Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico |
Serie: | Progetti di legge Numero: 339/1 |
Data: | 30/09/2024 |
Organi della Camera: | VI Finanze, V Bilancio, Assemblea |
Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico
Edizione provvisoria
D.L. n. 113/2024 - A.S. n. 1222-A
Servizio Studi Senato
Ufficio ricerche nei settori economico e finanziario
Tel. 066706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 333/1
Dipartimento Bilancio
Tel. 066760-2233 - st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Progetti di legge n. 339/1
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Articolo 2-bis (Indennità una tantum in favore di lavoratori dipendenti)
Articolo 3 (Disposizioni in materia di associazioni e società sportive dilettantistiche)
Articolo 6 (Tassazione dei redditi di talune categorie di lavoratori frontalieri)
Articolo 6-ter (Disposizioni per il contrasto della pirateria informatica)
Articolo 7-ter (Proroga di termini per affidamento lavori)
Articolo 7-quater (Tirocini connessi ad ammortizzatori sociali in deroga nella regione Calabria)
Articolo 8 (Misure in materia di Piano nazionale complementare)
Articolo 8-bis (Disposizioni in materia di investimenti infrastrutturali)
Articolo 8-ter (Disposizioni urgenti in materia di interventi di rigenerazione urbana)
Articolo 9, comma 3 (Risorse per il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa)
Articolo 10, comma 1 (Disposizione concernente società a partecipazione pubblica quotate)
Articolo 10, comma 1-bis (Modifiche al decreto legislativo n. 175 del 2016)
Articolo 10, commi 3-12 (Riforma 1.15 PNRR del sistema di contabilità pubblica)
Articolo 10, comma 12-bis (Interoperabilità con la banca dati degli immobili pubblici)
Articolo 10, comma 13 (Disposizioni relative alla Società Autostrade Alto Adriatico S.p.A.)
Articolo 10, comma 13-ter (Poteri del Commissario per la gestione dei rifiuti in Sicilia)
Articolo 10-bis (Piccole opere)
Articolo 11, commi 1 e 2 (Rifinanziamento del Fondo per le emergenze nazionali)
Articolo 11, comma 3 (Incremento del FISPE)
Articolo 11-bis (Finanziamento dei Partenariati per la ricerca e l’innovazione Orizzonte Europa)
Articolo 11-ter (Disposizioni per il sostegno alla ricerca clinica e traslazionale)
Articolo 13 (Misure economiche urgenti in materia di collegi di merito)
Articolo 14, commi da 1 a 4 e 5 (Misure urgenti in materia di finanziamento di attività culturali)
Articolo 14, comma 5-bis (Finanziamento enti e istituzioni culturali)
Articolo 15, comma 1 (Misure urgenti a favore degli investimenti nei paesi africani)
Articolo 15, comma 2 (Risorse per fondo rotativo per le operazioni di venture capital)
Articolo 16-bis (Disposizioni urgenti a sostegno del settore suinicolo)
Articolo 18-bis (Deroga ai vincoli di utilizzo della cassa di cui all’art. 187 TUEL, comma 3-bis)
Articolo 18-quater (Disposizioni in materia di segretari comunali)
Articolo 18-quinquies (Disposizioni finanziarie in materia di PNRR)
Articolo 19 (Misure in materia di revisione della spesa in favore delle regioni)
Articolo 21-bis (Clausola di salvaguardia)
Articolo 22 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Disposizioni in materia di credito d'imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno - ZES unica)
L’articolo 1, come modificato in sede referente, integra le modalità per l’erogazione del contributo sotto forma di credito di imposta per la realizzazione di investimenti nella ZES unica (comma 1); stabilisce una procedura di calcolo dell’ammontare massimo del credito di imposta fruibile da ciascun beneficiario ai fini del rispetto del limite di spesa prevedendo la possibilità che l’autorizzazione di spesa sia incrementata nel limite massimo complessivo di 1.600 milioni di euro per l’anno 2024 (comma 2); i versamenti all’entrata possono essere disposti direttamente alla contabilità speciale n. 1778 intestata all’Agenzia delle entrate (comma 3); si integrano i contenuti del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 2 (comma 4); si disciplina l’ipotesi in cui il credito di imposta riconosciuto alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise ed alle zone assistite della regione Abruzzo con il provvedimento di cui ai commi 2 e 4 sia inferiore a quello massimo riconoscibile (comma 5); si interviene sulla disciplina del registro per le tecnologie del fotovoltaico prevedendo che, sia gli impianti fotovoltaici, sia le relative celle, devono essere prodotte negli Stati membri dell’UE.
L’articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023 ha introdotto, per l’anno 2024, il credito di imposta per investimenti nella ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2 del medesimo articolo, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise. Il comma 3 dell’articolo 16 individua i settori esclusi dall’agevolazione, il comma 4 indica i criteri di determinazione della misura del contributo, il comma 5 specifica la base giuridica europea per la compatibilità della misura e il comma 6 stabilisce che il credito di imposta per investimenti nella ZES unica è riconosciuto nel limite di spesa complessivo di 1.800 milioni di euro per l'anno 2024. Gli importi sono versati alla contabilità speciale n. 1778 intestata all'Agenzia delle entrate. Il comma rinvia quindi a un decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la definizione delle modalità di accesso al beneficio, nonché i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta e dei relativi controlli, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo (si veda il decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 117 del 21 maggio 2024). La suddetta autorizzazione di spesa è stata successivamente rideterminata dall’articolo 1, commi 8 e 9, del decreto-legge n. 63 del 2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101 del 2024.
Il comma 1 dell’articolo 1 in esame, come modificato in sede referente, integra la procedura per l’erogazione del credito di imposta per la realizzazione di investimenti in beni strumentali nella ZES unica previsto dall’articolo 16 del decreto-legge n. 124 del 2023.
In particolare, esso dispone che, a pena di decadenza dall’agevolazione, gli operatori economici che hanno presentato la comunicazione di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 117 del 21 maggio 2024, inviano dal 18 novembre 2024 al 2 dicembre 2024 all’Agenzia delle entrate una comunicazione integrativa attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti indicati nella comunicazione presentata ai sensi del predetto articolo 5, comma 1.
La comunicazione integrativa di cui al primo periodo, a pena del rigetto della comunicazione stessa, reca, altresì, l’indicazione dell’ammontare del credito di imposta maturato in relazione agli investimenti effettivamente realizzati e delle relative fatture elettroniche e degli estremi della certificazione prevista dall’articolo 7, comma 14, del predetto decreto ministeriale.
La comunicazione integrativa indica un ammontare di investimenti effettivamente realizzati non superiore a quello riportato nella comunicazione inviata ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del predetto decreto ministeriale.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora la comunicazione inviata ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del citato decreto ministeriale rechi l’indicazione di investimenti agevolabili e già realizzati alla data di trasmissione della medesima comunicazione.
Il comma rinvia a un provvedimento adottato dal direttore dell’Agenzia delle entrate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è approvato il modello di comunicazione integrativa, con le relative istruzioni, da utilizzare per le finalità di cui al presente comma e sono definite le relative modalità di trasmissione telematica.
Il comma 2 stabilisce una procedura di calcolo dell’ammontare massimo del credito di imposta fruibile da ciascun beneficiario ai fini del rispetto del limite di spesa di cui all’articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 124 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162 del 2023.
In particolare, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile da ciascun beneficiario è pari all’importo del credito d’imposta risultante dalla comunicazione integrativa di cui al comma 1, moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni integrative.
Detta percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all’ammontare complessivo dei crediti di imposta indicati nelle comunicazioni integrative di cui al citato comma 1.
Qualora il credito di imposta fruibile, come determinato ai sensi del primo periodo, risulti inferiore alla misura definita ai sensi del comma 1 del suddetto articolo 16, l’autorizzazione di spesa di cui al comma 6 del medesimo articolo è incrementata, ferma restando la predetta misura e nel limite massimo complessivo di 1.600 milioni di euro per l’anno 2024, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione in spesa, nel seguente ordine, delle risorse di cui:
a) all’articolo 8 del presente decreto nel limite massimo di 750 milioni di euro per l’anno 2024, attingendo in modo proporzionale alle relative autorizzazioni di spesa;
b) all’articolo 1, comma 177 (Fondo per lo sviluppo e la coesione, per il periodo di programmazione 2021-2027), della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), con imputazione alla quota afferente alle amministrazioni centrali ai sensi dell’articolo 1, comma 178, lettera b), numero 1), della medesima legge n. 178 del 2020, nel limite massimo di 560 milioni di euro per l’anno 2024;
c) all’articolo 26, comma 7 (Fondo per l'avvio di opere indifferibili), del decreto-legge n. 50 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 91 del 2022, nel limite massimo di 290 milioni di euro per l’anno 2024.
Il comma 4, come modificato in sede referente, integra i contenuti del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 2, prescrivendo l’indicazione, per ciascuna regione della Zona economica speciale per il Mezzogiorno - ZES Unica ed in modo distinto per ciascuna delle categorie di microimprese, di piccole imprese, di medie imprese e di grandi imprese come definite dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027:
a) il numero delle comunicazioni inviate entro i termini previsti dal comma 1;
b) la tipologia di investimenti realizzati entro la data del 15 novembre 2024;
c) l’ammontare complessivo del credito di imposta complessivamente richiesto.
Il comma 5 disciplina l’ipotesi in cui il credito di imposta riconosciuto alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise ed alle zone assistite della regione Abruzzo con il provvedimento di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo sia inferiore a quello massimo riconoscibile.
Sotto tale ipotesi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 16, comma 5, secondo periodo (cumulabilità del credito di imposta con aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammessi al beneficio, a condizione che tale cumulo non porti al superamento dell'intensità o dell'importo di aiuto più elevati consentiti dalle pertinenti discipline europee di riferimento), del citato decreto-legge n. 124 del 2023, qualora il provvedimento di cui ai commi 2 e 4 indichi un credito di imposta inferiore a quello massimo riconoscibile nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e nelle zone assistite della regione Abruzzo, ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, il Ministero delle imprese e del made in Italy e le regioni delle ZES Unica rendono nota entro il 15 gennaio 2025, mediante apposita comunicazione inviata al Dipartimento per le politiche di coesione e il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, la possibilità di agevolare i medesimi investimenti a valere sulle risorse dei programmi della politica di coesione europea relativi al periodo di programmazione 2021-2027 di loro titolarità, ove ne ricorrano i presupposti e nel rispetto delle procedure, dei vincoli territoriali, programmatici e finanziari previsti da detti programmi, indicando l’entità delle risorse finanziarie disponibili per il finanziamento della misura.
Il Ministero delle imprese e del made in Italy e le regioni che intendono avvalersi di tale facoltà, definiscono con propri provvedimenti le modalità di riconoscimento dell’agevolazione e gli adempimenti richiesti agli operatori economici, anche tenendo conto di quanto previsto dall’articolo 16 del citato decreto-legge n. 124 del 2023 e dal citato decreto del Ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024.
Il comma 6, come modificato in sede referente, interviene sulla disciplina del registro per le tecnologie del fotovoltaico curato dall’ENEA, di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge n. 181 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2024.
Il menzionato articolo 12 del decreto-legge n. 181 del 2023 al comma 1 previgente affida all’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) il compito di istituire e curare la tenuta di un registro per le tecnologie del fotovoltaico composto da tre diverse sezioni, in cui sono iscritti, su istanza del produttore o del distributore interessato, i prodotti che rispondono ai seguenti requisiti di carattere territoriale e qualitativo:
a) moduli fotovoltaici prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di modulo almeno pari al 21,5%;
b) moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5%;
c) moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0%.
Il comma 2 della disposizione prevede che l’ENEA, sentiti il Ministero delle imprese e del Made in Italy e il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, definisca e pubblichi sul proprio sito istituzionale, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge, le modalità di invio della richiesta di inserimento nel registro dei prodotti in possesso dei requisiti previsti dal comma 1, fornendo altresì la documentazione da presentare ai fini dell’iscrizione.
Al comma 3 si prevede che l’ENEA pubblichi sul proprio sito istituzionale l’elenco dei prodotti, dei produttori e dei distributori che hanno ottenuto l’inserimento nel registro. Ai fini dell’iscrizione, la stessa Agenzia può procedere a controlli documentali e prestazionali sui prodotti indicati come rientranti nelle categorie di cui alle tre sezioni del registro.
Gli eventuali oneri derivanti da tali controlli sono posti a carico dei richiedenti l’iscrizione.
Il comma 4 è relativo agli oneri finanziari, e stabilisce che l’ENEA provveda all’attuazione della disposizione in esame nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Per effetto del comma 6 in esame si chiarisce che sia gli impianti fotovoltaici, sia le relative celle devono essere prodotte negli Stati membri dell’UE (non solo gli impianti fotovoltaici, come previsto dalla disposizione vigente).
Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, la disposizione è volta a incentivare il credito di imposta transizione 5.0.
Articolo 2
(Misure in materia di imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia)
L’articolo 2 eleva da 100.000 a 200.000 euro l’importo dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
Nel dettaglio, il comma 1, attraverso la modifica dell’articolo 24-bis, comma 2, primo periodo, del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) eleva da 100.000 a 200.000 euro l’importo dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.
Il citato articolo 24-bis del TUIR prevede, al comma 1, che le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia possono optare per l'assoggettamento all'imposta sostitutiva dei redditi prodotti all'estero individuati secondo i criteri di cui all'articolo 165, comma 2, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia per un tempo almeno pari a nove periodi d'imposta nel corso dei dieci precedenti l'inizio del periodo di validità dell'opzione.
Ai sensi del comma 2, per effetto dell'esercizio dell'opzione di cui al comma 1, relativamente ai redditi prodotti all'estero di cui al comma 1 è dovuta un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfetaria, a prescindere dall'importo dei redditi percepiti, nella misura di euro 100.000 per ciascun periodo d'imposta in cui è valida la predetta opzione. Tale importo è ridotto a euro 25.000 per ciascun periodo d'imposta per ciascuno dei familiari di cui al comma 6. L'imposta è versata in un'unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi. Per l'accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'imposta non è deducibile da nessun'altra imposta o contributo.
Il comma 2 precisa che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai soggetti che hanno trasferito nel territorio dello Stato la residenza ai fini dell’articolo 43 del codice civile successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
L’articolo 43 del codice civile stabilisce che il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, mentre la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Articolo 2-bis
(Indennità una tantum in favore di lavoratori dipendenti)
L’articolo 2-bis – inserito in sede referente – prevede, a determinate condizioni, una indennità una tantum in favore dei lavoratori dipendenti per l’anno 2024 (con corresponsione, in alcuni casi, della stessa nell’anno 2025) – indennità pari, nella misura massima, a 100 euro – e provvede alla quantificazione del conseguente onere finanziario e alla relativa copertura.
Il beneficio in oggetto è subordinato al possesso di requisiti, posti nel comma 1, inerenti al reddito complessivo (computato secondo i criteri di cui al comma 3), alla condizione familiare e all’importo minimo dei redditi da lavoro dipendente. L’importo dell’indennità – che non concorre alla formazione del reddito complessivo – è pari a 100 euro ovvero alla proporzionale misura inferiore nei casi in cui il periodo complessivo di lavoro dipendente non copra l’intero anno (comma 2).
L’indennità è corrisposta, su domanda, dal datore di lavoro sostituto di imposta unitamente alla tredicesima mensilità, con diritto del datore a fruire della compensazione fiscale a partire dal giorno successivo all’erogazione suddetta e con obbligo del medesimo datore, in sede di conguaglio fiscale, di verifica del diritto del lavoratore al beneficio e di recupero delle somme eventualmente non spettanti (comma 4).
Nei casi di mancata corresponsione insieme con la tredicesima, l’indennità è riconosciuta in sede di dichiarazione dei redditi (comma 5); in quest’ultima sede, sono altresì determinati gli eventuali recuperi per i casi di importo (in tutto o in parte) non spettante.
Il comma 6 provvede alla quantificazione dell’onere finanziario inerente all’una tantum in oggetto e alla relativa copertura.
Ai sensi del comma 1, per l’indennità una tantum in oggetto il lavoratore dipendente deve possedere, in via congiunta, i seguenti requisiti:
- il reddito complessivo non deve essere superiore a 28.000 euro (lettera a) del comma 1); in base al comma 3, il reddito complessivo, al fine in oggetto, comprende la quota esente dei redditi agevolati, riconosciuta per alcune fattispecie di trasferimento del soggetto in Italia[1], mentre sono esclusi dal computo il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e quello delle pertinenze relative a quest’ultima unità[2];
- il lavoratore deve avere fiscalmente a carico[3] sia il coniuge – non legalmente ed effettivamente separato – sia almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio, riconosciuto, adottivo o affidato (lettera b) del comma 1); è tuttavia sufficiente che il lavoratore abbia fiscalmente a carico soltanto il figlio (rientrante nella suddetta definizione) qualora[4] l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto il figlio (nato fuori del matrimonio) e il lavoratore non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente legalmente ed effettivamente separato, ovvero qualora il figlio sia adottivo, affidato o affiliato del solo lavoratore e questi non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente legalmente ed effettivamente separato. Al di fuori delle suddette condizioni, qualora il coniuge non sia fiscalmente a carico, non si ha diritto all’indennità una tantum, a prescindere dal livello dei redditi e quindi anche nell’ipotesi che il reddito dei due coniugi sia inferiore al suddetto limite di 28.000 euro; si consideri l’opportunità di una valutazione di tale profilo.
Si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, un coniuge o un figlio può essere considerato fiscalmente a carico qualora il reddito del medesimo non sia superiore a 2.840,51 euro, ovvero a 4.000 euro nel caso di figlio di età non superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili).
L’indennità una tantum in esame non è riconosciuta – fermo restando il diritto ad essa per i casi suddetti in cui è sufficiente il requisito relativo al figlio – per le situazioni di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; al riguardo, si potrebbe valutare se tale fattispecie di esclusione debba ricorrere anche per il caso di un coniuge legalmente separato, ma fiscalmente a carico dell’altro coniuge; si ricorda che il coniuge legalmente separato può essere considerato fiscalmente a carico dell’altro coniuge[5] – fermo restando il suddetto limite massimo di reddito di 2.840,51 euro – nei casi in cui i due soggetti siano ancora conviventi o intercorrano tra di essi assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Il requisito sopra menzionato relativo al coniuge fiscalmente a carico si intende rispettato – ferma restando la condizione che il lavoratore abbia altresì almeno un figlio a carico – anche per i casi in cui il soggetto fiscalmente a carico sia invece costituito da una delle due parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso (in base alla norma generale di equiparazione di cui all’articolo 1, comma 20, della L. 20 maggio 2016, n. 76, e alla conseguente applicazione a tali soggetti, già riconosciuta, della disciplina sui coniugi fiscalmente a carico);
- l’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente del lavoratore[6] deve essere di importo superiore a quello della detrazione d’imposta spettante in relazione ai redditi da lavoro[7] (lettera c) del comma 1). Oltre a tale requisito, inerente al livello del reddito da lavoro dipendente, si prevede che la misura dell’indennità sia proporzionalmente ridotta (rispetto all’importo suddetto di 100 euro) qualora il periodo complessivo di lavoro dipendente non copra l’intero anno (comma 2).
Si valuti l’opportunità di chiarire se l’anno a cui si riferiscono sia i requisiti summenzionati (di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1) sia il periodo di svolgimento del lavoro dipendente (di cui al comma 2) sia il 2024 (il riferimento all’anno 2024 appare compatibile con la tempistica dell’erogazione, in virtù delle fasi, successive alla medesima erogazione[8], di verifica ed eventuale recupero in sede di conguaglio fiscale e di eventuale rideterminazione o riconoscimento dell’indennità in sede di dichiarazione dei redditi).
L’indennità una tantum in oggetto non concorre alla formazione del reddito complessivo del beneficiario (comma 2 citato)[9].
L’indennità è corrisposta, su domanda, dal datore di lavoro sostituto d’imposta unitamente alla tredicesima mensilità (comma 4); il lavoratore deve attestare di avervi diritto, indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli. Il datore ha l’obbligo, in sede di conguaglio fiscale, di verificare il diritto al beneficio in oggetto e di provvedere, in caso di esito negativo della verifica, al recupero delle relative somme (non spettanti al lavoratore). Il medesimo datore ha diritto a compensare fiscalmente[10] l’importo dell’indennità erogata, a partire dal giorno successivo alla medesima erogazione.
Per i casi in cui le retribuzioni non siano state assoggettate a ritenuta o in cui l’indennità comunque non sia stata erogata dal sostituto di imposta, l’indennità (se spettante) è riconosciuta in seguito alla presentazione della dichiarazione dei redditi (dunque, nel corso del 2025) (comma 5). Tale disposizione sembrerebbe indicare – in coerenza con il riferimento generale (nel presente articolo) ai lavoratori dipendenti – che il beneficio competa anche per i lavoratori dipendenti (come quelli domestici) privi di sostituto di imposta; si valuti l’opportunità di un chiarimento in merito nonché, più in generale, di chiarire se il riconoscimento operato in sede di dichiarazione dei redditi presupponga – oltre alla presentazione della dichiarazione dei redditi – una domanda del lavoratore. Inoltre, in sede di dichiarazione dei redditi, l’indennità – ferma restando l’esclusione suddetta della stessa dal computo del reddito complessivo – è eventualmente rideterminata, qualora l’importo risulti, in tutto o in parte, non spettante (con conseguente restituzione, nell’ambito della procedura di dichiarazione dei redditi).
Si rileva che l’alinea del comma 1 del presente articolo 2-bis inquadra il beneficio una tantum in esame come misura transitoria nelle more dell’attuazione del principio di delega di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), numero 2.4), della L. 9 agosto 2023, n. 111, che prevede la definizione, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito, di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali, in misura agevolata, sulle retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario che eccedono una determinata soglia e sui redditi da lavoro dipendenti riferibili alla percezione della tredicesima mensilità.
Il comma 6 del presente articolo 2-bis provvede alla quantificazione dell’onere finanziario inerente all’una tantum in esame e alla relativa copertura.
L’onere viene valutato pari a 100,3 milioni di euro per l’anno 2024 (non si stima un onere per l’anno 2025, neanche in termini di fabbisogno di cassa).
Alla relativa copertura finanziaria si provvede mediante:
- la riduzione, nella misura di 34 milioni di euro per l’anno 2024, delle risorse relative all’istituto dell’assegno unico e universale per i figli a carico[11] (lettera a) del citato comma 6);
- la riduzione, nella misura di 32,3 milioni di euro per l’anno 2024, della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica[12] (lettera b));
- la riduzione, nella misura complessiva di 34 milioni di euro per il 2024, dell’importo di accantonamenti relativi a singoli Ministeri del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri finanziari di parte corrente derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento); la misura della riduzione dei singoli accantonamenti è stabilita nei numeri da 1) a 15) della lettera c) del comma 6.
Articolo 2-ter
(Trattamento sanzionatorio per i soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono)
L’articolo 2-ter, introdotto in sede referente, riduce della metà le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie quando è irrogata una sanzione amministrativa per violazioni riferibili ai periodi d'imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato preventivo biennale non accolta dal contribuente ovvero, in relazione a violazioni riferibili ai periodi d'imposta e ai tributi oggetto della proposta, nei confronti di un contribuente decaduto dall'accordo di concordato preventivo biennale per inosservanza degli obblighi previsti dalle norme che lo disciplinano (comma 1). Tali disposizioni si applicano anche nei confronti dei contribuenti che, per i periodi d'imposta dal 2018 al 2022, non si sono avvalsi del regime di ravvedimento di cui all'articolo 2-quater ovvero che ne decadono (comma 2).
Nel dettaglio, il comma 1, fermo quanto previsto dall'articolo 34, comma 2 (secondo cui l'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza programmano l'impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l'attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono), del decreto legislativo n. 13 del 2024, stabilisce che, quando è irrogata una sanzione amministrativa per violazioni riferibili ai periodi d'imposta e ai tributi oggetto della proposta di concordato preventivo biennale, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 13 del 2024, non accolta dal contribuente ovvero, in relazione a violazioni riferibili ai periodi d'imposta e ai tributi oggetto della proposta, nei confronti di un contribuente decaduto dall'accordo di concordato preventivo biennale per inosservanza degli obblighi previsti dalle norme che lo disciplinano, le soglie per l'applicazione delle sanzioni accessorie, di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 472 del 1997, previste dall'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, sono ridotte alla metà.
Il menzionato decreto legislativo n. 13 del 2024, all’articolo 6, introduce, all’esplicito scopo di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo, il concordato preventivo biennale, destinato a contribuenti di minori dimensioni che siano titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni residenti nel territorio dello Stato. L’articolo 7 chiarisce che il presupposto per l’applicazione del concordato preventivo biennale è una proposta formulata dall’Agenzia delle entrate avente a oggetto la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o dall’esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. L’articolo 9 individua le modalità di elaborazione e adesione alla proposta di concordato. La proposta di concordato è elaborata dall'Agenzia delle entrate, in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente e comunque nel rispetto della sua capacità contributiva, sulla base di una metodologia che valorizza, anche attraverso processi decisionali completamente automatizzati, le informazioni già nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria, limitando l'introduzione di nuovi oneri dichiarativi. La predetta metodologia con riferimento a specifiche attività economiche tiene conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli indici sintetici di affidabilità fiscale. La metodologia è approvata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (in attuazione di tale comma, si veda il D.M. 14 giugno 2024 e il D.M. 15 luglio 2024).
Ai sensi del comma 2, ai fini dell'elaborazione della predetta proposta, l'Agenzia delle entrate, oltre ai dati di cui al comma 1, ne acquisisce ulteriori dalle banche dati nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria e di altri soggetti pubblici. Con il decreto di cui al comma 1 sono individuate le specifiche cautele e le garanzie per i diritti e le libertà dei contribuenti, nonché le eventuali tipologie di dati esclusi dal trattamento. Ai sensi del comma 3, il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il 31 luglio, ovvero entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare. Per il primo anno di applicazione dell'istituto, il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1.
Ai sensi del menzionato articolo 21, comma 1 del decreto legislativo n. 472 del 1997, costituiscono sanzioni amministrative accessorie:
a) l'interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore di società di capitali e di enti con personalità giuridica, pubblici o privati;
b) l'interdizione dalla partecipazione a gare per l'affidamento di pubblici appalti e forniture;
c) l'interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per l'esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo e la loro sospensione;
d) la sospensione dall'esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa diverse da quelle indicate nella lettera c).
Il comma 2 specifica che le singole leggi d'imposta, nel prevedere i casi di applicazione delle sanzioni accessorie, ne stabiliscono i limiti temporali in relazione alla gravità dell'infrazione e alla misura della sanzione principale.
Il menzionato articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 dispone che, quando è irrogata una sanzione amministrativa superiore a euro 50.000 si applica, secondo i casi, una delle sanzioni accessorie previste nel decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria (decreto legislativo n. 472 del 1997), per un periodo da tre a sei mesi. La durata delle sanzioni accessorie può essere elevata fino a dodici mesi, se la sanzione irrogata è superiore a euro 100.000.
Ai sensi del comma 2, le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nei confronti dei contribuenti che, per i periodi d'imposta dal 2018 al 2022, non si sono avvalsi del regime di ravvedimento di cui all'articolo 2-quater ovvero che ne decadono per la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'articolo 2-quater, comma 10, lettere a), b) e c) (si veda la scheda relativa all’articolo 2-quater in questo dossier).
Articolo 2-quater
(Imposta sostitutiva per annualità ancora accertabili dei soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale)
L’articolo 2-quater, introdotto in sede referente, consente ai soggetti che hanno applicato gli indici sintetici di affidabilità fiscale e che aderiscono, entro il 31 ottobre 2024, al concordato preventivo biennale di adottare il regime di ravvedimento di cui al presente articolo versando un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali nonché dell'imposta regionale sulle attività produttive (comma 1). L’articolo indica il metodo di determinazione della base imponibile nonché delle aliquote delle imposte sostitutive (commi da 2 a 6); specifica che l’imposta non può comunque essere inferiore a 1.000 euro (comma 7); specifica le modalità di versamento e alcune fattispecie specifiche di decadenza dal beneficio (commi da 8 a 12); indica il periodo di imposta di riferimento (comma 13); stabilisce delle proroghe per i termini di decadenza dell’accertamento (comma 14); rinvia a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione dei termini e delle modalità di comunicazione delle opzioni di cui al presente articolo (comma 15); reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo e indica le fonti di copertura finanziaria (comma 16).
Nel dettaglio, il comma 1 prevede che i soggetti che hanno applicato gli indici sintetici di affidabilità fiscale e che aderiscono, entro il 31 ottobre 2024, al concordato preventivo biennale di cui agli articoli 6 e seguenti del decreto legislativo n. 13 del 2024, possono adottare il regime di ravvedimento di cui al presente articolo, versando l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali nonché dell'imposta regionale sulle attività produttive di cui ai commi da 2 a 7.
Gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale – ISA, introdotti dal decreto-legge n. 50 del 2017, hanno sostituito gli studi di settore e i parametri e riguardano i contribuenti che esercitano attività di impresa, arti o professionisti.
Si tratta di un insieme indicatori che, misurando attraverso un metodo statistico-economico, dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, forniscono una sintesi di valori tramite la quale l'Amministrazione verifica la normalità e la coerenza della gestione professionale o aziendale dei contribuenti. Essi consentono agli operatori economici di valutare la propria posizione e verificare il grado di affidabilità su una scala di valori che va da 1 a 10.
La normativa vigente collega a imprese e lavoratori autonomi qualificati come "affidabili" alcune disposizioni premiali, con particolare riferimento all'esclusione da alcuni controlli fiscali e alla riduzione dei termini per gli accertamenti da parte dell'Amministrazione finanziaria.
Per una panoramica più completa dell'istituto si rinvia alla guida dell'Agenzia delle entrate.
Il decreto legislativo n. 1 del 2024 (A.G. 93) emanato in attuazione della delega fiscale, effettua una complessiva revisione degli ISA. In primo luogo, prevede che l'attività di revisione degli Isa tenga conto di analisi finalizzate alla riorganizzazione e razionalizzazione degli stessi indici, con lo scopo rappresentare adeguatamente la realtà dei comparti economici cui si riferiscono e cogliere le evoluzioni della classificazione delle attività economiche Ateco. Sono semplificate le modalità di compilazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli Isa; l'Agenzia deve rendere disponibili ai contribuenti, o ai loro intermediari, anche mediante l'utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in suo possesso (acquisiti direttamente o da terzi) riferibili allo stesso contribuente per l'acquisizione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli Isa. Gli elementi e le informazioni da fornire saranno individuati in un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.
Infine si dispone che l'Agenzia renda disponibili i programmi informatici di ausilio alla compilazione e alla trasmissione dei dati entro il mese di aprile nel 2024 come prima sperimentazione. Sono infine elevate le soglie rilevanti per l'apposizione del visto di conformità.
Per quanto riguarda il concordato preventivo biennale, il menzionato decreto legislativo n. 13 del 2024, all’articolo 6, introduce, all’esplicito scopo di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo, il concordato preventivo biennale, destinato a contribuenti di minori dimensioni che siano titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall’esercizio di arti e professioni residenti nel territorio dello Stato. L’articolo 7 chiarisce che il presupposto per l’applicazione del concordato preventivo biennale è una proposta formulata dall’Agenzia delle entrate avente a oggetto la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o dall’esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. L’articolo 9 individua le modalità di elaborazione e adesione alla proposta di concordato. La proposta di concordato è elaborata dall'Agenzia delle entrate, in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente e comunque nel rispetto della sua capacità contributiva, sulla base di una metodologia che valorizza, anche attraverso processi decisionali completamente automatizzati, le informazioni già nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria, limitando l'introduzione di nuovi oneri dichiarativi. La predetta metodologia con riferimento a specifiche attività economiche tiene conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli indici sintetici di affidabilità fiscale. La metodologia è approvata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (in attuazione di tale comma, si veda il D.M. 14 giugno 2024 e il D.M. 15 luglio 2024).
Ai sensi del comma 2, ai fini dell'elaborazione della predetta proposta, l'Agenzia delle entrate, oltre ai dati di cui al comma 1, ne acquisisce ulteriori dalle banche dati nella disponibilità dell'Amministrazione finanziaria e di altri soggetti pubblici. Con il decreto di cui al comma 1 sono individuate le specifiche cautele e le garanzie per i diritti e le libertà dei contribuenti, nonché le eventuali tipologie di dati esclusi dal trattamento. Ai sensi del comma 3, il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il 31 luglio, ovvero entro l'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare. Per il primo anno di applicazione dell'istituto, il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1.
Il comma 2 individua, ai fini del comma 1, la base imponibile dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali nella differenza tra il reddito d'impresa o di lavoro autonomo già dichiarato, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in ciascuna annualità e l'incremento dello stesso calcolato nella misura del:
a. 5 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari a 10;
b. 10 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore ad 8 e inferiore a 10;
c. 20 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 6 e inferiore a 8;
d. 30 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 4 e inferiore a 6;
e. 40 per cento per i soggetti con punteggio ISA pari o superiore a 3 e inferiore a 4;
f. 50 per cento per i soggetti con punteggio ISA inferiore a 3.
Il comma 3 individua, ai fini del comma 1, la base imponibile dell'imposta sostitutiva dell'imposta regionale sulle attività produttive (Irap) nella differenza tra il valore della produzione netta già dichiarato in ciascuna annualità e l'incremento dello stesso calcolato nella misura stabilita dal comma 2.
Il comma 4 specifica le aliquote con cui, per le annualità 2018, 2019 e 2022, i soggetti di cui al comma 1 applicano l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali:
a. 10 per cento, se nel singolo periodo d'imposta il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 8;
b. 12 per cento, se nel singolo periodo d'imposta il livello di affidabilità fiscale è pari o superiore a 6 ma inferiore a 8;
c. 15 per cento, se nel singolo periodo d'imposta il livello di affidabilità fiscale è inferiore a 6.
Il comma 5 stabilisce che l’aliquota, per le annualità 2018, 2019 e 2022, con cui i soggetti di cui al comma 1 applicano l'Irap è pari al 3,9 per cento.
Il comma 6 riduce del 30 per cento, in considerazione della pandemia da COVID-19, e per i soli periodi di imposta 2020 e 2021, le imposte sostitutive di cui ai commi 4 e 5.
Il comma 7 precisa che, in ogni caso, il valore complessivo dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali da versare per ciascuna annualità oggetto dell'opzione non può essere inferiore a 1.000 euro.
Il comma 8 disciplina le modalità di versamento dell’imposta sostitutiva:
- in un'unica soluzione entro il 31 marzo 2025 oppure
- mediante pagamento rateale in un massimo di 24 rate mensili di pari importo maggiorate di interessi calcolati al tasso legale con decorrenza dal 31 marzo 2025. In caso di pagamento rateale, l'opzione, per ciascuna annualità, si perfeziona mediante il pagamento di tutte le rate. Il pagamento di una delle rate, diverse dalla prima, entro il termine di pagamento della rata successiva non comporta la decadenza dal beneficio della rateazione. Non si fa, comunque, luogo al rimborso delle somme versate a titolo di imposta sostitutiva in ipotesi di decadenza dalla rateizzazione.
Il comma 9 precisa che il ravvedimento non si perfeziona se il pagamento, in unica soluzione o della prima rata delle imposte sostitutive, è successivo alla notifica di processi verbali di constatazione o schemi di atto di accertamento, di cui all'articolo 6-bis della legge n. 212 del 2000, ovvero di atti di recupero di crediti inesistenti.
Per il solo periodo di imposta 2018, il ravvedimento non si perfeziona se sono stati notificati processi verbali di constatazione o schemi di atto di accertamento, di cui all'articolo 6-bis della legge n. 212 del 2000, ovvero di atti di recupero di crediti inesistenti, entro la data di conversione del presente decreto-legge.
Ai sensi del comma 10, eseguito il versamento in unica rata ovvero nel corso del regolare pagamento rateale di cui al comma 8, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, per i periodi d'imposta 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022, le rettifiche del reddito d'impresa o di lavoro autonomo di cui all'articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, nonché quelle di cui all'articolo 54, secondo comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, non possono essere effettuati, fatta eccezione per la ricorrenza di uno dei seguenti casi:
a. intervenuta decadenza dal concordato preventivo biennale di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 13 del 2024;
b. applicazione nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 di una misura cautelare, personale o reale, ovvero notifica di un provvedimento di rinvio a giudizio per uno dei delitti previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000, ad eccezione delle fattispecie di cui agli articoli 4, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, nonché dell'articolo 2621 del codice civile e degli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del codice penale, commessi nel corso degli anni di imposta dal 2018 al 2022;
c. mancato perfezionamento del ravvedimento per decadenza dalla rateazione di cui al comma 8.
Il comma 11 precisa che, nei casi di cui alla lettera b) del comma 10 ed in ipotesi di mancato pagamento di una delle rate previste dal comma 8 la decadenza intervenuta riguarda unicamente l'annualità di riferimento.
In tutti i casi di cui al primo periodo restano comunque validi i pagamenti già effettuati, non si dà luogo a rimborso ed è possibile procedere ad accertamento secondo i termini di cui al successivo comma 14.
Ai sensi del comma 12, restano altresì validi i ravvedimenti di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, e di cui articolo 1, commi 174 e seguenti, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022), già effettuati alla data di entrata in vigore della presente legge e non si dà luogo a rimborso.
Il comma 13 precisa che le disposizioni del presente articolo si applicano per i soggetti di cui al comma 1, il cui periodo di imposta non coincide con l'anno solare, al periodo di imposta in corso al 31 dicembre di ciascun anno di riferimento.
Il comma 14 stabilisce che, in deroga all'articolo 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000, per i soggetti a cui si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale che aderiscono al concordato preventivo biennale e che hanno adottano, per una o più annualità tra i periodi d'imposta 2018, 2019, 2020 e 2021, il regime di ravvedimento di cui al comma 1, i termini di decadenza per l'accertamento di cui all'articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, e all'articolo 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, relativi all’annualità oggetto di ravvedimento, sono prorogati al 31 dicembre 2027.
In ogni caso, per i soggetti a cui si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale che aderiscono al concordato preventivo biennale i termini di decadenza per l'accertamento, di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600 e all'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in scadenza al 31 dicembre 2024 sono prorogati al 31 dicembre 2025.
Il comma 15 rinvia a un Provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione dei termini e delle modalità di comunicazione delle opzioni di cui al presente articolo.
Il comma 16 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal presente articolo valutati in:
- 212.162.500 euro per l'anno 2025,
- 267.650.000 euro per l'anno 2026,
- 223.087.500 euro per l'anno 2027,
- 176.225.000 euro per l'anno 2028 e
- 108.375.000 euro per l'anno 2029.
Il comma individua quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria:
- quanto a 63.364.583 euro per l'anno 2025,
- 65.175.000 euro per l'anno 2026 e
- 16.293.750 euro per l'anno 2027,
mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal presente articolo e:
- quanto a 148.797.917 euro per l'anno 2025,
- 202.475.000 euro per l'anno 2026,
- 206.793.750 euro per l'anno 2027,
- 176.225.000 euro per l'anno 2028 e
- 108.375.000 euro per l'anno 2029,
mediante corrispondente riduzione del fondo per l'attuazione della delega fiscale di cui all'articolo 62, comma 1, del decreto legislativo n. 209 del 2023.
Articolo 3
(Disposizioni in materia di associazioni e società sportive dilettantistiche)
L’articolo 3, modificato in sede referente, chiarisce che, ai fini IVA, fino al 31 dicembre 2024, le associazioni e le società sportive dilettantistiche possono continuare a porre fuori dal campo di applicazione dell’IVA le prestazioni di cui all’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021.
In particolare, a seguito di una modifica approvata in sede referente, il comma 1 chiarisce che fino alla data di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 215 del 2021 (fissata al 1° gennaio 2025), possono continuare a essere poste fuori dal campo di applicazione dell’IVA le prestazioni indicate dal medesimo comma 15-quater, come previsto dall’articolo 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’IVA), da parte delle associazioni sportive dilettantistiche e, in virtù di quanto previsto dall’articolo 90, comma 1, della legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002), da parte delle società sportive dilettantistiche.
Inoltre, si specifica che le disposizioni del citato articolo 4, comma 4, del DPR n. 633 quelle del testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del citato comma 15-quater dell'articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021. Sul punto, si veda il parere del Comitato della legislazione al seguente link.
Sono fatti salvi i comportamenti dei contribuenti adottati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, resta inteso che la modifica normativa non è applicabile alle prestazioni effettuate prima della sua entrata in vigore e già assoggettate al regime di esenzione IVA previsto dall’articolo 36-bis del decreto-legge n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2023.
Inoltre, per effetto della modifica, il richiamato articolo 36-bis, il quale prevede che “Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 36 del 2021, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto”, deve applicarsi alle sole prestazioni rese dalle associazioni sportive dilettantistiche e società sportive dilettantistiche diverse da quelle riconducibili all’articolo 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, che resta pertanto in vigore, nell’attuale formulazione, fino al 31 dicembre 2024, per effetto del combinato disposto dell’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021 e dell’articolo 3, del decreto-legge n. 215 del 2023.
Ne consegue, prosegue il Governo, che fino a tale data possono essere considerate fuori campo IVA, ai sensi del citato articolo 4, quarto comma, le prestazioni ivi previste rese dalle associazioni sportive dilettantistiche e dalle società sportive dilettantistiche nei confronti dei soggetti individuati dallo stesso quarto comma del richiamato articolo 4, del D.P.R. n. 633 del 1972.
A partire dal 1° gennaio 2025, data di entrata in vigore dell’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge n. 146 del 2021, verrà meno la previsione del “fuori campo IVA” e le prestazioni rese dalle associazioni e dalle società sportive in esame saranno esenti da IVA a condizione che gli statuti prevedano che non siano distribuibili utili, condizione questa che qualifica gli enti come soggetti non lucrativi.
Il menzionato comma 15-quater dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, al fine di rendere l’ordinamento interno conforme ai rilievi mossi con la procedura d’infrazione n. 2008/2010, è intervenuto sull’articolo 10 del DPR n. 633 del 1972, inserendo i commi quarto, quinto e sesto, al fine di integrare l’elenco delle operazioni esenti da IVA e stabilendo le condizioni necessarie affinché le nuove ipotesi di esenzione siano conformi agli articoli 132, 133 e 134 della Direttiva IVA.
In particolare, il comma 15-quater ha apportato una serie di modificazioni al D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'IVA).
a) ha modificato l'articolo 4 (Esercizio di imprese) come segue:
1) si mira a ricomprendere tra le cessioni effettuate nell'esercizio di imprese le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nell'esercizio di attività commerciali o agricole ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto anche quelle prestazioni (escluse dal testo previgente dell'articolo 4, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972) effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
2) si mira a considerare in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, agli effetti delle disposizioni sull'esercizio di imprese di cui all'articolo 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, anche le cessioni di pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati, nonché le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle Assemblee nazionali e regionali. Ai sensi del testo previgente dell'articolo 4, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, tali cessioni di pubblicazioni e beni e servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche non sono considerate attività commerciali;
3) per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991 (si tratta di mense aziendali e spacci annessi ai circoli cooperativi ed enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno), le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, si mira a considerare commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempreché tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti dei soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Inoltre, si intende far considerare fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto;
b) si sono inseriti all'articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, dopo il terzo comma, due commi in base ai quali:
- l'esenzione dall'IVA prevista dall'articolo 10 (Operazioni esenti dall'imposta) si applica inoltre alle seguenti operazioni, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA:
1) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
2) le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
3) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al numero 1 del presente comma, organizzate a loro esclusivo profitto;
4) la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti dalle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991 (si tratta di mense aziendali e spacci annessi ai circoli cooperativi ed enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno), le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività. Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano a condizione che le associazioni interessate abbiano il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge, e si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, ovvero alle corrispondenti clausole previste dal decreto legislativo n. 117 del 2017:
a. obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
b.disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
c. obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
d.eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
e. intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
Le disposizioni di cui alle lettere b) e d) del quarto comma non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 683, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), le disposizioni di cui al comma 15-quater si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2025.
Articolo 4
(Credito di imposta per investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche)
L’articolo 4, come modificato in sede referente, ripropone, al fine di sostenere gli operatori del settore sportivo, alcune agevolazioni fiscali, precedentemente introdotte durante la crisi pandemica, per gli investimenti pubblicitari effettuati dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 15 novembre 2024.
In particolare, il comma 1, al fine di sostenere gli operatori del settore sportivo, ripropone le agevolazioni fiscali previste dall’articolo 81 del decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020, per gli investimenti pubblicitari effettuati dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino al 15 novembre 2024.
Si rammenta che l’articolo 81 del decreto-legge n. 104 del 2020 ha istituito per le imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali un credito d’imposta pari al 50% delle spese di investimento in campagne pubblicitarie, effettuate a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, a favore delle leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell’ambito delle discipline olimpiche e paralimpiche ovvero società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI operanti in discipline ammesse ai Giochi olimpici e paralimpici e che svolgono attività sportiva giovanile. Il contributo è concesso nel limite complessivo di 90 milioni di euro nel 2020, che costituisce tetto di spesa per il medesimo anno.
L'articolo 10, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021 ha esteso tale agevolazione alle spese sostenute durante l’anno di imposta 2021, relativamente agli investimenti sostenuti dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021[13].
Successivamente, l’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2022 ha esteso la medesima agevolazione anche agli investimenti sostenuti dal 1° gennaio al 31 marzo 2022.
Per l’attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 7 milioni di euro per l’anno 2024, che costituisce limite di spesa.
Ai relativi oneri, pari a 7 milioni di euro per l’anno 2024, si provvede mediante corrispondente versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri a valere sulle risorse affluite sul suo bilancio autonomo per effetto dell’articolo 10, comma 3, del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio n. 106 del 2021.
Al riguardo, si segnala che il citato articolo 10, comma 3, del DL n.73 del 2021 ha istituito, per l'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo con una dotazione di 86 milioni di euro, da considerare come limite di spesa, con cui finanziare un contributo a fondo perduto da riconoscere a ristoro delle spese sanitarie sostenute da società sportive professionistiche e da società e associazioni sportive dilettantistiche (che rispondano a determinati requisiti) per la sanificazione e prevenzione, nonché per l'effettuazione di test di diagnosi dell'infezione da Covid-19.
Detto contributo era diretto al ristoro delle spese sanitarie per l'effettuazione di test di diagnosi dell'infezione da Covid-19, nonché di sanificazione e prevenzione che fossero state sostenute da:
- società sportive professionistiche che nell'esercizio 2020 non avevano superato il valore della produzione di 100 milioni di euro;
- società e associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) operanti in discipline ammesse ai Giochi olimpici e paralimpici.
La dotazione del fondo è stata successivamente incrementata di 20 milioni di euro per l’anno 2022 dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 4 del 2022.
Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dall’attuazione del primo periodo, pari a 7 milioni di euro per l’anno 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2008.
Il comma 2 precisa che l’investimento di cui al comma 1 in campagne pubblicitarie deve essere di importo complessivo non inferiore a 10.000 euro e rivolto a leghe e società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche con ricavi, di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) (corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa) e b) (corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione), del TUIR (Testo Unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. n. 917 del 1986) relativi al periodo d’imposta 2023, e comunque prodotti in Italia, almeno pari a 150.000 euro e fino a un massimo di 15 milioni di euro. Qualora l’investimento sia rivolto a leghe e società sportive professionistiche e società ed associazioni sportive dilettantistiche che si siano costituite a decorrere dal 1° gennaio 2023, il requisito di cui al primo periodo relativo ai ricavi non trova applicazione. Le società sportive professionistiche e le società ed associazioni sportive dilettantistiche, oggetto della presente disposizione, certificano di svolgere attività sportiva giovanile.
Ai sensi del comma 3, nel caso in cui le risorse disponibili risultino insufficienti rispetto alle richieste ammesse, è prevista la ripartizione tra i beneficiari in misura proporzionale al credito di imposta spettante calcolato ai sensi del presente articolo, con un limite individuale per soggetto pari al 5% del totale delle risorse annue.
Sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo gli investimenti in campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, nei confronti di soggetti che aderiscono al regime previsto dalla legge n. 398 del 1991.
La legge n. 398 del 1991 offre alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che, nel corso del periodo d’imposta precedente, hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciale per un importo non superiore a 400.000 euro, la possibilità di optare per un regime fiscale agevolato. Tale regime agevolativo prevede modalità di determinazione forfetaria del reddito imponibile e dell’IVA nonché previsioni di favore in materia di adempimenti contabili, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi.
Il comma 4, come modificato in sede referente, disciplina le modalità di concessione del contributo. In particolare:
§ il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997;
§ la previa istanza deve essere presentata direttamente al Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri;
§ si applica, nei limiti di compatibilità, il regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 2020, n. 196 (Regolamento recante modalità per la concessione di un contributo, sotto forma di credito di imposta, sugli investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche). Sul sito internet del Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri è pubblicato con efficacia di pubblicità notizia apposito avviso di fissazione dei termini per la presentazione delle domande secondo quanto già previsto dall’articolo 3, comma 1, del citato regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 dicembre 2020, n. 196.
Si ricorda che in ambito fiscale la compensazione, prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, consiste nella possibilità di fruire di una posizione fiscale creditoria per compensare una situazione debitoria. In particolare, la compensazione dei crediti fiscali può essere di due tipi:
compensazioni verticali (o interne), ovvero le c.d. compensazioni imposta da imposta, ossia quelle compensazioni attuate all'interno della medesima tipologia di imposta;
compensazioni orizzontali (o esterne), ovvero quelle che consentono di compensare imposte di natura diversa, ad esempio, un credito IVA con un debito IRES e/o contributivo.
Si ricorda che il contribuente ha la facoltà di compensare nei confronti dei diversi enti impositori (Stato, INPS, Enti Locali, INAIL, ENPALS) i crediti e i debiti risultanti dalla dichiarazione e dalle denunce periodiche contributive. Il modello di pagamento unificato F24 permette di indicare in apposite sezioni sia gli importi a credito utilizzati sia gli importi a debito dovuti. Il pagamento si esegue per la differenza tra debiti e crediti. A partire dall'anno 2014 il limite massimo dei crediti di imposta rimborsabili in conto fiscale e/o compensabili è di euro 700.000, per ciascun anno solare. Qualora l'importo dei crediti spettanti sia superiore a tali limiti, la somma in eccesso può essere chiesta a rimborso nei modi ordinari oppure può essere portata in compensazione nell'anno solare successivo. I soggetti che intendono effettuare la compensazione dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e dei crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi sono tenuti ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate. Per approfondimenti sull'istituto si rinvia alla relativa pagina web del sito dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 5 precisa che le agevolazioni di cui al presente articolo sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 2023/2831 della Commissione, del 13 dicembre 2023, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis», del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo, e del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura.
Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede un divieto generale di concedere aiuti di Stato (articolo 107, par. 1) al fine di evitare che, concedendo vantaggi selettivi a talune imprese, venga falsata la concorrenza nel mercato interno. Gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione eventuali aiuti di Stato che intendano concedere, a meno che essi siano coperti da un'esenzione generale per categoria o siano di minore importanza, con un impatto appena percettibile sul mercato (principio "de minimis").
Il regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, esenta dal monitoraggio sulle sovvenzioni statali i piccoli contributi elargiti dallo Stato per un importo massimo di 200.000 euro per ciascuna impresa, per un periodo di 3 anni (articolo 3, par. 2, c. 1). Tale importo è ridotto a 100.000 euro per imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi (articolo 3, par. 2, c. 2).
Nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, il regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, stabilisce di regola un massimale di 20.000 euro per impresa nell'arco di 3 esercizi finanziari (articolo 3, par. 2), che può essere incrementato a 25.000 euro nei casi e alle condizioni previste dall'articolo 3-bis. Da ultimo il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali del 19 maggio 2020 ha confermato per l'Italia il limite triennale di 25.000 euro per impresa. Viene inoltre fissato un importo complessivo massimo nazionale, per l'Italia pari a 840.502.950 euro su tre anni (articolo 3, par. 3, All. II).
Il massimale applicabile ai settori della pesca e dell'acquacoltura, ai sensi del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, è invece pari a 30.000 euro, su base triennale (articolo 3, par. 2), con un limite cumulativo nazionale che per l'Italia è fissato a 96.310.000 euro, sempre su tre esercizi finanziari (articolo 3, par. 3, All. I).
Il comma 6 chiarisce la natura della spesa di cui al comma 1 specificando che il corrispettivo sostenuto per le spese costituisce, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine, dei prodotti o servizi del soggetto erogante mediante una specifica attività della controparte.
I pagamenti degli investimenti pubblicitari dovranno essere necessariamente effettuati con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).
Il comma 7 dispone che il Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri trasmetta mensilmente, al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni relative ai contributi riconosciuti, sotto forma di crediti d’imposta, in attuazione del comma 1, al fine di consentire la verifica dell’andamento della spesa complessiva.
Nella relazione illustrativa, il Governo fornisce alcuni chiarimenti in merito alle finalità dell’articolo in esame. Le società sportive professionistiche e società e associazioni sportive dilettantistiche che svolgono attività sportiva giovanile e rispettano determinati limiti dimensionali (con norme specifiche per le società e associazioni sportive costituite a partire dall’anno 2023) operano in un settore, come quello sportivo e in particolare locale, caratterizzato da un’alta visibilità e da una significativa funzione sociale, e che è attraversato da difficoltà finanziarie tali da poter metterne in discussione la continuità aziendale. L’estensione, prevista dal comma 1, al periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto e il 15 novembre 2024 dell’incentivo agli investimenti in campagne pubblicitarie, in analogia con quanto già previsto in passato, è volta ad innescare un circolo virtuoso in cui l’attività di promozione e sponsorizzazione possa contribuire al sostegno degli operatori sportivi, promuovendo lo sviluppo dell’attività di advertising resa da tali soggetti anche in funzione del rispettivo brand, a livello locale e su scala più ampia.
Articolo 5, commi 1-3
(Modifiche alla disciplina in materia di IVA -
erogazione di corsi di attività sportiva invernale)
L’articolo 5, ai commi da 1 a 3, prevede l’applicazione dell’aliquota ridotta al 5 per cento per l’erogazione di corsi di attività sportiva invernale, in forma organizzata, al ricorrere di specifici requisiti soggettivi e oggettivi nelle ipotesi nelle quali tale attività non siano esenti da imposta (commi 1 e 2). Viene inoltre disciplinato il regime IVA applicabile alle prestazioni di cui al comma 1 rese prima del 10 agosto 2024.
In particolare il comma 1 dell’articolo in commento, aggiungendo un nuovo numero (1-septies) alla tabella II-bis del Testo unico IVA (decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972), prevede l’assoggettamento all’aliquota IVA del 5 per cento dell’erogazione di corsi di attività sportiva invernale, come individuata dalle Federazioni di sport invernali riconosciute dal CONI, impartiti, anche in forma organizzata, da iscritti in appositi albi regionali o nazionali, nella misura in cui tali corsi non siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto.
Con riferimento a tale ultima ipotesi l’articolo 4 del Testo unico IVA vigente fino al 31 dicembre 2024, esclude dalla qualificazione come attività commerciale (e quindi dal regime IVA), tra l’altro, le prestazioni di servizi rese dalle associazioni sportive dilettantistiche. L’esclusione di tali prestazioni (e delle ulteriori indicate al comma 4, dell’articolo 4) da quelle aventi natura commerciale aveva dato luogo ad una procedura d’infrazione n. 2008/2010 per il non corretto recepimento della Direttiva Iva 2006/112/CE, con particolare riferimento all’articolo 132, paragrafo 1, lettera m), che prevede l’esenzione dall’IVA per talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica.
Con l’articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, per superare i rilevi della Commissione europea è stato modificato sia il testo dell’articolo 4 (eliminando i riferimenti all’esclusione della natura commerciale di alcune prestazioni di beni e servizi, tra le quali anche quelle delle associazioni sportive dilettantistiche) sia quello dell’articolo 10 che ha previsto specifiche ipotesi di esenzione dall’IVA, a condizione che tali esenzioni non provochino distorsioni della concorrenza a danno di imprese commerciali assoggettate ad IVA.
Nell’ambito di tali esenzioni rientrano le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.
Con riferimento al regime di esenzione dall’IVA va segnalato anche quanto disposto dall’articolo 36-bis del decreto-legge n. 75 del 2023 che ha disposto che le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici, sono esenti dall'imposta sul valore aggiunto. La medesima disposizione ha altresì disposto che le prestazioni dei servizi didattici e formativi sopra indicate, rese prima del 17 agosto 2023 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 75 del 2023), si intendono comprese nell'ambito di applicazione dell’articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che prevede l’esenzione di imposta per le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale. Le prestazioni di cui al periodo precedente non comprendono l'insegnamento della guida automobilistica ai fini dell'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1.
Affinché sia applicabile l’aliquota agevolata al 5 per cento - possibilità prevista dalla nuova formulazione dell’Allegato III della direttiva IVA, che consente l’applicazione di un’aliquota ridotta non inferiore al 5% per i corsi di attività sportiva o fisica - occorre che la disciplina oggetto di insegnamento sia stata riconosciuta come disciplina sportiva dalle Federazioni di sport invernali affiliate al CONI e che l’insegnamento sia impartito, anche in forma organizzata, da iscritti in appositi albi regionali o nazionali (l’ipotesi più frequente riguarda l’insegnamento dei maestri di sci).
La relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di conversione precisa, in merito all’impatto della disposizione sopra indicata, come il riferimento alla forma “organizzata” va intesa come formula residuale nella quale sono inquadrabili anche i soggetti che operano in forma associata con scopo di lucro. In tal modo la norma che prevede l’imponibilità ad aliquota ridotta si applica sia agli individui sia ai soggetti, come associazioni e società, che operano con finalità lucrative.
Viene chiarito che, prima dell’entrata in vigore dal 1° gennaio 2025 dell’articolo 5, comma 15-quater e seguenti del decreto-legge 146 del 2021, che ha modificato gli articoli 4 e 10 del Testo unico IVA, la quasi totalità delle prestazioni delle scuole di sci (disciplina sportiva principalmente interessata dalla modifica) erano rese in regime di esenzione e che la riduzione dell’aliquota IVA potrebbe essere produttiva di effetti solamente in relazione alle attività di insegnamento degli sport invernali svolte dai singoli maestri di sci in forma autonoma, che non siano associati tra di loro (e che pertanto sarebbero assoggettati all’aliquota ordinaria del 22 per cento).
Rispetto a questi ultimi, inoltre, gli eventuali effetti si avrebbero solamente per i pochi soggetti che non hanno aderito al regime agevolativo dei forfetari, che non prevede adempimenti IVA. Ne consegue che, secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, le casistiche interessate sarebbero più teoriche che pratiche, tanto da non avere impatti sul tendenziale delle entrate relative all’IVA.
Il comma 2 precisa l’ambito applicativo della disposizione di cui al comma 1 fino alla data di applicazione dell'articolo 5, comma 15-quater, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 (vedi supra), le cui norme, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 683, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), si applicano dal 1° gennaio 2025 (vedi supra).
In particolare si prevede che l’IVA al 5% nelle ipotesi contemplate al comma 1 si applichi salvo che le prestazioni erogate non rientrino tra quelle esenti ai sensi dell'articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del comma 15-quater dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, tenendo conto anche di quanto previsto dall'articolo 90, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
L’articolo 4, comma quarto, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, nel testo vigente fino al 1° gennaio 2025, dispone che, con riferimento ai quei soggetti che non abbiano ad oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale o agricola, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione, tra l’altro, delle prestazioni rese dalle associazioni sportive dilettantistiche.
Tale disposizione di favore, si applica altresì, ai sensi dell'articolo 90, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, espressamente richiamato dal comma in commento, anche alle società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza fini di lucro.
Il comma 3 dispone infine che le prestazioni di cui al comma 1 rese prima della data di entrata in vigore del presente decreto, si intendono comprese tra le prestazioni esenti ovvero, qualora ne ricorrano le condizioni, tra quelle di cui all’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del comma 15-quater dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, tenendo conto anche di quanto previsto dall'articolo 90, comma 1, della legge n. 289 del 2002 (vedi supra).
Sono inoltre fatti salvi i comportamenti dei contribuenti adottati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
Articolo 5, commi 4 e 5
(Modifiche alla disciplina in materia IVA – cessioni cavalli vivi destinati a finalità diverse da quelle alimentari entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di nascita)
L’articolo 5, commi 4-5, allo scopo di sostenere la filiera equina, dispone l’applicazione dell’aliquota IVA del 5 per cento alle cessioni di cavalli vivi destinati a finalità diverse da quelle alimentari effettuate, a seguito di un emendamento approvato al Senato, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di nascita (l’emendamento n. 5.6 riformula il termine originario di “diciotto mesi dalla nascita”), nonché le modalità di copertura del conseguente minor onere.
Con l’espressa finalità di sostenere la filiera equina, l’articolo 5, comma 4, introduce quindi il numero 1-octies) alla Tabella A, parte II-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
Nello specifico, a decorrere dal 10 agosto 2024 (data di entrata in vigore del decreto-legge), si rende applicabile l’aliquota IVA del 5 per cento - in luogo di quella ordinaria del 22 per cento - alle cessioni di cavalli vivi che soddisfano determinati requisiti:
a) destinazione a finalità diverse da quelle alimentari;
b) cessioni che avvengono entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di nascita (termine modificato al Senato. Il testo del decreto-legge prevedeva un termine di diciotto mesi dalla nascita).
Il successivo comma 5 dispone sulle modalità di copertura del minor gettito derivante dalla misura de qua, stimabile nella misura di 1,54 milioni di euro per l’anno 2024 e di 3,08 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. In particolare, secondo la disposizione in commento, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2024.
Con riguardo alla stima del minor onere conseguente alla misura in commento, nella Relazione tecnica si precisa che, al fine di valutare gli effetti dell’accoglimento della modifica, sono state analizzate le dichiarazioni IVA per l’anno di imposta 2022 relativamente ai codici di attività 01.43.00 (allevamento di cavalli e altri equini) rilevando una perdita di gettito complessiva pari a 3,08 milioni di euro, a regime, in considerazione delle operazioni oggetto dell’intervento precedentemente assoggettate all’aliquota ordinaria del 22 per cento.
Articolo 6
(Tassazione dei redditi di talune categorie di lavoratori frontalieri)
L’articolo 6 reca disposizioni inerenti al nuovo regime fiscale opzionale riconosciuto, a decorrere dal periodo d’imposta 2024, ai lavoratori frontalieri residenti nei comuni italiani situati nella zona di venti chilometri dal confine svizzero che, in base al nuovo Accordo tra l’Italia e la Svizzera sull’imposizione dei lavoratori frontalieri del 23 dicembre 2020, sono considerati “nuovi frontalieri”.
Nello specifico, tale regime consiste nell’applicazione, sui redditi da lavoro dipendente percepiti in Svizzera, di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali pari al 25 per cento delle imposte applicate nel Paese elvetico, senza diritto al credito d’imposta in Italia.
La presente disposizione introduce uno speciale regime opzionale di tassazione sostitutiva per una specifica categoria di lavoratori frontalieri residenti in alcuni comuni italiani compresi nella zona di venti chilometri dal confine svizzero, esercenti attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera svizzera per un datore di lavoro residente nel Paese elvetico.
Si tratta, in particolare, dei contribuenti residenti nei comuni italiani situati in prossimità del confine della Svizzera che, in base al nuovo Accordo tra l’Italia e la Svizzera sull’imposizione dei lavoratori frontalieri del 23 dicembre 2020, sono considerati frontalieri, pur non essendo stati tali in precedenza.
Preliminarmente, si rammenta che il suddetto Accordo è stato ratificato a seguito di autorizzazione parlamentare concessa con la legge, 13 giugno 2023, n. 83.
Esso sostituisce il precedente Accordo tra Italia e Svizzera risalente al 1974 ed è finalizzato all’eliminazione delle doppie imposizioni sui salari, sugli stipendi e sulle altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri.
Sul punto, si segnala che, in materia di redditi da lavoro dipendente, l’articolo 15 della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni del 1976 stabilisce che i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente, con conseguente imposizione delle remunerazioni percepite a tal titolo in questo altro Stato.
L’Accordo tra Italia e Svizzera sui lavoratori frontalieri del 1974
L’Accordo tra l’Italia e la Svizzera relativo alla imposizione dei lavoratori frontalieri e alla compensazione finanziaria a favore dei comuni italiani di confine fu firmato a Roma il 3 ottobre 1974.
Con riferimento al regime fiscale dei lavoratori frontalieri, ai sensi dell’articolo 1 del predetto Accordo, rimasto in vigore tra il 1° gennaio 1976 e il 31 dicembre 2023, i salari, gli stipendi e ogni altra remunerazione analoga percepita dal lavoratore residente nel comune italiano di frontiera a titolo di corrispettivo di una attività di lavoro dipendente svolta in Svizzera erano tassati esclusivamente in tale ultimo Paese, a fronte di una compensazione finanziaria a favore degli stessi comuni italiani (cd. meccanismo dei ristorni).
Preme evidenziare che l’Accordo del 1974, tuttavia, non prevedeva una definizione particolare di “lavoratore frontaliere”, né, tantomeno, di “Comune di confine”. Per tale ragione, ciascuno dei tre Cantoni svizzeri, in modo unilaterale, aveva provveduto alla redazione di un proprio elenco di comuni italiani di confine, includendo in ciascuna lista unicamente quei comuni che erano entro i venti chilometri dal confine tra l’Italia e il proprio Cantone e non entro i venti chilometri dal confine tra Italia e Svizzera.
A tal proposito, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 38/E del 28 marzo 2017, era intervenuta sul tema al fine di chiarire la qualificazione di “frontaliere”, affermando che per l’Italia esisteva un unico elenco dei comuni di confine, formato da tutte quelle località che erano poste entro i venti chilometri tra i due Stati, senza dunque il requisito ulteriore che il comune fosse limitrofo al Cantone in cui lavorava il frontaliere.
Nello specifico, rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo Accordo le persone fisiche residenti di uno dei due Stati contraenti che lavorano, in qualità di frontalieri, nell’area di frontiera dell’altro Stato contraente.
In via generale, una delle principali novità apportate dal nuovo Accordo del 2020 è rappresentata dal differente trattamento fiscale tra i cc.dd. “nuovi frontalieri”, coloro i quali entrano nel mercato del lavoro come frontalieri successivamente alla data di entrata in vigore del nuovo Accordo (1° gennaio 2024) e i cc.dd. “vecchi frontalieri”, ossia i soggetti residenti in Italia che lavorano o hanno lavorato nei Cantoni dei Grigioni, del Ticino o del Vallese nel periodo compreso tra il 31 dicembre 2018 e la predetta data.
Invero, è stata introdotta una duplice modalità di tassazione:
§ ai cc.dd. “nuovi frontalieri” si applica, ai sensi dell’articolo 3 del nuovo Accordo, un regime di tassazione concorrente in forza del quale, conformemente all’articolo 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni del 1976, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe da essi ricevute sono imponibili nello Stato contraente di svolgimento dell’attività lavorativa (Svizzera), non potendo, tuttavia, l’imposta eccedere l’80 per cento di quanto dovuto in base alle disposizioni sulle imposte domestiche sui redditi delle persone fisiche, incluse le imposte locali. Successivamente, lo Stato di residenza (Italia) assoggetta tale reddito a tassazione progressiva ai fini IRPEF, riconoscendo al lavoratore italiano, al fine di eliminare la doppia imposizione, un credito d’imposta per quanto versato in Svizzera ex articolo 165 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR);
§ i cc.dd. “vecchi frontalieri” rientrano nel regime transitorio di cui all’articolo 9 del nuovo Accordo, continuando, pertanto, ad essere soggetti a imposizione esclusiva in Svizzera.
Inoltre, ai fini della presente trattazione, assumono rilevanza le definizioni di “area di frontiera” e di “frontaliere”, le quali, a differenza dell’Accordo del 1974, risultano specificate nell’articolo 2 del nuovo Accordo.
La definizione “area di frontiera” comprende:
§ per l’Italia, le Regioni Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e la Provincia Autonoma di Bolzano;
§ per la Svizzera, i Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese.
La definizione di “frontaliere” può desumersi dal combinato disposto degli articoli 2, 3 e 9 del nuovo Accordo.
Nello specifico, l’articolo 2, lettera b), definisce quale “lavoratore frontaliere”, un residente di uno Stato contraente che:
§ è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di venti chilometri dal confine con l’altro Stato contraente;
§ svolge un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato;
§ ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
Per ulteriori approfondimenti in merito al suddetto Accordo si rinvia al dossier redatto sul disegno di legge di recepimento dell’Accordo.
Nello specifico, la relazione illustrativa del Governo osserva che il previgente Accordo sui lavoratori frontalieri del 3 ottobre 1974 non riportava alcun elenco dei comuni frontalieri. La Svizzera, invece, ha applicato le relative disposizioni sulla base degli elenchi predisposti dai cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese.
Il Governo rileva che, in seguito alla esatta definizione dell’elenco dei comuni frontalieri da parte di Italia e Svizzera in sede di predisposizione del nuovo Accordo, è emerso un numero di 72 comuni compresi nella fascia di venti chilometri dal confine con la Svizzera che non erano stati precedentemente inclusi negli elenchi predisposti dai citati cantoni svizzeri.
Ciò in quanto, fin dalla vigenza del precedente Accordo del 1974, sussiste una discrasia interpretativa tra Italia e Svizzera in merito alla definizione di lavoratore frontaliere.
Invero, per l’Italia, come confermato dalla Agenzia delle entrate con la citata la risoluzione 38/E del 28 marzo 2017 e come emerge, altresì, dall’articolo 2 del nuovo Accordo del 2020, per frontaliere si intende il soggetto fiscalmente residente in un comune situato, totalmente o parzialmente, nella zona di venti chilometri dal confine svizzero, senza, dunque, l’ulteriore requisito che il comune sia limitrofo al Cantone in cui lavora il frontaliere (c.d. “Cantone frontista”). Per la Svizzera, invece, frontaliere è esclusivamente colui che vive in un comune posto entro i venti chilometri dal confine tra l’Italia e il Cantone specifico.
Pertanto, alla luce dell’entrata in vigore dell’Accordo del 2020, istitutivo di un nuovo e speciale regime fiscale per i cc.dd. “nuovi frontalieri”, tale divergenza esegetica sulla nozione di frontaliere ha influito sulla problematica inerente alla qualificazione di “vecchio frontaliere”, il quale, come detto, non rientra nel campo di applicazione del nuovo regime impositivo, ma continua a essere assoggettato a tassazione esclusivamente in Svizzera.
Invero, è stato osservato come la diversità di vedute tra Italia e Svizzera, concretizzatasi nella mancata inclusione negli elenchi predisposti dai Cantoni svizzeri di diversi comuni italiani situati entro i venti chilometri dal confine svizzero i cui residenti lavoratori frontalieri hanno sempre assolto le imposte esclusivamente in Svizzera, avrebbe potuto fare emergere un rischio di discriminazione in punto di trattamento fiscale per coloro che, ai sensi della interpretazione italiana di frontaliere, sarebbero rientrati nel novero di “vecchi frontalieri”, ma che, invece, secondo l’interpretazione elvetica, sarebbero stati qualificati come “nuovi frontalieri”, con conseguente assoggettamento al nuovo regime fiscale di cui all’articolo 3 dell’Accordo del 2020 in luogo della tassazione esclusiva da parte dell’erario elvetico.
A tal fine, come rilevato dalla relazione illustrativa del Governo, i redditi percepiti dai c.d. “nuovi frontalieri”, ai sensi del predetto articolo 3, sono assoggettati a tassazione in Svizzera nella misura dell’80 per cento dell’imposta applicata, invece, per intero agli analoghi redditi dei lavoratori rientranti nel regime transitorio di cui all’articolo 9 dell’accordo medesimo.
In relazione a tale questione sono state presentate, e sono attualmente oggetto di discussione presso la Commissione VI della Camera dei deputati, due risoluzioni (la risoluzione 7/00201 dell’8 marzo 2024 a firma Del Barba e Ricciardi e la risoluzione 7/00207 del 21 marzo 2024 a prima firma Centemero), le quali impegnano il Governo “ad intervenire al fine di chiarire le discrasie interpretative tra le autorità fiscali di Italia e Svizzera, circa la corretta definizione dei “comuni di confine” e della platea di soggetti che avranno diritto alle disposizioni del “regime transitorio”, nonché “al fine di chiarire che, in riferimento ai “Vecchi frontalieri”, i cui redditi resteranno quindi soggetti a tassazione imponibile soltanto in Svizzera, resta confermata la definizione, peraltro coincidente con quella prevista dal richiamato articolo 2 dell’Accordo sottoscritto in data 23 dicembre 2020 e oggetto di ratifica con legge n. 83 del 2023, contenuta nella citata risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 38 del 2017, ovvero che i vecchi frontalieri continuano a considerarsi tali in virtù della distanza dal confine svizzero e non dal confine del Cantone presso cui prestano attività lavorativa”.
Di analogo tenore è, altresì, l’interrogazione a risposta immediata 5/02061 del 26 febbraio 2014 presentata sempre in Commissione Finanze con cui sono stati chiesti chiarimenti al Governo in merito al regime impositivo dei lavoratori frontalieri sulle imposte sul reddito e sul patrimonio, con particolare riferimento ai cc.dd. “vecchi frontalieri”. Sul punto, il Governo ha affermato che “nell’opzione esegetica privilegiata dell’Agenzia delle entrate, la definizione declinata nella cennata risoluzione resti valida ai fini dell’individuazione dei “vecchi frontalieri” da parte dello Stato italiano, dovendosi qualificare lavoratore frontaliere colui che “esercita un’attività dipendente sul territorio di uno dei Cantoni del Ticino, dei Grigioni e del Vallese, e non si richiede l’ulteriore condizione che l’attività sia prestata in un Cantone “frontista” rispetto al comune di residenza”. Tale opzione esegetica deve essere messa, peraltro, in connessione con i contenuti della procedura amichevole del 22 dicembre 2023, che esplica efficacia solo dal primo gennaio 2024. Dal che consegue che la definizione di lavoratore frontaliere richiamata nella risoluzione 38 del 2017, non è da sola sufficiente a qualificare i vecchi frontalieri, occorrendo altresì, a tal fine, in coerenza con la prassi applicativa dell’Accordo previgente, che il comune di residenza del lavoratore, oltre ad essere compreso nella fascia dei 20 km dal confine, risulti inserito nelle liste redatte dai tre cantoni della Svizzera”.
Pertanto, come evidenzia la relazione illustrativa del Governo, al fine di prevenire discriminazioni di natura fiscale tra i lavoratori frontalieri residenti nei predetti 72 comuni non inclusi negli elenchi dei cantoni svizzeri e i soggetti rientranti nel regime transitorio di cui al sopra citato articolo 9, con la disposizione in commento si è provveduto a istituire un nuovo regime fiscale opzionale di imposizione sostitutiva, con il precipuo scopo di assicurare ai suddetti lavoratori un carico fiscale corrispondente a quello che avrebbero subito se fossero rientrati nel regime transitorio, così eliminando in radice la problematica derivante dalla discrepanza interpretativa in merito alla qualificazione di “vecchio frontaliere”.
Ciò premesso, il comma 1 della disposizione in esame introduce un nuovo regime fiscale opzionale per una specifica categoria di lavoratori frontalieri residenti in alcuni comuni italiani compresi nella zona di venti chilometri dal confine svizzero, i quali svolgono la propria attività di lavoratore dipendente nell’area di frontiera svizzera per un datore di lavoro residente nel Paese elvetico.
Si tratta dei contribuenti residenti nei comuni italiani situati nei pressi della Svizzera che, in base al nuovo Accordo tra l’Italia e la Svizzera sull’imposizione dei lavoratori frontalieri del 23 dicembre 2020, ratificato dall’Italia con legge n. 83 del 2023, sono considerati “frontalieri” pur non essendo stati considerati tali in precedenza.
In particolare, ad essi viene riconosciuta la facoltà di assoggettare i propri redditi da lavoro dipendente percepiti in Svizzera a una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 25 per cento delle imposte applicate nel Paese elvetico sugli stessi redditi, senza diritto al credito d’imposta ex articolo 165 del TUIR.
Tuttavia, affinché detta opzione sia esercitabile, è necessaria la sussistenza delle seguenti condizioni:
§ il lavoratore si qualifica come frontaliero ai sensi dell’articolo 2 del richiamato Accordo tra Italia e Svizzera relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri;
§ il lavoratore, alla data di entrata in vigore del predetto Accordo svolgeva, ovvero tra il 31 dicembre 2018 e la predetta data aveva svolto, un’attività di lavoro dipendente in Svizzera nei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese per un datore di lavoro ivi residente o ivi avente una stabile organizzazione o una base fissa;
§ i redditi sono assoggettati a tassazione in Svizzera secondo i criteri indicati nell’articolo 3 del citato Accordo.
Pertanto, il nuovo regime sostitutivo consente la sostanziale equiparazione del regime fiscale dei soggetti optanti per tale regime a quello dei “vecchi frontalieri” rientranti, come detto, nel regime transitorio di cui al citato articolo 9.
Il comma 2 esclude, in deroga all’articolo 11, comma 4, del TUIR, la detrazione delle imposte assolte in Svizzera in caso di opzione per l’imposizione sostitutiva.
Il comma 3 dispone che l’opzione per l’imposizione sostitutiva debba essere esercitata nella dichiarazione dei redditi, con conseguente versamento dell’imposta sostitutiva entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi.
Il comma 4 stabilisce, per l’ammontare delle imposte applicate in Svizzera, la conversione in euro sulla base del cambio medio annuale del periodo d’imposta in cui i redditi sono percepiti.
Inoltre, all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni e al contenzioso, è estesa l’applicazione, in quanto compatibili, delle ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette.
Il comma 5 prende in considerazione i lavoratori frontalieri residenti nei comuni delle province di Brescia e Sondrio inclusi nell’elenco di cui all’allegato 2.
Tali lavoratori, laddove alla data di entrata in vigore del citato Accordo svolgevano, oppure tra il 31 dicembre 2018 e la predetta data di entrata in vigore avevano svolto, un’attività di lavoro dipendente in Svizzera nel cantone dei Grigioni per un datore di lavoro ivi residente, rientrano nel regime transitorio di cui all’articolo 9 dell’Accordo medesimo, con conseguente imposizione esclusiva in Svizzera. Al contrario, i lavoratori che, nel medesimo periodo temporale, svolgevano o avevano svolto un’attività di lavoro dipendente nei cantoni del Ticino e del Vallese possono optare per l’imposta sostitutiva.
Sul punto, la relazione illustrativa del Governo evidenzia che la ragione di tale specificazione per le province di Brescia e Sondrio risiede nel fatto che, a differenza dei comuni cui fa riferimento il comma 1, i quali non risultavano inclusi negli elenchi dei cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese, i comuni della provincia di Brescia erano invece precedentemente inclusi, salvo un comune, nell’elenco del cantone dei Grigioni. Analogamente, i comuni della provincia di Sondrio erano precedentemente inclusi, salvo due comuni, nell’elenco del cantone dei Grigioni. Per chiarezza, il sopra citato allegato 2 elenca i comuni delle province di Brescia e di Sondrio inclusi nell’Allegato B alla procedura amichevole del 22 dicembre 2023 pubblicata sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze.
Il comma 6 stabilisce che, alla luce della loro equiparazione ai frontalieri soggetti al regime transitorio, i lavoratori destinatari del regime di favore di cui ai commi 1 e 5 della presente disposizione sono tenuti al pagamento del contributo di cui all’articolo 1, commi da 237 a 239, della legge, 30 dicembre 2023, n. 213.
Il comma 7 dispone che, in deroga all’articolo 10, comma 1, lettera e), del TUIR, il contributo suddetto è detraibile dall’imposta sostitutiva nella misura del 20 per cento.
Infine, il comma 8 prevede che il nuovo regime fiscale sostitutivo trovi applicazione per i redditi prodotti a decorrere dal periodo d’imposta 2024.
Articolo 6-bis
(Provvedimenti Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni per la disabilitazione dell’accesso a contenuti diffusi abusivamente)
L’articolo 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente da parte delle Commissioni riunite, reca alcune modifiche alla legge n. 93 del 2023 che aveva previsto una serie di misure per prevenire e reprimere la diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica.
In particolare l’emendamento in questione prevede delle modifiche all’articolo 2 della legge sopra citata.
A tale proposito è utile ricordare come l’articolo 2 aveva previsto che l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AGCM), con proprio provvedimento, potesse ordinare ai prestatori di servizi, compresi i prestatori di accesso alla rete, di disabilitare l'accesso a contenuti diffusi abusivamente mediante il blocco della risoluzione del Data Source Name (DNS) - che, tecnicamente, rappresenta l’insieme delle informazioni che indicano ad un programma come connettersi ad una determinata fonte di dati (data base) - dei nomi di dominio e il blocco dell'instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP univocamente destinati ad attività illecite.
Si ricorda, invece, che un indirizzo IP (Internet Protocol address) è un numero che identifica unicamente un dispositivo collegato ad una rete informatica.
Tornando, quindi, all’illustrazione dell’articolo in esame, si segnalano le principali novità apportate al citato articolo 2 della legge n. 93 del 2023.
In particolare si evidenzia la previsione in base alla quale i prestatori di servizi di assegnazione di numeri IP, provvedono periodicamente a riabilitare la risoluzione dei nomi di dominio e l'instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP bloccati, decorsi almeno sei mesi dal blocco, qualora non risultino utilizzati per finalità illecite.
Si prevede, inoltre, che l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, al fine di garantire l'esecuzione efficace degli ordini di inibizione, fissa limitatamente al primo anno, limiti quantitativi massimi di IP che possono essere oggetto di blocco contemporaneamente.
Articolo 6-ter
(Disposizioni per il contrasto della pirateria informatica)
L’articolo 6-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, modificando la legge n. 633, prevedono per un più efficace contrasto della pirateria online specifici obblighi di segnalazione e di comunicazione – la cui violazione è sanzionata con la pena della reclusione fino a un anno - per i prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell'informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l'identificazione dell'indirizzo Ip di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di Dns distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web.
La disposizione, introdotta nel corso dell’esame in sede referente, inserisce nella legge n. 633 del 1941 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) il nuovo articolo 174-sexies.
Il nuovo articolo impone ai seguenti soggetti:
· prestatori di servizi di accesso alla rete,
· soggetti gestori di motori di ricerca
· fornitori di servizi della società dell'informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn (virtual private network) o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l'identificazione dell'indirizzo IP di origine,
· operatori di content delivery network,
· fornitori di servizi di sicurezza internet e di DNS distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito,
· hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web,
quando vengono a conoscenza che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della legge per la protezione del diritto d’autore, dell'articolo 615-ter c.p. (Accesso abusivo a un sistema informatico o telematico) o dell'articolo 640-ter c.p. (Frode informatica), l’obbligo di segnalare immediatamente, all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria tali circostanze, fornendo tutte le informazioni disponibili (comma 1).
La sezione II del Capo III (artt. 171 e ss) della legge n. 633 del 1941 disciplina le violazioni del diritto d’autore che assumono rilevanza penale.
Con riguardo alla prevenzione e alla repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica occorre rammentare che specifiche misure sono state recentemente introdotte con la legge n. 93 del 2023 (si rinvia alla nota breve). La legge sancisce i principi del riconoscimento e tutela della proprietà intellettuale anche digitale e della tutela del diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica. Dispone inoltre in materia di poteri dell'AGCOM di ordinare ai prestatori di servizi di disabilitare l'accesso a contenuti diffusi in maniera illecita anche con provvedimenti cautelari in via d'urgenza.
La legge ha previsto la modifica, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, del Regolamento AGCOM sul diritto d'autore on line. Con Delibera n. 189/23/CONS del 26 luglio 2023, l'AGCOM ha provveduto ad apportare modifiche al Regolamento in materia di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica e alle procedure attuative.
Il 26 luglio 2023 l'AGCOM ha approvato (Delibera 189/23/CONS), le modifiche al Regolamento sul diritto d'autore online (Delibera n. 680/13/CONS) per il contrasto dell'offerta illegale di contenuti sportivi live, per attuare i blocchi dei siti entro 30 minuti attraverso le cd. "ingiunzioni dinamiche", in linea con quanto previsto dalla legge 14 luglio 2023, n. 93, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica (che entra in vigore l'8 agosto 2023) che consente all'AGCOM di intervenire per interrompere la diffusione pirata degli eventi trasmessi in diretta.
I temi posti dalla tutela del diritto d'autore nel mercato digitale sono stati affrontati dalla direttiva c.d. copyright (2019/790/UE, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 177 del 2021: qui il dossier sullo schema di decreto legislativo di recepimento).
I medesimi soggetti devono inoltre designare e notificare all'AGCOM un punto di contatto che consenta loro di comunicare direttamente, via elettronica, con l'Autorità stessa. Inoltre quelli che non sono stabiliti nell'Ue ma che offrono servizi in Italia devono designare per iscritto una persona fisica o giuridica che funga da loro rappresentante legale in Italia che consenta loro di comunicare direttamente, via elettronica, con l'Autorità medesima (comma 2).
Fuori dai casi di concorso nel reato, l'omissione della segnalazione e della comunicazione è sanzionata con la reclusione fino ad un anno. E’ prevista inoltre l’applicazione delle sanzioni pecuniarie per delitti informatici e trattamento illecito di dati di cui all'articolo 24- bis del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (comma 3).
L’articolo 24-bis del decreto legislativo n. 231 del 2001, introdotto nell’ordinamento dalla legge n. 48 del 2008 di ratifica della Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità e recentemente modificato dalla legge n. 90 del 2024 (Disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici) prevede una serie di sanzioni per gli enti, quando i reati informatici sono commessi da una persona fisica esercitante poteri direttivi nel loro ambito.
Articolo 7, commi 1 e 2
(Differimento dei termini di versamento delle imposte dovute per l'adeguamento del magazzino e delle relative rilevazioni contabili)
L’articolo 7, commi 1 e 2, prorogano i termini per il versamento dell’imposta sostitutiva sull’adeguamento delle esistenze di bilancio iniziali previsto dall’articolo 1, commi da 78 a 85, della legge di bilancio 2024.
L’articolo 1, commi da 78 a 85, della legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) dispone circa l’adeguamento delle esistenze fiscali, per gli esercenti attività di impresa, che non adottano i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio d’esercizio. L’adeguamento, relativo al solo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, può essere effettuato mediante eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi o mediante l’iscrizione delle esistenze iniziali precedentemente omesse. A seconda che venga effettuato tramite l’eliminazione o l’iscrizione di valori, dà luogo al pagamento di diverse imposte, non rilevando, in ogni caso, a fini sanzionatori di alcun genere.
Nel dettaglio, il comma 78 riconosce agli esercenti attività d’impresa che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio la facoltà, relativamente al periodo d’imposta in corso al 30 settembre 2023, di adeguamento delle esistenze iniziali dei beni di cui all’articolo 92 (Variazioni delle rimanenze) del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.
Il comma 79 prevede che l’adeguamento di cui al comma 78 possa essere effettuato attraverso due metodi. Il primo consiste nell’eliminazione delle esistenze iniziali di quantità o valori superiori rispetto a quelli effettivi. Il secondo metodo consiste, invece, nella registrazione delle esistenze iniziali omesse precedentemente.
Il comma 80, suddiviso in lettera a) e b), dispone circa gli effetti dell’adeguamento rispetto all’eliminazione dei valori.
In base alla lettera a), l’adeguamento comporta il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, determinata applicando l’aliquota media riferibile all’anno 2023 all’ammontare che si ottiene moltiplicando il valore eliminato per il coefficiente di maggiorazione stabilito, per le diverse attività, con apposito decreto dirigenziale. L’aliquota media tenendo conto della esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali è quella risultante dal rapporto tra l’imposta, relativa alle operazioni, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume di affari dichiarato.
Ai sensi della lettera b), l’adeguamento comporta il pagamento di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 18 per cento da applicare alla differenza tra l’ammontare calcolato con le modalità indicate alla lettera a) ed il valore eliminato.
Il comma 81 dispone che l’adeguamento effettuato con la procedura di iscrizione di valori comporta il pagamento di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, in misura pari al 18 per cento da applicare al valore iscritto.
Il comma 82 stabilisce che l’adeguamento deve essere richiesto nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di cui al comma 78 (quello in corso al 30 settembre 2023). Le imposte dovute sono versate in due rate di pari importo, di cui la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta di cui al comma 78 e la seconda entro il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi relativa al periodo d’imposta successivo. Al mancato pagamento nei termini consegue l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle somme non pagate e dei relativi interessi nonché delle sanzioni conseguenti all’adeguamento effettuato.
L’articolo 7, comma 1, in esame differisce il termine di versamento della prima rata delle imposte dovute, di cui al menzionato articolo 1, comma 82, della legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) al 30 settembre 2024 per i soggetti per i quali detto termine scade entro il 29 settembre 2024.
Se, in applicazione del primo periodo, il termine di versamento della prima rata scade successivamente a quello previsto per il versamento della seconda rata, quest’ultimo termine è differito anch’esso al 30 settembre 2024.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce la motivazione della disposizione con riferimento alle complessità operative connesse al reperimento delle informazioni necessarie per la determinazione dei coefficienti di maggiorazione contenuti nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 24 giugno 2024 e al fine di consentire ai soggetti interessati dalla misura di avere più tempo a disposizione per le opportune valutazioni in merito all’accesso alla summenzionata disciplina dell’adeguamento del magazzino. In sostanza, prosegue il Governo, il differimento del versamento rileva per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno civile (differimento di tre mesi) e per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno civile per i quali la scadenza del termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta in corso al 30 settembre 2023 è antecedente alla data del 30 settembre 2024.
Il comma 2 stabilisce che, ai fini dell’adeguamento delle esistenze iniziali di beni di cui all’articolo 1, commi da 78 a 85, della legge di bilancio 2024, per i soggetti per i quali il termine di approvazione del bilancio relativo all’esercizio in corso al 30 settembre 2023 scade entro la data del 29 settembre 2024, l’adeguamento delle esistenze iniziali può essere effettuato entro il 30 settembre 2024 nelle scritture contabili relative all’esercizio successivo.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce il comma 2 consente, in deroga alle disposizioni del codice civile e dei principi contabili nazionali (OIC), di adeguare le esistenze iniziali entro il 30 settembre 2024 per i soggetti per i quali l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio in corso al 30 settembre 2023 scade entro la data del 29 settembre 2024. In tali casi, l’adeguamento può essere effettuato nell’esercizio successivo a quello in corso al 30 settembre 2023 (2024 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno civile) senza, pertanto, incidere sui bilanci eventualmente già approvati. La fruizione di tale facoltà di iscrizione delle rettifiche relative al magazzino non determina alcun effetto sui termini di versamento dell’imposta sostitutiva, così come differiti (al 30 settembre 2024) con le disposizioni di cui al comma 1.
Articolo 7, commi 3 e 5
(Rideterminazione dei valori di acquisto di terreni e partecipazioni negoziate e non negoziate nei mercati regolamentati)
L’articolo 7, comma 3, proroga dal 30 giugno 2024 al 30 novembre 2024 i termini di versamento dell’imposta sostitutiva e di redazione della perizia giurata di stima in materia di rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola, posseduti alla data del 1°gennaio 2024. Il comma 5 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 3 e ne indica le fonti di copertura finanziaria.
L’articolo 1, commi 52 e 53, della legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) hanno esteso le disposizioni in materia di rivalutazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola - disposizioni già previste in passato e più volte prorogate nel tempo - anche agli asset posseduti alla data del 1° gennaio 2024, stabilendo anche per tali operazioni un’imposta sostitutiva con aliquota al 16%.
Analogamente a quanto già previsto in passato, le disposizioni in esame prevedono la facoltà di assumere, ai fini del computo di plusvalenze e minusvalenze finanziarie, anche riferite a titoli o partecipazioni negoziate in mercati regolamentari, il valore normale di tali asset, purché posseduti alla data del 1° gennaio 2024, in luogo del loro costo o valore di acquisto dietro il versamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16%.
In particolare, il comma 52 estende l’applicazione delle disposizioni dei commi da 5 a 7 dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 anche alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2024.
I commi da 5 a 7 dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 stabiliscono le modalità di applicazione delle disposizioni in materia di rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni, secondo le quali il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. In particolare il comma 5 dispone che se la relazione giurata di stima è predisposta per conto della stessa società o dell’ente nel quale la partecipazione è posseduta, la relativa spesa è deducibile dal reddito d’impresa in quote costanti nell’esercizio in cui è stata sostenuta e nei quattro successivi. Se la relazione giurata di stima è predisposta per conto di tutti o di alcuni dei possessori dei titoli, quote o diritti la relativa spesa è portata in aumento del valore di acquisto della partecipazione in proporzione al costo effettivamente sostenuto da ciascuno dei possessori. L’assunzione del valore così definito quale valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze utilizzabili ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 82 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) (comma 6). Infine il comma 7 stabilisce gli intermediari abilitati all’applicazione dell’imposta sostitutiva a norma degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997 tengono conto del nuovo valore, in luogo di quello del costo o del valore di acquisto, soltanto se prima della realizzazione delle plusvalenze e delle minusvalenze ricevono copia della perizia, unitamente ai dati identificativi dell’estensore della perizia stessa e al codice fiscale della società periziata.
Si dispone inoltre che le imposte sostitutive, ivi previste, possano essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2024, prevedendo un interesse, da versarsi contestualmente, pari al 3% sull’importo delle rate successive alla prima.
Si prevede inoltre che la redazione e il giuramento della perizia, previsti dalle citate norme, debbano essere effettuati entro la predetta data del 30 giugno 2024.
La disposizione consente poi di rideterminare a fini fiscali le plusvalenze e minusvalenze di natura finanziaria relative ai titoli, alle quote o ai diritti negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione (di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), TUIR di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), posseduti alla data del 1° gennaio 2024.
La rideterminazione consiste nell’assumere, a fini fiscali, il valore normale degli stessi al mese di dicembre 2023.
L’articolo 7, comma 3, in esame, attraverso la modifica dell’articolo 1, comma 52, della legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) proroga dal 30 giugno 2024 al 30 novembre 2024 i termini di versamento dell’imposta sostitutiva e di redazione della perizia giurata di stima, previsti dal citato articolo 1, comma 52, della legge di bilancio 2024 in materia di rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni negoziate e non negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione e dei terreni edificabili e con destinazione agricola, posseduti alla data del 1°gennaio 2024.
Il comma 5 reca innanzitutto la quantificazione delle minori entrate derivanti dal comma 3, valutate in 19,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2033.
Il comma dispone inoltre che alla relativa copertura finanziaria si provvede per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dal comma 3 e per ciascuno degli anni dal 2027 al 2033, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004.
Articolo 7, comma 4
(Adeguamento capitale sociale per soggetti iscritti all’albo accertamento e riscossione enti locali)
L’articolo 7, comma 4, diretta a consentire ai soggetti che alla data del 1° gennaio 2020 erano già iscritti nell’albo dei privati abilitati all’accertamento e alla riscossione delle entrate locali, di adeguare il proprio capitale sociale entro il 31 dicembre 2025 anziché entro il 31 dicembre 2024 previsto dalla normativa previgente.
Preliminarmente si ricorda che l’articolo 1, commi 807 e 808, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) recano la disciplina dei requisiti patrimoniali richiesti per l’iscrizione nell'albo dei privati abilitati all’accertamento e alla riscossione delle entrate locali.
In particolare, il comma 807 stabilisce che per l'iscrizione nell'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali (di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997) o nella sezione separata del medesimo albo prevista per i soggetti che svolgono esclusivamente le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate, sono richieste le seguenti misure minime di capitale interamente versato in denaro o tramite polizza assicurativa o fideiussione bancaria:
a) 2.500.000 euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate nei comuni con popolazione fino a 200.000 abitanti;
b) 5 milioni di euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate nelle province e nei comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti;
b-bis) 150.000 euro per lo svolgimento delle funzioni e delle attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali, nei comuni con popolazione fino a 100.000 abitanti;
c) 500.000 euro per lo svolgimento delle funzioni e delle attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali, nei comuni con popolazione superiore a 100.000 e fino a 200.000 abitanti;
d) un milione di euro per lo svolgimento delle funzioni e delle attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali, nelle province e nei comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti.
Il comma 808 prevede che i soggetti iscritti alla sezione separata e quelli iscritti all'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali devono adeguare alle condizioni e alle misure minime previste al citato comma 807 il proprio capitale sociale entro il 30 giugno 2021.
Tale termine è stato prorogato successivamente al 30 giugno 2021 dall’articolo 1, comma 1093, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) e al 31 dicembre 2024 dall’articolo 3, comma 5-quaterdecies, del decreto-legge n. 228 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2022.
Il comma in esame, attraverso una modifica dell’articolo 1, comma 808, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), differisce dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2025 il termine valevole, per i soggetti iscritti all’albo e alla relativa sezione speciale, per adeguare il proprio capitale sociale alle condizioni e alle misure richieste dalle predette norme.
Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la disposizione in esame è diretta a consentire ai soggetti che alla data del 1° gennaio 2020 erano già iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, di adeguare il proprio capitale sociale in tempi più lunghi, vale a dire entro il 31 dicembre 2025, rispetto a quelli che si iscrivono per la prima volta nell’albo stesso. Tale ulteriore proroga si fonda sulla circostanza che la legge di delega n. 111 del 2023 prevede, all’articolo 14, comma 1, lett. f), la revisione del sistema della riscossione delle entrate degli enti locali che deve riguardare, tra l’altro, anche il sistema di vigilanza sui soggetti abilitati ad effettuare l’attività di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, nonché sui soggetti che svolgono esclusivamente le relative funzioni e attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate. Pertanto, la proroga dell’adeguamento appare necessaria proprio in virtù dei tempi richiesti per l’emanazione del decreto delegato concernente i tributi locali.
L’articolo 7-bis, introdotto durante l’esame referente, dispone la proroga fino al 30 settembre 2025, con la finalità di garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel PNRR in relazione al sub investimento “M6C2 -1.1.2 Ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero - Grandi apparecchiature” delle Convenzioni quadro e degli Accordi quadro stipulati da Consip S.p.A., funzionali alla realizzazione delle condizionalità previste dal target M6C2-6 del PNRR, in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Viene fatta salva l'eventuale scadenza naturale successiva alla predetta data e la facoltà di recesso dell'aggiudicatario, la quale deve essere comunque esercitata entro e non oltre 15 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Si ricorda in proposito che il richiamato sub investimento M6C2 -1.1.2 Ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero - Grandi apparecchiature” rientra nella misura prevista alla Missione 6 Salute, componente 2 (Innovazione SSN e ricerca sanitaria) “Verso un Ospedale sicuro e sostenibile”, la cui dotazione al 13 luglio 2021 era pari a 639 milioni del Next Generation EU e a 1.000 milioni ex art. 20, L. 67/1988, relativo ai fondi per l’edilizia sanitaria per progetti già in essere.
La disposizione in esame, tenendo in considerazione la posticipazione dell’obiettivo al 2026 dell’acquisto e messa in operatività di grandi apparecchiature sanitarie ad alto contenuto tecnologico in sostituzione di quelle obsolete o fuori uso con oltre 5 anni di utilizzo[14] (obiettivo M6C2.6), - posticipazione operata dalla revisione governativa del Piano dell’ 8 dicembre 2023 -, ha la finalità di prorogare (dal 31 dicembre 2024) al 30 settembre 2025 le condizionalità previste dal medesimo obiettivo e contenute negli strumenti operativi di attuazione, dati dalle Convenzioni quadro e dagli Accordi quadro già stipulati per il sub investimento, a partire dall’assegnazione di risorse pari a 1.189.155.000 euro ripartite a livello regionale con Decreto del Ministero della salute del 20 gennaio 2022 e dai Contratti di sviluppo stipulati con ciascuna Regione, il 30 e 31 maggio 2022, pubblicati sul portale PNRR del Ministero della Salute (qui il link).
Si segnala in proposito che con riferimento ai progetti in essere ex art. 20, L. 67/1988, risultano rimodulati dal PNRR 750 milioni[15], con una effettiva riduzione delle risorse programmate da 1 miliardo di euro a 250 milioni. Per i progetti in essere che restano all’interno del PNRR è stato introdotto un target aggiuntivo (M6C2-10bis) che prevede l’erogazione di almeno il 90% della dotazione finanziaria complessiva per progetti di ristrutturazione e ammodernamento degli ospedali relativi ad Accordi di Programma ai sensi dell’art. 20, L. 67/1988 e realizzati dal Ministero della Salute con le rispettive Regioni e Province Autonome.
Trattandosi di accordi e convenzioni quadro contenuti nello schema comune dei Contratti istituzionali di sviluppo (v. ante), ma differenziati in base all’ente territoriale di riferimento, la disposizione in esame fa salva l'eventuale scadenza naturale successiva alla predetta data e la facoltà di recesso dell'aggiudicatario, con la condizione che tale facoltà sia comunque esercitata entro e non oltre 15 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame.
Articolo 7-ter
(Proroga di termini per affidamento lavori)
L’articolo 7-ter, introdotto in sede referente, differisce al 31 ottobre 2024 i termini di affidamento dei lavori, per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, che devono essere rispettati dal comune assegnatario dei contributi previsti, a pena di revoca del beneficio.
L’art. 7-ter, introdotto in sede referente, che sostituisce il comma 857 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 (L. n. 205 del 2017), è volto a modificare i termini di affidamento dei lavori per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio che devono essere rispettati dal comune assegnatario dei contributi previsti.
Il nuovo comma 857 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 stabilisce che il comune beneficiario del contributo previsto dal comma 853 è tenuto ad affidare i lavori, per la realizzazione delle opere pubbliche, entro il 31 ottobre 2024.
Come già previsto, anche il nuovo comma 857 stabilisce che i risparmi derivanti da eventuali ribassi d'asta sono vincolati fino al collaudo ovvero alla regolare esecuzione prevista al comma 858, e successivamente possono essere utilizzati per ulteriori investimenti, per le medesime finalità previste dal comma 853, a condizione che gli stessi vengano impegnati entro il 30 giugno dell'esercizio successivo.
La legge di bilancio del 2018 ha previsto ai commi 853 e seguenti contributi a favore dei comuni, per interventi riferiti a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2018, 300 milioni di euro per l'anno 2019 e 400 milioni di euro per l'anno 2020. Tali risorse sono attribuite ai sensi del comma 855 ai comuni richiedenti con un decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze; come previsto dal comma 857 (testé sostituito dalla norma in esame), l’affidamento di tali lavori deve avvenire entro otto mesi decorrenti dalla data di emanazione del suddetto decreto interministeriale, a pena di revoca del beneficio (tale termine viene ora differito al 31 ottobre 2024).
Articolo 7-quater
(Tirocini connessi ad ammortizzatori sociali in deroga nella regione Calabria)
L’articolo 7-quater – inserito in sede referente – prevede che la regione Calabria possa prorogare di un altro anno i tirocini di inclusione sociale previsti per i disoccupati già percettori di trattamenti di mobilità in deroga nel territorio della medesima regione.
I tirocini in oggetto sono stati previsti, con riferimento ai soggetti summenzionati, come percorso di politica attiva per il lavoro dall'accordo quadro sui criteri per l'accesso agli ammortizzatori sociali in deroga in Calabria, anno 2015-2016, sottoscritto tra la regione Calabria e le parti sociali il 7 dicembre 2016. Tali tirocini sono attuati mediante convenzioni con amministrazioni pubbliche.
La proroga contemplata dal presente articolo non reca un nuovo stanziamento finanziario. Si ricorda che per la precedente proroga, sempre della durata di un anno, è stata prevista l’assegnazione alla regione Calabria di un contributo di 5 milioni di euro per l'anno 2023[16].
Si ricorda altresì che i tirocinanti in oggetto possono rientrare nell’ambito di applicazione di specifiche norme – relative alle amministrazioni pubbliche ubicate nella regione Calabria – che prevedono, a determinate condizioni, la stabilizzazione del personale o la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato e parziale (norme di cui all’articolo 3, commi da 3-bis a 3-quinquies, del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2023, n. 74, e successive modificazioni).
Articolo 7-quinquies
(Irrilevanza catastale degli allestimenti mobili in strutture ricettive all'aperto)
L’articolo 7-quinquies, introdotto in sede referente, prevede che gli allestimenti mobili di pernottamento (ad esempio roulotte, case mobili, caravan) dotati di meccanismi di rotazione in funzione, ubicati in strutture ricettive all'aperto, siano esclusi dalla stima diretta della rendita catastale, a decorrere dal 1° gennaio 2025, in quanto non rilevanti ai fini della rappresentazione e del censimento catastale (comma 1).
Il comma 2 incrementa - dalla medesima data del 1° gennaio 2025 - il valore delle aree attrezzate per i suddetti allestimenti e delle aree non attrezzate, destinate al pernottamento degli ospiti, ai fini della stima della rendita catastale delle strutture ricettive all'aperto.
I commi da 3 a 6 dispongono circa la presentazione degli atti di aggiornamento da parte degli intestatari catastali, le sanzioni applicabili, l’attività di monitoraggio.
Il comma 7 reca una clausola di invarianza finanziaria.
Per quanto concerne la nozione di allestimenti mobili, si rammenta che l’art. 3, comma 1, lett. e), punto e.5, del t.u. in materia edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001) include tra gli "interventi di nuova costruzione", l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili.
Fanno tuttavia eccezione i medesimi manufatti che siano diretti “a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti”.
Come già detto, l’articolo 7-bis, comma 1, prevede che gli allestimenti mobili di dotati di meccanismi di rotazione in funzione, ubicati in strutture ricettive all'aperto, siano esclusi dalla stima diretta della rendita catastale, a decorrere dal 1° gennaio 2025, in quanto, secondo la disposizione in esame, non rilevanti ai fini della rappresentazione e del censimento catastale.
A decorrere dalla medesima data del 1° gennaio 2025, si prevede che, ai fini della stima della rendita catastale delle strutture ricettive all'aperto:
§ il valore delle aree attrezzate per gli allestimenti mobili suddetti sia aumentato dell'85%
§ il valore delle aree non attrezzate destinate al pernottamento degli ospiti sia aumentato del 55%
rispetto a quello di mercato ordinariamente attribuito a tali componenti immobiliari (comma 2).
Il comma 3 prevede che gli intestatari catastali delle strutture ricettive all’aperto, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2025 presentino:
§ atti di aggiornamento geometrico - entro il 15 giugno 2025 - ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 679 del 1969 (recante “Semplificazione delle procedure catastali”), per l'aggiornamento della mappa catastale,
§ atti di aggiornamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, per l'aggiornamento del Catasto Fabbricati, in coerenza con le disposizioni in esame.
Si applicano le sanzioni previste per la violazione degli obblighi sanciti dall’art. 20 del regio decreto-legge n. 652 del 1939 (convertito dalla legge n. 1249 del 1939).
L’art. 8 della richiamata legge n. 679 del 1969 pone in capo ai possessori di particelle censite nel catasto terreni l'obbligo di denunciare all'Ufficio tecnico erariale il cambiamento verificatosi nello stato del terreno per effetto di edificazione di “immobili urbani”. Le denunce devono essere presentate all'Ufficio suddetto entro sei mesi dalla data di riconosciuta abitabilità o agibilità dei locali. Alla denuncia deve essere allegato un tipo mappale, realizzato su un estratto autentico della mappa catastale, riportante la rappresentazione grafica della avvenuta variazione. Il tipo mappale deve essere firmato da un ingegnere, architetto, dottore in scienze agrarie, geometra, perito edile, perito agrario o perito agrimensore regolarmente iscritto nell'albo professionale della propria categoria e deve essere sottoscritto per accettazione dal possessore delle particelle allibrate nel catasto terreni.
Si rammenta, inoltre, che il richiamato decreto 19 aprile 1994, n. 701 reca il “Regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari”.
L’art. 20 del r.d.l. n. 652 del 1939 prevede l’obbligo di denuncia delle variazioni nello stato e nel possesso degli immobili. Nei casi di mutazioni che implichino variazioni nella consistenza delle singole unità immobiliari, la relativa dichiarazione deve essere corredata da una planimetria delle unità variate, conformemente alle norme applicabili. Si rammenta che il d.lgs. n. 23 del 2011 sul federalismo municipale, ha previsto, dal 1° luglio 2011, la quadruplicazione degli importi delle sanzioni amministrative previste per l’inadempimento degli obblighi di dichiarazione degli immobili agli uffici competenti (articoli 20 e 28 del r.d.l. n. 652 del 1939), prevedendo che il 75% dell’importo delle sanzioni irrogate sia devoluto al Comune ove è ubicato l’immobile.
In caso di mancata presentazione degli atti di aggiornamento, l’Agenzia delle Entrate attiva il procedimento di cui all’art. 1, comma 277, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (comma 4). Tale comma 277 prevede che gli uffici competenti dell’Agenzia delle entrate richiedono la presentazione ai soggetti titolari degli atti di aggiornamento. Nel caso in cui questi ultimi non ottemperino entro il termine di novanta giorni dalla data di ricevimento della suddetta richiesta, gli uffici dell'Agenzia provvedono d'ufficio, attraverso la redazione dei relativi atti di aggiornamento, con applicazione, a carico dei soggetti inadempienti, degli oneri stabiliti in attuazione del comma 339 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Il comma 5 demanda ad un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del Turismo, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’individuazione del le eventuali ulteriori fonti informative necessarie per le attività di monitoraggio.
Il comma 6 stabilisce che per gli atti di aggiornamento in questione, presentati entro il 15 giugno 2025, le rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1° gennaio 2025, limitatamente all'anno di imposizione 2025. Tale disposizione è posta in deroga a quanto stabilito dall'articolo 1, comma 745, della legge n. 160 del 2019. Tale comma 745 prevede che le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d'anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori, o, se antecedente, dalla data di utilizzo.
Il comma 7 precisa che all'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 7-sexies
(Norma transitoria relativa al regime di esenzione dall’IVA riconosciuto per prestazioni sanitarie di chirurgia estetica)
Il comma 1 dell’articolo 7-sexies – articolo inserito in sede referente – modifica la disciplina in materia di IVA per prestazioni sanitarie di chirurgia estetica; la novella in esame estende, sotto il profilo temporale, il regime di esenzione dall’IVA, riconosciuto per alcune tipologie delle suddette prestazioni, disponendo l’esenzione anche per le prestazioni (rientranti nelle medesime tipologie) effettuate prima del 17 dicembre 2023 (giorno in cui è entrato in vigore il suddetto regime di esenzione). Il successivo comma 2 provvede sia alla quantificazione dell’onere finanziario derivante dall’estensione temporale di cui al comma 1 sia alla relativa copertura.
La novella di cui al comma 1[17] estende, sotto il summenzionato profilo temporale, il regime di esenzione dall’IVA, riconosciuto per alcune tipologie di prestazioni sanitarie di chirurgia estetica; si ricorda che, in base alla norma oggetto della presente novella, l’esenzione concerne le prestazioni sanitarie di chirurgia estetica “rese alla persona volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica”, a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica; la medesima norma vigente – definendo nei suddetti termini le questioni interpretative sulla disciplina in materia di IVA per le prestazioni sanitarie di chirurgia estetica – ha escluso dal proprio ambito le prestazioni effettuate prima della suddetta data del 17 dicembre 2023, facendo salvo il trattamento fiscale già applicato ai fini dell'IVA[18].
La novella di cui al comma 1 in esame opera la suddetta estensione temporale, escludendo, tuttavia, che la medesima dia luogo a rimborsi dell’imposta già versata.
Il successivo comma 2 quantifica in 3,5 milioni di euro per l’anno 2024 l’onere derivante dall’estensione temporale di cui al comma 1 e provvede alla relativa copertura finanziaria. Quest’ultima è reperita mediante riduzione, per il medesimo importo di 3,5 milioni per l’anno 2024, del Fondo per interventi strutturali di politica economica[19].
Articolo 8
(Misure in materia di Piano nazionale complementare)
L’articolo 8 tratta la gestione delle risorse riferibili al Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, per gli importi di cui all’allegato 3 del decreto-legge n. 113 del 2024, disponendo l’accantonamento e l’indisponibilità fino al 30 settembre 2024 delle risorse oggetto dell’informativa congiunta presentata in data 9 luglio 2024 dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR al CIPESS. Si prevede una deroga a tale previsione per far fronte alle obbligazioni di spesa giuridicamente vincolanti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché la copertura degli eventuali oneri derivanti dalle previsioni di cui all’articolo 1 in materia di credito d’imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno - ZES unica, fino a 750 milioni.
Il comma 1 dell’articolo 8 prevede che le risorse relative ai costi afferenti alla realizzazione degli interventi del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) oggetto dell’informativa congiunta presentata in data 9 luglio 2024 dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), in relazione agli importi dettagliati nell’allegato 3 del decreto-legge in esame, siano accantonate e rese indisponibili nei rispettivi stati di previsione della spesa fino al 30 settembre 2024.
L’allegato 3 riporta una tabella con l’indicazione per ciascun programma del Piano nazionale complementare degli importi oggetto di accantonamento, per un totale di 756,7 milioni di euro.
Tale vincolo viene meno qualora le amministrazioni assegnatarie dimostrino la sussistenza di obbligazioni di spesa giuridicamente vincolanti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, anche mediante i sistemi di monitoraggio del Ministero dell’economia e delle finanze e quelli ad essi collegati. In tal caso, le risorse volte a garantire la conclusione dei relativi interventi sono da considerarsi disaccantonate e disponibili in misura pari all’importo necessario.
Si segnala che l’articolo 11-bis approvato durante l’esame in commissione al Senato, riporta che per l’anno 2024 le risorse di cui all’articolo 1, comma 2, lettera f, numero 3 del decreto-legge n. 59 del 2021, per un importo fino a 44 milioni di euro possono essere disaccantonate al fine di finanziare i Partenariati per la ricerca e l’innovazione Orizzonte Europa/Horizon Europe, ferma la necessaria dimostrazione della sussistenza di obbligazioni di spesa giuridicamente vincolanti assunte in tal senso da parte delle amministrazioni assegnatarie.
Si prevede infine per il 2024 che una quota fino a 750 milioni delle suddette risorse sia destinata alla copertura degli eventuali oneri derivanti dalle previsioni di cui all’articolo 1 in materia di credito d’imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno - ZES unica.
Al comma 2 si dispone che, con riferimento alle risorse del Piano nazionale complementare diverse da quelle di cui al comma 1, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 19 del 2024, con il quale sono individuati gli eventuali interventi oggetto di definanziamento in ragione del mancato perfezionamento delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e sono contestualmente rese indisponibili le relative risorse, può essere adottato entro il 15 novembre 2024.
Il Piano nazionale per gli investimenti complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), finalizzato al finanziamento di specifiche azioni che integrino e completino il PNRR, è stato approvato con una dotazione originaria complessiva di circa 30,6 miliardi di euro dal 2021 al 2026.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevedeva espressamente la propria integrazione mediante il Piano nazionale complementare, da realizzare con la messa in opera di strumenti attuativi comuni e di un sistema di monitoraggio unitario.
Con il decreto-legge n.59 del 2021 si è pertanto provveduto in primis all’assegnazione delle risorse ai Ministeri competenti e alla definizione di 30 progetti e interventi: 24 finanziati esclusivamente dal PNC e 6 ricompresi anche nel PNRR (cofinanziati con risorse aggiuntive). Per ciascun programma sono stati dunque individuati l'amministrazione titolare, l'importo del finanziamento e, con riferimento ai programmi cofinanziati, la componente del PNRR a cui afferiscono.
Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 15 luglio 2021, in attuazione decreto-legge n. 59 del 2021, ha successivamente individuato per i 24 interventi e programmi del PNC gli obiettivi iniziali, intermedi e finali, determinati in relazione al cronoprogramma finanziario e coerenti con gli impegni assunti nel PNRR con la Commissione europea.
Tale disciplina ha costituito, peraltro, attuazione del PNRR, il quale prevedeva l'istituzione, entro il 31 dicembre 2021, di un sistema semplificato di traguardi e obiettivi simile a quello del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) per la pianificazione, l'esecuzione e il finanziamento di progetti nell'ambito del Piano per gli investimenti complementari.
Gli obiettivi iniziali, intermedi e finali dei 6 programmi cofinanziati dal PNRR sono stati individuati con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 1° agosto 2022.
Il decreto-legge n.77 del 2021 ha in seguito disposto l’estensione al Piano nazionale complementare di alcune procedure previste per il PNRR.
In particolare, l'articolo 14 ha previsto che le misure e le procedure di accelerazione e semplificazione introdotte per l'attuazione degli interventi del PNRR si potessero applicare anche agli investimenti contenuti nel Piano nazionale complementare, al fine di garantirne una efficace e tempestiva attuazione. L'estensione riguarda anche l'applicazione delle disposizioni relative al rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni e delle stazioni appaltanti, il meccanismo di superamento del dissenso e l'esercizio dei poteri sostitutivi.
Per quanto concerne il sistema di monitoraggio il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 15 luglio 2021 ha disciplinato il monitoraggio dei programmi e degli interventi del PNC e delle relative procedure di attuazione, prevedendo l'utilizzo delle procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche (MOP) previste dal decreto legislativo n. 229 del 2011.
In particolare, il monitoraggio è effettuato per gli interventi cofinanziati dal PNRR attraverso Regis, il sistema unitario per la programmazione, attuazione, monitoraggio, controllo e rendicontazione del PNRR; trimestralmente la Ragioneria generale dello Stato provvede inoltre ad effettuare il monitoraggio dell'attuazione del Piano nazionale complementare mediante apposite relazioni.
In ambito parlamentare il decreto-legge n. 59 del 2021 prevede che sia presentata una relazione annuale alle Camere sulla ripartizione territoriale dei programmi e degli interventi compresi nel Piano nazionale per gli investimenti complementari (art. 1, comma 7-quinquies).
Sul tema è intervenuta anche la legge n.108 del 2021 (legge di conversione del decreto-legge n. 77 del 2021), disciplinando all'articolo 1, commi 2-7, il monitoraggio parlamentare sull'attuazione del PNRR e del Piano complementare, prevedendo obblighi di trasmissione alle Camere della documentazione necessaria ad assicurare il controllo sull'attuazione dei progetti previsti dal PNRR e dal PNC e sulle relative scadenze.
Il decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19 (Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)) ha infine previsto misure in materia di governance del PNRR e del PNC. L'articolo 1 ha introdotto una serie di disposizioni di carattere finanziario per la realizzazione degli investimenti del PNRR, come modificato dalla Decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, oltre a misure per la realizzazione degli investimenti non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR e misure di revisione del Piano nazionale per gli investimenti complementari.
La norma, in sostanza, ha determinato una rimodulazione del PNC, programmando alcune misure in anni successivi, e una riduzione di circa 1,1 miliardi del PNC utilizzati a copertura (congiuntamente ad altre risorse) del rifinanziamento del Fondo di rotazione per l'attuazione degli interventi inclusi nel PNRR.
Articolo 8-bis
(Disposizioni in materia di investimenti infrastrutturali)
L’articolo 8-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, reca una serie di modifiche alla disciplina delle c.d. medie opere – cioè la disciplina relativa all’assegnazione ai comuni di contributi per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio – al fine di individuare le tipologie di investimenti finanziabili e i relativi ordini di priorità (prevedendo in particolare la precedenza per gli edifici scolastici), di eliminare i riferimenti al PNRR (dato che le “medie opere” sono state escluse da tale piano) e prevedere la non revocabilità dei contributi riferiti all'anno 2022, già assegnati, qualora alla data del 15 settembre 2024 risulti stipulato il contratto di affidamento lavori.
L’articolo in esame reca una serie di modifiche alla disciplina – recata dai commi 139 e seguenti della legge 145/2018 (legge di bilancio 2019) – delle c.d. medie opere, cioè la disciplina relativa all’assegnazione ai comuni di contributi per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (v. infra).
La lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame riscrive la lettera c) del comma 140 della L. 145/2018 – che nel testo vigente dispone che “il contributo può essere richiesto per tipologie di investimenti che sono specificatamente individuate nel decreto del Ministero dell'interno con cui sono stabilite le modalità per la trasmissione delle domande” – al fine di individuare direttamente (senza quindi ricorrere all’emanazione di un decreto ministeriale) le tipologie di investimenti finanziabili e i relativi ordini di priorità. Il nuovo testo risultante dalla riscrittura in questione prevede infatti che il contributo può essere richiesto per investimenti destinati a opere pubbliche in materia di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti nonché di messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici.
Conseguentemente, la lettera b) riscrive i primi due periodi del comma 141 della L. 145/2018, eliminando quelle parti dei citati periodi ove si disciplina l’ordine di priorità, dato che tale ordine è ora disciplinato (per effetto della lettera a)) dal comma 140.
La lettera c) modifica il comma 143 della L. 145/2018 al fine di eliminare la clausola, in esso prevista, del rispetto, in ogni caso, delle scadenze e degli obblighi previsti dal PNRR. Si tratta di una disposizione che appare motivata dall’eliminazione delle “medie opere” dal Piano medesimo.
La lettera d) integra il testo del comma 148-ter della L. 145/2018, che disciplina la revoca dei contributi, al fine di precisare che non sono soggetti a revoca i contributi riferiti all'anno 2022, assegnati con decreto del Ministero dell’interno del 18 luglio 2022, relativi alle opere per le quali alla data del 15 settembre 2024 risulta stipulato il contratto di affidamento dei lavori.
L'art. 1, comma 139, della legge di bilancio 2019 (come modificato dall'art. 20 del D.L. 152/2021), prevede l'assegnazione da parte del Ministero dell'interno ai comuni di contributi complessivi pari a 9,1 miliardi (periodo 2021-2030), per investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (c.d. medie opere), nel limite complessivo di 350 milioni di euro per l'anno 2021, di 450 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, di 700 milioni di euro per l'anno 2026 e di 750 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2027 al 2030. A decorrere dall'anno 2022, in sede di definizione delle procedure di assegnazione dei contributi, almeno il 40 per cento delle risorse allocabili è destinato agli enti locali del Mezzogiorno.
Tali risorse sono state poi ridotte di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 (articolo 28, comma 4, del D.L. 17/2022) e di 699,5 milioni per l'anno 2026 e di 35 milioni per l'anno 2027 (art. 1, comma 8, lett. d) del D.L. 19/2024).
Per l'annualità 2021, ai sensi del comma 139-ter della legge di bilancio 2019 (introdotto dall'art. 20 del D.L. 152/2021), nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR, missione M2C4I2.2), sono previste le risorse del comma 139, pari a 350 milioni di euro per l'anno 2021, e le risorse del comma 139-bis (introdotto dall'art. 46, comma 1, lett. b, del D.L. 104/2020), che ha incrementato le risorse per l'anno 2021 di 900 milioni e di 1.750 milioni di euro per l'anno 2022, finalizzandole allo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili per l'anno 2021. Di conseguenza, le risorse previste dal comma 139 per l'annualità 2021 risultano pari a 3 miliardi. I comuni beneficiari delle suddette risorse concludono i lavori entro il 31 marzo 2026.
Alle risorse previste dal comma 139 per l'anno 2021, si sono poi aggiunti 600 milioni stanziati dal rifinanziamento per l'anno 2021 ad opera della Sezione II della legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020), portando la dotazione finale per la graduatoria e lo scorrimento dell' annualità 2021 a complessivi 3,6 miliardi, assegnati con i D.M. del 23 febbraio 2021 (1,9 miliardi) e dell'8 novembre 2021 (1,7 miliardi).
Per l'annualità 2022, i contributi ai comuni risultano pari a 450 milioni, assegnati dal decreto 18 luglio 2022 .
In sostanza, nel periodo 2021-2025, interessato dal PNRR, sono state complessivamente stanziate per le medie opere risorse per 5.400 milioni di euro: di queste risorse, 4,95 miliardi di euro sono confluiti nel PNRR (misura M2C4I2.2. ora definanziata), secondo quanto risulta dal combinato disposto dei commi 139, 139 bis, 139-ter e 139-quater della legge n. 145/2018, rimanendo esclusi dal Piano 450 milioni a valere sugli stanziamenti 2022.
Le risorse assegnate dal Ministero dell'interno ai comuni ad opera dell'art. 1 comma 139 della legge di bilancio 2019, per le annualità 2024 e 2025, a favore di investimenti relativi a opere pubbliche di messa in sicurezza degli edifici e del territorio (cd. medie opere), sono finalizzate allo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili per l'anno 2023, per un importo complessivo pari a 1,35 miliardi, assegnati per le annualità 2023, 2024 e 2025 dal decreto 19 maggio 2023. Si specifica, altresì, che quanto disposto è volto a garantire il rispetto dei target associati alla Missione 2 - Rivoluzione verde e transizione ecologica - Componente 4 - Tutela del territorio e della risorsa idrica - Investimento 2.2 - Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei Comuni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), con una dotazione pari a 6 miliardi, attualmente definanziata ad opera del PNRR come modificato l'8 dicembre 2023. E' obbligatorio per i comuni beneficiari delle risorse per ciascuna annualità del periodo 2021-2025 di concludere i lavori, entro il 31 marzo 2026 (art. 32, comma 1 del D.L. 19/2024).
Per approfondire si veda la scheda Contributi per le Piccole e Medie opere (aprile 2023) del Ministero dell’interno e la deliberazione n. 19/2024 della Corte dei conti.
Articolo 8-ter
(Disposizioni urgenti in materia di interventi di rigenerazione urbana)
L’articolo 8-ter, introdotto in sede referente, modifica, al comma 1, la disciplina degli interventi di rigenerazione urbana recata dai commi 42 e seguenti della legge 160/2019 (legge di bilancio 2020). La modifica è volta, da un lato, a prevedere due differenti procedure per l’utilizzo delle somme stanziate, distinguendo gli interventi inclusi nel PNRR da quelli non rientranti in tale piano e, dall’altro, a individuare le procedure e i termini da rispettare per la realizzazione degli interventi.
Il comma 2 integra invece la disciplina delle opere finanziate dal fondo finalizzato a rafforzare gli interventi del PNRR da parte dei comuni con popolazione superiore a cinquecentomila abitanti, al fine di assoggettare tali opere ai poteri di verifica previsti (dall’art. 2, comma 2, del D.L. 19/2024) in capo alla Struttura di missione PNRR e alla Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per il PNRR.
Il comma 1 dell'articolo in esame interviene sulla disciplina degli interventi di rigenerazione urbana recata dai commi 42 e seguenti della legge 160/2019 (legge di bilancio 2020), al fine di prevedere due differenti procedure per l’utilizzo delle somme stanziate, distinguendo gli interventi inclusi nel PNRR da quelli non rientranti in tale piano.
Il testo vigente del comma 42 della L. 160/2019 prevede che, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, sono assegnati ai comuni contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, nel limite complessivo di 8,5 miliardi di euro (150 milioni di euro per l'anno 2021, di 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034).
Il successivo comma 42-bis (recentemente modificato dall’art. 35, comma 1, lett. a), del D.L. 2 marzo 2024, n. 19, al fine di tener conto della revisione del PNRR operata con la decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023) prevede che le risorse di cui al comma 42, relative agli anni dal 2021 al 2026, confluite, per un importo complessivo pari a 1.500 milioni di euro, nell'ambito del PNRR, sono integrate con 100 milioni di euro per l'anno 2022 e 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024[20].
Il comma 42-quater, oggetto di modifica da parte del comma in esame, stabilisce che i comuni beneficiari delle risorse di cui al comma 42-bis, unitamente ai comuni beneficiari delle restanti risorse di cui al comma 42 per il periodo 2021-2026, rispettano ogni disposizione impartita in attuazione del PNRR per la gestione, controllo e valutazione della misura, ivi inclusi gli obblighi in materia di comunicazione e informazione, nonché l'obbligo di alimentazione del sistema di monitoraggio.
Il comma in esame interviene sulla disposizione recata dal comma 42-quater testé illustrato, il cui testo vigente assoggetta tutti gli interventi alla normativa prevista per l’attuazione del PNRR, al fine di prevedere due distinti binari procedurali:
- un “binario ordinario”, per le opere di cui al comma 42 non rientranti nel PNRR, che vengono escluse dal rispetto della normativa dettata per l’attuazione del PNRR, attraverso la loro espunzione dal disposto del comma 42-quater;
- un “binario PNRR” per le opere del comma 42-bis che, in base alla modifica recata dal comma in esame, sono le uniche ad esser contemplate dal nuovo testo del comma 42-quater.
Il comma in esame non si limita a tale modifica, ma integra altresì il comma 42-quater inserendo due nuovi periodi volti a disciplinare gli interventi finanziati esclusivamente a valere sulle risorse nazionali di cui al comma 42. In base a tali nuovi periodi:
- gli interventi in questione sono individuati, attraverso il Codice Unico di progetto (CUP), con apposito decreto ministeriale che dovrà essere adottato entro il 31 ottobre 2024 dal Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Viene altresì precisato che con lo stesso decreto sono individuati anche termini e obblighi per la realizzazione dei medesimi interventi, nonché le relative modalità di monitoraggio e rendicontazione;
- per i comuni individuati con il citato decreto ministeriale vi è l’obbligo di conclusione dei lavori entro il 31 dicembre 2027. Viene inoltre stabilito che il medesimo decreto provvede altresì alla revoca delle risorse assegnate ai comuni per interventi per i quali alla data del 15 settembre 2024 non risulta stipulato il contratto di affidamento dei lavori.
Il comma 2 interviene sulla disciplina, prevista dall’art. 42 del D.L. 50/2022, finalizzata al rafforzamento degli interventi del PNRR da parte dei comuni con popolazione superiore a cinquecentomila abitanti.
L’art. 42 del D.L. 50/2022 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, un fondo con una dotazione complessiva di 665 milioni (325 milioni di euro per l'anno 2023, di 220 milioni di euro per l'anno 2024, di 70 milioni di euro per l'anno 2025 e 50 milioni di euro per l'anno 2026) finalizzato a rafforzare gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) da parte dei comuni con popolazione superiore a cinquecentomila abitanti. Lo stesso articolo, al comma 2, ha demandato ad uno o più decreti del Ministro dell'interno (adottati di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, d'intesa con i comuni destinatari del finanziamento) l’individuazione, per ciascun comune, del Piano degli interventi e l’adozione delle schede progettuali degli interventi, contenenti gli obiettivi iniziali, intermedi e finali determinati in relazione al cronoprogramma finanziario e coerenti con gli impegni assunti nel PNRR con la Commissione europea. Il comma 4, oggetto di modifica da parte del comma in esame, dispone che agli interventi ricompresi nel Piano degli interventi di cui al comma 2 si applicano, in quanto compatibili, le procedure di semplificazione e accelerazione, le misure di trasparenza e conoscibilità dello stato di avanzamento stabilite per il PNRR.
In attuazione dell’art. 42 del D.L. 50/2022 è stato emanato il D.M. Interno 31 agosto 2022 (recante “Istituzione del fondo finalizzato a rafforzare gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) da parte dei comuni con popolazione superiore a cinquecentomila abitanti). L’articolo 1 di tale decreto dispone, al comma 1, che ai comuni individuati dal citato art. 42 (vale a dire i comuni di Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino) sono assegnati per gli anni 2023-2026 contributi pari a complessivi 665 milioni di euro. Il comma 2 di tale articolo dispone che il Piano degli interventi di ciascun comune di cui al comma 1, corredato dalle relative schede progettuali degli interventi, indentificati dai CUP, è individuato nell'allegato 1 al decreto. Si fa notare che tale allegato è stato sostituito dall’art. 1, comma 2, del D.M. Interno 7 agosto 2023.
Il comma in esame integra il disposto del comma 4 dell’art. 42 del D.L. 50/2022, al fine di stabilire che agli interventi in questione (cioè quelli ricompresi nel Piano degli interventi di cui al comma 2 del medesimo articolo 42) si applicano anche le disposizioni di cui all’art. 2, comma 2, del D.L. 19/2024, che prevedono poteri di verifica in capo alla Struttura di missione PNRR e alla Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per il PNRR.
Si ricorda, in estrema sintesi, che l’articolo 2 del D.L. 19/2024, dispone l’obbligo per i soggetti attuatori delle misure previste dal PNRR di aggiornare, sulla banca dati ReGiS, il cronoprogramma procedurale e finanziario di ciascun programma e intervento. Viene inoltre previsto che l’unità di missione responsabile delle attività di monitoraggio, rendicontazione e controllo della relativa misura deve attestare sul sistema informatico ReGiS che il cronoprogramma relativo al singolo intervento contenga tutte le informazioni sullo stato di attuazione e che lo stesso assicuri il raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi nei tempi previsti dal PNRR (comma 1). La verifica dell’adempimento del suddetto obbligo è assegnata, dal comma 2, alla Struttura di missione PNRR e alla Ragioneria Generale dello Stato (Ispettorato generale per il PNRR). In caso di disallineamenti o incoerenze, lo stesso comma 2 prevede che la struttura di missione PNRR richiede i necessari chiarimenti assegnando un termine, decorso inutilmente il quale Cabina di regia per il PNRR propone al Presidente del Consiglio dei ministri l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Articolo 9, commi 1 e 2
(Assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali nei settori dell’istruzione e della formazione)
Il comma 1 dell’articolo 9 amplia il periodo di estensione transitoria ai settori dell’istruzione e della formazione – ivi comprese la formazione superiore (anche universitaria) e la formazione aziendale – dell’ambito di applicazione dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; l’ampliamento di cui al presente comma concerne l’anno scolastico e l’anno accademico 2024/2025, mentre la previsione già vigente – di cui all’articolo 18, commi 1 e 2, del D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85[21]– fa riferimento all’anno scolastico e anno accademico 2023/2024. In base all’estensione transitoria ora oggetto di proroga, le categorie di soggetti analiticamente individuati dal citato comma 2 dell’articolo 18 – operanti nei suddetti settori come docenti o con altre funzioni o ivi attivi come studenti o allievi – sono comprese nel regime assicurativo in relazione agli eventuali infortuni o malattie professionali occorsi in occasione delle attività di insegnamento-apprendimento. La norma vigente a regime comprende invece nell’ambito dell’assicurazione INAIL, con riferimento ai summenzionati settori dell’istruzione e della formazione, esclusivamente gli infortuni o malattie professionali occorsi in occasione di esperienze tecnico-scientifiche, esercitazioni pratiche o esercitazioni di lavoro[22] – ferma restando l’inclusione nel regime assicurativo di alcune categorie di soggetti in relazione alle specifiche attività lavorative svolte[23] –.
Il comma 2 del presente articolo 9 reca la stima degli oneri derivanti dalla proroga di cui al comma 1 e la relativa copertura finanziaria, nonché una norma di natura contabile.
Il citato comma 1 dell’articolo 18 del D.L. n. 48 del 2023 enuncia, per la sperimentazione in esame, oggetto di proroga da parte del comma 1 del presente articolo 9, il fine della valutazione dell’impatto dell’estensione assicurativa ai settori in oggetto.
Si ricorda che, in relazione ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 18 del D.L. n. 48, la circolare dell’INAIL n. 45 del 26 ottobre 2023 (emanata previo parere dell’ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali) ha indicato, tra l’altro, che:
- l’applicazione transitoria in oggetto concerne anche le scuole non paritarie;
- per i lavoratori interessati dall’estensione transitoria in esame, la tutela assicurativa concerne anche gli infortuni in itinere (mentre tale tutela non si applica ad alunni e studenti)[24];
- per i dipendenti, interessati dall’estensione transitoria, di scuole e istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado statali, non è riconosciuta l'indennità giornaliera per l'inabilità temporanea assoluta, in conformità al criterio giuridico di applicazione della tutela assicurativa INAIL per i dipendenti statali (per i quali il datore di lavoro provvede direttamente all’erogazione di un trattamento economico)[25];
- la medesima indennità per inabilità temporanea assoluta non è erogata agli alunni e studenti (salvo i casi di studenti lavoratori), in quanto la stessa ha natura sostitutiva della retribuzione corrisposta dal datore di lavoro all’assicurato infortunato[26].
Il comma 2 del presente articolo 9 provvede, in primo luogo, alla stima degli oneri derivanti dalla proroga di cui al comma 1 e alla relativa copertura finanziaria. Gli oneri sono valutati in 17,49 milioni di euro per l’anno 2024 e in 29,98 milioni per l’anno 2025[27]. Agli oneri si fa fronte riducendo, per gli identici importi (relativi, rispettivamente, ai suddetti due anni), il limite di spesa per il beneficio economico inerente all’istituto del Supporto per la formazione e il lavoro[28]; al riguardo, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[29] osserva che, sulla base degli esiti del monitoraggio già svolto e di quanto conseguentemente prevedibile in via prospettica, la suddetta riduzione non compromette il riconoscimento del beneficio economico agli interessati.
Il medesimo comma 2 prevede che, nell’ambito delle risorse corrispondenti agli oneri così valutati, quelle relative ai rimborsi da parte dello Stato all’INAIL, se non utilizzate alla chiusura dell’esercizio finanziario statale, sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell’esercizio successivo fino alla rendicontazione (da parte dell’INAIL) dell’effettiva spesa. Al riguardo, la suddetta relazione tecnica ricorda che, nella cosiddetta Gestione per conto dello Stato, le amministrazioni non pagano un premio assicurativo all’INAIL, ma rimborsano al medesimo Istituto le prestazioni da quest’ultimo erogate e le spese per accertamenti medico-legali e per prestazioni integrative, oltre a versare una somma a copertura delle spese generali di amministrazione.
Articolo 9, comma 3
(Risorse per il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa)
L’articolo 9, comma 3, statuisce che le risorse finanziarie destinate ai compensi dei componenti dei gruppi per l’inclusione scolastica, rimaste inutilizzate e provenienti da esercizi pregressi, confluiscono, nell’anno 2024, nel Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa al fine della loro utilizzazione nella contrattazione integrativa senza l’originario vincolo di destinazione.
Il comma in esame novella l’articolo 20 del decreto legislativo n. 66 del 2017, mediante l’inserimento, dopo il comma 4, del comma 4-bis, con il quale si prevede che le risorse finanziarie di cui al precedente comma 4, ossia le risorse destinate ai compensi dei componenti dei gruppi per l’inclusione scolastica, rimaste non utilizzate e provenienti da esercizi pregressi, confluiscano, nell’anno 2024, nel Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa per essere utilizzate nella contrattazione integrativa senza l’originario vincolo di destinazione, e che a tal fine esse siano conservate nel conto residui.
Si ricorda che il comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo n. 66 del 2017 prevede che i componenti dei gruppi per l'inclusione scolastica non sono esonerati dalle attività didattiche e che a essi spetta un compenso per le funzioni svolte, avente natura accessoria, da definire con apposita sessione contrattuale nazionale nel limite complessivo di spesa di 0,67 milioni di euro per l'anno 2020 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.
La relazione tecnica evidenzia che, tenuto conto della mancata sottoscrizione dei contratti integrativi nazionali (anni scolastici 2020-21, 2021-22, 2022-23 e 2023-24), le risorse finanziarie afferenti agli stanziamenti di bilancio degli esercizi finanziari 2022 e 2023 sono conservate in lettera F sul capitolo 1282 (“Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”), piano gestionale 2, dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito.
La relazione illustrativa sottolinea che l’obiettivo dell’intervento è svincolare tali risorse dalla loro destinazione originaria, al fine di poterle utilizzare per dare copertura ai numerosi istituti gravanti sul Fondo del miglioramento dell’offerta formativa (MOF). La disposizione è definita dalla relazione illustrativa “urgente e necessaria, posto che l’utilizzo di dette risorse è indispensabile per poter avviare la contrattazione integrativa per l’anno scolastico 2024/2025”.
In ordine ai gruppi per l’inclusione scolastica, si rammenta che essi sono stati introdotti dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 66 del 2017, mediante la sostituzione dell’articolo 15 della legge n. 104 del 1992. Essi si articolano a loro volta in: Gruppi di lavoro interistituzionali regionali (GLIR), istituiti presso ogni ufficio scolastico regionale; Gruppi per l'inclusione territoriale (GIT), costituiti per ciascun ambito territoriale provinciale ovvero a livello delle città metropolitane; Gruppi di lavoro per l'inclusione (GLI) e Gruppi di lavoro operativo per l'inclusione (GLO), nominati presso ciascuna istituzione scolastica.
Più nello specifico, i GLIR, presieduti dal direttore dell’ufficio scolastico regionale di competenza, sono composti con la partecipazione paritetica dei rappresentanti delle regioni, degli enti locali e delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative a livello regionale nel campo dell'inclusione scolastica. Essi svolgono compiti di: a) consulenza e proposta all’ufficio scolastico regionale per la definizione, l'attuazione e la verifica degli accordi di programma, con particolare riferimento alla continuità delle azioni sul territorio, all'orientamento e ai percorsi integrati scuola-territorio-lavoro; b) supporto ai gruppi per l'inclusione territoriale (GIT); c) supporto alle reti di scuole per la progettazione e la realizzazione dei Piani di formazione in servizio del personale della scuola.
I GIT sono composti da personale docente esperto nell'ambito dell'inclusione, anche con riferimento alla prospettiva bio-psico-sociale, e nelle metodologie didattiche inclusive e innovative. Essi, in coordinamento con l'ufficio scolastico regionale, supportano le istituzioni scolastiche nella definizione dei piani educativi personalizzati (PEI) secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base della classificazione ICF, nell'uso ottimale dei molteplici sostegni disponibili, previsti nel Piano per l'inclusione della singola istituzione scolastica, nel potenziamento della corresponsabilità educativa e delle attività di didattica inclusiva.
I GLI sono composti da docenti curricolari, docenti di sostegno e, eventualmente, da personale ATA, nonché da specialisti dell’ASL e del territorio di riferimento dell'istituzione scolastica. Essi hanno il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e realizzazione del Piano per l'inclusione nonché i docenti contitolari e i consigli di classe nell'attuazione dei PEI.
I GLO sono composti dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, con la partecipazione dei genitori degli alunni con disabilità, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all'istituzione scolastica, nonché con il necessario supporto dell'unità di valutazione multidisciplinare. Essi si occupano della definizione dei PEI e della verifica del processo di inclusione per i singoli alunni, compresa la proposta di quantificazione di ore di sostegno.
In relazione al Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (MOF), si ricorda che esso è disciplinato dall’articolo 40 del Contratto collettivo nazionale relativo al personale del comparto istruzione e ricerca – triennio 2016/2018. Al suo interno sono ricompresi:
a) il Fondo per l’Istituzione Scolastica;
b) le risorse destinate ai compensi per le ore eccedenti del personale insegnante di educazione fisica nell’avviamento alla pratica sportiva;
c) le risorse destinate alle funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa;
d) le risorse destinate agli incarichi specifici del personale ATA;
e) le risorse destinate alle misure incentivanti per progetti relativi alle aree a rischio, a forte processo immigratorio e contro l’emarginazione scolastica;
f) le risorse destinate alle ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti;
g) le risorse indicate nell’articolo 1, comma 126, della legge n. 107 del 2015, oggi fondo di valorizzazione del personale scolastico;
h) le risorse per turni notturni e festivi svolti dal personale ATA ed educativo presso i Convitti e gli Educandati.
Il Fondo MOF è in particolare finalizzato a remunerare il personale per le seguenti finalità:
a) finalità già previste per il Fondo per l'Istituzione scolastica ai sensi dell'art. 88 del CCNL 29 novembre 2007;
b) i compensi per le ore eccedenti del personale insegnante di educazione fisica nell'avviamento alla pratica sportiva;
c) le funzioni strumentali al piano dell'offerta formativa;
d) gli incarichi specifici del personale ATA;
e) le misure incentivanti per progetti relativi alle aree a rischio, a forte processo immigratorio e contro l'emarginazione scolastica;
f) i compensi ore eccedenti per la sostituzione dei colleghi assenti;
g) la valorizzazione del merito del personale docente, ai sensi dell'articolo 1, commi da 126 a 128, della legge n. 107 del 2015;
h) le finalità di cui all'articolo 1, comma 593, della legge n. 205 del 2017, di valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali impegnati in attività di formazione, ricerca e sperimentazione didattica, dei docenti che diffondono modelli per una didattica per lo sviluppo delle competenze, dei docenti che garantiscono l'interesse dei propri alunni e studenti alla continuità didattica, e dei docenti che prestano servizio in zone caratterizzate da rischio di spopolamento o da dispersione scolastica.
Il Fondo MOF è ripartito tra le diverse finalità di cui sopra e tra le singole istituzioni scolastiche ed educative, in sede di contrattazione integrativa di livello nazionale ed il relativo contratto collettivo è stipulato, di norma, con cadenza triennale.
Articolo 9, comma 4
(Risorse per la riduzione del divario digitale e per il supporto tecnologico e digitale all’implementazione della filiera
tecnologico-professionale)
L’articolo 9, comma 4, destina risorse pari a 20 milioni di euro, già stanziate nel periodo pandemico ma mai utilizzate, alla realizzazione di infrastrutture e piattaforme tecnologiche, all’innovazione digitale e al potenziamento di laboratori innovativi connessi a Industria 4.0, al fine di ridurre il fenomeno del divario digitale e di consentire il supporto tecnologico e digitale all’implementazione della filiera tecnologico-professionale.
Il comma in esame novella l’articolo 1 della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), mediante la sostituzione integrale del comma 623, il quale, nel nuovo testo, stabilisce che, al fine di ridurre il fenomeno del divario digitale e consentire il supporto tecnologico e digitale al piano nazionale di sperimentazione relativo all'istituzione della filiera tecnologico-professionale di cui al decreto del Ministero dell’istruzione e del merito n. 240 del 7 dicembre 2023, adottato ai sensi dell’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, le risorse di cui al comma 624 dell’articolo 1 della medesima legge di bilancio 2021 (pari a 20 milioni di euro) sono destinate alla realizzazione di infrastrutture e piattaforme tecnologiche e all’innovazione digitale, nonché al potenziamento di laboratori innovativi connessi a Industria 4.0.
A tale scopo, si prevede che, con decreto del Ministero dell’istruzione e del merito, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della disposizione, sono individuati i criteri e le modalità di assegnazione delle risorse di cui al periodo precedente.
Si ricorda che il comma 623 dell’articolo 1 della legge n. 178 del 2020, adottato nel corso della pandemia da COVID-19, nel testo previgente all’entrata in vigore del decreto-legge in esame consentiva alle istituzioni scolastiche, al fine di ridurre il fenomeno del divario digitale e di favorire la fruizione della didattica digitale integrata, di chiedere contributi per la concessione di dispositivi digitali dotati di connettività in comodato d'uso gratuito agli studenti appartenenti a nuclei familiari con un ISEE non superiore a 20.000 euro annui, e che il successivo comma 624 stanziava a tal fine 20 milioni di euro per l’anno 2021, tramite pari incremento della dotazione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 1, comma 601, della legge n. 296 del 2006.
La relazione illustrativa rappresenta che la richiamata dotazione di 20 milioni di euro, “inizialmente finalizzata a ridurre il fenomeno del divario digitale e favorire la didattica digitale integrata nel periodo pandemico, non è stata impiegata per tale finalità, in quanto sono stati adottati ulteriori decreti che hanno soddisfatto integralmente tale esigenza”. Pertanto – continua la relazione illustrativa – con la norma in esame si procede a “destinare tali risorse per continuare a ridurre il fenomeno del divario digitale e accompagnare la sperimentazione relativa all’istituzione della filiera tecnologico-professionale, di cui al D.M. 7 dicembre 2023, n. 240, attesa la prossima approvazione in via definitiva del disegno di legge di istituzione della stessa”.
La necessità e l’urgenza della norma sono rinvenute nel fatto che l’avvio della sperimentazione afferente all’istituzione della filiera tecnologico-professionale, al cui supporto e rafforzamento sono destinate le risorse in parola, è previsto a decorrere dall’anno scolastico 2024/2025.
La relazione tecnica sottolinea che la proposta non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto, allo stato, i 20 milioni di euro in parola “sono stanziati cassa e competenza a seguito di accodamento nel 2022 sul capitolo 8107, pagina 3, spese per l’acquisto di dispositivi digitali individuali da mettere a disposizione degli studenti meno abbienti”.
Quanto alla filiera formativa tecnologico-professionale si ricorda che, con il citato decreto ministeriale 7 dicembre 2023, n. 240 e con l’avviso di cui al decreto direttoriale 7 dicembre 2023, n. 2608, il Ministero dell'istruzione e del merito ha promosso, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, un piano nazionale di sperimentazione relativo all'istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale, finalizzato a verificare l'efficacia della progettazione di un'offerta formativa integrata in ambito tecnologico-professionale, capace di garantire ampie opportunità di scelta di istruzione e formazione all'interno di una filiera che coinvolga gli istituti tecnici e professionali che si impegnino nella progettazione e attivazione di nuovi percorsi quadriennali sperimentali, le istituzioni formative accreditate dalle Regioni ai sensi del Capo III del decreto legislativo n. 226/2005 e gli ITS Academy di cui alla legge n. 99 del 2022, prevedendo al contempo sinergie con il sistema delle imprese e delle professioni.
Ai fini della proposta di candidatura è richiesta, in coerenza con la programmazione regionale della filiera formativa: la dichiarazione di impegno a partecipare ad un accordo di rete da parte di istituzioni scolastiche dell'istruzione tecnica e professionale, istituzioni formative accreditate dalle Regioni, laddove presenti, e istituti tecnologici superiori (ITS Academy); la progettazione di almeno un percorso quadriennale di istruzione tecnica o professionale e l’integrazione con almeno un percorso per il conseguimento del diploma professionale di IeFP, ove esistente e affine o correlato alla filiera, e un percorso biennale di ITS Academy di area tecnologica coerente con l’indirizzo di riferimento; l'attivazione di un partenariato con almeno un'impresa. La rete può, altresì, prevedere la partecipazione delle università, delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica o di altri soggetti pubblici e privati intenzionati a contribuire alla realizzazione del progetto sperimentale, in partenariato con i rappresentanti delle imprese e delle professioni.
L’adozione di una sperimentazione ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 ha consentito alle istituzioni scolastiche interessate di avviare nei tempi dovuti le procedure necessarie ad attivare il nuovo modello sperimentale a partire dall'anno scolastico 2024-2025.
Parallelamente, tuttavia, come evidenziato dalle stesse relazioni di accompagnamento al decreto-legge in esame, il Ministero ha promosso la presentazione di un disegno di legge governativo che prevede, sempre a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, la vera e propria istituzione, a regime, della filiera formativa tecnologico-professionale. Il disegno di legge in questione (da ultimo, AC 1691), per l’illustrazione del cui contenuto si rinvia al relativo dossier e al relativo tema provvedimento pubblicato nell’area della documentazione parlamentare del sito istituzionale della Camera dei deputati, è stato approvato definitivamente il 31 luglio 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2024 (legge 8 agosto 2024, n. 121, con entrata in vigore il 6 settembre 2024).
Si valuti l’opportunità, alla luce della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge istitutiva della filiera formativa tecnologico-professionale, di sostituire con un riferimento a tale legge il riferimento - presente nel testo vigente del comma in esame - alla sperimentazione di cui al decreto del Ministero dell’istruzione e del merito n. 240 del 7 dicembre 2023, che risulta a questo punto superata.
Articolo 10, comma 1
(Disposizione concernente società a partecipazione pubblica quotate)
L’articolo 10, comma 1, prevede che continuino ad applicarsi alcune disposizioni che escludono le società emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati dall’ambito di applicazione della disciplina del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (TUSP), in virtù della proroga dello strumento finanziario o di successive emissioni effettuate in sostanziale continuità.
L’articolo 10, comma 1, modifica l’articolo nell’articolo 26 (contenente disposizioni di carattere transitorio) del decreto legislativo n. 175 del 2016, recante il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica - TUSP.
Il nuovo comma 5-bis di tale articolo 26 del TUSP, introdotto dal comma in epigrafe, prevede, in primo luogo, che continui ad applicarsi l’art. 1, comma 5 del TUSP alle società a partecipazione pubblica emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati.
L’articolo 1, comma 5 del TUSP, qui richiamato, stabilisce che le disposizioni contenute nel medesimo testo unico si applicano alle società quotate, e alle società da esse controllate, “se espressamente previsto”. La definizione di “società quotate” recata dall'articolo 2, comma 1, lettera p) del TUSP include, oltre alle società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati, anche le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015[30], strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati.
In secondo luogo, lo stesso comma 5-bis dell’articolo 26 del TUSP prevede che alle medesime società a partecipazione pubblica emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, continui ad applicarsi il comma 5 dell’articolo 26 TUSP. Tale comma stabilisce, tra l’altro, che nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del TUSP (23 settembre 2016), il TUSP medesimo non si applica alle società a partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all'emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati.
La norma in esame stabilisce che le richiamate disposizioni (ossia i citati articolo 1, comma 5, e articolo 26, comma 5 TUSP), continuano ad applicarsi alle suddette società emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, in virtù della proroga dello strumento finanziario o di successive emissioni effettuate in sostanziale continuità.
Per un inquadramento generale sulle ocietà partecipate e sul TUSP, si veda il temaweb Le società partecipate pubbliche e l'attuazione della riforma del 2016 sul portale della documentazione della Camera dei deputati.
Articolo 10, comma 1-bis
(Modifiche al decreto legislativo n. 175 del 2016)
L’articolo 10, comma 1-bis estende la disapplicazione delle norme recate dal comma 9-quater dell’articolo 4 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016, alla costituzione, all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni, da parte delle amministrazioni pubbliche, in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio dei prodotti ortofrutticoli.
Il comma in esame, inserito nel corso dell’esame in sede referente, modifica il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.
In particolare, l’articolo 4 del Testo unico disciplina le finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche. Il comma 9-quater, che conclude l’articolo, prevede che le disposizioni nello stesso contenute non siano applicabili alla costituzione né all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni, da parte delle amministrazioni pubbliche, in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio del latte, comunque trattato, e dei prodotti lattiero-caseari. La modifica in esame estende la disapplicazione delle norme recate dal comma 9-quater dell’articolo 4 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica alla costituzione, all'acquisizione o al mantenimento di partecipazioni, da parte delle amministrazioni pubbliche, in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione, il trattamento, la lavorazione e l'immissione in commercio dei prodotti ortofrutticoli.
L’articolo 4 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica stabilisce un quadro normativo per le partecipazioni delle amministrazioni pubbliche in società, consentendo deroghe solo in casi specificamente previsti dalla legge e sottoponendo tali partecipazioni a controlli specifici, col fine di garantire un equilibrio tra il perseguimento dell'interesse pubblico e il rispetto delle regole del mercato.
Il principio generale della disciplina è il divieto di intervento sui mercati: le amministrazioni pubbliche non possono, di norma, costituire società o acquisire partecipazioni in società che non siano strettamente necessarie per il perseguimento delle loro finalità istituzionali.
A tale principio generale vengono previste specifiche eccezioni, che riguardano:
- i servizi di interesse generale: le amministrazioni possono costituire società per la produzione di servizi di interesse generale (es. acqua, energia, trasporti) o per la realizzazione di opere pubbliche;
- autoproduzione: possono produrre beni o servizi strumentali alla loro attività, nel rispetto delle norme sui contratti pubblici;
- servizi di committenza: possono fornire servizi di supporto ad altri enti;
- valorizzazione del patrimonio: possono acquisire partecipazioni in società per valorizzare i propri immobili;
- società in house: possono costituire società in house per svolgere attività specifiche, come la gestione di servizi pubblici;
- specifiche eccezioni sono previste per le società di gestione di spazi fieristici, impianti di trasporto a fune, produzione di energia rinnovabile, spin-off universitari e società bancarie di finanza etica.
Il comma 9 dell’articolo prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze o dell'organo di vertice dell'amministrazione partecipante, motivato con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità istituzionali, anche al fine di agevolarne la quotazione sui mercati regolamentati, possa essere deliberata l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni del presente articolo a singole società a partecipazione pubblica. Il decreto è trasmesso alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti. I Presidenti di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano, con provvedimento adottato ai sensi della legislazione regionale e nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità, possono, nell'ambito delle rispettive competenze, deliberare l'esclusione totale o parziale dell'applicazione delle disposizioni a singole società a partecipazione della Regione o delle province autonome di Trento e Bolzano, motivata con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità istituzionali.
Articolo 10, comma 2
(Abrogazione di obblighi per le imprese che esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio)
L’articolo 10, comma 2, lettera a), abroga l’articolo 8, comma 2-quater, della legge n. 287 del 1990. Tale comma 2-quater prevedeva l’obbligo per le imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, di rendere accessibili beni o servizi anche informativi, di cui abbiano la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività svolte, anche ad imprese concorrenti in mercati diversi, in condizioni equivalenti rispetto alle proprie società partecipate o controllate che operano in tali mercati.
La lettera b) reca una novella di coordinamento.
La legge n. 287 del 1990 reca “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”. Il suo articolo 8, al comma 2, esclude dalla disciplina dettata dalla medesima legge n. 287 le imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale (SIEG) ovvero operano in regime di monopolio legale sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati (per cui la limitazione all’applicazione alla normativa cosiddetta “antitrust” risulta strettamente connessa alla missione esercitata dall’impresa).
Il comma 2-bis del medesimo articolo 8 stabilisce che tali imprese devono agire mediante società separate nei mercati diversi da quelli in cui esercitano la propria attività in qualità di gestori SIEG o in regime di monopolio legale. In tali casi, secondo il previgente comma 2-quater abrogato dalla lettera a) del comma in esame, le medesime imprese dovevano assicurare alle imprese concorrenti pari condizioni rispetto alle loro partecipate o controllate, rendendo accessibili, a pari condizioni, i beni e i servizi di cui avessero avuto la disponibilità esclusiva e quindi resi eventualmente disponibili alle società partecipate o controllate a danno delle imprese concorrenti.
Secondo quanto rappresentato dalla relazione illustrativa, tale disposizione sarebbe “ampiamente assorbita” dalle specifiche discipline di settore (energia elettrica, gas naturale, telecomunicazioni, servizio postale) le quali richiedono, “che i nuovi entranti debbano, ad esempio, dimostrare che tali beni sono non replicabili e non sostituibili (e quindi non vi è alternativa valida)”. Tali limitazioni, prosegue la relazione illustrativa, non sono invece previste dall’abrogato comma 2-quater, il quale dispone l’obbligo di legge, da parte della società che gestisce SIEG o in regime di monopolio, di rendere disponibili beni e servizi alle che accedono in un determinato settore. Secondo la relazione illustrative, tale obbligo potrebbe indurre effetti negativi sul mercato, in quanto i “nuovi entranti” risulterebbero disincentivati ad esperire valide alternative disponibili sul mercato di riferimento oppure operare semplici “azioni di disturbo” nei confronti della società sottoposta agli obblighi previsti dalla norma finora vigente.
La lettera b) sopprime il riferimento all’abrogato comma 4-quater contenuto nel comma 4-quinquies del medesimo articolo 8 della legge n. 287.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), con provvedimento n. 25795 del 2015, aveva applicato la disposizione oggetto di abrogazione accertandone la violazione da parte di Poste italiane S.p.A., la quale non aveva concesso alla società H3G S.p.A. l’accesso ai beni e servizi di cui aveva la disponibilità esclusiva in dipendenza del servizio universale postale a condizioni equivalenti a quelle applicate a Poste Mobile.
Si segnala inoltre che la violazione dell’articolo l’articolo 8, comma 2-quater, della legge n. 287 del 1990 è stata nuovamente accertata dall’AGCM con provvedimento n. 31280 del 2024, nei confronti di Poste italiane S.p.A., per non aver offerto, dietro esplicita richiesta, a concorrenti della controllata PostePay S.p.A. l’accesso, a condizioni equivalenti, ai beni e servizi di cui Poste Italiane S.p.A. stessa ha la disponibilità esclusiva in dipendenza delle attività rientranti nel
Servizio Universale postale.
Si segnala, inoltre, che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha trasmesso una segnalazione con data 11 settembre 2024, indirizzata ai Presidenti di Senato e Camera, al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’economia e delle finanze, relativa alle “problematiche concorrenziali derivanti dall'abrogazione del comma 2-quater dell'articolo 8 della legge 287/1990” (v. Bollettino settimanale AGCM Anno XXXIV - n. 36 del 16 settembre 2024).
La segnalazione dell’AGCM, richiamando i contenuti della disposizione abrogata, rileva che tale disposizione “è stata introdotta dal legislatore allo specifico scopo di riequilibrare il particolare vantaggio che il titolare di un SIEG o di un monopolio legale può riconoscere alle proprie controllate nei mercati collegati mettendo loro a disposizione gli asset utilizzati per la gestione del SIEG/monopolio”. Pertanto, secondo le argomentazioni svolte dall’Autorità, l’abrogazione potrebbe arrecare un pregiudizio alla libera concorrenza nei mercati in cui sono attive società partecipate o controllate da imprese che gestiscono SIEG o operano in regime di monopolio.
Articolo 10, commi 3-12
(Riforma 1.15 PNRR del sistema di contabilità pubblica)
L’articolo 10, commi 3-12, disciplina gli adempimenti relativi alla fase sperimentale della riforma del PNRR del sistema di contabilità pubblica (riforma 1.15) la quale prevede l’elaborazione di schemi di bilancio per competenza economica (c.d. accrual) con riferimento all’esercizio 2025 per gli enti pubblici che coprono almeno il 90 per cento della spesa primaria dell’intero settore pubblico.
In particolare, il comma 3 elenca le amministrazioni pubbliche assoggettate agli adempimenti della fase pilota della riforma, tenute alla produzione e trasmissione degli schemi di bilancio per competenza economica per l’esercizio 2025.
Il comma 4 esclude da tali adempimenti della fase pilota talune società ed enti, se di limitate dimensioni. Sono esclusi, inoltre: gli istituti scolastici, gli istituti di alta formazione artistica, coreutica e musicale (AFAM), i musei, le soprintendenze e gli istituti autonomi della cultura, le amministrazioni in liquidazione, gli organi costituzionali e a rilevanza costituzionale.
Il comma 5 prevede che l’elenco puntuale delle amministrazioni assoggettate alla fase pilota della riforma sia individuato con determina del Ragioniere Generale dello Stato da adottare entro sessanta giorni.
Il comma 6 stabilisce che nella fase pilota le amministrazioni devono predisporre gli schemi di bilancio relativi all'esercizio 2025, in osservanza dei principi e delle regole del sistema contabile economico-patrimoniale unico della riforma 1.15, adottati con determina del Ragioniere generale dello Stato n. 176775 del 27 giugno 2024. Gli schemi di bilancio devono includere il conto economico di esercizio e lo stato patrimoniale a fine anno.
Il comma 7 specifica che gli schemi di bilancio per l’esercizio 2025 sono predisposti esclusivamente per finalità di sperimentazione nell’ambito della fase pilota e, pertanto, non sostituiscono gli schemi di bilancio e di rendiconto prodotti per lo stesso esercizio, in applicazione delle disposizioni e dei regolamenti contabili vigenti.
Il comma 8 stabilisce che le amministrazioni interessate provvedono ad una analisi degli interventi di adeguamento dei propri sistemi informativi per il recepimento degli standard contabili della riforma, sulla base dei requisiti generali individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da adottare entro il 31 marzo 2025.
Il comma 9 specifica che, per la fase pilota, in attesa del completamento degli interventi di adeguamento dei sistemi informativi, le amministrazioni riclassificano i propri saldi contabili secondo il piano dei conti multidimensionale e apportano le integrazioni e le rettifiche necessarie per l’applicazione dei nuovi principi contabili.
Il comma 10 stabilisce l’obbligo del completamento della formazione di base (primo ciclo di formazione) per tutti gli enti pubblici, con esclusione delle società. La formazione di base verrà erogata mediante il portale della formazione, accessibile tramite il sito internet della Ragioneria generale dello Stato.
Il comma 11 prevede l’adozione di uno o più decreti del Ministero dell’economia delle finanze con il quale saranno fornite istruzioni di natura procedurale e tecnico contabile.
Il comma 12, infine, dispone che per l’attuazione dei commi da 3 a 11 in esame, le amministrazioni si avvalgono delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Le norme in esame disciplinano gli adempimenti relativi alla fase pilota della riforma del sistema di contabilità pubblica del PNRR (riforma 1.15 del PNRR), che prevede per gli enti pubblici che coprono almeno il 90 per cento della spesa primaria dell'intero settore pubblico l’elaborazione degli schemi di bilancio per competenza economico-patrimoniale (c.d. contabilità accrual), con riferimento all’esercizio 2025.
La riforma mira ad implementare un sistema di contabilità unico per il settore pubblico, basato sul principio di competenza economica (accrual), in linea con il percorso delineato a livello internazionale ed europeo per la definizione di principi e standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (IPSAS/EPSAS) e in attuazione della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio così come modificata dalla Direttiva EU 1265/2024: l’assetto contabile accrual costituisce un supporto essenziale per gli interventi di valorizzazione del patrimonio pubblico, grazie ad un sistema di imputazione, omogeneo e completo, del valore contabile dei beni delle pubbliche amministrazioni.
Per attuare tale riforma presso la Ragioneria generale dello Stato è stata costituita una struttura di governance[31] con lo scopo di definire l'impianto e le regole per l'adozione di un sistema unico di contabilità basato sul principio accrual (contabilità economico-patrimoniale), sulla base di un corpus di principi contabili generali, ispirati agli IPSAS (International Public Sector Accounting Standards) secondo le caratteristiche qualitative definite da Eurostat (gruppo di lavoro EPSAS - European Public Sector Accounting Standards), in coerenza con il processo di definizione degli standard nell'ambito degli specifici tavoli di lavoro dell'Unione Europea (articolo 9, comma 14, del D.L. n. 152 del 2021)[32].
Sul sito della Ragioneria Generale dello Stato è stato istituito un portale dedicato alla contabilità accrual che costituisce un punto di accesso istituzionale alle attività connesse alla Riforma 1.15 del PNRR, nel quale sono messe a disposizione tutte le informazioni e la documentazione prodotta nell’ambito dei lavori della Struttura di governance per la realizzazione della Riforma stessa; è stato aperto, all’interno dello stesso sito, il portale della formazione accrual, dedicato alle amministrazioni incluse nel perimetro di attuazione della Riforma 1.15.
La riforma 1.15 contempla due traguardi e un obiettivo.
Il traguardo (milestone) M1C1-108 prevede, entro il 30 giugno 2024, il completamento e l’approvazione di:
- un quadro concettuale di riferimento;
- un unico set di standard contabili, denominati ITAS (Italian public sector Accounting Standards) basati sul principio accrual e ispirati agli IPSAS (International Public Sector Accounting Standards) e agli elaborandi EPSAS (European Public Sector Accounting Standards), in coerenza con le indicazioni del gruppo di lavoro Eurostat impegnato nella definizione degli EPSAS;
- un piano dei conti multidimensionale.
In attuazione di tale traguardo con Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 176775 del 27 giugno 2024 sono stati formalmente approvati il Quadro Concettuale, gli Standard contabili ITAS e il Piano dei conti multidimensionale. Gli Standard contabili italiani (ITAS), insieme al Quadro concettuale e al Piano dei conti, rappresentano un corpus unico di regole per la rendicontazione e per la redazione del bilancio di esercizio delle amministrazioni pubbliche.
In particolare, Il 30 novembre 2023 il Comitato Direttivo della Struttura di Governance ha approvato il piano dei conti multidimensionale. Inoltre, sono stati elaborati i diciotto standard contabili, denominati ITAS, gli ultimi dei quali sono stati approvati dal Comitato Direttivo in data 26 giugno 2024. Contestualmente all’approvazione degli ultimi standard contabili ITAS, il 26 giugno 2024 il Comitato Direttivo ha anche approvato l’aggiornamento del piano dei conti. Con Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 176775 del 27 giugno 2024 sono stati formalmente recepiti il Quadro concettuale, i diciotto standard contabili ITAS e il Piano dei Conti Multidimensionale, ai fini della rendicontazione della milestone M1C1-108.
L’obiettivo (target) M1C1-117 prevede, entro il 31 marzo 2026, la conclusione del primo ciclo di formazione per la transizione al nuovo sistema contabile accrual per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche che coprano almeno il 90% della spesa pubblica primaria.
Il traguardo (milestone) M1C1-118 dispone che, entro il 30 giugno 2026 siano pubblicati in via sperimentale schemi di bilancio accrual coerenti con i principi e le regole contabili del nuovo sistema, riferiti all’esercizio 2025, da parte di un numero di amministrazioni pubbliche che coprano almeno il 90 % della spesa pubblica primaria; si prevede, inoltre, che sia adottato un atto legislativo che disciplini l'introduzione del nuovo sistema di contabilità per competenza economica, a partire dal 2027, accompagnato da un piano formativo e dalla predisposizione dei manuali operativi[33].
Da quanto emerge dalla relazione illustrativa, successivamente al raggiungimento del traguardo M1C1-108 si è reso necessario adottare la normativa in esame per disciplinare gli adempimenti relativi all’elaborazione degli schemi di bilancio accrual, con riferimento all’esercizio 2025, da parte di un numero di amministrazioni che coprano almeno il 90% della spesa pubblica primaria (come previsto dal traguardo M1C1-118); ciò come fase preparatoria e propedeutica alla adozione, entro il secondo trimestre 2026, del provvedimento legislativo che disciplinerà l’introduzione della riforma stessa a partire dal 2027. La norma disciplina, tra l’altro, il completamento della formazione di base per le amministrazioni assoggettate alla fase pilota (obiettivo M1C1-117).
Il comma 3 contiene l’indicazione delle amministrazioni pubbliche assoggettate agli adempimenti della fase pilota, di cui al milestone M1C1-118 della Riforma 1.15. In particolare, sono elencate le seguenti amministrazioni che dovranno produrre gli schemi di bilancio accrual per la fase pilota, con riferimento all’esercizio 2025:
a) le amministrazioni centrali incluse nel bilancio dello Stato, la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie fiscali (la relazione governativa sottolinea come i ministeri sono considerati parte di una unica reporting entity; sono, invece, considerate come distinte reporting entities la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie fiscali);
b) gli enti e le istituzioni nazionali di ricerca;
c) le regioni e le province autonome;
d) le province e le città metropolitane;
e) i comuni con popolazione residente pari o superiore a cinquemila abitanti al 1° gennaio 2024;
f) gli enti e le aziende del servizio sanitario nazionale;
g) le università e gli istituti di istruzione universitaria pubblici;
h) le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e le loro unioni regionali;
i) le autorità di sistema portuale;
l) gli enti nazionali di previdenza e assistenza;
m) in via residuale gli altri enti e amministrazioni pubbliche inclusi nell’elenco redatto dall’ISTAT (di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196), fatto salvo quanto disposto dal comma 4.
Il comma 4 elenca i soggetti esclusi dalla predisposizione degli schemi di bilancio, per l'esercizio 2025, secondo gli adempimenti previsti dalla fase pilota:
· le società e gli enti pubblici che, con riferimento alle risultanze del bilancio di esercizio o rendiconto del 2023, hanno un numero di dipendenti a tempo indeterminato inferiore a cinquanta unità e, contestualmente, un volume complessivo annuo di entrate correnti ed in conto capitale, per le amministrazioni in contabilità finanziaria, ovvero un valore della produzione annua, per le amministrazioni in contabilità economico-patrimoniale, inferiore a 8,8 milioni di euro;
La relazione governativa evidenzia che le dimensioni sono state individuate in base a due parametri analoghi a quelli utilizzati dal codice civile (art. 2435-bis) per individuare le società che redigono un bilancio di esercizio in forma abbreviata (numero dipendenti inferiore a 50 e volume entrate inferiore a 8,8 milioni annui);
· gli istituti scolastici di ogni ordine e grado,
· gli istituti di alta formazione artistica, coreutica e musicale (AFAM),
· i musei, le soprintendenze e gli istituti autonomi della cultura;
· le amministrazioni assoggettate a procedure di liquidazione.
· gli organi costituzionali e a rilevanza costituzionale.
Il comma 5 dispone che l’elenco puntuale delle amministrazioni assoggettate alla fase pilota della riforma 1.15 è individuato con determina del Ragioniere Generale dello Stato da adottare entro sessanta giorni all’entrata in vigore del decreto-legge in esame. L’elenco delle amministrazioni così individuate sarà pubblicato inoltre nella sezione del sito internet della Ragioneria generale dello Stato dedicata alla Riforma 1.15 del PNRR.
Il comma 6 stabilisce che le amministrazioni coinvolte nella fase pilota devono predisporre gli schemi di bilancio relativi all’esercizio 2025, in osservanza dei principi e delle regole del sistema contabile economico-patrimoniale unico adottati con determina del Ragioniere generale dello Stato n. 176775 del 27 giugno 2024. Gli schemi di bilancio devono includere il conto economico di esercizio e lo stato patrimoniale a fine anno.
Come anticipato, con la determina del Ragioniere generale dello Stato n. 176775 del 27 giugno 2024 sono stati formalmente approvati il quadro concettuale, gli standard contabili ITAS e il Piano dei conti multidimensionale, i quali rappresentano un corpus unico di regole per la rendicontazione e per la redazione del bilancio di esercizio delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 7 specifica che, nelle more dell’adozione del sistema di contabilità economico-patrimoniale unico previsto dal traguardo M1C1-118 della riforma 1.15 del PNRR, gli schemi di bilancio per l’esercizio 2025 sono predisposti, esclusivamente, per finalità di sperimentazione e, pertanto, non sostituiscono gli schemi di bilancio e di rendiconto prodotti, per lo stesso esercizio, in applicazione delle disposizioni e dei regolamenti contabili vigenti.
Il comma 8 stabilisce che le amministrazioni interessate individuano le misure necessarie per adeguare i propri sistemi informativi agli standard contabili previsti dalla riforma, sulla base dei requisiti generali che saranno indicati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da adottare entro il 31 marzo 2025.
Il comma 9 specifica che, per la fase pilota, in attesa del completamento degli interventi di adeguamento dei sistemi informativi, le amministrazioni riclassificano i propri saldi contabili alla fine del 2025 secondo il piano dei conti multidimensionale e apportano a tali saldi le integrazioni e le rettifiche necessarie per l’applicazione dei criteri di valorizzazione e di rilevazione contabile stabiliti dal quadro concettuale e dagli standard contabili.
Il comma 10 stabilisce l’obbligo del completamento della formazione di base (primo ciclo di formazione) per tutti gli enti pubblici indicati nell’elenco ISTAT (di cui all’articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009) con esclusione delle società. Tali soggetti, infatti, sono tenuti a concorrere al raggiungimento entro il 31 marzo 2026 dell’obiettivo M1C1-117 del PNRR il quale richiede che entro tale data sia completato il primo ciclo di formazione per la transizione al nuovo sistema contabile per competenza per i rappresentanti degli enti pubblici che coprono almeno il 90 per cento della spesa primaria dell'intero settore pubblico.
La norma dispone, infine, che il primo ciclo di formazione sia erogato esclusivamente in modalità telematica tramite il portale dedicato, accessibile dalla sezione del citato sito internet della Ragioneria Generale dello Stato.
Al riguardo la relazione illustrativa rende noto che il 27 giugno 2024 è stata firmata la Convenzione n. 176832 tra la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) e il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) avente per oggetto la validazione e certificazione dei corsi multimediali costituenti il programma formativo di base previsto dall’obiettivo M1C1-117.
Il comma 11 prevede l’adozione, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, di uno o più decreti del Ministero dell’economia delle finanze con il quale saranno fornite istruzioni di natura procedurale e tecnico contabile in relazione:
· all’utilizzo dei modelli di raccordo fra il Piano dei conti multidimensionale e le voci dei principali piani dei conti e modelli contabili vigenti;
· alle modalità di erogazione del primo ciclo di formazione di base;
· alle modalità di trasmissione telematica degli schemi di bilancio alla Ragioneria Generale dello Stato.
Il comma 12, infine, dispone che all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 3 a 11 si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 10, comma 12-bis
(Interoperabilità con la banca dati degli immobili pubblici)
Il comma 12-bis dell’articolo 10, introdotto in sede referente, stabilisce che, attraverso decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, possa prendere avvio un processo di interoperabilità tra la banca dati degli immobili pubblici del MEF e le altre banche dati delle amministrazioni pubbliche che hanno in possesso dati relativi al patrimonio immobiliare pubblico.
In particolare, preliminarmente, la norma evidenzia l’obiettivo dalla disposizione ovvero quello di consentire l'integrazione e l'adeguamento dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche, anche in vista dell'adozione del sistema di contabilità economico-patrimoniale unico.
A tale proposito, il MEF, sul proprio sito istituzionale, ricorda sinteticamente che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede tra le riforme abilitanti la Riforma 1.15 ovvero quella di “dotare le pubbliche amministrazioni di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale accrual”. In linea con il percorso delineato a livello internazionale ed europeo per la definizione di principi e standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (IPSAS/EPSAS), e in attuazione della Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, la Riforma 1.15 è volta a implementare un sistema di contabilità basato sul principio accrual unico per il settore pubblico. Le attività realizzate con la Riforma puntano, tra l’altro, a introdurre una serie di importanti strumenti, unici per tutte le pubbliche amministrazioni italiane, tra cui:
· un quadro concettuale, inteso come la struttura concettuale di riferimento che si colloca a monte dell’intero impianto contabile;
· un corpus di standard contabili, per ridurre le discordanze tra i diversi sistemi contabili attualmente in uso nelle pubbliche amministrazioni italiane;
· un nuovo piano dei conti multidimensionale, in linea con le migliori pratiche internazionali.
Per una ricostruzione dettagliata del sistema di contabilità economico-patrimoniale unico si rinvia alla lettura della scheda dell’articolo 10, commi 3-12 del decreto in esame.
Conseguentemente, nell’ottica della valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e dell’efficientamento della spesa pubblica, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuati i criteri e le modalità per avviare processi di interoperabilità con la banca dati degli immobili pubblici, realizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dei dati, dei censimenti e delle informazioni relativi al patrimonio immobiliare pubblico, posseduti in banche dati delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché, sentito il Ministero dell'Interno, dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (istituita ai sensi del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4).
Si ricorda che il sopra citato comma 222 prevede, tra l’altro che a decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all'Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, una serie di informazioni volte a verificare la corrispondenza dei fabbisogni immobiliari delle PA con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica (ad esempio: la previsione triennale del fabbisogno di spazio allocativo; le superfici occupate non più necessarie; le istruttorie da avviare nell'anno seguente per reperire immobili in locazione). A questo proposito si segnala che, secondo i dati presentati dal MEF nel Piano Strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, la banca dati degli immobili pubblici viene alimentata da circa diecimila pubbliche amministrazioni, centrali e locali, e contiene, a oggi, informazioni strutturate e di dettaglio su oltre due milioni e mezzo di beni, tra fabbricati e terreni, di proprietà pubblica. Il modello di stima del valore dei fabbricati, di tipo mass appraisal, messo a punto dal MEF restituisce un valore patrimoniale di circa 300 miliardi, per circa il 75 per cento di proprietà di amministrazioni locali e per circa l’80 per cento utilizzato direttamente per finalità istituzionali.
Si ricorda, infine, che il suddetto decreto legislativo 165 del 2001 prevede che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (fino alla revisione organica della disciplina di settore anche il CONI).
La norma quantifica gli oneri derivanti dalla misura in commento, stabilendo, pertanto, che per l’attuazione delle disposizioni è autorizzata la spesa di 50.000 euro per l’anno 2024.
L’ultimo periodo del comma prevede, conseguentemente, la copertura finanziaria della misura, disponendo che ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Articolo 10, comma 12-ter
(Modifica alle disposizioni sugli interventi di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze previsti dalla delibera CIPESS in materia di “Programmazione della politica di coesione 2021-2027 e attività di supporto alle autorità di audit dei programmi cofinanziati dai fondi europei”)
La disposizione in esame introduce un nuovo comma all’articolo 10, del decreto-legge n. 113 del 2024, prevedendo una modifica dell’articolo 8, comma 20, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, volta a includere tra gli interventi di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze previsti dalla delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) n. 78 del 22 dicembre 2021, anche misure di rafforzamento della capacità amministrativa e tecnica relative agli adempimenti connessi con l'attuazione della nuova governance economica europea.
Ai sensi dell’articolo 8, comma 20, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, uno o più decreti del Ragioniere generale dello Stato individuano e regolano gli interventi di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze previsti dalla delibera del CIPESS in materia di “Programmazione della politica di coesione 2021-2027, approvazione della proposta di accordo di partenariato 2021-2027 e definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il ciclo di programmazione 2021-2027” (delibera n. 78 del 22 dicembre 2021).
I predetti interventi possono riguardare azioni rivolte ad assicurare continuità alle attività di supporto alle autorità di audit dei programmi cofinanziati dai fondi europei della politica di coesione per la programmazione 2021-2027 e di altri strumenti adottati dall’Unione europea per i quali occorre garantire una funzione di audit indipendente, nonché misure di rafforzamento della capacità amministrativa e tecnica per le attività di monitoraggio e controllo della spesa degli interventi finanziati con risorse europee, ivi compreso il connesso adeguamento degli strumenti informatici e la messa in opera di interventi specifici di assistenza tecnica.
Ai sensi dell’articolo 10, comma 12-bis, del decreto-legge n. 113 del 2024, introdotto in sede di conversione parlamentare, le misure di rafforzamento della capacità amministrativa e tecnica già previste dall’articolo 8, comma 20, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, connesse agli interventi di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, previsti dalla delibera CIPESS del 22 dicembre 2021 n. 78 e finalizzati all'attivazione di adeguati sistemi di controllo dei programmi 2021-2027, possono riguardare anche gli adempimenti connessi con l'attuazione della nuova governance economica europea.
Articolo 10, comma 13
(Disposizioni relative alla Società Autostrade Alto Adriatico S.p.A.)
L’articolo 10, comma 13, prevede la non applicazione alla società Autostrade Alto Adriatico S.p.A., di disposizioni in materia di contenimento della spesa, sino alla durata dello stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilita? nell'autostrada A4 (tratta Quarto d'Altino-Trieste) e nel raccordo autostradale Villesse-Gorizia, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024.
Il comma 13 introduce in favore della società Autostrade Alto Adriatico S.p.A. una deroga alle seguenti disposizioni nonché gli eventuali ulteriori provvedimenti normativi o regolamentari che dovessero comunque disciplinare le medesime materie:
a) l’art. 62 del decreto-legge n.112 del 2008, relativo al contenimento dell'uso degli strumenti derivati e dell'indebitamento delle regioni e degli enti locali;
b) l’art. 6, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2010, e l’art. 5, commi 2, 3 e 7, del decreto-legge n. 95 del 2012, sulla riduzione dei costi degli apparati amministrativi, con particolare riferimento al limite di spesa per le autovetture;
c) l’art. 1, commi 2, 3 e 4, del decreto-legge n. 101 del 2013, sulla riduzione della spesa per le auto di servizio e le consulenze nella pubblica amministrazione.
Il comma in esame precisa che la citata deroga opera sino alla durata dello stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilita? nell'autostrada A4 (tratta Quarto d'Altino-Trieste) e nel raccordo autostradale Villesse-Gorizia, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024.
In proposito, si ricorda che con il D.P.C.M. 16 dicembre 2022, recante “Proroga dello stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse-Gorizia”, lo stato di emergenza in questione è stato prorogato fino al 31 dicembre 2024.
La ratio delle deroghe suddette, secondo quanto chiarito dal comma in esame, risiede nel fatto che la concessionaria Autostrade Alto Adriatico S.p.A., ai sensi dell'art. 6 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 settembre 2008, n. 3702, provvede alla copertura economica e finanziaria dei lavori di competenza del Commissario delegato per l'emergenza in questione, garantendo altresì al medesimo il necessario supporto tecnico-operativo-logistico per la progettazione e la realizzazione di tali lavori.
Con la citata ordinanza n. 3702/2008 sono state dettate disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell'asse autostradale Corridoio V dell'autostrada A4 nella tratta Quarto d'Altino-Trieste e nel raccordo autostradale Villesse Gorizia. In particolare l’articolo 6 di tale ordinanza (come riscritto dall'art. 13, comma 8, dell’ordinanza 6 maggio 2009, n. 3764) dispone, tra l’altro, che agli oneri derivanti dall'applicazione della medesima ordinanza relativamente alla realizzazione degli interventi di competenza del Commissario delegato (indicati nell’art. 1 della stessa ordinanza), si provvede a carico della concessionaria Autovie Venete S.p.A., nei limiti delle somme previste nel piano economico-finanziario. Si fa notare che l’attuale concessionario, subentrato al precedente concessionario Autovie Venete S.p.A., è la società in house Autostrade Alto Adriatico S.p.A., costituita il 17 aprile 2018 tra le Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto.
Il comma 13-bis dell’articolo 10 modifica alcuni profili della disciplina dell’avvalimento da parte dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, nei processi di demateralizzazione e digitalizzazione documentale, di strutture esterne, le quali possono essere (oltre che concessionari di servizi pubblici, come fin qui previsto) fornitori di servizi pubblici essenziali.
Così come sono modificati taluni requisiti, prevedendosi: l’esclusività nell’ambito societario di riferimento della dotazione di infrastrutture da parte del soggetto; un requisito minimo occupazionale, con un organico di almeno 10.000 lavoratori sul territorio nazionale; una presenza di sedi strutturate in almeno la metà delle regioni italiane (anziché la capillarità di infrastrutture “su tutto il territorio nazionale”).
Questo comma, introdotto in sede referente, novella l’articolo 21 - il quale dispone in materia di supporto tecnico-amministrativo da parte dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, mediante convenzione, alle pubbliche amministrazioni, nei processi di dematerializzazione e digitalizzazione documentale – del decreto-legge n. 19 del 2024.
In particolare, di quell’articolo è inciso il comma 3, il quale prevede che per prestare siffatto supporto tecnico-operativo, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato possa avvalersi (sulla base di un’apposita convenzione) di concessionari di pubblici servizi, ivi incluse società da questi controllate, che siano, anche in relazione al relativo gruppo societario, dotati di infrastrutture fisiche e digitali già operative e capillari su tutto il territorio nazionale, e di piattaforme tecnologiche integrate caratterizzate da elevati livelli di sicurezza informatica, che, anche in relazione a società controllate, siano gestori di identità digitale in possesso della qualificazione quali prestatori di servizi fiduciari qualificati presso l’Agenzia per l’Italia digitale (ai sensi dell’articolo 29 del Codice dell’amministrazione digitale), con esperienza pluriennale nella ricezione, digitalizzazione e gestione delle istanze e dichiarazioni alla pubblica amministrazione.
Tale dettato normativo è inciso da una quadruplice modificazione.
Si viene a prevedere che l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato possa avvalersi, oltre che di concessionari di pubblici servizi (com’è nella disposizione vigente), di “fornitori di servizi pubblici essenziali”.
Altra modifica viene a prescrivere che il soggetto di cui l’Istituto si avvalga dietro convenzione, concessionario di pubblico servizio o fornitore di servizio pubblico essenziale, sia tale da almeno dodici mesi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Ancora, si viene a prevedere che la dotazione di infrastrutture fisiche e digitali del soggetto contraente la convenzione sia esclusivamente nell’ambito del correlativo gruppo societario (non già “anche” nell’ambito di tale gruppo societario.
E si modifica il requisito di una capillarità su tutto il territorio nazionale, richiedendosi invece una presenza di sedi strutturate in almeno la metà delle regioni italiane, con l’aggiunta peraltro del requisito di un organico di almeno 10.000 lavoratori sul territorio nazionale.
Infine, si aggiunge, quale ambito dell’esperienza pluriennale richiesta, la digitalizzazione dei servizi al cittadino.
Conseguentemente, il comma 3 dell’articolo 21 del decreto-legge n. 19 del 2024, come qui novellato, viene a disporre: “l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. può avvalersi, sulla base di un'apposita convenzione, di concessionari di pubblici servizi o fornitori di servizi pubblici essenziali, ivi incluse società da questi controllate, da almeno 12 mesi alla data di entrata in vigore della legge di concessione del presente decreto, che siano, anche esclusivamente nell'ambito del relativo gruppo societario, dotati di infrastrutture fisiche e digitali già operative e capillari su tutto il territorio nazionale e con una presenza di sedi strutturate in almeno la metà delle regioni italiane e di un organico di almeno 10.000 lavoratori sul territorio nazionale e siano dotati di piattaforme tecnologiche integrate caratterizzate da elevati livelli di sicurezza informatica e che siano, anche in relazione a società da questi controllate, gestori di identità digitale in possesso della qualificazione quali prestatori di servizi fiduciari qualificati, ai sensi dell'articolo 29 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, presso l'Agenzia per l'Italia digitale, con esperienza pluriennale nella digitalizzazione dei servizi al cittadino o nella digitalizzazione, ricezione ricezione, digitalizzazione e gestione delle istanze e dichiarazioni alla pubblica amministrazione.”
Articolo 10, comma 13-ter
(Poteri del Commissario per la gestione dei rifiuti in Sicilia)
L’articolo 10, comma 13-ter, introdotto in sede referente, modifica la disciplina del Commissario per la gestione dei rifiuti in Sicilia, al fine di consentirgli di provvedere alla realizzazione degli impianti necessari anche senza obbligatoriamente ricorrere a procedure di evidenza pubblica, nonché di derogare, nell'esercizio delle proprie funzioni, alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici.
Il comma in esame reca una disposizione:
- finalizzata ad assicurare celerità agli interventi necessari al completamento della rete impiantistica integrata dei rifiuti nella Regione Siciliana;
- giustificata anche in considerazione degli ulteriori interventi necessari per affrontare la situazione di emergenza connessa alla grave crisi da deficit idrico della Regione Siciliana, dichiarata con la delibera del Consiglio dei ministri del 6 maggio 2024.
La disposizione in esame modifica in più punti l’art. 14-quater del D.L. 181/2023, che ha previsto la nomina del Commissario per la gestione dei rifiuti in Sicilia e ha disciplinato funzioni e poteri ad esso attribuiti (v. infra).
La lettera a) del comma in esame riscrive la lettera c) del comma 2 che, nel testo vigente, prevede che il Commissario assicura la realizzazione degli impianti per la gestione dei rifiuti “mediante procedure ad evidenza pubblica nel rispetto della normativa vigente”. Tale ultima parte viene eliminata dalla riscrittura in esame; pertanto la disposizione risultante consente al Commissario di assicura la realizzazione degli impianti in questione anche senza necessariamente ricorrere a procedure di evidenza pubblica.
La lettera b) riguarda invece il primo periodo del comma 4 che, nel testo vigente, prevede che – ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni – il Commissario in questione provvede con ordinanza, in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto di una serie di disposizioni, tra cui quelle del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. La modifica in esame è volta ad eliminare il riferimento a tale Codice dei contratti pubblici e, quindi, a consentire al Commissario di derogare anche alle disposizioni da esso recate.
Va peraltro sottolineato che il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'UE, previsto dal testo vigente, viene confermato dalla norma in esame. Da tale categoria di vincoli si evince che le deroghe al Codice dei contratti pubblici (consentite dalla modifica in esame) non riguardano, né potrebbero riguardare, il diritto europeo dei contratti pubblici, che è vincolante per la celebrazione di procedure di gara trasparenti e competitive.
Si fa altresì notare che la modifica in esame consente di allineare i poteri derogatori previsti per il Commissario per la gestione dei rifiuti in Sicilia a quelli previsti per altri Commissari per la gestione dei rifiuti. Si richiama, in proposito, quanto previsto dall’art. 13, comma 2, del D.L. 50/2022, per il Commissario straordinario per il Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025 nella città di Roma. Tale ultima disposizione stabilisce infatti che, ai fini dell'esercizio dei compiti in materia di gestione dei rifiuti ad esso affidati, il Commissario, ove necessario, può provvedere “in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, delle disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea”.
L’articolo 14-quater del D.L. 181/2023 ha previsto la nomina a Commissario straordinario per la valorizzazione energetica e la gestione del ciclo dei rifiuti nella regione siciliana del Presidente della Regione Sicilia, per la durata di due anni prorogabili. Tale nomina, avvenuta con il D.P.C.M. 22 febbraio 2024, è finalizzata (secondo il disposto del comma 1 dell’art. 14-quater citato) al “completamento della rete impiantistica integrata che consenta, nell'ambito di un'adeguata pianificazione regionale del sistema di gestione dei rifiuti, il recupero energetico, la riduzione dei movimenti di rifiuti e l'adozione di metodi e di tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica”.
L’articolo in questione disciplina anche le modalità di esercizio delle funzioni e dei poteri attribuiti al Commissario.
In particolare il comma 2 dell’art. 14-quater del D.L. 181/2023 attribuisce al Commissario le seguenti funzioni:
a) adotta il piano regionale di gestione dei rifiuti finalizzato a realizzare la chiusura del ciclo dei rifiuti nella regione, comprendendovi a tal fine, valutato il reale fabbisogno, la realizzazione e la localizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione di rifiuti il cui processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico;
b) approva i progetti di nuovi impianti pubblici per la gestione dei rifiuti, ivi compresi gli impianti per il recupero energetico di cui alla lettera a);
c) assicura la realizzazione degli impianti di cui alla lettera b) mediante procedure ad evidenza pubblica nel rispetto della normativa vigente.
Il comma 4 invece concede al Commissario, ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni, ampi poteri di deroga, prevedendo che lo stesso, ove necessario, provvede con ordinanza, in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs. 159/2011), del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'UE.
Si ricorda infine che l’articolo 14-quater del D.L. 181/2023 è stato recentemente modificato dall'art. 14, comma 4, del D.L. 60/2024, al fine di consentire al Commissario di avvalersi del supporto tecnico di un numero massimo di quattro esperti o consulenti.
Articolo 10-bis
(Piccole opere)
L’articolo 10-bis, introdotto in sede referente, dispone, al comma 1, che per i contributi per le c.d. piccole opere (disciplinate dai commi 29 e seguenti della legge 160/2019) riferiti alle annualità dal 2020 al 2023, il superamento del termine previsto per l’aggiudicazione dei lavori non comporta la revoca del contributo a condizione che alla data del 15 settembre 2024 risulti stipulato il contratto di affidamento lavori.
Il comma 2 reca una serie di modifiche alla disciplina delle c.d. piccole opere, al fine di: differire al 30 novembre 2024 il termine entro il quale i comuni beneficiari dei contributi devono provvedere all’inserimento, all'interno del sistema di monitoraggio e rendicontazione, degli identificativi di progetto (CUP) per ciascuna annualità riferita al periodo 2020-2024; differire, per il solo 2024, il termine di aggiudicazione dei lavori dal 15 settembre 2024 al 31 dicembre 2024; prevedere un’unica procedura per la revoca delle risorse relative alle annualità 2020-2024 e differire al 28 febbraio 2025 il termine per l’emanazione del decreto ministeriale di revoca delle risorse medesime.
Il comma 1 dell'articolo in esame dispone che per i contributi per le c.d. piccole opere (disciplinate dai commi 29 e seguenti della legge 160/2019) riferiti alle annualità dal 2020 al 2023, il superamento del termine previsto per l’aggiudicazione dei lavori (dall’art. 1, comma 32, della L. 160/2019, v. infra), non comporta la revoca del contributo a condizione che alla data del 15 settembre 2024 risulti stipulato il contratto di affidamento dei lavori.
Il comma 2 reca una serie di modifiche alla disciplina delle c.d. piccole opere, recata dai commi 29 e seguenti della legge 160/2019 (v. infra).
La lettera a) modifica il comma 31-bis della L. 160/2019, al fine di differire dal 30 aprile 2024 al 30 novembre 2024 il termine entro il quale i comuni beneficiari dei contributi devono provvedere (qualora non vi abbiano ancora provveduto) all’inserimento, all'interno del sistema di monitoraggio e rendicontazione, degli identificativi di progetto (CUP) per ciascuna annualità riferita al periodo 2020-2024
La lettera b) integra il testo del comma 32 della L. 160/2019, al fine di differire, per il solo 2024, il termine di aggiudicazione dei lavori dal 15 settembre 2024 al 31 dicembre 2024.
La lettera c) modifica i periodi primo e terzo del comma 34 della L. 160/2019.
Il testo vigente del primo periodo del comma 34 dispone che, nel caso di mancato rispetto del termine di aggiudicazione dei lavori fissato dal comma 32, il contributo riferito alle annualità dal 2020 al 2023, è revocato, in tutto o in parte, con decreto del Ministero dell'interno da emanarsi entro il 31 maggio 2024. Il terzo periodo disciplina invece il mancato rispetto del termine di aggiudicazione dei lavori, a valere sul contributo riferito all'annualità 2024.
Una prima modifica recata dalla lettera in esame è volta ad ampliare l’ambito di applicazione del primo periodo del comma 34 anche all’annualità 2024, provvedendo in tal modo a unificare le procedure per la revoca delle risorse, attualmente disciplinate da due disposizioni diverse a seconda delle annualità di riferimento (il primo periodo del comma 34 per le annualità 2020-2023 e il terzo periodo del comma 34 per l’annualità 2024). Conseguentemente, viene soppresso il terzo periodo del comma 34, che disciplina la revoca del contributo relativo all’annualità 2024, dato che, in virtù dell’ambito di applicazione testé illustrato, la revoca dei contributi relativi all’annualità 2024 è ora disciplinata dal primo periodo del comma 34.
Una seconda modifica è volta a differire dal 31 maggio 2024 al 28 febbraio 2025 il termine per l’emanazione del decreto ministeriale di revoca delle risorse.
La legge 160/2019 (legge di bilancio 2020), all’art. 1, commi 29-37, ha finanziato con 3 miliardi di euro investimenti per opere pubbliche comunali, le cosiddette “piccole opere”, e ha disciplinato le procedure per l’assegnazione di tali risorse ai comuni.
In particolare, il comma 29 ha assegnato ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, contributi per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di:
a) efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
b) sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche.
Il successivo comma 29-bis ha incrementato di 500 milioni di euro le risorse assegnate ai comuni per l'anno 2021.
In attuazione delle citate disposizioni sono stati emanati i decreti ministeriali 14 gennaio 2020, 30 gennaio 2020 e 11 novembre 2020, con cui sono stati complessivamente assegnati ai comuni contributi per 2,98 miliardi di euro.
In base al disposto dell'art. 20 del D.L. 152/2021, le misure di cui ai commi 29 e 29-bis sono confluite nell'ambito del PNRR, per la precisione nella misura “M2C4 - Investimento 2.2: interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l'efficienza energetica dei comuni”, affidata alla titolarità del Ministero dell’interno. In virtù di ciò, la disciplina recata dai commi 29-37 è stata modificata e integrata al fine di tener conto della nuova “cornice” del PNRR.
Successivamente, come ricordato dalla relazione illustrativa di accompagnamento all’A.C. 1752, “a seguito della Decisione di esecuzione del Consiglio UE-ECOFIN, dell’8 dicembre 2023, mediante la quale si è provveduto alla revisione ed aggiornamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell'Italia, la Missione 2, Componente 4, Investimento 2.2. è stata stralciata dal PNRR, senza perdita dei contributi assegnati e, in alcuni casi già spesi, da parte degli enti locali”.
In conseguenza di ciò, l’articolo 33 del D.L. 19/2024 è intervenuto sulla disciplina recata dai commi 29-37, con una serie di modifiche, al fine di tener conto del mutato quadro di riferimento. In particolare, come sottolineato nel comunicato del 18 marzo 2024 pubblicato sul sito web del Ministero dell’interno, “con le modifiche introdotte al comma 32, viene chiarito che il comune beneficiario del contributo è tenuto a rispettare il termine del 15 settembre di ciascun anno di riferimento del contributo, non più per l’inizio dell’esecuzione bensì per l’aggiudicazione dei lavori”. Sul rispetto di tale termine intervengono sia il comma 1 sia la lettera b) del comma 2 dell'articolo in esame.
Per approfondimenti sulle opere in questione e le assegnazioni operate si veda la scheda Contributi per le piccole e medie opere (aprile 2023) del Ministero dell’interno e la deliberazione n. 19/2024 della Corte dei conti. In tale ultima relazione viene evidenziato, tra l’altro, che alla data del 31 dicembre 2023 il rapporto tra erogazioni e risorse assegnate era pari al 39%.
Articolo 11, commi 1 e 2
(Rifinanziamento del Fondo per le emergenze nazionali)
L’articolo 11, commi 1 e 2, incrementa di 200 milioni di euro per l’anno 2024 la dotazione del Fondo per le emergenze nazionali.
Il comma 1 dell’articolo in esame destina al Fondo per le emergenze nazionali le risorse affluite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri per fronteggiare le straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza da COVID-19 (dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 e provvedimenti conseguenti), per un importo pari a 150 milioni di euro per l'anno 2024.
Lo stesso comma precisa che tale incremento di risorse del Fondo in questione è destinato alle finalità generali di cui agli articoli 23, 24 e 29 del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018).
Si ricorda che, in base al disposto dell’art. 44 del D.Lgs. 1/2018, per gli interventi conseguenti agli eventi calamitosi relativamente ai quali il Consiglio dei ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile. Le risorse del Fondo sono allocate nel capitolo 7441 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Per il 2024, lo stanziamento assestato di competenza del capitolo citato è pari a 783,3 milioni di euro.
Si ricorda altresì che i succitati articoli 23 e 24 del D.Lgs. 1/2018 disciplinano la dichiarazione dello stato di mobilitazione del Servizio nazionale della protezione civile e la deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, mentre l’articolo 29 del medesimo decreto disciplina la partecipazione del Servizio nazionale alle operazioni di emergenza in ambito internazionale e al meccanismo di protezione civile dell’UE.
Il comma 2 incrementa di ulteriori 50 milioni di euro, per l’anno 2024, la dotazione del Fondo per le emergenze nazionali. La copertura dei relativi oneri è disciplinata dal successivo comma 5, alla cui scheda di lettura si rinvia.
Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 11 (v. infra).
Articolo 11, comma 3
(Incremento del FISPE)
Il comma 3 dell’articolo 11 incrementa la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) di 23 milioni di euro per l'anno 2024 e di 7,8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026.
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004, con la finalità “di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica”, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3075).
Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 11 (v. infra).
Articolo 11, commi 4 e 5
(Contributo una tantum per la fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e relativa norma di copertura)
Il comma 4 dell’articolo 11 prevede l’assegnazione, nell'anno 2024, di un contributo di 11 milioni di euro per la fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma (di seguito “Santa Lucia”). Alla copertura dell’onere finanziario derivante da tale assegnazione provvede il successivo comma 5.
Il comma 4 dell’articolo in esame non esplicita la finalità del previsto contributo, né elementi in proposito si desumono dal preambolo del provvedimento, o dalle relative relazioni d’accompagnamento, illustrativa e tecnica. La RT evidenzia che trattasi, comunque, di contributo una tantum per l’esercizio 2024.
Da elementi informativi reperiti aliunde emerge che l’intervento economico in questione rappresenta un “contributo straordinario” per il “salvataggio” del Santa Lucia, onde evitarne la chiusura e affrontare la profonda crisi finanziaria dell’istituto (risultano a suo carico debiti per circa 150 milioni di euro, accumulati negli ultimi 10 anni). Al riguardo, è stata data notizia di una riunione tra il Ministro delle imprese e del made in Italy[34], la proprietà dell’ospedale, il Presidente della Regione Lazio e i rappresentanti dei sindacati: l’ipotesi più accreditata per continuare a fare funzionare il Santa Lucia sarebbe quella dell’amministrazione straordinaria, per arrivare poi alla creazione di un soggetto giuridico nuovo, con la partecipazione della Regione e di un privato non profit.[35]
Si ricorda che il Santa Lucia è un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di natura privata[36], avente la forma giuridica di fondazione e specializzato nell’area di ricerca “riabilitazione neuromotoria con l'estensione al settore delle neuroscienze”. Con Decreto del 19 luglio 2022[37] a firma del Sottosegretario pro tempore alla salute ne è stato confermato il riconoscimento del carattere scientifico.
L’attività ospedaliera del Santa Lucia è “rivolta e fruita da pazienti affetti da gravi lesioni del sistema nervoso quali esiti di ictus di tipo sia ischemico che emorragico, coma, lesioni del midollo spinale nonché patologie infiammatorie e/o neurodegenerative quali sclerosi multipla e Parkinson, che comportano programmi di assistenza ad elevato grado di personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla persona.” (fonte: relazione sulla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 13 - comma 3 del D.lgs.288/2003 s.m.i. per la conferma del carattere scientifico dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma[38]).
Il Santa Lucia risulta coinvolto in un “complesso contenzioso instaurato con la Regione Lazio – ASL ROMA 2 (ex RMC), che si protrae già da diversi anni, relativo a prestazioni sanitarie erogate e fatturate dalla struttura ma non riconosciute (e quindi non pagate) dalla ASL, e che mina la stabilità finanziaria della Fondazione” (ibidem).
Il Santa Lucia eroga prestazioni sanitarie anche in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. E’ autorizzato e accreditato per le seguenti attività sanitarie[39]: 1) Assistenza in post acuzie riabilitativa; 2) Assistenza Specialistica Ambulatoriale (Angiologia, Cardiologia, Dermatologia, Medicina dello Sport, Medicina Fisica e Riabilitativa; Neurologia/Neurofisiopatologia, Oculistica, Ortopedia e Traumatologia; Otorinolaringoiatria, Pneumologia, Urologia; Reumatologia, Psichiatria, Ginecologia e Ostetricia, Geriatria); 3) Servizi presenti nel Presidio Sanitario aperti a pazienti esterni (Risonanza Magnetica Nucleare, Diagnostica per Immagini, Laboratorio Generale di base con settori specializzati). La capacità ricettiva complessiva è di 325 posti letto (293 per ricoveri ordinari e 32 di day hospital).
Il Santa Lucia, quale ente non profit[40] che intrattiene rapporti economici con le pubbliche amministrazioni, pubblica annualmente nel proprio sito web le informazioni relative a sovvenzioni, contributi, incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere, ricevuti dalle medesime pubbliche amministrazioni nell’anno precedente[41] (ai sensi della legge 124/2017, “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, art. 1, commi 125-129).
In tema di applicazione della disciplina eurounitaria sugli aiuti di Stato[42], anche gli enti senza scopo di lucro, secondo la Commissione UE, possono offrire beni e servizi su un mercato, e in tal caso sono soggetti alla predetta disciplina[43].
In relazione ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il 2023, consta che il Santa Lucia abbia ottenuto un totale di 11 progetti finanziati del Ministero della salute, per un ammontare complessivo di oltre 10 milioni di Euro[44]. Tutti i progetti in questione sono “declinazioni del vasto ambito delle neuroscienze”.
Il Santa Lucia risulta avere rapporti di collaborazione nel settore della ricerca con oltre 100 enti tra Università, Centri di Ricerca e altre organizzazioni in Italia e all'estero, in particolare con le Università di Roma Tor Vergata, La Sapienza e Campus Bio-Medico. Partecipa alle reti dell'Istituto Superiore di Sanità IATRIS (Italian Advanced Translational Research Infrastructure) ed EATRIS (Europan Advanced Translational Research Infrastructure in Medicine) e alla Rete degli IRCCS specializzati nel settore delle Neuroscienze, di cui coordina la Piattaforma di Genomica.
Il comma 5 dell’articolo in esame stabilisce che alla copertura degli oneri derivanti dal precedente comma 4, così come alla copertura degli oneri derivanti dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 11 (v. sopra le relative schede di lettura), si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate attese dal comma 3 dell'articolo 7 del presente provvedimento (v. sopra la pertinente scheda di lettura).
Articolo 11, commi 5-bis e 5-ter
(Incremento del limite complessivo di spesa per il bonus psicologo relativo all’anno 2024)
Le disposizioni in titolo, introdotte in sede referente, innalzano di 2 milioni di euro, con riferimento all’anno 2024, il limite complessivo di spesa per l’erogazione del cosiddetto bonus psicologo, portando tale limite a 12 milioni di euro, e provvedono alla copertura del relativo onere finanziario.
Le disposizioni in esame fanno riferimento al limite complessivo di spesa previsto dall’articolo 1-quater, comma 3, quinto periodo, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228[45]. Tale limite, già oggetto di modifiche[46], è attualmente pari a 10 milioni di euro per l'anno 2024. Infatti, il limite complessivo di 8 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, previsto dal citato articolo 1-quater, comma 3, quinto periodo, del d.l. 228/2021, è stato innalzato di 2 milioni di euro, per l’anno 2024, dall’articolo 4, comma 8-quater, del d.l. 215/2023.
Si ricorda che la misura nota come ‘bonus psicologo’ è stata introdotta[47] in considerazione dell'aumento delle condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica a causa dell'emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica.
Il bonus consiste in un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia, fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti nell'ambito dell'albo degli psicologi, entro 270 giorni dall’autorizzazione del contributo tramite accoglimento della domanda.
Tale contributo viene parametrato alle diverse fasce dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di sostenere le persone con ISEE più basso e non spetta alle persone con ISEE superiore a 50.000 euro.
L'individuazione delle modalità di presentazione della domanda per accedere al contributo, dell'entità dello stesso e dei requisiti, anche reddituali, per la sua assegnazione nel 2023 è stata fissata con D.M. Salute del 24 novembre 2023 (in G.U. n. 7 del 10.1.2024). Il decreto ha definito altresì il riparto del fondo per l’anno 2023, in base alle quote di accesso al fabbisogno sanitario nazionale indistinto per l’anno 2022.
A decorrere dall'anno 2023, al fine di sostenere le persone con ISEE piu' basso, il beneficio è parametrato alle seguenti fasce dell'indicatore della situazione economia equivalente:
a. ISEE inferiore a 15.000 euro il beneficio, fino a 50 euro per ogni seduta, è erogato a concorrenza dell'importo massimo stabilito in 1.500 euro per ogni beneficiario;
b. ISEE compreso tra 15.000 e 30.000 euro il beneficio, fino a 50 euro per ogni seduta, è erogato a concorrenza dell'importo massimo stabilito in 1.000 euro per ogni beneficiario;
c. ISEE superiore a 30.000 e non superiore a 50.000 euro il beneficio, fino a 50 euro per ogni seduta, è erogato a concorrenza dell'importo massimo stabilito in 500 euro per ogni beneficiario.
Si prevede che alla copertura dell’onere finanziario, in relazione al predetto innalzamento del tetto di spesa per 2024, si provveda mediante utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute ai sensi dell’articolo 34-ter, comma 5, della legge n. 196 del 2009[48].
In base al richiamato articolo 34-ter, comma 5, L. 196/2009, le somme corrispondenti agli importi dei residui passivi perenti eliminati possono essere reiscritte, del tutto o in parte, in bilancio su base pluriennale, in coerenza con gli obiettivi programmati di finanza pubblica, su appositi Fondi negli stati di previsione delle amministrazioni interessate.
Articolo 11-bis
(Finanziamento dei Partenariati per la ricerca e l’innovazione Orizzonte Europa)
L’articolo 11-bis, approvato in sede referente, destina al finanziamento dei Partenariati per la ricerca e l’innovazione previsti nell’ambito del programma Orizzonte Europa risorse stanziate nell’ambito del Piano Nazionale Complementare (PNC) pari a 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 70 milioni di euro per l’anno 2026. Al finanziamento dell’iniziativa sono inoltre destinate ulteriori risorse fino a 44 milioni di euro per l’anno 2024 che possono essere disaccantonate previa dimostrazione della sussistenza di obbligazioni giuridicamente vincolanti. Il cronoprogramma procedurale è demandato a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR.
L’articolo in esame, inserito in sede referente, interviene sulle risorse destinate al finanziamento dell’investimento “Partenariati per la ricerca e l’innovazione previsti nell’ambito del programma Orizzonte Europa”, tenuto conto delle modifiche al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano approvate dal Consiglio dell’Unione europea in data 14 maggio 2024.
Al riguardo, si rappresenta che, nell’ambito del processo che ha condotto alle modifiche di maggio 2024, l’Italia ha spiegato che l'investimento “Partenariati per la ricerca e l'innovazione - Orizzonte Europa” (2.2) nell'ambito della componente 2 della missione 4, compreso l'obiettivo M4C2-2, era divenuto irrealizzabile nella sua totalità in quanto l'evoluzione del mercato aveva determinato una domanda insufficiente. Su tale base, l'Italia ha chiesto di sopprimere completamente la misura e di usare le risorse liberate da tale soppressione nell'ambito della componente 2 della missione 4, a norma dell'articolo 21 del regolamento (UE) 2021/241, per includere una misura nuova (Accordi di Innovazione) e innalzare il livello di attuazione richiesto dalla misura “Digitalizzazione della giustizia”. Con le modifiche al PNRR approvate in data 14 maggio 2024 la decisione di esecuzione del Consiglio del 13 luglio 2021 è stata modificata di conseguenza.
Per effetto delle disposizioni in esame una quota delle risorse di cui all’articolo 1, comma 2, lettera f), numero 3) del decreto-legge n. 59 del 2021, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al PNRR, pari a 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 70 milioni di euro per l’anno 2026 viene destinata al finanziamento dell’investimento “Partenariati per la ricerca e l’innovazione previsti nell’ambito del programma Orizzonte Europa”.
Al finanziamento dell’iniziativa sono inoltre destinate ulteriori risorse fino a 44 milioni di euro per l’anno 2024 che possono essere disaccantonate previa dimostrazione della sussistenza di obbligazioni giuridicamente vincolanti di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto in esame (alla cui scheda di lettura di fa rinvio), assunte con riferimento alla misura “Partenariati per la ricerca e l’innovazione previsti nell’ambito del programma Orizzonte Europa/Horizon Europe”.
L’articolo 1, comma 2, lettera f), del decreto-legge n. 59 del 2021 ha destinato risorse nazionali complementari per gli interventi del PNRR ad una serie di interventi, fra i quali il numero 3) indica proprio gli Accordi per l’innovazione inclusi nel PNRR a seguito delle modifiche approvate al Piano a maggio 2024. Si tratta di accordi disciplinati dal D.M. 24 maggio 2017 – sottoscritti dal Ministero delle imprese e del made in Italy con le regioni, le province autonome, le altre amministrazioni pubbliche eventualmente interessate e i soggetti proponenti – diretti a sostenere interventi di rilevante impatto tecnologico in grado di incidere sulla capacità competitiva delle imprese, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e accrescere la presenza delle imprese estere nel territorio nazionale.
Il comma 2 stabilisce che il cronoprogramma procedurale contenente gli obiettivi iniziali, intermedi e finali del programma di investimento “Partenariati per la ricerca e l’innovazione previsti nell’ambito del programma Orizzonte Europa/Horizon Europe” venga individuato, nel rispetto del cronoprogramma finanziario, per mezzo del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR previsto dall’articolo 1, comma 11 del decreto-legge n. 19 del 2024.
Tale norma ha previsto che, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del citato decreto-legge, fosse emanato un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR che provvedesse all’aggiornamento dei cronoprogrammi procedurali, contenenti gli obiettivi iniziali, intermedi e finali, dei programmi e degli interventi del Piano Nazionale Complementare (PNC), fermo restando il rispetto del cronoprogramma finanziario, al fine di adeguarli alle modifiche del Piano, introdotte dall’articolo 1 del provvedimento stesso.
Nelle more dell’adozione del decreto, viene altresì stabilito che la programmazione continui a fare riferimento al traguardo previsto per l’investimento “Partenariati per la ricerca e l’innovazione previsti nell’ambito del programma Orizzonte Europa/Horizon Europe” nella decisione di esecuzione del Consiglio adottata l’8 luglio 2021 relativa all’approvazione della valutazione del PNRR dell’Italia.
Articolo 11-ter
(Disposizioni per il sostegno alla ricerca clinica e traslazionale)
L’articolo in titolo, introdotto in sede referente, reca al comma 1 disposizioni concernenti la Fondazione Enea Tech e Biomedical: questa è assoggettata al potere di vigilanza e di indirizzo dei Ministeri delle imprese e del made in Italy e della salute; è autorizzata ad operare anche nel settore della ricerca, nel campo biomedico e in quello della organizzazione e gestione dei servizi di ricovero e cura di alta specialità e di eccellenza; è chiamata ad osservare specifiche prescrizioni quando opera nella gestione dei servizi sanitari e di cura di elevata specialità (obbligo, previa acquisizione del parere della competente Regione, di operare attraverso la costituzione di un ente no profit partecipato dalla medesima Regione).
Il successivo comma 2 prevede che con decreto interministeriale siano definite le risorse che, nell'ambito del Fondo per il trasferimento tecnologico, sono da destinare alla ricerca clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello della organizzazione e gestione dei servizi di ricovero e cura di alta specializzazione e di eccellenza.
Il comma 3 prevede un diritto di prelazione in capo a determinati soggetti operanti nel settore della ricerca in campo biomedicale e in quello della organizzazione e gestione dei servizi di ricovero e cura di alta specializzazione e di eccellenza, in caso di vendita di complessi aziendali operanti nei predetti settori nell’ambito di una procedura di amministrazione straordinaria. Detta inoltre una disciplina procedurale funzionale all’esercizio in concreto di tale diritto.
Infine, il comma 4 autorizza la Regione Lazio a costituire o partecipare alla costituzione di soggetti no profit per l’acquisizione e gestione dei complessi aziendali di cui al comma 3.
In particolare, il comma 1, lettera a), dell’articolo in esame prevede che in relazione alla predetta Fondazione (d’ora in poi denominata “Fondazione”) spetti al Ministero delle imprese e del made in Italy (di seguito “MIMIT”) e a quello della salute il potere di vigilanza, nonché quello di definizione degli obiettivi strategici mediante adozione di un atto di indirizzo. Si valuti l’opportunità di precisare se il potere di indirizzo debba essere esercitato mediante un atto d’indirizzo unico, a carattere interministeriale, oppure mediante distinti atti d’indirizzo, adottati da ciascuno dei Ministeri citati in riferimento ai profili di propria competenza.
Si ricorda che, in base alla normativa vigente (art. 42, commi 5 e ss., d.l. 34/2020) la vigilanza sulla Fondazione e la definizione dei relativi obiettivi strategici sono attribuite al Ministero dello sviluppo economico (ora MIMIT).
Si ricorda, inoltre, che la Fondazione ha lo scopo di promuovere sul territorio nazionale:
- investimenti ed iniziative in materia di ricerca, sviluppo, trasferimento tecnologico a favore di start-up e PMI innovative che operano sul territorio italiano nelle filiere dell’economia verde e circolare, dell’information technology, dell’agri-tech e del deep-tech;
- il potenziamento della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione, collegando la ricerca accademica, di base e preclinica alle fasi successive fino alla produzione industriale, con la finalità di rafforzare la risposta ad emergenze sanitarie, la sicurezza nazionale in tema di autonomia produttiva, favorendo lo sviluppo di una industria avanzata e innovativa sul territorio nazionale.
Per raggiungere il suo scopo la Fondazione gestisce per conto del MIMIT (ex MISE) il “Fondo per il Trasferimento Tecnologico” e il “Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico”.
La lettera in esame stabilisce inoltre che la Fondazione è autorizzata ad operare anche nel settore della ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale[49], nel campo biomedico e in quello della organizzazione e gestione dei servizi di ricovero e cura di alta specialità e di eccellenza. Questo settore di azione si aggiunge a quelli già previsti dalla normativa vigente (v. sopra).
La successiva lettera b) dispone che la Fondazione, quando opera nella gestione dei servizi sanitari e di cura di elevata specialità, debba agire attraverso la costituzione di un ente no profit[50] partecipato dalla Regione nel cui territorio sono erogati i servizi anzidetti, dopo aver acquisito il parere della Regione medesima, a carattere vincolante.
Il comma 2 dell’articolo in esame, attraverso una modifica all’articolo 1, comma 951, della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), prevede che con decreto interministeriale (MIMIT – MEF) siano definite le risorse che, nell'ambito del Fondo per il trasferimento tecnologico, sono da destinare alla ricerca clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello della organizzazione e gestione dei servizi di ricovero e cura di alta specializzazione e di eccellenza.
Si ricorda che il Fondo per il trasferimento tecnologico è finalizzato a sostenere e accelerare i processi di innovazione, crescita e ripartenza duratura del sistema produttivo nazionale attraverso la promozione di iniziative e investimenti utili alla valorizzazione e all'utilizzo dei risultati della ricerca presso le imprese, con particolare riferimento a startup e PMI innovative. La disposizione oggetto di novella ha già previsto che una parte delle risorse del predetto Fondo siano da destinare alla promozione della ricerca e riconversione industriale del settore biomedicale. A tal fine è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (ora MIMIT) un fondo, denominato “Fondo per la ricerca e lo sviluppo industriale biomedico”, che opera per il potenziamento della ricerca, lo sviluppo e la riconversione industriale del settore biomedicale per la produzione di nuovi farmaci e vaccini, di prodotti per la diagnostica e di dispositivi medicali, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione. Per la realizzazione degli interventi in questione, il Ministero predetto si avvale della Fondazione.
Il comma 3 reca disposizioni volte a garantire l'integrità e la continuità delle prestazioni specialistiche del Servizio sanitario nazionale, in caso di vendita di complessi aziendali operanti nei settori della ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico ed in quello della organizzazione e gestione dei servizi sanitari di ricovero e cura di alta specialità e di eccellenza, disposta nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria. In tali casi, con riferimento alla vendita dei suindicati complessi aziendali, la norma riconosce il diritto di prelazione alle Fondazioni di diritto pubblico o di diritto privato istituite per legge che svolgono attività nel settore della ricerca biomedicale o che sono abilitate ad operare nei già citati settori, agli enti pubblici dotati di competenza nei medesimi ambiti settoriali, nonché agli organismi dagli stessi costituiti o partecipati.
In tale ipotesi, l'esistenza del diritto di prelazione dev’essere menzionato dal commissario straordinario nell'avviso di vendita che, contestualmente alla sua pubblicazione, dev’essere trasmesso al MIMIT, il quale ne dà idonea pubblicità mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale.
All'esito della valutazione delle offerte pervenute, compiuta ai sensi dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 270 del 1999, il commissario straordinario comunica al MIMIT le condizioni dell'offerta più vantaggiosa e il Ministero, nei successivi dieci giorni, procede con la pubblicazione della comunicazione sul proprio sito istituzionale. Entro trenta giorni da tale pubblicazione può essere esercitato il diritto di prelazione, mediante invio all'indirizzo di posta elettronica della procedura di una dichiarazione di impegno all'acquisto del complesso aziendale nei tempi e alle condizioni contenute nell'offerta risultata più vantaggiosa e con il versamento della cauzione prevista nell'avviso di vendita.
Decorso il termine di trenta giorni senza che il diritto di prelazione sia esercitato, il complesso aziendale è trasferito all'offerente risultato aggiudicatario. Nel caso in cui non pervengano offerte, il commissario straordinario indica nella comunicazione al MIMIT le condizioni della vendita fissate nell'avviso di vendita, e la dichiarazione di impegno all'acquisto, fermi i tempi e le altre condizioni ivi stabilite nell'avviso di vendita, è efficace anche se contiene un prezzo inferiore di non oltre un quarto al prezzo stabilito nello stesso avviso.
L’articolo 63 del decreto legislativo n. 270 del 1999 dispone in merito alla vendita di aziende in esercizio nell’ambito della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. La norma prevede che il valore dei beni venga preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario, tenendo conto della redditività, anche se negativa, all'epoca della stima e nel biennio successivo. L’acquirente deve obbligarsi a proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e a mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita. La scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali
Il comma 4 autorizza la Regione Lazio a costituire o partecipare alla costituzione di soggetti no profit per l’acquisizione e gestione dei complessi aziendali di cui al precedente comma 3 (v. sopra).
Il testo originario dell’emendamento da cui è scaturito il presente articolo prevedeva che la Regione Lazio potesse operare, nell’attuazione del comma in esame, anche anche in deroga a eventuali obblighi derivanti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario ad essa relativo. Tale possibilità di deroga è stata espunta nel testo riformulato dell’emendamento, approvato in sede referente.
L’emendamento originario, in relazione alla deroga suddetta, faceva letteralmente riferimento alla possibilità di derogare agli eventuali obblighi derivanti dall’accordo di cui all’articolo 1, comma 180 della legge finanziaria 2005 (L. 311/2004).
Il richiamato comma 180 prevede che la regione in stato di squilibrio economico-finanziario debba stipulare un accordo coi Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico (c.d. Piano di rientro).
L’Accordo con il Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio è stato siglato il 28 febbraio 2007 (poi recepito con Deliberazione della Giunta Regionale - DGR 149 del 6 marzo 2007) e prevedeva una serie di interventi volti al recupero del disavanzo sanitario e alla concomitante riorganizzazione del SSR nel rispetto dell’erogazione dei LEA.
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 comma 88 della legge n. 191/2009, il Piano di rientro è poi proseguito attraverso:
il Programma Operativo 2010 (da ultimo adottato con il Decreto del Commissario ad Acta - DCA 63/2010);
il Programma Operativo 2011-2012 (DCA 113/2010);
il Programma Operativo 2013-2015 (DCA 247/2014);
il Piano di Rientro denominato “Piano di riorganizzazione, riqualificazione e sviluppo del Servizio Sanitario Regionale 2019-2021”, approvato con DCA n. 81/2020 e recepito con DGR n. 406/2020, in adempimento alle delibere del Consiglio dei Ministri del 5 marzo 2020 e del 6 aprile 2020 di cessazione del mandato commissariale conferito al Commissario ad acta con deliberazione del Consiglio dei Ministri il 10 aprile 2018.
Risulta in via di definizione il Programma Operativo 2023-2025.
Articolo 12, comma 1
(Destinazione delle risorse per la ricerca e la competitività per l’anno 2024 alla integrazione della quota base del fondo
per il finanziamento ordinario delle università)
L’articolo 12, comma 1, dispone che, per l’anno 2024, la totalità delle risorse per la promozione dell’attività di ricerca e per la valorizzazione del contributo del sistema universitario alla competitività del Paese, stanziate ai sensi dell’articolo 238, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020, siano destinate alla integrazione della quota base del fondo per il finanziamento ordinario delle università. È confermato, invece, il sopra citato vincolo di destinazione delle risorse stanziate, ai sensi della medesima norma, per gli anni 2025 e 2026.
Il comma 1 dell’articolo 12 dispone, al primo periodo, che, per l’anno 2024, le risorse stanziate sul fondo per il finanziamento ordinario delle università (la limitazione alle sole università “statali” è stato soppressa in sede referente) ai sensi dell’articolo 238, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, sono destinate alla integrazione della quota base del medesimo fondo di cui all’articolo 12 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91.
Il secondo periodo del comma in esame dispone che le università statali concorrono al conseguimento degli obiettivi di promozione dell’attività di ricerca e alla valorizzazione del contributo (del sistema universitario alla competitività) del Paese in coerenza con le linee generali d’indirizzo della programmazione triennale 2024-26, adottate con decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 773 del 10 giugno 2024, ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, utilizzando le risorse a tal fine destinate per gli anni 2025 e 2026.
La relazione illustrativa precisa che la disposizione è volta a “svincolare”, cioè a destinare alla integrazione della quota base del fondo per il finanziamento ordinario delle università, i 50 milioni di euro del “fondo per la ricerca e competitività” di cui all’articolo 238, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, attualmente destinati, per il 2024, alla presentazione e valutazione dei progetti della programmazione triennale di cui al decreto ministeriale n. 773 del 2024 relativi alle linee B (Promuovere le reti della ricerca e valorizzare la competitività del Paese) ed E (Valorizzare il personale delle università, anche attraverso gli incentivi alla mobilità).
In commento alla norma in esame, merita in primo luogo ricordare che l’articolo 238, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 ha incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2021 e di 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, al fine di promuovere l'attività di ricerca svolta dalle università e valorizzare il contributo del sistema universitario alla competitività del Paese.
Tali risorse risultano tra quelle destinate al conseguimento degli obiettivi della programmazione triennale 2024-26, di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 773 del 10 giugno 2024.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, le università, entro il 30 giugno di ogni anno, adottano programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari. I programmi triennali individuano in particolare i corsi di studio da istituire e attivare e da sopprimere, il programma di sviluppo della ricerca scientifica, le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti, i programmi di internazionalizzazione, il fabbisogno di personale docente e non docente. I programmi delle università sono valutati dal Ministero dell'università e della ricerca e periodicamente monitorati; di essi si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle università.
Le modalità di utilizzo delle risorse del “fondo per la ricerca e la competitività”, pari come si è visto a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024-2026, sono in particolare disciplinate dall’articolo 4 del citato decreto ministeriale recante le linee generali di indirizzo della programmazione triennale 2024-26. Le citate risorse sono ripartite nei seguenti termini:
- per una quota pari al 25 per cento (50 milioni di euro annui), alla valutazione dei risultati dei programmi degli atenei, in riferimento alle azioni relative al conseguimento degli obiettivi B - Promuovere le reti della ricerca e valorizzare la competitività del Paese ed E - Valorizzare il personale delle università, anche attraverso gli incentivi alla mobilità, di cui al precedente articolo 1, comma 3;
Ai sensi del medesimo articolo 4 del decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 773 del 10 giugno 2024, gli obiettivi B ed E sono per l’appunto articolati in azioni.
Le azioni proprie dell’obiettivo B - Promuovere le reti della ricerca e valorizzare la competitività del Paese, sono le seguenti:
§ acquisizione di competenze per il mondo del lavoro fino al dottorato di ricerca (B.1);
§ trasferimento tecnologico e valorizzazione delle conoscenze (B.2);
§ miglioramento delle infrastrutture e degli strumenti per la ricerca al fine dell’integrazione della ricerca nelle reti internazionali ed europee (B.3);
§ federazione o fusione tra atenei (B.4).
Le azioni proprie dell’obiettivo E - Valorizzare il personale delle università, anche attraverso gli incentivi alla mobilità, sono le seguenti:
§ miglioramento dell’ecosistema della ricerca e incentivi alla mobilità dei ricercatori e dei professori (E.1);
§ sviluppo delle competenze del personale docente, anche in considerazione dei TLC, e integrazione del Fondo per la premialità (E.2);
§ sviluppo delle competenze del personale tecnico-amministrativo, anche in considerazione della dematerializzazione e del potenziamento del lavoro agile, e integrazione del Fondo per la premialità (E.3);
- per una quota pari al 75 per cento (150 milioni di euro annui), al sostegno degli obiettivi generali di sviluppo delle attività di ricerca libera e di base degli atenei; in relazione a tale quota, è disposto (in particolare, dall’articolo 4, comma 2, del decreto ministeriale n. 773 del 2024) che essa sia ripartita tra gli atenei statali in proporzione al peso del costo standard degli anni 2024, 2025 e 2026 ad integrazione della parte della quota base del fondo di finanziamento ordinario degli anni di riferimento.
Pertanto, il quadro vigente prevede già che il 75 per cento delle risorse del “fondo per la ricerca e la competitività” siano devolute “ad integrazione della parte della quota base del fondo di finanziamento ordinario”. La norma in commento, come del resto affermato anche dalla relazione illustrativa, è pertanto volta a devolvere a tale destinazione, per il solo 2024, anche il restante 25 per cento di tali risorse, pari a 50 milioni di euro, al contempo chiarendo che al conseguimento degli obiettivi di promozione dell’attività di ricerca e alla valorizzazione del contributo alla competitività del Paese, le università statali continuano a concorrere utilizzando le risorse, pari ad un totale di 100 milioni di euro, a tal fine già destinate per gli anni 2025 e 2026.
In relazione alla “quota base” del fondo di finanziamento ordinario delle università, si ricorda che essa è la porzione del fondo non ripartita con i meccanismi premiali di cui all’articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, ma sulla base di criteri oggettivi che siano in grado di rappresentare il “peso effettivo” degli atenei.
Al fine di individuare una modalità di calcolo efficace del peso effettivo degli atenei, l’articolo 12 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, disciplina il costo standard per studente quale parametro di riferimento da introdurre gradualmente per la ripartizione annuale della quota base del fondo.
In particolare, ai sensi del citato articolo 12, per costo standard per studente delle università statali si intende il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale dei corsi di studio, tenuto conto della tipologia di corso, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università.
La determinazione e l'eventuale aggiornamento del modello di calcolo del costo standard di ateneo, cui si provvede con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare con cadenza triennale, previo parere di CRUI e ANVUR, sono definiti sulla base di criteri quali il costo del personale docente, il costo della docenza a contratto, il costo del personale tecnico amministrativo, i costi di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari.
Il costo standard di ateneo è integrato da due importi di natura perequativa, pari ciascuno ad un massimo del 10 per cento del costo standard, calcolati l’uno sulla base della capacità contributiva degli studenti iscritti determinata tenendo conto del reddito medio familiare della ripartizione territoriale, di norma a livello regionale, ove ha sede l'ateneo, e l’altro sulla base della diversa accessibilità di ogni università in funzione della rete dei trasporti e dei collegamenti.
In linea generale il costo standard per studente di ateneo è moltiplicato per il numero di studenti regolarmente iscritti al corso di studi da un numero di anni accademici non superiore alla sua durata normale, cui si aggiungono gli studenti iscritti al primo anno fuori corso.
La ripartizione della quota base del fondo per il finanziamento ordinario delle università effettuata tramite le metodologie sopra esposte trova applicazione dall'anno 2018, ed è incrementata progressivamente di una quota compresa tra il 2 e il 5 per cento all'anno, in modo da sostituire gradualmente la quota di finanziamento determinata sulla base del trasferimento storico, e fino ad un massimo del 70 per cento.
Le percentuali di riparto tra le varie voci di riferimento del finanziamento statale per il triennio 2024-26 sono da ultimo riportate, distintamente per le Università statali e non statali, in allegato al decreto del Ministro dell’università e della ricerca n. 773 del 10 giugno 2024.
Nel 2024, come risulta dal decreto ministeriale n. 1170 del 7 agosto 2024, la quota base ammontava a 4.137.092.007 euro su un totale di 9.031.544.606 euro disponibili sul capitolo 1694 del stato di previsione della spesa del Ministero (comprensivo dei finanziamenti con vincolo di destinazione previsti da specifiche disposizioni legislative).
Articolo 12, comma 2
(Modificazioni all’articolo 15, commi 1-bis e 1-quinquies, del decreto-legge n. 71 del 2024, in materia di chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia di ricercatori universitari a tempo indeterminato e di finanziamento degli oneri stipendiali
del personale docente e non docente)
L’articolo 12, comma 2, reca modificazioni all’articolo 15 del decreto-legge n. 71 del 2024. Le novelle apportate sono volte: in primo luogo, a disporre che le procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato abilitati, autorizzate e finanziate dal comma 1-bis del citato articolo 15, debbano concludersi, con la presa di servizio del personale assunto, entro il 31 dicembre del 2026; in secondo luogo, a chiarire, tramite talune modifiche al comma 1-quinquies del medesimo articolo 15, a decorrere da quali termini, a quali fini e in riferimento a quali destinatari, sarà possibile utilizzare le risorse ivi rese disponibili a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale universitario.
Il comma 2 dell’articolo 12, composto da due lettere, reca altrettante modificazioni all’articolo 15 del decreto legge 31 maggio 2024, n. 71, come modificato in sede di conversione in legge (legge 29 luglio 2024, n. 106).
La lettera a) reca modificazioni all’alinea del comma 1-bis del citato articolo 15, in materia di procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato abilitati.
Si ricorda, più nel dettaglio, che il comma 1-bis dell’articolo 15 del decreto legge n. 71 del 2024 autorizza le università statali a bandire, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali, procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale, entro il 31 dicembre 2025 e nel limite di spesa di 8.103.894 euro annui a decorrere dall'anno 2024.
Ebbene, la modifica apportata dal comma in esame è volta a disporre che, fermo restando il 31 dicembre 2025 quale termine per l’emissione del bando delle citate procedure assunzionali, esse dovranno concludersi, con la presa di servizio del personale assunto, entro il 31 dicembre del 2026.
Per completezza, si ricorda che il comma 1-ter dell’articolo 15 provvede alla copertura degli oneri connessi a quanto disposto dal comma 1-bis, e che il comma 1-quater del medesimo articolo 15 dispone in ordine alla destinazione delle risorse stanziate ai sensi del comma 1-bis nel caso in cui esse non vengano utilizzate entro i termini ivi previsti, prevedendo che in tal caso esse vengano attribuite con decreto ministeriale, nell’ambito della ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario delle università, a cofinanziamento degli eventuali maggiori oneri stipendiali del personale docente delle università.
La lettera b) reca modificazioni al comma 1-quinquies, primo periodo, del citato articolo 15 del decreto legge n. 71 del 2024, in materia di finanziamento degli oneri stipendiali del personale docente e non docente delle università.
Si rammenta che il primo periodo del comma 1-quinquies dell’articolo 15, nel testo vigente fino all’entrata in vigore del decreto-legge in commento, consentiva l’utilizzo a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale docente derivanti dall'applicazione del medesimo articolo 15, delle risorse per il reclutamento del personale docente e non docente già assegnate alle università con i decreti del Ministro dell'università e della ricerca n. 445 del 6 maggio 2022, e n. 795 del 26 giugno 2023, e non utilizzate dalle università nei previsti termini.
I due decreti ministeriali appena citati sono volti ad assegnare alle istituzioni universitarie statali le risorse di cui al comma 297, lettera a), della legge 30 dicembre 2021, n. 234, relativamente ai primi due piani straordinari di reclutamento finanziati tramite tali risorse: il piano A, per un totale di 375 milioni di euro stanziati, con periodo di reclutamento tra il 1° ottobre 2022 e il 31 ottobre 2024 (ripartito con il decreto ministeriale n. 445 del 6 maggio 2022); e il piano B, per un totale di 340 milioni di euro stanziati, con periodo di reclutamento tra il 1° gennaio 2024 e il 31 ottobre 2025 (ripartito con il decreto ministeriale n. 795 del 26 giugno 2023).
Si ricorda che il comma 297, lettera a), della legge 30 dicembre 2021, n. 234, nel rifinanziare il fondo per il finanziamento ordinario delle università, ha destinato 75 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro per l'anno 2023, 640 milioni di euro per l'anno 2024, 690 milioni di euro per l'anno 2025 e 740 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026 all'assunzione di professori universitari, di ricercatori e di personale tecnico-amministrativo delle università, in deroga alle vigenti facoltà assunzionali, al fine di favorire il graduale raggiungimento degli standard europei in ordine al rapporto tra il numero dei docenti e del personale tecnico-amministrativo delle università e quello degli studenti.
Ora, la disposizione in commento interviene sul periodo appena illustrato nei termini seguenti:
§ in primo luogo, chiarisce che i termini allo scadere dei quali sarà possibile utilizzare le risorse assegnate con i decreti del Ministro dell'università e della ricerca n. 445 del 6 maggio 2022, e n. 795 del 26 giugno 2023, e non utilizzate, non sono quelli “indicati dai medesimi provvedimenti”, e cioè rispettivamente il 31 ottobre 2024 e il 31 ottobre 2025, ma sono, rispettivamente, il 31 dicembre 2026 e il 31 dicembre 2027;
La relazione illustrativa specifica che, in entrambi i casi, lo spostamento in avanti dei termini non impatta sulla platea dei soggetti destinatari, e che l’obiettivo della norma è stabilire un termine “certo e adeguato” in relazione al quale possa essere dispiegato il piano straordinario di reclutamento, tenuto conto delle conseguenze stabilite dalla norma stessa in caso di mancato reclutamento (vedi subito infra).
§ in secondo luogo, tramite una ulteriore modifica, prevede che le risorse in parola siano utilizzabili non, come diceva il testo previgente, “a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale docente derivanti dall'applicazione del presente articolo” ma “a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale docente e non docente”. Da una parte dunque, si prevede che le risorse citate possano essere destinate alla copertura degli oneri stipendiali del personale in generale e non, come disponeva il testo previgente, alla sola copertura degli oneri derivanti dall’applicazione dei precedenti commi dell’articolo 15 che, si ricorda, autorizzano e finanziano nuove procedure assunzionali; dall’altra si chiarisce che tali risorse potranno essere utilizzate anche a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale non docente.
La relazione illustrativa chiarisce la portata normativa complessiva del comma 1-quinquies, primo periodo, dell’articolo 15 del decreto-legge n. 71 del 2024 (che, si ricorda, è stato inserito nel testo del citato decreto-legge durante l’iter di conversione), come modificato dalle novelle in esame. Esso dispone che, al contrario di quanto previsto dal precedente comma 1-quater in relazione alle risorse stanziate per nuove procedure assunzionali autorizzate dal comma 1-bis (di cui si è dato conto sopra), con riferimento ai due piani straordinari per il reclutamento del personale docente e non docente che sono già in itinere, citati appunto dal comma 1-quinquies, primo periodo, una volta decorsi i termini per l’utilizzo delle risorse stanziate per il reclutamento del personale, le risorse non utilizzate non saranno riassegnate a tutti gli atenei, ma resteranno in capo ai medesimi atenei cui erano state originariamente assegnate. Questi ultimi potranno decidere di non utilizzare tali risorse per il reclutamento di ulteriore personale, e di utilizzarle per fare fronte all’incremento degli oneri stipendiali del personale in servizio. Qualora invece intendessero utilizzare le risorse assegnate per il reclutamento di ulteriore personale, questo sarà possibile esclusivamente entro i limiti delle facoltà assunzionali già assegnate.
Articolo 13
(Misure economiche urgenti in materia di collegi di merito)
L’articolo 13, comma 1, autorizza la spesa di 1 milione di euro per il 2024, per i collegi di merito accreditati. Il comma 2 stabilisce che possono accedere al contribuito di cui al comma 1 solo gli enti che erogano un numero di borse di studio o agevolazioni a favore degli studenti del collegio di merito per un importo globale superiore a un terzo della sommatoria delle rette per l'anno accademico di riferimento. In sede di verifica dei requisiti di accredito, il Ministero verifica il rispetto di cui al primo periodo per l'accesso al contributo. Il comma 3 reca la clausola di copertura finanziaria.
Come sopra segnalato, il comma 1 autorizza la spesa di 1 milione di euro per il 2024, per i collegi di merito accreditati di cui all'articolo 17 del d.lgs. n. 68/2012.
Il testo originario del decreto-legge faceva riferimento all’articolo 13 del d.lgs. n. 68/2012. Nel corso dell’esame in sede referente, con l’approvazione dell’emendamento 13.1, il riferimento è stato sostituito con quello all’articolo 17 del medesimo provvedimento. La modifica in questione trae origine dal parere espresso dal Comitato per la legislazione nella seduta n. n. 43 dell’11 settembre 2024, nel quale si osserva, tra l’altro, che “il citato articolo 13 riguarda le tipologie di residenze universitarie e non fa mai menzione dei collegi di merito, cui si riferiscono invece gli articoli 16 e 17, quest'ultimo con specifico riferimento alla disciplina dell'accreditamento, ragion per cui si ritiene che il riferimento corretto sia piuttosto all'articolo 17.
Le strutture residenziali destinate agli studenti universitari e i collegi universitari legalmente riconosciuti sono disciplinati dal Capo III (articoli da 13 a 17) del decreto legislativo n. 68 del 2012.
In particolare, costituiscono requisiti necessari ai fini della qualificazione come "struttura residenziale universitaria" la presenza di adeguate dotazioni di spazi e servizi e la capacità di garantire agli studenti le condizioni di permanenza nella sede universitaria per consentire loro la frequenza dei corsi, favorendone l'integrazione sociale e culturale nello specifico contesto.
Le strutture residenziali universitarie si differenziano in collegi universitari (strutture ricettive, dotate di spazi polifunzionali, idonee allo svolgimento di funzioni residenziali, con servizi alberghieri connessi, funzioni formative, culturali e ricreative) e residenze universitarie (strutture ricettive, dotate di spazi polifunzionali, idonee allo svolgimento di funzioni residenziali, anche con servizi alberghieri, strutturate in maniera tale che siano ottemperate entrambe le esigenze di individualità e di socialità. Le strutture in questione possono altresì svolgere funzioni di carattere formativo e ricreativo, ritenute più idonee per la specificità di ciascuna struttura) (art. 13).
Con specifico riguardo ai collegi universitari legalmente riconosciuti, si prevede che, nell'ambito delle proprie finalità istituzionali, essi sostengano gli studenti meritevoli e siano aperti a studenti di atenei italiani o stranieri, di elevata qualificazione formativa e culturale, che perseguono la valorizzazione del merito e l'interculturalità della preparazione.
L'ammissione ai collegi universitari legalmente riconosciuti, a seguito di partecipazione a una procedura concorsuale, è riservata a studenti universitari dotati di comprovate capacità e meriti curriculari, che risultino iscritti a corsi di laurea di primo e di secondo livello ovvero a corsi promossi dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica ovvero a corsi di specializzazione di livello universitario ovvero a corsi di dottorato e master universitari, o, infine, che partecipino a programmi di mobilità e scambio di studenti universitari, in ambito nazionale e internazionale (art. 15).
L'art. 16 disciplina la procedura di riconoscimento dei collegi universitari, a seguito della quale i medesimi acquisiscono la qualifica di "collegio universitario di merito".
Le modalità di dimostrazione dei requisiti per il riconoscimento sono state definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 8 settembre 2016, n. 672.
Decorsi almeno cinque anni dal riconoscimento, i collegi universitari di merito possono richiedere l'accreditamento, il quale costituisce condizione necessaria per la concessione del finanziamento statale (art. 17).
I parametri per la dimostrazione dei requisiti per l'accreditamento sono stati definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 8 settembre 2016, n. 673, il quale ha altresì stabilito le modalità di verifica della permanenza dei requisiti medesimi nonché di revoca dell'accreditamento all'esito negativo della predetta verifica (ex art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2012).
Al riguardo, si è tuttavia da ultimo previsto che - in considerazione del protrarsi dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 e del relativo impatto sul sistema universitario - i collegi universitari di merito riconosciuti nonché quelli accreditati mantengano il loro status con riferimento al monitoraggio dei requisiti di riconoscimento e dei requisiti di accreditamento basato sui dati relativi all'anno accademico 2020/2021, a prescindere dal loro rispetto (art. 31, comma 1-bis, del decreto-legge n. 41 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 69 del 2021).
In relazione all’elenco dei Collegi universitari di merito si veda l’articolo 2 del Decreto Direttoriale n.2164/2019.
Con riguardo all’elenco dei Collegi universitari di merito accreditati, si veda l’articolo 2 del Decreto Direttoriale n. 2165/2019.
Il comma 2 stabilisce che possono accedere al contribuito di cui al comma 1 solo gli enti che erogano un numero di borse di studio o agevolazioni a favore degli studenti del Collegio di merito per un importo globale superiore a un terzo della sommatoria delle rette per l'anno accademico di riferimento. In sede di verifica dei requisiti di accredito di cui all'articolo 6, comma 1, del DM 8 settembre 2016 n. 673, il Ministero verifica il rispetto di cui al primo periodo per l'accesso al contributo.
Nel proprio parere dell’11 settembre 2024, il Comitato per la legislazione ha segnalato che il citato decreto ministeriale n. 673 dell'8 settembre 2016 è sostanzialmente irreperibile, in quanto non è pubblicato in Gazzetta Ufficiale né al momento rintracciabile nel sito internet del Ministero competente.
Il comma 3 dispone in relazione agli oneri, pari a 1 milione di euro per l'anno 2024, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'università e della ricerca.
Articolo 14, commi da 1 a 4 e 5
(Misure urgenti in materia di finanziamento di attività culturali)
L’articolo 14, ai commi da 1 a 4, e al comma 5, reca diposizioni diverse in materia di attività culturali.
Il comma 1 istituisce il Comitato nazionale «Neapolis 2500», al fine di celebrare la città di Napoli nella ricorrenza del venticinquesimo centenario della sua fondazione, contestualmente stanziando, per il suo funzionamento, 1 milione di euro per l’anno 2024. Con una modifica apportata in sede referente, si è previsto il coinvolgimento della rete degli istituti italiani di cultura all’estero nella valorizzazione della storia della città di Napoli e del suo contributo per la creazione di una identità europea.
Il comma 2 stanzia a favore del comune di Gorizia un contributo pari a 3 milioni di euro per l’anno 2024, al fine di sostenere la realizzazione degli eventi culturali nell'ambito delle iniziative per la capitale europea della cultura 2025.
Il comma 3 dispone che le Direzioni regionali musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale nell’ambito della riorganizzazione in corso del Ministero della cultura possono esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate entro il 31 dicembre 2024.
Il comma 4 consente l’utilizzo del fondo di garanzia istituito presso l’Istituto per il credito sportivo dalla n. 289 del 2002 per i finanziamenti in favore dell’aggiudicazione e dell’organizzazione di grandi eventi internazionali, anche per gli eventi in svolgimento dopo il 30 giugno 2026.
Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo in esame, ed in particolare da quanto disposto dai commi 1 e 2.
I commi da 1 a 4 dell’articolo 14 contengono disposizioni diverse in materia di attività culturali.
Il comma 1 istituisce il Comitato nazionale «Neapolis 2500», al fine di celebrare la storia, la cultura e l'arte della città di Napoli e il suo contributo allo sviluppo del patrimonio storico e artistico della Nazione, nonché alla formazione dell'identità italiana, nella ricorrenza, che cade nel 2025, del venticinquesimo centenario della fondazione dell'antica Neapolis da parte dei Cumani, avvenuta, secondo la tradizione, il 21 dicembre dell'anno 475 a.C.
Ai sensi del medesimo comma 1, sarà un decreto del Ministro della cultura e del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (il coinvolgimento di quest’ultima Autorità è stato inserito nel corso dell’esame in sede referente), da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, a procedere alla nomina del Comitato e a determinarne i compiti e le modalità di funzionamento e di scioglimento.
Si prevede che ai componenti del Comitato non sia corrisposto alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato e che essi abbiano diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato.
Le spese per il funzionamento del Comitato sono poste a carico di un contributo pari a 1 milione di euro, per l'anno 2024, cui possono aggiungersi ulteriori contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
Con un periodo finale, aggiunto in sede referente, si dispone che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si avvale degli istituti di cultura al fine di valorizzare la storia della città di Napoli e il suo contributo per la creazione di una identità europea.
Si ricorda che gli istituti italiani di cultura sono disciplinati dalla legge n. 401 del 1990, in base alla quale, articolo 7, attendono a compiti di promozione e diffusione della cultura e della lingua italiane negli Stati nei quali hanno sede e negli altri Stati individuati con decreto del competente direttore generale del Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. L'organizzazione, il funzionamento e la gestione finanziaria ed economico-patrimoniale di detti istituti è recata dal regolamento approvato con il decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale n. 392 del 1995.
Il comma 2 dell’articolo in commento stanzia, a favore del comune di Gorizia, un contributo pari a 3 milioni di euro per l’anno 2024, al fine di sostenere la realizzazione degli eventi culturali nell'ambito delle iniziative per la capitale europea della cultura 2025.
La Decisione n. 445/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 ha istituito l'azione “Capitali europee della cultura” per gli anni dal 2020 al 2033, una volta esauritosi il periodo di tempo disciplinato dal precedente quadro normativo (Decisone n. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006). La Decisione n. 445/2014/UE è stata, poi, modificata dalla Decisione n. 2017/1545/UE del 13 settembre 2017.
In base al calendario vigente, l'Italia – avendo espresso Matera nel 2019 - potrà partecipare nuovamente alla selezione solo nel 2033. Tuttavia, a seguito della presentazione, da parte della città slovena di Nova Gorica, di una candidatura, poi risultata vincitrice, incentrata sulla cooperazione transfrontaliera con la vicina Gorizia, le due città risultano, di fatto, entrambe Capitali della cultura per il 2025.
Qui maggiori informazioni sul programma degli eventi connessi all’iniziativa.
Il comma 3 dell’articolo in esame dispone che le Direzioni regionali Musei trasformate in uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a uffici già esistenti, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, possono esaurire le disponibilità iscritte nelle contabilità ordinarie loro intestate entro il 31 dicembre 2024.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2024, n. 57, di recente emanazione, reca il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance.
L’articolo 24 del citato decreto è dedicato agli uffici dotati di autonomia speciali: esso, al comma 3, lettera b), reca un elenco di 53 uffici di livello dirigenziale non generale dotati di autonomia speciale, tra cui si segnalano le seguenti 18 “Direzioni regionali Musei nazionali”:
§ le Residenze reali sabaude - Direzione regionale Musei nazionali Piemonte;
§ i Musei nazionali di Genova - Direzione regionale Musei nazionali Liguria;
§ il Museo storico e il Parco del Castello di Miramare - Direzione regionale Musei nazionali Friuli-Venezia Giulia;
§ i Musei nazionali di Bologna - Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna;
§ i Musei nazionali di Perugia - Direzione regionale Musei nazionali Umbria;
§ il Palazzo ducale di Urbino - Direzione regionale Musei nazionali Marche;
§ il Pantheon e Castel Sant'Angelo - Direzione Musei nazionali della città di Roma;
§ i Musei archeologici nazionali di Chieti - Direzione regionale Musei nazionali Abruzzo;
§ il Parco archeologico di Sepino e il Museo Sannitico di Campobasso - Direzione regionale Musei nazionali Molise;
§ il Castello Svevo di Bari - Direzione regionale Musei nazionali Puglia;
§ i Musei nazionali di Matera - Direzione regionale Musei nazionali Basilicata;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Calabria;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Campania;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Lazio;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Lombardia;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Sardegna;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Toscana;
§ la Direzione regionale Musei nazionali Veneto.
Ai sensi del medesimo articolo 24, gli uffici del Ministero dotati di autonomia speciale hanno autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile.
Con decreti ministeriali di natura non regolamentare saranno definiti l'organizzazione e il funzionamento degli uffici dotati di autonomia speciale, nonché i relativi compiti e funzioni.
Gli incarichi di direzione dei musei sopra citati sono conferiti dal Direttore generale Musei ai dirigenti assegnati al suo ufficio o, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, ad esperti esterni. Ai Direttori degli istituti e musei, con l'atto di conferimento dei relativi incarichi, possono essere altresì conferite le funzioni di direttore regionale Musei, senza ulteriori emolumenti accessori.
La relazione illustrativa, in ordine alla norma di cui al comma 3 dell’articolo in commento, sottolinea che essa ha il fine di agevolare la gestione contabile delle risorse erogate in favore degli istituti e luoghi della cultura afferenti alle Direzioni regionali musei divenute uffici dotati di autonomia speciale, anche mediante accorpamento a uffici già esistenti, e di assicurare la continuità operativa delle contabilità ordinarie a esse intestate, seppur temporaneamente, fino al 31 dicembre 2024. La relazione ricorda che le risorse iscritte nelle contabilità ordinarie intestate alle Direzioni regionali musei sono legate all’esistenza di obbligazioni giuridiche assunte anche a valere su finanziamenti già approvati, a favore di interventi di tutela del patrimonio culturale nazionale.
Come si ricava dalla stessa relazione illustrativa, il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero della cultura completa, su questo punto specifico, un riassetto organizzativo già avviato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2023, n. 167, e complessivamente teso a trasformare le Direzioni regionali musei da uffici di livello dirigenziale non generale periferici della Direzione generale musei in uffici dotati di autonomia speciale. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 ottobre 2023, n. 167 si era provveduto ad un primo accorpamento, ad altrettanti musei già dotati di autonomia speciale, di 5 Direzioni regionali musei (specificatamente, quelle di Liguria, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria e Molise). Ora, il nuovo regolamento di organizzazione completa il percorso, in primo luogo disponendo 6 nuovi accorpamenti (relativamente alle Direzioni di Piemonte, Emilia-Romagna, Abruzzo, Puglia, Basilicata e alla Direzione Musei statali della città di Roma, equiparata a Direzione regionale), ed in secondo luogo provvedendo, negli altri 7 casi (Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Toscana, Veneto e Sardegna), ad una trasformazione diretta delle Direzioni regionali in uffici dotati di autonomia speciale.
Si segnala peraltro che, come messo in evidenza dalla stessa relazione illustrativa, già a seguito della prima fase del riassetto che si è appena descritto, quella relativa all’accorpamento delle prime 5 Direzioni regionali, si era dovuto procedere, su richiesta della Ragioneria generale dello stato, ad adottare una norma analoga a quella ora in commento, il comma 6-quater dell’articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215 (qui il relativo dossier).
Il comma 4 dell’articolo in commento reca una modifica all'articolo 90, comma 12, lettera b) della legge 27 dicembre 2002, n. 289, volta a prevedere che le risorse del Fondo di garanzia istituito dalla norma novellata presso l’Istituto per il credito sportivo, possano essere concesse anche per l'aggiudicazione e l'organizzazione di grandi eventi internazionali che si svolgeranno successivamente al 30 giugno 2026.
In particolare, il Fondo di cui al citato comma 12 dell’articolo 90 della legge n. 289 del 2002, è stato istituito a garanzia dei seguenti finanziamenti:
§ quelli relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, da parte di società o associazioni sportive nonché di ogni altro soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive;
§ quelli concessi a favore di soggetti pubblici o privati per le attività finalizzate alla promozione, all'aggiudicazione e all'organizzazione di grandi eventi internazionali “in svolgimento entro il 30 giugno 2026”.
Tali ultime parole sono soppresse dall’intervento normativo in esame.
Si ricorda che l’Istituto per il credito sportivo è un ente pubblico economico, istituito con la legge n. 1295 del 1957, e successivamente disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 2000, n. 453, che opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. La legge di bilancio per il 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197), in particolare all’articolo 1, commi da 619 a 626, ne ha disposto la trasformazione in società per azioni di diritto singolare, denominata “Istituto per il credito sportivo e culturale Spa”, prevedendone contestualmente l’assoggettamento alle disposizioni del testo unico in materia bancaria e creditizia, nonché ai poteri di controllo della Corte dei conti.
Il comma 5 dell’articolo in esame reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione dei precedenti commi 1 e 2, pari ad un totale di 4 milioni di euro per l’anno 2024. Ad essi si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della cultura.
Articolo 14, comma 4-bis
(Acquisto di strumenti musicali mediante Carta della cultura Giovani, Carta del merito e Carta aggiornamento e formazione del docente)
L’articolo 14, comma 4-bis – inserito nel corso dell’esame in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 14.4 – inserisce anche l’acquisto di strumenti musicali tra le finalità di utilizzo per le quali è stata prevista la concessione della Carta della cultura Giovani, della Carta del merito e della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
Come sopra segnalato, il comma 4-bis inserito nel corso dell’esame in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 14.4 – inserisce anche l’acquisto di strumenti musicali tra le finalità di utilizzo per le quali è stata prevista la concessione della Carta della cultura Giovani, della Carta del merito e della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
A tal fine, si novellano l'articolo 1, comma 357, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022) e l'articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015.
Nel testo vigente l'articolo 1, comma 357, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022) prevede, a decorrere dall'anno 2023, la concessione ai seguenti soggetti, al fine di consentire l'acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani e periodici anche in formato digitale, musica registrata, prodotti dell'editoria audiovisiva, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali nonché per sostenere i costi relativi a corsi di musica, di teatro, di danza o di lingua straniera:
a) una “Carta della cultura Giovani”, a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, appartenenti a nuclei familiari con indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 35.000 euro, assegnata e utilizzabile nell'anno successivo a quello del compimento del diciottesimo anno di età;
b) una “Carta del merito”, ai soggetti che hanno conseguito, non oltre l'anno di compimento del diciannovesimo anno di età, il diploma finale presso istituti di istruzione secondaria superiore o equiparati con una votazione di almeno 100 centesimi, assegnata e utilizzabile nell'anno successivo a quello del conseguimento del diploma e cumulabile con la Carta della cultura Giovani di cui alla lettera a).
L'articolo 1, comma 121, della legge n. 107/2015 prevede che, al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di euro 381,137 milioni annui a decorrere dall'anno 2015 (di cui al comma 123), la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell'importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l'acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all'aggiornamento professionale, per l'acquisto di hardware e software, per l'iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell'ambito del piano triennale dell'offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione in servizio dei docenti di ruolo di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile.
Articolo 14, comma 5-bis
(Finanziamento enti e istituzioni culturali)
Il comma 5-bis, dell’articolo 14, inserito in sede referente, incrementa di 2,7 milioni di euro, per l’anno 2027, l’autorizzazione di spesa per interventi a favore di enti e istituzioni culturali.
In particolare, il comma 5-bis in esame, introdotto in sede referente, statuisce che l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011 (legge n. 75 del 2011) per interventi a favore di enti ed istituzioni culturali è incrementata di 2,7 milioni di euro per l’anno 2027. Ai relativi oneri, pari a 2,7 milioni di euro per l’anno 2027, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 632, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).
Si ricorda che l’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011 ha autorizzato la spesa di 7 milioni di euro annui, a decorrere dal 2011, per interventi a favore di enti e istituzioni culturali. Successivamente, l'art. 1, comma 346, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) ha disposto l’incremento di tale autorizzazione di spesa di un milione di euro per l'anno 2018, destinato all'erogazione di contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale, di rilevante interesse culturale, al fine di garantire il proseguimento della loro attività. In seguito, l'articolo 1, comma 383, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha previsto un ulteriore incremento della suddetta autorizzazione di spesa di un milione di euro annui a decorrere dall'anno 2020, destinati all'erogazione di contributi in favore delle scuole di eccellenza nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale, di rilevante interesse culturale, al fine di garantire il proseguimento della loro attività. L'articolo 1, comma 781, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) ha statuito che la medesima autorizzazione di spesa sia incrementata di 2,1 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, destinati all'erogazione, in parti eguali, di contributi in favore dell'Accademia internazionale di Imola, dell'Accademia musicale Chigiana e della Scuola di musica di Fiesole, per il proseguimento della loro attività. Da ultimo, l’articolo 7, comma 7-ter, del decreto-legge 198 del 2022 (legge n. 14 del 2023) ha ulteriormente incrementato di 0,6 milioni di euro per l'anno 2023 e di 2,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 la medesima autorizzazione di spesa, al fine di garantire la prosecuzione delle attività dell'Accademia internazionale di Imola, dell'Accademia musicale Chigiana di Siena e della Fondazione Scuola di musica di Fiesole.
Si segnala che, pur essendo l’entità del rifinanziamento disposto per il 2027 la medesima di quelle previste per gli anni 2024, 2025, 2026 dal combinato disposto della legge n. 234 del 2021 e del decreto-legge 198 del 2022, la norma in esame, al contrario di quelle appena citate, non contiene un riferimento esplicito a singoli enti destinatari del contributo, ma si limita a rifinanziare una autorizzazione di spesa, quella di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2011, finalizzata alla generica realizzazione di interventi a favore di enti ed istituzioni culturali.
Quanto alla norma di copertura, si ricorda che l’articolo 1, comma 632, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) ha istituito nello stato di previsione del Ministero della cultura un fondo con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2023, di 34 milioni di euro per l'anno 2024, di 32 milioni di euro per l'anno 2025 e di 40 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2026, da ripartire secondo i criteri stabiliti con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. In attuazione di tale norma è stato emanato il decreto interministeriale n. 189 del 4 maggio 2023, recante la definizione dei criteri di riparto e di attribuzione delle risorse del fondo menzionato.
Il fondo in esame è stato più volte rideterminato. In particolare, è stato ridotto, per finalità di copertura, di 15.751.500 di euro per l'anno 2023 dall’articolo 1, comma 18-ter, del decreto-legge n. 198 del 2022 (legge n. 14 del 2023), di 1 milione di euro per l'anno 2024 dall’articolo 7, comma 3, del decreto-legge n. 215 del 2023 (legge n. 18 del 2024) e di 750.000 euro per l'anno 2024 dall’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 89 del 2024 (legge n. 120 del 2024); mentre è stato rifinanziato, di 6,794 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, dall’articolo 1, comma 341, della legge n. 213 del 2023 (legge di bilancio 2024).
Articolo 15, comma 1
(Misure urgenti a favore degli investimenti nei paesi africani)
L’articolo 15, comma 1 dispone misure di favore per le domande di finanziamento agevolato presentate da imprese che operano in Paesi africani o per attività imprenditoriali nel continente africano.
La disposizione esenta dalla prestazione della garanzia, a domanda del richiedente, le richieste di finanziamento relative:
a) agli strumenti ordinari del fondo di cui all’art.2 del decreto legge 28 maggio 1981, n.251, convertito con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n.394 (“Fondo 394/81”), che riguardino il continente africano, presentate entro il 31 dicembre 2025;
b) allo strumento finanziario introdotto dall’art.10 del decreto legge 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2024, n. 120 (anch’esso finanziato all’interno del Fondo 394/81).
Il Fondo 394/81 è uno strumento di finanziamento gestito da SIMEST (società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti), in convenzione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, volto a supportare gli investimenti per la crescita estera delle imprese italiane.
Il fondo ha sei linee di intervento:
1.transizione digitale o ecologica;
2. partecipazione a fiere internazionali, mostre e missioni di sistema per promuovere la partecipazione delle imprese e del loro business a eventi internazionali;
3. inserimento mercati esteri (per agevolare l'apertura di strutture commerciali permanenti all'estero);
4. temporary manager (per supportare l'inserimento temporaneo di figure professionali specializzate in azienda);
5. e-commerce (attraverso l'utilizzo di market places o di piattaforme informatiche sviluppate in proprio);
6. certificazioni e consulenze (per agevolare consulenze specialistiche e studi di fattibilità per l’internazionalizzazione dell’impresa e l’ottenimento di certificazioni di prodotto, per la tutela di diritti di proprietà intellettuale, di certificazioni di sostenibilità e innovazione tecnologica).
Tutte le linee di intervento prevedono la concessione di finanziamenti a tassi agevolati, pari al 10% del tasso di riferimento UE (attualmente allo 0.51%).
Il provvedimento in esame prevede che le domande di finanziamento, a valere sul Fondo 394/81, siano esentate dalla prestazione della garanzia se riguardano investimenti per l’internazionalizzazione delle imprese italiane nel continente africano.
Come si legge nella relazione illustrativa, la misura si riferisce alle ipotesi in cui le domande di finanziamento agevolato - con esclusione dell’intervento “Transizione digitale o ecologica” che non è interessato dalla presente misura - siano caratterizzate dalle seguenti finalità:
a) finanziamento di una struttura promozionale (negozio, ufficio, showroom o corner commerciale) o potenziamento della stessa in un paese africano;
b) partecipazione ad uno o più eventi fieristici in un paese africano ovvero partecipazione in Italia ad un evento fieristico con carattere internazionale e focus su internazionalizzazione in Africa;
c) finanziamento di una piattaforma e-commerce propria o di terzi, con dominio di primo o secondo livello della piattaforma localizzato in uno o più paesi africani;
d) finanziamento di certificazioni e consulenze connesse ad un programma di internazionalizzazione in uno o più paesi africani;
e) finanziamento di un temporary manager per lo sviluppo di progettualità aziendali connesse ad un programma di internazionalizzazione in uno o più paesi africani.
La relazione precisa che tali fattispecie sono puntualmente disciplinate nella normativa di dettaglio relativa ai singoli strumenti adottata dal Comitato agevolazioni di cui all’articolo 1, comma 270, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2028).
L’articolo 10 del decreto legge n. 89 del 2024, convertito con modificazioni dalla l. 8 agosto 2024, n. 120, prevede che, all’interno delle disponibilità del “Fondo 394/81”, una quota di 200 milioni di euro sia riservata a finanziamenti agevolati alle imprese operanti con il continente africano.
La riserva di 200 milioni non è riferita a una specifica annualità, ma opera fino a esaurimento. Per questo motivo la norma in esame, per questa seconda ipotesi, non fissa un termine per la presentazione delle domande di finanziamento.
La quota è riservata alle imprese che stabilmente sono presenti, esportano o si approvvigionano nel continente africano, ovvero che sono stabilmente fornitrici delle predette imprese, al fine di sostenerne spese di investimento per il rafforzamento patrimoniale, investimenti digitali, ecologici, nonché produttivi o commerciali.
In particolare, ai sensi dell’art.10, comma 2, del provvedimento citato, possono accedere alla quota riservata di 200 milioni di euro le imprese con sede legale in Italia che, alternativamente:
a) hanno realizzato un fatturato estero non inferiore alla quota minima stabilita con deliberazione del Comitato agevolazioni, di cui all’articolo 1 comma 270 della legge 27 dicembre, n. 205 (legge di bilancio 2018) e che:
1) sono stabilmente presenti sul mercato africano, oppure
2) hanno realizzato esportazioni verso i mercati africani o importazioni dai mercati africani in misura non inferiore a soglie stabilite dallo stesso Comitato;
b) sono parte di una filiera produttiva a vocazione esportatrice e il cui fatturato, in misura non inferiore alla soglia stabilita dal Comitato, deriva da comprovate operazioni di fornitura a beneficio di imprese che:
1) sono stabilmente presenti sul mercato africano, oppure
2) hanno realizzato esportazioni verso i mercati africani ovvero importazioni dai mercati africani, in misura non inferiore a soglie stabilite.
Anche per le domande di finanziamento a valere su tale quota di 200 milioni il provvedimento in esame prevede l’esenzione dalla presentazione della garanzia, sempre a domanda dell’impresa richiedente.
Gli oneri della misura in esame, come si legge nella relazione tecnica, derivano da un lato da maggiore rischio di non recuperare il finanziamento, stante la possibilità di non prestare la garanzia normalmente richiesta, e, dall’altro, sempre per lo stesso motivo, da un possibile aumento delle domande di finanziamento. Gli oneri sono pertanto valutati in 613.000 euro per l’anno 2025. Ad essi si provvede mediante corrispondente riduzione, per l’anno 2025, del fondo di cui all’articolo 72, comma 1, lettera d), del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come rifinanziato dall’articolo 1, comma 49, lettera b), della legge 30 dicembre 2021, n., 234, per le finalità di cui alla lettera d) del comma 1 del suddetto articolo 72.
Articolo 15, comma 2
(Risorse per fondo rotativo per le operazioni di venture capital)
L’articolo 15, comma 2 prevede il rifinanziamento per 100 milioni di euro del fondo rotativo per operazioni di venture capital.
Nello specifico, il comma 2 dell’articolo 15 rifinanzia per 100 milioni di euro il fondo rotativo per operazioni di venture capital (di seguito “FVC”) di cui all’articolo 1, comma 932, della legge n. 297/2006 (legge finanziaria 2007).
L’articolo 10, comma 12, del decreto-legge n. 89/2024 (si rimanda al relativo dossier) aveva già disposto il trasferimento di euro 50 milioni al FVC, con una disposizione di analoga formulazione a quella qui in commento. Per garantire la continuità operativa del FVC e per sostenere l’incremento degli interventi attesi del FVC, precisa la relazione illustrativa, si è ritenuto necessario un ulteriore trasferimento di risorse finanziarie al FVC per euro 100 milioni, la cui dotazione ammonta così a euro 150 milioni.
Tale rifinanziamento del FVC è disposto mediante preliminare versamento all’entrata da parte di Simest s.p.a. (entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in conversione) e successiva riassegnazione da parte del MEF (con decreto, da adottare entro 30 giorni dal versamento e comunque entro il 31/12/2024) al FVC delle disponibilità del conto corrente di tesoreria n. 22044 intestato a Simest s.p.a., a valere sulle risorse ivi confluite in base all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 49, lettera b), della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio per il 2022), con il quale è stato rifinanziato il fondo per la promozione integrata.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 49, lettera b), della legge n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022) ha incrementato la dotazione del fondo per la promozione integrata (di cui all’articolo 72, comma 1, del decreto-legge 18/2020) di 150 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026.
La relazione tecnica precisa che la disposizione in commento prevede la riassegnazione in favore di un fondo a carattere rotativo per la concessione di finanziamenti partecipativi riducendo le risorse destinate alla concessione di sovvenzioni a fondo perduto. Ai sensi della medesima relazione, il fondo per la promozione integrata, da cui appunto si attinge, risulta strutturalmente dotato di adeguate risorse finanziarie: in particolare, le risorse finanziarie del fondo per la promozione integrata destinate ai cofinanziamenti a fondo perduto a valere sul fondo ex legge 394/1981 disponibili al 31 maggio 2024, al netto degli impegni già assunti al 31 maggio 2024, sono pari a 691 milioni di euro. Nel mese di giugno 2024 sono state deliberate operazioni per 7 milioni di euro, e la stima di accoglimenti per il periodo luglio – dicembre 2024 è pari a circa 47 milioni di euro.
La legge finanziaria 2007 ha unificato in un unico fondo rotativo per operazioni di venture capital tutti i fondi rotativi gestiti, per conto del MAECI, dalla Società italiana per le imprese all’estero (Simest s.p.a.) e destinati ad operazioni di acquisizione di quote di capitale di rischio (venture capital) in Paesi non aderenti all’Unione europea, nonché il fondo rotativo, sempre gestito da Simest, per operazioni di venture capital in imprese costituite o da costituire nei Paesi dell’area balcanica di cui all’articolo 5, comma 2, lettera c), della L. n. 84/2001. Simest è società del Gruppo CDP e la sua mission è il sostegno alla crescita delle imprese italiane attraverso l’internazionalizzazione della loro attività.
Il fondo unico di venture capital viene impiegato al fine di garantire, in presenza di un progressivo esaurimento delle risorse finanziarie destinate a particolari aree geografiche, il sostegno alle attività di piccole e medie dimensioni e, nel contempo, di razionalizzare l’operatività dei diversi fondi anche alla luce dell’indirizzamento dei fondi medesimi verso nuovi Paesi ed aree geografiche.
L’intervento del FVC si sostanzia in investimenti, temporanei e di minoranza, per finalità di internazionalizzazione delle imprese italiane, mediante acquisizione di partecipazioni e sottoscrizione di strumenti finanziari o partecipativi, aggiuntivi alla partecipazione diretta di Simtest s.p.a. (ai sensi della legge 24 aprile 1990, n. 100 e s.m.i.), o di Finest s.p.a. (ai sensi della legge 9 gennaio 1991, n. 91), in società costituite da imprese nazionali all’estero.
Come ricordato dalla relazione illustrativa, a partire dalla sua costituzione, il FVC ha assunto gradualmente un ruolo strategico di supporto ai processi di internazionalizzazione delle imprese italiane in tutte le geografie estere e nei principali settori del made in Italy (es. automazione, agroalimentare) e recentemente nei settori innovativi (es. energie rinnovabili). Oggi il FVC è uno strumento centrale nel sostegno alle imprese, nel contesto delle attuali difficoltà di accesso al credito, per lo sviluppo di progetti di investimento all’estero, supportando operazioni strategiche (es. operazioni di M&A o investimenti con benefici per le filiere produttive) e progettualità sostenibili e a elevato contenuto innovativo
L’operatività del FVC, disciplinata dall’articolo 18-quater, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, è stata ampliata ai sensi dell’articolo 1, comma 714, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per interventi anche in start-up, ivi incluse quelle innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, e in PMI innovative di cui all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, nonché in quote o azioni di uno o più fondi per il venture capital, come definiti dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, o di uno o più fondi che investono in fondi per il venture capital, gestiti dalla società che gestisce anche le risorse di cui all’articolo 1, comma 116, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, in ogni caso allo scopo di favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane oggetto di investimento e anche senza il coinvestimento di Simest s.p.a. o Finest s.p.a.
Da ultimo, sulla disciplina del FVC, il 13 aprile 2022 è intervenuto il decreto ministeriale del MAECI che detta le condizioni e modalità di intervento di tale fondo, aggiornandone l’operatività alla luce delle modifiche normative succedutesi nel tempo.
Dalla relazione illustrativa si evince che alla data del 31 maggio 2024 il FVC, al netto degli impegni già assunti e della riserva stabilita per gli interventi in start-up, non ha disponibilità residue per la sua operatività ordinaria di investimenti in finanziamenti partecipativi. Il rifinanziamento disposto dalla previsione in esame si rende pertanto necessario – dopo quello già disposto dal citato articolo 10, comma 12, del D.L. n. 89/2024 – per garantire la continuità operativa del FVC e per sostenere l’incremento degli interventi attesi del FVC, in considerazione dell’importanza assunta dallo strumento a supporto delle piccole e medie imprese italiane, che necessitano di sostegno finanziario per i loro processi di internazionalizzazione. La relazione tecnica precisa che tale trasferimento sia necessario per cogliere le potenziali opportunità di investimento già individuate o attualmente in valutazione, stimate per almeno 150 milioni di euro.
Articolo 16
(Utilizzo da parte dell'organo commissariale di ILVA S.p.A. delle somme rivenienti dalla sottoscrizione di obbligazioni)
L’articolo 16 – la cui rubrica è stata modificata durante l'esame in sede referente, al fine di precisare meglio l’ambito di operatività della norma – autorizza l’utilizzo delle somme derivanti dalla sottoscrizione delle obbligazioni emesse da ILVA S.p.A. in amministrazione straordinaria anche per le finalità di garanzia finanziaria per nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e per l’autorizzazione integrata ambientale.
L’articolo in esame autorizza l’utilizzo delle somme derivanti dalla sottoscrizione delle obbligazioni previste dall’articolo 3, comma 1, decimo periodo, del D.L. 1/2015, derivanti dall’impiego delle somme sottoposte a sequestro penale, anche per prestare le garanzie finanziarie previste dal D.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) nei seguenti casi:
§ garanzie finanziarie richieste per nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articolo 208, comma 11, lettera g), del Codice);
§ garanzie finanziarie richieste ai fini dell’autorizzazione integrata ambientale (articolo 29-sexies, comma 9-septies, del Codice).
Si ricorda che l’articolo 11-quinquies del D.L. 61/2013 autorizza, qualora necessario ai fini dell'attuazione e della realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa soggetta a commissariamento, l'autorità giudiziaria procedente a trasferire all'impresa commissariata, su richiesta del commissario straordinario, le somme sottoposte a sequestro penale, nei limiti di quanto costituisce oggetto di sequestro a carico del titolare dell'impresa, ovvero, in caso di impresa esercitata in forma societaria, a carico dei soci di maggioranza o degli enti, ovvero dei rispettivi soci o amministratori, che abbiano esercitato attività di direzione e coordinamento sull'impresa commissariata prima del commissariamento.
Articolo 16-bis
(Disposizioni urgenti a sostegno del settore suinicolo)
L’articolo 16-bis reca disposizioni di carattere urgente a sostegno del settore suinicolo prevedendo la concessione di un contributo economico, nel limite massimo di 10 milioni di euro, per l’anno 2024, in favore degli operatori del settore suinicolo che hanno subito danni dal blocco alla movimentazione degli animali in conseguenza della diffusione della peste suina africana. Sono apportate modifiche normative all’art. 2-bis del decreto legge n. 9 del 2022 volte a individuare ulteriori misure di intervento in materia di peste suina africana.
Nel dettaglio, la disposizione in commento, composta da 5 commi, introduce misure normative volte al sostegno del settore suinicolo.
Il comma 1 introduce un contributo quantificato, nel limite massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2024, in favore degli operatori della filiera suinicola che hanno subito danni dal blocco alla movimentazione degli animali in conseguenza della diffusione della peste suina africana. I beneficiari del richiamato contributo sono individuati nelle imprese che svolgono attività di allevamento di scrofe da riproduzione a ciclo aperto, di scrofe da riproduzione a ciclo chiuso e di suini da ingrasso. Il contributo è determinato in relazione al danno economico subito ed è erogato sulla base dei requisiti e delle procedure di cui ai decreti del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, del 28 luglio 2022, del 29 settembre 2023 e del 29 dicembre 2023. E’, inoltre, stabilito che all’AGEA è riconosciuto un importo pari al 2 per cento dell'ammontare dei contributi erogati ai sensi del presente comma a titolo di rimborso per le spese di gestione.
Il comma 2 statuisce che la concessione del contributo economico di cui al comma 1 è subordinata alla preventiva verifica della compatibilità dei medesimi con la normativa dell'UE in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo e agroalimentare.
Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti da quanto disposto dal precedente comma 1 pari a 10 milioni di euro per l’anno 2024.
Il comma 4 novella l'art. 2 del decreto-legge n. 9 del 2022 recante “Misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana” convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29. Sono apportate le seguenti modificazioni:
- la lett. a) interviene sul comma 2-bis, inserendo un ulteriore periodo che attribuisce alle società concessionarie autostradali e agli enti proprietari delle strade, il compito di attuare gli interventi necessari per il rafforzamento delle barriere stradali e autostradali mediante la chiusura dei varchi che corrono al di sotto del solido stradale, previa approvazione da parte del Commissario degli interventi e delle modalità di finanziamento dei corrispondenti oneri.
È inserita un’ulteriore modifica nell’ultimo periodo del comma 2-bis laddove si prevede che, in conseguenza dell’integrazione normativa testé illustrata, è autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2025;
- la lett. b) interviene, modificandolo, sul comma 2-quinquies inerente la copertura finanziaria di cui alla precedente lettera a), pari a 13 milioni di euro.
In particolare, quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2025 si fa fronte mediante corrispondente riduzione del Fondo per la gestione delle emergenze, di cui all'articolo 1, comma 443 della n. 213 del 2023, e quanto a 3 milioni di euro per l'anno 2025 mediante corrispondente riduzione del fondo in conto capitale relativo ai residui passivi perenti, di cui all'articolo 34-ter, comma 5, della legge n. 196 del 2009, iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della salute per il triennio 2024-2026.
Si ricorda che il Fondo per la gestione delle emergenze è stato istituito dalla legge di bilancio 2024 per sostenere gli investimenti delle imprese che operano nei settori agricolo, agroalimentare, zootecnico e della pesca, al fine di intervenire in situazioni di crisi di mercato generate da eventi non prevedibili. La dotazione del Fondo è di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
- la lett. c) novella la disposizione sopra ricordata aggiungendo, dopo il comma 2-quinquies, un ulteriore comma 2-sexies. Con tale disposizione si autorizza il Commissario straordinario a riconoscere un contributo, nel limite massimo di 150 euro per unità, in favore dei soggetti che conferiscono carcasse nelle aree di stoccaggio o nei macelli; tale disposizione ha lo scopo di potenziare la ricerca delle carcasse nelle aree destinate al depopolamento intorno alle barriere artificiali deputate al confinamento dei cinghiali. Viene quindi autorizzata la spesa di 1 milione di euro per l’anno 2025, che confluisce nella contabilità speciale intestata al Commissario straordinario.
Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal precedente comma 4, lettera c), pari complessivamente a 1 milione di euro per l'anno 2025.
Negli ultimi anni il settore zootecnico è stato colpito da diverse malattie, tra tutte la peste suina africana (PSA) che ha determinato effetti devastanti sul patrimonio suinicolo italiano e alle relative filiere.
A partire dal 7 gennaio 2022 in Italia è stata accertata la presenza della (PSA) nelle popolazioni di cinghiali nei territori delle regioni Piemonte e Liguria, quindi al fine della salvaguardia del patrimonio genetico animale, il Parlamento ha approvato alcune misure urgenti finalizzate all'eradicazione dalla malattia nei cinghiali e per prevenirne l'introduzione nei suini da allevamento, tra cui, l'istituzione del Fondo nazionale per la suinicoltura - di cui all'articolo. 11 -bis , comma 1, D.L. n. 27/2019 - e successivamente il D.L. n. 9/2022.
Con riferimento al Fondo si segnala il decreto 24 luglio 2023 con cui, per l'anno finanziario 2023 è assegnata la somma di euro 3,5 milioni di euro a favore del Commissario straordinario, per provvedere alle attività previste [art. 2, comma 2, lettere a) - g) , D.L. 9/2022] a valere sulle risorse iscritte, come residui di stanziamento di provenienza dall'esercizio finanziario 2022, sul capitolo 7827 dello stato di previsione del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Le misure contenute nel D.L. n. 9/2022 sono dirette ad assicurare la salvaguardia della sanità animale, la tutela del patrimonio suino nazionale e dell'Unione europea e, non da ultimo, le esportazioni e quindi il sistema produttivo nazionale e la relativa filiera.
A tal fine è stato nominato un Commissario straordinario - attualmente l'incarico è ricoperto dal dott. Giovanni Filippini (DPCM 8 agosto 2024), in precedenza era il dott. Vincenzo Caputo (DPCM 24 febbraio 2023) - che può indire procedure di gara - ai sensi dell'articolo 63, comma 2, lettera c), del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 per la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili idonee al contenimento dei cinghiali selvatici. L'autorizzazione di spesa per la predetta misura ammonta a 10 milioni di euro per l'anno 2022 (articolo 2, comma 2-bis, D.L. n. 9/2022). Con riferimento all'articolo 2 prima citato, il Parlamento ha approvato, attraverso una novella legislativa, il potenziamento dei poteri e delle attività svolte dal Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto della diffusione della peste suina africana (PSA), nonché la nomina e l'attribuzione di specifici compiti a tre subcommissari. Sempre con riferimento all'articolo 2 è stata estesa temporalmente l'operatività del Commissario straordinario fino a 36 mesi (articolo 4, comma 8-novies, D.L. n. 215/2023).
Sono, inoltre, assegnate risorse per 400 mila euro del Fondo nazionale per la suinicoltura per l'anno 2023, per il finanziamento di interventi a sostegno delle aziende che operano nel settore faunistico-venatorio e agrituristico-venatorio che nel 2022 hanno subito danni causati dalla PSA (articolo articolo 29, D.L. n. 75/2023), in attuazione della disposizione è stato emanato il DM 10 gennaio 2024.
Si ricorda che a sostegno delle aziende suinicole italiane che hanno subìto danni indiretti a seguito delle misure sanitarie di contenimento dei focolai di peste suina africana (PSA) è stato emanato il D.M. 28/07/2022 che ripartisce risorse pari a euro 25.000.000 per l'anno 2022 in favore di piccole e medie imprese della produzione primaria (60 per cento delle risorse) e di imprese dei settori della macellazione, trasformazione di carni suine (40% delle risorse). Tali risorse sono quelle stanziate nel «Fondo di parte corrente per il sostegno della filiera suinicola- di cui all'articolo 26 del d.l. n.4/2022. Con successivi decreti 29 settembre 2023 e 29 dicembre 2023 è prevista una ulteriore estensione degli effetti economici e di alcuni effetti giuridici, del DM. 28 luglio 2022, a carico delle risorse finanziarie residue pari a circa 19,6 milioni di euro.
Nell'ambito delle misure di controllo, contenimento ed eradicazione del cinghiale, giova ricordare anche la recente adozione del piano nazionale di sorveglianza ed eradicazione della peste suina africana per il 2023, l'ordinanza 24 agosto 2023 n.5 e Piano Straordinario di catture, abbattimento e smaltimento dei cinghiali (Sus scrofa) e Azioni Strategiche per l'Elaborazione dei Piani di Eradicazione nelle Zone di Restrizione da Peste Suina Africana (PSA). Anni 2023-2028
Si ricorda, infine, che la Commissione XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati:
Per ulteriori approfondimenti si può consultare il sito del Ministero della salute.
Per operare un più efficace contrasto al diffondersi della PSA, si ricorda che il D.L. n. 63/2024 convertito con modificazioni dalla legge n. 101/2024 recante disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale ha previsto all'articolo 6, comma 2, il rifinanziamento di 5 milioni di euro per l'anno 2024 e 15 milioni di euro per l'anno 2025 del Fondo di conto capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza. Tale disposizione è finalizzata a contrastare gli effetti derivanti dalla peste suina africana e, in particolare, ad incentivare gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza. Il comma 2-bis, invece, consente, sino al 31 dicembre 2028 la caccia di selezione dei suidi fino a mezzanotte, anche con l'ausilio dei metodi selettivi, nonché il ricorso al foraggiamento attrattivo, mentre il comma 3 definisce i poteri del Commissario straordinario istituito dalla legge n. 9 del 2022.
Si ricorda, altresì, che il 17 settembre scorso presso la Commissione XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati si è svolta l’interrogazione a risposta immediata n. 5-02800 con la quale il Governo ha illustrato le misure di sostegno economico adottate e da adottarsi a sostegno delle aziende suinicole.
Da ultimo, con l’ordinanza 23 settembre 2024, n. 4, del Commissario alla peste suina africana (“Proroga, con modifiche, all'ordinanza n. 3/2024, recante: «Peste suina africana: misure urgenti per la gestione dei focolai negli allevamenti nelle Regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna”) si è proceduto alla proroga dell’ordinanza n. 3/2024, confermando per un altro mese, fino al 31 ottobre 2024, le vigenti misure di gestione dei focolai negli allevamenti nelle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna. L’ordinanza, nel contempo, modifica l’ordinanza n. 3/2024, consentendo alle regioni la possibilità di derogare ai divieti di movimentazione di suini da vita anche nelle zone di restrizione II e III.
Articolo 17, commi 1 e 2
(Disposizione in materia di incasso da parte dei concessionari
della riscossione delle entrate degli enti locali)
I commi 1 e 2 dell’articolo 17 contengono disposizioni in materia di riscossione e incasso delle entrate oggetto di affidamento degli enti locali. Si dispone l’obbligo, per gli enti locali che non abbiano già provveduto, di aprire conti correnti dedicati alla riscossione, funzionali al controllo e alla rendicontazione dei versamenti, entro il 31 dicembre 2025. Fino all’adempimento di tale obbligo non trovano applicazione le sanzioni relative alle violazioni commesse in materia di incasso diretto delle somme riscosse da parte di alcune categorie di concessionari della riscossione indicate dalla norma. Sono infine disciplinati i casi in cui i concessionari della riscossione ovvero gli enti locali siano inadempienti rispetto a quanto disposto.
L’articolo 17, al comma 1, dispone che gli enti locali che non abbiano attuato quanto previsto dalla legge di bilancio 2020 (comma 790, articolo 1, legge n. 160 del 2019) con riferimento all’apertura di conti correnti dedicati alla riscossione funzionali alla verifica e alla rendicontazione dei versamenti dei contribuenti da parte dei soggetti affidatari dei servizi, debbano adempiere a tale obbligo entro il 31 dicembre 2025.
Fino all’adempimento da parte degli enti locali dell’obbligo di cui sopra, per alcune categorie di soggetti interessati, cui siano state affidate le attività di riscossione dei tributi e che abbiano incassato direttamente le relative somme, non trovano applicazione le disposizioni in materia di cancellazione dall’albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di accertamento e di riscossione dei tributi e delle altre entrate delle province e dei comuni, con particolare riferimento alle previsioni relative alla cancellazione dall’albo per il mancato rispetto dell’obbligo di non incassare direttamente le somme riscosse, e la conseguente decadenza da tutte le gestioni.
Condizione richiesta ai suddetti soggetti affinché trovi applicazione la previsione suddetta è il riversamento, entro 10 giorni, delle somme incassate sul conto di tesoreria dell’ente locale cui spettano.
I soggetti abilitati ad effettuare attività di accertamento e di riscossione dei tributi e delle altre entrate delle province e dei comuni sono:
§ i soggetti iscritti all’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni;
§ gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;
§ le società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme nazionali ed europee in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche, iscritte nell’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei princìpi comunitari, tra:
-i soggetti iscritti all’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni;
-gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;
a condizione che l’affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica.
Il comma 2 prevede che adempiuto l’obbligo nei termini previsti da parte degli enti locali di apertura dei conti correnti dedicati alla riscossione delle entrate oggetto di affidamento, qualora i soggetti interessati di cui al comma 1 continuino ad incassare direttamente le somme riscosse, decadono di diritto dalle singole gestioni in relazione alle quali tale incasso diretto viene protratto.
Qualora gli enti locali non adempiano all’obbligo nei termini previsti, restano sospesi di diritto fino all’adempimento dell’obbligo i rapporti di affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate in essere al 1° gennaio 2026.
Articolo 17, comma 2-bis
(Contributo a province e città metropolitane per riduzione gettito IPT e RC Auto)
Il comma 2-bis dell’articolo 17, introdotto in sede referente, modifica la disciplina concernente il fondo per i contributi destinati alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e della Regione Siciliana e Sardegna, che hanno subito una riduzione del gettito dell’Imposta provinciale di trascrizione (IPT) o dell'Imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC Auto). La novella stabilisce che tali contributi, per l’anno 2024, siano concessi agli enti che hanno subito una riduzione del gettito nel 2023 rispetto al 2019, e non più in base alla riduzione nel 2023 rispetto al 2022 come previsto dalla norma finora vigente.
Il comma 2-bis modifica l’articolo 41, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2022 (come convertito dalla legge n. 91 del 2022). Tale comma istituisce al comma 1 un fondo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 destinato alle province e città metropolitane delle regioni a statuto ordinario e della Regione Siciliana e Sardegna, che hanno subito una riduzione del gettito dell’Imposta provinciale di trascrizione (IPT) o dell'Imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC Auto). Dal fondo è espressamente esclusa la Città Metropolitana di Roma Capitale, per la quale è previsto un apposito fondo di cui al successivo comma 2 del medesimo articolo 41. In particolare, il Fondo riguarda gli enti che hanno subito una riduzione percentuale del gettito dell'Imposta provinciale di trascrizione (IPT) o dell'Imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC Auto), come risultante dai dati a disposizione del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nel 2021 rispetto al 2019 per l'anno 2022, nel 2022 rispetto al 2021 per l'anno 2023, e nel 2023 rispetto al 2022 per l'anno 2024.
Con la novella in esame, si prevede che ai fini del contributo per il 2024 si tenga conto della riduzione di gettito nel 2023 rispetto al 2019.
Per il riparto 2023, si veda il decreto 11 luglio 2023 (Gazzetta Ufficiale n. 180 del 3 agosto 2023).
Per il riparto 2022, si veda il decreto 23 settembre 2022 (Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18 novembre 2022).
Tali decreti provvedono all’assegnazione delle risorse in proporzione alla somma delle perdite di gettito registrate per le due imposte (rispettivamente nel 2022 rispetto al 2021 e nel 2021 rispetto al 2019), secondo le misure indicate pro quota nei rispettivi allegati che ne costituiscono parte integrante.
Riguardo alle imposte provinciali, si ricorda che la normativa attuativa del federalismo fiscale (articoli da 16 a 21 del D.Lgs. n. 68 del 2011) ha determinato la soppressione dei trasferimenti erariali e regionali in favore delle province - attuata nel 2012 (con il D.P.C.M. 12 aprile 2012) nell’importo di 1.039,9 milioni - e la loro sostituzione, ai fini del finanziamento delle funzioni fondamentali, con entrate proprie provinciali, costituite principalmente dai tributi propri relativi al trasporto su gomma, ed in particolare dall'imposta provinciale di trascrizione (IPT) e dall'imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC auto), che insieme rappresentano l’80% circa delle entrate proprie. Ad esse si aggiungono le risorse di carattere perequativo.
Articolo 17-bis
(Rispetto dei tempi di pagamento e recupero forzoso delle entrate proprie delle Province e Città metropolitane)
L’articolo 17-bis, introdotto nel corso dell’esame, introduce una disciplina derogatoria in merito al recupero forzoso dei contributi dovuti per finalità di contenimento della spesa pubblica da parte delle Province e Città metropolitane, introducendo un aggiuntivo comma 419-bis all’articolo 1 della legge di bilancio 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190).
Si ricorda che l’imposizione di risparmi di spesa, per costante giurisprudenza costituzionale, rientra a pieno titolo nell’esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, attribuita alla competenza statale (ex plurimis, sentenze n. 69 del 2011; n. 139 del 2012; n. 88 del 2014; n. 143 del 2016). Tuttavia, tale funzione è soggetta ad alcuni limiti. Anzitutto, il legislatore statale può stabilire solo un limite complessivo di riduzione che lasci agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (sentenze n. 36 del 2004 e n. 417 del 2005), ma non può vincolare le autonomie territoriali all’adozione di misure analitiche e di dettaglio (sentenze n. 237 del 2009, n. 182 del 2011, n. 139 del 2012, n. 217 del 2012, n. 22 del 2014, n. 43 del 2016).
Inoltre, il ricorso alla spending review è consentito ma a tre condizioni: (i) siano coinvolti gli Enti Territoriali in spirito di “leale collaborazione”; (ii) le revisioni della spesa non siano tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015, n. 87 del 2018 e n. 29 del 2023); (iii) le revisioni di spesa abbiano carattere transitorio (sentenze n. 43 e n. 64 del 2016, n. 141 del 2016, n. 154 del 2017, n. 103 del 2018).
In particolare, il contributo al contenimento della spesa pubblica da parte delle Province e delle Città metropolitane, attraverso la riduzione delle spese correnti, è fissato in 3.000 milioni di euro l’anno a decorrere dall’anno 2017, ai sensi dell’articolo 1, comma 418, della legge di bilancio per il 2015 (legge 23 dicembre 2014 n. 190). Si rappresenta inoltre che già tale comma dispone come siano escluse dal versamento del contributo le Province che risultavano in dissesto alla data del 15 ottobre 2014, fermo restando l’ammontare complessivo del contributo richiesto al complesso delle Province e Città metropolitane.
L’articolo 1, comma 850, della legge 30 dicembre 2020 n. 178 (legge di bilancio 2021) prevede che le province e le città metropolitane, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2025, assicurino un contributo alla finanza pari a 50 milioni di euro. Il contributo dovuto per l’anno 2023 è stato successivamente soppresso dall’articolo 6-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132 che ha altresì disposto come il riparto di tale contributo sia effettuato, per ciascuno degli anni 2024 e 2025, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio 2024, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali. Infine, l’articolo 1, comma 533 della legge 30 dicembre 2023, n. 213, ha disposto un aumento di 100 milioni del contributo richiesto ai comuni, alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, nonché della Sicilia e Sardegna, dai 150 milioni a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028. In particolare, il contributo consta di 200 milioni di euro annui a carico dei comuni e 50 milioni di euro annui a carico delle province e delle città metropolitane. Il Decreto Ministeriale 29 marzo 2024 ha infatti indicato la ripartizione di risparmi per 100 milioni per il 2024 tra i comuni nell’Allegato B, e per 50 milioni per province e città metropolitane nell’Allegato C.
L’articolo 1, comma 419, della legge di bilancio per il 2015 (legge 23 dicembre 2014 n. 190) ha introdotto disposizioni per cui, in caso di mancato versamento del contributo al contenimento della spesa pubblica da parte delle Province e delle Città metropolitane, l’Agenzia delle entrate provveda al recupero forzoso delle somme dovute, a valere sui versamenti dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, all’atto del riversamento del relativo gettito alle medesime Province e Città metropolitane. La norma prevede inoltre che, in caso di incapienza a valere su tali versamenti, il recupero sia effettuato a valere sui versamenti dell’imposta provinciale di trascrizione.
L’attribuzione alle Province e alle Città metropolitane dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, è disposta dall’articolo 60, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; il riparto del gettito è poi disciplinato dal decreto del Ministro dell’Economia 14 dicembre 1998 n. 457.
L’articolo 17-bis in commento introduce una disciplina derogatoria che si applica alle Province e Città metropolitane in dissesto, in piano di riequilibrio, o che abbiano registrato un disavanzo nell’ultimo rendiconto definitivamente approvato e disponibile nella Banca Dati BDAP. Tale nuova disciplina prevede che in caso di mancato versamento del contributo al contenimento della spesa pubblica, l’Agenzia delle entrate possa provvedere al recupero forzoso delle somme dovute solo a valere sul versamento dell’imposta sulle assicurazioni, all’atto del riversamento di tale gettito alle Province e Città metropolitane.
Conseguentemente, è esclusa la possibilità che, in caso di incapienza di tale imposta, l’Agenzia delle Entrate possa recuperare le somme non versate avvalendosi anche del riversamento dell’imposta provinciale di trascrizione, come era invece previsto dall’articolo 1, comma 419, della legge 23 dicembre 2014 n. 190.
L’articolo 17-bis dichiara come tale disciplina derogatoria sia introdotta per le finalità di riduzione dei tempi di pagamento da parte delle Pubbliche amministrazioni, ovvero di tali Province e città metropolitane in dissesto, in piano di riequilibrio, o che abbiano registrato un disavanzo nell’ultimo rendiconto definitivamente approvato e disponibile nella Banca Dati BDAP.
Si valuti l’opportunità di introdurre tale finalità facendo riferimento all’articolo 40, comma 9, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, che estende anche alle Province e alle Città metropolitane in ritardo nei pagamenti al 31 dicembre 2023, le disposizioni in materia di rimedi ai ritardi annuali dei pagamenti disciplinati per i comuni ai commi 7 ed 8, in luogo dell’attuale riferimento al comma 4, avente ad oggetto i ministeri.
Articoli 17-ter e 18
(Disposizioni in materia di utilizzo di economie derivanti da rinegoziazione dei mutui da parte degli enti territoriali)
L’articolo 18 include talune risorse - derivanti da rinegoziazioni di operazioni di finanziamento - nell’ambito di applicazione dell’articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2015 (convertito dalla legge n. 215 del 2015). Quest’ultimo consente agli enti territoriali di utilizzare, senza vincoli di destinazione, le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi, per gli anni dal 2015 al 2026.
L’articolo 17-ter, introdotto in sede referente, prevede l’estensione di tale disciplina all’anno 2027.
Inoltre, con modifica all’articolo 18 approvata in sede referente, si prevede che siano incluse nell’ambito di applicazione della suddetta disciplina anche le risorse afferenti alla Sezione “enti locali” del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili".
L’articolo 18 in esame reca una norma di interpretazione autentica del citato articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2015.
Si prevede, in particolare, che tale comma 2 includa anche le risorse:
§ di cui all'articolo 2, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008).
Esso prevede che, in attuazione degli accordi sottoscritti tra lo Stato e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia - ai sensi dell' articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 - con i quali le regioni interessate si sono obbligate al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti, lo Stato è autorizzato ad anticipare alle predette regioni, nei limiti di un ammontare complessivamente non superiore a 9.100 milioni di euro, la liquidità necessaria per l'estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005, determinata in base ai procedimenti indicati nei singoli piani e comunque al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi. Si rammenta, inoltre, che l’art. 1, comma 829, della legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022) ha stabilito che il suddetto comma 46 deve essere interpretato nel senso che l’anticipazione di liquidità in favore delle predette regioni non costituisce indebitamento ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) e che non si applica a tale fattispecie l’articolo 62 del decreto legislativo n. 118 del 2011, che disciplina il ricorso delle regioni a mutui e altre forme di indebitamento (si veda, per approfondimenti, il vol. III del dossier di documentazione sulla citata legge di bilancio 2023).
§ di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.
Tali articoli recano disposizioni concernenti anticipazioni di liquidità in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento di debiti contratti dai suddetti enti territoriali (articolo 2), anche con riferimento (articolo 3) ai debiti sanitari cumulati al 31 dicembre 2012.
Con modifica approvata in sede referente, si prevede che siano incluse nell’ambito di applicazione della suddetta disciplina anche le risorse afferenti alla Sezione “enti locali” del "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili" (art. 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013).
L’articolo 17-ter, introdotto in sede referente, prevede l’estensione della disciplina in esame all’anno 2027.
Si ricorda che il D.L. n. 35 del 2013 reca, all'art. 1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. In particolare, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte sezioni: una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale. L'obbligo di adempiere con puntualità le obbligazioni scadute della PA è contenuto nella direttiva 2011/7/UE e nel decreto legislativo n. 192 del 2012, che ne recepisce i contenuti. In estrema sintesi, tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale (per i quali il termine è di 60 giorni).
L’articolo 116 del D.L. n. 34 del 2020, a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla pandemia da Covid-19, ha disciplinato le modalità di attivazione delle anticipazioni di liquidità degli enti locali e delle regioni, che può essere disposta attingendo alle dotazioni di una delle due sezioni (quella per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari) di cui si compone il Fondo per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali, istituito dall'art.124 dello stesso provvedimento.
Come rilevato dalla relazione illustrativa di accompagnamento dal provvedimento in esame, “la norma di interpretazione autentica ha l’obiettivo di porre sullo stesso piano, dal punto di vista della utilizzabilità dei risparmi conseguiti, le rinegoziazioni dei mutui e dei prestiti obbligazionari con le rinegoziazioni delle operazioni di finanziamento” previste dalle norme richiamate Tale interpretazione è coerente con l’utilizzazione dei risparmi già effettuata dagli enti territoriali ed è “volta a precisare il perimetro applicativo e a scongiurare ogni dubbio anche nelle sedi di controllo”.
I commi 1 e 2 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2015 contengono disposizioni in materia di mutui degli enti locali, finalizzate da un lato a favorire l'accesso alle operazioni di rinegoziazione promosse da Cassa depositi e prestiti e, dall'altro, a garantire una maggiore flessibilità nell'utilizzo dei risparmi derivanti dalla rinegoziazione. Il comma 2, in particolare, è stato oggetto di numerose novelle. La facoltà di utilizzare, senza vincoli di destinazione, le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi, originariamente limitata al solo 2015, è stata poi estesa al 2016, con l'articolo 4, comma 1-bis, del decreto-legge n. 210 del 2015, e al 2017, con l'articolo 1, comma 440, della legge n. 232 del 2016. Successivamente, la predetta facoltà è stata estesa fino al 2020 con la legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 867, legge n. 205 del 2017), e fino al 2023 con l’articolo 57, comma 1-quater, del decreto-legge n. 124 del 2019. Da ultimo sulla disposizione, estendendone l'applicazione fino al 2024, è intervenuto l'articolo 3, comma 5-octies, del decreto-legge n. 228 del 2021, al 2025 dall’articolo 3-ter, comma 1, del decreto-legge n. 198 del 2022, “proroga termini”, come convertito dalla legge n. 14 del 2023.
Infine, al 2026 dall’art. 6-quinquies, comma 1, del decreto-legge. 29 settembre 2023, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 2023, n. 170.
L’eliminazione dei vincoli di destinazione, disposta dal predetto comma 2 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2015, consente agli enti locali di utilizzare le risorse che si liberano dalla rinegoziazione dei mutui anche per operazioni di copertura delle spese correnti, senza vincolarle necessariamente al finanziamento della spesa in conto capitale o all’estinzione di mutui.
I risparmi di linea capitale, infatti, pur in assenza di disposizioni restrittive espresse in tal senso, a differenza di quelli sulla linea interessi, dovrebbero essere destinati esclusivamente alla riduzione del debito o a nuovi investimenti. Sul punto, si ricorda che diversi pronunciamenti della magistratura contabile hanno indicato obblighi di utilizzo dei risparmi in questione a riduzione del debito, delineando una prassi non modificabile se non per via normativa.
Più in particolare, con riferimento al tema dei vincoli di destinazione dei proventi da rinegoziazione delle posizioni debitorie, prima dell’entrata in vigore della disciplina di cui al citato articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2015, si era affermata l’interpretazione, sostenuta anche dalla Cassa depositi e prestiti (si veda in proposito la circolare n. 1283 del 28 aprile 2015, richiamata anche da una nota congiunta dell’11 maggio 2015 sottoscritta dal Direttore generale della CdP e dal Segretario generale dell’Anci), secondo cui le economie derivanti dal minore esborso annuale in linea capitale (conseguenti alla rinegoziazione dei mutui) devono essere destinate dagli enti locali alla copertura di spese di investimento o alla riduzione del debito. Gli eventuali risparmi in linea interessi non sono invece soggetti ad alcun vincolo e, pertanto, possono essere destinati alla spesa corrente.
Analoga interpretazione è stata condivisa in più occasioni dalla Corte dei Conti. Il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile è infatti nel senso di ritenere dette economie come assoggettate al vincolo di destinazione del finanziamento degli investimenti posto dall’articolo 119, comma settimo, della Costituzione. Trattandosi di economie su risorse derivanti da indebitamento, infatti, soggiacciono agli stessi vincoli gravanti in origine sulle risorse stesse e, pertanto, devono essere destinate a spese in conto capitale, restando esclusa la possibilità di procedere con esse ad un automatico incremento della spesa corrente (in tal senso, tra le altre, Sezione controllo Piemonte n. 190/2014; Sezione controllo Emilia Romagna n. 145/2014, Sezione controllo Umbria n. 122/2015 e Sezione Controllo Marche, n. 12/2019).
Tuttavia, l'esigenza di agevolare gli enti territoriali nel pareggio della (sempre più sofferente) parte corrente del bilancio, impiegando i risparmi delle quote di ammortamento dei mutui rinegoziati, ha spinto il legislatore a consentire l'utilizzo libero delle risorse. Si tratta comunque, secondo la Corte, di una norma di natura eccezionale e temporanea, dovuta all’esigenza di introdurre misure di “alleggerimento” delle gestioni e che conferma la sussistenza del menzionato vincolo al di fuori delle ipotesi, temporalmente limitate, rientranti nella deroga.
Articolo 18-bis
(Deroga ai vincoli di utilizzo della cassa di cui all’art. 187 TUEL,
comma 3-bis)
L’articolo 18-bis, introdotto in sede di conversione, prevede per gli anni 2024, 2025 e 2026 un regime derogatorio relativamente e quanto disposto dal comma 3-bis, articolo 187, del TUEL in materia di utilizzo dell’avanzo di amministrazione non vincolato. La deroga prevede, pertanto, la possibilità per gli enti di utilizzo dell’avanzo non vincolato anche qualora siano ricorsi all’utilizzo di entrate vincolate per il pagamento di spese correnti o siano ricorsi ad anticipazioni di tesoreria a condizione che ciò sia avvenuto per finanziare il pagamento di spese correnti in attuazione del PNRR. L’obiettivo è facilitare gli enti nell’assolvimento degli obblighi finanziari derivanti da spese per la realizzazione degli interventi di investimento.
L’articolo 18-bis interviene sulle disposizioni del comma 3-bis, articolo 187, decreto legislativo n. 267 del 2000, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – TUEL, prevedendo un regime derogatorio per gli esercizi 2024, 2025 e 2026 per quanto concerne la gestione dell’avanzo di amministrazione non vincolato.
La disciplina vigente prevede che gli enti non possano utilizzare l’avanzo di amministrazione non vincolato qualora ricorrano le condizioni limitative in tal senso stabilite dagli articoli 195 e 222 del medesimo testo unico.
L’articolo 195 tratta la gestione delle entrate da considerarsi vincolate, di cui al comma 3-ter, articolo 185 del TUEL, da parte degli enti locali. In particolare, costituiscono quota vincolata del risultato di amministrazione le entrate accertate e le corrispondenti economie di bilancio qualora:
a) La legge o i principi contabili generali o applicati individuino uno specifico vincolo di destinazione alla spesa;
b) Derivino da mutui e finanziamenti contratti per il finanziamento di investimenti determinati;
c) Provengano da trasferimenti erogati a favore dell’ente per una specifica destinazione determinata;
d) Siano originate da entrate straordinarie, non aventi natura ricorrente, cui l’amministrazione ha formalmente attribuito una specifica destinazione. È possibile attribuire un vincolo a tali entrate solo se l’ente non ha rinviato la copertura del disavanzo di amministrazione negli esercizi successivi e ha provveduto nel corso dell’esercizio alla copertura di tutte le eventuali passività fuori bilancio.
Per quanto concerne l’articolo 195, i commi 1 e 2 individuano le fattispecie nelle quali, a determinate condizioni, è possibile per gli enti disporre l'utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate di cui all'art. 180, comma 3, lettera d) per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile. Con riferimento alle anticipazioni di tesoreria, di cui all’articolo 222 del TUEL, si ricorda come il tesoriere, su richiesta dell’ente accompagnata dalla deliberazione della giunta, possa concederle all’ente entro il limite massimo di tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio.
Il comma 3 specifica come il suddetto ricorso all’utilizzo delle entrate vincola una quota corrispondente dell’anticipazione di tesoreria, pertanto, con i primi introiti non vincolati dovrà essere ricostituita la consistenza delle somme vincolate utilizzate per il pagamento di spese correnti.
L’articolo 187 al comma 3-bis stabilisce dunque l’indisponibilità dell’avanzo di amministrazione non vincolato qualora ricorrano le condizioni riportate negli articoli 195 e 222, fatto salvo l’impiego di tali risorse non vincolate per i provvedimenti, di cui all’articolo 193, finalizzati al riequilibrio del bilancio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili contenute nel TUEL, con particolare riferimento agli equilibri di competenza e di cassa.
La deroga introdotta dall’articolo 18-bis, limitatamente per gli anni 2024, 2025 e 2026, prevede che agli enti non si applichino le limitazioni di cui al comma 3-bis, articolo 187 del TUEL, relative all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione non vincolato a condizione che il finanziamento delle spese correnti mediante ricorso all’anticipazione di tesoreria o all’utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate sia stato determinato da necessità di pagamento sorte in attuazione di quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
La finalità della disposizione normativa è agevolare gli enti locali nel rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali connessi alla realizzazione degli interventi di investimento.
Si ricorda come ai sensi dell’articolo 4, decreto legislativo n. 231 del 2002, attuativo della direttiva 200/35/CCE in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, i tempi di pagamento dei debiti per le pubbliche amministrazioni sono fissati in 30 giorni, con l’eccezione del comparto sanitario per il quale si applica il termine di 60 giorni. Il medesimo articolo al comma 4 prevede inoltre la possibilità per la pubblica amministrazione debitrice, in accordo con la controparte, di pattuire in modo espresso e per iscritto un termine superiore per il pagamento nel limite massimo di 60 giorni, purché giustificato dalla natura particolare del contratto o dalle sue caratteristiche.
Articolo 18-ter
(Assunzioni di personale negli enti in riequilibrio finanziario pluriennale e in dissesto, anche in esercizio provvisorio)
L’articolo 18-ter, inserito nel corso dell’esame in sede referente, differisce di sei mesi il periodo di tempo entro il quale possono essere perfezionate le assunzioni già autorizzate di personale a tempo indeterminato e a tempo determinato programmate dagli enti in dissesto finanziario, in riequilibrio finanziario pluriennale o strutturalmente deficitari, sottoposte all'approvazione della Commissione per la stabilità finanziaria.
L’articolo in esame, in particolare, modifica il comma 2 dell’articolo 21-bis del decreto-legge n. 104 del 2023, il quale stabilisce che le assunzioni di personale a tempo indeterminato e a tempo determinato programmate dagli enti in dissesto finanziario, in riequilibrio finanziario pluriennale o strutturalmente deficitari, già autorizzate dalla Commissione per la stabilità finanziaria (ai sensi dell’art. 155 del TUEL) possono essere comunque perfezionate fino al 30 giugno dell'anno successivo a quello dell'autorizzazione anche in condizione di esercizio provvisorio. La norma in esame proroga tale termine del 30 giugno al 31 dicembre dell’anno considerato.
Si ricorda che, in precedenza, l’articolo 1, comma 22-bis, del decreto-legge n. 198 del 2022 ha previsto una norma di analogo tenore per le assunzioni programmate dagli stessi soggetti e autorizzate per l’anno 2022, consentendone il perfezionamento entro il 30 giugno 2023.
L’art. 155 del TUEL attribuisce alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali il compito di esercitare il controllo centrale sui comuni e sulle province che hanno dichiarato il dissesto finanziario (art. 244 e seguenti TUEL), sui comuni, sulle province e sulle comunità montane strutturalmente deficitari (art. 242 TUEL) e sui comuni e sulle province che fanno ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (art. 243-bis TUEL). Tali enti sono soggetti al controllo della Commissione per la stabilità finanziaria sia con riferimento alle assunzioni che alla rideterminazione della dotazione organica.
Il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL, D.Lgs. n. 267 del 2000), alla Parte II, Titolo VIII, articoli 242-269, contiene le disposizioni concernenti gli enti locali in condizione di sofferenza finanziaria e le relative procedure di risanamento finanziario. In particolare, tali enti possono essere suddivisi in tre gruppi: deficitari (art. 242-243), in predissesto (riequilibrio finanziario pluriennale, da artt. 243-bis a 243-sexies) e in dissesto (art. 244 e seguenti).
Gli enti locali strutturalmente deficitari - una condizione rilevabile da parametri prestabiliti - sono sottoposti a livello centrale a controlli relativi alle dotazioni organiche del personale e alla copertura dei costi di determinati servizi.
Gli enti locali che si trovano in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, in grado di provocarne il dissesto finanziario, possono attivare la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (c.d. predissesto). Tale procedura, avviata autonomamente dall'ente, evita il ricorso alla gestione commissariale e lascia la gestione finanziaria in capo all'organo elettivo, sebbene l'ente sia sottoposto a penetranti controlli volti a impedire che la situazione sfoci in un dissesto.
Si procede con il dissesto finanziario nel caso in cui l'ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili, ovvero non sia in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili. Il percorso di un ente dissestato viene gestito sia dalla giunta, per quanto riguarda la gestione ordinaria, che da un organo straordinario di liquidazione, che si occupa della gestione del debito dell'ente.
Negli ultimi cinque anni risultano attivati 137 dissesti (a cui si aggiungono 72 procedure di dissesto dichiarate negli anni precedenti in cui gli organismi straordinari di liquidazione non hanno ancora approvato il rendiconto di gestione), con una dinamica che, dopo il minimo del 2021 (21 casi), ha ripreso a salire sia nel 2022 (25 casi) che nel 2023 (29 casi). Per quanto riguarda il c.d. predissesto, le procedure ancora attive al 31 dicembre 2023 risultano 269; i piani di riequilibrio finanziario pluriennali approvati (e in molti casi rimodulati e riformulati) dalle Sezioni regionali della Corte dei conti sono 119 e sono in corso di svolgimento. Gli altri 150 sono ancora in istruttoria, in molti casi da molti anni. Pochissimi sono i casi delle procedure chiuse e non sempre la chiusura coincide con un ritorno in bonis del Comune.
Articolo 18-quater
(Disposizioni in materia di segretari comunali)
L’articolo 18-quater, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, modifica con i commi 1, 2, 3, 4 e 5 la normativa transitoria che consente, a determinate condizioni, di attribuire, in via provvisoria, ad un segretario comunale iscritto nella fascia iniziale di accesso in carriera la titolarità di sedi, singole o convenzionate, di competenza della fascia professionale immediatamente superiore.
I successivi commi 6, 7 e 8 intervengono invece in tema di disciplina dell’accesso alla carriera di segretario comunale e provinciale e in materia di disciplina del corso-concorso di formazione previsto dal comma 2 dell'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.
L’articolo 18-quater, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede, al comma 1, che il segretario comunale iscritto nella fascia iniziale di accesso in carriera, per tutto il periodo in cui permane l'iscrizione in tale fascia, può essere autorizzato allo svolgimento degli incarichi di cui all'articolo 12-bis, comma 1, lett. b), del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, per un periodo non superiore a 24 mesi complessivi.
Il successivo comma 2 stabilisce che, a seguito di vacanza della sede, anche per decorso del periodo massimo di incarico di cui al comma 1, il sindaco avvia la pubblicizzazione della relativa sede di segreteria per la nomina di un segretario avente gli ordinari requisiti. Ove tale procedura sia andata deserta, il sindaco può procedere ad una nuova pubblicizzazione della sede aperta anche ai segretari iscritti nella fascia iniziale di accesso in carriera. Nell'ipotesi in cui sia individuato un segretario iscritto nella fascia iniziale di accesso alla carriera che abbia espletato le funzioni di cui al sopracitato articolo per il periodo massimo di ventiquattro mesi, ivi incluso il segretario già titolare della medesima sede, il sindaco può richiedere al Ministero dell'Interno l'autorizzazione a conferire un nuovo incarico di durata non superiore a dodici mesi. Ai sensi del comma 3 tali ultime autorizzazioni possono essere richieste anche per i segretari, autorizzati ai sensi del menzionato articolo 12-bis, per i quali il periodo massimo di incarico di 24 mesi sia scaduto nei 120 giorni precedenti alla data di entrata in vigore della disposizione in commento, purché la richiesta del sindaco pervenga non oltre il trentesimo giorno successivo alla predetta data di entrata in vigore.
Il comma 4 dispone, quindi, che il segretario che, durante i periodi di incarico conferiti ai sensi delle disposizioni in commento, consegua l'iscrizione nella fascia professionale di cui all'articolo 31, comma 1, lett. b), del CCNL del 16.05.2001[51], è collocato, dalla data di iscrizione, in posizione di disponibilità con attribuzione del trattamento economico previsto per gli enti aventi una popolazione fino a 3.000 abitanti, mentre il comma 5 stabilisce che i periodi di incarico svolti ai sensi della presente disposizione rilevano esclusivamente ai fini economici ferma restando la sola maturazione dell'anzianità di servizio prevista dall'articolo 31, comma 1, lett. b), del CCNL del 16.05.2001.
Si rammenta che, in base alla disciplina ordinaria, agli iscritti nella fascia iniziale di accesso in carriera - fascia professionale C - dell'albo dei segretari comunali e provinciali può essere attribuita la titolarità di sedi di segreteria comunale, singole o convenzionate, aventi una popolazione non superiore a 3.000 abitanti. Il citato articolo 12-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, e il relativo decreto attuativo del Ministro dell'interno del 29 aprile 2022 hanno previsto che, su richiesta del sindaco (o del sindaco del comune capofila, nel caso di una convenzione di segreteria), previa autorizzazione del Ministero dell'interno, gli iscritti alla suddetta fascia professionale C possano assumere, nel rispetto dei limiti temporali massimi previsti (ventiquattro mesi per effetto delle modifiche da ultimo apportate alla richiamata disposizione dall’articolo 1, comma 20, del decreto legge n. 198 del 2022), la titolarità anche in sedi, singole o convenzionate, di competenza della fascia professionale immediatamente superiore e aventi fino ad un massimo di 5.000 abitanti (con riferimento al singolo comune nel caso di sede singola e alla popolazione complessiva dei comuni nel caso di convenzione di segreteria), nonché fino ad un massimo di 10.000 abitanti nelle sedi singole situate nelle isole minori, qualora la sede sia vacante e la procedura di pubblicizzazione sia andata deserta; dopo il rilascio dell'autorizzazione, l'incarico in oggetto è conferito dal sindaco (anche senza ulteriore pubblicizzazione e previo consenso dell'interessato) tra i segretari iscritti nella suddetta fascia professionale C.
Il comma 6 dell’articolo in commento interviene poi sull’articolo 16-ter, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8.
Il richiamato comma 1 dell’articolo 16-ter del decreto-legge n. 162 del 2019 – recante disposizioni urgenti per il potenziamento delle funzioni dei segretari comunali e provinciali – ha stabilito che il corso-concorso di formazione previsto dal comma 2 dell'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465[52], ha la durata di sei mesi ed è seguito da un tirocinio pratico di due mesi presso uno o più comuni. Durante il corso è effettuata una verifica volta ad accertare l'apprendimento, secondo i criteri stabiliti dal Consiglio direttivo per l'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali. Nel biennio successivo alla data della prima nomina, il segretario reclutato a seguito del corso-concorso di formazione di cui al medesimo comma 1 è tenuto, a pena di cancellazione dall'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, ad assolvere a obblighi formativi suppletivi, in misura pari ad almeno 120 ore annuali, mediante la partecipazione a corsi organizzati, anche con modalità telematiche, nell'ambito della programmazione dell'attività didattica di cui all'articolo 10, comma 7, lettera b), del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
La disposizione di cui al comma 6 in commento modifica quindi il comma 1 del richiamato articolo 16-ter riducendo da sei mesi a un mese, con svolgimento di almeno 120 ore di formazione, anche con modalità telematiche, la durata del corso-concorso di formazione ivi previsto e riducendo da due mesi a un mese la durata del tirocino pratico presso uno o più comuni. La disposizione, inoltre, amplia da due a tre anni il periodo in cui il segretario reclutato ai sensi del predetto comma 1 è tenuto, a pena di cancellazione dall'Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, ad assolvere a obblighi formativi suppletivi, in misura pari ad almeno 120 ore annuali, mediante la partecipazione a corsi organizzati, anche con modalità telematiche.
Il successivo comma 7 dispone poi l’abrogazione della lettera a) del comma 2 dell’articolo 12-bis del decreto legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25.
La citata lettera a) ha previsto che, a decorrere dal 2022 e per la durata del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), le assunzioni di segretari comunali e provinciali siano autorizzate per un numero di unità pari al 120 per cento delle cessazioni dal servizio nel corso dell'anno precedente, stabilendo altresì che le assunzioni siano effettuate con le modalità di cui all’articolo 6-bis del decreto-legge n. 80 del 2021[53].
Infine il comma 8 prevede che le procedure semplificate per l'accesso alla carriera di segretario comunale e provinciale, di cui all'articolo 25-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, possono essere applicate ai bandi di concorso per il reclutamento dei segretari comunali e provinciali fino al 31 dicembre 2026[54].
Articolo 18-quinquies
(Disposizioni finanziarie in materia di PNRR)
L’articolo 18-quinquies introdotto nel corso dell’esame in sede referente, dispone che le Amministrazioni centrali titolari degli interventi del PNRR, al fine di assicurare la liquidità di cassa necessaria per i pagamenti di competenza dei soggetti attuatori, provvedono al trasferimento delle occorrenti risorse finanziarie fino al limite cumulativo del 90 per cento del costo dell’intervento a carico del PNRR, entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della richiesta di trasferimento (comma 1).
I soggetti attuatori richiedenti devono fornire la documentazione attestante: 1) l’ammontare delle spese effettuate; 2) i controlli di competenza effettuati; 3) le verifiche sul rispetto dei requisiti specifici previsti dal PNRR. Successivamente ai trasferimenti le Amministrazioni centrali effettuano i controlli sulla documentazione giustificativa entro l’erogazione del saldo (comma 2).
Si demanda ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze la definizione dei criteri e delle modalità per l’attuazione della normativa in esame (comma 3).
Il comma 1, al fine di assicurare la liquidità di cassa occorrente per i pagamenti di competenza dei soggetti attuatori degli interventi del PNRR, dispone che le Amministrazioni centrali titolari delle misure provvedono al trasferimento delle occorrenti risorse finanziarie, fino al limite cumulativo del 90 per cento del costo dell’intervento a carico del PNRR, entro 30 giorni dalla data di ricevimento delle richieste di trasferimento.
La norma in esame fa salva la disciplina delle anticipazioni già prevista dalla normativa vigente. Al riguardo si ricorda che l’articolo 6 del decreto-legge n. 13 del 2023 ha disciplinato, in un primo momento, la richiesta di anticipazioni di cassa in favore dei soggetti attuatori di progetti PNRR, inclusi egli enti territoriali, sulla base di motivate richieste dagli stessi presentate, sentite le amministrazioni centrali titolari degli interventi PNRR su cui i progetti insistono. Per i soggetti attuatori le anticipazioni costituiscono trasferimenti di risorse vincolati alla realizzazione tempestiva degli interventi PNRR per i quali sono erogate. A tal fine, i soggetti attuatori possono presentare una richiesta di anticipazione al Ministero dell’economia e delle finanze il quale, sentita l’Amministrazione titolare della misura su cui il progetto insiste, può disporre anticipazioni a valere sui fondi giacenti nel conto corrente di tesoreria centrale (Next Generation EU - Contributi a fondo perduto), istituito ai sensi dell’art.1, comma 1038, della legge n. 178/2020. Con la circolare n. 25 del 2023 la Ragioneria generale dello Stato ha definito le modalità operative per la richiesta di anticipazione mediante il sistema informatico ReGiS.
In seguito, al fine di potenziare lo strumento dell’anticipazione per far fronte alle esigenze di liquidità più volte manifestate dai soggetti attuatori, l’articolo 11 del decreto-legge n. 19 del 2024 ha stabilito che la misura delle anticipazioni erogabili in favore dei soggetti attuatori è di norma pari al 30 per cento del contributo assegnato, nel limite della disponibilità di cassa esistente e ferme restando le eventuali maggiori percentuali previste da specifiche disposizioni di legge. La norma ha inoltre specificato che tali anticipazioni debbono essere erogate entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. L’amministrazione centrale deve attestare, ai fini del riconoscimento dell’anticipazione, l’avvio dell’operatività dell’intervento ovvero l’avvio delle procedure propedeutiche alla fase di operatività. Si prevede, inoltre, che le amministrazioni titolari di interventi non più finanziati a valere sulle risorse del PNRR, a seguito della modifica del Piano approvato con decisione del Consiglio ECOFIN dell’8 dicembre 2023, provvedono al recupero delle somme eventualmente già erogate a favore dei medesimi interventi e a versarle, tempestivamente, negli appositi conti di tesoreria. Con la circolare n. 21 del 2024 la Ragioneria generale dello Stato ha fornito le indicazioni per l’applicazione della disposizione sia a livello di misura che di singoli interventi. A livello di intervento, la norma trova applicazione sia per i “Nuovi Progetti” finanziati a valere sul Fondo Next Generation EU-Italia, sia per i cosiddetti “Progetti in essere”, le cui risorse finanziarie sono recate da specifiche autorizzazioni di spesa già previste a legislazione vigente.
Il comma 2 prevede che in sede di presentazione della richiesta di trasferimento delle risorse finanziarie, i soggetti attuatori devono attestare:
§ l’ammontare delle spese risultanti dagli stati di avanzamento degli interventi;
§ l’avvenuto espletamento dei controlli di competenza previsti dal proprio ordinamento;
§ le verifiche sul rispetto dei requisiti specifici del PNRR.
Tale documentazione deve essere inoltre conservata dagli stessi soggetti attuatori e deve essere resa disponibile per essere esibita in sede di audit e controlli da parte delle autorità nazionali ed europee.
Le amministrazioni centrali titolari delle misure provvedono ai trasferimenti, sulla base delle attestazioni citate, “riservandosi” i successivi controlli sulla documentazione giustificativa da effettuare entro l’erogazione del saldo finale dell’intervento.
Il comma 3 prevede che con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, sono stabiliti i criteri e le modalità cui le amministrazioni titolari delle misure e i soggetti attuatori devono attenersi per gli adempimenti previsti dai precedenti commi.
Articolo 19
(Misure in materia di revisione della spesa in favore delle regioni)
L’articolo 19, modificato in sede referente, interviene nella disciplina del contributo alla finanza pubblica dovuto dalle regioni a statuto ordinario per gli anni dal 2024 al 2028, dettata dalla legge di bilancio per il 2024 (articolo 1, comma 527) al fine di:
? prorogare i termini previsti per la definizione del riparto del contributo tra le regioni, per gli anni dal 2025 al 2028, sia nel caso di autocoordinamento, sia in assenza di accordo tra le regioni (lettera a));
? modificare le modalità di realizzazione del contributo, per l’anno 2024, inserendo una specifica disciplina alla norma della legge di bilancio 2024 (commi da 527-bis a 527-quinques) che consente di utilizzare la quota di contributo dovuta per il 2024 come economia per il ripiano del disavanzo e conseguentemente provvede alla copertura del corrispondente onere, in termini di saldo netto da finanziare, attraverso la riduzione di risorse nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (lettera b));
? inserire la definizione (Allegato VI-bis alla legge di bilancio 2024) delle quote del contributo alla finanza pubblica riferite a ciascuna regione a statuto ordinario per l’anno 2024 (lettera c)).
Il concorso alla finanza pubblica del comparto delle regioni a statuto ordinario per gli anni dal 2024 al 2028 è disciplinato dall’art. 1, comma 527, della legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023), come modificato dal decreto-legge n. 215 del 2023, articolo 3, comma 12-octies. Nello specifico, tale comma stabilisce che le regioni a statuto ordinario concorrono alla finanza pubblica con un contributo annuo complessivo determinato in 305 milioni di euro per l’anno 2024 e in 350 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2028. Secondo la disciplina vigente, nel caso di autocoordinamento il riparto è formalizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie. In assenza di accordo in sede di autocoordinamento, il riparto è effettuato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, in proporzione agli impegni di spesa corrente risultanti dal rendiconto generale 2022 o, in caso di mancanza, dall’ultimo rendiconto approvato. Il riparto è operato, al netto delle spese correlate ai settori diritti sociali, politiche sociali e famiglia (Missione 12) e tutela della salute (Missione 13).
Prima delle modifiche introdotte dalla disposizione in esame, la legge di bilancio 2024 stabiliva il termine del 31 maggio 2024 per procedere, in sede di autocoordinamento, al riparto del contributo tra le regioni, ed il termine del 30 giugno 2024 per procedere in assenza di accordo tra le regioni. La lettera a), numeri 1) e 2), dell’articolo 19 posticipa i due termini per la ripartizione del contributo: il nuovo termine per definire il riparto in sede di autocoordinamento è quindi il 20 settembre 2024, mentre quello per il riparto del contributo in assenza di accordo è il 20 ottobre 2024.
Si segnala che la Conferenza delle Regioni ha reso noto (con comunicato stampa del 19 settembre 2024) che le regioni a statuto ordinario hanno raggiunto l’accordo, in sede di autocoordinamento, sui criteri di riparto del contributo alla finanza pubblica per gli anni 2025-2028, confermando le medesime percentuali di riparto applicate per il 2024.
La ripartizione del contributo di cui sopra è riferita agli anni dal 2025 al 2028; in relazione ai tempi e alle modalità di realizzazione del contributo per l’anno 2024 intervengono, invece, la lettera a), numero 3) e la lettera b) dell’articolo 19 in esame.
Secondo quanto stabilito dalla legge di bilancio 2024, infatti, ciascuna regione a statuto ordinario è tenuta a versare all’entrata del bilancio dello Stato – sul capo X – capitolo n. 3465 – art. 2 (“Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle regioni a statuto ordinario”) – gli importi del concorso alla finanza pubblica, come stabiliti con le modalità sopra descritte, entro il 31 luglio per l’anno 2024 ed entro il 30 giugno per ciascun anno dal 2025 al 2028. In caso di mancato versamento entro il termine stabilito, la Ragioneria generale dello Stato è autorizzata ad operare una corrispondente riduzione delle risorse spettanti alla regione inadempiente.
Il numero 3 della lettera a) in esame, sopprime la previsione del versamento all’erario entro il 31 luglio 2024 della quota stabilita per il medesimo anno, in quanto, le modalità di realizzazione del contributo alla finanza pubblica per il 2024 sono stabilite dai commi 527-bis, 527-ter, 527-quater e 527-quinques inseriti dalla lettera b) dell’art. 19 all’art. 1 della legge n. 213 del 2023.
Il comma 527-bis stabilisce che per l’anno 2024 le modalità di versamento del contributo sono stabilite dai commi 527-ter, 527-quater e 527-quinques.
I commi 527-ter e 527-quater recano la disciplina contabile che consente alle regioni che si trovano in disavanzo di amministrazione di utilizzare la quota di contributo che avrebbero dovuto versare allo Stato per il 2024, come economia per il ripiano del disavanzo. Il comma 527-quinques provvede alla copertura del relativo onere, in termini di saldo netto da finanziare, attraverso la corrispondente riduzione di risorse nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
In particolare, il comma 527-ter dispone che le regioni a statuto ordinario che sono in disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2023 (rientra in questo anche il disavanzo dovuto a debito autorizzato e non contratto), autorizzano con legge regionale l’iscrizione dell’importo corrispondente alla propria quota di contributo (definita nell’allegato), in un fondo nella parte corrente del primo esercizio del bilancio di previsione 2024-2026. La lettera c) dell’articolo in esame, inserisce l’allegato VI-bis alla legge di bilancio 2024 (legge n. 213 del 2023) recante appunto la ripartizione dell’importo complessivo di 305 milioni di euro dovuto dalle regioni a statuto ordinario a titolo di contributo alla finanza pubblica, come stabilito dal citato comma 527. A riguardo le modifiche apportate in sede referente sopprimono la dicitura ‘tabella’ dal testo in esame, in modo tale che rimane il riferimento al solo allegato VI-bis.
La legge regionale di autorizzazione deve essere emanata entro 90 giorni dalla entrata in vigore del provvedimento (così modificato in sede referente, il termine era inizialmente fissato a 30 giorni) e deve essere comunque rispettato l’equilibrio di bilancio di parte corrente. La norma in esame, integrata in tal senso in sede referente, allarga il campo di applicazione anche al caso della regione che avesse già adottato una legge regionale di autorizzazione nel senso sopra descritto, a condizione che le disposizioni già adottate siano coerenti con la norma in esame e il fondo sia capiente per la quota di contributo riferita alla regione medesima.
Alla fine dell’esercizio 2024 l’importo iscritto nel suddetto fondo è utilizzato come economia che concorre al ripiano del disavanzo di amministrazione, da effettuare per un importo pari a quello previsto nel bilancio di previsione per l’esercizio 2024 incrementato dal suddetto fondo.
Il comma 527-quater, nell’ipotesi che in sede di approvazione del rendiconto 2024, il disavanzo non sia migliorato rispetto all’anno precedente di una quota pari almeno a quanto iscritto definitivamente nel bilancio di previsione 2024 (come “Disavanzo di amministrazione”) incrementato della quota del fondo, stabilisce che le quote del disavanzo non recuperate sono interamente applicate al primo esercizio del bilancio previsione in corso di gestione in aggiunta alle quote del recupero prevista dai piani di rientro in corso di gestione per il medesimo esercizio. La norma specifica, inoltre, che il suddetto fondo è finanziato con risorse di parte corrente, ad esclusione delle risorse destinate ai redditi da lavoro dipendente, sanità e trasferimenti agli enti locali.
Il comma 527-quinques stabilisce, infine, che il concorso alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare per il 2024, per l’importo di 305 milioni di euro, è realizzato attraverso la riduzione delle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica», programma «Oneri finanziari relativi alla gestione della tesoreria», azione «Interessi sui conti di tesoreria».
L’articolo 20 prevede il riconoscimento di un contributo a fondo perduto in favore di specifiche categorie di operatori economici che svolgono la propria attività nelle zone montane appenniniche e che hanno subito una significativa riduzione dei ricavi a causa della scarsità di neve nella stagione invernale 2023/2024. Per l’erogazione del contributo viene autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2024. Il contributo non incide sul calcolo delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Le disposizioni attuative devono essere definite con decreto del Ministro del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentita l’Autorità politica delegata in materia di sport, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ovverosia entro il 24 settembre 2024).
L’articolo 20 prevede, al comma 1, il riconoscimento di un contributo a fondo perduto in favore di specifiche categorie di operatori economici che svolgono la propria attività nei comuni ubicati all’interno dei comprensori e delle aree sciistiche della dorsale appenninica che, come precisato dal comma 3, nel periodo dal 1° novembre 2023 al 31 marzo 2024 hanno subito una riduzione dei ricavi non inferiore al 30 per cento rispetto a quelli conseguiti nel periodo dal 1° novembre 2021 al 31 marzo 2022.
In particolare, possono accedere al contributo, presentando istanza al Ministero del turismo ai fini del rilascio dello stesso:
· gli esercenti attività di impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale, nonché di preparazione delle piste da sci,
· i noleggiatori di attrezzature per sport invernali,
· i maestri di sci, iscritti negli appositi albi professionali,
· le scuole di sci presso le quali i medesimi maestri di sci risultano operanti,
· le agenzie di viaggio,
· i tour operator,
· i gestori di stabilimenti termali,
· le imprese turistico-ricettive,
· le imprese di ristorazione.
Il comma 1 dell’articolo 20 rappresenta che le relative norme sono finalizzate a contrastare la crisi causata dalla scarsità di precipitazioni nevose e dalla conseguente diminuzione delle presenze turistiche, nel periodo dal 1° novembre 2023 al 31 marzo 2024, nei comuni montani degli Appennini.
Per l’erogazione del contributo, il comma 1 autorizza la spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2024, ai quali si provvede: a) quanto a 6.500.000 euro, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del turismo; b) quanto a 6.500.000 euro, mediante corrispondente versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme in conto residui del fondo a favore dei viaggiatori e degli operatori del settore turistico e ricettivo previsto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 104 del 2023.
Tale norma ha istituito un fondo, con dotazione di 15 milioni di euro per il 2023, a favore dei viaggiatori e degli operatori del settore turistico e ricettivo che hanno subito danni economici a causa degli eventi eccezionali, determinati dai roghi e dagli incendi che, nel periodo tra il 17 luglio 2023 e il 7 agosto 2023, hanno colpito la Sicilia e la Sardegna.
Con riferimento alla quantificazione dei ricavi, il comma 2 precisa che devono essere considerati quelli di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), ovverosia i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa; nonché i corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione.
Il comma 4 specifica inoltre che il contributo in esame:
· non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi,
· non rileva altresì ai fini del rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi in base al quale viene parametrata la deducibilità di interessi passivi e altri componenti negativi dagli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR,
· non concorre alla formazione del valore della produzione netta, ai fini del calcolo dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997.
Il comma 5 stabilisce, infine, che:
- i comuni interessati dalla misura
- i criteri per la quantificazione del sostegno nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato,
- le procedure di erogazione, le modalità di ripartizione e di assegnazione, che consentano il rispetto del limite di spesa e l’erogazione delle risorse entro e non oltre il 31 dicembre 2024, nonché le procedure di verifica, di controllo e di revoca del contributo,
sono definiti con decreto del Ministro del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentita l’Autorità politica delegata in materia di sport, da adottare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ovverosia entro il 24 settembre 2024).
Articolo 21
(Contributi transitori ai nuclei familiari del complesso edilizio denominato Vela celeste B dell’area di Scampia)
L’articolo 21 riconosce contributi transitori ai nuclei familiari detentori di unità abitative nel complesso edilizio denominato Vela celeste B dell’area di Scampia (nel comune di Napoli), unità oggetto di sgombero in base agli atti amministrativi conseguenti al crollo verificatosi il 22 luglio 2024. I contributi sono riconosciuti su base mensile, a decorrere dalla data di esecuzione del provvedimento di sgombero dell’immobile e fino a che le esigenze abitative non siano state soddisfatte in modo stabile; in ogni caso, i contributi cessano il 31 dicembre 2025. I contributi sono riconosciuti entro i limiti massimi di spesa posti dal presente articolo, il quale provvede altresì alla relativa copertura finanziaria.
Per l’individuazione dei nuclei familiari ai quali può essere riconosciuto il contributo in oggetto, il comma 1 del presente articolo fa riferimento all’elenco di quelli risultanti detentori delle unità suddette negli elenchi definiti dall’unità operativa per la tutela del patrimonio della polizia locale del comune di Napoli (elenchi a cui fa riferimento il decreto direttoriale della Direzione generale per il governo del territorio della regione Campania n. 112 del 4 giugno 2024, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Campania n. 43 del 10 giugno 2024).
La misura dei contributi – nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 934.000 euro per l’anno 2024 e a 2.101.200 euro per l’anno 2025 – non può essere superiore a: 400 euro mensili per i nuclei composti da una sola persona; 500 euro mensili per i nuclei familiari composti da due persone; 700 euro mensili per quelli composti da tre persone; 800 euro mensili per quelli composti da quattro persone; 900 euro mensili per quelli composti da cinque o più persone (riguardo a quest’ultima categoria, in sede referente è stata operata una precisazione formale). Qualora nel nucleo familiare siano presenti persone di età superiore a 65 anni o persone con disabilità con una percentuale di invalidità civile non inferiore al 67 per cento, è concesso un contributo aggiuntivo nel limite di 200 euro mensili per ognuno di tali soggetti (anche oltre il suddetto limite di 900 euro).
I contributi spettano – fermi restando i limiti temporali sopra menzionati (di cui al comma 2) – esclusivamente per i periodi in cui l’esigenza abitativa non sia stata temporaneamente soddisfatta a titolo gratuito da una pubblica amministrazione (comma 2 citato).
Dalla data di erogazione dei contributi in esame cessa (comma 3) l’erogazione di altre forme di supporto temporaneo in favore dei soggetti beneficiari, eventualmente concesse con oneri a carico delle amministrazioni competenti; tale norma ricomprende esplicitamente anche le eventuali forme di sostegno rimborsate dallo Stato ad altre amministrazioni.
I contributi di cui al presente articolo 21 sono erogati dal comune di Napoli e rimborsati a quest’ultimo dal Ministero dell’interno, ai sensi del comma 4.
Secondo i dati del comune di Napoli indicati nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[55], i nuclei familiari rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 21 in esame sono 220, con un importo medio mensile del contributo pari a 175.100 euro.
Il comma 5 del presente articolo provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dai suddetti contributi, mediante corrispondente riduzione – entro i summenzionati limiti di 934.000 euro per l’anno 2024 e di 2.101.200 euro per l’anno 2025 – del fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione[56], di cui all’articolo 1, comma 200, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni.
Articolo 21-bis
(Clausola di salvaguardia)
L’articolo 21-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede che le disposizioni del decreto-legge in esame sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
L’articolo 21-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, stabilisce quindi che le del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la previsione in esame esplicita, trae origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, dall'impossibilità che norme di rango primario possano legittimamente incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione (il cui ambito di competenza è anch'esso previsto da norme statutarie di rango costituzionale)[57]. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.
Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti legislativi che intervengono su ambiti materiali ascrivibili alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme introdotte, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).
La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, "allorquando tale clausola entri in contraddizione con quanto testualmente affermato dalle norme impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome"[58].
La disposizione in esame specifica che il rispetto degli statuti speciali e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che, "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti", le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, le disposizioni che novellano l'articolo 117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite".
Tale disposizione è così suscettibile di attribuire agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere, ad esempio, a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri un'autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.
Articolo 22
(Entrata in vigore)
L'articolo 22 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 10 agosto 2024.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Cfr. i richiamati articolo 44, comma 1, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, articolo 16 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, e successive modificazioni, articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni, e articolo 5 del D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209.
[2] Riguardo alla suddetta unità e alle relative pertinenze, cfr. il richiamato articolo 10, comma 3-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
[3] Riguardo a quest’ultima nozione, cfr. infra.
[4] Ai sensi del richiamato articolo 12, comma 1, lettera c), decimo periodo, del citato testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni.
[5] Cfr. la lettera d) del citato articolo 12, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni.
[6] Non si tiene conto degli eventuali redditi derivanti da pensioni di ogni genere e dagli assegni ad esse equiparati (redditi di cui al richiamato articolo 49, comma 2, lettera a), del citato testo unico delle imposte sui redditi).
[7] Detrazione di cui al richiamato articolo 13, comma 1, del citato testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni.
[8] Fasi previste dai commi 4 e 5; cfr. infra, in merito.
[9] L’indennità è dunque esclusa anche dalla base imponibile della contribuzione di previdenza sociale, ai sensi della relativa norma generale di rinvio (di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni) al regime fiscale.
[10] In base alla disciplina sulla compensazione di cui al richiamato articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.
[11] Cfr. il richiamato articolo 1, comma 185, della L. 30 dicembre 2023, n. 213. Si ricorda che, in ogni caso, il riconoscimento dell’assegno unico e universale per i figli a carico non è subordinato al rispetto di limiti di spesa complessiva (cfr. l’articolo 6, comma 8, del D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230, e successive modificazioni).
[12] Fondo di cui all’articolo 10, comma 5, del D.L. 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2004, n. 307.
[13] Per maggiori dettagli sulle caratteristiche dell'agevolazione fiscale, si rinvia alla scheda dell'articolo 81 del Dossier sul decreto-legge n. 104 del 2020 curato dai Servizi studi del Senato e della Camera. Per un approfondimento sui più recenti interventi in materia di organismi sportivi, si rinvia al relativo tema del portale della documentazione parlamentare della Camera.
[14] Tali apparecchiature sono state individuate in 340 TAC, 190 risonanze magnetiche, 81 acceleratori lineari, 937 sistemi radiologici fissi, 193 angiografi, 82 Gamma camera, 53 gamma camera/TAC, 34 PET TAC, 295 mammografi, 928 ecotomografi.
[15] Le risorse oggetto della rimodulazione finanziaria dei progetti in essere - la cui realizzazione si conferma essere garantita attraverso le risorse ordinariamente previste a legislazione vigente - sono state destinate al rafforzamento delle misure previste nell’ambito della Componente 1, di assistenza domiciliare e telemedicina.
[16] Cfr. l’articolo 2, comma 2-bis, del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, n. 112.
[17] La novella concerne l’articolo 4-quater del D.L. 18 ottobre 2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla 15 dicembre 2023, n. 191.
[18] Riguardo alle questioni interpretative sorte – anche in relazione all’ordinamento dell’Unione europea – nell’ambito della disciplina previgente, si rinvia alla scheda di lettura del suddetto articolo 4-quater del D.L. n. 145 del 2023, scheda presente nel dossier dei Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato relativo alla versione definitiva (comprensiva delle modifiche in sede di conversione in legge) del citato D.L. (dossier n. 193/2 nella numerazione del Servizio Studi della Camera e n. 174/2 nella numerazione del Servizio Studi del Senato).
[19] Fondo di cui all’articolo 10, comma 5, del D.L. 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 2004, n. 307.
[20] In relazione ai progetti di rigenerazione urbana, per la riduzione di situazioni di emarginazione e degrado sociale (rientranti nella M5C2-2.1 del PNRR, per un importo di 2 miliardi di prestiti per il periodo 2021-2026), si ricorda che: con il D.P.C.M. del 21 gennaio 2021, sono stati assegnati ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, non capoluogo di provincia, ed i comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana (ex commi 42 e 43 della L. 160/2019); con il D.M. 30 dicembre 2021, sono stati previsti contributi ai comuni da destinare a investimenti in progetti di rigenerazione urbana anni 2021-2026 per 3,4 miliardi; con il D.M. 21 febbraio 2022 sono state definite le modalità per la presentazione delle richieste di contributi, per l'annualità 2022, per i descritti investimenti; con il D.L. 17/2022 è stato autorizzato lo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili e non finanziate dal D.M. 30 dicembre 2021 e autorizzata la spesa complessiva di 905 milioni di euro per il periodo 2022-2026; con il D.M. 4 aprile 2022 è stato effettuato lo scorrimento della graduatoria delle opere ammissibili e non finanziate del D.M. 30 dicembre 2021 ed erogati, per tali progetti, contributi pari a circa 901 milioni. Complessivamente, le risorse assegnate per gli investimenti di rigenerazione urbana in questione sono, dunque, pari a 4,3 miliardi. Sul tema la Corte dei Conti ha pubblicato la deliberazione n. 24/2023 e la deliberazione n. 51/2024, in cui si analizzano gli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale.
[21] La proroga di cui al comma 1 del presente articolo 9 è operata mediante l’inserimento di un comma 4-bis nel suddetto articolo 18.
[22] Ai sensi dell’articolo 4, primo comma, numero 5), del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; in tale norma, le fattispecie di esperienze ed esercitazioni variano parzialmente a seconda della tipologia di struttura.
[23] Ai sensi degli articoli 1 e 4 del citato testo unico di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965.
[24] Cfr., per il medesimo indirizzo interpretativo, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 113 (la relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 1222).
[25] Cfr., per il medesimo indirizzo interpretativo, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 113 (la relazione tecnica, come detto, è reperibile nell’A.S. n. 1222).
[26] Cfr., in senso conforme, la suddetta relazione tecnica (reperibile nell’A.S. n. 1222).
[27] La suddetta relazione tecnica (reperibile nell’A.S. n. 1222) osserva che gli oneri in oggetto relativi invece agli anni successivi al 2025 – oneri inerenti alle prestazioni di lunga durata (rendite dirette o in favore dei superstiti) – sono ritenuti (in considerazione degli effetti finanziari fin qui riscontrati) come compresi nella copertura finanziaria già disposta dal comma 3 del citato articolo 18 del D.L. n. 48.
[28] Cfr. il richiamato articolo 13, comma 9, lettera a), del D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85. Le riduzioni sono operate dal presente comma 2, per coordinamento, anche con riferimento agli importi previsti nell’alinea del medesimo articolo 13, comma 9. Riguardo all’istituto del Supporto per la formazione e il lavoro, cfr. l’articolo 12 del suddetto D.L. n. 48 del 2023.
[29] Come detto, la relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 1222.
[30] Si segnala che, in virtù dell’art. 52, comma 1-bis, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50 (come convertito dalla legge 15 luglio 2022, n. 91) per le società del comparto energetico si applica il diverso termine del 31 dicembre 2021.
[31] La Struttura di governance, istituita con Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 35518 del 5 marzo 2020, è articolata nei seguenti organi: il Comitato Direttivo con funzioni di indirizzo e decisionali; lo Standard Setter Board con funzione propositiva; il Gruppo di consultazione interna RGS con funzione consultiva e la Segreteria tecnica con funzioni di coordinamento e supporto.
Le proposte elaborate dallo Standard Setter Board sono assoggettate, prima dell'approvazione definitiva da parte del Comitato Direttivo, a una fase di consultazione pubblica, rivolta a tutti gli stakeholder interessati alla futura implementazione della riforma contabile, al fine di acquisirne i relativi pareri e contributi.
[32] In sintesi, con il principio della contabilità economico-patrimoniale accrual le transazioni e gli altri eventi economici sono imputati in bilancio quando si verificano, indipendentemente dal momento in cui si manifestano le relative transazioni finanziarie. In tal modo gli atti e i fatti di gestione sono rilevati contabilmente nei bilanci dei periodi ai quali questi si riferiscono.
[33] Si evidenzia che a seguito del processo di revisione complessivo del PNRR sono state apportate delle modifiche all’obiettivo M1C1-117 e al traguardo M1C1-118 della Riforma 1.15, approvate dal Consiglio dell’UE con decisione dell’8 dicembre 2023 e con decisione del 14 maggio 2024.
Per quanto riguarda l’obiettivo M1C1-117 è stato sostituito il valore obiettivo dei rappresentanti degli enti pubblici da formare per il passaggio al nuovo sistema di contabilità, passando da un target di 18.000 unità a quello di “rappresentanti degli enti pubblici che coprono almeno il 90% della spesa primaria dell'intero settore pubblico”.
Per quanto riguarda il traguardo M1C1-118 è stato precisato che la pubblicazione dei bilanci relativi all’esercizio 2025 da parte degli enti pubblici che coprono almeno il 90 per cento della spesa primaria dell’intero settore pubblico costituisce una fase pilota della riforma.
[34] Il suddetto Ministro, a differenza del Ministro della salute, figura tra i contro-firmatari del d.l. in esame.
[35] Le informazioni riportate sono tratte da un articolo del Corriere della sera - Roma: v. https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/24_agosto_10/santa-lucia-a-roma-11-milioni-dal-governo-per-salvare-l-eccellenza-della-riabilitazione-adfea87c-a7ef-4463-a7db-a516676f5xlk.shtml?refresh_ce
[36] Gli IRCCS sono ospedali di eccellenza che perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico ed in quello della organizzazione e gestione dei servizi sanitari ed effettuano prestazioni di ricovero e cura di alta specialità o svolgono altre attività aventi i caratteri di eccellenza di cui all’art. 13, comma 3, lett. d) del Decreto legislativo 16 ottobre 2003 n. 288 e s.m.i.. Gli IRCCS hanno natura giuridica pubblica o privata. Gli IRCCS pubblici sono enti pubblici a rilevanza nazionale sottoposti al controllo regionale e alla vigilanza del Ministero della salute. Al Ministro spetta la nomina del direttore scientifico degli IRCCS pubblici nell’ambito di una terna di candidati selezionata da una apposita commissione. Gli IRCCS di diritto pubblico, su istanza della Regione in cui l'Istituto ha la sede prevalente di attività clinica e di ricerca, possono essere trasformati in Fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze. Gli enti trasformati assumono la denominazione di Fondazione IRCCS. Gli IRCCS privati invece hanno una maggiore libertà di azione ed il controllo su di essi viene effettuato soltanto sulla valenza delle ricerche effettuate.
[37] Pubblicato in G.U., Serie Generale, n. 193 del 19 agosto 2022.
[38] Relazione consultabile sul sito web istituzionale del Ministero della salute: https://www.salute.gov.it/portale/temi/documenti/ricercaSanitaria/verbali_IRCCS/40.pdf
[39] Fonte: sito web istituzionale del Santa Lucia, https://www.hsantalucia.it/fondazione/accreditamento-servizio-sanitario-nazionale
[40] L’articolo 3 dello statuto del Santa Lucia stabilisce che la Fondazione de qua “non ha scopo di lucro” e “in nessun caso può distribuire avanzi di gestione”.
[41] V., riguardo all’anno 2023,
[42] L’articolo 107, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE prevede che, salvo deroghe contemplate dai Trattati, siano incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi sotto qualsiasi forma dagli Stati, ovvero mediante fondi pubblici, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
[43] Si veda la Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato (2016/C 262/01), con la quale la Commissione ha meglio specificato la nozione di aiuto di Stato, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE. Nell’ambito di tale Comunicazione, è anche evidenziato che, in alcuni Stati membri, gli ospedali pubblici fanno parte integrante dei servizi sanitari nazionali e sono quasi interamente basati sul principio di solidarietà. Tali ospedali sono direttamente finanziati dai contributi di sicurezza sociale e da altre risorse statali e prestano i propri servizi gratuitamente sulla base di una copertura universale. Gli organi giurisdizionali dell'Unione hanno confermato che, nel caso in cui esista una siffatta struttura, le pertinenti organizzazioni non agiscono come imprese. D’altro canto, nella Comunicazione predetta è anche posto in rilievo che, in molti altri Stati membri, gli ospedali e gli altri fornitori di assistenza sanitaria offrono i loro servizi contro pagamento di un prezzo, direttamente da parte dei pazienti oppure da parte della loro assicurazione. In tali sistemi, vi è un certo grado di concorrenza tra gli ospedali relativamente alla prestazione di servizi sanitari. In tal caso, il fatto che un servizio sanitario sia fornito da un ospedale pubblico non è sufficiente per qualificare l'attività come non economica (v. punti 24-26). Recentemente, la Commissione UE, in relazione alla disciplina degli aiuti di Stato, ha ribadito che il SSN italiano, anche a seguito delle riforme del 1992 e del 1999, ha “natura non economica” e che le sue attività non possono essere considerate esercitate da un’impresa, in quanto esse si fondano sul principio di universalità e di solidarietà e sono esercitate per tutti i pazienti a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo molto esiguo e destinato a coprire unicamente in parte il costo del servizio (v. in proposito sentenza del 27 aprile 2023 resa dalla Corte di giustizia UE, nona sezione, causa C?492/21 P).
[44] V. https://www.hsantalucia.it/news/neuroscienze-la-fondazione-santa-lucia-irccs-vincitrice-di-11-progetti-pnrr
[45] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15.
[46] Per la rideterminazione del limite massimo di spesa in questione si veda l’art. 22-bis, comma 1, D.L. 18 ottobre 2023, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191, e, successivamente, l’art. 4, comma 8-quater, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 febbraio 2024, n. 18.
[47] La legge di bilancio 2023, al comma 538, art. 1 (L. n. 197 del 2022), novellando il richiamato articolo 1-quater, comma 3, del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228 di proroga di termini legislativi (L. n. 15/2022) che aveva introdotto la misura, ha disposto la corresponsione di tale bonus, in precedenza previsto limitatamente all'anno 2022, anche per l'anno 2023 e per gli anni 2024 e seguenti, elevando al contempo il limite massimo pro capite del contributo alla cifra più alta di 1.500 euro a persona - rispetto al limite massimo di 600 euro a persona previsto per il 2022 – e disponendo un limite complessivo di spesa di 5 milioni di euro per il 2023 e 8 milioni a decorrere dal 2024. L’articolo 22-bis del D.L. 18 ottobre 2023, n. 145 (L. n. 191/2023) recante misure urgenti in materia economica e fiscale ha poi disposto per il solo 2023 l’incremento di 5 milioni delle risorse previste per la misura, portandole a complessivi 10 milioni di euro per tale anno.
[48] Legge di contabilità e finanza pubblica.
[49] La ricerca clinica e traslazionale mira a migliorare la salute e la longevità consolidando, affinando e implementando le nuove conoscenze nella pratica clinica e incorporando osservazioni e domande cliniche in ipotesi scientifiche di laboratorio.
[50] La locuzione non profit (o non-profit) è di origine angloamericana ed è stata coniata per indicare la caratteristica di organizzazioni, enti che operano 'senza scopo di lucro, senza profitto'. Anche in italiano l'avverbio di negazione non ricorre come elemento iniziale di formazioni derivate e ha assunto la funzione di prefisso, per negare o escludere il significato della base nominale che segue (non stop, non ente, non luogo, non senso, quest'ultimo calco dell'inglese nonsense e registrato dai vocabolari nelle diverse forme in cui ormai ricorre in italiano nonsense, nonsenso, non-senso e non senso). Benché anche l'inglese preveda la forma no con funzioni molto vicine a quelle di non, è in italiano che si è diffusa la variante no profit probabilmente sulla scia di altre formazioni simili già affermate, quali no global, no logo, e favorita, rispetto a non, dalla mancanza della consonante finale che, prima di un'altra parola iniziante per consonante, può dar luogo a incontri consonantici difficili da pronunciare e che sono quindi suscettibili di semplificazioni. E’ da notare che i due prefissi, almeno inizialmente, si sono distribuiti secondo sfumature di significato leggermente diverse da attribuire al composto. Il primo elemento no dei composti no global, no logo ecc. contiene infatti, oltre alla valenza semantica della semplice negazione, un valore aggiuntivo di 'rifiuto', 'opposizione' a qualcosa che il non semplice non esprime. In non-profit è sufficiente la prima parte del composto non a indicare che si tratta di qualcosa che non prevede 'profitto', mentre il no, nella variante no profit, rafforza il principio sotteso ad alcune iniziative e attività che trovano il loro principio fondante e la loro forza proprio nella scelta di non prevedere alcun vantaggio per chi le esercita: non solo quindi la semplice assenza di profitto, ma la scelta precisa di non lucrare su alcune attività.V. al riguardo Accademia della Crusca: https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/no-profit/292
[51] Il richiamato contratto collettivo è reperibile al seguente indirizzo: https://albosegretari.interno.gov.it/sites/default/files/documents//16131353eccnl16052001.pdf . Il richiamato comma dell’articolo 33 del predetto contratto collettivo nazionale prevede in particolare che:“1. I segretari comunali e provinciali sono classificati in tre fasce professionali denominate A, B e C:
a) nella fascia professionale C, sono inseriti i segretari, idonei alla titolarità di sedi di comuni fino a 3.000 abitanti, a seguito del conseguimento dell’abilitazione concessa dalla Scuola Superiore di cui all’art.98, comma 4, del T.u.e.l. n.267/2000;
b) nella fascia professionale B, sono inseriti i segretari, idonei, a seguito del superamento del corso di specializzazione della Scuola Superiore di cui all’art.14, comma 1, del DPR n.465/1997, alla titolarità di sedi di comuni fino a 65.000 abitanti, non capoluogo di provincia; al corso di specializzazione sono ammessi i segretari con almeno due anni di servizio nella fascia C.
c) nella fascia professionale A, sono inseriti i segretari, idonei, a seguito del superamento del secondo corso di specializzazione della Scuola Superiore, di cui all’art.14, comma 2, del DPR n.465/1997, alla titolarità di sedi di comuni con popolazione superiore a 65.000 abitanti, di comuni capoluogo di provincia nonché di province; al corso di specializzazione sono ammessi i segretari con almeno due anni di servizio in enti con popolazione compresa tra i 10.001 e 65.000 abitanti.”.
[52] Il citato decreto del Presidente della Repubblica ha ad oggetto il regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell'articolo 17, comma 78, della legge 15 maggio 1997, n. 127. L’articolo 13 del predetto decreto disciplina l’accesso in carriera dei segretari comunali e provinciali con la previsione, tra l’altro, di uno specifico corso-concorso di formazione della durata di diciotto mesi, seguito da un tirocinio pratico di sei mesi presso uno o più comuni.
[53] L'articolo 6-bis (Disposizioni in materia di segretari comunali) del decreto-legge n. 80 del 2021 stabilisce che, al fine di sopperire, con urgenza, alla carenza di segretari comunali iscritti all'Albo, considerata anche la necessità di rafforzare la capacità funzionale degli enti locali connessa agli interventi previsti nel PNRR, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto (8 agosto 2021), le assunzioni di segretari comunali e provinciali siano autorizzate con le modalità di cui all'articolo 66, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008. L'articolo 66, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede che le assunzioni siano autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. Stabilisce altresì che tali modalità debbano essere precedute da una richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo. A sua volta, l'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche") prevede che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento siano adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base del piano triennale dei fabbisogni. Peraltro tale piano è oramai confluito nel Piano integrato di attività e organizzazione, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legge n. 80 del 2021.
[54] Si riporta qui di seguito il testo del richiamato articolo 25-bis: “Art. 25-bis. (Semplificazione della procedura di accesso alla carriera di segretario comunale e provinciale per il triennio 2020-2022)
1. Al fine di sopperire alla carenza di segretari comunali e provinciali per l'adeguato supporto al ripristino della piena operatività degli enti locali, per il triennio 2020-2022, l'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali bandisce procedure selettive semplificate di accesso alla carriera di segretario comunale e provinciale, prevedendo: a) la possibilità di presentazione della domanda di partecipazione al concorso secondo le previsioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 247 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77; b ) lo svolgimento della prova preselettiva di cui all'articolo 13, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, in sedi decentrate e con modalità telematiche o, comunque, in modo da consentirne la valutazione con l'ausilio di strumenti informatici; c) lo svolgimento con modalità telematiche di due prove scritte, anche nella medesima data ed anche consistenti in una pluralità di quesiti a risposta aperta; la prima prova scritta ha ad oggetto argomenti di carattere giuridico, con specifico riferimento al diritto costituzionale e/o diritto amministrativo e/o ordinamento degli enti locali e/o diritto privato; la seconda prova scritta ha ad oggetto argomenti di carattere economico e finanziario-contabile, con specifico riferimento ad economia politica, scienza delle finanze e diritto finanziario e/o ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, nonché management pubblico; d ) lo svolgimento di una prova orale, che deve riguardare in ogni caso almeno le materie di cui all'articolo 13, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, e nel corso della quale deve essere accertata anche la conoscenza di lingue straniere; tale prova può essere effettuata in videoconferenza, garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni; e) la possibilità di articolazione della commissione esaminatrice in sottocommissioni.
2. Per quanto non diversamente disciplinato dal presente articolo continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 16-ter del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8.
3. Dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alla sua attuazione si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.”.
[55] La relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 1222.
[56] Tale fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
[57] In questo senso si vedano Corte costituzionale n. 20 del 1956, n. 180 del 1980, n. 237 del 1983, n. 212 del 1984, n. 160 del 1985, n. 213 del 1998, n. 341 del 2001, n. 353 del 2001, n. 51 del 2006, n. 82 del 2015, n. 198 del 2018, n. 31 del 2019 e n. 63 del 2023. Al riguardo si rileva che, anche recentemente la Corte costituzionale ha ribadito tali conclusioni, affermando in particolare ancora una volta che le norme di attuazione degli statuti speciali si basano su un potere attribuito dalle norme costituzionali degli statuti medesimi in via permanente e stabile, e sono dotate di competenza «riservata e separata» rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica (si vedano da ultimo Corte costituzionale n. 120 del 2024 e n. 9 del 2024).
[58] Si veda Corte costituzionale n. 40 del 2016. Sul tema si vedano altresì Corte costituzionale n.156 del 20115 e n. 77 del 2015.