Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica
Riferimenti: AC N.1896/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 306/2
Data: 22/07/2024
Organi della Camera: VIII Ambiente

 

Servizio Studi

Ufficio ricerche nei settori ambiente e territorio

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Dossier n. 290/2

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Ambiente

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Progetti di legge n. 306/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1, comma 1, lettera 0a) (Recupero dei sottotetti) 7

Articolo 1 comma 1 lett. a)-f) (Modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) 8

Articolo 1, comma 1, lettera c-bis) (Requisiti di altezza minima e di superficie minima) 20

Articolo 1, comma 1, lettera f-bis) (Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo) 22

Articolo 1, comma 1, lettere g), h), e i) (Modifiche alla disciplina sull’accertamento di conformità) 25

Articolo 1, comma 2 (Destinazione di risorse a interventi in materia ambientale) 31

Articolo 2 (Strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria da Covid-19) 33

Articolo 2-bis (Disposizioni a favore delle zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963) 36

Articolo 3 (Norme finali e di coordinamento) 37

Articolo 4 (Entrata in vigore) 40

 


Schede di lettura


Articolo 1, comma 1, lettera 0a)
(Recupero dei sottotetti)

 

 

La lettera 0a) del comma 1 dell’articolo 1, introdotta dalla Camera, consente, alle condizioni individuate, il recupero dei sottotetti, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini.

 

 

La disposizione in esame inserisce un nuovo comma 1-quater all’articolo 2-bis del testo unico edilizia (D.P.R. 380/2001), che disciplina le deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

Il primo periodo del comma 1-quater dispone che – al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo – il recupero dei sottotetti è comunque consentito, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, alle seguenti condizioni:

·     che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio;

·     che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali;

·     e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo.

 

Il secondo periodo del comma 1-quater precisa che resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli.

Per una panoramica delle norme regionali vigenti in materia di recupero dei sottotetti si rinvia al dossier, pubblicato dall’ANCE nel giugno 2024, intitolato “Sottotetti: le discipline sul territorio”.

 


 


Articolo 1 comma 1 lett. a)-f)
(Modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 - Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettere a)–f), modificato e integrato dalla Camera, reca modifiche al D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) con riguardo ai seguenti istituti: interventi di edilizia libera (lettera a); definizione dello stato legittimo degli immobili (lettere b) e b-bis)); mutamento della destinazione d’uso in relazione alle singole unità immobiliari (lettera c); opere acquisite dal comune eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (lettere c-ter) e d); determinazione delle variazioni essenziali (lettera d-bis)); interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (lettera e); tolleranze costruttive (lettera f).

 

Il comma 1, lett. a)-f), dell’articolo in esame dispone molteplici novelle al D.P.R. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di seguito TUE).

Di seguito, sono illustrate le misure che vengono introdotte.

 

Ampliamento delle attività in edilizia libera (lettera a))

La lettera a) è volta ad integrare le categorie di interventi edilizi, previsti dall’articolo 6, comma 1, del TUE, che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo.

L’articolo 6 del TUE disciplina l’attività edilizia libera elencando gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo (permesso di costruire o altro titolo autorizzativo), fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Ai sensi del comma 1 del citato art. 6, rientrano nell’attività edilizia libera, tra gli altri, gli interventi di manutenzione ordinaria di cui all'art. 3, comma 1, lettera a), del TUE, gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche, le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze temporanee, ecc.

 

La lettera a), numero 1), con novella alla lettera b-bis) del comma 1 del citato articolo 6, estende anche ai porticati – in aggiunta ai balconi aggettanti dal corpo dell'edificio e alle logge rientranti all'interno dell'edificio, già contemplati dal testo previgente – la possibilità di realizzare vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti (VEPA).

Nel testo iniziale del decreto-legge la modifica recata dalla disposizione in esame prevedeva che l’estensione in questione riguardasse i soli porticati rientranti all’interno dell’edificio. Nel corso dell’esame alla Camera, invece è stato precisato che l’estensione riguarda tutti i porticati a eccezione di quelli gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.

La previgente lettera b-bis) del comma 1 dell’art. 6 del TUE, su cui interviene la norma in esame, assoggetta al regime di edilizia libera gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, c.d. VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell'edificio o di logge rientranti all'interno dell'edificio (nonché i porticati, con le eccezioni sopra illustrate, in base a quanto previsto dalla disposizione in esame), purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d'uso dell'immobile anche da superficie accessoria a superficie utile.

 

La lettera a), numero 2), introduce, inoltre, al comma 1 dell’articolo 6, la lettera b-ter), che assoggetta al regime di edilizia libera le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, con telo retrattile, anche impermeabile, o con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera.

La novella specifica tuttavia che, in ogni caso, tali opere:

-        non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici;

-        devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e;

-        devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.

 

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato precisato che la disciplina della lettera b-ter) si applica anche alle tende a pergola bioclimatiche.

 

Modifiche alla disciplina sullo stato legittimo degli immobili (lettere b) e b-bis))

La lettera b) novella il comma 1-bis dell’articolo 9-bis del TUE, che disciplina lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare, al fine di prevedere che:

-        lo stato legittimo è rappresentato non più dalla coesistenza di quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e di quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio, ma alternativamente da uno dei due titoli abilitativi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Nel corso dell’esame alla Camera è stato precisato, in relazione al titolo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio, che lo stesso può essere rilasciato o assentito;

-        lo stato legittimo determinato dall'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi (come risultante dalle modifiche operate durante l’esame alla Camera, in luogo della originaria previsione per cui lo stato legittimo deve essere rilasciato all’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa).

 

La relazione illustrativa di accompagnamento alll’A.C. 1896 evidenzia come, con particolare riferimento al titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio interessante l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, si intende valorizzare l’affidamento del privato nell’operato della pubblica amministrazione nel caso in cui gli uffici tecnici comunali abbiano accertato parziali difformità e non le abbiano considerate rilevanti, avendo emanato un provvedimento favorevole.

 

-        tra i titoli idonei a stabilire lo stato legittimo sono ricompresi, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni, quelli rilasciati o formati in applicazione:

·       delle disposizioni recate dall’art. 34-ter del TUE, inserito dalla lettera f-bis) del comma 1 dell’articolo in esame, alla cui scheda si rinvia;

·       delle norme sul permesso in sanatoria (articolo 36 TUE);

Il permesso di costruire in sanatoria è rilasciato, al ricorrere di determinate condizioni, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività (di seguito SCIA).

·       delle norme che disciplinano l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità come previsto all’articolo 36-bis (introdotto dal presente decreto-legge, v. scheda infra);

·       della disciplina sulla sanzione pecuniaria conseguente ad annullamento del permesso di costruire che realizza gli effetti del permesso di costruire in sanatoria (articolo 38 TUE);

-        ai fini della determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare concorrono altresì:

·       il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33 (per interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità), 34 (per interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire), 37, commi 1, 3, 5 e 6 (per interventi in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività, purchè su immobili comunque non sottoposti a vincolo), e 38 (per interventi eseguiti in base a permesso annullato). Si fa notare che nel corso dell’esame alla Camera, è stato soppresso, ai fini di coordinamento del testo, il riferimento al comma 4 dell’articolo 37 TUE, essendo lo stesso soppresso dal presente decreto-legge.

·       e la dichiarazione relativa a tolleranze costruttive (art. 34-bis TUE).

La relazione illustrativa di accompagnamento alll’A.C. 1896 segnala che “resta inteso che la novella introdotta trova applicazione anche nei confronti dei titoli rilasciati antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto”.

 

Nel corso dell’esame alla Camera, l’articolo 9-bis, comma 1-bis, è stato modificato nella parte in cui prevede che la disposizione di cui al quarto periodo del medesimo comma – che consente di fornire determinati altri elementi probanti nel caso in cui l’immobile sia stato realizzato in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio – è applicabile anche ai casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia. La modifica operata alla Camera è volta a precisare che la non disponibilità in questione fa riferimento alla copia o agli estremi.

 

La lettera b-bis), introdotta nel corso dell’esame alla Camera, aggiunge, all’articolo 9-bis, il comma 1-ter, al fine di escludere (ai fini della dimostrazione dello stato legittimo) le difformità non riguardanti l’edificio o la singola unità immobiliare. Per la precisione viene previsto che:

§  ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio di cui all’articolo 1117 del codice civile;

L’articolo 1117 del codice civile elenca le parti comuni dell’edificio nell’ambito del condominio, che sono:

-        tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune

-        le aree destinate a parcheggio nonché' i locali per i servizi in comune

-        le opere, le installazioni, i manufatti di  qualunque genere destinati all'uso comune

§  ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

 

Modifiche alla disciplina del cambio di destinazione d’uso di singole unità immobiliari (lettera c))

Il numero 1) della lettera c), modificato nel corso dell’esame alla Camera, integra l’articolo 23-ter del TUE, che disciplina il mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, mediante la modifica del comma 1 e l’inserimento dei commi da 1-bis a 1-quinquies:

-        al comma 1 dell’art. 23-ter – con una modifica operata dal numero 01) della lettera in esame, inserito durante l’esame dalla Camera – è premesso un periodo in base al quale, ai fini dell’articolo in commento, il mutamento della destinazione d'uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l'esecuzione di opere edilizie o se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all'articolo 6 (opere di edilizia libera, v. supra);

-        il comma 1-bis) stabilisce la facoltà di mutamento della destinazione d’uso (nel corso dell’esame alla Camera è stata eliminata la precisazione “senza opere”) della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;

Il comma 1 dell’art. 23-ter TUE dispone, nel testo vigente, che, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale.

-        il comma 1-ter) ammette, nel rispetto di quanto previsto ai successivi commi 1-quater e 1-quinquies, mutamenti di destinazione d’uso (nel corso dell’esame alla Camera è stata eliminata la precisazione “senza opere”) tra categorie funzionali diverse (ad eccezione di quella rurale (categoria d)), di una singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) previste dall’art. 2 del D.M. 1444/1968 (v. infra), ovvero nelle zone equipollenti come definite dalle leggi regionali in materia.

Tali mutamenti rispettano le normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;

-          il comma 1-quater) specifica le condizioni per il mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse di cui al precedente comma; in particolare:

·       il mutamento secondo la presente norma agevolativa è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa (come precisato durante l’esame alla Camera) la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile;

·       nelle ipotesi di cui al comma 1-ter, il mutamento di destinazione d'uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal DM 1444/1968 (v. infra) e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge urbanistica del 1942 (L. 1150/1942);

·       come precisato durante l’esame alla Camera, resta fermo, nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, laddove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria;

·       viene prevista una specifica disciplina per il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o (in base a un’integrazione prevista nel corso dell’esame alla Camera) seminterrate. Il testo iniziale del decreto-legge prevede, per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra, che il passaggio alla destinazione residenziale è ammesso nei soli casi espressamente previsti dal piano urbanistico e dal regolamento edilizio. Il nuovo testo, approvato dalla Camera, prevede invece che il cambio di destinazione d’uso (non solo per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra ma anche per quelle seminterrate) è disciplinato dalla legislazione regionale che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di cui ai commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.

-        il comma 1-quinquies), come modificato dalla Camera, dispone che ai fini di cui ai commi 1-bis e 1-ter, il mutamento di destinazione d'uso è soggetto al rilascio dei seguenti titoli:

a) nelle ipotesi di cui comma 1, primo periodo, alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all'art. 19 della L. 241/1990;

b) nei restanti casi, al titolo richiesto per l'esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d'uso, fermo restando che, per i mutamenti accompagnati dalla esecuzione di opere riconducibili all'articolo 6-bis (ossia gli interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata), si procede ai sensi della lettera a);

Si fa notare che il testo iniziale prevede una disposizione meno articolata, che prevede che – ai fini di cui ai commi 1-bis e 1-ter – il mutamento di destinazione d’uso è soggetto a SCIA, ferme restando le leggi regionali più favorevoli, nonché che restano ferme le disposizioni del TUE nel caso in cui siano previste opere edilizie.

 

Il numero 2) della lettera c), come modificato e integrato nel corso dell’esame alla Camera, modifica il comma 3 dell’articolo 23-ter del TUE, disponendo che:

-        le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi di cui al medesimo articolo, che trovano in ogni caso applicazione diretta, fatta salva la possibilità per le Regioni di prevedere livelli ulteriori di semplificazione (nuovo punto 2.1, introdotto dalla Camera);

-        il mutamento della destinazione d'uso di un intero immobile è consentito subordinatamente al rilascio dei titoli di cui al comma 1-quinquies.

Si fa notare che il testo previgente del comma 3 dell’art. 23-ter, dispone che – salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali (tale parte della disposizione non viene toccata dalla norma in esame) – il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito. Il testo iniziale del decreto-legge ha modificato tale disposizione riferendola all’intero immobile. Nel corso dell’esame alla Camera si è circoscritto l’ambito della disposizione prevedendo che il mutamento della destinazione d'uso di un intero immobile non è consentito sempre, ma solo subordinatamente al rilascio dei titoli di cui al comma 1-quinquies.

 

 

Il DM 1444/1968

 

Il DM 1444/1968, parte dell’impianto normativo previgente al Testo unico del 2001, ma tutt’ora in vigore, all’art. 2 prevede le seguenti zone territoriali omogenee:

A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l'edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

Con riguardo alle zone F), in applicazione della normativa edilizia, i piani di regolazione e programmazione prevedono oneri di urbanizzazione, primaria e secondaria, ai fini di realizzare anche opere di interesse generale.


 

Vicende riguardanti le opere acquisite gratuitamente dal Comune in caso di interventi in assenza o in difformità dal permesso di costruire (lettere c-ter) e d))

La lettera d) integra l’articolo 31, comma 5, del TUE, che disciplina le vicende riguardanti le opere acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune nel caso in cui il responsabile di interventi, in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall'ingiunzione di rimozione o di demolizione.

In particolare, sono aggiunti, tra gli interessi da considerare nella delibera del consiglio comunale che deroga al generale obbligo di demolizione, quelli culturali e paesaggistici.

Con riferimento alla medesima delibera consiliare, la norma in esame specifica che, nell’ambito della valutazione dell’eventuale contrasto dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico, debbano essere richiesti i pareri delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis della L. n. 241/1990.

Nel corso dell’esame alla Camera, il riferimento alla richiesta di pareri è stato sostituito, ai fini di coordinamento con l’articolo 17-bis della L. n. 241/1990, dall’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati.

Si introduce inoltre la possibilità per il Comune, nei casi in cui l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, di alienare il bene e l’area di sedime, nel rispetto delle seguenti prescrizioni:

-        richiedendo il parere delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis della L. n. 241/1990;

-        rispettando le disposizioni previste dall’art. 12, comma 2 della L. n. 127/1997, che consente di procedere alle alienazioni del patrimonio immobiliare secondo un regime semplificato;

-        condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive;

-        rimanendo preclusa la partecipazione del responsabile dell’abuso alla procedura di alienazione;

-        affidando la determinazione del valore venale dell’immobile all’Agenzia delle entrate (e non, come previsto dal testo originario, all’agenzia del territorio), la quale procede alla stessa tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.

Nel corso dell’esame alla Camera, il riferimento alla richiesta di pareri è stato sostituito, ai fini di coordinamento con l’articolo 17-bis della L. n. 241/1990, dall’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati.

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stata inserita la nuova lettera c-ter), che modifica l’articolo 31, comma 3, del TUE, introducendo la possibilità di prorogare il termine ordinario per la demolizione e il ripristino dei luoghi, pari a 90 giorni dall’ingiunzione. In particolare, viene previsto che il termine può essere prorogato con atto motivato del Comune fino ad un massimo di 240 giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell'immobile all'epoca di adozione dell'ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine.

 

Determinazione delle variazioni essenziali (lettera d-bis))

La lettera d-bis), introdotta durante l’esame alla Camera, sopprime il secondo periodo dell’articolo 32, comma 3, del TUE, che delimita quali interventi effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali siano da considerarsi variazione essenziale.

In particolare, il periodo soppresso dispone che ogni intervento non rientrante nell’elenco del comma 1 del medesimo articolo, effettuato sui succitati edifici, è da considerarsi essenziale.

L’articolo 32, comma 1 del TUE definisce taluni criteri fondamentali, vincolanti per la disciplina regionale, al fine di determinare quali variazioni siano da considerarsi essenziali. In particolare, il comma dispone che siano da considerarsi essenziali esclusivamente gli interventi per cui ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standard previsti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 1444/1968;

b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;

c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;

d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;

e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

 

Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (lettera e)

La lettera e) modifica il comma 2 dell’articolo 34 del TUE, che disciplina gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire.

In particolare, il richiamato comma 2 dell’articolo 34, nel testo previgente, prevede che quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392 (che disciplina le locazioni di immobili urbani), della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

La lettera e) incrementa le sanzioni, rispettivamente, al triplo del costo di produzione e al triplo del valore venale.

Secondo la relazione illustrativa di accompagnamento alll’A.C. 1896 l’intervento modificativo recato dalla lettera e) incrementa le citate sanzioni, in considerazione della procedura di sanatoria prevista dal nuovo articolo 36-bis, introdotto dal presente decreto-legge nel TUE (vedi scheda infra), che, in estrema sintesi, è volto al superamento dell’istituto della doppia conformità limitatamente alle ipotesi di parziali difformità degli interventi dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività previste all’articolo 34, nonché alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività previste all’articolo 37.

 

Modifiche alla disciplina sulle tolleranze costruttive (lettera f))

La lettera f) modifica l’articolo 34-bis del TUE, che disciplina le tolleranze costruttive, intervenendo sul comma 3 e introducendo i commi 1-bis, 1-ter, 2-bis, 3-bis e 3-ter.

La disciplina prevista all’articolo 34-bis, comma 1, del TUE prevede che il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.

 

Nello specifico, il comma 1-bis, integrato durante l’esame alla Camera, nel fissare una disciplina speciale per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, introduce deroghe percentuali alle misure previste dal titolo abilitativo che disciplinano l’altezza, i distacchi, la cubatura, la superficie coperta e ogni altro parametro delle singole unità immobiliari.

In particolare, le difformità dal parametro previsto dal titolo abilitativo non costituiscono violazione edilizia, purché la differenza rientri nel limite del:

-        2% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 m²;

-        3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 m²;

-        4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 m²;

-        5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 m²;

-        6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati (limite inserito durante l’esame alla Camera).

 

Con il comma 1-ter si specifica che, ai fini del computo della superficie utile per l’applicazione del comma 1-bis, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo.

Nella relazione illustrativa di accompagnamento alll’A.C. 1896 si specifica che la finalità del comma 1-ter è evitare possibili condotte di frazionamento meramente strumentali ad ottenere l’applicazione di un regime più favorevole.

Sull’ambito di applicabilità del concetto di tolleranza costruttiva, si veda la sentenza n. 3610/2024 del Consiglio di stato, che ha interpretato il termine quale riferito all’esecuzione delle unità immobiliari assentite e non già a superfetazioni, o comunque a manufatti, non presenti nel progetto autorizzato.

Alla Camera il comma 1-ter è stato integrato ai fini di specificare che gli scostamenti previsti dal comma 1 sono applicabili anche alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

 

La lettera f) introduce, inoltre, il comma 2-bis per specificare che, agli stessi fini e nel rispetto delle condizioni di cui al comma 2 dell’art. 34-bis TUE (che elenca le altre irregolarità da considerarsi tolleranze esecutive), per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, costituiscono inoltre tolleranze esecutive:

-        il minore dimensionamento dell'edificio;

-        la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;

-        le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne;

-        la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;

-        gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

L’art. 34-bis, comma 2, del TUE definisce quali tolleranze esecutive, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilità dell'immobile.

 

La lettera f), come risultante dalle modifiche introdotte dalla Camera, introduce poi il comma 3-bis, prevedendo disposizioni specifiche per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche disciplinate all’articolo 83 del TUE (che disciplina le opere interessate dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e i gradi di sismicità) ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti ministeriali contenenti le norme tecniche di costruzione in zone sismiche.

In tali casi, il tecnico attesta che tali interventi rispettano le prescrizioni del TUE per le costruzioni in zone sismiche (contenute nella sezione I del Capo IV della Parte II del medesimo TUE).

Per approfondire la classificazione sismica del territorio nazionale e le relative norme tecniche, si rinvia al sito del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La lettera in esame stabilisce che tale attestazione (che, in base a quanto precisato nel corso dell’esame alla Camera, è riferita al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell’intervento, fermo restando quanto previsto dall’articolo 36-bis, comma 2, sull’accertamento di conformità; v. infra), corredata della documentazione tecnica sull’intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall’articolo 93, comma 3, del TUE (il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni, relazione tecnica e accompagnato dagli altri elaborati previsti dalle norme tecniche, salvo più ampia normativa determinata dal competente ufficio tecnico della regione), è trasmessa allo sportello unico:

-        per l’acquisizione dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale secondo la disciplina prevista all’articolo 94 del TUE;

-        ovvero, per le difformità che costituiscono interventi privi di rilevanza o di minore rilevanza previsti dall’art. 94-bis TUE, per l’esercizio delle modalità di controllo delle regioni disciplinato al comma 5 del medesimo articolo.

La lettera f) in esame dispone inoltre che il tecnico allega alla dichiarazione ai fini dello stato legittimo degli immobili, prevista dall’art. 34-bis, del TUE, ubicati nelle zone a sismicità non bassa, l’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale o la dichiarazione del decorso dei termini procedimentali in assenza di esito negativo, richieste di integrazione o istruttorie inevase (procedura prevista all’art. 94-bis del TUE).

L’intervento normativo di cui alla lettera f) precisa infine, con l’introduzione del comma 3-ter, che l’applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo stesso non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

Durante l’esame alla Camera il secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-ter sono stati soppressi.

Tali periodi prevedevano che il tecnico abilitato deve verificare la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi e provvedere alle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli. Sempre il testo iniziale del decreto in esame stabiliva che la formazione dei titoli e la concreta esecuzione dei relativi interventi è condizione necessaria per la redazione della dichiarazione delle tolleranze esecutive che non costituiscono violazione edilizia, ai fini dello stato legittimo degli immobili come previsto dall’art. 34-bis, comma 3, e rinviava alle sanzioni penali previste dal D.P.R. 445/2000 in caso di dichiarazioni false e mendaci.

 


Articolo 1, comma 1, lettera c-bis)
(Requisiti di altezza minima e di superficie minima)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera c-bis), introdotto nel corso dell’esame alla Camera, integra l’articolo 24 del TUE, riguardante il certificato di agibilità degli edifici, al fine di prevedere i criteri di conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie, sino alla definizione dei requisiti stessi ad opera di decreto ministeriale, in particolare i requisiti di altezza minima e di superficie minima.

 

L’articolo 1, comma 1, lettera c-bis), introdotto nel corso dell’esame alla Camera, inserisce i nuovi commi 5-bis, 5-ter e 5-quater all’articolo 24 del TUE, riguardante il certificato di agibilità degli edifici.

Il comma 5-bis, in particolare, prevede i criteri di conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nelle more della definizione dei requisiti mediante decreto del Ministro della Salute da adottarsi previa intesa in sede di Conferenza unificata, prevista dall’articolo 20 comma 1-bis del TUE.

La relazione tecnica di accompagnamento alll’A.C. 1896 sottolinea la condivisione della finalità della novella da parte del Consiglio superiore di sanità, che ha espresso in materia pareri favorevoli condizionati alla possibilità di deroghe ai requisiti igienico-sanitari, purché in presenza di fattori prestazionali c.d. compensativi quali, tra l’altro, il mantenimento di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre e, in generale, di un adeguato benessere microclimatico.

In particolare, il tecnico progettista abilitato assevera, ai fini della segnalazione certificata di inizio attività, la suddetta conformità nei seguenti casi:

·       locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri;

·       alloggio a singola stanza, per una persona, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati e, per due persone, inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati.

Il comma 5-ter dispone che l’asseverazione di cui al comma 5-bis può essere resa laddove è soddisfatto il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto al decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 236/1989, e contemporaneamente è soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

·       i locali sono situati in edifici sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;

·       è contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari;

L’art. 2 lettera i) decreto del Ministro dei lavori pubblici 236/1989 definisce l’adattabilità quale la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente ed agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.

Il successivo art. 6 prevede requisiti di adattabilità differenziati per le ipotesi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia. In entrambi i casi, gli edifici e le loro parti si considerano adattabili quando, tramite l'esecuzione differita nel tempo di lavori che non modificano né la struttura portante, né la rete degli impianti comuni, possono essere resi idonei, a costi contenuti, alle necessità delle persone con ridotta o impedita capacità motoria, garantendo il soddisfacimento dei requisiti previsti dalle norme relative alla accessibilità.

La progettazione deve garantire l'obiettivo che precede con una particolare considerazione sia del posizionamento e dimensionamento dei servizi ed ambienti limitrofi, dei disimpegni e delle porte, sia della futura eventuale dotazione dei sistemi di sollevamento.

Il comma 5-quater, a chiusura della novella, fa salve le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente.

La relazione tecnica alla proposta emendativa presentata alla Camera evidenzia, quali principali fattispecie di deroga attualmente vigenti, quelle per:

-        i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli;

-        i comuni montani sopra i 1000 metri;

-        i beni sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio;

-        i beni ubicati nelle zone omogenee A descritte all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 1444/1968 (le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico.


-         

Articolo 1, comma 1, lettera f-bis)
(Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo)

 

 

La lettera f-bis) del comma 1 dell’art. 1, inserita dalla Camera, introduce una disciplina finalizzata a regolare casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo. In particolare viene disciplinata la regolarizzazione degli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo, qualora lo stesso sia stato rilasciato prima dell’entrata in vigore della c.d. legge Bucalossi del 1977. Viene inoltre previsto che le parziali difformità, realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, sono soggette, alle condizioni individuate, alla disciplina delle tolleranze costruttive introdotta dal presente decreto-legge.

 

 

Regolarizzazione delle varianti in difformità dal titolo rilasciato prima della c.d. legge Bucalossi (art. 34-ter, commi 1-3)

La lettera in esame introduce nel testo unico edilizia (D.P.R. 380/2001) un nuovo articolo 34-ter che disciplina casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo.

Il comma 1 di tale nuovo articolo dispone che gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo possono essere regolarizzati alle seguenti condizioni:

·     il titolo deve essere stato rilasciato prima della entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (c.d. legge Bucalossi);

Si ricorda che la legge 10/1977 (abrogata dal D.P.R. 380/2001) è entrata in vigore il 30 gennaio 1977 e, tra le sue principali novità, ha introdotto (all’art. 1) il principio che l'esercizio del diritto a costruire è subordinato ad una concessione edilizia rilasciata dal Comune, superando in tal modo il precedente regime della licenza edilizia. Come sottolineato in dottrina, un tale passaggio “sottintendeva il concetto che il diritto ad edificare non era più prerogativa privatistica bensì rimesso nelle mani dell’ente comunale, alla luce di un nuovo regime correlato agli standard urbanistici e carichi urbanistici”.

·       gli interventi in questione non sono riconducibili ai casi previsti dall’art. 34-bis del D.P.R. 380/2001 sulle tolleranze costruttive, introdotto dalla lettera f) del comma 1 dell’articolo in esame.

 

Il comma 1 dispone inoltre che, per gli interventi in questione, al verificarsi delle condizioni citate, la regolarizzazione avviene:

·     con le modalità di cui ai seguenti commi 2 e 3;

·     sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore.

 

Il comma 2 disciplina l’accertamento dell’epoca di realizzazione della variante stabilendo che tale epoca:

·     è provata mediante la documentazione (prevista dall’art. 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del D.P.R. 380/2001) per la determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare;

·     oppure, nei casi in cui sia impossibile accertarla mediante la documentazione testé menzionata, è attestata dal tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Viene precisato che in caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dalla disciplina in materia di autocertificazione (v. capo VI del D.P.R. 445/2000).

 

Il comma 3 prevede, nei casi di cui al comma 1, la possibilità – per il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile – di regolarizzare l'intervento mediante:

·     presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);

·     e il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma determinata ai sensi del comma 5 dell’articolo 36-bis, introdotto dalla lettera h) del comma 1 dell’articolo 1 del presente decreto-legge, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Il comma 3 dispone inoltre che l’amministrazione competente adotta i provvedimenti di cui all’art. 19, comma 3, della legge 241/1990, anche nel caso in cui accerti l’interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione delle opere.

Si ricorda, in estrema sintesi, che il richiamato comma 3 dell’art. 19 della L. 241/1990 disciplina i provvedimenti spettanti all’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti della SCIA. Tale comma prevede che, in tali casi, l’amministrazione adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, invece, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie.

Viene altresì stabilito che si applicano le disposizioni di cui all’articolo 36-bis (relativo all’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità), commi 4 e 6.

Per gli interventi di cui al comma 1 eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica resta fermo quanto previsto dall’articolo 36-bis, comma 5-bis.

 

Tolleranze per parziali difformità realizzate durante lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione (art. 34-ter, comma 4)

In base al comma 4, le parziali difformità, realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, sono soggette, in deroga a quanto previsto dall’articolo 34 del D.P.R. 380/2001, alla disciplina delle tolleranze costruttive di cui all’articolo 34-bis, alle seguenti condizioni:

·     non sia stato emesso, in seguito alle citate verifiche, un ordine di demolizione o riduzione in pristino;

·     sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi della disciplina dell’annullamento d'ufficio recata dall’art. 21-nonies della L. 241/1990.

 

 


 


Articolo 1, comma 1, lettere g), h), e i)
(Modifiche alla disciplina sull’accertamento di conformità)

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettere g), h), e i), modificate nel corso dell’esame alla Camera, novellando gli articoli 36 e 37 del TUE, opera un superamento del requisito della cosiddetta «doppia conformità», limitatamente alle parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività, nonché alle ipotesi di assenza o in totale difformità nelle ipotesi di cui all'articolo 31.

In particolare, vengono individuate due tipologie di accertamento di conformità in sanatoria, differenziando:

a) gli interventi eseguiti in assenza, totale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire o dalla Scia alternativa al permesso di costruire di cui all’articolo 23 del TUE, per i quali, in quanto fattispecie di maggiore gravità, continua a permanere l’attuale regime della doppia conformità urbanistica ed edilizia (previsioni di piano e normativa tecnica), ossia della necessità di rispettare la normativa prevista sia all’epoca della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda (articolo 36);

b) gli interventi in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla Scia alternativa al permesso di costruire nonché quelli realizzati in assenza o in difformità dalla Scia “semplice” di cui all’articolo 22 del TUE, per i quali vi è il superamento della doppia conformità: si prevede che è sufficiente provare la conformità urbanistica ad oggi (ossia al momento della presentazione della domanda) e la conformità edilizia (normativa tecnica) all’epoca della realizzazione dell’intervento (nuovo articolo 36-bis).

Nei casi di difformità parziali si introduce la cd. sanatoria condizionata, in base alla quale il Comune può subordinare il rilascio del permesso/SCIA in sanatoria all’esecuzione di interventi per rendere l’opera conforme alla normativa tecnica, edilizia, igienico sanitaria, nonché alla rimozione delle opere che non possono essere sanate. A tale riguardo, si segnala che durante l’esame alla Camera è stato espunto il riferimento ai requisiti di igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati e per il superamento delle barriere architettoniche per il rilascio del permesso di costruire.

Il rilascio del permesso in sanatoria è sempre subordinato al pagamento del doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile in seguito agli interventi (importi compresi fra 1.032 e 10.328 €).

Infine, l’articolo 37 (Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività) viene modificato estendendo anche in questi casi il nuovo regime in merito all’eliminazione della «doppia conformità» lasciando in questo caso invariata la sanzione pecuniaria prevista dalla normativa vigente.?

 

 

L'articolo 1, comma 1, lettere g), h) e i), modificate nel corso dell’esame alla Camera, nel novellare gli articoli 36 e 37 del D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (Testo Unico Edilizia), intervengono con misure semplificatorie esclusivamente per sanare difformità edilizie.

 

 

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L'attuale formulazione dell'articolo 36 del TUE disciplina l'accertamento di conformità, il quale costituisce lo strumento tipico per ricondurre alla legalità gli abusi edilizi dovuti all'assenza del titolo abilitativo (intervento eseguito in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa). La caratteristica fondamentale di tale sanatoria consiste nel fatto che essa può essere chiesta e ottenuta soltanto qualora sussista il requisito della cosiddetta «doppia conformità» dell'opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione sia a quella in vigore al momento della presentazione dell'istanza ai sensi dell'articolo 36. Tale requisito rende difficilmente applicabile questo istituto giuridico, a causa del fatto che raramente un edificio riesce a rispettare integralmente tutte le disposizioni edilizie e urbanistiche vigenti sia al tempo della realizzazione dell'abuso sia alla data di presentazione della domanda di sanatoria. Tra i principali ostacoli alla sanatoria degli immobili vi sono, ad esempio, le sopravvenute disposizioni del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968, specialmente in ragione di alcune interpretazioni datene in giurisprudenza nonché delle regole stabilite dagli strumenti urbanistici comunali in materia di distanza delle costruzioni dai confini. Di conseguenza, ci sono moltissimi manufatti, in genere costruiti molti decenni fa, che sono in una sorta di limbo: formalmente irregolari, non suscettibili di interventi di riqualificazione e incommerciabili, in relazione ai quali il comune non assume alcuna iniziativa sanzionatoria sul piano amministrativo, dato il lungo periodo di tempo trascorso e talora per la non conoscenza del loro stato, mentre la responsabilità penale è ampiamente prescritta.

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La lettera g), modificata durante l’esame alla Camera, apporta modifiche all'articolo 36 del TUE, in materia di accertamento di conformità, con la finalità di limitarne l'applicazione alle ipotesi di assenza di permesso di costruire, o in totale difformità nelle ipotesi di cui all'articolo 31, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa.

 

La lettera h), anch’essa modificata durante l’esame parlamentare, introduce l'articolo 36-bis, che mira a superare l'istituto della doppia conformità limitatamente alle ipotesi di parziali difformità degli interventi dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 34, nonché alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 37.

In tal senso, al comma 1 si prevede che in caso di interventi realizzati nelle ipotesi dianzi elencate, fino alla scadenza dei termini previsti per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (di cui all'articolo 34, comma 1 – termine fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio) e comunque fino all'irrogazione delle relative sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, può ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme:

§  alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;

§  ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento.

 

Con una modifica apportata dalla Camera, è stata estesa l’applicabilità delle disposizioni di cui al presente articolo anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32.

 

Il comma 2 dell'articolo 36-bis prevede che il permesso di costruire possa essere rilasciato dallo sportello unico per l'edilizia. In sede di esame delle richieste di permesso, lo sportello unico per l'edilizia può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e rimozione delle opere che non possono essere sanate. A tal fine, lo sportello unico per l'edilizia individua tra gli interventi citati le misure da prescrivere, le quali costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

Durante l’esame alla Camera, è stato espunto il riferimento ai requisiti di igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati e per il superamento delle barriere architettoniche per il rilascio del permesso di costruire.

Con particolare riferimento agli interventi con segnalazione certificata di inizio attività, lo sportello unico per l'edilizia individua le misure da prescrivere ai sensi dell'articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

La disposizione precisa, inoltre, che la richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità (per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento).

In base al comma 3, si precisa che l'epoca di realizzazione dell'intervento è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, introdotti dal presente decreto (vedi supra) e modificati nel corso dell’esame parlamentare. Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento mediante la documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. Al riguardo, si precisa che, in caso di dichiarazione falsa o mendace, si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Durante l’esame alla Camera, è stato aggiunto il comma 3-bis, in base al quale per gli immobili ubicati nelle zone sismiche, di cui all'articolo 83 - ad eccezione di quelle a bassa sismicità indicate nei decreti di cui al medesimo articolo 83 - si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 34-bis, comma 3-bis (vedi supra).

 

?Con particolare riferimento ai profili procedurali, il comma 6 dell'articolo 36-bis stabilisce che:

§  sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta;

§  per le segnalazioni di inizio attività, si applica il termine di trenta giorni di cui all'articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241;

§  in caso di immobili soggetti a vincolo paesaggistico, i predetti termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica.

 

Decorsi i predetti termini, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Tali termini sono interrotti qualora l'ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricominciano a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori.

Con una modifica introdotta dalla Camera, viene previsto che, nei casi di cui al presente comma, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell'intervenuta formazione dei titoli abilitativi. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’istante può esercitare l’azione di cui all’articolo 31 del Codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni previste dal TUE.

In relazione agli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica (comma 4, modificato durante l’esame alla Camera), il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendere entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. Tali disposizioni si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino non compatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

 

Infine, con il comma 5, modificato durante l’esame alla Camera, si prevede che il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma:

a) pari al contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16, incrementato del venti per cento, in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire nelle ipotesi di cui all'articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell'articolo 32. Non si applica l'incremento del venti per cento nei casi in cui l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;

b) pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio, in una misura determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a euro 1.032 e non superiore a euro 10.328 ove l'intervento sia eseguito in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37 e in misura non inferiore a euro 516 e non superiore a euro 5.164, nei casi in cui l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

 

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato introdotto il comma 5-bis, in base al quale nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima e equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

Alla lettera i), in coordinamento con le modifiche apportate in materia di accertamento della conformità, si provvede ad apportare alcune modifiche all'articolo 37 del TUE.

Durante l’esame alla Camera, è stato aggiunto il punto 01), necessario a seguito delle modifiche apportate all’articolo 36.

Ulteriori modifiche riguardano la rubrica, ove è soppresso il riferimento all'accertamento di conformità (punto 3), e l'abrogazione del comma 4 (punto 1), recante la disciplina per la regolarizzazione degli interventi che risultino conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli stessi, sia al momento della presentazione della domanda («doppia conformità»). In forza della disposizione di cui al comma 6 (punto 2), la nuova disciplina dell'articolo 36-bis si applicherà anche alle ipotesi regolate dall'articolo 37.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 2
(Destinazione di risorse a interventi in materia ambientale)

 

 

L’articolo 1, comma 2, modificato durante l’esame alla Camera, prevede che le entrate derivanti da talune disposizioni introdotte nel testo unico in materia edilizia (TUE) dal presente decreto-legge siano destinate, nella misura di un terzo delle risorse complessive, ad interventi vari in materia ambientale.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 dispone circa la destinazione delle entrate derivanti dall’applicazione delle seguenti disposizioni:

§  articolo 31, comma 5, “secondo e quarto periodo” (secondo una modifica approvata dalla Camera), del TUE, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera d) del presente decreto-legge;

§  articolo 34-ter del TUE (concernente “Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo”) introdotto, con modifica approvata dalla Camera, dall’articolo 1, comma 1, lettera f-bis) del presente decreto-legge;

§  articolo 36-bis, “commi 5 e 5-bis” (secondo una modifica approvata dalla Camera), del TUE, introdotti dall’articolo 1, comma 1, lettera h) del presente decreto-legge.

 

Riguardo al contenuto delle disposizioni del decreto-legge in esame qui sopra richiamate, si rinvia alle relative schede di lettura.

 

Il comma in esame stabilisce che un terzo delle suddette entrate siano destinate alle seguenti finalità:

§  demolizione delle opere abusive presenti sul territorio comunale, fatta salva la ripetizione delle spese nei confronti del responsabile;

§  completamento o demolizione delle opere pubbliche comunali inserite nell’elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute di cui all’art. 44-bis del DL n. 201/2011; si dovrà altresì tenere conto dei criteri di adattabilità delle opere in oggetto ai fini del loro riutilizzo, nonché dei criteri che indicano le ulteriori destinazioni a cui può essere adibita ogni singola opera, secondo quanto stabilito dal citato art. 44-bis, al comma 5 (tale finalità è stata introdotta nel corso dell’esame alla Camera);

§  realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, anche finalizzati (secondo una specificazione introdotta dalla Camera) all'incremento dell'offerta abitativa;

§  riqualificazione di aree urbane degradate;

§  recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione;

§  iniziative economiche, sociali, culturali;

§  recupero ambientale;

§  consolidamento di immobili per la prevenzione del rischio idrogeologico (quest’ultima finalità è stata introdotta dalla Camera).

 

Si rammenta che l’art. 44-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011 (come convertito dalla legge n. 214 del 2011) prevede l’istituzione di un elenco-anagrafe nazionale delle opere pubbliche incompiute presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, articolato a livello regionale mediante l’istituzione di elenchi-anagrafe presso gli assessorati regionali competenti per le opere pubbliche.

Per «opera pubblica incompiuta» (secondo il comma 1 dell’art. 44-bis) si intende l’opera che non è stata completata:

a)     per mancanza di fondi;

b)     per cause tecniche;

c)     per sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge;

d)     per liquidazione giudiziale dell’impresa appaltatrice;

e)     per il mancato interesse al completamento da parte del gestore.

Il comma 2 del medesimo art. 44-bis stabilisce che debba intendersi “incompiuta” anche l’opera pubblica non rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo e che non risulta fruibile dalla collettività.

 


 

Articolo 2
(Strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria da Covid-19)

 

 

L’articolo 2 reca disposizioni finalizzate al mantenimento, senza limiti temporali, delle strutture amovibili realizzate per finalità sanitarie, assistenziali, educative durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 e mantenute in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge. Sono a tal fine disciplinati i requisiti per il mantenimento (comma 1) e la procedura da seguire da parte degli interessati per ottenerlo (commi 2-4). Viene inoltre stabilito (al comma 5, che ha subito una modifica di carattere formale durante l’esame alla Camera) che l’applicazione delle disposizioni del presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi e recate disposizioni volte a stabilire l’usuale clausola di invarianza finanziaria e a disporre che il mantenimento delle strutture di proprietà di amministrazioni pubbliche avviene nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

 

Mantenimento delle strutture amovibili (comma 1)

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone che le strutture amovibili realizzate per finalità sanitarie, assistenziali, educative durante lo stato di emergenza nazionale dichiarato in conseguenza della pandemia da Covid-19 e mantenute in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto possono rimanere installate in deroga ai limiti di tempo previsti dal testo unico in materia edilizia (v. infra), alle seguenti condizioni:

-        che vi siano comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità;

-        che siano fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque rispettate le altre normative di settore incidenti sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004).

 

In relazione ai limiti di tempo previsti dal testo unico in materia edilizia, il comma in esame richiama quelli indicati dall’art. 6, comma 1, lettera e-bis), del D.P.R. 380/2001. Tale disposizione – fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e rispettate le normative di settore incidenti sulla disciplina edilizia (condizioni che, come illustrato poc’anzi, vengono ribadite dal comma in esame) – include tra gli interventi di edilizia libera, cioè realizzabili senza alcun titolo abilitativo, “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee” a condizione che tali opere siano destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 180 giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto.

 

In materia di strutture amovibili installate da pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (che non ricadono nell’ambito di applicazione della disposizione in esame, limitata alle sole strutture realizzate “per finalità sanitarie, assistenziali, educative”), si ricorda che il loro mantenimento è attualmente garantito, fino al 31 dicembre 2024, dall’art. 40, comma 1, del D.L. 144/2022, come modificato dall’art. 11, comma 8, della legge 214/2023.

In relazione ai citati dehors installati da pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, si ricorda che è in corso di esame presso la X Commissione la proposta di legge C. 1486 recante “Delega al Governo in materia di riordino delle norme relative alla concessione di spazi e aree pubbliche di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio per l’installazione di strutture amovibili funzionali all’attività esercitata”.

 

Procedura da seguire ai fini del mantenimento (commi 2-4)

Il comma 2 dispone che, ai fini del mantenimento delle strutture amovibili in questione, gli interessati presentano una comunicazione di inizio lavori asseverata ai sensi dell’art. 6-bis del D.P.R. 380/2001.

Tale articolo, nel disciplinare gli interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), dispone, in particolare, che “l’interessato trasmette all'amministrazione comunale l'elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell'edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell'edificio; la comunicazione contiene, altresì, i dati identificativi dell'impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei lavori”.

 

Il comma 2 dispone che resta, però, ferma la facoltà per il Comune territorialmente competente di richiederne in qualsiasi momento la rimozione, con provvedimento motivato, nel caso in cui sia rilevata la non conformità dell’opera con le prescrizioni e i requisiti di cui al comma 1.

 

Il comma 3 disciplina il contenuto della CILA in questione, stabilendo che nella stessa sono indicate:

-   le comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrare la perdurante necessità del mantenimento della struttura amovibile;

-   e l’epoca di realizzazione della struttura medesima, con allegazione della documentazione (indicata dal comma 4) volta a certificarla.

 

Il comma 4 dispone che, al fine di provare l’epoca di realizzazione dell’intervento, il tecnico allega la documentazione di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo, del D.P.R. 380/2001.

Le disposizioni richiamate consentono, in particolare, di dimostrare lo stato legittimo dell'immobile, “da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza”.

 

Il comma in esame dispone inoltre che, qualora sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della struttura con la documentazione succitata, la data di realizzazione è attestata dal tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità.

In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali comprese quelle previste dalla disciplina in materia di autocertificazione (v. capo VI del D.P.R. 445/2000).

 

Salvaguardia dei diritti dei terzi (comma 5, primo periodo)

Il primo periodo del comma 5 dispone che l’applicazione delle disposizioni del presente articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

Norme di carattere finanziario (comma 5, periodi secondo e terzo)

Il secondo periodo del comma 5 reca l’usuale clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dalle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il terzo periodo – che ha subito una riformulazione di carattere formale nel corso dell’esame alla Camera – dispone che al mantenimento delle strutture di proprietà di amministrazioni pubbliche, provvedono le medesime amministrazioni mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

La relazione tecnica di accompagnamento alll’A.C. 1896 segnala che “la disposizione in oggetto non incide sull'obbligo di versare, qualora ne ricorrano le condizioni, la tassa di occupazione di suolo pubblico, come determinato dagli enti territoriali competenti”.

 


 


Articolo 2-bis
(Disposizioni a favore delle zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963)

 

 

L’articolo 2-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, reca disposizioni finalizzate all’ottenimento del certificato di abitabilità o di agibilità per le unità immobiliari e gli edifici pubblici assistiti dai benefici previsti dalla legislazione nazionale a favore delle zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963.

 

 

L’articolo in esame reca una disposizione che si applica alle unità immobiliari e agli edifici pubblici assistiti dai benefici previsti dalla legge 1457/1963 a favore delle zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963.

Per tali unità ed edifici viene previsto che il rilascio del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione, o l'accertamento dello stato dei lavori sulla base dei quali è stata erogata la rata di saldo del contributo, tiene luogo, a tutti gli effetti, del certificato di abitabilità o di agibilità, ferma restando la conformità delle opere realizzate alla disciplina edilizia e urbanistica vigente al momento di realizzazione dell'intervento edilizio.

Si fa notare che l’articolo in esame riproduce le disposizioni pressoché identiche previste dall’art. 15, comma 47, della legge regionale Friuli Venezia Giulia 15 maggio 2002, n. 13.

 

 


 

Articolo 3
(Norme finali e di coordinamento)

 

 

L’articolo 3, comma 1, prevede che non siano soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi realizzati (entro il 24 maggio 2024) che rispettino taluni limiti di tolleranza costruttiva - introdotti nel testo unico in materia edilizia dal presente decreto legge - relativi all'altezza, ai distacchi, alla cubatura, alla superficie coperta e agli altri parametri delle singole unità immobiliari.

Il comma 2, modificato dalla Camera, dispone circa l’applicabilità di talune misure inerenti alle tolleranze costruttive all’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni. Si tratta, anche in questo caso, di misure introdotte nel testo unico in materia edilizia dal presente decreto-legge.

Il comma 3 reca disposizioni inerenti al recupero di risorse finanziarie in ragione della riduzione delle entrate erariali dello Stato conseguente all’acquisizione in proprietà, a titolo non oneroso, da parte di regioni o enti locali, di immobili già utilizzati a titolo oneroso.

Il comma 4 esclude la restituzione di somme già versate in favore di soggetti che presentino la richiesta di permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria, in relazione a taluni interventi realizzati in parziale difformità disciplinati dal presente decreto-legge.

Nel corso dell’esame alla Camera è stato introdotto un nuovo comma 4-bis concernente l’applicabilità di talune disposizioni (introdotte nel TUE dal presente decreto-legge) in materia di accertamento di conformità, nelle ipotesi di mancato previo accertamento della compatibilità paesaggistica.

 

Il comma 1 prevede che non siano soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rispettino i  limiti di tolleranza costruttiva previsti dal dall’art. 34-bis, comma 1-bis, del t.u. in materia edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001).

Si tratta dei limiti dettati dall’articolo 1, comma 1, lettera f) del presente decreto-legge (cfr. la relativa scheda di lettura), entro i quali il mancato rispetto dei parametri riferiti a singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia. A tal fine si stabilisce che i suddetti interventi siano assoggettati alla disciplina contenuta nell’articolo 2, comma 1, del d.P.R. n. 31 del 2017 (“Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”). Quest’ultimo elenca, infatti, gli interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica.

 

Il comma 2 stabilisce che si applichi all’attività edilizia delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 del D.Lgs. 165/2001 la disciplina inerente alle tolleranze costruttive dettata dall’articolo 34-bis, commi 1-bis, 2-bis e 3-bis, e all'articolo 36-bis (ad eccezione dei suoi commi 5 e, secondo un’integrazione approvata dalla Camera, 5-bis, entrambi concernenti le sanzioni) del citato testo unico in materia edilizia. Si tratta della disciplina introdotta nel testo unico dall’articolo 1, comma 1, lettera f), n. 1), 2) e 4) e lettera h) del decreto in esame (cfr. le relative schede di lettura).

Le predette amministrazioni possono dichiarare le tolleranze di cui all’articolo 34-bis, commi 1-bis e 2-bis, del TUE mediante il proprio personale deputato allo svolgimento delle ordinarie mansioni tecniche nel settore dell’edilizia. Si prevede che, a tal fine, le amministrazioni pubbliche possono in ogni caso avvalersi del supporto e della collaborazione di altre amministrazioni pubbliche ovvero di soggetti terzi. Si specifica che dall’attuazione delle disposizioni in esame non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica: le amministrazioni pubbliche interessate vi provvedono, quindi, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 3 reca disposizioni inerenti al recupero delle risorse in ragione della riduzione delle entrate erariali dello Stato conseguente all’acquisizione in proprietà, da parte di regioni o enti locali, di immobili già utilizzati a titolo oneroso dai medesimi enti.

Esso introduce un nuovo comma 7-bis all’art. 56-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 (come convertito dalla legge n. 98 del 2013).  Il comma 7 di tale articolo 56-bis demanda a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze la riduzione delle risorse - a qualsiasi titolo spettanti - alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà, a titolo non oneroso, beni immobili già utilizzati a titolo oneroso. Tale riduzione è stabilita in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento. Ove non sia possibile procedere all'integrale recupero delle minori entrate per lo Stato attraverso la suddetta riduzione delle risorse, si procede al recupero delle somme in parola da parte dell'Agenzia delle entrate a valere sui tributi spettanti all'ente ovvero, se non sufficienti, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato da parte dell'ente interessato.

Con la novella in esame si prevede che quanto prescritto dalle disposizioni sopra ricordate (come detto, riduzione delle somme spettanti agli enti territoriali interessati, recupero delle somme da parte dell’Agenzia delle entrate o con versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte dell’ente interessato) sia ripartito in un numero di annualità pari a quelle intercorrenti fra il trasferimento dell'immobile e l'adozione del decreto ministeriale. Tale disposizione si applica limitatamente alle annualità pregresse.

 

Il comma 4 stabilisce che la presentazione della richiesta di permesso di costruire o della segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria ai sensi dell'articolo 36-bis del citato testo unico in materia edilizia (introdotto dall'articolo 1, comma 1, lettera h) del presente decreto-legge, alla cui scheda di lettura si rinvia) non dà diritto alla restituzione delle somme versate. La norma fa esplicito riferimento a somme versate a titolo di oblazione o per il pagamento di sanzioni già irrogate dall'amministrazione comunale o da altra amministrazione sulla base della normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (30 maggio 2024).

 

Il comma 4-bis, introdotto dalla Camera, stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 dell’art. 36-bis TUE (introdotto dall’articolo 1, comma 1, lett. h), del presente decreto-legge, alla cui scheda si rinvia) si applichino anche agli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 sulla base di un titolo rilasciato all’ente locale interessato senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica. Sono comunque esclusi gli interventi che hanno conseguito un titolo abilitativo - a qualsiasi titolo rilasciato o assentito - in sanatoria.

 

Riguardo al contenuto dell’art. 36-bis TUE cfr la scheda sull’articolo 1, comma 1, lett. h) del presente decreto-legge.

 


 

Articolo 4
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 4 dispone l’entrata in vigore del decreto-legge in esame il 30 maggio 2024.

 

L’articolo 4 prevede che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, intervenuta il 29 maggio 2024.

Pertanto, il decreto-legge è entrato in vigore il 30 maggio 2024.

Il decreto-legge dovrà essere convertito in legge entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, ossia entro il 28 luglio 2024.