proroga a tutto il 2025 la disapplicazione (vigente nell’arco temporale 2018-2024) dell’ordinario meccanismo dell’area negoziale per i dirigenti delle Forze di polizia (ad ordinamento così civile come militare) e delle Forze armate.

 

La disposizione estende a tutto il 2025 la disapplicazione del meccanismo di finanziamento dell’area negoziale relativa ai dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate previsto dall’articolo 46, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 95 del 2017.

Le aree negoziali di cui si tratta sono state istituite dall’articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017, recante disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia.

Siffatte aree negoziali ricomprendono (secondo la norma vigente, comprensiva di modifiche apportate dalla legge n. 46 del 2022) un novero di materie: il trattamento accessorio; le misure per incentivare l'efficienza del servizio; il congedo ordinario, il congedo straordinario o le licenze; l'aspettativa per motivi di salute e di famiglia o l'aspettativa per infermità e per motivi privati; i permessi brevi per esigenze personali; le aspettative i distacchi e i permessi sindacali; il trattamento di missione e di trasferimento; i criteri di massima per la formazione e l'aggiornamento professionale; i criteri di massima per la gestione degli enti di assistenza del personale.

Secondo la previsione del decreto legislativo n. 95 del 2017, l’attuazione (mediante accordo sindacale) delle aree negoziali avrebbe dovuto realizzarsi nei limiti della quota parte di risorse destinata alla rivalutazione del trattamento accessorio del personale dirigente delle Forze di polizia a ordinamento civile e ad ordinamento militare e delle Forze armate.

Tale rivalutazione avrebbe seguito, in particolare, le prescrizioni della legge n. 448 del 1998 (all’articolo 24): dunque adeguamento di diritto, annualmente, in ragione degli incrementi medi calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive (ivi compresa l'indennità integrativa speciale) utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.

Tuttavia una deroga disapplicativa di tale meccanismo delle aree negoziali fu disposta, per i dirigenti delle Forze di polizia (ad ordinamento civile come militare) e delle Forze armate, già dal decreto legislativo correttivo n. 126 del 2018 (all’articolo 19, comma 1), dando seguito a previsione dettata dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017: cfr. articolo 1, comma 680) la quale destinava apposite risorse perché confluissero in un Fondo per il personale del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, cui attingere per i trattamenti economici accessori relativi allo svolgimento dei servizi operativi per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.

Lo stanziamento di quella legge di bilancio valeva per il triennio 2018-2020 (con un incremento di risorse indi disposto dalla successiva legge di bilancio 2019: legge n. 145 del 2018, cfr. articolo 1, comma 442). Correlativamente, la deroga disapplicativa disposta dal decreto legislativo n. 126 del 2018 valeva per il medesimo triennio 2018-2020. 

Tale lasso temporale è stato protratto al 2023 dal decreto-legge n. 73 del 2021 (all’articolo 30, comma 7-quinquies, lettera b), n. 1), dando seguito alle disposizioni in materia di trattamenti accessori e istituti normativi per i dirigenti delle Forze di polizia e delle Forze armate, recate dall’articolo 20 del decreto-legge n. 162 del 2019 e dalla legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021: cfr. articolo 1, comma 619).

La legge di bilancio 2024 ha esteso ulteriormente tale arco temporale di disapplicazione, a tutto il 2024 - correlativamente autorizzando la spesa di 18 milioni annui a decorrere dall'anno 2024, destinata al personale dirigenziale delle Forze di polizia ad ordinamento civile come militare e delle Forze armate, per le misure previste dal citato articolo 46 del decreto legislativo n. 95 del 2017: risorse aggiuntive rispetto a quelle previste dai provvedimenti sopra richiamati succedutisi nel tempo, e distribuite a ciascuna Forza di polizia e alle Forze armate in misura proporzionale alla ripartizione operata dal decreto del Presidente del Consiglio del 21 marzo 2018 in G.U. n. 107 del 10 maggio 2018, a decorrere dall’anno 2020). Così l’articolo 1, commi 354 e 355 della legge n. 223 del 2023.

Ora nuova proroga si aggiunge, a tutto il 2025, quale arco temporale di disapplicazione.

 

A leggere la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, “sono da tempo in corso riflessioni circa l’opportunità di introdurre disposizioni finalizzate alla modifica del meccanismo di finanziamento in questione, prevedendo, in via generale, che i trattamenti accessori e gli istituti normativi relativi al personale dirigente del Comparto Sicurezza e Difesa siano finanziati in modo analogo a quanto previsto per il restante personale. Pertanto, nelle more dell’elaborazione di tale intervento normativo, si rende necessaria una proroga della disapplicazione delle modalità di finanziamento della citata area negoziale attualmente previste dall’articolo 46, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 95 del 2017”.

La relazione tecnica aggiunge che “le risorse previste dall’articolo 1, comma 355, della legge n. 213 del 2023, pari a 18 milioni di euro a decorrere dal 2024, sono considerate dalle amministrazioni coinvolte sufficienti per l’attuazione dell’area negoziale dirigenziale con riferimento al triennio 2024-2026 e sono coerenti con gli importi stanziati nei trienni precedenti (2018-2020 e 2021-2023)”. Ne segue la disposizione di proroga non determini nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 2, commi 2 e 3
(Permessi di soggiorno per sfollati dall’Ucraina)

 

 

L’articolo 2 prevede: al comma 2, che possano essere rinnovati (a richiesta) fino al 4 marzo 2026 i permessi di soggiorno in scadenza al 31 dicembre 2024, rilasciati agli sfollati dall'Ucraina; al comma 3, che in occasione di tale rinnovo essi possano essere convertiti in permessi per lavoro, per l’attività effettivamente svolta.

 

Il comma 2 prevede che i permessi di soggiorno in scadenza al 31 dicembre 2024, rilasciati ai beneficiari di protezione temporanea in quanto sfollati dall'Ucraina, possano essere rinnovati, previa richiesta dell’interessato, fino al 4 marzo 2026.

Tale disposizione si riconnette a quanto deliberato in sede di Unione europea. La decisione di esecuzione (UE) 2024/1836 del Consiglio del 25 giugno 2024 ha infatti statuito la proroga al 4 marzo del 2026 della protezione temporanea accordata agli sfollati provenienti dall’Ucraina.

Sono, complessivamente nell’Unione europea, 4,19 milioni di persone (secondo il dato riportato in quella decisione, la quale altresì riporta la stima di 3,6 milioni di sfollati interni in Ucraina).

 

La prima deliberazione circa siffatta protezione temporanea fu adottata con decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del Consiglio del 4 marzo 2022, che accertava l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina.

Quella protezione, avente durata annuale, è stata indi prorogata automaticamente di un altro anno (al 4 marzo 2024; poi di un altro anno ancora (al 4 marzo 2025) con decisione di esecuzione 2023/2409.

Nuova proroga, al 4 marzo 2026, è intervenuta con la ricordata decisione di esecuzione 2024/1836.

La concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati è oggetto di disciplina europea resa dalla direttiva 2001/55/CE del Consiglio.

Si tratta di una procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio, attuale o imminente, di sfollati provenienti da Paesi terzi che non possano rientrare nel loro Paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia il rischio altresì che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento.

La protezione temporanea – la quale non pregiudica per l’interessato il riconoscimento della protezione internazionale quale asilo – ha una durata annuale e vale per il caso di un afflusso massiccio di sfollati accertato con decisione del Consiglio (adottata a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione). È suscettibile di proroga automatica per un periodo massimo di un ulteriore anno. Qualora persistano i motivi per la sua concessione, la protezione temporanea può essere prorogata di un anno dal Consiglio (a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione).

La concessione della protezione temporanea è vincolante per gli Stati membri, nel senso che essi hanno l’obbligo di far sì che le persone beneficiarie dispongano di titoli di soggiorno durante l’intero periodo della protezione, con un contenuto di essa quale trattamento che non può essere meno favorevole di quello sancito dalla citata direttiva europea n. 55 del 2001.

 

Ancora il comma 2 prevede che i permessi di soggiorno rilasciati ai titolari della protezione temporanea provenienti dall’Ucraina perdano efficacia e siano revocati, anche prima della scadenza, qualora il Consiglio dell’Unione europea assuma la decisione della cessazione della protezione temporanea.

Le previsioni del comma ricalcano quelle recate dall’articolo 1, comma 395 della legge n. 213 del 2023 (in quel caso con riferimento ai permessi in scadenza al 31 dicembre 2023, prorogati allora al 31 dicembre 2024)

 

Il comma 3 aggiunge che in caso di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno rilasciato a titolare della protezione temporanea proveniente dall’Ucraina, il permesso possa essere convertito per lavoro, per l’attività effettivamente svolta.

Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 2-ter, del Testo unico dell’immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) – si intende, il primo periodo di quel comma (come parrebbe preferibile specificare), stando alla relazione tecnica che correda il disegno di legge di conversione, vale a dire il versamento del contributo richiesto per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno).

Da tale contributo è invece esente, ricorda ancora la relazione tecnica, il rilascio in formato elettronico del permesso di soggiorno per protezione temporanea - il quale è stato accordato a circa 166.000 persone (sulla base dei dati detenuti dal Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno).

La previsione posta dal comma 3 ricalca quella recata dall’articolo 1, comma 396 della legge n. 213 del 2023 (in quel caso con riferimento ai permessi in scadenza al31 dicembre 2023, prorogati allora al 31 dicembre 2024, si è ricordato).

 

Ulteriori disposizioni relative alle persone provenienti dall’Ucraina, per quanto riguarda in particolare, sono dettate dall’articolo 20 del presente decreto-legge (v. infra l’apposita scheda di lettura).

 


Articolo 2, comma 4
(Graduatorie di alcuni concorsi per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 2, comma 4 proroga al 31 dicembre 2025 la validità di graduatorie approvate nel corso del 2023, di concorsi per l’accesso ai ruoli del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, nella qualifica di vigile del fuoco o di vice direttore tecnico-scientifico (negli ambiti professionali di biologia, chimica o psicologia).

 

La disposizione proroga al 31 dicembre 2025 la validità di graduatorie di quattro concorsi, relative a diverse qualifiche dei ruoli del personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.

Sono:

a) graduatoria del concorso pubblico a 300 posti nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 207 del 17 aprile 2023, modificata con analogo decreto n. 381 del 19 maggio 2023;

b) graduatoria del concorso pubblico a 4 posti nella qualifica di vice direttore tecnico-scientifico, nell’ambito professionale biologia, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 632 del 3 agosto 2023;

c) graduatoria del concorso pubblico a 4 posti nella qualifica di vice direttore tecnico-scientifico, nell’ambito professionale chimica, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 609 del 28 luglio 2023;

d) graduatoria del concorso pubblico a 4 posti nella qualifica di vice direttore tecnico-scientifico, nell’ambito professionale psicologia, approvata con decreto del Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile n. 725 del 29 settembre 2023.

 

Per quanto concerne la graduatoria del concorso pubblico a 300 posti nella qualifica di vigile del fuoco, la relazione illustrativa ricorda che tale graduatoria presenta circa 500 candidati idonei e costituisce il bacino da cui attingere per assicurare le assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco, fino al 31 dicembre 2025, posto che a giugno 2025 è programmato l’inizio del 101° corso di formazione per allievi vigili del fuoco e che per tale data non si ritiene possibile la conclusione del nuovo concorso pubblico a 350 posti per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco, ancora in corso di svolgimento.


Articolo 2, comma 5, lettera a)
(Proroga della validità di una graduatoria di reclutamento di personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 2, comma 5, lettera a) proroga al 30 giugno 2025 la validità della graduatoria della procedura speciale di reclutamento nella qualifica di vigile del fuoco, riservata al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, approvata con decreto ministeriale n. 310 dell’11 giugno 2019.

 

La disposizione concerne la validità della graduatoria della procedura speciale di reclutamento nella qualifica di vigile del fuoco del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riservata al personale volontario del medesimo Corpo, approvata con decreto del capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno n. 310 dell'11 giugno 2019.

La validità di tale graduatoria è prorogata (dal 31 dicembre 2024) al 30 giugno 2025.

Si tratta della graduatoria di stabilizzazione approvata con il richiamato decreto del Ministro dell’interno 11 giugno 2019, n. 310. Esso contiene la graduatoria finale della procedura speciale di reclutamento a domanda, per la copertura di posti, nei limiti stabiliti dell’art. 1, commi 287, 289 e 295 della legge n. 205 del 2017, nella qualifica di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Si ricorda in proposito che il comma 287 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha autorizzato l'assunzione straordinaria (in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente) di un contingente massimo fino a 7.394 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell’arco del quinquennio 2018-2022 e comunque entro il limite della dotazione organica. Al contempo il comma 289 della medesima legge ha incrementato di 300 unità la dotazione organica della qualifica dei vigili del fuoco del Corpo nazionale (successivamente l’articolo 1, comma 136, della legge di bilancio 2020 - legge n. 160 del 2019 - ha incrementato di ulteriori complessive 500 unità - delle quali 100 unità per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025 - la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del Corpo).

Ai sensi del comma 295, per le assunzioni straordinarie di cui al comma 287 relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e al comma 289, è prevista una riserva, fino al 30 per cento dei contingenti annuali, in favore del personale volontario con almeno 120 giorni di servizio iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo.

Si tratta di uno dei due elenchi (l'altro è l'elenco per le necessità dei distaccamenti volontari) in cui è iscritto il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi del decreto legislativo n. 139 del 2006, recante il riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (articolo 6).

 

Dalla graduatoria pubblicata nel 2019 devono essere attinte – ricorda la relazione illustrativa – a legislazione vigente le seguenti unità di personale:

• 30 % di n. 100 unità per l’aumento di organico ai sensi della legge 27 dicembre 2019, n. 160, articolo 1, comma 136;

• 30% di 229 unità per il ripianamento di organico ai sensi della legge 30 dicembre 2020, n.178, articolo 1, comma 877;

• 30% delle assunzioni relative al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 dicembre 2023, ai sensi dell’articolo 10-bis del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63.

 

La graduatoria pubblicata nel 2019 aveva originariamente validità triennale (secondo la generale previsione posta dall'articolo 1, comma 147, lettera c) della legge n. 160 del 2019), dunque fino al 30 giugno 2022.

Indi è seguita una proroga per un ulteriore semestre (articolo 1, comma 15, del decreto-legge n. 228 del 2021).

Indi si è aggiunta una nuova proroga, a tutto il 2023 (articolo 2, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 198 del 2022).

Ed a tutto il 2024 (articolo 2, comma 4, lettera a) del decreto-legge n. 215 del 2023).

Ed ora si aggiunge proroga a tutto il primo semestre del 2025.

 

Può valere ricordare come il decreto-legge il decreto-legge n. 69 del 2023 abbia potenziato, all’articolo 12, la dotazione organica (su cui era già intervenuta la rideterminazione operata dall’articolo 15 del decreto-legge n. 44 del 2023) della qualifica di vigile del fuoco di 350 unità, stabilendo che le medesime assunzioni avvengano mediante ricorso alla graduatoria (formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge n. 205 del 2017) relativa al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Su questo personale, il medesimo decreto-legge ha dettato alcune disposizioni, all’articolo 13.

Indi il decreto-legge n. 63 del 2024, all’articolo 10-bis, ha riservato il 30 per cento delle assunzioni (nell'ambito delle ordinarie facoltà assunzionali previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 dicembre 2023) per l'accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei vigili del fuoco, limitatamente all'anno 2024, alla graduatoria relativa al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per il finanziamento di richiami del personale volontario è intervenuto il decreto-legge n. 131 del 2024, articolo 11-bis.


Articolo 2, comma 5, lettera b)
(Contributo a familiari di personale di Forze di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Forze armate, deceduto per attività di servizio anti-COVID-19)

 

 

L’articolo 2, comma 5, lettera b) estende al 30 aprile 2025 la possibilità di utilizzare le risorse non utilizzate nel 2021, destinate al contributo economico per i familiari del personale delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle Forze armate, il quale, impegnato nell'azione di contenimento, contrasto e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, abbia contratto una patologia cui sia conseguito il decesso, in conseguenza dell'attività di servizio prestata.

 

La disposizione estende al 30 aprile 2025 l'autorizzazione ad impiegare le risorse non utilizzate nel 2021, destinate al contributo economico per i familiari del personale delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle Forze armate, il quale, impegnato nell'azione di contenimento, contrasto e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, abbia contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia cui sia conseguito il decesso, per effetto diretto o come concausa, del contagio da Covid-19.

 

Le risorse di cui si tratta sono state previste dall'articolo 74-bis - per il personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - e dall'articolo 74-ter - per il personale delle Forze armate - del decreto-legge n. 73 del 2021.

Le medesime disposizioni hanno previsto che con decreto ministeriale (rispettivamente, del Ministro dell'interno e del Ministro della difesa, in ambedue i casi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) fossero individuati i soggetti fruitori del contributo, nonché le misure applicative anche al fine del rispetto del limite di spesa, pari a 1,5 milioni per ciascuno dei due Ministeri interessati.

Per l'adozione di tali decreti ministeriali, era previsto un termine di trenta giorni, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 73. Invero, al 31 dicembre 2021 non risultava perfezionato l'iter di adozione dei due decreti ministeriali menzionati. Di qui una disposizione posticipatoria al 2022, onde consentire la messa a punto in via applicativa del procedimento di erogazione del contributo. Quella proroga è stata disposta dal decreto-legge n. 228 del 2021, all'articolo 2, comma 4, che è la disposizione che si viene a novellare.

Altra proroga si è aggiunta, a tutto il 2023, con il decreto-legge n. 198 del 2022 (all’articolo 2, comma 2, lettera c)). E altra ancora, a tutto il 2024, con il decreto-legge n. 215 del 2023 (all’articolo 2, comma 4, lettera b)).

Ed altra ora se ne aggiunge, con la disposizione in esame. Essa si estende a tutto il primo quadrimestre del 2025.

Al termine di tale periodo, parrebbe dover trovare conclusione, sulla base dell’avanzamento delle attività istruttorie, il procedimento di erogazione del contributo agli aventi diritto.

 

In sede applicativa, con decreto del Ministro dell’interno (di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) del 19 gennaio 2022 sono state individuate le misure per l’attribuzione del contributo economico ai soggetti beneficiari (determinato in 25.000 euro da corrispondere in un’unica soluzione ai familiari delle vittime, secondo un ordine di priorità fino ad esaurimento delle risorse disponibili per l’anno 2021, salva nuova autorizzazione di spesa). 

Analogamente, per i familiari del personale delle Forze armate è intervenuto il decreto del Ministro della difesa del 29 dicembre 2021, di individuazione dei soggetti beneficiari e di determinazione del contributo.

La proroga è volta a consentire la conclusione del procedimento di erogazione del contributo in favore dei soggetti aventi diritto, a fronte delle istanze presentate complessivamente dai familiari.

Gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto sono quantificate in 300.000 euro per l’anno 2025.

Tali somme saranno attinte dalle disponibilità presenti sul Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura e dei reati intenzionali violenti (di cui all’articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010; l’estensione alle vittime dei reati intenzionali violenti è effetto dell’articolo 14 della legge n. 122 del 2016).

A tal fine, si procede mediante corrispondente riduzione per l’anno 2025 di tale Fondo, per la compensazione degli effetti conseguenti in termini di fabbisogno e indebitamento netto.

“L’utilizzo delle risorse impiegate a copertura non è suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle finalità a cui il fondo risulta destinato”, aggiunge la relazione tecnica che correda il disegno di legge di conversione.


Articolo 2, comma 6
(Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte
 delle Polizie municipali)

 

 

Il comma 6 dell’articolo 2 proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, il termine entro cui anche i comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti possono avviare la sperimentazione semestrale dell’uso di armi ad impulsi elettrici (cd. taser) da parte delle Polizie municipali.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 19 del D.L. 113/2018 ha introdotto in via sperimentale l’utilizzo di armi ad impulsi elettrici (c.d. Taser) da parte della polizia municipale. Una analoga sperimentazione era stata avviata nel 2014 per la Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza art. 8, comma 1-bis, del DL 119/2014 e D.M. 4 luglio 2018).

In particolare, il comma 1 del citato articolo 19 del D.L. 113/2018 ha attribuito dapprima ai comuni capoluogo di provincia e a quelli con popolazione superiore ai centomila abitanti la facoltà di dotare di armi comuni ad "impulsi elettrici", in via sperimentale e per il periodo di sei mesi, due unità di personale, munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza, individuato fra gli appartenenti ai dipendenti Corpi e Servizi di polizia municipale. Al termine del periodo semestrale di sperimentazione, gli enti locali possono regolare l’assegnazione in dotazione effettiva e stabile di reparto dei taser positivamente testati (comma 3). I comuni e le regioni provvedono, rispettivamente, agli oneri derivanti dalla ripetuta sperimentazione e alla formazione del personale delle polizie locali interessato, nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci (comma 6)

Il successivo comma 1-bis, come modificato nel 2023 (D.L. n. 44/2023, art. 17-bis, co. 1) ha esteso la sperimentazione anche ad altri comuni (cioè non capoluoghi di provincia o con popolazione inferiore a centomila abitanti) per i quali ricorrano i due seguenti requisiti (rispettivamente lett. a) e b)):

§  popolazione di almeno 20.000 abitanti (più precisamente si fa riferimento ai comuni appartenenti a una delle classi demografiche di cui all'articolo 156, comma 1, lettere h) (da 20.000 a 59.999 abitanti) e i) (da 60.000 a 99.999 abitanti) del testo unico enti locali (D.lgs. 267/2000);

§  istituzione, con regolamento comunale o con diverso provvedimento del sindaco, dell'armeria del Corpo o Servizio di polizia locale; nel caso in cui le armi da custodire, comprese quelle ad impulso elettrico, siano in numero non superiore a quindici, le armi sono custodite negli appositi armadi metallici.

 

Si ricorda in proposito che in ogni comune è istituita l'armeria del Corpo o Servizio di polizia municipale in apposito locale nel quale sono custodite le armi in dotazione ed il relativo munizionamento (D.M. interno 145/1987, art. 12, comma 1). L'istituzione dell'armeria non è necessaria qualora si tratti di custodire armi in numero non superiore a quindici e munizioni non superiori a duemila cartucce. In tal caso le armi e le munizioni sono custodite in appositi armadi (D.M. interno 145/1987, art. 12, comma 4). Si tratta di appositi armadi metallici corazzati, chiusi a chiave con serratura di sicurezza tipo cassaforte (D.M. interno 145/1987, art. 14, comma 1).

 

Con il decreto-legge n. 215/2023 (art. 2, co. 4-bis, introdotto in sede di conversione) è stata ulteriormente ammessa fino al 31 dicembre 2024, la possibilità di avviare la sperimentazione delle armi ad impulsi elettrici anche per i comuni con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, purché il comune abbia provveduto ad istituire l’armeria del Corpo o Servizio di polizia locale.

Con la disposizione in esame tale facoltà è prorogata fino al 31 dicembre 2025.

 


Articolo 3, comma 1
(Proroga dei termini in materia di registrazione degli aiuti di Stato COVID-19 nel Registro nazionale aiuti di Stato)

 

 

L’articolo 3, comma 1, dispone che la registrazione nel registro nazionale degli aiuti di Stato delle misure straordinarie adottate per il contrasto al COVID-19 con esclusivo riferimento all’imposta municipale propria (IMU) sia effettuata entro il 30 novembre 2025.

 

Nello specifico, per garantire una gestione ordinata delle procedure di aggiornamento dei database riguardanti gli aiuti di Stato, il comma 1 dell’articolo 3 fissa il termine del 30 novembre 2025 per provvedere alla registrazione delle misure eccezionali adottate per contrastare l’emergenza COVID-19, limitatamente all’ambito dell’imposta municipale propria (IMU), disciplinata dall’articolo 1, comma 738 ss., della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019).

 

Disciplina degli aiuti di Stato e Temporary Frameworks

 

Si ricorda che per sostenere l’economia europea, colpita dalle conseguenze derivanti dall’epidemia da COVID-19 e, successivamente, dalla crisi energetica, sono state adottate in sede europea diverse misure di sostegno. Tra esse, l’adozione di una maggiore flessibilità nella disciplina sugli aiuti di Stato a favore delle imprese, ai sensi di quanto consentito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. 

Il Trattato, infatti, se da un lato vieta, in quanto incompatibili con il mercato interno, gli aiuti pubblici selettivi, che favoriscono talune imprese o talune produzioni e falsano o minacciano di falsare la concorrenza, dall’altro dispone che possano essere considerati compatibili gli aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro. Su tali basi, attraverso “Quadri di riferimento temporanei” (cd. “Temporary Frameworks”), la Commissione ha individuato, nel contesto pandemico e nel contesto di crisi energetica, le condizioni e le tipologie di aiuti ammissibili previa notifica, di importo e di entità tali da consentire agli Stati membri di supportare settori particolarmente pregiudicati (ad es., le imprese energivore) o di particolare rilevanza pubblica nel contesto di crisi (ad esempio, durante la pandemia, gli aiuti per la ricerca in materia di antivirali o, durante l’attuale contesto di crisi energetica, gli aiuti allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alternative). Parallelamente, è proseguito l’aggiornamento della disciplina non emergenziale sugli aiuti di stato, per il nuovo periodo programmatorio 2021-2027. Peraltro, sia a questa disciplina, che a quella transitoria, deve informarsi l’attuazione dei progetti di investimento e delle riforme contenute nei PNRR.

Nel contesto dell’emergenza pandemica, è stata quindi adottata la Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final e ss. mod. e int. «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza da COVID-19 (c.d. Temporary framework COVID-19).

 

Per un approfondimento su tale materia, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato”.

 

In ragione dell’emergenza pandemica, numerosi provvedimenti d’urgenza hanno disposto l’abolizione dell’IMU dovuta nel 2020 per le attività produttive particolarmente colpite dalla pandemia.

Inizialmente i provvedimenti emergenziali hanno previsto l’abolizione della prima rata IMU per stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali o stabilimenti termali, così come per agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù e campeggi, a condizione che i proprietari siano anche gestori delle attività. L’agevolazione è stata estesa anche per gli immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell’ambito di eventi fieristici o manifestazioni (articolo 177 del D.L. n. 34/2020, cd. “decreto rilancio”).

Successivamente è stata disposta l’esenzione dal pagamento anche della seconda rata IMU (articolo 78 del D.L. n. 104/2020, cd. “decreto agosto”) e, per le pertinenze delle strutture ricettive (categoria D/2), l’incentivo è stato esteso anche alla prima rata.

Il cd. “decreto  ristori” (D.L. n. 137/2020 agli articoli 9, 9-bis e 9-ter) ha abolito la seconda rata dell’IMU 2020 per gli immobili e le relative pertinenze in cui si svolgono le attività imprenditoriali interessate dalla sospensione disposta col D.P.C.M. 24 ottobre 2020 in ragione dell’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, e cioè dei settori della ricettività alberghiera, della ristorazione e della somministrazione di cibi e bevande, del turismo, dello sport e dello spettacolo, della cultura e dell’organizzazione di fiere e altri eventi; tale abolizione è estesa alla vendita al dettaglio e servizi alla persona nei comuni delle aree con scenario di massima gravità e livello di rischio alto.

L’articolo 5 del D.L. n. 149/2020 (c.d. “ristori-bis”) ha esteso la cancellazione della seconda rata IMU per l’anno 2020 ad ulteriori categorie di immobili, sostanzialmente riconducibili agli immobili nei quali si svolgono attività di vendita al dettaglio e servizi alla persona, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività esercitate e si trovino nei comuni delle aree con scenario di massima gravità e livello di rischio alto, individuate con ordinanze del Ministro della salute.

Inoltre, l’articolo 8 del D.L. n. 157/2020 (c.d. “ristori-quater”) specifica che l’esenzione dal pagamento dell’IMU 2020, disposta dai decreti-legge emergenziali per alcuni immobili produttivi, trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti passivi IMU, a condizione che siano anche gestori delle attività economiche interessate dalle norme di esenzione e non solo, dunque, ai proprietari degli immobili interessati dall’esenzione.

Il comma 599 della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) ha previsto l’esenzione dalla prima rata dell’IMU dovuta nel 2021 gli immobili ove si svolgono specifiche attività connesse ai settori del turismo, della ricettività alberghiera e degli spettacoli.

Si tratta in particolare dei seguenti immobili:

a)        stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, stabilimenti termali;

b)        alberghi, pensioni e relative pertinenze, agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù, rifugi di montagna, colonie marine e montane, affittacamere per brevi soggiorni, case e appartamenti per vacanze, bed & breakfast, residence e campeggi, purché i relativi soggetti passivi siano anche gestori delle attività esercitate;

c)        immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni;

d)        discoteche, sale da ballo, night-club e simili, a condizione che i soggetti passivi siano anche gestori delle attività esercitate.

Con riferimento all’anno 2021, si ricorda l’esenzione dal versamento della prima rata dell’IMU disposta, appunto per l’anno 2021, dall’articolo 6-sexies del D.L. n. 41/2021 (cd. “decreto sostegni”) in favore dei destinatari del contributo a fondo perduto disposto dallo stesso decreto, cioè di alcuni soggetti passivi titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario (qui il dossier del Servizio Studi sul “decreto sostegni”).

Infine, l’articolo 4-ter del D.L. n. 73/2021 (c.d. “sostegni-bis”) ha introdotto l’esenzione dall’IMU dovuta per l’intero anno 2021 con riferimento agli immobili a uso abitativo, posseduti da persone fisiche e concessi in locazione, per cui sia stata emessa una convalida di sfratto per morosità entro il 28 febbraio 2020, la cui esecuzione è sospesa fino al 30 giugno 2021. La medesima esenzione per il 2021 si applica nel caso in cui la convalida di sfratto sia stata emessa dopo il 28 febbraio 2020 e l’esecuzione sia sospesa fino al 30 settembre 2021 o fino al 31 dicembre 2021. I soggetti destinatari dell’agevolazione hanno diritto al rimborso della prima rata pagata per il 2021.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema web sulle misure fiscali e finanziarie per l’emergenza Coronavirus.

 

Al fine di garantire il rispetto degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea, è stato istituito il Registro nazionale aiuti di Stato (RNA). La normativa nazionale istitutiva del Registro di fatto estende gli obblighi europei di trasparenza a tutti gli aiuti di Stato concessi e vi include anche l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero (cd. elenco Deggendorf).

Il Registro aiuti di Stato costituisce quindi una banca dati completa di tutte le tipologie di sostegno o di erogazione pubblica che costituiscono aiuto di Stato.

 

Il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA)

 

Nel dettaglio, l’articolo 52 della legge n. 234/2012 – come integralmente sostituito dall’articolo 14, co. 1, lett. b) della legge n. 115/2015 e modificato dall’articolo 6, comma 6 de D.L. n. 244/2016 (L. n. 19/2017) – ha istituito il Registro nazionale degli aiuti di Stato.

I soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti sono tenuti a trasmettere le informazioni (già) previste dalla disciplina alla banca dati anagrafica delle agevolazioni, istituita presso l’allora MISE (ora Ministero delle imprese e del made in Italy) dall’articolo 14 della legge n. 57/2011, che ha assunto contestualmente la nuova denominazione di Registro nazionale degli aiuti di Stato. Il Registro costituisce quindi l’evoluzione della Banca dati anagrafica delle agevolazioni.

Per quanto riguarda le informazioni da inserire nel Registro, l’articolo 52 della legge n. 234/2012 dispone che si tratta di tutti gli aiuti di Stato di cui all’articolo 107 TFUE (soggetti o meno all’obbligo di notifica preventiva, ivi inclusi gli aiuti in esenzione dalla notifica) e degli aiuti de minimis. Viene specificato che gli aiuti di Stato oggetto di registrazione includono quelli per la compensazione degli obblighi di servizio pubblico relativi a servizi di interesse economico generale. Il Registro include inoltre l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili dei quali la Commissione abbia ordinato il recupero.

L’articolo 52 (comma 3) pone, inoltre, in capo ai soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti, l’obbligo di avvalersi del Registro per espletare le verifiche propedeutiche a queste attività: nei provvedimenti di concessione ed erogazione degli aiuti deve essere dato atto dell’adempimento dell’obbligo e devono essere riportati i codici identificativi rilasciati dalla procedura informatica del Registro.

L’articolo 52 (comma 4) prevede anche l’obbligo di aggiornare i dati nel caso di modifiche intervenute e indica, in linea con la normativa europea, in dieci anni i tempi di conservazione.

Il comma 5 ha previsto che il monitoraggio delle informazioni relative agli aiuti di Stato nei settori agricolo e forestale, ivi compresi gli aiuti nelle zone rurali, e della pesca e acquacoltura continui a essere disciplinato dalla normativa europea di riferimento e venga assicurato attraverso la piena integrazione e interoperabilità del Registro con quelli già esistenti per i settori dell’agricoltura e della pesca: il Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e il Sistema italiano della pesca e dell’acquacoltura (SIPA).

L’articolo 52 (comma 6) ha demandato la fissazione delle disposizioni di dettaglio sul funzionamento del Registro a un regolamento, adottato col menzionato D.M. n. 115/2017.

Ai sensi del comma 7 dell’articolo 52, dal 1° luglio 2017, la trasmissione delle informazioni al Registro e l’adempimento degli obblighi di interrogazione del Registro costituiscono condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti. L’inadempimento di tali obblighi comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione dell’aiuto ed è rilevabile anche dall’impresa beneficiaria ai fini del risarcimento del danno.

Con il decreto direttoriale del 28 luglio 2017 sono state adottate le modalità tecniche di funzionamento del Registro e dal 12 agosto 2017 il Registro è divenuto operativo.

Il Registro nazionale aiuti di Stato si presenta come un portale informatico, suddiviso in due aree: un’area pubblica (Sezione Trasparenza, con open data) e un’area il cui accesso è riservato alle autorità responsabili e ai soggetti gestori degli aiuti.

Le Sezioni del Registro sono state implementate ai sensi di quanto previsto dall’articolo 63 del D.L. n. 34/2020 (il citato “decreto rilancio”) che ha assoggettato agli obblighi di registrazione anche gli aiuti concessi ai sensi del Temporary framework COVID 19 e dall’articolo 15, comma 14 del D.L. n. 50/2022, che ha provveduto in modo analogo per le misure adottate a sostegno delle imprese nel contesto di crisi ucraina, alla luce del Temporary framework Crisi Ucraina.

 

Ciò posto per quanto riguarda la disciplina dell’RNA, si rammenta che i termini di registrazione in via ordinaria previsti dall’articolo 10, comma 2, del citato D.M. n. 115/2017, per gli aiuti non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione, sono quelli dell’esercizio finanziario successivo a quello della presentazione della dichiarazione fiscale in cui sono dichiarati (nel caso di aiuti fiscali) o all’esercizio finanziario successivo a quello della fruizione (nel caso di forme di aiuto in via diretta). 

Come visto, l’articolo 63 del D.L. n. 34/2020 (“decreto rilancio”) ha disposto che gli aiuti concessi in conformità al Temporary framework COVID-19 soggiacciono all’osservanza degli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), e, per il settore agricolo e ittico, nel Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e nel Sistema italiano della pesca e dell’acquacoltura (SIPA). 

Posto dunque tale obbligo anche per gli aiuti COVID-19, l’articolo 3 del  D.M. 11 dicembre 2021 (G.U. n.15 del 20 gennaio 2022), sulle modalità di monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti ai sensi delle Sezioni 3.1 e 3.12 del Temporary framework COVID-19, ha previsto che i soggetti beneficiari degli aiuti in questione (elencati dall’articolo 1 del medesimo D.M., in attuazione dell’articolo 1, commi 13-17 del D.L. n. 41/2021) presentino un’autodichiarazione all’Agenzia delle entrate (soggetto erogatore, in periodo COVID-19, anche dei contributi a fondo perduto autorizzati dalle norme indicate nell’articolo 1, comma 13 D.L. n. 41), nella quale attestare che l’importo complessivo degli aiuti fruiti non supera i massimali di cui alla Sezione 3.1 ovvero alla Sezione 3.12 del Temporary Framework COVID-19

 

Le proroghe per la registrazione nell’RNA

 

In proposito, va rilevato che l’articolo 35, comma 1, del D.L. n. 73/2022, col fine di assicurare l’ordinato svolgimento delle attività di alimentazione degli archivi relativi agli aiuti di Stato, aveva disposto una proroga dei termini per provvedere alla registrazione presso il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA), nonché alla registrazione, per il settore agricolo, presso il SIAN e, per il settore della pesca, presso il SIPA, di taluni aiuti di Stato COVID-19 non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione.

Specificamente, l’articolo 35, comma 1, del D.L. n. 73/2022 proroga i termini di registrazione degli aiuti aventi le seguenti caratteristiche (cumulate):

- aiuti non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati, ovvero subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o autorizzazione alla fruizione, comunque denominati, il cui importo non è determinabile nei predetti provvedimenti, ma solo a seguito della presentazione della dichiarazione resa a fini fiscali nella quale sono dichiarati;

- riconosciuti ai sensi delle Sezioni 3.1 (aiuti di importo limitato, tra i quali aiuti fiscali) e 3.12 (aiuti sotto forma di costi fissi non coperti) del Temporary framework COVID-19.

 

La proroga dei termini di registrazione degli aiuti contenuta nell’articolo 35, comma 1 del D.L. n. 73/2022 è stata già oggetto di successivi interventi dilatori.

L’articolo 35, comma 1, aveva infatti inizialmente previsto che:

- i termini con scadenza dal 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del D.L. n. 73/2022) al 31 dicembre 2022 fossero prorogati al 30 giugno 2023 (lettera a), dell’articolo 35, comma 1);

- i termini con scadenza dal 1° gennaio al 30 giugno 2023 fossero prorogati al 31 dicembre 2023 (lettera b), dell’articolo 35, comma 1).

 

Successivamente – ad opera dell’articolo 22, comma 2, del D.L. n. 198/2022 (L. n. 14/2023) – tali termini di registrazione sono stati ulteriormente prorogati, nonché implementati. In particolare, sono stati prorogati:

- al 30 settembre 2023, i termini di registrazione con scadenza dal 22 giugno 2022 al 31 dicembre 2022 (lettera a) del comma 1, dell’articolo 35);

- al 31 marzo 2024, i termini di registrazione con scadenza dal 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023 (lettera b) del comma 1, dell’articolo 35);

- al 31 marzo 2024, i termini di registrazione con scadenza dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 (lettera b-bis) del comma 1, dell’articolo 35);

- al 30 settembre 2024, i termini di registrazione con scadenza dal 1° gennaio 2024 al 30 giugno 2024 (lettera b-ter) del comma 1, dell’articolo 35).

 

La proroga dei termini di registrazione è stata da ultimo aggiornata dall’articolo 7, comma 4, del D.L. n. 39/2024 nel seguente modo:

- i termini con scadenza 1° gennaio 2023 al 30 giugno 2023 sono prorogati al 30 novembre 2024 (lettera b) del comma 1, dell’articolo 35);

- i termini con scadenza dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 sono prorogati al 30 novembre 2024 (lettera b-bis) del comma 1, dell’articolo 35);

- i termini con scadenza dal 1° gennaio 2024 al 30 giugno 2024 sono prorogati al 30 novembre 2024 (lettera b-ter) del comma 1, dell’articolo 35).

 

Con riguardo a quest’ultima proroga, si ricorda che la relazione illustrativa di accompagnamento al D.L. n. 39/2024 affermava che l’esigenza di quella ulteriore dilazione dei termini si è posta in ragione dei problemi operativi riscontrati in materia di registrazione nel RNA degli aiuti del regime vigente durante il periodo dell’emergenza da COVID-19 soprattutto per i comuni che devono registrare gli aiuti relativi all’IMU, i cui dati, per ragioni tecniche non saranno stati resi disponibili dall’Agenzia delle entrate in tempo utile per il rispetto del termine del 31 marzo 2024. In particolare, quella relazione sottolineava che, per quanto riguarda i dati IMU relativi all’annualità 2020, questi non erano neppure desumibili dalle dichiarazioni IMU, poiché la dichiarazione di detta annualità non recava l’apposito campo dedicato all’esenzione del quadro temporaneo aiuti di Stato, che è stato introdotto solo successivamente per le dichiarazioni IMU concernenti gli anni 2021 e seguenti. Pertanto, la registrazione degli aiuti in argomento può essere effettuata solo sulla base dei dati che devono essere messi a disposizione dei comuni, in tempo utile, dall’Agenzia delle entrate in virtù di quanto stabilito dal provvedimento dell’Agenzia stessa del 27 aprile 2022, emanato in attuazione dell’art. 3, comma 5, del citato DM 11 dicembre 2021. Allo scopo di rendere più armonica la tempistica relativa alla registrazione in parola, col D.L. n. 39/2024 si è quindi provveduto ad allineare le scadenze contemplate dalla disposizione in un’unica data di scadenza.

 

La norma introdotta col decreto-legge della cui conversione qui si discute, fissa ora – con esclusivo riferimento alla misura eccezionale dell’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU), e ferme restando le ultime e non rinnovate proroghe appena descritte per gli altri aiuti – al 30 novembre 2025 il termine per provvedere alla registrazione nell’RNA, di fatto prorogandolo ulteriormente di un altro anno.

La relazione illustrativa in questo caso si limita a ricordare che il periodo di tempo previsto dalla legge per l’accertamento delle entrate degli enti locali supera il periodo invece concesso per la registrazione sull’RNA, anche in considerazione dei tempi di verifica da parte dei comuni del corretto adempimento dell’imposta gravante sui soggetti passivi che hanno beneficiato delle suddette misure di aiuto, e ciò potrebbe comportare che alcune misure potrebbero non essere state registrate tempestivamente, proprio perché accertate successivamente alla scadenza programmata per la registrazione sul RNA. Alla luce di questo quadro, la relazione illustrativa sembra prospettare un intervento legislativo che risolva a regime tale disallineamento temporale.

 

 

 

 

 

 


Articolo 3, comma 2
(Responsabilità per inadempimento di obblighi riguardanti la registrazione di aiuti di Stato)

 

 

L’articolo 3, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2024 al 30 novembre 2025 il periodo transitorio nel quale l’inadempimento degli obblighi di registrazione degli aiuti di Stato, con specifico riferimento alla registrazione delle misure straordinarie relative all’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU), non comporta responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti medesimi.

 

In particolare, l’articolo 3, al comma 2, interviene sul regime di validità temporale della previsione di cui all’articolo 38-octies, comma 1, del D.L. n. 137/2020, che stabilisce un periodo transitorio nel quale l’inadempimento degli obblighi di registrazione degli aiuti di Stato non comporta responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti medesimi.

 

Il citato regime di responsabilità, ai sensi dell’articolo 52, comma 7, della legge n. 234/2012, è connesso al mancato adempimento dei seguenti obblighi legati alla registrazione presso il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) (in merito al quale si rimanda al box di approfondimento contenuto nella scheda relativa al comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge in esame):

-         obbligo di trasmissione al Registro nazionale degli aiuti di Stato delle informazioni relative agli aiuti concessi;

-         obbligo di utilizzazione del Registro nazionale degli aiuti di Stato per espletare le verifiche propedeutiche alla concessione o all’erogazione degli aiuti di Stato e degli aiuti de minimis, comprese quelle relative al rispetto dei massimali di aiuto stabiliti dalle norme europee e dei divieti di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti di Stato illegali non rimborsati, nonché al fine di consentire il costante aggiornamento dei dati relativi ai medesimi aiuti anche attraverso l’inserimento delle informazioni relative alle vicende modificative degli stessi; 

-         obbligo di espressa indicazione, nei provvedimenti di concessione e di erogazione di aiuti di Stato, dell’avvenuto inserimento delle informazioni nel Registro nazionale degli aiuti di Stato nonché dell’avvenuta interrogazione dello stesso.

 

L’articolo 31-octies del D.L. n. 137/2020 ha previsto che – per un periodo transitorio – l’inadempimento di tali obblighi non comporti responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti medesimi, motivando l’esonero in questione in considerazione dell’incremento del numero di aiuti individuali alle imprese e dei soggetti concedenti gli aiuti, anche per effetto delle misure eccezionali e transitorie attivabili nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nel corso dell’emergenza da COVID-19 (Temporary Framework COVID-19), e tenuto conto dell’esigenza di procedere al tempestivo utilizzo delle risorse pubbliche per contrastare e mitigare gli effetti della crisi.

 

La disposizione originaria dell’articolo 31-octies aveva stabilito che il suddetto periodo transitorio fosse compreso fra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2022. Il termine è stato poi posticipato al 31 dicembre 2023 dall’articolo 35, comma 3, del D.L. n. 73/2022, quindi ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2024 dall’articolo 22, comma 1, lettera a) del D.L. n. 198/2022.

Ora, la disposizione in esame, esclusivamente con riguardo alla registrazione delle misure straordinarie relative all’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) (su cui si v. box ricostruttivo nella scheda sul comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge in esame), proroga tale termine al 30 novembre 2025.   

 

 

 

 


Articolo 3, comma 3
(Proroga del termine di presentazione della domanda di trasferimento di immobili statali in gestione all’Agenzia del demanio agli enti territoriali)

 

 

L’articolo 3, comma 3, proroga al 31 dicembre 2025 il termine di presentazione della richiesta motivata per il trasferimento agli enti territoriali, a titolo gratuito, della proprietà di determinati beni immobili in gestione all’Agenzia del demanio.

 

L’articolo 3, comma 3, del decreto in esame proroga al 31 dicembre 2025 il termine entro il quale gli enti territoriali (regioni, comuni, province e città metropolitane) possono presentare, ai sensi dell’articolo 15-bis, comma 1, del decreto-legge n. 13 del 2023, richiesta motivata all’Agenzia del demanio ai fini del trasferimento in loro favore, a titolo gratuito, della proprietà di talune categorie di beni immobili, in gestione all’Agenzia medesima.

 

Sul punto, si rammenta che il sopra citato articolo 15-bis, comma 1, prevede la facoltà per gli enti territoriali, previa richiesta motivata all’Agenzia del demanio, da presentare entro il 31 dicembre 2024, di conseguire, a titolo gratuito, la proprietà di determinati beni immobili, in gestione all’Agenzia del demanio. La domanda presentata dall’ente interessato deve indicare la destinazione finale del bene immobile e la stima dei tempi per la realizzazione degli interventi previsti.

I beni rientranti nel campo di applicazione della suddetta disposizione sono gli immobili appartenenti al demanio storico artistico oppure al patrimonio disponibile dello Stato, interessati da progetti di riqualificazione per scopi istituzionali o sociali, finanziati, o finanziabili, a valere sulle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) o del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC).

La relazione illustrativa del Governo osserva che la proroga in esame è volta a favorire il buon esito degli investimenti da effettuarsi con fondi nella disponibilità dell’ente richiedente il trasferimento ovvero degli interventi finanziati con i suddetti fondi concernenti immobili dello Stato utilizzati dai predetti enti territoriali, per i propri scopi sociali o istituzionali, prevedendo un termine maggiore per la presentazione della richiesta all’Agenzia del demanio, al fine di rispondere alle esigenze degli enti territoriali interessati all’acquisto della proprietà, a titolo gratuito, degli immobili sopra richiamati. Ciò anche in considerazione di alcune specifiche previsioni contenute nei bandi per l’erogazione dei suddetti finanziamenti che, tra le varie condizioni, richiedono anche la titolarità del bene su cui viene realizzato l’intervento.

 

Si ricorda che è in corso d’esame alla Camera dei deputati la proposta di legge A.C. 981 avente ad oggetto “Modifica all’articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, concernente la riapertura dei termini per la richiesta di acquisizione di immobili dello Stato da parte degli enti territoriali” diretta a prorogare per gli enti locali la possibilità di effettuare le richieste di trasferimento in proprietà, a titolo non oneroso, a comuni, province, città metropolitane e regioni dei beni immobili di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), e comma 4, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, siti nel rispettivo territorio entro, e non oltre, dodici mesi, a decorrere dalla data di entrata in vigore della citata legge (ciò a seguito degli emendamenti approvati nel corso dell’esame in sede referente).

I beni immobili ai quali la proposta di legge fa riferimento sono i beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento, diversi dai beni appartenenti al demanio marittimo e dalle relative pertinenze, dai beni del demanio idrico e relative pertinenze, nonché dalle opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, dai fiumi e dai laghi di ambito sovraregionale, dagli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze nonché dagli immobili della difesa in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale ovvero non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare.


Articolo 3, comma 4, lettera a)
(Disposizioni in materia di locazioni passive)

 

 

L’articolo 3, comma 4, lettera a), proroga al 31 dicembre 2025 la disciplina transitoria che prevede la disapplicazione della riduzione dei canoni di locazione per i contratti di locazione passiva stipulati dalle amministrazioni pubbliche centrali, dalle Autorità indipendenti e dagli enti nazionali di previdenza e assistenza.

 

Nel dettaglio, mediante una novella all’articolo 16-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 146 del 2021, la lettera a) del comma 4 in esame proroga al 31 dicembre 2025 (dal 31 dicembre 2024) la disciplina transitoria per i contratti di locazione passiva stipulati dalle amministrazioni pubbliche centrali, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), dalle Autorità indipendenti e dagli enti nazionali di previdenza e assistenza. Il termine iniziale di tale disciplina transitoria era fissato al 31 dicembre 2023.

Si rammenta che il termine qui prorogato era stato oggetto di proroga al 31 dicembre 2024 (dal 31 dicembre 2023) da parte dell’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 215 del 2023 (convertito dalla legge 23 n. 18 del 2024)

 

Il richiamato articolo 16-sexies, comma 1, del decreto-legge n. 146 del 2021 prevede che, in considerazione delle modalità organizzative del lavoro delle pubbliche amministrazioni e avuto riguardo agli obiettivi di digitalizzazione e di transizione ecologica perseguiti dal Piano nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR), le amministrazioni centrali come individuate dall'ISTAT (si veda la relativa pagina internet per l'elenco completo) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), nonché le Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) e gli enti nazionali di previdenza e assistenza, per i contratti di locazione passiva stipulati dalla data di entrata in vigore del decreto-legge  e fino al 31 dicembre 2025, non applicano le riduzioni del canone di mercato previste dall'articolo 3, commi 4, 6 e 10, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, in presenza di una delle seguenti condizioni:

i)                   classe di efficienza energetica dell'immobile oggetto di locazione non inferiore a B ovvero non inferiore a D per gli immobili sottoposti ai vincoli di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio);

ii)                 rispetto da parte delle amministrazioni statali di cui all'articolo 2, comma 222, primo periodo, della legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009) (si tratta delle amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali) di un parametro non superiore a 15 mq/addetto ovvero non superiore a 20 mq/addetto per gli immobili non di nuova costruzione con limitata flessibilità nell'articolazione degli spazi interni;

iii)               il nuovo canone di locazione deve essere inferiore rispetto all'ultimo importo corrisposto, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, commi 222 e seguenti, della legge n. 191 del 2009 (previsione di specifici obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, allo scopo di riunificare in capo alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni, nonché obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato) per le amministrazioni statali.

 

 

Si rammenta che il decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto, a decorrere dal 1° luglio 2014, la riduzione del 15% del canone di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni e delle autorità indipendenti per gli immobili in uso istituzionale. Qualora si tratti di contratti scaduti o rinnovati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, la riduzione si applica immediatamente. Per il triennio 2012-2014 è disposto, inoltre, il blocco degli adeguamenti Istat relativamente ai canoni dovuti dagli stessi soggetti. Le regioni e gli enti locali da un lato, e lo Stato dall'altro, possono concedersi reciprocamente l'uso gratuito dei loro beni immobili per fini istituzionali. Gli enti previdenziali devono comunicare all'Agenzia del demanio gli immobili di loro proprietà, al fine di verificare l'idoneità degli stessi ad essere utilizzati in locazione passiva, a canoni ed oneri agevolati, dalle amministrazioni statali per finalità istituzionali. Sono infine previste specifiche e stringenti condizioni per il rinnovo dei rapporti di locazione: disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per il periodo di durata del contratto di locazione; permanenza delle esigenze allocative all’esito dei piani di razionalizzazione nonché di quelli di riorganizzazione e accorpamento delle strutture.

 

In materia di patrimonio immobiliare pubblico si segnala altresì che, secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto sugli immobili pubblici (pubblicato dal MEF nel 2021 ma riferendosi ai dati del 2018), il patrimonio immobiliare pubblico censito si è attestato a circa 2,6 milioni di unità immobiliari (1 milione e 150 mila fabbricati e 1 milione e 440 mila terreni), prevalentemente di proprietà delle amministrazioni locali (circa 806 mila fabbricati e 1 milione e 400 mila terreni). Il valore patrimoniale complessivo dei fabbricati censiti per l’anno 2018 è stimato in 297 miliardi di euro.

Il Rapporto Annuale 2024 dell’Agenzia del Demanio L'Italia e i suoi beni. Creare valore con gli immobili dello Stato illustra le attività svolte e i risultati conseguiti nel corso del 2023 nella gestione e riqualificazione del patrimonio immobiliare dello Stato. Tra questi, sono stati avviati interventi per un miliardo di euro e risparmiati 70 milioni di locazioni passive. Entro il 2026 sono previsti investimenti per 4,7 miliardi e risparmi per 147 milioni l’anno a partire dal 2027.


Articolo 3, comma 4, lettera b) e comma 5
(Disposizioni concernenti AMCO S.p.A.)

 

 

L’articolo 3, comma 4, lettera b), numero 1) stabilisce che le disposizioni di contenimento della spesa, previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell’elenco redatto dall’ISTAT delle amministrazioni pubbliche, non si applichino alla società per azioni - operante nel mercato dei crediti deteriorati -AMCO (Asset Management Company) per l’anno 2025, oltre che per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024, come già prevedeva la norma finora vigente.

Il numero 2) della lettera b) novella le disposizioni inerenti agli obblighi di comunicazione posti in capo alla medesima società.

Il comma 5 dispone circa la copertura dei relativi oneri, pari a 500.000 euro per l'anno 2025.

 

L’articolo 3, comma 4, lettera b), numero 1), novella il comma 2 dell’ articolo 16-sexies del decreto-legge n. 146 del 2021 (come convertito dalla legge n. 215 del 2021). Tale comma 2 prevede, nel testo finora vigente, che per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 – ora, con la novella in esame, anche per l’anno 2025 - non si applicano alla società AMCO S.p.A. le norme di contenimento della spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente.

La società rispetta l'obbligo di informazione preventiva al competente Ministero, in relazione alle operazioni finanziarie che comportano la variazione dell'esposizione debitoria della società. Con la novella recata dal numero 2) si introduce l’ulteriore obbligo di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica.

 

AMCO S.p.A. è una società per azioni il cui capitale sociale - attualmente pari ad euro 655.153.674 - è diviso in 600.000.000 di azioni ordinarie prive dell’indicazione del valore nominale, interamente detenute dal MEF, e da 55.153.674 azioni B prive del valore nominale e senza diritto di voto, detenute dal MEF, da altri azionisti ed inclusive delle azioni proprie. In base all'articolo 3 dello statuto, ha per oggetto principale l'acquisto e la gestione con finalità di realizzo, secondo criteri di economicità, di crediti e rapporti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario. La Società, inoltre, può acquistare partecipazioni e altre attività finanziarie, inclusi titoli di cartolarizzazione che hanno come sottostante crediti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario nonché quote di fondi di investimento di tipo chiuso, riservati ad investitori professionali, istituiti per la sottoscrizione di azioni emesse da banche o per la sottoscrizione e/o acquisto di titoli emessi da società costituite per finanziare l’acquisto di crediti originati da banche, da società appartenenti a gruppi bancari e da intermediari finanziari anche se non appartenenti a un gruppo bancario, o per l’acquisto diretto di tali crediti.

 

Il comma 5 dell’articolo 3 prevede che all’onere, pari a 500.000 euro per l’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito dalla legge n. 307 del 2024).


Articolo 3, comma 6
(Divieto di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari)

 

 

L’articolo 3, comma 6, estende sino al 31 marzo 2025 il divieto di fatturazione elettronica per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria.

 

Nel dettaglio, l'articolo 3, comma 6, proroga fino al 31 marzo 2025 il divieto di fatturazione elettronica (previsto, in via transitoria, dal comma 1 dell’articolo 10-bis del decreto-legge n. 119 del 2018) da parte degli operatori sanitari tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria.

 

I soggetti tenuti all’invio dei dati delle spese sanitarie al Sistema Tessera Sanitaria per la predisposizione, da parte dell’Agenzia delle entrate della dichiarazione dei redditi precompilata sono quelli indicati all’articolo 3, comma 3, del citato decreto legislativo n. 175 del 2014 (recante "Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata"), nonché in appositi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze.

Secondo l’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 175 del 2014, sono tenuti all’invio dei dati le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l’erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le strutture autorizzate per l'erogazione dei servizi sanitari e non accreditate.

Quattro successivi decreti ministeriali hanno esteso l’ambito dei soggetti tenuti all’obbligo di trasmissione dei dati, in particolare:

-          il decreto ministeriale 1° settembre 2016, con riguardo a una serie di soggetto tra i quali psicologi, infermieri, ostetrici, ottici, tecnici sanitari di radiologia medica, nonché alle strutture autorizzate a commercializzare farmaci, ecc.;

-          il decreto ministeriale 22 marzo 2019, relativamente alle sanitarie strutture militari;

-          il decreto ministeriale 22 novembre 2019, relativamente agli esercenti di diverse professioni sanitarie ordinistiche;

-          il decreto ministeriale 16 luglio 2021, con rifermento agli esercenti di attività professionali sanitarie iscritti in elenchi speciali ad esaurimento.

Il comma 4 del medesimo articolo 3, demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione di termini e modalità per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi a talune spese che danno diritto a deduzioni dal reddito (diverse da quelle indicate dal comma 3).

 

Si ricorda che le modalità di invio di dati di natura sanitaria nell'ambito del Sistema pubblico di connettività sono state stabilite con il D.P.C.M. 26 marzo 2008. Inoltre, con decreto 27 aprile 2018, emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze, sono state fissate le “specifiche tecniche e modalità operative del Sistema tessera sanitaria per consentire la compilazione agevolata delle spese sanitarie e veterinarie sul sito dell'Agenzia delle entrate, nonché la consultazione da parte del cittadino dei dati delle proprie spese sanitarie, in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 175 del 2014”.

Da ultimo, con decreto ministeriale del 1° febbraio 2024, il MEF ha definito le modalità di utilizzo dei dati fiscali delle fatture trasmessi al Sistema tessera sanitaria in attuazione di quanto disposto dal sopra citato articolo 10-bis.

 

La norma in esame era stata già prorogata dal decreto-legge n. 124 del 2019, dalla legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) e dai decreti-legge n. 146 del 2021, n. 198 del 2022 e n. 215 del 2023.

 


Articolo 3, comma 7
(Proroga inerente al Servizio pubblico di connettività)

 

 

L’articolo 3, comma 7, estende al 31 dicembre 2025 la durata degli strumenti di acquisto e di negoziazione, realizzati dalla Consip Spa e dai soggetti aggregatori, aventi ad oggetto servizi di connettività del Sistema pubblico di connettività (SPC).

 

Il comma 7 in esame novella il comma 1-bis dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 198 del 2022 (come convertito dalla legge n. 14 del 2023).  Tale comma 1-bis, come modificato, prevede che gli importi e i quantitativi massimi complessivi degli strumenti di acquisto e di negoziazione realizzati dalla Consip Spa e dai soggetti aggregatori, aventi ad oggetto servizi di connettività del Sistema Pubblico di Connettività, sono prorogati al 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2024, termine previsto dal  testo finora vigente). La disposizione si applica agli strumenti aggregati che risultavano essere al 6 luglio 2023, data di entrata in vigore del citato comma 1-bis dell’art. 1-ter del d.l. n. 198.

Il medesimo comma 1-bis ha stabilito, altresì, un incremento, pari al 50%, dell’importo iniziale del contratto quadro SPC2 stipulato da Consip, al raggiungimento dell'importo complessivo massimo e alle medesime condizioni. È fatta salva la facoltà di recesso da parte dell’aggiudicatario con riferimento al suddetto incremento, da esercitarsi entro quindici giorni dal suddetto termine del 6 luglio 2023.

Il comma 1-bis prevede, infine, che i contratti attuativi degli strumenti di acquisto e di negoziazione realizzati dalla Consip Spa e dai soggetti aggregatori aventi ad oggetto servizi di telefonia fissa, nei limiti dei relativi importi residui complessivi, possono essere prorogati su richiesta della singola amministrazione contraente, alle medesime condizioni, sino al 31 dicembre 2025, come previsto dal comma in esame (in luogo del precedente termine del 31 dicembre 2024). La suddetta proroga degli strumenti di acquisto e negoziazione può essere richiesta dall’amministrazione contraente nella misura strettamente necessaria a dare continuità al sevizio di telefonia in oggetto, fatta salva la facoltà di recesso dell'aggiudicatario da esercitarsi entro quindici giorni dalla richiesta.

Il comma 2 dell’articolo 1-ter d.l. n. 198 stabilisce che delle suddette disposizioni di proroga degli strumenti aggregatori SPC2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il Servizio pubblico di connettività - SPC è definito dall’art. 73 del CAD (Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005) quale “insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche che assicura l'interoperabilità tra i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni, permette il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali e tra queste e i sistemi dell'Unione europea ed è aperto all'adesione da parte dei gestori di servizi pubblici e dei soggetti privati”. Le regole tecniche applicabili al SPC sono adottate dall’AgID ai sensi dell’art. 71 del CAD medesimo.

Gli strumenti di acquisto includono le convenzioni e gli accordi-quadro che le Amministrazioni utilizzano per l’acquisto o noleggio di beni e servizi. Le convenzioni sono costituite da contratti aventi una scadenza temporale e un quantitativo o importo massimo (massimale) che il fornitore si impegna a garantire attraverso il contratto; gli accordi-quadro sono contratti quadro che definiscono le modalità di acquisto, in particolare ordine diretto o appalto specifico. Gli strumenti di negoziazione sono resi disponibili alle amministrazioni per la gestione in autonomia delle procedure di acquisto (v. qui).

L’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge n. 95 del 2012 (come convertito dalla legge n. 135 del 2012) ha previsto che Consip S.p.A. svolga le attività di centrale di committenza relative alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni, al Sistema pubblico di connettività e alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni. L’articolo 1, comma 512, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016) ha reso obbligatorio il ricorso ai suddetti strumenti per le pubbliche amministrazioni e le società inserite nel conto consolidato della PA. In tale ambito Consip ha realizzato la gara relativa al contratto quadro SPC2, tuttora attivo. Successivamente, il termine dell’estensione degli strumenti di acquisto e negoziazione SPC è stato oggetto di proroghe: al 31 dicembre 2023 dal citato art. 1-ter, comma 1, del decreto-legge n. 198 del 2022; quindi il decreto-legge n. 51 del 2023 (convertito dalla legge n. 87 del 2023) ha espunto dal comma 1 dell’art. 1-ter il riferimento agli strumenti SPC per introdurre l’ulteriore  al 31 dicembre 2024 proroga e la disciplina specifica per l’ambito SPC nel nuovo comma 1-bis, a decorrere dal 6 luglio 2023.

Il contratto per servizi di connettività SPC2 è stato attivato il 23 maggio 2016 subentrando al precedente contratto quadro OPA “SPC 1” che ha cessato di avere  efficacia il 25 maggio 2017. Per maggiori informazioni v. la pagina Consip Contratti SPC.

Come rilevato dalla relazione illustrativa, l’ulteriore estensione degli strumenti SPC2 è stata dettata, tra l’altro, dall’opportunità di assicurare alle amministrazioni uno strumento aggregato di acquisizione dei servizi di connettività fino alla disponibilità del nuovo contratto-quadro SPC3, per il quale Consip ha provveduto a pubblicare un avviso di pre-informazione il 25 ottobre 2024. La pubblicazione della procedura per SPC3 è prevista per febbraio 2025 con disponibilità del contratto per le Amministrazioni a fine 2025. La proroga al 31 dicembre 2025, secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, consentirebbe quindi di effettuare la migrazione al nuovo SPC3 assicurando la continuità dei servizi oggetto del contratto quadro medesimo.

La relazione illustrativa fornisce, inoltre, indicazioni circa le risorse disponibili: “del contratto di servizi di connettività SPC2 (attivato il 23 maggio 2016, di un massimale previsto di 3.600.000 euro), risultano ancora disponibili, al 30 settembre 2024, 1.422.993 euro. Da stime effettuate dal consumo storico registrato negli anni di vigenza del contratto il massimale residuo risulta tale da consentire una proroga della durata di ulteriori due anni”.

 

Si rammenta che i commi da 512 a 520 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di bilancio per il 2016) dettano disposizioni volte a rafforzare l’acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività, prevedendo, con la finalità di conseguire specifici obiettivi di risparmio indicati nei commi medesimi, che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Solo in casi eccezionali, e con autorizzazione motivata dell’organo di vertice amministrativo, possono procedere ad acquisti autonomi. Viene inoltre previsto un Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, disponendosi altresì la definizione, mediante appositi accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni di criteri uniformi per l’acquisto dei beni e servizi medesimi da parte degli enti del SSN.

Più in dettaglio, il comma 512 stabilisce l’obbligo  per le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (come individuate dall’elenco ISTAT, come da ultimo aggiornato sulla GU 30 settembre 2015, n. 227) di procedere ad acquisti di beni e servizi informatici e di connettività, esclusivamente tramite Consip S.p.A. o i soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali, per i beni e servizi disponibili presso gli stessi soggetti.


Articolo 3, comma 8
(Consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi)

 

 

L’articolo 3 dispone la sospensione, per 24 mesi, del procedimento per l'adozione del provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’iscrizione dei confidi nell’albo degli intermediari finanziari ex articolo 106 del TUB, conseguente al venir medo dei requisiti dimensionali (qualora il volume di attività finanziaria risulti inferiore a 150 milioni di euro). A tal fine, il confidi interessato deve comunicare alla Banca d’Italia, unitamente agli altri confidi coinvolti, l’avvio di un processo di integrazione, comprovato da idonea documentazione dalla quale risulti che, al termine di tale processo, sia rispettato il requisito del volume di attività finanziaria.

 

 

L’articolo 3, comma 8, reca la sospensione per 24 mesi del procedimento per l’adozione provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’iscrizione dei confidi nell’albo degli intermediari finanziari ex articolo 106 del TUB, previsto dall’articolo 4 del regolamento (di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53), in conseguenza del venir meno dei requisiti dimensionali ed al ricorrere di determinate condizioni.

Nello specifico, qualora il volume di attività finanziaria risulti inferiore a 150 milioni di euro (situazione che configura la perdita del requisito dimensionale), per poter beneficiare della sospensione del procedimento di revoca dall’iscrizione all’albo ex articolo 106 del TUB, il confidi interessato deve:

§  comunicare alla Banca d’Italia, unitamente agli altri confidi coinvolti, l’avvio di un processo di integrazione;

§  comprovare l’avvio del processo di integrazione con idonea documentazione;

§   al termine del processo di integrazione deve essere garantito il rispetto del requisito dimensionale relativo al volume di attività finanziaria (pari o superiore a 150 milioni di euro).

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 11-quater, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, al fine di tener conto degli effetti dell’epidemia COVID-19, ha disposto la sospensione fino al 31 dicembre 2021 dei provvedimenti di revoca adottati dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 4 del decreto ministeriale n. 53 del 2015. L’articolo 3, comma 6-sexies, del decreto-legge 20 dicembre 2021, n. 228, ha poi prorogato tale sospensione fino al 31 dicembre 2022.

A tale riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che l’intervento normativo in argomento sospende, per 24 mesi, i provvedimenti della Banca d’Italia di revoca dell’iscrizione all’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), conseguente al venir meno di un volume di attività finanziaria pari o superiore a 150 milioni di euro, ai sensi dell'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, n. 53.

La sospensione della revoca dell’iscrizione al predetto albo è finalizzata ad evitare interruzioni di continuità operativa per quei confidi che, pur non avendo ancora raggiunto la soglia di volume di attività finanziaria, hanno comunque avviato processi di integrazione funzionali al raggiungimento di detta soglia.

 

Si valuti l’opportunità di precisare la decorrenza del termine per il computo del periodo di sospensione di 24 mesi che, nell’attuale formulazione della disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 8, del decreto-legge, non viene indicato.

 

 

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 274, i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi (cd. “confidi”) svolgono l'attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi nei confronti di piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati, al fine di favorirne l'accesso al credito di banche e di altri intermediari finanziari.

In relazione al volume di attività finanziaria, i confidi si distinguono in:

(a) confidi minori (con volume di attività finanziaria inferiore a 150 milioni di euro) iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 112 del TUB e gestito dall’Organismo dei Confidi Minori. Tali confidi possono svolgere, esclusivamente, l’attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi ad essa connessi o strumentali definiti dal decreto ministeriale n. 53 del 2015, nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legge;

(b) confidi iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del TUB (con volume di attività finanziaria pari o superiore a 150 milioni di euro). Tali confidi svolgono, in misura prevalente, l'attività di garanzia collettiva dei fidi nonché le attività connesse e strumentali previste dall’articolo 4 del decreto ministeriale n. 53 del 2015, nel rispetto delle riserve di attività previste dalle vigenti disposizioni.

Possono inoltre svolgere, in via residuale, altre forme di finanziamento di cui all'articolo 106, comma 1, TUB, entro un limite pari al 20 per cento del totale dell'attivo; entro tale limite, possono anche garantire l’emissione di strumenti di debito da parte delle piccole-medie imprese socie. Possono, altresì, svolgere prevalentemente nei confronti di imprese consorziate o soci le attività previste dall’articolo 112, comma 5, TUB, quali a) prestazione di garanzie a favore dell'amministrazione finanziaria dello Stato, al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie; b) gestione di fondi pubblici di agevolazione; c) stipula di contratti con le banche assegnatarie di fondi pubblici di garanzia per disciplinare i rapporti con le imprese consorziate o socie, al fine di facilitarne la fruizione.

In base alle indicazioni contenute nella Circolare della Banca d’Italia 3 aprile 2015, n. 288, sono tenuti a richiedere l’autorizzazione per l’iscrizione nell’albo i confidi il cui volume di attività finanziaria sia pari o superiore a 150 milioni di euro. A tal fine, si tiene conto dell’aggregato composto da:

a. cassa e disponibilità;

b. crediti verso enti creditizi;

c. crediti verso enti finanziari;

d. crediti verso clientela;

e. crediti impliciti nelle operazioni di locazione finanziaria;

f. obbligazioni e altri titoli a reddito fisso;

g. azioni, quote e altri titoli a reddito variabile;

h. ratei attivi;

i. garanzie rilasciate;

j. altre poste dell’attivo e operazioni “fuori bilancio”.

Ai fini del rispetto della prevalenza dell’attività di garanzia collettiva dei fidi, dall’ultimo bilancio approvato devono risultare verificate, congiuntamente, le seguenti condizioni:

(i) l’ammontare dei ricavi derivanti dall’attività di garanzia collettiva dei fidi e dalle attività connesse e strumentali deve essere superiore al 50 per cento del totale dei ricavi;

(ii) l’ammontare nominale delle garanzie collettive dei fidi deve essere superiore al 50 per cento del totale dell’attivo.

Ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale n. 53 del 2015, la Banca d’Italia revoca l’autorizzazione per il venir meno dei requisiti dimensionali.

Nella citata Circolare della Banca d’Italia, si precisa che la revoca dell’autorizzazione ricorre quando il volume di attività finanziaria del confidi risulti inferiore a 150 milioni di euro per almeno 3 esercizi consecutivi. Il legale rappresentante del confidi comunica alla Banca d’Italia il verificarsi di tale condizione. Alla comunicazione sono allegati la documentazione necessaria a comprovare la mutata situazione aziendale e un piano di dismissione degli attivi di bilancio, di durata non superiore a 12 mesi, rivenienti da attività non consentite ai confidi iscritti nell’elenco di cui all’articolo 112 TUB.

Rispetto alla sospensione fino al 31 dicembre 2022 dei provvedimenti di revoca adottati dalla Banca d’Italia, ai sensi dell’articolo 4 del decreto ministeriale n. 53 del 2015, disposta dall’articolo 3, comma 11-quater, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (e successiva modifica), con interrogazione a risposta immediata in Commissione del 26 febbraio 2024 è stato richiesto, quale chiarimento, se la disposizione in oggetto ha inteso sospendere anche il decorso del termine dei 3 esercizi consecutivi fino al 1° gennaio 2023. Con risposta n. 5-02059, si è esclusa la possibilità di interpretare, in via estensiva, la disposizione di cui all’articolo 3, comma 11-quater, del decreto-legge n. 183 del 2020, in quanto una tale interpretazione avrebbe carattere sostanzialmente innovativo andando ad estendere l’ambito di operatività della sospensione delle revoche adottate dalla Banca d’Italia.

Nell’ambito della relazione illustrativa al decreto-legge de quo sono forniti dei dati sul numero di confidi italiani esistenti al 31 dicembre 2023 e la relativa distribuzione geografica. delle indicazioni  

Più precisamente, si rappresenta che, al 31 dicembre 2023, i confidi italiani sono 192, di cui 32 sono confidi maggiori (iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 TUB, soggetti alla vigilanza di Banca d’Italia) e 160 confidi minori (di cui all’articolo 112 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, iscritti nell’elenco OCM, soggetti alla vigilanza dell’Organismo Confidi Minori). Il numero è in diminuzione di 8 unità rispetto al 31 dicembre 2022: nel corso del 2023 sono infatti stati cancellati dall’elenco OCM 10 confidi e ne sono stati iscritti 2; il numero dei confidi maggiori è invece rimasto stabile.

Metà dei confidi ha sede legale nell’area del Mezzogiorno (95 confidi sul totale di 190); circa un terzo sono localizzati nelle regioni del Nord (67 confidi) e il restante 15 per cento nelle regioni del Centro Italia (28 confidi).

I confidi maggiori sono presenti soltanto sul territorio di 15 regioni italiane e sono concentrati soprattutto al Nord (63 per cento del totale, 20 confidi su 32); poco più di un terzo dei confidi maggiori è localizzata nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno (19 per cento del totale in entrambe le aree, 6 nelle regioni del Centro e 6 nelle regioni del Mezzogiorno). I confidi minori sono invece distribuiti sull’intero territorio nazionale; almeno uno dei 158 confidi minori è presente in ogni regione. Specularmente rispetto alla distribuzione dei confidi maggiori, la maggior parte dei confidi minori è localizzata nelle regioni del Mezzogiorno (56 per cento del totale, 89 confidi su 158); seguono le regioni del Nord (47 confidi minori, 30 per cento del totale) e del Centro (22 confidi minori, 14 per cento del totale).

Analizzando i valori di flusso delle garanzie concesse nel 2022 (ultimo dato disponibile) in base al soggetto erogante si evidenzia che i confidi maggiori hanno concesso l’85 per cento delle garanzie totali nel corso del 2022 (2,4 miliardi su un totale di 2,8), mentre la quota di garanzie erogate dai confidi minori si limita al 15 per cento.

Infine, nella medesima relazione illustrativa si evidenzia che, al fine di dare esecuzione alla comunicazione della Commissione europea COM (2008) 394 definitivo, del 25 giugno 2008, recante «Una corsia preferenziale per la piccola impresa – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno “Small Business Act” per l’Europa)», è in corso di predisposizione un disegno di legge il quale reca disposizioni che riguardano, tra l’altro, la semplificazione per l’accesso al credito delle PMI soprattutto con il rilancio dei Confidi, mediante un intervento strutturale dell’intero sistema dei Confidi stessi.

 


Articolo 3, comma 9
(Bilanci degli enti del servizio sanitario della regione Calabria)

 

 

L’articolo 3, comma 9, proroga al 31 marzo 2025 l’adozione e l’approvazione dei bilanci delle aziende del servizio sanitario della regione Calabria relativi agli anni precedenti all’anno 2022. Prevede, altresì, che l’adozione e approvazione dei suddetti bilanci avvenga nel rispetto dei principi generali in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi. Si prevede, inoltre, che nell’esercizio delle citate attività, ai fini della configurabilità di eventuali profili di responsabilità sul piano amministrativo e contabile, rilevano le sole condotte poste in essere con dolo.

 

L’articolo 3, comma 9, interviene sulla disciplina dettata dall’articolo 12-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023, il quale ha autorizzato gli enti del servizio sanitario della regione Calabria ad adottare il bilancio di esercizio 2022 entro il 30 giugno 2023 e a deliberare i bilanci aziendali pregressi, ove non ancora adottati, entro il 31 dicembre 2024. Quest’ultimo termine è ulteriormente prorogato al 31 marzo 2025 dalla norma in esame in considerazione dell’intervenuta approvazione dei bilanci di esercizio 2022 e 2023.

 

Tali proroghe di termini sono state concesse in considerazione delle attività in corso inerenti alle procedure di circolarizzazione obbligatoria dei fornitori[19], al monitoraggio e gestione del contenzioso, alle procedure di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture, ai sensi dell’articolo 16-septies del decreto-legge n. 146 del 2021, il quale reca misure relative all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e al Servizio sanitario della Regione Calabria.

Gli enti del servizio sanitario regionale della regione Calabria sono: Azienda Sanitaria Provinciale-Catanzaro; Azienda Sanitaria Provinciale-Cosenza; Azienda Sanitaria Provinciale-Crotone; Azienda Sanitaria Provinciale-Reggio Calabria; Azienda Sanitaria Provinciale-Vibo Valentia; Azienda Ospedaliera "Pugliese-Ciaccio" Catanzaro; Azienda Ospedaliera "Mater Domini" Catanzaro; Azienda Ospedaliera-Cosenza; Azienda Ospedaliera "Bianchi Melacrino Morelli" Reggio Calabria.

 

La norma in esame aggiunge che l’adozione e l’approvazione dei bilanci aziendali relativi agli anni precedenti il 2022, avvenga nel rispetto dei principi di cui all’allegato 1 del decreto legislativo n. 118 del 2011, in quanto esigibili con riferimento alla situazione aziendale conoscibile al momento dell’adozione o approvazione degli stessi.

Si prevede, inoltre, che nell’esercizio delle predette attività di adozione e approvazione dei bilanci, ai fini della configurabilità di eventuali profili di responsabilità sul piano amministrativo e contabile rilevano le sole condotte poste in essere con dolo.

 

Si ricorda che l’Allegato 1 del d.lgs. n. 118 del 2011, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, contiene i principi generali o postulati a cui le Regioni, gli enti locali e i relativi enti e organismi strumentali si devono conformare nella propria gestione, ai sensi dell’art. 3. In particolare si tratta dei seguenti principi: Principio dell'annualità, Principio dell'unità, Principio dell'universalità, Principio dell'integrità, Principio della veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità, Principio della significatività e rilevanza, Principio della flessibilità, Principio della congruità, Principio della prudenza, Principio della coerenza, Principio della continuità e della costanza, Principio della comparabilità e della verificabilità, Principio della neutralità, Principio della pubblicità, Principio dell'equilibrio di bilancio, Principio della competenza finanziaria, Principio della competenza economica, Principio della prevalenza della sostanza sulla forma.


Articolo 3, comma 10
(Proroga del regime di esenzione IVA)

 

 

L’articolo 3, comma 10, posticipa al 1° gennaio 2026 l’operatività del nuovo regime di esenzione IVA per gli enti del Terzo settore.

 

L’articolo 3, comma 10, intervenendo sull’articolo 1, comma 683, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio per il 2022), stabilisce che, nelle more della razionalizzazione della disciplina dell’IVA per gli enti del Terzo settore, in attuazione dell’articolo 7 della legge n. 111 del 2023 (legge delega per la riforma fiscale), il nuovo regime di esenzione IVA, di cui all’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, per le operazioni realizzate dagli enti associativi del Terzo settore ha effetto a decorrere dal 1° gennaio 2026.

 

Sul punto, si rammenta che il sopra citato articolo 7 reca i princìpi e i criteri direttivi per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto.

In particolare, con riferimento agli enti del Terzo settore, l’articolo 7, comma 1, lettera g), specifica che il Governo, nel contesto della revisione dell’IVA, è tenuto ad attenersi al principio della razionalizzazione della disciplina IVA degli enti del Terzo settore, anche al fine di semplificare gli adempimenti relativi alle attività di interesse generale.

Per ulteriori approfondimenti sul tema, si rinvia al relativo dossier.

 

L’applicazione di tale regime, inizialmente differita al 1° gennaio 2024 dal predetto comma 683, è stata successivamente procrastinata al 1° luglio 2024 dall’articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge n. 51 del 2023 e, in seguito, al 1° gennaio 2025 dall’articolo 3, comma 12-sexies, del decreto-legge n. 215 del 2023.

 

Al riguardo, si evidenzia che il richiamato articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021 ha modificato gli articoli 4 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, riconducendo nel campo di applicazione dell’IVA, in regime di esenzione, talune prestazioni di servizi e cessioni di beni rese dagli enti non profit di tipo associativo nei confronti dei propri associati e partecipanti, in precedenza rientranti nel regime di esclusione IVA e, dunque, non soggette a imposta.

Tale regime di esclusione, peraltro, è oggetto della procedura di infrazione ex articolo 258 del TFUE.

In particolare, con la procedura di infrazione 2008/2010, attualmente allo stato di messa in mora complementare (C (2019) 4849 final 2019 del 25 luglio 2019), è stato contestato il non corretto recepimento nell’ordinamento italiano delle esenzioni di pubblico interesse, di cui all’articolo 132 della Direttiva 2006/112/CE; la Commissione europea ha eccepito allo Stato italiano l’impossibilità di considerare escluse dal campo di applicazione dell’IVA le operazioni degli enti non commerciali a favore dei loro associati a fronte dell’aumento della quota associativa o dietro corrispettivo specifico.

Conseguentemente, ai fini dell’archiviazione della citata procedura d’infrazione, si è proceduto all’adeguamento della normativa nazionale mediante l’articolo 5, commi da 15-quater a 15-sexies, del decreto-legge n. 146 del 2021 che rende la disciplina IVA delle operazioni effettuate da enti non commerciali a carattere associativo (enti non profit) conforme alle indicazioni dell’articolo 132 della direttiva IVA, prevedendo che tali operazioni siano rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sebbene in regime di esenzione.

Specificamente, per effetto di una modifica apportata all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, sono state ricondotte al novero delle cessioni di beni e prestazioni di servizi da considerarsi effettuate nell’esercizio di impresa ai fini IVA talune operazioni prima escluse, ovvero le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Inoltre, vengono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, anche le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati.

Inoltre, mediante una novella all’articolo 10 del medesimo decreto, determinate operazioni rese da enti non profit, fino a quel momento considerate fuori campo IVA, sono state ricomprese nel regime di esenzione. Precisamente, si tratta di:

§  prestazioni di servizi e cessioni di beni ad esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

§  prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

§  cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al primo punto del presente elenco, organizzate a loro esclusivo profitto;

§  somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività.

Il nuovo regime di esenzione IVA sostituisce il regime di esclusione dal campo di applicazione dell’imposta, con la conseguenza che, rispetto alla previgente disciplina, i soggetti sopra richiamati, rientranti nel nuovo regime, sono tenuti all’assolvimento di tutti gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

Per ulteriori approfondimenti, si rinvia al dossier relativo al decreto-legge n. 146 del 2021.


Articolo 3, commi 11-13
(Disposizioni in materia di utilizzo di risorse per la continuità produttiva e aziendale di ILVA)

 

 

L’articolo 3, commi 11-13, incrementa di 100 milioni di euro l’entità della quota capitale di prestito concedibile da parte del Ministero dell’economia e delle finanze al fine di supportare le indifferibili e urgenti esigenze di continuità produttiva e aziendale, indispensabile a preservare la funzionalità produttiva degli impianti siderurgici della società ILVA s.p.a., e assicurare la salvaguardia dell'ambiente e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il finanziamento prevede l’applicazione di un tasso di interesse calcolato a condizioni di mercato ed è soggetto a restituzione, per capitale e interessi, in prededuzione rispetto ad ogni altra posizione debitoria della procedura. Ai maggiori oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo nazionale del made in Italy.

 

Nello specifico, l’articolo 3 al comma 11 innalza da 320 a 420 milioni di euro per il 2024 il limite massimo dei finanziamenti che il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) può concedere, previa richiesta motivata del commissario straordinario, in favore delle società che gestiscono gli impianti siderurgici di ILVA s.p.a., qualora le stesse siano ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, al fine di supportare le indifferibili e urgenti esigenze di continuità produttiva e aziendale e assicurare la salvaguardia dell’ambiente e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Tale innalzamento è disposto tramite una modifica dell’articolo 2, comma 1, del DL n. 4/2024 (L n. 28/2024) (per il quale si veda il relativo dossier del Servizio Studi), che aveva a sua volta novellato l’articolo 1 del DL n. 142/2019 (L. n. 5/2020) inserendovi un nuovo comma 1-sexies e prevedendo appunto la possibilità per il MEF di concedere i suddetti finanziamenti ma entro un limite massimo di 320 milioni di euro per il 2024.

 

Il comma 12 dispone che ai maggiori oneri derivanti dal comma 11, pari a 100 milioni di euro per l’anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa disposta per l’istituzione del Fondo nazionale del made in Italy.

 

Si ricorda che il suddetto Fondo, istituito dall’articolo 4, comma 1, della legge n. 206/2023 (cfr. dossier del Servizio Studi), aveva una dotazione iniziale di 700 milioni di euro per l’anno 2023 e di 300 milioni di euro per l’anno 2024. Obiettivo del fondo è sostenere la crescita, il rafforzamento e il rilancio delle filiere strategiche nazionali, anche in riferimento alle attività di approvvigionamento e riuso di materie prime critiche per l’accelerazione dei processi di transizione energetica e allo sviluppo di modelli di economia circolare. 

Il Fondo è incrementato con risorse provenienti da soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni ed è autorizzato a investire, a condizioni di mercato e nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato, nel capitale di società per azioni, anche quotate e anche in forma cooperativa, purché aventi sede legale in Italia e non operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo.

Il metodo di attuazione delle operazioni finanziarie del Fondo, le condizioni di intervento e l’individuazione del veicolo di investimento delle relative risorse sono affidate a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy, che allo stato non risulta ancora adottato.

 

Il comma 13 specifica che tale finanziamento, nell’importo così rideterminato dal comma 11, resta soggetto alle medesime condizioni di restituzione e ai medesimi oneri finanziari a servizio del debito previsti dall’articolo 2 del DL n. 4/2024. Si ricorda infatti che il finanziamento deve prevedere l’applicazione di un tasso di interesse calcolato a condizioni di mercato ed è soggetto a restituzione, per capitale e interessi, in prededuzione rispetto ad ogni altra posizione debitoria della procedura di amministrazione straordinaria anche in deroga all’articolo 222 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. n. 14 del 2019), recante la disciplina dei crediti prededucibili. Il finanziamento è concesso con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (MEF), di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy (MIMIT) previa richiesta motivata del commissario straordinario. Secondo quanto riferisce la relazione illustrativa, il primo decreto interministeriale erogante il finanziamento (cd. “prestito ponte”) è datato 17 luglio 2024.

Si osserva che, mentre il decreto interministeriale del 17 luglio 2024 menzionato dalla relazione illustrativa non risulta pubblicato, preliminare a questo provvedimento deve esser stata la comfort letter della Commissione europea circa il “prestito ponte” di 320 milioni di euro per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria: secondo quanto riferisce il MIMIT, la lettera esprime una valutazione positiva sui termini del prestito, che prevede un tasso di interesse annuo dell’11,6%.

La relazione illustrativa specifica che l’incremento dell’entità del prestito concedibile, alle condizioni suindicate, si rende necessario per garantire la continuità produttiva ed occupazionale del compendio aziendale di proprietà di ILVA s.p.a., nelle more del completamento dell’aggiudicazione dei compendi da parte dell’amministrazione straordinaria. Tale aggiudicazione sarebbe slittata, secondo quanto riferito dal MIMIT (amministrazione titolare dei poteri di vigilanza sugli organi commissariali) e riportato in relazione illustrativa, al primo quadrimestre del 2025.

 

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 21 gennaio 2015, ILVA s.p.a. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria a norma dell’articolo 2, comma 2 del DL n. 347/2003 (conv. in legge n. 39/2004, cd. “legge Marzano”); ai sensi dell’articolo 4 del medesimo DL, la società è stata dichiarata insolvente con sentenza del Tribunale di Milano.

Con successivi decreti del Ministero dello sviluppo economico del 20 febbraio 2015 e 17 marzo 2015 e con DM 5 dicembre 2016 sono state ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria e dichiarate insolventi con sentenze del Tribunale di Milano ai sensi del citato DL n. 347/2003, una serie di società facenti parte del gruppo societario: ILVA Servizi Marittimi s.p.a.; ILVAform s.p.a.; Innse Cilindri s.r.l.; Sanac s.p.a.; Taranto Energia s.r.l.; Socova s.a.s.; Tillet s.a.s. Partecipazioni industriali s.p.a. (già Riva Fire s.p.a. in liquidazione). Sono stati nominati i medesimi commissari straordinari nominati per ILVA s.p.a.

ILVA s.p.a. dunque, in ragione dei suoi requisiti dimensionali occupazionali e di indebitamento, è stata assoggettata, e così le sopra citate altre società del gruppo, alla procedura speciale di ammissione immediata all’amministrazione straordinaria (cd. accesso diretto) di cui al D.L. n. 347/2003 (si rinvia qui, al sito del Gruppo ILVA in a.s.).

Secondo quanto poi disposto dall’articolo 2, comma 1 del DL n. 1/2015, l’ammissione di ILVA s.p.a. alla procedura concorsuale dell’amministrazione straordinaria ha determinato la cessazione dalla carica del commissario straordinario del governo disposto con DL n. 61/2013 per lo svolgimento delle azioni di bonifica ambientale.

L’organo commissariale nominato per la procedura di amministrazione straordinaria è, dunque, subentrato anche nei poteri attribuiti per i piani e le azioni di bonifica previsti dal Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di ILVA approvato con DPCM 14 marzo 2014 e modificato con DPCM 29 settembre 2017.

In ragione della peculiare situazione di ILVA, le operazioni inerenti la cessione dei beni aziendali di ILVA s.p.a., nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria sono state strettamente connesse, soprattutto a seguito dell’adozione del D.L. n. 98/2016, alla realizzazione delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria contenute nel Piano ambientale. Dicasi al riguardo che – ai sensi della normativa vigente – il termine del programma dei commissari straordinari è stato fatto coincidere con il termine di ultimazione del Piano ambientale di ILVA (da ultimo stabilito al 23 agosto 2023) e comunque fino alla definitiva cessione dei complessi aziendali. Sul punto si rimanda anche a quanto verrà detto infra a commento dell’articolo 15, comma 1, del decreto-legge della cui conversione si discute.

Quanto alla cessione dei beni aziendali, in data 5 giugno 2017, è stato firmato dal Ministro dello sviluppo economico il decreto che ha abilitato i commissari straordinari a procedere alla aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo ILVA s.p.a. ad Am Investco Italy s.r.l, società controllata dalla società indiano lussemburghese ArcelorMittal. L’offerta di Am Investco Italy s.r.l. ha previsto la realizzazione entro il 2023 degli interventi rientranti nel piano ambientale.

AM InvestCo Italy, società controllata da ArcelorMittal, ha quindi sottoscritto, il 28 giugno 2017, un contratto di affitto con obbligo di acquisto dei rami d’azienda ILVA. In seguito, l’investitore ArcelorMittal ha reso nota la propria intenzione di rescindere l’accordo e provvedere al deconsolidamento della partecipazione di AmInvestCo.

Per assicurare la continuità del funzionamento produttivo dell’impianto siderurgico di Taranto della società ILVA s.p.a., il decreto-legge n. 103/2021 ha autorizzato l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a. - Invitalia, a sottoscrivere apporti di capitale e ad erogare finanziamenti in conto soci nel limite massimo di 705 milioni di euro (articolo 3, comma 4-bis).

Il 14 aprile 2021, Invitalia, su incarico del Governo italiano, ha quindi sottoscritto, con i contributi assegnati dal Ministero dell’economia e delle finanze, azioni ordinarie per un importo di 400 milioni di euro e, a seguito dell’adesione all’aumento di capitale, ha acquisito una partecipazione del 38% del capitale sociale (cui corrisponde il 50% dei diritti di voto) di AM InvestCo Italy, che ha assunto la denominazione “Acciaierie d’Italia Holding s.p.a.”.

Con il DL n. 115/2022 Invitalia è stata poi autorizzata a sottoscrivere ulteriori aumenti di capitale o diversi strumenti, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale, sino all’importo complessivamente non superiore a 1 miliardo di euro per l’anno 2022 (art. 30, co. 1).

Il closing dell’acquisto (e, dunque, il termine del periodo di affitto) da parte di AM InvestCo poi ADI S.p.a. dei rami d’azienda ILVA, inizialmente previsto al 31 maggio 2022, è stato prorogato al 31 maggio 2024. In vista della scadenza, il 27 maggio 2024 le parti hanno stipulato un nuovo contratto quadro di affitto dei rami d’azienda ricompresi nel complesso aziendale e facenti capo a ILVA e i relativi nuovi contratti di affitto esecutivi, tutti con scadenza al 31 dicembre 2030.

 

L’articolo 9-bis del DL n. 69/2023 ha modificato la disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui all’articolo 2 del DL n. 347/2003, prevedendo l’ammissione immediata ai sensi del DL n. 347/2003 su iniziativa del socio pubblico con almeno il 30% delle azioni, in caso di inerzia dell’organo amministrativo (art. 2).

Quest’ultima norma è stata modificata dall’articolo 1 del DL n. 4/2024. Questo articolo consente, in generale, ai soci (tutti) che detengano almeno il 30 per cento delle quote societarie di ottenere l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, in caso di inerzia dell’organo amministrativo (in precedenza, tale facoltà era attribuita nel caso di amministrazioni partecipate dallo Stato, senza specificare se direttamente o anche indirettamente, e al solo socio pubblico detentore di una partecipazione di almeno il 30 per cento).

In data 20 febbraio 2024, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha informato (qui il comunicato) che, con decreto del Ministro, Acciaierie di Italia s.p.a. è stata ammessa, con decorrenza immediata, alla procedura di amministrazione straordinaria. È stato nominato commissario straordinario il dott. Giancarlo Quaranta. Il decreto ministeriale segue l’istanza del 18 febbraio 2024, con cui Invitalia, il socio pubblico di AdI titolare del 38% del capitale, ha richiesto al Ministero l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria della società Acciaierie d’Italia s.p.a. (ADI) ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 4/2023.

In data 29 febbraio 2024, la sezione fallimentare del Tribunale di Milano ha dichiarato lo “stato di insolvenza” per Acciaierie d’Italia s.p.a., aderendo così alla richiesta del socio pubblico di minoranza Invitalia e del commissario straordinario.

Si rammenta che Acciaierie d’Italia s.p.a è una delle società controllate da Acciaierie d’Italia - ADI Holding. Quest’ultima controlla altre società quali:

·         ADI Energia s.r.l.

·         ADI Servizi Marittimi s.r.l.

·         ADI Tubiforma s.r.l.

·         ADI Socova s.a.s.

·         ArcelorMittal Italy Services s.r.l. (già in liquidazione).

Con decreto del Ministro adottato il 1° marzo 2024, le società  controllate ADI Energia s.r.l. ADI Servizi Marittimi s.r.l., ADI Tubiforma s.r.l., ADI Socova S.a.s. sono ammesse, in estensione e con decorrenza immediata, alla procedura madre di amministrazione straordinaria aperta nei confronti di ADI, ai sensi di quanto previsto dall’art. 3, comma 3, D.L. 347/2003 (L. n. 39/2004) e dagli articoli 80 e 81 D.lgs. n. 270/1999, ed è stato preposto alle predette società il medesimo organo commissariale nominato per ADI, composto dall’ing. Giancarlo Quaranta, dal prof. Giovanni Fiori e dal prof. Davide Tabarelli (vedasi qui, comunicato MIMIT del 1° marzo 2024).

In data 14 marzo 2024 e 21 marzo 2024, il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza, rispettivamente, di ADI Tubiforma s.r.l., ADI Servizi Marittimi S.r.l., ADI Energia S.r.l. e ADI Socova s.a.s..

Con decreto ministeriale 17 aprile 2024 (in G.U. del 3 maggio 2024) la procedura di amministrazione straordinaria è stata estesa anche alla holding (Acciaierie d’Italia Holding s.p.a.), confermando i commissari straordinari già nominati per le altre società del Gruppo.

In data 26 giugno 2024, i commissari straordinari ADI hanno presentato al MIMIT il programma dell’amministrazione straordinaria di ADI e delle relative controllate che contempla, tra l’altro, condizioni e termini della procedura di vendita.

In data 2 luglio 2024, i commissari straordinari ILVA hanno presentato al MIMIT una modifica al programma dell’amministrazione straordinaria con riferimento ad ILVA ed alle sue controllate, che contempla, tra l’altro, condizioni e termini della procedura di vendita.

Con il successivo invito a manifestare interesse all’acquisto, sottoscritto dai commissari straordinari di ILVA in a.s. (Danovi, Di Ciommo e Savi) e di ADI in a.s. (Fiori, Quaranta e Tabarelli), del 31 luglio 2024, i commissari hanno indicato la volontà di espletare congiuntamente, la procedura di vendita dei beni e complessi aziendali facenti capo a ILVA e alle relative controllate, nonché di taluni specifici beni e rapporti facenti capo ad ADI e alle sue controllate.

Gli investitori hanno potuto manifestare il loro interesse entro il 20 settembre 2024. In date 3 ottobre 2024, il Ministro delle imprese e del made in Italy, Sen. Adolfo Urso, rispondendo ad un question time nell’Aula del Senato, ha informato che “al termine della prima fase della procedura di vendita sono pervenute 15 manifestazioni di interesse da parte di diversi player nazionali e internazionali per l’ex ILVA: tre con riferimento all’intero complesso aziendale, dieci con riferimento a singoli rami di azienda due con riferimento a un singolo bene”. Lo stesso Ministro ha inoltre affermato di confidare che la procedura possa chiudersi con l’assegnazione di tutto l’asset produttivo in blocco ad un unico player. Se non si frappongono ostacoli, l’assegnazione potrebbe avvenire già agli inizi del 2025. Nella stessa sede, il Ministro Urso ha informato che è stato attivato il pagamento dei crediti nei confronti delle aziende dell’indotto.

Da ultimo, come riportato nella relazione illustrativa che accompagna la conversione del decreto-legge in esame, il MIMIT avrebbe riferito che il completamento dell’aggiudicazione dei compendi da parte dell’amministrazione straordinaria è slittato al primo quadrimestre del 2025.

 

Si rammenta che, dall’anno 2015, il legislatore è intervenuto per assicurare alcune forme di sostegno alle imprese fornitrici del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria, fortemente in crisi. Tali misure si sono consustanziate, essenzialmente, in un sostegno al credito tramite l’intervento in garanzia del Fondo di garanzia per le PMI con predisposizione di apposita riserva, ovvero in contributi in conto interessi sui finanziamenti così garantiti accesi dalle predette imprese.

In particolare, l’articolo art. 2-bis DL n. 1/2015 ha disposto la costituzione di una riserva fino a 35 milioni di euro – a valere sulle risorse del Fondo di garanzia PMI per sostenere l’accesso al medesimo fondo delle PMI fornitrici di beni o servizi connessi al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell’attività di società gestrici almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi del succitato DL n. 207/2012 (cd. DL ILVA) assoggettate ad amministrazione straordinaria, ovvero creditrici, per le medesime causali, nei confronti di società rispondenti ai suddetti requisiti. In attuazione, è stato adottato il DM 17 ottobre 2016. La percentuale massima di garanzia diretta e di controgaranzia del Fondo è stata riconosciuta nell’80%, fino all’importo massimo garantito di euro 2,5 milioni, senza oneri o spese e a condizione che sulle operazioni finanziarie assistite dal Fondo non venisse acquisita dai finanziatori nessun’altra garanzia reale, bancaria, personale o assicurativa. Al decreto è seguita la circolare operativa n. 1/2017 del MedioCredito Centrale, che ha dato indicazione dell’entrata in vigore della misura, il 27 gennaio 2017 per un massimo di 12 mesi. La circolare ha specificato che il fatturato delle imprese beneficiarie dovesse essere costituito per almeno il 50%, per due esercizi anche non consecutivi, successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010, da forniture di beni e servizi a imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale.

Più recentemente, l’articolo 2-bis del DL n. 4/2024, ha riconosciuto condizioni agevolate di accesso al Fondo di garanzia PMI a favore delle PMI che incontrano difficoltà di accesso al credito a causa dell’aggravamento della posizione debitoria di imprese committenti che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 207/2012, c.d. D.L. ILVA (L. n. 231/2012) in amministrazione straordinaria in data successiva al 3 febbraio 2024.

La garanzia del Fondo di garanzia PMI è riconosciuta a titolo gratuito, su finanziamenti di importo massimo pari ai crediti vantati nei confronti dell’impresa committente, fino alla misura:

a)      dell’80 per cento dell’importo del finanziamento, nel caso di garanzia diretta;

b)      del 90 per cento del finanziamento garantito dal garante di primo livello, nel caso di riassicurazione.

Sono ammesse anche le PMI che, secondo le condizioni di ammissibilità del Fondo, non sarebbero ammesse, in quanto rientranti nella fascia 5 del modello di valutazione. La garanzia del Fondo è concedibile dal 3 febbraio 2024 fino alla chiusura della procedura di amministrazione straordinaria.

Le PMI devono aver prodotto, in un periodo non risalente oltre cinque esercizi precedenti la data di presentazione della richiesta di garanzia, almeno il 35% (anziché il 50%) del fatturato medio complessivo (viene qui specificato) nei confronti del committente sottoposto alle procedure di amministrazione straordinaria[20].

In relazione ai finanziamenti così garantiti dal Fondo, l’articolo 2-ter, comma 1, del medesimo DL n. 4/2024, riconosce la possibilità di fruire, nei limiti della disciplina sugli aiuti di Stato de minimis di un contributo a fondo perduto finalizzato ad abbattere il tasso di interesse applicato sulle medesime operazioni. L’effetto del contributo è quello di ridurre della metà il tasso di interesse contrattuale.

 

 


Articolo 3, comma 14
(Disposizioni in materia di cessioni di compendi assicurativi e allineamento di valori contabili per le imprese)

 

 

L’articolo 3, comma 14, estende da uno a due esercizi la possibilità per le imprese di assicurazione e riassicurazione cessionarie di valutare gli attivi finanziari, non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio, in base al loro valore di rilevazione iniziale, anziché al minore tra il valore di rilevazione iniziale e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole (lettera a)). Inoltre, estende al 31 dicembre 2025 (rispetto al 30 marzo 2025) il periodo entro il quale è consentita la medesima facoltà di cui alla lettera precedente alle imprese di assicurazione che redigono il bilancio d’esercizio sulla base dei principi contabili nazionali che acquisiscano un compendio aziendale dalle anzidette imprese cessionarie (lettera b)).

 

Nel dettaglio, l’articolo 3, comma 14, apporta due modificazioni all’articolo 5 del decreto-legge n. 131 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 2023, il quale reca “disposizioni in materia di cessioni di compendi assicurativi e allineamento di valori contabili per le imprese”.

In particolare, la lettera a), tramite una modifica del comma 1 dell’articolo 5, estende all’esercizio in corso al 2025 (e quindi non solo a quello in corso al 2024 precedentemente previsto) la facoltà per le imprese di assicurazione e riassicurazione che non utilizzano i principi contabili internazionali che acquisiscono un compendio aziendale da un'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa, se non destinato a permanere durevolmente nel patrimonio, di rilevare inizialmente in bilancio gli attivi finanziari riferiti alle gestioni separate al valore di carico, ovvero il valore corrisposto alla data di trasferimento, come risultante dal libro mastro del cedente, anziché al prezzo di cessione.

 

La lettera b) del comma in esame, inoltre, tramite una modifica del comma 2 del menzionato articolo 5, estende al 31 dicembre 2025 (anziché al 30 marzo 2025) l’applicazione della medesima facoltà di cui al comma 1 agli ulteriori soggetti cessionari di tali compendi aziendali.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che l’estensione di tali termini ha la finalità di consentire ai soggetti potenzialmente interessati di poter beneficiare della norma, in considerazione della complessità - e dei conseguenti tempi richiesti dal compimento – delle operazioni necessarie.

 

Si ricorda sinteticamente che, nel testo previgente, il menzionato articolo 5 del decreto-legge n. 131 del 2023 consente alle imprese di assicurazione che non utilizzano i principi contabili internazionali, nel caso in cui acquisiscano un compendio aziendale da parte di un’altra impresa di assicurazione in liquidazione coatta amministrativa, di rilevare inizialmente in bilancio gli attivi finanziari riferiti alle gestioni separate al valore di carico, anziché al prezzo di cessione. Tale rilevazione contabile rileva anche ai fini dell’IRES e dell’IRAP. Gli atti relativi a dette cessioni sono sottoposti a imposta di registro e ipocatastali in misura fissa.

L’articolo consente inoltre al cessionario di valutare, nell’esercizio in corso al 30 settembre 2023 e nel successivo (termine esteso dalla disposizione in esame ai due esercizi successivi, cioè a quello in corso nel 2025), i predetti attivi finanziari, se non destinati a permanere durevolmente nel patrimonio, sulla base del loro valore di rilevazione iniziale, in luogo del minore tra il valore di rilevazione iniziale e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole.

Sono previste disposizioni di analogo tenore – tranne che per alcuni effetti fiscali – anche nei confronti delle imprese assicurative che acquistano, entro il 30 marzo 2025 (termine esteso dalla disposizione in esame al 31 dicembre 2025), compendi aziendali dalle predette imprese cessionarie.


Articolo 4, comma 1
(Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana - Esacri)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 4 sopprime le parole “e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024” relative al termine massimo di durata in carica del Commissario liquidatore e del Comitato di sorveglianza, organi deputati alla liquidazione dell’Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana (Esacri).

 

L’intervento legislativo di cui al comma 1 è attuato modificando l’art. 8, comma 2, del Decreto legislativo n. 178 del 2012 di riorganizzazione della Croce Rossa[21], il quale, nella formulazione originaria, prevedeva che, a far data dal 1° gennaio 2018, gli organi liquidatori dell’Esacri (Commissario liquidatore e Comitato di sorveglianza) restassero in carica fino al completamento delle operazioni di liquidazione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024. Con la soppressione del riferimento a tale data non viene più previsto un termine massimo per la loro permanenza in carica – a parte il riferimento al completamento delle operazioni di liquidazione -.

 

Si ricorda che, prima, con Decreto del Ministro della Salute 8 dicembre 2020 è stata disposta la proroga degli Organi della procedura di liquidazione coatta amministrativa dell’Ente fino al completamento delle operazioni di liquidazione e, comunque non oltre il 28.12.2022. In seguito, con il Decreto-legge n. 198 del 2022[22] è stata ulteriormente prorogata la durata massima della permanenza in carica di tali organi liquidatori non oltre il 31 dicembre 2024.

 

Si può qui brevemente ricordare che ai sensi del comma 1 dell’art. 8-bis del D. Lgs. n. 178 del 2012, dal 2021 sono state trasferite al Ministero della salute le competenze in materia di assegnazione agli enti interessati del finanziamento della CRI. Conseguentemente, a decorrere dall'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero della salute è stato istituito un apposito fondo per il finanziamento annuo di tali enti (cap. 3454), con uno stanziamento pari a euro 117.130.194, a valere sul livello del finanziamento corrente standard del Servizio sanitario nazionale a cui concorre annualmente lo Stato. A decorrere dal medesimo anno 2021, le competenze in materia di definizione e sottoscrizione delle convenzioni fra lo Stato e l'Associazione della Croce Rossa italiana, sono riservate al Ministero della salute e al Ministero della difesa. Il decreto di assegnazione delle risorse e la convenzione con l'Associazione della Croce Rossa italiana possono disporre per un periodo massimo di tre anni. Con il Decreto del Ministero della salute 8 agosto 2024 è stato stabilito il rifinanziamento di tale ente per il 2024.

In particolare su tale fondo trovano copertura:

 

-          -gli oneri (assegnati alle regioni interessate) derivanti dal trattamento economico del personale (autisti/soccoritori) trasferito agli enti del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'art. 6, comma 7, del D. Lgs. n. 178 del 2012;

-          gli oneri (assegnati all’Esacri) a titolo di finanziamento del trattamento economico del personale assegnato alla gestione liquidatoria, ivi compreso quello effettivamente trasferito a pubbliche amministrazioni diverse dagli enti del Servizio sanitario nazionale;

-          gli oneri derivanti dalle Convenzioni. Infatti, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D. Lgs. n. 178 del 2012, il finanziamento è attribuito mediante convenzioni annuali, da stipularsi l’una con il MEF e il Ministero della salute, l’altra con il Ministero della difesa.

 

Dalla relazione illustrativa emerge che la soppressione del termine per la conclusione della procedura coatta amministrativa dell’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana si rende necessaria in quanto nella predetta procedura permangono particolari aspetti di criticità, che non permettono di ipotizzare la chiusura della procedura liquidatoria nel breve termine.

 

L’Associazione della Croce Rossa italiana (di seguito Associazione) è disciplinata dal D. Lgs. n. 178 del 2012 (Decreto di riordino), che ne ha previsto la costituzione, qualificandola come persona giuridica di diritto privato di interesse pubblico ed ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, posta sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica. A decorrere dal 1° gennaio 2016, l’art. 1 del Decreto di riordino ha trasferito alla costituenda Associazione le funzioni precedentemente esercitate dall’Associazione italiana della Croce Rossa (CRI), la quale ha assunto la nuova denominazione di “Ente Strumentale alla Croce Rossa italiana” (Esacri), mantenendo la personalità giuridica di diritto pubblico come ente non economico, sia pure non più associativo. Ai sensi dell’art. 8 del citato D. Lgs. n. 178 del 2012, l’Esacri è stato posto in liquidazione a far data dal 1° gennaio 2018. L’Ente è soggetto alla vigilanza del Ministero della Salute e del Ministero della Difesa, opera con contingente di personale dipendente pubblico, i cui oneri sono a carico del Fondo sanitario nazionale, e ha il compito di concorrere temporaneamente allo sviluppo della nuova Associazione della Croce Rossa italiana. L’art 8, co. 2, del Decreto di riordino, alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 16 del decreto legge n. 148 del 2017[23] ha previsto che “a far data dal 1° gennaio 2018 l' Ente è posto in liquidazione coatta amministrativa ai sensi del titolo V del Regio decreto n. 267 del 1942, (Legge Fallimentare)”. Gli organi deputati alla liquidazione, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lettere c) e b) del Decreto di riordino sono individuati nell’Amministratore dell'ente, con compiti di rappresentanza legale e di gestione e nel Collegio dei revisori dei conti nominato, costituito da tre componenti, di cui uno magistrato della Corte dei conti con funzioni di Presidente, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con Decreto del 28 dicembre 2017, il Ministro della Salute, al fine di garantire il compimento delle funzioni riconducibili alla fase liquidatoria dell’Esacri, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui all’art. 8, co. 2, del Decreto di riordino, ha nominato l’Amminisatratore dell’Ente “Commisario liquidatore”, e disposto, tra l’altro, che il Collegio dei revisori dei conti dell’Ente svolga le funzioni di Comitato di Sorveglianza. Con decreto del Ministro della Salute del 19 giugno 2023 è stato nominato il Comitato di Sorveglianza dell’Ente in liquidazione coatta amministrativa.

Per approfondimenti v.:

-          Piano della performance dell’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana in liquidazione coatta amministrativa 2024 .

-          Delibera 126/2024 della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Associazione croce rossa italiana - Organizzazione di volontariato, per l'esercizio 2020.


Articolo 4, comma 2
(Ulteriore proroga della d
eroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per medici ucraini)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 4 proroga (dal 31 dicembre 2024) al 31 dicembre 2025 la possibilità dell'esercizio temporaneo sul territorio nazionale delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario da parte dei professionisti cittadini ucraini, residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, derogando alle previsioni della normativa vigente in materia di esercizio delle professioni sanitarie.

 

La proroga in esame è la terza, realizzata con la tecnica della novella all’articolo 34, comma 1, del D.L. n. 21/2022 recante misure urgenti di contrasto degli effetti economici e umanitari della crisi ucraina (L. n. 51/2022)[24] che prevedeva il termine originario del 4 marzo 2023 (dal 22 marzo 2022, data di entrata in vigore del decreto-legge), in favore dei medici e sanitari ucraini, della possibilità di derogare alla normativa vigente sui riconoscimenti delle qualifiche professionali sanitarie di cui agli articoli 49 e 50 del Regolamento di cui al DPR 31 agosto 1999, n. 394[25], oltre che alle disposizioni di cui al D. Lgs. 206 del 2007[26].

Ne consegue che i professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 possono ad oggi richiedere l'esercizio temporaneo sul territorio nazionale delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private. Tale esercizio riguarda una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base ad una qualifica professionale conseguita all'estero regolata da specifiche direttive dell'Unione europea (citato articolo 34, comma 1, primo periodo). Ai cittadini ucraini, che comunque devono risultare residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, viene pertanto consentito l’esercizio temporaneo sul territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, di una professione sanitaria o la professione di operatore sociosanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero regolata in particolare dalla direttiva 2005/36/CE.

 

Conseguentemente la disposizione in esame si aggiunge a quanto già previsto per il riconoscimento delle qualifiche professionali in relazione all’emergenza sanitaria, prevedendo che le strutture sanitarie interessate possano procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente (v. box), fermo restando il divieto del superamento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario disposto dall’articolo 5 del D.L. 7 giugno 2024, n. 73 (L n. 107/2024). Pertanto, come precisato dalla relazione tecnica a corredo della norma, la disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica atteso che le strutture sanitarie interessate procedono al reclutamento temporaneo di tali professionisti nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

Si ricorda che l’articolo 13 del DL.18/2020[27], già prorogato fino al 31 dicembre 2022[28], ha derogato alle norme in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie in relazione all’emergenza COVID-19. Tale disposizione prevede, però, la presentazione dell’istanza da parte degli interessati corredata del certificato di iscrizione all’albo professionale del Paese di provenienza, caso non applicabile ai cittadini ucraini, dal momento che è assente l’albo professionale indicato.

In Italia, l’esercizio della professione medica - e sanitaria più in generale – è praticabile esclusivamente a seguito di abilitazione alla professione stessa, in considerazione della particolare importanza del bene tutelato, cioè la salute dell'individuo; ne consegue pertanto che tale esercizio è consentito solo attraverso l'iscrizione ad Albi professionali, secondo procedure stabilite dalla legge.

La deroga è al dispositivo dell’articolo 49 del DPR n. 394 del 31 agosto 1999 (T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero), che disciplina il riconoscimento dei titoli abilitanti all'esercizio delle professioni e quindi la possibilità per i cittadini stranieri non residenti di esercitare in Italia come lavoratori autonomi o dipendenti delle professioni corrispondenti (nella fattispecie sanitarie). Pertanto, è tuttora possibile ottenere tale riconoscimento anche in assenza di un titolo abilitante all’esercizio della professione; al riguardo, il successivo articolo 50 del medesimo T.U. specifica quali disposizioni si applicano in particolare agli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo che anche il nominativo del professionista con titolo conseguito all’estero deve risultare negli appositi elenchi di cittadini stranieri che abbiano ottenuto il riconoscimento di titoli abilitanti o per i quali non vi è ancora un ordine o un collegio. Tali elenchi sono tenuti presso il Ministero della salute e vengono aggiornati annualmente.

Lo stesso articolo 50 prescrive come presupposti all’iscrizione, oltre che la conoscenza della lingua italiana, la conoscenza delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia in base alle modalità stabilite dal Ministero della salute: verifica preventiva all’iscrizione che è affidata, oltre che al medesimo Ministero, agli ordini e ai collegi professionali, con oneri a carico dei soggetti interessati.

 

La finalità della norma è continuare ad agevolare l’ingresso in Italia dei cittadini ucraini in fuga a causa della situazione bellica in atto e disporre per essi l’autorizzazione all’esercizio temporaneo di una professione sanitaria o della professione di operatore socio-sanitario. Poiché in Ucraina non è prevista l’iscrizione all’albo professionale, la norma in esame si rende necessaria al fine della verifica dell’effettiva qualifica professionale ad opera delle strutture sanitarie interessate. Si sottolinea che i predetti professionisti devono essere comunque muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati.

 

Al riguardo, si fa riferimento al progetto del Consiglio d’Europa relativo al Passaporto europeo per le qualifiche dei rifugiati (EQPR) e si propone di facilitare il riconoscimento delle qualifiche dei rifugiati anche in assenza di una documentazione completa.

Il citato Passaporto è uno strumento internazionale che consente di valutare i titoli di istruzione e le qualifiche dei rifugiati, ottenuti nel Paese di provenienza, anche in caso di documentazione mancante o insufficiente. Consente l’ammissione ad ulteriori studi nei Paesi di arrivo ed accoglienza, agevolando il processo di integrazione e di occupazione dei beneficiari di asilo politico, protezione internazionale e protezione temporanea. Il passaporto indica anche le esperienze lavorative ed il livello linguistico.

Per completezza, si ricorda la Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative all'insegnamento superiore nella regione europea (nota anche come "Convenzione di Lisbona sul riconoscimento") del Consiglio d'Europa e dell'UNESCO, adottata a Lisbona nel 1997[29]. Si tratta del principale strumento giuridico per il riconoscimento delle qualifiche nella regione dell'Europa e dell'America settentrionale dell'UNESCO. Essa consente ai titolari di una qualifica di un paese firmatario di accedere alla valutazione delle sue qualifiche in un altro paese firmatario. Tale valutazione e il successivo riconoscimento possono essere finalizzati ad accedere a un'ulteriore istruzione terziaria; utilizzare titoli accademici; facilitare l'accesso ai mercati del lavoro.

 

 

L’articolo 13 del DL. 18/2020 ha consentito, per tutta il periodo dell’emergenza sanitaria COVID-19, in deroga alle norme che disciplinano le procedure per il riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite in uno Stato dell’Unione europea o in Stati terzi, l'esercizio temporaneo di tali qualifiche, fino al 31 dicembre 2022, da parte di professionisti che intendono esercitare sul territorio nazionale una professione sanitaria conseguita all’estero in base a specifiche direttive dell’Unione europea (direttiva 2005/36/CE).

Le Regioni e le Province autonome possono pertanto procedere al reclutamento di tali professionisti in relazione al solo periodo dell’emergenza epidemiologica in base a quanto disposto dai precedenti articoli 2-bis e 2-ter del medesimo DL. 18/2020.

A tal fine, gli interessati ha dovuto presentare istanza, corredata di un certificato di iscrizione all'albo dello Stato di provenienza, alle Regioni e Province autonome, le quali possono procedere al reclutamento temporaneo, nei limiti delle risorse previste dal medesimo decreto legge n. 18/2020.

Le strutture sanitarie sono tenute a comunicare alle Regioni e alle Province autonome sul cui territorio avviene il reclutamento, nonché ai relativi Ordini professionali, i nominativi dei professionisti sanitari reclutati in base alla norma in esame, anche al fine di consentirne la rilevazione. Alle Regioni e le Province autonome è attribuito il compito di curare la conservazione della documentazione ricevuta e di istituire un elenco dei professionisti sanitari e degli operatori socio-sanitari reclutati, da trasmettere successivamente ai relativi Ordini professionali, provvedendo a tale attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

I professionisti interessati alla deroga, pertanto, sono tenuti a depositare presso la struttura sanitaria che procede al reclutamento temporaneo la documentazione attestante il possesso della qualifica professionale sanitaria o di operatore socio-sanitario, aggiungendo l’obbligo che tale documentazione sia munita di traduzione asseverata presso il tribunale.

La disposizione in esame presenta carattere ordinamentale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, considerati i limiti di spesa previsti dall’articolo 11, comma 1, del DL. n. 35/2019 (L. 60/2019)[30] per i contratti stipulati a carattere temporaneo dalle strutture sanitarie a tempo determinato ovvero con incarichi libero professionali anche di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga a quanto previsto dal D. Lgs. n. 165/2001.

 

Si ricorda che il D. Lgs 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego) come modificato dalla legge 97/2013 (legge comunitaria 2013) ha esteso l’accesso al pubblico impiego, già previsto per i cittadini dell’Unione Europea, anche ai cittadini stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti (art. 38 del D.Lgs 165/2001), ma non a tutti indistintamente. In particolare la possibilità di svolgere un lavoro presso una pubblica amministrazione e? possibile per i lavoratori stranieri titolari di:

·      permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (ex carta di soggiorno);

·      status di rifugiato;

·      status di protezione sussidiaria

Possono, inoltre, accedere al pubblico impiego i familiari extracomunitari di cittadini dell’Unione europea, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

L’accesso al pubblico impiego per i cittadini stranieri non e? stato esteso ai ruoli che, nelle amministrazioni pubbliche, implicano esercizio di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell’interesse nazionale.

Al riguardo, il Testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998) prevede diversi titoli di soggiorno che consentono lo svolgimento di una attività lavorativa, per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, per lavoro autonomo; per attesa occupazione; per motivi familiari; permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti (ex carta di soggiorno); per richiesta asilo; per asilo politico; per protezione sussidiaria; per motivi umanitari (in corso di validità al momento dell’approvazione del DL 113/2018 che lo ha abrogato); per “casi speciali” – regime transitorio (equivalente per la durata del regime transitorio al permesso per “motivi umanitari” abrogato); per “protezione speciale (introdotto dal DL 113/2018); per calamità (introdotto dal DL 113/18); per atti di particolare valore civile (introdotto dal DL113/18); per altri casi speciali e residuali[31];

Alcune categorie di permessi di soggiorno consentono l’attività lavorativa in condizioni particolari, tra i quali motivi di studio / formazione e tirocinio; per assistenza minore; per casi particolari di ingresso ex art. 27 del testo unico immigrazione; per motivi di ricerca scientifica, attività sportiva, lavoro di tipo artistico, vacanza lavoro, missione volontariato, per cure mediche, anche ex art. 19 co. 2 lett. d-bis D.Lgs. n. 286/1998 (introdotto dal DL n. 113/2018), per residenza.

Non consentono in ogni caso attività lavorativa i permessi di soggiorno per: turismo; motivi religiosi; giustizia; attesa cittadinanza; attesa apolidia.


Articolo 4, comma 3
(Proroga della possibilità di conferimento di alcuni tipi di incarichi a tempo determinato nell'ambito del SSN)

 

 

Il comma in titolo consente alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN) di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari - previsti nel periodo emergenziale legato al COVID-19 e successivamente prorogati[32] - per far fronte alle carenze di personale sanitario e socio-sanitario che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento. Si tratta del conferimento di incarichi di lavoro autonomo o a tempo determinato a medici specializzandi e del conferimento di incarichi a tempo determinato a personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari.

 

In particolare, il comma in esame apporta alcune modifiche testuali all’articolo 1, comma 268, della legge di bilancio 2022 (legge 234/2021).

 

La disposizione oggetto di novella - ai fini di rafforzare strutturalmente i servizi sanitari regionali, di far fronte alla lunghezza delle liste d’attesa e di consentire la valorizzazione della professionalità acquisita dal personale (anche nello svolgimento del servizio durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19) - consentiva che, fino a tutto l’anno 2024, gli enti ed aziende del SSN conferissero incarichi in base ad alcune norme transitorie dalla stessa richiamate[33], nel rispetto di determinate condizioni (v. infra).

In virtù di una delle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma in esame, il conferimento dei predetti incarichi è ammesso anche nell'anno 2025.

In particolare, si consente che gli enti ed aziende succitati continuino in tale anno a conferire incarichi di lavoro autonomo, ivi compresi incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, a medici specializzandi iscritti all'ultimo o al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione, nonché, mediante avviso pubblico e selezione per titoli o colloquio orale, ovvero per titoli e colloquio orale , incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari , oltre che ai medici specializzandi predetti.

Tali facoltà sono esercitabili anche mediante proroga dei rapporti omologhi già in corso (stipulati in base alle suddette norme transitorie), fino ad un termine, in ogni caso, non successivo al 31 dicembre 2025. Detto termine è stato così ampliato da un’altra delle modifiche introdotte dalla lettera b) del comma in esame: in base al testo previgente la proroga dei rapporti in corso non poteva estendersi oltre il 31 dicembre 2024.

Le facoltà anzidette erano, nel testo previgente, subordinate al rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35[34], e alla condizione della previa verifica dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio o di ricorrere agli idonei di graduatorie concorsuali in corso di validità. Il riferimento specifico al rispetto dei predetti limiti di spesa è stato sostituito, dalla lettera a) del comma in esame, con il riferimento ai limiti di spesa previsti dalla “disciplina vigente in materia”, ferme restando le condizioni sopra riportate.

 

In sede di relazione illustrativa, il Governo osserva che la proroga di cui al comma in esame “è finalizzata a consentire alle aziende ed enti del SSN di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari per attenuare le carenze di personale, in particolare sanitario, che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento e conseguentemente è diretta a garantire i livelli essenziali assistenza”.

In sede di relazione tecnica, viene evidenziato che “la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica considerato che la predetta misura straordinaria può essere attivata dagli enti del Servizio sanitario nazionale in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale”.


Articolo 4, comma 4
(Proroga per l’anno 2025 della possibilità di conferimento di incarichi di lavoro autonomo a laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti agli ordini professionali, anche se privi della specializzazione)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 4 prevede la proroga, per l’anno 2025, della possibilità per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale (SSN) di conferimento di incarichi di lavoro autonomo a laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti agli ordini professionali, anche se privi della specializzazione, nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario.

 

La relazione illustrativa (RI) chiarisce che la finalità della presente misura di proroga è quella di consentire alle aziende ed enti del SSN di utilizzare, anche per l’anno 2025, alcuni strumenti straordinari per attenuare le carenze di personale, in particolare sanitario, che non possono essere risolte con gli ordinari istituti previsti dall’ordinamento. Conseguentemente – rimarca la RI – la misura è diretta a garantire i livelli essenziali assistenza.

La relazione tecnica osserva che dalla norma non derivano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, in quanto la predetta possibilità di reclutamento è consentita nel rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

In particolare, la disposizione in esame, intervenendo con la tecnica della novella, apporta modifiche testuali all’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198[35]. La predetta disposizione oggetto di novella è a sua volta una norma di proroga, che nel testo previgente stabiliva che le disposizioni di cui all'articolo 2-bis, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18[36], continuassero ad applicarsi fino al 31 dicembre 2024 nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35[37]

Le modifiche introdotte dal comma in esame consistono nel sostituire il termine finale di applicazione della disciplina transitoria richiamata (31 dicembre 2025 in luogo del 31 dicembre 2024), e nel prescrivere il rispetto della disciplina vigente in materia di spesa di personale per gli enti del Servizio sanitario nazionale, anziché il rispetto di una specifica disposizione in materia (cioè dell'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 35/2019, cui faceva riferimento il testo previgente).

Le disposizioni oggetto di proroga (ossia quelle di cui al citato articolo 2-bis, comma 3, del decreto-legge n. 18/2020) stabiliscono che alcuni incarichi di lavoro autonomo (ivi compresi incarichi di collaborazione coordinata e continuativa), previsti dalla disciplina transitoria in materia di emergenza epidemiologica da COVID-19, possono essere attribuiti - da parte degli enti ed aziende del SSN - anche a tutti i laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti all'ordine professionale. Gli incarichi in questione devono avere durata non superiore a sei mesi e sono conferibili in deroga all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[38], e all'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[39], convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

Si ricorda che il summenzionato articolo 7 del d. lgs. 165/2001 dispone in ordine alla gestione delle risorse umane delle pubbliche amministrazioni, mentre il succitato articolo 6 del d.l. 78/2010 reca norme sulla riduzione dei costi degli apparati amministrativi.

 


Articolo 4, comma 5
(Proroga del periodo di maturazione del servizio triennale come requisito temporaneo per l’accesso alla dirigenza del SSN relativa ai servizi di emergenza-urgenza)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 4 – con una modifica all’articolo 12, comma 1, del D.L. n.34/2023 – incide sulla disciplina che, a determinate condizioni, dà diritto al personale medico, fino al 31 dicembre 2025, in base all’esperienza professionale acquisita, di partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina d’emergenza-urgenza, anche senza alcun diploma di specializzazione.

Esso in particolare è volto a estendere al 31 dicembre 2024 (in luogo del 30 giugno 2023) il termine finale del periodo di maturazione, da parte del personale medico, di almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o altre forme di lavoro flessibile, quale requisito di partecipazione ai concorsi sopracitati.

 

Più in dettaglio, il comma 5 in esame, con la tecnica della novella, modifica il termine finale - portandolo al 31 dicembre 2024 in luogo del 30 giugno 2023 -, del periodo decorrente dal 1° gennaio 2013, entro cui, in base al comma 1 dell’articolo 12 del DL. n. 34/2023[40] si prevede la possibilità – fino al 31 dicembre 2025 - per il personale medico anche non in possesso di idonea specializzazione, che abbia maturato almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, nel settore dell’emergenza-urgenza, di essere ammesso a partecipare ai concorsi per l'accesso alla dirigenza medica del Servizio sanitario nazionale nella disciplina di Medicina d'emergenza-urgenza. Ciò allo scopo di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e valorizzare l'esperienza professionale acquisita nel settore dell’emergenza-urgenza.

 

Tale modifica normativa - a carattere ordinamentale, cui non sono perciò ascrivibili effetti onerosi - determina un potenziale ampliamento della platea dei soggetti che potrebbero accedere ai concorsi banditi nei servizi di emergenza– urgenza, stante la perdurante carenza di personale in tale ambito su tutto il territorio nazionale.

 

Il periodo dei tre anni può essere maturato sia con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con contratti di convenzione o altre forme di lavoro flessibile, ovvero anche con un documentato numero di ore di attività, equivalente ad almeno tre anni di servizio del personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, anche non continuative, presso i predetti servizi di emergenza-urgenza.

La modifica normativa sopprime anche il requisito precedentemente previsto – eliminando in tal modo un ulteriore limite - della maturazione in corso del suindicato periodo triennale, calcolata alla data di pubblicazione del medesimo DL. 34/2023, vale a dire il 31 marzo 2023.

 

 

L’articolo 12 del sopra citato DL. n. 34/2023 ha definito particolari misure a favore del personale sanitario medico dei servizi di emergenza-urgenza fino al 31 dicembre 2025, sia nei casi in cui lo stesso personale svolga la propria attività presso le strutture ospedaliere di pronto soccorso che in quelli in cui la svolga presso i servizi di emergenza territoriale.

Innanzitutto è stato previsto un regime temporaneo per l’ammissione - di tale personale con determinati requisiti – ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina d’emergenza e urgenza[41], ancorché non in possesso di alcun diploma di specializzazione[42].

Il servizio prestato in base alla predetta disciplina deve essere certificato, su istanza dell’interessato, dalla struttura presso la quale è stato svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda.

La finalità della norma è quella di far fronte alla carenza delle professionalità mediche nella specializzazione dell’emergenza-urgenza, considerato che, come sottolinea la relazione illustrativa, negli ultimi anni si è registrata su tutto il territorio nazionale una non soddisfacente partecipazione dei medici specialisti alle procedure di reclutamento indette nella disciplina di Medicina d’emergenza e d'urgenza, e non si è riusciti pertanto a coprire gran parte dei posti relativi ai contratti di formazione specialistica in tale ramo, con difficoltà anche nell’assicurare la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

 

L’assunzione può avvenire anche in deroga alle incompatibilità previste a legislazione vigente per l’assunzione di incarichi libero-professionali presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del SSN – purché in ambiti strettamente correlati alla specializzazione intrapresa-, per un massimo di 8 ore settimanali, con una remunerazione integrativa di 40 euro lordi, valutabile nell’ambito del curriculum formativo e professionale nei concorsi per dirigente medico del SSN. Il servizio prestato, peraltro, deve certificato, su istanza dell'interessato, dalla struttura presso la quale è stato svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda.

Il personale medico in formazione può peraltro prestare la propria collaborazione volontaria e occasionale, con contratto libero-professionale, agli enti e alle associazioni che, senza scopo di lucro, svolgono attività di raccolta di sangue ed emocomponenti, purché al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermi restando gli obblighi formativi, fino all’adozione di un apposito regolamento in materia.

Si prevede inoltre la possibilità, sempre fino al 31 dicembre 2025, della trasformazione del rapporto di lavoro da impegno orario pieno a impegno orario ridotto o parziale, in deroga ai contingenti previsti dalle disposizioni vigenti, per il personale, dipendente e convenzionato, operante nei servizi di emergenza-urgenza degli enti del SSN in possesso dei requisiti per il pensionamento anticipato previsti dall’ordinamento vigente, comunque entro i limiti d’età già previsti e previa apposita autorizzazione degli enti del SSN interessati.

Peraltro, al personale sanitario per cui il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, è riconosciuto, ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia ed alla pensione anticipata, l'incremento dell'età anagrafica con un coefficiente di trasformazione pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di urgenza ed emergenza presso aziende ed enti del SSN, nel limite massimo di 24 mesi.


Articolo 4, comma 6
(Disposizione in materia di procedure relative all’eventuale superamento del limite della spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti)

 

 

L’articolo 4, comma 6, modifica una norma transitoria nell’ambito della disciplina sulle procedure conseguenti all’eventuale superamento del limite annuo della spesa farmaceutica ospedaliera per acquisti diretti, disciplina di cui all'articolo 1, commi da 574 a 584, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni. La novella differisce dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025 il termine finale di applicazione del metodo transitorio di rilevazione, da parte dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), del fatturato di ciascuna azienda titolare di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC), relativamente agli acquisti diretti ospedalieri dei farmaci di classe A ed H[43]. Tale metodo transitorio si basa sui dati del Nuovo sistema informativo sanitario, riscontrati mensilmente e validati per via telematica dalle aziende farmaceutiche, mentre il metodo previsto a regime si basa sui dati presenti nelle fatture elettroniche[44].

 

Si ricorda che il limite annuo di spesa per gli acquisti diretti in esame è pari, in percentuale del livello del finanziamento (cui concorre lo Stato) del fabbisogno sanitario nazionale standard e al netto degli acquisti diretti relativi ai gas medicinali, a 8,5 punti percentuali a decorrere dall’anno 2024[45]; per i gas medicinali si applica un limite annuo separato, pari a 0,2 punti (in rapporto alla medesima base di calcolo); il computo concerne gli acquisti diretti ospedalieri dei farmaci delle summenzionate classi A ed H, con esclusione delle fattispecie specifiche previste dai commi 577, 578 e 584 del citato articolo 1 della L. n. 145 del 2018, e successive modificazioni.

Per i casi di superamento dei limiti, la disciplina in esame stabilisce i criteri di riparto delle quote di ripiano. La quota complessiva di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche (cosiddetto pay back) è pari al cinquanta per cento dell’importo complessivo eccedente il limite di spesa, mentre l’altra metà dell’eccedenza è a carico delle regioni e province autonome in cui si sia verificato il superamento (in proporzione alle medesime eccedenze). Riguardo alla quota di ripiano a carico delle aziende, i relativi versamenti sono attribuiti alle regioni e province autonome secondo i seguenti criteri: per una metà della quota aziendale di ripiano, si applica il criterio dell’attribuzione dei versamenti a ogni ente territoriale in proporzione alla relativa popolazione residente (criterio del pro capite); per l’altra metà, si applica il criterio del riparto dei versamenti in proporzione all’importo eccedente il suddetto limite di spesa, accertato per il rispettivo ente territoriale; l’applicazione di tali criteri non può in ogni caso determinare, per il singolo ente territoriale, l’attribuzione di una quota di risorse superiore al settanta per cento del complessivo importo eccedente, accertato per l’ente territoriale, o inferiore al trenta per cento del medesimo importo[46].

Riguardo alle motivazioni relative al differimento stabilito dall’articolo 4, comma 6, si rinvia alla relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[47], la quale indica alcune criticità e insufficienze che deriverebbero, allo stato attuale, dal riferimento ai dati presenti nelle fatture elettroniche.

 


Articolo 4, comma 7, lettera a)
(
Proroga dei termini di validità dell’iscrizione all’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL e di altri enti del Servizio Sanitario Nazionale)

 

 

Il comma 7, lettera a), dell’articolo 4 dispone, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la proroga del termine di validità dell’iscrizione nell’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle ASL, AO (Aziende ospedaliere) e degli altri enti del SSN per i soggetti iscritti nell’apposito elenco del Ministero della salute, fino alla pubblicazione del nuovo elenco aggiornato e comunque non oltre il 31 dicembre 2025 (in precedenza non oltre il 31 dicembre 2024).

 

Con la tecnica della novella, la disposizione in esame interviene sul comma 3 dell’articolo 4, del D.L. n. 215/2023[48] (L. n. 18/2024) in materia di termini normativi, disponendo la proroga del termine di validità dell'iscrizione in tale elenco di direttori generali suscettibili di nomina fino alla pubblicazione del nuovo elenco nazionale aggiornato e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025 (precedentemente 31 dicembre 2024).

Si tratta dell'elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale (qui il link), aggiornato su base biennale, di cui all'articolo 1, comma 2, del D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 171, già inizialmente pubblicato sul sito internet del Ministero della salute in data 12 febbraio 2018.

 

In proposito, inizialmente, l'articolo l, comma 2, del D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 171[49] ha previsto che l’iscrizione al suddetto elenco, fermo restando l’aggiornamento biennale dello stesso, fosse valida per quattro anni: pertanto, per i soggetti iscritti nell'elenco pubblicato sul sito internet del Ministero della salute in data 12 febbraio 2018[50], la validità dell'iscrizione nell'elenco stesso era in scadenza il 12 febbraio 2022[51].

Al fine di non vedere ridotta la platea dei soggetti idonei all'incarico di direttore generale delle Aziende e degli Enti del SSN, anche in ragione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dal perdurare dell'emergenza epidemiologica, l’articolo 4, comma 3 del D.L. 228/2021[52] ha una prima volta prorogato la predetta iscrizione fino alla pubblicazione, nell'anno 2022, dell'elenco nazionale aggiornato e comunque non oltre il 30 giugno 2022. Il termine è stato successivamente differito al 31 dicembre 2022, dal comma 5-bis dell’articolo 35 del D.L. n. 73/2022 (L. n. 122/2022)[53].

Il D.L. 198/2022[54] (art. 4, comma 3 –ter) ha poi consentito l’integrazione fino al 30 aprile 2023 del citato elenco previa riapertura dei termini di presentazione delle domande da parte dei soggetti interessati.

La Commissione (v. box) successivamente nominata con decreto ministeriale 28 gennaio 2022 per la selezione dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, ha proceduto all’aggiornamento dell’elenco pubblicato in data con determina del 24 maggio 2023, con la validità dell’iscrizione nell’elenco stesso fino al 31 marzo 2024.

L’articolo 4, comma 3, del citato D.L. 215/2023 ha poi prorogato il termine di validità dell'iscrizione nell'elenco nazionale fino alla pubblicazione dell'elenco nazionale aggiornato e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024 (v. pagina del Ministero della salute aggiornamento al 9 gennaio 2024)-

 

Per tale termine, con la disposizione in esame, si prevede ora la proroga al massimo entro il 31 dicembre 2025, con la finalità, come spiegato dalla relazione illustrativa alla norma, di provvedere altresì all’attuazione degli obiettivi inscritti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR.

 

In materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, si segnala l'attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p) della legge n. 124/2015, da parte del decreto legislativo n. 171/2016 che, nell'ambito di una più ampia disciplina di delega in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, ha disposto la revisione delle norme sul conferimento di incarichi direttoriali negli enti ed aziende del SSN.

La principale novità in proposito è la costituzione di un elenco nazionale, presso il Ministero della Salute, dei soggetti idonei a ricoprire l'incarico di direttore generale delle ASL, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del SSN, policlinici universitari compresi. Vengono anche definite le disposizioni per il conferimento degli incarichi e prevista la decadenza da direttore generale in caso di gravi disavanzi, per violazioni di legge o per il mancato rispetto delle norme in materia di trasparenza. Sono poi previste nuove misure anche per il conferimento degli incarichi di direttore sanitario, amministrativo e sociosanitario. Le disposizioni di attuazione sono in vigore dal 18 settembre 2016, con delega vigente dal 28 agosto 2015.

Più nel dettaglio, l'elenco, istituito presso il Ministero della Salute, è aggiornato con cadenza biennale. Sempre ogni due anni, per la formazione dell'elenco nazionale dei soggetti idonei, deve essere nominata una Commissione composta da cinque esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione e gestione aziendale, di cui due designati dal Ministro della salute, uno con funzioni di Presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e due designati dalla Conferenza Stato-Regioni[55].

Le Regioni devono procedere a nominare direttori generali esclusivamente coloro che risultano iscritti all'elenco nazionale. Una commissione regionale composta da esperti, indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti, ed uno designato dall'AGENAS, procede poi a una valutazione per titoli e colloquio dei candidati, tenendo conto anche di eventuali provvedimenti di accertamento della violazione degli obblighi in materia di trasparenza.

Al riguardo, il presidente della Regione propone una terna di candidati nell'ambito dei quali verrà scelto quello che presenta i requisiti maggiormente coerenti con le caratteristiche dell'incarico da attribuire. Nel decreto viene inoltre specificato che, nella terna proposta, non potranno essere inseriti coloro che abbiano ricoperto l'incarico di direttore generale, per due volte, presso la stessa azienda sanitaria locale, azienda ospedaliera o ente del SSN[56]. Le previsioni appena descritte si applicano anche alle aziende ospedaliero universitarie, ferma restando per la nomina del direttore generale l'intesa del Presidente della Regione con il Rettore.

Con riferimento alle disposizioni per il conferimento dell'incarico di direttore sanitario, direttore amministrativo e di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del SSN, la Commissione deve valutare per la scelta i titoli formativi e professionali, scientifici e di carriera presentati dai candidati, secondo specifici criteri indicati nell'avviso pubblico. Anche in questo caso l'elenco regionale viene aggiornato con cadenza biennale, e l'incarico di direttore amministrativo, di direttore sanitario e di direttore dei servizi sociosanitari non potrà avere durata inferiore a tre anni e superiore a cinque anni. Il conferimento di questi incarichi è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo, con partecipazione alla Commissione nazionale e alle Commissioni regionali a titolo gratuito.

 


Articolo 4, comma 7, lettera b)
(Raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati in medicina e chirurgia)

 

 

Il comma 7, lettera b) dell’articolo 4, modificando il comma 5-bis dell’articolo 4 del  D.L. 30 dicembre 2023, n. 215[57]sospende fino al 31 dicembre 2025 (invece che fino al 31 dicembre 2024, come previsto in precedenza) l’efficacia delle disposizioni del Regolamento recante la disciplina per l'attività di raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati in medicina e chirurgia abilitati, di cui al D.M. 30 agosto 2023 n. 156,  al fine di armonizzare le vigenti disposizioni a quelle del comma  5-ter del già citato D.L. n.215/2023.

 

 

Il comma 7, lettera b) dell’articolo 4, modificando il comma 5-bis dell’articolo 4 del  D.L. 30 dicembre 2023, n. 215[58], sospende fino al 31 dicembre 2025 (invece che fino al 31 dicembre 2024, come previsto in precedenza) l’efficacia delle disposizioni del Regolamento recante la disciplina per l'attività di raccolta sangue e emocomponenti da parte di laureati in medicina e chirurgia abilitati, di cui al D.M. 30 agosto 2023 n. 156,  adottato in attuazione dell’articolo 19, comma 11, secondo periodo della legge finanziaria per il 2002 (Legge 28 dicembre 2001, n. 448. Ciò al fine di armonizzare le vigenti disposizioni a quelle del comma 5-ter del già citato D.L. n.215/2023.

 

 

Quest’ultimo, modificando l’articolo 19, comma 11, secondo periodo della legge finanziaria per il 2002 (Legge 28 dicembre 2001, n. 448[59]) specifica che la collaborazione volontaria ed occasionale dei laureati in medicina e chirurgia abilitati all’attività di raccolta di sangue ed emocomponenti sulla base di convenzioni stipulate con le regioni o con gli enti del Servizio sanitario nazionale, possa avvenire non solo a titolo gratuito ma anche con contratto libero-professionale.

A tale proposito va brevemente ricordato che il citato D.M. n. 156/2023, prevede disposizioni di attuazione dell'articolo 19, comma 11, secondo e terzo periodo[60], della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (legge di bilancio per il 2002),  individuando modalita' e  limiti  per  la collaborazione volontaria, gratuita  e  occasionale  di  laureati  in medicina  e  chirurgia  abilitati,  anche   iscritti   a   corsi   di specializzazione o ai  corsi  di  formazione  specifica  in  medicina generale,  presso  gli  enti  e associazioni  che  svolgono  attivita'  di  raccolta  di  sangue   ed emoderivati senza scopo di lucro. I medici citati svolgono la loro attività a supporto del personale operante nei relativi servizi. Vengono poi discplinate le modalità di svolgimento delle attività, gli specifici adempimenti a carico dei medici in formazione e gli obblighi (anche di copertura assicurativa) degli enti e delle associazioni presso le quali sono svolte le attività di raccolta sangue.

In tal senso la sospensione dell’efficacia del citato D.M. ad opera del comma 9 lettera b) dell’articolo 4 in esame, viene disposta poiché attualmente esso (cfr. art. 1) prevede e disciplina la collaborazione volontaria, gratuita e occasionale di laureati in medicina e  chirurgia  abilitati, mentre con la modifica recata al comma 11 della legge finanziaria per il 2002 dal descritto comma 5-ter dell’articolo 4 del citato D.L. n. 215/2023 si inserisce anche la collaborazione con contratto libero-professionale.

 

 

 

 

 


Articolo 4, comma 7, lettera c)
(Proroga del termine per l’adeguamento alla riforma in materia di accreditamento istituzionale e stipula degli accordi con gli erogatori)

 

 

La disposizione in titolo proroga al 31 dicembre 2025 il termine entro il quale le regioni e le province autonome provvedono ad adeguare il loro ordinamento alle disposizioni di cui agli articoli 8-quater, comma 7, e 8-quinquies, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502 del 1992[61], in tema di accreditamento istituzionale degli erogatori e stipula degli accordi contrattuali.

 

La lettera c) in esame, intervenendo con la tecnica della novella, apporta una modifica testuale all’articolo 4, comma 7-bis, del decreto-legge n. 215 del 2023[62]. La disposizione oggetto di novella è a sua volta una norma dilatoria, che nel testo previgente prorogava il termine per il suddetto adeguamento al 31 dicembre 2024.

Si ricorda che la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (L. 118/2022) ha introdotto alcune innovazioni in materia di revisione e trasparenza dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture e dei soggetti privati.

In particolare, ha stabilito che, nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l'avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l'accreditamento può essere concesso in base alla qualità e ai volumi dei servizi da erogare, nonché sulla base dei risultati dell'attività eventualmente già svolta, tenuto altresì conto degli obiettivi di sicurezza delle prestazioni sanitarie e degli esiti delle attività di controllo, vigilanza e monitoraggio per la valutazione delle attività erogate in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza (v. art. 8-quater, comma 7, d. lgs. 502/1992, come modificato dalla legge 118/2022).

La legge 118/2022 ha inoltre inserito nell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo n. 502/1992 il comma 1-bis. Tale comma prevede che la stipula degli accordi contrattuali avvenga mediante procedure trasparenti, eque e non discriminatorie, previa pubblicazione da parte delle regioni di un avviso contenente criteri oggettivi di selezione, che valorizzino prioritariamente la qualità delle specifiche prestazioni sanitarie da erogare. La selezione deve essere effettuata periodicamente, tenuto conto della programmazione sanitaria regionale e sulla base di verifiche delle eventuali esigenze di razionalizzazione della rete in convenzionamento e, per i soggetti già titolari di accordi contrattuali, dell'attività svolta; a tali fini si tiene conto altresì dell'effettiva alimentazione in maniera continuativa e tempestiva del fascicolo sanitario elettronico (FSE) ai sensi della normativa vigente in materia, nonché degli esiti delle attività di controllo, vigilanza e monitoraggio per la valutazione delle attività erogate, le cui modalità sono definite con il decreto ministeriale[63] previsto dall'articolo 8-quater, comma 7 dello stesso d. lgs. 502/1992 (comma modificato a sua volta dalla L. 118/2022, come detto).

Si ricorda che nella stessa materia trattata dalla disposizione in esame è recentemente intervenuta la legge per la concorrenza 2023 (L. 193/2024), che all’articolo 36 stabilisce la sospensione dell’efficacia delle citate disposizioni di cui agli articoli 8-quater, comma 7, e 8-quinquies, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 502/1992, nonché del decreto del Ministro della salute 19 dicembre 2022 (su tale provvedimento v. nota in calce). La sospensione è prevista fino agli esiti delle attività del Tavolo di lavoro per lo sviluppo e l’applicazione del sistema di accreditamento nazionale, che saranno sottoposti ad apposita intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome. Viene specificato, altresì, che la sospensione è destinata a operare, in ogni caso, non oltre il termine del 31 dicembre 2026. La sospensione è espressamente finalizzata a consentire una revisione complessiva della disciplina relativa all’accreditamento istituzionale e alla stipula degli accordi contrattuali per l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie in nome e per conto del SSN.

Si valuti l’opportunità di un coordinamento tra la proroga disposta dalla lettera in esame e la sospensione stabilita dalla disposizione testé citata della legge per la concorrenza 2023.


Articolo 4, comma 7, lettera d)
(Proroga della disciplina transitoria in tema di limitazione della responsabilità penale a titolo di omicidio colposo e lesioni personali colpose per fatti commessi nell'esercizio di una professione sanitaria)

 

 

La lettera in titolo proroga di un anno l’applicazione di una disciplina transitoria che prevede la limitazione della punibilità per i reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose qualora il fatto sia stato commesso nell'esercizio di una professione sanitaria e in situazioni di grave carenza di personale sanitario. Per effetto di tale proroga, fino al 31 dicembre 2025 gli esercenti una professione sanitaria potranno essere chiamati a rispondere per i fatti anzidetti, se commessi in una situazione di grave carenza di personale sanitario, solo in presenza di colpa grave.

 

La relazione illustrativa del presente provvedimento chiarisce che la proroga in esame si è resa necessaria nelle more del completamento dell’iter di modifica del codice penale avviato dalla Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, istituita presso il Ministero della Giustizia con decreto del Ministro della giustizia del 28 marzo 2023 (c.d. ‘Commissione d’Ippolito’).

Si ricorda che detta Commissione è stata incaricata di: a) esplorare l’attuale quadro normativo e giurisprudenziale in cui si inscrive la responsabilità colposa sanitaria per discuterne i limiti e le criticità e proporre un dibattito in materia di possibili prospettive di riforma; b) proporre un’approfondita riflessione e un accurato studio sul tema della colpa professionale medica ai fini di ogni utile successivo e ponderato intervento, anche normativo.

 

La lettera in esame interviene con la tecnica della novella sull’articolo 4, comma 8-septies, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215[64].

Il suddetto comma 8-septies stabilisce che la limitazione della punibilità ai soli casi di colpa grave, già prevista per la durata dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, si applica altresì ai fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale commessi dagli esercenti una professione sanitaria in presenza di situazioni di grave carenza di personale sanitario. Nel testo previgente, tale regime di limitazione della punibilità era previsto per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2024. La modifica introdotta dalla lettera in esame rende applicabile tale regime ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2025.

Ai fini del regime di limitazione della punibilità in discorso, si tiene conto delle condizioni di lavoro dell'esercente la professione sanitaria, dell'entità delle risorse umane, materiali e finanziarie concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, del contesto organizzativo in cui i fatti sono commessi nonché del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato (articolo 4, comma 8-octies, del citato decreto-legge n. 215/2023).

Si ricorda che l’ambito delle professioni sanitarie comprende i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi; dei fisioterapisti. Si tratta di circa 1.500.000 professionisti, secondo dati forniti dal Ministero della salute[65].

 

 

 


Articolo 4, comma 8
(Incentivo al processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio sanitario nazionale)

 

 

Il comma 8 dell’articolo 4 proroga al 31 dicembre 2025 il termine - in precedenza fissato al 31 dicembre 2024 - entro il quale le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate che erogano prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio devono approvare gli specifici piani organizzativi per l’adeguamento agli standard di utilizzo di metodiche automatizzate, al fine di incrementare l’efficienza delle soglie minime, sia degli esami di laboratorio sia delle prestazioni specialistiche ovvero dei campioni analizzati con tecnologia NGS (sequenziamento di nuova generazione).

Al riguardo, una prima proroga del sopra indicato termine (dal 31 dicembre 2022) al 31 dicembre 2023 era stata disposta con l’articolo 4, comma 9-quinquies, del D.L. 198/2022 in materia di proroga di termini legislativi (L. n. 14/2023), intervenuto a novellare il comma 1, secondo periodo, dell’articolo 29 del D.L. 73/2021[66] (L. n. 106/2021) (v. box), in materia di incentivi al processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio sanitario nazionale. Una seconda proroga al 31 dicembre 2024 era stata prevista dal comma 8 dell’articolo 4 del DL. 215/2023 Disposizioni urgenti in materia di termini normativi (L. n. 18/2024).

La presente proroga, intervenendo sulla medesima disposizione del citato articolo 29, comma 1, sposta al 31 dicembre 2025 – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto comporta il mero ampliamento delle scadenze entro cui attuare specifici interventi regionali - il termine entro cui le specifiche strutture sanitarie pubbliche o private accreditate sopra menzionate devono approvare, per conto di ciascuna regione e provincia autonoma, i piani organizzativi per l’efficientamento delle soglie relative al numero di esami di laboratorio previsti per gli 2021 e 2022 (in termini di 200.000 esami di laboratorio o prestazioni specialistiche ovvero 5.000 analisi di campioni in base alla tecnologia NGS[67][2]), già approvate dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, ma ancora in fase di implementazione in base a nuovi criteri omogenei a livello nazionale.

Si ricorda che per l’attuazione della disposizione è stato già assegnato uno stanziamento pari a 46 milioni di euro per il 2021 ed a 23 milioni per il 2022 (complessivamente 69 milioni di euro), al cui riparto ha provveduto il decreto interministeriale Salute – MEF del 30 dicembre 2021 (qui il link), a seguito d’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

 

A normativa vigente, il processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del Servizio Sanitario Nazionale è stato avviato ai sensi dell’articolo 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), e della relativa disciplina attuativa di cui, in particolare, all’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2011 (rep. atti n. 61/CSR).

Tale disposizione, prevista in materia di piani regionali di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate, ha stabilito che sia favorito il ricorso a modelli di aggregazione anche contrattuali, quali in particolare i contratti di rete, che tengano peraltro conto delle effettive caratteristiche orografiche e demografiche di riferimento, finalizzato al raggiungimento di specifici valori soglia delle prestazioni. A tal fine, ciascuna Regione è chiamata all’adozione di un piano di riorganizzazione della rete delle strutture sanitarie, pubbliche e private accreditate, che erogano prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, allo scopo di adeguarne gli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell'efficienza, resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate.

Detto processo di riorganizzazione, come sottolinea la relazione illustrativa a corredo della norma in commento, rappresenta uno degli assi di riferimento all’interno del complessivo disegno del sistema sanitario italiano, con particolare riferimento all’interazione pubblico-privato secondo condizioni di sicurezza, qualità, appropriatezza e sostenibilità delle prestazioni offerte dalle sistema sanitario, alla luce della riforma dell’assistenza territoriale, in termini di potenziale incremento della prossimità del sistema sanitario in favore delle persone assistite, specialmente nei contesti territoriali più decentrati. Pertanto, il sopra richiamato articolo 29 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (L. n. 106/2021) ha inteso raggiungere l’obiettivo di incentivare l’implementazione dei criteri di riorganizzazione della rete laboratoristica da parte delle competenti regioni e province autonome, disponendo a tale fine lo stanziamento di specifiche risorse, destinate a promuovere l’attuazione del riassetto al livello dei singoli ordinamenti regionali e ripartire secondo i criteri definiti dal decreto del Ministro della Salute del 30 dicembre 2021 (v. ante), ancora in corso.

A tal fine, è in fase di approvazione il disegno di legge governativo (A.S. 1241) recante “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”, il cui articolo 9, al fine di favorire la riduzione delle liste di attesa anche attraverso il processo di riorganizzazione della rete dei laboratori del SSN in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale, prevede l’adozione di uno specifico decreto Salute-MEF, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, per l’individuazione di criteri condivisi al livello nazionale per il raggiungimento in forma singola o associata, a pena di decadenza dell’accreditamento con il SSN, dei valori soglia di prestazioni diagnostiche e di laboratorio erogate da strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, con l’obiettivo di maggiori livelli di efficienza e sostenibilità. Ciò mediante il ricorso a modelli di aggregazione anche contrattuali, quali in particolare i contratti di rete, che tengano conto anche delle effettive caratteristiche orografiche e demografiche di riferimento, in coerenza con l'assetto dell'assistenza territoriale ai sensi del DM Salute 77 del 2022 (qui approfondimento).

Si prevede inoltre che presso i laboratori di analisi cliniche accreditati sia consentito lo svolgimento dei servizi di telemedicina, con oneri a carico degli utenti e con modalità tecniche e organizzative da stabilirsi con decreto del Ministero della salute, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Per tali prestazioni deve essere stata rilasciata idonea autorizzazione all’esercizio in corso di validità, come previsto dall’articolo 8-ter del D. Lgs. n. 502/1992 con cui si prevede il riordino della disciplina in materia sanitaria, in questo caso con specifico riferimento al rilascio di autorizzazioni alla realizzazione di strutture per l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie. Al riguardo si richiama in particolare il D.M. Salute del 30 settembre 2022 che, da ultimo, ha definito le procedure di selezione delle soluzioni di telemedicina e diffusione sul territorio nazionale, nonché  i meccanismi di valutazione delle proposte di fabbisogno regionale per i servizi minimi di telemedicina e l'adozione delle Linee di indirizzo per i servizi di telemedicina.


Articolo 4, comma 9
(Formazione specifica in medicina generale)

 

 

L’articolo 4, comma 9, modifica il comma 1 dell’articolo 9 del D.L. n. 135/2018, conv. con modif. dalla L. n. 12/2019[68], relativo alla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.

In particolare, con la modifica si intende:

a) escludere la transitorietà della disciplina, espungendo il riferimento alla durata della deroga normativa fissata dal D.L. n. 215/2023 “fino al 31 dicembre 2024”;

b) garantire il mantenimento degli incarichi già assegnati in virtù della deroga prevista dall’originaria formulazione dell’art. 9, comma 1, del D.L. n. 135/2018, come successivamente modificato dal D.L. n. 215/2023;

c) assicurare la partecipazione all'assegnazione degli incarichi convenzionali, ivi inclusi quelli provvisori e di sostituzione.

 

L’articolo 4, comma 9, modifica il comma 1, primo periodo, dell’articolo 9, del Decreto-legge n. 135 del 2018, conv. con modif. dalla Legge n. 12 del 2019[69], relativo alla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.

In particolare, con la modifica si intende:

a) escludere la transitorietà della disciplina, espungendo il riferimento alla durata della deroga normativa fissata dal decreto-legge n. 215 del 2023, conv. con modif. dalla Legge n. 18 del 2024 (Proroga termini 2023) [70],fino al 31 dicembre 2024”. Invero, espunto il riferimento “fino al 31 dicembre 2024”, pare intendersi confermata la deroga, senza alcun termine temporale.

b) garantire il mantenimento degli incarichi già assegnati in virtù della deroga prevista dall’originaria formulazione dell’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, come successivamente modificato dal decreto-legge. n. 215 del 2023, poc’anzi richiamato.

c) assicurare la partecipazione all'assegnazione degli incarichi convenzionali, ivi inclusi quelli provvisori e di sostituzione.

 

La relazione illustrativa individua le ragioni di tali modifiche normative nella contingente carenza di medici di medicina generale.

 

Si ricorda che la disposizione prevista dall’art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 135 del 2018, come successivamente modificato dal decreto-legge. n. 215 del 2023, conv. con modif. n. 18 del 2024 (Proroga termini 2023), prevede in via transitoria ai medici abilitati[71], anche durante la loro iscrizione ai corsi di formazione specialistica (presso le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia) o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, l'assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale.

Secondo tale disposizione, la loro assegnazione è in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale, in forza di altra disposizione. Resta fermo, per l'assegnazione degli incarichi per l'emergenza sanitaria territoriale, il requisito del possesso dell'attestato d'idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale. Il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368[72], comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale e la decadenza dall'eventuale incarico assegnato.

Si ricorda che i periodi di sospensione di cui all’art. 24, comma 5, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, riguardano gli impedimenti temporanei superiori ai quaranta giorni lavorativi consecutivi per servizio militare, gravidanza e malattia; i periodi di sospensione di cui all’art. 24, comma 6, del medesimo decreto legislativo, attengono alle assenze per motivi personali, preventivamente autorizzate salvo causa di forza maggiore, che non superino trenta giorni complessivi nell'anno di formazione e non pregiudichino il raggiungimento degli obiettivi formativi. Con riguardo a quest’ultima tipologia di sospensione, non vi è sospensione della borsa di studio, né vi è interruzione della formazione, non dovendosi pertanto recuperate le assenze.

Si veda anche il seguente testo a fronte.

 

 

Decreto-legge n. 135/2018

(Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e la pubblica amministrazione)

Testo previgente

Modificazioni apportate dall’art. 4, comma 9

Art. 9, comma 1, D.L. n. 135/2018
(Disposizioni urgenti in materia di formazione specifica in medicina generale)

Art. 9, comma 1, D.L. n. 135/2018
(Disposizioni urgenti in materia di formazione specifica in medicina generale)

Fino al 31 dicembre 2024, in relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.

 

 

La loro assegnazione è in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale, in forza di altra disposizione. Resta fermo, per l'assegnazione degli incarichi per l'emergenza sanitaria territoriale, il requisito del possesso dell'attestato d'idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale. Il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale e la decadenza dall'eventuale incarico assegnato.

In relazione alla contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione specifica i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, possono mantenere gli incarichi già assegnati ovvero partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, , ivi inclusi quelli provvisori e di sostituzione rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale.

 

La loro assegnazione è in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale, in forza di altra disposizione. Resta fermo, per l'assegnazione degli incarichi per l'emergenza sanitaria territoriale, il requisito del possesso dell'attestato d'idoneità all'esercizio dell'emergenza sanitaria territoriale. Il mancato conseguimento del diploma di formazione specifica in medicina generale entro il termine previsto dal corso di rispettiva frequenza fatti salvi i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale e la decadenza dall'eventuale incarico assegnato.

 


Articolo 4, comma 10
(Incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta)

 

 

Il comma in titolo consente a regime ai laureati in medicina e chirurgia abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di specializzazione o ai corsi di formazione in medicina generale, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale, nonché ai medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Prima della innovazione introdotta dal comma in esame tali possibilità di assunzione di incarichi erano previste solo transitoriamente.

 

Secondo la relazione illustrativa (RI) del presente provvedimento, la disposizione in esame “è giustificata principalmente dalla particolare situazione di carenza di medici di medicina generale e di medici specializzati in pediatria sul territorio e si rende necessaria in quanto consente ai corsisti di proseguire nell’assunzione dei predetti incarichi provvisori o sostituzioni.”.

In base alla relazione tecnica (RT) sul medesimo provvedimento, quella in esame è una norma di carattere ordinamentale, “posto che le sostituzioni e gli incarichi provvisori già vengono conferiti nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”.

 

Il comma in disamina introduce l’innovazione sopra descritta intervenendo con la tecnica della novella sull’articolo 2-quinquies del D.L. 17 marzo 2020, n. 18[73]: è ivi sostituita - ai commi 1, 2 e 3 - la locuzione “Per la durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19” con l’espressione “A decorrere dal 1° gennaio 2025”.

Si ricorda che la disciplina in questione - che come visto è ora divenuta a regime - era stata oggetto di diverse proroghe nella fase in cui, anche in epoca post-pandemica, era configurata come disciplina transitoria, l’ultima delle quali disposta dall’art. 4, comma 2, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215[74].

 

Si ricordano di seguito le linee essenziali della disciplina in oggetto.

Essa permette ai medici abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di formazione specialistica (presso le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia) o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, l'assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale.

Per gli iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, le ore di attività svolte devono essere considerate a tutti gli effetti quali attività pratiche, da computare nel monte ore complessivo previsto. In caso di assunzione di incarico provvisorio che comporti l'assegnazione di un numero di assistiti superiore a 800, l'erogazione della borsa di studio è sospesa.

Quanto agli iscritti ai corsi di formazione specialistica, il periodo di attività è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione. Le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.

I medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, possono assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Il periodo di attività, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione. Le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti

 


Articolo 4, comma 11
(Proroghe in materia di misure per l’abbattimento delle liste d’attesa)

 

 

Il comma 11 dell’articolo 4, per far fronte alla carenza di personale sanitario negli enti e nelle aziende del SSN anche allo scopo di ridurre le liste d’attesa, prevede la possibilità per le Regioni e le Province autonome, relativamente all’anno 2025, di incrementare le prestazioni sanitarie aggiuntive svolte dai dirigenti medici e dal personale sanitario del comparto sanità dipendenti dei medesimi enti e aziende del Servizio sanitario. L’incremento di spesa - a valere sul livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2025 - è definito entro il tetto di spesa indicato per ciascuna Regione e Provincia autonoma alla Tab. 1 allegata al decreto in esame, che ammonta complessivamente a 143,5 milioni di euro. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di incremento delle tariffe orarie aggiuntive.

 

Più in dettaglio, il comma 11 in esame, con la finalità di ridurre le liste d’attesa, autorizza le Regioni e le Province autonome per il solo anno 2025, in aggiunta a quanto previsto dall’art. 1, comma 220, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di Bilancio 2024) in materia di incremento tariffa oraria prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario (v. box), ad incrementare la spesa - a valere sul livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2025-, per prestazioni aggiuntive dei dirigenti medici e del personale sanitario del comparto sanità che siano dipendenti dei medesimi enti e aziende entro il limite di determinati importi lordi. Tali importi, quale tetto di spesa per ciascuna Regione e Provincia autonoma, sono indicati nella Tabella 1 allegata al presente decreto-legge, pari complessivamente a 143.500.000 euro, di cui 101.885.000 euro per i dirigenti medici e 41.615.000 euro per il personale sanitario del comparto sanità.

La norma precisa che i compensi erogati per lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive definite dalla norma in esame sono soggetti ad una imposta sostitutiva - agevolata rispetto al regime ordinario - dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 15 per cento.

 

La norma stabilisce che restano in ogni caso ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 218 e 219, della citata legge n. 213 del 2023 in materia di prestazioni aggiuntive e pertanto rimangono vigenti le coperture attualmente previste in materia.

 

Al riguardo si ricorda che i commi 218-222 della citata legge di Bilancio 2024 hanno disposto, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del SSN anche per ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, l’estensione, fino al 31 dicembre 2026, dell’applicazione dell’autorizzazione agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui all’articolo 115, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area Sanità del 19 dicembre 2019[75] -  prevista, per l’anno 2023, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023[76] (pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.

Per le medesime finalità è prevista l’applicazione fino al 31 dicembre 2026  delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, D.L. n. 34/2023) anche per le prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera d) del contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2021 dell’Area sanità[77] -, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte. Viene poi stabilito che l’aumento della tariffa possa arrivare fino a 60 euro lordi omnicomprensivi (invece dei 50 previsti dal richiamato art. 11 del D.L. n. 34/2023), al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione.

Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.

 

Riguardo la tassazione di dette prestazioni aggiuntive, la norma, in materia di imposizione fiscale sui compensi, conferma quanto previsto dall’articolo 7 del D.L. n. 73/2024 (L. n. 107/2024) prevedendo un’imposta sostitutiva agevolata sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali del 15% per le prestazioni in oggetto, in sostituzione di quella marginale del 43% applicabile secondo il regime Irpef ordinario.

 

Si ricorda che la disposizione del citato articolo 7 assoggetta le prestazioni aggiuntive dei dirigenti sanitari e del personale sanitario del comparto sanità ad una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15%, precisando le modalità di attuazione relative alla data di decorrenza dell’agevolazione, nonché all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e al contenzioso.

 

La RT calcola, per quanto concerne i dirigenti medici ai quali si applicherebbe l’aliquota Irap dell’8,5%, un ammontare di reddito imponibile ai fini Irpef, derivante dal compenso per le maggiori prestazioni aggiuntive che potranno essere richieste a valere sulle risorse stanziate sopra indicate, di circa 93,9 milioni di euro. Applicando un’aliquota marginale media Irpef del 43% e applicando l’aliquota dell’imposta sostitutiva del 15%, si stima una perdita di gettito Irpef di competenza annua di circa - 40,4 milioni di euro e di addizionale regionale e comunale rispettivamente di -1,6 e -0,6 milioni di euro. L’imposta sostitutiva è stimata pari a 14,1 milioni di euro.

Analogamente, per quanto concerne le maggiori prestazioni aggiuntive che potranno essere rese dal personale sanitario - considerando l’aliquota dell’Irap dell’8,5%, l’aliquota contributiva ai fini pensionistici complessiva del 33% (di cui 23,80% a carico del datore di lavoro e 9,2% a carico del lavoratore) -, si stima un ammontare di imponibile ai fini Irpef di circa 25,7 milioni di euro. Applicando un’aliquota marginale media Irpef del 35% e applicando l’aliquota dell’imposta sostitutiva del 15%, si stima una perdita di gettito Irpef di competenza annua di circa -9,0 milioni di euro e di addizionale regionale e comunale rispettivamente di -0,4 e -0,2 milioni di euro. L’imposta sostitutiva è stimata pari a 3,9 milioni di euro.

 

La norma in esame definisce pertanto la copertura degli effettivi oneri, valutati in 31.400.000 euro per l’anno 2025 e in 3.000.000 di euro per l’anno 2026, cui si provvede mediante utilizzo delle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del MEF ai sensi dell’articolo 1, comma 519, della sopra citata legge di Bilancio 2024.

 Si tratta del Fondo per la sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso, iscritto nello stato di previsione del MEF, come rifinanziato (+2 miliardi di euro) per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.

Viene altresì definita la compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dalla disposizione in esame, pari a 31.400.000 euro per l’anno 2025 e 3.000.000 di euro per l’anno 2026, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, co. 2, del D.L. n. 154/2008 (L. n. 189/2008).

 

 

La legge di Bilancio 2024 (art. 1, co. 232, L. n. 213/2023) ha autorizzato le Regioni e le Province autonome a potersi avvalere fino al 31 dicembre 2024 delle misure previste ai commi 218-222 (incremento tariffa oraria prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario) della medesima legge, potendo coinvolgere anche le strutture private accreditate in deroga alla normativa vigente sui limiti dati dal tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, di cui all'articolo 15, comma 14, primo periodo, del D.L. n.95/2012 (L. n. 135/2012), che disciplina la progressiva riduzione annua dell'importo e dei corrispondenti volumi di acquisto delle prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera.

Ai sensi di quest’ultima norma, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, viene applicata una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi d’acquisto in misura determinata dalla Regione o dalla Provincia autonoma - anche interessate dai piani di rientro dal disavanzo sanitario[78]-, tale da ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014. Contestualmente, il comma 233 della richiamata Legge di Bilancio 2024, ha rimodulato il limite del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati nel valore della spesa consuntivata per l'anno 2011 che viene incrementata di 1 punto percentuale per l'anno 2024, di 3 punti percentuali per l'anno 2025 e di 4 punti percentuali a decorrere dall'anno 2026, assicurando comunque il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.

Per l'acquisto delle prestazioni sanitarie, il medesimo comma 232 della Legge di Bilancio 2024 ha previsto che, per il solo anno 2024, le Regioni e le Province autonome possono utilizzare una quota non superiore allo 0,4% del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2024 (nel 2023, tale quota era dello 0,3%). Ciò al fine di  garantire la completa attuazione dei Piani operativi per il recupero delle liste d'attesa anche mediante incremento della tariffa oraria (fino a 100 euro lordi onnicomprensivi, per il personale medico, e fino a 60 euro lordi onnicomprensivi per il personale del comparto) per le prestazioni aggiuntive svolte dal personale medico ed infermieristico presso i servizi di emergenza urgenza ospedalieri, oltre che per le prestazioni aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva nazionale del personale medico e del comparto sanitario.

 

Più in dettaglio, in merito al regime dell’incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive personale medico e sanitario base alla disciplina disposta ai commi 218-222 della legge di Bilancio 2024, si ricorda che tali norme, al fine di fronteggiare la carenza di personale sanitario nelle aziende e negli enti del SSN e di ridurre le liste di attesa ed il ricorso alle esternalizzazioni, ha esteso fino al 31 dicembre 2026 la facoltà di ricorrere agli incrementi delle tariffe orarie  delle prestazioni aggiuntive del personale medico - di cui alla contrattazione collettiva nazionale dell’Area sanità - prevista, per l’anno 2023, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023[79] (pari a 100 euro lordi onnicomprensivi), disponendo, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026,  tutte le prestazioni aggiuntive svolte[80].

Per le medesime finalità è prevista l’applicazione fino al 31 dicembre 2026 delle disposizioni richiamate (art. 11, comma 1, del D.L. n. 34/2023) anche alle prestazioni aggiuntive svolte - ai sensi della contrattazione collettiva nazionale dell’Area sanità -, dal personale sanitario operante nelle citate aziende ed enti del SSN, disponendosi, contestualmente, che tale incremento riguardi, dal 2024 al 2026, tutte le prestazioni aggiuntive svolte. L’aumento della tariffa può arrivare fino a 60 euro lordi onnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione[81]. Per tali finalità, è autorizzata, per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, la spesa di 200 milioni di euro per il personale medico e di 80 milioni di euro per il personale sanitario del comparto. Al relativo finanziamento accedono tutte le Regioni e le province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.

 

Si ricorda che, attualmente, il principale strumento per gestire le liste d'attesa è il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021, siglato con Intesa Stato-Regioni del 21 febbraio 2019, il quale va a sostituire e aggiornare il precedente Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2010-2012[82]. Va poi ricordato che con Decreto direttoriale del 21 dicembre 2023, è stato istituito presso il Ministero della salute il Tavolo tecnico per l'elaborazione e l'operatività del Piano Nazionale di Governo delle Liste d'Attesa 2024-2026.

 

Sul punto si segnala inoltre che l'articolo 4, commi 9-septies e 9-octies del DL. 198/2022 (cd. Proroga dei termini legislativi, L. n. 14/2023) ha consentito alle Regioni e Province autonome, rispettivamente, l'utilizzo di risorse correnti non fruite entro il 31 dicembre 2022 allo scopo di avvalersi di strutture private accreditate, e la possibilità, fino al 31 dicembre 2023, di derogare ai regimi tariffari ordinari, utilizzando alcuni istituti già previsti dall'articolo 29 del DL. 104/2020 (cd. Agosto, L. n. 106/2020) per il recupero delle prestazioni di ricovero ospedaliero per acuti in regime di elezione - vale a dire a carattere programmabile e non urgente - e di specialistica ambulatoriale e di screening

 

Va infine ricordato  che attualmente è all'esame del Senato in sede redigente il disegno di legge del Governo (AS 1241) recante "?Misure di garanzia per l'erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria?” che contiene anche alcune previsioni in tema di riduzione delle liste di attesa (qui il dossier di approfondimento).


Articolo 4, comma 12
(Incarichi a sanitari e operatori socio-sanitari in quiescenza)

 

 

L’articolo 4, comma 12, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 la normativa transitoria[83] che consente il conferimento – da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale – di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari e al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza (anche se non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo), nonché agli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza.

 

La durata di ciascun contratto di lavoro in esame non può essere superiore a sei mesi; i medesimi rapporti di lavoro non possono superare il termine ora oggetto di proroga. Resta fermo che il conferimento degli incarichi in esame è subordinato alla verifica dell’impossibilità di assumere personale (la sussistenza di tale impossibilità deve essere verificata anche rispetto all’ipotesi di ricorso agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in corso di validità).

Il presente comma 12 specifica che la proroga è disposta nel rispetto dei limiti di spesa vigenti per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario regionale.

In base alla disciplina oggetto di proroga, per gli incarichi in esame non si applicano le norme[84] sul divieto di cumulo degli emolumenti lavorativi con i trattamenti pensionistici liquidati in base ad una delle cosiddette quote 100, 102 e 103[85]. Si ricorda che l’esclusione dal divieto non ha riguardato gli incarichi in esame conferiti nel corso dell’anno 2024, in base alla specifica formulazione della disposizione[86] di proroga relativa (per i medesimi incarichi) al suddetto anno.

 


Articolo 5, comma 1
(
Requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici)

 

 

L’articolo 5, comma 1, stabilisce che i nuovi requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici introdotti nell’ambito della Riforma del reclutamento prevista dal PNRR saranno richiesti per la partecipazione ai concorsi banditi dopo il 31 dicembre 2025 (e non più dopo il 31 dicembre 2024), rimanendo fermi, sino ad allora, i requisiti attualmente previsti.

 

La disposizione in esame interviene sull’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2017, posticipando dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine oltre il quale saranno richiesti i nuovi requisiti di accesso al concorso per il reclutamento degli insegnanti tecnico-pratici fissati dall’articolo 5, comma 2, del medesimo decreto legislativo.

 

In proposito, si rammenta che gli insegnanti tecnico-pratici (ITP) sono docenti specializzati nell'insegnamento di materie di natura tecnica o pratica all'interno degli istituti tecnici e professionali. 

Per diventare un insegnante ITP è stato sinora necessario possedere un diploma di maturità tecnica o professionale che consentisse l’accesso a una delle classi di concorso specifiche per tali profili come definite della tabella B del decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016 (Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento). 

Nell’ambito dell’attuazione della riforma 2.1 della M4C1 del PNRR, in materia di reclutamento dei docenti, l’articolo 44 del decreto-legge n. 36 del 2022 (cosiddetto decreto-legge “PNRR 2”) ha modificato, per il futuro, tali requisiti di accesso, sostituendo integralmente l’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2017, e prevedendo che per la partecipazione ai concorsi per i posti di insegnante tecnico-pratico sarà necessario il possesso della laurea triennale, oppure del diploma dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica di I livello, oppure di titolo equipollente o equiparato, oppure del diploma di specializzazione per le tecnologie applicate e del diploma di specializzazione superiore per le tecnologie applicate (di cui all'articolo 5, comma 1, lettere a) e b), della legge n. 99 del 2022).

Tuttavia, il medesimo articolo 44 del decreto-legge n. 36 del 2022, nel nuovo articolo 18-bis, comma 1, del medesimo decreto-legislativo n. 59 del 2017 ha previsto, in via generale, che, in una fase transitoria rispetto alla piena entrata a regime della riforma del reclutamento, ricompresa tra la sua entrata in vigore (1° maggio 2022) e il 31 dicembre 2024, fermo restando il possesso del titolo di studio necessario con riferimento alla classe di concorso, sono comunque ammessi a partecipare al concorso per i posti comuni di docente di scuola secondaria di primo e secondo grado e per i posti di insegnante tecnico-pratico coloro che abbiano conseguito almeno 30 CFU/CFA del percorso universitario e accademico di formazione iniziale oppure che, entro il 31 ottobre 2022, abbiano conseguito i 24 CFU/CFA previsti quale requisito di accesso al concorso secondo il previgente ordinamento.

Pertanto, in tale fase transitoria, i candidati per i posti di insegnante tecnico-pratico possono partecipare ai concorsi con il solo diploma, purché abbiano conseguito almeno 30 CFU/CFA o 24 CFU/CFA entro il 31 ottobre 2022. 

Con la piena operatività della riforma sul reclutamento degli insegnanti in corso di attuazione, il percorso per diventare ITP muterà, invece, nei termini sopra descritti. L’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2017, nel testo vigente fino all’entrata in vigore della presente disposizione, chiarisce infatti che i nuovi requisiti, previsti a regime dall'articolo 5, comma 2, sono richiesti per la partecipazione ai concorsi banditi solo dopo il 31 dicembre 2024, e che sino ad allora, per i posti di insegnante tecnico pratico, rimangono fermi i requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di classi di concorso, ovvero quelli descritti per la cosiddetta fase transitoria.

Con la norma ora in commento si posticipa tale termine di un anno, al 31 dicembre 2025.

 

La relazione illustrativa afferma che tale proroga è ritenuta necessaria in quanto l’inserimento dei titoli di cui all’articolo 5, comma 2 (laurea, diploma dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica di I livello, titolo equipollente o equiparato), comporta un’articolata attività istruttoria volta a definire il tema dei titoli di accesso alle classi di concorso di cui alla tabella B, allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, come modificato decreto dell’allora Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 maggio 2017, n. 259, e quindi a individuare le lauree e i diplomi AFAM di I livello, idonei a costituire requisito di accesso alle classi di concorso del personale ITP, posto che i diplomi ITS Academy sono individuati sulla base della tabella di corrispondenza di cui al decreto interministeriale n. 246 del 2023. La complessità della suddetta istruttoria – prosegue la relazione – consiste nel rintracciare la corrispondenza tra i titoli previsti dalla disposizione normativa e le specifiche competenze richieste per l’insegnamento delle discipline afferenti alle suddette classi di concorso.

 

Si segnala che su tale impianto legislativo è di recente intervenuto anche l’articolo 9 del decreto-legge n. 160 del 2024, il quale tuttavia si è occupato non già dei requisiti di accesso al concorso per i posti di insegnante tecnico-pratico (come la disposizione in oggetto) bensì del conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento dei medesimi insegnanti tecnico-pratici.

In particolare, il menzionato articolo 9 ha inteso precisare che anche i vincitori di concorso per i posti di insegnante tecnico-pratico, che vi abbiano partecipato, durante la fase transitoria sopra descritta, con il solo possesso del titolo di studio richiesto durante tale fase, sono tenuti, ai sensi dell’articolo 18-bis, comma 4, del  decreto legislativo n. 59 del 2017, a conseguire l’abilitazione, nel primo anno di servizio, mediante il conseguimento dei CFU previsti per le altre categorie di docenti.

Si ricorda infatti che il comma 4 dell’articolo 18-bis del  decreto legislativo n. 59 del 2017, come recentemente modificato dall’articolo 9 del decreto-legge n. 160 del 2024, prevede che i vincitori del concorso su posto comune e su posto di insegnante tecnico-pratico, che vi abbiano partecipato con i requisiti previsti nella fase transitoria, sottoscrivono un contratto annuale di supplenza con l'Ufficio scolastico regionale a cui afferisce l'istituzione scolastica scelta e integrano i CFU/CFA, ove mancanti, per il completamento del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, con oneri a carico dei partecipanti. Con il superamento della prova finale del percorso universitario e accademico di formazione iniziale, i vincitori conseguono l'abilitazione all'insegnamento e sono, conseguentemente, assunti a tempo indeterminato e sottoposti al periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determina la definitiva immissione in ruolo. La prova finale del percorso universitario e accademico, può essere sostenuta per non più di due volte. Il secondo mancato superamento della prova finale determina la cancellazione del vincitore del concorso dalla relativa graduatoria.

 

Sull’articolo 9 del decreto-legge n. 160 del 2024, si rimanda per un ulteriore approfondimento all’apposito dossier presente sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 


Articolo 5, commi 2 e 3
(
Incarichi dirigenti tecnici)

 

 

L’articolo 5, ai commi 2 e 3, proroga di un anno, al 31 dicembre 2025, il termine di conclusione dei contratti a tempo determinato dei dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione e del merito, stipulati nelle more dell’espletamento del concorso finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato di personale inquadrabile nel medesimo profilo.

 

Il comma 2 dell’articolo 5, nel novellare l’articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 126 del 2019, relativo al reclutamento dei dirigenti con funzioni tecnico-ispettive del Ministero dell’istruzione e del merito, proroga al 31 dicembre 2025 (in luogo del 31 dicembre 2024 previsto dal testo vigente fino all’entrata in vigore della presente disposizione) la durata massima dei contratti a tempo determinato relativi agli incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale per le funzioni tecnico-ispettive, di durata non superiore a tre anni, che il Ministero dell’istruzione e del merito è autorizzato a conferire, ai sensi della norma novellata, nelle more dell’espletamento del concorso per dirigenti tecnici di cui al comma 3 del medesimo articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2019.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame, strettamente collegato al precedente, interviene sull’articolo 230-bis, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, prorogando anche in tale norma fino al 31 dicembre 2025 la durata massima degli incarichi di dirigente tecnico a tempo determinato di cui al precedente comma 2, che il Ministero è autorizzato a prorogare o conferire. È parimenti prorogata la relativa autorizzazione di spesa, prevedendo che agli oneri conseguentemente derivanti per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 (anziché solo per gli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 previsti dal testo vigente fino all’entrata in vigore della presente disposizione) si provveda a valere sulle risorse previste dal citato articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019.

 

La relazione tecnica chiarisce che gli oneri derivanti dalle predette proroghe sono calcolati tenendo conto del costo lordo Stato annuo del dirigente tecnico pari a 142.431,43 euro, moltiplicato per 89 unità (59 prorogati + 30 aggiuntivi). Dal momento che agli oneri derivanti dalle predette proroghe si provvede a valere sulle facoltà assunzionali già previste a legislazione vigente nell’anno 2025 e, nello specifico, dall’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019, le disposizioni – chiosa la relazione – non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Al fine di ricostruire il quadro normativo complessivo su cui incidono le novelle di cui ai commi 2 e 3 in commento, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019, il Ministero dell’istruzione e del merito è autorizzato a bandire, a decorrere dal 1° giugno 2023, nell'ambito della vigente dotazione organica, un concorso pubblico, per titoli ed esami,  per l'assunzione a tempo indeterminato, a decorrere dal 2024, di cinquantanove dirigenti tecnici, nonché, a decorrere dal 2025, di ulteriori ottantasette dirigenti tecnici, con conseguenti maggiori oneri per spese di personale pari a euro 7,90 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 e a euro 19,55 milioni annui a decorrere dall’anno 2025, fermo restando il regime autorizzatorio di cui all'articolo 39, commi 3 e 3-bis, della legge n. 449 del 1997 (con cui si prevede che il Consiglio dei ministri determini ogni anno il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni), in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 4, commi 3, del decreto-legge n. 101 del 2013 (che subordina l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali all’immissione in servizio dei vincitori di precedenti concorsi).

Quanto al concorso menzionato, si segnala che a seguito del decreto ministeriale n. 109 del 12 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto 2024, recante il “Regolamento concernente la disciplina dei concorsi per l'assunzione a tempo indeterminato dei dirigenti tecnici con funzioni ispettive del Ministero dell'istruzione e del merito”, è stato bandito  con il decreto direttoriale n. 2269 del 09 dicembre 2024 il concorso per 145 dirigenti tecnici di seconda fascia con funzioni ispettive; a questo si aggiunge, inoltre, un posto di dirigente tecnico, da attribuire mediante concorso bandito dall’Ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia-Giulia, per le esigenze delle istituzioni scolastiche ed educative con lingua di insegnamento sloveno e con insegnamento bilingue sloveno-italiano.

Il comma 4 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2019, nelle more dell’espletamento del concorso sopra illustrato, autorizza il conferimento di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale con funzioni tecnico-ispettive: essi avranno termine all’atto dell’immissione in ruolo dei dirigenti tecnici assunti mediante il concorso e comunque entro il 31 dicembre 2024 (che nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dalla disposizione in oggetto diventa il 31 dicembre 2025).

L’autorizzazione di spesa relativa al conferimento di tali incarichi è stata disposta dallo stesso articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 126 del 2019, che a tal fine ha rifinanziato, nella misura di 1,98 milioni di euro nel 2019 e di 7,90 milioni di euro nel 2020, l’autorizzazione di spesa già prevista all'articolo 1, comma 94, quinto periodo, della legge n. 107 del 2015, in virtù del quale, per i dirigenti tecnici del Ministero dell’istruzione e del merito, la percentuale di incarichi conferibili a soggetti esterni all’amministrazione (di cui all'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001) era stata rideterminata, nell'ambito della relativa dotazione organica, per il triennio 2016-2018, in misura corrispondente ad una maggiore spesa non superiore a 7 milioni di euro per ciascun anno.

Alla descritta autorizzazione di spesa si è poi aggiunta quella prevista dall’articolo 230-bis, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, il quale, dopo aver chiarito che il Ministero dell'istruzione e del merito è autorizzato a prorogare o, qualora non già attribuiti, in tutto o in parte, a conferire, gli incarichi riguardanti i contratti a tempo determinato di cui al comma 4 del citato articolo 2 del decreto-legge n. 126 del 2019, ha previsto che agli oneri derivanti dalla proroga o dal conferimento di tali incarichi, pari a 7,9 milioni di euro annui per gli anni 2021, 2022, 2023 e 2024 (che nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dalla disposizione in oggetto si estendono a ciascuno degli anni dal 2021 al 2025), si provveda a valere sulle risorse previste dal citato articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 126 del 2019.

 

I due commi in esame sono pertanto finalizzati a prorogare al 31 dicembre 2025 la durata massima degli incarichi temporanei conferiti (o prorogati) e conferibili (o prorogabili) in attesa che il concorso che si è sopra descritto venga espletato.

Si segnala che essi erano presenti, in identico testo, nel disegno di legge di bilancio per il 2025 presentato dal Governo alla Camera il 23 ottobre 2024 (AC 2112), di cui costituivano i commi 2 e 3 dell’articolo 84. Essi sono stati poi stralciati dal Presidente della Camera, il 29 ottobre 2024, in sede di verifica sul contenuto proprio del disegno di legge di bilancio ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto ritenuti disposizioni di carattere ordinamentale e organizzatorio.


Articolo 5, comma 4
(
Équipe formative territoriali e docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche)

 

 

L’articolo 5, comma 4, proroga anche per l’anno scolastico 2025/2026 la previsione secondo cui sono individuate dal Ministero dell'istruzione e del merito le equipe formative territoriali costituite da 20 docenti da porre in posizione di comando presso gli uffici scolastici regionali e presso l'amministrazione centrale e da 100 docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche, con il coordinamento funzionale dell'Unità di missione per il PNRR.

 

Il comma 4 dell’articolo 5, al fine di garantire il raggiungimento delle milestone e dei target del Piano nazionale di ripresa e resilienza, relativi alla Missione 4 – Componente 1 – Investimento 2.1 “Didattica digitale integrata” e Investimento 3.2 “Scuola 4.0”, interviene sull’articolo 1, comma 725, secondo periodo, della legge n. 145 del 2018, prorogando anche per l’anno scolastico 2025/2026 la previsione che autorizza il Ministero dell'istruzione e del merito ad individuare le equipe formative territoriali poste a supporto alle azioni delle istituzioni scolastiche sulla digitalizzazione.

 

Si ricorda infatti che l’articolo 1, comma 725, secondo periodo, della legge n. 145 del 2018 stabilisce che, al fine di promuovere misure e progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, nonché di potenziare le azioni di supporto alle istituzioni scolastiche per l'attuazione degli interventi legati al PNRR relativi alla digitalizzazione delle scuole, negli anni scolastici 2023/2024 e 2024/2025 (ed ora, con l’entrata in vigore della norma in commento, anche 2025/2026) sono individuate dal Ministero dell'istruzione e del merito le equipe formative territoriali, costituite da un numero di docenti pari a 20, da porre in posizione di comando presso gli uffici scolastici regionali e presso l'amministrazione centrale e un numero massimo di 100 docenti da porre in esonero dall'esercizio delle attività didattiche, con il coordinamento funzionale dell'Unità di missione per il PNRR.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la proroga della misura descritta anche all’anno scolastico 2025/2026 garantisce, pertanto, l’attività delle équipe formative fino ad agosto 2026 e, quindi, fino alla conclusione del PNRR.

 

La disposizione in commento statuisce inoltre che, per l’attuazione delle disposizioni in esame, è autorizzata la spesa di euro 1.684.395 per l’anno 2025 e di euro 2.526.592 per l’anno 2026, cui si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2025 e 2026, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 62, secondo periodo, della legge n. 107 del 2015.

 

La relazione tecnica afferma che il calcolo degli oneri è stato effettuato tenendo conto dei parametri stipendiali dei docenti, considerando i docenti fino al termine delle lezioni e, quindi, per 10 mesi. Si è proceduto a calcolare gli importi delle supplenze e a quantificare i relativi oneri per un numero complessivo di 120 docenti.

Per una stima prudenziale – prosegue la relazione – è stato preso in considerazione l’importo mensile dei docenti delle scuole secondarie di secondo grado, più alto rispetto a quello dei docenti delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo, nella fascia più bassa che spetta ai supplenti, incrementato con gli ultimi adeguamenti contrattuali previsti per i rinnovi contrattuali 2022-2024 e 2025-2027 pari, rispettivamente, al 5,78% e al 5,40%, che determinano il trattamento economico mensile, da prendere come riferimento, in 3.509,1545 euro. Esso è preso in considerazione per 4 mensilità dell’anno 2025 (1° settembre - 31 dicembre 2025) per 6 mensilità per l’anno 2026 (fino al 30 giugno 2026).

 

Quanto alla copertura finanziaria, si ricorda che l’articolo 1, comma 62, secondo periodo, della legge n. 107 del 2015 statuisce che, a decorrere dall’anno 2016, è autorizzata la spesa di euro 30 milioni annui al fine di consentire alle istituzioni scolastiche di attuare le attività previste nei commi da 56 a 61 del medesimo articolo. Più nel dettaglio, tali disposizioni perseguono i fini di sviluppare e di migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale, perseguire gli obiettivi del Piano nazionale per la scuola digitale e favorire lo sviluppo della didattica laboratoriale. Tali risorse, come affermato dalla relazione tecnica, sono iscritte sul capitolo 4007, piano gestionale 1, del bilancio del Ministero dell’istruzione e del merito.

 

Venendo alle misure del PNRR citate dalla norma in commento, si riporta in questa sede quanto segue, rinviando per ogni ulteriore approfondimento all’apposito tema presente sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

L’investimento 3.2 della M4C1, “Scuola 4.0 - scuole innovative, nuove aule didattiche e laboratori” mira alla riqualificazione degli spazi scolastici affinché si trasformino in ambienti di apprendimento connessi adattabili, flessibili e digitali, con laboratori tecnologicamente avanzati e un processo di apprendimento orientato al lavoro. Con questa misura si persegue l'accelerazione della transizione digitale del sistema scolastico italiano con quattro iniziative: la trasformazione di circa 100.000 classi tradizionali in ambienti di apprendimento connessi, con l'introduzione dei dispositivi didattici opportuni; la creazione di laboratori per le professioni digitali nel II ciclo; la digitalizzazione delle amministrazioni scolastiche; il cablaggio interno di circa 40.000 edifici scolastici e relativi dispositivi.

La misura stanzia 2,1 miliardi di euro e prevede, entro il 31 dicembre 2025, la trasformazione di almeno 100.000 classi in ambienti di apprendimento innovativi.

Il primo obiettivo da raggiungere nell’ambito della misura in questione era costituito dall’approvazione del Piano Scuola 4.0, che è stato adottato con il decreto del Ministro dell’istruzione n. 161 del 14 giugno 2022. Il Piano costituisce uno strumento di sintesi e accompagnamento all’attuazione delle relative linee di investimento e intende fornire un supporto alle azioni che saranno realizzate dalle istituzioni scolastiche nel rispetto della propria autonomia didattica, gestionale e organizzativa. Esso è diviso in quattro sezioni:

– la prima sezione “Background” definisce il contesto dell’intervento, ripercorrendo brevemente le principali tappe del processo di trasformazione didattica e digitale della scuola italiana e gli scenari europei di riferimento;

– la seconda e la terza sezione “Framework” presentano il quadro di riferimento e i principali orientamenti per la progettazione degli ambienti di apprendimento innovativi (Next Generation Classrooms) e dei laboratori per le professioni digitali del futuro (Next Generation Labs);

– la quarta sezione “Roadmap” illustra e sintetizza gli step di attuazione della linea di investimento “Scuola 4.0”.

 

L’investimento 2.1 della M4C1, “Didattica digitale integrata e formazione sulla transizione digitale del personale scolastico”, mira a creare un sistema permanente per lo sviluppo della didattica digitale, come pure delle competenze digitali e didattiche del personale scolastico. L'intervento prevede: la creazione di un sistema per la formazione continua dei docenti e del personale scolastico per la transizione digitale; l'adozione di un quadro di riferimento nazionale per la didattica digitale integrata, al fine di promuovere l'adozione di curricula in materia di competenze digitali in tutte le scuole.

La linea d'intervento stanzia 800 milioni di euro e prevede, entro la fine del 2025, la formazione di circa 650.000 tra insegnanti e personale scolastico, l'attivazione di circa 20.000 corsi di formazione nel corso del quinquennio e l'istituzione di centri di formazione locali. Nei progetti di formazione dovranno essere coinvolte tutte le istituzioni educative in Italia, attualmente più di 8.000.

Si noti che la scadenza dell'obiettivo originariamente prevista era per la fine del 2024; essa è stata posticipata di un anno, d’accordo con le istituzioni europee, per allinearla all'obiettivo dell'Investimento 3.2, appena sopra descritto. La formazione del personale scolastico è giudicata infatti strettamente connessa e complementare alla trasformazione in chiave digitale di aule e laboratori.

 

 


Articolo 6, comma 1
(Disponibilità delle Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale)

 

 

L’articolo 6, comma 1, estende dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine entro il quale le Direzioni regionali musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale nell’ambito della riorganizzazione in corso del Ministero della cultura possono esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate.

 

A tal fine, l’articolo 6, comma 1, novella l'articolo 14, comma 3, del D.L. n. 113/2024 (L. n. 143/2024).

 

Nella sua formulazione previgente, la disposizione qui novellata prevedeva che le Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a uffici già esistenti, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance (DPCM n. 57/2024), potessero esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate entro il 31 dicembre 2024.

L’articolo 24 del citato DPCM n. 57/2024 è dedicato agli uffici dotati di autonomia speciale: esso, al comma 3, lettera b), reca un elenco di 53 uffici di livello dirigenziale non generale dotati di autonomia speciale, tra cui sono presente le seguenti “Direzioni regionali Musei nazionali”: le Residenze reali sabaude - Direzione regionale Musei nazionali Piemonte; i Musei nazionali di Genova - Direzione regionale Musei nazionali Liguria; il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare - Direzione regionale Musei

nazionali Friuli-Venezia Giulia; i Musei nazionali di Bologna - Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna; i Musei nazionali di Perugia - Direzione regionale Musei nazionali Umbria; il Palazzo ducale di Urbino - Direzione regionale Musei nazionali Marche; il Pantheon e Castel Sant'Angelo - Direzione Musei nazionali della città di Roma; i Musei archeologici nazionali di Chieti - Direzione regionale Musei nazionali Abruzzo; il Parco archeologico di Sepino e il Museo Sannitico di Campobasso – Direzione regionale Musei nazionali Molise; il Castello Svevo di Bari - Direzione regionale Musei nazionali Puglia; i Musei nazionali di Matera - Direzione regionale Musei nazionali Basilicata; la Direzione regionale Musei nazionali Calabria; la Direzione regionale Musei nazionali Campania; la Direzione regionale Musei nazionali Lazio; la Direzione regionale Musei nazionali Lombardia; la Direzione regionale Musei nazionali Sardegna; la Direzione regionale Musei nazionali Toscana; la Direzione regionale Musei nazionali Veneto.

Ai sensi del medesimo articolo 24, gli uffici del Ministero dotati di autonomia speciale hanno autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile. Con decreti ministeriali di natura non regolamentare saranno definiti l'organizzazione e il funzionamento degli uffici dotati di autonomia speciale, nonché i relativi compiti e funzioni. Gli incarichi di direzione dei musei sopra citati sono conferiti dal Direttore generale Musei ai dirigenti assegnati al suo ufficio o, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, ad esperti esterni. Ai Direttori degli istituti e musei, con l'atto di conferimento dei relativi incarichi, possono essere altresì conferite le funzioni di direttore regionale Musei, senza ulteriori emolumenti accessori.

 

Secondo la relazione illustrativa, il comma 1 intende agevolare la gestione contabile delle risorse erogate in favore degli istituti e luoghi della cultura afferenti alle 17 Direzioni regionali museali divenute – a seguito della riforma organizzativa del Ministero della cultura operata il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57 – Uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a Uffici già esistenti, al fine di assicurare la continuità dell’operatività delle contabilità ordinarie a esse intestate, seppur temporaneamente. Le suddette risorse sono, infatti, legate all’esistenza di obbligazioni giuridiche assunte anche a valere su finanziamenti già approvati a favore di interventi di tutela del patrimonio culturale nazionale.

Prima dell’entrata in vigore del nuovo assetto dipartimentale, le Direzioni regionali Musei (DRM) erano individuate nel numero massimo di venti dal comma 5 dell’articolo 42 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 169 del 2019, poi sostituto per effetto dell’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2023, n. 167.

La disposizione da ultimo citata, in particolare, ha ridotto a tredici il numero massimo di Direzioni regionali Musei, inclusa la Direzione musei statali città di Roma, prevedendo, altresì, nelle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise e Umbria, l’accorpamento delle DRM ai musei e agli altri luoghi della cultura individuati nell’articolo 33, comma 3, lettera b), del citato d.P.C.M. n. 169 del 2019.

L’articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, al comma 6-quater (inserito dalla legge di conversione 23 febbraio 2024, n. 18), ha consentito l’operatività, sino al 31 dicembre 2024, delle contabilità ordinarie intestate alle DRM accorpate ai sensi del comma 5 dell’articolo 42 del d.P.C.M. n. 169 del 2019 ratione temporis vigente, al fine di consentire l’esaurimento delle disponibilità residue accertate alla data di entrata in vigore del citato d.P.C.M. n. 167 del 2023 (7 dicembre 2023).

Il riassetto organizzativo avviato con il d.P.C.M. n. 169 del 2019, come modificato nel 2023, complessivamente teso a trasformare le DRM da uffici di livello dirigenziale non generale periferici della Direzione generale musei in uffici dotati di autonomia speciale, è stato recentemente completato con il Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57.

A tal fine, in particolare, l’articolo 24 del Regolamento da ultimo citato, in primo luogo dispone 6 nuovi accorpamenti (relativamente alle Direzioni di Piemonte, Emilia-Romagna, Abruzzo, Puglia, Basilicata e alla Direzione Musei statali della città di Roma, equiparata a Direzione regionale) e, in secondo luogo, provvede nei restanti 7 casi (Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Veneto e Sardegna) ad una trasformazione diretta delle Direzioni regionali musei in uffici dotati di autonomia speciale.

Per i profili d’interesse, si segnala che il precedente assetto organizzativo di cui al d.P.C.M. n. 169 del 2019 risulta, ad oggi, superato per effetto dell’adozione del decreto del Ministro della cultura 5 settembre 2024, n. 270, in considerazione di quanto espressamente disposto dall’articolo 41 del d.P.C.M. n. 57 del 2024 («Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento sono abrogati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri24 giugno 2021, n. 123, e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2023, n.167. Fino all'adozione dei corrispondenti decreti di cui all'articolo 40, comma 2, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli … 42 … del d. P.C.M. n. 169 del 2019.»).

In considerazione del nuovo assetto organizzativo, l’articolo 14, comma 3, del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2024, n. 143, ha disposto che le Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a uffici già esistenti, ai sensi dell'articolo 24 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, possono esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate entro il 31 dicembre 2024.

A tal fine, dunque, la presente disposizione normativa mira a prorogare di un ulteriore anno, al 31 dicembre 2025, il termine previsto dall’articolo 14, comma 3, del citato decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, al fine di garantire l’operatività delle contabilità ordinarie delle Direzioni regionali musei nazionali individuate dall’articolo 24 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 57 del 2024.

 


Articolo 6, commi 2-4
(Durata e incardinamento della segreteria tecnica di progettazione per gli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016)

 

 

L’articolo 6, comma 2, proroga da otto a nove anni la durata della segreteria tecnica di progettazione, creata allo scopo di rendere più celere la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. Inoltre, viene modificato anche l’incardinamento di tale organo tecnico, in quanto esso non è più costituito «presso il Segretariato generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo» bensì «presso il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della cultura». Il comma 3 provvede corrispondentemente a prorogare dal 2024 al 2025 l'incremento di unità di personale facente capo alla segreteria, disposto in origine fino al 2021. Il comma 4 autorizza la spesa complessiva di 1,5 milioni di euro per il 2025, individuando la relativa copertura.

 

Come sopra anticipato, l’articolo 6, comma 2, proroga da otto a nove anni la durata della segreteria tecnica di progettazione, costituita presso il Segretariato generale del Ministero della cultura, ex art.15-bis, comma 6, lett. a), del D.L. 189/2016, creata allo scopo di rendere più celere la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.

Inoltre, viene modificato anche l’incardinamento di tale organo tecnico, in quanto esso non è più costituito «presso il Segretariato generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo» bensì «presso il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della cultura».

 

Con riguardo a tale profilo organizzativo, la relazione illustrativa ricorda che si tratta di modifiche necessarie ad allineare la predetta disposizione al nuovo Regolamento di organizzazione del Ministero della cultura di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, che ha comportato il passaggio dal modello organizzativo del segretariato generale a quello dipartimentale. In particolare, l’articolo 5, comma 10, del Regolamento ha previsto che l’Ufficio del Soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016 operi nell’ambito del Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale.

A tal fine, la disposizione in esame novella l'articolo 15-bis, comma 6, lettera a), del D.L. n. 189/2016 (L. n. 229/2016).

 

La disposizione qui novellata prevede che, per accelerare la realizzazione degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria (con riguardo ai Comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis dello stesso decreto-legge n. 189/2016), l'ufficio del Soprintendente speciale di cui al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 24 ottobre 2016:

- si avvale di una apposita segreteria tecnica di progettazione, inizialmente costituita per la durata di cinque anni a far data dal 2017, ora prorogati a 9 in virtù del comma 2 della disposizione in commento, presso il Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale del Ministero della cultura (originariamente presso il Segretariato generale del MIC), e composta da non più di venti unità di personale, alle quali possono essere conferiti, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente, incarichi di collaborazione per la durata massima di ventiquattro mesi, entro il limite di spesa di 500.000 euro annui; ai componenti della segreteria tecnica possono essere altresì affidate le funzioni di responsabile unico del procedimento. Rispetto al profilo delle unità di personale che compongono la segreteria tecnica, l’art. 18, comma 2, del D.L. 8/2017 ha stabilito che esse possono essere incrementate fino a ulteriori venti unità, nel limite dell'ulteriore importo di un milione di euro annui per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023, che ora si estendono al 2025 in virtù di quanto previsto dal comma 3 della disposizione in commento;

- può reclutare personale di supporto, fino a un massimo di venti unità mediante le modalità previste dagli articoli 50, comma 3, e 50-bis, comma 3, del medesimo D.L. 189/2016 entro il limite di spesa di 800.000 euro annui; tale personale è assunto dal MIC a tempo indeterminato e, decorsi cinque anni a far data dal 2017, può essere assegnato ad altro ufficio del medesimo Ministero;

- per le attività connesse alla messa in sicurezza, recupero e ricostruzione del patrimonio culturale, nell'ambito della ricostruzione post-sisma, è autorizzato ad operare attraverso apposita contabilità speciale dedicata alla gestione dei fondi finalizzati esclusivamente alla realizzazione dei relativi interventi in conto capitale. Sulla contabilità speciale confluiscono altresì le somme assegnate allo scopo dal Commissario straordinario previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnazione su apposito capitolo dello stato di previsione del MIC.

 

Il comma 3 proroga dal 2024 al 2025 l'incremento di unità di personale – disposto in origine fino al 2021 - facente capo alla segreteria tecnica di progettazione di cui si avvale l'ufficio del Soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016.

A tal fine novella l'articolo 18, comma 2, del D.L. n. 8/2017 (L., n. 45/2017).

 

Con riferimento al comma 3, la relazione illustrativa ricorda che tale struttura tecnica si compone di figure altamente qualificate (architetti, ingegneri, commercialisti) che forniscono al citato Ufficio del Soprintendente un supporto specialistico in attività fondamentali per la ricostruzione dei beni immobili e mobili presenti nei territori colpiti dagli eventi sismici, ivi compresi lavori di ricerca, attività di rilievo del danno attraverso sopralluoghi e verifiche e attività di supporto al RUP.

La proroga in questione, dunque, risponde all’esigenza di consentire il completamento degli interventi di tutela del patrimonio culturale nei territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, allineando la durata della segreteria tecnica di progettazione a quella dell’Ufficio Sisma del 2016, anch’essa oggetto di proroga annuale in vista della finalizzazione dei lavori nei territori interessati dalla ricostruzione. In tali contesti, infatti, il processo di restauro dei beni culturali appare di particolare complessità, necessitando, altresì, di un coordinamento continuo con le esigenze di altre importanti iniziative governative, tra cui il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e il Piano Nazionale Complementare.

L’estensione della durata della segreteria tecnica di progettazione, pertanto, appare necessaria al fine di garantire all’Ufficio del Soprintendente il supporto necessario al completamento dei progetti di cui il medesimo è soggetto attuatore, la cui realizzazione sarebbe inevitabilmente pregiudicata dalla scadenza del termine del 31 dicembre 2024 attualmente previsto.

Inoltre, in base alla RT, l’impegno economico dedicato alla Segreteria Tecnica di Progettazione è sintetizzato di seguito: 

-          Gruppo A per un totale di € 1.370.304,00 - RAPPORTI CONCLUSI;

-          Gruppo B per un totale di € 380.640,00 - RAPPORTI CONCLUSI;

-          Gruppo C: si tratta di un gruppo costituito inizialmente da 31 professionisti (ingegneri e architetti) di cui attualmente sono in corso solamente 16 contratti. In relazione al gruppo C si precisa che ad oggi sono state rendicontate somme per un totale di € 951.787,75 corrispondenti complessivamente a 3139 giornate.

 

Il comma 4 autorizza la spesa complessiva di 1.500.000 euro per il 2025 per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, rispettivamente pari a euro 500.000 e a euro 1.000.000, alla quale si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della cultura.

 

 


Articolo 7, comma 1
(Misure di proroga in materia di politiche abitative)

 

 

L’articolo 7, comma 1, proroga, fino al 31 dicembre 2025, la durata dei contratti di locazione o di assegnazione in godimento degli immobili residenziali realizzati, in regime di edilizia agevolata, con il programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

Si prevede, inoltre, fino al 31 dicembre 2025, l’obbligo di notifica della proposta di alienazione all'assegnatario, al quale è attribuito il diritto di prelazione. Sono inoltre rinnovati, fino al 31 dicembre 2025, i contratti scaduti, al fine di consentire l’esercizio del diritto di prelazione, in base a determinate condizioni.

 

Il comma 1 dell’articolo 7 proroga, fino al 31 dicembre 2025, i termini temporali contenuti nelle disposizioni dell’art. 1-bis del D.L. 132/2023, in materia di politiche abitative a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

 

Nello specifico, si proroga, fino al 31 dicembre 2025, la durata dei contratti di locazione o di assegnazione in godimento degli immobili residenziali, realizzati in regime di edilizia agevolata dal programma straordinario istituito dall'art. 18 del D.L. 152/1991, ai medesimi termini e condizioni. La proroga è riservata ai contratti di locazione o di assegnazione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 132/2023 (in vigore dal 29 novembre 2023) e in scadenza entro il 31 dicembre 2025 (comma 1 dell’art. 1-bis).

L’art. 18 del D.L. 152/1991 prevede un programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato, che ha l'obiettivo di costruire alloggi da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni, quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata. Gli interventi realizzati da imprese e/o loro consorzi, il cui stanziamento complessivo è di 950 miliardi di vecchie lire (euro 490,63 milioni di euro) sono finalizzati, in prevalenza, all’attuazione di interventi di nuova costruzione di edilizia residenziale e alla realizzazione di edifici commerciali e terziari ed alle relative opere di urbanizzazione.

 

Si proroga, fino 31 dicembre 2025, l’obbligo, a carico del proprietario che intende trasferire a titolo oneroso le suddette unità immobiliari, di notificare la proposta di alienazione all'assegnatario, al quale è attribuito un diritto di prelazione, restando, comunque, ferma la facoltà di riscatto eventualmente prevista nei suddetti contratti. È prevista, in tal caso, l’applicazione dei diritti di prelazione e di riscatto come disposti dagli articoli 38 e 39 della legge 392/1978, in quanto compatibili (comma 2 dell’art. 1-bis).

 

Il comma 3 dell’art. 1-bis del D.L. 132/2023 stabilisce, inoltre, per i contratti scaduti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto-legge (in vigore dal 29 novembre 2023), la possibilità di esercitare il diritto di prelazione previsto al comma 2 alle seguenti condizioni:

a) l'immobile è occupato dall'assegnatario o, in caso di decesso, dal suo nucleo familiare al momento della notificazione della volontà di alienarlo;

b) il proprietario dell'immobile non ne ha disposto con contratto preliminare o contratto definitivo di compravendita ovvero con altro contratto costitutivo o traslativo dell'usufrutto, uso o abitazione, trascritto anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto;

c) il soggetto che esercita la prelazione ha adempiuto regolarmente al pagamento dell'indennità di occupazione.

L’art. 1591 (Danni per ritardata restituzione) del codice civile prevede che il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno.

 

Il comma in esame prevede, poi, il rinnovo, fino al 31 dicembre 2025, dei contratti scaduti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 132/2023, ai medesimi termini e condizioni, al fine di consentire l'esercizio del diritto di prelazione.  Il rinnovo dei contratti scaduti non può avvenire se è intervenuto un provvedimento passato in giudicato di rilascio dell'immobile (comma 4 dell’art. 1-bis).

 

Il comma 5 dell’art. 1-bis del D.L. 132/2023 prevede che quanto disposto non pregiudica le facoltà di riscatto, eventualmente previste a favore degli assegnatari degli immobili.

In merito all’esercizio del diritto di prelazione, ai sensi dell’art. 38 della legge 392/1978, nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto, salvo diversa condizione indicata nella comunicazione del locatore, deve essere effettuato entro il termine di trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notificazione della comunicazione da parte del proprietario, contestualmente alla stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Sul diritto di riscatto, l’art. 39 della legge 392/1978 prevede che qualora il proprietario non provveda alla notificazione prevista dall’art. 38, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa. Ove sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell'atto notificato con cui l'acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto.

Se per qualsiasi motivo, l'acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.

 


Articolo 7, comma 2
(In materia di misure a sostegno dell'edilizia privata)

 

 

L’articolo 7, comma 2 proroga di ulteriori sei mesi i termini dei lavori nel settore dell’edilizia privata, di cui all’articolo 10-septies, comma 1, del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2022, n. 51. Tale intervento effettuava la proroga di alcuni termini in materia di edilizia privata in considerazione delle conseguenze derivanti dalle difficoltà di approvvigionamento dei materiali nonché dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi.

 

Tale disposizione è stata successivamente prorogata, dapprima, dall’art. 10, comma 11-decies, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, e successivamente dall’articolo 4-quater, comma 1, lettera a), del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 2 febbraio 2024, n. 11.

Nel dettaglio, la norma estende da 30 mesi (come previsto dal vigente art. 10-septies) a 36 mesi la proroga:

-          dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori in materia edilizia, di cui all'art. 15 del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico in materia edilizia), relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 31 dicembre 2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 30 giugno 2024), purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato di volersi avvalere della proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione del soggetto medesimo, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del D. Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali).

Il secondo periodo della lettera a) (come da ultimo modificata dall’art. 4-quater, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 181 del 2023) del comma 1 dell’art. 10-septies specifica che la proroga in oggetto (e dunque ora l’ulteriore proroga disposta dalla norma in esame) si applica anche ai termini relativi alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA), nonché delle autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate, nonché ai permessi di costruire e alle SCIA per i quali l'amministrazione competente abbia accordato una proroga ai sensi dell'art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 (cioè per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire), o ai sensi dell'art. 10, comma 4, del decreto-legge n. 76 del 2020 e dell'art. 103, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020.

Si ricorda che l’art. 15 del Testo unico dell’edilizia disciplina l’efficacia temporale e la decadenza del permesso di costruire. Ai sensi del comma 1, nel permesso di costruire sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

Il comma 2 prevede che il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare tre anni dall'inizio dei lavori.

Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga.

La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell'opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive. Si ricorda, altresì, che i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui al citato art. 15, per gli interventi relativi alla realizzazione di infrastrutture di rete a banda ultra-larga fissa e mobile, sono stati prorogati di ventiquattro mesi dall’art. 18, comma 4, del decreto-legge n. 13 del 2023, al fine di consentire il tempestivo raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale di cui al regolamento (UE) 2021/240 e al regolamento (UE) 2021/241;

-          del termine di validità nonché dei termini di inizio e fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della Legge n. 1150 del 1942, o dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché dei termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi fino al 31 dicembre 2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 30 giugno 2024), purché non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del D. Lgs. n. 42 del 2004.

Il secondo periodo della lettera b) (come da ultimo modificata dall’art. 4-quater, comma 1, lettera a), decreto-legge n. 181 del 2023) del comma 1 dell’art. 10-septies precisa che la proroga in oggetto (e dunque ora l’ulteriore proroga disposta dalla norma in esame) si applica anche ai diversi termini relativi alle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della Legge n. 1150 del 1942, o agli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché ai relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di tre anni di cui all'art. 30, comma 3-bis, del decreto-legge n. 69 del 2013, e della analoga proroga di tre anni di cui all'art. 10, comma 4-bis, del decreto-legge n. 76 del 2020.

Si ricorda che il piano di lottizzazione è uno strumento urbanistico, a iniziativa prevalentemente privata, disciplinato dall’art. 28 della legge 1150 del 1942, attuativo della pianificazione urbanistica generale e finalizzato a realizzare un intervento edilizio che richieda nuove opere di urbanizzazione o comporti l’aggravio del carico urbanistico esistente.


Articolo 7, comma 3
(Sicurezza delle gallerie ferroviarie)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 7 differisce dal 31 dicembre 2024 al 30 aprile 2025 i termini previsti da alcune disposizioni del decreto ministeriale del 2005, relativo alla sicurezza delle gallerie ferroviarie, nelle more dell’emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) contenente apposite linee guida, relative a prescrizioni tecniche di prevenzione e di protezione che i gestori e le imprese ferroviarie dovranno applicare alle infrastrutture ferroviarie e ai veicoli finalizzate a garantire un livello adeguato di sicurezza ferroviaria, assicurando in tal modo l’omogeneità della normativa nazionale con quella unionale in materia di requisiti e di sicurezza delle gallerie del sistema ferroviario.

 

In dettaglio, il comma 3 dell’articolo 7 novella il terzo periodo dell'articolo 13, comma 17-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (recante anch’esso proroghe di termini legislativi e convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2021, n. 21), differendo ulteriormente il termine ivi previsto del 31 dicembre 2024, fino al 30 aprile 2025.

Il termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2023 nel DL n. 183/2020 anche in relazione all’emergenza Covid-19, era stato già differito al 31 dicembre 2024 ad opera del D.L. n. 121 del 2021 (art. 10, comma 7-quater).

 

Per comprendere la modifica occorre ricordare che il richiamato comma 17-bis dell’art. 13 del D.L. n. 183/2020, ha previsto, al primo periodo, l’emanazione con decreto del MIT (di concerto con il Ministro dell'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici e l’ANSFISA e da notificare alla Commissione europea e all'Agenzia dell'UE per le ferrovie), di apposite linee guida finalizzate a garantire un livello adeguato di sicurezza ferroviaria mediante specifiche prescrizioni tecniche di prevenzione e di protezione da applicare alle infrastrutture ferroviarie e ai veicoli da parte dei gestori e delle imprese ferroviarie, nonché a definire i tempi di adeguamento a dette prescrizioni da parte dei gestori e delle imprese ferroviarie. La finalità è quella di assicurare l'omogeneità della normativa nazionale con quella dell'Unione europea in materia di requisiti e di sicurezza delle gallerie del sistema ferroviario, come definito dall'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 50 (di attuazione della direttiva 2016/798 sulla sicurezza delle ferrovie). Il terzo periodo del comma 17-bis ha inoltre stabilito che nelle more dell’entrata in vigore del decreto contenente tali linee guida (decreto peraltro mai emanato) e tenuto conto dell’emergenza Covid-19, fossero differiti i termini previsti da alcuni articoli, del decreto MIT 28 ottobre 2005, per l’adeguamento del sistema delle gallerie ferroviarie ai requisiti previsti dagli allegati al decreto legislativo n. 50/2019.

Si tratta dei seguenti articoli del DM 28 ottobre 2005, che pertanto sono quelli oggetto del differimento operato dalla disposizione in commento:

-         l’articolo 3, comma 8, che prescrive che, in occasione della ristrutturazione del materiale rotabile in esercizio, tutti i componenti sostituiti e integrativi devono rispettare i criteri di sicurezza di cui all’Allegato II e che comunque entro 15 anni dall’entrata in vigore del decreto ministeriale stesso (entrato in vigore l’8 aprile 2016, quindi entro l’8 aprile 2031) tutto il materiale rotabile circolante sulle infrastrutture ferroviarie debba rispettare i criteri di sicurezza di cui all’Allegato II; il termine inizialmente previsto al 2031 e poi anticipato al 31 dicembre 2023 viene quindi ora differito al 30 aprile 2025;

-         l’articolo 10, comma 2, in base al quale entro 3 anni dall'entrata in vigore del decreto, quindi entro l’8 aprile 2019, termine ora differito al 30 aprile 2025, il Gestore dell'infrastruttura propone al Ministero un programma di realizzazione delle misure di sicurezza modulato nel tempo, da attuarsi comunque non oltre i successivi sette anni, che rispetti l'obiettivo di sicurezza di cui all'Allegato III, contenente le disposizioni in materia di analisi di rischio. Il Ministero, sentito il parere della Commissione sicurezza, comunica il programma di realizzazione degli interventi di adeguamento ai soggetti erogatori dei finanziamenti per gli investimenti in attuazione delle norme vigenti.

-         l’articolo 11, comma 4, secondo cui i lavori di adeguamento delle gallerie, in base agli interventi approvati, devono essere realizzati entro quindici anni dall’entrata in vigore del decreto quindi entro l’8 aprile 2031; anche in questo caso il termine, prima fissato al 31 dicembre 2023, viene qui differito al 30 aprile 2025.

 

Si ricorda infine che il comma 17-bis dispone altresì che nelle more dell'adozione del decreto sulle linee guida, in caso di incidente, i gestori assicurano, con oneri a proprio carico, l'accessibilità in sicurezza delle gallerie di lunghezza superiore a 1.000 metri alle squadre di soccorso e ai vigili del fuoco, mediante la predisposizione di attrezzature, mezzi e dotazioni specialistiche idonei. A tal fine, sulla base dell'analisi e della ricognizione delle specifiche situazioni territoriali, i gestori predispongono, nell'ambito delle risorse disponibili per la gestione e la manutenzione della rete, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in collaborazione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, il programma annuale recante le modalità operative di accesso in sicurezza delle squadre di soccorso e dei vigili del fuoco. Di tale programma i gestori informano annualmente il MIT e l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali.


Articolo 7, comma 4
(Sospensione aggiornamento sanzioni del Codice della strada)

 

 

L’articolo 7, comma 4, proroga al 2025 la sospensione dell’aggiornamento biennale dell’importo delle sanzioni amministrative previste dal Codice della strada. Conseguentemente, proroga al 1° dicembre 2025 il termine entro cui deve essere adottato il decreto ministeriale relativo agli importi delle citate sanzioni, che saranno applicati dal 1° gennaio 2026 e che devono essere aggiornati in base all’andamento inflattivo del biennio 2024-2025.

 

L’articolo 7, comma 4, proroga al 2025 la sospensione, già prevista per gli anni 2023 e 2024 dalla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022), dell’operatività dell’articolo 195, comma 3, del Codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e quindi l’aggiornamento biennale dell’importo delle sanzioni amministrative ivi previsto.

Di conseguenza, dispone che il decreto ministeriale che definisce i nuovi limiti delle sanzioni applicate a decorrere dal 1° gennaio 2026, sia adottato entro il 1° dicembre 2025. L’entità delle sanzioni deve essere aggiornata in base all’andamento inflattivo relativo al biennio 2024-2025.

 

A tale riguardo, si ricorda che l’articolo 195 del Codice della strada dispone, al comma 3, che la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per le violazioni al Codice della strada sia aggiornata con cadenza biennale in misura pari all’intera variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (media nazionale) verificatasi nei due anni precedenti.

A tal fine, entro il 1° dicembre di ogni biennio, il Ministro della giustizia provvede, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, a fissare i nuovi limiti delle sanzioni amministrative pecuniarie, che si applicano a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo. Tali limiti devono essere stabiliti seguendo i criteri di cui ai commi precedenti, vale a dire (comma 2):

·         la gravità della violazione;

·         l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione;

·         la personalità del trasgressore e le sue condizioni economiche.

 

Infine, l’ultimo periodo del comma 3 dispone espressamente che i suddetti limiti possono superare quelli massimi previsti dal comma 1, a mente del quale – e premesso che la sanzione amministrativa consiste nel pagamento di una somma di danaro tra un limite minimo ed un limite massimo fissato dalla singola norma, sempre entro il limite minimo generale di euro 21 ed il limite massimo generale di euro 9.296 (per la conversione in euro degli importi delle sanzioni originariamente stabiliti in lire, si veda il decreto legislativo n. 213 del 1998, articolo 51) – il predetto limite massimo generale può essere superato solo in tre casi:

1.      nelle ipotesi di aggiornamento di cui al comma 3;

2.      quando si tratti di sanzioni proporzionali;

3.      quando si tratti di più violazioni ai sensi dell’articolo 198, nel qual caso è irrogata la sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo.


Articolo 8
(Proroga di termini in materie di competenza DEL Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale)

 

L’articolo 8 prevede per l’anno 2025 un finanziamento aggiuntivo di 2,34 milioni di euro relativo a misure per la sicurezza degli uffici e del personale all’estero.

 

La disposizione in esame integra l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14 (Disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina) in quanto aggiunge alle spese già autorizzate (2 milioni di euro per il 2022, altrettanti per il 2023 e 2,2 milioni di euro per il 2024) per l'invio di militari dell'Arma dei Carabinieri a tutela degli uffici e del personale MAECI all'estero un finanziamento di 2, 34 milioni di euro per il 2025.

Alla copertura di tali ulteriori oneri si provvede utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024.

 

La relazione tecnica ricorda che il decreto-legge n. 14 del 2022 prevedeva all’art. 4, comma 2, un’autorizzazione di spesa di 1 milione di euro per l’anno 2022 per l’invio di dieci militari dell’Arma dei Carabinieri a tutela degli uffici all’estero maggiormente esposti nella crisi in corso nell’Est Europa, al fine di potenziare le misure di protezione delle sedi e del relativo personale. Successivamente, la legge di conversione n. 28 del 5 aprile 2022 aumentava a 2 milioni di euro tale stanziamento aggiuntivo, che veniva poi prorogato fino al 31 dicembre 2023 con la legge di bilancio per il 2023(legge n. 197 del 2022), e, infine, ulteriormente prorogato per il 2024 ed incrementato a 2,2 milioni di euro dal decreto-legge n 145 del 2023.

Tali fondi hanno consentito l’istituzione di 24 posizioni aggiuntive - destinate alle sedi maggiormente esposte a seguito dell’aggressione russa all’Ucraina - nel contingente dell’Arma dei Carabinieri da inviare con compiti di protezione e scorta presso le Rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari esclusivamente per periodi che, anche per effetto di proroghe, non siano complessivamente superiori ad un anno.

Dato il permanere dell’esigenza di garantire un accresciuto livello di protezione alle sedi sopra menzionate, la disposizione in esame protrae anche per il 2025 le 24 posizioni già istituite.

 

 

L’articolo 158 del Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) dispone che l'Arma dei carabinieri assicura i servizi di sicurezza delle Rappresentanze diplomatiche e consolari, nonché degli uffici degli addetti militari all'estero. Concorre, inoltre, ad affrontare particolari situazioni di emergenza o di crisi, locali o internazionali, che dovessero mettere in pericolo la sicurezza delle suddette Rappresentanze, assicurando la disponibilità di personale appartenente a reparti speciali.

Il Comando Carabinieri del MAECI è un reparto specializzato che dipende dal Comando Unità Mobili e Specializzate “Palidoro” e, funzionalmente, dal Ministro degli affari esteri per il tramite del Segretario Generale (Decreto interministeriale esteri/difesa n. 957 del marzo 1999). Si articola su un Ufficio Comando (sezione personale, sezione operazioni e logistica e nucleo affari generali) e un Reparto Sicurezza e Vigilanza (sezione sede e sezione estero). Il reparto offre tutela alle rappresentanze diplomatiche italiane nei cinque continenti, schierando oltre trecento Carabinieri nelle sedi italiane all’estero.

 


Articolo 9, comma 1 e comma 5
(Proroga di termini in materie di competenza del Ministero della difesa)

 

 

L’articolo 9, comma 1, alla lettera a), proroga al 31 dicembre 2025 il termine del regime transitorio del collocamento in ausiliaria, di cui all’articolo 2229, comma 1 del Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

La lettera b), apporta modifiche all’articolo 2230 del Codice dell'ordinamento militare, relativo alla definizione delle unità di personale da collocare in ausiliaria ai sensi dell’articolo 2229.

Il comma 5 riporta la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1.

 

L’articolo in esame modifica il Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), introducendo proroghe e aggiornamenti relativi al regime transitorio del collocamento in ausiliaria per il personale militare.

In particolare, l’articolo 9, comma 1, lettera a), proroga il termine del regime transitorio del collocamento in ausiliaria, di cui all’articolo 2229, comma 1, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025. L’articolo 2229, comma 1, consente il collocamento in ausiliaria su base volontaria per ufficiali e sottufficiali dell’Esercito italiano, della Marina e dell’Aeronautica militare che ne facciano richiesta e che si trovino a non più di cinque anni dal limite di età, ai fini del progressivo conseguimento dei volumi organici stabiliti dall’articolo 2206-bis del Codice dell’ordinamento militare (COM).

 

Tale articolo è stato oggetto di modifiche, da ultimo, mediante l’art. 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 94, che ha prorogato il termine dal 2020 al 2024, coordinandone il contenuto con le disposizioni introdotte dal decreto legislativo 26 aprile 2016, n. 91, all'articolo 2230 del Codice, che quantificano, fino all'anno 2024, le unità di personale da collocare in ausiliaria.

 

L’articolo 9, comma 1, lettera b), apporta modifiche all’articolo 2230 del COM, relativo alla definizione delle unità di personale da collocare in ausiliaria ai sensi dell’articolo 2229.

In particolare, le modifiche prevedono:

-         al comma 1, dopo la lettera m-quinquies), l’aggiunta della lettera m- sexies) contenente le unità di personale da collocare in ausiliaria per il 2025. La nuova lettera m-sexies) contiene le seguenti previsioni numeriche per il collocamento in ausiliaria nel 2025:

·         Ufficiali: 32

·         Marescialli: 75

·         Totale: 107

-         al comma 1-bis le parole: « m-quinquies) » sono sostituite dalle seguenti: «m-sexies)», aggiornando in tal modo il riferimento normativo per includere il nuovo anno 2025.

 

Si ricorda che l’articolo 2230 al comma 1-bis prevede che il cinquanta per cento delle posizioni destinate a unità di ufficiali di cui al comma 1, previste per gli anni dal 2020 in poi, sia riservato ai tenenti colonnelli. Qualora il numero dei tenenti colonnelli risulti inferiore alla quota riservata, le posizioni residue sono devolute a ufficiali aventi grado diverso.

 

Il comma 5 riporta la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1.

Gli oneri complessivi sono valutati in:

·        euro 5.350.000 per l’anno 2026;

·        euro 4.820.127 per l’anno 2027;

·        euro 3.102.380 per l’anno 2028.

Agli stessi oneri si provvede mediante:

·        maggiori entrate derivanti dal comma 1, per i seguenti importi:

-       euro 1.337.500 per l’anno 2026;

-       euro 1.205.032 per l’anno 2027;

-       euro 775.595 per l’anno 2028.

·        riduzione del fondo di parte corrente di cui all'articolo 619 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, per i seguenti importi:

-       euro 4.012.500 per l’anno 2026;

-       euro 3.615.095 per l’anno 2027;

-       euro 2.326.785 per l’anno 2028.

 

 

 


Articolo 9, comma 2
(Digitalizzazione processi penali militari)

 

 

La norma in esame proroga nuovamente, fino al 31 dicembre 2025 la previsione, introdotta durante l’emergenza da Covid-19, che consente il deposito in via informatica di atti, documenti e istanze nei procedimenti penali militari.

 

La previsione che consente il deposito con valore legale, mediante invio da indirizzo di posta elettronica certificata a indirizzo di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari militari destinatari, è stata introdotta dall’articolo 75, comma 3, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106.


Articolo 9, commi 3 e 4
(Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari)

 

 

L’articolo 9, ai commi 3 e 4, reca disposizioni transitorie riguardanti la rappresentatività, i distacchi e i permessi retribuiti delle Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari (APCSM).

 

Le disposizioni di cui ai citati commi 3 e 4 sono finalizzate a garantire la necessaria continuità delle funzioni delle Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari.

 

La legge 28 aprile 2022, n. 46 ha delineato la cornice giuridica nell'ambito della quale istituire associazioni professionali a carattere sindacale tra militari.

 

L'intervento normativo si è reso necessario in conseguenza della sentenza n.120 del 2018, in cui la Corte costituzionale, modificando il proprio precedente orientamento, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo art. 1475, comma 2, del Codice dell'ordinamento militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), in quanto prevedeva che i militari non potessero costituire associazioni professionali a carattere sindacale.

 

In estrema sintesi, la Corte:

-   ha riconosciuto la legittimità di associazioni professionali di personale militare a carattere sindacale, rinviando alla legge la definizione delle condizioni e dei limiti di tale riconoscimento;

-   ha stabilito che le associazioni in questione devono essere composte solo da militari e che essi non possano aderire ad associazioni diverse;

-   ha ribadito la legittimità del divieto per i militari di esercitare il diritto di sciopero.

 

La legge n. 46/2022 prevede numerose deleghe, molte delle quali sono state attuate durante la legislatura in corso.

In particolare, per quanto concerne le questioni concernenti le disposizioni in commento, si segnala che è all’esame della Camera il disegno di legge A.C. 2171 (approvato dal Senato A.S. 1273), che reca misure in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari (APCSM), per garantire l'avvio del nuovo sistema previsto dalla legge 28 aprile 2022, n. 46 e consentire la finalizzazione della trattativa negoziale in corso. La citata legge n. 46/2022, prevedendo che il contingente di distacchi e permessi retribuiti ai fini dello svolgimento dell'attività sindacale siano stabiliti con la contrattazione, nell'ambito delle risorse ad essa destinate, non contiene però una disciplina transitoria. In attesa della prima contrattazione, nell'ambito della quale sarà determinato il contingente dei distacchi e dei permessi, il sistema delineato dalla legge n. 46 del 2022 non può concretamente partire senza una norma che consenta ai rappresentanti delle APCSM di partecipare alle procedure di contrattazione.

Al fine di porre rimedio a tale carenza, un primo intervento normativo è già stato effettuato con il decreto-legge 9 maggio 2024, n. 61 (convertito con modificazioni dalla legge 4 luglio 2024, n. 96), con il quale è stato tra l'altro determinato il contingente di distacchi e permessi per l'anno 2024.

Poiché le procedure di contrattazione sono tutt'ora in corso e presumibilmente si concluderanno dopo il 31 dicembre 2024 (termine di efficacia del citato decreto-legge 61 del 2024), il provvedimento A.C. 2171 fissa, all’articolo 1, i contingenti di distacchi e permessi anche per il 2025, in misura analoga a quanto previsto per il 2024. Tale disciplina ha comunque carattere provvisorio, e sarà superata (ai sensi della legge 46/2022) da quanto stabilito in sede di contrattazione.

Il medesimo A.C. 2171 dispone anche, all'art. 2, l'estensione del termine per l'esercizio, da parte del Governo, della delega per la disciplina delle limitazioni all'esercizio dell'attività sindacale da parte di determinate categorie di personale. In proposito, si segnala altresì che lo scorso 18 novembre il Governo ha trasmesso alle Camere lo schema di decreto legislativo A.G. n. 234che attua la delega prevista dall'articolo 9, comma 15, della legge n. 46 del 2022. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al relativo dossier.

 

 

Più in dettaglio, il comma 3 riconosce alle APCSM i distacchi e i permessi retribuiti di cui all’articolo 1480, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 – COM) in base ai criteri stabiliti dall’articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2024 (ovvero un distacco ogni 4.000 unità di personale e un’ora annua di permesso retribuito ogni due unità di personale).

 Tale riconoscimento vige a decorrere dal 1° gennaio 2025 fino all’accertamento della rappresentatività per il triennio 2025-2027, e comunque non oltre il 30 aprile 2025.

 

La relazione illustrativa precisa che la disposizione è finalizzata a evitare soluzione di continuità tra la fruizione delle prerogative sindacali riconosciute in via transitoria dall’articolo 1 del decreto-legge 9 maggio 2024, n. 61 (che ha determinato il contingente di distacchi e permessi per l'anno 2024) e la ripartizione del contingente di distacchi previsto a carattere strutturale dall’anno 2025 dal disegno di legge A.C. 2171, già approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (vedi box). 

In mancanza dell’intervento, infatti, i rappresentanti delle APCSM non potrebbero svolgere le funzioni ad essi devolute. Gli stessi rappresentanti, infatti, sarebbero costretti a rientrare in servizio e dovrebbero attendere un triennio prima di poter essere posti nuovamente in distacco, come previsto dall’art. 1480, comma 9, del COM.

 

Il comma 4 proroga la rappresentatività vigente alla data di entrata in vigore del decreto in esame, nelle more del nuovo accertamento della rappresentatività, e comunque non oltre il 30 aprile 2025.

Anche questa misura è connessa alle previsioni di cui all’A.C. 2171 (vedi box) e si rende necessaria per garantire la piena agibilità dell’attività delle APCSM.

 

Si ricorda che la distribuzione di distacchi e permessi è operata sulla base dell'effettiva rappresentatività del personale.

L'art. 1478 COM prevede che le APCSM, per essere considerate rappresentative a livello nazionale, devono raggiungere un numero di iscritti almeno pari al 4% della forza effettiva complessiva della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare di riferimento, rilevata al 31 dicembre dell'anno precedente. Se, invece, l'APCSM è costituita da militari appartenenti a due o più Forze armate o Forze di polizia a ordinamento militare, per essere considerata rappresentativa a livello nazionale, essa deve raggiungere un numero di iscritti non inferiore al 3% della forza effettiva delle singole Forze armata o Forze di polizia a ordinamento militare, rilevata alla medesima data.

Per l’individuazione delle APCSM rappresentative per il triennio 2022-2024 si vedano:

- per le Forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Guardia di finanza) il  D.M. 29 marzo 2024;

- per le Forze armate (Esercito italiano, Marina militare e Aeronautica militare) il D.M. 29 marzo 2024.

 

 

 


Articolo 10, comma 1 e comma 2
(Tirocinio dei magistrati)

 

 

L’articolo 10, comma 1, riduce la durata del tirocinio previsto per i magistrati ordinari da 18 a 12 mesi anche con riferimento a coloro che risultano idonei nei concorsi banditi fino al 31 dicembre 2024. Il comma 2 reca la relativa copertura finanziaria.

 

La disposizione in esame estende l’applicazione dell'articolo 1, comma 381, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) al tirocinio dei magistrati ordinari dichiarati idonei all'esito dei concorsi banditi fino al 31 dicembre 2024. Ne discende, nello specifico, la riduzione a 12 mesi, rispetto ai 18 mesi ordinariamente previsti, del periodo di tirocinio previsto dall’art. 18 del decreto legislativo n. 26 del 2006.

 

Il decreto legislativo n. 26 del 2006 stabilisce, in particolare, che i magistrati ordinari, nominati a seguito di concorso per esame, svolgono un tirocinio della durata di diciotto mesi. Il tirocinio si articola in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, effettuata presso la Scuola superiore della magistratura ed una della durata di dodici mesi, da svolgere presso gli uffici giudiziari.

Nella sessione effettuata presso la Scuola, i magistrati ordinari in tirocinio frequentano corsi di approfondimento teorico-pratico su materie individuate dal Consiglio superiore della magistratura.

La sessione presso gli uffici giudiziari si articola, invece, in tre periodi: il primo, della durata di quattro mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all'attività giurisdizionale in maniera che sia garantita, al magistrato ordinario in tirocinio, la formazione di un’equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di due mesi, è svolto nelle procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di sei mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio. 

 

Alla riduzione della durata prevista dalla disposizione in commento consegue altresì una rimodulazione del tirocinio destinato ai magistrati ordinari. Pur essendo mantenuta l’articolazione in sessioni, queste ultime vengono proporzionalmente ridotte e scandite in:

§  4 mesi per la sessione presso la Scuola superiore della magistratura;

§  8 mesi per la sessione presso gli uffici giudiziari, a sua volta articolata in tre periodi della durata rispettivamente di tre, uno e quattro mesi.

Tali sessioni possono svolgersi anche in periodi temporali non consecutivi.

 

Si ricorda che la riduzione della durata del tirocinio venne disposta per la prima volta dall’art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 2016, per i magistrati ordinari dichiarati idonei all’esito di concorsi banditi negli anni 2014 e 2015 (ad eccezione dei magistrati vincitori del concorso riservato alla provincia autonoma di Bolzano) al fine di consentire una più celere copertura delle vacanze nell’organico degli uffici giudiziari di primo grado.

Tale precedente veniva richiamato dal Consiglio Superiore della Magistratura nella delibera del 20 ottobre 2022, che, osservando la situazione di grave scopertura in cui versava l’organico della magistratura ordinaria, auspicava l’adozione di una misura analoga a quella disposta dal d.l. n. 168/2016 per i magistrati vincitori del concorso indetto con D.M. 29.10.2019.

Con il richiamato articolo 1, comma 381, della legge 197 del 2022 veniva, dunque, disposta un’analoga riduzione del periodo di tirocinio a favore degli idonei nei concorsi per magistrato ordinario banditi con i decreti ministeriali del 29 ottobre 2019 e del 1° dicembre 2021. Tale misura è stata successivamente estesa, per effetto del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, ai magistrati ordinari dichiarati idonei all'esito dei concorsi banditi fino all'anno 2023 (art. 11, comma 4-bis).

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, la disposizione in commento è volta ad applicare la riduzione della durata anche nei confronti dei magistrati risultati idonei nell’ambito della procedura di reclutamento in corso, indetta con il decreto ministeriale 8 aprile 2024, allo scopo di accelerare l’assunzione delle funzioni dei nuovi magistrati e contribuire alla copertura delle vacanze funzionali.

 

Ai fini dell’attuazione del comma 1, il comma 2 autorizza una spesa di 4.103.270 euro per l’anno 2027 e di 808.624 euro per l’anno 2029, provvedendo alla copertura degli oneri finanziari mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 37, della legge n. 150 del 2005, relativa all'istituzione e il funzionamento della Scuola superiore della magistratura.

 


Articolo 10, comma 3
(Proroga di termini in materia di esclusione da procedure di mobilità per il personale del Ministero della giustizia)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 10 differisce ulteriormente fino al 1° gennaio 2026 l’applicazione della disciplina in materia di mobilità volontaria per il personale del Ministero della giustizia.

 

La disciplina della cosiddetta mobilità volontaria dei pubblici dipendenti (costituita dal passaggio diretto, su base volontaria, da un'amministrazione ad un'altra), prevista dall'articolo 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165[87], è stata parzialmente modificata dall’art. 3, comma 7, del decreto-legge n. 80 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113/2021, che ha limitato i casi nei quali è richiesto l'assenso dell'amministrazione di appartenenza.

 

Ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il previo assenso dell'amministrazione di appartenenza è richiesto nel caso in cui si tratti di posizioni dichiarate motivatamente infungibili dall'amministrazione cedente o di personale assunto da meno di tre anni o qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. Resta comunque ferma per l’amministrazione di appartenenza la possibilità di differire, per motivate esigenze organizzative, il passaggio diretto del dipendente fino ad un massimo di sessanta giorni dalla ricezione dell'istanza di passaggio diretto ad altra amministrazione.

 

L’articolo 14, comma 12-ter, del medesimo d.l. n. 80/2021[88] aveva inizialmente previsto che la neo-introdotta disciplina sulla mobilità volontaria non si applicasse al personale del Ministero della giustizia fino al 31 dicembre 2022; tale termine è stato e successivamente prorogato al 31 dicembre 2023 dal decreto-legge n. 198/2022 e al 31 dicembre 2024 dal decreto-legge n. 215 del 2023[89].

La novella in commento differisce ulteriormente tale termine al 31 dicembre 2025.

 

Secondo quanto riporta la relazione illustrativa, la proroga in commento è motivata dalla necessità di «evitare che nel periodo rilevante per il conseguimento degli obiettivi del PNRR gli uffici giudiziari, centrali e periferici, subiscano impoverimenti di organico dovuti a trasferimenti non previamente valutati dall’Amministrazione».

 


Articolo 10, commi 4-6
(Rispristino sezioni distaccate insulari)

 

L’articolo 10, commi da 4 a 6, proroga l’operatività delle sezioni distaccate di tribunale di Ischia, Lipari e Portoferraio sino al 31 dicembre 2025.

 

L’articolo 10, comma 4, novella i termini di cui all’articolo 10, commi da 1 a 3, del D.lgs. n. 14 2014, relativi al termine di operatività delle sezioni distaccate di tribunale di Ischia (nel circondario del tribunale di Napoli), Lipari (nel circondario del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto) e Portoferraio (nel circondario del tribunale di Livorno).

Si ricorda che, da ultimo, tale termine era stato prorogato sino al 31 dicembre 2024 ad opera dell’art. 14-bis del D.L. 132/2023.

 

La disposizione in commento proroga ulteriormente l’operatività dei predetti uffici fino al 31 dicembre 2025.

Sul punto si osserva che:

-          la sezione di Ischia ha giurisdizione sul territorio dei comuni di Barano d’Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Ischia, Lacco Ameno, Serrara Fontana;

-          la sezione di Lipari ha giurisdizione sul territorio dei comuni di Leni, Lipari, Malfa, Santa Marina Salina;

-          la sezione di Portoferraio ha giurisdizione sul territorio dei comuni di Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Portoferraio, Rio Marina, Rio nell'Elba.

 

Come chiarito dalla relazione illustrativa, tale proroga è necessaria in considerazione delle peculiarità dei territori in cui operano gli uffici giudiziari interessati e delle specifiche esigenze che li connotano.

 

Si ricorda che l’assetto della cd. geografia giudiziaria è stato profondamento riformato a seguito dell’attuazione della legge delega n. 148/2011, che ha dettato principi e criteri direttivi per la riorganizzazione degli uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale. In particolare, tale riforma è stata attuata mediante l’adozione di due decreti delegati, i decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012, che hanno modificato la disciplina degli uffici giudiziari con riferimento, rispettivamente, ai tribunali ordinari, le procure e le sezioni distaccate (D.lgs. 155/2012) ed agli uffici dei giudici di pace (D.lgs. 156/2012).

In particolare, la tabella A allegata al D.lgs. 155/2012 ha disposto, oltre alla soppressione di 31 tribunali e 31 procure, anche la soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale.

Successivamente, con il citato D.lgs. 14/2014 è stato disposto esclusivamente il temporaneo ripristino del funzionamento, inizialmente sino al 31 dicembre 2016, delle sezioni distaccate insulari di Ischia, Lipari e Portoferraio, secondo le modalità fissate all’articolo 10 dello stesso decreto legislativo.

Successivamente, l’operatività di tali uffici giudiziari è stata più volte prorogata. In ordine cronologico, come sopra ricordato, l’ultimo intervento in materia si è avuto con l’art. 14-bis del D.L. 132/2023, che aveva prorogato il funzionamento delle suddette sezioni sino al 31 dicembre 2024.

Come opportunamente specificato dall’art. 10, co. 5, D.lgs. 14/2014 nelle sezioni de quibus “sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime”.

Al contrario, le funzioni del giudice per le indagini preliminari (GIP) e del giudice dell'udienza preliminare (GUP) sono esercitate, in via esclusiva, nella sede principale del tribunale. Quest’ultima limitazione si applica anche in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie (art. 10, co. 6). Tuttavia, in deroga a questa seconda limitazione, attraverso un DM del Ministro della Giustizia ad hoc, è possibile disporre la trattazione anche presso la sede distaccata (art. 10, co. 7).

Peraltro, l’art. 10, co. 8, stabilisce che “in considerazione di particolari esigenze, il presidente del tribunale, sentite le parti, può disporre che una o più udienze relative a procedimenti civili o penali da trattare nella sede principale del tribunale siano tenute nella sezione distaccata, o che una o più udienze relative a procedimenti da trattare nella sezione distaccata siano tenute nella sede principale”.

 

L’articolo 10, comma 5, con una disposizione di coordinamento, interviene sull’art. 10, co. 13, del D.lgs. 14/2014, prorogando dal 1°gennaio 2025 al 1° gennaio 2026, limitatamente alle sezioni distaccate di Ischia, Lipari e Portoferraio, il termine di entrata in vigore della Tabella A del regio decreto n. 12/1941 (sostituita dalla tabella di cui all'allegato II del citato D.lgs. n. 14/2014), concernente l’organizzazione degli uffici giudiziari sul territorio nazionale.

 

Ai fini dell’attuazione di quanto previsto dai precedenti commi 4 e 5, l’articolo 10, comma 6, infine, autorizzala spesa di euro 159.000 per l'anno 2025, provvedendo alla relativa copertura finanziaria mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della giustizia.

 


Articolo 10, comma 7
(Intercettazioni mediante infrastrutture digitali interdistrettuali)

 

L’articolo 10, comma 7, proroga al 31 dicembre 2025 il termine a partire dal quale dovranno essere utilizzate le cd. infrastrutture digitali interdistrettuali per compiere le operazioni di intercettazione nei procedimenti penali.

 

L’articolo 10, comma 7 incide sull’art. 2 del D.L. 105 del 2023, che ha istituito le cd. infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni, di cui.

In particolare, la disposizione in commento novella il comma 8 del predetto art. 2, che regola il termine a partire dal quale tali strutture digitali dovranno essere utilizzate per compiere le attività di intercettazione.

La disposizione novellata prevedeva che le intercettazioni inerenti ai procedimenti penali iscritti in data successiva al 28 febbraio 2025 dovessero essere effettuate ricorrendo alle suddette infrastrutture.

Con la novella in commento si prevede le intercettazioni mediante infrastrutture digitali interdistrettuali siano utilizzate nei procedimenti penali iscritti successivamente alla data del 31 dicembre 2025.

 

Si ricorda che l’istituzione delle suddette infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni si è resa necessaria allo scopo di garantire più elevati e uniformi livelli di sicurezza, aggiornamento tecnologico, efficienza, economicità e capacità di risparmio energetico dei sistemi informativi, funzionali alle attività di intercettazione eseguite da ciascun ufficio del pubblico ministero (art. 2, co. 1, D.L. 105/2023).

La norma ha, inoltre, attribuito alla potestà regolamentare del Ministro della giustizia la definizione di alcuni aspetti tecnici e specialistici.

In particolare, si prevede che con decreto ministeriale vengano individuate le predette infrastrutture digitali, nonché i requisiti tecnici essenziali, al fine di assicurare la migliore capacità tecnologica, il più elevato livello di sicurezza e l'interoperabilità dei sistemi (art. 2, co. 2, D.L. 105/2023).

Sempre con decreto ministeriale, devono essere definiti i requisiti tecnici specifici per la gestione dei dati, che assicurino l'autenticità, l'integrità e la riservatezza dei dati stessi, nonché la regolazione del collegamento telematico tra le infrastrutture istituite ed i luoghi di ascolto nelle Procure, in modo tale da assicurare il massimo livello di sicurezza e riservatezza (art. 2, co. 3, D.L. 105/2023).

 

Come chiarito dalla relazione illustrativa, le suddette infrastrutture sono state individuate con il DM 6 ottobre 2023 e il nuovo termine del 31 dicembre 2025 è stato stabilito tenendo conto dell’aggiornato stato di avanzamento delle operazioni di implementazione delle infrastrutture digitali interdistrettuali.


Articolo 10, comma 8
(Proroga del divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale del Ministero della giustizia)

 

 

Il comma 8 dell’articolo 10 proroga al 31 dicembre 2025 il divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale dell’amministrazione della giustizia.

 

Il comma 8 dell’articolo 10 interviene in materia di limitazioni alla mobilità del personale non dirigenziale dell’amministrazione della giustizia.

In particolare la disposizione in commento, modificando l'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 168 del 2016, proroga di un ulteriore anno, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, il divieto di comando, distacco o assegnazione ad altre amministrazioni del personale non dirigenziale dell’amministrazione della giustizia, salvo che vi sia il nulla osta dell'amministrazione stessa.

 

L'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168 (convertito dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), ha disposto, in deroga a quanto previsto dall'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (che obbliga le amministrazioni di appartenenza ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro 15 giorni dalla richiesta, se disposizioni di legge o regolamentari dispongono l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando), l’esclusione fino al 31 dicembre 2019 della possibilità per il personale in servizio presso l'amministrazione della giustizia di essere comandato, distaccato o assegnato presso altre pubbliche amministrazioni. La previsione faceva eccezione per il personale con qualifiche dirigenziali, nonché per i comandi, distacchi e assegnazioni in corso e per quelli previsti presso organi costituzionali. Tale disposizione rispondeva all’esigenza di non sottrarre risorse al settore della giustizia, già esposto ad una grave carenza negli organici.

L’articolo 8, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8), ha modificato la suddetta disposizione, prorogandone gli effetti fino al 31 dicembre 2020, e specificando che essa avrebbe operato «salvo nulla osta della stessa amministrazione della giustizia».

Gli effetti della disposizione sono stati quindi prorogati fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 8, comma 4, del decreto legge 31 dicembre 2020, n. 183,; fino al 31 dicembre 2022 dall'art. 8, comma 4, del decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228; fino al 31 dicembre 2023 dall'art. 8, comma 4, del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198, e, da ultimo, fino al 31 dicembre 2024 dall’articolo 11, comma 6-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215.

 

 


Articolo 11, comma 1
(Disposizioni concernenti termini in materie di competenza del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica)

 

L’articolo 11, comma 1, proroga dal 1° gennaio 2024 al 1° gennaio 2025 il termine da cui decorre l’obbligo di incremento di energia termica da fonti energetiche rinnovabili (FER) nelle forniture di energia superiori a 500 TEP annui.

 

Più specificamente, l’articolo 11, comma 1, novella l’articolo 27, comma 1, del d.lgs. n. 199/2021, il quale ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2024, le società che effettuano vendita di energia termica sotto forma di calore per il riscaldamento e il raffrescamento a soggetti terzi per quantità superiori a 500 TEP annui provvedano affinché una quota dell’energia venduta sia rinnovabile.

 

L’articolo 27, comma 2, del d.lgs. n. 199/2021 ha previsto che con decreto del Ministro della transizione ecologica (ora Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), siano definite le modalità:

§  di attuazione dell’obbligo di cui al comma 1 secondo traiettorie annuali coerenti con l’articolo 3, comma 2 del d.lgs. n. 199/2021, il quale prevede un obiettivo di incremento indicativo di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali per riscaldamento e raffrescamento pari a 1,3 punti percentuali come media annuale calcolata per i periodi dal 2021 al 2025 e dal 2026 al 2030;

§  di verifica del rispetto dell’obbligo di cui al comma 1;

§  con cui può essere ridotta la soglia di cui al comma 1, tenendo conto dell’evoluzione del grado di raggiungimento degli obiettivi previsti e della sostenibilità economica degli investimenti;

§  con cui i soggetti obbligati che non rispettano l’obbligo di cui al comma 1 provvedono al versamento di un contributo compensativo in un fondo appositamente costituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali finalizzato alla realizzazione di interventi con effetto equivalente ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti;

§  per l’utilizzo delle risorse confluite nel fondo costituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali secondo criteri di massima efficienza e riduzione dei costi nell’individuazione dei contributi compensativi per i soggetti obbligati al versamento.

Si osserva che i suddetti obiettivi devono considerarsi aggiornati alla luce della direttiva RED III (direttiva (UE) 2023/2413), recepita nel PNIEC 2024. In particolare, il PNIEC 2024 ha previsto una quota FER nel settore termico pari al 35,9% nel 2030. Si precisa che la direttiva RED III porta a individuare per l’Italia un target settoriale al 2030 pari al 29,6%, che sale al 39,1% se si considerano gli incrementi indicativi previsti dall’Allegato 1a della medesima direttiva. Il PNIEC 2024 prevede che per il conseguimento del target si ricorra al contributo del recupero di calore di scarto e della quota rinnovabile dell’energia elettrica consumata per riscaldamento, alle condizioni previste dalla direttiva RED III.

Secondo quanto disposto dall’articolo 27, comma 2 del d.lgs. n. 199/2021, il decreto attuativo (cd. DM OIERT) avrebbe dovuto essere pubblicato entro il 31 dicembre 2022. Il 19 dicembre 2023 il MASE ha avviato una consultazione sul decreto  il cui termine, inizialmente fissato al 15 gennaio 2024, è stato prorogato al 31 gennaio 2024. In tale sede, riferisce la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento in esame, la maggioranza degli operatori ha segnalato l’importanza di considerare anche il calore di scarto come fonte rinnovabile ai fini del rispetto degli imponendi obblighi, come indicato, del resto, anche nell’allegato I del d.lgs. n. 199/2021, che prevede che il calore di scarto venga incluso all’interno della contabilizzazione della quota di calore prodotta da fonti rinnovabili. Stando alla relazione, la possibilità di conteggiare il calore di scarto, al fine di adempiere all’obbligo imposto dalla norma primaria, presenta particolari criticità e complessità che hanno impedito di concludere l’istruttoria tecnica sul decreto in questione. Con ciò si dovrebbe spiegare il fatto che il decreto non risulta essere ancora adottato.

La relazione illustrativa fornita dal Governo rileva, infatti, che la necessità della proroga è determinata dal fatto che, ai fini dell’emanazione del decreto ministeriale attuativo della disposizione medesima, si è reso opportuno attendere la pubblicazione delle linee guida della Commissione europea relative alla definizione di calore e freddo di scarto, prevista dall’articolo 2 della direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II): queste ultime sono state pubblicate con comunicazione della Commissione europea, il 2 settembre 2024, al numero C (2024) 5043.

 


Articolo 11, comma 2
(Termini in materia di riperimetrazione dei siti contaminati di interesse nazionale)

 

 

L’articolo 11, comma 2, sopprimendo le parole «da adottare entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto», elimina il termine ordinatorio previsto dall’art. 17-bis, comma 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152. La disciplina in questione prevedeva un termine acceleratorio per l'effettuazione della ricognizione e la riperimetrazione dei siti contaminati attualmente classificati di interesse nazionale.

 

L'art. 17-bis comma 1 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 contenente disposizioni per la riperimetrazione dei siti contaminati di interesse nazionale prevedeva che con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica, da adottare entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, sentiti la regione e gli enti locali interessati, fossero effettuate la ricognizione e la riperimetrazione dei siti contaminati attualmente classificati di interesse nazionale ai fini della bonifica, escludendo le aree e i territori che non soddisfano più i requisiti di cui all'articolo 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 15.

Si precisa che ad oggi risultano individuati 42 Siti di interesse nazionale (SIN), per una superficie cumulata che costituisce approssimativamente il sei per mille del territorio nazionale (circa 170.000 ettari totali a terra e circa 78.000 ettari a mare).

Sul sito internet del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) è disponibile una pagina dedicata all’anagrafica dei Siti di interesse nazionale (https://bonifichesiticontaminati.mite.gov.it/sin/anagrafica-denominazione-caratteristiche/) dalla quale è possibile accedere, per ciascun Sito, a una scheda descrittiva di sintesi e a una rappresentazione grafica georiferita.

In sintesi, ogni SIN ha caratteristiche specifiche in termini di inquadramento geografico e territoriale (Comuni interessati, diverse destinazioni urbanistiche, sia produttive che residenziali), storia produttiva (Raffineria, Chimica Integrata, Acciaierie, Zone ASI, siti in esercizio, siti dismessi, aree a contaminazione passiva, ecc.) e problematiche ambientali (tipologie di contaminanti riscontrati, contaminazioni storiche, fonti attive di contaminazione, ecc.).

La perimetrazione di un SIN determina un effetto conformativo della proprietà (TAR Lazio, Sez. I, 27/7/2010, n. 27771), nonché conseguenze giuridiche per i proprietari delle aree in considerazione delle operazioni preliminari di caratterizzazione e messa in sicurezza del sito (Cons. Stato, sez. VI, 27/12/2011, n. 6843).

La giurisprudenza ha chiarito che nei SIN il presupposto dell’evento potenzialmente in grado di contaminare il sito (previsto dall’articolo 242, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per le procedure ordinarie) è assorbito dall’inclusione dell’area all’interno della perimetrazione ai sensi dell’articolo 252 del ridetto decreto legislativo n. 152 del 2006, in ragione dei presupposti di legge «inerenti alla pericolosità degli inquinanti presenti nonché all’impatto ambientale in termini di rischiosità sanitaria ed ecologica» (TAR Lazio, sez. I, 15/10/2008, n. 8920); la Suprema Corte di Cassazione ha, altresì, statuito che «la inclusione di una determinata area all’interno del perimetro di un sito di interesse nazionale ne presuppone la potenziale contaminazione rendendola soggetta a caratterizzazione» (Cass. Pen., Sez. III, 2/2/2018, n. 5075).

A tal proposito, occorre richiamare l’articolo 242-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale subordina la realizzazione di interventi e opere nei SIN a una specifica valutazione del MASE, concernente il rispetto di due condizioni:

a) che detti interventi siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudichino né interferiscano con l’esecuzione e il completamento della bonifica;

b) che detti interventi non determinino rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell’area ai sensi e nel rispetto del decreto legislativo n. 81 del 2008.

In tale contesto, e in particolare in ragione dei vincoli (ambientali e conformativi) derivanti dall’inclusione di un’area nel perimetro di un SIN, l’articolo 17-bis del decreto-legge n. 152 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2021, ha demandato al Ministro della transizione ecologica (ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica), “la ricognizione e la riperimetrazione dei siti contaminati attualmente classificati di interesse nazionale ai fini della bonifica, escludendo le aree e i territori che non soddisfano più i requisiti di cui all’articolo 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Il termine iniziale di un anno è stato prorogato di un ulteriore anno ad opera dell’articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 198 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2023 e, successivamente prorogato di un ulteriore anno dall’articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 215 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 18 del 2024.

Tale attività, particolarmente complessa per il numero dei SIN (42) da esaminare e per la specificità di ciascuno di essi, necessita, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa del governo, di una disciplina di una riperimetrazione stabile nel tempo e non sottoposta a limiti temporali. Ciò anche perché esigenze di riperimetrazione possono ben verificarsi nel tempo, oltre i limiti temporali individuati dalla norma vigente, in ragione del progredire delle attività di bonifica che potranno giustificare l’esclusione di porzioni del territorio dai siti di interesse nazionale.


Articolo 12
(Destinazione del cinque per mille)

 

 

L’articolo 12 estende di un ulteriore anno il regime transitorio relativo al cinque per mille IRPEF per le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte all'anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021, prevedendo che esse continuano, fino al 31 dicembre 2025, ad essere destinatarie della quota del cinque per mille.

 

La disposizione estende di un ulteriore anno il regime transitorio relativo al cinque per mille IRPEF per le ONLUS. In particolare, essa dispone che sino al quinto anno successivo all’operatività del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, attivo dal 23 novembre 2021, come disposto dal Decreto direttoriale n. 561 del 26 ottobre 2021, le ONLUS che risultano iscritte all'anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021 continuano, fino al 31 dicembre 2025, a essere destinatarie della quota del cinque per mille secondo le modalità stabilite per gli enti del volontariato dalla normativa di cui al decreto legislativo n. 111 del 2017 e al D.P.C.M. del 23 luglio 2020. La proroga così disposta è funzionale a evitare che alcuni enti costituiti in ONLUS, in quanto non ancora iscritti al RUNTS per il 2025, possano rimanere esclusi dal riparto del beneficio del 5 per mille.

 

Si rammenta che l’istituto del cinque per mille dell’IRPEF è stato introdotto a titolo sperimentale per l’anno 2006 dall’art. 1, co. 337-340 della legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266, confermato annualmente, e poi reso definitivo dalla legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 154, legge 23 dicembre 2014, n. 190) che ne ha stabilizzato la disciplina e definito il limite massimo di spesa annuale.

Originariamente, i beneficiari del cinque per mille erano numerose differenti tipologie di enti (organizzazioni di volontariato, ONLUS, associazioni di promozione sociale, associazioni e fondazioni riconosciute, ecc.) che operavano in alcuni settori, come indicati ad esempio dall’art. 2, co. 4-novies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, e art. 1, comma 1 lettera a), del D.P.C.M. 23 aprile 2010.

Successivamente, il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, che ha riordinato la disciplina del 5 per mille, ha disposto, tra l’altro, che i soggetti destinatari del cinque per mille siano esclusivamente gli “enti iscritti nel Registro unico nazionale degli enti del terzo settore”, prevedendo dunque che tutti i singoli enti, precedentemente beneficiari, dovessero registrarsi presso tale Registro, quando fosse istituito, per poter continuare a fruire di tali contributi.

L’istituzione del Registro unico nazionale è avvenuta con il Decreto Ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il Registro è attivo dal 23 novembre 2021 come disposto dal Decreto direttoriale n. 561 del 26 ottobre 2021.

Conseguentemente, già l’articolo 1, comma 2, del D.P.C.M. 23 luglio 2020 ha stabilito un regime transitorio esclusivamente per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), per cui ancora per il primo anno di operatività del registro, le ONLUS che avevano sino ad allora ricevuto il contributo del 5 per mille avrebbero continuato a riceverlo anche qualora non iscritte al Registro. Tale termine è stato ulteriormente prorogato, sempre limitatamente alle ONLUS, al secondo anno di operatività del registro dall’articolo 9 comma 6 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228; al terzo anno di operatività del registro, dal decreto-legge n. 198 del 2022; al quarto anno di operatività del registro, dall’articolo 17-bis del decreto-legge 11 dicembre 2023, n. 145.

 

 

 

 


Articolo 13
(Proroga del termine di stipula contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali a danno di beni materiali delle imprese italiane)

 

 

L’articolo 13 dispone una proroga al 31 marzo 2025 del termine, originariamente fissato al 31 dicembre 2024, entro il quale le imprese con sede legale in Italia - e le imprese non residenti con stabile organizzazione in Italia - sono tenute alla stipula di contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali a danno dei beni materiali.

 

L’articolo in commento dispone una proroga dei termini in materie di competenza del Ministero delle imprese e del made in Italy.

Nello specifico, l’articolo 13, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 marzo 2025 il termine entro il quale le imprese con sede legale in Italia - e le imprese non residenti con stabile organizzazione in Italia - sono tenute alla stipula di contratti assicurativi a copertura di rischi catastrofali, di cui all’articolo 1, comma 101, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, a danno dei beni materiali da queste detenuti. 

 

 

L’articolo 1, comma 101, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024), stabilisce l’obbligo, in capo alle imprese con sede legale in Italia e le imprese aventi sede legale all’estero con una stabile organizzazione in Italia, tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 del Codice civile, di stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni ai beni iscritti nello Stato patrimoniale di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce BII, numeri 1), 2) e 3), direttamente cagionati da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale.

Le imprese sono dunque obbligate a stipulare polizze assicurative per la copertura dei danni a terreni e fabbricati, impianti e macchinari, nonché attrezzature industriali e commerciali causati da eventi quali i sismi, le alluvioni, le frane, le inondazioni e le esondazioni.

L’articolo 2188 del Codice civile istituisce il Registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge e, segnatamente, dai successivi articoli 2083, 2135, 2136, 2195, 2200, 2201, 2202, 2205, 2250, 2251, 2296, 2297, 2298, 2306, 2307, 2312, 2317, 2329, 2493, 2502-bis, 2520, 2556, 2559, 2612, 2615-ter, 2845 e 2949.

L’articolo 2195 del Codice stabilisce, in particolare, che sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:

1) un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2) un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3) un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4) un'attività bancaria o assicurativa;

5) altre attività ausiliarie delle precedenti.

Sono soggette all'obbligo dell'iscrizione le società costituite secondo uno dei tipi

regolati nei capi III e seguenti del titolo V del Codice e le società cooperative, anche se non esercitano un'attività commerciale, gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale.

Invece, non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel Registro delle imprese i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del Codice civile (i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia).

Ulteriori disposizioni sono definite dai successivi commi 102-111 della medesima legge di bilancio 2024.

In particolare, al comma 102 si prevede che l’inadempimento dell’obbligo di assicurazione venga considerato nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche.

La polizza deve prevedere un eventuale scoperto o franchigia non superiore al 15 per cento del danno e l’applicazione di premi proporzionali al rischio. Tali valori possono essere aggiornati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy, con il quale possono essere altresì stabilite ulteriori modalità attuative e operative degli schemi di assicurazione.

In caso di accertamento di violazione o elusione dell’obbligo a contrarre, incluso il rinnovo, IVASS provvede a irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 500.000 euro. I commi da 108 a 110 recano norme finalizzate a contribuire all’efficace gestione del rischio da parte delle compagnie assicurative per la copertura dei danni in esame, autorizzando SACE S.p.A. a concedere una copertura fino al 50 per cento degli indennizzi (fino a un massimo di 5 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026). Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti da tali coperture è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso.

Il comma 111 prevede infine che le disposizioni in esame non siano applicabili agli imprenditori agricoli (di cui all’articolo 2135 del Codice civile), per le quali resta ferma la disciplina del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole causati da alluvione, gelo-brina e siccità stabilita dall’articolo 1, commi 515 e seguenti della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022).

 

 

 


Articolo 14, comma 1
(Proroga del termine credito d’imposta e contributo a fondo perduto riconosciuto alle imprese turistico alberghiere e ricettive)

 

 

L’articolo 14, comma 1, dispone una proroga al 31 dicembre 2025 (anziché al 31 dicembre 2024) del credito d’imposta e del contributo a fondo perduto riconosciuto alle imprese turistico-alberghiere e ricettive in relazione alle spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d’impresa.

 

L’articolo 14, comma 1, dispone la proroga al 31 dicembre 2025 dei contributi, di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, riconosciuti alle imprese turistico-alberghiere e ricettive.

 

Nello specifico, la lettera a), modificando il comma 1, dell’articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2021, stabilisce che le imprese turistico-alberghiere e ricettive possano beneficiare di un contributo, sotto forma di credito d’imposta, fino all’80 per cento delle spese sostenute per gli interventi edilizi “agevolabili” realizzati dal 7 novembre 2021 (data di entrata in vigore del decreto legge de quo) e fino al 31 dicembre 2025 (in luogo al vigente termine del 31 dicembre 2024).

 

Analogamente, la successiva lettera b), modificando il comma 2, dell’articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2021, stabilisce che alle medesime imprese possa essere riconosciuto un contributo a fondo perduto non superiore al 50 per cento delle spese sostenute per gli interventi edilizi “agevolabili” realizzati dal 7 novembre 2021 e fino al 31 dicembre 2025 (in luogo al vigente termine del 31 dicembre 2024).

 

A tale riguardo, nella relazione illustrativa si chiarisce che la misura è finalizzata, pertanto, a prorogare il termine ultimo per la conclusione degli interventi sopra descritti, in modo da realizzare un potenziamento dell’offerta turistica nazionale, garantendo una maggiore competitività delle imprese e consentendo un adeguato sviluppo economico del settore.

A tale proposito, nella medesima relazione illustrativa si rappresenta che, ad esito della definizione delle istruttorie sulle domande pervenute, sono state ammessi al contributo, al netto delle rinunce, 3611 beneficiari. Di questi 1632 hanno concluso gli interventi. Per 873 tale conclusione è attesa, anche sulla base delle interlocuzioni intercorse fra gli stessi e il soggetto gestore, entro il mese di dicembre 2024, mentre, in relazione ai restanti 1106 beneficiari il rispetto del termine previsto dall’attuale formulazione dei commi 1 e 2 non appare ragionevolmente prevedibile. La modifica mira quindi a prevenire il rischio che i relativi beneficiari decadano dal contributo frustrando le finalità incentivanti cui l’articolato normativo è preposto e rendendo vana la corposa attività istruttoria già svolta dal soggetto gestore.  

La disposizione inoltre è finalizzata a prorogare i termini per la fruizione del credito d’imposta previsti dall’Avviso del Ministero del turismo del 23 dicembre 2021, consentendo di utilizzarlo entro il termine della prescrizione decennale, che in genere è prevista per agevolazioni analoghe.

 

La lettera c), novellando il comma 10 del medesimo articolo 1, stabilisce che tali incentivi (credito d’imposta e contributi a fondo perduto) sono concessi, secondo l’ordine cronologico delle domande, nei limiti di spesa originariamente fissati (100 milioni di euro per l'anno 2022, 180 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 40 milioni di euro per l'anno 2025, con una riserva del 50 per cento dedicata agli interventi volti al supporto degli investimenti di riqualificazione energetica), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A tale riguardo, la relazione illustrativa chiarisce che la novella de qua ribadisce la neutralità finanziaria della misura.

 

 

Si osserva che l’articolo 9, comma 1, dell’Avviso del Ministero del turismo pubblicato in data 23 dicembre 2021 stabilisce che il credito d’imposta possa essere utilizzato esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, mediante modello F24, a decorrere dall’anno successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati, entro e non oltre il 31 dicembre 2025.

Si valuti l’opportunità di apportare, in sede di adeguamento delle disposizioni attuative, una modifica a tale previsione, in virtù della proroga di cui al presente articolo.

 

 

L’articolo 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 (così come modificato dall’articolo 28, comma 3-ter, lettera a), del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4), riconosce alle imprese del settore turistico, ricettivo e fieristico-congressuale un credito di imposta e un contributo a fondo perduto, a fronte di specifiche spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d’impresa.

In particolare, ai sensi del comma 1, il credito d’imposta spetta fino all’80 per cento delle spese sostenute dal 7 novembre 2021 al 31 dicembre 2024, mentre il contributo è attribuito, ai sensi del comma 2, fino al 50 per cento delle spese per detti interventi, per un importo massimo di 40.000 euro (eventualmente innalzabile, in presenza di specifiche condizioni).

Entrambi gli incentivi (credito d’imposta e contributo a fondo perduto) sono cumulabili entro il limite del costo sostenuto per gli interventi ovvero non concorrono a formare le basi imponibili IRES ed IRAP.

In estrema sintesi, gli interventi edilizi agevolabili, a norma del comma 5, sono i seguenti: (i) interventi di incremento dell’efficienza energetica delle strutture e di riqualificazione antisismica; (ii) interventi di eliminazione delle barriere architettoniche; (iii) interventi edilizi funzionali alla realizzazione di quelli indicati nei precedenti punti; (iv) realizzazione di piscine termali e acquisizione di attrezzature e apparecchiature per lo svolgimento delle attività termali; (v) interventi di digitalizzazione. 

Per le spese non coperte dagli incentivi è possibile fruire di un finanziamento a tasso agevolato. Le norme altresì contengono una disciplina transitoria per il passaggio dal credito di imposta per la riqualificazione delle strutture turistico alberghiere di cui all’articolo 79 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 al nuovo incentivo.

Le imprese interessate presentano apposita domanda al Ministero del turismo, esclusivamente per via telematica, attraverso una piattaforma online gestita da Invitalia S.p.A., ai sensi dell’articolo 6 dell’Avviso pubblico del Ministero del turismo del 23 dicembre 2021. Le modalità applicative di accesso alla piattaforma sono state definite con successivo Avviso pubblico, pubblicato in data 18 febbraio 2022 (la documentazione - avvisi e decreti di concessione - afferente le agevolazioni de quo è presente sul sito del Ministero del turismo).

Il comma 8 del richiamato articolo 1 individua le specifiche regole di fruizione del credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione in F24 (articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), a decorrere dall’anno successivo a quello in cui gli interventi sono realizzati, senza applicazione del limite di utilizzo annuale dei crediti di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000 (pari a 2 milioni di euro a partire dall’anno 2021), né del limite all’utilizzo dei crediti da indicare nel quadro RU del Modello Redditi di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 (pari a 250 mila euro).

A tale riguardo, l’Agenzia delle Entrate, con Risposta n. 460 del 14 novembre 2023, osserva che con il citato Avviso pubblico del Ministero del turismo, pubblicato il 23 dicembre 2021 ­ recante le modalità applicative per l'erogazione di contributi e crediti d'imposta in oggetto ­ all’articolo 9 chiarisce che il credito di imposta è utilizzabile «entro e non oltre il 31 dicembre 2025», sicché, nell'ipotesi di non avvenuta compensazione o cessione del  credito entro e non oltre il 31 dicembre 2025, la facoltà di beneficiare dell'agevolazione in parola viene meno, restando preclusa ogni possibilità di rimborso.

A seguito delle modifiche di cui all’articolo 28, comma 3-ter, lettera a), del decreto-legge n. 4 del 2022, il predetto credito d'imposta è altresì cedibile, solo per intero, senza facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari vigilati, alle società appartenenti a un gruppo bancario ovvero alle imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, ferma restando l’applicazione della disciplina antiriciclaggio contenuta nell’articolo 122-bis, comma 4, del decreto-legge Rilancio per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima; i contratti di cessione conclusi in violazione di tali ultime disposizioni sono nulli. Nella sua formulazione originaria, invece, la norma chiariva che il credito di imposta fosse cedibile, in tutto o in parte, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, comprese le banche e gli altri intermediari finanziari ed è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente (sul punto si veda quanto precisato nella risposta n. 5-01429 “Chiarimenti in ordine alla disciplina della cessione dei crediti d'imposta per le imprese turistiche”).

 

 

 


Articolo 14, comma 2
(Proroga semplificazioni per impianti fotovoltaici in strutture turistiche o termali)

 

 

L’articolo 14, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine fino al quale i progetti di nuovi impianti fotovoltaici di potenza fino a 1 MW ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali possono essere realizzati previa dichiarazione di inizio lavoro asseverata (DILA).

 

 Segnatamente, la norma novella l’articolo 6, comma 2-septies, del D.L. n. 50/2022, laddove dispone che fino al 31 dicembre 2024 sono sottoposti a DILA (dichiarazione di inizio lavori asseverata) i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra o su coperture piane o falde di potenza non superiore a 1 MW ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture.

La novella proroga di un anno, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine di applicazione della suddetta previsione.

Si rammenta che tale termine, originariamente, era stato fissato al 16 luglio 2024 (24 mesi dalla data di entrata in vigore della L. n. 91/2022 di conversione in legge del D.L. n. 50/2022) ed è stato prorogato al 31 dicembre 2024 dall’articolo 12, comma 2-bis del D.L. n. 215/2023, cd. D.L. mille proroghe (L. n. 18/2024).

 

L’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n. 50/2022 prevede, inoltre, che, ove gli impianti siano ubicati in aree situate nei centri storici o seggette a tutela paesaggistica, la dichiarazione debba essere accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del progettista abilitato che attesti che gli impianti non sono visibili dagli spazi pubblici esterni limitrofi e che i manti delle coperture non sono realizzati con prodotti che hanno l'aspetto dei materiali della tradizione locale. Tale periodo del comma 2-septies non viene qui modificato.

 

Con riferimento alla proroga dell’applicazione del regime della DILA per la fattispecie qui contemplata, si rileva che in G.U. del 12 dicembre 2024  è stato pubblicato il decreto legislativo n. 190/2024, in vigore dal 30 dicembre 2024, recante il riordino della disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili[90]. Tale decreto legislativo non prevede più il regime amministrativo della DILA, disponendo, anzi, l’abrogazione della relativa disciplina (cfr. art. 13 e allegato D, lettera h))[91].

Per quanto qui interessa, si segnala che il d.lgs. all’articolo 7 e l’Allegato A, lettera d), sottopone ora ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l'energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza:

1) inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;

2) fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza a edifici esistenti cui sono asserviti.

Si valuti, pertanto, l’effettiva esigenza di mantenere in vigore la previsione in esame.


Articolo 14, comma 3
(Contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato)

 

 

L’articolo 14, comma 3, modifica una norma transitoria nell’ambito della disciplina dei contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato; la norma oggetto di modifica concerne uno dei presupposti di ammissibilità[92] – cosiddette causali – di una durata dei contratti superiore a dodici mesi – e in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi –[93]. La causale transitoria in oggetto è costituita da esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate da atti tra datore di lavoro e dipendente stipulati entro un determinato termine, il quale viene ora prorogato dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025. Resta fermo che tale causale è valida solo qualora i contratti collettivi di lavoro applicati in azienda[94] non individuino le fattispecie di ammissibilità della medesima durata in deroga.

 

Le previsioni eventualmente poste dai contratti collettivi e dagli accordi individuali costituiscono due delle tre possibili causali contemplate dalla normativa in oggetto; la causale relativa ai contratti collettivi è prevista dalla disciplina in via permanente, mentre la causale relativa agli accordi individuali è, come detto, prevista in via transitoria. La terza causale (che è prevista dalla disciplina in via permanente) è costituita dalle esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

Riguardo alla causale transitoria oggetto della novella di cui al presente articolo 14, comma 3, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9 del 9 ottobre 2023[95] indica che il termine temporale finale (ora oggetto di proroga) concerne esclusivamente la stipulazione del relativo accordo individuale e che, quindi, il rapporto di lavoro a tempo determinato può proseguire anche dopo la suddetta scadenza.

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[96] indica che i motivi della proroga in esame concernono in particolare il settore del turismo, settore per il quale i contratti collettivi di lavoro risultano ancora in fase di rinnovo.


Articolo 15, comma 1
(Rinvio dell’operatività dell’organo consultivo di tutela degli interessi dei tifosi nelle società sportive professionistiche)

 

 

L’articolo 15, comma 1, rinvia dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine a decorrere dal quale si applicano le disposizioni in materia di costituzione di un organo consultivo rappresentativo delle tifoserie negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche.

 

Come sopra segnalato, l’articolo 15, comma 1, rinvia dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine a decorrere dal quale si applica la disposizione che prevede l’istituzione, all’interno delle società sportive professioniste, di un organo consultivo rappresentativo delle tifoserie.

A tal fine, esso novella l'articolo 51, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021.

 

L'articolo 51, comma 1, del d.lgs. n. 36/2021 prevede, tra l’altro, che le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 7, del medesimo decreto, si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2024, ora differito al 31 dicembre 2025 dalla disposizione in esame. 

In particolare, ai sensi del citato comma 7, negli atti costitutivi delle società sportive professionistiche è prevista la costituzione di un organo consultivo che provvede, con pareri obbligatori ma non vincolanti, alla tutela degli interessi specifici dei tifosi. L'organo consultivo è formato da non meno di tre e non più di cinque membri, eletti ogni tre anni dagli abbonati alla società sportiva, con sistema elettronico, secondo le disposizioni di un apposito regolamento approvato dal consiglio di amministrazione della stessa società, che deve stabilire regole in materia di riservatezza e indicare le cause di ineleggibilità e di decadenza. L'organo consultivo elegge tra i propri membri il presidente, che può assistere alle assemblee dei soci.

Il medesimo comma 7 si occupa direttamente di individuare come necessarie talune delle cause di ineleggibilità e di decadenza: in particolare esse ricorrono nel caso di emissione, nei confronti del tifoso, di uno dei provvedimenti di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, di uno dei provvedimenti previsti dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, ovvero di un provvedimento di condanna, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Si specifica che sono fatti salvi gli effetti dell'eventuale riabilitazione o della dichiarazione di cessazione degli effetti pregiudizievoli disciplinati dal comma 8-bis dell’articolo 6 della legge n. 401 del 1989.

Infine, l’articolo 13, comma 7, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 36 del 2021 ha previsto che le società sportive professionistiche avrebbero dovuto adeguare il proprio assetto societario alle disposizioni in parola entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

La relazione illustrativa segnala, tra l’altro, che la proroga si rende necessaria in quanto è in esame in Parlamento un provvedimento che reca una disciplina più ampia di quella oggetto del presente intervento, approvato in prima lettura presso la Camera dei Deputati e attualmente all’esame del Senato della Repubblica (AS 1120, recante "Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive"), al fine di rispettare i tempi dei relativi lavori parlamentari, che inevitabilmente potranno produrvi effetto.

L’AS 1120 è stato approvato dalla Camera il 23 aprile 2024 (AC 836, si veda il dossier relativo al provvedimento, nel testo trasmesso al Senato).

 

 

 


Articolo 15, comma 2
(Misure relative al compendio sito in Roma, denominato «Città dello sport»)

 

 

L’articolo 15, comma 2, proroga sino al 31 dicembre 2027 la facoltà per l'Agenzia del demanio di ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara per l'affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di interventi di riqualificazione del compendio sito in Roma, denominato «Città dello sport». Per tali finalità, l'Agenzia del demanio è autorizzata ad affidare la progettazione, la realizzazione e la gestione anche per lotti funzionali e ricorrendo ad iniziative di partenariato pubblico privato, la cui valutazione è effettuata d'intesa con la Regione Lazio e il Comune di Roma Capitale, in ragione dei principi di sussidiarietà verticale, in materia di partenariato pubblico-privato delle pubbliche amministrazioni, e dei contenuti delle decisioni Eurostat. Per le medesime finalità di riqualificazione e riconversione del compendio, l'Agenzia, d'intesa con i predetti enti territoriali può utilizzare la concessione del diritto di superficie sullo stesso o parte di esso per una durata non superiore a novanta anni ovvero ricorrere alla valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione, per la medesima durata, in funzione del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa.

 

Come sopra anticipato, l’articolo 15, comma 2, nell’inserire il comma 2-bis all'articolo 31 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), proroga sino al 31 dicembre 2027 la facoltà per l'Agenzia del demanio di ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara per l'affidamento della progettazione ed esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di interventi di riqualificazione dell’area destinata alla «Città dello sport». In particolare, la disposizione in esame prevede che, in ragione della necessità di garantire il completamento delle progettualità relative all'utilizzo del compendio sito in Roma, denominato “Città dello Sport”, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 31 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), sono applicabili fino al 31 dicembre 2027.

 

A livello di inquadramento generale, si ricorda che l'articolo 31, comma 1, del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), ha previsto che, in relazione agli interventi relativi alla Misura M1C3-Investimento 4.3 “Caput Mundi-Next Generation EU per grandi eventi turistici” del PNRR (di cui al comma 420 dell’art. 1 della L. 234/2021), la società "Giubileo 2025" può agire (in luogo della previgente previsione secondo cui “agisce”) in qualità di stazione appaltante.

Il comma 2 – in conseguenza di quanto disposto al comma 1 – riconosce all’Agenzia del demanio le funzioni di stazione appaltante in ordine ad una serie di interventi relativi al compendio denominato “Città dello Sport” sito in Roma. Nel dettaglio, la norma in esame dispone, al primo periodo, che in ragione della necessità e urgenza di consentire la prima concreta fruizione del compendio di proprietà dello Stato sito in Roma, denominato “Città dello Sport” per ospitare le celebrazioni del Giubileo della Chiesa Cattolica per il 2025, l’Agenzia del demanio, previa comunicazione al Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Commissario straordinario nominato con D.P.R. 4 febbraio 2022, ai sensi dell’art. 1, comma 421 e seguenti, della L. 234/2021, applica la procedura di cui all’art. 48, comma 3, del D.L. 77/2021 per l’affidamento, sulla base del progetto di fattibilità tecnico economica, della progettazione ed esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di interventi di:

- arresto del degrado, messa in sicurezza di aree e ogni altra attività necessaria per ottenere il collaudo statico dell’opera realizzata;

- completamento del palasport per destinarlo ad arena scoperta;

- superamento delle barriere architettoniche e installazione di servizi igienici per ospitare i fedeli e gli utenti in generale;

- regimentazione delle acque meteoriche e realizzazione di un’area verde per l’accoglienza dei fedeli per grandi eventi.

Il secondo periodo del comma 2 prevede che, per le finalità di cui al primo periodo, l’Agenzia del demanio può ricorrere alla procedura di cui all’art. 48, comma 3, del citato D.L. 77/2021 anche per l’affidamento di servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi tecnici, inerenti agli interventi di cui al primo periodo, ferma restando l’applicazione delle ulteriori misure acceleratorie e semplificatorie di cui all’art. 1, comma 427-bis, della L. 234/2021.

Per ulteriori ragguagli si veda il relativo dossier.

 

Il secondo periodo del capoverso 2-bis inserito dalla disposizione in esame prevede che per tali finalità, l'Agenzia del demanio è autorizzata ad affidare la progettazione, la realizzazione e la gestione anche per lotti funzionali e ricorrendo ad iniziative di partenariato pubblico privato, la cui valutazione è effettuata d'intesa con la Regione Lazio e il Comune di Roma Capitale, in ragione dei principi di sussidiarietà verticale ai sensi dell'articolo 175 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023) – che disciplina l’iter che gli enti concedenti interessati a sviluppare progetti secondo la formula del PPP devono seguire qualora tali progetti siano di interesse statale o finanziati con contributo a carico dello Stato e per essi non sia previsto il parere del CIPESS - e dei contenuti delle decisioni Eurostat.

 

Si ricorda che l’articolo 175 è stato di recente modificato dall’art. 54 del d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, in relazione al quale si veda il dossier predisposto sull’AG 226 (Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).

 

Il terzo periodo del capoverso 2-bis prevede che per le medesime finalità di riqualificazione e riconversione del compendio, l'Agenzia, d'intesa con i predetti enti territoriali può utilizzare la concessione del diritto di superficie sullo stesso o parte di esso per una durata non superiore a novanta anni ovvero ricorrere alla concessione di valorizzazione di cui all'articolo 3-bis del D.L. n. 351/2001 (L. n. 410/2001), per la medesima durata, in funzione del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa.

 

L’articolo 3-bis del D.L. n. 351 del 2001, modificato dal D.L. n. 95 del 2012, prevede la possibilità di dare in concessione o locare a privati, a titolo oneroso, beni immobili di proprietà dello Stato ai fini della riqualificazione e riconversione tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Le concessioni e le locazioni sono affidate con procedure di evidenza pubblica.

L’articolo 3, comma 14, del D.L. n. 95 del 2012 ha eliminato il limite massimo di cinquanta anni per la durata delle locazioni e concessioni di valorizzazione per gli immobili di proprietà dello Stato appartenenti al demanio storico-artistico. All'Agenzia del demanio è stata attribuita l'iniziativa per la convocazione delle conferenze di servizi o la promozione di accordi di programma per la valorizzazione degli immobili; ai comuni interessati, per l'intera durata della concessione o della locazione, è riconosciuta una quota del 10 per cento del relativo canone. Infine, nei bandi di gara predisposti dall'Agenzia del demanio, può essere contemplata la possibilità per il concessionario di subconcedere le attività economiche o di servizio per i cittadini.

L’art. 1, comma 308, della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), aggiungendo il comma 4-bis all'articolo 3-bis del D.L. n. 351/2001 (L. n. 410/2001), ha previsto che al termine del periodo di tempo previsto dalle concessioni e locazioni, l’Agenzia del demanio, verificato il raggiungimento della finalità di riqualificazione e riconversione dei beni, riconosce al locatario/concessionario, ove non sussistano esigenze di utilizzo per finalità istituzionali, il diritto di prelazione per l'acquisto del bene al prezzo di mercato.

Si segnala che oggetto delle concessioni di valorizzazione in argomento possono essere immobili del demanio storico-artistico, sottoposti a vincoli di inalienabilità.


Articolo 16
(Termine concernente l’attività istruttoria connessa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni)

 

 

L’articolo 16, comma 1, prevede che, dal 5 dicembre 2024 fino al 31 dicembre 2025, l’attività istruttoria per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei relativi costi e fabbisogni standard è svolta presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il comma 2 precisa che per tali attività il citato Dipartimento si avvale del personale e delle risorse destinate alla segreteria tecnica istituita dalla legge di bilancio del 2023 nell’ambito della Cabina di regia per la determinazione dei LEP.

 

Il comma 1 interviene al fine di assicurare continuità al lavoro istruttorio svolto dalla segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP, in attesa che il legislatore individui le procedure di definizione dei LEP aderenti ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, che ha dichiarato illegittime, in via consequenziale, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023). Rientrano tra le citate disposizioni anche quelle relative al personale e alle risorse finanziarie per la citata attività istruttoria svolta dalla segreteria tecnica.

In tal senso, l’articolo 16 offre una base giuridica volta a garantire la continuità delle attività amministrative, al fine di dare compiuta attuazione alla sentenza della Corte che prevede di fare salvo il lavoro istruttorio e ricognitivo già avviato dalla segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP. Per far fronte a tali esigenze, si prevede che l’attività istruttoria per la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, dal 5 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, è svolta presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il comma 2 dispone che il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie si avvale del contingente di personale già previsto dalla legge di bilancio 2023 e delle risorse a tal fine stanziate.

 

Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, tale disposizione è finalizzata anche al raggiungimento, entro dicembre 2025, degli obiettivi della Riforma del quadro fiscale subnazionale di cui alla Missione 1 - Componente 1- Riforma 1.14 del PNRR. Il termine del 31 dicembre 2025, di cui all’articolo 16, corrisponde alla scadenza per l’obiettivo di definizione dei LEP programmato nel PNRR.

Il personale e le risorse finanziarie di cui al comma 800, dell’articolo 1, della legge di bilancio 2023 continueranno – nelle more di ulteriori interventi legislativi ed entro il termine di cui all’articolo 16 del decreto-legge in conversione – le attività istruttorie connesse alla determinazione dei LEP presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Si ricorda infine che la segreteria tecnica ha svolto anche ulteriori attività come quelle per la predisposizione dei decreti legislativi attuativi della legge delega sulla riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111) e quelle inerenti l’elaborazione della proposta dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in favore delle persone con disabilità, nell’ambito delle procedure di raccordo riferite al Dipartimento per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri. La relazione illustrativa esplicita che al personale incardinato presso il Dipartimento per gli Affari regionali saranno riferite anche tali attività finora attribuite alla segreteria tecnica.

 

Prima della sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, l’articolo 1, comma 800, della legge di bilancio 2023 aveva previsto il seguente contingente di personale per la segreteria tecnica della Cabina di regia per la determinazione dei LEP: dodici unità, di cui una con incarico dirigenziale di livello generale che abbia ricoperto incarichi dirigenziali in uffici con competenza in materia di finanza degli enti territoriali e federalismo fiscale, una con incarico dirigenziale di livello non generale e dieci unità di livello non dirigenziale. Secondo la citata disposizione, le predette unità sono state individuate anche tra il personale delle altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo, 2001, n. 165 e, in quest'ultimo caso, sono collocate in posizione di comando, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti. Di conseguenza, la disposizione aveva previsto un incremento della dotazione organica dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri di un posto di funzione dirigenziale di livello generale e di un posto di funzione dirigenziale di livello non generale. Nell’ambito delle risorse disponibili assegnate al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, il medesimo comma 800 recava l’autorizzazione di spesa di euro 1.149.000 annui a decorrere dall’anno 2023 per il funzionamento della segreteria tecnica.

 

 


Articolo 17
(Proroga di termini in materia di editoria)

 

 

L’articolo 17 dispone la proroga per un ulteriore biennio di tre misure agevolative in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici, in particolare in materia di quota di copie vendute necessaria per accedere ai contributi diretti, in materia di parificazione dell’ammontare del contributo minimo a quello percepito nel 2019 e in materia di posticipazione del pagamento dei costi certificati fino a sessanta giorni dopo l'incasso del saldo del contributo.

 

L’articolo in esame proroga talune misure agevolative vigenti già da qualche anno nell’ambito del regime ordinario di concessione di contributi in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici.

Si tratta delle misure di cui ai commi 3 e 5 dell’articolo 96 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, la cui applicazione è estesa agli anni di contribuzione 2025 e 2026, e della misura di cui al comma 4 del medesimo articolo 96, la cui applicazione è estesa con riferimento al contributo dovuto per le annualità 2024 e 2025.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione è finalizzata a far fronte al persistente stato di crisi nel settore editoriale, garantendo alle imprese editrici la continuità del sostegno pubblico nelle more dell’emanazione del Regolamento per la ridefinizione ed integrazione dei criteri per l’erogazione dei contributi diretti, previsto dall’articolo 1, comma 316, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di bilancio 2024) e in corso di adozione, volto a razionalizzare l’impiego delle risorse finanziarie destinate a tale finalità, anche in ragione della trasformazione tecnologica digitale e dei nuovi contenuti informativi.

 

La misura di cui al comma 3 dell’articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020 prevede una riduzione, dal 30 al 25 per cento per le testate locali, e dal 20 al 15 per cento per le testate nazionali, della percentuale di copie vendute sul totale di quelle distribuite che costituisce requisito necessario per poter ricevere i contributi diretti concessi alle imprese editrici di quotidiani e periodici, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70.

 

Ai sensi del citato articolo 5 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, i contributi diretti sono concessi alle imprese editrici che, in ambito commerciale, esercitino unicamente un'attività informativa autonoma e indipendente di carattere generale e siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) anzianità di costituzione dell'impresa e di edizione della testata per la quale si chiede il contributo di almeno due anni maturati prima dell'annualità per la quale la domanda di contributo è presentata;

b) regolare adempimento degli obblighi derivanti da ciascuna tipologia di contratto collettivo di lavoro, nazionale o territoriale, applicato dall'impresa editrice richiedente il contributo;

c)  edizione in formato digitale dinamico e multimediale della testata in parallelo con l'edizione su carta o in via esclusiva;

d)  impiego, nell'intero anno di riferimento del contributo, di almeno 5 dipendenti con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le imprese editrici di quotidiani, e di almeno 3 dipendenti con prevalenza di giornalisti regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per le imprese editrici di periodici;

e)  per l'edizione cartacea, vendita della testata nella misura di almeno il 30 per cento delle copie annue distribuite, per le testate locali, e di almeno il 20 per cento delle copie annue distribuite, per le testate nazionali. Ai fini di tale requisito è da intendersi testata nazionale quella distribuita in almeno cinque regioni con una percentuale di vendita in ciascuna regione non inferiore all'1 per cento della distribuzione totale.

Per accedere ai contributi è altresì necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) iscrizione al Registro delle imprese, ove richiesto in base alla normativa vigente;

b) iscrizione al Registro degli operatori della comunicazione, istituito presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e conformità degli assetti societari alla normativa vigente;

c) assenza di situazioni di collegamento o di controllo fra imprese editrici; la presentazione di più domande da parte di imprese editrici controllate o collegate tra loro comporta per tutte la decadenza dal diritto di accedere al contributo;

d) proprietà della testata per la quale si richiede il contributo;

e) divieto di distribuzione di utili provenienti dall'esercizio dell'anno di riscossione dei contributi e negli otto anni successivi, adottato con norma statutaria;

f)  obbligo per l'impresa di dare evidenza nell'edizione della testata del contributo ottenuto nonché di tutti gli ulteriori finanziamenti a qualunque titolo ricevuti;

g)  impegno ad adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna, assunto anche mediante l'adesione al Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale.

 

La misura di cui al comma 5 dell’articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020 prevede che qualora dall'applicazione dei criteri ordinariamente previsti per il calcolo del contributo (ai sensi dell'articolo 8 del predetto decreto legislativo n. 70 del 2017), derivi un contributo di importo inferiore a quello erogato alla medesima impresa editoriale per l'annualità 2019, il suddetto importo è parificato a quello percepito per tale anno.

 

Ai sensi del citato articolo 8 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, il contributo comprende una quota di rimborso dei costi direttamente connessi alla produzione della testata e una quota per le copie vendute.

Tra i costi ammessi a rimborso, purché sostenuti con modalità di pagamento tracciabili, figurano: il costo per il personale dipendente, entro determinati massimali; il costo per l'acquisto della carta necessaria alla stampa; il costo per la stampa e per la distribuzione; il costo per gli abbonamenti ai notiziari delle agenzie di stampa; il costo per l'acquisto e l'installazione di hardware, software di base e dell'applicativo per l'edizione digitale; il costo per la progettazione, realizzazione e gestione del sito web e per la sua manutenzione ordinaria ed evolutiva; il costo per la gestione e l'alimentazione delle pagine web; il costo per l'installazione di sistemi di pubblicazione che consentano la gestione di abbonamenti a titolo oneroso, di aree interattive con i lettori e di piattaforme che permettano l'integrazione con sistemi di pagamento digitali. Ai fini del rimborso dei costi sono previsti tre scaglioni, individuati sulla base del numero di copie annue vendute, cui corrispondono determinate percentuali di rimborso del costo dichiarato.

La quota di contributo per le copie vendute è invece calcolata, per quanto concerne l'edizione su carta, moltiplicando un determinato valore monetario, anch’esso variabile a seconda dello scaglione di appartenenza, per il numero di copie vendute, mentre per l’edizione digitale è comunque pari a 0,40 euro per copia venduta. Sono previsti massimali di contributo, distinti per l'edizione su carta e per l’edizione in formato digitale.

Sono previsti inoltre rimborsi ad hoc per gli oneri previdenziali sostenuti per i neoassunti sotto i 35 anni, per i percorsi di alternanza scuola-lavoro, per le azioni di formazione e aggiornamento del personale, nonché una riduzione del contributo nel caso gli stipendi superino determinati limiti.

Il contributo complessivamente erogabile non può comunque essere superiore al 50 per cento dei ricavi dell'impresa, ed è previsto che se l'applicazione dei criteri di cui al presente decreto determina un contributo di importo inferiore a 5.000 euro, il contributo non è erogato e le risorse che si rendono disponibili sono ripartite proporzionalmente tra gli aventi titolo.

 

Quanto al comma 4 dell’articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020, esso prevede che i costi regolarmente rendicontati nel prospetto sottoposto a certificazione possono essere pagati dalle imprese beneficiarie entro sessanta giorni dall'incasso del saldo del contributo. L’avvenuto pagamento dei costi nel predetto termine è attestato dal revisore contabile in apposita certificazione, che dà evidenza anche degli strumenti di pagamento tracciabili utilizzati, e che è trasmessa al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri nel termine di dieci giorni dall'effettuazione dell'ultimo pagamento. Nell’ipotesi di mancato pagamento dei costi esposti per l'ammissione al contributo o di mancata trasmissione nei termini della certificazione di avvenuto pagamento, l'impresa decade dal diritto al pagamento dell'acconto, fermo restando l'obbligo in capo alla medesima di rimborsare le somme indebitamente riscosse.

 

Si ricorda che le tre misure agevolative sopra descritte, introdotte dal citato articolo 96 del decreto-legge n. 104 del 2020 relativamente all’anno di contribuzione 2020 (per quanto concerne i commi 3 e 5) e con riferimento al contributo dovuto per l’annualità 2019 (per quanto concerne il comma 4), sono state prorogate già in passato, in particolare dall’articolo 5, comma 7-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, dall’articolo 14, comma 2-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, e dall’articolo 17-bis, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, ed hanno operato, da allora, senza soluzione di continuità.

La disposizione in commento, come si è detto, ne proroga l’applicabilità per un ulteriore biennio, e cioè relativamente agli anni di contribuzione 2025 e 2026 (per quanto concerne le misure di cui ai commi 3 e 5 sopra descritti) e con riferimento al contributo dovuto per le annualità 2024 e 2025 (per quanto concerne la misura di cui al comma 4)

Analogamente alle più recenti tra le precedenti proroghe sopra citate, la norma in commento specifica che, in caso di insufficienza delle risorse stanziate, resta fermo che agli aventi titolo spettano contributi diretti mediante riparto proporzionale (ai sensi dell'articolo 11, comma 1, secondo periodo, del predetto decreto legislativo n. 70 del 2017).

 

La relazione tecnica specifica che, anche in forza della clausola da ultimo citata, l’articolo in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le disposizioni in esame trovano copertura a valere sulle risorse assegnate annualmente al Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria, nell’ambito della quota destinata alla Presidenza del Consiglio dei ministri.


Articolo 18, comma 1
(Proroga delle misure per la tutela funzionale e processuale
 del personale dei servizi di informazione
per la sicurezza della Repubblica)

 

 

L’articolo 18, comma 1, proroga dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2025 i termini di efficacia di alcune disposizioni previste, in via transitoria, dal decreto-legge 7/2015 in materia di garanzie funzionali e di tutela, anche processuale, del personale e delle strutture dei servizi di informazione per la sicurezza (AISI, AISE e DIS). Fino a tale data:

§  il personale dei servizi può, previa autorizzazione, porre in essere condotte previste dalla legge come reato anche in relazione ad una specifica serie di delitti con finalità di terrorismo;

§  al personale delle Forze armate adibito alla tutela delle strutture e del personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere attribuita la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza con funzioni di polizia di prevenzione;

§  le identità di copertura degli addetti dei servizi di sicurezza possono essere utilizzate negli atti dei procedimenti penali dandone comunicazione all’autorità giudiziaria con modalità riservate;

§  l'autorità giudiziaria - su richiesta dei vertici del DIS, dell'AISI e dell'AISE – autorizza gli addetti dei servizi di informazione per la sicurezza a deporre nel processo penale con identità di copertura ove sia necessario mantenere celate le loro vere generalità nell'interesse della sicurezza dello Stato o per tutelarne l'incolumità.

 

La disposizione in esame proroga le misure a tutela del personale dei servizi di sicurezza introdotte, in via transitoria (inizialmente fino al 31 gennaio 2018), dal decreto-legge 7/2015 (art. 8, comma 2) recante sia disposizioni urgenti per il contrasto del terrorismo, sia la proroga delle missioni internazionali di pace.

 

Una prima proroga, fino al 31 gennaio 2021, è stata disposta dall'articolo 1, comma 1120, lettera d), della legge 205/2017. Successivamente, sono intervenute ulteriori proroghe: fino 31 gennaio 2022, ad opera del D.L. 183/2020 (art. 1, comma 14), fino al 31 gennaio 2023 con il D.L. 228/2021 (art. 1, comma 17), fino al 31 gennaio 2024 con il D.L. 198/2022 (art. 21, comma 1) e fino al 31 dicembre 2024 con il D.L. 215/2023.

Causa di giustificazione

La prima previsione oggetto di proroga (art. 8, comma 1, lett. a), del DL 7/2015) concerne la possibilità di estendere anche a una serie di delitti con finalità di terrorismo le condotte scriminabili, previste dalla legge come reato, che il personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a porre in essere, sebbene per tali condotte non sia opponibile il segreto di Stato di cui all’art. 39, comma 11 della legge sui servizi di informazione (L. 124/2007).

 

L’art. 17 della L. 124/2007 dispone la non punibilità, entro precisi limiti e secondo procedure prestabilite, del personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi (comma 1) ed esclude che possano essere autorizzate condotte dirette a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l'incolumità di una o più persone (comma 2) e altre condotte particolarmente gravi (comma 3)

Inoltre, (ai sensi del comma 4) non possono essere autorizzate, condotte previste dalla legge come reato per le quali non è opponibile il segreto di Stato ai sensi dell’art. 39, comma 11, della legge 124/2007, con le sole eccezioni della partecipazione all’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-bis, 2° comma, c.p.) e dell’associazione mafiosa (art. 416-bis, 1° comma). Solo per le condotte relative ai due reati da ultimo citati opera la speciale causa di giustificazione - prevista dallo stesso art. 17, comma 1, della legge 124/2007 - secondo cui non è punibile il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi.

Il richiamato articolo 39, comma 11, esclude che possono essere oggetto di segreto di Stato notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell'ordine costituzionale o a fatti costituenti i delitti di devastazione, saccheggio e strage (art. 285 c.p.), associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) e strage (422 c.p.).

 

In base al decreto-legge 7/2015 le ulteriori condotte-reato previste dal codice penale per le quali, in presenza di autorizzazione, opera la suddetta scriminante, ma solo in via temporanea, sono le seguenti:

§  partecipazione ad associazioni sovversive (art. 270, 2° comma, c.p.);

§  assistenza agli associati (art. 270-ter, c.p.);

§  arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quater, c.p.);

§  organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1, c.p.);

§  addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-quinquies, c.p.);

§  finanziamento di condotte con finalità di terrorismo (art. 270-quinques.1, c.p.; la L. 153/2016, che ha introdotto tale fattispecie penale, ha esteso anche a questo reato la scriminante di cui sopra);

§  istigazione a commettere uno dei delitti contro la personalità interna o internazionale dello Stato (art. 302, c.p.);

§  partecipazione a banda armata (art. 306, 2° comma, c.p.);

§  istigazione a commettere delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità o apologia degli stessi delitti (art. 414, 4° comma, c.p.).

Qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza

La seconda misura oggetto di proroga (art. 8, comma 1, lett. b), del DL 7/2015) riguarda la possibilità di attribuire anche al personale delle Forze armate adibito alla tutela delle strutture e del personale del Dipartimento per le informazioni per la sicurezza (DIS) o dei servizi di informazione per la sicurezza (AISI e AISE) la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza, con funzioni di polizia di prevenzione.

 

L’attribuzione può avvenire, specifica la disposizione oggetto di proroga, con le modalità previste dall’articolo 23, comma 2, della legge 124/2007 vale a dire deve essere effettuata dal Presidente del Consiglio per non oltre un anno, su proposta del direttore generale di DIS, AISI e AISE. La disposizione oggetto di proroga specifica anche che si tratta del personale delle forze armate adibito alla tutela delle strutture di DIS, AISI e AISE ai sensi dell’articolo 12 della medesima legge 124/2007, il quale, in particolare al comma 1, prevede appunto che le Forze armate, le Forze di polizia, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza forniscono ogni possibile cooperazione, anche di tipo tecnico-operativo, al personale addetto ai servizi di informazione per la sicurezza, per lo svolgimento dei compiti a questi affidati.

Identità di copertura

La terza misura prorogata (art. 8, comma 1, lett. c), del DL 7/2015) prevede che, in caso di procedimenti penali avviati per le condotte-reato di addetti dei servizi realizzate nelle operazioni d’istituto, è consentito utilizzare le relative identità di copertura (autorizzate dal direttore generale del DIS), previa comunicazione con modalità riservate all’autorità giudiziaria procedente contestualmente all’opposizione della causa di giustificazione.

 

La disposizione oggetto di proroga specifica che si tratta delle identità di copertura di cui all’articolo 24, comma 1, della legge 124/2007. In base a tale norma, il direttore generale del DIS, previa comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri o all'Autorità delegata, ove istituita, può autorizzare, su proposta dei direttori dell'AISE e dell'AISI, l'uso, da parte degli addetti ai servizi di informazione per la sicurezza, di documenti di identificazione contenenti indicazioni di qualità personali diverse da quelle reali. Con la medesima procedura può essere disposta o autorizzata l'utilizzazione temporanea di documenti e certificati di copertura.

La disposizione oggetto di proroga specifica altresì che si fa riferimento ai procedimenti penali di cui all’articolo 19 della medesima legge 24/2007. Tale articolo disciplina le modalità con cui, in caso di indagini preliminari riguardanti personale dei servizi di informazione e sicurezza, può essere opposta all’autorità giudiziaria l’esistenza della speciale causa di giustificazione in base alla quale non è punibile, nel rispetto di determinati limiti, il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate di volta in volta in quanto indispensabili alle finalità istituzionali di tali servizi (tale speciale causa di giustificazione è prevista dall’articolo 17 della medesima legge e autorizzata ai sensi dell’articolo 18).

 

Infine, viene prorogata la misura che consente all’autorità giudiziaria - su richiesta dei vertici del DIS, dell’AISI e dell’AISE - di autorizzare gli addetti dei servizi di informazione per la sicurezza a deporre nel processo penale con identità di copertura in ogni stato o grado, ove sia necessario mantenere segrete le loro vere generalità nell’interesse della sicurezza dello Stato o per tutelarne l’incolumità (art. 8, comma 1, lett. d), del DL 7/2015).

 

La disposizione oggetto di proroga, fa salva la disposizione generale che consente agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria, anche appartenenti ad organismi di polizia esteri, ai dipendenti dei servizi di informazione per la sicurezza, agli ausiliari, nonché alle interposte persone, chiamati a deporre, in ogni stato e grado del procedimento, in ordine alle attività svolte sotto copertura ad indicare le generalità di copertura utilizzate nel corso delle attività medesime (art. 497, comma 2-bis, c.p.p.).

 

Si segnala, infine, che il disegno di legge, di iniziativa governativa, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario introduce a regime le disposizioni del presente articolo (art. 31, comma 1, lett. b) e comma 2). Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera ed è attualmente in corso l’esame in sede referente presso il Senato (A.C. 1660 – A.S. 1236).


Articolo 18, comma 2
(Proroga in materia di autorizzazione del personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica a svolgere colloqui personali con detenuti)

 

 

L’articolo 18, comma 2, proroga dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2025 il termine entro il quale il Presidente del Consiglio può delegare i direttori delle Agenzie d’informazione per la sicurezza interna e esterna (AISI e AISE) o altro personale delegato a svolgere colloqui investigativi con i detenuti ai fini di prevenzione del terrorismo internazionale.

 

Nel dettaglio, la disposizione - novellando il comma 2-bis dell’articolo 4 del D.L. 144/2005, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale - proroga di 6 mesi (dal 31 dicembre 2024 al 30 giugno 2025) il termine entro il quale il Presidente del Consiglio - anche a mezzo del Direttore generale del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) - può richiedere che i direttori dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e dell’AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna) o altro personale dipendente espressamente delegato siano autorizzati a svolgere colloqui investigativi con detenuti e internati, al solo fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.

Tale facoltà è stata introdotta, in via transitoria (inizialmente fino al 31 gennaio 2016), dall'articolo 6 del D.L. 7/2015, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali, che ha modificato l’articolo 4 del DL 144/2005, introducendovi il citato comma 2-bis.

 

La proroga di tale disciplina è stata già disposta più volte: prima dal D.L. 210/2015 fino al 31 gennaio 2017 (articolo 4-ter), poi dal D.L. 244/2016 fino al 31 gennaio 2018 (art. 5, comma 8), dalla L. 205/2017 fino al 31 gennaio 2019 (articolo 1, comma 1120, lett. c), dalla L. 145/2018 fino al 31 gennaio 2020 (articolo 1, comma 1131, lett. g), dal D.L. 162/2019 fino al 31 gennaio 2021 (articolo 3, comma 3), dal D.L. 183/2020 fino al 31 gennaio 2022 (articolo 1, comma 14), dal D.L. 228/2021 fino al 31 gennaio 2023 (articolo 1, comma 16), dal D.L. 198/2022 fino al 31 gennaio 2024 (art. 21, comma 2), dal D.L. 215/2023 fino al 31 dicembre 2024 (art. 19, comma 2).

 

L’autorizzazione a tali colloqui investigativi è rilasciata dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma, in presenza di specifici e concreti elementi informativi che rendano assolutamente indispensabile l’attività di prevenzione (art. 4, comma 2-ter, D.L. 144/2005).

Dello svolgimento dei colloqui è data comunicazione scritta entro cinque giorni al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Inoltre, le autorizzazioni ai colloqui e le successive comunicazioni sono annotate in un registro riservato presso l’ufficio del procuratore generale. Devono essere informati dello svolgimento dei colloqui anche il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e, a conclusione delle operazioni, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica - COPASIR (art. 4, comma 2-quater, D.L. 144/2005).

Il personale dei servizi di informazione ha l'obbligo di denunciare fatti costituenti reato ai rispettivi direttori i quali, senza ritardo, informano il Presidente del Consiglio, o l'Autorità delegata, ove istituita. A loro volta, i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza e il direttore generale del DIS hanno l'obbligo di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativamente a fatti configurabili come reati, di cui sia stata acquisita conoscenza nell'ambito delle strutture che da essi dipendono. L'adempimento di tale obbligo può essere ritardato, su autorizzazione del Presidente del Consiglio, quando ciò sia strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali del Sistema di informazione per la sicurezza (art. 23, commi 6, 7 e 8 della L. 124/2007, richiamati dall’art. 4, comma 2-quinques del D.L. 144/2005).

In ogni caso, gli elementi acquisiti attraverso le attività di cui sopra non possono essere utilizzati nel procedimento penale, fatti salvi i fini investigativi (art. 226, comma 5, del D.Lgs/271/1989, richiamato dall’art. 4, comma 2-quinques del D.L. 144/2005).

 

Si segnala, infine, che il disegno di legge, di iniziativa governativa, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario introduce a regime le disposizioni del presente articolo (art. 31, comma 3). Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera ed è attualmente in corso l’esame in sede referente presso il Senato (A.C. 1660 – A.S. 1236).


Articolo 19
(Disposizioni concernenti termini in materia di agricoltura)

 

 

L’articolo 19 estende, a regime, l’applicazione delle misure per il contenimento della diffusione del batterio della Xylella fastidiosa contenute nell’art. 8-ter, commi 1 e 2-bis, del D.L. n. 27 del 2019.

 

Nel dettaglio la disposizione in esame interviene, modificandolo, sull’art. 8-ter, del decreto-legge n. 27 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2019, che ha introdotto alcune misure normative volte al contenimento del batterio della Xylella fastidiosa.

In particolare, le modifiche apportate incidono:

- sul comma 1 dell’art. 8-ter nel quale viene soppresso il riferimento temporale al periodo prescritto (7 anni);

 - sul comma 2-bis dell’art. 8-ter che viene altresì integralmente soppresso. Tale ultima disposizione aveva prorogato le misure descritte nei commi 1 e 2 del predetto art. 8-ter per gli anni 2023 e 2024. 

 

Sul comma 2-bis dell’art. 8-ter è di recente intervenuto l’art. 13, comma 2, D.L. n. 215 del 2023 che aveva prorogato al 2024 le misure oggetto di una prima proroga (2023) prevista dall'articolo 15, comma 1-novies, D.L. 29 dicembre 2022, n. 198.

Le misure normative volte a contrastare la diffusione del predetto batterio cui la disposizione in commento si riferiscono:

·         alla facoltà riconosciuta - per un periodo di sette anni (termine temporale che, come sopra accennato, la disposizione in esame intende sopprimere) - al proprietario, al conduttore o al detentore a qualsiasi titolo di terreni di procedere, previa comunicazione alla regione, all'estirpazione di olivi situati in una zona infetta dalla Xylella fastidiosa, al fine di ridurre la massa di inoculo e di contenere la diffusione della batteriosi. E’ specificato che tale facoltà è esercitata  con esclusione dei terreni situati nella zona di contenimento (decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, e successive modificazioni) in deroga al divieto di abbattimento degli alberi di olivo o della procedura di abbattimento per morte accertata o improduttività (articoli 1 e 2 del decreto legislativo luogotenenziale n. 475/1945) e ad ogni disposizione vigente anche in materia vincolistica nonché in esenzione dai procedimenti di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica, (decreto legislativo n. 152/2006) e dal procedimento di valutazione di incidenza ambientale (comma 1, articolo 8-ter);

·         alla facoltà per i soggetti iscritti al Registro ufficiale dei produttori (articolo 20 del decreto legislativo n.214/2005) con centri aziendali non autorizzati all'emissione del passaporto perché localizzati in aree delimitate alla Xylella fastidiosa, di essere autorizzati dal Servizio fitosanitario regionale a produrre e commercializzare all'interno della zona infetta le piante specificate di cui all'articolo 1 della decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, e successive modificazioni. Tali soggetti devono garantire la tracciabilità della produzione e della commercializzazione delle suddette piante e devono altresì assicurare che le stesse siano esenti da patogeni da quarantena e da organismi nocivi di qualità e che sia garantita la corrispondenza varietale oltre ad eventuali altri requisiti definiti dai Servizi fitosanitari regionali (comma 2, articolo 8-ter).

 

 

Tra gli organismi nocivi che da anni infestano le piante di ulivo si ricorda, in particolare, il batterio della Xylella fastidiosa, che ha fortemente colpito la filiera olivicolo-olearia della Puglia, specie, del Salento. Sin dal suo manifestarsi, nel 2013, sono state progressivamente messe in atto delle misure fitosanitarie e degli interventi finanziari destinati a contrastare tale patogeno nonché a sostenere gli imprenditori del settore e i territori interessati.

Lo strumento principale con cui il legislatore ha finanziato la ricostruzione del paesaggio e l'indennizzo alle imprese danneggiate è stato il Fondo per la realizzazione del Piano straordinario per la rigenerazione del settore olivicolo della Puglia nelle zone che sono risultate infette dal patogeno della Xylella fastidiosa– di cui all'articolo 8-quater del D.L. 27/2019 - dotato di risorse pari a 150 milioni di euro per gli anni 2020 e 2021 e adottato con il decreto ministeriale 6 marzo 2020.

Inoltre, con il decreto 1 settembre 2022 sono stati stabiliti i criteri e le modalità di concessione dei contributi per le operazioni di sostituzione di piante di olivo danneggiate dalla batteriosi con almeno pari numero di specie arboree diverse dall'ulivo e non ospiti di Xylella fastidiosa (25 milioni di euro).

Infine, con il decreto 13 settembre 2022 sono stabiliti criteri e modalità per la concessione di contributi destinati al potenziamento della rete di laboratori pubblici (5 milioni di euro).

 

Ulteriori misure per il contenimento della Xylella sono:

·         al fine di facilitare il processo di ricomposizione fondiaria e la rigenerazione dei territori interessati dall'evento patogeno, per l'anno 2023, gli atti di trasferimento a titolo oneroso, a favore di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, di terreni interessati dal predetto evento patogeno e delle relative pertinenze, qualificati come agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti, di valore economico inferiore o uguale a 50.000 euro e, comunque, sino a una superficie non superiore a cinque ettari, sono esenti dall'imposta ipotecaria e da quella catastale; l'imposta di registro si applica in misura fissa, pari a 200 euro. Per i medesimi atti, gli onorari notarili sono ridotti della metà. Per il periodo di cinque anni decorrenti dalla data del trasferimento immobiliare, la destinazione d'uso agricola dei terreni e delle pertinenze oggetto di trasferimento non può essere modificata. Le agevolazioni fiscali di cui al presente comma valgono come incentivi statali ai fini di quanto previsto, in materia di incentivi impianti fotovoltaici in ambito agricolo (articolo 65, decreto-legge n.1/2012) (art. 15, comma 1-novies, D.L. n. 198/2022);

·         nel caso in cui il proprietario, il conduttore o il detentore a qualsiasi titolo di terreni proceda all'estirpazione di olivi situati in una zona infetta dalla Xylella fastidiosa, è consentito procedere al reimpianto di piante riconosciute come tolleranti o resistenti, anche di specie vegetali diverse da quelle estirpate (articolo 8-ter, comma 1-bis D.L. n. 27/2019);

·         al fine di sostenere le imprese agricole danneggiate dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2024 per i reimpianti e le riconversioni tramite cultivar di olivo resistenti, nonché per le riconversioni verso altre colture (art. 3, comma 8-bis, D.L. n. 63/2024).

·          

 

Con ordinanza n. 3 del 26 maggio 2023 sono state definite le aree indenni dall'organismo nocivo Xylella fastidiosa nel territorio della Repubblica italiana, da cui risulta che vi è un nuovo focolaio di Xylella fastidiosa nella regione Lazio e dei  nuovi  ritrovamenti  di  piante infette da Xylella fastidiosa  nelle  aree  demarcate  delle  regioni Puglia e Toscana. Con il D.M. 22 maggio 2023 è stato quindi abrogato il precedente decreto 6 giugno 2019, che definiva le aree indenni dall'organismo nocivo Xylella fastidiosa.

Infine con il D.M. 31 gennaio 2024 è stato modificato il regime degli aiuti di Stato relativi al ristoro dei danni causati da infezioni di Xylella fastidiosa nel territorio della Regione Puglia nel corso dell'anno 2018.

Attività della Commissione XIII (Agricoltura) della Camera

Si segnala che in data 12 aprile 2023 la Commissione ha deliberato l'avvio di una indagine conoscitiva sull'emergenza legata alla presenza del patogeno Xylella fastidiosa nella regione Puglia. Per i relativi approfondimenti si possono consultare il programma dell'indagine e le audizioni svolte.

 

 

 

 


Articolo 20
(Proroga delle misure di sostegno e delle attività di assistenza in favore dei profughi dall’Ucraina titolari del regime di protezione temporanea)

 

 

L’articolo 20 prevede disposizioni finalizzate a garantire la prosecuzione fino al 31 dicembre 2025 delle misure di accoglienza e assistenza nei confronti dei profughi dall’Ucraina titolari del regime di protezione temporanea, prorogato in sede di Unione europea fino al 4 marzo 2026, nonché a consolidare nelle forme ordinarie le relative misure, cessato lo stato di emergenza, riconducendole in capo alle amministrazioni ordinariamente competenti.

In particolare si prevede: la prosecuzione fino al 31 dicembre 2025 dei progetti di accoglienza nell’ambito del sistema di accoglienza e integrazione (SAI) in scadenza al 31 dicembre 2024; la corresponsione di un contributo una tantum per chi dichiari di non aver bisogno della prosecuzione dell’assistenza pubblica; anticipazioni per gli enti titolari di convezioni per l’assistenza diffusa, disponibili alla proroga; la cessazione del contributo di sostentamento per i titolari di permessi per protezione temporanea rilasciati dopo il 1° febbraio; la prosecuzione, in via transitoria ed eccezionale, a cura delle prefetture, delle residue forme di accoglienza eventualmente ancora assicurate dalle strutture territoriali di protezione civile; il trasferimento delle risorse alle amministrazioni ordinariamente competenti per le misure di assistenza.

A tal fine, si provvede mediante una o più ordinanze del Capo del Dipartimento di protezione civile, da adottare entro il 31 gennaio 2025, previo parere delle Regioni e Province Autonome e di concerto con il Ministero dell’interno, in deroga ad una serie di disposizioni normative.

 

La disposizione in commento risponde, in primo luogo, alla necessità di assicurare la prosecuzione delle misure di accoglienza e di assistenza nei confronti dei profughi dall’Ucraina sul territorio italiano, già predisposte e valevoli fino al 31 dicembre 2024, in ragione della decisione del Consiglio dell’Unione Europea di prorogare fino al 4 marzo 2026 gli effetti del meccanismo europeo di protezione temporanea attivato per la prima volta in relazione alla crisi ucraina, con la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 del 4 marzo 2022.

In tale contesto interviene anche l’articolo 2, comma 2, del decreto in esame, disponendo la possibilità di rinnovo (a richiesta) fino al 4 marzo 2026 dei permessi di soggiorno per protezione temporanea in scadenza al 31 dicembre 2024, rilasciati agli sfollati dall’Ucraina (si rinvia, supra, alla relativa scheda di lettura).

 

Nel diritto dell'Unione europea, la «protezione temporanea» è la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui trattasi e degli altri richiedenti protezione. L'obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l'UE. Tra questi diritti rientrano il soggiorno, l'accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, l'assistenza medica e l'accesso all'istruzione per i minori.

Tale meccanismo è disciplinato dalla direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, che in Italia è stata recepita con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85.

Tale procedura di carattere eccezionale non era stata mai utilizzata fino allo scorso 4 marzo 2022, quando il Consiglio dell'UE giustizia affari interni ha approvato, su proposta della Commissione europea, la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall'Ucraina ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001 e che ha come effetto l'introduzione di una protezione temporanea. A norma della direttiva 2001/55/CE, la protezione temporanea è stata prima richiesta per un periodo iniziale di un anno, fino al 4 marzo 2023, ed è stata automaticamente prorogata di un ulteriore anno fino al 4 marzo 2024. Con decisione di esecuzione (UE) 2023/2409 del 19 ottobre 2023, il Consiglio UE ha convenuto di prorogare ulteriormente di un anno fino al 4 marzo 2025 la protezione temporanea riconosciuta alle persone in fuga dalla guerra della Russia contro l'Ucraina e, da ultimo, con decisione di esecuzione (UE) 2024/1836 del 25 giugno 2024, ha prorogato fino al 4 marzo 2026 la protezione temporanea. L’attuale proroga non modifica quanto già previsto dalla decisione adottata il 4 marzo 2022, relativamente alla categoria di persone beneficiarie della protezione temporanea.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in esame proroga fino al 31 dicembre 2025 la vigenza delle disposizioni del d.P.C.M. 28 marzo 2022, con cui è stata data attuazione, sul piano del diritto interno, alla prima decisione di esecuzione (UE) 2022/382 sulla concessione della protezione temporanea.

 

Si ricorda che il d.P.C.M. 28 marzo 2022, all’articolo 1, stabilisce la data di decorrenza della protezione e le categorie di sfollati beneficiari; all’articolo 2 disciplina il permesso di soggiorno per protezione temporanea; all’articolo 3 disciplina i rapporti tra protezione temporanea e domanda di protezione internazionale; all’articolo 4 prevede i casi di esclusione della protezione temporanea; all’articolo 5 individua le misure assistenziali da assicurare sul territorio nazionale; all’articolo 6 detta alcune disposizioni di favore per i cittadini ucraini presenti in Italia prima dell’inizio del conflitto; all’articolo 7 individua il Ministero dell’intero come punto di contatto nazionale; all’articolo 8 detta disposizioni finanziarie e finali.

 

Sono prorogate tutte le disposizioni del decreto, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del menzionato d.P.C.M., che, per la disciplina delle misure assistenziali rinvia ad ordinanze ex art. 25 del Codice di protezione civile (ossia ordinanze di protezione civile autorizzate, sulla base della deliberazione dello stato di emergenza, a derogare alla normativa vigente). La ratio di tale esclusione è verosimilmente da rinvenirsi nella cessazione al 31 dicembre 2024 dello stato di emergenza dichiarato per garantire l’accoglienza dei profughi ucraini (si v. infra).

 

Si ricorda in proposito che per organizzare le attività di accoglienza è stato dichiarato lo stato di emergenza di rilievo nazionale, in prima battuta fino al 31 dicembre 2022 con deliberazione adottata dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022. In conseguenza del perdurare della crisi internazionale, la durata dello stato di emergenza è stata prorogata dapprima con la legge di bilancio 2023 fino al 3 marzo 2023 (art. 1, co. 669, L. n. 197/2022), poi, fino al 31 dicembre 2023, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2023, ancora, fino al 4 marzo 2024 per effetto dell'articolo 21, co. 9-bis, del D.L. n. 145/2023 (conv. L. n. 191/2023), e da ultimo fino al 31 dicembre 2024 come previsto dalla legge di bilancio 2024 (art. 1, co. 390, L. n. 213/2023).

 

Con la medesima disposizione è altresì autorizzata la prosecuzione fino al 31 dicembre 2025 dei progetti di accoglienza nell’ambito del sistema di accoglienza e integrazione (SAI) in scadenza al 31 dicembre 2024.

 

Si ricorda in proposito che per garantire l'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina anche nelle strutture territoriali della rete SAI (Sistema di accoglienza e integrazione), gestito dagli enti locali, è stata disposta l'attivazione di complessivi 11.000 posti nel Sistema nel 2022 (art. 3, D.L. n. 16 del 2022 che ne ha previsti 3.000 nel e art. 26, co. 1, lett. c-bis), D.L. n. 115 del 2022). Per il 2023, il decreto-legge n. 16 del 2023 (art. 1, comma 5) ha incrementato di circa 53 milioni di euro il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo al fine di garantire la prosecuzione dell'accoglienza nelle strutture della rete SAI (rifinanziando dal 4 marzo al 31 dicembre 2023 complessivi 4.191 posti nell'ambito di progetti già attivati nel 2022). Per il 2024, il decreto-legge n. 19 del 2024 (art. 9, co. 5) ha autorizzato il proseguimento dell'accoglienza nel SAI fino al 31 dicembre 2024, incrementando a tal fine il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di 26,2 milioni di euro per il 2024 (rifinanziando complessivi 2.270 posti nell'ambito di progetti già attivati).

 

Il comma 2 prevede che, entro il 31 gennaio 2025, si provveda a regolare il progressivo consolidamento nelle forme ordinarie, fino al termine del 31 dicembre 2025, delle ulteriori misure di assistenza ed accoglienza straordinarie e temporanee attualmente in essere.

 

Si tratta delle misure assistenziali previste ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera g), D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 85, anche mediante il coinvolgimento delle associazioni ed enti di volontariato, comprese quelle per l'alloggio, l'assistenza sociale, per le cure mediche, per il sostentamento e l'accesso al sistema educativo per i minori alla pari con i cittadini italiani, nonché per l’accesso alla formazione professionale o a tirocini nelle imprese, nonché delle misure previste dagli articoli 31, commi 1 e 2, e 31-bis del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (per una ricostruzione delle singole misure si rinvia al box, in calce alla scheda).

 

Lo strumento a tal fine individuato è quello di ordinanze (una o più) del capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2025, previo parere delle Regioni e Province Autonome e di concerto con il Ministero dell’interno, in deroga agli articoli 26 e 27, comma 5, del Codice di protezione civile, che disciplinano le ordinanze volte a favorire il rientro nell'ordinario a seguito di emergenze di rilievo nazionale.

 

In particolare l’articolo 26 del Codice disciplina i contenuti dell’ordinanza che deve essere emanata (almeno 30 giorni prima della scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale) per favorire il rientro nell’ordinario prevedendo in particolare che la stessa sia finalizzata a favorire e regolare il proseguimento dell’esercizio delle funzioni commissariali in via ordinaria nel coordinamento degli interventi, conseguenti all'evento, pianificati e non ancora ultimati.

Il comma 5 dell’articolo 27 dispone inoltre la possibilità di prorogare per un periodo di tempo determinato la durata della contabilità speciale per la prosecuzione e il completamento degli interventi e delle attività previste dalle ordinanze emergenziali, ove non ultimati o conclusi alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Per gli ulteriori interventi ed attività da porre in essere secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti possono essere trasferite alla regione.

 

Il medesimo comma dispone, inoltre, che con le menzionate ordinanze si provvede a:

§  trasferire le misure di assistenza e accoglienza straordinarie e temporanee già disposte (si v. box in calce alla scheda) in capo alle amministrazioni ordinariamente competenti (comma 2, lettera a));

§  prevedere la corresponsione di un contributo una tantum, a cura del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, in favore delle persone e dei nuclei familiari che dichiarino di non aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica (comma 2, lettera a));

§  prevedere l’anticipazione, per un importo pari al 50 per cento dell’onere massimo complessivo stimato, in favore degli enti capofila delle convenzioni per l’assistenza diffusa ancora in essere, che siano disponibili alla proroga delle stesse per un periodo non superiore a sei mesi, (comma 2, lettera a));

Oltre alla disponibilità di posti nei centri di accoglienza per migranti, sono state attivate forme e modalità di accoglienza "diffusa", assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i Centri di servizio per il volontariato, gli enti e le associazioni iscritte al Registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, nell'ambito di apposite convenzioni sottoscritte dal Dipartimento della protezione civile, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Conferenza delle regioni e province autonome e dall'ANCI.

In origine, i posti finanziati sono stati 15.000, successivamente incrementati fino a 22.000 (art. 31, co. 1, lett. a), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. a), D.L. 50 del 2022; art. 26, co. 1, lett. a), D.L. 115 del 2022). Con il decreto-legge n. 16 del 2023 si è stabilita la prosecuzione dell'accoglienza diffusa per un massimo di 7.000 unità e di 49,6 milioni per l'anno 2023, autorizzando a tal fine anche convenzioni territoriali tra regioni, enti del terzo settore e privati, previo nulla osta del Dipartimento della protezione civile (art. 1, comma 1, lett. a)). La legge di bilancio n. 213/2023 (art. 1, co. 392, lett. a)) ha prorogato, nel limite di 7.000 unità, per l'anno 2024, l'efficacia delle convenzioni in essere al 31 dicembre 2023, incluse quelle aventi natura territoriale.

 

§  stabilire per i titolari di permessi di soggiorno per protezione temporanea, se rilasciati dopo il 1° febbraio 2025, la cessazione del riconoscimento del contributo di sostentamento (c.d. COS), introdotto dal decreto-legge n. 21 del 2022, mentre, se rilasciati prima del 1° febbraio 2025, la fissazione di termini perentori per presentare la relativa richiesta (comma 2, lettera b));

Si ricorda che in favore dei profughi giunti in Italia che hanno provveduto ad autonoma sistemazione è stata disposta la elargizione, nel limite massimo di 80.000 unità, di un contributo per il sostentamento (art. 31, co. 1, lett. b), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. b), D.L. 50 del 2022 e art. 1, comma 1, lett. b), D.L. n. 16 del 2023; art. 1, co. 392, lett. b), L. 213/2023). Il contributo è pari ad euro 300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data di ingresso nel territorio nazionale. In presenza di minori, in favore dell'adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni (ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022).

 

§  regolare, in via transitoria ed eccezionale, le modalità di prosecuzione, a cura delle prefetture, delle residue forme di accoglienza eventualmente ancora assicurate sul territorio nazionale dalle strutture territoriali di protezione civile previste dall’articolo 2 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile (comma 2, lettera c));

 

§  regolare l’assegnazione alle amministrazioni ordinariamente competenti, in capo alle quali sono trasferite le misure di assistenza e di accoglienza, delle corrispondenti risorse finanziarie disponibili nell'ambito del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse di cui si tratta sono quelle iscritte a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 21, comma 9, del decreto-legge n. 145/2023, n. 145, che per consentire il proseguimento delle attività di soccorso e assistenza, nel territorio nazionale, alla popolazione ucraina ha autorizzato la spesa di 180 milioni di euro per l’anno 2023 e di 274 milioni di euro per l'anno 2024. La disposizione precisa ulteriormente che le risorse eventualmente eccedenti saranno destinate all'incremento del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (comma 2, lettera d)).

 

Le misure del cui trasferimento si dispone sono individuate mediante rinvio alle previsioni di cui agli articoli 31, comma 1, e 31-bis del richiamato D.L. n. 21 del 2022, per il cui dettaglio si rinvia al box in calce alla scheda.

 

Ai sensi del comma 3 le ordinanze di cui sopra possono disporre in deroga alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (adottato con D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36) e alle disposizioni dello schema di capitolato di gara di appalto per la fornitura dei beni e dei servizi relativi al funzionamento dei centri di accoglienza per migranti previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) e adottato con decreto del Ministro dell’interno 4 marzo 2024.

Resta fermo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo.

Si stabilisce, inoltre che, ove compatibili, trovano applicazione le altre deroghe previste dagli articoli 8 e 9 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 872 del 4 marzo 2022, con i quali, rispettivamente, sono state dettate misure per accelerare le procedure di attivazione dei posti in accoglienza dei profughi nell’ambito del SAI e sono state individuate le deroghe normative ammesse per la realizzazione delle attività di accoglienza, soccorso e assistenza alla popolazione in fuga dall’Ucraina da parte dei commissari delegati e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano e degli eventuali soggetti attuatori.

 

In attuazione dei commi 2 e 3 dell’articolo in esame è già stata adottata l’ordinanza n. 1123 del 29 dicembre 2024.

 

L’ordinanza in particolare: affida al Dipartimento della protezione civile il compito di effettuare entro il 15 gennaio 2025 la ricognizione delle persone e dei nuclei familiari ospitati nelle forme dell’accoglienza diffusa attivate a livello nazionale e regionale nonché nelle residue forme di accoglienza eventualmente ancora assicurate dalle strutture territoriali di protezione civile, che dichiarino di aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica anche oltre il termine del 31 gennaio 2025.

Per coloro che dichiarino di non aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica oltre il 31 gennaio 2025, è possono chiedere, entro il 31 gennaio 2025, la concessione di un contributo una tantum, pari a 250 euro a persona una tantum. In caso di nucleo familiare superiore a 3 persone, si prevede una decurtazione del 20%. In caso di nucleo familiare superiore a 5 persone si prevede una decurtazione del 30%. In ogni caso, per nucleo familiare, è previsto un tetto massimo di 1.200 euro.

Per coloro che dichiarino di aver bisogno del proseguimento dell’assistenza pubblica, si provvede secondo le seguenti modalità:

a) può essere prorogata, sino al termine ultimo del 30 giugno 2025, agli stessi patti e condizioni, l'efficacia delle convenzioni di accoglienza diffusa;

b) ove necessario, alla scadenza delle convenzioni di cui sopra è assicurata, sull’intero territorio nazionale, l’accoglienza fino al 31 dicembre 2025, anche in altra Regione, prioritariamente nell’ambito del SAI, ovvero, in subordine, nei centri di accoglienza governativi;

c) laddove le persone interessate siano irreperibili ovvero non abbiano rilasciato la dichiarazione, o rifiutino di abbandonare le strutture alla scadenza delle convenzioni di accoglienza diffusa e rifiutino, altresì, l’eventuale ricollocamento offerto, anche in altra regione, possono essere adottati provvedimenti di revoca delle misure di accoglienza.

Sono poi previste ulteriori disposizioni per garantire, fino al 31 dicembre 2025, il contributo forfetario per l’accesso alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (art. 31, co. 1, lett. c), decreto-legge n. 21/2022) e le misure in materia di minori non accompagnati (art. 31-bis, decreto-legge n. 21/2022).

 

Il comma 4 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, nel corso del 2025, le occorrenti variazioni di bilancio, anche mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione in spesa a favore degli stati di previsione interessati, delle risorse disponibili a valere sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, come indicate dalle ordinanze di cui al comma 2.

Nella relazione tecnica si evidenza infatti che le disposizioni esaminate non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, provvedendo le amministrazioni interessate ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

In seguito dell'attivazione del meccanismo europeo di protezione temporanea, al fine di organizzare gli interventi di assistenza ed accoglienza a fronte del continuo incremento del numero delle persone provenienti dall'Ucraina, il decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 31) ha previsto diverse misure di assistenza ed accoglienza, che sono state successivamente rafforzate e rimodulate in conseguenza degli sviluppi della crisi bellica, mediante i decreti-legge n. 50 (articolo 44) e n. 115 del 2022 (articolo 26), n. 16 del 2023, nonché mediante la legge di bilancio per il 2024, n. 213 del 2023 (art. 1, co. 389-392 e 394-396).

Per effetto di questa sequenza di disposizioni, in favore dei rifugiati dall'Ucraina sono state previste fino al 31 dicembre 2024, termine dello stato di emergenza, diverse forme di supporto tra loro complementari.

Le risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2024 (art. 1, co. 389) per la prosecuzione delle misure sono pari a 274 milioni di euro per il 2024 e ad esse concorrono le risorse previste dalla citata ordinanza cdpc n. 872 del 4 marzo 2022, che per esplicito richiamo normativo risultano pari a 31,44 milioni di euro. Per tale destinazione sono poi riservate risorse a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, che risultano pari a 26 milioni per il 2024.

 

L'accoglienza nei centri per migranti

L'assistenza dei cittadini ucraini è stata in primo luogo garantita nell'ambito delle strutture già previste per i richiedenti protezione internazionale e i rifugiati.

A decorrere dall'inizio del conflitto, infatti, i cittadini ucraini possono essere accolti, sia nell'ambito delle strutture territoriali del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che nei centri governativi di prima accoglienza e nei centri di accoglienza temporanea (CAS), di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) anche se non in possesso della qualità di richiedente protezione internazionale o degli altri titoli di accesso previsti dalla normativa vigente (art. 3 del decreto-legge n. 16 del 2022, poi confluito nel decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, art. 5-quater).

A tal fine è stato disposto, da un lato, un potenziamento del sistema di c.d. prima accoglienza, costituito dai centri governativi ordinari e straordinari, mediante l'incremento delle relative risorse finanziarie.

Complessivamente sono stati stanziati circa 174,411 milioni di euro per il 2022 (articolo 5-quater, co. 1, D.L. 25 febbraio 2022, n. 14; articolo 31, comma 3, D.L. 21 marzo 2022, n. 21; articolo 44, comma 3, D.L. 17 maggio 2022, n. 50) e 137,9 milioni di euro per l'anno 2023 (articolo 1, comma 4, D.L. 2 marzo 2023, n. 16).

Dall'altro lato, per garantire l'accoglienza dei profughi provenienti dall'Ucraina anche nelle strutture territoriali della rete SAI (Sistema di accoglienza e integrazione), gestito dagli enti locali, è stata disposta l'attivazione di complessivi 11.000 posti nel Sistema nel 2022 (art. 3, D.L. n. 16 del 2022 che ne ha previsti 3.000 nel art. 26, co. 1, lett. c-bis), D.L. n. 115 del 2022). Per il 2023, il decreto-legge n. 16 del 2023 (art. 1, comma 5) ha incrementato di circa 53 milioni di euro il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo al fine di garantire la prosecuzione dell'accoglienza nelle strutture della rete SAI (rifinanziando dal 4 marzo al 31 dicembre 2023 complessivi 4.191 posti nell'ambito di progetti già attivati nel 2022). Per il 2024, il decreto-legge n. 19 del 2024 (art. 9, co. 5) ha autorizzato il proseguimento dell'accoglienza nel SAI fino al 31 dicembre 2024, incrementando a tal fine il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di 26,2 milioni di euro per il 2024 (rifinanziando complessivi 2.270 posti nell'ambito di progetti già attivati).

 

L'accoglienza diffusa

Oltre a ciò è stata disposta l'attivazione di forme e modalità di accoglienza "diffusa", diverse da quelle garantite attraverso le strutture di accoglienza per migranti, che sono assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i Centri di servizio per il volontariato, gli enti e le associazioni iscritte al Registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri e gli enti religiosi civilmente riconosciuti. Tali attività sono svolte nell'ambito di apposite convenzioni sottoscritte dal Dipartimento della protezione civile, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dalla Conferenza delle regioni e province autonome e dall'ANCI con soggetti che dimostrino, oltre agli altri requisiti previsti, di non aver riportato condanne e non aver in corso processi penali per una serie specifica di reati, nonché di non essere destinatari di una misura di prevenzione.

In origine, i posti finanziati sono stati 15.000, successivamente incrementati fino a 22.000 (art. 31, co. 1, lett. a), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. a), D.L. 50 del 2022; art. 26, co. 1, lett. a), D.L. 115 del 2022). Con il decreto-legge n. 16 del 2023 si è stabilita la prosecuzione dell'accoglienza diffusa per un massimo di 7.000 unità e di 49,6 milioni per l'anno 2023, autorizzando a tal fine anche convenzioni territoriali tra regioni, enti del terzo settore e privati, previo nulla osta del Dipartimento della protezione civile (art. 1, comma 1, lett. a)). Da ultimo, la legge di bilancio n. 213/2023 (art. 1, co. 392, lett. a)) ha prorogato, nel limite di 7.000 unità, per l'anno 2024, l'efficacia delle convenzioni in essere al 31 dicembre 2023, incluse quelle aventi natura territoriale.

 

Il contributo per l'assistenza sanitaria

Il decreto-legge n. 21 del 2022 ha introdotto un contributo in favore delle regioni per l'erogazione dell'assistenza sanitaria ai cittadini provenienti dall'Ucraina richiedenti e titolari della protezione temporanea (articolo 31, co. 1, lett. c)), per un massimo di 100.000 unità, nel limite di 152 milioni di euro per l'anno 2022. Il successivo decreto- legge n. 50 del 2022 (articolo 44, comma 1, lett. c)) ha integrato lo stanziamento a tal fine previsto nel limite di 27 milioni per l'anno 2022, in modo da finanziare ulteriori 20.000 unità.

Nell'esercizio dei poteri di rimodulazione riconosciuti in capo al Dipartimento della protezione civile dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 671, L. n. 197/2022), con ordinanza 27 febbraio 2023 il contributo forfetario è stato riconosciuto per un massimo di ulteriori 50.000 unità, a tal fine provvedendo mediante le somme non utilizzate autorizzate per l'attivazione del contingente di 22.000 posti di accoglienza diffusa di cui all'art. 31, comma 1, lettera a), del D.L. n. 21/2022. Pertanto, le risorse per l'accesso alle cure sono stanziate per fornire assistenza sanitaria a un bacino di utenza pari a 170.000 persone.

Anche tale misura è proseguita per tutto il 2023 nell'ambito del fabbisogno sanitario standard per l'anno 2023, prevedendo al contempo una rilevazione dei costi effettivamente sostenuti dalle regioni (art. 1, comma 6, D.L. n. 16 del 2023) ed è proseguita per tutto il 2024 (art. 1, co. 392, lett. c), L. 213/2023).

 

Ulteriori forme di sostentamento

In favore dei profughi provenienti dall'Ucraina è stata inoltre prevista: 

·         la elargizione, nel limite massimo di 80.000 unità, di un contributo per il sostentamento in favore di coloro che hanno provveduto ad autonoma sistemazione (art 31, co. 1, lett. b), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. b), D.L. 50 del 2022 e art. 1, comma 1, lett. b), D.L. n. 16 del 2023; art. 1, co. 392, lett. b), L. 213/2023). Il contributo è pari ad euro 300 mensili pro capite, per la durata massima di tre mesi decorrenti dalla data di ingresso nel territorio nazionale. In presenza di minori, in favore dell'adulto titolare della tutela legale o affidatario, è riconosciuto un contributo addizionale mensile di 150 euro per ciascun figlio di età inferiore a 18 anni (ocdpc n. 881 del 29 marzo 2022);

·         un contributo una tantum, nel limite di 40 milioni annui allo scopo di rafforzare l'offerta di servizi sociali da assegnare ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea sia per il 2022 (art. 44, co. 4, D.L. 50 del 2022), sia per il 2023 (art. 1, comma 1, lett. c), D.L. 13 del 2023), sia per il 2024 (art. 1, comma 391, L. 213 del 2023).

 

Assistenza per i minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina

Per rafforzare le capacità di accoglienza dei minori, l'articolo 31-bis del D.L. 21/2022 ha riconosciuto una somma fino ad un massimo di 100 euro al giorno pro-capite a titolo di rimborso per i comuni che accolgono direttamente o sostengono le spese per l'affidamento familiare dei minori non accompagnati provenienti dall'Ucraina. L’efficacia delle misure di cui all'articolo 31-bis, inizialmente limitata all'anno 2022, è stata successivamente prorogata per tutto il 2023 (si v. art. art. 2, comma 7, lett. a) e b), D.L. n. 198 del 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2023).

Il successivo decreto-legge n. 16 del 2023 (art. 3) ha stabilito che la somma in favore dei comuni è riconosciuta non a titolo di rimborso per i costi sostenuti, bensì a titolo di contributo e ha fissato al 30 settembre 2024 la data per la presentazione delle relative istanze da parte dei comuni interessati.

 

 

 


Articolo 21, commi 1 e 2
(In materia di certificazioni dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea)

 

 

L’articolo 21, comma 1 e 2 abrogano talune disposizioni relative all’autocertificazione degli stranieri non cittadini dell’Unione europea, contenute in un decreto-legge del 2012, ripristinando al contempo previsioni che allora furono espunte.

 

Il comma 1 abroga talune disposizioni dell’articolo 17 (“Semplificazione in materia di assunzione di lavoratori extra UE e di documentazione amministrativa per gli immigrati”) del decreto-legge n. 5 del 2012 (“Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo”).

Le disposizioni qui abrogate hanno avuto la ventura di non acquisire efficacia di sorta, dal loro comparire nel 2012 ad oggi

Si tratta delle disposizioni che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare le dichiarazioni sostitutive (le cosiddette autocertificazioni) riguardanti gli stati, le qualità personali e i fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

 

Più puntualmente, sono oggetto di abrogazione i commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies, del citato articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012, finalizzati, si è ricordato, alla equiparazione con il cittadino italiano dello straniero regolarmente soggiornante in Italia, per quanto concerne l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

In particolare, il citato comma 4-bis modificava la disposizione (di cui all’articolo 3, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) che consente ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione e regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all'articolo 46 (relativo alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni) ed all'articolo 47 (relativo alle dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà) del citato Testo unico, limitatamente - si è ricordato - agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.

La modifica apportata dal comma 4-bis eliminava proprio il riferimento all’applicazione, in materia di autocertificazione, di speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.

La previsione che faceva salve le norme speciali, era stata interpretata nel senso che dovessero essere sempre utilizzate le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione qualora tale acquisizione fosse desumibile dalle previsioni contenute nel Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998) o nel relativo regolamento di attuazione (d.P.R n. 394 del 1999), quali, ad esempio, il certificato del casellario giudiziale ed il certificato delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso (articolo 16, del novellato d.P.R. n. 349 del 1999), la certificazione attestante la conformità ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativo dell'alloggio in uso (articoli 29, comma 3 e 30 del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998), la certificazione attestante l'iscrizione nelle liste o nell'elenco anagrafico finalizzato al collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione (articolo 22, comma 11 del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998 ed articolo 37, comma 5, del novellato d.P.R n. 394 del 1999), la certificazione attestante l'iscrizione ovvero la frequenza ad un corso di studio per il rinnovo del permesso di soggiorno per studio (articolo 39, comma 3 del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998 ed articolo 46 del novellato d.P.R. n. 394 del 1999) (Circolare Ministero dell’interno 24 gennaio 2012).

Ebbene, il comma 4-bis viene ora abrogato, e si ha la ‘reviviscenza’ – mediante l’espressa previsione del comma 2, lettera a) del presente articolo del disegno di legge in commento – della disposizione (entro il Testo unico sulla documentazione amministrativa recato dal d.P.R. n. 445 del 2000) che fa salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero, con le implicazioni sopra rammentate.

 

In via analoga, il comma 4-ter dell'articolo 17 del medesimo decreto-legge n. 5 del 2012 interveniva sulla disposizione speciale prevista dal regolamento di attuazione del Testo unico in materia di immigrazione (d.P.R. 394 del 1999: articolo 2, comma 1), che riconosce ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti il diritto di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui sopra, fatte salve le disposizioni del citato Testo unico in materia di immigrazione o del regolamento di attuazione che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti.

Anche in tal caso, quel comma 4-ter sopprimeva il riferimento all’applicabilità di disposizioni speciali contenute nella normativa di settore.

Ora è la volta del comma 4-ter ad essere soppresso, con il correlativo ripristino – mediante l’espressa previsione del comma 2, lettera b) del presente articolo del disegno di legge in commento – della disposizione (entro il d.P.R. n. 394 del 1999, regolamento attuativo del Testo unico dell’immigrazione) che fa salve le disposizioni del Testo unico dell’immigrazione e del suo regolamento attuativo che prevedono l’esibizione o la produzione di specifici documenti.

 

Dei ricordati commi 4-bis e 4-ter, il successivo comma 4-quater (dell'articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012, si è ricordato) dettava la decorrenza. Originariamente, essa era dal 1° gennaio 2013. Una sequela di proroghe è intervenuta a seguire, protraendosi per un decennio[97], fino alla fissazione del termine di decorrenza al 31 dicembre 2024.

Tale comma 4-quater è anch’esso abrogato, dal momento che vengono meno le disposizioni sostanziali (i commi 4-bis e 4-ter) di riferimento. 

 

Infine abrogato è il comma 4-quinquies.

Esso demandava ad un decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, l’individuazione delle modalità per l'acquisizione, attraverso sistemi informatici e banche dati delle amministrazioni pubbliche, dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio.

Siffatto decreto ministeriale non è mai stato emanato, per le difficoltà, ricordate dalle relazioni illustrativa dei vari decreti-legge di proroga, di realizzazione di un canale informatico in grado di consentire l'acquisizione dei diversi certificati esclusivamente attraverso il ricorso a sistemi informatici e banche dati.

Anche la relazione illustrativa che correda il presente decreto-legge rammenta le difficoltà di adeguamento tecnologico, da cui è scaturita la sequenza prolungata di proroghe. Se permanessero le previsioni ora abrogate, ennesima proroga si imporrebbe in quanto, essa rileva, diversamente gli uffici competenti in materia di immigrazione delle questure dovrebbero, in assenza del canale informatico di accesso diretto, corrispondere con le articolazioni territoriali delle altre amministrazioni (giustizia, lavoro, istruzione, ecc.), “con conseguente notevole allungamento dei tempi di rilascio dei titoli di soggiorno in questione”.   


Articolo 21, comma 3
(Esercizio associato delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 21 del decreto legge in commento interviene sull’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, disponendo l’abrogazione dei commi 31-ter e 31-quater. I richiamati commi 31-ter e 31-quater stabilivano i termini entro i quali i piccoli comuni avrebbero dovuto adempiere all’obbligo previsto dal comma 28 del medesimo articolo 14 di organizzare in forma associata l’esercizio delle funzioni fondamentali individuate dal precedente comma 27. L’abrogazione dei citati commi 31-ter e 31-quater viene disposta – come evidenziato nella relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione - in ragione di quanto previsto dalla sentenza n. 33 del 2019 della Corte costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 28 del predetto articolo 14 “nella parte in cui non prevede la possibilità, in un contesto di Comuni obbligati e non, di dimostrare, al fine di ottenere l’esonero dall’obbligo, che a causa della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, del Comune obbligato, non sono realizzabili, con le forme associative imposte, economie di scala e/o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento”) e delle competenze legislative regionali in materia, nonché in considerazione del fatto che, in conseguenza di ciò, il superamento dell’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali dovrebbe costituire uno dei punti qualificanti della futura revisione del Testo unico degli enti locali, che rientra fra i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2025, come risulta dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029.

 

Il comma 3 dell’articolo 21 del decreto legge in commento interviene sull’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, disponendo l’abrogazione dei commi 31-ter e 31-quater, del medesimo articolo 14 relativi all’esercizio associato delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni.

 

Si rammenta che il comma 28 del richiamato articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010 ha stabilito che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l). Se l'esercizio di tali funzioni è legato alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica

 

Il richiamato comma 31-ter ha disposto in ordine all’attuazione (graduale) da parte dei piccoli comuni dell’esercizio associato delle funzioni individuate dal comma 27[98] del medesimo articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010, prevedendo le seguenti fasi:

-          entro il 1° gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali di cui al comma 27;

-         entro il 30 settembre 2014, con riguardo ad ulteriori tre delle funzioni fondamentali di cui al comma 27;

-          entro il 31 dicembre 2014, con riguardo alle restanti funzioni fondamentali di cui al comma 27.

 

Il successivo comma 31-quater ha quindi correlativamente stabilito che, in caso di decorso dei termini di cui al comma 31-ter, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, trova applicazione l'articolo 8[99] della legge 5 giugno 2003, n. 131. Per effetto di quest’ultimo richiamo normativo, decorso inutilmente il termine assegnato, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento e la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

 

I termini di cui al richiamato comma 31-ter sono stati prorogati una prima volta al 31 dicembre 2014 dall’articolo 1, comma 530, della legge n. 147 del 2013 e successivamente al 31 dicembre 2015 dal decreto legge n. 192 del 2014 (art. 4, comma 6-bis)), al 31 dicembre 2016 dal decreto legge n. 210 del 2015 (art. 4, comma 4), al 31 dicembre 2017 dal decreto legge n. 244 del 2016 (art. 5, comma 6), al 31 dicembre 2018 dalla legge n. 205 del 2018 (art. 1, comma 1120, lett. a), al 30 giugno 2019 dal decreto legge n. 91 del 2018 (articolo 1, comma 2-bis), al 31 dicembre 2019 dal decreto legge n. 135 del 2018 ((art. 11-bis, comma 1), al 31 dicembre 2020 dal decreto legge n. 162 del 2019 (articolo 18-bis, comma 1), al 31 dicembre 2021 dal decreto legge n. 183 del 2020 (art. 2, comma 3),  al 31 dicembre 2023 dal decreto legge n.  228 del 2021 (art. 2, comma 1) e al 31 dicembre 2024 dal decreto-legge n. 215 del 2023 (art. 2, comma 2).

 

E’ quindi intervenuta, con la sentenza n. 33 del 2019, la Corte costituzionale, che ha affermato che la disposizione che impone ai comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le funzioni fondamentali (si tratta appunto del sopra richiamato comma 28 dell’articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010) è incostituzionale “nella parte in cui non prevede la possibilità, in un contesto di Comuni obbligati e non, di dimostrare, al fine di ottenere l’esonero dall’obbligo, che a causa della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, del Comune obbligato, non sono realizzabili, con le forme associative imposte, economie di scala e/o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento”. La Corte, nella citata pronuncia, ha altresì evidenziato che “la previsione generalizzata dell’obbligo di gestione associata per tutte le funzioni fondamentali (ad esclusione della lett. l del comma 27) sconta, infatti, in ogni caso un’eccessiva rigidità, al punto che non consente di considerare tutte quelle situazioni in cui, a motivo della collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio ambientali, la convenzione o l’unione di Comuni non sono idonee a realizzare, mantenendo un adeguato livello di servizi alla popolazione, quei risparmi di spesa che la norma richiama come finalità dell’intera disciplina.

La norma del comma 28 dell’art. 14 del d.l. n. 78 del 2010, infatti, pretende di avere applicazione anche in tutti quei casi in cui: a) non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati; b) esiste solo un Comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta la necessità del coinvolgimento di altri Comuni non posti in una situazione di prossimità; c) la collocazione geografica dei confini dei Comuni non consente, per esempio in quanto montani e caratterizzati da particolari «fattori antropici», «dispersione territoriale» e «isolamento» (sentenza n. 17 del 2018), di raggiungere gli obiettivi cui eppure la norma è rivolta.

Si tratta di situazioni dalla più varia complessità che però meritano attenzione, perché in tutti questi casi, solo esemplificativamente indicati, in cui l’ingegneria legislativa non combacia con la geografia funzionale, il sacrificio imposto all’autonomia comunale non è in grado di raggiungere l’obiettivo cui è diretta la normativa stessa; questa finisce così per imporre un sacrificio non necessario, non superando quindi il test di proporzionalità (ex plurimis sentenze n. 137 del 2018n. 10 del 2016, n. 272 e n. 156 del 2015).

Va peraltro rilevato che un ulteriore sintomo delle criticità della normativa risulta dall’estenuante numero dei rinvii dei termini originariamente previsti, che, come evidenziato dal giudice rimettente, coprendo un arco temporale di quasi un decennio, dimostrano l’esistenza di situazioni oggettive che, in non pochi casi, rendono di fatto inapplicabile la norma.”.

 

Il comma 3 dell’articolo 21 in commento ha disposto l’abrogazione delle previsioni in questione – come evidenziato nella relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione - in ragione della richiamata giurisprudenza costituzionale e delle competenze legislative regionali in materia, nonché in considerazione del fatto che, in conseguenza di ciò, il superamento dell’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali dovrebbe costituire uno dei punti qualificanti della futura revisione del Testo unico degli enti locali, che rientra fra i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2025, come risulta dal Piano strutturale di bilancio 2025-2029.


Articolo 21, commi 4 e 5
(Abrogazione della disciplina sanzionatoria per gli inadempimenti degli obblighi di vaccinazione contro il COVID-19, estinzione dei relativi procedimenti sanzionatori e annullamento delle sanzioni)

 

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 21 abrogano[100] la disciplina che comminava una sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni degli obblighi (posti in via transitoria e già non più vigenti) di vaccinazione contro il COVID-19 e dispongono l’estinzione dei relativi procedimenti sanzionatori e l’annullamento delle sanzioni già irrogate. L’intervento normativo in esame specifica che restano acquisite al bilancio dello Stato le somme già versate, in ragione delle sanzioni pecuniarie, alla data di entrata in vigore del presente decreto (28 dicembre 2024).

 

Si ricorda che, per il periodo intercorrente tra il 31 dicembre 2022 e il 31 dicembre 2024, era stata disposta[101] la sospensione delle attività e dei procedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, pari a cento euro, prevista per l'inadempimento dell'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19, obbligo stabilito – con riferimento a vari periodi temporali, poi conclusi – per molteplici categorie di soggetti; tale periodo di sospensione è cessato, dunque, in via anticipata rispetto alla scadenza del 31 dicembre 2024, in ragione dell’entrata in vigore (il 28 dicembre 2024) della disciplina abrogativa in esame.

Come accennato, il comma 5 del presente articolo 21 dispone l’interruzione (in via definitiva) dei procedimenti sanzionatori non ancora conclusi, l’estinzione dei giudizi pendenti (con la compensazione delle spese relative a questi ultimi) e l’annullamento delle sanzioni già irrogate. Il medesimo comma 5 specifica che restano acquisite al bilancio dello Stato le somme già versate, in ragione delle sanzioni pecuniarie, alla data di entrata in vigore del presente decreto (28 dicembre 2024).

In relazione all’annullamento delle sanzioni irrogate, si prevede che l’ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione trasmetta in via telematica al Ministero della salute l’elenco dei provvedimenti sanzionatori oggetto di annullamento, al fine del discarico delle relative somme da ogni forma di responsabilità a carico del medesimo ente.

Si ricorda che la sanzione amministrativa pecuniaria in oggetto era irrogata dal Ministero della salute[102], tramite l'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, il quale vi provvedeva sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale, periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero. Tali elenchi erano formati anche mediante l'acquisizione dei dati disponibili in base al Sistema Tessera Sanitaria[103] sui soggetti – assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale – vaccinati contro il COVID-19, nonché sui soggetti per i quali non risultassero vaccinazioni (comunicate dal Ministero della salute al medesimo Sistema) e, ove disponibili, sui soggetti che risultassero esenti dall'obbligo di vaccinazione.

Per indicazioni sullo stato di fatto dei procedimenti sanzionatori e dei relativi contenziosi, si rinvia alla relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[104].

 


Articolo 22
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 22 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Il decreto-legge è dunque vigente dal 28 dicembre 2024.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 



[1]     Si ricorda che, in base al suddetto articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[2]     Di cui all’articolo 3, comma 10-bis, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni.

[3]     Riguardo ai termini temporali di prescrizione dei contributi di previdenza e assistenza sociale obbligatori, cfr. i commi 9 e 10 del citato articolo 3 della L. n. 335 del 1995.

[4]     La norma fa riferimento, oltre che alla contribuzione pensionistica, a quella relativa ai trattamenti di previdenza e ai trattamenti di fine rapporto o di fine servizio amministrati dall'INPS e relativi ai dipendenti suddetti.

[5]     Si ricorda altresì che l’articolo 1, commi da 131 a 133, della L. 30 dicembre 2023, n. 213, prevede che le pubbliche amministrazioni, al fine dell’estinzione delle eventuali pendenze in materia di versamento dei contributi previdenziali relativi a dipendenti pubblici e concernenti i periodi di paga fino al 31 dicembre 2004, trasmettano all’INPS le denunce retributive mensili inerenti al periodo suddetto. L’invio delle denunce determina l’estinzione degli eventuali debiti contributivi non ancora oggetto di prescrizione temporale.

[6]     A quest’ultimo riguardo, cfr. infra, in nota.

[7]     Di cui all’articolo 3, comma 10-ter, della citata L. n. 335 del 1995, e successive modificazioni.

[8]     Gestione istituita dall’articolo 2, comma 26, della citata L. n. 335 del 1995.

[9]     Le suddette relazione illustrativa e relazione tecnica sono reperibili nell’A.S. n. 1337. Si rinvia alle medesime relazioni per ulteriori indicazioni tecniche.

[10]   Si ricorda che per i dipendenti pubblici trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 31 della L. 24 maggio 1952, n. 610, che garantisce il computo integrale, ai fini pensionistici, dei periodi per i quali risulti la sussistenza del rapporto e per i quali i contributi siano caduti in prescrizione; da tale disciplina più favorevole sono tuttavia esclusi, ai sensi del medesimo articolo 31, gli iscritti alla Cassa (gestita dall’INPS) per le pensioni degli insegnanti (CPI, che concerne gli insegnanti delle scuole primarie paritarie, pubbliche e private, degli asili eretti in enti morali e delle scuole dell'infanzia comunali); questi ultimi iscritti (così come i lavoratori dipendenti privati, nonché i collaboratori in forma coordinata e continuativa, aventi rapporti in ambito pubblico o privato e iscritti alla suddetta Gestione separata dell’INPS) rientrano nell’ambito dell’articolo 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni, che prevede la possibilità di costituzione di una rendita vitalizia, in relazione ai contributi previdenziali prescritti. Riguardo a tali distinzioni, cfr. le circolari dell’INPS n. 169 del 15 novembre 2017 e n. 25 del 13 febbraio 2020. Riguardo ad altre figure lavorative specifiche che rientrano nell’ambito del medesimo articolo 13 della L. n. 1338, cfr. la circolare dell’INPS n. 78 del 29 maggio 2019.

[11]   Di cui all’articolo 9, comma 4, del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15, e successive modificazioni.

[12]   Ai sensi dell’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni; in tale ambito rientrano anche i datori di lavoro del settore agricolo e, come detto, i committenti dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa rientranti nella Gestione separata dell’INPS (ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 1, comma 1172, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e dell’articolo 39 della L. 4 novembre 2010, n. 183).

[13]   Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

[14]   Infatti, l’articolo 18, comma 1, lett. a) D.L. n. 198/2022 (L. n. 14/2023 – Proroga termini legislativi) aveva disposto la proroga triennale, in luogo di quella biennale, alla realizzazione del polo ospedaliero, considerato che a quella data risultavano avviate le sole procedure espropriative e completato l’affidamento dell’incarico della redazione del Progetto definitivo. In particolare, il nuovo complesso ospedaliero rappresenta un DEA (Dipartimento di emergenza e accettazione) di II livello con una dotazione di posti letto fino ad un massino di 420 ed un investimento stimato fino a 200 milioni di euro.

[15]   Anche in questo caso, il sopra richiamato articolo 18 del D.L. n. 198/2022 aveva fissato a due anni, in luogo di uno, la possibile estensione dell’incarico del Commissario straordinario nominato per la realizzazione del complesso ospedaliero della città di Siracusa. Tale nomina all’incarico, esclusivamente a titolo gratuito, è avvenuta per la prima volta con DPCM 22 settembre 2020 (qui il comunicato con cui il Prefetto della città di Siracusa, dr.ssa Scaduto, è stata nominata Commissario straordinario per la progettazione e realizzazione del nuovo complesso ospedaliero). Con DPCM del 23 novembre 2021, l’incarico è stato pertanto prorogato di un ulteriore anno senza soluzione di continuità. Successivamente, con D.P.C.M del 19 febbraio 2024 è stato nominato, sempre a titolo gratuito, il nuovo Commissario, Ing. Guido Monteforte Specchi.

[16]   Oltre al predetto personale, possono essere nominati fino a due esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione il cui compenso è definito con provvedimento del Commissario straordinario e comunque non è superiore a 48.000 euro annui. Agli oneri relativi agli esperti o consulenti e a quelli relativi alle spese di missione del personale della struttura, complessivamente quantificabili in 100.000 euro per l’anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del sopra citato Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili).

[17]   La scelta deve avvenire tra il personale delle amministrazioni pubbliche, escludendo da questi il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche. Il personale pubblico della struttura commissariale è collocato, ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in posizione di comando, fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti e mantiene il trattamento economico fondamentale e accessorio dell’amministrazione di appartenenza.

      L'articolo 17, comma 14 della legge 127 del 1997 ha previsto misure per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo: nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari stabiliscano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro 15 giorni dalla richiesta.

[18]   Si ricorda che analoga disposizione è presente all'art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 109 del 2018 (L. n. 130/2018) riguardante la nomina del Commissario straordinario per la ricostruzione del ponte noto come Morandi nel Comune di Genova. Anche in quella circostanza è stato previsto che il Commissario straordinario per la ricostruzione operi in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. In merito alle norme sopra richiamate, più in dettaglio, l'art. 34 del Codice disciplina l'applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM), per l'affidamento di lavori e forniture nella pubblica amministrazione (cd. green public procuramene - GPP). Nello specifico, è stabilito il principio di obbligatorietà per le stazioni appaltanti di inserire, nella documentazione progettuale e di gara, quanto meno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM, approvati con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per tutti gli appalti, indipendentemente dal loro importo. L'art. 42 del Codice, che si applica alle procedure di gara sopra e sotto soglia, disciplina l’ipotesi particolare in cui il conflitto di interesse insorga nell’ambito di una procedura di gara. Le situazioni di conflitto di interesse non sono individuate dalla norma in modo tassativo, ma possono essere rinvenute volta per volta, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite. In merito, l'Anac ha emanato le linee guida n. 15 (delibera n. 494 del 5 giugno 2019).

[19]   La circolarizzazione è una procedura di revisione contabile che consiste nell’invio di lettere di conferma ai fornitori per acquisire elementi attendibili per il revisore al fine di confermare i saldi e le transazioni registrate nei libri contabili dell'azienda.

[20]   Alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione dalla misura di sostegno, si provvede, in prima istanza, a valere sulle risorse, libere da impegni al 3 febbraio 2024, assegnate alla riserva del Fondo di garanzia già istituita ai sensi del succitato D.M. 17 ottobre 2016. Eventuali maggiori oneri sono posti a carico della dotazione del Fondo di garanzia a legislazione vigente, nel limite delle risorse libere da impegni e fino all’importo massimo di 30 milioni.

[21]   Riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (C.R.I.), a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183. 

[22]   Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.

[23]   Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili.

[24]   Una prima volta al 31 dicembre 2023 dall’art. 2-bis, comma 1, D.L. 2 marzo 2023, n. 16 (L. n. 46/2023) e una seconda volta al 31 dicembre 2024 dall'art. 4, comma 6-ter, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215 (L. n. 18/2024).

[25]   Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

[26]   Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonche' della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania. Questo decreto dà attuazione alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, al Capo IV, detta, con riferimento alle diverse professioni, il regime specialistico del riconoscimento delle esperienze professionali e dei periodi di formazione, per quanto qui interessa, dei medici chirurghi, infermieri, odontoiatri, veterinari, specialisti ostetricia, farmacisti. La direttiva inoltre è volta ad istituire un sistema generale di riconoscimento per altre professioni regolamentate, oltre agli esercenti le professioni sanitarie e gli architetti, quali gli insegnanti, i traduttori e gli agenti immobiliari ed un sistema di riconoscimento basato sull'esperienza professionale, ad esempio per falegnami, tappezzieri ed estetisti. Al riguardo si sottolinea che l’UE ha regolamentato la Tessera professionale europea – EPC, una procedura elettronica diretta ad ottenere il riconoscimento di una professione regolamentata in un altro paese dell'UE, con particolare riferimento al riconoscimento delle qualifiche di cinque professioni specifiche (infermieri responsabili dell'assistenza generale, fisioterapisti, farmacisti, agenti immobiliari e guide alpine).

[27]   Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito dalla legge n. 27/2020.

[28]   V. art. 4, comma 3-bis, lett. a) del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228 (L n. 15/2022).

[29]   Ai fini della presente scheda di lettura, rileva il fatto che i Paesi firmatari della suddetta Convenzione si sono inoltre impegnati a istituire procedure nazionali per valutare le qualifiche dei rifugiati e degli sfollati, anche quando non esistono documenti ufficiali.

 

[30]   In sintesi, a decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del SSR non può superare il valore della spesa sostenuta nell’anno 2018 o, se superiore, il valore della spesa dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento, come prescritto dall’articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. predetti valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 10 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Nel triennio 2019-2021 la predetta percentuale è pari al 10 per cento per ciascun anno. Qualora nella singola Regione emergano oggettivi, ulteriori fabbisogni di personale rispetto alle facoltà assunzionali consentite dal presente articolo, valutati congiuntamente dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, può essere concessa alla medesima Regione un'ulteriore variazione del 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'anno precedente, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.

[31]   Protezione sociale ai sensi dell’art. 18 D.Lgs. 286/1998; particolare sfruttamento lavorativo ai sensi dell’art 22 co. 12-quater DLgs 286/1998; vittime di violenza domestica ai sensi dell’art. 18-bis D.Lgs. 286/1998; permesso di soggiorno per apolidia.

 

[32]   Dall’art. 4, comma 3-bis, D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14, e, successivamente, dall’art. 4, comma 4, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.

[33]   Le norme richiamate sono l'articolo 2-bis e l'articolo 2-ter, commi 1 e 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni; tuttavia, riguardo all'articolo 2-bis, il richiamo viene circoscritto ai medici specializzandi di cui al comma 1, lettera a), di quest'ultimo articolo.

[34]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, come modificato dal comma 269 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2022. Si ricorda che tale disciplina sui limiti di spesa è applicabile fino all'adozione della metodologia per la definizione del fabbisogno del personale degli enti del SSN e in quanto compatibile con le norme sul superamento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario (v. art. 5 del d.l. 7 giugno 2024, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge di conversione 29 luglio 2024, n. 107).

[35]   Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14.

[36]   Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. La disciplina recata dall'articolo 2-bis, comma 3, del decreto-legge n. 18/2020 era stato oggetto in precedenza di diversi interventi di proroga: v. l’art. 19, comma 1, D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21 , l’art. 11, comma 1, D.L. 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 giugno 2021, n. 87, l’art. 16, comma 1, D.L. 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 febbraio 2022, n. 11, e, successivamente, l’art. 10, comma 1, D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 maggio 2022, n. 52.

[37]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60.

[38]   Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[39]   Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[40]   Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali (L. n. 56/2023)

[41]   In proposito si sottolinea che la modifica introdotta dalla Camera dei deputati inserendo la dicitura “Medicina d’Emergenza e Urgenza” tiene conto delle recenti modifiche ai decreti ministeriali 30 e 31 gennaio 1998 sulle tabelle relative alle discipline, rispettivamente, equipollenti del ruolo sanitario del SSN e affini per il personale dirigenziale del SSN, considerato il parere favorevole del Consiglio superiore di Sanità che nella seduta del 20 settembre 2011 in ordine al riconoscimento dell’equipollenza della specializzazione in Medicina d’emergenza urgenza con la disciplina di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza. In conseguenza di tale parere, si è convenuto sulla successiva modifica della denominazione della disciplina “Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza” con la denominazione “Medicina d’Emergenza-Urgenza” (v. Decreto MdS 11 agosto 2020).

[42]   Va infatti ricordato che, in generale, per l'accesso alle procedure concorsuali della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ai sensi del regolamento di cui al DPR n. 483/1997[42], è necessaria la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso o in disciplina equipollente o affine.

 

[43]   Si ricorda che la classe A concerne i medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, mentre la classe H concerne i medicinali la cui somministrazione, oltre ad essere a carico del Servizio sanitario nazionale, è riservata alle strutture ospedaliere o è subordinata ad altre particolari condizioni.

[44]   Cfr. a quest’ultimo riguardo, in particolare, il comma 578 del citato articolo 1 della L. n. 145 del 2018.

[45]   Cfr. l’articolo 1, comma 223, della L. 30 dicembre 2023, n. 213. Il limite relativo all’anno 2023 era pari a 8,15 punti (cfr. l’articolo 1, comma 281, della L. 30 dicembre 2021, n. 234).

[46]   Si ricorda inoltre che, ai sensi del comma 581 del citato articolo 1 della L. n. 145 del 2018, qualora le aziende farmaceutiche non effettuino i versamenti dovuti alle regioni e alle province autonome in base alle suddette quote di ripiano, i debiti delle singole regioni e province autonome per gli acquisti diretti in oggetto – ivi comprese le somme relative agli acquisti effettuati dagli enti e aziende del Servizio sanitario regionale (o della provincia autonoma) – nei confronti delle aziende inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell’intero ammontare delle somme oggetto di inadempimento.

[47]   La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1337.

[48]   Disposizioni urgenti in materia di termini normativi

[49]   Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria.

[50]   All'esito della selezione avviata con Avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale 3 ottobre 2017, n. 75.

[51]   In data 1° aprile 2020, si è proceduto alla ripubblicazione sul sito internet del Ministero della salute del prescritto aggiornamento biennale dell’elenco nazionale, successivamente integrato all’esito della riapertura dei termini di partecipazione alla selezione, con validità dell’iscrizione fino al 31 marzo 2024.

[52]   Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15/2022.

[53]   Quanto agli aggiornamenti precedenti, con determina 30 marzo 2021 è stata disposta la pubblicazione dell’integrazione dell'Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale delle Aziende sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, nonché dei soggetti idonei alla nomina di Direttore generale presso gli Istituti Zooproflattici Sperimentali. Ciò in quanto l’articolo 4, comma 8, del D.L. n. 183/2020[53] allo scopo di garantire l’ampliamento della platea dei soggetti idonei all’incarico di direttore generale degli enti e delle aziende del SSN, anche in ragione delle esigenze straordinarie derivanti dalla diffusione del COVID-19, ha previsto che l’elenco nazionale citato potesse essere integrato entro il 21 marzo 2021, previa riapertura dei termini di presentazione delle domande da parte dei soggetti interessati.  Con determina del 4 novembre 2021, infine, è stata disposta la pubblicazione dell’aggiornamento all’integrazione dell'Elenco nazionale sopracitato, all’esito della seduta della commissione del 27 ottobre 2021 (cfr. anche successiva determina del 10 febbraio 2022).

[54]   Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi (L.n. 14/2023).

[55]   I componenti della Commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell'elenco. La Commissione procede alla formazione dell'elenco nazionale entro 120 giorni dalla data di insediamento. Alla selezione sono ammessi i candidati che non abbiano compiuto 65 anni di età in possesso di: a) diploma di laurea; b) comprovata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel settore privato; c) attestato rilasciato all'esito del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. Il punteggio massimo complessivamente attribuibile dalla Commissione a ciascun candidato è di 100 punti e possono essere inseriti nell'elenco nazionale i candidati che abbiano conseguito un punteggio minimo non inferiore a 75 punti. Non possono essere reinseriti nell'elenco nazionale coloro che siano stati dichiarati decaduti dal precedente incarico di direttore generale per violazione degli obblighi di trasparenza di cui al decreto legislativo 24 marzo 2013, n. 33, come modificato dal decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. 

      Il Decreto Fiscale (decreto-legge 124/2019, art. 45, co. 1-quater), con una modifica al comma 7 dell'articolo 3 del D.Lgs n. 502/1992, ha disposo che il requisito del mancato compimento del sessantacinquesimo anno di età debba sussistere soltanto all'atto del conferimento dell'incarico.

[56]   All'atto della nomina di ciascun direttore generale, le Regioni devono definire e assegnare, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi con riferimento alle relative risorse, gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino. La durata dell'incarico di direttore generale non potrà essere inferiore a tre anni e superiore a cinque. In caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario viene scelto tra i soggetti inseriti nell'elenco nazionale. Trascorsi 24 mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la Regione, entro 60 giorni, deve verificare i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi e, in caso di esito negativo, dichiarare la decadenza immediata dall'incarico con risoluzione del relativo contratto. L'immediata decadenza del direttore generale potrà avvenire, inoltre, in caso di gravi e comprovati motivi o nel caso in cui la gestione dovesse presentare una situazione di grave disavanzo o ancora in caso di manifesta violazione di legge o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, nonché per violazione degli obblighi in materia di trasparenza. I provvedimenti di decadenza dovranno essere comunicati al Ministero della salute per la cancellazione dall'elenco nazionale del soggetto decaduto dall'incarico.

[57]   Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, conv. con mod. dalla L. n. 18/2024.

[58]   Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, conv. con mod. dalla L. n. 18/2024.

[59]   Legge finanziaria 2002.

[60]   Nel testo precedente alla modifica introdotta dal comma 5-ter dell’articolo 4 del D.L. proroghe 2024.

[61]   Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[62]   Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.

[63]   D.M. 19 dicembre 2022, recante “Valutazione in termini di qualità, sicurezza ed appropriatezza delle attività erogate per l'accreditamento e per gli accordi contrattuali con le strutture sanitarie”, pubblicato nella G.U. n. 305 del 31 dicembre 2022.

[64]   Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.

[65]https://www.salute.gov.it/portale/professioniSanitarie/dettaglioContenutiProfessioniSanitarie.jsp?lingua=italiano&id=808&area=professioni-sanitarie&menu=vuoto

[66]     Misure urgenti connesse all’emergenza da Covid-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute ed i servizi territoriali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2021.

[67][  Sequenziamento di seconda generazione per esaminare simultaneamente frammenti di DNA.

[68]   Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e la pubblica amministrazione.

[69]   Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e la pubblica amministrazione.

[70][ Disposizioni urgenti in materia di termini normativi.

[71]   Si ricorda che, in base alla normativa vigente, i laureati in medicina in possesso di giudizio di idoneità del tirocinio pratico valutativo sono da ritenersi abilitati alla professione: cfr. art. 102 del d.l. n. 18/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2020) e circolare del 25 marzo 2020 del Ministero dell’Università e della ricerca. In particolare, al comma 1 dell’art.102 del predetto d.l., “il legislatore ha introdotto nel panorama italiano della formazione superiore la laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia abilitante all’esercizio della professione di Medico Chirurgo” (così la summenzionata circolare). 

[72]   Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE.

[73]   Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27

[74]   Disposizioni urgenti in materia di termini normativi, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2024, n. 18.

[75]   L’articolo 115 del CCNL dell’Area sanità del 19 dicembre 2019 disciplina le tipologie di attività libero professionale intramuraria, includendo (comma 2) nell’ambito di disciplina delle stesse (e più in particolare in quelle di cui alla lettera d)[75] del comma 1) le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale, dalle Aziende o Enti ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive, soprattutto in presenza di carenza di organico od impossibilità anche momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge, in accordo con le équipes interessate e nel rispetto delle direttive nazionali e regionali in materia. Più in dettaglio, la lettera d) del citato comma 1 riguarda la “partecipazione a proventi di attività professionali a pagamento richieste da terzi (utenti singoli, associati, aziende o enti) all’Azienda o Ente anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, d’intesa con le équipes dei servizi interessati.

[76]   Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 56/2023.

[77] L’articolo 7 del citato CCNL prevede che le Regioni possano emanare linee generali di indirizzo per lo svolgimento della contrattazione integrativa, in una serie di ambiti tra i quali, alla lettera d) richiamata dalla disposizione in commento, quello delle prestazioni aggiuntive del personale.

 

[78]   In base agli ultimi aggiornamenti dal sito del Ministero della salute (giugno 2022) risultano ancora sottoposte alla disciplina dei piani di rientro 7 Regioni: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia).

[79]   Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 56/2023.

[80]   Vengono espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.

[81]   Anche in tal caso vengono poi espressamente fatte salve le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive riguardanti il volume di prestazioni erogabili, l’orario massimo di lavoro ed i prescritti riposi.

[82]   Il PNGLA più recente ha a sua volta determinato l'emanazione dei Piani Regionali di Governo delle Liste di Attesa, con cui le Regioni e le Province Autonome hanno dovuto recepire (entro 60 giorni dalla pubblicazione del PNGLA) le indicazioni contenute nel Piano Nazionale, declinandole secondo le proprie caratteristiche ed esigenze specifiche. Sempre secondo quanto stabilito dal Piano Nazionale, quanto contenuto da tali Piani Regionali è stato poi ripreso e ulteriormente adattato dai Piani Attuativi Aziendali che le Aziende Sanitarie sono state chiamate a elaborare. Sul punto: SDA Bocconi - Novartis, Liste e tempi di attesa in sanità. Innovazioni, soluzioni e sfide per le regioni e le aziende sanitarie italiane, marzo 2022.

[83]   Normativa di cui all’articolo 2-bis, comma 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e di cui all'articolo 36, comma 4-bis, del D.L. 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2022, n. 122, e successive modificazioni.

[84]   Norme di cui all’articolo 14, comma 3, e all’articolo 14.1, comma 3, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[85]   Cfr., riguardo all’esclusione dal divieto, il paragrafo 6 della circolare dell’INPS n. 27 del 10 marzo 2023. Riguardo ad un'ipotesi in cui il cumulo non è in ogni caso ammesso (ipotesi rappresentata dal trattamento pensionistico liquidato in base ai requisiti inerenti ai cosiddetti lavoratori precoci), cfr. il messaggio dell'INPS n. 3287 del 6 settembre 2022.

[86]   Disposizione di cui all’articolo 4, comma 6, del D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.

[87]   Riguardo, alla procedura di mobilità volontaria, in generale, cfr. la disciplina di cui all'articolo 30 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Si ricorda che, in base al comma 2-bis del suddetto articolo 30, e fatte salve le norme speciali, le pubbliche amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, intese alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità volontaria in oggetto, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestino servizio. Il trasferimento mediante mobilità volontaria è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e nella posizione economica corrispondenti a quelle possedute presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento, a condizione che sia assicurata la neutralità finanziaria, può essere disposto anche qualora la vacanza di organico sia presente in area funzionale diversa da quella di provenienza (fermo restando che l'area funzionale di inquadramento nella nuova amministrazione corrisponde all'area funzionale di inquadramento nell'amministrazione di provenienza).

[88]   Il comma 12-ter è stato introdotto dalla legge di conversione.

[89]   Articolo 11, comma 6-ter.

[90]   Adottato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 26, commi 4-7 della legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022).

[91]   In particolare, l’articolo 6 del decreto legislativo, modificativo dell’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011, prevede i seguenti regimi: a) attività libera, b) procedura abilitativa semplificata (PAS), c) autorizzazione unica. Il regime amministrativo della dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA) non è più previsto e la relativa disciplina – contenuta nell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011) – viene contestualmente abrogata dall’articolo 13 e allegato D), lettera h).

[92]   Riguardo a tale disciplina, cfr. gli articoli 19 e 21 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

[93]   Si ricorda che un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro competenti per territorio (ai sensi del comma 3 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015).

[94]   La disciplina in oggetto fa riferimento alla nozione di contratti posta dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria. Cfr., in merito, anche la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9 del 9 ottobre 2023, reperibile alla seguente url: https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normativa/circolare-n-9-del-09-ottobre-2023.pdf.

[95]   Riguardo alla url dove è disponibile la suddetta circolare, cfr. supra, in nota.

[96]   La suddetta relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1337.

[97]   Il termine iniziale di decorrenza, fissato al 1° gennaio 2013, è stato prorogato più volte: al 30 giugno 2014, dal decreto-legge n. 150/2013; al 30 giugno 2015, dal decreto-legge n. 119/2014; al 31 dicembre 2015, dal decreto-legge n. 192/2014; al 31 dicembre 2016, dal decreto-legge n. 210/2015; al 31 dicembre 2017, dal decreto-legge n. 244/2016; al 31 dicembre 2018, dalla legge n. 205/2017; al 31 dicembre 2019, dalla legge n. 145/2018; al 31 dicembre 2020, dal decreto-legge n. 162/2019; al 31 dicembre 2021, dal decreto-legge n. 183/2020; al 30 giugno 2022, dal decreto-legge n. 228/2021; al 31 dicembre 2022, dal decreto-legge n. 36/2022; al 31 dicembre 2023, dal decreto-legge n. 198/2023; al 31 dicembre 2024, dal decreto-legge n. 215/2023.

[98]   Il comma 27 dell’articolo 14 del decreto legge n. 78 del 2010 stabilisce che “27. Ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione:

a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

 f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

h) edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;

l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale;

l-bis) i servizi in materia statistica.”

[99]   L’articolo 8 della legge n. 131 del 2003 stabilisce – in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo - che “1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

2. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L'articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.

3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.”.

[100] L’abrogazione concerne l’articolo 4-sexies del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, e successive modificazioni.

[101] Ai sensi dell’articolo 7, comma 1-bis, del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199, e successive modificazioni. Si ricorda che nella suddetta data del 31 dicembre 2002 è entrata in vigore la citata L. n. 199.

[102] La disciplina procedurale in esame era posta dai commi da 3 a 6 del citato articolo 4-sexies del D.L. n. 44 del 2021, e successive modificazioni. Il comma 4 del presente articolo 21, come detto, abroga l’intero articolo 4-sexies.

[103] Riguardo al Sistema Tessera Sanitaria, cfr. il relativo portale.

[104] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1337.