Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano |
Riferimenti: | AC N.2038/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 347 |
Data: | 23/09/2024 |
Organi della Camera: | II Giustizia, VI Finanze |
Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e
pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano
D.L. 131/2024 – A.C. 2038
Servizio Studi
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Dossier n. 351
Servizio Studi
Dipartimento Giustizia
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Ufficio Rapporti con l’Unione europea
Tel. 06-6760-2145 - * cdrue@camera.it
Progetti di legge n. 347
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D24131.docx
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
Strumenti e procedure per l’adempimento nell’ordinamento italiano degli obblighi derivanti dall’Ue
Gli strumenti per l’adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sono disciplinati dalla legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione.
La legge prevede quale canale principale e ordinario a questo scopo la presentazione periodica di due appositi disegni di legge, la legge di delegazione europea e la legge europea, di cui stabilisce in dettaglio il contenuto proprio e la procedura di predisposizione.
L’articolo 37 della medesima legge n. 234 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei può proporre al Consiglio dei Ministri l'adozione dei provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, “necessari a fronte di atti normativi dell'UE o di sentenze della Corte di giustizia dell'UE ovvero dell'avvio di procedure d'infrazione nei confronti dell'Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all'anno di riferimento”.
La disposizione sembra quindi considerare come eccezionale, rispetto alla legge europea e di delegazione europea, l’emanazione di decreti legge “salva infrazioni”, che deve essere motivata, in coerenza con l’art. 77 della Costituzione, da una effettiva urgenza di prevenire violazioni dell’ordinamento UE o porvi rimedio e non sia possibile provvedervi nei tempi che sarebbero presumibilmente richiesti dalla approvazione delle leggi europea e di delegazione europea.
Al riguardo, si ricorda, che, dopo l’entrata in vigore della legge n. 234 del 2012, nella XVII e XVIII legislatura non si è fatto mai ricorso a decreti legge “salva infrazioni”, essendo stata data attuazione agli obblighi discendenti dall’ordinamento dell’UE attraverso la legge europea e la legge di delegazione europea (cfr. il paragrafo successivo).
Nella legislatura in corso, prima del provvedimento in esame, è stato emanato il DL 13 giugno 2023, n. 69, “recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano", convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 103.
Infine, l’articolo 38 della legge n. 234 del 2012 ribadisce che, “in casi di particolare importanza politica, economica e sociale, tenuto conto anche di eventuali atti parlamentari di indirizzo,” il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, presenta alle Camere un apposito disegno di legge recante le disposizioni occorrenti per dare attuazione o assicurare l'applicazione di un atto normativo emanato dagli organi dell'Unione europea riguardante le materie di competenza legislativa statale.
La legge di delegazione europea
La legge di delegazione europea reca disposizioni che conferiscono esclusivamente delega legislativa al Governo per recepire direttive o attuare altri atti normativi dell’UE nonché per dare soluzione a procedure di infrazione.
In particolare il ddl di delegazione europea reca, in base all'articolo 30, comma 2, della legge n. 234:
a) disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa volta esclusivamente all'attuazione delle direttive UE da recepire nell'ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei;
b) disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell'ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all'Italia dalla Commissione europea o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea;
c) disposizioni che autorizzano il Governo a recepire le direttive in via regolamentare;
d) delega legislativa al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea;
e) delega legislativa al Governo limitata a quanto necessario per dare attuazione a eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;
f) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni UE recepite dalle regioni e dalle province autonome;
g) disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
h) disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per il recepimento o l'attuazione di atti dell’UE autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;
i) delega legislativa al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati.
Il disegno di legge di delegazione europea, ai sensi dell'art. 29 della legge n. 234/2012, è presentato alle Camere, dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, entro il 28 febbraio di ogni anno, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Si prevede inoltre la possibilità per il Governo, nel caso in cui insorgessero nuove esigenze di adempimento, di presentare un ulteriore disegno di legge di delegazione europea relativo al secondo semestre dell'anno (facoltà cui si è fatto ricorso effettivo nella XVII legislatura).
La legge europea
La legge europea, ai sensi dell’art. 30, comma 3, della legge n. 234/2012, reca norme necessarie per dare diretta attuazione o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea oppure a porre rimedio, mediante modifiche legislative, a procedure di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per violazione del diritto dell’Ue o per mancato recepimento nei termini di direttive.
Nella prassi, in base ad una interpretazione estensiva del disposto legislativo, sono inserite nel ddl europea (nonché in quello di delegazione europea) anche disposizioni volte a dare soluzione a contestazioni emerse nell’ambito del sistema di pre-contenzioso EU Pilot (su cui infra).
In particolare, la legge europea - per la quale, a differenza di quanto previsto per la legge di delegazione, non è fissato alcun termine di presentazione -, contiene:
a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea;
b) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia o di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, nonché di rilievi mossi nell'ambito di procedure di pre-infrazione (casi «EU Pilot» avviati dalla Commissione europea per accertare la corretta applicazione della legislazione UE e per prevenire l'avvio di procedure d'infrazione);
c) disposizioni necessarie per dare attuazione o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea;
d) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell'Unione europea e disposizioni emanate nell'esercizio del potere sostitutivo.
Il ricorso alla legge europea e di delegazione europea
Nella XVII legislatura il Parlamento ha approvato cinque leggi di delegazione europea e cinque leggi europee:
· legge di delegazione europea 2013 (L. 6 agosto 2013, n. 96);
· legge di delegazione europea 2013-secondo semestre (L. 7 ottobre 2014, n. 154);
· legge di delegazione europea 2014 (L. 9 luglio 2015, n. 114);
· legge di delegazione europea 2015 (L. 12 agosto 2016, n. 170);
· legge di delegazione europea 2016-2017 (L. 25 ottobre 2017, n. 163);
· legge europea 2013 (L. 6 agosto 2013, n. 97);
· legge europea 2013-bis (L. 30 ottobre 2014, n. 161);
· legge europea 2014 (L. 29 luglio 2015, n. 115);
· legge europea 2015-2016 (L. 7 luglio 2016, n. 122);
· legge europea 2017 (L. 20 novembre 2017, n. 167).
Nella medesima legislatura si è peraltro proceduto al recepimento, al di fuori dei due strumenti legislativi sopra indicati, delle direttive in materia di appalti pubblici e concessioni (2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE). Tali direttive sono state attuate infatti con decreto legislativo sulla base di delega conferita dalla legge n. 11 del 2016.
Nella XVIII legislatura sono state invece approvate tre leggi di delegazione europea e due leggi europee:
· legge di delegazione europea 2018 (L. 4 ottobre 2019, n. 117);
· legge di delegazione europea 2019-2020 (L. 22 aprile 2021, n. 53);
· legge di delegazione europea 2021 (L. 4 agosto 2022, n. 127);
· legge europea 2018 (L. 3 maggio 2019, n. 37);
· legge europea 2019-2020 (L. 23 dicembre 2021, n. 238).
Nella XIX legislatura è stata approvata una legge di delegazione europea (la legge di delegazione europea 2022-2023 - legge 21 febbraio 2024, n. 15), mentre il ddl delegazione europea 2024, approvato dal Consiglio dei ministri il 24 maggio 2024, non è stato ancora presentato alle Camere.
Non è stato sinora presentato nessun disegno di legge europea.
Lo stadio di avanzamento delle procedure di infrazione contenute nel decreto legge
Il decreto-legge in oggetto intende agevolare la chiusura di 15 procedure d’infrazione e un caso Eu Pilot. Per ciascuna procedura (e per il caso EU Pilot), la tabella seguente riporta l’articolo di riferimento (nella colonna di sinistra) e lo stadio di avanzamento (nella colonna di sinistra) (v. infra sulla disciplina della procedura).
Articolo del DL e procedura di infrazione di riferimento |
Stadio della procedura |
Art. 1 - Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive - Procedura di infrazione n. 2020/4118 |
Parere motivato art. 258 TFUE |
Art. 2 - Disposizioni sul trattamento previdenziale dei magistrati onorari - Procedura d’infrazione n. 2016/4081 |
Parere motivato art. 258 TFUE |
Art. 3 - Disposizioni per l’adeguamento alla direttiva 2013/48/UE relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari - Procedura d’infrazione n. 2023/2006 |
Parere motivato art. 258 TFUE |
Art. 4 - Misure per il rafforzamento della capacità amministrativa-contabile del Ministero della giustizia - Procedura d’infrazione n. 2021/4037
|
Ricorso alla Corte art. 258 TFUE |
Art. 5 - Disposizioni per il completo recepimento degli articoli 4, 5 e 8 della direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali - Procedura d’infrazione 2023/2090 |
Messa in mora art. 258 TFUE |
Art. 6 - Modifiche al decreto legislativo 4 agosto 2008 n. 144 in materia di controlli su strada - Procedura d’infrazione n. 2022/0231 |
Parere motivato complementare art. 258 TFUE |
Art. 7 - Disposizioni per l’attuazione degli obblighi derivanti dai regolamenti di esecuzione (UE) 2019/317 e 2021/116 - Procedure di infrazione n. 2024/2091 e n. 2023/2056 |
Messa in mora art. 258 TFUE (per entrambe le procedure) |
Art. 8 - Disposizioni urgenti in materia sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea - Procedura d’infrazione n. 2019/2279 |
Parere motivato art. 258 TFUE |
Art. 9 - Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 in materia di lavoratori stagionali di Paesi terzi - Procedura d’infrazione n. 2023/2022 |
Messa in mora art. 258 TFUE
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Art. 10 - Modifiche alla legge 29 luglio 2015 n. 115 in materia di cumulo di periodi assicurativi maturati presso organizzazioni internazionali - Caso EU Pilot (2021)10047/Empl |
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Art. 11 - Modifiche all’articolo 28 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81 in materia di indennità risarcitoria onnicomprensiva prevista per gli abusi pregressi per il settore privato - Procedura di infrazione 2014/4231 |
Parere motivato art. 258 TFUE |
Art. 12 - Modifiche all’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 in materia di disciplina della responsabilità risarcitoria per l’abuso di utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato - Procedura d’infrazione n. 2014/4231 |
Parere motivato art. 258 TFUE (è la stessa procedura dell’art. 11) |
Art. 13 - Disposizioni in materia di protezione della fauna selvatica - Procedura di infrazione n. 2023/2187 |
Messa in mora art. 258 TFUE
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Art. 14 - Misure finalizzate al miglioramento della qualità dell’aria - Procedure di infrazione n. 2014/2147, n. 2015/2043 e n. 2020/2299 |
Procedura 2014/2147: messa in mora art. 260 TFUE Procedura 2015/2043: sentenza Corte art. 258 TFUE Procedura 2020/2299: messa in mora art. 258 TFUE |
Art. 15 - Disposizioni urgenti in materia di diritto d’autore - Procedura di infrazione n. 2017/4092 |
Messa in mora art. 258 TFUE |
Le procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia
Di seguito si riportano dati e informazioni riguardanti:
1) il numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia e la loro suddivisione per stadio, per materia e per amministrazione competente;
2) l’evoluzione del numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia dal 31 dicembre 2012 al 20 settembre 2024;
3) il numero di procedure di infrazione aperte nei confronti degli altri Stati membri.
I dati e le informazioni sono tratti da:
· una nota informativa concernente lo “stato attuale delle procedure giurisdizionali e di precontenzioso in essere tra l'Italia e l'UE” che il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri (di seguito “Dipartimento”) ha trasmesso l’8 agosto scorso alla XIV Commissione Politiche dell’UE della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva che quest’ultima sta svolgendo sull'efficacia dei processi d'attuazione delle politiche dell'Unione europea e di utilizzo dei fondi strutturali e d'investimento europei per il Sistema-Paese;
· dalla banca dati online della Commissione europea in materia di infrazioni;
· dalla sezione pubblica della banca dati EUR-Infra, curata dal Dipartimento stesso, che rappresenta l'archivio informatico nazionale delle procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia e permette la consultazione delle informazioni principali (numero di procedura, oggetto, fase della procedura, Direzione generale competente della Commissione europea, materia);
· dagli obblighi informativi del Governo nei confronti delle Camere ai sensi degli articoli 14 e 15 della legge n. 234 del 2012;
· dalle relazioni annuali della Commissione europea sull’applicazione del diritto dell’UE, che presentano i procedimenti di infrazione per settore e per Stato membro.
Al 20 settembre 2024 risultano aperte, nei confronti dell’Italia, 72 procedure di infrazione, di cui 53 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive entro i termini previsti.
Il Dipartimento segnala che attualmente vi sono 40 casi EU Pilot pendenti. Di essi, il numero maggiore si registra in materia di trasporti con 8. Seguono: il settore fiscale con 7; l’ambiente con 6; affari economici e finanziari con 4; affari interni, giustizia e lavoro con 3 casi per settore; pesca con 2; agricoltura, educazione e cultura, libera prestazione dei servizi e salute con 1 caso per settore.
Suddivisione per stadio della procedura
Il grafico seguente mostra la suddivisione delle procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia per stadio della procedura.
Con riguardo alla gravità delle procedure pendenti, la citata nota del Dipartimento segnala che i dossier in stato più avanzato, per i quali la Corte si è già pronunciata con la sentenza di condanna, sono 14. Più precisamente, per 4 di queste procedure la Commissione ha già adottato la “messa in mora”, che prelude alla formalizzazione di un secondo ricorso da parte della medesima Commissione alla Corte di giustizia, per la comminazione di sanzioni pecuniarie. Per altre 2, invece, il secondo ricorso è stato già deciso e per altre 4, infine, l’Italia è stata condannata al pagamento delle sanzioni. In merito a circa il 14% delle procedure pendenti (10 su 72, escludendo le 4 per le quali già è in corso il pagamento di sanzioni) sussiste inoltre il rischio di condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie.
A tal proposito, il Dipartimento ricorda che, dal 2012 ad oggi, sono stati già pagati 1 miliardo e 143 milioni di euro, di cui più del 70% per infrazioni in materia ambientale. A seguito della recente archiviazione di due dossier oggetto di pagamento di sanzioni, le procedure per le quali è in corso il pagamento di sanzioni pecuniarie sono le seguenti 4: 1. Procedura n. 2004/2034 “Acque reflue urbane (aree normali)”; 2. Procedura n. 2003/2077 “Discariche abusive”; 3. Procedura n. 2007/2195 “Rifiuti in Campania”; 4. Procedura n. 2007/2229 “Mancato recupero degli aiuti per i contratti di formazione-lavoro”.
Suddivisione per materia
Il grafico seguente mostra la suddivisione delle procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia per materia.
Il settore ambientale risulta essere quello cui si riferisce il maggior numero di procedure di infrazione. Ciò è dovuto, secondo il Dipartimento, alla natura delle violazioni contestate che, frequentemente, coinvolgono le competenze dei livelli amministrativi regionali e locali, rendendo la gestione del dossier più articolata. Si tratta, cioè, di procedure la cui soluzione impone complesse attività amministrative ed esecutive, che richiedono rilevanti tempi di realizzazione, nonché risorse finanziarie cospicue, non risultando sufficiente la mera adozione dei pur necessari strumenti normativi. I tempi di archiviazione sono, pertanto, particolarmente dilatati. Peraltro, il settore ambientale è quello in relazione al quale è significativo l’esborso di denaro a titolo di sanzioni.
Suddivisione per amministrazione competente
La tabella seguente mostra la suddivisione delle procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia per amministrazione competente.
Il Dipartimento specifica che alcune procedure sono di competenza condivisa tra più amministrazioni. Il numero 72 corrisponde al totale effettivo delle procedure pendenti, depurato da tali duplicazioni.
Il numero maggiore di infrazioni si registra a carico del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica con 26 procedure (circa il 35% del totale delle procedure aperte, imputabile, secondo quanto riportato dal Dipartimento, in parte anche alle nuove competenze in materia di energia attribuite a detto Ministero). Seguono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con 11 procedure, il Ministero dell’economia e delle finanze con 9 procedure e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con 6 procedure.
Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica |
26 |
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti |
11 |
Ministero dell’economia e delle finanze |
9 |
Ministero del lavoro e delle politiche sociali |
6 |
Ministero della giustizia |
5 |
Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste |
4 |
Ministero dell’interno |
3 |
Ministero delle imprese e del made in Italy |
3 |
Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione |
3 |
Ministero della salute |
2 |
Ministero della Cultura |
1 |
Ministro per le disabilità |
1 |
Ministro per la famiglia |
1 |
Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare |
1 |
Ministero dell’Università e della Ricerca |
1 |
TOTALE |
72 |
L’evoluzione del numero di procedure di infrazione aperte
Il grafico seguente mostra l'evoluzione del numero di procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia dal 31 dicembre 2012 al 20 settembre 2024 (l’arco temporale tiene conto che la legge n. 234 del 2012, come già ricordato nel capitolo introduttivo del presente dossier, ha ridefinito gli strumenti per l’attuazione nell’ordinamento italiano degli obblighi discendenti dall’ordinamento dell’UE).
Il confronto con gli altri Stati membri
Come mostrato dalla tabella seguente, al 20 settembre 2024 la media europea delle procedure di infrazione pendenti si attesta a 56 per Stato membro; l’Italia si colloca in ventesima posizione (si va dalle 32 procedure aperte nei confronti della Lituania alle 90 procedure aperte nei confronti della Polonia).
NOTA METODOLOGICA
L’articolazione delle procedure di infrazione
Il procedimento si articola in diverse fasi, ciascuna delle quali si conclude con una decisione formale. In via generale, si distingue tra una fase precontenziosa, di natura amministrativa (art. 258 TFUE), e una fase contenziosa dinanzi alla Corte di giustizia dell’UE (art. 260 TFUE).
Fase precontenziosa (art. 258 TFUE): qualora la Commissione reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi derivanti dai trattati (e quindi anche dal diritto derivato dell’UE), essa anzitutto deve porre lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Ciò avviene con l’invio della cd. “lettera di messa in mora” a cui lo Stato membro interessato deve rispondere entro un termine fissato dalla stessa Commissione, in genere due mesi.
Il diritto di avviare la procedura spetta esclusivamente alla Commissione europea che può decidere di agire se uno Stato membro: i) non recepisce integralmente una direttiva nel diritto nazionale entro il termine stabilito; ii) non ha applicato correttamente il diritto dell’UE. La Commissione può agire o di propria iniziativa o sulla base di una denuncia.
Se lo Stato membro non risponde alla lettera di messa in mora nel termine indicato o fornisce risposte non soddisfacenti, la Commissione emette un “parere motivato” in cui ingiunge allo Stato di conformarsi al diritto dell'UE e lo sollecita a comunicare i provvedimenti disposti a tal fine entro un dato termine, in genere due mesi.
Se lo Stato membro non provvede a conformarsi a tale parere nel termine fissato, la Commissione può decidere di adire la Corte di giustizia dell’UE (“ricorso per inadempimento”), affinché questa constati, con procedimento contenzioso e in via giurisdizionale, l’infrazione oggetto del parere motivato.
Fase contenziosa (art. 260 TFUE): qualora la Corte di giustizia dell’UE, adita dalla Commissione, riconosca fondato il ricorso, accerta l'inadempimento con sentenza e lo Stato membro interessato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta.
Se la Commissione ritiene che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, tramite l’invio di una “lettera di messa in mora”, può adire nuovamente la Corte (senza dover emettere preliminarmente un parere motivato). In sostanza, è avviata una seconda procedura basata non più sulla violazione della norma oggetto della prima procedura, ma sulla infrazione costituita dal mancato rispetto della sentenza della Corte. In tal caso, la Commissione precisa l'importo della sanzione pecuniaria, che consideri adeguata alle circostanze e che dovrà essere versata dallo Stato membro.
La Corte, nel caso in cui riconosca che lo Stato membro non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminare il pagamento di una sanzione (anche modificando l’importo richiesto dalla Commissione).
Oltre alla situazione precedentemente evidenziata, la Corte può irrogare sanzioni pecuniarie quando la Commissione, nel proporre il primo ricorso per inadempimento, giudica lo Stato membro inadempiente rispetto all’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa (ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, del TFUE).
Le sanzioni applicabili possono essere costituite dal pagamento di una somma forfettaria, mirante a sanzionare il proseguimento della violazione, nonché di una penalità giornaliera, per spingere lo Stato membro interessato a far cessare l’infrazione al più presto dopo la pronuncia della sentenza.
La procedura d’infrazione avviata da uno Stato membro contro un altro Stato membro (art. 259 TFUE): ai sensi dell’art. 259 TFUE, ciascuno degli Stati membri, qualora reputi che un altro Stato membro abbia mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati, può adire la Corte di giustizia. Prima di proporre ricorso deve tuttavia rivolgersi alla Commissione, la quale emette un parere motivato dopo che gli Stati interessati siano posti in condizione di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali. Qualora la Commissione non abbia formulato il parere nel termine di tre mesi dalla domanda, la mancanza del parere non osta alla facoltà di ricorso alla Corte.
A tal riguardo, si ricorda la recente richiesta dell’Italia di avviare la procedura prevista dall’art. 259 contro i divieti austriaci al Brennero. Più nello specifico, il 14 febbraio 2024 l’Italia ha presentato alla Commissione europea una richiesta per aprire la procedura ai sensi dell’art. 259 nei confronti dell’Austria. La Commissione, il 14 maggio 2024, ha emesso il parere motivato previsto da tale disposizione, affermando che l’Austria ha violato gli obblighi derivanti dagli articoli 34 e 35 del TFUE in materia di divieti delle restrizioni quantitative alle importazioni tra gli Stati membri. In seguito, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, ha approvato la proposizione del ricorso nei confronti della Repubblica federale d’Austria, dinanzi alla Corte di giustizia dell’UE, relativamente ai divieti di circolazione imposti dal Land del Tirolo.
Il sistema EU Pilot
Il cd. sistema EU Pilot è un dialogo strutturato tra Commissione e Stati membri, istituito nel 2008 per cercare di risolvere rapidamente e in fase iniziale le potenziali violazioni del diritto dell'Unione evitando, per quanto possibile, l'avvio formale di una procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 258 del TFUE. La comunicazione del 2017 "Diritto dell'UE: risultati migliori attraverso una migliore applicazione" ha circoscritto il ricorso al sistema EU Pilot a casi specifici. Mentre le procedure d’infrazione sono oggetto di una decisione collegiale di tutti i membri della Commissione, i casi EU Pilot sono avviati dalle Direzioni generali competenti della Commissione europea.
L’articolo 1 dispone la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico ricreative e sportive e di quelle gestite dalle società e associazioni sportive iscritte nel registro del CONI e da enti del Terzo settore.
Definisce, inoltre, le nuove procedure di affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive che dovranno essere espletate, successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, entro il 30 giugno 2027, prevedendo altresì i criteri di indennizzo per i concessionari uscenti nonché la disciplina per la definizione e l’aggiornamento delle misure unitarie dei canoni demaniali.
Vengono conseguentemente differiti i termini per la trasmissione alle Camere, da parte del Ministero delle infrastrutture e trasporti, delle relazioni sullo stato delle procedure selettive relative alle concessioni e viene abrogato il tavolo tecnico che era stato istituito per la mappatura delle stesse concessioni.
L’articolo 1 intende agevolare la chiusura della procedura d’infrazione n. 2020/4118, in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
La procedura d’infrazione riguarda il quadro normativo che disciplina le autorizzazioni per l'utilizzo di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali per attività turistiche e ricreative. La procedura è stata avviata con la lettera di costituzione in mora il 3 dicembre 2020 e successivamente, dopo la risposta delle autorità italiane, è stato emesso dalla Commissione un parere motivato il 16 novembre 2023, al quale ha fatto seguito la risposta italiana del 16 gennaio 2024. La Commissione UE ritiene che, mantenendo proroghe indiscriminate ed ex lege delle attuali “concessioni balneari”, l’Italia sia venuta meno agli obblighi dell'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva Bolkestein), che prevede l’applicazione di procedure di selezione qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili e il divieto di rinnovo automatico.
Si ricorda che la questione del regime normativo del rilascio e rinnovo di tali concessioni con finalità turistico-ricreative è stata oggetto di pronunce, sia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza del 14 luglio 2016 in cause riunite C-458/14 e C-67/15), che dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Sentenze gemelle nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021 e successivamente la sentenza della VII Sezione n. 3899 del 17 maggio 2022). In particolare, il tema era l’eventuale sussistenza di profili di contrasto della legge nazionale (in particolare l’art. 1, commi 682 e 683, della legge n. 145 del 2018, che aveva disposto la proroga automatica e generalizzata fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni demaniali in essere) con norme dell’Unione europea direttamente applicabili e, segnatamente, con il contenuto precettivo dell’articolo 49 TFUE (divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento) e dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva Bolkestein.
Successivamente è intervenuta la Sentenza della Corte di Giustizia UE del 20 aprile 2023 (causa C-348/22- AGCM vs. comune di Ginosa), nella quale la Corte ha tra l’altro specificato, in relazione alla valutazione della “scarsità delle risorse naturali”, che costituisce uno dei requisiti base per rientrare nel campo di applicazione della direttiva stessa, che “l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 conferisce agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei criteri applicabili alla valutazione della scarsità delle risorse naturali. Tale margine di discrezionalità può condurli a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci”.
In sintesi, con il comma 1 dell’articolo 1 in commento, vengono apportate due ordini di modifiche alla legge annuale sulla concorrenza 2021 (legge 5 agosto 2022, n. 118):
§ con la lettera a), viene novellato l’articolo 3 della legge n. 118/2022, disponendo la proroga al 30 settembre 2027 delle concessioni per finalità turistico ricreative in questione;
§ con la lettera b) viene integralmente sostituito l’articolo 4 della legge n. 118/2022, definendosi le caratteristiche della procedura di affidamento delle stesse concessioni, prevedendo gli indennizzi per i concessionari uscenti e l’aggiornamento dei canoni demaniali.
Di seguito sono descritte in dettaglio le modifiche.
a) La proroga delle concessioni per finalità turistico ricreative
[art. 1, comma 1, lettera a)]
Il comma 1, lett. a), numero 1, punto 1.1), dispone innanzitutto il differimento del termine di efficacia delle concessioni, previsto al comma 1 dell’articolo 3 della legge n. 118/2022, dal 31 dicembre 2024 al 30 settembre 2027. Pertanto, continuano ad avere efficacia fino a tale data, le seguenti concessioni (l’elenco delle concessioni viene così novellato dal punto 1.2) della lett. a):
v le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l'esercizio delle attività turistico-ricreative e sportive di cui all'articolo 01, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, cioè quelle rilasciate per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, e quelle rilasciate per le seguenti attività:
a) gestione di stabilimenti balneari;
b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;
c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;
d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;
e) esercizi commerciali;
f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.
v le concessioni gestite dalle società e associazioni sportive iscritte al registro del CONI (istituito ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242), o al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39) a decorrere dalla sua operatività;
v le concessioni gestite dagli enti del Terzo settore di cui all'articolo 4, comma 1, del codice del Terzo settore (decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117);
v i rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative e sportive in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all'inizio dell'utilizzazione.
Non viene riprodotta nel nuovo testo dell’articolo 3 comma, 1, la proroga delle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d'ormeggio, che era contenuta nel precedente testo e prevista fino al 31 dicembre 2024: pertanto per tali concessioni non si applica la proroga.
La proroga, in base al novellato alinea del comma 1 dell’art. 3, viene disposta al fine di consentire l’ordinata programmazione delle procedure di affidamento, che vengono definite nel successivo articolo 4 del decreto e il loro svolgimento nel rispetto del diritto dell’Unione europea. Il differimento si applica, come già previsto dalla legge 118/2022, a tutte le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge 118/2022, sulla base di proroghe o rinnovi disposti anche ai sensi della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (per un approfondimento sulle proroghe precedenti si veda il relativo box sub).
Il novellato alinea dell’art. 3, comma 1 della legge n. 118/2022 prevede inoltre che gli effetti del differimento non pregiudichino la validità delle procedure selettive nonché la decorrenza del rapporto concessorio, deliberati anteriormente al 30 settembre 2027 con adeguata motivazione ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel rispetto, limitatamente alle procedure avviate successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, delle nuove modalità e dei criteri previsti dall’articolo 4 legge 5 agosto 2022, n. 118, che viene integralmente sostituito dalla lett. b) del comma 1 del decreto in commento (vedi infra).
Il numero 2) del comma 1, lett. a) novella il comma 2 dell’art. 3 della legge n. 118/2022, in base al quale, per le medesime finalità, le concessioni e i rapporti di cui al comma 1, lettere a) e b), cioè quelli sopra elencati che sono oggetto di proroga, che con atto dell'ente concedente sono individuati come affidati o rinnovati mediante procedura selettiva con adeguate garanzie di imparzialità e di trasparenza e, in particolare, con adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento, continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 30 settembre 2027 (anziché fino al 31 dicembre 2024), se il termine previsto è anteriore a tale data.
Il numero 3) del comma 1, lett. a), novellando il comma 3, primo periodo, dell’articolo 3, prevede la possibilità di un’ulteriore proroga delle concessioni, non oltre il 31 marzo 2028, in presenza di ragioni oggettive che impediscano la conclusione entro il 30 settembre 2027, della procedura selettiva secondo le modalità stabilite dall’articolo 4. Si tratta di ragioni connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all'espletamento della procedura stessa.
In tale caso l'autorità competente, con atto motivato, può differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura, ma comunque non oltre il 31 marzo 2028. Nessuna modifica è invece apportata al secondo periodo del comma 3: rimane pertanto confermato che fino a tale data, quindi al massimo fino al 31 marzo 2028, l'occupazione dell'area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione all'articolo 1161 del codice della navigazione, che prevede come reato l’occupazione abusiva di spazio demaniale non configurabile pertanto in pendenza delle proroghe delle concessioni. La legittimità dell’occupazione preclude inoltre, per il tempo indicato, anche l’applicazione dell’articolo 823 del codice civile, che consentirebbe il recupero del bene in autotutela.
Il numero 4) del comma 1, lett. a) novella il comma 4 dell’articolo 3 differendo i termini per la trasmissione al Parlamento delle relazioni sullo stato delle procedure selettive. Si dispone, infatti, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti trasmetta alle Camere, entro il 31 luglio 2027 (anziché entro il 30 giugno 2024), una relazione concernente lo stato delle procedure selettive al 30 giugno 2027, evidenziando in particolare l'esito delle procedure concluse e, per quelle non concluse, le ragioni che ne abbiano eventualmente impedito la conclusione. Il medesimo Ministro trasmette altresì alle Camere, entro il 30 giugno 2028 (anziché entro il 31 dicembre 2025) una relazione finale relativa alla conclusione delle procedure selettive sul territorio nazionale.
b) Le nuove procedure di affidamento delle concessioni, gli indennizzi ai concessionari uscenti e l’aggiornamento dei canoni [art. 1, comma 1, lett. b)]
La lettera b) dell’articolo 1, comma 1, sostituisce integralmente l’articolo 4 della legge sulla concorrenza n. 118/2021 (il quale recava la delega, mai esercitata, per il riordino delle disposizioni relative alle concessioni in questione), definendo nuove procedure per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico ricreative e sportive.
Le nuove disposizioni, qui di seguito illustrate, si applicano alle procedure di affidamento delle concessioni avviate successivamente all’entrata in vigore del decreto in commento e ai relativi atti concessori (comma 13 del nuovo articolo 4).
L’oggetto sono, in particolare, le procedure di affidamento delle concessioni di cui all'articolo 01, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, le quali devono svolgersi nel rispetto del diritto dell’Unione europea e dei principi di libertà di stabilimento, di pubblicità, di trasparenza, di massima partecipazione, di non discriminazione e di parità di trattamento, anche al fine di agevolare la partecipazione delle microimprese, delle piccole imprese e delle imprese giovanili. Si tratta delle seguenti:
a) gestione di stabilimenti balneari;
b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;
c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;
d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;
e) esercizi commerciali;
f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.
Considerato che le nuove procedure di affidamento qui descritte si riferiscono espressamente alle sole lettere da a) ad f) del richiamato articolo 01, comma 1, del decreto legge n. 400/1993, potrebbe risultare opportuno prevedere in maniera esplicita che queste non si applichino alle concessioni di cui all’alinea dello stesso comma 1, vale a dire a quelle rilasciate per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive.
Per quanto riguarda le concessioni delle aree, banchine e servizi portuali, si ricorda che queste sono state disciplinate dall’art. 5 della legge n. 118/2022 e da tre successivi decreti attuativi di tale norma:
§ il decreto MIT n. 202 del 28 dicembre 2022, contenente il regolamento che ha definito le “condizioni quadro” per il rilascio di concessioni di aree e banchine ricomprese nelle aree demaniali portuali;
§ il decreto ministeriale n. 110 del 21 aprile 2023 con il quale sono state adottate le Linee guida sulle modalità di applicazione del Regolamento;
§ il decreto MIT-MEF n. 419 del 28 dicembre 2022, che ha disciplinato il procedimento di rilascio delle concessioni demaniali in ambito portuale.
La procedura di affidamento, delineata nei commi 2, 3 e 4 del nuovo articolo 4, prevede che:
· l’ente concedente avvii la procedura, anche su istanza di parte, almeno sei mesi prima della scadenza del titolo concessorio, con la pubblicazione di un bando di gara, sul sito istituzionale dell’ente concedente e sull'albo pretorio on-line del comune ove è situato il bene demaniale oggetto di affidamento in concessione, per almeno trenta giorni, nonché, per le concessioni demaniali di interesse regionale o nazionale, nel Bollettino ufficiale regionale e nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, e per le concessioni di durata superiore a dieci anni o di interesse transfrontaliero, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Gli atti della procedura di affidamento sono pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito istituzionale dell’ente concedente con applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”;
· alla scadenza del titolo concessorio, non è consentito all’ente concedente disporre la prosecuzione, in qualsiasi forma o modalità comunque denominata, del precedente rapporto concessorio, salvo nel caso in cui abbia già avviato la procedura di affidamento e solo per il tempo strettamente necessario alla sua conclusione. Deve trattarsi pertanto di una proroga tecnica.
La Relazione illustrativa evidenzia in proposito che la proroga tecnica è consentita dall’art. 120, comma 11 del codice dei contratti pubblici (D.L.gs. n. 36/2023) e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1626) solo se avente carattere eccezionale e “fondata su oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova gara non imputabili alla stazione appaltante” e azionabile in tutte le ipotesi nelle quali, per oggettivi e insuperabili impedimenti non ascrivibili all'ente concedente, non sia stato possibile individuare un concessionario, anche in ragione dalla mancata formalizzazione di offerte ovvero dell'individuazione di un aggiudicatario, all'esito dei controlli effettuati, risultato privo dei requisiti necessari, fermo restando, in detti casi, l'obbligo di procedere, senza indugio, all'avvio di una nuova procedura di affidamento.
· in sede di prima applicazione del presente decreto, l’ente concedente, con riferimento ai titoli concessori con scadenza disciplinati dall’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 5 agosto 2022, n. 118, quindi oggetto di proroga della concessione, deve avviare la procedura di affidamento di cui ai commi 1 e 2 in ogni caso entro e non oltre il 30 giugno 2027;
· il contenuto del bando di gara è definito in dettaglio nel nuovo comma 4 dell’articolo 4; tra i vari elementi richiesti sono previsti in particolare i seguenti:
a) l’oggetto e la finalità della concessione, con specificazione dell’ubicazione, dell’estensione, delle caratteristiche morfologiche e distintive dell’area demaniale e delle opere di difficile rimozione insistenti, compresi gli eventuali interventi manutentivi o di adeguamento strutturale e impiantistico necessari per il nuovo affidamento;
b) il valore degli eventuali investimenti non ammortizzati, nonché gli obblighi di indennizzo del concessionario uscente previsti dal comma 9;
c) la durata della concessione, che in base al comma 5 non può essere inferiore ai cinque anni e non superiore ai venti ed è pari al tempo necessario a garantire l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti previsti dal piano economico-finanziario dell’aggiudicatario;
d) la misura del canone;
e) il valore dell’indennizzo di cui al comma 9, nonché i termini e le modalità di corresponsione dello stesso;
f) la cauzione da prestarsi all’atto della stipula dell’atto di concessione a garanzia del pagamento del canone e degli altri obblighi gravanti sul concessionario;
o) i criteri di aggiudicazione;
q) i motivi dell'eventuale mancata suddivisione della concessione in lotti e l'eventuale numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati al medesimo offerente.
· i criteri di aggiudicazione sono elencati nel comma 6 dell’art. 4:
a) l’importo offerto in più rispetto all’importo minimo del valore di indennizzo di cui al comma 4, lettera e);
b) la qualità e le condizioni del servizio offerto agli utenti, anche in relazione al programma di interventi indicati dall’offerente, con particolare riferimento a quelli finalizzati a migliorare l’accessibilità e la fruibilità dell’area demaniale, anche da parte delle persone con disabilità, nonché l’offerta di specifici servizi turistici anche in periodi non di alta stagione;
c) la qualità degli impianti, dei manufatti e di ogni altro bene da asservire alla concessione, anche sotto il profilo del pregio architettonico e della corrispondenza con le tradizioni locali;
d) l’offerta di servizi integrati che valorizzino le specificità culturali, folkloristiche ed enogastronomiche del territorio;
e) l’incremento e la diversificazione dell’offerta turistico-ricreativa;
f) gli obiettivi di politica sociale, di salute e di sicurezza dei lavoratori, di protezione dell’ambiente e di salvaguardia del patrimonio culturale;
g) l’impegno ad assumere, in misura prevalente o totalitaria, per le attività oggetto della concessione, personale di età inferiore a trentasei anni;
h) l’esperienza tecnica e professionale dell’offerente in relazione ad attività turistico-ricreative comparabili, anche svolte in regime di concessione;
i) se l’offerente, nei cinque anni antecedenti, ha utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare;
l) al fine di garantire la massima partecipazione, il numero delle concessioni di cui è già titolare, in via diretta o indiretta, ciascun offerente nell’ambito territoriale di riferimento dell’ente concedente;
m) il numero di lavoratori del concessionario uscente, che ricevono da tale attività la prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, che ciascun offerente si impegna ad assumere in caso di aggiudicazione della concessione.
L’aggiudicazione della concessione (comma 7 dell’art. 4) diviene efficace dopo l’esito positivo della verifica da parte dell’ente concedente dei requisiti dichiarati dall’aggiudicatario. L’atto che regola il rapporto concessorio è stipulato entro e non oltre sessanta giorni dalla data di efficacia dell’aggiudicazione. Fino alla data di stipulazione dell’atto che regola il rapporto concessorio, l'occupazione dell'area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione all'articolo 1161 del codice della navigazione.
Disposizioni specifiche sono previste, nel nuovo articolo 4, ai commi 8 e 9, in caso di rilascio della concessione a favore di un nuovo concessionario:
· il concessionario uscente ha diritto al riconoscimento di un indennizzo, a carico del concessionario subentrante, pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, ivi compresi gli investimenti effettuati in conseguenza di eventi calamitosi debitamente dichiarati dalle autorità competenti ovvero in conseguenza di sopravvenuti obblighi di legge, al netto di ogni misura di aiuto o sovvenzione pubblica eventualmente percepita e non rimborsata, nonché pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni. Per definire i criteri per calcolare tale equa remunerazione, si rinvia all’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi entro il 31 marzo 2025, la cui mancata adozione non giustifica il mancato avvio della procedura di affidamento; per quanto riguarda il valore degli investimenti effettuati e non ammortizzati e di quanto necessario a garantire un’equa remunerazione, questo sarà determinato con un’apposita perizia acquisita dall'ente concedente prima della pubblicazione del bando di gara, con spese a carico del concessionario uscente; la perizia deve essere rilasciata in forma asseverata e con esplicita dichiarazione di responsabilità da parte di un professionista nominato dal medesimo ente concedente tra cinque nominativi indicati dal Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
Dalla formulazione letterale di tale ultima disposizione non risulta chiaro se ciascun ente concedente debba richiedere al Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, per ciascuna perizia, una rosa di cinque nominativi di professionisti nel cui ambito nominare l’incaricato, ovvero se sarà nominata un’unica rosa di cinque professionisti a livello nazionale, al cui interno ciascun ente concedente potrà scegliere il professionista chiamato ad asseverare le perizie per le procedure di concessione che saranno avviate.
· in caso di rilascio della concessione a favore di un nuovo concessionario, il perfezionamento del nuovo rapporto concessorio è subordinato all’avvenuto pagamento dell’indennizzo da parte del concessionario subentrante in misura non inferiore al venti per cento, fermo restando l'obbligo di versare al concessionario uscente l'intero importo dell'indennizzo come espressamente indicato nel bando di gara; il mancato tempestivo pagamento del 20 per cento è motivo di decadenza dalla concessione e non determina la prosecuzione, in qualsiasi forma o modalità comunque denominata, del precedente rapporto concessorio;
In proposito la Relazione illustrativa specifica che deve essere versato all'entrata del bilancio dello Stato (e non già all'ente concedente) l'eventuale maggiore importo offerto in sede di gara e rilevante ai fini dell'affidamento della concessione ai sensi del comma 6, lettera a) dell’articolo 4.
· l'ente concedente può ordinare al concessionario uscente, in assenza di diversa previsione nell'atto concessorio e con provvedimento motivato, ai sensi dell'articolo 49 del codice della navigazione, la demolizione, a spese del medesimo, delle opere non amovibili autorizzate e realizzate da detto concessionario (comma 8 dell’art. 4).
I commi 10, 11 e 12 del qui novellato articolo 4 della legge sulla concorrenza n. 118/2022, recano disposizioni relative alla misura e all’aggiornamento dei canoni demaniali.
Viene innanzitutto novellato (comma 10 del nuovo articolo 4), l’articolo 03 del D.L. n. 400/1993, che reca la classificazione di aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei ai fini dell’applicazione dei canoni demaniali. Attualmente la classificazione prevede due categorie:
§ la categoria A, in cui rientrano aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazioni ad uso pubblico ad alta valenza turistica;
§ la categoria B, che comprende aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei, o parti di essi, concessi per utilizzazione ad uso pubblico a normale valenza turistica.
L'accertamento dei requisiti di alta e normale valenza turistica è riservato alle regioni competenti per territorio con proprio provvedimento, in mancanza del quale si applica la categoria B.
In base alla novella, alla categoria A vengono aggiunti i requisiti del pregio naturale e dell’alta redditività: pertanto la categoria A, a seguito della modifica, è relativa alle sole aree ad alta valenza turistica che siano anche di pregio naturale e ad alta redditività.
Nella categoria B, vengono invece aggiunte le aree destinate ad attività sportive, ricreative, sociali e legate a tradizioni locali, svolte senza scopo di lucro. Pertanto, a seguito della novella, rientrano nella categoria B:
§ le aree a normale valenza turistica;
§ le aree destinate ad attività sportive, ricreative, sociali e legate a tradizioni locali, svolte senza scopo di lucro.
Il comma 11 del nuovo articolo 4 prevede che con il decreto interministeriale MIT-MEF previsto dal comma 9 (quello con cui entro il 31 marzo 2025 dovranno essere definiti gli indennizzi per i concessionari uscenti), si provveda altresì all’aggiornamento dell’entità degli importi unitari dei canoni annui per:
§ le concessioni turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei;
§ le concessioni lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive.
In caso di mancata adozione del decreto, gli importi unitari dei canoni sono automaticamente aumentati nella misura del 10%, fermo restando il meccanismo di aggiornamento annuale in base alla media degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati e dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali, attualmente previsto dall’articolo 04 del decreto legge n. 400/1993, il quale, per l’anno 2024, ha comportato una riduzione dei canoni del 4,5%.
Si ricorda infatti che la misura unitaria dei canoni annui è definita nell’articolo 03, comma 1, lett. b) del D.L. n. 400/1993. Con decreto MIT 17 dicembre 2023 sono stati definiti gli aggiornamenti, relativi all'anno 2024, di tali misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime: è stata stabilita per il 2024 una riduzione del 4,5% delle misure unitarie dei canoni, in quanto la media degli indici ISTAT presi a base per il calcolo è stata negativa e pari a tale percentuale di riduzione.
In proposito si ricorda anche che il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 140 (art. 100, comma 4) ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità non possa, comunque, essere inferiore a euro 2.500, importo anch’esso soggetto ad aggiornamento in base alla media dei suddetti indici ISTAT: per il 2023 l’importo era pari a 3.377,50 euro, mentre per il 2024 è stato ridotto a 3.225,50 euro.
Per la determinazione dei canoni delle concessioni lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive si applicano inoltre le specifiche disposizioni del successivo comma 12, il quale prevede che l’ente concedente determini i canoni tenendo conto dei seguenti parametri:
§ il pregio naturale e l'effettiva redditività delle aree demaniali da affidare in concessione;
§ l'utilizzo di tali aree per attività sportive, ricreative, sociali e legate alle tradizioni locali, svolte in forma singola o associata senza scopo di lucro, ovvero per finalità di interesse pubblico.
Si prevede altresì che una quota dei canoni, stabilita dall’ente concedente, sia destinata alla realizzazione degli interventi di difesa delle sponde e del relativo capitale naturale e di miglioramento della fruibilità delle aree demaniali libere.
L’importo del canone annuo non può comunque essere inferiore alla misura minima determinata ai sensi dell’articolo 100, comma 4, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (vedi supra).
Si ricorda in proposito che l’articolo 03, comma 1, lett. c) del D.L. n. 400/1993 prevede una riduzione del 50 per cento del canone nel caso di concessioni demaniali marittime assentite alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro affiliate alle Federazioni sportive nazionali con l'esclusione dei manufatti pertinenziali adibiti ad attività commerciali.
Il comma 2 dell’articolo 1, abroga conseguentemente, per ragioni di coordinamento normativo, l’articolo 10-quater del decreto-legge 22 dicembre 2022, n. 198: si tratta della norma ha disposto, al comma 3, la proroga, dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025, del termine per concludere le procedure selettive di affidamento delle concessioni, laddove esse non si siano potute concludere entro il 31 dicembre 2023 in presenza delle ragioni oggettive, nonché del termine entro cui il Ministro delle infrastrutture e trasporti deve riferire alle Camere sulla conclusione delle procedure selettive a livello nazionale.
Peraltro, i commi 1 e 2 dello stesso articolo, che vengono anch’essi abrogati, recano l’istituzione del tavolo tecnico che ha il compito di acquisire i dati della mappatura delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali.
Con riferimento ai predetti commi andrebbe valutato se l’abrogazione dell’intero articolo 10-quater non comporti il venir meno del tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio e la conseguente cessazione dell’attività svolta da tale organo.
L’articolo 3 della legge sulla concorrenza 2021, come novellato dal D.L. n. 198/2022, convertito dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, nel prevedere un riordino complessivo delle norme relative alle concessioni demaniali, ha disposto che continuassero ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2024 se in essere alla data di entrata in vigore della legge (28 febbraio 2023), sulla base di proroghe o rinnovi disposti anche ai sensi della legge 30 dicembre 2018, n. 145, e del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, le concessioni ad uso turistico ricreativo (si tratta delle stesse concessioni ad oggetto della norma in commento che sono elencate supra).
Ha inoltre previsto che la proroga potesse estendersi fino al termine del 31 dicembre 2025 nei casi previsti dal comma 3, in cui per ragioni oggettive non fossero concluse le procedure selettive entro il 31/12/2024 e fino a tale data l'occupazione dell'area demaniale da parte del concessionario uscente è comunque legittima anche in relazione all'articolo 1161 del codice della navigazione, che prevede l’abusiva occupazione come reato.
L’articolo 4 la legge sulla concorrenza aveva altresì conferito una delega al Governo per il riordino delle concessioni demaniali marittime, definendone i criteri direttivi. La delega è scaduta e non è stata esercitata ed il comma 4-bis, introdotto dall’art. 1, comma 8, lett. b) della legge 24 febbraio 2023, n. 14 (di conversione del D.L. n. 198/2022 entrata in vigore il 28 febbraio 2023), ha disposto che “fino all'adozione dei decreti legislativi di cui al presente articolo, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all'emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni e dei rapporti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b).
Per ulteriori approfondimenti si rinvia alle schede illustrative degli articoli 2, 3, 4 e 5 del dossier predisposto per l’esame parlamentare della legge di delegazione europea 2021.
L’articolo 2 reca una norma di interpretazione autentica – avente quindi effetto retroattivo – sulle tipologie di contribuzione e forme previdenziali obbligatorie – ulteriori rispetto al regime pensionistico – che trovano applicazione per i magistrati onorari confermati, rientranti nel contingente ad esaurimento di cui all’articolo 29 del D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, che abbiano optato[1] per il regime di esclusività delle funzioni onorarie. In base all’intervento interpretativo in esame, tali soggetti sono iscritti – oltre che al regime pensionistico generale INPS dei lavoratori dipendenti privati[2] – alle assicurazioni INPS relative a: disoccupazione involontaria; malattie e maternità.
La norma di interpretazione autentica in esame concerne l’articolo 15-bis, comma 2, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112, che ha previsto l’iscrizione dei magistrati onorari rientranti nella fattispecie suddetta all’assicurazione generale obbligatoria INPS dei lavoratori dipendenti. Nell’interpretazione seguita dall’INPS precedentemente all’intervento di cui al presente articolo 2, la suddetta disposizione ha dato luogo – nell’ambito delle assicurazioni INPS[3] – alla sola iscrizione al fondo pensionistico generale relativo ai lavoratori dipendenti privati (cfr. la circolare dell’INPS n. 100 del 7 dicembre 2023). L’assenza di una tutela previdenziale relativa alla maternità è stata peraltro contestata dalla Commissione europea nell’ambito della procedura di infrazione 2016/4081, come ricordato dalla relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[4]; la relazione illustrativa fa menzione, al riguardo, del parere motivato notificato all’Italia nel luglio 2023.
Il 15 luglio 2021 la Commissione europea ha avviato nei confronti dell’Italia la procedura di infrazione 2016/4081, inviando una lettera di costituzione in mora sulla base del convincimento che la legislazione nazionale applicabile ai magistrati onorari non sia pienamente conforme al diritto del lavoro dell'UE. Il punto nodale sollevato dalla Commissione è il mancato riconoscimento ai magistrati onorari dello status di lavoratori, in quanto dal diritto italiano essi sono considerati volontari prestatori di servizi a titolo "onorario". Da tale mancato riconoscimento deriva l'assenza di una serie di tutele a favore degli stessi magistrati onorari, in ambiti quali le ferie, la maternità, la malattia, la giusta retribuzione, nonché l'abuso di contratti a tempo determinato che si succedono nel tempo. Nell’ambito di tale procedura, il 14 luglio 2023 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato.
L’applicazione delle suddette altre assicurazioni è contemplata dalla presente norma di interpretazione autentica – senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – con riferimento alle aliquote contributive previste per la generalità dei lavoratori iscritti al suddetto regime pensionistico.
L’intervento interpretativo è formulato esplicitamente in via transitoria, in attesa della definizione di una nuova disciplina sui magistrati onorari rientranti nel suddetto contingente ad esaurimento.
Al riguardo, si ricorda che un disegno di legge governativo attualmente all’esame in prima lettura della Camera dei deputati (A.C. n. 1950) prevede, per i soggetti rientranti nella fattispecie sopra menzionata (magistrati del contingente ad esaurimento che abbiano optato per il regime di esclusività delle funzioni onorarie), l’applicazione delle medesime assicurazioni contemplate dalla presente norma di interpretazione autentica[5].
L’articolo 3 apporta alcune modifiche al codice di procedura penale volte ad adeguare la normativa vigente alle prescrizioni della direttiva 2013/48/UE per quanto concerne il diritto di avvalersi di un difensore in taluni atti di indagine e il diritto di informare una persona di fiducia, anziché un familiare, nei casi di privazione di libertà personale, arresto e fermo.
Le disposizioni dell’articolo in esame, che incidono su una serie di articoli del codice di procedura penale, riguardano due diversi aspetti della normativa:
§ il diritto della persona che viene fermata, arrestata o sottoposta a misura cautelare, di informare delle proprie condizioni una persona di sua fiducia, e quindi non necessariamente un familiare come previsto dalla normativa vigente (artt. 293, 386 e 387 c.p.p.)[6];
§ il diritto di avvalersi di un difensore anche quando le sommarie informazioni vengono assunte dalla polizia giudiziaria sul luogo e nell’immediatezza del fatto (art. 386 c.p.p.).
L’intervento si è reso necessario in quanto l’Italia è stata sottoposta a procedura di infrazione (2023/2006) da parte della Commissione europea per il non corretto recepimento dalla direttiva 2013/48/UE, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari.
Nel dettaglio, con lettera di costituzione in mora, adottata ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la Commissione europea aveva rilevato, nel luglio 2023, la violazione ad opera della disciplina interna delle disposizioni della direttiva 2013/48/UE contenute:
nell'art. 3, par. 3, lett b), in materia di partecipazione effettiva di un difensore agli interrogatori[7];
nell'art. 3, par. 6, in materia di deroghe al diritto di avvalersi di un difensore per esigenze investigative[8];
nell’art. 5, par. l, con riferimento all’informazione di terzi in merito alla privazione della libertà personale[9];
nell’art. 5, par. 2 in combinato disposto con l'art. 10, par. 3 relativi all’informazione del titolare della potestà genitoriale o di un altro adulto idoneo in merito alla privazione delle libertà personale di un minore[10].
Il Ministero della giustizia ha conseguentemente provveduto a trasmettere alla Commissione europea delle osservazioni in merito alle censure mosse con la lettera di costituzione in mora.
Nel maggio 2024, la Commissione europea ha quindi adottato un parere motivato, con il quale ha evidenziato (come si legge nel comunicato del 23 maggio 2024) che le «possibilità di derogare al diritto di avvalersi di un difensore previste dalla normativa italiana vanno oltre i limiti imposti dalla direttiva e l'obbligo di informare il titolare della responsabilità genitoriale, o altro adulto idoneo, della privazione della libertà personale di un minore non è stato recepito correttamente».
Venendo ai contenuti dell’articolo in commento, il comma 1, lett. a), interviene sull’art. 293, comma 1, c.p.p., relativo agli adempimenti esecutivi che devono essere compiuti dalla polizia giudiziaria in seguito all’emanazione di un’ordinanza di applicazione di una misura cautelare. Tra gli adempimenti prescritti vi è quello di consegnare all’imputato, unitamente alla copia dell’ordinanza, una comunicazione scritta con cui il destinatario viene informato dei propri diritti, elencati nelle lettere da a) a i-bis) del citato comma 1. La modifica riguarda la lettera f), ovvero il diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari: quest’ultima parte viene emendata per consentire all’imputato di avvisare una persona di propria fiducia anziché esclusivamente un familiare.
In modo del tutto analogo, l’art. 3, comma 1, lett. c), disciplina la fattispecie nei casi di arresto o fermo di cui all’art. 386 c.p.p.: anche in questi casi è prevista la consegna di una comunicazione scritta al fermato/arrestato con cui egli viene informato dei propri diritti, tra i quali, alla lettera f), il diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari. Pertanto, anche questa disposizione viene emendata per consentire al fermato/arrestato di avvisare una persona di propria fiducia anziché esclusivamente un familiare.
Consequenziale alla modifica sub lett. c) è quella recata dal comma 1, lett. d), all’art. 387 c.p.p., che disciplina l’avviso dell’arresto o del fermo ai familiari, al fine di permettere alla polizia giudiziaria, con il consenso della persona sottoposta a fermo o arresto, di darne immediato avviso ad una persona da questi indicata.
Si valuti l’opportunità di coordinare la rubrica dell’articolo 387 c.p.p. con la novella sopra esposta.
L’art. 3, comma 1, lett. b), interviene sull’art. 350 c.p.p., concernente l’assunzione di sommarie informazioni rese dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ed in particolare sul comma 5, che disciplina il caso in cui la polizia giudiziaria proceda, sul luogo o nell'immediatezza del fatto, all’assunzione di notizie e indicazioni utili ai fini dell’immediata prosecuzione delle indagini dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata. Ai sensi della disposizione vigente la polizia può procedere all’assunzione di tali elementi informativi utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini anche senza la presenza del difensore. A seguito della modifica contenuta nella lett. b), tale possibilità viene circoscritta ad ipotesi tassativamente indicate ovvero:
§ quando vi sia la necessità di evitare un imminente pericolo per la libertà, l’integrità fisica o la vita di una persona;
§ quando vi sia la necessità di compiere attività indispensabili al fine di evitare una grave compromissione delle indagini.
Resta comunque fermo il divieto di «ogni documentazione e utilizzazione» delle notizie e delle dichiarazioni assunte senza l’assistenza del difensore, stabilito dal comma 6 dell’art. 350 c.p.p.
Codice di procedura penale |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 3 del D.L. 131/2024 |
Art. 293 |
Art. 293 |
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 156, l’ufficiale o l’agente incaricato di eseguire l’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all’imputato copia del provvedimento unitamente a una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa e, per l’imputato che non conosce la lingua italiana, tradotta in una lingua a lui comprensibile, con cui lo informa: a) della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; b) del diritto di ottenere informazioni in merito all’accusa; c) del diritto all’interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; d) del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; e) del diritto di accedere agli atti sui quali si fonda il provvedimento; |
Identico. |
f) del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; |
f) del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso a un familiare o ad altra persona di fiducia; |
g) del diritto di accedere all’assistenza medica di urgenza; |
Identiche. |
h) del diritto di essere condotto davanti all’autorità giudiziaria non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione, se la misura applicata è quella della custodia cautelare in carcere ovvero non oltre dieci giorni se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare; |
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i) del diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere l’interrogatorio, di impugnare l’ordinanza che dispone la misura cautelare e di richiederne la sostituzione o la revoca; |
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i-bis) della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. |
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Commi da 1-bis a 4-bis. Omissis |
Identici. |
Art. 350 |
Art. 350 |
Commi da 1 a 4-bis. Omissis |
Identici. |
5. Sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell'articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini. |
5. Sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere notizie e indicazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell'articolo 384, quando ciò è imposto dalla necessità di evitare un imminente pericolo per la libertà, l’integrità fisica o la vita di una persona, oppure dalla necessità di compiere attività indispensabili al fine di evitare una grave compromissione delle indagini. |
Commi 6 e 7 Omissis |
Identici. |
Art. 386 |
Art. 386 |
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o il fermo o hanno avuto in consegna l'arrestato, ne danno immediata notizia al pubblico ministero del luogo ove l'arresto o il fermo è stato eseguito. Consegnano all'arrestato o al fermato una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa e, se questi non conosce la lingua italiana, tradotta in una lingua a lui comprensibile, con cui lo informano: a) della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge; b) del diritto di ottenere informazioni in merito all’accusa; c) del diritto all’interprete ed alla traduzione di atti fondamentali; d) del diritto di avvalersi della facoltà di non rispondere; e) del diritto di accedere agli atti sui quali si fonda sui quali si fonda l'arresto o il fermo; |
Identico. |
f) del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso ai familiari; |
f) del diritto di informare le autorità consolari e di dare avviso a un familiare o ad altra persona di fiducia; |
g) del diritto di accedere all’assistenza medica di urgenza; |
Identiche. |
h) del diritto di essere condotto davanti all'autorità giudiziaria per la convalida entro novantasei ore dall'avvenuto arresto o fermo; |
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i) del diritto di comparire dinanzi al giudice per rendere l'interrogatorio e di proporre ricorso per cassazione contro l'ordinanza che decide sulla convalida dell'arresto o del fermo; |
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i-bis) della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. |
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Commi da 1-bis a 7 Omissis |
Identici. |
Art. 387 |
Art. 387 |
1. La polizia giudiziaria, con il consenso dell'arrestato o del fermato, deve senza ritardo dare notizia ai familiari dell'avvenuto arresto o fermo. |
1. La polizia giudiziaria, con il consenso dell'arrestato o del fermato, deve senza ritardo dare notizia dell'avvenuto arresto o fermo ai familiari dell'arrestato o del fermato o ad altra persona da essi indicata. |
L’articolo 4 prevede l’aumento della dotazione organica del Ministero della giustizia di 250 unità al fine di garantire la riduzione dei tempi di pagamento dei debiti commerciali e di quelli relativi ai servizi di intercettazione, in relazione alla procedura di infrazione 2021/4037 relativa alla non corretta applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento (2011/7/UE).
L’articolo in commento prevede, al comma 1, l’aumento della dotazione organica dell’amministrazione giudiziaria di 250 unità (di cui 61 dell’Area funzionari e 189 dell’Area assistenti), autorizzando il Ministero della giustizia alle relative assunzioni, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, sia mediante l’espletamento di apposite procedure concorsuali, sia – in deroga all’art. 35, comma 4, del d. lgs. 165/2001[11] – mediante lo scorrimento delle graduatorie in corso di validità alla data di entrata in vigore del decreto.
L’aumento della dotazione organica è finalizzato al rafforzamento della capacità amministrativa-contabile del Ministero e alla garanzia della piena operatività degli uffici centrali e territoriali in relazione all’obiettivo della riduzione dei tempi di pagamento dei debiti commerciali e dei debiti relativi ai servizi di intercettazione nelle indagini penali.
La disposizione in commento fa riferimento alla procedura di infrazione 2021/4037 - relativa alla non corretta applicazione della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali - in ordine alla quale la Commissione nell’aprile 2023 ha adottato un parere motivato e nel novembre 2023 ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia (comunicato della rappresentanza in Italia della Commissione del 16 novembre 2023). La predetta direttiva – ricorda il comunicato – impone alle autorità pubbliche di saldare le fatture entro 30 giorni.
Secondo quanto riportato nel citato comunicato stampa, la Commissione europea, dopo aver avviato nel 2021 una procedura d’infrazione, ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia a causa di una normativa e una prassi nazionali che impediscono la piena attuazione della direttiva. In particolare, le contestazioni della Commissione europea riguardano, da un lato, il mancato rispetto dei termini di pagamento e, dall’altro, l’esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento il noleggio di apparecchiature per le intercettazioni telefoniche nel quadro delle indagini penali che, secondo la Commissione è attività da qualificare come spesa commerciale ai sensi dell’art. 2, punto 1 della direttiva. Tale esclusione, infatti, fa sì che i prestatori dei servizi in questione non abbiano la garanzia di essere pagati entro i termini di legge e non possano far valere i loro diritti ai sensi della direttiva.
Il comma 2 reca le relative autorizzazioni di spesa.
In particolare, per l’attuazione del comma 1 è autorizzata la spesa di euro 5.002.710 per il 2025 e di euro 10.005.420 annui a decorrere dal 2026. Inoltre, per lo svolgimento delle procedure concorsuali è autorizzata la spesa di euro 2.000.000 per il 2025 e per i maggiori oneri di funzionamento derivanti dal reclutamento del personale è autorizzata la spesa di euro 1.056.250 per il 2025 e di euro 105.750 annui a decorrere dal 2026.
Il comma 3 reca la copertura degli oneri di cui al comma 2, quanto a euro 2.000.000 per il 2025 mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’art. 16, comma 3, del d.l. 75/2023[12], e quanto a euro 6.058.960 per il 2025 e a euro 10.11.170 annui a decorrere dal 2026 mediante corrispondente riduzione delle proiezioni sullo stanziamento del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della giustizia.
L’articolo 5 reca modifiche alla disciplina del processo penale minorile e dell’ordinamento penitenziario minorile per il completo recepimento della direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, nell’ambito della procedura di infrazione (2023)2090.
Il comma 1 dell’articolo 5 prevede una serie di modifiche al decreto Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 recante la disciplina del processo penale a carico di imputati minorenni.
Nella relazione illustrativa si fa presente che con la lettera di messa in mora trasmessa il 13 marzo /2024 la Commissione Europea ha contestato la presenza di lacune nel recepimento delle disposizioni sostanziali della direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali, nell’ambito della procedura di infrazione (2023)2090. L’intervento legislativo in esame, conseguente alle osservazioni contenute nella lettera di messa in mora della Commissione europea nella citata procedura di infrazione, è volto ad “esplicitare in modo più dettagliato le disposizioni di recepimento delle garanzie procedimentali della direttiva 2016/800 oggetto dei rilievi”.
È opportuno rammentare che obiettivo della direttiva 2016/800 è stabilire garanzie procedurali affinché i minori indagati o imputati nei procedimenti penali siano in grado di comprendere e seguire il procedimento, esercitare il loro diritto a un equo processo, evitare la recidiva ed essere reinseriti socialmente. La direttiva fa parte delle misure volte a istituire norme minime per i diritti procedurali in tutta l'Unione Europea (UE), conformemente a quanto previsto nella Risoluzione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alla "tabella di marcia" per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali.
E’ in primo luogo modificato il comma 1 dell’articolo 1 del d.P.R. n. 448, il quale sancisce i due principi cardine attorno ai quali verte il sistema di giustizia minorile:
§ il principio di sussidiarietà, in base al quale laddove l’Istituto processuale non trovi regolamentazione specifica nelle disposizioni normative del d.P.R. n. 448/1988 (c.d sussidiarietà fisica), si osserveranno le disposizioni contenute nel codice di procedura penale;
§ il principio di adeguatezza applicativa, per il quale l’interprete (ovvero il giudice) è tenuto ad un’opera di adattamento che non può limitarsi al mero rinvio, ma dovrà essere valutata caso per caso l’adeguatezza delle disposizioni alla personalità e alle esigenze educative del minorenne.
Il decreto legge in conversione integrando il contenuto del comma 1 prevede che il giudice debba assicurare anche il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (lett. a).
Attraverso tale modifica – come precisa la relazione illustrativa – si è voluto “rendere immediatamente percepibile lo stretto legame tra i principi interni e quelli desumibili dal quadro normativo sovranazionale”.
La lett. b) del comma 1 dell’articolo 5, interviene poi sull’articolo 7, comma 1, del d.P.R. n. 448, il quale, nella sua formulazione vigente prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in conversione, disponeva che l'informazione di garanzia e il decreto di fissazione di udienza dovessero essere notificati, a pena di nullità, anche all'esercente la responsabilità genitoriale.
Il decreto-legge in esame ha inserito fra i soggetti ai quali devono essere notificati l’informazione di garanzia e il decreto di fissazione di udienza anche i soggetti di cui agli articoli 12 e 12-ter (si vedano le lett. d) ed e))
La lett. c), al fine di dare piena attuazione all’articolo 8 “Diritto all’esame medico”, paragrafo 2, della direttiva, introduce nel d.P.R. n. 448 il nuovo articolo 9-bis, in materia di valutazione sanitaria del minore sottoposto a privazione della libertà personale. La nuova disposizione, al comma 1, prevede che il minorenne in stato di privazione della libertà personale è sottoposto senza indebito ritardo a visita medica volta a valutarne lo stato di salute fisica e psicologica. Le condizioni di salute sono rivalutate in ogni caso in presenza di specifiche indicazioni sanitarie o quando lo esigono le circostanze. E’ comunque fatto salvo quanto già previsto dalla legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), dal Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà (d.P.R. n. 230 del 2000) e dall’ordinamento penitenziario minorile (decreto legislativo n. 121 del 2018). Il comma 2 del nuovo articolo 9-bis prevede che ai fini della sottoposizione all’interrogatorio, ad altri atti di indagine o di raccolta di prove o alle eventuali misure adottate o previste nei suoi confronti, l’autorità giudiziaria tiene conto dei risultati delle visite mediche disposte sul minorenne in stato di privazione della libertà personale.
Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva il minore privato della libertà ha diritto, senza indebito ritardo, a un esame medico volto a valutarne lo stato fisico e mentale generale. L'esame è effettuato su iniziativa delle autorità competenti, in particolare se lo richiedono indicazioni sanitarie specifiche, oppure su richiesta del minore, del titolare della responsabilità genitoriale, di altro adulto idoneo o del difensore del minore. I risultati dell'esame medico devono essere tenuti in considerazione al momento di stabilire se il minore possa essere sottoposto a interrogatorio, ad altri atti di indagine o di raccolta di prove o alle eventuali misure adottate o previste nei suoi confronti.
Con riguardo alla attuazione dei paragrafi 3 e 5 dell’articolo 8 della direttiva, nella relazione illustrativa si osserva che “il regime delle visite mediche per i minorenni in stato di detenzione presso Istituti penitenziari è già oggi compiutamente regolato dalle disposizioni dell’Ordinamento penitenziario, richiamate dalle norme speciali minorili, che disciplinano la materia in via generale. Tali disposizioni prevedono già attualmente che al momento dell’ingresso in Istituto ciascun detenuto venga sottoposto, d’ufficio e al più presto, e comunque non oltre il giorno successivo, ad una visita medica completa; il regime sanitario penitenziario prevede inoltre ulteriori visite mediche da svolgersi d’ufficio, con cadenza periodica, ed altre visite a richiesta. Per tale parte non sono dunque necessari ulteriori interventi.
Diversamente, per i minori sottoposti a misure restrittive della libertà personale presso Comunità o presso i Centri di prima accoglienza in ragione della competenza in materia di sanità attribuita alle Regioni dall’articolo 117 della Costituzione il regime delle visite mediche è regolato da intese e accordi Stato-Regioni, che prevedono, in via generale, una visita medica in ingresso e ulteriori visite ove necessario. Tali accordi vengono poi attuati con specifici strumenti da ciascuna Regione. Ferma restando la previsione della regola generale circa la necessità che, anche in questi casi, la prima visita avvenga senza indebito ritardo e che visite successive vengano svolte ove necessario, le modalità attraverso le quali il servizio sanitario assicura tale diritto devono essere oggetto di intesa in sede di Conferenza Unificata”.
La lett. d), al fine di dare piena attuazione all’articolo 5 “Diritto del minore a che sia informato il titolare della responsabilità genitoriale” della direttiva, apporta una serie di modifiche all’articolo 12 del d.P.R. n. 448 del 1988 in tema di assistenza all'imputato minorenne.
La direttiva, all’articolo 5, prescrive che sia informato il titolare della responsabilità genitoriale, per iscritto e/o oralmente, in merito ai diritti procedurali applicabili, così da garantire l'equità del procedimento e l'esercizio effettivo dei diritti del minore. Le informazioni di cui sopra devono essere fornite a un altro adulto idoneo nominato dal minore e approvato in tale qualità dall'autorità competente, qualora la comunicazione delle informazioni al titolare della responsabilità genitoriale: a) sia contraria all'interesse superiore del minore; b) non sia possibile perché, nonostante siano stati compiuti ragionevoli sforzi, nessuno dei titolari della responsabilità genitoriale è reperibile o l'identità è ignota; c) potrebbe, sulla base di circostanze oggettive e concrete, compromettere in modo sostanziale il procedimento penale.
Viene, in primo luogo modificato il comma 1 dell’articolo 12 del d.P.R. del 1988, secondo il quale, occorre assicurare sempre, in ogni stato e grado del procedimento, un’assistenza affettiva e psicologica all’imputato minorenne. Con il decreto-legge in conversione è stato previsto che tale tipologia di supporto venga fornita dalla presenza dei genitori o “degli altri esercenti la responsabilità genitoriale” (il testo previgente richiamava “altra persona idonea indicata dal minorenne e ammessa dall'autorità giudiziaria che procede”).
Sono poi introdotti due nuovi commi 1-bis e 1-ter nell’articolo 12 del d.P.R. n. 448. Il comma 1-bis prevede esplicitamente i casi nei quali le informazioni relative al procedimento a carico del minorenne vengono date a soggetti diversi dai genitori. Si prevede che il minorenne venga assistito da altra persona idonea, indicata dallo stesso e ammessa dall’autorità giudiziaria che procede ovvero designata da questa nel caso di inidoneità o di mancata indicazione, in presenza di una di una o più delle seguenti condizioni:
§ la partecipazione degli esercenti la responsabilità genitoriale è contraria all’interesse superiore del minorenne;
§ nonostante le ricerche compiute, non è stato possibile identificare e reperire alcuno degli esercenti la responsabilità genitoriale;
§ sulla base di circostanze oggettive e concrete, vi è motivo di ritenere che l’informazione o la partecipazione degli esercenti la responsabilità genitoriale comprometterebbe in modo sostanziale il procedimento penale.
Ai sensi del nuovo comma 1-ter in tali casi, sussistendone i presupposti, l’autorità giudiziaria che procede informa prontamente il presidente del Tribunale per i minorenni per l’adozione dei provvedimenti di competenza.
La lett. e), al fine di ovviare ai rilievi della Commissione circa la mancanza di misure di recepimento dell’articolo 4 (Diritto alla informazione) della direttiva, inserisce nel d.P.R. n. 448 del 1988 un nuovo articolo 12-bis, che dettaglia, in relazione agli specifici snodi procedimentali (sottoposizione alle indagini, a privazione della libertà personale, a misura cautelare detentiva), il contenuto degli avvisi ulteriori rispetto a quelli che il minorenne indagato o imputato già riceve in base alle disposizioni del codice di procedura penale. Le informazioni devono essere fornite in un linguaggio comprensibile, adeguato alla età e alla capacità del minorenne.
La direttiva, all’articolo 4, stabilisce che al minore siano fornite tempestivamente le informazioni concernenti i suoi diritti e gli aspetti generali dello svolgimento del processo.
Sempre dalla lett. e), è poi introdotto nel d.P.R. n. 448 del 1988, al fine, questa volta, di dare attuazione all’articolo 5, paragrafo 3 della direttiva, il nuovo articolo 12-ter (Informazioni all’esercente la responsabilità genitoriale), che, oltre a formalizzare al comma 1 il diritto alla comunicazione delle informazioni anche ai soggetti adulti di cui all’articolo 12, al comma 2 recepisce espressamente il paragrafo 3 dell’art. 5 della direttiva.
Il comma 2 dell’articolo 5 del decreto-legge modifica invece il decreto legislativo n. 121 del 2018, il quale, come accennato, disciplina l’ordinamento penitenziario minorile.
La lettera a) interviene sull’articolo 1 del decreto legislativo n. 121, relativo alle regole e finalità dell'esecuzione. Viene, similmente a quanto previsto con riguardo all’articolo 1 del DPR 448/88, inserita, nel comma 1 dell’articolo 1, la precisazione relativa all’obbligo di rispetto, nel procedimento per l'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità a carico di minorenni, nonché per l'applicazione di queste ultime dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2016/800/UE sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali.
Viene poi modificato il comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 121, nel senso di prevedere che l'esecuzione della pena detentiva e delle misure penali di comunità deve favorire i programmi di giustizia riparativa di cui al titolo IV del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, recante «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari».
La lett. b) del comma 2, anche in questo caso al fine di ovviare ai rilievi della Commissione circa la mancanza di misure di recepimento dell’articolo 4 (Diritto alla informazione) della direttiva, introduce un nuovo articolo, l’articolo 11-bis, nel decreto legislativo n. 121. La nuova disposizione prevede che quando è disposta l’esecuzione della condanna a pena detentiva il minorenne deve essere informato che:
§ ha diritto a che la privazione della libertà personale si svolga in luoghi diversi da quelli previsti per gli adulti, fino al compimento del diciottesimo anno di età e, salvi i casi previsti dalla legge, anche fino al compimento del venticinquesimo anno di età;
§ ha diritto ad un progetto di intervento educativo personalizzato sulla base di una valutazione individuale;
§ ha diritto ad accedere alle misure penali di comunità ed alle altre misure alternative alla detenzione, nei casi e alle condizioni previsti dalla legge;
§ ha diritto alla rivalutazione della decisione dell’autorità giudiziaria circa le modalità di esecuzione della pena e la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure penali di comunità e delle altre misure alternative alla detenzione, tenuto conto che la pena detentiva è disposta solo quando le altre pene non risultino adeguate.
Articolo 6
(Modifiche al decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 144 in materia di controlli su strada – Procedura d’infrazione n. 2022/0231)
L’articolo 6 novella l’art. 6 del decreto legislativo n. 144 del 2008 introducendo un comma aggiuntivo al fine di riconoscere al conducente sottoposto a un controllo su strada la facoltà di acquisire presso terzi le eventuali prove del corretto uso del tachigrafo, ove queste manchino a bordo.
La disposizione in commento fa riferimento alla procedura di infrazione n. 2022/0231 in materia del diritto di difesa da parte del conducente nell’ambito del procedimento di controllo su strada, volto all’accertamento del corretto uso del tachigrafo.
In data 14 luglio 2023 la Commissione europea ha adottato un parere motivato complementare ex art. 258 TFUE nell’ambito della procedura di infrazione n. 2022/0231, con cui ha eccepito alla Repubblica italiana di non aver correttamente recepito alcune disposizioni della Direttiva (UE) 2020/1057 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2020, che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n. 1024/2012.
Fra le altre norme, la Commissione ha contestato la mancata trasposizione dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), della citata direttiva, ai sensi del quale “Ciascuno Stato membro organizza i controlli in modo che sia controllato almeno il 3% dei giorni di lavoro dei conducenti di veicoli che rientrano nell’ambito di applicazione dei regolamenti (CE) n. 561/2006 e (UE) n. 165/2014. Nel corso del controllo su strada, il conducente è autorizzato a contattare la sede centrale, il gestore dei trasporti o qualunque altra persona o entità al fine di fornire, prima della conclusione del controllo su strada, le eventuali prove che risultano essere mancanti a bordo; ciò non pregiudica gli obblighi del conducente di garantire l’uso corretto delle apparecchiature tachigrafiche. Dal 1° gennaio 2012, la Commissione può, mediante un atto di esecuzione, aumentare la percentuale minima al 4 %, a condizione che, dalle statistiche raccolte ai sensi dell’articolo 3 risulti che, in media, oltre il 90 % della totalità dei veicoli controllati sono muniti di un tachigrafo digitale. Nell’adottare tale decisione, la Commissione tiene altresì conto dell’efficacia delle misure di controllo esistenti, in particolare della disponibilità di dati del tachigrafo digitale nei locali delle imprese. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura di esame di cui all’articolo 12, paragrafo 2”.
La direttiva (UE) 2020/1057 è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 27.
Quest’ultimo, al fine di recepire le modifiche alla direttiva 2006/22/CE apportate dall’articolo 2 della direttiva 2020/1057/UE citata, ha apportato modifiche al decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 144, con l’obiettivo principale di ricomprendere nell’attività di controllo su strada anche la verifica sul rispetto delle disposizioni in materia di orario di lavoro di cui alla direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2002, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, nonché l’utilizzo del sistema di informazione del mercato interno “IMI” nell’ambito delle disposizioni volte a rafforzare la collaborazione amministrativa e lo scambio di dati tra gli Stati membri.
Nel recepire l’articolo 2, tuttavia, il decreto legislativo n. 27/2023 non ha effettivamente trasposto anche la previsione di cui al già menzionato paragrafo 3, lettera b), in base alla quale al conducente è consentito, prima della conclusione di un controllo su strada volto all’accertamento dell’uso corretto del tachigrafo, di contattare la sede centrale, il gestore dei trasporti o qualunque altra persona o entità, al fine di fornire le eventuali prove che siano mancanti a bordo.
La presente disposizione, pertanto, introduce un comma aggiuntivo all’articolo 6 del decreto legislativo 4 agosto 2008, n. 144, che disciplina i controlli su strada, al fine di recepire correttamente nell’ordinamento nazionale anche la disposizione di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b) della direttiva (UE) 2020/1057, ponendo rimedio alla citata procedura di infrazione n. 2022/0231.
La norma introduce il comma 1-bis all’art. 6 del decreto legislativo n. 144 del 2008 che disciplina i controlli su strada, al fine di recepire correttamente nell’ordinamento nazionale la disposizione di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera b) della direttiva (UE) 2020/1057, ponendo rimedio alla citata procedura di infrazione n. 2022/0231.
Con il decreto legislativo n. 144 del 2008 si è provveduto a dare attuazione alla direttiva 2009/22/CE sulle norme minime per l’applicazione del regolamento CE n. 561 del 2006, del regolamento UE n. 165 del 2014 e della direttiva 2002/15/CE recanti disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada.
In particolare, tale decreto disciplina i controlli sulle imprese, sui conducenti, sui veicoli e sui lavoratori mobili.
Il controllo sull’uso della strada rientra tra i servizi di polizia stradale e può essere svolto dai soggetti indicati all’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 285 del 1992 e dall’Ispettorato nazionale del lavoro.
Il nuovo comma stabilisce che nel corso di un controllo su strada e prima della sua conclusione, il conducente è autorizzato ad acquisire, anche tramite la sede centrale, il gestore dei trasporti o qualunque altra persona o entità, le eventuali prove mancanti a bordo idonee a documentare l’uso corretto delle apparecchiature tachigrafiche.
A norma dell’art. 2, comma 2, lettera a) del regolamento UE n. 165 del 2014 il tachigrafo è l'apparecchio installato sui veicoli stradali per visualizzare, registrare, stampare, archiviare e generare in maniera automatica o semi-automatica i dettagli del movimento, compresa la velocità di tali veicoli, e i dettagli di determinati periodi di attività dei loro conducenti. La normativa dell'Unione ha disciplinato, nel corso degli anni, tachigrafi di diverse tipologie, aggiornando le loro specifiche e funzioni. Ad oggi, di fatti, esistono tachigrafi analogici, digitali e intelligenti.
Tale disposizione appare finalizzata a consentire un migliore esercizio del diritto di difesa da parte del conducente.
Ad ogni modo non viene meno l’obbligo dello stesso di garantire l’uso corretto delle apparecchiature tachigrafiche.
L’articolo 7 integra la normativa italiana relativa alla disciplina sanzionatoria del “Cielo unico europeo”, introducendo le fattispecie sanzionatorie per la violazione degli obblighi derivanti dai regolamenti (UE) 2021/116 e 2019/317 e disponendo che l’autorità nazionale competente per l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle relative sanzioni è costituita dall’ENAC.
L’articolo 7 si compone di 12 commi, che introducono disposizioni inerenti alla disciplina del “Cielo unico europeo”, al fine di risolvere le procedure di infrazione n. 2024/2091 (già caso EU Pilot (2023)10462), e n. 2023/2056.
In particolare, con la procedura n. 2024/2091 la Commissione europea ha chiesto alle autorità italiane:
§ di specificare la tipologia, la natura e i dettagli delle sanzioni vigenti in Italia per le violazioni del quadro normativo armonizzato per la creazione del cielo unico europeo, ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento (CE) n. 549/2004;
§ se tali sanzioni si applicano sia ai fornitori dei servizi di navigazione aerea, che agli utenti dello spazio aereo;
§ se le stesse sanzioni siano mai state applicate in concreto, fornendo, in caso di risposta positiva, dettagli al riguardo; la procedura amministrativa in vigore per l’imposizione di tali sanzioni.
Con la procedura n. 2023/2056 è stato, invece, contestato all’Italia il mancato rispetto del regolamento di esecuzione (UE) n. 2021/116 relativo all’istituzione del progetto comune uno, a sostegno dell’attuazione del piano generale di gestione del traffico aereo in Europa, di cui al regolamento (CE) n. 500/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Venendo al contenuto dell’articolo in esame, esso introduce un apparato sanzionatorio in relazione al regolamento di esecuzione (UE) 2021/116 e rafforza i presidi apprestati nell’ordinamento italiano, per garantire l’osservanza degli obblighi incombenti sul fornitore di servizi di navigazione aerea, ossia ENAV S.p.a., ai sensi del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317, che stabilisce le misure necessarie al funzionamento dei sistemi di prestazioni e di tariffazione per i servizi di navigazione aerea e le funzioni della rete.
L'iniziativa del cielo unico europeo (CUE) è stata avviata nel 1999 con l'obiettivo di migliorare lo svolgimento delle attività di gestione del traffico aereo e dei servizi di navigazione aerea attraverso una migliore integrazione dello spazio aereo europeo. L’attuale quadro normativo del cielo unico europeo è costituito dai seguenti regolamenti:
· 549/2004/CE, il c.d. “regolamento-quadro”, che detta i principi generali per l’istituzione del cielo unico europeo;
· 550/2004/CE, sulla fornitura di servizi di navigazione aerea;
· 551/2004/CE, sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo;
· 552/2004/CE, sull'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo. Tale quadro è stato poi modificato nel 2009 per includere i meccanismi basati sulle prestazioni (regolamento (CE) n. 1070/2009).
La disciplina sanzionatoria di tale quadro normativo europeo, vigente in Italia, è principalmente contenuta nei seguenti provvedimenti:
· nel d.lgs. n. 191 del 2017, recante “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 255/2010 della Commissione, del 25 marzo 2010, recante norme comuni per la gestione dei flussi del traffico aereo”;
· nel d.lgs. n. 173 del 2017, recante “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 216/2008, recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza aerea e che abroga la direttiva 91/670/CEE, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE”.
Tali presidi, come specificato in seguito, sono stati ritenuti insufficienti per garantire l’osservanza degli obblighi incombenti sul fornitore di servizi di navigazione aerea, ossia ENAV S.p.a., ai sensi del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317, che stabilisce le misure necessarie al funzionamento dei sistemi di prestazioni e di tariffazione per i servizi di navigazione aerea e le funzioni della rete.
Il comma 1 dell’articolo 7, chiarisce quali siano le nozioni rilevanti ai fini della disposizione in oggetto mediante rinvio ai regolamenti europei di riferimento nel caso di specie. Si tratta, in particolare, delle definizioni di cui all’articolo 2 del regolamento di esecuzione (UE) n. 2021/116, all’articolo 2 del regolamento di esecuzione (UE) n. 2019/317, all’articolo 3, del regolamento (UE) 2018/1139, all’articolo 2 del regolamento di esecuzione (UE) n. 409/2013, all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 549/2004 e all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 551/2004.
Il comma 2 dispone che l’autorità nazionale competente per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni, di cui al presente articolo, è l’Ente nazionale per l’aviazione civile (E.N.A.C. S.p.a.), e che si applica – in quanto compatibile – il procedimento previsto nel capo I, sezioni I e II, della legge n. 689 del 1981.
Come indicato nella relazione illustrativa, l’individuazione dell’E.N.A.C. non risponde a una scelta discrezionale, ma discende dall’assetto complessivo di fonte europea, che demanda all’Autorità di vigilanza l’esercizio della potestà sanzionatoria.
Il comma 3 dispone la sanzione, da 10 a 100 mila euro, per i fornitori di servizi di navigazione aerea (ATS) che effettuano servizi di controllo del traffico aereo (ATC):
§ nello spazio aereo terminale degli aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino e nei settori “en-route” associati entro il 31 dicembre 2024;
§ nello spazio aereo terminale dell’aeroporto di Milano Malpensa e nei settori di avvicinamento associati che non attuino l’integrazione AMAN/DMAN entro il 31 dicembre 2027.
Il comma 4 si riferisce alla sotto funzionalità sul piano operativo aeroportuale, cosiddetta “AOP”, dall’inglese “Airport Operations Plan”.
Si tratta di un piano unico, definito di comune accordo tra tutti i soggetti operativi interessati, che raccoglie informazioni da diversi sistemi, consentendo l’ottimizzazione dei processi.
Come ricordato anche dalla relazione illustrativa, l’AOP è costituito dall’AOP iniziale, cd. iAOP, e dall’AOP esteso. Il primo comprende gli elementi di base per lo scambio degli elementi di dati con il piano operativo della rete, il cd. NOP, e costituisce il presupposto dell’AOP esteso. Il secondo, invece, comprende lo strumento di gestione dell’AOP, nonché il supporto alla gestione, alla valutazione e al monitoraggio delle prestazioni aeroportuali e delle post-operazioni.
In particolare, agli operatori aeroportuali che effettuano servizi negli aeroporti di Milano Malpensa, Milano Linate e Roma fiumicino che non attuino tale sotto-funzionalità sull’AOP esteso entro il 31 dicembre 2024, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10 a 100 mila euro.
Il comma 5 sanziona la mancata attivazione entro il 31 dicembre 2025 della funzionalità sulle reti di sicurezza degli aeroporti, con una sanzione da 10 a 100 mila euro a carico dei fornitori di ATS e degli operatori aeroportuali che forniscono servizi negli aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino.
Si ricorda che tale funzionalità comprende i seguenti elementi:
· il servizio di assistenza alla sicurezza aeroportuale, che contribuisce alle operazioni lato volo quale miglioramento della sicurezza, che consente ai controllori del traffico aereo di prevenire i rischi e gli incidenti derivanti da errori operativi o deviazioni da parte dei controllori del traffico aereo, dell’equipaggio di condotta o del conducente del veicolo;
· l’individuazione e l’emissione di segnali di allarme in caso di autorizzazioni ATC divergenti e di deviazione di aeromobili e veicoli rispetto alle istruzioni, alle procedure o agli itinerari loro assegnati, che possono comportare rischi di collisione per aeromobili e veicoli.
Il comma 6 sanziona con una pena pecuniaria da 10 a 100mila euro la mancata attuazione entro il 31 dicembre 2025 dello spazio aereo a rotte libere, cd. “FRA”, dall’inglese “Free Route Airspace”, con almeno uno Stato confinante e la possibilità di connessione del FRA con le aree terminali di controllo (TMA).
Come si evince dalla relazione illustrativa il FRA contribuisce alla creazione di uno spazio aereo completamente dinamico e ottimizzato, all’interno del quale gli utenti dello spazio aereo possono liberamente pianificare una rotta tra punti di entrata e di uscita definiti, mentre i voli restano soggetti al controllo del traffico aereo.
Il comma 7 sanziona con la pena pecuniaria da 10 a 100 mila euro i soggetti operativi che forniscono servizi negli aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino che non attuino:
· entro i 31 dicembre 2027 la sotto- funzionalità ATM relativa all’integrazione fra piano operativo aeroportuale e piano operativo della rete (integrazione AOP/NOP);
· entro il 31 dicembre 2025, non attuino le seguenti ulteriori sotto funzionalità ATM:
a) specifiche e infrastruttura tecnica del profilo giallo SWIM per lo scambio di dati ATM per tutte le altre funzionalità ATM;
b) scambio di informazioni aeronautiche;
c) scambio di informazioni meteorologiche;
d) scambio di informazioni tra reti cooperative;
e) scambio di informazioni di volo (profilo giallo).
Si tratta di sottofunzionalità, diverse da quella di cui al successivo comma 7, che compongono il sistema di gestione delle informazioni AF 5, il cd. SWIM— System Wide Information Management. I servizi SWIM, in base alla rilevante normativa europea, facilitano lo scambio di informazioni sulla gestione del traffico aereo tra i soggetti interessati.
Il comma 8 sanziona, con una multa da 10 a 100 mila euro, i soggetti operativi che entro il 31 dicembre 2024 non forniscono e gestiscono le chiavi pubbliche di infrastruttura (PKI) e la sicurezza cibernetica.
Il comma 9 sanziona con la pena pecuniaria da 10.000 euro a 100.000 euro i fornitori di ATS e gli operatori aerei italiani che non attuino la sotto-funzionalità ATM sulla condivisione iniziale delle informazioni sulla traiettoria aria-terra sopra al livello di volo 285 sopra entro il 31 dicembre 2027.
Il comma 10 contiene la seguente disciplina sanzionatoria per gli inadempimenti dei propri obblighi da parte del fornitore di servizi di navigazione aerea. In particolare, dispone una sanzione amministrativa pecuniaria da 30 a 300 mila euro ai fornitori di ATS che:
a) non applicano la modulazione delle tariffe di navigazione aerea, secondo quanto previsto all’articolo 32 del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317;
b) utilizzano le entrate derivanti dalle tariffe di rotta o presso i terminali non solo per coprire i costi determinati relativi ai servizi di rotta o presso i terminali, ma anche per finanziare proprie attività commerciali;
c) omettono di porre in essere, nel periodo di riferimento, le misure individuate, ai sensi dell’articolo 37 del regolamento (UE) 2019/317, dall’Autorità nazionale di vigilanza, ovvero dalla Commissione europea, per conseguire gli obiettivi prestazionali contenuti nel piano di miglioramento delle prestazioni;
d) omettono di fornire all’Autorità nazionale di vigilanza e alla Commissione europea, le informazioni e i dati necessari per il funzionamento dettagliato del sistema di prestazioni, ovvero le informazioni e i dati necessari per il corretto monitoraggio della realizzazione dei servizi di navigazione aerea.
La sanzione copre un’articolata serie di disposizioni che, nel regolamento (UE) 2019/317, stabiliscono in capo al fornitore di servizi i seguenti obblighi di trasmissione di dati e informazioni, di cui alla lettera d) del comma 10 del provvedimento in esame:
1. informazioni sulle condizioni locali per la fissazione di obiettivi prestazionali nazionali a livello di blocco funzionale di spazio aereo;
2. i dati necessari per stabilire il tasso di rendimento del capitale proprio per le tariffe di navigazione aerea;
3. le informazioni circa gli investimenti previsti nei cinque anni successivi alla data della richiesta, che illustrino il profilo delle spese previste per gli investimenti nuovi e in corso durante e dopo il periodo di riferimento e il modo in cui i grandi investimenti contribuiscono alle prestazioni in ogni settore essenziale di prestazione;
4. il piano aziendale di cui all’allegato III, punto ATM/ANS.OR.D.005, del regolamento di esecuzione (UE) 2017/373 della Commissione;
5. le informazioni richieste ai fini della disapplicazione del dispositivo di ripartizione del rischio di costo, secondo quanto previsto all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317;
6. i dati sulle basi di calcolo e le informazioni sulla ripartizione dei costi tra i servizi di navigazione aerea di rotta e presso i terminali, nonché i dati sui proventi da attività commerciali e sui fondi pubblici ricevuti.
e) omettono di fornire all’autorità nazionale di vigilanza i documenti, i dati, le informazioni e chiarimenti richiesti per monitorare il raggiungimento degli obiettivi prestazionali contenuti nei piani di miglioramento delle prestazioni;
f) non consentono all’autorità nazionale di vigilanza l’accesso a locali, terreni o veicoli pertinenti, secondo quanto previsto all’articolo 4, paragrafo 2 del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317;
g) omettono di fornire alle autorità competenti per la determinazione delle tariffe di rotta o di terminale l’indicazione dei costi relativi alla fornitura di servizi di navigazione aerea che sono compresi nella base di calcolo delle tariffe, così come individuati ai sensi dell’articolo 22 del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317;
h) omettono di fornire alle autorità competenti per la determinazione delle tariffe di rotta o di terminale i dati relativi alle altre entrate di cui all’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317.
Il comma 11, infine, completa il sistema di misure sanzionatorie richieste per la corretta applicazione del regolamento (UE) 2019/317, apprestando adeguati presidi a garanzia dell’adempimento degli obblighi informativi e di trasmissione di dati che la disciplina europea prevede in capo a soggetti che includono il fornitore di servizi di navigazione aerea. In particolare, la norma prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 10 a 100 mila euro ai fornitori ATS, agli operatori aeroportuali italiani, ai coordinatori aeroportuali e agli operatori aerei italiani che:
a) omettono di trasmettere alla Commissione europea gratuitamente, in formato elettronico, i dati di cui all’allegato VI del regolamento di esecuzione (UE) 2019/317, ovvero omettono di adottare le misure necessarie per garantirne la qualità, la convalida e la trasmissione tempestiva;
b) omettono di fornire alla Commissione europea le informazioni da essa richieste sui loro controlli di qualità e sulle procedure di convalida adottate in relazione a tali dati.
Il comma 12, infine, prevede la riassegnazione sul capitolo di spesa ministeriale per il successivo trasferimento a ENAC, dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al presente articolo, da destinarsi a interventi per il miglioramento della sicurezza del volo.
L’articolo 8, che apporta una serie di modifiche al decreto legislativo n. 264 del 2006, per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni dettate dalla direttiva 2004/54/CE, interviene sui requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea. In particolare, si prevede che il livello di definizione tecnica degli interventi strutturali impiantistici previsti dal progetto di sicurezza debba essere almeno quello di un progetto di fattibilità tecnico-economica e che la richiesta di messa in servizio di determinate gallerie debba essere presentata comunque non oltre il 31 dicembre 2027. Si introduce inoltre un regime sanzionatorio per l’incompletezza della documentazione presentata dai gestori e si modificano le sanzioni amministrative a carico dei gestori che non attuano misure in materia di sicurezza.
Al fine di porre rimedio alla procedura di infrazione n. 2019/2279, l’articolo 8 del provvedimento apporta le seguenti modifiche agli articoli 10-bis, 10-ter, 16 e agli allegati del d.lgs. n. 264 del 2006, recante l’attuazione della direttiva 2004/54/CE in materia di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea.
La procedura di infrazione n. 2019/2279 contesta la presunta violazione da parte della Repubblica italiana degli obblighi imposti dall’articolo 3, paragrafi 1 e 2, dagli articoli 9, 10, 11 e dall’allegato I della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/54/CE, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea (TEN-T). All’esito della risposta delle Autorità italiane alla lettera di costituzione in mora notificata in data 11 ottobre 2019, la Commissione europea, con il parere motivato C (2020) 7843 notificato in data 3 dicembre 2020, ha contestato alla Repubblica italiana, in particolare:
· la violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, o, in caso di discostamenti limitati, del punto 1.2.1 dell’allegato I, per aver omesso di comunicare, in relazione a 6 gallerie, informazioni, e le relative giustificazioni, sulle misure alternative di riduzione dei rischi accettate;
· la violazione degli articoli 3, paragrafo 1, 10 e dell’allegato I, per aver omesso di garantire che 3 gallerie, il cui progetto è stato approvato ma che non sono state aperte al traffico pubblico entro il 1º maggio 2006, fossero conformi alla direttiva fin dalla data di apertura;
· la violazione degli articoli 3, paragrafo 1, 11, paragrafo 7, e dell’allegato I, per aver omesso di garantire che 243 gallerie già in esercizio, ovverosia già aperte al traffico alla data del 30 aprile 2006, fossero conformi alla direttiva alla data del 30 aprile 2019.
Di seguito le modifiche all’articolo 10-bis contenente la disciplina di adeguamento delle gallerie aperte al traffico ai requisiti minimi di sicurezza:
· al comma 3, si specifica che il livello di definizione tecnica degli interventi strutturali impiantistici previsti dal progetto di sicurezza deve essere almeno quello di un progetto di fattibilità tecnico-economica, ai sensi dell’articolo 41 del Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023. Vengono quindi eliminati i riferimenti al progetto definitivo di cui all’articolo 23 del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50 del 2016;
Secondo la relazione illustrativa, tale modifica si rende necessaria al fine di allineare la disposizione ai due nuovi livelli di progettazione previsti dal menzionato articolo 41 del nuovo Codice dei contratti pubblici, il quale, come noto, non contiene più un riferimento al progetto definitivo. Ciò, peraltro, consente alla Commissione permanente per le gallerie di effettuare le proprie valutazioni valorizzando anche gli aspetti prestazionali del progetto della sicurezza, piuttosto che i soli aspetti tecnici.
· al comma 3, si indica che tale definizione tecnica deve contenere gli aspetti tecnici elencati alle lettere a) e b) del medesimo comma 3. Inoltre, si aggiunge un ulteriore lettera, b-bis), che inserisce, tra gli elementi che deve contenere la relazione anche gli elaborati e la documentazione previsti all’Allegato 4;
· inserisce il comma 5-bis), con cui specifica che la richiesta di messa in servizio prevista al comma 5 delle gallerie elencate nell’allegato 4-quater, deve rispettare i termini di presentazione indicati nel medesimo allegato. Tale istanza non può in ogni caso essere presentata oltre il 31 dicembre 2027;
Nella relazione illustrativa si evidenzia che il suddetto termine viene differito dal 31 dicembre 2025 al 31 dicembre 2027 (termine massimo), solamente in casi specifici riferibili a singole gallerie, che, per motivi tecnici non imputabili al Gestore, necessitano di una ridefinizione dei cronoprogrammi.
· aggiunge il comma 5-ter), che introduce un regime sanzionatorio per l’incompletezza della documentazione a corredo della richiesta di messa in servizio prevista ai commi 5 e 5-bis (v. supra). In dettaglio, qualora non si provveda a sanare la documentazione entro 30 giorni dalla richiesta di integrazione da parte della Commissione permanente per le gallerie, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 1-bis dell’articolo 16 (che, a seguito delle modifiche apportate dal presente provvedimento, è tra i 300 mila e 500 mila euro), diminuita di un terzo;
· al comma 6 si specifica che in relazione alla richiesta di messa in servizio prevista al comma 5 e 5-bis, la Commissione permanente per le gallerie autorizza la messa in servizio entro centottanta giorni (e non più sessanta), giorni dalla presentazione da parte del Gestore;
La relazione illustrativa evidenzia che la maggior parte delle richieste per la messa in esercizio delle gallerie verrà presentata dai Gestori entro il 31 dicembre 2025 e, in particolare, alla luce dei cronoprogrammi approvati si stima che verranno presentate alla Commissione permanente per le gallerie n. 83 istanze nel 2025 di cui 19 nell’ultimo semestre. Al fine di consentire un congruo termine per l’esame delle istanze di messa in servizio, è quindi emersa l’esigenza di prevedere una maggiore estensione temporale per i controlli da parte della Commissione permanente.
· al comma 7, così come effettuato al comma 6, si inserisce anche il riferimento al comma 5-bis (v. supra);
Come evidenziato nella relazione illustrativa, si tratta di una modifica di coordinamento al comma 7 dell’articolo 10-bis, al fine di chiarire che i Gestori sono comunque tenuti a trasmettere un rapporto semestrale di monitoraggio entro il 31 gennaio e il 31 luglio di ogni anno, allo scopo di consentire alla Commissione permanente per le gallerie e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il controllo delle attività volte all’adeguamento ai requisiti previsti all'articolo 3 del D. Lgs. 264/2006, nonché dell'attuazione delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter.
· in merito ai contenuti del rapporto semestrale di monitoraggio, previsto al comma 8, si sopprime la lettera c), al fine di disporre che tale documento non debba contenere le eventuali variazioni nell'adozione delle misure di sicurezza temporanee minime previste all'articolo 10-ter, alla luce della progressiva realizzazione e del collaudo delle opere e degli impianti.
La soppressione è motivata secondo la relazione illustrativa dalle incertezze interpretative che la disposizione in esame ha generato: invero, alcuni Gestori, intendendo l’espressione “collaudo” ivi contenuta come collaudo funzionale e non come collaudo tecnico-amministrativo, hanno ritenuto che la previsione consentisse di rimuovere le misure di sicurezza temporanee minime di cui all’articolo 10-ter in via autonoma, a prescindere, quindi, dal rilascio di autorizzazione alla messa in servizio da parte della Commissione.
Al comma 1 dell’articolo 10-ter contenente la disciplina transitoria del processo di adeguamento delle gallerie aperte al traffico ai requisiti minimi di sicurezza, si indica che non solo fino al rilascio dell'autorizzazione alla messa in servizio di cui all'articolo 10-bis, comma 6, ma anche e comunque fino all’adempimento delle prescrizioni eventualmente impartite dalla Commissione, il Gestore provvede ad adottare e mantiene, per ciascuna galleria aperta al traffico, le misure di sicurezza temporanee minime. Inoltre, si specifica che la loro efficacia è asseverata, con cadenza semestrale, dal responsabile della sicurezza.
All’articolo 16 recante il regime sanzionatorio, si attuano le seguenti modifiche:
· l’intervallo della sanzione amministrativa pecuniaria per il mancato adempimento entro i termini previsti degli obblighi relativi richiesta di messa in servizio (di cui ai commi 5 e 5-bis dell’articolo 10-bis) viene incrementato a 300-500 mila euro, laddove prima era prevista una sanzione dai 100 ai 300 mila euro.
· Si introduce il comma 1-ter, con cui si specifica che in caso di mancato rispetto dei termini indicati nei cronoprogrammi comunicati dai Gestori ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 8, lettera a), dal quale deriva uno scostamento temporale superiore a sei mesi non giustificato da motivazioni tecniche e oggettive condivise dalla Commissione, il Gestore è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 150 mila euro.
· al comma 2 viene incrementato da diecimila a ventimila euro il limite minimo della sanzione amministrativa pecuniaria a cui è sottoposto il gestore che ometta di:
o redigere o trasmettere il rapporto per tutti gli incidenti o eventi di rilievo (di cui all'articolo 5, comma 3);
o trasmettere la relazione tecnica che analizza le circostanze in cui si è prodotto l'incidente o l'evento di rilievo (di cui all'articolo 5, comma 4);
o curare gli adempimenti relativi alle gallerie già in servizio (di cui all'articolo 10, commi 1, 3 e 5);
· inserisce il comma 5-ter, che prevede che con decreto del direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, si provvede all’individuazione e all’aggiornamento delle modalità per l'attuazione delle disposizioni sanzionatorie di cui ai commi 1, 1-bis, 1-ter, 2 e 3. A partire dalla data di adozione di tale decreto, le sanzioni sono irrogate dalla citata Agenzia sulla base delle risultanze istruttorie fornite dalla Commissione.
All’allegato 4, inerente all’approvazione del progetto, la documentazione di sicurezza, la messa in esercizio di una galleria, le modifiche ed esercitazioni periodiche (di cui all’articolo 4, comma 6), vengono apportate delle modifiche testuali, volte a specificare che gli elaborati contenenti la documentazione di sicurezza sono trasmessi e non inoltrati alla Commissione.
Inoltre, si dispone che tale documentazione di sicurezza debba essere asseverata da parte di organismi di controllo terzi e accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020 relativamente alla sussistenza dei requisiti minimi nonché all’effettiva realizzazione degli interventi di sicurezza necessari alla messa in servizio.
Infine, si inserisce l’Allegato 4-quater contenente l’elenco delle gallerie e la nuova data entro cui deve essere presentata l’istanza di messa in servizio da parte dei Gestori, con termini comunque non superiori al 31 dicembre 2027 (v. supra).
Per una maggiore chiarezza delle modifiche introdotte dalle norme in esame, si rinvia al seguente testo a fronte.
Decreto legislativo 5 ottobre 2006, n. 264 |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 8 del D.L. 131/2024 |
Art. 10-bis |
Art. 10-bis |
1. Al fine di assicurare un tempestivo ed efficiente processo di adeguamento ai requisiti minimi di sicurezza di cui all'articolo 3 delle gallerie aperte al traffico, per le quali, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, non è stata richiesta la messa in servizio secondo la procedura prevista dall'allegato 4, i Gestori, entro il 31 dicembre 2021, trasmettono, per ciascuna galleria, il progetto della sicurezza alla Commissione, corredato del relativo cronoprogramma di esecuzione dei lavori. |
Identico |
2. Per le gallerie stradali oggetto dell'estensione della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), come definita dal regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, i Gestori trasmettono alla Commissione, per ciascuna galleria, entro il 30 giugno 2023, il progetto della sicurezza, corredato del relativo cronoprogramma di esecuzione dei lavori. |
Identico |
3. Il livello di definizione tecnica degli interventi strutturali e impiantistici previsti dal progetto della sicurezza di cui ai commi 1 e 2 deve essere almeno quello di un progetto definitivo ai sensi dell'articolo 23 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e comunque tale da: a) individuare gli aspetti qualitativi e quantitativi degli interventi previsti, gli aspetti geometrico-spaziali e i requisiti prestazionali di opere e impianti; b) consentire la valutazione dell'idoneità delle specifiche scelte progettuali adottate, in relazione ai requisiti minimi di sicurezza di cui all'allegato 2. |
3. Il livello di definizione tecnica degli interventi strutturali e impiantistici previsti dal progetto della sicurezza di cui ai commi 1 e 2 deve essere almeno quello di un progetto di fattibilità tecnico-economica ai sensi dell’articolo 41 del Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, e comunque deve: a) individuare gli aspetti qualitativi e quantitativi degli interventi previsti, gli aspetti geometrico-spaziali e i requisiti prestazionali di opere e impianti; b) consentire la valutazione dell'idoneità delle specifiche scelte progettuali adottate, in relazione ai requisiti minimi di sicurezza di cui all'allegato 2. b-bis) contenere gli elaborati e la documentazione di cui all’allegato 4. |
4. Entro sessanta giorni dalla presentazione da parte del Gestore del progetto della sicurezza, la Commissione procede alla sua valutazione e all'eventuale approvazione, anche mediante la formulazione di specifiche prescrizioni. |
Identico |
5. In relazione al progetto della sicurezza approvato, il Gestore, eseguiti i lavori di adeguamento, trasmette la richiesta di messa in servizio, secondo la procedura prevista dall'allegato 4, entro il 31 dicembre 2025 o, per le gallerie stradali di cui al comma 2, entro il 30 giugno 2027. |
Identico |
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5-bis. Per le gallerie individuate nell’allegato 4-quater, la richiesta di messa in servizio di cui al comma 5 è presentata entro i termini indicati per ciascuna galleria nel medesimo allegato. La richiesta di messa in servizio di cui al primo periodo non può in ogni caso essere presentata oltre il 31 dicembre 2027. |
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5-ter. La trasmissione incompleta della documentazione a corredo della richiesta di messa in servizio di cui ai commi 5 e 5-bis, qualora non sanata entro trenta giorni dalla richiesta di integrazione da parte della Commissione, comporta l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 16, comma 1-bis, diminuita di un terzo. |
6. In relazione alla richiesta di messa in servizio di cui al comma 5, la Commissione, previa visita di sopralluogo alla galleria, entro sessanta giorni dalla presentazione da parte del Gestore, autorizza la messa in servizio della galleria impartendo, ove necessario, specifici prescrizioni e adempimenti, anche mediante eventuali limitazioni all'esercizio. |
6. In relazione alla richiesta di messa in servizio di cui ai commi 5 e 5-bis, la Commissione, previa visita di sopralluogo alla galleria, entro centottanta giorni dalla presentazione da parte del Gestore, autorizza la messa in servizio della galleria impartendo, ove necessario, specifici prescrizioni e adempimenti, anche mediante eventuali limitazioni all'esercizio. |
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino alla richiesta di messa in servizio di cui al comma 5, i Gestori, allo scopo di consentire alla Commissione e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il controllo delle attività finalizzate all'adeguamento ai requisiti di cui all'articolo 3, nonché dell'attuazione delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter, trasmettono un rapporto semestrale di monitoraggio entro il 31 gennaio e il 31 luglio di ogni anno. |
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino alla richiesta di messa in servizio di cui ai commi 5 e 5-bis, i Gestori, allo scopo di consentire alla Commissione e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il controllo delle attività finalizzate all'adeguamento ai requisiti di cui all'articolo 3, nonché dell'attuazione delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter, trasmettono un rapporto semestrale di monitoraggio entro il 31 gennaio e il 31 luglio di ogni anno. |
8. Il rapporto semestrale di monitoraggio contiene: a) lo stato di avanzamento delle attività relative al processo di adeguamento delle gallerie alle misure di sicurezza di cui all'articolo 3, che evidenzi l'avanzamento effettivo delle attività rispetto a quello programmato nel progetto della sicurezza di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo; b) le risultanze del monitoraggio funzionale delle gallerie svolto mediante adeguati sistemi di controllo, anche alla luce dell'adozione delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter; c) le eventuali variazioni nell'adozione delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter, alla luce della progressiva realizzazione e del collaudo delle opere e degli impianti; d) una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante del Gestore ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dal Responsabile della sicurezza e dall'esperto qualificato di cui al punto 2.3 dell'allegato 4, relativa alla corretta adozione e alla perdurante idoneità, sotto il profilo della sicurezza, delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter. |
8. Il rapporto semestrale di monitoraggio contiene: a) lo stato di avanzamento delle attività relative al processo di adeguamento delle gallerie alle misure di sicurezza di cui all'articolo 3, che evidenzi l'avanzamento effettivo delle attività rispetto a quello programmato nel progetto della sicurezza di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo; b) le risultanze del monitoraggio funzionale delle gallerie svolto mediante adeguati sistemi di controllo, anche alla luce dell'adozione delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter;
d) una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante del Gestore ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dal Responsabile della sicurezza e dall'esperto qualificato di cui al punto 2.3 dell'allegato 4, relativa alla corretta adozione e alla perdurante idoneità, sotto il profilo della sicurezza, delle misure di sicurezza temporanee minime di cui all'articolo 10-ter. |
9. In caso di ritardi nel processo di adeguamento delle gallerie ai requisiti di cui all'articolo 3, la Commissione può proporre alle prefetture - uffici territoriali del Governo competenti di adottare le necessarie azioni e misure correttive. In caso di mancata presentazione della richiesta di messa in servizio di cui al comma 5, le prefetture - uffici territoriali del Governo possono disporre sospensioni dell'esercizio, con indicazione di eventuali percorsi alternativi, o ulteriori limitazioni dell'esercizio rispetto a quelle eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 10-ter. |
9. In caso di ritardi nel processo di adeguamento delle gallerie ai requisiti di cui all'articolo 3, la Commissione può proporre alle prefetture - uffici territoriali del Governo competenti di adottare le necessarie azioni e misure correttive. In caso di mancata presentazione della richiesta di messa in servizio di cui ai commi 5 e 5-bis, le prefetture - uffici territoriali del Governo possono disporre sospensioni dell'esercizio, con indicazione di eventuali percorsi alternativi, o ulteriori limitazioni dell'esercizio rispetto a quelle eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 10-ter. |
10. Le informazioni concernenti, in particolare, il cronoprogramma delle opere ed in generale l'avanzamento fisico, finanziario e procedurale delle stesse sono desunte dal sistema di monitoraggio di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.
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Identico |
Art. 10-ter |
Art. 10-ter |
1. Fino al rilascio dell'autorizzazione alla messa in servizio di cui all'articolo 10-bis, comma 6, il Gestore provvede ad adottare, per ciascuna galleria aperta al traffico, le misure di sicurezza temporanee minime. |
1. Fino al rilascio dell'autorizzazione alla messa in servizio di cui all'articolo 10-bis, comma 6, e comunque fino all’adempimento delle prescrizioni eventualmente impartite dalla Commissione, il Gestore provvede ad adottare e mantiene, per ciascuna galleria aperta al traffico, le misure di sicurezza temporanee minime, la cui efficacia è asseverata, con cadenza semestrale, dal responsabile della sicurezza. |
2. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 10, la Commissione può disporre ulteriori limitazioni dell'esercizio nei casi di: a) inadempienza alle misure di sicurezza temporanee minime, accertata a seguito di visita ispettiva di cui agli articoli 11 e 12; b) omessa trasmissione o trasmissione incompleta delle dichiarazioni relative all'adozione delle misure di sicurezza temporanee minime ovvero delle dichiarazioni relative ai rapporti semestrali di monitoraggio di cui all'articolo 10-bis, comma 8. |
Identico |
Art. 16 |
Art. 16 |
1. È soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a centocinquantamila euro il Gestore il quale: a) non adotti le misure di sicurezza di cui all'articolo 3, commi 1 e 2; b) ometta di nominare il responsabile della sicurezza ed il suo sostituto. |
Identico |
1-bis. È soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da centomila euro a trecentomila euro il Gestore che ometta di adempiere agli obblighi di cui all'articolo 10-bis, comma 5, entro i termini ivi previsti. |
1-bis. È soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da trecentomila euro a cinquecentomila euro il Gestore che ometta di adempiere agli obblighi di cui all'articolo 10-bis, commi 5 e 5-bis, entro i termini ivi previsti. |
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1-ter. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 10-bis, commi 5 e 5-bis, in caso di mancato rispetto dei termini indicati nei cronoprogrammi comunicati dai Gestori ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 8, lettera a), dal quale deriva uno scostamento temporale superiore a sei mesi non giustificato da motivazioni tecniche e oggettive condivise dalla Commissione, il Gestore è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a centocinquantamila euro. |
2. È soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila euro a cinquantamila euro il Gestore il quale: a) ometta di redigere o trasmettere il rapporto di cui all'articolo 5, comma 3; b) ometta di trasmettere la relazione tecnica di cui all'articolo 5, comma 4; c) ometta di curare gli adempimenti di cui all'articolo 10, commi 1, 3 e 5. |
2. È soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro a cinquantamila euro il Gestore il quale: a) ometta di redigere o trasmettere il rapporto di cui all'articolo 5, comma 3; b) ometta di trasmettere la relazione tecnica di cui all'articolo 5, comma 4; c) ometta di curare gli adempimenti di cui all'articolo 10, commi 1, 3 e 5. |
Commi da 3 a 5-bis Omissis |
Identici |
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5-ter. Con decreto del direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, si provvede all’individuazione e all’aggiornamento delle modalità per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 1-bis, 1-ter, 2 e 3. Dalla data di adozione del decreto di cui al primo periodo, le sanzioni sono irrogate dall’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali sulla base delle risultanze istruttorie fornite dalla Commissione. |
Allegato 4 |
Allegato 4 |
Punti da 1 a 3.3 Omissis |
Identici |
3.4 Il Gestore della galleria inoltra la documentazione di sicurezza alla Commissione, corredandola del parere del Responsabile della sicurezza. La Commissione decide se autorizzare l'apertura della galleria al pubblico o imporre restrizioni all'apertura, e lo notifica al Gestore della galleria. Una copia della decisione viene inviata ai servizi di pronto intervento. |
3.4 Il Gestore della galleria trasmette gli elaborati progettuali e la documentazione di sicurezza alla Commissione, asseverata da parte di organismi di controllo terzi e accreditati ai sensi della norma europea UNI CEI EN ISO/IEC 17020 relativamente alla sussistenza dei requisiti minimi nonché all’effettiva realizzazione degli interventi di sicurezza necessari alla messa in servizio, corredandola del parere del Responsabile della sicurezza. La Commissione decide se autorizzare l'apertura della galleria al pubblico o imporre restrizioni all'apertura, e lo notifica al Gestore della galleria. Una copia della decisione viene inviata ai servizi di pronto intervento. |
Punti da 4 a 5 Omissis |
Identici |
Articolo 9
(Modifiche in materia di lavoratori stagionali di Paesi terzi con riferimento all’idoneità alloggiativa – Procedura d’infrazione n. 2023/2022)
L’articolo 9 prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria - da un minimo di 350 ad un massimo di 5.500 euro per ciascun lavoratore - nei confronti del datore di lavoro che, in violazione della normativa vigente, mette a disposizione del lavoratore stagionale straniero un alloggio privo di idoneità alloggiativa o ad un canone eccessivo, rispetto alla qualità dell’alloggio e alla retribuzione, ovvero trattiene l’importo del canone direttamente dalla retribuzione del lavoratore.
Tale previsione è posta al fine della risoluzione della procedura di infrazione n. 2023/2022 avviata nei confronti dell’Italia per il recepimento non pienamente conforme della direttiva 2014/36/UE relativa alle condizioni di ingresso e di soggiorno di cittadini di Paesi terzi come lavoratori stagionali.
Preliminarmente, occorre ricordare che la normativa vigente, di cui all’articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 286/1998, dispone che il datore di lavoro (o le associazioni di categoria per conto dei loro associati) che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale nei settori agricolo e turistico/alberghiero con uno straniero deve presentare, tra l’altro, idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero[13].
Ai fini della presentazione di tale documentazione, se il datore di lavoro fornisce l'alloggio, esibisce al momento della sottoscrizione del contratto di soggiorno un titolo idoneo a provarne l'effettiva disponibilità e nel quale sono specificate le condizioni a cui l'alloggio è fornito, nonché l'idoneità alloggiativa ai sensi delle disposizioni vigenti. L'eventuale canone di locazione non può essere eccessivo rispetto alla qualità dell'alloggio e alla retribuzione del lavoratore straniero e, in ogni caso, non è superiore ad un terzo di tale retribuzione. Il medesimo canone non può essere decurtato automaticamente dalla retribuzione del lavoratore.
Il presente articolo 9 prevede che, in caso di violazione da parte del datore di lavoro delle suddette prescrizioni dettate dal richiamato comma 3 relative alla idoneità alloggiativa e al canone di locazione, il medesimo datore sia punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 350 a 5.500 euro per ciascun lavoratore straniero.
La disposizione in commento ribadisce altresì, collegandosi a quanto già previsto dal richiamato comma 3 dell’articolo 24 del D.Lgs. 286/1998, che il canone è sempre eccessivo quando è superiore ad un terzo della retribuzione
Come riportato nella rubrica della presente disposizione, nonché nella relazione illustrativa allegata al presente provvedimento, la disposizione in commento è posta al fine della risoluzione della procedura di infrazione n. 2023/2022 avviata nei confronti dell’Italia per il recepimento non pienamente conforme della direttiva 2014/36/UE relativa alle condizioni di ingresso e di soggiorno di cittadini di Paesi terzi come lavoratori stagionali.
In particolare, secondo la richiamata relazione illustrativa, l’articolo 9 consente il superamento dei rilievi sollevati dalla Commissione europea per quanto concerne la previsione di sanzioni nel caso in cui il datore di lavoro non assolva gli obblighi derivanti dalla richiamata direttiva, anche in ordine a quello di fornire ai lavoratori stagionali un alloggio che garantisca loro un tenore di vita adeguato (articoli 17, paragrafo 1, e 20, paragrafi 1 e 2, della direttiva).
I commi 1 e 3 dell’articolo 10 modificano la disciplina del computo (su domanda) dei periodi di contribuzione pensionistica maturati in base a rapporti di lavoro dipendente svolti presso organizzazioni internazionali. La novella di cui al comma 1[14] estende, con decorrenza – come stabilisce il comma 3 – dal 1° gennaio 2025, l’ambito di applicazione della possibilità di computo in oggetto. La disciplina finora vigente fa riferimento esclusivamente ai casi di rapporti di lavoro dipendente presso organizzazioni internazionali svolti nel territorio dell'Unione europea o della Confederazione svizzera e concerne il computo dei periodi assicurativi[15] maturati presso le suddette organizzazioni limitatamente ai casi in cui il medesimo computo sia necessario al fine del conseguimento del diritto – nell’ordinamento pensionistico italiano – alla pensione di vecchiaia o anticipata o di invalidità o in favore dei superstiti. La novella in esame, con decorrenza, come detto, dal 1° gennaio 2025: estende il riferimento ai rapporti di lavoro dipendente svolti presso organizzazioni internazionali in altri Stati dello Spazio economico europeo[16]; estende la possibilità di computo ai periodi assicurativi che il soggetto alle dipendenze – nel territorio dell'Unione europea, di altri Stati dello Spazio economico europeo o della Confederazione svizzera – di un’organizzazione internazionale abbia maturato negli ordinamenti pensionistici dei suddetti Stati. Restano ferme le altre condizioni previste per il computo e resta fermo che quest’ultimo non ha effetti sulla misura del trattamento pensionistico italiano (il quale è quindi calcolato senza tener conto dei periodi in oggetto).
Il comma 2 del presente articolo 10 provvede alla quantificazione dell’onere finanziario derivante dai commi 1 e 3 e alla relativa copertura.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[17] osserva che l’intervento di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo in esame è inteso ad accogliere le osservazioni formulate dai servizi della Commissione europea nell’ambito del caso EU Pilot (2021) 10047-Empl[18], caso relativo alla piena applicazione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 4 luglio 2013 (causa C?233/12). Si ricorda che tale sentenza ha dichiarato incompatibile con il principio[19] sulla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione europea la normativa di uno Stato membro che non consenta almeno una delle seguenti due possibilità: il trasferimento del capitale rappresentativo dei diritti a pensione già maturati in uno Stato membro presso il regime pensionistico dell'organizzazione internazionale interessata; la "considerazione" dei periodi di lavoro svolti presso un'organizzazione[20].
Riguardo alla suddetta estensione operata dalla novella di cui al comma 1, si fa presente che la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[21] fa riferimento anche all’ipotesi di computo – al solo fine summenzionato del conseguimento del diritto a un trattamento pensionistico nell’ordinamento italiano – di periodi assicurativi maturati in Stati diversi da quelli sopra menzionati, purché legati all’Italia da convenzioni bilaterali di sicurezza sociale. Il riferimento all’ipotesi relativa a tali Stati non è tuttavia presente nel testo del decreto.
In merito alla disciplina oggetto della presente estensione, si ricorda che la possibilità di computo in esame riguarda i soggetti (anche non italiani) iscritti o già iscritti ad una delle forme pensionistiche obbligatorie di base previste nella normativa italiana, ivi comprese quelle gestite da persone giuridiche di diritto privato, a condizione della sussistenza di almeno 52 settimane di contribuzione maturate negli ordinamenti pensionistici interni.
Sono esclusi dalla possibilità di computo: i periodi che si sovrappongano a periodi già riconosciuti negli ordinamenti pensionistici interni (e rientranti tra quelli su cui si basa la domanda di pensione); i periodi che siano stati oggetto di rimborso.
I trattamenti pensionistici derivanti dalla domanda di computo in esame decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda medesima[22] ovvero, in caso di pensione ai superstiti, dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del dante causa (decorrenza, quest’ultima, retroattiva).
Resta ferma – in alternativa alla domanda di computo – la possibilità di riscatto – secondo la normativa relativa al riscatto dei periodi di lavoro svolti all'estero[23] – dei periodi contributivi inerenti a rapporti di lavoro presso un'organizzazione internazionale.
Si ricorda inoltre che, in base alla disciplina sul computo in esame, lo scambio di informazioni e notizie in materia con le organizzazioni internazionali può avvenire anche attraverso modalità informatiche; i dati personali trasmessi sono tenuti riservati e possono essere impiegati esclusivamente al fine di applicare la disciplina pensionistica in esame, nel rispetto della normativa in vigore sulla protezione dei dati.
Il comma 2 del presente articolo 10 opera la quantificazione degli effetti finanziari derivanti dai commi 1 e 3 per ciascun anno del periodo 2025-2034 e provvede alla relativa copertura[24]. Almeno nella formulazione letterale, le norme finanziarie in oggetto non fanno riferimento agli anni successivi al 2034. La suddetta copertura è reperita mediante riduzione, in misura annua corrispondente all’importo dell’onere previsto per il medesimo anno, del fondo (iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) per il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea[25]. Il medesimo comma 2 esclude, per gli oneri in oggetto, l’applicazione della clausola stabilita per gli altri oneri derivanti dall’istituto del computo in esame, clausola[26] secondo cui, qualora si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede con decreto alla riduzione, nella correlata misura necessaria, in via prioritaria del Fondo nazionale per le politiche sociali[27] ed eventualmente del Fondo sociale per occupazione e formazione[28]. La suddetta relazione illustrativa osserva che l’esclusione di tale clausola è dovuta alla considerazione che i due fondi citati non hanno finalità pensionistiche.
Resta invece ferma la clausola sul monitoraggio[29], secondo la quale l'INPS provvede al monitoraggio degli oneri finanziari derivanti dall’istituto del computo in esame e riferisce in merito al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro dell'economia e delle finanze.
L’articolo 11, a fronte della procedura di infrazione 2014/4231, avviata dalla Commissione UE, modifica la disciplina relativa al computo dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva dovuta al lavoratore in caso di rapporto di lavoro determinato dichiarato illegittimo in sede giudiziale. In particolare, la norma consente al prestatore di ottenere un risarcimento superiore al limite delle 12 mensilità, laddove riesca a provare di aver subito un maggior danno.
La norma, inoltre, abroga la disposizione che riduceva della metà i limiti minimi e massimi di risarcimento laddove i CCNL prevedano l'assunzione di lavoratori, già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie.
Come sopra accennato, la norma in esame interviene a fronte della procedura di infrazione 2014/4231 avviata nei confronti dell’Italia con lettera di costituzione in mora della Commissione UE in data 25 luglio 2019, a cui ha fatto seguito, in data 3 dicembre 2020, una lettera di costituzione in mora complementare. Secondo quanto asserito dalla Commissione UE nei predetti atti, la disciplina nazionale italiana si pone in contrasto con la normativa UE (in particolare, con la direttiva 1999/70/CE del Consiglio) in materia di utilizzo abusivo della successione di contratti a tempo determinato.
In data 19 aprile 2023, la Commissione ha inviato all’Italia parere motivato ex art. 258 TFUE evidenziando il recepimento non corretto nell'ordinamento nazionale dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, contenuto nella direttiva 1999/70/CE del Consiglio, che impone il rispetto del principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato (clausola n. 4) e obbliga gli Stati membri a disporre misure atte a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato[30] (clausola n. 5).
Innanzitutto, l’articolo 11 innova la disciplina in materia di indennità risarcitoria derivante da illegittima apposizione del termine in un contratto di lavoro a tempo determinato.
A tal riguardo, si segnala che la predetta disciplina è contenuta all’articolo 28 D.L.gs. 81/2015, il quale ha sostituito l’abrogato articolo 32, comma 5, L. 183/2010[31].
In particolare, il comma 2 dell’articolo 28 prescrive che in presenza della conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, giudizialmente disposta, “il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge n. 604 del 1966.
Secondo la lettera della norma, inoltre, tale indennità ristora per intero il dipendente, ricomprendendo sia le conseguenze retributive sia quelle contributive relative al periodo intercorrente tra la scadenza del termine contrattuale e “la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.
Occorre ricordare che la Consulta ha affrontato la questione relativa al danno patito dal lavoratore ed alla sua risarcibilità in forma forfetaria, ritenendo quest’ultima costituzionalmente legittima.
Con sentenza n. 303 del 2011, i giudici costituzionali hanno rilevato come “un'interpretazione costituzionalmente orientata (…) induce a ritenere che il danno forfetizzato dall'indennità in esame copre soltanto il periodo cosiddetto "intermedio", quello, cioè, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto”.
A partire dalla sentenza con cui il giudice, dispone la conversione in contratto a tempo indeterminato, “è da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva”.
Diversamente opinando, la tutela fondamentale della conversione del rapporto in lavoro a tempo indeterminato sarebbe completamente svuotata. Se, infatti, il datore di lavoro, anche dopo l'accertamento giudiziale del rapporto a tempo indeterminato, potesse limitarsi al versamento di una somma compresa tra 2,5 e 12 mensilità di retribuzione, non subirebbe alcun deterrente idoneo ad indurlo a riprendere il prestatore a lavorare con sé. E lo stesso riconoscimento della durata indeterminata del rapporto da parte del giudice sarebbe posto nel nulla”.
Inoltre, ad avviso della Corte, il regime risarcitorio de quo non ammette la detrazione dell’aliunde perceptum, confermando il chiaro valore sanzionatorio dell’indennità omnicomprensiva. Quest’ultima, infatti, “è dovuta in ogni caso, al limite anche in mancanza di danno, per avere il lavoratore prontamente reperito un'altra occupazione”.
Pertanto, tale regime risarcitorio, omnicomprensivo e forfetario, consente di contemperare gli interessi del dipendente e quelli datoriali, in quanto “al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un'indennità che gli è dovuta sempre e comunque, senza necessità né dell'offerta della prestazione, né di oneri probatori di sorta. Al datore di lavoro, per altro verso, assicura la predeterminazione del risarcimento del danno dovuto per il periodo che intercorre dalla data d'interruzione del rapporto fino a quella dell'accertamento giudiziale del diritto del lavoratore al riconoscimento della durata indeterminata di esso”.
Inoltre, sempre con riferimento alla nozione di onnicomprensività dell’indennità risarcitoria ed alla sua liquidazione con metodo forfetario, occorre osservare quanto segue.
La giurisprudenza di Cassazione, premettendo e facendo propri i principi enunciati dalla Corte Costituzionale (v. supra), ha affermato che l’indennità risarcitoria opera “come una sorta di penale stabilita dalla legge (…) a carico del datore di lavoro per la nullità del termine apposto al contratto di lavoro e determinata dal giudice nei limiti e con i criteri dettati dalla legge, a prescindere sia dall'esistenza del danno effettivamente subito dal lavoratore (…) sia dalla messa in mora del datore di lavoro, con carattere "forfetizzato", "onnicomprensivo" di ogni danno subito per effetto della nullità del termine”, nel periodo cd. “intermedio” che va dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di tale termine e dispone la conversione del rapporto di lavoro (v. Cass. Civ. sent. n. 3056/2012; in termini diversi v. Cass. Civ. sent. 13732/2014).
Ciò premesso, con la novella disposta dall’articolo 11 si amplia la misura risarcitoria cui può accedere il lavoratore, in quanto, fermi restando i parametri presenti al comma 2 dell’articolo 25, il giudice è legittimato a liquidare l’indennità risarcitoria in misura superiore ai tetti previsti, a condizione che “il lavoratore dimostri di aver subito un maggior danno”.
Infine, l’articolo 11 dispone l’abrogazione del comma 3 dell’articolo 28 d.lgs. 81/2015, il quale riduce alla metà il limite massimo dell’indennità risarcitoria di cui al comma 2, nei casi in cui vi siano dei contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche con contratto a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell'ambito di specifiche graduatorie.
L’articolo 12, a fronte della procedura di infrazione 2014/4231, avviata dalla Commissione UE, apporta modifiche in materia di abuso nell’utilizzo di una successione di contratti o rapporti a tempo determinato nel pubblico impiego, incidendo sulla misura e sui criteri di liquidazione del danno risarcibile, patito dal lavoratore. In particolare, per espressa previsione della norma, la nuova disciplina sostituisce le disposizioni che regolano la responsabilità dei dirigenti che, per dolo o colpa grave, hanno operato in violazione delle condizioni che consentono l’assunzione del personale con contratti di lavoro flessibili all’interno delle p.a.
Il suddetto articolo 12, come sopra accennato, interviene in ottemperanza alla procedura di infrazione 2014/4231, con la quale la Commissione UE contesta all’Italia l’errato recepimento della direttiva 1999/70/CE del Consiglio in materia di utilizzo abusivo della successione di contratti a tempo determinato. In particolare, secondo quanto asserito dalla Commissione, la disciplina nazionale si porrebbe in contrasto con il principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, anche con riferimento ai pubblici dipendenti (per maggiore approfondimento v. scheda di lettura art. 11).
Si ricorda che la disciplina dell’utilizzo delle forme di contratto flessibile all’interno delle amministrazioni è contenuta all’articolo 36 del D.lgs. 165/2001. Tali forme contrattuali rappresentano un’eccezione nel pubblico impiego, in quanto è possibile derogare all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (comma 1), “soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall'articolo 35” (comma 2).
Per quanto concerne il contratto a tempo determinato, il comma 2 dell’articolo 36, rinvia alla disciplina dettata in via generale dall’art. 19 e ss. del D.lgs. 81/2015, il quale si applica al pubblico impiego nella sua versione originaria, ossia senza le modifiche introdotte dal D.L. 87/2018 (v. art. 19, comma 5-bis d.lgs. 81/2015). Pertanto, la durata massima del contratto a termine nelle amministrazioni pubbliche rimane di 36 mesi e non si fa luogo all’applicazione delle causali introdotte con il cd. Decreto dignità (D.L. 87/2018).
Ciò premesso, l’articolo 12, incide sul comma 5 dell’art. 36 D.Lgs. 165/2001, che regola le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme imperative in materia di assunzione dei dipendenti pubblici e di utilizzo di forme flessibili di lavoro.
Nello specifico, il predetto comma esclude espressamente la conversione in contratti di lavoro a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro flessibili illegittimi, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
Con riferimento alla mancata conversione nel pubblico impiego in rapporti a tempo indeterminato dei contratti a termine illegittimi si è espressa anche la Corte di Giustizia. In particolare, quest’ultima ha ritenuto compatibile con la clausola n. 5 (in tema di prevenzione degli abusi relativi ai contratti a tempo determinato) dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato contenuto nella direttiva 1999/70/CE la disciplina dell’articolo 36, comma 5, d.lgs. 165/2001, in quanto la disciplina europea non è autoapplicativa e la predetta clausola non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a temine illegittimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia (cfr. CGUE ordinanza 12 dicembre 2013, Papalia, C-50/13, la quale richiama altre pronunce tra cui sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C-212/04; del 7 settembre 2006, M. e S., C-53/04; Vassallo, C-180/04, e del 23 aprile 2009, Angelidaki e a., C-378/07).
La Corte di giustizia, inoltre, afferma in maniera inequivoca che la clausola 5 dell'accordo quadro non osta ad un trattamento differenziato tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico in materia di tutela rispetto al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da parte del datore di lavoro (v. CGUE sentenza 7 settembre 2006, M. e S., C-53/04).
Peraltro, la compatibilità del regime differenziato impiego privato/impiego pubblico è stata sancita anche con riferimento al canone costituzionale del principio di eguaglianza del nostro ordinamento interno (v. Corte Cost. n. 89/2003).
Tutti i principi appena esposti sono ribaditi espressamente anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (v. S.U. Civ. Sent. n 5072 del 15 marzo 2016).
Inoltre, lo stesso comma 5 consente al lavoratore interessato di ottenere il risarcimento del danno subito a causa della violazione delle norme imperative che permettono l’utilizzo di contratti di lavoro flessibili all’interno delle p.a.
All’interno di tale contesto, l’articolo 12, esaminato in questa sede, regola la risarcibilità del danno subito dal lavoratore derivante dall’utilizzo abusivo da parte della p.a. di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato in maniera illegittima.
La norma prevede che, salva la possibilità per il lavoratore di provare un maggior danno patito, il dipendente ha diritto a ottenere un’indennità compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità calcolate sull’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
L’importo che deve essere corrisposto deve tener conto della gravità della violazione anche in relazione al numero di contratti a termine sottoscritti dalle parti e alla durata globale del rapporto di lavoro.
Si fa presente che le disposizioni introdotte dall’articolo 12 sostituiscono il terzo, il quarto ed il quinto periodo del comma 5 dell’art. 36 D.Lgs. 165/2001. Si rammenta che queste ultime disposizioni stabiliscono, rispettivamente, l’obbligo per le p.a. di ripetere nei confronti dei dirigenti responsabili, che hanno agito con dolo o colpa grave, le somme corrisposte ai lavoratori a titolo di risarcimento per l’utilizzo illegittimo di forme flessibili di lavoro. Tali violazioni costituiscono fonte di responsabilità dirigenziale ex art. 21 D.Lgs. 165/2001 e concorrono a formare oggetto di valutazione del dirigente.
A tal riguardo la relazione illustrativa chiarisce che l’eliminazione dei predetti periodi del comma 5 è dovuta al fatto che, per quanto concerne le assunzioni, sia a tempo indeterminato che determinato, le scelte sono compiute dagli organi di vertice politico delle amministrazioni e riversate nell'atto di programmazione (PIAO), comportando la necessità per il dirigente di adeguarsi ad esse, salvo che queste siano manifestamente illegittime. Ne deriva, pertanto, che i dirigenti non possiedono l’autonomia necessaria per stipulare contratti di lavoro se non nei limiti (e anche nelle responsabilità) di quanto previsto dagli atti di programmazione.
Inoltre, se il dirigente dovesse agire in difformità rispetto alle indicazioni e alle direttive poste dall’organo politico incorrerebbe, comunque, nella responsabilità dirigenziale di cui all’art. 21 D.lgs. 165/2001.
Infine, si ricorda la previsione contenuta al comma 5-quater il quale dispone, in caso di contratti di lavoro posti in essere in violazione dell’art. 36, le seguenti sanzioni:
§ la nullità di tali contratti;
§ la responsabilità erariale;
§ la responsabilità dirigenziale ex art. 21 D.Lgs. 165/2001;
§ la mancata corresponsione della retribuzione di risultato in favore del dirigente responsabile.
L’articolo 13 novella l’articolo 19-ter della L. n. 157 del 1992, in materia di Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, introducendo un comma aggiuntivo al fine di prevedere che, nell’applicazione della suddetta disposizione, sia rispettato quanto previsto nelle direttive 2009/147/CE (c.d. direttiva Uccelli) e 92/43/CEE (c.d. direttiva Habitat).
Nel dettaglio la disposizione in esame, composta da un unico comma, interviene sull’articolo 19-ter della L. n. 157/1992 inserendovi il nuovo comma 5-bis. Essa stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 19-ter della L. n. 157/1992 debbano trovare applicazione nel rispetto di quanto previsto dalla disciplina di recepimento della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
L’art. 19-ter,introdotto dall'art. 1, comma 448, L. 29 dicembre 2022, n. 197 , reca disposizioni in materia di Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, da adottarsi con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con Il Ministro della sovranità alimentare e delle foreste, inteso come strumento programmatico, di coordinamento e di attuazione dell'attività di gestione e contenimento numerico della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura. Si fa presente che con Decreto del 13 giugno 2023, pubblicato nella G.U. Serie Generale n. 152 del 1° luglio 2023 è stato adottato il suddetto piano di durata quinquennale.
La disposizione in commento fa riferimento alla procedura di infrazione n. 2023/2187, avviata dalla Commissione in ragione della asserita violazione della direttiva 2009/147/CE (c.d. direttiva Uccelli) da parte dell’Italia.
Il 7 febbraio 2024 la Commissione europea ha inviato all'Italia due lettere di costituzione in mora avviando altrettante procedure di infrazione relative ad alcune disposizioni italiane in materia di caccia e all'attuazione della normativa europea volta a limitare le catture accessorie di uccelli e specie marine.
Con la prima procedura d'infrazione (2023_2187) la Commissione europea contesta il mancato rispetto della direttiva Uccelli e del regolamento sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (cosiddetto regolamento REACH), modificato.
La direttiva Uccelli è volta a proteggere tutte le specie di uccelli selvatici naturalmente presenti nell'UE e i loro habitat. Il regolamento REACH vieta l'uso di munizioni contenenti piombo (in una concentrazione superiore all'1% di peso) all'interno o in prossimità di zone umide al fine di proteggere gli uccelli acquatici, l'ambiente e la salute umana.
Ad avviso della Commissione europea alcuni atti legislativi italiani non sono conformi a tale normativa dell'UE. In particolare, contrasterebbe con la direttiva Uccelli il conferimento alle regioni, da parte della legislazione italiana, del potere di autorizzare l'uccisione o la cattura di specie di fauna selvatica anche in aree in cui la caccia è vietata, come le aree protette, e in periodi dell'anno in cui la caccia è vietata.
La Commissione europea ritiene inoltre la legislazione italiana non conforme alle disposizioni del regolamento REACH modificato ed in particolare al divieto di utilizzo di munizioni al piombo nelle zone umide.
Con la seconda procedura d'infrazione (2023_2181), la Commissione contesta la mancata attuazione delle misure della direttiva Habitat volte a monitorare e ad evitare le catture accessorie di cetacei, tartarughe e uccelli marini da parte dei pescherecci. Oltre alla richiamata direttiva, la tutela della biodiversità è inclusa tra i principali obiettivi ambientali dal Green Deal europeo e dalla strategia sulla biodiversità per il 2030.
Secondo la Commissione europea l'Italia non avrebbe istituito un sistema di monitoraggio delle catture e uccisioni accidentali di specie protette; non avrebbe svolto ricerche né adottato misure di conservazione per evitare un impatto negativo significativo sulla popolazione delle specie protette delle catture e uccisioni accidentali, né misure per evitare perturbazioni di diverse specie marine e di uccelli marini nei siti Natura 2000 designati per la loro conservazione. Infine, l'Italia non avrebbe monitorato lo stato di conservazione di diverse specie protette.
La Direttiva 92/43 "Habitat", e la Direttiva 2009/147 "Uccelli" costituiscono il cuore della politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità e sono la base legale su cui si fonda Natura 2000.
Scopo della Direttiva Habitat è "salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato" (art 2). Per il raggiungimento di questo obiettivo la Direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati. La Direttiva è costruita intorno a due pilastri: la rete ecologica Natura 2000, costituita da siti mirati alla conservazione di habitat e specie elencati rispettivamente negli allegati I e II, e il regime di tutela delle specie elencate negli allegati IV e V. La Direttiva stabilisce norme per la gestione dei siti Natura 2000 e la valutazione d'incidenza (art 6), il finanziamento (art 8), il monitoraggio e l'elaborazione di rapporti nazionali sull'attuazione delle disposizioni della Direttiva (articoli 11 e 17), e il rilascio di eventuali deroghe (art. 16). Riconosce inoltre l'importanza degli elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione ecologica per la flora e la fauna selvatiche (art. 10). Il recepimento della Direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357.
La direttiva "Uccelli" riconosce la perdita e il degrado degli habitat come i più gravi fattori di rischio per la conservazione degli uccelli selvatici; si pone quindi l'obiettivo di proteggere gli habitat delle specie elencate nell'Allegato I e di quelle migratorie non elencate che ritornano regolarmente, attraverso una rete coerente di Zone di Protezione Speciale (ZPS) che includano i territori più adatti alla sopravvivenza di queste specie. Diversamente dai SIC, la cui designazione in ZSC richiede una lunga procedura, le ZPS sono designate direttamente dagli Stati membri ed entrano automaticamente a far parte della rete Natura 2000.
Il recepimento in Italia della Direttiva Uccelli (la prima Direttiva 79/409 è stata successivamente abrogata dalla Direttiva 2009/147), è avvenuto attraverso la Legge n. 157 dell'11 febbraio 1992. Il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, e sue successive modifiche e integrazioni, integra il recepimento della Direttiva Uccelli.
In estrema sintesi la legge riconosce la fauna selvatica come patrimonio indisponibile dello Stato e ne prevede la tutela nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
Nel corso della attuale legislatura il provvedimento è stato oggetto di numerosi interventi modificativi ed integrativi. Si segnalano al riguardo quelli apportati dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 447-449, L. n. 197/2022), che ha interamente sostituito l'articolo 19 in materia di controllo della fauna selvatica e che ha aggiunto l'articolo 19-ter in materia di Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica.
Inoltre, ulteriori modifiche hanno riguardato:
§ l'articolo 18 in materia di specie cacciabili e periodi di attività venatoria (articolo 11-bis, D.L. n. 104/2023);
§ l'articolo 31 in materia di sanzioni amministrative: chiunque, nell'esercizio dell'attività di tiro, nel tempo e nel percorso necessario a recarvisi o a rientrare dopo aver svolto tale attività, detiene munizioni contenenti una concentrazione di piombo, espressa in metallo, uguale o superiore all'1 per cento in peso, all'interno di una zona umida o entro 100 metri dalla stessa, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20 a euro 300 (articolo 11-ter, D.L. n. 104/2023).
Ulteriormente, è stato previsto anche che:
§ i Corpi forestali della regione Friuli Venezia Giulia e delle province autonome di Trento e di Bolzano possono dotare il proprio personale di nebulizzatori a base di capsaicina. Tali strumenti possono essere portati senza licenza durante il servizio e non possono essere impiegati sull'uomo (articolo 17-bis, comma 2, D.L. 44/2023);
§ con riguardo alla tutela dell'orso marsicano, chi li abbatte, cattura o detiene è sottoposto ad una sanzione penale (articolo 6-bis, D.L. n. 105/2023).
Come sopra riportato, tra i più recenti interventi di riforma si segnalano quelli apportati dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 447-449, L. n. 197/2022), che ha interamente sostituito l'articolo 19, concernente il controllo della fauna selvatica, e che ha aggiunto l'articolo 19-ter, che istituisce il Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica. Tale documento viene inteso dalla novella come lo strumento programmatico, di coordinamento e di attuazione dell'attività di gestione e contenimento numerico della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale, anche mediante abbattimento e cattura, ed è di durata quinquennale.
La sua adozione è stata demandata ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sentito, per quanto di competenza, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro 120 giorni dalla entrata in vigore della legge di bilancio 2023. L'attuazione del piano spetta alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano.
Tra il personale autorizzato all'abbattimento sono ricompresi:
§ cacciatori iscritti negli ambiti venatori di caccia o nei comprensori alpini;
§ guardie venatorie;
§ agenti dei corpi di polizia locale e provinciale muniti di licenza per l'esercizio venatorio;
§ proprietari o conduttori dei fondi nei quali il piano trova attuazione, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio.
Per l'esercizio di questa attività è previsto l'eventuale supporto tecnico del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri.
Articolo 14
(Misure finalizzate al miglioramento della qualità dell’aria – Procedure di infrazione n. 2014/2147, n. 2015/2043 e n. 2020/2299)
L’articolo 14 reca una serie di misure volte a superare le procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia per quanto attiene alle misure di attuazione della direttiva europea in materia di qualità dell’aria.
A tale riguardo è utile ricordare come la direttiva 2008/50, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, è oggetto di tre infrazioni nei confronti del nostro Paese, per quanto attiene il livello dei tre inquinanti PM10, PM2,5 e biossido di azoto.
La prima infrazione, 2014/2147, si concretizza nel 2020 nella sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa 644/18); secondo la Commissione, dal 2008 l’Italia ha superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10 e non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.
Per la seconda infrazione (2015/2043) la Commissione aveva aperto un contenzioso facendo ricorso alla Corte europea di giustizia (causa 573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantirne il rispetto dei valori limite. Le regioni coinvolte sono Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana.
Nel 2020 la Commissione dà avvio all’ultima procedura di infrazione (2020/2299) relativamente al PM2,5. Fin dal 2015, infatti, il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po, tra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano. Inoltre, le misure previste dall’Italia, secondo i rilievi mossi dalle Istituzioni europee, non sono sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile.
Passando quindi alla illustrazione dell’articolo in questione, si segnala che il comma 1, al fine di accelerare il processo di adeguamento alle sentenze della Corte di Giustizia UE 10 novembre 2020, nella causa C-644/18, e maggio 2002, nella causa C-573/19, prevede l’avvio di due distinte iniziative volte al miglioramento della qualità dell’aria ed alla riduzione dell’inquinamento atmosferico. La prima iniziativa concerne l’istituzione di un programma di finanziamento da 500 milioni di euro, da destinare alla realizzazione di interventi di sostegno alla mobilità sostenibile nelle grandi aree urbane sottoposte alle procedure di infrazione in materia di qualità dell’aria. La seconda iniziativa riguarda la costituzione di una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, con la partecipazione dei Ministeri interessati, che dovrà definire nel breve periodo un piano nazionale di ulteriori interventi per il miglioramento della qualità dell’aria. Con riguardo a tali iniziative nello stesso comma 1 si prevede che, con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, l’approvazione di un Programma di finanziamento di interventi finalizzati a promuovere la mobilità sostenibile in zone di superamento dei valori limite di qualità dell’aria ambiente per il materiale particolato PM10 e per gli ossidi di azoto.
A tale riguardo è utile segnalare come l’Italia sia da anni impegnata con l’attuazione di una strategia che mira attraverso le misure regionali adottate con i piani di qualità dell’aria (le regioni sono le autorità competenti in materia di qualità dell’aria), e le misure nazionali, riferite ai settori sui quali le Regioni hanno maggiori difficoltà di azione, a risolvere il complesso contenzioso con la Commissione europea sulla qualità dell’aria che potrebbe determinare, in caso di ulteriore condanna, il pagamento di una sanzione molto elevata.
Tornando quindi alla norma in commento, si evidenzia che la stessa prevede l’utilizzo di una parte dei Fondi destinati al programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico (PNCIA), pari a 500 milioni di euro, istituendo un programma di finanziamenti destinato ai Comuni che mira a rafforzare gli interventi sul settore della mobilità urbana e sul traffico che, come noto, rappresenta uno dei settori che maggiormente contribuiscono all’inquinamento atmosferico. In particolare, gli importi di 50 milioni di euro per le annualità 2024 e 2026 rappresentano le quote da anticipare ai beneficiari, sui quali si dirà a breve, a seguito, rispettivamente, dell’adesione al programma e dell’approvazione del progetto definitivo. Per le annualità 2025 e 2026 l’importo di 5 milioni di euro annui è destinato al finanziamento delle attività spettanti all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI); gli importi di 100 e 140 milioni di euro relativi, rispettivamente, alle annualità 2027 e 2028 sono destinati al finanziamento degli stadi intermedi di realizzazione dei progetti, mentre la quota di 150 milioni di euro, stabilita per l’annualità 2029, è destinata al pagamento dei saldi.
Il comma 2 stabilisce che le risorse previste dal comma 1 sono destinate ad interventi proposti dai Comuni capoluogo di provincia aventi popolazione superiore a 50.000 residenti, dalle Città Metropolitane e dalle Aree Metropolitane, il territorio dei quali ricada in zone di superamento dei valori limite di qualità dell’aria ambiente previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010 individuate dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 12 maggio 2002, nella causa C-573/19, in relazione ai biossidi di azoto, o dalla costituzione di messa in mora del 13 marzo 2024, emessa dalla Commissione europea nella procedura INFR(2014)2147, in relazione al materiale particolato PM10. La scelta di dare priorità ai Comuni in infrazione (città ed aree metropolitane e capoluoghi di provincia) è legata ovviamente alla necessità di accelerare il più possibile il processo di risanamento della qualità dell’aria nelle aree dove insistono le criticità maggiori e che sono incluse nella procedura di infrazione. La soglia dei 50.000, abitanti per i capoluoghi di provincia, invece, è connessa ai volumi di traffico degli stessi Comuni che sotto una certa popolazione non risultano più significativi ed alla necessità di non frazionare eccessivamente le risorse messe a disposizione, rendendo le quote a disposizione di ogni Comune troppo esigua.
Il comma 3 prevede che con il decreto di cui al comma 1 si disciplinino, altresì, le modalità di gestione e di monitoraggio del programma di finanziamento, i criteri di ripartizione delle risorse tra i destinatari, i requisiti degli interventi e le procedure di presentazione delle proposte, di trasferimento delle risorse e di rendicontazione e verifica dell’attuazione. Il comma stabilisce anche che lo stesso decreto definisca i criteri di ristoro economico dell’ANCI rispetto alle attività di supporto previste al comma 2, che saranno definite come da prassi con apposita convenzione. Ai fini della gestione del programma di finanziamento, il medesimo decreto può prevedere l’attribuzione di attività a società in house del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con oneri posti a carico delle risorse di cui al comma.
Il comma 4 prevede, fermo restando quanto previsto dai commi 1, 2 e 3, che venga istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia con il compito di elaborare, entro il 31 dicembre 2024, un Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell'aria (di seguito, Piano) al fine di individuare ulteriori misure ed iniziative finalizzate ad assicurare l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 10 novembre 2020.
Il comma 5 disciplina la cabina di regia, presieduta da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e composta da un rappresentante del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, un rappresentante del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, un rappresentante del Ministro delle imprese e del Made in Italy, un rappresentante del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, un rappresentante del Ministero della salute, un rappresentante del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR, un rappresentante del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, da un rappresentante del Ministro dell’economia e delle finanze nonché dai Presidenti delle Regioni interessate dalle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea di cui al comma 4.
Il comma 6 stabilisce che il Piano elaborato dalla cabina di regia venga approvato con delibera del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e che la stessa delibera debba contenere, altresì, l’individuazione, in ragione della natura delle misure previste dal Piano medesimo e delle loro competenze, le Amministrazioni centrali e le Regioni cui è demandata l’attuazione delle citate misure.
Il comma 7 prevede che il piano di cui al comma 4 ha una durata di ventiquattro mesi, prorogabile fino a un massimo di ulteriori ventiquattro mesi, decorrenti dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il comma 8 stabilisce che le Amministrazioni individuate nella delibera di approvazione del Piano, sono tenute ad adottare le relative misure di carattere normativo, programmatico e finanziario, nei limiti delle risorse disponibili allo scopo, volte al rispetto dei valori limite di materiale particolato PM10 e di biossido di azoto NO2, di cui all'allegato XI del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, anche in accordo con gli altri enti locali interessati dall’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 12 maggio 2022, in causa C-573/2019.
Il comma 9 prevede che il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica provvede al monitoraggio dell’attuazione delle Piano e delle relative misure, anche avvalendosi del supporto delle Amministrazioni individuate nella delibera di approvazione del Piano e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) senza nuovi oneri per lo Stato.
Da ultimo con il comma 10 si prevede che la cabina di regia è istituita senza oneri a carico dello Stato e che ai soggetti che partecipano, a qualsiasi titolo, alla cabina di regia non è dovuto alcun compenso o rimborso spese o altro tipo di emolumento.
L’articolo 15, a seguito dell’attivazione – da parte della Commissione - della procedura di infrazione n. 2017/4092, in materia di diritto d’autore, modifica disposizioni della legge n. 633 del 1941, del decreto legislativo n. 35 del 2017 e del decreto-legge n. 148 del 2017 nel senso di inserire tra i soggetti abilitati a svolgere servizi di intermediazione nella gestione dei diritti d’autore, a determinate condizioni e nel rispetto di taluni requisiti, le entità di gestione indipendenti, ossia soggetti aventi fini di lucro che non sono detenuti né controllati dai titolari dei diritti.
Si ricorda preliminarmente che dalla banca dati della Commissione europea risulta che, in data 25 luglio 2024, la Commissione ha deciso di avviare una procedura di infrazione, inviando una lettera di costituzione in mora all'Italia (INFR(2017)4092), ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ciò in quanto, come si legge nel relativo comunicato stampa (si veda l’ultima procedura d’infrazione ivi descritta), “la legge italiana sul diritto d'autore e sui diritti connessi non rispetta la libera prestazione di servizi, quale definita nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea in combinato disposto con la direttiva sulla gestione collettiva dei diritti (direttiva 2014/26/UE). La Commissione invita l'Italia a porre rimedio all'esclusione generale delle entità di gestione indipendenti dalla prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d'autore. Una recente sentenza della Corte di giustizia dell'UE” – prosegue il comunicato stampa – “ha sottolineato che la legislazione italiana costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi in quanto esclude le entità di gestione indipendenti di altri Stati membri dalla prestazione di servizi di gestione dei diritti d'autore in Italia. L'Italia” – si conclude – “dispone ora di 2 mesi per rispondere ai rilievi espressi dalla Commissione, trascorsi i quali, in assenza di una risposta soddisfacente, quest'ultima potrà decidere di inviare un parere motivato”.
In effetti, ai sensi della normativa nazionale vigente fino al momento dell’entrata in vigore del presente decreto-legge, sebbene l’articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017 (attuativo della direttiva 2014/26/UE, sulla gestione collettiva dei diritti d'autore) statuisse che “i titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un'entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti […] indipendentemente dallo Stato dell'Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento”, questo era comunque previsto “fatto salvo quanto disposto dall'articolo 180, della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento all'attività di intermediazione di diritti d'autore”. A norma della norma da ultimo citata “l'attività di intermediario, comunque attuata, […] per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate” era “riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35”.
Gli unici soggetti abilitati esercitare l’attività di intermediazione per la gestione dei diritti d’autore, prima dell’entrata in vigore del presente articolo, erano quindi gli organismi di gestione.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2, del decreto legislativo n. 35 del 2017:
- per «organismo di gestione collettiva» si intende un soggetto, ivi compresa la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d'autore o diritti connessi ai diritti d'autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi, e che soddisfi uno o entrambi i seguenti requisiti: è detenuto o controllato dai propri membri; non persegue fini di lucro (comma 1);
- per «entità di gestione indipendente» si intende invece, fermo restando quanto previsto dall'art. 180, della legge n. 633 del 1941, un soggetto che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d'autore o diritti connessi ai diritti d'autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi, e che soddisfi entrambi i seguenti requisiti: non è detenuta né controllata, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, dai titolari dei diritti; persegue fini di lucro (comma 2).
Il comunicato stampa in cui la Commissione annuncia l’avvio della procedura di infrazione si riferisce alla sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 21 marzo 2024, in cui, nell’ambito della causa C-10/22, la Corte si pronuncia circa la compatibilità della disciplina italiana in materia di gestione dei diritti d’autore (articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 35/2017 e articolo 180 della legge del 22 aprile 1941, n. 633) con la relativa normativa europea (articolo 56 TFUE, direttiva 2014/26).
Si ricordano di seguito le conclusioni cui giunge la Corte in tale sentenza, dopo aver ripercorso le motivazioni da essa addotte (in particolare, ai punti da 77 a 100).
La Corte afferma in primo luogo che, in via generale, “una misura nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui non consente alle entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare in Italia i loro servizi di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, costringendo in tal modo queste ultime a concludere accordi di rappresentanza con un organismo di gestione collettiva autorizzato in tale Stato membro, costituisce manifestamente una restrizione alla libera prestazione dei servizi garantita dall’articolo 56 TFUE”.
Tuttavia, la Corte precisa che, a seconda delle circostanze che ricorrono nel caso specifico, “detta restrizione può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, purché sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse pubblico di cui trattasi e non vada oltre quanto è necessario per conseguire tale obiettivo”. La Corte sottolinea in proposito che “secondo costante giurisprudenza, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale costituisce un motivo imperativo di interesse generale” e che pertanto “una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale può essere giustificata sulla base dell’obiettivo di protezione del diritto d’autore”, a patto però che la restrizione sia proporzionale, e cioè, nel caso di specie, che “la restrizione consistente nell’escludere dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore perseguito da tale misura”.
Sulla base di queste argomentazioni, la Corte ricorda di essere giunta in passato a dichiarare che persino “una normativa nazionale che, ai fini della gestione dei diritti d’autore relativi a una categoria di opere protette, accordi a una società di gestione un monopolio nel territorio dello Stato membro interessato, deve essere considerata idonea a tutelare i diritti di proprietà intellettuale”.
Tuttavia, nel caso di specie, la Corte evidenzia che “la normativa nazionale […] non conferisce il monopolio dell’attività di gestione dei diritti d’autore nel territorio dello Stato membro interessato a un organismo di gestione collettiva”, ed ha, invece, “l’effetto di precludere alle entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di svolgere l’attività di gestione dei diritti d’autore in Italia, consentendo al contempo a organismi di gestione collettiva stabiliti in altri Stati membri di svolgere una tale attività”.
A tale riguardo, la Corte rileva che “a differenza degli organismi di gestione collettiva, i quali sono stati oggetto di ampia armonizzazione per quanto concerne l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza, le entità di gestione indipendenti sono soggette, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2014/26, solo a un numero limitato di disposizioni di detta direttiva e che, pertanto, diversi obblighi previsti da quest’ultima non sono applicabili a tali entità”.
Dopo aver ricostruito le numerose differenze che si riscontrano nel regime giuridico unionale applicabile alle due categorie di soggetti, gli organismi di gestione collettiva da una parte e le entità di gestione indipendenti dall’altra, la Corte si chiede infine se la restrizione consistente nell’escludere le entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore vada o meno oltre quanto è necessario per garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore, e risponde a tale quesito in senso affermativo, sottolineando che “una misura meno lesiva della libera prestazione di servizi potrebbe consistere, segnatamente, nel subordinare la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore nello Stato membro interessato a obblighi normativi specifici che sarebbero giustificati riguardo all’obiettivo di protezione del diritto d’autore”.
La Corte conclude pertanto statuendo che “la normativa nazionale […], nella misura in cui preclude, in modo assoluto, a qualsiasi entità di gestione indipendente, a prescindere dagli obblighi normativi cui essa è soggetta in forza del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stabilita, di esercitare una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, risulta andare oltre quanto è necessario per proteggere il diritto d’autore” e che pertanto, in relazione al caso in esame, “l’articolo 56 TFUE, in combinato disposto con la direttiva 2014/26, […], deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri”.
Vale appena il caso di segnalare che le argomentazioni sopra esposte sono addotte dalla Corte a sostegno della propria decisione di imporre all’Italia consentire l’accesso al mercato della gestione dei diritti d’autore alle sole entità di gestione indipendenti stabilite in altri Stati membri, ma è evidente che, una volta deciso di adeguarsi alla giurisprudenza della Corte in relazione a tali entità di gestione indipendenti, risulterebbe del tutto irrazionale continuare ad escludere dal mercato quelle stabilite in Italia.
Ci si sofferma sul fatto che, come risulta chiaro dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 21 marzo 2024 appena descritta, ciò che viene sanzionato è la preclusione “in via assoluta” dell’esercizio dell’attività di intermediazione nella gestione dei diritti d’autore alle entità di gestione indipendenti, mentre viene considerato ammissibile il “subordinare la prestazione […] a obblighi normativi specifici”.
Coerentemente con tale dettame, la relazione illustrativa allegata al decreto-legge in esame, dopo aver enunciato l’obiettivo di fondo dell’articolo, che è quello di aprire il mercato della gestione dei diritti d’autore alle entità di gestione indipendenti, rileva che “con l’intento di assicurare la più ampia tutela del diritto d’autore, è stato perseguito l’obiettivo di estendere alle entità di gestione indipendenti alcuni specifici requisiti e obblighi normativi previsti per gli organismi di gestione collettiva. In particolare, sono stati estesi gli obblighi in materia di trasparenza ed informazione verso i titolari dei diritti, parità di trattamento, controllo e gestione contabile, in un’ottica di perseguimento dell’obiettivo di protezione del diritto d’autore che costituisce motivo imperativo di interesse generale. […] In tal modo, il nuovo regime, per un verso, consente l’ingresso nel mercato a operatori con scopo di lucro e non controllati dai propri membri, come le entità di gestione indipendenti, nel rispetto delle prerogative riconosciute dalla direttiva 2014/26/UE ai titolari dei diritti; per altro verso, favorisce il dialogo competitivo tra gli operatori, ispirato ai principi di parità di trattamento e libera concorrenza, a garanzia dei titolari dei diritti.”
Gli obblighi e requisiti estesi alle entità di gestione indipendenti sono identificati, dalla stessa relazione illustrativa, nei seguenti:
- l’obbligo di astenersi da qualsiasi pratica che possa rendere gravoso per gli autori l’esercizio di revoca (comma 3, lettera b), numero 2, dell’articolo in esame, novellante l’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 35 del 2017);
- l’obbligo di rendere noti eventuali meccanismi di differenziazione, intesi come patti, modalità o criteri di distribuzione dei diritti, anche se combinati con strumenti di partecipazione societaria, che possano incidere sulla natura proporzionale e per quanto possibile analitica della distribuzione dei diritti negoziati in favore di tutti gli aderenti (comma 3, lettera b), numero 3, dell’articolo in esame, novellante l’articolo 4, comma 8, del decreto legislativo n. 35 del 2017);
- l’obbligo di informare gli autori di potenziali conflitti di interesse in cui possono incorrere nello svolgere sia attività di intermediazione, sia attività editoriale (comma 3, lettera b), numero 3, dell’articolo in esame, novellante l’articolo 4, comma 8, del decreto legislativo n. 35 del 2017);
- l’obbligo di operare una separazione contabile tra l’attività di intermediazione dei diritti e le altre attività esercitate (comma 3, lettera d), dell’articolo in esame, novellante l’articolo 14 del decreto legislativo n. 35 del 2017);
- l’obbligo di identificare i titolari dei diritti (comma 3, lettera e), dell’articolo in esame, novellante l’articolo 18 del decreto legislativo n. 35 del 2017);
- l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web il bilancio o rendiconto annuale approvato e di affidare la revisione legale ad una società iscritta nel Registro dei revisori legali (comma 3, lettera f), dell’articolo in esame, novellante l’articolo 26 del decreto legislativo n. 35 del 2017);
- la sottoposizione della propria attività di intermediazione alla vigilanza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (comma 2 dell’articolo in esame, novellante l’articolo 19, comma 2, del decreto-legge n. 148 del 2017).
Venendo al contenuto specifico dell’articolo in commento, esso, al comma 1, modifica gli articoli 15-bis e 180 della legge n. 633 del 1941, che reca la “Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio” (si veda il testo a fronte in calce).
A) In particolare, la lettera a), al numero 1), nel modificare il comma 1 del suddetto articolo 15-bis della legge n. 633 del 1941, prevede, in materia di compenso ridotto per gli autori, che in mancanza di accordi fra la Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), gli altri organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti e le associazioni di categoria interessate (e non solo fra la S.IA.E. e le associazioni di categoria interessate, come prevedeva finora la disposizione incisa dal presente provvedimento), la misura del compenso sarà determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare sentito il Ministro dell'interno. La medesima lettera a), ma al numero 2), nell’integrare il comma 2-ter dello stesso articolo 15-bis della legge n. 633 del 1941, fa sì che, con decreto dell’attuale Ministro della cultura si prevedano misure atte a garantire che, nelle fattispecie previste di esenzione o di riduzione dalla corresponsione dei diritti d’autore, la S.I.A.E., gli altri organismi di gestione collettiva, e le entità di gestione indipendenti (queste ultime non presenti nel testo previgente) in coerenza con le risultanze di bilancio, remunerino in forma compensativa i titolari dei diritti d'autore.
B) La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame modifica in più parti l’articolo 180 della legge n. 633 del 1941, in materia di attività di intermediario per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate. Si prevede, in particolare, che tale attività sia riservata in via esclusiva, oltre che alla S.I.A.E. e agli altri organi di gestione collettiva (come finora previsto), anche alle entità di gestione indipendenti (numero 1) e che valga anche per tali entità la disposizione che commisura alla loro rappresentatività, oltreché al valore economico dei diritti negoziati, le condizioni economiche concesse ai titolari dei diritti (numero 2). Il numero 3 della lettera b) del comma 1 in esame aggiunge il riferimento formale al decreto legislativo n. 35 del 2017, in relazione all’attività della S.I.A.E. in quei paesi stranieri nei quali essa ha una rappresentanza organizzata, mentre i numeri 4 e 5 della stessa lettera b) intervengono sui commi sesto e settimo dell’articolo 180, in relazione al soggetto cui è conferito il potere di esigere i proventi generati all’estero e non riscossi entro un anno, sopprimendo il riferimento alla S.I.A.E. e sostituendolo con l’organismo di gestione collettiva maggiormente rappresentativo per ciascuna categoria di titolari, come individuato ai sensi del comma 2, n. 1 (rectius del secondo comma, n. 1).
In relazione alle novelle di cui alla lettera b) del comma 1 in esame, ci si sofferma in particolare sul combinato disposto di quelle apportate dai numeri 2 e 4.
Il numero 2 modifica il secondo comma, numero 1, dell’articolo 180, nel senso di prevedere che con regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono definiti i criteri per la determinazione, per ciascuna categoria di diritti intermediati, della rappresentatività non più solo degli organismi di gestione collettiva, ma anche delle entità di gestione indipendenti.
Il numero 4 modifica il sesto comma dell’articolo 180, prevedendo in particolare che il potere di esercitare i diritti per conto e nell'interesse dell'autore e dei suoi successori o aventi causa nei casi in cui, trascorso un anno dalla loro esigibilità, i titolari di tali diritti non provvedono ad esigere i proventi generati in paesi stranieri, sino ad ora conferito alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), è ora conferito all’organismo di gestione collettiva maggiormente rappresentativo per ciascuna categoria di titolari come individuato ai sensi del comma 2, n. 1.
Si segnala che il combinato disposto delle due novelle, pur conferendo il potere di esigere i proventi generati all’estero e non riscossi entro un anno anche ad un organismo di gestione collettiva teoricamente diverso dalla S.I.A.E (nel caso in cui divenga maggiormente rappresentativo), sembra dunque continuare ad escludere che tale potere possa, invece, essere conferito ad una entità di gestione indipendente.
Il comma 2 dell’articolo in esame integra l’articolo 19, comma 2 del decreto-legge n. 148 del 2017 (legge n. 172 del 2017) in materia di esercizio dell'attività di intermediazione.
In particolare, si prevede che, per gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti (queste ultime non menzionate nel testo previgente) stabiliti in Italia, “nonché per gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti stabilite nel territorio dell’Unione europea operanti in Italia,” (quanto riportato in grassetto e virgolettato non era finora previsto) l'esercizio dell'attività di intermediazione è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei requisiti da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi del citato decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35.
Il comma 3 dell’articolo in commento apporta diverse novelle al decreto legislativo n. 35 del 2017, attuativo della direttiva 2014/26/UE e relativo alla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e alla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno.
In particolare, la lettera a) modifica i riferimenti formali presenti al comma 2 dell’articolo 3 del predetto decreto, prevedendosi - nel testo novellato - che le entità di gestione indipendenti di cui all'articolo 2, comma 2 del medesimo decreto debbano soddisfare i requisiti previsti dall'articolo 8 dello stesso, ad eccezione del comma 1, lettera c), del medesimo articolo 8, e siano soggette alle disposizioni di cui agli articoli 4, ad eccezione del comma 3, primo periodo, 13, comma 1, 14, commi 1 e 2, 17, 19, 22, 23, comma 3, 24, 26, comma 1, lettere a), b), c), e), f), g) e l), 27 e 28, commi 1, 2 e 4, nonché al Capo IV del suddetto decreto.
Alla luce della novella di cui alla lettera a) del comma 3 in esame, le disposizioni del decreto legislativo n. 35 del 2017 cui sono sottoposte le entità di gestione indipendenti sono pertanto le seguenti:
§ principi generali e diritti dei titolari (articolo 4), ad eccezione dell’obbligo di assumere la gestione (comma 3, primo periodo), che è riservato ai soli organismi di gestione collettiva;
§ requisiti di natura formale, inerenti tra l’altro la forma giuridica, la tenuta dei libri contabili, il contenuto dello statuto, le modalità di costituzione (articolo 8);
§ obbligo di affidare il controllo contabile ad un revisore legale dei conti o ad una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro (articolo 13, comma 1);
§ obblighi di diligenza nella riscossione dei proventi e tenuta di una contabilità separata relativamente all’attività di riscossione (articolo 14, comma 1 e 2);
§ obblighi di diligenza, analiticità e periodicità (in linea generale, entro nove mesi dalla fine dell’esercizio finanziario di riscossione) nella distribuzione dei proventi ai titolari dei diritti;
§ obblighi in materia di distribuzione dei proventi non distribuibili (ossia, quelli non distribuiti entro tre anni dalla fine dell’esercizio di riscossione) (comma 19);
§ obblighi in materia di concessione delle licenze (articolo 22);
§ obblighi in materia di fissazione, concordata con gli utilizzatori, delle informazioni da questi ultimi dovute (articolo 23, comma 3);
§ obblighi in materia di informazioni da fornire ai titolari sulla gestione dei loro diritti (articolo 24);
§ obblighi in materia di divulgazione pubblica delle informazioni sulla propria organizzazione e sulla propria attività (talune lettere dell’articolo 26, comma 1);
§ obblighi in materia di informazioni fornite, su richiesta ai titolari dei diritti, ad altri organismi di gestione collettiva e agli utilizzatori;
§ obblighi in materia di relazione di trasparenza annuale;
§ disposizioni in materia di risoluzione delle controversie e, di vigilanza e di sanzioni (Capo IV).
Si segnala la dubbia applicabilità del comma 2 dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 35 del 2017 alle entità di gestione indipendenti, laddove esso assegna poteri decisionali in merito all’utilizzo degli importi non distribuiti “all’assemblea generale o, ove presente, all’assemblea dei delegati”.
Si valuti l’opportunità di chiarire i termini dell’applicazione di tale norma alle entità di gestione indipendenti, che non sono enti esponenziali dei titolari dei diritti ma soggetti imprenditoriali da questi ultimi indipendenti.
La lettera b) del comma 3 dell’articolo in esame apporta alcune modifiche all’articolo 4 del citato decreto legislativo n. 35 del 2017, in materia di principi generali e diritti dei titolari di diritti.
In particolare, il numero 1 della suddetta lettera b), nel modificare il comma 2 del citato articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017, fa sì che si preveda che i titolari dei diritti possano affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un’entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell'Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell'organismo di gestione collettiva, dell'entità di gestione indipendente o del titolare dei diritti, non prevedendosi più, nella disposizione novellata, che viene fatto salvo quanto disposto dal citato articolo 180 della legge n. 633 del 1941, in riferimento all'attività di intermediazione di diritti d'autore. Del resto, il citato articolo 180 è stato reso pienamente compatibile con il contenuto dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017 per effetto delle novelle di cui al comma 1, lettera b), dell’articolo in esame (vedi supra).
Il numero 2 della medesima lettera b) del comma 3 in esame, integra il comma 6, secondo periodo, dell’articolo 4 del citato decreto legislativo n. 35 del 2017.
Nello specifico, il primo periodo del predetto comma 6 - non modificato - prevede che i titolari dei diritti hanno il diritto di revocare l'affidamento dell'attività di intermediazione da loro concesso, in tutto o in parte, per i territori di loro scelta, con un preavviso non inferiore a quattro mesi e non superiore a sei mesi. Tale diritto, prevede il secondo periodo - modificato dalla disposizione in esame -, non può essere subordinato ad alcuna condizione “che ne renda gravoso l’esercizio” (tale ultimo inciso, in grassetto e virgolettato, è stato inserito dalla disposizione in commento). L'organismo di gestione collettiva o l'entità di gestione indipendente possono decidere che tale revoca produca effetti soltanto alla fine dell'esercizio finanziario (chiosa il terzo e ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017 - non modificato dalla disposizione in esame).
Il numero 3, infine, della lettera b) del comma 3 in commento, integra il comma 8 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017.
Si ricorda che il testo previgente del suddetto comma 8 dell’articolo 4 prevedeva, sic et simpliciter, che i diritti di cui ai commi da 1 a 7 del medesimo articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017 (si veda il testo a fronte in calce) sono indicati nello statuto o nelle condizioni di adesione dell'organismo di gestione collettiva e dell'entità di gestione indipendente.
Ora, la disposizione in esame aggiunge al suddetto comma 8 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 35 del 2017 che, nel caso di entità di gestione indipendenti, le condizioni di adesione specificano altresì:
a) lo scopo lucrativo dell’entità di gestione indipendente;
b) le modalità di ripartizione della remunerazione del diritto d’autore, anche precisando l’eventuale esistenza di meccanismi di differenziazione tra gli aderenti alla entità di gestione indipendente;
c) l’eventuale svolgimento da parte dell’entità di gestione indipendente di attività potenzialmente in conflitto di interessi rispetto all’attività di intermediazione.
La lettera c) del comma 3 in esame modifica la rubrica e il comma 1 dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 35 del 2017.
In particolare, la rubrica assume la denominazione “Requisiti degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente che svolgono attività di amministrazione e di intermediazione del diritto d’autore e dei diritti ad esso connessi” (anziché dei diritti connessi al diritto d’autore, come precedentemente previsto).
Conseguentemente, al comma 1 del medesimo articolo 8, si introduce il riferimento, in relazione a tali requisiti, al diritto d’autore (oltre che ai diritti connessi al diritto d’autore).
La lettera d) del medesimo comma 3 dell’articolo in esame introduce all’articolo 14 del decreto legislativo n. 35 del 2017 il comma 5-bis, il quale prevede che le entità di gestione indipendenti tengono separata contabilmente l’attività di intermediazione dei diritti rispetto alle altre attività. Si prevede poi che gli investimenti delle entità di gestione indipendenti devono garantire la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio nel suo insieme, e che devono essere inoltre diversificati in modo da evitare un'eccessiva dipendenza da una particolare attività e l'accumulazione di rischi nel portafoglio nel suo insieme.
La lettera e) dello stesso comma 3 introduce il comma 3-bis all’articolo 18 del più volte citato decreto legislativo n. 35 del 2017, il quale prevede che le entità di gestione indipendenti adottano tutte le misure necessarie per identificare e localizzare i titolari dei diritti. In particolare, al più tardi entro novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui all'articolo 17 del medesimo decreto (si veda infra), le entità di gestione indipendenti mettono a disposizione dei titolari dei diritti che rappresentano e degli altri soggetti legittimati, sulla base di una richiesta motivata, le informazioni sulle opere o altri materiali protetti per i quali uno o più titolari dei diritti non sono stati identificati o localizzati, con particolare riguardo ai seguenti dati, se disponibili:
a) il titolo dell'opera o altro materiale protetto;
b) il nome del titolare dei diritti;
c) il nome dell'editore o produttore pertinente;
d) qualsiasi altra informazione rilevante disponibile che potrebbe contribuire all'identificazione del titolare dei diritti.
Si ricorda che il citato articolo 17 del decreto legislativo n. 35 del 2017, in materia di distribuzione di importi dovuti ai titolari dei diritti, prevede, al comma 1, che gli organismi di gestione collettiva distribuiscono regolarmente e con la necessaria diligenza e precisione gli importi dovuti ai titolari dei diritti, in linea con la politica generale in materia di distribuzione. Ai sensi del comma 2, gli organismi di gestione collettiva, o i loro membri che rappresentano i titolari dei diritti, procedono alla distribuzione e ai pagamenti di tali importi dovuti ai titolari dei diritti celermente, sulla base di criteri di economicità e in modo quanto più possibile analitico, in rapporto alle singole utilizzazioni di opere. La distribuzione deve avvenire in ogni caso non oltre nove mesi a decorrere dalla fine dell'esercizio finanziario nel corso del quale sono stati riscossi tali proventi, a meno che non sia possibile rispettare il suddetto termine per ragioni oggettive correlate, in particolare, agli obblighi di comunicazione da parte degli utilizzatori, all'identificazione dei diritti o dei titolari dei diritti o all'attribuzione delle opere e di altri materiali protetti ai rispettivi titolari. Il comma 3 del medesimo articolo 17, infine, prevede che se il termine per la distribuzione di cui al precedente comma 2 non può essere rispettato, gli importi dovuti ai titolari dei diritti sono tenuti separati nella contabilità degli organismi di gestione collettiva.
La lettera f) del comma 3 dell’articolo in esame, infine, aggiunge il comma 1-bis all’articolo 26 del decreto legislativo n. 35 del 2017, in materia di divulgazione delle informazioni (si veda il testo a fronte in calce).
Nello specifico, si prevede che gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti, che non siano tenuti a farlo presso il Registro delle imprese di cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580, recante “Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura” (articolo 8), pubblicano sul proprio sito web (oltre a tutta la documentazione di cui al comma 1 dell’articolo 26) anche il bilancio o rendiconto annuale approvato e affidano la revisione legale ad una società iscritta nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, relativo alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati (si veda, in particolare l’articolo 1, comma 1, lettera g) del predetto decreto legislativo, che prevede che tale registro sia tenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze e che in esso siano iscritti i revisori legali e le società di revisione legale individuati dal medesimo decreto all’articolo 2). Gli obblighi di cui sopra – prosegue la disposizione in commento - si applicano altresì alla Società italiana autori ed editori (SIAE), che approva il proprio bilancio entro 120 giorni dalla conclusione dell’esercizio e lo pubblica sul proprio sito web e presso il citato Registro delle imprese. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 13 del suddetto decreto legislativo n. 35 del 2017, il quale prevede, in particolare, che il controllo contabile degli organismi di gestione collettiva sia affidato ad un revisore legale dei conti o ad una società di revisione legale iscritti nell'apposito registro e che sia disciplinato con le modalità ed ai sensi del codice civile e delle altre leggi applicabili.
Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 15 del provvedimento in esame |
Art. 15-bis |
Art. 15-bis |
1. Agli autori spetta un compenso ridotto quando l'esecuzione, rappresentazione o recitazione dell'opera avvengono nella sede dei centri o degli istituti di assistenza, formalmente istituiti nonché delle associazioni di volontariato, purché destinate ai soli soci ed invitati e sempre che non vengano effettuate a scopo di lucro. In mancanza di accordi fra la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) e le associazioni di categoria interessate, la misura del compenso sarà determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare sentito il Ministro dell'interno. |
1. Agli autori spetta un compenso ridotto quando l'esecuzione, rappresentazione o recitazione dell'opera avvengono nella sede dei centri o degli istituti di assistenza, formalmente istituiti nonché delle associazioni di volontariato, purché destinate ai soli soci ed invitati e sempre che non vengano effettuate a scopo di lucro. In mancanza di accordi fra la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), gli altri organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti e le associazioni di categoria interessate, la misura del compenso sarà determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare sentito il Ministro dell'interno. |
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'individuazione delle circostanze soggettive ed oggettive che devono dar luogo alla applicazione della disposizione di cui al primo periodo del comma 1. In particolare occorre prescrivere: a) l'accertamento dell'iscrizione da almeno due anni dei soggetti ivi indicati ai registri istituiti dall'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266; b) le modalità per l'identificazione della sede dei soggetti e per l'accertamento della quantità dei soci ed invitati, da contenere in un numero limitato e predeterminato; c) che la condizione di socio sia conseguita in forma documentabile e con largo anticipo rispetto alla data della manifestazione di spettacolo; d) la verifica che la manifestazione di spettacolo avvenga esclusivamente a titolo gratuito da parte degli artisti interpreti o esecutori, ed a soli fini di solidarietà nell'esplicazione di finalità di volontariato. |
Identico |
2-bis. Agli organizzatori di spettacoli dal vivo allestiti in luoghi con capienza massima di cento partecipanti, ovvero con rappresentazione di opere di giovani esordienti al di sotto dei trentacinque anni, titolari dell'intera quota dei relativi diritti d'autore, sono riconosciute forme di esenzione o di riduzione dalla corresponsione dei diritti d'autore. |
Identico |
2-ter. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità delle forme di esenzione o di riduzione di cui al comma 2-bis, prevedendo adeguati meccanismi di controllo, anche attraverso forme di responsabilizzazione degli organizzatori, che assicurino il rispetto delle condizioni che legittimano la riduzione o l'esenzione. Con il decreto di cui al presente comma possono altresì essere individuati ulteriori eventi o ricorrenze particolari che permettano l'applicazione di forme di esenzione o di riduzione dalla corresponsione dei diritti d'autore. Il decreto di cui al presente comma prevede misure atte a garantire che, nelle fattispecie previste, la Società italiana degli autori ed editori e gli altri organismi di gestione collettiva, in coerenza con le risultanze di bilancio, remunerino in forma compensativa i titolari dei diritti d'autore. Il decreto di cui al presente comma può essere sottoposto a revisione triennale. |
2-ter. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità delle forme di esenzione o di riduzione di cui al comma 2-bis, prevedendo adeguati meccanismi di controllo, anche attraverso forme di responsabilizzazione degli organizzatori, che assicurino il rispetto delle condizioni che legittimano la riduzione o l'esenzione. Con il decreto di cui al presente comma possono altresì essere individuati ulteriori eventi o ricorrenze particolari che permettano l'applicazione di forme di esenzione o di riduzione dalla corresponsione dei diritti d'autore. Il decreto di cui al presente comma prevede misure atte a garantire che, nelle fattispecie previste, la Società italiana degli autori ed editori, gli altri organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti in coerenza con le risultanze di bilancio, remunerino in forma compensativa i titolari dei diritti d'autore. Il decreto di cui al presente comma può essere sottoposto a revisione triennale. |
Art. 180 |
Art. 180 |
L'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35. |
L'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) ed agli altri organismi di gestione collettiva e alle entità di gestione indipendenti di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35. |
Tale attività è esercitata per effettuare: 1) la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per la utilizzazione economica di opere tutelate, a condizioni economiche ragionevoli e proporzionate al valore economico dell'utilizzo dei diritti negoziati e alla rappresentatività di ciascun organismo di gestione collettiva. Con regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono definiti i criteri per la determinazione della rappresentatività degli organismi di gestione collettiva per ciascuna categoria di diritti intermediati; 2) la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni; 3) la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto. |
Tale attività è esercitata per effettuare: 1) la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per la utilizzazione economica di opere tutelate, a condizioni economiche ragionevoli e proporzionate al valore economico dell'utilizzo dei diritti negoziati e alla rappresentatività di ciascun organismo di gestione collettiva e ciascuna entità di gestione indipendente. Con regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono definiti i criteri per la determinazione della rappresentatività degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendenti per ciascuna categoria di diritti intermediati; 2) la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni; 3) la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto. |
L'attività della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) si esercita altresì secondo le norme stabilite dal regolamento in quei paesi stranieri nei quali essa ha una rappresentanza organizzata. |
L'attività della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) si esercita altresì secondo le norme stabilite dal regolamento e dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35 in quei paesi stranieri nei quali essa ha una rappresentanza organizzata. |
La suddetta esclusività di poteri non pregiudica la facoltà spettante all'autore, ai suoi successori o agli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti da questa legge. |
Identico |
Nella ripartizione dei proventi prevista al n. 3 del secondo comma una quota parte deve essere in ogni caso riservata all'autore. I limiti e le modalità della ripartizione sono determinati dal regolamento. |
Identico |
Quando, però, i diritti di utilizzazione economica dell'opera possono dar luogo a percezioni di proventi in paesi stranieri in favore di cittadini italiani domiciliati o residenti nella Repubblica, ed i titolari di tali diritti non provvedono, per qualsiasi motivo, alla percezione dei proventi, trascorso un anno dalla loro esigibilità, è conferito alla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) il potere di esercitare i diritti medesimi per conto e nell'interesse dell'autore e dei suoi successori o aventi causa. |
Quando, però, i diritti di utilizzazione economica dell'opera possono dar luogo a percezioni di proventi in paesi stranieri in favore di cittadini italiani domiciliati o residenti nella Repubblica, ed i titolari di tali diritti non provvedono, per qualsiasi motivo, alla percezione dei proventi, trascorso un anno dalla loro esigibilità, è conferito all’organismo di gestione collettiva maggiormente rappresentativo per ciascuna categoria di titolari come individuato ai sensi del comma 2, n. 1 il potere di esercitare i diritti medesimi per conto e nell'interesse dell'autore e dei suoi successori o aventi causa. |
I proventi di cui al precedente comma riscossi dalla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), detratte le spese di riscossione, saranno tenuti a disposizione degli aventi diritto, per un periodo di tre anni; trascorso questo termine senza che siano stati reclamati dagli aventi diritto, saranno versati alla Confederazione nazionale professionisti ed artisti, per scopi di assistenza alle categorie degli autori, scrittori e musicisti. |
I proventi di cui al precedente comma, detratte le spese di riscossione, saranno tenuti a disposizione degli aventi diritto, per un periodo di tre anni; trascorso questo termine senza che siano stati reclamati dagli aventi diritto, saranno versati alla Confederazione nazionale professionisti ed artisti, per scopi di assistenza alle categorie degli autori, scrittori e musicisti. |
Decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148, |
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Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 15 del provvedimento in esame |
Art. 19 |
Art. 19 |
1. Alla legge 22 aprile 1941, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 15-bis, comma 2-ter, terzo periodo, dopo le parole: «Società italiana degli autori e degli editori» sono aggiunte le seguenti: «e gli altri organismi di gestione collettiva», e la parola «remuneri» è sostituita dalla seguente: «remunerino»; b) all'articolo 180: 1) al primo comma, dopo le parole: «Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.)», sono aggiunte le seguenti: «ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35»; 2) al terzo comma, le parole: «dell'ente» sono sostituite dalle seguenti: «della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.)» e la parola: «esso» è sostituita dalla seguente: «essa». |
Identico |
2. Per gli organismi di gestione collettiva di cui all'articolo 180, comma 1, della legge 22 aprile 1941, n. 633, stabiliti in Italia, l'esercizio dell'attività di intermediazione è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei requisiti da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35. |
2. Per gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti di cui all'articolo 180, comma 1, della legge 22 aprile 1941, n. 633, stabiliti in Italia, nonché per gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti stabilite nel territorio dell’Unione europea operanti in Italia, l'esercizio dell'attività di intermediazione è in ogni caso subordinata alla verifica del rispetto dei requisiti da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35. |
Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 15 del provvedimento in esame |
Art. 3 |
Art. 3 |
1. Agli organismi di gestione collettiva si applicano i Capi I, II, IV, V e VI e, nel caso in cui concedano licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali online, anche il Capo III. |
Identico |
2. Le entità di gestione indipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, devono soddisfare i requisiti previsti dall'articolo 8, ad eccezione del comma 1, lettera c), del medesimo articolo, e sono soggette alle disposizioni di cui agli articoli 22, comma 1, 24, 26, comma 1, lettere a), b), c), e), f) e g), 27, nonché al Capo IV del presente decreto. |
2. Le entità di gestione indipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, devono soddisfare i requisiti previsti dall'articolo 8, ad eccezione del comma 1, lettera c), del medesimo articolo, e sono soggette alle disposizioni di cui agli articoli 4, ad eccezione del comma 3, primo periodo, 13, comma 1, 14, commi 1 e 2, 17, 19, 22, 23, comma 3, 24, 26, comma 1, lettere a), b), c), e), f), g) e l), 27 e 28, commi 1, 2 e 4, nonché al Capo IV del presente decreto. |
Art. 4 |
Art. 4 |
1. Gli organismi di gestione collettiva agiscono nell'interesse dei titolari dei diritti da essi rappresentati, senza imporre loro alcun obbligo che non sia oggettivamente necessario alla protezione dei loro diritti e interessi o alla gestione efficace di questi ultimi. |
Identico |
2. I titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un'entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell'Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell'organismo di gestione collettiva, dell'entità di gestione indipendente o del titolare dei diritti, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento all'attività di intermediazione di diritti d'autore. |
2. I titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un'entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell'Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell'organismo di gestione collettiva, dell'entità di gestione indipendente o del titolare dei diritti. |
Commi da 3 a 5 Omissis |
Identici |
6. I titolari dei diritti hanno il diritto di revocare l'affidamento dell'attività di intermediazione da loro concesso, in tutto o in parte, per i territori di loro scelta, con un preavviso non inferiore a quattro mesi e non superiore a sei mesi. Tale diritto non può essere subordinato ad alcuna condizione. L'organismo di gestione collettiva o l'entità di gestione indipendente possono decidere che tale revoca produca effetti soltanto alla fine dell'esercizio finanziario. |
6. I titolari dei diritti hanno il diritto di revocare l'affidamento dell'attività di intermediazione da loro concesso, in tutto o in parte, per i territori di loro scelta, con un preavviso non inferiore a quattro mesi e non superiore a sei mesi. Tale diritto non può essere subordinato ad alcuna condizione che ne renda gravoso l’esercizio. L'organismo di gestione collettiva o l'entità di gestione indipendente possono decidere che tale revoca produca effetti soltanto alla fine dell'esercizio finanziario. |
7. In caso di somme dovute ai titolari dei diritti per atti di sfruttamento verificatisi anteriormente al ritiro dell'autorizzazione o per licenze concesse prima che si producano gli effetti di un'eventuale revoca intervenuta, i titolari dei diritti conservano i diritti di cui agli articoli 15, 17, 24, 27, 34 e 38. |
Identico |
8. I diritti di cui ai commi da 1 a 7 sono indicati nello statuto o nelle condizioni di adesione dell'organismo di gestione collettiva e dell'entità di gestione indipendente. |
8. I diritti di cui ai commi da 1 a 7 sono indicati nello statuto o nelle condizioni di adesione dell'organismo di gestione collettiva e dell'entità di gestione indipendente. Nel caso di entità di gestione indipendenti, le condizioni di adesione specificano altresì: a) lo scopo lucrativo dell’entità di gestione indipendente; b) le modalità di ripartizione della remunerazione del diritto d’autore, anche precisando l’eventuale esistenza di meccanismi di differenziazione tra gli aderenti alla entità di gestione indipendente; c) l’eventuale svolgimento da parte dell’entità di gestione indipendente di attività potenzialmente in conflitto di interessi rispetto all’attività di intermediazione. |
Art. 8 |
Art. 8 |
1. Gli organismi di gestione collettiva diversi dalla Società italiana degli autori e degli editori e le entità di gestione indipendente che svolgono attività di amministrazione e di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore devono disporre dei seguenti requisiti: a) costituzione in una forma giuridica prevista dall'ordinamento italiano o di altro Stato membro dell'Unione europea che consenta, con riferimento agli organismi di gestione collettiva, l'effettiva partecipazione e controllo da parte dei titolari dei diritti; b) il rispetto della normativa vigente in relazione alla forma giuridica prescelta; c) un'organizzazione conforme a quanto stabilito dalla Sezione II del presente Capo; d) previsione espressa nello statuto, indipendentemente dalla forma giuridica adottata, dei seguenti elementi: 1) l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, quale oggetto sociale esclusivo o, comunque, prevalente; 2) la tenuta dei libri obbligatori e delle altre scritture contabili ai sensi del Libro V, Titolo II, Capo III, Sezione III, paragrafo 2, del codice civile; 3) la redazione del bilancio ai sensi del Libro V, Titolo V, Capo V, Sezione IX, del codice civile. |
1. Gli organismi di gestione collettiva diversi dalla Società italiana degli autori e degli editori e le entità di gestione indipendente che svolgono attività di amministrazione e di intermediazione del diritto d’autore o dei diritti connessi al diritto d'autore devono disporre dei seguenti requisiti: a) costituzione in una forma giuridica prevista dall'ordinamento italiano o di altro Stato membro dell'Unione europea che consenta, con riferimento agli organismi di gestione collettiva, l'effettiva partecipazione e controllo da parte dei titolari dei diritti; b) il rispetto della normativa vigente in relazione alla forma giuridica prescelta; c) un'organizzazione conforme a quanto stabilito dalla Sezione II del presente Capo; d) previsione espressa nello statuto, indipendentemente dalla forma giuridica adottata, dei seguenti elementi: 1) l'attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, quale oggetto sociale esclusivo o, comunque, prevalente; 2) la tenuta dei libri obbligatori e delle altre scritture contabili ai sensi del Libro V, Titolo II, Capo III, Sezione III, paragrafo 2, del codice civile; 3) la redazione del bilancio ai sensi del Libro V, Titolo V, Capo V, Sezione IX, del codice civile. |
Commi da 2 a 4 Omissis |
Identici |
Art. 14 |
Art. 14 |
Commi da 1 a 4 Omissis |
Identici |
5. In ogni caso, gli investimenti sono effettuati nell'esclusivo e migliore interesse dei titolari dei diritti, devono garantire la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio nel suo insieme, devono essere inoltre diversificati in modo da evitare un'eccessiva dipendenza da una particolare attività e l'accumulazione di rischi nel portafoglio nel suo insieme. |
Identico |
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5-bis. Le entità di gestione indipendenti tengono separata contabilmente l’attività di intermediazione dei diritti rispetto alle altre attività. Gli investimenti delle entità di gestione indipendenti devono garantire la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio nel suo insieme, devono essere inoltre diversificati in modo da evitare un'eccessiva dipendenza da una particolare attività e l'accumulazione di rischi nel portafoglio nel suo insieme. |
Art. 18 |
Art. 18 |
1. Gli organismi di gestione collettiva adottano tutte le misure necessarie per identificare e localizzare i titolari dei diritti. In particolare, al più tardi entro novanta giorni dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 17, gli organismi di gestione collettiva mettono a disposizione le informazioni sulle opere o altri materiali protetti per i quali uno o più titolari dei diritti non sono stati identificati o localizzati: a) ai titolari di diritti che rappresentano o ai soggetti che rappresentano titolari di diritti, qualora tali soggetti siano membri di un organismo di gestione collettiva; b) a tutti gli organismi di gestione collettiva con cui hanno concluso accordi di rappresentanza; |
Identico |
2. Le informazioni di cui al comma 1 includono, qualora disponibili: a) il titolo dell'opera o altro materiale protetto; b) il nome del titolare dei diritti; c) il nome dell'editore o produttore pertinente; d) qualsiasi altra informazione rilevante disponibile che potrebbe contribuire all'identificazione del titolare dei diritti. |
Identico |
3. Gli organismi di gestione collettiva verificano altresì i registri dei propri membri di cui all'articolo 6, comma 2, e altri registri reperibili. Se le misure di cui sopra non producono risultati, gli organismi di gestione collettiva mettono tali informazioni a disposizione del pubblico al più tardi entro un anno dalla scadenza del periodo di novanta giorni, di cui al comma 1. |
Identico |
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3-bis. Le entità di gestione indipendenti adottano tutte le misure necessarie per identificare e localizzare i titolari dei diritti. In particolare, al più tardi entro novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui all'articolo 17, le entità di gestione indipendenti mettono a disposizione dei titolari dei diritti che rappresentano e degli altri soggetti legittimati, sulla base di una richiesta motivata, le informazioni sulle opere o altri materiali protetti per i quali uno o più titolari dei diritti non sono stati identificati o localizzati, con particolare riguardo ai seguenti dati, se disponibili: a) il titolo dell'opera o altro materiale protetto; b) il nome del titolare dei diritti; c) il nome dell'editore o produttore pertinente; d) qualsiasi altra informazione rilevante disponibile che potrebbe contribuire all'identificazione del titolare dei diritti. |
Art. 26 |
Art. 26 |
1. Gli organismi di gestione collettiva rendono pubbliche, mantenendole aggiornate sul proprio sito internet, almeno le seguenti informazioni: a) lo statuto; b) le condizioni di adesione e le condizioni di ritiro dell'autorizzazione a gestire i diritti, se non specificate nello statuto; c) i contratti standard per la concessione di licenze e le tariffe standard applicabili, incluse le riduzioni; d) l'elenco delle persone di cui all'articolo 12; e) la politica generale di distribuzione degli importi dovuti ai titolari dei diritti; f) la politica generale relativa alle spese di gestione; g) la politica generale in materia di detrazioni, diversa rispetto a quella relativa alle spese di gestione, ai proventi dei diritti e a qualsiasi reddito derivante dalle spese di gestione, comprese quelle finalizzate alla prestazione di servizi sociali, culturali ed educativi; h) un elenco degli accordi di rappresentanza sottoscritti e i nomi degli organismi di gestione collettiva con cui tali accordi di rappresentanza sono stati conclusi; i) la politica generale sull'utilizzo di importi non distribuibili; l) le procedure di trattamento dei reclami e di risoluzione delle controversie disponibili a norma degli articoli 38 e 39. |
Identico |
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1-bis. Gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti, che non siano tenuti a farlo presso il Registro delle imprese di cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580, pubblicano, altresì, sul proprio sito web il bilancio o rendiconto annuale approvato e affidano la revisione legale ad una società iscritta nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Gli obblighi di cui al primo periodo si applicano altresì alla Società italiana autori ed editori (SIAE), che approva il proprio bilancio entro 120 giorni dalla conclusione dell’esercizio e lo pubblica sul proprio sito web e presso il Registro delle imprese di cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 13. |
L’articolo 16 dispone l’introduzione di obblighi in materia di pubblicità da parte di alcuni centri dati, in attuazione dell’articolo 12 della direttiva (UE) 2023/1791.
L’articolo in esame prevede l’introduzione di alcuni obblighi in materia di pubblicità da parte dei centri dati con una domanda di potenza di tecnologia dell’informazione (IT) installata pari ad almeno 500 kW. Nonostante la direttiva (UE) 2023/1791 non sia stata ancora recepita, secondo la relazione illustrativa del Governo, si intende dare tempestiva attuazione all’articolo 12 della direttiva, onde prevenire l’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, in ragione dell’inosservanza del termine di recepimento previsto (15 maggio 2024).
Si rileva che la rubrica dell’articolo “Disposizioni in materia di obblighi di pubblicità dei centri dati – attuazione della direttiva (UE) 2023/1791” appare non corrispondere al suo contenuto effettivo poiché, come si evince dalla relazione illustrativa del governo, della direttiva in questione è previsto il recepimento nello schema di disegno di legge di delegazione europea per l’anno 2024, attualmente in corso di elaborazione. L’articolo in esame appare pertanto attuativo del solo articolo 12 della direttiva (UE) 2023/1791.
Più specificamente, il primo comma dell’articolo in esame dispone che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e successivamente entro il 15 maggio di ciascun anno, i gestori di centri dati[32] con una domanda di potenza di tecnologia dell’informazione (IT) installata pari ad almeno 500 kW, rendano pubbliche alcune tipologie di informazioni.
Alla lett. a) è disposto l’obbligo di pubblicità della denominazione del centro dati, del nome del titolare e dei gestori del centro dati, della data di entrata in funzione e del comune in cui è situato il centro dati.
Alla lett. b) si dispone l’obbligo di pubblicità della superficie coperta del centro dati, della potenza installata, del traffico dati annuale sia in entrata che in uscita e della quantità di dati conservati e trattati nel centro dati.
Infine, la lett. c) dispone la pubblicità della prestazione del centro dati nell’ultimo anno civile completo, secondo gli indicatori chiave di prestazione di cui al regolamento delegato (UE) 2024/1364 della Commissione europea, sulla prima fase dell’istituzione di un sistema comune di classificazione dell’Unione per i centri dati.
Il comma 2 prevede che le disposizioni di cui al comma 1 non trovino applicazione per:
Ø i centri dati che sono utilizzati o forniscono i loro servizi esclusivamente a fini della difesa e della protezione civile;
Ø le informazioni che a livello unionale o nazionale tutelano i segreti commerciali e aziendali, nonché la riservatezza.
L’articolo 12 della direttiva (UE) 2023/1791 dispone, al paragrafo 1, che entro il 15 maggio 2024, e successivamente con cadenza annuale, gli Stati membri impongano ai titolari e ai gestori di centri dati sul loro territorio con una domanda di potenza di tecnologia dell’informazione (IT) installata pari ad almeno 500 kW di rendere pubbliche le informazioni di cui all’allegato VII della direttiva, a eccezione delle informazioni soggette al diritto dell’Unione e nazionale a tutela dei segreti commerciali e aziendali e della riservatezza.
Come disposto dal comma 2 dell’articolo in esame, il paragrafo 2 dell’articolo 12 della citata direttiva dispone che la norma non si applichi ai centri dati che sono utilizzati o forniscono i loro servizi esclusivamente con il fine ultimo della difesa e della protezione civile.
Ulteriori obblighi in capo agli Stati membri sono disposti al paragrafo 4 dell’articolo 12, ai sensi del quale quest’ultimi incoraggiano i titolari e i gestori dei centri dati sul loro territorio con una domanda di potenza di IT installata pari o superiore a 1 MW a tenere conto delle buone pratiche indicate nella versione più recente del codice di condotta europeo per l’efficienza energetica nei centri dati.
L’articolo prevede inoltre, al paragrafo 3, l’istituzione di una banca dati europea che dovrà raccogliere e rendere accessibile al pubblico, in forma aggregata, le informazioni rese pubbliche dai centri dati.
Le informazioni che ai sensi dell’allegato VII della citata direttiva i centri hanno l’obbligo di rendere pubbliche sono:
a) denominazione del centro dati, nome del titolare e dei gestori del centro dati, data di entrata in funzione e comune in cui è ubicato il centro dati;
b) superficie coperta del centro dati, potenza installata, traffico dati annuale in entrata e in uscita, quantità di dati conservati e trattati nel centro dati;
c) prestazione del centro dati nell’ultimo anno civile completo secondo gli indicatori chiave di prestazione relativi, tra l’altro, al consumo di energia, all’utilizzo della potenza, ai valori di impostazione della temperatura e all’uso di calore di scarto, acqua ed energia rinnovabile, utilizzando come base, se del caso, la norma CEN/CENELEC EN 50600-4 «Tecnologia dell’informazione - Servizi e infrastrutture dei centri dati», sino all’entrata in vigore dell’atto delegato adottato a norma dell’articolo 33, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2023/1791.
Quest’ultimo ha disposto il conferimento alla Commissione europea del potere di adottare atti delegati per integrare la direttiva 2023/1791, istituendo, previa consultazione dei portatori di interessi, un sistema comune dell’Unione per classificare la sostenibilità dei centri dati ubicati sul suo territorio.
La Commissione europea, con regolamento delegato (UE) 2024/1364, ha definito gli indicatori chiave di prestazione che devono essere comunicati alla banca dati europea dai gestori di centri dati con una domanda di potenza delle tecnologie dell’informazione installate pari ad almeno 500 kW.
L’allegato II del regolamento delegato (UE) 2024/1364 ha individuato le seguenti categorie di indicatori chiave di prestazione:
1) indicatori energetici e di sostenibilità;
2) indicatori di capacità TIC dei server e dei prodotti di archiviazione dati;
3) indicatori di traffico dati.
Articolo 17
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 17 reca la clausola di invarianza finanziaria, salvo quanto previsto dagli articoli 4, 10 e 14, comma 1, i quali provvedono alla copertura degli oneri previsti dalle stesse norme.
La disposizione prevede che, salvo quanto previsto dagli articoli 4, 10 e 14, comma 1, del decreto-legge in esame, dall’attuazione delle norme di cui al medesimo decreto-legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le amministrazioni e le autorità interessate provvedono alle attività ivi previste mediante utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Si ricorda che l’articolo 4 prevede l’incremento della dotazione organica del Ministero della giustizia di 250 unità, al fine di rafforzare la capacità amministrativa-contabile del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria. A tal fine è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2025 per l’espletamento delle procedure concorsuali, di 6,1 milioni di euro per l’anno 2025 e di 10,1 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026 per gli oneri assunzionali e le spese di funzionamento. Alla copertura dei relativi oneri si provvede quanto a 2 milioni di euro per il 2025 mediante corrispondente riduzione del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero della giustizia per il potenziamento dei servizi istituzionali (art. 16, comma 3, del D.L. n. 75 del 2023) e quanto a euro 6.058.960 per il 2025 e a euro 10.111.170 annui a decorrere dal 2026 mediante corrispondente riduzione delle proiezioni sullo stanziamento del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero della giustizia.
L’articolo 10 estende la possibilità di cumulo dei periodi di assicurazione maturati in Italia con quelli maturati presso organizzazioni internazionali. Ai relativi oneri, pari a euro 666.000 per l’anno 2025, euro 849.000 per l’anno 2026, euro 1.060.000 per l’anno 2027, euro 969.000 per l’anno 2028, euro 786.000 per l’anno 2029, euro 870.000 per l’anno 2030, euro 935.000 per l’anno 2031, euro 1.072.000 per l’anno 2032, euro 1.386.000 per l’anno 2033 ed euro 1.289.000 per l’anno 2034, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea di cui all’articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
L’articolo 14, comma 1, disciplina l’istituzione di un programma della durata massima di 54 mesi, finalizzato a promuovere la mobilità sostenibile, per un importo complessivo pari a 500 milioni di euro a valere sulla dotazione del fondo destinato al Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico previsto dall’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.
Articolo 18
(Entrata in vigore)
L’articolo 18 dispone che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 17 settembre 2024.
Ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, la legge di conversione (insieme con le eventuali modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Ai sensi del comma 6 del citato articolo 29 del D.Lgs. n. 116 del 2017, e successive modificazioni.
[2] Riguardo a quest’ultimo, cfr. infra.
[3] Riguardo all’assicurazione obbligatoria INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, cfr. l’articolo 25, comma 5, del citato D.Lgs. n. 116 del 2017.
[4] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 2038.
[5] Cfr., nel suddetto disegno di legge, la novella di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), capoverso articolo 31-bis, comma 3.
[6] Come ricordato nella relazione illustrativa, ai sensi dell’art. 62 del decreto del Presidente ella Repubblica n. 230 del 2000, analoga facoltà è già riconosciuta ai detenuti e agli internati che facciano ingresso in un istituto penitenziario.
[7] In particolare, la violazione veniva ravvisata in riferimento all'articolo 350, comma 3, del codice di procedura penale, secondo cui le «sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. Il difensore ha l'obbligo di presenziare al compimento dell'atto».
[8] La violazione veniva ravvisata con riguardo agli articoli 104, commi 3 e 4, e 350, commi da 5 a 7 del codice di procedura penale nella parte in cui dispongono, rispettivamente, il differimento del diritto di conferire con il difensore e la possibilità della polizia giudiziaria di assumere informazioni nell'immediatezza dei fatti o di ricevere dichiarazioni spontanee senza l'assistenza del difensore.
[9] La censura relativa all'articolo 387, comma l, del codice di procedura penale riguarderebbe la previsione l'obbligo della polizia giudiziaria di informare dell'avvenuto arresto o fermo, con il consenso dell'arrestato o del fermato, i soli «familiari» di quest'ultimo, e non una qualsiasi persona da loro indicata.
[10] La contestazione riguardava la mancata previsione, nell’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), di una eccezione alla regola che prescrive di informare, in caso di arresto del minore, l'esercente la potestà dei genitori (ed altri eventuali responsabili), quando ciò contrasti con l'interesse superiore del minore. Analogamente, con riferimento all'articolo 12 (concernente, più in generale, l'assistenza affettiva e psicologica all'imputato minorenne durante il procedimento), veniva rilevato che la disposizione non impone che debba essere informato un altro adulto idoneo qualora sia contrario all'interesse superiore del minore che sia informato il titolare della potestà genitoriale.
[11] L’art. 35, c. 4, del d. lgs. 165/2001 (Norme generali sull’organizzazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) prevede che le determinazioni relative all’avvio delle procedure di reclutamento siano adottate da parte di ciascuna amministrazione sulla base del piano triennale di fabbisogno approvato ai sensi dell’art. 6, c. 4, del medesimo d. lgs. e che l’avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale dello Stato siano autorizzati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
[12] L’art. 16, c. 3, del d.l. 75/2023 ha istituito nello stato di previsione del Ministero della giustizia, al fine di garantire il potenziamento dei servizi istituzionali del Ministero medesimo, un fondo con uno stanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026.
[13] Si ricorda che, ai sensi del medesimo art. 24 del D.Lgs. 286/1998, la richiesta per l’impiego a carattere stagionale nei settori agricolo e turistico/alberghiero di lavoratori stranieri deve essere nominativa e presentata allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza che, in presenza di tutti i requisiti richiesti dalla normativa, rilascia il nulla osta al lavoro stagionale, anche pluriennale, per la durata corrispondente a quella del lavoro stagionale richiesto. Il nulla osta al lavoro stagionale autorizza lo svolgimento di attività lavorativa sul territorio nazionale fino ad un massimo di nove mesi in un periodo di dodici mesi.
[14] La novella concerne l’articolo 18 della L. 29 luglio 2015, n. 115, e successive modificazioni. Riguardo alla disciplina di cui al medesimo articolo 18 (nel testo, naturalmente, precedente la novella suddetta), cfr. la circolare dell’INPS n. 71 dell’11 aprile 2017, come modificata e integrata dalla circolare n. 50 del 21 aprile 2022 e dalla circolare n. 87 del 1° agosto 2024. La summenzionata circolare n. 71 ha tra l’altro chiarito che con la locuzione "periodi assicurativi", adoperata dal suddetto articolo 18 con riguardo ai periodi oggetto dell’eventuale domanda di computo, si intendono solo quelli coperti da contribuzione (pensionistica). La summenzionata circolare n. 87 è stata emanata dopo la novella che ha esteso la possibilità di computo di cui al suddetto articolo 18 al fine del conseguimento del diritto alla pensione anticipata (novella di cui all’articolo 5 del D.L. 13 giugno 2023, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 103).
[15] Riguardo alla nozione di periodi assicurativi, cfr. supra, in nota.
[16] Si ricorda che fanno parte dello Spazio economico europeo gli Stati dell’Unione europea e i seguenti Stati: Islanda, Liechtenstein, Norvegia.
[17] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.C. n. 2038.
[18] Si ricorda che, in seguito all’apertura da parte della Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione della Commissione europea (con comunicazione del 17 dicembre 2021) del caso EU Pilot (2021) 10047/Empl – in cui è stata rilevata la necessità, in base al principio sulla libera circolazione dei lavoratori, che il computo in esame sia ammesso anche per il conseguimento del diritto alla pensione anticipata – il legislatore italiano ha esteso l’ambito di applicazione del computo in esame al fine del conseguimento del diritto alla pensione anticipata (cfr. supra, in nota).
[19] Di cui all'articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
[20] Si ricorda che la possibilità di computo in esame è stata introdotta dal citato articolo 18 della L. n. 115 del 2015, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, in seguito all’apertura della procedura di infrazione n. 2014/4168, avviata con la lettera di messa in mora del 27 febbraio 2015 della Commissione europea; quest’ultimo atto faceva seguito alla suddetta sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 4 luglio 2013.
[21] La relazione tecnica è reperibile nell’A.C. n. 2038.
[22] Come già ricordato, la possibilità di computo in esame è stata stabilita dal citato articolo 18 della L. n. 115 del 2015 con decorrenza dal 1° gennaio 2016. Come detto, gli effetti della novella di cui al comma 1 del presente articolo 10 decorrono dal 1° gennaio 2025 (ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 10).
[24] Riguardo ad un fattore di possibile sovrastima dell’onere, cfr. supra.
[25] Fondo di cui all’articolo 41-bis della L. 24 dicembre 2012, n. 234.
[26] Riguardo a tale clausola, cfr. il comma 9 del citato articolo 18 della L. n. 115 del 2015.
[27] Riguardo ai criteri e alla procedura di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali, cfr. l’articolo 46, comma 2, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, e l’articolo 2, comma 473, della L. 24 dicembre 2007, n. 244.
[28] Fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.
[29] Cfr. il citato comma 9 dell’articolo 18 della L. n. 115 del 2015.
[30] Nello specifico, la Commissione UE rileva che “La normativa italiana non previene né sanziona in misura sufficiente l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico in Italia. Tra questi, insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola pubblica, operatori sanitari, lavoratori del settore dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e del settore operistico, personale degli istituti pubblici di ricerca, lavoratori forestali e volontari dei vigili del fuoco nazionali. Alcuni di questi lavoratori hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, situazione che costituisce una discriminazione e contravviene al diritto dell'Unione”.
[31] Il previgente articolo 32, comma 5, L. 183/2010, abrogato dall’art. 55, comma 1, lett. f), D.Lgs. 81/2015, prescriveva che “nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604”. A tal riguardo, la Suprema Corte ha messo in evidenza le differenze sostanziali tra la predetta disciplina e quella recata dall’art. 28 D.Lgs. 81/2015, osservando che “1) l'indennità non è più commisurata alla "ultima retribuzione globale di fatto", bensì alla "ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto" (in conformità al parametro prescelto per il contratto a tutele crescenti di cui al D.Lgs. n. 23 del 2015); 2) il rinvio ai contratti collettivi per il riconoscimento della riduzione dell'indennità previsto dall'art. 28, comma 3 non è più qualificato come quello già previsto dall'art. 32, comma 6 (che richiede la stipula con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale)” (Cass. Civ. sent. n.21069 19 ottobre 2015).
[32] La definizione di centro dati è quella definita nell’allegato A, punto 2.6.3.1.16, del regolamento (UE) 2024/264, ossia “una struttura o un gruppo di strutture utilizzate per ospitare, collegare e gestire i sistemi informatici/server e le relative apparecchiature per l’archiviazione, l’elaborazione e/o la distribuzione di dati e per le attività correlate.”