Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili |
Serie: | Progetti di legge Numero: 193/1 |
Data: | 05/12/2023 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali,
a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili
D.L. 145/2023 - A.S. n. 912-A
Edizione provvisoria
5 dicembre 2023
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451- studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 174/1
Servizio Studi
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233- st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Progetti di legge n. 194/1
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Articolo 2 (Recupero delle prestazioni pensionistiche indebite)
Articolo 2-bis (Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)
Articolo 3, commi 1-3 (Anticipo rinnovo contratti pubblici)
Articolo 3-bis (Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (modifica TUIR))
Articolo 4 (Rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette)
Articolo 4-ter (Regime iva prestazioni di chirurgia estetica).
Articolo 6-bis (Disposizioni relative agli aromi destinati ai prodotti liquidi da inalazione)
Articolo 7, comma 1 (Misure in materia di riduzione delle accise sui prodotti energetici)
Articolo 8-bis (Assistenza e rappresentanza del contribuente in sede di verifica fiscale)
Articolo 8-quinquies (Disposizioni in materia di piani di risparmio).
Articolo 9, comma 10 (Contributo alla regione Molise per la riduzione del disavanzo)
Articolo 9-bis (Interventi per le attività degli enti locali in crisi finanziaria)
Articolo 10 (Trasporto pubblico locale)
Articolo 10-ter (Disposizioni urgenti per la funzionalità del MOSE)
Articolo 10-quater (Incremento del fondo per le patenti)
Articolo 11, commi da 1 a 3-bis (Edilizia universitaria)
Articolo 11, comma 3-ter (Contributo per la partecipazione italiana al C.E.R.N. e all’A.I.E.A.)
Articolo 12 (Anticipo investimenti FS)
Articolo 13 (Rifinanziamento della Nuova Sabatini)
Articolo 13-bis (Disposizioni fiscali per l'industria fonografica)
Articolo 13-quinquies (Misure urgenti di sostegno alle imprese esportatrici)
Articolo 14-bis (Disposizioni relative alla gestione delle tratte autostradali A24-A25)
Articolo 15 (Programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico).
Articolo 15-bis (Fondo di garanzia PMI)
Articolo 16, commi 1, 2, 3 (Contributi economici in ambito sportivo per CONI, CIP e FCI)
Articolo 16, comma 2-bis (Norme transitorie inerenti all’area sportiva dilettantistica)
Articolo 17 (Incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali)
Articolo 17-bis (Proroga dell’accesso al cinque per mille per le Onlus).
Articolo 18 (Disposizioni inerenti ai lavoratori a tempo parziale ciclico)
Articolo 18-bis (Proroghe in materia di lavoro agile)
Articolo 19 (Disposizioni transitorie in materia di reddito di cittadinanza)
Articolo 20 (Misure per le scuole dell'infanzia paritarie)
Articolo 20-bis (Misure urgenti in materia di istruzione).
Articolo 21, comma 2 (Misure per la funzionalità degli uffici del Ministero dell’interno)
Articolo 21, comma 5 (Risorse per la rete dei centri di permanenza per i rimpatri)
Articolo 21, commi 6-8 (Disposizioni varie relative al Ministero dell’interno e al primo soccorso)
Articolo 21, comma 12 (Copertura finanziaria di misure in materia di immigrazione e sicurezza)
Articolo 22-bis (Bonus psicologo)
Articolo 23 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 23-bis (Clausola di salvaguardia)
Articolo 24 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Anticipo del conguaglio della perequazione dei trattamenti pensionistici relativa al 2022)
L’articolo 1 reca una norma transitoria in materia di indicizzazione ? cosiddetta perequazione automatica ? dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale). Esso prevede: l'anticipo dal 1° gennaio 2024 al 1° dicembre 2023 della decorrenza del conguaglio concernente il calcolo della perequazione relativa al 2022 ? conguaglio consistente in un incremento di otto decimi di punto percentuale[1] (aggiuntivi rispetto alla perequazione già riconosciuta a decorrere dal 1° gennaio 2023), con il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dalla medesima data del 1° gennaio 2023 ?.
Il presente articolo, inoltre, quantifica l'onere finanziario netto per il 2023 derivante dalla suddetta norma transitoria e rinvia per la copertura dello stesso alle disposizioni di cui al successivo articolo 23.
La norma transitoria in esame è posta con la finalità esplicita di contrastare gli effetti negativi dell'inflazione.
Si ricorda che, in base alla disciplina generale, gli incrementi a titolo di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici ? ivi compresi, i trattamenti di natura assistenziale ? si basano sulla variazione del costo della vita e decorrono dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento[2] (l'istituto della perequazione in esame non concerne i trattamenti delle forme gestite dagli enti previdenziali di diritto privato, trattamenti per i quali la perequazione si applica in base alla disciplina della singola gestione); gli incrementi sono determinati secondo varie aliquote decrescenti (rispetto alla base di calcolo costituita dalla variazione del costo della vita). Più in particolare:
- la decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo concerne sia l'incremento riconosciuto in base alla variazione dell'indice del costo della vita relativa all'anno precedente e provvisoriamente accertata con decreto ministeriale entro il 20 novembre di quest'ultimo anno[3] sia l'eventuale conguaglio, relativo alla differenza tra il valore ? definitivamente accertato con il suddetto decreto ? della variazione dell'indice relativo al penultimo anno precedente e il valore provvisoriamente accertato con il precedente decreto annuo[4]. Tale eventuale conguaglio comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio dell'anno precedente;
- la perequazione in oggetto, relativa al 2022, è riconosciuta nella misura del 100% della variazione dell'indice del costo della vita per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto fino a 4 volte il trattamento minimo INPS[5] e in misura variabile da 85 a 32 punti percentuali su successive fasce di importo del complesso dei trattamenti[6].
Il presente articolo 1 dispone, come accennato, l'anticipo dal 1° gennaio 2024 al 1° dicembre 2023 della decorrenza del conguaglio concernente il calcolo della perequazione relativa al 2022 ? conguaglio consistente in un incremento di otto decimi di punto percentuale[7] (aggiuntivi rispetto alla perequazione già riconosciuta a decorrere dal 1° gennaio 2023), con il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dalla medesima data del 1° gennaio 2023 ?; non si prevede un termine specifico per l'emanazione del relativo decreto ministeriale.
Il medesimo articolo 1 quantifica in 1.472 milioni di euro, per il 2023, l'onere finanziario netto derivante dalla suddetta norma transitoria (al netto delle maggiori entrate fiscali, derivanti dall'incremento dei trattamenti pensionistici e dal conseguente incremento della base imponibile delle imposte sui redditi). Al fine della copertura dell’onere netto, l’articolo 1 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 23.
L’articolo 1 quantifica anche gli effetti fiscali negativi indotti per il 2024, derivanti dal summenzionato anticipo dal 2024 al 2023 del conguaglio e del conseguente ricalcolo retroattivo (l'anticipo del ricalcolo sui ratei pregressi comporta una minore base imponibile fiscale per il 2024); tali effetti negativi vengono compensati mediante una quota delle minori spese per il 2024 derivanti dal medesimo anticipo al 2023.
Articolo 1-bis
(Armonizzazione dei trattamenti economici del personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, dell’ANPAL e dell’Agenzia italiana per la gioventù)
L’articolo 1-bis, introdotto durante l’esame al Senato, reca disposizioni dirette ad armonizzare i trattamenti economici accessori del personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, dell’ANPAL e dell’Agenzia italiana per la gioventù.
Nel dettaglio, l’articolo1-bis, al comma 1, persegue dichiaratamente il fine di armonizzare i trattamenti economici accessori di cui all’art. 1, commi 334, 335, 336 e 337 della L 197/2022, per il personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, dell’ANPAL e dell’Agenzia italiana per la gioventù.
Si ricorda che i commi da 334 a 337 della Legge di bilancio per il 2023 recano disposizioni finalizzate ad armonizzare i trattamenti economici accessori del personale delle aree dell'Ispettorato nazionale del lavoro e dell'Agenzia nazionale delle politiche attive a quelli del personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Per la suddetta finalità, a decorrere dal 2023, si dispone:
- che le indennità di amministrazione spettanti al suddetto personale sono riconosciute nella misura delle medesime indennità spettanti al personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, come rideterminate secondo i criteri fissati dal CCNL 2019-2021 del comparto funzioni centrali sottoscritto il 9 maggio 2022 (comma 334);
Sul punto, si ricorda che sulla misura di tali indennità è intervenuto anche il DPCM 23 dicembre 2021 e che, in attuazione della dichiarazione congiunta di cui all’art. 10 del richiamato CCNL 2019-2021 delle funzioni centrali, il Dipartimento della funzione pubblica, la Ragioneria generale dello Stato e l’Aran hanno elaborato una tabella ricognitiva che tiene conto degli incrementi e delle variazioni definiti nel suddetto DPCM e nel CCNL[8].
- che una parte dell’indennità di amministrazione confluisca nel differenziale stipendiale, ai sensi dell’art. 52, co. 4, del CCNL funzioni centrali. In dettaglio, si dispone che il differenziale stipendiale è rideterminato considerando nel calcolo le misure dell’indennità di amministrazione del personale delle aree del Ministero del lavoro e delle politiche sociali previste alla data del 31 ottobre 2022 (comma 335);
Il richiamato art. 52, co. 4, del CCNL dispone che al personale in servizio al 1° novembre 2022 sono mantenuti a titolo di differenziale stipendiale (a carico del Fondo risorse decentrate):
- la differenza, ove presente, tra gli stipendi tabellari in corrispondenza di ciascuna fascia retributiva o posizione economica, come rideterminati in seguito agli incrementi tabellari disposti dal CCNL medesimo, ed i nuovi stipendi tabellari delle nuove aree di inquadramento;
- l’importo annuale corrispondente alla differenza, ove presente, tra i valori delle indennità di amministrazione di Ministeri, Agenzie fiscali e CNEL ed i valori delle medesime indennità di amministrazione, in corrispondenza della fascia retributiva iniziale di ciascuna area;
- il 50% dell’importo annuale corrispondente agli importi sottratti ai valori di partenza delle indennità di amministrazione o di ente di Ministeri, Agenzie fiscali, CNEL ed Enti pubblici non economici.
Si dispone altresì, a decorrere dal 2023, l’incremento dei fondi dell’INL e dell’ANPAL per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti nella misura di (comma 336):
- 958.440 euro per il personale dell’INL (56.670 per il personale dirigenziale di livello generale e 901.770 per quello non generale);
- 129.420 euro per il personale dell’ANPAL (42.500 per il personale dirigenziale di livello generale e 86.920 per quello non generale).
Per le suddette finalità, si autorizza la spesa di 20.542.346 euro annui dal 2023 per il personale dell’INL e di 493.640 euro annui dal 2023 per il personale dell’Anpal (comma 337).
Successivamente, l'art. 1, comma 5-ter del D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 agosto 2023, ha modificato con la lett. a) il suddetto comma 335, con la lett. b) il suddetto comma 336 e con la lett. c) il suddetto comma 337.
In particolare i commi 5-ter e 5-quater dell’articolo 1 del D.L. 75/2023 recano disposizioni dirette ad armonizzare, dal 2023, i trattamenti economici accessori del personale delle aree dell'Agenzia italiana per la gioventù con quelli del personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nel dettaglio, si dispone che le indennità di amministrazione spettanti al personale delle aree dell'Agenzia italiana per la gioventù (così come già previsto per il personale dell’ANPAL e dell’INL) sono riconosciute nella misura delle medesime indennità spettanti al personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, come rideterminate secondo i criteri fissati dal CCNL 2019-2021 del comparto funzioni centrali sottoscritto il 9 maggio 2022 (comma 5-ter, lettera a), che modifica il comma 334 della suddetta legge di bilancio 2023).
Sul punto, si ricorda che sulla misura di tali indennità è intervenuto anche il DPCM 23 dicembre 2021 e che, in attuazione della dichiarazione congiunta di cui all’articolo 10 del richiamato CCNL 2019-2021 delle funzioni centrali, il Dipartimento della funzione pubblica, la Ragioneria generale dello Stato e l’Aran hanno elaborato una tabella ricognitiva che tiene conto degli incrementi e delle variazioni definiti nel suddetto DPCM e nel CCNL[9].
Conseguentemente, al suddetto personale si applica anche quanto previsto dal successivo comma 335 della legge di bilancio 2023 in base al quale una parte dell’indennità di amministrazione confluisca nel differenziale stipendiale, ai sensi dell’articolo 52, co. 4, del richiamato CCNL funzioni centrali. In dettaglio, si dispone che il differenziale stipendiale è rideterminato considerando nel calcolo le misure dell’indennità di amministrazione del personale delle aree del Ministero del lavoro e delle politiche sociali previste alla data del 31 ottobre 2022.
Il richiamato articolo 52, co. 4, del CCNL dispone che al personale in servizio al 1° novembre 2022 sono mantenuti a titolo di differenziale stipendiale (a carico del Fondo risorse decentrate):
- la differenza, ove presente, tra gli stipendi tabellari in corrispondenza di ciascuna fascia retributiva o posizione economica, come rideterminati in seguito agli incrementi tabellari disposti dal CCNL medesimo, ed i nuovi stipendi tabellari delle nuove aree di inquadramento;
- l’importo annuale corrispondente alla differenza, ove presente, tra i valori delle indennità di amministrazione di Ministeri, Agenzie fiscali e CNEL ed i valori delle medesime indennità di amministrazione, in corrispondenza della fascia retributiva iniziale di ciascuna area;
- il 50% dell’importo annuale corrispondente agli importi sottratti ai valori di partenza delle indennità di amministrazione o di ente di Ministeri, Agenzie fiscali, CNEL ed Enti pubblici non economici.
A seguito della predetta armonizzazione, si dispone, a decorrere dal 2023, l’incremento di 11.876 euro dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti dall'Agenzia italiana per la gioventù (comma 5-ter, lettera b), che modifica il comma 336 della legge di bilancio 2023).
Per le suddette finalità, si autorizza la spesa di 125.000 euro annui dal 2023 per il personale dell'Agenzia italiana per la gioventù (comma 5-ter, lettera c), che modifica il comma 337 della legge di bilancio 2023).
A tale scopo, il comma 1, anche in relazione agli anni 2020, 2021 e 2022 riconosce il beneficio dell'indennità una tantum di cui all’articolo 32-bis del DL 50/2022 al personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, dell’ANPAL e dell’Agenzia italiana per la gioventù.
Si ricorda che l’articolo 32-bis del DL 50/2022 prevede il riconoscimento, nel 2022, di un'indennità una tantum al personale dell'Ispettorato nazionale del lavoro; a tal fine, dispone un incremento, per il 2022, sia delle risorse decentrate per il personale delle aree dell'Ispettorato sia di quelle per la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato del relativo personale dirigenziale, incremento pari, rispettivamente, a 10.455.680 euro ed a 781.783 euro. Alla copertura del relativo onere, pari complessivamente a 11.237.463 euro, per il 2022, si provvede mediante una corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione[10].
L'articolo richiamato demanda a un decreto del direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro, adottato sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, la determinazione dei criteri e delle modalità per l'attribuzione dell'indennità, nei limiti delle risorse summenzionate.
L'indennità viene prevista ai fini espliciti di riconoscere l'impegno straordinario richiesto per il contrasto del lavoro sommerso, per la vigilanza sul rispetto della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e per l'attuazione delle misure previste nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Si ricorda che al personale dell'Ispettorato in esame - Ispettorato che è un'agenzia con personalità giuridica di diritto pubblico - non si applicano gli incrementi dell'indennità di amministrazione (per il personale delle aree) e gli incrementi delle risorse per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato del personale dirigenziale, previsti dall'articolo 1, comma 143, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e dal D.P.C.M. 23 dicembre 2021. Tali incrementi si applicano infatti solo al personale dei Ministeri.
La norma precisa che occorre tenere conto degli importi attribuiti per le medesime annualità al personale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, per il personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, la richiamata indennità una tantum va scomputata dalle somme da riconoscere per l’anno 2022.
Il comma 2 dispone che, per le medesime finalità e tenendo conto di quanto già percepito dal personale dirigenziale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ai sensi del richiamato articolo 32-bis del DL 50/2022, i fondi per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato di tale personale dirigenziale sono aumentati, per il 2023, di euro 1.281.675.
Per il personale dirigenziale dell’ANPAL, tenuto conto di quanto disposto dall’art. 3, comma 2, del DL 75/2023, si dispone che i fondi per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigenziale di livello generale e non generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono aumentati, per il 2023, di euro 178.541.
Per il personale dirigenziale della Agenzia italiana per la gioventù, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’art. 1, comma 143, della L 160/2019 (v. infra), nell’importo complessivo di euro 14.845.
Si ricorda che l’articolo 3 del DL 75/2023, a decorrere dalla data di entrata in vigore del DPCM di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, trasferisce al medesimo Ministero le funzioni esercitate dall’ANPAL, le relative risorse strumentali, finanziarie ed umane – ad eccezione del personale del comparto ricerca che viene trasferito all’INAPP -, nonché la titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali. Conseguentemente, a decorrere dalla medesima data l’ANPAL viene soppressa[11].
Alla luce del predetto trasferimento di funzioni, si prevede (comma 2, primo periodo) che, dalla medesima data suindicata, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali subentra nella titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, dell’ANPAL e che le risorse umane, strumentali e finanziarie dell’Agenzia soppressa sono trasferite al medesimo Ministero, nei cui ruoli transita il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ad eccezione del personale appartenente al comparto ricerca, che viene trasferito, unitamente alle correlate risorse finanziarie, all’INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche).
La disciplina del trasferimento delle suddette risorse da ANPAL al Ministero, ivi compreso il subentro nei contratti ancora in corso, nonché il trasferimento del personale dell’ANPAL afferente al comparto ricerca all’INAPP, unitamente alle correlate risorse finanziarie, avviene con il medesimo decreto di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Viene conseguentemente rideterminata la dotazione organica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell’INAPP. Si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le conseguenti variazioni di bilancio (comma 2, quarto, quinto, sesto e settimo periodo).
Si riconosce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la possibilità di avvalersi, fino al 31 dicembre 2026, di un contingente del personale dell’INAPP fino ad un numero massimo di unità di personale pari a quello trasferito dall’ANPAL, al fine di garantire la continuità delle attività svolte da tale personale, nonché per obiettivi di interesse comune di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e sociali. Si dispone altresì che le attività e il contingente di personale interessato sono regolati da apposita convenzione non onerosa tra il Ministero e l’INAPP e che gli oneri restano a carico dell’ente di appartenenza (comma 2, ottavo, nono e decimo periodo).
Per quanto concerne il trattamento economico del personale così trasferito dall’ANPAL, il richiamato comma 2 dell’articolo 3 del DL 75/2023 dispone che:
- al personale non dirigenziale si applica il trattamento economico, compreso quello accessorio, previsto nell’amministrazione di destinazione e viene corrisposto un assegno ad personam riassorbibile pari all’eventuale differenza fra le voci fisse e continuative del trattamento economico dell’amministrazione di provenienza, ove superiore, e quelle riconosciute presso l’amministrazione di destinazione (comma 2, secondo periodo).
- al personale dirigenziale, nelle more dell’entrata in vigore del regolamento di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell’articolo 13 del D.L. 173/2022, continuano ad applicarsi i contratti individuali di lavoro (stipulati ai sensi dell’articolo 19, c. 1, del D. Lgs. 165/2001) vigenti al 23 giugno 2023 (data di entrata in vigore del presente decreto legge) (comma 2, terzo periodo).
A norma del comma 3, agli oneri derivanti dai commi 1 e 2 – pari, per il 2023, a euro 23.428.258 con riguardo al personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ad euro 726.841 con riguardo al personale dell’ANPAL e ad euro 190.171 con riguardo al personale dell’Agenzia italiana per la gioventù, si provvede attraverso corrispondente riduzione del fondo per trattamento accessorio del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei ministeri, di cui all’art. 1, comma 143, della L 160/2019.
Si ricorda che il richiamato art. 1, c. 143, della legge di bilancio 2020 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di uno specifico fondo da ripartire, al fine di perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri.
La disposizione prevede che il fondo ha una dotazione pari a 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2021 e che, a decorrere dal 2020, esso può essere alimentato con le eventuali somme, da accertarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, che si rendono disponibili a seguito del rinnovo dei contratti del pubblico impiego precedenti al triennio contrattuale 2019-2021. Le risorse del fondo sono destinate, nella misura del 90 per cento, alla graduale armonizzazione delle indennità di amministrazione del personale appartenente alle aree professionali dei Ministeri al fine di ridurne il differenziale e, per la restante parte, all'armonizzazione dei fondi per la retribuzione di posizione e di risultato delle medesime amministrazioni.
Si prevede inoltre che la Presidenza del Consiglio dei ministri, a decorrere dall'esercizio finanziario 2020, incrementa il fondo per le risorse decentrate del personale non dirigenziale di 5 milioni di euro annui e il fondo per la retribuzione di posizione e per la retribuzione di risultato del personale di livello dirigenziale non generale di 2 milioni di euro annui, a valere sulle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nel proprio bilancio autonomo.
In attuazione di quanto disposto da tale comma, con D.P.C.M. 23 dicembre 2021 si è provveduto al riparto delle risorse del fondo per la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri.
Si fa presente che l’articolo 19, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 44 del 2023 (Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche) ha disposto un incremento di 55 milioni di euro, a decorrere dal 2023, del fondo di cui all’articolo 1, comma 143, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), destinato a realizzare la progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale appartenente alle aree professionali e del personale dirigenziale dei Ministeri. Successivamente, l’art 16-bis del DL 75/2023 è intervenuto a novellare l’articolo 19, comma 1, primo periodo, del decreto-legge n. 44 del 2023, prevedendo che tale incremento sia finalizzato ad omogenizzare i trattamenti accessori del personale dei Ministeri, dell’Anpal e dell’Ispettorato Nazionale del lavoro dall’anno 2023.
Articolo 2
(Recupero delle prestazioni pensionistiche indebite)
L’articolo 2 differisce al 31 dicembre 2024 il termine per la trasmissione[12] della richiesta di recupero, da parte dell'INPS, delle prestazioni pensionistiche indebite, con riferimento agli indebiti che emergano dalle verifiche dei redditi concernenti il periodo d'imposta 2021, nonché agli indebiti che emergano dalle verifiche dei redditi relative al periodo d'imposta 2020, limitatamente ? per quest'ultimo periodo ? alle verifiche in base ai dati trasmessi dal titolare del trattamento pensionistico e non già disponibili per una qualsiasi amministrazione pubblica.
La previsione in esame costituisce una deroga alla norma di cui all'articolo 13, comma 2, della L. 30 dicembre 1991, n. 412. Quest'ultimo prevede che l'INPS proceda annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provveda, entro l'anno successivo, al recupero degli importi eventualmente pagati in eccedenza[13].
Riguardo al suddetto termine "anno successivo", si ricorda che, in base alle norme poste dall'articolo 35, commi 8 e 10-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14, e successive modificazioni, e dall'articolo 15, comma 1, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, ed in base all'interpretazione seguita dalla giurisprudenza e dall'INPS[14]:
- qualora l'INPS non abbia preso in considerazione redditi di cui l'Istituto fosse già a conoscenza, anche indirettamente, cioè per il tramite dell'Amministrazione finanziaria o di un'altra amministrazione pubblica che detenga informazioni, il recupero deve avvenire entro l’anno successivo a quello di liquidazione del trattamento pensionistico indebito;
- negli altri casi, il termine è costituito dall'anno successivo a quello nel corso del quale sia stata resa la dichiarazione dei dati in oggetto da parte del pensionato.
Si ricorda altresì che, secondo il paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 16 marzo 2018, il termine temporale in oggetto si intende in ogni caso soddisfatto con l’avvio delle attività di recupero, coincidente, secondo le disposizioni regolamentari dell'INPS, "con le attività di postalizzazione e, dunque, con la trasmissione dei debiti al servizio preposto alla spedizione"[15].
Il termine temporale di cui al presente articolo 2, facendo riferimento all'avvio del recupero, concerne, quindi, la suddetta fase di trasmissione.
Riguardo alle modalità di recupero degli indebiti in oggetto, cfr. anche la novella di cui al comma 1 dell'articolo 150 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, nonché i commi 2 e 3 del medesimo articolo 150.
Articolo 2-bis
(Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)
L’articolo 2-bis, introdotto in sede referente, attribuisce agli organismi di autoregolamentazione la facoltà di istituire una banca dati informatica centralizzata dei documenti, dati e informazioni che i professionisti acquisiscono nello svolgimento della propria attività professionale e che sono tenuti a conservare al fine prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
A tal fine introduce l’art. 34-bis al capo II, della sezione III, del titolo II del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e aggiungendo il comma 2-bis all’art. 37 del medesimo decreto legislativo.
In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 34-bis prevede che, al fine di prevenire eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo gli organismi di autoregolamentazione possono istituire, previo parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali, una banca dati informatica centralizzata dei documenti, dei dati e delle informazioni acquisiti dai professionisti nello svolgimento della propria attività professionale che sono tenuti a conservare ai sensi dell’articolo 31. La banca dati è istituita e gestita in proprio dagli organismi di autoregolamentazione, che determinano quali documenti, dati e informazioni di cui all’articolo 31 devono essere trasmessi alla banca dati informatica. La Relazione tecnica precisa che la banca dati è istituita e gestita autonomamente, con risorse proprie dall’organismo di autoregolamentazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lett. aa) del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, si definisce “organismo di autoregolamentazione” l'ente esponenziale, rappresentativo di una categoria professionale, ivi comprese le sue articolazioni territoriali e i consigli di disciplina cui l'ordinamento vigente attribuisce poteri di regolamentazione, di controllo della categoria, di verifica del rispetto delle norme che disciplinano l'esercizio della professione e di irrogazione delle sanzioni previste per la loro violazione. La disciplina delle attribuzioni degli organismi di autoregolamentazione è contenuta nell’articolo 11 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Il comma 2 dispone che i professionisti trasmettono senza ritardo alla banca dati i documenti, i dati e le informazioni di cui al comma 1.
Il comma 3 stabilisce che, al fine di acquisire informazioni rilevanti per le valutazioni di cui all’articolo 35, prima di prestare la propria opera professionale o compiere le operazioni inerenti allo svolgimento della propria attività professionale, ovvero prima dell’invio della segnalazione di operazione sospetta nell’ipotesi prevista dall’articolo 35, comma 2, i professionisti possono trasmettere alla banca dati, per via telematica, i documenti, i dati e le informazioni acquisiti nell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela di cui al presente decreto.
L’articolo 35 reca previsioni in materia di obbligo di segnalazione alla Unità di informazione finanziaria per l’Italia (UIF) di operazione sospetta in capo ai soggetti obbligati, laddove abbiano il sospetto che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. In tali ipotesi, ai sensi del comma 2, i soggetti obbligati non compiono l’operazione fino al momento in cui non hanno provveduto a effettuare la segnalazione di operazione sospetta. Sono fatti salvi i casi in cui l’operazione debba essere eseguita in quanto sussiste un obbligo di legge di ricevere l'atto ovvero nei casi in cui l’esecuzione dell'operazione non possa essere rinviata tenuto conto della normale operatività ovvero nei casi in cui il differimento dell'operazione possa ostacolare le indagini.
Il comma 4 statuisce che, nei casi di cui al comma 3, ovvero a seguito dell’invio di cui al comma 2, qualora dalla banca dati, tenuto conto anche degli indicatori e schemi di anomalia elaborati dalla Unità di informazione finanziaria per l’Italia ai sensi del presente decreto, emergano operatività anomale basate sui parametri quantitativi e qualitativi di cui al comma 5, il professionista riceve un avviso a supporto delle valutazioni di cui all’articolo 35. In ogni caso, resta ferma la responsabilità del professionista per l’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, anche nel caso di mancata ricezione dell’avviso.
Ai sensi del comma 5 l’avviso è generato dalla banca dati sulla base di elementi informativi associati ad una determinata persona fisica o giuridica quali la tipologia di cliente, la capacità economica, la situazione economico patrimoniale, l’attività svolta, la residenza o sede in Paesi terzi ad alto rischio secondo i criteri del presente decreto, le caratteristiche, l’importo, la frequenza, la natura delle prestazioni professionali o operazioni instaurate o eseguite, il loro collegamento o frazionamento. Al fine di elaborare l’avviso, l’organismo di autoregolamentazione può avvalersi di sistemi automatizzati la cui logica algoritmica sia periodicamente verificata, con cadenza almeno biennale, allo scopo di minimizzare il rischio di errori, distorsioni o discriminazioni.
Il comma 6 dispone che la trasmissione telematica alla banca dati effettuata dal professionista ai sensi dei commi 2 e 3 non sostituisce gli obblighi di conservazione di cui agli articoli 31 e 32.
Si ricorda che l’articolo 31 disciplina l’oggetto dell’obbligo di conservazione, ossia i documenti, i dati e le informazioni utili a prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo e a consentire lo svolgimento delle analisi effettuate dalla UIF o da altra Autorità competente. L’articolo 32 detta previsioni sulle modalità di conservazione, al fine di prevenire qualsiasi perdita dei dati e delle informazioni e garantire la ricostruzione dell'operatività o attività del cliente.
Il comma 7 stabilisce che i documenti, i dati e le informazioni contenuti nella banca dati sono valutati dagli organismi di autoregolamentazione ai fini dell’informativa alla UIF ai sensi dell’articolo 11, comma 4, ultimo periodo.
L’articolo 11, comma 4 dispone che gli organismi di autoregolamentazione possono ricevere le segnalazioni di operazioni sospette da parte dei propri iscritti, per il successivo inoltro alla UIF, nel rispetto della riservatezza dell'identità del segnalante. I predetti organismi informano prontamente la UIF di situazioni, ritenute correlate a fattispecie di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, di cui vengono a conoscenza nell'esercizio della propria attività.
Il comma 8 prevede che gli organismi di autoregolamentazione non possono utilizzare i documenti, i dati e le informazioni contenuti nella banca dati per finalità diverse da quelle di cui al presente articolo.
Ai sensi del comma 9 il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Unità di informazione finanziaria per l’Italia, il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, la Direzione investigativa antimafia e la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo accedono alla banca dati di cui al comma 1 per lo svolgimento delle rispettive attribuzioni istituzionali come individuate dal presente decreto. L’accesso alla medesima banca dati non è consentito ai singoli professionisti.
Il comma 10 rinvia la disciplina delle modalità tecniche e operative dell’accesso di cui al comma 9 ad un’apposita convenzione sottoscritta da ciascuna autorità di cui al comma 9 con l’organismo di autoregolamentazione, su conforme parere del Garante per la protezione dei dati personali. Tali convenzioni regolano le modalità uniformi di attivazione del collegamento via web o tramite cooperazione applicativa alla banca dati del gestore, nonché le modalità di identificazione, modifica e revoca da parte dell’autorità dei propri operatori abilitati all’accesso, stabilendo le modalità dei collegamenti e degli accessi anche al fine di assicurare l'accesso selettivo ai soli dati necessari al perseguimento delle finalità di cui al comma 1.
La banca dati consente, attraverso gli strumenti definiti dal decreto legislativo del 7 marzo 2005, n. 82, la verifica dell’identità digitale dei soggetti abilitati all’accesso.
Il comma 11 dispone che i documenti, i dati e le informazioni contenuti nella banca dati di cui al comma 1 e al comma 3 sono trattati per le finalità di cui al presente articolo e secondo quanto ivi previsto, nel rispetto del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e della vigente normativa nazionale in materia di protezione dei dati personali senza nessun ulteriore utilizzo.
Il comma 12 specifica che “titolare del trattamento dei dati personali”, ai sensi e per gli effetti della normativa vigente, è l’organismo di autoregolamentazione che istituisce la banca dati e provvede a detto trattamento secondo quanto previsto al comma 11. L’organismo di autoregolamentazione può anche avvalersi di apposite strutture decentralizzate, in qualità di responsabili del trattamento ai sensi dell’articolo 28 del Regolamento UE 2016/679.
Ai sensi del comma 13, l’organismo di autoregolamentazione adotta, prima del trattamento e previo parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali, misure tecniche e organizzative adeguate al rischio dirette a:
a) garantire l’integrità, la non alterabilità dei documenti, dei dati e delle informazioni contenuti nella banca dati, la riservatezza dei medesimi nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, anche mediante l’utilizzo di tecniche di crittografia, nonché la tracciabilità degli accessi, secondo criteri selettivi, da parte dei soli soggetti autorizzati dagli organismi di autoregolamentazione, anche in base alle convenzioni di cui al comma 10;
b) individuare le specifiche modalità tecniche di elaborazione, trasmissione e comunicazione al professionista dell’avviso generato dalla banca dati nei limiti di quanto stabilito dal comma 5.
Il comma 14 statuisce che prima del trattamento, l’organismo di autoregolamentazione effettua la valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali e la sottopone alla verifica preventiva del Garante per la protezione dei dati personali. Nella valutazione di impatto sono indicate, tra l’altro, le misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio, nonché a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati. Nella valutazione di impatto sono altresì disciplinati i tempi e le modalità di cancellazione dei dati.
Il comma 15 prevede che i documenti, i dati e le informazioni acquisiti ai sensi del comma 1 e del comma 3 sono conservati nella banca dati per un periodo di 10 anni.
Ai sensi del comma 16, in relazione al trattamento dei dati personali contenuti nella banca dati informatica, i diritti dell’interessato di cui agli articoli da 15 a 18 e da 20 a 22 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, si esercitano nei limiti previsti dall’articolo 2-undecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
Il comma 17 prevede che nel rispetto di quanto previsto nel presente articolo, l’organismo di autoregolamentazione che istituisce la banca dati adotta, ai sensi dell’articolo 11, comma 2, regole tecniche con le quali sono individuati:
a) i documenti, i dati e le informazioni di cui all’articolo 31 che ai sensi del comma 1 debbono essere trasmessi alla banca dati informatica;
b) le modalità tecniche di alimentazione della medesima banca dati da parte dei professionisti;
c) le modalità tecniche di controllo, da parte dell’organismo di autoregolamentazione, riguardo alla corretta trasmissione dei documenti, dei dati e delle informazioni di cui ai commi 1 e 3 da parte dei professionisti, al fine del corretto funzionamento della banca dati.
Il comma 18 attribuisce all’organismo di autoregolamentazione il compito di promuovere e controllare l’osservanza degli obblighi previsti dal presente articolo da parte dei professionisti. In caso di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime si applica l’articolo 11, comma 3.
L’articolo 37, comma 2-bis, prevede che - fermo restando quanto previsto ai commi 1 e 2 del medesimo articolo in materia di segnalazione delle operazioni sospette - i professionisti, ai fini della valutazione delle operazioni sospette ai sensi dell’articolo 35, possono avvalersi della banca dati informatica centralizzata di cui all’articolo 34-bis istituita presso il proprio organismo di autoregolamentazione, per poter ricevere, ricorrendone i presupposti, l’avviso di cui al comma 4 del medesimo articolo. Resta ferma in ogni caso la responsabilità del professionista per l’inadempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette.
Articolo 3, commi 1-3
(Anticipo rinnovo contratti pubblici)
L’articolo 3, commi da 1 a 3, dispone, in via eccezionale, per il personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato dipendente dalle amministrazioni statali, un incremento, a valere sul 2024, dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al mese di dicembre 2023.
Tale incremento – che può essere erogato anche da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, ma con oneri a carico dei propri bilanci – non rileva ai fini dell’attribuzione dell’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti previsto dalla normativa vigente.
In dettaglio, nelle more della definizione del quadro finanziario complessivo relativo ai rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, si dispone che la suddetta indennità di vacanza contrattuale sia incrementata di un importo pari a 6,7 volte il relativo valore annuale attualmente erogato, salva l’effettuazione di eventuali successivi conguagli (comma 1, primo periodo).
Si ricorda che l’indennità di vacanza contrattuale è prevista dall’art. 47-bis, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, in base al quale, a decorrere dal mese di aprile dell'anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora lo stesso non sia ancora stato rinnovato, è riconosciuta ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione (nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i limiti previsti dalla legge di bilancio in sede di definizione delle risorse contrattuali) una copertura economica che costituisce un'anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale.
L’articolo 3 specifica che l’incremento in oggetto viene disposto a valere sul 2024, configurando dunque un anticipo che andrà poi scontato (nel 2024) dall'erogazione della medesima indennità o dagli aumenti a regime che vi saranno con i rinnovi contrattuali.
Come anticipato, l’incremento previsto dalla disposizione in commento non rileva ai fini dell’attribuzione dell’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti previsto dalla normativa vigente (comma 1, ultimo periodo).
Si ricorda che la legge di bilancio 2023 (art. 1, c. 281, L. 197/2022) riconosce (come analogamente successo anche per il 2022) per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023 un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati pari al 2 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro e al 3 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro. Successivamente tale percentuale è stata aumentata per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 ed è stata portata dal 2 al 6 per cento, se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro, e dal 3 al 7 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro,
Agli oneri derivanti dall’anticipo in oggetto, valutati in 2.000 milioni di euro per il 2023, si provvede ai sensi dell’articolo 23 del presente decreto legge (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).
La Relazione Tecnica allegata al decreto legge in esame evidenzia che i suddetti oneri sono stati così quantificati sulla base delle unità di personale a tempo indeterminato rilevate dal Conto Annuale 2021 e degli importi mensili pro capite dell’emolumento in questione.
Si prevede infine la possibilità per le amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale - ossia, in base all’art. 48, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, regioni ed enti dipendenti, amministrazioni del SSN, enti locali, camere di commercio, università italiane, enti pubblici non economici, enti e istituzioni di ricerca (ivi compresi gli enti e le amministrazioni di cui all’art. 70, c. 4, del medesimo D.Lgs. 165/2001) - di erogare al proprio personale dipendente a tempo indeterminato l’incremento in oggetto, con le modalità e nella misura suesposte, con oneri a carico dei propri bilanci (comma 3).
Articolo 3, commi 3-bis e 3-ter
(Determinazione del valore imponibile, nell’ambito dei redditi da lavoro dipendente o equiparati e assimilati, del beneficio relativo alla concessione di prestiti)
I commi 3-bis e 3-ter – inseriti in sede referente – dell’articolo 3 modificano la disciplina sul criterio di quantificazione – al fine dell’inclusione nel computo del reddito imponibile (sotto il profilo fiscale e contributivo[16]) del lavoratore dipendente, o nel computo dei redditi imponibili equiparati o assimilati a quelli da lavoro dipendente[17] – del beneficio relativo alla concessione di prestiti. La novella[18] si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
La disciplina oggetto di modifica concerne i prestiti concessi dal soggetto remuneratore al titolare del reddito in esame ovvero al coniuge o ad altri familiari[19] del medesimo titolare, nonché i prestiti che terzi soggetti concedono ai suddetti sulla base di un diritto maturato nell’ambito del rapporto di lavoro (o nell’ambito degli altri rapporti – tra cui quello tra pensionato ed ente previdenziale – da cui derivi il reddito in oggetto)[20].
La novella di cui al comma 3-bis prevede (con la decorrenza summenzionata) che nel computo del reddito imponibile (sotto il profilo fiscale e contributivo) sia incluso il cinquanta per cento della differenza tra l'importo ipotetico degli interessi, calcolato in base al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data di scadenza di ciascuna rata, o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito, e l’importo degli interessi effettivamente applicati[21]. La norma finora vigente prevede invece che nel reddito imponibile sia computato il cinquanta per cento della differenza tra l'importo ipotetico degli interessi calcolato al tasso ufficiale di riferimento vigente al termine di ciascun anno e l'importo degli interessi effettivamente applicati[22].
Resta fermo che il valore da includere nell’imponibile può rientrare nel limite massimo di esclusione dal medesimo imponibile, limite relativo al complessivo valore dei beni ceduti e dei servizi prestati (diversi dalla remunerazione); tale limite, posto in via generale dall'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi[23], è in genere rideterminato da norme transitorie (in genere nel rispetto del principio che, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite, l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo).
Articolo 3-bis
(Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (modifica TUIR))
L’articolo 3-bis, introdotto in sede referente, assimila ai redditi di lavoro dipendente le indennità percepite per le cariche elettive e le funzioni del Consiglio superiore della magistratura, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle relative cariche e funzioni, a decorrere dal 2024.
Le disposizioni in esame modificano (comma 1) anzitutto l’articolo 50, comma 1, lettera g) del Testo unico delle imposte sui redditi.
Si ricorda che l’articolo 50 reca una compiuta elencazione delle tipologie di reddito assimilato a quello da lavoro dipendente ai fini dell’imposta sui redditi delle persone fisiche – Irpef, tra cui, alla lettera g) del comma 1, figurano altresì le indennità percepite per le cariche elettive e per le funzioni degli organi degli enti territoriali (di cui agli artt. 114 della Costituzione) e della Corte Costituzionale (articolo 135 della Costituzione).
Con le modifiche in esame, come anticipato supra, viene introdotto nella norma il riferimento all’articolo 105 della Costituzione, per effetto del quale risultano assimilati ai redditi di lavoro dipendente a fini Irpef anche le indennità per cariche elettive e svolgimento di funzioni percepite dai membri del Consiglio superiore della magistratura, nonché gli assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni.
Viene altresì modificato analogamente il successivo articolo 52 che reca le modalità di determinazione dei redditi di lavoro dipendente.
In particolare si inserisce il riferimento al richiamato articolo 105 Cost. nel comma 1, lettera b) dell’articolo 52.
L’articolo 52, comma 2, lettera b) prevede che, ai fini della determinazione delle indennità di cui alla richiamata lettera g) del comma 1 dell'articolo 50 non concorrono a formare il reddito le somme erogate ai titolari di cariche elettive pubbliche a titolo di rimborso spese, purché l’erogazione di tali somme e i relativi criteri siano disposti dagli organi competenti a determinare i trattamenti dei soggetti stessi.
Sono altresì individuate le modalità di assoggettamento a tassazione degli assegni vitalizi, che avviene solo per la quota parte che non deriva da fonti riferibili a trattenute effettuate al percettore già assoggettate a ritenute fiscali.
Tali modalità di tassazione a fini Irpef, con le modifiche in esame, sono estese alle indennità e ai vitalizi dei membri del Consiglio superiore della magistratura.
Detta quota parte è determinata, per ciascun periodo d'imposta, in misura corrispondente al rapporto complessivo delle trattenute effettuate, assoggettate a ritenute fiscali, e la spesa complessiva per assegni vitalizi. Il rapporto va effettuato separatamente dai distinti soggetti erogatori degli assegni stessi, prendendo a base ciascuno i propri elementi.
Il comma 2 reca la copertura finanziaria delle norme in esame, i cui oneri sono valutati in 400.000 euro annui a decorrere dall’anno 2024, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili che si presentino in corso di gestione, di cui all’articolo l, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Il comma 3 individua la decorrenza delle disposizioni introdotte, che si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2024.
Gli assegni e le indennità spettanti ai componenti del CSM sono disciplinati dall’art. 40 della L. 195/1958.
In base al primo comma dell’articolo citato al Vice Presidente del CSM spetta un assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio e indennità di rappresentanza, al primo presidente della Corte di cassazione, mentre, ai sensi del secondo comma, agli altri componenti eletti dal Parlamento è corrisposto un assegno mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ed indennità di rappresentanza, ai magistrati di cui all’art. 6, primo comma, n. 3 della L. 392/1951 (presidenti di sezione e avvocati generali della Corte di cassazione, presidenti delle corti di appello, procuratori generali presso le corti di appello).
Qualora i componenti eletti dal Parlamento fruiscano di stipendio o di assegni a carico del bilancio dello Stato, spetta il trattamento più favorevole restando a carico dell'Amministrazione di appartenenza l'onere inerente al trattamento di cui risultino già provvisti, ed a carico del Ministero della giustizia quello relativo all'eventuale eccedenza del trattamento loro spettante quali componenti del CSM (terzo comma).
Ai membri del CSM spetta, inoltre, un’indennità per ogni seduta nonché, per i non residenti a Roma, l’indennità di missione.
La misura di tali indennità è determinata dal CSM, nel rispetto del limite massimo retributivo onnicomprensivo di cui all’art. 13 del DL 66/2014.
Articolo 3-ter
(Possibilità di conferimento di alcuni incarichi a soggetti già titolari di un trattamento pensionistico)
L’articolo 3-ter – inserito in sede referente – amplia una fattispecie transitoria[24], la quale consente, fino al 31 dicembre 2026, in deroga alla normativa vigente, il conferimento di alcuni incarichi a titolo oneroso a soggetti già collocati (dopo lo svolgimento di attività lavorative pubbliche o private) in quiescenza. Nella formulazione finora vigente, la deroga transitoria concerne gli incarichi che riguardino posizioni di vertice presso enti e istituti di carattere nazionale - rientranti in ambiti di competenza dell'amministrazione statale -, limitatamente ai casi di conferimento, da parte di organi costituzionali, previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari o previa informativa a queste ultime. La novella di cui al presente articolo 3-ter estende la fattispecie ai casi di conferimento dei medesimi incarichi di vertice da parte di organi a rilevanza costituzionale, ferme restando le altre condizioni suddette. La medesima novella esplicita che, per tutti i casi di deroga in oggetto, resta ferma l’applicazione (ove ne sussistano i presupposti) delle norme limitative del cumulo degli emolumenti derivanti da incarichi pubblici con i trattamenti pensionistici.
La deroga transitoria in esame concerne la norma[25] che, per le pubbliche amministrazioni e altri soggetti[26], esclude il conferimento di incarichi a titolo oneroso[27] a soggetti già collocati in quiescenza (la norma restrittiva si applica a prescindere dalla circostanza che il soggetto sia stato un lavoratore pubblico o privato)[28].
Come accennato, la deroga transitoria concerne gli incarichi che riguardino posizioni di vertice presso enti e istituti di carattere nazionale – rientranti in ambiti di competenza dell'amministrazione statale –, limitatamente ai casi di conferimento, da parte di organi costituzionali o – come aggiunge ora la novella in esame – da parte di organi a rilevanza costituzionale, successivo ad una delle seguenti fattispecie:
- parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari (la norma, almeno nella formulazione letterale, potrebbe ricomprendere anche i casi di parere favorevole espresso nell’ambito di procedure di nomina nelle quali il parere sia previsto come semplice e non come vincolante);
- informativa (come detto, preventiva) alle competenti Commissioni parlamentari[29].
Si ricorda che la categoria di "organi di rilevanza costituzionale" – a cui fa riferimento la novella in esame – non è oggetto di espressa definizione legislativa, trattandosi piuttosto di una costruzione dottrinale, come tale soggetta a oscillazioni interpretative (sono generalmente ricompresi in tale categoria la Corte dei conti, il Consiglio di Stato, il CNEL e il CSM). L’estensione di cui alla novella non parrebbe in concreto concernere, considerate la tipologia degli incarichi interessati e le procedure suddette, i suddetti organi. Si valuti pertanto l'opportunità – come prospettato anche in un’osservazione del parere della 1a Commissione del Senato del 5 dicembre 2023[30] - di precisare la nuova fattispecie oggetto di deroga.
Riguardo al termine del 31 dicembre 2026, si ricorda che nel corso del suddetto anno devono essere completati gli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questi ultimi, più precisamente, devono essere completati entro i singoli termini previsti dal medesimo Piano e in ogni caso non oltre il 31 agosto 2026, ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 4, lettera i), e dell'articolo 20, paragrafo 5, lettera d), del regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021.
La novella, inoltre, come accennato, esplicita[31] che resta ferma l’applicazione (ove ne sussistano i presupposti) delle norme limitative del cumulo degli emolumenti derivanti da incarichi pubblici con i trattamenti pensionistici; tali limitazioni sono inerenti all’importo totale derivante dal cumulo o alla specifica tipologia del trattamento pensionistico (se liquidato in base ad una delle cosiddette quote 100, 102 e 103).
L’articolo 3-quater, introdotto in sede referente, consente alla CONSOB, nell’ambito delle procedure concorsuali per il reclutamento di personale non dirigenziale, di riservare il 50 per cento dei posti banditi al personale non dirigenziale con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato che abbia maturato un periodo di servizio non inferiore a tre anni.
L’unico comma dell’articolo in esame, introdotto in sede referente, modifica l'articolo 6, comma 1-bis, secondo periodo, del decreto-legge n. 132 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 170 del 2023, al fine di disporre che la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), nell'ambito delle procedure concorsuali per il reclutamento di personale non dirigenziale, può destinare una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli banditi al personale non dirigenziale con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato che abbia maturato un periodo di servizio presso l'Autorità non inferiore a tre anni. L'inquadramento è effettuato, a seguito del superamento del relativo concorso, nella qualifica per la quale si concorre.
Nel testo attualmente vigente, l’articolo 6, comma 1-bis, del decreto-legge n. 132 del 2023 consente alla CONSOB di avvalersi, entro il termine del 31 dicembre 2026, per il personale, fino alla qualifica di consigliere, in effettivo servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge, delle facoltà di inquadrare in ruolo i dipendenti assunti con contratto a tempo determinato in qualifica corrispondente a quella presa a riferimento nel contratto, mediante apposito esame-colloquio, tenuto da una Commissione presieduta dal Presidente o da un Commissario della CONSOB e composta da due docenti universitari o esperti nelle materie di competenza istituzionale della CONSOB (modalità previste dall'articolo 2, commi 4-duodecies e 4-terdecies del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005).Tale facoltà può essere esercitata mediante una o più procedure alle quali può essere ammesso a partecipare solo il personale che, di volta in volta, abbia maturato, anche computando i periodi di servizio svolti con uno o più contratti di lavoro a tempo determinato, un periodo di servizio presso la Consob non inferiore a 3 anni.
Il menzionato articolo 2 del decreto-legge n. 35 del 2005 prevede, al comma 4-duodecies, che, al fine di assicurare un efficiente e stabile assetto funzionale ed organizzativo della CONSOB, i dipendenti, assunti con contratto a tempo determinato, che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto siano in effettivo servizio, possono essere inquadrati in ruolo, in qualifica corrispondente a quella presa a riferimento nel contratto, mediante apposito esame-colloquio, tenuto da una Commissione presieduta dal Presidente o da un Commissario della CONSOB e composta da due docenti universitari o esperti nelle materie di competenza istituzionale della CONSOB.
Il comma 4-terdecies del medesimo articolo 2 dispone che gli oneri finanziari derivanti dall'applicazione dei commi 4-undecies e 4-duodecies sono coperti secondo i criteri e le procedure e con le risorse relative al contributo al fabbisogno finanziario della CONSOB dovuto dai soggetti sottoposti alla vigilanza della medesima autorità (contributo previsto dall'articolo 40, comma 3, della legge n. 724 del 1994).
Articolo 4
(Rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette)
L’articolo 4, come modificato in sede referente, rinvia, per il solo periodo d’imposta 2023, il versamento della seconda rata di acconto delle imposte sui redditi, con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi INAIL, da parte delle persone fisiche titolari di partita IVA che nel periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170 mila euro. Il versamento potrà essere effettuato entro il 16 gennaio del 2024, senza interessi, ovvero potrà essere dilazionato, a fronte del pagamento di interessi, fino a 5 rate mensili, da gennaio a maggio, con scadenza il giorno 16 di ciascun mese.
In particolare, il comma 1 dispone che, per il solo periodo d’imposta 2023, le persone fisiche titolari di partita IVA che nel periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore a centosettantamila euro, effettuano il versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi INAIL, entro il 16 gennaio del 2024 (anziché entro il 30 novembre del 2023), oppure in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 16 di ciascun mese. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 241 del 1997 (4 per cento annuo ai sensi del decreto del 21/05/2009 del Ministero dell’Economia e delle Finanze).
In base alle modifiche apportate in sede referente, per i titolari di reddito agrario, che siano anche titolari di reddito d’impresa, il limite di ricavi e compensi di cui al primo periodo si intende riferito al volume d'affari.
Il volume di affari è definito dall’articolo 20 del D.P.R. n. 633 del 1972 quale l'ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi dallo stesso effettuate, registrate o soggette a registrazione con riferimento a un anno solare.
Il comma 2 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 2.540,9 milioni di euro di minori entrate per l’anno 2023 e rinvia per la copertura finanziaria all’articolo 23.
Articolo 4-bis
(Interpretazione autentica della disciplina concernente il trattamento ai fini IVA degli integratori alimentari)
L’articolo 4-bis, introdotto in sede referente, dispone l’applicazione dell’aliquota agevolata IVA al 10 per cento agli integratori alimentari.
In particolare, l’unico comma dell’articolo in esame, introdotto in sede referente, modifica il punto 80 della tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972 il quale prevede che siano assoggettate all’aliquota IVA agevolata del 10 per cento (in luogo di quella ordinaria del 22 per cento) le preparazioni alimentari non nominate né comprese altrove, esclusi gli sciroppi di qualsiasi natura. Per effetto dell’articolo in esame, sono ricomprese tra le preparazioni alimentari assoggettate all’aliquota del 10 per cento anche gli integratori alimentari, di cui al decreto legislativo n. 169 del 2004, in quanto preparazioni alimentari non nominate né comprese altrove, classificabili nella voce doganale 2106 della nomenclatura combinata di cui all'allegato 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2017/1925 della Commissione del 12 ottobre 2017 che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune.
Ai sensi dell’articolo 2 del suddetto decreto legislativo n. 169 del 2004, per integratori alimentari si intendono i prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate.
Articolo 4-ter
(Regime iva prestazioni di chirurgia estetica)
L’articolo 4-ter, inserito in sede referente, estende l’esenzione Iva per le prestazioni sanitarie anche alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica, solo a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica.
In particolare l’articolo 4-ter prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore della norma in esame, l’esenzione Iva alle - prevista per le prestazioni sanitarie dall'articolo 10, primo comma, n. 18), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 – si estenda alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica, solo a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica.
L’articolo 10, comma primo, n. 18 del richiamato D.P.R. IVA (n. 633 del 1972) individua, tra le prestazioni esenti dall’Iva, le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ovvero individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. L'esenzione si applica anche se la prestazione sanitaria costituisce una componente di una prestazione di ricovero e cura resa alla persona ricoverata da un soggetto diverso da quelli di cui al numero 19) (da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate, nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da enti del Terzo settore di natura non commerciale), quando tale soggetto a sua volta acquisti la suddetta prestazione sanitaria presso un terzo e per l'acquisto trovi applicazione l'esenzione di cui al presente numero; in tal caso, l'esenzione opera per la prestazione di ricovero e cura fino a concorrenza del corrispettivo dovuto da tale soggetto al terzo.
Si ricorda al riguardo che l’articolo 132 della Direttiva IVA (2006/112/CE) prevede che gli Stati membri dispongano alcune esenzioni a favore di attività di interesse pubblico. Tra di esse il paragrafo 1, lettera b) contempla l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti. La lettera c) individua altresì, tra le prestazioni esenti, quelle mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato.
La disposizione in esame appare finalizzata a superare, con una norma espressa e di rango primario, le questioni interpretative sorte sull’effettiva applicazione dell’Iva alle prestazioni di chirurgia estetica, anche alla luce della giurisprudenza unionale, dei documenti di prassi dell’Amministrazione fiscale e delle pronunce della Corte di Cassazione.
Si veda, per una ricostruzione della materia, l’articolo della rivista dell’Agenzia delle entrate FiscoOggi.
Il precedente esecutivo, nella risposta all’interrogazione a risposta orale 3-03094 svoltasi il 10 marzo 2022 presso il Senato, aveva fatto presente che, come già più volte chiarito nei documenti di prassi e nelle risposte ad istanze di interpello, è necessario che il requisito soggettivo e quello oggettivo siano esplicitamente ed autonomamente identificabili al fine dell’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 10, primo comma, numero 18), del decreto IVA. Conseguentemente, sono agevolabili le sole prestazioni che, oltre ad essere eseguite nell’ambito di una prestazione medica, siano autonomamente qualificabili come "di diagnosi, cura e riabilitazione".
Successivamente la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 26906 del 13 settembre 2022 ha precisato che in tema di Iva, le prestazioni mediche e paramediche di chirurgia estetica si distinguono dalle prestazioni a contenuto meramente cosmetico e sono esenti da imposta (ex articolo 10, n. 18, Dpr n. 633/1972), nei limiti in cui sono finalizzate a trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma o di un handicap fisico congenito, subiscono disagi psico-fisici e, dunque, sono rivolte alla tutela della salute, gravando sul contribuente (e non sull’ufficio) l’onere di provare la sussistenza dei suddetti requisiti soggettivi e oggettivi.
Il comma 2 precisa che resta fermo il trattamento Iva applicato alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica effettuate anteriormente all'entrata in vigore della presente disposizione, a prescindere dal verificarsi delle predette condizioni.
Articolo 4-quater
(Misure di semplificazione, di tutela del contribuente e in materia di transazione su crediti tributari e contributivi)
L’articolo 4-quater, introdotto in sede referente, abroga l’obbligo previsto, a decorrere dal periodo d’imposta 2023, per i sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell’otto, del cinque e del due per mille Irpef, nonché la previsione di conservare le schede medesime. La disposizione introduce, altresì, una semplificazione per i contribuenti che intendono fruire del servizio di consultazione delle fatture elettroniche emesse nei loro confronti.
La norma, infine, introduce una semplificazione nelle modalità di espressione del parere conforme da parte dell’Agenzia delle entrate nei casi di proposta di transazione su crediti tributari e contributivi.
La disposizione in esame, al comma 1, abroga il comma 2 dell’articolo 4 del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, che posticipa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 22 giugno 2022 (in sostanza, al periodo d’imposta 2023) l’efficacia delle disposizioni che impongono ai sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell'otto, del cinque e del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
Il comma 2 modifica l’articolo 37, comma 2-bis), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, che alla lettera c) prevede che i sostituti d'imposta che comunicano ai propri sostituiti, entro il 15 gennaio di ogni anno, di voler prestare assistenza fiscale provvedono a:
§ controllare, sulla base dei dati ed elementi direttamente desumibili dalla dichiarazione presentata dal sostituito, la regolarità formale della stessa anche in relazione alle disposizioni che stabiliscono limiti alla deducibilità degli oneri, alle detrazioni ed ai crediti di imposta;
§ consegnare al sostituito, prima della trasmissione della dichiarazione, copia della dichiarazione elaborata ed il relativo prospetto di liquidazione;
§ trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate le dichiarazioni elaborate e i relativi prospetti di liquidazione, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Il comma 2, lettera a), del provvedimento in esame espunge il riferimento alle modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate e prevede che i sostituti d’imposta provvedono a consegnare le buste contenenti le schede relative alle scelte per la destinazione dell'otto, del cinque e del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, secondo le modalità stabilite con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate.
La lettera b) abroga la lettera c-bis) del comma 2-bis dell’articolo 37 che prevede che i sostituti d’imposta provvedono a trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell'otto, del cinque e del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, entro i termini previsti.
Infine, la lettera c) sopprime alla lettera e) del comma 2-bis, la previsione che il sostituto è tenuto a conservare le schede relative alle scelte per la destinazione dell'otto, del cinque e del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione.
La relazione illustrativa indica nella necessità di una maggiore tutela della privacy l’obiettivo dell’intervento normativo.
A tale proposito la relazione illustrativa chiarisce che per finalità di tutela del diritto alla privacy viene modificata la disposizione introdotta dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, che aveva previsto l’obbligo per i sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale ai dipendenti di:
a) trasmettere, in via telematica, all'Agenzia delle entrate anche i dati contenuti nelle schede relative alle scelte dell'otto, del cinque e del due per mille dell’IRPEF;
b) conservare le medesime schede fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione. Infatti, l’attuazione dalla disposizione oggetto di modifica avrebbe potuto determinare criticità legate al trattamento di particolari categorie di dati personali dei dipendenti, idonei a rivelarne, ad esempio, le opinioni politiche, le convinzioni religiose e l'appartenenza sindacale.
Il comma 3 abroga all'articolo 2, comma 6-quater, il secondo periodo il quale prevede che, a decorrere dal 1°gennaio 2024, i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, devono adempiere all’obbligo di registrazione dei corrispettivi giornalieri esclusivamente mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.
Gli operatori sanitari tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, pertanto, potranno continuare a gestire i flussi informativi con le medesime modalità utilizzate a partire dal 2014.
La norma si applica ai soggetti tenuti all'invio dei dati, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, ai sensi dell'articolo 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 175 del 2014 (recante "Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata"). Il comma 3 sopra richiamato elenca i seguenti soggetti: le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, le farmacie, pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei servizi sanitari e gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Con alcuni decreti ministeriali la platea dei soggetti all’obbligo di invio dei predetti dati è stata ulteriormente ampliata.
Il comma 4 modifica l'articolo 1, comma 3, quarto periodo, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, che prevede che le fatture elettroniche emesse nei confronti dei consumatori finali sono rese disponibili, su richiesta, a questi ultimi dai servizi telematici dell'Agenzia delle entrate. Viene espunto il riferimento su richiesta, pertanto, l’Agenzia renderà disponibili le fatture anche se non richieste.
Il comma 5 modifica l’articolo 1-bis, comma 1, del decreto legge n.69 del 2003 che ha introdotto una disciplina transitoria dell’omologazione degli accordi di ristrutturazione anche in assenza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Tale articolo, alla luce delle prime applicazioni del Codice della crisi d’impresa (d.lgs. n. 14 del 2019) e al fine di evitare rilevanti effetti finanziari negativi sulla finanza pubblica, prevede che, fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo integrativo o correttivo dell’articolo 63 del Codice stesso, per i creditori pubblici non aderenti non si applichino le disposizioni di cui all’ultimo periodo del comma 2 e di cui al comma 2-bis dell’articolo 63 del D. Lgs. 14/2019 in materia di accordi di ristrutturazione.
Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (art. 63), entrato in vigore il 15 luglio 2022, nel solco di quanto già prevedeva la legge fallimentare, regola la transazione di crediti tributari e contributivi. La disciplina della transazione dei crediti contributivi e tributari (art. 63 del Codice) prevede che il debitore possa proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate; Agenzia del Demanio; Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; Agenzia delle Entrate-Riscossione) e dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti obbligatorie e dei relativi accessori (in buona sostanza INPS e INAIL). Il Codice disciplina anche per i crediti tributari e contributivi, l'accesso agli strumenti stragiudiziali e consente, in presenza di determinate condizioni, l'omologazione degli accordi anche in mancanza di adesione da parte degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie o delle amministrazioni fiscali interessate.
Un ruolo centrale ai fini della transazione dei crediti contributivi e tributari lo svolge il professionista indipendente, il quale deve dare contezza della convenienza del trattamento proposto rispetto a quello che ne deriverebbe dalla liquidazione giudiziale, allo scopo di consentire al tribunale l'omologa degli accordi in ipotesi della mancata pronuncia favorevole da parte degli enti previdenziali.
Per dare efficacia alla transazione dei crediti suddetti è prevista l’omologazione forzosa (cd. cram down: articolo 63, comma 2- bis, del Codice), ovvero il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte degli enti previdenziali interessati:
La transazione è risolta di diritto se entro 60 giorni dalle scadenze previste il debitore non esegue integralmente i pagamenti dovuti agli enti.
La norma in esame inserisce un nuovo periodo al sopra citato comma 1 dell’articolo 1-bis il quale stabilisce che nei casi in cui l’adesione alla proposta di transazione abbia ad oggetto tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate e preveda una falcidia del debito originario, comprensivo dei relativi accessori, superiore alla percentuale e all'importo definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, il parere conforme, di cui all’articolo 63, comma 2, terzo periodo, del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, è espresso, per l'Agenzia delle entrate, dalla struttura centrale (in luogo della competente direzione regionale) individuata con il medesimo provvedimento.
Si ricorda che il richiamato terzo periodo del comma 2 stabilisce che l'adesione alla proposta è espressa, su parere conforme della competente direzione regionale, con la sottoscrizione dell'atto negoziale da parte del direttore dell'ufficio.
Il comma 6 stabilisce la decorrenza delle disposizioni di cui al comma 5, prevedendo che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate è individuata la decorrenza delle disposizioni, che comunque si applicano alle proposte di transizioni espresse a partire dal 1° febbraio 2024.
Articolo 5
(Termini per le procedure di riversamento del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo)
L’articolo 5 proroga i termini previsti per regolarizzare, senza addebito di sanzioni ed interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito d'imposta previsto per investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
La norma proroga, altresì, di un anno il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, relativo all’indebito utilizzo in compensazione del medesimo credito.
La disposizione, infine, con una modifica introdotta in sede referente, disciplina le modalità e il termine per esercitare la possibilità di revoca della procedura di riversamento dell’importo del credito utilizzato.
Si ricorda che i commi da 7 a 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021 hanno introdotto una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati.
La procedura è destinata ai soggetti che - a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 - abbiano svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145.
La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che:
- abbiano commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;
- in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano applicato l'ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019.
L’accesso alla procedura, secondo quanto prevede la normativa vigente di cui ai commi da 7 a 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, è escluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta. La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi, mentre nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione. Per avvalersi della procedura è necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate che può essere effettuata entro il 30 novembre 2023. Il comma 9 della medesima disposizione prevedeva inoltre che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura fossero definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il 31 maggio 2022, specificando che nell'istanza devono essere indicati il periodo o i periodi d’imposta di maturazione del credito d’imposta per cui è presentata la richiesta, gli importi del credito oggetto di riversamento spontaneo e tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili. In attuazione di tali disposizioni l'Agenzia delle entrate ha emanato i provvedimenti del 1° giugno e del 4 luglio 2022 che contengono modello, istruzioni e specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati relativi al modello di domanda per l'accesso alla procedura. Il versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, indicato nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate poteva essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2023. Il versamento poteva altresì essere effettuato in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2023 e le successive entro il 16 dicembre 2024 e il 16 dicembre 2025. In caso di pagamento rateale erano dovuti, a decorrere dal 17 dicembre 2023, gli interessi calcolati al tasso legale. Il riversamento degli importi dovuti è effettuato senza avvalersi della compensazione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Il comma 11 stabilisce che la procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta il mancato perfezionamento della procedura, l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l’applicazione di una sanzione pari al 30 per cento degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, con decorrenza dalla data del 17 dicembre 2023. In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000).
La disposizione, comma 1, lettera a), n.1), differisce il sopra citato termine utile per inviare l’apposita richiesta all’Agenzia delle entrate per avvalersi dell’agevolazione; il termine di adesione alla procedura di riversamento passa dal 30 novembre 2023 al, secondo una modifica introdotta in sede referente, 30 luglio 2024 (nel testo originario il termine previsto era 30 giugno 2024).
La disposizione (n.2)), inoltre, sostituisce il secondo periodo del comma 9 stabilendo che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura sono definiti con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate: viene pertanto espunto il precedente riferimento al 31 maggio 2022.
La lettera b), conseguentemente, alla modifica introdotta alla lettera a), differisce il termine per il versamento dell’unica rata o, in caso di rateazione, delle altre tre rate, nonché il termine a decorrere dal quale sono dovuti gli interessi calcolati al tasso legale previsto al comma 10 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021.
La norma proroga:
§ dal 16 dicembre 2023 al 16 dicembre 2024 il termine per il versamento dell’unica rata o, in caso di rateazione, della prima rata;
§ dal 16 dicembre 2024 al 16 dicembre 2025 il termine per il versamento della seconda rata;
§ dal 16 dicembre 2025 al 16 dicembre 2026 il termine per versamento della terza rata;
§ dal 17 dicembre 2023 al 17 dicembre 2024, in caso di pagamento rateale, il termine a decorrere dal quale sono dovuti gli interessi calcolati al tasso legale.
Conseguentemente alle proroghe introdotte, la norma (lettera c)) interviene altresì sul comma 11, prorogando al 17 dicembre 2024 il termine ivi previsto - in precedenza fissato al 17 dicembre 2023 - a decorrere dal quale vanno calcolati, in caso di mancato perfezionamento della procedura, gli interessi di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 in materia di interessi per ritardata iscrizione a ruolo (tasso del quattro per cento annuo).
Il comma 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021 prevede, inoltre, che la procedura di cui ai commi da 7 a 10 non può essere utilizzata per il riversamento dei crediti il cui utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto. Nel caso in cui l'utilizzo del credito d’imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio, ovvero accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con un provvedimento impositivo, non ancora divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, il riversamento deve obbligatoriamente riguardare l'intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, senza applicazione di sanzioni e interessi e senza possibilità di applicare la rateazione di cui al comma 10.
La lettera d) introduce un ultimo periodo al sopra richiamato comma 12 con il quale si stabilisce che, in deroga all’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212-Statuto dei diritti del contribuente, il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, è prorogato di un anno con riferimento ai crediti d’imposta di cui al comma 7, utilizzati negli anni 2016 e 2017. Si ricorda che il citato comma 3 prevede che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.
Si ricorda che l’articolo 27, comma 16, del decreto legge n. 185 del 2008 dispone un termine di decadenza, per l’accertamento, di otto anni dall’utilizzo del credito inesistente. Sul punto, anche in merito all’orientamento dell’amministrazione finanziaria, si consiglia la lettura di un approfondimento consultabile sulla rivista on-line dell’Agenzia delle entrate.
Il comma 1-bis, introdotto in sede referente, disciplina le modalità e il termine per esercitare la possibilità di revoca della procedura di riversamento. La norma, infatti, dispone che i soggetti che possono avvalersi della procedura di riversamento spontaneo del credito d'imposta che hanno già presentato richiesta telematica di accesso alla procedura di riversamento del credito d’imposta ricerca e sviluppo e non hanno ancora effettuato il versamento dell’unica soluzione o della prima rata possono revocare integralmente la richiesta entro la scadenza del 30 giugno 2024, secondo le modalità definite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della disposizione in commento.
La norma prosegue, specificando che, anche in ipotesi di revoca, resta ferma l’applicazione della proroga prevista dall’articolo 5, comma 12, ultimo periodo del sopra citato decreto legge n.146. Tale articolo, si ricorda, prevede che in deroga al divieto di proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta (articolo 3, comma 3, dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212)), il termine di decadenza per l'emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, è prorogato di un anno con riferimento ai crediti d’imposta di cui al comma 7, utilizzati negli anni 2016 e 2017.
Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria, prevedendo che alle minori entrate derivanti dal presente articolo, pari a 33 milioni di euro per l’anno 2023, 10,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 si provvede ai sensi dell’articolo 23, alla cui scheda di lettura si rimanda.
Articolo 6
(Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 settembre 2023, n. 127)
L’articolo 6 esclude parzialmente dalla base imponibile del contributo di solidarietà – previsto dalla legge di bilancio per il 2023 a carico di talune imprese del settore energetico – la distribuzione, o comunque l’utilizzo, nel periodo di imposta 2022, di riserve accantonate in sospensione d’imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali. Contestualmente, istituisce, per il 2024, un contributo di solidarietà a carico delle imprese che si avvalgono della suddetta esclusione di ammontare pari al beneficio conseguente.
La disposizione in esame ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 121 della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
L’articolo 1 della legge di bilancio 2023, ai commi da 115 a 119 ha istituito un contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2023 a carico dei soggetti:
- che esercitano in Italia, per la successiva vendita dei beni, l'attività di produzione di energia elettrica,
- che esercitano l'attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale,
- rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale
- che esercitano l'attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi,
- che importano a titolo definitivo, per la successiva rivendita, energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell'Unione europea (comma 115).
Il contributo è determinato applicando un'aliquota del 50 per cento sulla quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle società, relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022. Se la media dei redditi pregressi è negativa, si assume un valore pari a zero. L’ammontare del contributo straordinario, in ogni caso, non può essere superiore al 25 per cento del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (comma 116).
Il contributo è versato entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 (o, se approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio) (comma 117) e non è deducibile ai fini dell'IRES e dell'IRAP (comma 118).
In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame prevede, ai fini della determinazione del suddetto contributo di solidarietà, l'esclusione dalla base di calcolo del reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o destinate a copertura di vincoli fiscali, cioè destinate alla copertura delle eccedenze dedotte ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) nel testo previgente alle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 33, lettera q) della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007). Tale esclusione si applica nel limite del 30 per cento del complesso delle medesime riserve risultanti al termine dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
La lettera q) del comma 33 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2008 ha modificato la disciplina contenuta nell’articolo 109 del TUIR recante “Norme generali sui componenti del reddito d’impresa”, intervenendo sui commi 4, 5 e 6. In particolare la lettera q), numero 1), ha abrogato parzialmente l’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR riducendo i margini di ricorso alle deduzioni c.d. extracontabili le quali erano state introdotte in conformità al principio del c.d. disinquinamento del bilancio.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 109, la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi è ammessa solo se risultano imputati nel conto economico. In deroga a tale principio, nel testo precedente l’intervento normativo in commento erano deducibili anche in assenza di imputazione al conto economico, anche quelli relativi ad alcune voci di costo (ammortamenti dei beni materiali e immateriali, altre rettifiche di valore, accantonamenti, spese relative a studi e ricerche di sviluppo, differenze tra i canoni leasing e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che ne derivano), se in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi (quadro EC) risultavano evidenziati l’importo complessivo, il valore civile e quello fiscali dei beni nonché i fondi di ammortamento. In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d'esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d'imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. La parte delle riserve e degli utili di esercizio distribuiti che concorre a formare il reddito ai sensi del precedente periodo è aumentata delle imposte differite ad essa corrispondenti. L'ammontare dell'eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e degli utili d'esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del reddito. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.
Inoltre, si stabilisce che gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore, imputati al conto economico a partire dall’esercizio dal quale, in conseguenza della modifica recata dalla sopra illustrata lettera q), numero 1) del comma 33, decorre l’eliminazione delle deduzioni extracontabili, possano essere disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, qualora non risultino coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, fatta salva la possibilità per l’impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti principi contabili. La relazione illustrativa sottolinea come tale ultima disposizione sia finalizzata “a ostacolare comportamenti elusivi e in contrasto con la regola della continuità dei criteri contabili adottati (…). Essa, peraltro, assume anche portata di tutela della consistenza e veridicità del bilancio civilistico, essendo chiaramente volta a scoraggiare comportamenti anomali forieri di nuovi inquinamenti del risultato economico”.
Inoltre, il comma 2 prevede che, nel caso di esclusione degli utilizzi di riserve del patrimonio netto dal reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, siano parimenti esclusi dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1 ° gennaio 2022 gli utilizzi di riserve del patrimonio netto che hanno concorso al reddito nei suddetti quattro periodi di imposta.
Come rilevato nella relazione illustrativa, i commi 1 e 2 mirano, quindi, a ripristinare il contenuto dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, che già prevedeva una rideterminazione, nei termini sopra commentati, della base imponibile su cui si applica il contributo di solidarietà temporaneo. Detta disposizione, tuttavia, era stata successivamente abrogata dall’articolo 22, comma 1 del D.L. n. 61/2023.
Erroneamente, la relazione illustrativa riporta come norma abrogatrice la legge di conversione del medesimo D.L. n. 34/2023 (ossia la legge n. 56/2023), anziché il comma 1 dell’articolo 21 (rubricato “Disposizioni finanziarie”) del D.L. n. 61/2023, recante interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 nonché disposizioni urgenti per la ricostruzione nei territori colpiti dai medesimi eventi.
Il comma 3 prevede l’abrogazione della disposizione (articolo 4, comma 1 del D.L. n. 98/2023) che ha stabilito al 30 novembre il termine ultimo per il versamento della quota del contributo di solidarietà dovuta in ragione dell’abrogazione dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023.
Si trattava, infatti, di disciplinare i casi in cui le imprese avessero versato il contributo di solidarietà avvalendosi delle modalità di calcolo della base imponibile previste dall’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, prima che quest’ultima norma fosse abrogata con D.L. n. 61/2023; si ricorda, infatti, che quest’ultimo è entrato in vigore il 2 giugno 2023. L’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 98/2023 stabiliva, quindi, un nuovo termine per consentire alle imprese di regolarizzare la propria posizione fiscale, versando la quota parte del contributo di solidarietà corrispondente alla differenza tra l'importo del contributo determinato ai sensi della legge n. 197 del 2022 e l'importo del contributo che sarebbe stato determinato in applicazione dell'articolo 5 del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, successivamente abrogato. Tali importi, tuttavia, non sono più dovuti in quanto la norma in commento conferma la possibilità di escludere parzialmente la distribuzione, o comunque l’utilizzo nel periodo di imposta 2022, di riserve accantonate in sospensione d’imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali dal reddito sulla base del quale calcolare il contributo di solidarietà.
Il comma 4 precisa che non si fa luogo, in ogni caso, a restituzione delle somme già versate, che, quindi, rimangono acquisite al bilancio dello Stato.
Il comma 5, infine, istituisce per il solo anno 2024 un contributo di solidarietà, a carico dei soggetti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, di ammontare pari al beneficio che si ottiene per effetto dell’applicazione delle medesime disposizioni, da versarsi in due rate di pari importo entro il 30 maggio e il 30 ottobre 2024.
In concreto, dunque, la quota del contributo di solidarietà per il 2023 non versata in applicazione dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023 sarà comunque dovuta a titolo di contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2024.
La relazione tecnica allegata al testo del decreto-legge segnala che, alla luce del monitoraggio effettuato in sede di elaborazione delle Nota di aggiornamento al Def, le entrate derivanti dal versamento del predetto contributo straordinario si sono rivelate di importo superiore alle previsioni effettuate ex ante. Pertanto, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono ritenute non suscettibili di determinare effetti negativi su saldi di finanzia pubblica.
Si ricorda, in proposito, che la legge di bilancio aveva previsto entrate derivanti dal versamento del contributo di solidarietà pari a 2.546,8 milioni di euro, mentre il D.L. n. 34/2023 stimava che la rideterminazione della base imponibile avrebbe di fatto ridotto tale importo di 404 milioni di euro. Coerentemente, il D.L. n. 61/2023 prevedeva, con l’abrogazione dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, il recupero delle medesime entrate. In considerazione delle più aggiornate stime relative alle entrate derivanti dal versamento del contributo straordinario, il prospetto riepilogativo allegato al decreto-legge in esame stima in 450 milioni di euro le entrate derivanti dal versamento del contributo di solidarietà temporaneo per il 2024, determinato in misura pari alla quota non versata in virtù dell’esclusione dal computo delle somme indicate ai commi 1 e 2 dell’articolo 6 in esame (coincidenti con quelle precedentemente indicate all’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, poi abrogato).
Articolo 6-bis
(Disposizioni relative agli aromi destinati ai prodotti liquidi da inalazione)
L’articolo 6-bis, introdotto in sede referente, assoggetta, a decorrere dal 1° maggio 2024, i prodotti privi di nicotina, anche non direttamente vaporizzabili, destinati ad essere utilizzati come componenti della miscela liquida idonea alla vaporizzazione e che sono volti a conferire un odore o un gusto ai prodotti liquidi da inalazione senza combustione, ad un’imposta di consumo nella misura pari a quella prevista per i prodotti liquidi da inalazione non contenenti nicotina. L’articolo rinvia quindi a una determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la definizione di un congruo termine per lo smaltimento delle scorte dei prodotti non conformi alle disposizioni del presente articolo. Le maggiori entrate derivanti da tale imposta sono destinate all’integrazione del FISPE.
In particolare, il comma 1 aggiunge due commi (7-ter.1 e 7-ter.2) all’articolo 62-quater del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995.
Il suddetto articolo 62-quater introduce e disciplina l’imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo. Esso prevede, al comma 1-bis, che i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali, sono assoggettati ad imposta di consumo in misura pari, rispettivamente, al quindici per cento e al dieci per cento dal 1° gennaio 2021 fino al 31 luglio 2021, al dieci per cento e al cinque per cento dal 1° agosto 2021, al venti per cento e al quindici per cento dal 1° gennaio 2022 fino al 31 marzo 2022, al quindici per cento e al dieci per cento dal 1° aprile 2022 fino al 31 dicembre 2022, al quindici per cento e al dieci per cento dal 1° gennaio 2023 dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette e alla equivalenza di consumo convenzionale determinata sulla base di apposite procedure tecniche. L’articolo prevede inoltre che il soggetto autorizzato è obbligato al pagamento dell'imposta e a tal fine dichiara all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, prima della loro commercializzazione, la denominazione e il contenuto dei prodotti da inalazione, la quantità di prodotto delle confezioni destinate alla vendita al pubblico nonché gli altri elementi informativi previsti. La commercializzazione dei prodotti di cui al comma 1-bis è assoggettata alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti di soggetti che siano in possesso dei medesimi requisiti stabiliti dalla normativa vigente per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati.
Il comma 7-ter.1 introdotto dall’articolo in esame stabilisce che le disposizioni di cui al suddetto articolo 62-quater si applicano altresì ai prodotti privi di nicotina, anche non direttamente vaporizzabili, destinati ad essere utilizzati come componenti della miscela liquida idonea alla vaporizzazione e che sono volti a conferire un odore o un gusto ai prodotti liquidi da inalazione senza combustione di cui al medesimo articolo. I prodotti di cui al presente comma sono assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari a quella prevista per i prodotti liquidi da inalazione non contenenti nicotina di cui al comma 1-bis del presente articolo.
L’ulteriore comma 7-ter.2 introdotto dall’articolo in esame rinvia a una determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la definizione di un congruo termine per lo smaltimento delle scorte dei prodotti di cui al comma 7-ter.1 che risultino non conformi alle disposizioni del presente articolo; tale termine non può essere inferiore a tre mesi, decorrenti dalla data di adozione della predetta determinazione, per lo smaltimento delle scorte detenute da importatori, produttori e distributori e non può essere inferiore a 6 mesi, decorrenti dalla medesima data di adozione, per lo smaltimento delle scorte presenti nelle rivendite di generi di monopolio, negli esercizi di vicinato autorizzati, nelle farmacie e nelle parafarmacie nonché in altri esercizi di vendita.
Il comma 2 precisa che le disposizioni di cui al comma 1 hanno effetto a decorrere dal 1° maggio 2024.
Il comma 3 integra la dotazione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE) di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004, di 1,56 milioni di euro per il 2024 e 3,13 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.
Il comma 4 stabilisce che agli oneri derivanti dal comma 3 si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dai commi 1 e 2.
Articolo 7, comma 1
(Misure in materia di riduzione delle accise sui prodotti energetici)
L’articolo 7, comma 1, interviene sul meccanismo di rideterminazione delle aliquote d’accisa sui carburanti mediante decreto ministeriale in corrispondenza di un maggior gettito IVA, meccanismo disciplinato dalla legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008). La norma in esame modifica i presupposti di emanazione del decreto ministeriale di riduzione delle accise, allo scopo di condizionarlo all’aumento del greggio, sulla media del mese precedente (in luogo del “precedente bimestre”, come previsto dal testo finora vigente) rispetto al valore di riferimento indicato nel DEF o nella NADEF e tenuto conto dell’eventuale diminuzione del prezzo, nella media del bimestre precedente (in luogo del “quadrimestre”, come previsto dal testo finora vigente), sempre rispetto a quanto indicato nei predetti documenti di finanza pubblica.
La norma in esame novella, a tal fine, l’articolo 1, comma 291, della citata legge n. 244 del 2007.
In sintesi, i commi 290 e 291 dell’art. 1 della legge n. 144 dispongono circa l’emanazione del decreto di riduzione delle accise sui carburanti, in ragione dell’aumento del gettito IVA derivante dall’aumento del prezzo del greggio, adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica.
In particolare il comma 290 demanda al citato decreto ministeriale la rideterminazione delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili, stabilite dal testo unico accise – TUA (decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) al fine di compensare le maggiori entrate IVA derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale in euro del petrolio greggio.
Il comma 291 prevede che il decreto possa essere adottato se il prezzo internazionale del petrolio greggio aumenta, sulla media del mese precedente (bimestre nel testo previgente), rispetto al valore di riferimento indicato – come precisato in sede referente – nell’ultimo Documento di economia e finanza o nella relativa Nota di aggiornamento presentati alle Camere. Il decreto deve tener conto dell’eventuale diminuzione, nella media del bimestre (quadrimestre nel testo previgente) precedente all’adozione del decreto, del prezzo rispetto a quello indicato nei predetti Documenti di finanza pubblica.
Tale disciplina è stata peraltro oggetto di modifiche da parte dell’articolo 2 del decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5, come convertito dalla legge n. 23 del 2023. Per tali modifiche si veda la scheda sull’art. 2 nel relativo dossier di documentazione dei Servizi studi di Camera e Senato. Tale dossier contiene anche un prospetto con le principali misure di riduzione delle aliquote intraprese nel corso dell’anno 2022.
La circolare n. 1/2023 dell’Agenzia delle accise, dogane e monopoli ha ricordato il venir meno delle misure temporanee di riduzione delle accise e il rispristino delle relative aliquote a decorrere dal 1° gennaio 2023.
Si segnala che nella risposta all’interrogazione 5-01211 (Fenu), sull’adozione di misure volte a ridurre il prezzo del carburante al distributore, presso la VI commissione della Camera dei deputati (seduta del 1° agosto 2023) il MIMIT ha precisato, con riferimento al prezzo dei prodotti benzina e gasolio, “che al 31 luglio 2023 il prezzo medio rilevato per il tramite dei dati forniti dall'Osservatorio prezzi e tariffe corrisponde ad euro 1,91 euro/lt. per benzina self e ad 1,76 euro/lt. per gasolio self, valori che sostanzialmente rispecchiano l'andamento delle quotazioni internazionali dei prodotti raffinati”.
Si segnala, inoltre, che nella NADEF 2023 il Governo ha richiamato i provvedimenti adottati contro il caro energia, affermando di voler attuare un intervento mirato contro il rincaro dei carburanti, “anziché riproporre un taglio delle accise, come nel 2022, che rappresenta una misura generalizzata, regressiva da un punto di vista distributivo e che tende a provocare distorsioni sia in termini di prezzi relativi dei combustibili fossili, sia in termini di disincentivi verso comportamenti ambientalmente virtuosi” (cfr NADEF 2023, p. 68). Si segnala, infine, che la medesima NADEF riporta, per il 2023, il prezzo del petrolio (dollari al barile, futures, brant) pari 81,6 (82,3 nel DEF 2023).
Articolo 7, comma 1-bis
(Diposizioni concernenti agevolazioni fiscali per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli)
L’articolo 7, comma 1-bis, introdotto in sede referente, reca disposizioni inerenti all’accesso a talune agevolazioni fiscali per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli, con riferimento a terreni condotti in affitto o in comodato, contraddistinti da particella fondiaria di estensione inferiore a 5.000 metri quadrati e situati in comuni montani in zone svantaggiate, nonché comuni prealpini, pedemontani o della pianura non irrigua.
La disposizione in esame prevede che per l’accesso alle agevolazioni previste dal d.m. n. 454 del 2001, le prescritte dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà che attestino l’esclusiva e piena disponibilità del terreno possono essere rese e presentate dal solo esercente affittuario o comodatario, al ricorrere delle seguenti condizioni:
§ il terreno sia contraddistinto da particella fondiaria di estensione inferiore a 5.000 metri quadrati sita
o in comune montano compreso in una delle zone svantaggiate delimitate in base all’art. 32 del regolamento (UE) n. 1305/2013;
o in comune prealpino, pedemontano o della pianura non irrigua.
Rimane fermo l’obbligo di registrazione del contratto di affitto o comodato, ove previsto.
La disposizione richiama esplicitamente il d.P.R. n. 445 del 2000, articolo 47 rubricato “Dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà”.
Riguardo alla delimitazione delle aree svantaggiate, l’art. 32 del citato regolamento (UE) n. 1305/2013 (“sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)”) individua le seguenti zone che presentano condizioni di svantaggio per l’attribuzione dei benefici a valere sul FEASR: a) zone montane; b) zone soggette a vincoli naturali significativi, diverse dalle zone montane, nonché c) altre zone soggette a vincoli specifici.
Si segnala che il citato regolamento (UE) n. 1305 è stato abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2023, dall'art. 154, par. 1, del regolamento 2021/2115/UE. Esso continua tuttavia ad applicarsi all'attuazione dei programmi di sviluppo rurale a norma del regolamento (UE) n. 1305/2013 fino al 31 dicembre 2025 (medesimo art. 154, par. 1).
Il d.m. n. 454 del 2001 reca il “Regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli oli minerali impiegati nei lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica”. L’art. 1 del citato d.m. n. 454 prevede che la disciplina si applichi ai prodotti petroliferi agevolati (benzina e gasolio appositamente denaturati) ed alle macchine nelle quali possono essere impiegati per gli usi di combustione e di trazione, anche in motori a servizio di impianti fissi. In particolare, si prevede l’applicazione, in tali casi, delle aliquote ridotte di accisa previste al punto 5 della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico accise) e quella prevista dall'articolo 2, comma 127, della legge n. 662 del 1996.
Il punto 5, tabella A, del t.u. accise prevede, per gli usi agricoli: l’applicazione del 22% dell’aliquota normale sul gasolio; l’esenzione dall’accisa per gli oli vegetali non modificati chimicamente; l’applicazione del 49% dell’aliquota normale sulla benzina.
L’art. 2, comma 127, della citata legge n. 662 prevede l’applicazione della misura del 10 per cento dell'aliquota normale Per il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre adibite a colture florovivaistiche.
Per ulteriori informazioni sulla disciplina agevolativa del decreto n. 454, si veda la circolare 49/D, del 29 luglio 2002, dell’Agenzia delle dogane.
Sulla disciplina in materia, si veda la pagina Accise sul portale della documentazione del sito internet della Camera dei deputati.
Articolo 8
(Proroga di termini per la restituzione del gas stoccato dal GSE ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto-legge 7 maggio 2022, n. 50)
L’articolo 8 interviene nell’ambito del quadro normativo che ha previsto lo svolgimento del servizio di riempimento di ultima istanza degli stoccaggi stabilito dall’5-bis del decreto-legge 7 maggio 2022, n. 50, ai sensi del quale il Gestore dei servizi energetici S.p.a. (di seguito GSE) ha provveduto all’acquisto e allo stoccaggio di volumi di gas naturale.
A tale riguardo giova ricordare come il citato articolo 5-bis del decreto-legge n. 50 del 2022 stabiliva che, al fine di contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti, il GSE, anche tramite accordi con società partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato e attraverso lo stretto coordinamento con la maggiore impresa di trasporto di gas naturale, provvedesse ad erogare un servizio di riempimento di ultima istanza tramite l’acquisto di gas naturale, ai fini del suo stoccaggio e della sua successiva vendita entro il 31 dicembre 2022, nel limite di un controvalore pari a 4.000 milioni di euro.
In base ai compiti sopra illustrati, affidati al GSE, la società ha provveduto all’acquisto e allo stoccaggio di volumi di gas naturale pari a 1.637 mln Smc per un controvalore di 3.995 mln € (a fronte del limite di controvalore pari a 4.000 mln € previsto dalla medesima norma) e un costo medio unitario di acquisto pari a 223,5 €/MWh.
Successivamente, con atto di indirizzo del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica del 18 novembre 2022, sono state definite le modalità di vendita del gas acquistato nell’ambito del servizio di riempimento di ultima istanza, prevedendo che il GSE renda disponibile i quantitativi di gas naturale stoccato attraverso prodotti a termine con consegna del gas in stoccaggio, per una quota non inferiore al 60%. Per quanto riguarda la vendita a termine il GSE ha pubblicato, in data 22 novembre 2022, un Regolamento di procedura concorrenziale per la vendita a termine del gas stoccato per una quantità pari al 75% del totale, rivolto ad operatori titolari di contratto di trasporto e aventi clienti finali ubicati nel territorio nazionale.
La procedura competitiva, in base ai dati presenti nella relazione illustrativa al provvedimento d’urgenza in esame, ha previsto l’aggiudicazione di 5.679 GWh, corrispondente al 32% del totale del gas stoccato nella disponibilità del GSE. Le quantità cedute hanno registrato un prezzo medio di vendita, nei primi mesi dell’anno in corso, pari a 66 €/MWh determinando una perdita economica, indicata nei documenti di accompagnamento del provvedimento d’urgenza, rispetto al costo di approvvigionamento sostenuto dal GSE per le medesime quantità, pari a circa 900 milioni di euro.
Rimane ancora nella disponibilità del GSE una quantità di gas in stoccaggio pari 12.199 GWh.
Sempre secondo i dati presenti nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica di accompagnamento del provvedimento ipotizzando uno scenario di vendita del 100% del gas in giacenza ed utilizzando una proiezione di prezzo forward ottobre 2023 (circa 40 €/MWh) al quale è stato applicato un liquidity factor del 95% ne deriva una potenziale perdita pari a euro 2.251 milioni che, sommati alla perdita già realizzata al 31 marzo del 2023 di euro 893 milioni, restituiscono una previsione di fabbisogno finanziario per la restituzione del prestito al MEF pari a circa 3 miliardi di euro.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, pertanto, l’articolo in commento prevede di posticipare il termine ultimo della vendita al fine di introdurre la massima flessibilità a beneficio del Sistema Paese nel gestire il gas stoccato dal GSE nel nuovo anno termico.
Un orizzonte temporale più ampio per la vendita permetterebbe infatti di valorizzare a pieno il servizio di ultima istanza del gas stoccato conseguendo i seguenti vantaggi per il sistema, quali:
Ø assicurare che il gas di ultima istanza sia meglio valorizzato ed impiegato in coerenza con la complessiva disponibilità di gas sul mercato nel corso della stagione invernale 2023/24;
Ø contribuire a ridurre la tensione sui mercati legata agli approvvigionamenti di gas;
Ø contribuire al mantenimento dei livelli di gas stoccato in coerenza con gli obiettivi strategici nazionali di riempimento fino al 2024;
Ø concorrere alla stabilizzazione degli approvvigionamenti di gas di importazione che consentano di sopperire alle previste riduzioni di gas russo.
La proposta pertanto mira a valorizzare al meglio la vendita del gas stoccato da parte del GSE, potendo disporre di un periodo che vada oltre l’anno termico di stoccaggio (fino al 15 ottobre 2024) per vendere il gas in uno scenario di prezzi del mercato gas tendenzialmente rialzisti.
Le stime disponibili più recenti, infatti, prevedono ad oggi dei prezzi forward del gas con un incremento del valore del primo trimestre del 2024 fino a circa 50 €/MWh.
A tal fine la proposta normativa stabilisce, anche in base alle modifiche approvate dalla Commissione in sede referente, l’estensione dei termini per la restituzione del prestito finanziario, fissata al 10 dicembre 2024.
Da ultimo, per disaccoppiare la vendita fisica del gas dalla restituzione del prestito, è previsto, che Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) provveda ad approvvigionare il GSE delle risorse economiche per la restituzione del prestito secondo modalità definite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA).
Articolo 8-bis
(Assistenza e rappresentanza del contribuente in sede di verifica fiscale)
L’articolo 8-bis, inserito in sede referente, prevede che anche in sede di verifiche fiscali siano sempre applicabili le norme in tema di assistenza e rappresentanza del contribuente presso gli uffici finanziari.
In particolare l’articolo modifica l’articolo 12, comma 2, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), che disciplina i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali.
La norma richiamata prevede che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente (comma 1).
Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche (comma 2).
Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta (comma 3). Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica (comma 4).
La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l'eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell'arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente (comma 5).
Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente (comma 6).
Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza (comma 7).
Si ricorda al riguardo che l’Atto del Governo n. 97, assegnato alla Commissione VI Finanze, recante lo schema di decreto legislativo per una complessiva revisione dello Statuto del contribuente, tra l’altro prevede (articolo 1, comma 1, lettera o)) la soppressione del comma 7).
Si ricorda altresì, su un piano più generale, che il predetto schema di decreto apporta numerose modifiche alla legge n. 212 del 2000, tra cui l’introduzione del generale principio del contraddittorio per tutti i provvedimenti tesi a incidere sfavorevolmente nella sfera giuridica dei destinatari e la revisione della disciplina dell’interpello.
Più in dettaglio la norma in esame aggiunge un periodo alla fine dell’articolo 12, comma 2, che come visto supra dispone che, quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
Per effetto delle modifiche in esame si prevede che in sede di verifica sono comunque sempre applicabili l'assistenza e la rappresentanza del contribuente, ai sensi dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600; tale norma consente al contribuente di farsi rappresentare, presso gli uffici finanziari da un procuratore generale o speciale.
Articolo 8-ter
(Modifiche all’articolo 31 della legge 24 novembre 2000, n. 340, in materia di soppressione dei fogli degli annunzi legali e regolamento sugli strumenti di pubblicità)
L’articolo 8-ter, introdotto in sede referente, modifica la disciplina riguardante la soppressione dei fogli annunzi legali e regolamento sugli strumenti di pubblicità, sostituendo i riferimenti agli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali con i riferimenti alle Sezioni A e B dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
L’unico comma dell’articolo in esame, introdotto in sede referente, modifica l’articolo 31 (riguardante la soppressione dei fogli annunzi legali e regolamento sugli strumenti di pubblicità.) della legge n. 340 del 2000, sostituendo, nei commi 2-quater e 2-quinquies, i riferimenti agli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali con i riferimenti alle Sezioni A e B dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Il suddetto comma 2-quater dell’articolo 31 prevede, nel testo attuale, che il deposito dei bilanci e degli altri documenti di cui all'articolo 2435 del codice civile (copia del bilancio, corredata dalle relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 e dal verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l'indicazione del numero delle azioni possedute, nonché dei soggetti diversi dai soci che sono titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime, corredato dall'indicazione analitica delle annotazioni effettuate nel libro dei soci a partire dalla data di approvazione del bilancio dell'esercizio precedente.) può essere effettuato mediante trasmissione telematica o su supporto informatico degli stessi, da parte degli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, muniti della firma digitale e allo scopo incaricati dai legali rappresentanti della società.
Ai sensi del menzionato comma 2-quinquies, inoltre, il professionista che ha provveduto alla trasmissione di cui al comma 2-quater attesta che i documenti trasmessi sono conformi agli originali depositati presso la società. La società è tenuta al deposito degli originali presso il registro delle imprese su richiesta di quest'ultimo. Gli iscritti agli albi dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali, muniti di firma digitale, incaricati dai legali rappresentanti della società, possono richiedere l'iscrizione nel registro delle imprese di tutti gli altri atti societari per i quali la stessa sia richiesta e per la cui redazione la legge non richieda espressamente l'intervento di un notaio.
Articolo 8-quater
(Disposizioni in materia di sanzioni per violazioni relative a comunicazioni, registri e formulari per la gestione dei rifiuti)
L’articolo 8-quater, introdotto dalla Commissione di merito nel corso dell’esame in sede referente, modifica l’articolo 258 del decreto legislativo n. 152 del 2006 che disciplina la violazione degli obblighi di comunicazione e di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari per quanto attiene al trasporto dei rifiuti.
In particolare, per inquadrare le modifiche normative proposte, si segnala che il comma 9 dell’articolo 258 del decreto legislativo sopra richiamato stabilisce che chiunque viola le disposizioni contenute nell’articolo stesso, soggiace alla sanzione amministrativa prevista per la violazione più grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si applica inoltre a chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui all’articolo 258.
Le violazioni in questione riguardano gli obblighi di comunicazione e di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari per quanto attiene al trasporto dei rifiuti.
Nello specifico, si segnala che la modifica introdotta dall’articolo in commento stabilisce che le disposizioni di cui al comma 9 si applicano a tutte le violazioni commesse anteriormente all' entrata in vigore del decreto legislativo n. 116 del 2020, per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato.
A tale riguardo si ricorda come il decreto legislativo n. 116 del 2020 ha dato attuazione alla normativa europea relativa ai rifiuti nonchè a quella concernente gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
Il decreto legislativo è entrato in vigore il 26 settembre 2020.
Articolo 8-quinquies
(Disposizioni in materia di piani di risparmio)
L’articolo 8-quinquies, introdotto in sede referente, modifica la disciplina dei piani individuali di risparmio (PIR) elevando il numero di piani di cui ciascuna persona fisica può essere titolare.
In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame sostituisce il primo periodo dell’articolo 1, comma 112, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016), al fine di stabilire un’eccezione alla regola secondo cui ciascuna persona fisica non può essere titolare di più piani di risparmio costituiti ai sensi della medesima legge di bilancio 2017. L’eccezione riguarda i casi di piani costituiti presso lo stesso intermediario o la medesima impresa di assicurazione, fermi restando i limiti di investimento annuale e complessivo di cui al medesimo comma 101 (40mila euro annui e 200mila complessivi). Inoltre, ciascuna persona fisica di cui al comma 100 può essere titolare di più piani di risparmio (anziché di uno solo) costituiti ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto-legge n. 124 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 157 del 2019 (c.d. PIR alternativi) fermi restando i limiti di investimento annuale e complessivo di cui al comma 101 (300mila euro annui e 1,5 milioni di euro complessivi). Ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare.
L’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale sono costituiti e piani, all’atto dell’incarico, acquisisce dal titolare un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi del comma 101 presso un altro intermediario o un’altra impresa di assicurazione.
Di conseguenza, il comma 2 sopprime, al comma 4 dell’articolo 13-bis del decreto-legge n. 124 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 157 del 2019, le parole: «con esclusione del comma 112 limitatamente ai piani di cui al comma 2-bis del presente articolo,».
Il testo vigente del menzionato articolo 1, comma 112, della legge di bilancio 2017 stabilisce che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi della medesima legge di bilancio 2017 (comma 101) fino al 31 dicembre 2019, e di un solo piano di risparmio costituito a partire dal 1° gennaio 2020 ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019. Ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale sono costituiti i piani, all’atto dell’incarico acquisisce dal titolare un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi della legge di bilancio 2017, o di un altro PIR 2020.
L’articolo 13-bis, comma 2-bis, del prevede che, per i piani di risparmio a lungo termine che, per almeno i due terzi dell'anno solare di durata del piano, investano almeno il 70% del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R: n. 917 del 1986, o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, in prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese, il vincolo di cui all'articolo 1, comma 103, della legge di bilancio 2017 è elevato al 20%.
Articolo 9, commi 1-2
(Recepimento dell’accordo in materia finanziaria del 16 ottobre 2023 tra il Governo e la Regione siciliana)
I commi 1 e 2 dell’articolo 9, danno attuazione all’accordo tra il Governo e la Regione siciliana in materia finanziaria sottoscritto in data 16 ottobre 2023.
Il comma 1 attribuisce alla regione 300 milioni di euro per il 2023 a titolo di contributo statale all’aumento della quota di partecipazione alla spesa sanitaria di spettanza regionale.
Il comma 2 modifica la disciplina dettata dalla legge di bilancio 2023 che consente alla Regione siciliana la dilazione del ripiano del disavanzo accertato nel 2018, allo scopo di ridurne i tempi da 10 ad 8 anni, inserire nella norma il richiamo ai principi dettati dagli articoli 81 e 97 della Costituzione e aggiornare gli impegni posti a carico della regione, anch’essi stabiliti nell’ultimo accordo sottoscritto con il Governo.
I commi 1 e 2 dell’articolo 9 recepiscono l’accordo in materia di finanza pubblica tra il Governo e la Regione siciliana sottoscritto il 16 ottobre 2023.
Si rammenta che l’accordo bilaterale in materia di finanza pubblica tra lo Stato e ciascuna regione a statuto speciale è lo strumento principale con il quale sono definite le misure e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi di finanza pubblica, l’attribuzione di nuove funzioni, la variazione delle aliquote di compartecipazioni ai tributi erariali, nonché le eventuali misure a sostegno di specifiche criticità.
L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi, vale a dire norme di rango costituzionale non modificabili con legge ordinaria. Tuttavia, gli statuti stessi (ad eccezione di quello per la Regione siciliana) contengono disposizioni specifiche, secondo le quali le modifiche allo statuto concernenti la finanza di ciascuna regione possono essere apportate con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata.
Per la Regione siciliana, quindi, la legge ordinaria, previo accordo con il Governo, può intervenire nell’ordinamento finanziario della regione, mentre non è possibile modificare lo statuto o le norme di attuazione, per le quali occorre seguire la procedura prevista dallo statuto stesso per le leggi costituzionali (art. 41-ter, R.D.Lgt. n. 455 del 1946).
Il comma 1 concerne la partecipazione regionale alla spesa sanitaria. La norma attribuisce alla regione la somma di 300 milioni di euro per il 2023 come concorso all’onere derivante dall’innalzamento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria al 49,11 per cento, previsto dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 830).
La norma dà seguito a quanto stabilito dalla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022, art. 1, comma 162) in attuazione dell’accordo con il Governo firmato in data 16 dicembre 2022. La norma citata infatti, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2020, riconosce alla Regione siciliana l’importo di 200 milioni di euro per l’anno 2022 a titolo di definizione della controversia sull’aumento della compartecipazione della regione alla spesa sanitaria, prevista dalla legge finanziaria 2007 (commi 830-830, legge n. 296 del 2006).
L’accordo del dicembre 2022 sanciva, inoltre, l’impegno dello Stato, a decorrere dal 2023, ad individuare una soluzione che possa concorrere progressivamente all’onere derivante dall’aumento della quota di partecipazione regionale alla spesa sanitaria dal 42,50 al 49,11 per cento.
La Regione siciliana è l’unica autonomia speciale per la quale lo Stato provvede ancora al finanziamento di oltre la metà della spesa sanitaria regionale erogando annualmente i trasferimenti dal Fondo sanitario nazionale.
Le altre regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano provvedono con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria nel proprio territorio senza alcun onere per Stato e non partecipano, quindi, della ripartizione del Fondo sanitario nazionale. Le funzioni in materia sanitaria, come le altre funzioni di competenza della regione, sono finanziate con le entrate ordinarie stabilite dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione.
Per le regioni Sardegna e Sicilia, in considerazione della loro situazione di svantaggio, è stato invece attribuito un contributo al finanziamento della spesa sanitaria. Con la legge di bilancio per il 2007 è stato avviato per entrambe le regioni il processo per la progressiva assunzione da parte regionale dell’intero finanziamento della spesa sanitaria. Per la Sardegna l’attribuzione dell’intero onere del finanziamento della sanità regionale è in vigore dal 2010, a seguito della revisione (e del conseguente aumento) delle entrate regionali.
Per la Regione siciliana le norme della legge n. 296 del 2006, hanno stabilito:
- l’aumento progressivo dell’ammontare della spesa sanitaria corrente che è posta a carico del bilancio della Regione siciliana dal 42,5% del 2007 al 49,11% dell’anno 2009 (comma 830);
- la necessità della modifica delle norme di attuazione dello statuto speciale in materia sanitaria, affinché sia applicabile l’aumento della quota regionale; l’applicabilità del comma 830 è sospesa fino al 30 aprile 2007, se per quella data, nessuna intesa preliminare all’adozione delle norme di attuazione sarà raggiunta, il concorso regionale è determinato nella misura del 44,09 (comma 831);
- un ulteriore aumento della quota di spesa sanitaria posta direttamente a carico del bilancio della Regione siciliana, compensandone però l’onere con una quota di compartecipazione (rectius: ‘retrocessione’) al gettito delle accise riscosse sui prodotti petroliferi immessi al consumo nel territorio regionale, nella misura di una percentuale compresa tra il 20 e il 50 per cento del gettito (comma 832).
Le norme sopra illustrate, tuttavia, sono state interpretate diversamente dalle due parti generando una controversia, nella quale è intervenuta, da ultimo, la Corte costituzionale con la sentenza n. 62 del 2020, in cui è stata chiamata a decidere sul ricorso dello Stato avverso le norme regionali che prevedono l’iscrizione nel bilancio regionale delle entrate derivanti dalla ‘retrocessione’ delle accise di cui al comma 832 della legge n. 296 del 2006.
La Corte ripercorre il contenzioso che vede opposti Stato e Regione nella definizione della misura del concorso al finanziamento della spesa sanitaria regionale ed evidenzia come non siano state attuate le citate norme della legge di bilancio del 2007: né quelle riguardanti il progressivo aumento della quota regionale di partecipazione alla spesa sanitaria, né quelle che dovevano disciplinare la retrocessione alla regione di una quota delle accise sui prodotti petroliferi per garantire alla regione entrate aggiuntive che potessero compensare il maggiore onere. La Corte ha quindi censurato le norme regionali impugnate (art. 31, commi 4 e 5, legge reg. n. 8 del 2018), per quanto qui interessa, in quanto non idonee a garantire la copertura dei LEA in ambito regionale, sottolineando la necessità della leale collaborazione tra Stato e Regione per garantire il finanziamento della sanità regionale.
Con l’accordo del 16 dicembre 2022 le parti hanno convenuto, pertanto, di definire la controversia nei seguenti termini:
? per gli anni dal 2007 al 2021 non è dovuta alla regione alcuna compensazione finanziaria
? per l’anno 2022 è attribuito alla regione “in via forfetaria e a titolo definitivo” l’importo di 200 milioni di euro;
? a decorrere dal 2023 lo Stato si impegna ad individuare una soluzione che possa concorrere progressivamente all’onere derivante dall’aumento della quota di partecipazione regionale alla spesa sanitaria dal 42,50 al 49,11 per cento.
La norma in esame, a titolo di concorso alla copertura dell’onere derivante dall’aumento della quota di finanziamento della spesa sanitaria regionale dal 42,50 al 49,11, interviene per il solo 2023 e attribuisce alla Regione siciliana la somma di 300 milioni di euro.
Per la copertura del corrispondente onere, l’ultimo periodo della norma in esame rinvia all’articolo 23 del decreto-legge in esame.
Il comma 2 modifica la disciplina dettata dalla legge di bilancio 2023 in merito alle modalità di ripiano del disavanzo da parte della regione.
Le norme della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022, commi da 841 a 845) disciplinano le modalità di ripiano del disavanzo accertato nel 2018 al fine di consentirne la rateizzazione in 10 anni, dal 2023, a fronte dell’attuazione da parte regionale degli impegni assunti per la riduzione a regime della spesa corrente con l’accordo del 14 gennaio 2021.
Nello specifico il comma 841 autorizza la Regione siciliana a ripianare in quote costanti, in dieci anni a decorrere dall’esercizio 2023, il disavanzo 2018 e le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022; nelle more dell’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2022, il comma 842 stabilisce che le quote del disavanzo da ripianare sono determinate con riferimento al disavanzo di amministrazione accertato in sede di rendiconto 2018; a seguito del definitivo accertamento del disavanzo di amministrazione relativo all’esercizio 2022 e con l’approvazione del rendiconto 2022, la Regione siciliana provvederà a rideterminare le quote costanti del disavanzo relativo all’esercizio 2018 da recuperare annualmente entro l’esercizio 2032.
Il comma 843 ribadisce l’obbligo da parte della Regione di attuare il programma di riduzione a regime della spesa corrente assunto con l’accordo sottoscritto con lo Stato il 14 gennaio 2021. Il comma 845 specifica che il risparmio si deve realizzare attraverso provvedimenti amministrativi o normativi che determinano riduzioni strutturali degli impegni correnti che, a decorrere dall’anno 2023, devono essere recepiti nel bilancio di previsione mediante corrispondenti riduzioni pluriennali di stanziamenti di bilancio e delle autorizzazioni di spesa. In caso di mancata attuazione degli obiettivi di riduzione strutturale della spesa previsti nel citato accordo del 14 gennaio 2021 o anche in caso di mancata trasmissione della certificazione degli impegni assunti (anch’essa prevista nell’accordo), per la Regione siciliana non potrà possibile realizzare il ripiano pluriennale del disavanzo con le modalità sopra illustrate (comma 844).
Le modifiche apportate dal comma 2 in esame alla disciplina sopra illustrata:
- riducono da 10 ad 8 gli anni gli anni entro cui ripianare il debito;
- inseriscono il richiamo ai principi dettati dagli articoli 81 e 97 della Costituzione in materia di sana gestione contabile, equilibrio dei bilanci e responsabilità nell'esercizio del mandato elettivo;
- modificano gli impegni posti a carico della regione, facendo riferimento a quanto stabilito nell’ultimo accordo sottoscritto con il Governo il 16 ottobre 2023 (anziché all’accordo del 2021) e, conseguentemente, riscrivono la disciplina sanzionatoria in caso di non ottemperanza degli impegni assunti.
Nello specifico il comma 841, riscritto lettera a) del comma 2, autorizza la Regione siciliana a ripianare in quote costanti, in otto anni a decorrere dall’esercizio 2023, il disavanzo 2018 e le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022. È inserito, inoltre, un richiamo espresso ai principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, della responsabilità nell'esercizio del mandato elettivo e della responsabilità intergenerazionale dettati dagli articoli 81 e 97 della Costituzione. Per le modalità con cui procedere al ripiano, compresi gli impegni che la Regione siciliana deve rispettare, la norma rinvia a quanto stabilito con l’accordo del 16 ottobre 2023.
Le quote del disavanzo da ripianare sono determinate, ai sensi del comma 842 (in questa parte non modificato) con riferimento al disavanzo di amministrazione accertato in sede di rendiconto 2018; successivamente la Regione siciliana, a seguito del definitivo accertamento del disavanzo di amministrazione relativo all’esercizio 2022 e con l’approvazione del rendiconto 2022, provvederà a rideterminare le quote costanti del disavanzo relativo all’esercizio 2018 da recuperare annualmente. La modifica apportata dalla lettera b) del comma 2 in esame riguarda l’esercizio entro cui deve concludersi il recupero che, in coerenza con la riduzione da 10 a 8 anni, deve avvenire entro l’esercizio 2030 (anziché entro il 2032).
Il comma 843, riscritto dalla lettera c) del comma 2 in esame, ribadisce che gli impegni assunti dalla Regione sono quelli stabiliti nell’accordo del 16 ottobre 2023 e stabilisce, in caso di non ottemperanza degli stessi, il venir meno della disciplina agevolata che consente la dilazione del ripiano del debito e l’applicazione del regime ordinario disciplinato dall’art. 42 del decreto legislativo n. 118 del 2011 (ordinamento contabile delle regioni) a decorrere dall’esercizio in cui è accertato il mancato rispetto degli impegni assunti.
Secondo il citato art. 42, commi 12-13, il disavanzo di amministrazione accertato a seguito dell’approvazione del rendiconto, è applicato al primo esercizio del bilancio di previsione dell'esercizio in corso di gestione; può anche essere ripianato negli esercizi considerati nel bilancio di previsione (in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale) ma contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo, sottoposto al parere del collegio dei revisori, nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio.
Conseguentemente, la lettera d) sopprime i commi 844 e 845, che contenevano il riferimento agli impegni assunti con l’accordo del 2021 e la relativa disciplina sanzionatoria.
Articolo 9, commi 3-7
(Recepimento dell’accordo con le Province autonome di Trento e di Bolzano in materia finanziaria)
I commi da 3 a 6 dell’articolo 9, recepiscono l’accordo tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sottoscritto in data 25 settembre 2023, in materia di determinazione di entrate erariali spettanti alle due province e concorso alla finanza pubblica (commi 3 e 4), nonché in materia di regolazioni finanziarie (commi 5 e 6).
I commi 3 e 4 intervengono nell’ordinamento finanziario delle Province autonome disciplinato dallo statuto: a decorrere dal 2023, da una parte le Province rinunciano al gettito relativo alle accise sui prodotti petroliferi utilizzati come combustibili per riscaldamento (lettere a) e b) che modificano l’art. 75 dello statuto) e dall’altra parte viene ridotto di 25 milioni di euro il concorso annuo alla finanza pubblica dovuto dal sistema territoriale regionale integrato (lettere c) e d) che modificano l’art. 79 dello statuto)
Il comma 5 attribuisce a ciascuna Provincia autonoma l’importo di 40 milioni di euro per l’anno 2023 come ristoro parziale delle minori entrate attribuite per gli anni dal 2010 al 2022 a titolo di compartecipazione al gettito delle accise sui prodotti petroliferi utilizzati come combustibili per riscaldamento.
Il comma 6 attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano nel 2024 un importo di euro 24.061.000 a titolo di compensazione del minor rimborso degli oneri derivanti dalla Convenzione con la RAI del 31 dicembre 2012.
Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione dell’accordo e rinvia per la copertura all’articolo 23 del decreto legge in esame.
L’accordo tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sottoscritto in data 25 settembre 2023, aggiorna il quadro dei rapporti finanziari tra lo Stato e i tre enti, intervenendo in materia di determinazione di entrate erariali spettanti alle due province, concorso alla finanza pubblica e regolazioni finanziarie.
Il comma 3 dell’articolo 9 interviene nell’ordinamento finanziario delle Province autonome disciplinato dagli articoli 75 e 79 dello statuto di autonomia (DPR n. 670 del 1972). Da una parte, le Province di Trento e Bolzano rinunciano all’entrata costituita dalla compartecipazione al gettito relativo alle accise sui prodotti energetici ad uso riscaldamento; dall’altra parte, viene ridotto il contributo alla finanza pubblica del sistema integrato regionale dovuto annualmente.
Il comma 4 specifica che le norme recate al comma 3 modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto (d.P.R. n. 670 del 1972).
Si ricorda che è lo statuto che prevede esplicitamente la possibilità di modificare le norme statutarie concernenti la finanza di ciascuna autonomia speciale, previo accordo con la regione interessata. Stabilisce in tal senso il citato articolo 104 dello statuto, secondo cui le norme statutarie in materia di finanziaria possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province.
Nello specifico le lettere a) e b) del comma 3 modificano l’articolo 75 dello Statuto al fine di escludere, a decorrere dall’anno 2023, dalle entrate oggetto di compartecipazione il gettito relativo alle accise sui prodotti petroliferi di cui al comma 1, lettera f), utilizzati come combustibili per riscaldamento.
L’articolo 75, comma 1, dello statuto elenca le quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alle Province autonome; secondo quanto stabilito dalla lettera f) spettano alle Province «i nove decimi del gettito dell'accisa sulla benzina, sugli oli da gas per autotrazione e sui gas petroliferi liquefatti per autotrazione erogati dagli impianti di distribuzione situati nei territori delle due province, nonché i nove decimi delle accise sugli altri prodotti energetici ivi consumati». La lettera a) del comma 3 in esame sopprime appunto l’inciso in grassetto.
Alle Province spettano inoltre, ai sensi della lettera g) del medesimo art. 75, i nove decimi di tutte le altre entrate erariali, dirette e indirette, percette nei rispettivi territori.
La lettera b) del comma 3 aggiunge il comma 1-bis che specifica che tra le altre entrate tributarie erariali di cui alla lettera g) non è compresa l’accisa sui prodotti petroliferi di cui al comma 1, lettera f) utilizzati come combustibili per riscaldamento.
Le entrate tributarie spettanti ai tre enti sono state riviste a seguito dell’accordo con il Governo dell’ottobre 2014. Con la legge di stabilità 2015, che ha dato attuazione all’accordo, è stata rimodulata l'aliquota di compartecipazione al gettito dell'IVA tra la Regione e le Province, è stata attribuita alle Province la facoltà di disciplinare interventi di credito d'imposta e sono state quantificate le quote delle accise sugli 'altri prodotti energetici'. Da ultimo, a seguito dell’accordo del novembre 2021, la compartecipazione spettante alle due province è estesa alle entrate derivanti dal gioco con vincita in denaro di natura extra tributaria, purché costituiscano utile erariale (artt. 69-75 dello statuto, DPR n. 670 del 1972).
In sintesi, alla Regione Trentino-Alto Adige spetta l’intero gettito delle imposte ipotecarie, i 9 decimi delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto e un decimo dell'IVA generale. Alle Province autonome di Trento e di Bolzano spettano gli 8 decimi dell’IVA generale e i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali (compresa l’IVA all’importazione), ad eccezione delle imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige. Con la modifica apportata dalla legge di bilancio 2022 a seguito dell’accordo del novembre 2021, tra ‘tutte le altre entrate’ sono ora comprese anche quelle derivanti dalla raccolta di tutti i giochi con vincita in denaro, sia di natura tributaria, sia di natura non tributaria, in quanto costituite, da utile erariale. La legge di bilancio 2018 (come modificata dalla legge di bilancio 2020) ha infine riscritto la disciplina delle concessioni delle grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico (art. 13 dello statuto); in particolare la norma statutaria attribuisce alle province autonome la potestà legislativa in merito alle modalità e alle procedure di assegnazione delle concessioni e stabilisce il trasferimento in proprietà alle province stesse delle opere in stato di regolare funzionamento.
Le lettere c) e d) del comma 3 modificano le norme sul concorso alla finanza pubblica del sistema territoriale regionale integrato, stabilite dall’articolo 79 dello statuto (commi 4-bis e 4-ter) al fine di ridurre, a decorrere dal 2023, di 25 milioni di euro (da 713,71 a 688,71 milioni di euro) il contributo annuo dovuto dal sistema territoriale regionale integrato.
L’articolo 79 dello statuto, già riscritto a seguito dell’accordo del 2009, è stato successivamente integrato in recepimento degli accordi con il Governo del 15 ottobre 2014 e del 18 novembre 2021. La norma definisce il sistema territoriale regionale integrato (costituito oltre che dai tre enti, da tutti gli altri enti dipendenti da questi: aziende sanitarie, università, camere di commercio), elenca le misure per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e solidarietà; attribuisce alle province l’attuazione del coordinamento della finanza pubblica provinciale nei confronti degli enti locali e dei propri enti e organismi pubblici e privati; stabilisce che agli enti del sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili altri obblighi, oneri, o concorsi comunque denominati, diversi da quelli previsti dalle norme statutarie.
Il comma 4-bis, come modificato dalla legge di bilancio 2022 a seguito dell’accordo del 18 novembre 2021, determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2021; sono fatte salve le riduzioni i ristori per gli anni 2020 e 2021 correlati alla perdita di gettito connessa all’emergenza sanitaria da COVID-19.
Per ciascuno degli anni a decorrere dal 2022, il suddetto contributo è pari a 713,71 milioni di euro. La norma stabilisce inoltre che di questo contributo, una quota di 15,091 milioni di euro è imputata alla regione e la restante quota è ripartita tra le due province autonome sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Regione e Province autonome possono, inoltre, concordare l'attribuzione alla Regione di una quota maggiore del contributo.
Il comma 4-ter, anch’esso modificato dalla legge di bilancio 2022, stabilisce che il contributo illustrato sopra - pari a complessivi 713,71 milioni - a decorrere dall'anno 2028 è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA; invariata la modalità di ripartizione del contributo tra i tre enti.
La lettera c) modifica il comma 4-bis, nella parte che riguarda il contributo dovuto a decorrere dal 2022, nel senso che per l’anno 2022 il contributo alla finanza pubblica riferito al sistema territoriale regionale integrato è pari a 713,71 milioni di euro, mentre a decorrere dal 2023 il contributo è pari a 688,71 milioni di euro. Rimane non modificata la quota di 15,091 milioni di euro imputata alla regione così come la modalità di ripartizione della rimanente parte del contributo richiesto tra le due province autonome sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale.
La lettera d) modifica conseguentemente il comma 4-ter, che disciplina la rideterminazione del contributo a decorrere dal 2028, sostituendo alla cifra di 713,71 milioni di euro, la cifra rideterminata del contributo pari a 688,71 milioni di euro.
Il comma 5 attribuisce a ciascuna Provincia autonoma l’importo di 40 milioni di euro per l’anno 2023 come ristoro parziale delle minori entrate attribuite per gli anni dal 2010 al 2022 a titolo di compartecipazione al gettito delle accise sui prodotti petroliferi, utilizzati come combustibili per riscaldamento, al netto degli eventuali residui trasferimenti statali per leggi di settore (attribuiti ai sensi dell’articolo 2, comma 109, della legge n. 191 del 2009[32]).
La norma recepisce i contenuti dei punti 1 e 2 dell’accordo del 25 settembre 2023, con il quale le parti hanno, tra l’altro, definito le spettanze di ciascuna provincia autonoma in relazione alle minori entrate per gli anni dal 2010 al 2022 derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sui prodotti petroliferi utilizzati come combustibili per riscaldamento.
La revisione dell’ordinamento finanziario delle due province operato con l’accordo del 30 novembre 2009, recepito con la legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009, art. 2 commi 106-116), ha stabilito l’attribuzione alle Province autonome dei nove decimi del gettito delle accise sui prodotti energetici ad uso riscaldamento utilizzati nel rispettivo territorio e, in ragione delle maggiori entrate, un aumento del concorso alla finanza pubblica dovuto dalle Province stesse. Tuttavia la previsione di maggiori entrate non è stata del tutto soddisfatta alla luce degli incassi effettivi e per tale ragione le parti sono giunte alla definizione sopra illustrata.
Nello specifico, per le minori entrate relative agli anni dal 2010 al 2020, lo Stato riconosce alla Provincia autonoma di Bolzano l’importo di 267,74 milioni di euro e alla Provincia autonoma di Trento l’importo di 468,14 milioni di euro. A parziale copertura dei suddetti importi sono attribuiti, nell’esercizio 2023, 40 milioni di euro a ciascuna Provincia autonoma. Lo Stato si impegna, inoltre, a reperire la copertura finanziaria per l’erogazione, entro il 2027, dei restanti importi spettanti a ciascuna Provincia.
Il comma 6, in attuazione del punto 6 dell’Accordo del 25 settembre 2023, prevede un trasferimento a favore della Provincia autonoma di Bolzano nel 2024 di un importo di euro 24.061.000 a titolo di compensazione del minor rimborso degli oneri derivanti dalla Convenzione con la RAI del 31 dicembre 2012, riconosciuto dallo Stato per gli anni 2013-2015 ai sensi dell’articolo 45, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.
Il decreto legislativo n. 177 del 2005 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici – disciplina all’articolo 45, lo svolgimento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale sulla base di contratti di servizio da stipulare tra il concessionario del servizio pubblico e lo Stato, ciascuna regione e provincia autonoma.
In particolare, il comma 3-bis concerne la convenzione stipulata tra la società concessionaria e la Provincia autonoma di Bolzano, con la quale devono essere individuati i diritti e gli obblighi relativi, in particolare i tempi e gli orari delle trasmissioni radiofoniche e televisive. La norma prevede che, al fine di garantire trasparenza e responsabilità nell'utilizzo del finanziamento pubblico provinciale, i costi di esercizio per il servizio in lingua tedesca e ladina siano iscritti in apposito centro di costo del bilancio della società concessionaria e gli oneri relativi siano assunti dalla provincia autonoma di Bolzano, nell’ambito delle risorse individuate ai sensi dell’art. 79 comma 1, lett. c) dello statuto (poi rimborsate dallo Stato) nel limite massimo di euro 10.313.000 annui. Il comma 3-ter aumenta il suddetto importo di 5 milioni di euro annui per il 2015 e di 9.687.000 euro annui a decorrere dall'anno 2016.
Il comma 7 dell’articolo 9 in esame, infine, quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione dell’accordo con le Province autonome, pari a 105 milioni di euro per il 2023, 49,061 milioni di euro nel 2024 e 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. Per la corrispondente copertura, la norma rinvia all’articolo 23 del decreto-legge in esame (vedi la scheda di lettura infra).
Articolo 9, comma 8
(Destinazione del gettito derivante dalla massimizzazione di aliquote fiscali nelle regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario)
L’articolo 9, comma 8, consente alle regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario, in presenza di alcune condizioni finanziarie, di destinare il gettito derivante dalla massimizzazione delle maggiorazioni delle aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale regionale all’IRPEF, ove scattate automaticamente, alla copertura del disavanzo di amministrazione diverso da quello sanitario.
La norma si applica alle Regioni interessate dalle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 80, secondo e terzo periodo, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010). Tali disposizioni, espressamente richiamate dalla norma in esame, consentono, in presenza delle condizioni ivi specificate, alle regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario, di evitare, a decorrere dal 2013, le "massimizzazioni" delle aliquote dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF ovvero di destinare il relativo introito a determinate finalità extrasanitarie. Queste ultime devono riguardare lo svolgimento di servizi pubblici essenziali e l'attuazione delle norme di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (convertito dalla legge n. 64 del 2013), con riferimento alle norme di tale provvedimento relative al pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione. Come accennato, la norma in esame prevede che tale introito possa essere destinato alla copertura del disavanzo di amministrazione diverso da quello sanitario.
Si ricorda che sono sette le regioni attualmente sottoposte alla disciplina dei piani di rientro: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia. Si veda, al riguardo, la pagina internet Piani di rientro del sito del Ministero della salute.
L’articolo 2, comma 80, primo periodo, della citata legge finanziaria 2010 pone l’obbligo, per le regioni in piano di rientro, del mantenimento, per l’intera durata del piano, delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale regionale IRPEF, ove scattate automaticamente.
Per una sintetica illustrazione di tale meccanismo automatico disposto dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004), v. infra.
Il secondo e il terzo periodo del comma 80, qui richiamati, individuano, quindi, due fattispecie nelle quali è consentita alla regione la riduzione delle predette maggiorazioni (rispetto al livello massimo) o la destinazione del relativo introito alle menzionate finalità extrasanitarie.
Le due fattispecie summenzionate sono le seguenti: sussistenza, in ciascuno degli anni dell’ultimo biennio di esecuzione del piano di rientro, ovvero del programma operativo di prosecuzione dello stesso, di un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio "e prima delle coperture", decrescente ed inferiore al gettito derivante dalla predetta massimizzazione delle aliquote, nonché di un programma operativo 2013-2015 approvato dai Tavoli tecnici ivi richiamati (Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti); sussistenza, in ciascuno degli anni dell’ultimo triennio dell'esecuzione summenzionata, di un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio "e prima delle coperture", non decrescente, ma inferiore rispetto al gettito derivante dalla massimizzazione, nonché di un programma operativo 2013-2015 approvato dai citati Tavoli tecnici.
Nella prima ipotesi, la riduzione delle maggiorazioni o la destinazione alle finalità extrasanitarie è ammessa entro una misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore medio annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo biennio. Nella seconda ipotesi, la riduzione o il cambio di destinazione è consentito entro una misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore massimo annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo triennio. In entrambe le fattispecie, la sussistenza della condizione di ammissibilità, relativa all'andamento del disavanzo sanitario, è riscontrata dai citati Tavoli tecnici.
Per quanto concerne il meccanismo della massimizzazione automatiche delle aliquote, Si ricorda, in estrema sintesi, che l’art. 1, comma 174, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) prevede che se il commissario ad acta non adotta i provvedimenti necessari per il ripiano del disavanzo di gestione, entro i termini temporali previsti (31 maggio), si applicano comunque, fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di verifica, l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive nella misura massima prevista dalla vigente normativa nonché il divieto di effettuare spese non obbligatorie. Gli atti emanati e i contratti stipulati in violazione del divieto di effettuare spese non obbligatorie sono nulli. In sede di verifica annuale degli adempimenti la regione interessata è tenuta ad inviare una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente e dal responsabile del servizio finanziario, attestante il rispetto del predetto vincolo.
Articolo 9, commi 9, 11 e 12
(Sistema di finanziamento degli enti del Servizio sanitario regionale ed incremento del Fondo indennizzi per vaccinazioni obbligatorie)
L’articolo 9 interviene sul sistema di finanziamento degli enti del Servizio sanitario regionale. Il comma 9, modificato in sede referente, prevede che le Regioni determinino il finanziamento dei propri enti sanitari, in modo da assegnare le relative quote con uno o più atti deliberativi, ivi comprese eventuali rimodulazioni del finanziamento fra gli enti stessi. Si introduce inoltre il principio che l’autonomia imprenditoriale degli enti sanitari che giuridicamente rivestono le forme di organismi pubblici economici (ASL, Aziende ospedaliere, IRCCS pubblici e A.O.U.) sia attuata entro i limiti della normativa vigente per il coordinamento della finanza pubblica e per la garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
Il comma 11 incrementa di 50 milioni di euro le risorse del Fondo indennizzi per soggetti danneggiati dalle vaccinazioni obbligatorie ed il comma 12 prevede la corrispondente clausola di copertura finanziaria.
Il comma 9 dell’articolo 9 in esame interviene sul sistema di finanziamento degli enti del Servizio sanitario regionale, disponendo che le Regioni determinino il finanziamento dei propri enti sanitari, tenuto conto della legislazione vigente in materia di garanzia degli equilibri di bilancio sanitario, in modo da assegnare le relative quote con uno o più atti, ivi comprese eventuali rimodulazioni del finanziamento fra gli enti stessi.
Ciò allo scopo di favorire l’equilibrio di bilancio dei medesimi enti e ai fini del generale equilibrio del bilancio consolidato del Servizio sanitario regionale.
Come indicato dalla relazione illustrativa, in coerenza con il complessivo quadro normativo vigente, l’obiettivo della disposizione del comma 9 è chiarire il ruolo svolto dalle Regioni rispetto agli enti sanitari.
A tal riguardo si ricorda che il D. Lgs. n. 502 del 1992[33], all’articolo 2, ha stabilito, fra l’altro, le competenze regionali nel campo del finanziamento degli enti sanitari, ponendo in capo alle Regioni, con successivi interventi normativi e a garanzia degli equilibri di finanza pubblica, da un lato la responsabilità ultima di garantire l’equilibrio di bilancio dei propri servizi sanitari regionali e dall’altro le conseguenze in caso di squilibri di bilancio sanitario, quali obblighi di copertura finanziaria, massimizzazione delle aliquote fiscali regionali (anche a carattere automatico), sottoposizione ai Piani di rientro e commissariamento.
Durante l’esame in sede referente, è stato aggiunto un periodo al comma 9, in cui si prevede un principio relativo all'autonomia imprenditoriale degli enti del Servizio sanitario nazionale quali ASL, Aziende Ospedaliere, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico pubblici (IRCCS pubblici), anche se trasformati in fondazioni e Aziende Ospedaliere Universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale.
La norma infatti prevede per tali enti - individuati all'articolo 19, co. 2, lett. c), del D. Lgs. n. 118/2011[34] - che l’autonomia imprenditoriale venga esercitata nei limiti stabiliti dalla normativa vigente per il coordinamento della finanza pubblica e per la garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e nei limiti delle direttive e degli impegni regionali volti alla realizzazione di obiettivi di riequilibrio, anche territoriale, della stessa erogazione dei livelli essenziali di assistenza e di riequilibrio dei risultati d'esercizio sia del bilancio sanitario delle aziende, sia del bilancio sanitario consolidato della Regione.
Nell’esplicitazione del principio introdotto con la modifica approvata si ravvisa l’attuazione di un orientamento interpretativo sancito dalle sezioni unite della Corte di Cassazione (sent. n. 24640/2016) che ha evidenziato il carattere imprenditoriale delle A.S.L quali organismi di diritto pubblico assumendo la natura di enti pubblici economici. Ne discende che tali organismi, così come gli altri enti sanitari sopra elencati aventi analoghe caratteristiche giuridiche, devono comunque uniformarsi al codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) applicando determinate forme per la stipulazione dei contratti ed escludendo per ciò stesso, tra le altre, la forma della manifestazione di volontà implicita o attraverso comportamenti concludenti o meramente attuativi, nello svolgimento del complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari regionali, dirette a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività, ai sensi dell’art. 1 del D.lgs. n. 229 del 1999[35]. Ciò anche per assicurare garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, principio tutelato a livello costituzionale.
Tale principio della forma scritta ad substantiam è stato ribadito dalla sent. Cassazione n. 8244 del 22.03.2019 in base alla quale essa è richiesta non soltanto per la conclusione del contratto, ma anche per le eventuali modificazioni successive, non potendo essere introdotte di fatto mediante pratiche difformi da quelle convenute[36].
Inoltre, il comma 11 dispone l’incremento, pari a 50 milioni di euro, per la successiva ripartizione alle Regioni – al fine di concorrere ai corrispondenti oneri sostenuti dalle stesse – delle risorse del Fondo da destinare all’esercizio della funzione di concessione degli indennizzi in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.
Si ricorda che l’istituzione di tale Fondo è stata prevista dalla legge bilancio 2021 (comma 821, art. 1, L. n. 178 del 2020) con una iniziale dotazione di 50 milioni per l’anno 2021 nello stato di previsione del MEF, allo scopo di disporre il concorso dello Stato agli oneri sostenuti dalle Regioni per l’esercizio della funzione di concessione degli indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni, con successivo riparto del contributo regionale in proporzione al fabbisogno derivante dagli indennizzi corrisposti.
Tali indennizzi – si ricorda – sono previsti dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210 e la corrispondente funzione di concessione i soggetti beneficiari, come da essa individuati, è stata trasferita alle Regioni in attuazione del D. Lgs. 31 marzo 1998, n.112, facendo rientrare perciò tale funzione nella piena competenza regionale. Detto decreto, attuando la delega prevista dal Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 in relazione al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, ai sensi dell’art. 123, comma 1, del medesimo decreto, ha peraltro disposto, con riferimento al contenzioso relativo alla concessione degli indennizzi in esame, la conservazione in capo allo Stato delle funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti danneggiati da tali complicanze di tipo irreversibile.
L’impegno statale al riparto per l’anno 2021 è avvenuto a seguito dell’Accordo raggiunto in Conferenza Stato-regioni in materia di interventi strategici a favore delle Regioni e delle Province autonome (v. Repertorio atti n. 187/CSR del 5 novembre 2020) per il concorso di 50 milioni di euro all’onere sostenuto dalle Regioni per l’esercizio della sopra illustrata funzione di concessione degli indennizzi a favore dei soggetti beneficiari certificati come danneggiati dai trattamenti sanitari in questione.
La norma inoltre riproduce analoga disposizione prevista nella citata legge di bilancio 2021, stabilendo che il fondo venga ripartito tra le Regioni interessate con decreto del MEF, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di una proposta formulata dalle Regioni in sede di auto-coordinamento tenendo conto del fabbisogno derivante dagli indennizzi corrisposti.
Infine, il comma 12 definisce la clausola di copertura, prevedendo che agli oneri derivanti dai commi 10 (finanziamento alla regione Molise, v. infra) e 11, pari complessivamente a 90 milioni di euro per l’anno 2023, si provveda ai sensi dell’articolo 23 del presente provvedimento (cfr. infra).
La finalità delle citate leggi n. 210/1992, n. 229/2005 e n. 244/2007 è quella di riconoscere un indennizzo, posto a carico dello Stato, e ispirato al principio della solidarietà sociale, a coloro che abbiano riportato gravi danni in conseguenza dell’essersi sottoposti a determinati trattamenti sanitari.
I benefici economici sono erogati a prescindere dal reddito del richiedente, sono esenti dalle imposte sui redditi e sono cumulabili con altre eventuali provvidenze economiche percepite a qualsiasi titolo.
Con riferimento agli indennizzi riconosciuti dalla legge n. 210 del 1992 per vaccinazioni obbligatorie, il ristoro consiste in un assegno composto da una somma determinata nella misura stabilita dalla tabella B allegata alla legge 177/76, cumulabile con qualsiasi altro emolumento percepito, e da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 324/59.
L'indennizzo si compone quindi di due parti: la prima rappresenta il vero e proprio indennizzo mentre la seconda, detta appunto indennità integrativa speciale (IIS), integra la prima.
La Corte costituzionale con la citata sentenza n. 293 del 7 novembre 2011 (che ha dichiarato illegittimo l'art. 11, commi 13 e 14, del D.L. 78/2010 convertito dalla L. 122/2010), ha stabilito che l’importo dell’indennizzo di cui alla Legge 210/1992, deve essere rivalutato nella sua interezza e, dunque, anche con riferimento all'indennità integrativa speciale.
I soggetti beneficiari interessati al riconoscimento dell’indennizzo sono chiamati ad inoltrare la domanda al competente Ministero della salute. Al pagamento dell’indennizzo provvede la Direzione dei servizi erogati alle amministrazioni e ai terzi – Ufficio V in applicazione di uno specifico provvedimento di riconoscimento del diritto emesso emanato dal Ministero della Salute.
Il DPCM 26 maggio 2000 ha previsto, tra l'altro, a decorrere dall’anno 2001, l’attribuzione delle competenze in materia di indennizzi alle Regioni a statuto ordinario (v. anche scheda articolo 152 del presente ddl bilancio). Le competenze in materia di indennizzi per le Regioni a statuto speciale sono rimaste di competenza statale. Pertanto per coloro che risiedono nelle Regioni a statuto speciale il Ministero della Salute provvede al completamento della procedura amministrativa di riconoscimento del diritto all’indennizzo e all’adozione del relativo provvedimento di liquidazione delle somme dovute. In base all’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni l’8 agosto 2001, al Ministero della salute spetta anche la gestione degli indennizzi già concessi al momento del trasferimento delle funzioni alle Regioni a statuto ordinario.
La citata legge n. 229/2005 sugli indennizzi dispone che ai soggetti beneficiari sia riconosciuto, in relazione alla categoria già loro assegnata dalla competente commissione medico-ospedaliera un ulteriore indennizzo. Esso è corrisposto nelle modalità di seguito indicate:
§ soggetto capace di intendere e di volere che non beneficia di assistenza prevalente e continuativa (l'indennizzo viene corrisposto integralmente al danneggiato);
§ soggetto capace di intendere e di volere che beneficia di assistenza prevalente e continuativa - l'indennizzo viene corrisposto per il 50% al danneggiato e per il 50% ai congiunti che prestano assistenza;
§ soggetto minore e/o incapace di intendere e di volere che beneficia di assistenza prevalente e continuativa - l'indennizzo viene corrisposto integralmente ai congiunti conviventi che prestano assistenza.
Ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.M. 6 ottobre 2006, con il termine "conviventi" si intendono coloro che dall’anagrafe comunale risultano iscritti nello stesso stato di famiglia.
Infine, con riferimento alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, come integrata dal decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 207 (L. n. 14 del 2009), relativa agli indennizzi per sindrome da talidomide, la procedura per la richiesta dell’indennizzo è analoga a quella prevista per i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.
Articolo 9, comma 10
(Contributo alla regione Molise per la riduzione del disavanzo)
Il comma 10 dell’articolo 9 reca un contributo in favore della regione Molise di 40 milioni di euro per l’anno 2023. Tali somme sono espressamente vincolate alla riduzione del disavanzo di amministrazione della regione.
Come precisato nella Relazione illustrativa, il contributo è assegnato in ragione del fatto che la regione Molise presenta, al 31 dicembre 2021, il più elevato disavanzo di amministrazione pro capite tra le regioni a statuto ordinario, con conseguenti difficoltà nell’approvare il bilancio anche a causa del significativo disavanzo finanziario.
In merito al disavanzo finanziario della regione, secondo quanto emerge nel giudizio di “Parificazione del Rendiconto Generale della Regione Molise dell’esercizio finanziario 2021” (Deliberazione n. 192/2022/PARI del 12 dicembre 2022)[37], stilato dalla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti, la Regione Molise presenta al termine dell’esercizio 2021 un disavanzo di amministrazione complessivo di circa 493,9 milioni di euro.
Nella Relazione di accompagnamento del giudizio di parificazione, la Corte dei conti sottolinea che gli equilibri finanziari della Regione, secondo le stesse risultanze dell’Ente, appaiono ai “limiti della sostenibilità”, in particolare considerando la quota di disavanzo pro capite che grava sulla popolazione residente nel confronto con le altre regioni italiane. Il disavanzo pro capite “si attesta sui 1.698 euro per abitante, in crescita rispetto al 2020 (in cui era pari a 1.662 euro) e superiore alla quota per abitante di tutte le altre Regioni a statuto ordinario”. Limitando il confronto alle Regioni con popolazione meno elevata, “il valore è circa 15 volte superiore a quello dell’Umbria e 19 volte rispetto a quello della Basilicata” (cfr. la “Tabella n. 1 - Disavanzo regionale pro capite – esercizio 2021”, riportata a pag. 15 della Relazione di accompagnamento).
La Regione Molise rientra tra gli enti che hanno adottato dal 2014 un piano di rientro pluriennale per il recupero di un disavanzo di più ampia dimensione, nell’ambito del quale sono stati fissati i traguardi intermedi riguardanti i singoli esercizi. La Corte dei Conti ha monitorato nel tempo l’andamento dei piani di rientro dal disavanzo proveniente dagli esercizi precedenti, onde verificarne l’effettivo recupero. L’analisi dell’andamento del disavanzo di amministrazione nell’ultimo triennio mostra – secondo quanto riportato dalla Corte nel citato giudizio di parificazione - l’inadeguatezza delle misure di rientro complessivamente adottate dall’Amministrazione regionale, che a partire dal 2019 non è più riuscita a garantire la copertura del disavanzo programmato, ma ha realizzato ogni anno un maggior disavanzo da ripianare, che viene ad aggiungersi alla quota annuale di rientro già programmata (cfr. “2.tab. n. 32 – Differenze tra obiettivo e disavanzo effettivo”, Allegato alla Deliberazione n. 192/2022/PARI, Vol. I, pag. 130).
La situazione finanziaria critica dell’ente ha generato, a fine esercizio 2021, un consistente disavanzo non recuperato rispetto all’obiettivo di rientro, pari a 41.323.008 euro.
Nel 2021, infatti, la quota di disavanzo che avrebbe dovuta essere ripianata nell’esercizio (41.717.458 euro, di cui 21.894.807 euro di sforamento della quota programmata per il 2020) è stata effettivamente recuperata solo in piccola parte (per un importo di soli 394.450 euro), per cui permarrebbe una quota di disavanzo non recuperato rispetto all’obiettivo di 41.323.008 euro.
Le regole contabili applicabili nella fattispecie (dettate dal paragrafo 9.2.26 dell’allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011), impongono che la quota del disavanzo applicata al bilancio e non recuperata sia interamente applicata al primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione, in aggiunta alla quota di recupero già programmata ai sensi dei piani di rientro in corso.
Nel 2022, pertanto, la Regione dovrebbe raggiungere un obiettivo complessivo di ripiano del disavanzo di 61,9 milioni di euro, un obiettivo considerato dalla Corte dei conti “palesemente non raggiungibile alla stregua degli andamenti storici della gestione a meno di determinare il concreto mancato svolgimento di funzioni istituzionali”.
La Corte dei conti evidenzia come nel corso degli anni abbia regolarmente segnalato criticità rilevanti anche ai fini della determinazione del risultato di amministrazione, che hanno condotto a una parifica parziale anche della proposta di rendiconto per il 2020. Nell’attività istruttoria sugli esiti della gestione finanziaria ed economico-patrimoniale dell’esercizio 2021, la Corte sottolinea le conseguenze giuridico-contabili della pressoché totale mancata adozione, da parte della Regione Molise, di interventi correttivi conseguenti alla decisione n. 80/2021/PARI della Sezione regionale di controllo, di parificazione solo parziale del rendiconto 2020, che hanno perpetuato la grave sottostima del disavanzo di amministrazione già rilevato al 31 dicembre 2020.
Il successivo comma 12 dispone che alla copertura degli oneri derivanti dal contributo in esame si provvede ai sensi dell’articolo 23.
Articolo 9, comma 12-bis
(Livello progettuale necessario per la stipula di particolari contratti di mutuo da parte degli enti locali)
L’articolo 9, comma 12-bis, introdotto in sede referente, modifica la disciplina relativa ai contratti di mutuo stipulati dagli enti locali con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, e dall'Istituto per il credito sportivo, al fine di adeguare la norma alle nuove fasi progettuali previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici.
Il comma in esame modifica la disposizione recata dalla lettera e) del comma 2 dell’art. 204 del D.Lgs. 267/2000, al fine di adeguare il riferimento ai livelli di progettazione in esso contemplato, ai nuovi livelli progettuali previsti dal D.Lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici).
L’art. 204 del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) detta regole particolari per l'assunzione di mutui da parte degli enti locali. In particolare, il comma 2 di tale articolo prevede che i contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere una serie di clausole e condizioni indicate nelle lettere da a) ad f) del comma medesimo. La lettera e) – oggetto di modifica da parte del comma in esame – prevede che nei contratti in questione “deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti”.
Il riferimento testé richiamato al progetto definitivo risulta però oggi superato dal disposto del nuovo Codice dei contratti pubblici approvato con il D.Lgs. 36/2023. L’articolo 41, comma 1, di tale Codice, dispone infatti che la progettazione in materia di lavori pubblici, si articola in due soli livelli di successivi approfondimenti tecnici: il progetto di fattibilità tecnico-economica e il progetto esecutivo. Tale disposizione ha innovato la corrispondente disposizione previgente (recata dall’art. 23 del D.Lgs. 50/2016, abrogato dal D.Lgs. 36/2023), ove venivano contemplati tre livelli di successivi approfondimenti tecnici: progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo.
Al fine di tener conto della mutata articolazione delle fasi progettuali, il comma in esame modifica la lettera e) del comma 2 dell’art. 204 del D.Lgs. 267/2000, sostituendo il riferimento al progetto definitivo (non più attuale) con il riferimento allo studio di fattibilità tecnico-economica.
In virtù di tale modifica, nei contratti di mutuo in questione dev’esser dato atto dell’intervenuta approvazione dello studio di fattibilità tecnico-economica o del progetto esecutivo.
Articolo 9-bis
(Interventi per le attività degli enti locali in crisi finanziaria)
L’articolo 9-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente al Senato, è volto ad ampliare la platea degli enti locali in stato di dissesto finanziario che possono beneficiare dell’attribuzione di un’anticipazione di liquidità da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi, prevista dal decreto-legge n. 104 del 2023, ricomprendendovi, in particolare, anche gli enti ai quali siano già state accordate anticipazioni allo stesso titolo, attualmente esclusi dal beneficio.
La modifica precisa che l’anticipazione agli enti viene attribuita fino a concorrenza dell’ammontare della massa passiva censita con il dissesto e tenendo conto di eventuali precedenti anticipazioni già accordate allo stesso titolo.
Si ricorda, in primo luogo, che lo stato di dissesto finanziario degli enti locali – disciplinato dall'art. 244 e seguenti del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) – si verifica quando l'ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all'articolo 193 (riequilibrio del bilancio), ovvero con le modalità di cui all'articolo 194 (debito fuori bilancio). In tali ipotesi, l’organo consiliare dell'ente adotta la deliberazione recante la formale dichiarazione di dissesto finanziario, contenente una valutazione delle cause che hanno determinato il dissesto (art. 246), da trasmettere al Ministero dell’interno.
Con la dichiarazione di dissesto si procede alla nomina dell'organo straordinario di liquidazione (OSL) che provvede alla rilevazione della massa passiva, all'acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili (massa attiva) ai fini del risanamento ed alla liquidazione e pagamento della massa passiva. La procedura prevede che tutte le posizioni debbano essere definite entro 5 anni dall’apertura del dissesto.
L’articolo in esame modifica l’articolo 21, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023, che ha introdotto disposizioni volte a facilitare il risanamento degli enti locali (comuni, province e città metropolitane) in stato di dissesto finanziario a far data dal 1° gennaio 2017, che hanno aderito alla procedura semplificata per la liquidazione dei debiti entro il 31 dicembre 2023, prevedendo l’attribuzione ad essi di una anticipazione di liquidità fino all'importo massimo annuo di 100 milioni di euro per gli anni 2024, 2025 e 2026, da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria, per il pagamento dei debiti ammessi.
La modifica introdotta è volta ad eliminare la disposizione – contenuta nel comma 1 del citato articolo 21 e inserita nel corso della conversione in legge del citato decreto-legge – che esclude espressamente dal beneficio i casi di enti dissestati ai quali siano già state accordate anticipazioni allo stesso titolo.
La riformulazione proposta dall’articolo in esame prevede inoltre che, in ogni caso, l’erogazione dell’anticipazione sia attribuita fino a concorrenza dell’ammontare della massa passiva censita con il dissesto e tenendo conto di eventuali precedenti anticipazioni già accordate allo stesso titolo.
L’articolo 21 del D.L. n. 104 del 2023 reca, ai commi da 1 a 5, disposizioni volte a facilitare il risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario che abbiano mediante l’attribuzione di una anticipazione di liquidità, fino all’importo massimo annuo di 100 milioni di euro per gli anni 2024, 2025 e 2026, da destinare all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi alla gestione liquidatoria, da restituire in base ad un piano di ammortamento a rate costanti della durata massima di 10 anni.
L’agevolazione è concessa, previa apposita istanza dell’ente, esclusivamente a comuni, province e città metropolitane:
- che hanno dichiarato il dissesto a far data dal 1° gennaio 2017;
- che hanno aderito alla procedura semplificata prevista dall’articolo 258 del TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000) per la liquidazione dei debiti ammessi, Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di anticipazione, l'adesione alla procedura semplificata deve essere deliberata entro il 31 dicembre 2023.
Ai fini dell’ammissibilità della richiesta di anticipazione di liquidità, l’adesione alla procedura semplificata deve essere deliberata entro il 31 dicembre 2023 (comma 1-bis).
In base alla formulazione vigente, sono espressamente esclusi dal beneficio i casi di enti ai quali siano state accordate anticipazioni allo stesso titolo.
L’anticipazione di liquidità, concessa con decreto annuale del Ministero dell’interno, è destinata all’incremento della massa attiva della gestione liquidatoria per il pagamento dei debiti ammessi, con le modalità previste dalla procedura semplificata, nei limiti dell’anticipazione erogata.
L’articolo 258 del TUEL prevede che il commissario liquidatore, valutata la massa passiva dell’ente da ammettere al pagamento, possa proporre all'ente locale dissestato – che deve esprimersi con deliberazione di giunta entro trenta giorni – l’adozione della modalità semplificata di liquidazione. Acquisita l'adesione dell'ente, la procedura semplificata consente all’organo straordinario di liquidazione di definire transattivamente le pretese creditorie, compresi i crediti vantati dall’erario, in tempi più brevi della procedura ordinaria (circa 12 mesi), offrendo in pagamento una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento dell’intero debito, in relazione all’anzianità dello stesso.
A tal fine, l’OSL propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti privilegiati – fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per prestazioni di lavoro subordinato, che sono liquidate per intero – la transazione da accettare, entro un termine prefissato, comunque non superiore a 30 giorni. Ricevuta l’accettazione, l’OSL provvede al pagamento nei trenta giorni successivi.
L’OSL accantona l’importo del 50 per cento dei debiti per i quali non sia stata accettata la transazione. Detto accantonamento è elevato al 100 per cento per i debiti assisti da privilegio. Effettuati gli accantonamenti, l'organo straordinario di liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione. Qualora tutti i debiti siano liquidati nell'ambito della procedura semplificata e non sussistono debiti esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario provvede ad approvare il rendiconto della gestione della liquidazione.
La ripartizione dell'anticipazione tra gli enti avviene, nei limiti della massa passiva censita, in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto, secondo i dati forniti dall’ISTAT (comma 2). L’importo erogato all’ente è messo a disposizione dell’Organo Straordinario di Liquidazione (OSL) che provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell’anticipazione erogata, entro novanta giorni dalla disponibilità delle risorse.
Per le province e le città metropolitane l’importo massimo dell’anticipazione è fissato in 20 euro per abitante (comma 5).
La restituzione dell’anticipazione va effettuata – con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi – in un periodo massimo di dieci anni a decorrere dall’anno successivo a quello in cui viene erogata l’anticipazione stessa, mediante operazione di giro fondi sull’apposita contabilità speciale intestata al Ministero dell’interno (comma 3).
In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell’interno (comma 4).
Articolo 10
(Trasporto pubblico locale)
L’articolo 10 rifinanzia, con 500 milioni € per il 2023, il Fondo per il sostegno al TPL, istituito per compensare gli operatori di servizi di trasporto pubblico locale dalle riduzioni dei ricavi nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2022, conseguenti all’epidemia di Covid-19 (comma 1).
Rifinanzia inoltre, con 35 milioni di euro per l'anno 2023, il fondo c.d “bonus trasporti” per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale (comma 2).
In dettaglio, il comma 1 dell’art. 10 autorizza la spesa di 500 milioni di euro per l’anno 2023, che costituisce limite massimo di spesa, per il rifinanziamento del Fondo destinato a compensare in via definitiva la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2022 e conseguente alle limitazioni alla capienza massima dei mezzi adibiti ai servizi di trasporto pubblico disposte in relazione all'emergenza sanitaria da COVID-19, istituito dall’articolo 200, comma 1, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
Il comma 1 dispone inoltre che tali risorse siano ripartite entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, considerando unitariamente l’intero periodo, sulla base dei criteri stabiliti con il decreto ministeriale con cui sono stati stabiliti i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione, previsto dal comma 2 dell’articolo 200, tenendo conto dei contributi già assegnati a titolo di anticipazione e assicurando una compensazione uniforme in misura percentuale ai soggetti ivi previsti.
Si ricorda che il Fondo per il sostegno al TPL, istituito dal D.L. n. 34 del 2020 (art. 200), aveva una dotazione inziale di 500 milioni di euro per coprire la riduzione dei ricavi nel periodo 23 febbraio 2020 – 31 dicembre 2021 rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del precedente biennio; il Fondo era stato incrementato con l'articolo 44 del decreto-legge n. 104 del 2020 (c.d. Sostegni) per 400 milioni per l'anno 2020 e con l'articolo 29 del decreto-legge n. 41 del 2021 (c.d. Sostegni- bis), di 800 milioni per l'anno 2021. Il primo riparto è avvenuto con decreto interministeriale n. 340 del 2020, che ha definito i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione; si sono quindi avuti successivi decreti interministeriali di riparto, da ultimo il DM n. 289 del 20/9/2022, che reca la ripartizione definitiva delle risorse destinate alla compensazione dei minori ricavi tariffari relativi all’esercizio 2020 e i criteri per l’assegnazione delle risorse destinate alla compensazione minori ricavi tariffari 2021.
La legge di Bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, comma 477) ha successivamente rifinanziato il Fondo (introducendo il comma 2-bis all’art. 200 del D.L. n.34/2020) autorizzando la spesa di 100 milioni per il 2023 e di 250 milioni per il 2024 per consentire la compensazione della riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2022.
Per le eventuali regolazioni finanziarie tra le regioni, proporzionalmente alle effettive riduzioni dei ricavi subite nel periodo considerato, il comma 1 dispone che queste siano operate anche utilizzando, a tal fine, le risorse di cui all’articolo 200, comma 2-bis, del decreto- legge 19 maggio 2020, n. 34, cioè quelle stanziate dalla legge di Bilancio 2023 per gli anni 2023 e 2024, non ancora ripartite e con le modalità ivi previste.
Il comma 2 dell’articolo 10, per far fronte alle esigenze emerse in corso d'anno, rifinanzia, con 35 milioni di euro per l'anno 2023, il fondo, c.d. “bonus trasporti”, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e finalizzato a riconoscere, nei limiti della dotazione del fondo e fino ad esaurimento delle risorse, un buono , da utilizzare fino al 31 dicembre 2023, per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale ovvero per i servizi di trasporto ferroviario nazionale, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5 (convertito, con modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 23).
Si ricorda che il Fondo “Bonus Trasporti”, istituito dal c.d. "Decreto Aiuti" (art. 35 del decreto legge n. 50 del 2022), per riconoscere un buono di importo non superiore a 60 euro alle persone fisiche che nell'anno 2021 avessero conseguito un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, è stato incrementato, da 79 a 180 milioni per il 2022, dal c.d. "Decreto Aiuti bis" (art. 27 del decreto legge n. 115 del 2022). Il D.L. n. 144 del 2022 (c.d. aiuti ter) ha poi incrementato (art. 12) di ulteriori 10 milioni di euro il Fondo. L’art. 4 del D.L. n. 5 del 2023 ha quindi finanziato, anche per l'anno 2023, il Fondo, per la concessione di un buono di importo non superiore a 60 euro n favore delle persone fisiche che nell'anno 2022 abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro. Le modalità per la fruizione del “bonus trasporti” sono state definite con decreto del Ministro del lavoro 28 marzo 2023, n. 4.
Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a 535 milioni di euro per l’anno 2023, alla quale si provvede ai sensi dell’articolo 23.
Articolo 10-bis
(Misure per favorire l'accesso al trasporto pubblico da parte delle persone a mobilità ridotta)
L’articolo 10-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente prevede un incremento, pari a 1,2 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2024, del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale. Tale incremento è volto a predisporre degli interventi tali da garantire il diritto delle persone a mobilità ridotta all’accesso al trasporto pubblico locale.
In particolare, il comma 1 prevede l’incremento del Fondo in questione nella misura di 1,2 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2024, mentre il comma 2 stabilisce che tali risorse sono suddivise esclusivamente sulla base del raggiungimento dell'obiettivo di miglioramento del rapporto tra il numero di posti offerti sui mezzi di trasporto pubblico locale accessibili alle persone a mobilità ridotta e il totale dei posti offerti rispetto al medesimo rapporto registrato nell'anno precedente.
Il comma 3, invece, stabilisce che, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro il 31 maggio 2024, sono determinati i criteri di qualificazione dei posti accessibili alle persone a mobilità ridotta per ogni tipologia di mezzo di trasporto pubblico, mentre il comma 4 contiene alcune precisazioni in merito al criterio di riparto delle risorse finanziarie.
Il comma 5 prevede che i siti internet e le applicazioni elettroniche che forniscono informazioni sui percorsi dei mezzi del trasporto pubblico locale sono tenuti a indicare anche i percorsi accessibili alle persone a mobilità ridotta e alle persone con disabilità.
Da ultimo il comma 6 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni dell’articolo in commento.
Articolo 10-ter
(Disposizioni urgenti per la funzionalità del MOSE)
L’articolo 10-ter, introdotto durante l'esame in sede referente, dispone che nelle more della piena operatività dell’Autorità per la Laguna di Venezia e della definizione della procedura di liquidazione del concessionario Consorzio Venezia Nuova, le attività relative al primo ciclo di manutenzione straordinaria del MOSE sono affidate, fino al 31 marzo 2025, dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, il Trentino-Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia mediante procedure di evidenza pubblica. È fatta salva la facoltà per l’Autorità di risolvere anticipatamente il contratto affidato dal Provveditorato ove ricorrano ragioni di pubblico interesse.
L’articolo in esame introduce un nuovo comma 15-bis nel testo dell’art. 95 del D.L. 104/2020, che ha istituito e disciplinato l’Autorità per la Laguna di Venezia (ALV).
Tale articolo ha previsto, in particolare, l’attribuzione all’ALV di “tutte le funzioni e competenze relative alla salvaguardia della città di Venezia e della sua laguna e al mantenimento del regime idraulico lagunare, ivi incluse … quelle già attribuite al Magistrato alle Acque e trasferite al Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia”. Lo stesso articolo, al comma 15, dispone che, nelle more della piena operatività dell'Autorità, “le funzioni e le competenze attribuite alla stessa ai sensi del presente articolo, ove già esistenti, continuano ad essere svolte dalle amministrazioni e dagli enti pubblici competenti nei diversi settori interessati”.
Nella relazione della Corte dei conti allegata alla delibera n. 38/2022 si legge che "è pur vero che la norma istitutiva attribuisce alla menzionata Autorità tutte le funzioni e competenze relative alla Salvaguardia della città di Venezia e della sua Laguna, ma il disegno legislativo è rimasto, a ormai quasi due anni dalla sua entrata in vigore, del tutto inattuato. Nonostante, infatti, la novella legislativa contempli le tempistiche per l'emanazione delle misure propedeutiche all'adozione del decreto ministeriale che dovrebbe stabilire la data di piena operatività dell'Autorità, a tutt'oggi non risultano atti, nemmeno a livello iniziale, che abbiano provveduto in tal senso, di talché, per espresso disposto normativo (art. 95, comma 15, d.l. cit.) le funzioni e le competenze attribuite all'istituenda Autorità continuano ad essere svolte dalle amministrazioni e dagli enti pubblici competenti nei diversi settori interessati". In proposito, nella risposta all'interrogazione 5/07481, resa nella seduta del 17 febbraio 2022, si legge che la mancata istituzione dell'Autorità in questione "non pregiudica alcuna attività poiché garantita dal Provveditorato stesso, unitamente al Commissario liquidatore del Concessionario e al Commissario straordinario del Mo.S.E.".
Nella nota del 14 novembre 2023, pubblicata sul sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, viene data notizia della nomina di Roberto Rossetto a presidente dell’ALV.
Il primo periodo del nuovo comma 15-bis introdotto dall’articolo in esame reca una disposizione transitoria che – fermo restando quanto previsto dall’art. 2, comma 4-ter, lettera b), del D.L. 103/2021 – si applica nelle more della piena operatività dell’ALV e della definizione della procedura di liquidazione del concessionario Consorzio Venezia Nuova.
Ai sensi della richiamata lettera b), in caso di mancata definizione del procedimento di aggiornamento del Piano morfologico e ambientale della Laguna di Venezia (PMALV) entro il 31 dicembre 2021 e nelle more della conclusione di detto procedimento, il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, il Trentino-Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia “provvede a eseguire gli interventi di manutenzione necessari all'attivazione funzionale delle barriere del Sistema MOSE alle bocche di porto lagunari per la salvaguardia di Venezia e della Laguna dalle acque alte, nonché quelli necessari al mantenimento della funzionalità minima dei canali di navigazione lagunare”. La stessa lettera b) dispone inoltre che per l'individuazione e per la predisposizione di un idoneo sito di conferimento dei sedimenti movimentati a tale scopo, il Provveditorato predispone gli atti progettuali necessari e acquisisce tutti gli atti di assenso comunque denominati mediante conferenza di servizi.
In tale periodo transitorio viene previsto che, in deroga a quanto previsto nel contratto di concessione e nei relativi atti aggiuntivi, le attività relative al primo ciclo di manutenzione straordinaria del MOSE sono affidate, fino al 31 marzo 2025, dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, il Trentino-Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia mediante procedure di evidenza pubblica espletate:
- secondo le modalità previste dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023);
- nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Informazioni sullo stato di avanzamento ed esecuzione delle opere del Mose sono disponibili nella scheda opera n. 64 della banca dati SILOS curata dal Servizio studi della Camera in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione e l'Istituto di ricerca CRESME.
Il secondo periodo del comma 15-bis dispone che è fatta salva la facoltà per l’Autorità di risolvere anticipatamente il contratto affidato dal Provveditorato ai sensi del primo periodo, ove ricorrano ragioni di pubblico interesse.
Articolo 10-quater
(Incremento del fondo per patenti giovani autisti per l’autotrasporto)
L’articolo 10-quater incrementa per il 2023 il fondo per le patenti dei giovani autisti nell’autotrasporto.
Nel dettaglio, l’articolo 10-quater del decreto-legge in commento – aggiunto in sede di conversione al Senato – incrementa di 2 milioni e 400 mila euro per il solo 2023 il fondo per le patenti dei giovani autisti nell’autotrasporto.
Il fondo è denominato “Programma patenti giovani autisti l’autotrasporto” ed è stato istituito nello stato di previsione del MIT dal decreto legge n. 121 del 2021 (poi convertito nella legge n. 156 del 2021). Il relativo art. 1, comma 5-bis, infatti ha previsto il fondo con una dotazione di:
Ø a 3,7 milioni di euro per l'anno 2022;
Ø a 5,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026.
Sicché, per il 2023 la dotazione totale risulta elevata a 7,8 milioni di euro.
Si ricorda che il fondo è finalizzato alla concessione, per il periodo dal 1°luglio 2022 al 31 dicembre 2026, di un contributo pari all'80 per cento della spesa sostenuta e di importo non superiore a 2.500 euro, in favore dei cittadini di età compresa fra 18 e 35 anni per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali per la guida dei veicoli destinati all'esercizio dell'attività di autotrasporto di persone e di merci.
Il contributo può essere erogato una sola volta e non costituisce reddito imponibile del beneficiario e non rileva ai fini del computo del valore dell'ISEE.
I criteri e le modalità di concessione del contributo sono stati stabiliti con il decreto MIMS (oggi MIT) del 30 giugno 2022 ed è gestito su una piattaforma informatica.
Per la sottolineatura della persistente carenza di autisti nel nostro Paese, v. l’audizione dei rappresentanti dell’Agenzia confederale di trasporti e servizi (Agens) di Confindustria, dell’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori (Anav) e dell’Associazione trasporti (Asstra) presso la IX Commissione Trasporti e telecomunicazini della Camera dei deputati del 14 novembre 2023 (qui il link, minuti 5,52, 8 e 15,20).
Articolo 11, commi da 1 a 3-bis
(Edilizia universitaria)
L’articolo 11, commi da 1 a 3, istituisce un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, finalizzato alla corresponsione di tutti gli importi dovuti a titolo di co-finanziamento nell’ambito delle procedure amministrative ai sensi dell’art. 1, comma 4-ter, e dell’art. 1-bis, della legge n. 338 del 2000, in materia di alloggi e residenze per studenti universitari. Tale nuovo fondo, i cui importi variano dai 96.570.000 euro previsti per il 2023 ai 129.000 euro previsti per il 2053 (anno finale di vigenza del Fondo), è finalizzato a sostenere gli studenti della formazione superiore, nonché a incrementare la disponibilità di alloggi e posti letto per gli studenti fuori sede, in considerazione della rimodulazione del target M4C1-28 relativo alla riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, concernente appunto gli alloggi per studenti e la riforma della legislazione sugli alloggi per studenti.
Nel corso dell’esame in sede referente è stato introdotto il comma 3-bis che consente il trasferimento di immobili a qualsiasi titolo, anche in corso di costruzione, oggetto di cofinanziamento (con le procedure di cui al citato art. 1-bis, della legge n. 338 del 2000) ai Fondi di investimento alternativo (FIA) italiani immobiliari.
Nel dettaglio, il comma 1 dell’art. 11 prevede che, al fine di sostenere gli studenti della formazione superiore, nonché di incrementare la disponibilità di alloggi e posti letto per gli studenti fuori sede mediante l'acquisizione del diritto di proprietà o, comunque, l'instaurazione di un rapporto di locazione o altra forma di godimento a lungo termine o il rinnovo a lungo termine di contratti di locazione già in essere da parte di soggetti pubblici e privati in relazione ad immobili adibiti a residenze universitarie, in considerazione della rimodulazione del target (obiettivo) M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un Fondo finalizzato alla corresponsione di tutti gli importi dovuti a titolo di co-finanziamento nell’ambito delle procedure amministrative ai sensi dell’art. 1, comma 4-ter, e dell’articolo 1-bis, della legge 14 novembre 2000, n. 338 (che reca “Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari”), meglio descritte in seguito. Tale fondo ha una dotazione di euro 96.570.000 per l’anno 2023, euro 13.349.000 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032, euro 11.370.000 per l’anno 2033, euro 6.387.000 per l’anno 2034, euro 6.256.000 per l’anno 2035, euro 4.962.000 per l’anno 2036, euro 4.438.000 per l’anno 2037, euro 2.501.000 per l’anno 2038, euro 2.186.000 per l’anno 2039, euro 1.809.000 per l’anno 2040, euro 1.540.000 per l’anno 2041, euro 570.000 per ciascuno degli anni dal 2042 al 2043, euro 487.000 per ciascuno degli anni dal 2044 al 2046, euro 308.000 per l’anno 2047, euro 129.000 per ciascuno degli anni dal 2048 al 2053. Ai relativi oneri si provvede, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, ai sensi dell’art. 23 (che reca le disposizioni finanziarie del provvedimento in esame e alla cui scheda di lettura si rinvia) e, per gli anni dal 2027 al 2053, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'art. 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 (legge n. 307 del 2004).
Si ricorda che il citato art. 1, comma 4-ter, della legge n. 338 del 2000 prevede che le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza indicate nell'ambito dei bandi adottati in applicazione della medesima legge 338/2000 possono essere destinate anche all'acquisizione da parte dei soggetti di cui al comma 1 (ossia regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, organismi regionali di gestione per il diritto allo studio universitario, università statali e legalmente riconosciute, collegi universitari, consorzi universitari, cooperative di studenti senza fini di lucro e organizzazioni non lucrative di utilità sociale operanti nel settore del diritto allo studio), nonché di altri soggetti pubblici e privati, della disponibilità di posti letto per studenti universitari, mediante l'acquisizione del diritto di proprietà o, comunque, l'instaurazione di un rapporto di locazione a lungo termine, ovvero per finanziare interventi di adeguamento delle residenze universitarie agli standard di cui alla comunicazione della Commissione europea (COM(2019) 640 final) sul Green Deal europeo, recepiti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con separato bando riservato alle finalità di cui sopra, da adottarsi con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sono definite le procedure e le modalità per la presentazione dei progetti e per l'erogazione dei relativi finanziamenti e sono indicati gli standard ed i parametri di cui al precedente comma 4, al fine di adeguarli alle modalità di acquisizione della disponibilità di posti letto di cui al primo periodo. Al fine di raggiungere gli obiettivi temporali connessi al target M4C1-28 del Piano nazionale di ripresa e resilienza – prosegue il comma 4-ter dell’art. 1 della legge n. 338 del 2000 - sul decreto di cui sopra e sul provvedimento di nomina della commissione di cui al successivo comma 5, che può essere composta da rappresentati indicati dal solo Ministero dell’università e della ricerca, possono non essere acquisiti i pareri di cui ai commi 3, 4 e 5 del medesimo art. 1. Agli acquisti di cui al presente comma non si applica la disposizione di cui all'art. 12, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, n. 98 (legge n. 111 del 2011), che prevede che le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con l'esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.
Per quanto concerne poi l’art. 1-bis della medesima legge n. 338 del 2000, che disciplina il cosiddetto “Nuovo housing universitario”, esso prevede, al comma 1, che le risorse previste dalla citata riforma 1.7 della missione 4, componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono destinate, per un importo pari a 660 milioni di euro, all'acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore, ai fini del perseguimento delle finalità previste dalla medesima riforma. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo le risorse destinate ai sensi del comma 1 sono assegnate, anche in convenzione ovvero in partenariato con le università, con le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e con gli enti regionali per il diritto allo studio, alle imprese, agli operatori economici e agli altri soggetti privati di cui all'art. 1, comma 1, della medesima legge 338 del 2000, sulla base delle proposte selezionate da una commissione istituita presso il Ministero dell’università e della ricerca, secondo le procedure definite dal decreto di cui al successivo comma 7. Ai componenti della commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. A mente del comma 3, la ripartizione delle risorse tra le proposte selezionate ai sensi del comma 2 è effettuata, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sulla base del numero dei posti letto previsti in base a ciascuna proposta e tenuto conto dei fabbisogni espressi dalla ricognizione effettuata con le modalità indicate dal decreto di cui al successivo comma 7, nonché della quota da riservare alle regioni del Mezzogiorno. L'erogazione delle risorse di cui al presente comma è effettuata in esito alla effettiva messa a disposizione, anche tramite appositi bandi, dei posti letto relativi alle proposte ammesse a finanziamento. Il comma 4, poi, prevede che le risorse assegnate ai sensi del precedente comma 3 sono destinate al pagamento del corrispettivo, o parte di esso, dovuto per il godimento dei posti letto resi disponibili ai sensi del presente articolo presso alloggi o residenze per i primi tre anni dalla effettiva fruibilità degli stessi. Secondo il comma 5, i soggetti aggiudicatari ai sensi del comma 3 assicurano la destinazione d'uso prevalente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo ad alloggio o residenza per studenti con possibilità di destinazione ad altra finalità, anche a titolo oneroso, delle parti della struttura eventualmente non utilizzate, ovvero degli stessi alloggi o residenze in relazione ai periodi non correlati allo svolgimento delle attività didattiche. Il comma 6, poi, prevede che la riduzione della disponibilità di posti letto rispetto al numero degli stessi indicato in sede di proposta comporta la riduzione delle somme erogate e dei benefici di cui ai commi 9 e 10 in misura proporzionale alla riduzione della disponibilità prevista. In caso di mutamento della destinazione d'uso prevalente ad alloggio o residenza per studente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo, il soggetto aggiudicatario decade dai benefici di cui ai commi 9, 10 e 11. Ai sensi del comma 7, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentite la Conferenza dei rettori delle università italiane e la Conferenza Stato-Regioni, sono definiti:
a) la composizione della commissione di valutazione di cui al comma 2;
b) le procedure per la ricognizione dei fabbisogni territoriali di posti letto;
c) le procedure per la presentazione delle proposte di intervento e per la loro valutazione, nonché il numero minimo di posti letto per intervento;
d) le procedure e i criteri volti ad individuare il corrispettivo unitario per i posti letto, tenendo conto dell'ambito territoriale, dei valori di mercato di riferimento, delle tipologie degli immobili e del livello dei servizi offerti agli studenti nonché della riduzione del 15 per cento in ragione della finalità sociale delle misure di cui al presente articolo;
e) le garanzie patrimoniali minime per accedere alle misure di cui al presente articolo, anche al fine di assicurare un vincolo di destinazione, pari ad almeno nove anni successivi al terzo anno, con decorrenza dall'acquisizione della disponibilità degli alloggi o delle residenze per l'utilizzo previsto;
f) gli standard minimi qualitativi degli alloggi o delle residenze e degli ulteriori servizi offerti, in relazione sia allo spazio comune per studente che alle relative dotazioni strumentali, fermo restando il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all'ambiente (DNSH).
Il comma 8 poi prevede che i posti letto ottenuti con le misure di cui al presente articolo 1-bis sono destinati agli studenti fuori sede individuati sulla base delle graduatorie del diritto allo studio, ovvero di quelle di merito. Secondo il comma 9, con decorrenza dall'anno di imposta 2024, le somme corrisposte ai sensi del comma 4 non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle società, nonché alla formazione del valore netto della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive. I redditi derivanti dalla messa a disposizione di posti letto presso alloggi o residenze per studenti universitari di cui al presente articolo, salvo quanto previsto al primo periodo, non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle società, nonché alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento, a condizione che tali redditi rappresentino più della metà del reddito complessivamente derivante dall'immobile. A mente del comma 10, gli atti aventi ad oggetto gli immobili destinati ad alloggi o residenze per studenti universitari stipulati in relazione alle proposte ammesse al finanziamento di cui al presente articolo sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro. Ferma restando la decadenza dal beneficio prevista dal comma 6, qualora a seguito della stipula degli atti di cui al primo periodo non venga dato seguito, entro i termini previsti, agli interventi finalizzati alla realizzazione e messa a disposizione degli alloggi o delle residenze universitarie, si determina la decadenza dal beneficio fiscale di cui al presente comma. Il comma 11 inoltre prevede che ai soggetti aggiudicatari ai sensi del comma 3 è riconosciuto un contributo sotto forma di credito d'imposta, per una quota massima pari all'importo versato a titolo di imposta municipale propria, in relazione agli immobili, o a parte di essi, destinati ad alloggio o residenza per studenti ai sensi del presente articolo. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le disposizioni attuative della misura, con particolare riguardo alle procedure di concessione e di fruizione del contributo, sotto forma di credito d'imposta, anche al fine del rispetto del limite di spesa di cui al presente comma, nonché' alle condizioni di revoca e all'effettuazione dei controlli. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede nel limite di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2024. Il comma 12, infine, reca la copertura degli oneri dell’articolo.
Si ricorda poi che il citato obiettivo (target) M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede, al 31 dicembre 2022, la realizzazione di almeno 7.500 nuovi posti letto negli alloggi per studenti, in base alla citata legge n. 338 del 2000, quale riveduta entro il 31 dicembre 2021 (secondo quanto previsto dal precedente traguardo M4C1-27). Tale modifica legislativa è avvenuta, nello specifico, per mezzo dell’art. 64, comma 8, del D.L. 77/2021 (L. 108/2021), il quale ha innalzato dal 50 al 75% del costo totale la quota massima di cofinanziamento dello Stato per la realizzazione di interventi per alloggi e residenze per studenti universitari e delle istituzioni AFAM, novellando l’art. 1 della L. 338/2000. Il comma 9 del medesimo art. 64 ha precisato che agli oneri derivanti da tale modifica si fa fronte con le risorse del PNRR.
Per un approfondimento sugli investimenti e sulle riforme del PNRR relative al settore dell’istruzione e, in particolare, concernenti la predetta riforma 1.7 (per la quale sono previste risorse per complessivi 960 milioni di euro), si rinvia all’apposita sezione del Portale della documentazione della Camera dei deputati (si veda, nello specifico, l’allegato “Riforme”).
Si segnala che il comma 1 dell’art. 11 in commento fa riferimento alla rimodulazione dell’obiettivo M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in considerazione della quale vengono poste le disposizioni di tale comma e, in particolare, viene istituito il suddetto fondo di durata trentennale (e, conseguentemente, vengono poste le disposizioni dei successivi commi 2 e 3).
In assenza di informazioni di dettaglio su tale rimodulazione nella relazione tecnica e nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, si ricorda che, nel documento del Governo del 27 luglio 2023, dove si annuncia la proposta di modifica delle modalità attuative per taluni investimenti e alcune riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza - tra cui è presente anche la citata riforma 1.7 concernente gli alloggi per studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti universitari - si rileva che la relativa modifica, in accordo con la Commissione europea, riguarda lo spostamento del citato target M4C1-28 dalla terza alla quarta rata e la sua trasformazione in milestone (traguardo). Inoltre – prosegue il documento governativo - la modifica mira a correggere alcuni errori nel successivo target M4C1-30 (creazione e assegnazione di almeno 60.000 posti letto aggiuntivi entro il 30 giugno 2026). In altra parte del documento ministeriale - in relazione alla predetta riforma 1.7 - si propone di intervenire come segue:
• eliminare il vincolo della camera singola, ripristinando la possibilità di realizzare camere doppie, requisito essenziale per la sostenibilità economica degli investimenti;
• modificare il meccanismo di verifica del target finale, che prevedrà solo il requisito della creazione fisica del posto letto e della disponibilità all’assegnazione entro il 30 giugno 2026;
• forfettizzare l’importo concesso al soggetto attuatore che mette a disposizione un determinato posto letto, lasciando piena libertà rispetto ai quadri economici degli interventi non vincolando le assegnazioni ad una specifica categoria di spesa.
Si propone, inoltre – prosegue tale documento - l’incremento della dotazione della misura per 300 milioni di euro, al fine di concedere un contributo per singolo posto letto di valore più congruo rispetto al mercato attuale (anche alla luce degli importanti aumenti generalizzati dei prezzi su scala globale) e rendere la misura più attrattiva per gli operatori economici.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo in commento, le procedure amministrative relative agli interventi di cui al comma 1, già concluse, ovvero ancora in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto- legge (ossia al 19 ottobre 2023), nonché i connessi pagamenti (la relazione illustrativa specifica “già effettuati e da effettuarsi”) conservano piena validità ed efficacia ad ogni effetto di legge.
A tale proposito si ricorda, in particolare il DM n. 1046 del 26 agosto 2022 (qui il relativo comunicato stampa), modificato dal DM n. 1089 del 15 settembre 2022, con il quale sono stati gestiti 300 milioni di euro previsti dal PNRR per il traguardo della creazione e assegnazione di posti letto aggiuntivi almeno pari a 7.500 entro il 31 dicembre 2022. Successivamente, il decreto-legge n. 144 del 2022 (legge n. 175 del 2022), aggiungendo l’art. 1-bis alla legge n. 338 del 2000, ha disposto – come anticipato - che le risorse previste dalla riforma 1.7 della Missione 4, componente 1, del PNRR, siano destinate, per un importo pari a 660 milioni di euro, all'acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore (art. 25). Si veda anche che il comunicato, in Gazzetta Ufficiale, del 24 novembre 2022.
Il comma 3 dell’articolo in commento, infine, prevede che il Ministero dell’università e della ricerca, entro il 30 giugno 2026, effettui il monitoraggio degli interventi di cui al comma 1 (la relazione tecnica precisa “al fine di aggiornare il fabbisogno”), tenendo conto della quota di alloggi eventualmente riconosciuti ammissibili, da parte della Commissione europea, ai fini del conseguimento del suddetto target M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dandone comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Si ricorda poi che, in attuazione della legge di bilancio 2023 (legge n. 197, del 2022) e, in particolare, dell’art. 1, comma 580, che ha rifinanziato il Fondo di cui all’art. 1, comma 526, della legge n. 178 del 2020, per 4 milioni di euro per l’anno 2023 e per 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024, è stato adottato il decreto ministeriale n. 1224 dell’11 settembre 2023, recante “Disciplina del contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti fuori sede” (qui il relativo comunicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 ottobre 2023).
Il suddetto art. 1, comma 526 della legge n. 178 del 2020 ha previsto l’istituzione di un fondo presso il MUR (cap. 1815) con una dotazione di 15 milioni di euro il 2021, finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti fuori sede residenti in luogo diverso rispetto a quello dove è ubicato l'immobile locato, appartenenti a un nucleo familiare con un indice della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro, i quali non usufruiscono di altri contributi pubblici per l'alloggio. Si
Nel corso dell’esame in sede referente, è stato introdotto un nuovo comma 3-bis. Tale comma consente il trasferimento di immobili, a qualsiasi titolo, anche in corso di costruzione, oggetto di cofinanziamento nell’ambito delle procedure previse dall’articolo 1-bis della legge n. 338 del 2000 (v. sopra), ai Fondi di investimento alternativo (FIA) italiani immobiliari. Il valore di trasferimento dell’immobile deve essere comunicato congiuntamente dal beneficiario del cofinanziamento e dal FIA al Ministero dell'università e della ricerca. Il FIA italiano immobiliare deve inoltre dichiarare esplicitamente di subentrare negli impegni precedentemente assunti dal beneficiario del cofinanziamento. Il MUR, previa verifica della sussistenza dei requisiti per il trasferimento del bene, approva o rigetta l'istanza ricevuta, dandone comunicazione ai soggetti interessati.
La disposizione in esame fa esplicito riferimento ai Fondi di investimento alternativo (FIA) italiani immobiliari previsti dall'art. 1, comma 1, lettera q), del regolamento recante la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi gli Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) italiani (d.m. MEF n. 30 del 2015). Si tratta di fondi e di società di investimento a capitale fisso (c.d. Sicaf) che investono in beni immobili, diritti reali immobiliari, ivi inclusi quelli derivanti da contratti di leasing immobiliare con natura traslativa e da rapporti concessori, partecipazioni in società immobiliari, parti di altri FIA immobiliari, anche esteri. I gestori dei fondi di risparmio alternativi sono soggetti alla disciplina dettata dalla direttiva 2011/61/UE, recepita dal decreto legislativo n. 44 del 2014. Si segnala che i FIA italiani sono soggetti ad obblighi informativi specifici, anche nei confronti degli investitori, dettagliati dall’art. 3 del d.m. n. 30 del 2025 citato.
Si ricorda infine che, sul tema “caro affitti” che coinvolge gli studenti universitari, si è svolta da ultimo, il 18 ottobre 2023, un’interrogazione a risposta immediata presso la VII Commissione cultura della Camera dei deputati (n. 5-01492). Di seguito, il resoconto della seduta e la risposta del Ministro dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini.
Articolo 11, comma 3-ter
(Contributo per la partecipazione italiana al C.E.R.N. e all’A.I.E.A.)
L’articolo 11 comma 3-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, incrementa di un importo pari a 16 milioni di euro per l’anno 2023 il contributo previsto dall’articolo 2, della legge n. 494 del 1965.
A tale proposito si ricorda che la legge n. 494 del 1965 aveva concesso un contributo statale al Comitato nazionale per l'energia nucleare. Tale contributo ammontava a 150 miliardi di lire per il quinquennio 1965-1969 e a 7.500 milioni di lire per il periodo finanziario 1° luglio-31 dicembre 1964.
Si ricorda, inoltre, che il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN) era nato nel 1960 in seguito alla ristrutturazione del preesistente Comitato nazionale per le ricerche nucleari (CNRN). L’ente aveva il compito di promuovere lo sviluppo dell’energia nucleare per usi civili in Italia.
L’articolo in esame, come evidenziato in precedenza, incrementa quindi di un importo pari a 16 milioni di euro, per l’anno 2023, le spese per la partecipazione dell'Italia al Centro europeo di ricerche nucleari (C.E.R.N.) e all'Agenzia internazionale dell'energia atomica (A.I.E.A.).
A tale proposito si ricorda che il C.E.R.N. è l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare ed è caratterizzata dalla presenza del più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. Il laboratorio è situato al confine tra la Francia e la Svizzera.
Alla copertura dell’onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento di parte corrente iscritto nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'università e della ricerca per l'anno 2023.
Articolo 12
(Anticipo investimenti FS)
L’articolo 12 prevede un’anticipazione di cassa per coprire i fabbisogni relativi all’anno 2023 per gli investimenti di RFI, sia relativamente a nuove opere che agli interventi di manutenzione straordinaria.
Le risorse finanziarie stanziate sono pari a 1.000 milioni di euro per l’anno 2023.
In particolare l’articolo in esame incrementa l’autorizzazione di spesa per il finanziamento dell’attuale contratto di programma, parte servizi, tra il Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili e RFI.
A tale riguardo è utile ricordare come con lettera del 23 dicembre 2022, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al Parlamento il nuovo Contratto di programma 2022-2026, Parte Servizi e Parte Investimenti, sottoscritto tra RFI - Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in data 19 dicembre 2022.
Nel nuovo Contratto di programma, in attuazione della Missione 3: "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" del PNRR e in linea con gli indirizzi generali stabiliti nel Documento Strategico di Mobilità Ferroviaria (di seguito: DSMF), particolare attenzione è riservata al tema della sostenibilità ambientale e, in generale, all'obiettivo di conseguire una maggiore efficienza nel servizio di trasporto ferroviario, al fine di disincentivare il ricorso ai mezzi di trasporto privato e maggiormente inquinanti ed ottenere, così, la transizione dalla gomma al ferro (c.d. "cura del ferro").
Tanto premesso, si ricorda che il Contratto di programma, Parte Investimenti, è finalizzato a regolare la programmazione degli investimenti di sviluppo e potenziamento della rete ferroviaria, nonché gli interventi relativi alla sicurezza della rete e al suo adeguamento agli obblighi di legge, in coerenza con gli indirizzi strategici della programmazione economico-finanziaria nazionale e comunitaria, mentre la Parte Servizi disciplina le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete ferroviaria, nonché le attività di Safety, Security e Navigazione.
Nella Parte Servizi del Contratto di Programma è contenuta la disciplina del finanziamento delle attività di gestione e manutenzione straordinaria per la resilienza e la sostenibilità dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
Da ultimo si segnala che la legge di bilancio 2022 stanzia le seguenti risorse a beneficio del Contratto di programma - Parte Servizi:
· 5,1 miliardi di euro in conto investimenti (cap 7122-PG5) con il seguente profilo di cassa:
o 500 milioni di euro per l'anno 2022;
o 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, 2025, 2026;
o 600 milioni di euro per l'anno 2027;
· 5,11 miliardi di euro in conto esercizio (cap 1541), con la seguente articolazione per anni:
o 1.155,56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;
o 965,56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
Articolo 13
(Rifinanziamento della Nuova Sabatini)
L’articolo 13 rifinanzia di 50 milioni di euro per il 2023 la misura a sostegno degli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese, cd. Nuova Sabatini.
Segnatamente, l’articolo 13, al fine di assicurare continuità alle misure di sostegno agli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese attuati ai sensi dell'articolo 2 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013), istitutivo della cd. “Nuova Sabatini”, autorizza la somma di 50 milioni di euro per l’anno 2023. Agli oneri di cui al primo periodo si provvede ai sensi dell’articolo 23 (alla cui scheda di lettura si rinvia).
La "Nuova Sabatini " è una misura istituita dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013). La misura è stata rifinanziata più volte e potenziata, in ragione del forte riscontro del settore produttivo. Costituisce uno dei principali strumenti agevolativi nazionali di sostegno alle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, eccettuati il settore finanziario e assicurativo e le attività connesse all'esportazione e per gli interventi subordinati all'impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione[38].
La nuova Sabatini sostiene l'acquisto, o l'acquisizione in leasing, da parte di micro, piccole e medie imprese (MPMI) di beni strumentali materiali - macchinari, impianti, beni strumentali d'impresa, attrezzature nuovi di fabbrica e hardware - o immateriali (software e tecnologie digitali) a uso produttivo e, in particolare, consente:
· l'accesso a finanziamenti agevolati per gli investimenti in beni strumentali, anche mediante operazioni di leasing finanziario.
Il D.L. n. 34/2019 ha incluso tra i soggetti finanziatori anche gli intermediari finanziari (iscritti all'albo di cui all'art. 106 del TUB) che statutariamente operano nei confronti delle PMI.
Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino all'80% del finanziamento.
Il finanziamento deve essere:
o di durata non superiore a 5 anni
o tra 20.000 euro e i 4 milioni di euro (importo così innalzato dal D.L. n. 34/2019)
o interamente utilizzato per coprire gli investimenti ammissibili.
· l'accesso ad un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in questione, parametrato a un tasso di interesse annuo convenzionalmente assunto e pari al:
o 2,75% per gli investimenti ordinari
o 3,575% per gli investimenti in tecnologie digitali,compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequencyidentification (RFID) e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (investimenti in tecnologie cd. "industria 4.0"). Tale maggiorazione è stata introdotta dalla legge di bilancio 2019 (L. n.160/2019) e successivamente confermata. La Circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823, in attuazione del decreto interministeriale 22 aprile 2022[39]. Ha incluso, tra gli investimenti oggetto della maggiorazione al 3,575%, a decorrere dal 1° gennaio 2023, gli investimenti green, per essi intendendo “l’acquisto, o l’acquisizione nel caso di operazioni di leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale, nell'ambito di programmi finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e/o dei processi produttivi”.
Nella attuale legislatura, la misura (recte: l’autorizzazione di spesa finalizzata al contributo statale in conto impianti, di cui all’articolo 2 comma 8 del D.L. n. 69/2013) è stata rifinanziata dalla legge di bilancio 2023 per 30 milioni di euro per l'anno 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. Inoltre, limitatamente alle iniziative con contratto di finanziamento stipulato dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023, il termine di dodici mesi per l'ultimazione degli investimenti, previsto dalle disposizioni attuative, è prorogato per ulteriori 6 mesi. E' stato conseguentemente prorogato di 6 mesi anche il termine per la trasmissione della richiesta di erogazione, da effettuarsi entro 120 giorni dal termine ultimo previsto per la conclusione dell'investimento (L. n. 197/2022, articolo 1, commi 414-415).
I dati attuativi della misura sono costantemente aggiornati dal Ministero delle imprese e del made in Italy, sul suo sito istituzionale, cui si rinvia.
Si rinvia, altresì, alla Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente (Volume II – Appendice) allegata alla NADEF 2023 (Doc. LVII - n. 1-bis, All. I), pag. 171, che illustra il profilo temporale degli stanziamenti alla misura via via susseguitisi.
Articolo 13-bis
(Disposizioni fiscali per l'industria fonografica)
L’articolo 13-bis, introdotto in sede referente, eleva da 1.200.000 euro a 2.000.000 euro nei tre anni d'imposta l'importo massimo del credito di imposta riconosciuto alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali e alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo.
In particolare, il comma 1, eleva da 1.200.000 euro a 2.000.000 euro nei tre anni d'imposta l'importo massimo del credito di imposta riconosciuto alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali (di cui all'articolo 78 della legge n. 633 del 1941) e alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo dall’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 91 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2013.
Il menzionato articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 91 del 2013 dispone, al fine di agevolare il rilancio del sistema musicale italiano, che, ai fini delle imposte sui redditi, nel limite di spesa di 4,5 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 e fino ad esaurimento delle risorse disponibili, alle imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali di cui all'articolo 78 della legge n. 633 del 1941, e successive modificazioni, ed alle imprese organizzatrici e produttrici di spettacoli di musica dal vivo, esistenti da almeno un anno prima della richiesta di accesso alla misura, è riconosciuto un credito d'imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni fonografiche o videografiche musicali, secondo le modalità di cui al comma 5 del medesimo articolo 7, fino all'importo massimo di 1.200.000 euro nei tre anni d'imposta.
Il comma 2 precisa che l’agevolazione disposta dal comma 1 si applica nei limiti delle risorse appositamente stanziate e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato.
Articolo 13-ter
(Investimenti in materia di innovazione digitale nei settori dell'informazione e dell'editoria)
L’articolo 13-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, contiene alcune disposizioni volte a favorire gli investimenti finalizzati all’innovazione digitale nei settori dell’informazione e dell’editoria con particolare riguardo alle modalità di attribuzione di contributi a favore delle emittenti radiofoniche locali.
In particolare l’articolo in commento, prevede che le disposizioni riguardanti le modalità di attribuzione dei contributi stanziati per le emittenti radiofoniche locali di cui all'articolo 4-bis, del decreto-legge n. 91 del 2018 volte a estendere il regime transitorio anche all'anno 2019 si applicano anche a decorrere dall'anno 2020.
A tale proposito per inquadrare la portata dell’intervento normativo in questione, è utile ricordare come l’articolo 4-bis del decreto-legge sopra citato ha prorogato fino al 2019 il regime transitorio riguardante le modalità di attribuzione dei contributi stanziati per le emittenti radiofoniche locali previsto dal d.P.R. n. 146 del 2017 che ha dato attuazione a quanto previsto dal comma 163 dell'articolo 1, della legge n. 208 del 2015.
Più nel dettaglio la disposizione ha modificato l’ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 4 del d.P.R. n. 146 del 2017, prevedendo che per le domande di contribuzione presentate nel 2019 dalle emittenti radiofoniche di cui alle lettere b) e c) dell’articolo 3 del medesimo decreto (ossia le emittenti radiofoniche operanti in tecnica analogica e in tecnica digitale) si debbano prendere in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nell'esercizio precedente, fermo restando che tale requisito dovrà essere posseduto anche all'atto di presentazione della domanda.
L’articolo 4, comma 3, lettere b) e c) concerne: le emittenti radiofoniche locali legittimamente operanti in tecnica analogica ai sensi dell'articolo 1, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, in possesso dei requisiti indicati dall'articolo 24 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (lettera b); i titolari di autorizzazioni per fornitura di servizi radiofonici in ambito locale non operanti in tecnica analogica, ai sensi della delibera AGCOM n. 664/09/CONS, allegato A, articolo 3, una volta completata la fase di avvio dell'operatività su tutto il territorio nazionale delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale terrestre (lettera c).
Si ricorda che l’articolo 2, comma 4, del d.P.R. n. 146 del 2017 prevede che sono ammesse ad usufruire dei contributi le emittenti radiofoniche che abbiano un numero minimo di 2 dipendenti, in regola con il versamento dei contributi previdenziali sulla base di apposite attestazioni rilasciate dagli enti previdenziali interessati nei trenta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda, occupati con contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato, con almeno un giornalista, disciplinando anche le modalità per prendere in considerazione i lavoratori part-time e quelli con contratto di apprendistato nonché i dipendenti in cassa integrazione, con contratto di solidarietà.
Per tale calcolo il presente requisito prende in considerazione il numero medio dei dipendenti occupati nei due esercizi precedenti, fermo restando che tale requisito deve essere posseduto alla data di presentazione della domanda.
In via transitoria, la norma precisava che per le domande relative agli anni dal 2016 al 2018 si prendesse in considerazione il numero dei dipendenti occupati alla data di presentazione della domanda (sempre fermo restando che tale requisito deve essere posseduto alla data di presentazione della domanda).
L’articolo 4-bis interveniva quindi sul regime transitorio allineando la durata del regime transitorio al progressivo adeguamento delle emittenti al nuovo standard richiesto per l’accesso ai contributi e prevedendo, per le domande presentate nel 2019, un regime intermedio tra quello ordinario (che prevede che debba essere preso in considerazione il numero medio dei dipendenti occupati nei due esercizi precedenti) e il regime transitorio per gli anni 2017 e 2018 (nei quali è preso in considerazione il numero medio di dipendenti occupati alla data della presentazione della domanda).
La disposizione in questione allineava inoltre il regime transitorio previsto per le emittenti radiofoniche a quello previsto dal comma 1 dell’articolo 4 per le emittenti televisive.
Per eventuali approfondimenti in merito al regime di sostegno per le emittenti radiofoniche e televisive locali si rinvia all’apposito tema e al relativo focus di approfondimento.
Articolo 13-quater
(Disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico ricettive e del codice identificativo nazionale)
L’articolo 13-quater – inserito in sede referente – prevede che il Ministero del turismo assegni, tramite apposita procedura automatizzata, un codice identificativo nazionale (CIN) alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche nonché alle locazioni brevi, e alle strutture turistico ricettive alberghiere ed extra alberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano. Il comma 2 impone alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano abbiano attivato delle procedure di attribuzione di specifici codici identificativi alle medesime unità immobiliari e strutture ricettive soggette al CIN, l'automatica ricodificazione come CIN dei codici identificativi assegnati. Il comma 3 specifica che il CIN è assegnato dal Ministero del turismo, previa presentazione in via telematica di un'istanza da parte del locatore ovvero del soggetto titolare della struttura turistico ricettiva. La ricodificazione come CIN e la trasmissione dei codici e dei dati sono assicurate, ai fini dell'inserimento nella banca dati nazionale anche dai comuni che hanno attivato delle procedure di attribuzione di specifici codici identificativi. Il comma 6 prevede il regime sanzionatorio relativo alla violazione delle disposizioni in esame. Il comma 6 prevede una serie di obblighi per i soggetti che concedono in locazione unità immobiliari per finalità turistiche o in locazione breve, per i titolari di strutture turistico ricettive, nonché per coloro che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici. Il comma 7 stabilisce che le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione, per finalità turistiche o per locazioni brevi, gestite in forma imprenditoriale sono munite dei requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente. Il comma 9 prevede un regime sanzionatorio per la violazione delle disposizioni dell’articolo in esame, il quale non trova applicazione se lo stesso fatto è sanzionato dalla normativa regionale (comma 10). Ai sensi del comma 11, alle funzioni di controllo e verifica e all'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 9 provvede il comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico ricettiva o l’unità immobiliare concessa in locazione. Il successivo comma 12 integra tale previsione assegnando, al fine di contrastare l'evasione, all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza il compito di effettuare, con le modalità definite d'intesa, specifiche analisi del rischio orientate, prioritariamente, all'individuazione di soggetti da sottoporre a controllo che concedono in locazione unità immobiliari ad uso abitativo prive del codice identificativo nazionale. Il comma 14 reca una clausola di invarianza finanziaria. Infine, per effetto del comma 15, le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'avviso attestante l'entrata in funzione della banca dati nazionale e del portale telematico del Ministero del turismo per l'assegnazione del CIN.
Il comma 1 dell’articolo 13-quater, inserito nel corso dell’esame in sede referente, prevede che il Ministero del turismo (fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 3):
· assegni, tramite apposita procedura automatizzata, un codice identificativo nazionale (CIN) alle seguenti unità immobiliari e strutture ricettive:
o alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche,
o alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge n. 50 del 2017, e
o alle strutture turistico ricettive alberghiere ed extra alberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano;
· detenga e gestisca la relativa banca dati.
La norma è finalizzata ad assicurare la tutela della concorrenza e della trasparenza del mercato, il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, la sicurezza del territorio e per contrastare forme irregolari di ospitalità.
L’articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017 individua come locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, inclusi quelli che prevedono la prestazione di servizi accessori di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa. La disciplina è applicabile sia nel caso che i contratti vengano stipulati direttamente tra proprietari e locatari, sia nel caso che intervengano soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online. Il comma 2 dispone che sui redditi derivanti dai contratti stipulati a decorrere dal 1° giugno 2017 si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca di cui all’articolo 3, del decreto legislativo n. 23 del 2011, confermando l’applicazione dell’aliquota del 21 per cento in caso di opzione per l'imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca. Sul punto è successivamente intervenuta la legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021) la quale prevede, al comma 595, che il regime fiscale delle locazioni brevi, con effetto dal periodo d'imposta relativo al 2021, sia riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d'imposta. Negli altri casi, a fini di tutela del consumatore e della concorrenza, l'attività di locazione, da chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale. Le suddette disposizioni si applicano anche per i contratti stipulati tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, oppure soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di appartamenti da condurre in locazione.
Il comma 2 impone alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano abbiano attivato delle procedure di attribuzione di specifici codici identificativi alle medesime unità immobiliari e strutture ricettive soggette al CIN, l'automatica ricodificazione come CIN dei codici identificativi assegnati, aggiungendo ai codici regionali e provinciali un prefisso alfanumerico fornito dal Ministero del turismo, e alla trasmissione al medesimo Ministero dei CIN e dei relativi dati in suo possesso inerenti alle medesime strutture turistico ricettive e unità immobiliari locate, ai fini dell'iscrizione nella banca dati nazionale ai sensi dell'articolo 13-quater, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2019. I codici assegnati antecedentemente alla data di entrata in vigore delle norme in esame, devono essere ricodificati e trasmessi nel termine di trenta giorni decorrenti dalla medesima entrata in vigore. In tutti gli altri casi, la ricodificazione e la trasmissione avvengono immediatamente e, comunque, entro sette giorni dall'attribuzione del codice regionale o provinciale.
Il citato articolo 13-quater del decreto-legge n. 34 del 2019 ha previsto, al comma 4, l’istituzione presso il Ministero del turismo di un’apposita banca dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi presenti sul territorio nazionale, identificate secondo un codice alfanumerico, denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza.
Il comma 3 specifica che il CIN è assegnato dal Ministero del turismo, previa presentazione in via telematica di un'istanza da parte del locatore ovvero del soggetto titolare della struttura turistico ricettiva, corredata da una dichiarazione sostitutiva ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 2000, attestante i dati catastali dell'unità immobiliare o della struttura e, per i locatori che le gestiscono nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8, la sussistenza dei requisiti di sicurezza degli impianti di cui al successivo comma 7 (vedi infra).
Con riferimento ai termini per la presentazione dell’istanza, la norma prevede due casi. Il primo (lettera a) del comma 3) riguarda le regioni e le province autonome che non hanno disciplinato le procedure di attribuzione di uno specifico codice regionale o provinciale ovvero le regioni e le province autonome, che hanno già attivato delle banche dati territoriali, che non hanno tuttavia attribuito il codice regionale e provinciale nel termine di conclusione del procedimento previsto dalla propria normativa. In tale ultima ipotesi, l'istanza deve essere presentata nel termine di dieci giorni decorrenti dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Il secondo caso (lettera b) del comma 3) riguarda l’omessa ricodificazione dei codici da parte delle regioni e delle province autonome che hanno già attivato delle banche dati territoriali e l'omessa trasmissione dei codici e dei relativi dati al Ministero del turismo, secondo le modalità e nei termini previsti dal comma 2. In tale ipotesi, l'istanza deve essere presentata, per i titolari di codici regionali o provinciali assegnati antecedentemente all'entrata in vigore dell’articolo in esame, nel termine di sessanta giorni decorrenti da tale data e, per i titolari di codici regionali o provinciali assegnati successivamente all'entrata in vigore del presente articolo, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla data di attribuzione del codice regionale o provinciale.
In tali casi, viene previsto che il Ministero del turismo trasmetta immediatamente il codice così generato agli enti detentori di una banca dati territoriale funzionante e resa interoperabile con la propria banca dati o, comunque, entro sette giorni dalla sua attribuzione.
La ricodificazione come CIN e la trasmissione dei codici sono assicurate, ai fini dell'inserimento nella banca dati nazionale, secondo le modalità e nei termini di cui ai precedenti commi 2 e 3, anche dai comuni che, nell'ambito delle proprie competenze, hanno attivato delle procedure di attribuzione di specifici codici identificativi alle unità immobiliari ad uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche, alle locazioni brevi e alle strutture turistico ricettive alberghiere ed extra alberghiere (comma 4).
Il comma 5 ribadisce che la ricodificazione dei codici identificativi regionali, provinciali o locali assegnati dal giorno successivo all'entrata in vigore dell’articolo in esame, è subordinata all'attestazione dei dati catastali dell'unità immobiliare o della struttura da parte dell'istante e, per i locatori che le gestiscono nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8, alla sussistenza dei requisiti di sicurezza degli impianti di cui al successivo comma 7.
In particolare, per chiunque propone o concede in locazione, per finalità turistiche o in locazione breve, una unità immobiliare ad uso abitativo o una porzione di essa, ovvero per il soggetto titolare di una struttura turistico ricettiva alberghiera o extra alberghiera, viene previsto l’obbligo di esporre il CIN all'esterno dello stabile in cui è collocato l'appartamento o la struttura, assicurando il rispetto di eventuali vincoli urbanistici e paesaggistici, nonché l’indicazione dello stesso in ogni annuncio ovunque pubblicato e comunicato.
Tali soggetti sono tenuti ad osservare gli obblighi previsti dall'articolo 109 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto del 18 giugno 1931, n. 773, e dalle normative regionali e provinciali di settore.
La citata norma prevede che i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonché i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco istituito dalla regione o dalla provincia autonoma, possano dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d'identità o di altro documento idoneo ad attestarne l'identità secondo le norme vigenti. Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente l'esibizione del passaporto o di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purché munito della fotografia del titolare. Entro le ventiquattr'ore successive all'arrivo, i soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a comunicare alle questure territorialmente competenti le generalità delle persone alloggiate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
I soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e i soggetti che gestiscono portali telematici hanno l'obbligo di indicare, negli annunci ovunque pubblicati e comunicati, il CIN dell'unità immobiliare destinata alla locazione per finalità turistiche o alla locazione breve, ovvero della struttura turistico ricettiva alberghiera o extra alberghiera.
Il comma 7 stabilisce che le unità immobiliari ad uso abitativo oggetto di locazione, per finalità turistiche o per locazioni brevi, gestite nelle forme imprenditoriali di cui al comma 8, sono munite dei requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente. In ogni caso, le medesime unità immobiliari devono essere dotate di dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e del monossido di carbonio funzionanti, nonché di estintori portatili a norma di legge da ubicare in posizioni accessibili e visibili, in particolare in prossimità degli accessi e in vicinanza delle aree di maggior pericolo e, in ogni caso, da installarsi in ragione di uno ogni 200 metri quadrati di pavimento, o frazione, con un minimo di un estintore per piano. Per la tipologia di estintori si fa riferimento alle indicazioni contenute al punto 4.4 dell'allegato I al decreto del Ministro dell'interno 3 settembre 2021.
Il comma 8 prevede che chiunque eserciti, direttamente o tramite intermediario, l'attività di locazione per finalità turistiche o per locazioni brevi, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge di bilancio 2021 (vedi supra), è soggetto all'obbligo di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, presso lo sportello unico pelle attività produttive (SUAP) del comune del territorio in cui è svolta l'attività. Nel caso in cui tale attività sia esercitata tramite società, la segnalazione certificata di inizio attività è presentata dal legale rappresentante.
In particolare, il titolare di una struttura turistico ricettiva alberghiera o extra alberghiera priva di CIN, nonché chiunque propone, pubblicizza o concede in locazione, per finalità turistiche o per locazioni brevi, unità immobiliari o porzioni di esse prive di CIN, è punito con la sanzione pecuniaria da 800 a 8.000 euro, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile.
La mancata esposizione e indicazione del CIN (comma 6) da parte dei soggetti obbligati è punita con la sanzione pecuniaria da 500 a 5.000 euro, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile, per ciascuna struttura o unità immobiliare per la quale sia stata accertata la violazione e con la sanzione dell'immediata rimozione dell'annuncio irregolare pubblicato.
Chiunque, nell'esercizio delle forme imprenditoriali di cui al comma 8, concede in locazione unità immobiliari ad uso abitativo, per finalità turistiche o per locazioni brevi, prive dei requisiti di sicurezza degli impianti di cui al comma 7 è punito, in caso di assenza dei requisiti di cui al primo periodo del comma 7, con le sanzioni previste dalla relativa normativa statale o regionale applicabile e, in caso di assenza dei requisiti di cui al secondo periodo del medesimo comma, con la sanzione pecuniaria da 600 a 6.000 euro per ciascuna violazione accertata.
Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, l'esercizio dell'attività di locazione per finalità turistiche o per locazioni brevi, in forma imprenditoriale, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 595, della legge di bilancio 2021, direttamente o tramite intermediario, in assenza della segnalazione certificata di inizio attività (comma 8), è punito con la sanzione pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro, in relazione alle dimensioni della struttura o dell'immobile.
Il citato comma 6 dell’articolo 19 della legge 241 del 1990, che disciplina la SCIA stabilisce che, ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiari o attesti falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 del medesimo articolo 19 è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Il comma 10 stabilisce che il regime sanzionatorio di cui al comma 9 non trova applicazione se lo stesso fatto è sanzionato dalla normativa regionale.
Ai sensi del comma 11, fermo restando quanto previsto dal successivo comma 12, alle funzioni di controllo e verifica e all'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 9 provvede il comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico ricettiva alberghiera o extra alberghiera o l'unità immobiliare concessa in locazione, attraverso gli organi di polizia locale, in conformità alle disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981. I relativi proventi sono incamerati dal medesimo comune e sono destinati a finanziare investimenti per politiche in materia di turismo e interventi concernenti la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.
Il successivo comma 12 integra tale previsione assegnando, al fine di contrastare l'evasione, all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza il compito di effettuare, con le modalità definite d'intesa, specifiche analisi del rischio orientate, prioritariamente, all'individuazione di soggetti da sottoporre a controllo che concedono in locazione unità immobiliari ad uso abitativo prive del codice identificativo nazionale. Ai fini dell’attuazione di tale previsione, la disposizione modifica il comma 4 dell'articolo 13-quater del decreto-legge n. 34 del 2019, prevedendo, che per le esigenze di contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, le informazioni contenute nella banca dati sono rese disponibili all'amministrazione finanziaria e agli enti creditori per le finalità istituzionali (mentre la formulazione vigente prevede che la banca dati sia accessibile ai medesimi soggetti).
Il comma 13 stabilisce che, con decreto del Ministro del turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997 possono essere individuate le modalità di interoperabilità tra le banche dati nazionale e regionali.
Il comma 14 reca una clausola di invarianza finanziaria per cui all'attuazione delle disposizioni in esame si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 13-quinquies
(Misure urgenti di sostegno alle imprese esportatrici)
L’articolo 13-quinquies, inserito nel corso dell’esame in sede referente, estende a favore delle imprese esportatrici colpite dagli eventi alluvionali verificatisi a novembre 2023 la misura prevista dall’articolo 10 del D.L. n. 61/2023, originariamente a favore delle imprese esportatrici colpite dagli eventi alluvionali di maggio scorso, consistente nell’erogazione da parte di SIMEST di contributi a fondo perduto per l’indennizzo dei danni subiti (comma 1). La stessa misura è inoltre estesa a vantaggio delle imprese non direttamente operative sui mercati esteri ma parte di una filiera produttiva a vocazione esportatrice e il cui fatturato derivi, in misura significativa, da fornitura a imprese esportatrici (comma 2). Si prevede poi, a favore delle imprese localizzate nei territori dell’Emilia Romagna colpiti dalle alluvioni del maggio 2023, a cui si applichi l’articolo 10 del D.L. n. 61/2023, l’esenzione fino al 31 dicembre 2024 dall’obbligo di prestare forme di garanzia per accedere a finanziamenti agevolati a valere sul Fondo rotativo istituito a favore delle imprese esportatrici dall’articolo 2 del D.L. n. 251/1981 (comma 3). Il comma 4 precisa che il D.Lgs. n. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro si applica alle attività dei volontari della protezione civile, della Croce Rossa Italiana, del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico e dei vigili del fuoco nei limiti e con le modalità previste dal decreto attuativo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato ai sensi dell’articolo 3, comma 3 del D.Lgs. n. 81/2008. Infine, il comma 5 incrementa il Fondo per le emergenze nazionali di 50 milioni di euro per l’anno 2023.
L’articolo 13-bis, comma 1, estende l’ambito di applicazione della misura di sostegno prevista all’articolo 10 del D.L. n. 61/2023 per l’indennizzo dei danni subiti dalle imprese esportatrici localizzate nelle aree dell’Emilia Romagna colpite dalle alluvioni verificatesi a partire dal 1° maggio 2023.
L’articolo 10 del D.L. n. 61/2023 ha autorizzato la SIMEST all'erogazione di contributi a fondo perduto per l'indennizzo dei comprovati danni diretti subiti dalle imprese esportatrici localizzate nei territori interessati dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 in Emilia Romagna per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza (delibere del 4 maggio 2023 e del 23 maggio 2023), nei limiti della quota dei medesimi danni per la quale non si è avuto accesso ad altre forme di ristoro a carico della finanza pubblica.
Detti contributi non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Inoltre, non sono considerati ai fini dell’applicazione dei limiti previsti dal TUIR per la deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative indistintamente riferibili ad attività o beni produttivi di proventi imputabili a reddito e non.
La norma rinvia ad una o più deliberazioni del Comitato Agevolazioni la definizione delle condizioni, dei termini e delle modalità attuative.
L’articolo 10, comma 3 ha previsto che all’attuazione della misura si provveda nel limite massimo di 300 milioni di euro, a valere sulle giacenze del conto di tesoreria intestato a SIMEST per la gestione del Fondo per la promozione integrata di cui all’articolo 72, comma 1, lett. d), del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020),
In particolare, estende tale misura alle imprese esportatrici, localizzate nei territori interessati dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 2 novembre 2023 per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con delibere del Consiglio dei Ministri del 3 novembre 2023, in relazione ai comprovati danni diretti e subiti in conseguenza dei medesimi eventi.
Si rammenta che il 3 novembre 2023 il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza elle avverse condizioni meteorologiche che, a partire dal giorno 2 novembre 2023, hanno colpito il territorio delle Province di Firenze, Livorno, Pisa, Pistoia e Prato.
Il comma 2 estende la medesima misura alle imprese non direttamente operative sui mercati esteri ma parte di una filiera produttiva a vocazione esportatrice e il cui fatturato, in misura non inferiore alla soglia stabilita con le delibere attuative del Comitato agevolazioni, derivi da comprovate operazioni di fornitura a beneficio di imprese esportatrici. Rinvia, per la definizione dei termini e delle modalità attuative, ad una o più deliberazioni del succitato Comitato agevolazioni.
Il comma 3 esenta, a domanda del richiedente, dalla prestazione di forme di garanzia le domande di finanziamento agevolato a valere sul Fondo rotativo istituito dall’articolo 2 del D.L. n. 251/1981, presentate entro il 31 dicembre 2024 dalle imprese localizzate nei territori dell’Emilia Romagna colpiti dalle alluvioni del maggio 2023, a cui si applichi l’articolo 10 del D.L. n. 61/2023. Si ricorda che detto fondo rotativo è stato istituito con D.L. n. 251/1981 per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in paesi extra-UE, nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia.
Il comma 4 interviene sull’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, la norma precisa che le disposizioni contenute nel suddetto decreto si applicano alle attività dei volontari della protezione civile, della Croce Rossa Italiana, del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico e dei vigili del fuoco nei limiti e con le modalità previste dal decreto attuativo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato – ai sensi dell’articolo 3, comma 3 del D.Lgs. n. 81/2008 – di concerto con il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell'interno, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro.
Il comma 5 incrementa il Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del D.Lgs. n. 1/2018 di 50 milioni di euro per l’anno 2023. A tale onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando:
- L’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze per 11.121.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero delle imprese e del made in Italy per 4.550.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 1.757.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero della giustizia per 2.526.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione e del merito per 200.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero dell’interno per 25.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica per 4.518.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per 4.044.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero dell’università e della ricerca per 8.790.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero della difesa per 5.624.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste per 3.160.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero della cultura per 3.595.000 euro;
- L’accantonamento relativo al Ministero della salute per 90.000 euro.
Articolo 14
(Rifinanziamento Fondo di cui articolo 7-bis, comma 3, del decreto-legge 16 giugno 2022 n. 68 convertito con modificazioni dalla legge 5 agosto 2022 n. 108)
L’articolo 14 prevede un incremento, pari a 150 milioni di euro per l’anno 2023, del Fondo di cui all’articolo 7-bis, comma 3 del decreto-legge n. 68 del 2022 relativo agli eventuali oneri derivanti dalla revoca di concessioni.
A tale riguardo è utile ricordare come il sopra citato articolo 7-bis aveva introdotto una serie di disposizioni in materia di concessioni e infrastrutture stradali con particolare riguardo ad alcuni profili della disciplina della revoca delle concessioni autostradali, istituendo, al contempo, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, un apposito Fondo per il quale era stata prevista una dotazione finanziaria pari a 500 milioni di euro nell’arco temporale dal 2022 al 2024.
L’articolo 7-bis, inoltre, prevedeva che, nel caso di estinzione di una concessione autostradale per inadempimento del concessionario, l’importo dell’indennizzo venisse determinato a seguito di una appropriata verifica delle voci di bilancio mediante l’esecuzione di una asseverazione da parte di una primaria società di revisione.
Si prevedeva, inoltre, che fosse fatto salvo il diritto del concedente al risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento del concessionario. Tale risarcimento avrebbe dovuto essere determinato anche tenendo conto delle risultanze ispettive effettuate dall’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali su richiesta del concedente.
L’articolo 12, pertanto, incrementa il Fondo, sopra descritto, di un importo pari a 150 milioni per l’anno 2023.
Articolo 14-bis
(Disposizioni relative alla gestione delle tratte autostradali A24-A25)
L’articolo 14-bis, introdotto in sede referente, dispone il reintegro della Strada dei Parchi S.p.a. nella concessione della rete autostradale costituita dalle autostrade A24 e A25, e disciplina i termini, le condizioni e le modalità per l’effettuazione del reintegro (commi 1-3 e comma 5, periodi secondo e terzo). Sono inoltre vietate, per l'intero periodo residuo della concessione, ulteriori revisioni del piano economico finanziario (comma 4). E’ inoltre disciplinata la chiusura del contenzioso e la relativa compensazione economica in favore del concessionario (comma 5, primo periodo, e commi 6-8). Viene infine disciplinata la cessazione, dalla data di reintegro, dell’efficacia della disciplina vigente (recata dall’art. 7-ter del D.L. 68/2022) che ha trasferito la gestione delle citate tratte autostradali all’ANAS S.p.A. (commi 9 e 10).
Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame.
Reintegro del concessionario e relative condizioni e modalità (commi 1-3)
Il comma 1 dispone che la Strada dei Parchi S.p.a., di seguito "concessionario", è reintegrata, secondo le modalità e con la decorrenza indicati al comma 5, nella concessione della rete autostradale costituita dalle autostrade A24 e A25, di cui alla convenzione unica del 18 novembre 2009 (di seguito "Convenzione Unica").
Il comma in esame precisa che il reintegro di cui trattasi opera:
· fino alla scadenza naturale della concessione, rideterminata tenendo conto del periodo affidato alla gestione di ANAS S.p.a. ai sensi dell'art. 7-ter, comma 2, del D.L. 68/2022;
· subordinatamente al rispetto delle seguenti condizioni:
a) deposito, presso le sedi competenti, da parte del concessionario, a definitiva e completa tacitazione di ogni diritto e pretesa relativi al rapporto concessorio, degli atti di rinuncia a tutti i giudizi pendenti e alle relative domande, a qualunque titolo dedotte e deducibili, nonché ai giudizi cautelativi connessi, nei confronti del concedente e di ogni altro soggetto pubblico e di ANAS S.p.a., con compensazione delle spese;
b) sottoscrizione da parte del concessionario della dichiarazione di accettare, senza riserve, condizioni o pretese nei confronti di ANAS S.p.a., l'impegno a subentrare nella concessione nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano le infrastrutture autostradali, nonché i beni immobili e immateriali necessari per la gestione e la manutenzione ordinaria delle autostrade A24 e A25, nonché a subentrare nei contratti stipulati da ANAS per la gestione dell'infrastruttura nel periodo tra 1'8 luglio 2022 e la data di reintegro del concessionario determinata ai sensi del comma 5.
Il comma 2 dispone che, entro la data di reintegro del concessionario, la Convenzione Unica è integrata dall'atto aggiuntivo, corredato dal relativo piano economico e finanziario (PEF) asseverato da una primaria società di revisione, sottoscritto dal concessionario.
Lo stesso comma autorizza il concedente a sottoscrivere i predetti atti, che sono approvati per effetto della presente disposizione in deroga alla procedura di cui all’art. 43 del D.L. 201/2011 (che disciplina l’approvazione degli aggiornamenti o delle revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data di entrata in vigore di tale decreto), previa verifica da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) dei seguenti requisiti:
a) il calcolo del valore iniziale della concessione alla data di reintegro del concessionario deve avvenire:
1) secondo i criteri di cui alla convenzione unica del 18 novembre 2009, rettificati sulla base delle prescrizioni e raccomandazioni relative alle modalità di remunerazione del capitale investito e del prezzo della concessione contenute nel parere n. 8 del 31 luglio 2019 dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti, tenuto conto dei dati economico-patrimoniali riportati nei bilanci di esercizio del concessionario nel periodo 2014-2022;
2) detraendo le rettifiche regolatorie al capitale investito apportate dal MIT;
3) detraendo dal valore della concessione determinato ai sensi del punto 1) un importo corrispondente alla somma delle quote di corrispettivo di cui all'articolo 3, comma 3.0, lettera c), della convenzione unica del 18 novembre 2009 e degli ulteriori debiti maturati dal concessionario nei confronti di ANAS S.p.a. e del MIT, con conseguente estinzione delle relative obbligazioni a carico del concessionario;
4) detraendo dal valore della concessione determinato ai sensi del punto 1) l'importo da erogare al concessionario secondo le tempistiche e nei limiti di cui ai commi 6 e 7, a tacitazione di ogni diritto e pretesa relativi al periodo della concessione antecedente al reintegro;
b) per l'intero periodo residuo della concessione restano invariati i livelli tariffari rispetto a quelli applicati al 31 dicembre 2017;
Si ricorda che sulle tratte autostradali in argomento, il pedaggio attuale risulta quello applicato alla data del 31 dicembre 2017 (v. infra).
c) è inserita, nell'ambito del PEF, una spesa annua, a carico del concessionario, per l'intero periodo residuo della concessione, pari a 40 milioni di euro per manutenzioni ordinarie;
d) è fissato, per l'intero periodo residuo della concessione, il tasso di remunerazione indicato nel parere n. 8 del 31 luglio 2019 reso dall'Autorità Regolazione dei Trasporti (ART) in attuazione del punto 17.3 dell’allegato A alla delibera n. 66 del 19 giugno 2019 della medesima Autorità, applicato al valore iniziale della concessione alla data del reintegro, calcolato ai sensi della lettera a);
Nel citato parere dell’ART si fa riferimento a un tasso di remunerazione (WACC) da applicare alle opere da realizzare pari al 7,09%, nonché a un tasso di remunerazione (TIR) da applicare alle opere già realizzate o in corso di realizzazione pari all’8,28%.
e) è determinato l'importo del valore di subentro alla scadenza della concessione, sulla base delle linee di indirizzo della Commissione europea di cui alla Decisione C (2018)2435, tenuto conto dei relativi pareri dell'ART.
Il comma 3 dispone che il MIT provvede alla regolazione, in via definitiva, dell'importo di cui al comma 2, lett. a), numero 3), nei confronti di ANAS S.p.a., nell'ambito delle risorse stanziate per il finanziamento del contratto di programma ANAS dalla legge 197/2022[40], senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, tenuto conto:
a) esclusivamente del valore contabile dei relativi crediti, come certificati nell'ultimo bilancio di esercizio dell'ANAS S.p.a.;
b) dei ricavi da pedaggio complessivamente riscossi da ANAS nel periodo di gestione delle tratte autostradali A24 e A25, al netto di quelli impiegati per i costi di gestione e manutenzione ordinaria;
c) dell'importo di cui all'articolo 7-ter, comma 10, secondo periodo, del D.L. 68/2022;
d) della quota non vincolata di residui passivi iscritti nell'ultimo bilancio di esercizio dell’ANAS S.p.a., comunque non riferibili ad interventi non ancora conclusi e collaudati.
Divieto di revisione del PEF (comma 4)
Il comma 4 dispone che, per l'intero periodo residuo della concessione non sono ammesse ulteriori revisioni del piano economico finanziario (PEF).
Decorrenza del reintegro (comma 5, periodi secondo e terzo)
Il secondo periodo del comma 5 dispone che il termine di conclusione della gestione da parte di ANAS S.p.a. delle tratte autostradali A24 e A25 e il conseguente termine di reintegro del concessionario è individuato entro le ore 00:00 del 1° gennaio 2024, subordinatamente al deposito degli atti di rinuncia di cui al primo periodo (v. infra).
Nel periodo successivo viene stabilito che, nelle more del reintegro, ANAS S.p.A. prosegue nella gestione delle tratte autostradali.
Chiusura del contenzioso e relativa compensazione economica (comma 5, primo periodo, e commi 6-8)
In base al primo periodo del comma 5, il MIT provvede, con il concessionario, alla definizione delle modalità e dei tempi di deposito degli atti di rinuncia di cui al comma 1, lettera a).
Il comma 6 dispone che, in considerazione delle rinunce succitate, è riconosciuto al concessionario un importo di 500 milioni di euro (250 milioni per il 2023 e 250 milioni per il 2024).
A tali fini è autorizzata l'apertura di un conto corrente bancario infruttifero intestato alla Direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali del MIT, sulla quale confluiscono le risorse in questione.
Il comma 7 disciplina la liquidazione delle somme previste dal comma 6 a favore del concessionario, stabilendo che vi si provvede nel rispetto delle seguenti scadenze:
a) quanto a 250 milioni di euro, entro quindici giorni dal reintegro;
b) quanto agli ulteriori 250 milioni, entro il 31 maggio 2024.
Il comma 8 disciplina la copertura degli oneri derivanti dal comma 6, stabilendo che agli stessi si provvede, quanto a 250 milioni di euro per il 2023 e 250 milioni di euro per il 2024, a valere sulle risorse del Fondo di cui all'art. 7-bis, comma 3, del D.L. 68/2022, come integrato dall'articolo 14, comma 1, del presente decreto-legge (si rinvia, in proposito, alla relativa scheda di lettura).
Coordinamento con la disciplina attualmente vigente (commi 9 e 10)
Il comma 9 dispone che, dalla data di reintegro del concessionario, cessano di avere efficacia, subordinatamente al deposito degli atti di rinuncia a tutti i giudizi pendenti e alle relative domande ai sensi del comma 1, le disposizioni recate dai commi 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, terzo periodo, 11 e 12, dell’art. 7-ter del D.L. 68/2022.
Le richiamate disposizioni dell’art. 7-ter, in estrema sintesi, sono volte a disciplinare lo svolgimento, da parte di ANAS S.p.A., delle attività di gestione delle autostrade A24 e A25 che il comma 2 del medesimo articolo ha trasferito ad ANAS.
Il comma 10 modifica il secondo periodo del comma 10 dell’art. 7-ter del D.L. 68/2022 (che ha riconosciuto, per l'anno 2022, un'anticipazione di 60 milioni di euro in favore dell'ANAS S.p.a., disciplinandone la restituzione entro sessanta giorni dal trasferimento della titolarità della concessione relativa all'infrastruttura autostradale costituita dalle autostrade A24 e A25 ad apposita società in house), prevedendo che la restituzione dell’importo citato dovrà avvenire entro 60 giorni dalla retrocessione dell'ANAS dalla gestione della concessione relativa all'infrastruttura stradale costituita dalle autostrade A24 e A25 mediante compensazione con i crediti relativi alle quote di corrispettivo di cui all'articolo 3, comma 3.0, lettera c), della convenzione unica del 18 novembre 2009.
Il comma in esame precisa inoltre che la novella in questione acquista efficacia dalla data di reintegro del concessionario nella concessione autostradale di cui al comma 5.
Il comma 2 dell'art. 16 del D.L. 109/2018 ha previsto una rimodulazione temporale dell'autorizzazione di spesa disposta a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A., al fine di consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017. L'articolo 9-tricies semel del D.L. 123/2019 ha poi disposto la sospensione dell'incremento delle tariffe di pedaggio delle Autostrade A24 e A25 nelle more della rinegoziazione con la società concessionaria delle condizioni della concessione (sospensione poi prorogata fino al 31 dicembre 2021 dall'art. 2, comma 2-bis, del D.L. 121/2021).
Successivamente, l'art. 206 del D.L. 34/2020 ha previsto la nomina di un Commissario straordinario per l'espletamento delle attività finalizzate ad accelerare la messa in sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle Autostrade A24 e A25.
In attuazione di tale disposizione, con il D.P.C.M. 23 marzo 2022 si è provveduto alla nomina di Marco Corsini a Commissario straordinario per la sicurezza antisismica e il ripristino della funzionalità delle citate autostrade.
Si ricorda inoltre che con la sezione II della legge di bilancio 2022 (L. 234/2021) è stato operato il rifinanziamento di opere di ripristino e messa in sicurezza delle tratte autostradali A24 e A25 per 1 miliardo di euro dal 2024 fino al 2030.
Nella relazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti trasmessa alle Camere nel settembre 2023 (Doc. XL, n. 3) viene evidenziato che “2 miliardi di euro, nel periodo 2018-2033, sono stati destinati agli interventi di ripristino e messa in sicurezza della tratta autostradale A24 e A25 Strada dei Parchi a seguito degli eventi sismici del 2009, 2016 e 2017. La gestione dei predetti fondi è stata assegnata al Commissario straordinario ... Al 30 giugno 2023 risultano erogate a favore del Commissario straordinario A24 e A25, sul capitolo 7701 PG 2, risorse per euro 49 milioni”.
Informazioni sull'aumento dei pedaggi e sulla messa in sicurezza delle autostrade A24 e A25 sono state fornite dal Ministro delle infrastrutture nell’informativa urgente resa nella seduta dell'Assemblea della Camera del 4 maggio 2022. Inoltre, nella seduta del 26 aprile 2022, la Commissione Ambiente della Camera ha svolto audizioni sul procedimento di definizione del piano economico finanziario delle tratte autostradali A24 e A25, nel corso delle quali è stata acquisita la documentazione depositata dal Ministero delle infrastrutture e la documentazione depositata da Strada dei Parchi S.p.A.
Ulteriori disposizioni sono state previste dall'art. 7-ter del D.L. 68/2022 (che ha trasposto le disposizioni recate dal D.L. 85/2022, non convertito in legge).
In particolare tale articolo ha previsto (al comma 1) la risoluzione, per grave inadempimento del concessionario, della convenzione unica del 18 novembre 2009 sottoscritta tra l'ANAS S.p.a. e la Strada dei Parchi S.p.a. per la gestione in concessione della rete autostradale costituita dalle autostrade A24 e A25. Il comma 2 del medesimo articolo – al fine di assicurare la continuità della circolazione in condizione di sicurezza, in considerazione della retrocessione al Ministero delle infrastrutture in qualità di concedente delle autostrade A24 e A25 e nelle more del trasferimento della titolarità della concessione di detta rete autostradale ad apposita società in house, e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2023 – ha previsto l’assunzione da parte di ANAS S.p.a., a decorrere dall’8 luglio 2022, della gestione delle tratte autostradali in questione.
In merito a tali disposizioni, in risposta all’interrogazione 3/03079, il rappresentante del Governo ha sottolineato che “in seguito all'informativa sulla gestione del rapporto concessorio per la gestione del collegamento autostradale A24 Roma - L'Aquila - Teramo e del tronco A25 Torano - Pescara da parte della società Strada dei Parchi S.p.A., …, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge n. 85 del 2022 che dà efficacia immediata alla risoluzione per grave inadempimento del concessionario della convenzione unica, sottoscritta il 18 novembre 2009 tra la società ANAS e la società Strada dei Parchi; risoluzione disposta sulla base delle motivazioni del decreto direttoriale 14 giugno 2022, n. 29, approvato con decreto del Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, il successivo 7 luglio 2022. Tale risoluzione tiene conto degli esiti della procedura per grave inadempimento attivata il 28 dicembre 2021 dalla competente Direzione generale del MIMS (oggi Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - MIT, in virtù della ridenominazione operata con l’art. 5 del D.L. 173/2022, n.d.r.), in considerazione delle molteplici criticità riscontrate nella gestione dell'autostrada.
Sempre in merito alla disciplina recata dall’art. 7-ter di cui trattasi, nella risposta all’interrogazione 5/01474, resa nella seduta del 17 ottobre 2023, il rappresentante del Governo ha evidenziato che, con tale disposizione, “la società ANAS è subentrata nella gestione delle tratte autostradali A24 e A25, garantendo la prosecuzione del servizio autostradale e degli interventi di manutenzione e di adeguamento del corpo autostradale. La menzionata norma contempla che la gestione temporanea di ANAS si concluda il 31 dicembre del corrente anno. Il medesimo decreto-legge stabilisce che ANAS provvede a riscuotere le tariffe da pedaggio vigenti alla data del 31 dicembre 2017 e i relativi proventi sono destinati alla copertura dei costi di gestione nonché all'effettuazione degli interventi di manutenzione. Sulle tratte autostradali in argomento, il pedaggio attuale risulta quello applicato alla data del 31 dicembre 2017. Contestualmente, ANAS ha attivato gli interventi di manutenzione ordinaria, subentrando nei contratti in essere con il precedente concessionario. Nel merito, ANAS ha attuato le attività di manutenzione ordinaria dell'infrastruttura impegnando le risorse generate dall'utenza autostradale per il rifacimento della pavimentazione, la riqualificazione delle gallerie, il ripristino degli ammaloramenti corticali dei viadotti e la sistemazione del verde. Al fine di garantire la più ampia partecipazione alla programmazione delle attività di adeguamento dell'autostrada e per favorire una definizione organica e condivisa delle tariffe da pedaggio, il MIT ha attivato lo scorso aprile un Tavolo istituzionale con la partecipazione dei rappresentanti del territorio, con riunioni periodiche. Gli aspetti relativi al complesso degli interventi di adeguamento da porre in essere unitamente ai profili tariffari, nonché le misure di agevolazione per il traffico pendolare, sono, pertanto, attualmente oggetto di valutazione”.
Si ricorda infine che con l’ordinanza del 29 dicembre 2022, il Tar del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione alle disposizioni recate dall’art. 7-ter del D.L. 68/2022.
Articolo 15
(Programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico)
L’articolo 15 rifinanzia di 326 milioni di euro per l’anno 2023 l’autorizzazione di spesa relativa programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico, connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale e realizzati nel contesto dell'Unione europea.
La disposizione, finalizzata ad accelerare la realizzazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale, provvede a rifinanziare l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4 comma 3 della legge n. 266/1997, le cui risorse sono allocate sul capitolo 7421 (Interventi per lo sviluppo delle attività industriali ad alta tecnologia dei settori aeronautico e aereospazio in ambito difesa e sicurezza nazionale) dello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy. Tale autorizzazione è stata oggetto di diversi rifinanziamenti, da ultimo con la sezione seconda della legge di bilancio n. 197/2022, per 20 milioni di euro.
Si ricorda che nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy secondo la legge di bilancio 2023-2025 nel capitolo 7421 sono allocate risorse di competenza per 877,9 milioni di euro nel 2023, 970,9 milioni nel 2024 e 1040,7 milioni nel 2025.
Il rifinanziamento, secondo la relazione tecnica, determina un impatto sul piano delle consegne con conseguenti effetti finanziari diretti in termini di fabbisogno e indebitamento netto.
Alla copertura finanziaria si provvede mediante rinvio all’articolo 23.
Il focus della legge n. 266/1997 è concentrato sulla partecipazione nazionale ai programmi aeronautici europei ad elevato contenuto tecnologico ed è stata a totale carico del Ministero della difesa fino al 2011, mentre, dal 2012, le relative risorse sono state attribuite al Ministero per lo sviluppo economico (ora Ministero delle imprese e del made in Italy) per il finanziamento di programmi aeronautici sovranazionali quali “Efa” (European fighter aircraft), “Tornado” ed “NH 90”.
Si tratta di progetti che si caratterizzano per gli elevati costi di studio e progettazione, per i lunghi periodi di sviluppo, per l’alto rischio e per i loro rendimenti a lungo termine. Considerati gli ingenti oneri correlati ai progetti, che le imprese non sono in grado di sostenere per intero, lo Stato ha ritenuto di intervenire a loro sostegno.
Per quanto riguarda più in particolare il programma Efa, si ricorda che tale programma è l’erede di un progetto risalente agli anni 70 che aveva l’obiettivo di realizzare (inizialmente in tre Paesi - Regno Unito, Francia e Germania) un nuovo velivolo da combattimento multiruolo, in sostituzione di flotte obsolete, tale da competere con i più moderni aerei Usa e Urss. Nacque quindi il progetto “Eca” (European combact fighter) al quale si aggiunsero successivamente l’Italia – che aveva necessità di sostituire i suoi antiquati F104 – e la Spagna.
Nel 1983 la Francia si ritirò dal progetto, volendo realizzare un proprio programma nazionale (Acx Rafale) e fu quindi firmato un nuovo accordo per la realizzazione di un velivolo da difesa europeo “Eurofighter”; la progettualità fu ridenominata Efa, con la partecipazione delle industrie specializzate di quattro Paesi (Italia, Regno Unito, Germania e Spagna); i relativi studi di fattibilità si conclusero nel 1985. Nel 1986 fu firmato il Memorandum of understanding (Mou 1) nel quale si stabilivano le diverse fasi di definizione, sviluppo, industrializzazione, produzione in serie ed infine di supporto in servizio; poi, con le successive integrazioni e modifiche all’accordo, sono stati definiti fasi e principi generali di ripartizione dei costi e del lavoro tra le Nazioni interessate (Fonte: Corte dei conti, Deliberazione 17 ottobre 2018, n. 20/2018/G, Sviluppo tecnologico ed interventi nel settore aeronautico).
Ad oggi, il programma Eurofighter F-2000 Typhoon è senza dubbio il più rilevante programma di cooperazione dell’industria aerospaziale europea nel settore della difesa. Il programma Typhoon sostiene un’ampia base industriale con un livello occupazionale che la Difesa stima in più di 100.000 unità ad altissima specializzazione, sviluppando importanti tecnologie e assicurando una capacità operativa per le Forze Aeree dei Paesi Partner ed Export.
Articolo 15-bis
(Fondo di garanzia PMI)
L’articolo 15-bis, inserito in sede referente, reca la disciplina operativa del Fondo di garanzia PMI per il periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2024, fermo restando il limite massimo di impegni assumibile da parte del Fondo, annualmente fissato in legge di bilancio.
Nel dettaglio, l'articolo 15-bis, al comma 1, dispone che, dal 1 gennaio 2024 fino al 31 dicembre 2024, il Fondo di garanzia per le PMI, fermo restando il limite massimo di impegni annualmente assumibile, fissato dalla legge di bilancio, opera secondo le specifiche modalità, dettagliate nello stesso articolo.
Si tratta di modalità ancora parzialmente derogatorie rispetto alla disciplina ordinaria del Fondo. Si rammenta al riguardo, rinviando per approfondimenti al box in calce alla presente scheda, che, per il Fondo di garanzia per le PMI, attualmente vige, fino al 31 dicembre 2023, una disciplina speciale, straordinaria e temporanea approntata appositamente per potenziare lo strumento ed estenderne la portata, sia per ciò che attiene agli importi garantibili, sia per i beneficiari finali, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia è rientrato, in questo senso, tra le principali misure che sono state utilizzate per controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi provocata dalla pandemia, prima, e dalla crisi energetica, dopo. Nel corso del tempo, l’ampio regime straordinario e speciale approntato nel periodo pandemico, è stato progressivamente ridimensionato, in una logica di un graduale phasing out dal periodo emergenziale, introducendo una ulteriore disciplina transitoria, solo parzialmente ripristinatoria delle sue modalità operative ordinarie.
Secondo la relazione illustrativa all’articolo in esame, in considerazione dell'approssimarsi della scadenza della citata disciplina speciale e transitoria (31 dicembre 2023), è necessario intervenire per delineare la disciplina operativa di un così importante strumento agevolativo, qual è il Fondo di garanzia, applicabile dall'annualità 2024, scongiurando ogni possibile soluzione di continuità.
Ai sensi del comma 1 dell’articolo, l’importo massimo garantito dal Fondo per singola impresa è di 5 milioni di euro (lettera a)).
La garanzia è concessa mediante applicazione del modello di valutazione di cui alla Parte IX delle vigenti Disposizioni Operative (DO) di carattere generale del Fondo, con esclusione dei soggetti rientranti nella fascia 5 del medesimo modello di valutazione.
Secondo la disciplina generale del Fondo, i beneficiari finali sono ammessi all’intervento dello stesso Fondo previa valutazione del merito di credito da parte del Consiglio di gestione. Il modello di valutazione dei beneficiari - fissato dall'art. 3 del D.M. 29 settembre 2015 e dal D.M. 7 dicembre 2016 - individua cinque classi di merito creditizio dei soggetti beneficiari, caratterizzate da una probabilità di inadempimento crescente del prenditore, con l'ultima classe (classe di merito o fascia 5) che definisce l'area di non ammissibilità alla garanzia del Fondo del beneficiario. Si rinvia, per un esame più approfondito, all’apposita pagina del sito istituzionale del Fondo di garanzia PMI.
Rimane comunque salvo quanto previsto dal D.M. 26 aprile 2013, in relazione alle garanzie rilasciate dal Fondo in favore di startup innovative e incubatori certificati. Il decreto ministeriale dispone che, per le operazioni finanziarie riferite a start-up innovative e incubatori certificati, la garanzia del Fondo è concessa senza valutazione dei dati contabili di bilancio dell'impresa o dell'incubatore a condizione che il finanziatore, in relazione all'importo dell'operazione finanziaria, non acquisisca alcun’altra garanzia, reale, assicurativa o bancaria.
La copertura del Fondo è riconosciuta fino alla misura massima del:
· 55 per cento per le operazioni finanziarie riferite alle micro, piccole e medie imprese, rientranti nelle fasce 1 e 2 del modello di valutazione, concesse per il finanziamento di esigenze di liquidità. La suddetta percentuale è elevata al 60 per cento per le operazioni finanziarie riferite a PMI rientranti nelle fasce 3 e 4 del modello di valutazione.
Ai fini della definizione di micro, piccola e media impresa, si richiama la definizione di cui all’Allegato I del Regolamento (UE) n. 651/2014. Ai sensi dell’articolo 2 dell’Allegato, la categoria delle PMI è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. All'interno della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. All'interno della categoria delle PMI, si definisce micro-impresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e che realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.
· 80 per cento nel caso di finanziamento di programmi di investimento, nonché per le operazioni finanziarie riferite a PMI costituite o che abbiano iniziato la propria attività non oltre tre anni prima della richiesta della garanzia del Fondo e non utilmente valutabili sulla base del modello di valutazione;
· 50 per cento, per le operazioni finanziarie aventi ad oggetto investimenti nel capitale di rischio dei soggetti beneficiari finali (lettera b));
· 80 per cento in relazione alle operazioni finanziarie di importo fino a 40 mila euro, ovvero fino a 80 mila euro nel caso di riassicurazione richiesta da garanti autorizzati, nonché in relazione alle operazioni finanziarie di micro credito di importo massimo sino a 50.000 euro. Per tali operazioni, il modello di valutazione di cui alla citata Parte IX, Par. A, delle DO di carattere generale del Fondo, è applicato, ove possibile, esclusivamente ai fini della gestione e presidio dei rischi assunti dal Fondo (lettera c)).
Inoltre, lo stesso comma 1 include, quali soggetti legittimati ad accedere alla garanzia del Fondo, gli enti del terzo settore, purché iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) nonché al Repertorio economico amministrativo (REA) presso il Registro delle imprese, in relazione a operazioni finanziarie di importo non superiore a 60 mila euro, e senza l'applicazione del modello di valutazione di cui alla citata Parte IX delle DO.
Fatto salvo quanto sopra previsto, gli enti del terzo settore, anche se non iscritti al REA, nonché gli enti religiosi civilmente riconosciuti possono accedere alla garanzia del Fondo, se essa è rilasciata interamente a valere su apposita sezione speciale, allo scopo istituita mediante apposito accordo stipulato tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero delle imprese e del made in Italy e il Ministero dell’economia e delle finanze.
Alle risorse apportate alla sezione speciale dall’Amministrazione promotrice possono confluire le somme rivenienti da liberi versamenti operati da fondazioni, enti, associazioni, società o singoli cittadini, da effettuarsi secondo le modalità definite con provvedimento del Ministero dell'Economia e delle Finanze da adottare entro novanta giorni dall’ entrata in vigore della presente disposizione.
Per tutti i soggetti sopra indicati: enti del terzo settore e enti religiosi civilmente riconosciuti, la garanzia del fondo può essere concessa, nei limiti del 5% della dotazione finanziaria annua del medesimo Fondo (lettera d)).
Previa autorizzazione della Commissione europea, prescritta dal comma 8, la garanzia del Fondo può, ai sensi del comma 1, essere concessa, nei limiti del 15 per cento della sua dotazione finanziaria annua, in favore di imprese, cd. “mid-cap” (con un numero di dipendenti, tenuto conto delle relazioni di associazione e di collegamento con altre imprese, non inferiore a 250 e non superiore a 499) oltre che nell’ambito di garanzia su portafogli di finanziamenti, anche in relazione a singole operazioni finanziarie, con esclusione di quelle aventi ad oggetto investimenti nel capitale di rischio.
In favore delle predette imprese, la garanzia del Fondo, ferma restando l'esclusione dei soggetti rientranti nella fascia 5 del modello di valutazione, è riconosciuta fino alla misura massima del 30 per cento per il finanziamento di esigenze di liquidità. La percentuale è innalzata al 40 per cento in caso di operazioni di finanziamento di programmi di investimento nonché per le operazioni finanziarie riferite a imprese di nuova costituzione o che abbiano iniziato la propria attività non oltre tre anni prima della richiesta della garanzia del Fondo (lettera e)).
In relazione alle garanzie rilasciate alle suddette imprese “mid-cap”, i soggetti richiedenti le stesse devono versare al Fondo - secondo le modalità previste dalle vigenti disposizioni di carattere generale dello stesso Fondo- a pena di decadenza, una commissione "una tantum" pari all'l,25 per cento dell'importo garantito (lettera f)).
Mentre, la garanzia del Fondo concessa in favore delle micro-imprese è a titolo gratuito (lettera g)).
La Tabella seguente, rappresenta, in forma schematica, l’attuale regime speciale del Fondo e il nuovo regime del Fondo, sempre transitorio e speciale, parzialmente derogatorio del regime ordinario.
Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese
modalità di funzionamento straordinarie attuali e nuove a confronto
Periodo |
Ammontare massimo garantibile |
% massima |
Commissioni |
Valutazione |
1 luglio 2022 - 31 dicembre 2023 |
5 milioni |
80% per investimenti per tutti, a prescindere dalla fascia 60% per liquidità per imprese in fascia 1 e 2 del modello di valutazione del Fondo 80% per liquidità per imprese rientranti nelle fasce da 3 a 5 del modello di valutazione, nonché per tutte le imprese e operazioni finanziarie cui non si applica il modello di valutazione (start up, start-up innovative, incubatori certificati, micro credito, importo ridotto) Per tutti i casi di cui sopra, la misura della controgaranzia è del 100% della quota dell’importo garantito dal garante autorizzato o pari alla riassicurazione se non autorizzato |
SI, |
|
1 gennaio 2024- 31 dicembre 2024 |
5 milioni |
55% per liquidità per imprese nelle fasce 1 e 2 del modello di valutazione 60% per liquidità per imprese nelle fasce 3 e 4 80% per investimenti, per tutte a prescindere dalla fascia di appartenenza 80% operazioni finanziarie riferite a PMI costituite o che abbiano iniziato la propria attività non oltre tre anni prima della richiesta di garanzia o che non siano utilmente valutabili sulla base del modello di valutazione 80% in relazione alle operazioni finanziarie di importo fino a 40 mila euro, ovvero fino a 80 mila euro nel caso di riassicurazione richiesta da garanti autorizzati, nonché in relazione alle operazioni finanziarie di micro credito di importo massimo sino a 50.000 euro 50% per investimenti nel capitale di rischio dei beneficiari finali SOLO SE AUTORIZZATO DELLA COMMISSIONE UE a favore delle imprese cd. mid-cap (con dipendenti tra 250 e 499) 40% per investimenti nonché per le operazioni riferite alle mid-cap di nuova costituzione o che abbiano iniziato la propria attività non oltre tre anni prima della richiesta della garanzia del Fondo 30% per esigenze di liquidità La garanzia del Fondo può essere concessa entro il 15 % della dotazione finanziaria annua del medesimo |
NO solo per microimprese per mid-cap |
SI, |
Ai sensi del comma 2, per quanto non diversamente disposto, si applicano le condizioni di ammissibilità previste dalla disciplina ordinaria del Fondo (D.M. 6 marzo 2017).
Ai sensi del comma 3, la commissione di mancato perfezionamento delle operazioni finanziarie è dovuta unicamente sulle operazioni di garanzia diretta qualora, in relazione a ciascun richiedente, la percentuale annua delle operazioni finanziarie garantite e non successivamente perfezionate superi la soglia del 5 per cento delle operazioni garantite dal Fondo nel corso dell’anno per il medesimo richiedente.
La commissione non è dovuta sulle operazioni non perfezionate a seguito di rinuncia al finanziamento da parte del beneficiario.
Il comma 4 - modificando l'articolo 15, comma 2, del D.L. n. 73/2021 (L. n. 106/2021) - riduce da 2 milioni a 500 mila euro l'importo minimo dei bond che possono essere inclusi nei portafogli garantibili dal Fondo.
L’articolo 15, citato, al fine di sostenere l'accesso a canali alternativi di finanziamento da parte delle imprese con numero di dipendenti non superiore a 499, ha istituito, nell'ambito del Fondo di garanzia PMI, un'apposita sezione dedicata alla concessione di garanzie su portafogli di obbligazioni, emesse dalle predette imprese a fronte della realizzazione di programmi qualificati di sviluppo aziendale, nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione di tipo tradizionale, sintetico o anche senza segmentazione del portafoglio. Ai sensi del comma 2, ai fini dell'ammissibilità alla garanzia, l'importo delle obbligazioni emesse da ciascuna impresa deve essere compreso tra euro 2 milioni ed euro 8 milioni.
Il comma 5 dispone che le economie derivanti dagli interventi della sezione speciale del Fondo – istituita dall'articolo 56, comma 6, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020) nell’ambito della moratoria sui finanziamenti delle MPMI durante l’epidemia da COVID-19 – siano utilizzate, a decorrere dal 1° gennaio 2024, per il finanziamento dell'operatività generale del Fondo stesso.
Nell’ambito delle misure di sostegno alla liquidità delle imprese durante il periodo pandemico, l’articolo 56 del D.L. n. 18/2020 ha riconosciuto alle micro piccole e medie imprese (MPMI) che avessero autocertificato una carenza di liquidità in seguito all'emergenza da COVID, la possibilità di usufruire di una moratoria ex lege sui finanziamenti contratti. Beneficiarie sono state le MPMI alle quali, al 17 marzo 2020 sono stati accordati mutui, finanziamenti a rimborso rateale, prestiti non rateali, linee di credito e le quali, alla stessa data, non presentavano esposizioni classificabili, come deteriorate. La legge di bilancio 2020 ha esteso l'operatività della moratoria (L. n. 178/2020, art. 1, co. 213). Il regime di aiuto è stato approvato dalla Commissione UE. Inizialmente disposta sino al 30 settembre 2020, la misura è stata prorogata sino al 31 dicembre 2021 (per la sola quota capitale dei finanziamenti), dal D.L. n. 73/2021 (art. 16). Le banche e gli altri finanziatori hanno potuto accedere, su richiesta, ad una garanzia del 33% degli importi, rilasciata da apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI. La sezione, prevista dall’articolo 56, comma 6 del D.L. n. 18, è stata a tal fine inizialmente dotata di 1.730 milioni di euro per il 2020. L'importo è stato successivamente rideterminato in 1.438,4 milioni per il 2020 (ai sensi del D.L. n. 23/2020 e dal D.L. n. 104/2020) e in 300 milioni per il 2021 (ai sensi della Legge di bilancio 2021, L. n. 178/2020, art. 1, co. 254). Circa le modalità operative della sezione speciale, si rinvia al documento pubblicato sul sito internet del Ministero.
Per la medesima finalità, il comma 5 dispone che vengano altresì utilizzate le risorse finanziarie autorizzate dall’articolo 17, comma 1 del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019) per la costituzione della sezione speciale destinata alla concessione, a titolo oneroso, di garanzie su finanziamenti e portafogli di finanziamenti alle PMI e alle imprese cd. mid cap finalizzati per almeno il 60 per cento a investimenti in beni materiali (cd. garanzia sviluppo media impresa). Il citato comma 1, a tale fine, ha stanziato 150 milioni di euro per l'anno 2019. Il comma 1 dell’articolo 17 citato – che non ha mai ricevuto attuazione - viene abrogato dal comma 5 in esame.
La relazione tecnica allegata all’emendamento che ha inserito l’articolo aggiuntivo in esame afferma che le risorse individuate dal comma 5 sono pari a complessivi 1,4 miliardi di euro.
Il comma 6 istituisce un Comitato consultivo composto dal Ministro delle imprese e del made in Italy, dal Ministro dell'economia e delle finanze, nonché dal Presidente della Conferenza delle Regioni o da un suo delegato, da un rappresentante per le associazioni rappresentative delle imprese del settore dell'industria, dell'artigianato, del commercio, dell'agricoltura, della cooperazione e del terzo settore, nonché delle banche, degli operatori di microcredito e dei confidi.
Il Comitato è presieduto dal Ministro delle imprese e del made in Italy e la vicepresidenza spetta al Ministro dell'economia e delle finanze. Il Comitato è convocato anche su impulso del Consiglio di gestione, amministratore del Fondo. Le funzioni di segretario del Comitato sono svolte dal Presidente del Consiglio di gestione. Per la partecipazione al Comitato non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spesa o altri emolumenti comunque denominati. All'attuazione del comma in esame si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Il comma 7, modifica la composizione del Consiglio di gestione del Fondo, sopprimendo dalla sua compagine i due esperti in materia creditizia e di finanza d'impresa, designati, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell'economia e delle finanze su indicazione delle associazioni delle piccole e medie imprese, attualmente previsti.
Conseguentemente, a decorrere dall'entrata in funzione del Comitato consultivo di cui al precedente comma 6, il Consiglio di gestione è composto unicamente dai rappresentanti delle Amministrazioni.
La legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) (articolo 1, comma 48, lett. a)) ha ricompreso il Fondo di garanzia PMI nel Sistema nazionale di garanzia. La norma ha in particolare affidato l’amministrazione del Fondo ad un Consiglio di gestione (in sostituzione del precedente Comitato di amministrazione del Fondo) composto da due rappresentanti del Ministero delle imprese e del made in Italy di cui uno con funzione di presidente, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze con funzione di vice presidente, da un rappresentante del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, da un rappresentante indicato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da due esperti in materia creditizia e di finanza d'impresa, designati, rispettivamente, dal MIMIT e dal MEF su indicazione delle associazioni delle PMI.
Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., ai sensi dell'art. 2, comma 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a garantire la liquidità delle PMI. Con l'intervento del Fondo, l'impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la possibilità di ottenere finanziamenti, senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso.
Il Fondo, in via ordinaria, garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, ad eccezione di alcune rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad es., talune attività finanziarie e assicurative).
Alla disciplina ordinaria del Fondo, si è aggiunta - in ragione della necessità di sostenere le PMI fortemente colpite dagli effetti della crisi pandemica - una disciplina speciale, straordinaria e temporanea approntata appositamente per potenziare lo strumento ed estenderne la portata, per ciò che attiene sia agli importi garantibili, che ai beneficiari finali, nell'ottica di assicurare la necessaria liquidità al tessuto imprenditoriale italiano. Il Fondo di garanzia è rientrato, in questo senso, tra le principali misure che sono state utilizzate per controbilanciare gli effetti socio-economici della crisi provocata dalla pandemia e, anche, dalla crisi energetica.
L'intervento straordinario del Fondo - introdotto in pieno periodo pandemico dall'articolo 13 del D.L. n. 23/2020 e ss. mod. e int. - è stato via via esteso, sino al 30 giugno 2022 (in linea con quanto consentito dalla disciplina europea sugli aiuti di Stato) dalla legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021) articolo 1, comma 54. Contestualmente, la stessa legge di bilancio, all’articolo 1, comma 55, ha ridimensionato l'intervento straordinario del Fondo, in una logica di un graduale phasing out dal periodo emergenziale, introducendo una disciplina transitoria, parzialmente ripristinatoria delle modalità operative ordinarie. Il periodo di operatività di questa disciplina transitoria - inizialmente previsto dal 1 luglio 2022 sino al 31 dicembre 2022 - è stato prorogato di un anno, sino al 31 dicembre 2023 dalla legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022, articolo 1, commi 392-393).
In questo periodo di "phasing out" l'operatività del Fondo è così caratterizzata:
· l'importo massimo garantito per singola impresa è pari a 5 milioni di euro e la garanzia è concessa mediante applicazione del modello di valutazione del merito creditizio dell'impresa, con talune eccezioni. È, infatti, fatta salva l'ammissibilità alla garanzia del Fondo dei soggetti rientranti nella fascia 5 del modello di valutazione di cui alle disposizioni operative del Fondo (D.O. parte IX, lettera A, presenti in allegato al D.M.30 giugno 2023);
· ferme restando le maggiori coperture previste dalla disciplina attuativa del Fondo in relazione a particolari tipologie di soggetti beneficiari, (D.M. 6 marzo 2017), la garanzia del Fondo è concessa:
- per esigenze diverse dal sostegno alla realizzazione di investimenti, nella misura massima dell'80 per cento dell'importo del finanziamento in favore delle imprese rientranti nelle fasce 3, 4 e 5 di cui al modello di valutazione e nella misura massima del 60 per cento in favore di quelle rientranti nelle fasce 1 e 2; in relazione alla riassicurazione, la misura massima del 60 per cento è riferita alla copertura del Fondo rispetto all'importo dell'operazione finanziaria sottostante, come previsto dalla disciplina attuativa del Fondo (art. 7, co. 3, D.M. 6 marzo 2017);
- per il sostegno alla realizzazione di investimenti, nella misura massima dell'80 per cento dell'operazione finanziaria in favore di tutte le imprese, indipendentemente dalla fascia di appartenenza di cui al predetto modello di valutazione.
Fondo garanzia PMI -Finanziamenti garantiti 1 luglio 2022-31 dicembre 2023
Periodo |
Ammontare massimo garantibile |
% massima |
Commissioni |
Valutazione |
1 luglio 2022 - 31 dicembre 2023 |
5 milioni |
80% per investimenti per tutti, a prescindere dalla fascia
60% per liquidità per imprese in fascia 1 e 2 del modello di valutazione del Fondo
80% per liquidità per imprese rientranti nelle fasce 3, 4 e 5 del modello di valutazione,
Per tutti i casi di cui sopra, la misura della controgaranzia è pari al 100% della quota dell’importo garantito dal garante qualora lo stesso sia autorizzato (ai sensi dell’articolo 1, lettera ccc), del D.M. 6 marzo 2017 [41])ovvero pari alla riassicurazione qualora lo stesso non sia autorizzato |
SI |
SI, |
La legge di bilancio 2023 ha poi prorogato - dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 - il termine finale di applicazione del sostegno speciale e temporaneo del Fondo di garanzia alle imprese colpite dagli effetti della crisi ucraina.
Tale sostegno trova disciplina nei commi 55-bis e 55-ter della legge di bilancio 2022, come inseriti dall’articolo 16 del D.L. n. 50/2022 (L. n. 91/2022).
Quanto previsto dai commi in questione trova la sua legittimazione nel Quadro europeo temporaneo di aiuti di Stato a sostegno dell'economia a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina (2022/C 131 I/01). Il quadro, a decorrere dal 9 marzo 2023, è stato sostituito dal nuovo Quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di Stato a seguito dell'aggressione della Russia all'Ucraina. Il nuovo Quadro - approvato il 9 marzo 2023 (qui il testo della Commissione europea 2023/C 101/03). Per quanto qui interessa, per il sostegno alla liquidità sotto forma di garanzie (Sezione 2.2, punti 65-67) il nuovo Quadro conferma il precedente: il sostegno è consentito fino al 31 dicembre 2023.
Come si specifica nel comma 55-bis, per accedere alla garanzia speciale e temporanea del Fondo, le imprese devono dichiarare di avere esigenze di liquidità connesse direttamente o indirettamente all’attuale guerra in Ucraina, quali quelle determinate dall'interruzione delle catene di approvvigionamento ovvero dal rincaro dei prezzi di materie prime e fattori di produzione, dovuti all'applicazione delle misure economiche restrittive adottate a seguito dell'aggressione dell'Ucraina da parte della Russia, comprese le sanzioni imposte dall'Unione europea e dai suoi partner internazionali, così come dalle contromisure adottate dalla Federazione Russa.
In particolare, la garanzia speciale del Fondo opera su finanziamenti individuali, concessi successivamente al 16 luglio 2022, destinati a finalità di investimento o copertura dei costi del capitale di esercizio, e alle seguenti condizioni indicate dal citato comma 55-bis:
1) per la realizzazione di investimenti, la garanzia può essere concessa nella misura massima del 90 per cento, in favore di finanziamenti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di efficientamento o diversificazione della produzione o del consumo energetici[42] (comma 55-bis, n. 1);
2) entro il limite di 5 milioni di euro, per un importo massimo del finanziamento garantito non superiore al maggiore tra i seguenti parametri:
- il 15 per cento del fatturato annuo totale medio degli ultimi tre esercizi conclusi;
- il 50 per cento dei costi sostenuti per l'energia nei dodici mesi precedenti il mese della richiesta di finanziamento inviata dall'impresa beneficiaria al finanziatore (comma 55-bis, n. 2);
3) la garanzia è a titolo gratuito nei confronti delle imprese, localizzate in Italia, che operino in uno o più settori o sotto settori economici particolarmente colpiti, individuati all'allegato I del Temporary Framework, nel rispetto delle condizioni di compatibilità ivi previste e dai pertinenti regolamenti «de minimis» o di esenzione per categoria
· sono escluse dalla garanzia speciale le imprese soggette alle sanzioni adottate dall'UE, specificamente elencate nei provvedimenti che le comminano, nonché le imprese possedute o controllate da persone, entità o organismi oggetto delle sanzioni adottate dall'UE e quelle che operano nei settori industriali oggetto delle sanzioni, nella misura in cui il rilascio della garanzia pregiudichi gli obiettivi delle sanzioni stesse.
Vi sono divieti di cumulo delle garanzie relative allo stesso capitale di prestito sottostante, ai sensi di quanto previsto dal comma 55-ter.
Per le richieste di riassicurazione/controgaranzia sono inoltre previste ulteriori condizioni, specificate nella circolare n. 6/2022 del Gestore.
Fondo garanzia PMI – Sostegno speciale crisi ucraina
Sino 31 dicembre 2023
Periodo |
Ammontare massimo garantibile |
% massima di copertura |
Commissioni |
Sino 31 dicembre 2023 |
5 milioni |
90 % garanzia diretta e 100% per la riassicurazione a condizione che le garanzie rilasciate dai confidi o altri fondi di garanzia non superino la copertura del 90% e che prevedano il pagamento di un premio che tiene conto esclusivamente dei costi amministrativi per finanziamenti finalizzati ad investimenti di efficientamento energetico o alla diversificazione della produzione o del consumo energetici |
Gratuità intervento del Fondo |
La legge di bilancio 2023 ha contestualmente rifinanziato il Fondo di garanzia PMI di 720 milioni di euro per l'anno 2023.
Contestualmente, la legge introdotto disposizioni di carattere strutturale, le quali prevedono che il Fondo di garanzia PMI operi entro il limite massimo di impegni assumibile, fissato annualmente dalla legge di bilancio, sulla base:
· di un Piano annuale di attività, che definisce previsionalmente la tipologia e l'ammontare preventivato degli importi oggetto dei finanziamenti da garantire, suddiviso per aree geografiche, macro-settori e dimensione delle imprese beneficiarie, e le relative stime di perdita attesa;
· del sistema dei limiti di rischio che definisce, in linea con le migliori pratiche del settore bancario e assicurativo, la propensione al rischio del portafoglio delle garanzie del Fondo, tenuto conto dello stock in essere e delle operatività considerate ai fini della redazione del piano annuale di attività, la misura, in termini percentuali ed assoluti, degli accantonamenti prudenziali a copertura dei rischi nonché l'indicazione delle politiche di governo dei rischi e dei processi di riferimento necessari per definirli e attuarli.
Il Consiglio di gestione del Fondo delibera il piano annuale di attività e il sistema dei limiti di rischio che sono approvati, entro il 30 settembre di ciascun anno, su proposta del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS).
Il Piano annuale delle attività e il sistema dei limiti di rischio per l'esercizio finanziario 2023, è stato adottato con delibera CIPESS 27 dicembre 2022, pubblicata in G.U. del 17 marzo 2023.
Si rinvia alla pagina dedicata del sito istituzionale del Fondo di garanzia PMI e alla Comunicazione del Fondo adottata a seguito della proroghe contenute nella legge di bilancio 2023.
Articolo 16, commi 1, 2, 3
(Contributi economici in ambito sportivo per CONI, CIP e FCI)
L’articolo 16 (commi 1, 2 e 3) dispone 3 contributi economici in ambiti e per finalità sportive. Si prevedono, in particolare: 1) l’incremento di 10 milioni di euro nell'anno 2023 del contributo assegnato al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), per le attività connesse alla preparazione olimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Olimpici di Parigi 2024; 2) l’incremento di 3 milioni di euro nell'anno 2023 del contributo assegnato al Comitato italiano paralimpico (CIP) per le attività connesse alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Paralimpici di Parigi 2024; 3) un contributo di 8 milioni di euro per l'anno 2023 in favore della Federazione ciclistica italiana (FCI) al fine di assicurare il completamento della realizzazione di un Velodromo nel comune di Spresiano (provincia di Treviso).
Nel dettaglio, anzitutto, il primo periodo del comma 1 dispone l’incremento di 10 milioni di euro nell'anno 2023 del contributo assegnato al CONI ai sensi dell'art. 1, comma 630, secondo periodo, della L. 145/2018, per le attività connesse alla preparazione olimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Olimpici di Parigi 2024.
Si ricorda che, in base all’art. 1, comma 630, primo periodo, della L. 145/2018, a decorrere dall'anno 2019, il livello di finanziamento del CONI e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. Il secondo periodo – al quale la disposizione commentata fa riferimento incrementando il contributo di 10 milioni per l’anno 2023 – destina le risorse del primo periodo al CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; per una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura di altri oneri. Al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 280 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa.
Qui è disponibile la pagina ufficiale dei Giochi Olimpici di Parigi 2024.
Con previsione simmetrica, il secondo periodo del comma 1 incrementa di 3 milioni di euro nell'anno 2023 il contributo assegnato al CIP, di cui al D.LGS. 43/2017, per le attività connesse alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Paralimpici di Parigi 2024.
All’interno del richiamato D.LGS. 43/2017, l’art. 17, comma 1, dispone che i mezzi finanziari per l'espletamento delle attività del CIP sono stabiliti, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, con decreto dell'autorità di vigilanza, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che determina la parte delle risorse finanziarie, attualmente in disponibilità o attribuite al CONI, da destinare al CIP.
Come riportato dalla pagina dedicata all’amministrazione trasparente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le risorse finanziarie a disposizione del CIP sono state determinate con decreto del MEF del 30 dicembre 2019 per l’anno 2020 e per il triennio 2020-2022 in € 22.000.000. A questi si aggiungono lo stanziamento di cui all’art. 1, comma 408 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, pari a € 769.950, nonché lo stanziamento pari ad € 500.000 autorizzato dall’art. 1 comma 333 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 e lo stanziamento di € 3.000.000 stabilito con l’art. 1. Comma 372 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 per le attività da realizzarsi in accordo con INAIL.
Qui è disponibile la pagina ufficiale dei Giochi Paralimpici di Parigi 2024.
L’ultimo periodo del comma 1, modificato in sede referente, provvede alle coperture degli oneri recati dai primi due periodi, facendo rinvio a quanto previsto dall’art. 23 del decreto-legge in commento, alla cui scheda di lettura dunque si rimanda.
Il comma 2 dispone un contributo di euro 8 milioni per l'anno 2023 in favore della Federazione ciclistica italiana (FCI) al fine di assicurare il completamento della realizzazione di un Velodromo nel comune di Spresiano (provincia di Treviso), di cui all'art. 2, commi 272 e 273, della L. 244/2007. Per le finalità di cui al presente comma il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei ministri procede all'aggiornamento dell'accordo di programma quadro di cui all'art. 1, comma 273, della medesima L. 244/2007.
L’art. 2, comma 272, della L. 244/2007, per la realizzazione degli impianti sportivi e di servizio funzionali allo svolgimento dei campionati del mondo di ciclismo su pista del 2012 in provincia di Treviso, autorizza un contributo quindicennale di 2 milioni di euro a decorrere dal 2008 quale concorso dello Stato agli oneri derivanti dalla contrazione di mutui o altre operazioni finanziarie che la Federazione ciclistica italiana è autorizzata ad effettuare.
Il successivo comma 273 stabilisce che il 95 per cento del contributo quindicennale di cui al comma 272 è destinato alla realizzazione di un velodromo nel territorio della provincia di Treviso, diretto a consentire un adeguato allenamento degli atleti italiani sul territorio nazionale. Ai fini della definizione delle modalità di finanziamento e di realizzazione del velodromo e delle restanti infrastrutture funzionali allo svolgimento della manifestazione sportiva, la Federazione ciclistica italiana stipula un apposito accordo di programma quadro, ai sensi dell'articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con l'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri
Qui è disponibile la pagina ufficiale della FCI dedicata al velodromo di Spresiano, con la documentazione e gli atti relativi al progetto e ai lavori.
Infine, il comma 3 si occupa delle coperture degli oneri derivanti dal comma 2, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2023, ai quali si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri a valere sulle risorse affluite sul proprio bilancio autonomo per effetto dell'art. 10, comma 3, del D.L. 73/2021. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dal primo periodo, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'art. 6, comma 2, del D.L. 154/2008.
Articolo 16, comma 2-bis
(Norme transitorie inerenti all’area sportiva dilettantistica)
Il comma 2-bis – inserito in sede referente – dell’articolo 16 differisce dal 31 dicembre 2023 al 30 giugno 2024 sia il termine di adeguamento alla nuova normativa di settore da parte degli statuti delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche sia il termine entro il quale l’adozione delle medesime modifiche statutarie di adeguamento è esente dall’imposta di registro (lettere a) e b)) e introduce una norma transitoria relativa alle comunicazioni di natura pubblicistica inerenti agli incarichi e ai compensi per i direttori di gara operanti nell’area dilettantistica e per gli altri soggetti che sono preposti a garantire – riguardo al rispetto delle regole o alla rilevazione di tempi e distanze – il regolare svolgimento delle competizioni sportive nella medesima area dilettantistica (lettera c)).
La novella di cui alla lettera a) modifica la norma transitoria in base alla quale le società e associazioni sportive dilettantistiche devono adeguare i propri statuti ai princìpi di cui al capo I del Titolo II del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, e successive modificazioni, entro un determinato termine temporale; la novella differisce quest’ultimo termine dal 31 dicembre 2023 al 30 giugno 2024. Si ricorda che il suddetto capo concerne le associazioni e società sportive dilettantistiche e che, in base alla norma a regime, la mancanza di conformità degli statuti delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche ai criteri previsti – nell’ambito di tale capo – dall’articolo 7, comma 1[43], comporta l’impossibilità di iscrizione delle stesse al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche (o la cancellazione dal medesimo Registro).
La novella di cui alla lettera b) differisce dal 31 dicembre 2023 al 30 giugno 2024 il termine entro il quale le modifiche statutarie in oggetto possono essere adottate in regime di esenzione dall’imposta di registro[44]; resta fermo che l’esenzione è riconosciuta a condizione che le modifiche costituiscano un intervento necessario per adeguare gli statuti alle disposizioni suddette.
La novella di cui alla lettera c) introduce una norma transitoria relativa alle comunicazioni di natura pubblicistica inerenti agli incarichi e ai compensi per i direttori di gara operanti nell’area dilettantistica[45] e per gli altri soggetti che sono preposti a garantire – riguardo al rispetto delle regole o alla rilevazione di tempi e distanze – il regolare svolgimento delle competizioni sportive nella medesima area dilettantistica. La norma transitoria concerne (nella fase in corso di prima applicazione delle norme in esame) le comunicazioni relative al semestre luglio-dicembre 2023; si prevede che esse possano essere rese entro il 30 gennaio 2024 (senza applicazione di alcuna sanzione). Si ricorda che, in base alla norma a regime[46], le comunicazioni in oggetto: sono rese al centro per l’impiego, entro il trentesimo giorno successivo alla scadenza del trimestre solare, con riferimento agli incarichi conferiti, per un ciclo integrato di prestazioni non superiori a trenta, in un arco temporale non superiore a tre mesi; sono inserite, con riferimento agli incarichi e ai relativi compensi, entro dieci giorni dalle singole manifestazioni, all'interno del Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche e sono rese disponibili in tempo reale, per gli ambiti di rispettiva competenza, all'Ispettorato nazionale del lavoro, all’INPS e all'INAIL[47].
Articolo 17
(Incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali)
L’articolo 17 prevede un incremento, nella misura di 10 milioni di euro, della dotazione per il 2023 del Fondo nazionale per le politiche sociali, rinviando per la copertura finanziaria del relativo onere alle disposizioni di cui al successivo articolo 23. L’incremento è inteso a ripristinare[48] l’importo ordinario annuo – pari a 390.925.678 euro – della dotazione del Fondo; l’incremento infatti compensa la riduzione (pari anch’essa a 10 milioni) contemplata, per il medesimo anno 2023, dal D.L. 2 marzo 2023, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 aprile 2023, n. 46.
Il Fondo in oggetto è iscritto nel capitolo 3671 del programma 3.2 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali[49]. Il suddetto programma è stato oggetto di una riduzione, in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa, pari a 10 milioni di euro per il 2023, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, e dell’allegato 1 del suddetto D.L. n. 16 del 2023.
Si ricorda che il riparto annuo del Fondo è operato con decreto ministeriale, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali[50].
Articolo 17-bis
(Proroga dell’accesso al cinque per mille per le Onlus)
L’articolo 17-bis, introdotto in sede referente, è volto a prorogare il periodo di transitorietà per l’applicazione delle disposizioni del cinque per mille dell’IRPEF in favore delle ONLUS, in attesa dell'istituzione e dell’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), spostando l’efficacia delle disposizioni previste a regime a decorrere dal quarto anno successivo a quello di operatività del registro unico nazionale del terzo settore.
La disposizione prolunga altresì di un ulteriore anno, fino al 31 dicembre 2024, il periodo in cui tali organizzazioni continuano ad essere destinatarie della quota del cinque per mille, secondo le modalità stabilite per gli enti del volontariato dalla normativa previgente.
L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, modifica l’articolo 9, comma 6, del decreto-legge n. 228 del 2021 (proroga termini), il quale ha disposto la prima proroga dell’applicazione della nuova disciplina del cinque per mille IRPEF alle ONLUS, in ragione della complessità dell’avvio del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) per tali enti, estendendolo fino al secondo anno successivo a quello di avvio del registro medesimo.
Successivamente, il decreto-legge n. 198 del 2022 (proroga termini) è intervenuto a prorogare ulteriormente il periodo di transitorietà dell’applicazione della nuova disciplina del cinque per mille per le ONLUS, estendendolo fino al terzo anno successivo a quello di avvio del registro medesimo.
Con la disposizione in esame il regime transitorio per le ONLUS viene prorogato di un ulteriore anno, fino al quarto anno successivo all’operatività del RUNTS.
Il richiamato comma 6 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 228 del 2021, come modificato dalla disposizione in esame, dispone, pertanto, che per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), iscritte all'anagrafe delle ONLUS alla data del 22 novembre 2021, le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, che recano l’individuazione degli enti del terzo settore che possono beneficiare dell’istituto del cinque per mille dell’IRPEF, hanno effetto a decorrere dal quarto anno successivo a quello di operatività del registro unico nazionale del terzo settore.
Tali organizzazioni continuano, fino al 31 dicembre 2024, ad essere destinatarie della quota del cinque per mille secondo le modalità stabilite per gli enti del volontariato dalla normativa previgente al decreto legislativo n. 111 del 2017, secondo quanto previsto dal D.P.C.M. del 23 luglio 2020.
La proroga di un ulteriore anno del regime transitorio per le ONLUS, disposta dal comma in esame, è funzionale a garantire il coordinamento delle disposizioni attualmente vigenti che regolano l'istituzione e l’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), al fine di evitare che alcuni enti possano, per il 2024, rimanere esclusi dal riparto del beneficio del 5 per mille, importante fonte di finanziamento per gli enti no profit.
Al riguardo si rammenta che in base al decreto legislativo n. 111 del 2017 e al relativo D.P.C.M. del 23 luglio 2020 di attuazione, dall'anno successivo a quello di operatività del Registro, i destinatari del contributo del cinque per mille saranno gli “enti iscritti nel Registro unico nazionale degli enti del terzo settore”, in sostituzione della categoria "enti del volontariato” prevista dalla normativa previgente (ONLUS, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte nei rispettivi registri, associazioni e fondazioni riconosciute che operano nel settore ONLUS) che risultano beneficiari del 5 per mille in via transitoria, fino all'operatività del Registro.
Infatti, proprio in ragione della complessità dell’avvio del Registro unico nazionale del Terzo settore, il comma 2 dell'articolo 1 del D.P.C.M. 23 luglio 2020 ha precisato l’applicabilità delle nuove disposizioni dall'anno successivo a quello di operatività del Registro.
Fino a tale data, il contributo del 5 per mille continua pertanto ad essere destinato al sostegno degli enti di cui all’articolo 2, comma 4-novies, del decreto-legge n. 40 del 2010, vale a dire: ONLUS, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale (iscritte nei registri nazionale, regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano) e associazioni e fondazioni riconosciute che operano in determinati settori indicati dall’articolo 10, comma 1, lett. a), del decreto legislativo n. 460 del 1997 (quali, assistenza sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica, cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale).
Il prolungamento di un ulteriore anno dell’applicabilità delle vecchie disposizioni sul cinque per mille – cioè fino al quarto anno successivo a quello di operatività del Registro – riguarda le sole ONLUS iscritte all'anagrafe alla data del 22 novembre 2021, perché solo per queste è prevista una particolare procedura per la loro iscrizione nel RUNTS, ai sensi dell'articolo 34 del D.M. n. 106 del 2020.
Si ricorda, infatti, che per le ONLUS l'accesso al RUNTS – diversamente dalle organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale – non avviene attraverso la procedura di “trasmigrazione” automatica, ma è previsto che esse procedano, una volta pubblicato l'elenco, a presentare istanza di iscrizione al RUNTS. Tuttavia, per tali associazioni senza scopo di lucro la possibilità di iscrizione al RUNTS è subordinata, dall'articolo 34 del D.M. n. 106 del 2020, al rilascio dell’autorizzazione della Commissione europea in materia di aiuti di Stato.
L’articolo 34 del Decreto del Ministero del lavoro del 15 settembre 2020, n. 106 – che reca la definizione delle procedure di iscrizione degli enti, delle modalità di deposito degli atti, delle regole per la predisposizione, la tenuta e la conservazione del Registro unico nazionale del Terzo settore – ha rinviato ad un apposito provvedimento l’individuazione del termine entro cui l'Agenzia delle entrate deve comunicare al Registro unico i dati e le informazioni relativi agli enti iscritti nell'anagrafe delle ONLUS di cui all'art. 11 del decreto legislativo n. 460 del 1997 (codice fiscale, denominazione, sede legale, generalità e codice fiscale del rappresentante legale). Tale termine è stato fissato al 23 novembre 2021 dal decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 561 del 26 ottobre 2021. L'elenco degli enti è pubblicato dall'Agenzia delle entrate sul proprio sito istituzionale. Ai fini del perfezionamento dell'iscrizione nel RUNTS, una volta pubblicato l'elenco, le ONLUS sono tenute a presentare apposita istanza all'ufficio del RUNTS territorialmente competente, successivamente all'autorizzazione della Commissione europea.
L’autorizzazione, richiesta nel corso dell’anno 2022, non è stata ancora rilasciata dalla Commissione europea, anche in ragione della notifica delle disposizioni fiscali rientranti nella delega del Governo per la Riforma, sulle quali la stessa Commissione ha richiesto ulteriori specifiche sulle singole misure fiscali e su come andranno ad applicarsi sulle attività degli enti del Terzo settore. Pertanto l’iter è ancora in fase di perfezionamento.
Nei precedenti atti di proroga (decreto-legge n. 198 del 2022) si precisava che, essendo stato il processo di notifica alla Commissione UE delle disposizioni fiscali sottoposte al regime autorizzatorio intrapreso nell’anno 2022 con le disposizioni correttive al Titolo X del Codice del Terzo settore apportate con l’art. 26 del D.L. 21 giugno 2022, n. 73 (legge n. 122 del 2022), una eventuale autorizzazione della medesima Commissione nel corso 2023 avrebbe avuto come conseguenza che il termine entro il quale le Onlus potrebbero fare domanda di iscrizione al RUNTS sarebbe fissato – per quanto sopra evidenziato – al 31 marzo 2024 (periodo di imposta successivo all'autorizzazione).
L’istituto del cinque per mille dell’IRPEF è stato introdotto a titolo sperimentale, per l’anno 2006, dai commi 337-340 dell’art. 1 della legge n. 266/2005, i quali hanno previsto l'istituzione di un apposito Fondo nel quale far confluire una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche da destinare ad una serie di finalità di interesse sociale e di ricerca.
L’istituto è stato poi annualmente confermato, da apposite norme di legge, fino all’anno 2014, ed è stato reso definitivo a partire dall’esercizio 2015, con la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 154, legge n. 194/2014), che ne ha definito il relativo ammontare annuale, da intendersi quale limite massimo di spesa, stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille. Attualmente, le risorse autorizzate per il 5 per mille sono stabilite in 525 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.
La legge di bilancio per il 2015 ne ha inoltre stabilizzato la disciplina, ai sensi dell’articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del D.L. n. 40 del 2010 e del relativo D.P.C.M. di attuazione (D.P.C.M. 23 aprile 2010).
Nel 2017, in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 9, comma 1, lettere c) e d), della legge n. 106 del 2016 (di riforma del Terzo settore) è stato emanato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, finalizzato ad introdurre misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore nonché al completamento della riforma strutturale dell'istituto del cinque per mille dell'IRPEF in favore degli enti del Terzo Settore e all’introduzione, per gli enti beneficiari, di obblighi di pubblicità e di trasparenza sulle risorse ad essi destinate. Esso ha introdotto numerose disposizioni volte, in particolare, alla razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio; alla semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti; alla definizione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate; alla revisione della disciplina sanzionatoria. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.C.M. 23 luglio 2020, che attualmente reca la disciplina attuativa della normativa dell’istituto del cinque per mille dell’IRPEF.
La disciplina dà facoltà al contribuente di scegliere, in sede di dichiarazione dei redditi, di destinare il 5 per mille della propria IRPEF a soggetti che operano in settori di riconosciuto interesse pubblico per finalità di utilità sociale. La scelta del contribuente concorre proporzionalmente a determinare l’entità spettante a ciascun beneficiario, entro il tetto di spesa legislativamente autorizzato.
I contribuenti possono destinare le risorse del cinque per mille alle seguenti finalità:
- sostegno degli enti del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore, di cui all'articolo 46, comma 1, del decreto legislativo n. 111/2017, comprese le cooperative sociali, ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società.
Tale definizione ha sostituito quella precedente, che faceva riferimento alle singole tipologie di enti (organizzazioni di volontariato, ONLUS, associazioni di promozione sociale, associazioni e fondazioni riconosciute, ecc.) che operano nei settori dell’assistenza sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica, cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale. La nuova formulazione risulta peraltro coerente con il nuovo assetto normativo delineato dalla legge n. 106/2016, di riforma del Terzo settore, che presenta una nozione di ente del Terzo settore onnicomprensiva e prevede la riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti del settore, mediante la previsione di un Registro unico nazionale, da istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali[51].
- finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;
- finanziamento della ricerca sanitaria;
- attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;
- sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale;
- dal 2012, finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici (art. 23, comma 46, D.L. n. 98/2011)[52];
- dal 2018, finanziamento degli enti gestori delle aree protette (art. 17-ter, D.L. n. 148/2017)[53].
La normativa prevede obblighi di trasparenza in capo agli enti beneficiari, i quali hanno l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web gli importi percepiti e il rendiconto, dandone comunicazione all’amministrazione erogatrice.
Le risorse per il cinque per mille
A differenza di quanto disposto per il primo anno di applicazione (2006, in cui le somme corrispondenti alla quota del 5 per mille sono state determinate “sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti come risultanti dal rendiconto generale dello Stato”), negli anni successivi è stata introdotta una specifica autorizzazione legislativa di spesa, intesa quale limite massimo di spesa stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille. L’articolo 1, comma 154, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) ha stabilito in 500 milioni di euro annui l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall’anno 2015 (iscritto sul cap. 3094/Ministero dell’economia e delle finanze).
L’articolo 1, comma 720 della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019) ha disposto un incremento delle risorse per il 5 per mille IRPEF, nell’importo di 10 milioni per il 2020, di 20 milioni per il 2021 e di 25 milioni a decorrere dal 2022, portando dunque l’autorizzazione di spesa destinata alla liquidazione della quota del 5 per mille dell’IRPEF a 510 milioni per l’anno 2020, in 520 milioni per l’anno 2021 e in 525 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.
Si segnala che la normativa vigente prevede che le somme iscritte sul capitolo, non impegnate alla chiusura dell’esercizio (31 dicembre), possano essere utilizzate nell’esercizio successivo. La necessità di una tale disposizione - che consente il mantenimento in bilancio delle somme stanziate per il 5 per mille che, secondo la normativa contabile, se non utilizzate, alla chiusura dell’esercizio costituirebbero economie di bilancio - è connessa alla complessa procedura per il riparto delle somme che si svolge di media nell’arco di due anni, in considerazione sia dei tempi necessari per l’esame dei soggetti ammissibili al contributo sia anche i relativi ricorsi che questi possono presentare.
Per quel che concerne le risorse, si rammenta, infine, che la legge 4 agosto 2016, n. 163, di riforma della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, ha introdotto il divieto di utilizzo per la copertura finanziaria delle leggi le risorse del cinque per mille dell’IRPEF che risultino effettivamente utilizzate sulla base delle scelte dei contribuenti, al fine di garantire il rispetto delle scelte espresse dai contribuenti all’atto del prelievo fiscale.
Articolo 17-ter
(Integrazione della composizione del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS per le sedute inerenti alle materie di natura assistenziale in favore delle persone con disabilità)
L’articolo 17-ter – inserito in sede referente – dispone un’integrazione della composizione del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, con riferimento alle sedute aventi ad oggetto l’esame di questioni relative alle materie di natura assistenziale in favore delle persone con disabilità; in base all’integrazione, a tali sedute partecipa, con diritto di voto, un rappresentante scelto (di intesa tra di esse) dalle seguenti quattro associazioni di categoria: Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili (Anmic); Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI); Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordi (ENS); Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali (ANFFAS)[54]. Il medesimo articolo provvede altresì alla quantificazione dell’onere finanziario derivante dall’integrazione suddetta e alla copertura dello stesso.
Si ricorda che il consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS[55]: definisce i programmi e gli obiettivi strategici pluriennali, individua le linee di indirizzo dell'ente ed esercita la vigilanza sulla realizzazione degli obiettivi e sulla corretta ed economica gestione delle risorse; approva in via definitiva il bilancio preventivo e il conto consuntivo, nonché i piani pluriennali e i criteri generali dei piani di investimento e disinvestimento, entro sessanta giorni dalla deliberazione del consiglio di amministrazione.
In base alla disciplina vigente, il consiglio dell'INPS è composto da[56]:
- ventiquattro membri, dei quali la metà in rappresentanza delle confederazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative sul piano nazionale e la restante metà ripartita tra le organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi, secondo criteri che tengano conto delle esigenze di rappresentatività e degli interessi sottostanti alle funzioni istituzionali dell’ente;
- due membri designati in rappresentanza delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della categoria dei giornalisti.
Riguardo alla composizione attuale, cfr. la seguente url https://www.inps.it/it/it/l-istituto/organi-istituzionali/consiglio-di-indirizzo-e-vigilanza--civ.html.
L’onere finanziario derivante dall’integrazione della composizione in esame viene quantificato dal medesimo articolo 17-ter in 27.539 euro annui, a decorrere dal 2024. All’onere si fa fronte a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio dell’INPS nonché, per la compensazione degli effetti finanziari (quantificati al netto delle maggiori entrate fiscali) in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, mediante riduzione, nella misura di 14.183 euro annui, a decorrere dal 2024, del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali[57].
Articolo 18
(Disposizioni inerenti ai lavoratori a tempo parziale ciclico)
L’articolo 18 precisa a quali lavoratori debba intendersi riferito il riconoscimento dell’indennità una tantum, per l’anno 2022, prevista a favore dei lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale nell’anno 2021.
Dispone inoltre, per l’anno 2023, il riconoscimento, a determinate condizioni, di un’indennità una tantum pari a 550 euro in favore di lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico nell’anno 2022, che preveda periodi non interamente lavorati di almeno un mese in via continuativa, e complessivamente non inferiori a 7 settimane e non superiori a 20 settimane, dovuti a sospensione ciclica della prestazione lavorativa.
Nel dettaglio, il comma 1 dispone che il riconoscimento, per l’anno 2022, dell’indennità una tantum prevista dall’articolo 2-bis, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 (c.d. decreto Aiuti), pari a 550 euro, a favore dei lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale[58] nell’anno 2021, debba intendersi riferito ai lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un rapporto di lavoro a tempo parziale che prevede periodi non interamente lavorati di almeno un mese in via continuativa, e complessivamente non inferiori a 7 settimane e non superiori a 20 settimane, dovuti a sospensione ciclica della prestazione lavorativa.
Come precisato dalla circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023, ai fini dell’accesso a tale indennità, il requisito di cui sopra si intende soddisfatto qualora il lavoratore - nell’alternanza dei periodi di lavoro e non lavoro riferiti al citato contratto dell’anno 2021 - possa fare valere un periodo continuativo di non lavoro di almeno un mese[59] e nel complesso un periodo di non lavoro non inferiore a sette settimane e non superiore a venti settimane.
Si precisa inoltre che la richiamata disposizione di cui all’articolo 2-bis, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, prevede che, per l’accesso al beneficio, detti lavoratori non devono essere, alla data di presentazione della domanda, titolari di un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato - diverso da quello a tempo parziale ciclico verticale - né percepire la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)[60] o alcun trattamento pensionistico[61]. L’indennità è invece cumulabile con l'assegno ordinario di invalidità, può essere riconosciuta una sola volta al medesimo lavoratore ed è erogata dall’INPS a domanda[62].
L’indennità prevista non concorre alla formazione del reddito ai fini del calcolo dell’IRPEF.
La disposizione poi stabilisce un limite di spesa complessivo a carico della finanza pubblica di 30 milioni di euro, incarica l’INPS della corresponsione dell’indennità e demanda, inoltre, all’INPS la determinazione dei tempi e delle modalità di erogazione, il monitoraggio del rispetto del limite di spesa e la comunicazione dei risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Al verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa di 30 milioni di euro, non sono adottati altri provvedimenti di concessione dell'indennità.
Il comma 3 del citato articolo 2-bis prevede che agli oneri derivanti da tale articolo in esame si provveda a valere sul Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale di cui all’articolo 1, comma 971, della legge n. 234/2021 (Legge di bilancio 2022).
Detto fondo, con dotazione pari a 30 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023, è stato istituito al fine di introdurre nell'ordinamento un sostegno economico in favore dei lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale.
Il comma 2 prevede il riconoscimento, per l’anno 2023, di un’indennità una tantum, pari a 550 euro, ai lavoratori dipendenti di aziende private titolari nel 2022 di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico, che preveda periodi non interamente lavorati di almeno un mese in via continuativa e complessivamente non inferiori alle 7 e non superiori alle 20 settimane.
Analogamente a quanto previsto per l’indennità di cui al comma 1, per l’accesso al beneficio detti lavoratori non devono essere, alla data della domanda, titolari di un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato né percepire la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) o alcun trattamento pensionistico e l’indennità può essere riconosciuta una sola volta al medesimo lavoratore.
Il comma 3 precisa che l’indennità prevista non concorre alla formazione del reddito ai fini del calcolo dell’IRPEF. La disposizione stabilisce un limite di spesa complessivo a carico della finanza pubblica di 30 milioni di euro per il 2023. L’INPS, incaricata della corresponsione dell’indennità, provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e alla comunicazione dei risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Al verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa di 30 milioni di euro, non sono adottati altri provvedimenti di concessione dell'indennità.
Come precisato nella Relazione Tecnica, le attività disciplinate dal comma 3 rientrano nei compiti istituzionali dell’INPS e possono essere svolte con le dotazioni umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma 4 quantifica gli oneri della misura di cui al comma 3 e reca la copertura finanziaria, prevedendo che a tali oneri si provveda a valere sul Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale di cui all’articolo 1, comma 971, della legge n. 234/2021 (Legge di bilancio 2022).
Il richiamato comma 971 istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part time ciclico verticale, con una dotazione, che costituisce limite di spesa, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
L’istituzione del richiamato Fondo, come rilevato, è finalizzata a introdurre nell'ordinamento un sostegno economico in favore dei suddetti lavoratori, titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale.
Si ricorda infine che, con riferimento al contratto di lavoro a part time verticale ciclico (o multi-periodale) – in cui la prestazione lavorativa si articola solo su alcuni giorni del mese o su alcuni mesi dell'anno – la legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020, art. 1, comma 350), recependo un indirizzo giurisprudenziale costante, ha incluso anche le settimane non interessate da attività lavorativa nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico per i titolari di contratti a part time ciclico verticale.
Come specificato nella Relazione Tecnica, la disposizione esaurisce i suoi effetti nell’anno in corso, atteso che l’INPS ha confermato che gli effetti finanziari sono previsti per il solo anno 2023.
Articolo 18-bis
(Proroghe in materia di lavoro agile)
L’articolo 18-bis – inserito in sede referente – proroga dal 31 dicembre 2023 al 31 marzo 2024 alcune disposizioni transitorie[63] in materia di lavoro agile, relative sia al diritto di alcuni lavoratori al ricorso a tale istituto sia alla possibilità di svolgimento della prestazione in modalità agile anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente.
Più in particolare, la norma transitoria sul diritto allo svolgimento della prestazione in modalità agile – diritto subordinato alla condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione – riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano almeno un figlio minore di anni 14 – a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa, e che non vi sia genitore non lavoratore –[64].
La proroga concerne inoltre, come accennato, la disposizione secondo cui la prestazione in modalità agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente. Si ricorda che, per i dipendenti pubblici, un'altra fonte legislativa[65] esplicita che, in tali casi, non si applica il principio, posto dalla disciplina sul lavoro agile, della responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza e il buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Articolo 19
(Disposizioni transitorie in materia di reddito di cittadinanza)
L’articolo 19 è volto a posticipare al 30 novembre 2023 il termine - originariamente fissato al 31 ottobre 2023 - entro il quale i servizi sociali devono comunicare all’INPS l'avvenuta presa in carico, prima della scadenza del limite massimo di mensilità erogabili, dei percettori del Reddito di cittadinanza, che non sono attivabili al lavoro. Si dispone, inoltre, che, in assenza di tale comunicazione, l'erogazione è sospesa, una volta decorso il predetto termine del 30 novembre 2023.
La disposizione prevede, infine, che, nelle more della presa in carico da parte dei servizi sociali, il limite temporale delle sette mensilità per l’erogazione del reddito di cittadinanza non si applica ai nuclei familiari, che, in ragione delle loro caratteristiche, sono stati comunque trasmessi ai servizi sociali per la presa in carico, ferma restando la comunicazione della effettiva presa in carico entro il citato termine del 30 novembre 2023.
Nel dettaglio, l’articolo reca, in particolare, alcune novelle all’articolo 1, comma 313, della legge di bilancio per l’anno finanziario 2023.
Deve preliminarmente ricordarsi che la legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) ha introdotto, nei commi 313-321 dell’articolo 1, modifiche alla disciplina del reddito di cittadinanza con riferimento all’anno 2023, in vista della soppressione definitiva di tale istituto a partire dall’anno 2024, nell’ambito di una più ampia riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva.
Con particolare riferimento al comma 313 - qui novellato -, si fa presente che esso, nella sua formulazione originaria, si limitava a prevedere che, dal 1° gennaio 2023, la misura del reddito di cittadinanza fosse riconosciuta nel limite massimo di sette mensilità. Si rammenta, che prima di tale data, il beneficio era riconosciuto per un periodo massimo di diciotto mesi, rinnovabile, previa sospensione dell’erogazione del medesimo per un mese.
Il comma 313 è stato successivamente novellato, attraverso modifiche introdotte con l’articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023.
In particolare, con tali modifiche si è previsto che il limite massimo di fruizione del reddito di cittadinanza previsto per il 2023 e pari a sette mensilità non si applichi ai percettori del Reddito di cittadinanza che, prima della scadenza dei sette mesi, siano stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro, fermo restando che tale beneficio può essere goduto sino al 31 dicembre 2023. In tale ultimo caso, ai fini del prosieguo della percezione del reddito di cittadinanza fino al suddetto termine del 31 dicembre 2023, i servizi sociali comunicano l’avvenuta presa in carico all’INPS, tramite la piattaforma Gepi[66], entro il suddetto termine di sette mesi, e comunque non oltre il 31 ottobre 2023 (termine modificato con la novella in commento). Si specifica altresì che, in assenza di tale comunicazione entro il suddetto termine di sette mesi, l'erogazione del beneficio è sospesa e può essere riattivata, ricomprendendo le mensilità sospese, solo in esito all'avvenuta comunicazione, fermo restando il predetto termine del 31 ottobre 2023 (periodo anch’esso novellato ai sensi della disposizione in esame).
La disposizione qui in commento ha apportato ulteriori modifiche al predetto comma 313 della legge di bilancio per l’anno finanziario 2023.
In primo luogo, nel modificare il terzo periodo del richiamato comma dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2023, essa stabilisce che - nei casi in cui i percettori del reddito di cittadinanza che, prima della scadenza del limite massimo di sette mensilità erogabili, sono stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro -, ai fini del prosieguo della percezione di tale beneficio economico fino al 31 dicembre 2023, i servizi sociali debbano comunicare all'INPS, tramite la piattaforma GePI, l'avvenuta presa in carico, non più entro il 31 ottobre 2023, bensì entro il 30 novembre 2023.
Con l’ulteriore novella recata al quarto periodo del comma 313 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2023, si prevede la sospensione dell’erogazione, in assenza di questa comunicazione, una volta trascorso il citato termine del 30 novembre 2023.
L’ultima novella - che consiste nell’aggiunta di un ulteriore periodo dopo il quarto al citato comma 313 – dispone che il limite temporale delle sette mensilità per l’erogazione del reddito di cittadinanza, nelle more della presa in carico da parte dei servizi sociali, non si applica ai nuclei familiari che, in ragione delle loro caratteristiche, sono stati comunque trasmessi ai servizi sociali per la presa in carico. Resta comunque ferma la comunicazione della effettiva presa in carico entro il 30 novembre 2023. Si valuti l’opportunità di specificare le caratteristiche in ragione delle quali i nuclei familiari sono trasmessi ai servizi sociali, anche ai fini di un coordinamento con il successivo comma 314.
Si rammenta, al riguardo, che il comma 314 prevede che il limite massimo di sette mensilità - fermo restando il limite di fruizione del beneficio entro il 31 dicembre 2023 - non si applichi in caso di nuclei familiari, al cui interno vi siano persone con disabilità, come definite ai sensi del regolamento di cui al DPCM n. 159 del 2013, minorenni o persone con almeno sessant'anni di età.
La relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che la disposizione in commento non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; ciò in considerazione del fatto che la relazione tecnica del decreto-legge n. 48 del 2023 già considera tutti i possibili aventi diritto al reddito di cittadinanza, indipendentemente dal limite temporale originariamente previsto, compresi tutti i soggetti comunque indirizzati ai Comuni per la presa in carico da parte dei servizi sociali.
Articolo 20
(Misure per le scuole dell'infanzia paritarie)
L’articolo 20, composto di un solo comma, incrementa, per il 2023, di 50 milioni di euro il contributo aggiuntivo già assegnato alle scuole dell'infanzia paritarie per il 2022 e pari a 20 milioni di euro. Esso rinvia quindi all'articolo 23 del provvedimento in esame per la copertura dei relativi oneri.
Come sopra segnalato, l’articolo 20, composto di un solo comma, incrementa, per il 2023, di 50 milioni di euro il contributo aggiuntivo già assegnato alle scuole dell'infanzia paritarie per il 2022 e pari a 20 milioni di euro. Esso rinvia quindi all'articolo 23 del provvedimento in esame per la copertura dei relativi oneri.
L’articolo in esame rinvia inoltre espressamente all'articolo 1, comma 328 della legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021), il quale ha disposto l’assegnazione alle scuole dell'infanzia paritarie di un contributo aggiuntivo, per il 2022, pari a 20 milioni di euro, le cui modalità e criteri di riparto avrebbero dovuto essere definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro trenta giorni dal 1° gennaio 2022 (data di entrata in vigore della stessa legge).
In attuazione di tale disposizione, il DM n. 21 del 14 febbraio 2023 ha disciplinato le modalità e i criteri di riparto dei contributi destinati alle scuole dell’infanzia paritarie, per l’anno scolastico 2022/2023. In particolare, esso prevede che le risorse finanziarie, stanziate per l’esercizio finanziario 2023, sul capitolo 1477 - piano gestionale 9 - Contributo a favore delle scuole dell’infanzia paritarie, pari a 20 milioni di euro, sono ripartite tra gli Uffici scolastici regionali, compresa la Regione autonoma della Valle d’Aosta, in proporzione al numero degli allievi delle istituzioni scolastiche paritarie dell’infanzia di ciascuna regione, sulla base dei dati presenti al sistema informativo del Ministero dell’istruzione e del merito. Gli Uffici scolastici regionali e la Regione autonoma della Valle d’Aosta provvedono alla successiva ripartizione dei contributi a favore delle scuole dell’infanzia paritarie di ciascuna regione. Il Direttore generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione provvede, con appositi decreti, ad assegnare agli Uffici scolastici
regionali e alla Regione autonoma della Valle d’Aosta lo stanziamento di euro 20 milioni, iscritto nel bilancio di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito sul citato capitolo 1477, piano gestionale 9. I Direttori generali degli Uffici scolastici regionali e la Regione autonoma della Valle d’Aosta
predispongono un piano di riparto regionale delle suddette risorse in favore delle scuole paritarie dell’infanzia in proporzione al numero di allievi frequentanti nell’anno scolastico 2022/2023.
Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 1 della L. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali (co. 1). Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate dai requisiti di qualità ed efficacia disciplinati dai commi 4, 5 e 6 dell’articolo in questione (co. 2).
Con particolare riferimento ai contributi statali, si ricorda che l’art. 1, co. 636, della L. 296/2006 ha disposto che il Ministro dell’istruzione definisce annualmente, con apposito decreto, i criteri e i parametri per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie e, in via prioritaria, a quelle che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro e che comunque non sono legate con società aventi fini di lucro o da queste controllate. In tale ambito i contributi sono assegnati secondo il seguente ordine di priorità: scuole dell'infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado.
Le risorse sono allocate sul cap. 1477/pg 1 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito.
Successivamente, l’art. 1-quinquies, co. 1, del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – come modificato dall’art. 1, co. 616, della L. 232/2016 – ha disposto la corresponsione di uno specifico contributo alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità, nel limite di spesa di € 23,4 mln annui a decorrere dal 2017. Ha, altresì, disposto che il contributo è ripartito secondo modalità e criteri definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, tenendo conto, per ciascuna scuola paritaria, del numero degli alunni con disabilità accolti e della percentuale di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli alunni frequentanti.
Ancora dopo, l’art. 1, co. 335, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato di € 12,5 mln per il 2020 il contributo di cui all’art. 1-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), destinando l’incremento alle scuole dell’infanzia paritarie.
Inoltre, l’art. 1, co. 514, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) ha incrementato il contributo di cui all’art. 1-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) di € 70 mln per il 2021.
Le risorse sono allocate sul cap. 1477/pg 2 dello stato di previsione dello stesso Ministero dell’istruzione e del merito.
Ulteriori risorse sono state attribuite alle scuole paritarie a seguito dell’emergenza da COVID-19. In particolare, l’art. 233, co. 3 e 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha autorizzato, tra l’altro, la spesa di € 165 mln per il 2020 a favore dei soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi per l’infanzia[67] e delle scuole per l'infanzia non statali e di € 120 mln nel 2020 a favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, quale sostegno economico a fronte della riduzione o del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza.
Successivamente, l’art. 58, co. 5, del D.L. 73/2021 (L. 106/2021) ha disposto che, al fine di contenere il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell’a.s. 2021/2022, alle scuole primarie e secondarie paritarie doveva essere erogato un contributo complessivo di € 60 mln nel 2021, di cui € 10 mln a favore delle scuole dell'infanzia. In base al medesimo co. 5 le risorse dovevano essere erogate a condizione che le istituzioni scolastiche paritarie pubblicassero nel proprio sito, entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge: l’organizzazione interna, con particolare riferimento all’articolazione degli uffici e all’organigramma; le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza, compresi gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, il curriculum vitae e il compenso erogato; il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute, con particolare riferimento ai dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo, nonché i tassi di assenza; i dati relativi al personale in servizio con contratto di lavoro non a tempo indeterminato; i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo; le informazioni relative ai beni immobili e gli atti di gestione del patrimonio. In base al co. 5-bis, la mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione comporta la revoca dell’erogazione del contributo.
Il DM n. 20 del 14 febbraio 2023 ha stabilito i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie di ogni ordine e grado per l’a.s. 2022/2023.
In base alla L. 129/2023 (Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2023), il capitolo 1477 dello stato di previsione del MIM evidenzia disponibilità complessive pari a € 656,3 mln in conto competenza e cassa per il 2023.
Articolo 20-bis
(Misure urgenti in materia di istruzione)
L’articolo 20-bis, inserito nel corso dell’esame in sede referente con l’approvazione dell’emendamento 20.0.29 (testo 4), al comma 1 autorizza le istituzioni scolastiche impegnate nell'attuazione degli interventi PNRR ad attingere agli incarichi temporanei del personale amministrativo e tecnico già attivati per lo svolgimento di attività di supporto tecnico, finalizzate alla realizzazione dei progetti finanziati dal PNRR di cui hanno la diretta responsabilità in qualità di soggetti attuatori, nonché agli incarichi temporanei di personale ATA già attivati per contrastare la dispersione scolastica e ridurre i divari territoriali e negli apprendimenti in alcune regioni. Il comma 2, al fine di semplificare la procedura concorsuale per il reclutamento dei dirigenti scolastici, espunge la disposizione che attualmente prevede anche la partecipazione dei Ministri dell'università e della ricerca, per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze all’emanazione del relativo bando di concorso, che spetta ora al solo Ministero dell'istruzione e del merito.
Comma 1 - Incarichi temporanei di personale ATA nell’ambito degli
organici PNRR
Al riguardo, si fa presente che il comma 4-bis dell’articolo 21 in questione ha previsto che le istituzioni scolastiche impegnate nell'attuazione degli interventi PNRR possono attingere alle graduatorie d'istituto per lo svolgimento di attività di supporto tecnico, finalizzate alla realizzazione dei progetti finanziati dal PNRR di cui hanno la diretta responsabilità in qualità di soggetti attuatori. A tal fine, le istituzioni scolastiche sono state autorizzate, nei limiti delle risorse ripartite del fondo di cui di seguito, ad attivare incarichi temporanei di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) a tempo determinato fino alla data del 31 dicembre 2023. Per le predette finalità è stato quindi istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito un fondo, con la consistenza iniziale di 50 milioni di euro per il 2023, da ripartire tra gli Uffici scolastici regionali con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito. Il fondo è allocato sul capitolo 3395 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito. Agli oneri relativi, pari a 50 milioni di euro per il 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2-bis, comma 7, quarto periodo, del d.lgs. n. 59/2017 (consistente in 16,6 milioni di euro per il 2022 e 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2023, destinati alla formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria tramite attività di tutoraggio).
Il comma 4-bis.1 dell'articolo 21 del D.L. n. 75/2023 (L. n. 112/2023), introdotto dall'articolo 10, comma 1, del D.L. n. 123/2023 (L. 159/2023), ha autorizzato le istituzioni scolastiche statali del primo e del secondo ciclo di istruzione delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia ad attivare incarichi temporanei di personale ATA a tempo determinato fino al 31 dicembre 2023, al fine di contrastare la dispersione scolastica e ridurre i divari territoriali e negli apprendimenti. L’attivazione di tali incarichi è ammessa nel limite dell’incremento, pari a € 12 mln per il 2023, delle risorse del fondo istituito dal comma 4-bis (si veda sopra). Le risorse aggiuntive sono destinate prioritariamente alle istituzioni scolastiche individuate nell'ambito del piano "Agenda Sud" di cui al DM 176 del 30 agosto 2023 sulla base dei dati relativi alla fragilità negli apprendimenti, come risultanti dalle rilevazioni nazionali dell'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), e da ripartire tra gli uffici scolastici regionali con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito.
Si veda la pagina Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado.
Per ulteriori approfondimenti sul piano Agenda Sud, si veda l’apposito dossier, alla scheda di lettura relativa all’articolo 10 nonché il comunicato del 27 ottobre 2023.
Per un’analisi degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e della loro attuazione nel settore dell’istruzione, si rinvia all’apposita sezione del Portale della documentazione.
L’articolo 63, comma 1, del disegno di legge di bilancio per il 2024, attualmente all’esame del Senato (AS n. 926), nell’introdurre il comma 4-bis.2 nell’articolo 21 del D.L. n. 75/2023 (L. n. 112/2023), proroga dal 1° gennaio al 15 aprile 2024 i contratti per gli incarichi temporanei di personale ausiliario a tempo determinato attivati dalle istituzioni scolastiche statali del primo e del secondo ciclo di istruzione, nell’ambito degli organici PNRR e Agenda Sud, per le seguenti finalità: per lo svolgimento di attività di supporto tecnico, finalizzate alla realizzazione dei progetti finanziati dal PNRR di cui hanno la diretta responsabilità in qualità di soggetti attuatori (articolo 21, comma 4-bis, del D.L. n. 75/2023 - L. n. 112/2023); al fine di contrastare la dispersione scolastica e ridurre i divari territoriali e negli apprendimenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (articolo 21, comma 4-bis.1, del D.L. n. 75/2023 - L. n. 112/2023).
Per le finalità sopra descritte, il comma 2 rifinanzia di 50,33 milioni di euro per il 2024 il fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito per far fronte all’attivazione di incarichi temporanei di personale ATA a tempo determinato fino al 31 dicembre 2023 nell’ambito degli organici PNRR e Agenda Sud.
L'articolo 1, comma 1, del D.L. n. 80/2021 (L. n. 113/2021), espressamente richiamato dal comma in esame, ha previsto che, al di fuori delle assunzioni di personale già espressamente previste nel PNRR, le amministrazioni titolari di interventi previsti nel PNRR possono porre a carico del PNRR esclusivamente le spese per il reclutamento di personale specificamente destinato a realizzare i progetti di cui hanno la diretta titolarità di attuazione, nei limiti degli importi che saranno previsti dalle corrispondenti voci di costo del quadro economico del progetto. A tal fine, è stata prevista l’emanazione di una circolare del Ministero dell'economia e delle finanze per stabilire le modalità, le condizioni e i criteri in base ai quali le amministrazioni titolari dei singoli interventi possono imputare nel relativo quadro economico i costi per il predetto personale da rendicontare a carico del PNRR. In attuazione di tale disposizione è stata emanata la circolare del 18 gennaio 2022, n. 4. Il predetto reclutamento è effettuato in deroga alla dotazione organica delle amministrazioni interessate e a determinati vincoli di spesa previsti dalla normativa vigente per le assunzioni a tempo determinato (di cui all’art. 9, co. 28, del D.L. 78/2010 – L. n. 122/2010[68]). L'ammissibilità di ulteriori spese di personale a carico del PNRR rispetto a quelle di cui al secondo periodo è oggetto di preventiva verifica da parte dell'Amministrazione centrale titolare dell'intervento[69], di concerto con il Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - Servizio centrale per il PNRR del Ministero dell'economia e delle finanze. La medesima procedura si applica per le spese relative ai servizi di supporto e consulenza esterni. Per il reclutamento con contratto a tempo determinato di personale, anche in possesso di un’alta specializzazione, e per il conferimento di incarichi di collaborazione (di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo qui in esame), ciascuna amministrazione, previa la predetta verifica, individua il fabbisogno di personale necessario all’attuazione dei progetti di propria competenza. In caso di verifica negativa le Amministrazioni possono assumere il personale o conferire gli incarichi entro i limiti delle facoltà assunzionali verificate.
Alle attività previste dalla disposizione in commento provvede il Dipartimento della funzione pubblica con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 16 dell’articolo 1).
Per ulteriori approfondimenti sui contenuti del D.L. n. 80/2021 (L. n. 113/2021), si veda l’apposito dossier.
I contratti del personale amministrativo e tecnico per i predetti incarichi sono a tempo determinato e conferiti per singoli anni scolastici previa comunicazione al Ministero dell'istruzione e del merito e cessano entro e non oltre il 30 giugno 2026. Per le predette finalità, le istituzioni scolastiche sono autorizzate a porre a carico del PNRR esclusivamente le spese per il personale amministrativo e tecnico a tempo determinato, effettivamente impegnato nella realizzazione degli interventi PNRR nel limite complessivo di 60 milioni di euro annui per ciascuno degli esercizi 2024 e 2025 e 36 milioni di euro per il 2026. Il Ministero dell'istruzione e del merito, sulla base della comunicazione preventiva delle scuole, provvede al monitoraggio dei predetti contratti al fine del rispetto del limite di spesa e del raggiungimento del target finale. Ai relativi oneri si provvede a valere sul PNRR, nei limiti della percentuale delle spese generali dell'investimento, in misura comunque non superiore al 10 per cento del correlato finanziamento PNRR, ovvero dei costi indiretti.
Comma 2 - Reclutamento dei dirigenti scolastici
Articolo 21, commi 1, 1-bis, 3 e 4
(Risorse per l’accoglienza dei migranti. Contributi in favore di Comuni)
L’articolo 21, comma 1, istituisce un fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 46,859 milioni di euro per il 2023, destinato al finanziamento delle misure urgenti connesse all’accoglienza di migranti, nonché in favore dei minori stranieri non accompagnati. Il comma specifica che le risorse per l’accoglienza sono stanziate “anche a sostegno dei Comuni”. Demanda quindi a decreti ministeriali l’attuazione della disposizione in parola.
Il comma 1-bis, introdotto in sede referente (comma 1-bis) destina, a valere su tale fondo, un contributo in favore di Comuni con popolazione compresa tra 6.000 e 7.000 abitanti a fronte della spesa sostenuta per l’affidamento dei minori in comunità di tipo familiare o in istituti di assistenza a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tale contributo è concesso al ricorrere di determinate condizioni di carattere finanziario ed entro un complessivo limite di spesa pari ad un milione per il 2023.
Il comma 3 istituisce altresì un fondo presso il medesimo Ministero dell’interno, con una dotazione pari a 5 milioni di euro per il 2023. Tali risorse sono stanziate ai fini della concessione di un contributo straordinario in favore di comuni confinanti con altri Paesi europei o comuni costieri, interessati da flussi migratori. Il comma 4 demanda ad un decreto ministeriale la definizione dei criteri e delle modalità di concessione di tale contributo straordinario.
Il comma 1 prevede che i criteri e le modalità di riparto della suddetta somma di 46,859 milioni siano definiti, nel rispetto del limite di spesa posto dallo stanziamento, da un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il successivo riparto delle risorse è effettuato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.
Si osserva che non è posto un termine temporale per il decreto che definisca il “successivo riparto”.
Il comma 1-bis, introdotto in sede referente, prevede un contributo, a valere sul fondo istituito dal comma 1, in favore di Comuni con una popolazione compresa tra 6.000 e 7.000 abitanti alla data del 31 dicembre 2022, per le spese sostenute per l’affidamento dei minori in comunità di tipo familiare o in istituti di assistenza, con provvedimento di autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 184 del 1983, concernente l’affidamento dei minori.
Il contributo è concesso nella misura massima di 200.000 euro e nel limite di spesa pari a un milione per il 2023. Esso, inoltre, è concesso ai Comuni che rispettino le seguenti condizioni:
§ la spesa sostenuta per l’affidamento di minori nell’anno 2023 del presente decreto-legge risulti superiore all’importo spettante a titolo di fondo di solidarietà comunale;
§ il trattenimento di una quota IMU per alimentare il fondo medesimo non sia inferiore a 190.000 euro per l’anno 2023.
La disposizione richiama esplicitamente l’art. 1, comma 380, lett. b), della legge n. 228 del 2012, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale, alimentato con una quota dell'imposta municipale propria IMU.
Il Fondo di solidarietà comunale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi, le cui risorse vengono distribuite con funzioni sia di compensazione delle risorse attribuite in passato sia di perequazione, in un'ottica di progressivo abbandono della spesa storica.
L'applicazione di criteri di riparto di tipo perequativo nella distribuzione delle risorse, basati sulla differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard, è iniziata nel 2015 con l'assegnazione di quote via via crescenti del Fondo, in previsione del raggiungimento del 100% della perequazione nell'anno 2030. Per il 2023, la percentuale delle risorse del Fondo da distribuire con i criteri perequativi è del 65%.
I tagli determinati dalle misure di finanza pubblica, operati nel decennio passato, hanno inciso profondamente sul funzionamento del Fondo di solidarietà comunale, la cui dotazione era divenuta del tutto orizzontale, alimentata cioè esclusivamente dai comuni attraverso il gettito dell'IMU propria. A partire dalla legge di bilancio 2020, la dotazione del Fondo è stata nuovamente incrementata con risorse statali aggiuntive, di carattere "verticale", che rientrano nell'ambito del sistema di perequazione.
Tuttavia, la gran parte di queste risorse incrementali è vincolata allo svolgimento di alcune funzioni fondamentali in ambito sociale, quali il potenziamento dei servizi sociali, il potenziamente del servizio asili nido ed il trasporto scolastico di alunni con disabilità, da ripartirsi tra i comuni tenendo conto dei fabbisogni standard.
Cfr: pagina internet Il Fondo di solidarietà comunale, portale della documentazione sul sito della Camera dei deputati.
Come accennato, i commi 3 e 4 riguardano la concessione di un contributo straordinario in favore di Comuni di confine o costieri interessati da flussi migratori. Il decreto che definisce criteri e modalità di concessione di tale contributo straordinario è emanato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’interno, al 15 ottobre 2023 risultano 141.106 immigrati in accoglienza nel territorio, di cui 828 immigrati presenti negli hotspot, 105.911 immigrati nei centri di accoglienza, 34.367 presenze nei centri del Sistema accoglienza e integrazione (SAI).
I migranti sbarcati in territorio italiano dal 1° gennaio al 19 ottobre 2023 sono stati 140.898. Nello stesso periodo del 2022 si è registrato lo sbarco di 76.491 persone; 50.680 persone sono sbarcate nello stesso periodo del 2021.
Al 15 ottobre 2023 sono sbarcati 14.449 minori stranieri non accompagnati; in tutto il 2022 sono stati 14.044; nel 2021 sono stati 10.053.
Si rammenta che il decreto-legge n. 130 del 2020 (convertito dalla legge n. 173 del 2020) rinomina il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati SIPROIMI in SAI – Sistema di accoglienza e integrazione, costituito dalla rete degli enti locali. Per quanto concerne i progetti e i Comuni interessati, si rinvia alla pagina internet I dati generali SAI dal 2019 al 2022. Riguardo al numero dei progetti e degli enti locali interessati, aggiornati ad agosto 2023, si veda la pagina I numeri del SAI.
Articolo 21, comma 2
(Misure per la funzionalità degli uffici del Ministero dell’interno)
L’articolo 21, comma 2, estende all’anno 2024 l’autorizzazione, già prevista per il solo 2023, al Ministero dell’interno a utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro con contratto a termine.
Al contempo, innalza il limite massimo di complessiva spesa riferito alla medesima autorizzazione (da 37,3 milioni e per il solo anno 2023, nel testo finora vigente) a 51,9 milioni circa, di cui 7,4 milioni per il 2023 e 44,5 milioni per il 2024.
La norma novella l’articolo 1, comma 683, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023). Tale comma 683 stabilisce che le prestazioni di lavoro a termine qui in esame sono destinate a consentire la definizione delle procedure per l’instaurazione del rapporto di lavoro tra il datore di lavoro, che opera in Italia, e il lavoratore straniero che entra nel nostro Paese in attuazione dei decreti-flussi per gli anni 2021, 2022 e 2023 (di cui agli articoli 42, 43 e 44 del decreto-legge n. 73 del 2022, convertito dalla legge n. 122 del 2022) e delle procedure di regolarizzazione dei lavoratori stranieri (di cui all’articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito dalla legge n. 77 del 2020).
Per quanto concerne le disposizioni richiamate, v. il riquadro, infra.
Il medesimo comma 683 deroga espressamente a quanto disposto dall’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito dalla legge n. 122 del 2010) che prevede che dal 2011 le amministrazioni dello Stato possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
Inoltre, il Ministero dell’interno può utilizzare prestazioni di lavoro a contratto a termine, anche in deroga alle disposizioni recate dal codice dei contratti pubblici riguardanti: le fasi delle procedure di affidamento, i contratti “sotto soglia” (cioè di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea indicate dal medesimo Codice), le procedure di scelta del contraente per i settori ordinari e la modifica di contratti durante il periodo di efficacia.
Si segnala, dal punto di vista redazionale, che il testo del comma 683 fa riferimento al decreto legislativo n. 50 del 2016 (in particolare, articoli 32, 36, da 59 a 65 e 106) successivamente abrogato dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, a decorrere dal 1° luglio 2023. A norma dell’art. 226, comma 5, del citato decreto legislativo n. 36, ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo n. 50 del 2016 si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del “nuovo” codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso.
La relazione illustrativa annessa al provvedimento in esame informa che è stata avviata “un’unica procedura negoziata ripartita in due lotti funzionali - Lotto nr. 1 (nr. 550 risorse per le esigenze delle Questure – Dipartimento PS) e Lotto nr. 2 (nr. 570 risorse per le esigenze delle Prefetture - DLCI) – per individuare, mediante conclusione di un Accordo quadro con una sola Agenzia di somministrazione di lavoro a tempo determinato” al fine di impiegare il suddetto personale per un periodo massimo di due mesi per l’anno 2023 ed eventualmente prorogare al 2024 la validità del medesimo Accordo. La circostanza che i lavoratori siano impiegati nel 2023 per un solo bimestre è ricondotta, dalla medesima relazione, ai tempi tecnici necessari all’istruzione e allo svolgimento delle procedure di gara.
Si ricorda che, con riferimento all'articolo 97, quarto comma, della Costituzione, la Corte costituzionale ha affermato costantemente (si veda la sentenza n. 227 del 2021) che «la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenza n. 40 del 2018 e n. 110 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 7 del 2015 e n. 134 del 2014) e, comunque, sempre che siano previsti «adeguati accorgimenti per assicurare [...] che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell’incarico» (sentenza n. 225 del 2010).
Gli articoli 42 e 43 del decreto-legge n. 73 del 2022 hanno introdotto alcune misure per la semplificazione delle procedure di ingresso dei lavoratori stranieri. In particolare, hanno ridotto da 60 a 30 giorni il termine per il rilascio del nulla osta al lavoro subordinato da parte dello sportello unico per l'immigrazione, esclusivamente per le istanze presentate a seguito del decreto sui flussi d'ingresso per l'anno 2022 e per quelle che saranno presentate con il decreto flussi per l’anno 2023.
Parimenti, è stato ridotto da 30 a 20 giorni il termine per il rilascio del visto da parte delle rappresentanze diplomatiche italiane per l’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri che si trovano all’estero e che hanno ottenuto il nulla osta.
Infine, hanno estenso, nel rispetto di determinate condizioni, l'ambito applicativo delle disposizioni di semplificazione anche nei confronti dei cittadini stranieri che si trovano nel territorio nazionale, anziché all’estero, alla data del l° maggio 2022, sempreché per i quali sia stata presentata domanda diretta a istaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato nell’ambito del decreto flussi 2021.
L’articolo 44 del medesimo decreto-legge n. 73 del 2022, sempre al fine di semplificare gli ingressi in Italia di lavoratori extra UE previsti dai decreti flussi per il 2021 e il 2022, ha modificato la procedura di verifica circa l'osservanza dei presupposti contrattuali richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’assunzione di lavoratori stranieri, affidando tale verifica – qualora non sia già stata effettuata per il 2021 – in via esclusiva a professionisti iscritti in appositi albi e alle organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in luogo dell’Ispettorato nazionale del lavoro, al quale viene comunque riconosciuta la possibilità di effettuare controlli a campione sul rispetto dei requisiti e delle procedure previste dall’articolo in commento.
Si segnala, inoltre, l’articolo 45 del decreto-legge n. 73 del 2022, per consentire una più rapida definizione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro, autorizza il Ministero dell’interno a utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, anche in deroga alle norme previste dal codice dei contratti pubblici, nel limite massimo di spesa di 5,7 milioni di euro per l'anno 2022, da ripartire tra le sedi di servizio interessate. Per la medesima finalità, il Ministero dell’interno potrà inoltre potenziare le risorse umane impiegate con l’incremento del lavoro straordinario del personale già in servizio, incrementare il servizio di mediazione culturale e realizzare interventi di adeguamento delle piattaforme informatiche. A tal fine, sono stanziate ulteriori risorse pari a 6,7 milioni di euro per il 2022.
L’articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha introdotto la possibilità di emersione dei lavoratori irregolari impiegati in agricoltura, lavori domestici e cura della persona. Si tratta di due forme distinte di regolarizzazione: con la prima i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro.
La seconda consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori di cui sopra, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall'Ispettorato nazionale del lavoro. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto. In entrambi i casi gli stranieri devono risultare presenti nel territorio nazionale ininterrottamente dall'8 marzo 2020.
Le domande, sia quelle di emersione del lavoro, sia quelle di regolarizzazione del permesso di soggiorno, sono state presentate dal 1° giugno al 15 agosto 2020 (il termine originario, 15 luglio, è stato così prorogato dal decreto-legge 16 giugno 2020, n. 52) previo pagamento di un contributo forfetario. Le domande sono presentate dal datore di lavoro all'INPS, per i lavoratori italiani e comunitari, o allo sportello unico per l'immigrazione, per i cittadini di Paesi terzi. Le domande per il permesso di soggiorno temporaneo sono presentate dal lavoratore straniero alla questura.
Inoltre, la disposizione autorizza il Ministero dell'interno ad utilizzare, tramite agenzie di somministrazione di lavoro, lavoratori da impiegare nelle procedure di regolarizzazione con il limite massimo di spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2021 e di 230 milioni per il 2022 (art. 103, comma 23, D.L. 34/2020, come modificato dall'art. 37-quater, comma 1, lett. a), D.L. 104/2020, dall'art. 32-bis, comma 4, lett. a), D.L. 137/2020, e dall'art. 1, comma 648, lett. a) e b), L. 234/2021). In materia è intervenuto anche il D.L. 176/2022 (art. 15, commi 1 e 2) che ha incrementato di 1.558.473 euro per il 2022 l’autorizzazione di spesa relativa ai contratti per prestazioni di lavoro a tempo determinato già stipulati con le agenzie di somministrazione di lavoro interinale di cui al citato articolo 103, comma 23, del D.L. 34/2020).
Al 15 agosto 2020, data del termine finale per la presentazione delle istanze, il totale delle domande ricevute dal portale del Ministero dell'Interno ammonta a 207.542. Per quanto riguarda invece le richieste di permesso di soggiorno temporaneo presentate agli sportelli postali da cittadini stranieri il totale ammonta a 12.986.
Articolo 21, comma 5
(Risorse per la rete dei centri di permanenza per i rimpatri)
L’articolo 21, comma 5 destina 7 milioni alla rete dei centri di permanenza per i rimpatri.
Il comma 5 destina risorse per la funzionalità della rete dei centri di permanenza per i rimpatri, onde assicurare l’effettività delle espulsioni degli stranieri irregolarmente presenti nel territorio nazionale.
Com’è noto, è il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998) a prevedere – all’articolo 14 – che quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, il questore disponga che lo straniero irregolare sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il più vicino centro di permanenza per i rimpatri (a meno che non ricorrano le condizioni perché il questore disponga misure alternative al trattenimento). La convalida (da parte del giudice di pace) del provvedimento questorile di trattenimento comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi (secondo la previsione dell’articolo 20 del decreto-legge n. 124 del 2023), suscettibili, ad alcune condizioni, di proroghe (rimodulate dal citato articolo 20 del decreto-legge n. 124 del 2023, il quale ha esteso il complessivo termine di trattenimento fino a diciotto mesi, in luogo dei 90 giorni più 45 della disciplina immediatamente antecedente).
Indi il decreto-legge n. 13 del 2017 ha perseguito – con il suo articolo 19 – l’ampliamento della rete dei centri di permanenza per i rimpatri, da assicurarsi mediante la distribuzione delle strutture sull'intero territorio nazionale. Ed ha previsto che la dislocazione dei centri di nuova istituzione avvenga, sentito il presidente della Regione o della Provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili, nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata.
A tal fine, l’articolo 19, comma 3, del citato decreto-legge n. 13 del 2017 ha autorizzato una spesa di 13 milioni per la realizzazione dei centri, ed una spesa per la gestione dei centri la quale diviene dal 2019 pari a 18,2 milioni.
La disposizione in commento viene ora a dettare un incremento di 7 milioni per l’anno 2023 di tale autorizzazione di spesa.
I “centri di permanenza per i rimpatri” (CPR) – ossia i luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione – hanno assunto tale denominazione per effetto del decreto-legge n. 13 del 2017 (prima del quale erano, da ultimo, appellati centri di identificazione ed espulsione, CIE).
Sono dislocati a: Bari; Brindisi; Caltanissetta; Gradisca d'Isonzo (GO); Macomer (NU); Milano; Palazzo San Gervasio (PZ); Roma; Torino; Trapani.
In materia di progettazione e realizzazione delle strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio, peraltro, è intervenuto l’articolo 21 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124. Esso ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (su proposta dei Ministri dell'interno e della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) sia approvato un piano straordinario per l'individuazione delle aree interessate alla realizzazione di un numero idoneo di tali strutture, tra cui appunto i centri di permanenza per i rimpatri.
Per la realizzazione del piano, nello stato di previsione del Ministero della difesa è istituito un apposito fondo, con una dotazione di euro 20 milioni per il 2023.
Le strutture di cui si tratta sono inserite nell’elenco delle opere di difesa e sicurezza nazionale di cui al codice dell’ordinamento militare (ed in quanto tali, sono assoggettate ad uno speciale regime derogatorio in materia urbanistica ed edilizia, talché le opere destinate alla difesa nazionale non sono soggette all’accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche né al rilascio di titolo).
Inoltre, ancora l’articolo 21 del decreto-legge n. 124 ha disposto che per la esecuzione delle opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale, il Ministero della difesa sia autorizzato ad avvalersi delle procedure derogatorie previste dall’articolo 140 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36) in caso di somma urgenza e protezione civile.
Quanto all’ambito applicativo del trattenimento, vale rammentare come il decreto-legge n. 20 del 2023 (all’articolo 7-bis, comma 2, lettera b), introduttiva di un articolo 6-bis entro il decreto legislativo n. 142 del 2015[70]) abbia normato una fattispecie di trattenimento (della durata massima di quattro settimane) dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di svolgimento della procedura in frontiera, qualora egli non consegni il passaporto (o altro documento equipollente in corso di validità) ovvero non presti “idonea garanzia finanziaria”[71].
Può ricordarsi come in risposta all'interrogazione (3-00684), sulla realizzazione di nuove strutture di permanenza per migranti, il Ministro dell'interno abbia sostenuto la necessità di creare nuovi centri per aumentare la capacità e l'efficacia dei rimpatri (Senato della Repubblica, seduta del 21 settembre 2023).
In particolare, il ministro ha sottolineato che “il 70 per cento dei soggetti rimpatriati ad oggi è transitato per un CPR e, ad oggi, circa il 50 per cento degli stranieri che vi vengono trattenuti viene rimpatriato. Questi dati evidenziano una forte correlazione tra il numero dei rimpatri e i posti disponibili nei CPR, che oggi sono insufficienti”.
“Tale evidenza - ha proseguito il ministro – è alla base della decisione di realizzare nuovi CPR sul territorio nazionale e di ripristinare la piena funzionalità delle strutture esistenti. L'obiettivo è aprire almeno un centro in ogni Regione e, a tal fine, il recente decreto-legge n. 124 prevede un piano straordinario per l'individuazione delle aree interessate alla realizzazione di un numero idoneo di strutture anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti. L'inserimento dei CPR in tale piano ci consentirà di avvalerci delle procedure speditive e in deroga già previste per le opere destinate alla difesa nazionale, e a questo scopo sono stati stanziati 20 milioni di euro - lo ricordava lei - per l'anno in corso; ma il piano potrà essere aggiornato periodicamente anche sotto il profilo delle risorse necessarie.
Inoltre, al fine di rendere effettivi i rimpatri di coloro che non hanno titolo a permanere sul territorio nazionale, stiamo lavorando sul piano della collaborazione internazionale per incrementare gli accordi con i Paesi di origine e contemporaneamente per comprimere i tempi del procedimento di espulsione”.
Nel corso dell’informativa urgente resa presso la Camera dei deputati (seduta n. 179 del 17 ottobre 2023), il Ministro dell’interno Piantedosi ha ricordato che, alla data del 4 ottobre 2023, il numero totale dei rimpatri in corso d’anno è stato pari a 3.471, rispetto ai 2.997 rimpatri dell'analogo periodo di riferimento del 2022 e ai 2.802 del 2021.
La Relazione al Parlamento per il 2023 del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale espone i dati relativi ai transiti nei Centri di permanenza per i rimpatri (cfr. p. 193 e seguenti).
Nell’anno 2022 le persone transitate presso i Centri sono state 6.383, in aumento rispetto agli anni precedenti. Nel 2021, infatti, sono state 5.142; nel 2020 quando i transiti sono stati 4.387.
Tra le persone transitate nei Centri, quelle rimpatriate risultano essere 3.154 nel 2022, pari al 49,4% dei transiti complessivi; nel 2021 sono state 2.520 (49% dei transiti); nel 2020 2.232 (50.9%).
Articolo 21, commi 6-8
(Disposizioni varie relative al Ministero dell’interno
e al primo soccorso)
L’articolo 21 incide, ai commi 6 e 8, sulla destinazione del contributo di cittadinanza, sopprimendo il vincolo percentuale di sua allocazione tra le diverse attività previste nonché includendo tra queste gli interventi assistenziali straordinari (comma 6), ed estendendo la corresponsione dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario al personale delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo (comma 8).
Il comma 7 autorizza la spesa di 1 milione per il 2023, per le emergenze assistenziali straordinarie di primo soccorso.
Si considerano qui insieme i commi 6, 7 ed 8, i quali trattano profili diversi, in vario grado attinenti all’attività del Ministero dell’interno in connessione al fenomeno migratorio.
Il comma 6 reca novella alla legge n. 91 del 1992 (“Nuove norme sulla cittadinanza”).
Ad essere modificato è, più in dettaglio, l’articolo 9-bis della legge n. 91, per la parte che disciplina la destinazione del gettito conseguente alle istanze o dichiarazioni relative alla cittadinanza.
Infatti, le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono soggette al pagamento di un contributo (di importo pari a 250 euro). Così prevede il comma 2 dell’articolo 9-bis della citata legge n. 91.
Ed il seguente suo comma 3 prevede – nel testo previgente rispetto alla disposizione del decreto-legge in commento – che il gettito derivante dal contributo sia versato all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina: per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione e assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione (anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea); per l'altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti di competenza del medesimo Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza.
La novellazione incide su tale dispositivo normativo, in un duplice modo.
Da un lato, sopprime il vincolo di un’assegnazione per metà ai due tipi di attività previsti – finanziamento di progetti di collaborazione internazionale; istruttorie dei procedimenti in materia di immigrazione – onde rendere più flessibile la destinazione del gettito, all’uno o all’altro tipo di attività a seconda delle esigenze. Nel periodo attuale, si intende leggendo la relazione illustrativa, sono i progetti di collaborazione internazionale a richiedere, tra le due tipologie, una maggiore destinazione di risorse.
Dall’altro lato, aggiunge, ai procedimenti in materia di immigrazione asilo e cittadinanza, gli interventi assistenziali straordinari, tra le possibili destinazioni della quota parte del gettito non assegnata ai progetti di collaborazione internazionale. In tal modo si amplia lo spettro di attività finanziabili attingendo al gettito proveniente dal contributo di cittadinanza.
Il comma 7 autorizza la spesa di 1 milione per il 2023, per le emergenze assistenziali straordinarie di primo soccorso.
La relazione illustrativa riporta che tali risorse siano destinate all’erogazione ai Comuni richiedenti, di finanziamenti straordinari per fronteggiare esigenze sopravvenienti, per eventi calamitosi o per le accresciute esigenza in materia di immigrazione e asilo. Sono risorse che affluiscono allo stato di previsione del Ministero dell’interno (al capitolo di spesa 2314, programma di gestione 2, il quale ha appostata, nell’assestamento in conto competenza, la somma di 1.491.800 euro per il 2023).
Tali risorse ricevono così un incremento di 1 milione per il 2023.
Il comma 8 concerne, come già il comma 6 sopra ricordato, la destinazione delle risorse scaturenti dal contributo di cittadinanza.
In particolare, qui rileva la quota parte del gettito del contributo di cittadinanza destinata alle attività istruttorie di competenza del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.
Secondo la vigente disposizione – recata dall’articolo 1, comma 600, della legge n. 208 del 2015 – parte di siffatte risorse (ove resesi disponibili a seguito di riassegnazioni nel corso dell’anno) possono essere destinate alla corresponsione dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario del personale del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, anche in deroga alla normativa vigente.
Tale previsione è ora novellata, onde estenderne l’applicazione al personale delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo (per le accresciute esigenze, riporta la relazione illustrativa, in materia di immigrazione e asilo).
Articolo 21, commi 9, 10 e 11
(Crisi Ucraina: prosecuzione dell’assistenza alla popolazione ucraina; invio di militari dell'Arma dei carabinieri
a tutela degli uffici all'estero maggiormente esposti)
L’articolo 21 ai commi 9-11 reca disposizioni correlate alla crisi ucraina.
In particolare, il comma 9 autorizza la spesa di 180 milioni per l’anno 2023 per la prosecuzione, nel territorio nazionale, del soccorso e assistenza alla popolazione ucraina.
Il comma 10 autorizza la spesa di 2,2 milioni per il 2024 per l'invio di militari dell'Arma dei carabinieri a tutela degli uffici all'estero maggiormente esposti. Ed Il comma 11 detta la correlativa disposizione di copertura finanziaria.
Il comma 9 autorizza la spesa di 180 milioni di euro per il 2023, per la prosecuzione delle attività connesse allo stato di emergenza dichiarato in Italia (v. infra) innanzi all’insorgere della crisi ucraina, per l'esigenza di assicurare soccorso e assistenza, nel territorio nazionale, alla popolazione ucraina.
Il comma 10 autorizza la spesa di 2,2 milioni per il 2024 per l'invio di militari dell'Arma dei carabinieri a tutela degli uffici all'estero[72] maggiormente esposti, posto l'aggravamento delle tensioni in Ucraina, al fine di potenziare le misure di protezione delle sedi e del relativo personale.
Si tratta di un rifinanziamento per l’anno 2024 di un’autorizzazione di spesa autorizzata dall’articolo 4, comma 2 del decreto-legge n. 14 del 2022 (il quale è conseguentemente novellato). Siffatta autorizzazione ammontava fin qui a 2 milioni per ciascun anno del biennio 2022-23 (ai militari inviati è assicurato un trattamento economico pari a quello del restante personale dell'Arma impiegato nella rete all'estero).
Quale copertura finanziaria interviene il comma 11, secondo cui i 2,2 milioni per il 2024 sono attinti utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale entro il Fondo speciale di parte corrente iscritto, nel bilancio 2023-25, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (nell’ambito del programma: Fondi di riserva e speciali).
Le disposizioni in particolare del comma 9 del presente articolo 21 del decreto-legge si inquadrano nell’ambito delle attività finalizzate ad assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della crisi internazionale in atto. Tali misure sono state introdotte con decreti-legge ed ordinanze di protezione civile[73], conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale adottata dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022, fino al 31 dicembre 2022. La sua durata è stata prorogata, dapprima fino al 3 marzo 2023 con la legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 669, della legge n. 197 del 2022), indi fino al 31 dicembre 2023 con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2023 posto il perdurare della crisi internazionale.
La medesima legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 671, della legge n. 197 del 2022) ha previsto una clausola di flessibilità attuativa, abilitando il Dipartimento della protezione civile a rimodulare, sulla base delle effettive esigenze, le misure di assistenza e accoglienza in favore dei profughi ucraini previste dal decreto-legge n. 21 del 2022 per fronteggiare la situazione emergenziale.
Oltre alla deliberazione dello stato di emergenza, è intervenuto, vale ricordare, il decreto della Presidenza del Consiglio 28 marzo 2022, quale atto interno di recepimento della decisione di esecuzione (UE) 2022/382, la quale accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina (ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001), con l’effetto della introduzione (per la prima volta) di una protezione temporanea.
Per far fronte alle esigenze connesse all’accoglienza delle persone giungenti in Italia dall’Ucraina, sono successivamente intervenuti più decreti-legge.
Innanzitutto, il decreto-legge n. 16 del 2022 (articolo 3)[74] ha stabilito che i cittadini ucraini, a decorrere dall'inizio del conflitto, possono essere accolti, sia nell'ambito delle strutture territoriali del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che nei centri governativi di prima accoglienza e nei centri di accoglienza temporanea (CAS), di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) anche se non in possesso della qualità di richiedente protezione internazionale o degli altri titoli di accesso previsti dalla normativa vigente. A tal fine il decreto ha disposto un potenziamento del sistema di prima accoglienza e del sistema di accoglienza integrata (SAI) attraverso:
· un incremento delle risorse finanziarie destinate alle attività del sistema di prima accoglienza di competenza del medesimo dicastero (+54,2 mln di euro per il 2022, corrispondenti al costo di circa 5.000 posti), destinandole in via prioritaria per l’accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall'Ucraina;
· l'attivazione di ulteriori 3.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), gestito dagli enti locali.
È stata inoltre estesa ai profughi provenienti dall'Ucraina la riserva di posti (complessivamente 5.000) del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) già prevista e finanziata per i cittadini afghani con il decreto-legge n. 139 del 2021 e la legge dì bilancio per il 2022.
Con la successiva ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 872 del 4 marzo 2022 sono state stabilite le modalità, anche in deroga alla normativa vigente, per reperire idonee strutture ricettive per le esigenze di accoglienza, a partire dalle operazioni di identificazione, nonché per accelerare le procedure di attivazione dei posti del SAI.
In seguito dell'attivazione del meccanismo europeo di protezione temporanea, al fine di potenziare gli interventi di assistenza ed accoglienza a fronte del continuo incremento del numero delle persone provenienti dall'Ucraina, il decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 31) ha previsto misure ulteriori, che sono state successivamente rafforzate e rimodulate mediante i decreti-legge n. 50 (articolo 44) e n. 115 del 2022 (articolo 26).
Per effetto di questa sequenza di disposizioni, in favore dei profughi provenienti dall'Ucraina è stata prevista:
· l'attivazione, fino a 22.000 unità, di forme e modalità di accoglienza diffusa, diverse da quelle ordinarie per l'accoglienza dei migranti, assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i centri di servizio per il volontariato, altri enti e associazioni (iscritte nell'apposito registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri), gli enti religiosi civilmente riconosciuti (art. 31, co. 1, lett. a), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. a), D.L. 50 del 2022; art. 26, co. 1, lett. a), D.L. 115 del 2022);
· la concessione per un massimo di 80.000 persone titolari della protezione temporanea di un contributo per il sostentamento di coloro che hanno già provveduto ad autonoma sistemazione per la durata massima di 90 giorni (art. 31, co. 1, lett. b), D.L. 21 del 2022 e art. 44, co. 1, lett. b), D.L. 50 del 2022);
· un contributo alle regioni per le spese di assistenza sanitaria per complessivi 120.000 posti per richiedenti e titolari della protezione temporanea (art. 31, co. 1, lett. c), D.L. 21 del 2022 e art. 44, co. 1, lett. c), D.L. 50 del 2022);
· un contributo, fino al massimo di 100 euro al giorno pro-capite a titolo di rimborso per i comuni che accolgono direttamente o sostengono le spese per l'affidamento familiare dei minori non accompagnati provenienti dall’Ucraina (art. 31-bis, D.L. 21 del 2022), di cui l’articolo 2, commi 7 e 8, del decreto-legge n. 198 del 2022 (c.d. Proroga termini) ha disposto l’operatività per tutto il 2023. Tale misura è oggetto di riordino ai sensi dell’articolo 3 del decreto in esame;
· un contributo una tantum, nel limite di 40 milioni per l'anno 2022, allo scopo di rafforzare l'offerta di servizi sociali da assegnare ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea (art. 44, co. 4, D.L. 50 del 2022).
Le attività così autorizzate possono svolgersi nel limite complessivo delle risorse finanziate a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, di cui è stato contestualmente disposto un corrispondente incremento per l'anno 2022.
Successivamente, il decreto-legge n. 115 del 2022 (art. 26, co. 1, lett. c-bis)) ha altresì previsto l'attivazione fino a un massimo di ulteriori 8.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione, a partire da quelli già resi disponibili dai Comuni e non ancora finanziati, ad integrazione di quanto già disposto con il citato decreto-legge n. 16 del 2022.
Inoltre, per effetto dei citati decreti è stato disposto un incremento di ulteriori 113 milioni di euro per l'anno 2022 delle risorse iscritte nel bilancio statale al fine di incrementare la capacità i centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari, da destinare in via prioritaria all'accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall'Ucraina (art. 44, co. 3, D.L. 50 del 2022).
Indi è intervenuto il decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16.
Tra le sue disposizioni, l’articolo 1 proroga fino al 31 dicembre 2023, nuovo termine dello stato di emergenza, le misure di assistenza e accoglienza in favore delle persone provenienti dall’Ucraina, già adottate in attuazione del decreto-legge n. 21 del 2022 come successivamente rafforzate e rimodulate mediante i decreti-legge n. 50 (articolo 44) e n. 115 del 2022 (articolo 26).
In particolare la disposizione (comma 1): stabilisce la prosecuzione dell’accoglienza diffusa per un massimo di 7.000 unità e di 49,6 milioni per l’anno 2023, autorizzando a tal fine anche convenzioni territoriali tra regioni, enti del terzo settore e privati, previo nulla osta del Dipartimento della protezione civile (lettera a)); proroga, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, l’elargizione del contributo di sostentamento (lettera b)); rifinanzia, nel limite di 40 milioni di euro per l’anno 2023, il contributo una tantum finalizzato al rafforzamento, in via temporanea, dei servizi sociali e destinato ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea (lettera c)).
Inoltre, prevede un incremento di circa 137,9 milioni di euro per l’anno 2023 delle risorse che finanziano i centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari e di 52,3 milioni di euro per il 2023 del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo che finanzia le strutture territoriali della rete SAI, al fine di proseguire l’accoglienza dei profughi provenienti dall’Ucraina (commi 4 e 5).
Infine, dispone, nell’ambito del fabbisogno sanitario standard per l’anno 2023, la prosecuzione della garanzia di accesso all’assistenza sanitaria sul territorio nazionale per i richiedenti e titolari della protezione temporanea a condizioni di parità con i cittadini italiani (comma 6).
L’articolo 3 stabilisce che la somma pari ad un massimo di 100 euro pro capite al giorno in favore dei comuni che accolgono minori stranieri non accompagnati provenienti dall’Ucraina è riconosciuta non più a titolo di rimborso per i costi sostenuti, bensì a titolo di mero contributo (comma 1, lettera a) e fissa al 30 settembre 2024 la data per la presentazione delle relative istanze da parte dei comuni interessati (comma 2).
Altro sopraggiunto decreto-legge recante talune disposizioni in materia di accoglienza della popolazione ucraina è stato il decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, provvisto di un articolo – l’articolo 13 – il quale destina aggiuntivi 36 milioni (attingendoli al Fondo per le emergenze nazionali) per la prosecuzione delle attività emergenziali connesse alla crisi ucraina, con particolare riguardo alle forme di assistenza coordinate dai Presidenti delle Regioni in qualità di commissari delegati e dai Presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano.
La citata ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 872 del 2022, si ricorda, prevede che i Presidenti delle Regioni, nominati Commissari delegati, e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano provvedano a coordinare il concorso dei rispettivi sistemi territoriali di protezione civile alle attività di soccorso ed assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina, nel quadro di un piano nazionale di distribuzione, in relazione a: a) la definizione logistica per il trasporto di persone; b) soluzioni urgenti di alloggiamento ed assistenza temporanee; c) l’assistenza sanitaria; d) l’assistenza immediata degli ingressi nelle Regioni di confine.
Si ricorda infine che il disegno di legge di bilancio 2024, A.S. n. 926, reca all’articolo 70 un’autorizzazione di spesa pari a 300 milioni di euro per l’anno 2024 per il proseguimento delle attività connesse allo stato di emergenza, relativo all'esigenza di assicurare soccorso e assistenza, nel territorio nazionale, alla popolazione ucraina.
Siffatta previsione è lì formulata quale integrativa, in via di novella, proprio del comma 9 dell’articolo 21 del presente decreto-legge n. 145 del 2023.
Articolo 21, commi 9-bis e 9-ter
(Proroga dello stato di emergenza per il soccorso
sul territorio nazionale alla popolazione ucraina)
Il comma 9-bis proroga al 4 marzo 2024 lo stato di emergenza per il soccorso ed assistenza, sul territorio nazionale, alla popolazione ucraina, con attribuzione di correlative risorse per 26,3 milioni.
Il comma 9-ter demanda ad ordinanze di protezione civile l’individuazione e rimodulazioni delle conseguenti misure di assistenza.
Questi due commi sono stati introdotti in sede referente.
In particolare, il comma 9-bis proroga al 4 marzo 2024 lo stato di emergenza per il soccorso ed assistenza, sul territorio nazionale, alla popolazione ucraina in conseguenza della crisi internazionale in atto.
Ed apposta risorse fino a 26,322 milioni per l’anno 2024 per tale destinazione, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali.
Tale proroga ‘si salda’ dunque con quella vigente disposta fino al 31 dicembre 2023 (v. supra la scheda di lettura riferita al comma 9 del presente articolo del decreto-legge, per un sommario riepilogo della vicenda normativa dello stato di emergenza di cui si tratta). Può valere ricordare, sul piano ‘ordinamentale’ quale disegnato con fonte primaria dal decreto legislativo n. 1 del 2018, Codice della protezione civile, che la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale è prevista non superare dodici mesi, prorogabile per non più di ulteriori dodici mesi (così l’articolo 24, comma 3 del citato decreto legislativo).
Il comma 9-ter demanda ad ordinanze di protezione civile (di cui all’articolo 25 del decreto legislativo n. 1 del 2018) l’individuazione delle specifiche misure e la rimodulazione delle attività, per la prosecuzione della gestione emergenziale e delle forme di assistenza coordinate dai Presidenti di Regioni e Province autonome.
Sono richiamati dalla disposizione l’articolo 31 del decreto-legge n. 21 del 2022 e l’articolo 13 del decreto-legge n. 132 del 2023. Il primo ha autorizzato il Dipartimento di protezione civile a definire forme di accoglienza diffusa ulteriori rispetto a quelle ordinarie di gestione di flussi migratori, nonché alcune altre misure. Il secondo ha autorizzato (a tal fine destinando 36 milioni) la prosecuzione per il 2023 delle attività emergenziali connesse alla crisi ucraina, in particolare le forme di assistenza coordinate dai Presidenti delle regioni e dai Presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano dietro il previsto coordinamento del Dipartimento della protezione civile.
Siffatto coordinamento è stato oggetto di specifica ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile, la quale è richiamata dalla disposizione del decreto-legge in esame. Si tratta della ordinanza n. 872 del 4 marzo 2022 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2022). Lì si prevede che i Presidenti delle Regioni, nominati Commissari delegati, e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano provvedano a coordinare il concorso dei rispettivi sistemi territoriali di protezione civile alle attività di soccorso ed assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina, nel quadro di un piano nazionale di distribuzione[75], in relazione a: a) la definizione logistica per il trasporto di persone; b) soluzioni urgenti di alloggiamento ed assistenza temporanee; c) l’assistenza sanitaria; d) l’assistenza immediata degli ingressi nelle Regioni di confine.
Articolo 21, comma 12
(Copertura finanziaria di misure in materia di immigrazione e sicurezza)
Il comma 12 dell’articolo 21 reca la copertura finanziaria degli oneri - pari a 239,859 milioni per il 2023 e a 44,486 milioni per il 2024 - derivanti dalle misure in materia di immigrazione e sicurezza recate dai commi 1, 2, 3, 5, 7 e 9 dell’articolo 21 medesimo.
A tali oneri si provvede:
a) quanto a 29,859 milioni di euro per l’anno 2023, mediante utilizzo di quota parte delle risorse rinvenienti dalle disposizioni di cui al presente articolo 21, comma 2, lettera b);
b) quanto a 210 milioni di euro per l’anno 2023 e 44,486 milioni per l’anno 2024 ai sensi dell’articolo 23 (alla cui scheda si rinvia).
La lettera b) del comma 2 del presente articolo 21 prevede la riduzione di 29.859.066 euro del limite massimo di spesa disposto dall’articolo 1, comma 683, della legge n. 197 del 2022 (v. la relativa scheda).
Articolo 21-bis
(Differimento dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari e contributivi a seguito degli eventi calamitosi del 2 novembre 2023)
L’articolo 21-bis, introdotto in sede referente, differisce i termini relativi ad alcuni adempimenti e versamenti tributari e contributivi per i soggetti che avevano la residenza ovvero la sede legale od operativa nei comuni toscani colpiti degli eventi calamitosi del 2 novembre 2023.
Il comma 1 specifica l’ambito soggettivo di applicazione della norma, stabilendo che le disposizioni dell’articolo si applicano ai soggetti che, alla data del 2 novembre 2023, avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei comuni toscani indicati nell'allegato 1, annesso al decreto in esame.
Il comma 2 specifica che nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, i versamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, che scadono nel periodo dal 2 novembre 2023 al 17 dicembre 2023, sono considerati tempestivi, senza applicazione di sanzioni e interessi, se effettuati in un’unica soluzione entro il 18 dicembre 2023.
Il comma 3 chiarisce che le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai versamenti delle ritenute alla fonte di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 600, e delle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, operate dai soggetti di cui al comma 1 in qualità di sostituti d'imposta.
Il comma 4 stabilisce che nei casi di cui ai commi 2 e 3 non si procede al rimborso di quanto già versato.
Il comma 5 prevede che nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, i termini degli adempimenti tributari in scadenza dalla data del 2 novembre 2023 al 17 dicembre 2023, sono considerati tempestivi, senza applicazione di sanzioni, se eseguiti entro il 18 dicembre 2023. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche agli adempimenti relativi ai rapporti di lavoro, verso le amministrazioni pubbliche, previsti a carico di datori di lavoro, di professionisti, di consulenti e centri di assistenza fiscale che abbiano sede o operino nei comuni indicati nell'allegato 1, anche per conto di aziende e clienti non operanti nei comuni citati.
Il comma 6, infine, precisa che disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano anche ai versamenti e agli adempimenti previsti per l'adesione a uno degli istituti di definizione agevolata di cui all'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 221, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, che scadono nel periodo dal 2 novembre 2023 al 17 dicembre 2023.
Si ricorda, in sintesi, che i sopra citati commi da 153 a 158 e da 166 a 221 hanno introdotto delle misure agevolative cd di tregua fiscale che riguardano la definizione agevolata; gli avvisi bonari; la regolarizzazione di irregolarità formali; il ravvedimento speciale; l’adesione agevolata e la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento; la definizione agevolata delle controversie tributarie; la conciliazione agevolata delle controversie tributarie; la rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione; la regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale.
Articolo 21-ter
(Disposizioni concernenti le risorse per l’attuazione della Strategia nazionale di cybersicurezza)
L’articolo 21-ter, introdotto in sede referente, stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Direttore generale dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, d'intesa con il Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza – disponga annualmente l’assegnazione di risorse per l’attuazione della Strategia nazionale di cybersicurezza ai seguenti organismi:
§ Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS);
§ Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE);
§ Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI).
Per quanto concerne la ripartizione, la gestione, il controllo e il monitoraggio delle predette risorse, si applica quanto previsto dalla legge n. 124 del 2007 sul Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.
La disposizione in esame introduce un nuovo comma 901-bis all’articolo 1 della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023). Tale nuovo comma stabilisce, come sopra accennato, che il Presidente del Consiglio dei ministri disponga circa l’assegnazione annuale di risorse finanziarie agli organismi di cui agli articoli 4, 6 e 7 della legge n. 124 del 2007 (“Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto”), rispettivamente il DIS, l’AISE e l’AISI. Tali risorse:
§ sono destinate all’attuazione delle misure (di competenza di DIS, AISE e AISI) del piano di implementazione della Strategia nazionale di cybersicurezza, di cui all’art. 1, comma 900, della citata legge di bilancio per il 2023;
§ sono assegnate a valere sul Fondo per l'attuazione della Strategia nazionale di cybersicurezza e sul Fondo per la gestione della cybersicurezza, previsti dall’art. 1, comma 899, della medesima legge di bilancio 2023; i due fondi, allocati nello stato di previsione del MEF, sono finalizzati ad attuare la Strategia nazionale di cybersicurezza ed il relativo Piano di implementazione.
Per quanto qui di interesse, si ricorda che la legge sul Sistema di informazione e sicurezza n. 124 del 2007 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 1, comma 1, lettera f)) la determinazione dell'ammontare annuo delle risorse finanziarie per i servizi di informazione per la sicurezza e per il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, dando comunicazione al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (disciplinato dll’art. 30 della legge medesima). Il Presidente del Consiglio dei ministri provvede, altresì, al coordinamento delle politiche dell'informazione per la sicurezza, impartisce le direttive e, sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, emana ogni disposizione necessaria per l'organizzazione e il funzionamento del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica (così dispone l’articolo 1, comma 3, della medesima legge n. 124).
L’articolo 1, comma 899, della legge di bilancio 2023, ha istituito i due fondi con le finalità e le dotazioni che seguono:
§ il Fondo per l’attuazione della Strategia nazionale di cybersicurezza, è volto a finanziare, anche integrando le risorse già assegnate a tale fine, gli investimenti volti al conseguimento dell’autonomia tecnologica in ambito digitale, e all’innalzamento dei livelli di cybersicurezza dei sistemi informativi nazionali; il comma 899 citato ha attribuito al Fondo una dotazione di 70 milioni di euro per l’anno 2023, 90 milioni di euro per l’anno 2024, 110 milioni di euro per l’anno 2025 e 150 milioni di euro annui dal 2026 al 2037; il disegno di legge di bilancio per il 2024 (A.S. n. 926) assegna al Fondo (cap. 7572 del MEF, in termini di competenza) una dotazione pari a euro 76.044.211 per il 2024; 96.454.211 per il 2025; 150 milioni dal 2026;
§ il Fondo per la gestione della cybersicurezza, è destinato a finanziare le attività di gestione operativa dei progetti finanziati con il primo fondo, con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro per l’anno 2023 e 50 milioni di euro per l’anno 2024 e 70 milioni di euro a decorrere dal 2025; il disegno di legge di bilancio per il 2024 (A.S. n. 926) assegna al Fondo (cap. 3081 del MEF, in termini di competenza) una dotazione pari a euro 44.863.000 per il 2024; 64.143.000 per il 2025; 70 milioni dal 2026.
Le risorse dei fondi sono assegnate alle amministrazioni individuate dal piano piano di implementazione della Strategia nazionale di cybersicurezza con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati su proposta dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze (legge n. 197 del 2022, art. 1, comma 901). L'Agenzia per la cybersicurezza nazionale indirizza, coordina e monitora l'attuazione del medesimo piano e sviluppa una rilevazione dei fabbisogni finanziari necessari alle amministrazioni individuate come attori responsabili nell'ambito del predetto piano (comma 900).
Con il DPCM 17 maggio 2022 è stata adottata la Strategia nazionale di cybersicurezza (2022-2026) e l'annesso Piano di implementazione come previsto dall'art. 2, comma 1, lett. b), del D.L. 82/2021 recante l’architettura della sicurezza cibernetica nazionale.
I due documenti sono finalizzati ad affrontare il rafforzamento della resilienza nella transizione digitale del sistema Paese; il conseguimento dell'autonomia strategica nella dimensione cibernetica; l'anticipazione dell'evoluzione della minaccia cyber; la gestione di crisi cibernetiche.
La Strategia nazionale di cybersicurezza individua tre obiettivi fondamentali: protezione, risposta, sviluppo.
La protezione degli asset strategici nazionali, attraverso un approccio orientato alla gestione e mitigazione del rischio, formato sia da un quadro normativo sia da misure, strumenti e controlli che possono abilitare una transizione digitale resiliente del Paese. Di particolare importanza è lo sviluppo di strategie e iniziative per la verifica e valutazione della sicurezza delle infrastrutture ICT, ivi inclusi gli aspetti di approvvigionamento e supply-chain a impatto nazionale.
La risposta alle minacce, agli incidenti e alle crisi cyber nazionali, attraverso l’impiego di elevate capacità nazionali di monitoraggio, rilevamento, analisi e risposta e l’attivazione di processi che coinvolgano tutti gli attori facenti parte dell’ecosistema di cybersicurezza nazionale.
Lo sviluppo consapevole e sicuro delle tecnologie digitali, della ricerca e della competitività industriale, in grado di rispondere alle esigenze del mercato.
Il Piano di implementazione riporta, per ciascuno degli obiettivi della Strategia nazionale – protezione, risposta e sviluppo – le misure da porre in essere per il loro conseguimento per ognuna delle quali è indicato il novero degli attori responsabili per la loro attuazione. Le Amministrazioni indicate come attori responsabili, sono chiamate a porre in essere le attività necessarie a dare attuazione alle corrispondenti misure, utilizzando le risorse finanziarie a disposizione, a legislazione vigente comprese quelle del PNRR, occorrenti allo scopo.
La sicurezza cibernetica è compresa tra i progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).
In particolare la Cybersecurity è uno dei 7 investimenti della Digitalizzazione della pubblica amministrazione, primo asse di intervento della componente 1 "Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA" compresa nella Missione 1 "Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo".
All'investimento, volto alla creazione ed al rafforzamento delle infrastrutture legate alla protezione cibernetica del Paese a partire dalla attuazione della disciplina prevista dal perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, sono destinati circa 620 milioni di euro di cui 241 per la creazione di una infrastruttura per la cybersicurezza; 231 per il rafforzamento delle principali strutture operative del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica PNSC; 15 per il rafforzamento delle capacità nazionali di difesa informatica presso il ministero dell'Interno, Difesa, Guardia di Finanza, Giustizia e Consiglio di Stato.
L'intervento si articola in 4 aree principali:
rafforzamento dei presidi di front-line per la gestione degli alert e degli eventi a rischio verso la PA e le imprese di interesse nazionale;
consolidamento delle capacità tecniche di valutazione e audit della sicurezza dell'hardware e del software;
potenziamento del personale delle forze di polizia dedicate alla prevenzione e investigazione del crimine informatico;
implementazione degli asset e delle unità incaricate della protezione della sicurezza nazionale e della risposta alle minacce cyber.
Per approfondimenti, si veda la pagina Sicurezza cibernetica del portale della documentazione della Camera dei deputati.
Articolo 22
(Modifiche all’articolo 12 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in materia di informazioni relative alle nascite e ai decessi)
L’articolo 22, oggetto di alcune modifiche nel corso dell’esame in sede referente, reca disposizioni funzionali a una più efficiente acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi, redatte in forma di novella alla disciplina già vigente in materia.
L’articolo in esame apporta alcune modifiche testuali all’articolo 12 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34[76]; la disposizione oggetto di novella detta una disciplina - caratterizzata da una finalità acceleratoria - inerente all’acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi.
Le modifiche in questione, secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, concorrono alla manovra di finanza pubblica attraverso la semplificazione delle procedure per la gestione informatica dei certificati di nascita e morte, determinando un efficientamento in termini di tempestività e completezza della gestione, anche statistica, delle relative informazioni, con conseguenti risparmi in termini di minori costi organizzativi e finanziari. L’efficientamento, secondo quanto osservato dal Governo, opera non solo a livello amministrativo degli enti che producono tali certificati, ma anche a livello degli utilizzatori, compresi quelli che fruiscono dei dati per indagini e rilevazioni di tipo statistico. La norma, stando sempre alla relazione illustrativa, è ritenuta necessaria, inoltre, ai fini dell’adozione del decreto previsto dall’art.12, comma 4[77], del DL 34/2020 in materia di procedure informatiche per l’acquisizione dei dati di nascita e dei dati relativi ai decessi della popolazione residente, consentendo il superamento dell’attuale sistema di raccolta dati basato su documenti cartacei che comporta oneri rilevanti di tipo finanziari ed organizzativi.
In base alla formulazione già vigente della disposizione oggetto di novella, le strutture sanitarie, i medici, i medici necroscopi o altri sanitari delegati inviano direttamente al Sistema Tessera Sanitaria del MEF i seguenti dati: avviso di decesso[78]; certificato necroscopico[79]; denuncia della causa di morte[80]; attestazione di nascita[81]; dichiarazione di nascita[82]. La trasmissione dei predetti dati esonera i soggetti interessati dall’ulteriore invio ai Comuni dell’attestazione cartacea. Il Sistema Tessera Sanitaria rende immediatamente disponibili, senza registrazione, i dati di cui sopra: a) all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), per le finalità ordinarie di registrazione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi; b) ai Comuni non ancora collegati all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), tramite posta elettronica certificata; c) all’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT).
La lettera a) dell’articolo in esame, modificando il comma 3 dell’articolo oggetto di novella, sopprime il divieto di registrazione dei dati previsto dal testo previgente (v. sopra); inoltre, integra l’elenco dei soggetti a cui devono essere forniti i dati medesimi. Questi ultimi, in base alla novella, sono messi a disposizione, oltre che dell’ANPR e dell’ISTAT, anche: di tutti i Comuni (e non solo di alcuni), per il tramite della posta elettronica certificata (PEC)[83], nelle more della messa a disposizione dei servizi di ANPR relativi all’informatizzazione dei registri dello stato civile; dell'Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA), per i soggetti - diversi dagli assistiti e dagli assistibili (al riguardo v. infra) e non registrati in ANPR - che hanno usufruito di prestazioni sanitarie erogate nell’ambito del Servizio sanitario nazionale.
Si ricorda che l'Anagrafe nazionale degli assistititi (ANA) è stata istituita dall'art. 62-ter del d. lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale), al fine espresso di rafforzare gli interventi in tema di monitoraggio della spesa del settore sanitario, accelerare il processo di automazione amministrativa e migliorare i servizi per i cittadini e le pubbliche amministrazioni.
All’implementazione dell’Anagrafe ha provveduto il DPCM 1° giugno 2022, che ha previsto la costituzione di una base dati unificata per tutte le aziende sanitarie del territorio nazionale, con la creazione di una rete di interazioni con le ASL e le regioni finalizzata alla semplificazione degli adempimenti del cittadino e alla determinazione univoca dell’assistenza al livello nazionale.
Il predetto DPCM, al richiamato articolo 2, comma 1, punti b) e c), fornisce le definizioni, rispettivamente, di “assistibile” e “assistito”: “assistibile” è il soggetto residente nel territorio regionale, che non ha operato la scelta del medico di Medicina generale o pediatra di libera scelta, di cui alle tipologie indicate nell'allegato E del medesimo DPCM; “assistito” è il soggetto che ha diritto all'assistenza sanitaria nell'ambito del Servizio sanitario nazionale ed ha effettuato la scelta del medico di Medicina generale o pediatra di libera scelta, di cui alle tipologie indicate nell'allegato E succitato.
Inoltre, nel confermare la messa a disposizione dei dati all’ANPR, la lettera in esame modifica le finalità dichiarate di tale fornitura: il testo vigente della disposizione fa riferimento alle finalità di cui all'articolo 62, comma 2-bis del Codice dell’amministrazione digitale. Quest’ultimo comma stabilisce che l'ANPR contiene l'archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni garantendo agli stessi, anche progressivamente, i servizi necessari all'utilizzo del medesimo, e fornisce i dati ai fini della tenuta delle liste di leva (di cui al richiamato articolo 1931 del codice dell'ordinamento militare), secondo modalità definite con decreto ministeriale. In sede referente, il predetto riferimento è stato sostituito dalla menzione di una nuova finalità espressa: quella di garantire la completezza dell'archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile.
La lettera b) dell’articolo in commento introduce nell’articolo novellato il nuovo comma 3-bis. Quest’ultimo prevede che il Sistema Tessera Sanitaria, allo scopo espresso di consentire agli operatori sanitari l’eventuale consultazione dei dati inseriti ai fini della rettifica degli stessi, memorizzi temporaneamente per un mese e renda immediatamente disponibili le eventuali relative rettifiche ai soggetti elencati dal precedente comma 3.
In base al tenore letterale della disposizione in disamina, potrebbe ritenersi che oggetto della temporanea memorizzazione siano le rettifiche, mentre un’interpretazione di tipo finalistico porterebbe a ritenere che oggetto della predetta memorizzazione siano i dati inizialmente inseriti. Si valuti l’opportunità di chiarire tale aspetto.
In sede referente, la rubrica dell’articolo in esame è stata integrata con un riferimento esplicito alla materia dallo stesso trattata, ossia le “informazioni relative alle nascite e ai decessi”.
Articolo 22-bis
(Bonus psicologo)
L’articolo in titolo, introdotto in sede referente, incrementa di 5 milioni di euro, per l’anno 2023, il limite complessivo di spesa per il c.d. bonus psicologo (di cui al richiamato articolo 1-quater, comma 3, quinto periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228).
Dispone, inoltre, circa il riparto delle risorse derivanti dall’incremento predetto e in ordine alla quantificazione e alla copertura dei relativi oneri finanziari.
Va premesso, a fini di inquadramento dell’intervento, che la legge di bilancio 2023 (L. 197/2022, comma 538 dell’art. 1), novellando il richiamato articolo 1-quater, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228[84], ha disposto la corresponsione del cosiddetto bonus psicologo, in precedenza prevista limitatamente all'anno 2022, anche per l'anno 2023 e per gli anni 2024 e seguenti, innovando in ordine al limite massimo pro capite del contributo (elevato a 1.500 euro a persona, rispetto al limite massimo di 600 euro a persona previsto per il 2022) e ponendo al contempo nuovi limiti complessivi (5 milioni di euro per il 2023 e 8 milioni di euro a decorrere dal 2024, a fronte di un limite complessivo per il 2022 pari a 25 milioni di euro).
L’articolo in esame, senza modificare direttamente il succitato articolo 1-quater, comma 3, quinto periodo, del d.l. 228/2021, incrementa, per il 2023, il limite complessivo di spesa per il contributo in questione: detto limite, in virtù dell’aumento di 5 milioni di euro disposto, è portato a 10 milioni complessivi.
Si ricorda che la misura nota come ‘bonus psicologo’ è stata introdotta in considerazione dell'aumento delle condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica a causa dell'emergenza pandemica e della conseguente crisi socio-economica e consiste in un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia, fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti nell'ambito dell'albo degli psicologi. Il contributo è parametrato alle diverse fasce dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine di sostenere le persone con ISEE più basso, e non spetta alle persone con ISEE superiore a 50.000 euro. L'individuazione delle modalità di presentazione della domanda per accedere al contributo, dell'entità dello stesso e dei requisiti, anche reddituali, per la sua assegnazione sono stati demandati a un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano[85].
L’articolo in esame specifica che le predette risorse aggiuntive che incrementano il livello di finanziamento sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato sono da assegnare con uno o più decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base delle quote di accesso al finanziamento sanitario indistinto, e sono trasferite a tutte le regioni e alle province autonome, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono, per le autonomie speciali, il concorso della regione o della provincia autonoma al finanziamento sanitario corrente.
Alla copertura dell’onere derivante dalla previsione delle risorse aggiuntive in oggetto, pari a 5 milioni di euro per l’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Articolo 23
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 23, come modificato in sede referente, prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo destinato all'attuazione della manovra di bilancio 2024-2026 (comma 1), incrementa le risorse destinate alle regolazioni contabili del bilancio dello Stato delle agevolazioni per i bonus edilizi (comma 2), dispone l’abrogazione di alcune disposizioni in materia di organizzazione delle articolazioni territoriali del MEF (comma 3), incrementa il Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale (comma 4), incrementa l’autorizzazione di spesa relativa al finanziamento del c.d. “Patrimonio destinato” (comma 5), indica gli effetti del ricorso all'indebitamento in termini di interessi passivi sui titoli del debito pubblico (comma 6), reca le coperture delle misure del decreto aventi effetti sulla finanza pubblica, ove non già previste dai singoli articoli di riferimento (comma 7), sostituisce l'allegato 1 alla legge di bilancio 2023 con l'allegato 2 annesso al presente decreto (comma 8), autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e prevede altresì che il Ministero dell'economia e delle finanze, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria (comma 9).
In particolare, il comma 1 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), un Fondo con una dotazione pari a 2.760 milioni di euro per l’anno 2024, 104 milioni di euro per l’anno 2025 e 16 milioni di euro per l’anno 2026, destinato all’attuazione della manovra di bilancio 2024-2026. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del comma 7 (si veda infra).
Il comma 2 incrementa di 15.000 milioni di euro per l’anno 2023 le risorse per l’attuazione dei c.d. superbonus edilizi di cui all’articolo 119, comma 16-quater, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato relative alle agevolazioni per i bonus edilizi. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 15.000 milioni di euro per l’anno 2023, in termini di saldo netto da finanziare, si provvede ai sensi del comma 7.
Il comma 3 dispone l’abrogazione della lettera a) dell’articolo 1, comma 350, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
La suddetta lettera a) dell’articolo 1, comma 350, della legge di bilancio 2019 dispone che si provveda, ai fini della razionalizzazione organizzativa e amministrativa delle articolazioni territoriali del MEF, alla revisione degli assetti organizzativi periferici attraverso la realizzazione di presìdi unitari orientati al governo coordinato dei servizi erogati in ambito territoriale dalle articolazioni periferiche del MEF, ivi compresi gli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria, ferme restando le funzioni di collaborazione e supporto nell'esercizio dell'attività giurisdizionale delle commissioni tributarie. Tali presìdi costituiscono uffici dirigenziali non generali e dipendono organicamente e funzionalmente dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, l’articolo 20, comma 2-bis, lettera b), del decreto-legge n. 44 del 2023 ha introdotto all’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999 la lettera d-bis). Pertanto, tra le attività attribuite al nuovo Dipartimento della Giustizia tributaria del MEF dal comma 2-ter del medesimo articolo viene, altresì, prevista “la gestione delle procedure di acquisizione di beni e servizi connessi al funzionamento delle corti di giustizia tributaria”. L’attribuzione di tale attività supera pertanto quanto previsto dall’articolo 1, comma 350, lettera a), della legge di bilancio 2019 relativa ai presidi unitari territoriali per tutte le articolazioni periferiche del MEF.
Il comma 4 incrementa di 216,1 milioni di euro per l’anno 2024 il Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale di cui all’articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020). Al relativo onere si provvede ai sensi del comma 7.
Il Fondo è stato istituito dal suddetto articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2021 nello stato di previsione del MEF (capitolo 3833) con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, di cui una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 destinata all'assegno universale e servizi alla famiglia. Il Fondo era stato precedentemente ridotto di 1.393 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 dall’articolo 1, comma 872, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
Il comma 5 dispone l’incremento di 2.540,9 milioni di euro, per l’anno 2024, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020. Agli oneri derivanti dal presente comma pari a 2.540,9 milioni di euro per l’anno 2024, in termini di saldo netto da finanziare, si provvede ai sensi del comma 7.
Il suddetto articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, ai fini degli apporti dal MEF al c.d. “Patrimonio destinato”, autorizza per l'anno 2020 l'assegnazione alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. di titoli di Stato, nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi ovvero, nell'ambito del predetto limite, l'apporto di liquidità. Detti titoli non concorrono a formare il limite delle emissioni nette per l'anno 2020 stabilito dalla legge di bilancio e dalle successive modifiche.
L'articolo 27, comma l del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) prevede la costituzione, nell'ambito di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. – CDP, di un patrimonio le cui risorse sono destinate all’attuazione di interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge n.34 del 2020, il Patrimonio Destinato non è costituito mediante segregazione di una parte del patrimonio di CDP, ma mediante l'apporto di beni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF); a tal fine, è autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato o di liquidità, nel limite massimo di 44 miliardi di euro. Si tratta quindi di un fondo interamente pubblico la cui gestione è affidata a CDP.
All’apporto del MEF corrisponde l’emissione, da parte di CDP S.p.A., a valere sul Patrimonio Destinato e in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione. Le risorse del Patrimonio Destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano.
In via preferenziale il Patrimonio Destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Per il finanziamento delle attività del Patrimonio Destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione, a valere sul Patrimonio Destinato o su singoli comparti, di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito. Sulle obbligazioni del Patrimonio Destinato, in caso di incapienza del patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello Stato.
La garanzia dello Stato può essere, altresì, concessa in favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il Patrimonio Destinato, a specifiche condizioni. Il Patrimonio opera in regime di totale esenzione fiscale: gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva con aliquota del 12,5 per cento.
Il Patrimonio Destinato cessa ex lege decorsi dodici anni dalla costituzione; tuttavia la sua durata può essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di CDP, su richiesta del Ministero dell’economia e delle finanze.
Al conto corrente di tesoreria centrale fruttifero, su cui confluiscono le disponibilità liquide del Patrimonio Destinato possono affluire anche le disponibilità liquide dei contribuenti che intendano investire i loro risparmi a sostegno della crescita dell’economia reale. Gli schemi di decreto attuativo della disciplina primaria sono sottoposti al Parlamento. Al Parlamento è inoltre inviata una relazione annuale sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni in parola.
Il comma 6 reca la quantificazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento di cui al comma 7, lettera q): 21 milioni di euro per l’anno 2024, 65 milioni di euro per l’anno 2025, 105,3 milioni di euro per l’anno 2026, 113,2 milioni di euro per l’anno 2027, 116,5 milioni di euro per l’anno 2028, 128,1 milioni di euro per l’anno 2029, 135,1 milioni di euro per l’anno 2030, 142,6 milioni di euro per l’anno 2031, 151,3 milioni di euro per l’anno 2032, 159,8 milioni di euro per l’anno 2033 e 173,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a 25 milioni di euro per l’anno 2024, 73 milioni di euro per l’anno 2025, 120,5 milioni di euro per l’anno 2027, 128,2 milioni di euro per l’anno 2028, 137,2 milioni di euro per l’anno 2029, 146,7 milioni di euro per l’anno 2030, 155,9 milioni di euro per l’anno 2031, 165,2 milioni di euro per l’anno 2032, 174 milioni di euro per l’anno 2033, 183,7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del comma 7.
Il comma 7 reca, innanzitutto, la determinazione degli oneri derivanti dagli articoli 1, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 20, 21 e dai commi 1, 2, 4, 5 e 6 del presente articolo, in 27.981,47 milioni di euro per l’anno 2023, 5.655,596 milioni di euro per l’anno 2024, 218,049 milioni di euro per l’anno 2025, 159,664 milioni di euro per l’anno 2026, 138,18 milioni di euro per l’anno 2027, 141,451 milioni di euro per l’anno 2028, 153,063 milioni di euro per l’anno 2029, 160,096 milioni di euro per l’anno 2030, 167,62 milioni di euro per l’anno 2031, 176,288 milioni di euro per l’anno 2032, 184,793 milioni di euro per l’anno 2033 e 198,204 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2034, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a 226,049 milioni di euro per l’anno 2025, 145,54 milioni di euro per l’anno 2027, 153,227 milioni di euro per l’anno 2028, 162,222 milioni di euro per l’anno 2029, 171,708 milioni di euro per l’anno 2030, 180,867 milioni di euro per l’anno 2031, 190,19 milioni di euro per l’anno 2032, 199,022 milioni di euro per l’anno 2033 e 208,672 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2034.
Il comma indica quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria dei suddetti oneri:
a) quanto a 3.134,8 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti, di competenza e di cassa, delle missioni e dei programmi per gli importi indicati nell’allegato 1 al presente decreto, riportato di seguito;
b) quanto a 350 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione, in relazione alle risultanze emerse dall’attività di monitoraggio a tutto il 30 settembre 2023, delle risorse finanziarie iscritte in bilancio ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo n. 230 del 2021 per il riconoscimento dell’ assegno unico e universale per i figli a carico.
In merito alla riduzione dello stanziamento per assegno unico, nella relazione tecnica il Governo fa presente quanto segue. La previsione per l’anno 2023, prima della riduzione indicata, ammonta a 18.649 milioni di euro per il 2023. Gli oneri contabilizzati a tutto settembre 2023 risultano pari a 13.608 milioni di euro. Ne consegue, anche tenuto conto delle domande che possono pervenire nei prossimi mesi, la plausibilità di una stima pari a 18.299 milioni di euro per l’anno 2023 e pertanto la plausibilità della riduzione indicata per 350 milioni di euro con conseguenti economie per l’anno 2023;
c) quanto a 258 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019;
Si tratta del «Fondo per il reddito di cittadinanza» iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell'erogazione del beneficio economico del Reddito di cittadinanza (Rdc) e della Pensione di cittadinanza, nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione e delle misure aventi finalità analoghe a quelle del Rdc. Come chiarito dalla relazione tecnica, lo stanziamento per Rdc (limite di spesa) prima della riduzione indicata ammonta a 7.264,4 milioni di euro per l’anno 2023. Sulla base di quanto registrato a tutto settembre 2023 (5.283 milioni di euro) e delle stimate contabilizzazioni per i successivi mesi per la complessiva competenza 2023 si ritiene plausibile una riduzione del limite di spesa di 258 milioni di euro con rideterminazione del limite di spesa in 7.006,4 milioni di euro per l’anno 2023, con conseguenti economie per l’anno 2023;
d) quanto a 50 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea di cui all’articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012;
e) quanto a 5 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 199, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014);
f) quanto a 130 milioni di euro per l’anno 2023 e 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004;
g) quanto a 200 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo perequativo infrastrutturale di cui all’articolo 22, comma 1-ter, della legge n. 42 del 2009.
Il suddetto articolo 22, comma 1-ter della legge n. 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) ha istituito nello stato di previsione del MEF il "Fondo perequativo infrastrutturale" con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Il Fondo è destinato a finanziare gli interventi da realizzare ai sensi del successivo comma 1-quater, il quale stabilisce che ciascun Ministero competente individua, anche sulla base di una proposta non vincolante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, in un apposito Piano da adottare con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli interventi da realizzare, che non devono essere già oggetto di integrale finanziamento a valere su altri fondi nazionali o dell'Unione europea, l'importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell'intervento, il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione, nonché le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell'opera da finanziare;
h) quanto a 172 milioni di euro per l’anno 2024 e 154 milioni di euro per l’anno 2025, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997.
Il suddetto articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997, per garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico, connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale e realizzati nel contesto dell'Unione europea, autorizza il limite di impegno decennale di lire 100 miliardi per l'anno 1998. A tal fine autorizza il Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo in relazione al predetto limite di impegno nonché per corrispondere le quote di competenza italiana del programma EFA (European fighter aircraft) in conformità alle indicazioni del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora delle imprese e del made in Italy), di concerto con il Ministero della difesa, che tengano conto dell'avanzamento progettuale;
i) quanto a 1.000 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per il finanziamento del contratto di programma, parte servizi 2022-2027 tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e RFI di cui all’articolo 1, comma 396, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021);
l) quanto a 350 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui all’articolo 1, comma 178, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021);
m) quanto a 2.530 milioni di euro per l’anno 2023, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato, nel medesimo anno, di una corrispondente somma iscritta in conto residui nello stato di previsione del MEF, con riferimento all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020.
Il suddetto articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, ai fini degli apporti dal MEF al c.d. “Patrimonio destinato”, autorizza per l'anno 2020 l'assegnazione alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. di titoli di Stato, nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi ovvero, nell'ambito del predetto limite, l'apporto di liquidità. Detti titoli non concorrono a formare il limite delle emissioni nette per l'anno 2020 stabilito dalla legge di bilancio e dalle successive modifiche;
n) quanto a 2.775 milioni di euro per l’anno 2023, in termini di saldo netto da finanziare, mediante corrispondente versamento in entrata da parte di Cassa depositi e prestiti con riferimento alle somme giacenti sui conti di tesoreria riferite all’articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, come indicate all’articolo 6, comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.
Ai sensi del citato articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 269 del 2003, la Cassa depositi e prestiti è trasformata in società per azioni con la denominazione di "Cassa depositi e prestiti società per azioni" (CDP S.p.A.). Il comma 2 dispone che le azioni della CDP S.p.A. sono attribuite allo Stato, che esercita i diritti dell'azionista. Il comma 3 stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare (decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003), sono determinati:
a) le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze e quelle assegnate alla gestione separata della CDP S.p.A. di cui al comma 8;
b) i beni e le partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette, che sono trasferite alla CDP S.p.A. e assegnate alla gestione separata di cui al comma 8, anche in deroga alla normativa vigente;
c) gli impegni accessori assunti dallo Stato;
d) il capitale sociale della CDP S.p.A., comunque in misura non inferiore al fondo di dotazione della Cassa depositi e prestiti risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato;
o) quanto a 2.990,9 milioni di euro per l’anno 2024 e 54,4 milioni di euro per l’anno 2026, e, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, 970 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 3, 4, 5 e 6 (si vedano le relative schede);
p) quanto a 1.472 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle minori spese derivanti dall’articolo 1 (si veda la relativa scheda);
q) mediante il ricorso all’indebitamento autorizzato dal Senato della Repubblica (Risoluzione in Assemblea 6-00045) e dalla Camera dei deputati (Risoluzione in Assemblea 6-00058) l’11 ottobre 2023 con le risoluzioni di approvazione della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012.
Con la Relazione al Parlamento, annessa alla NADEF 2023, redatta ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, il Governo sottolinea la necessità di adottare misure urgenti con cui contrastare il rallentamento del quadro macroeconomico registrato negli ultimi mesi, il deterioramento delle prospettive di crescita a livello globale e una dinamica dei prezzi ancora sostenuta. Il Governo ricorda che la norma citata prevede che, in circostanze eccezionali e sentita la Commissione europea, il Governo sottoponga all’approvazione parlamentare una relazione, da approvare a maggioranza assoluta, con cui richiedere l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento. In ordine alla sussistenza dei previsti presupposti per intervenire si sottolineano i segnali di frenata nella crescita del PIL registrati a partire dai mesi primaverili dell’anno in corso (-0,4% di crescita congiunturale nel II trimestre), che non devono essere trascurati, anche se determinati da fattori esogeni rispetto all’economia nazionale (rallentamento globale e, a livello dell’area dell’euro, inasprimento delle condizioni monetarie e finanziarie). Inoltre, si teme che lo scenario macro-finanziario possa ulteriormente deteriorarsi a causa dell’eccessivo prolungarsi della fase di inflazione, che indurrebbe le principali banche centrali ad inasprire le politiche monetarie, o di un ulteriore rallentamento delle principali aree economiche che solitamente trainano il commercio mondiale. Incombe anche il rischio, a livello geopolitico, di un acuirsi delle attuali tensioni internazionali, che potrebbe dare luogo a nuovi shock ai prezzi dell’energia oppure a restrizioni nelle catene di offerta in settori strategici per l’economia. Il Governo presenta quindi la richiesta di un margine di manovra in termini di indebitamento da utilizzare per adottare provvedimenti che si ritengono in grado di fornire un sostegno all’economia nel breve termine, quali la riduzione del cuneo fiscale a carico dei lavoratori e un primo intervento attuativo della delega fiscale, al fine di trasformare in prospettiva il sistema tributario in un fattore di crescita. Il Governo ricorda che il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica, definito con il DEF 2023 dello scorso aprile, prevedeva una progressiva riduzione dell’indebitamento netto programmatico al -4,5 per cento nel 2023, al -3,7 per cento nel 2024, al -3,0 per cento nel 2025 e al -2,5 per cento nel 2026. In termini strutturali, il saldo era stato previsto al -4,9 per cento nel 2023, al -4,1 per cento nel 2024, al -3,7 per cento nel 2025 e al -3,2 per cento nel 2026. Con la Relazione in oggetto, sentita la Commissione europea, il Governo chiede l’autorizzazione alla revisione degli obiettivi programmatici di indebitamento netto previsti nel Documento di economia e finanza 2023 per un importo in termini percentuali di PIL pari a 0,8 per cento nel 2023, 0,6 per cento nel 2024 e nel 2025 e 0,4 per cento nel 2026. Il nuovo livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è pertanto pari a -5,3 per cento nel 2023, -4,3 per cento nel 2024, -3,6 per cento nel 2025 e -2,9 per cento nel 2026, a fronte di un andamento tendenziale del rapporto deficit/PIL stimato al -5,2 per cento nel 2023, -3,6 per cento nel 2024, -3,4 per cento nel 2025 e -3,1 per cento nel 2026. I nuovi obiettivi programmatici assicurano la progressiva riduzione dell’indebitamento netto strutturale, che dovrebbe essere pari al -5,9 per cento del PIL nel 2023, -4,8 per cento nel 2024, -4,3 per cento nel 2025 e -3,5 per cento nel 2026. Il rapporto programmatico debito/PIL è pari al 140,2 per cento nel 2023, 140,1 per cento nel 2024, 139,9 per cento nel 2025 e 139,6 per cento nel 2026.
Sulla base delle percentuali sopra indicate gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all’indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento. Dal 2027 l’autorizzazione all’indebitamento è destinata alla sola spesa per interessi passivi per un importo fino a 1.910 milioni di euro nel 2027, 2.040 milioni di euro nel 2028, 2.170 milioni di euro nel 2029, 2.310 milioni di euro nel 2030, 2.450 milioni di euro nel 2031, 2.600 milioni di euro nel 2032, 2.740 milioni di euro nel 2033 e 2.900 milioni di euro dal 2034.Le risorse relative al 2023 (2,3 miliardi al lordo dei maggiori interessi) saranno destinate, attraverso un provvedimento d’urgenza, al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni e alla gestione dei flussi migratori. Inoltre, al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato connesse al maggior tiraggio delle agevolazioni per i bonus edilizi (scontato nei tendenziali aggiornati), il Governo chiede anche l’autorizzazione ad incrementare, per il solo anno 2023, il livello del saldo netto da finanziare di competenza e di cassa per ulteriori 15 miliardi di euro. Nel 2024 e 2025, le risorse saranno utilizzate, nell’ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, per il taglio al cuneo fiscale sul lavoro anche nel 2024 e l’attuazione della prima fase della riforma fiscale, il sostegno alle famiglie e alla genitorialità, la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego con particolare riferimento al settore della sanità, il potenziamento degli investimenti pubblici, con priorità per quelli previsti nell’ambito del PNRR, nonché il finanziamento delle politiche invariate. Il livello del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 202,5 miliardi nel 2024, a 168 miliardi nel 2025 e a 134 miliardi nel 2026. Il corrispondente livello del saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 252 miliardi nel 2024, 212 miliardi nel 2025 e 179 miliardi nel 2026.
Il comma 8 dispone la sostituzione dell’allegato 1 alla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per ciascun anno del triennio di riferimento (2023, 2024 e 2025), con l’allegato 2 annesso al decreto-legge in esame, riportato di seguito. Tale sostituzione è resa necessaria dall'approvazione della Relazione di modifica del percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine approvata dalle Camere di cui al comma 7, lettera q) (si veda sopra).
Si ricorda, peraltro, che l’Allegato 1 in questione è già stato sostituito dall'articolo 44, comma 5, del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023.
Nuovo Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022)
(tra parentesi i valori dell’Allegato 1 della legge di bilancio 2023 – in neretto gli importi modificati dal decreto in esame)
(milioni di euro)
RISULTATI DIFFERENZIALI |
|||
- COMPETENZA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2023 |
2024 |
2025 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
227.600 (209.400) |
143.000 (143.000) |
116.814 (116.814) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
538.420 (520.220) |
456.468 (456.468) |
435.554 (435.554) |
- CASSA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2023 |
2024 |
2025 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
282.600 (264.000) |
185.000 (185.000) |
152.814 (152.814) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
593.431 (575.231) |
498.468 (498.468) |
471.554 (471.554) |
(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato. |
Si rammenta che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio, mediante rinvio all'Allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima.
I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.
Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.
Come sopra accennato, l’allegato 1 della legge di bilancio 2023 è già stato sostituito dall'articolo 44, comma 5, del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023 come illustrato nella tabella seguente (in neretto le cifre modificate dai provvedimenti).
In particolare, con riferimento al saldo netto da finanziare, il livello massimo del saldo è stato aumentato per l’anno 2023 - rispetto a quanto originariamente indicato dalla legge di bilancio 2023 - di 3,4 miliardi con il D.L 48/2023 e di ulteriori 18,2 miliardi con il decreto in esame.
|
|
2022 |
2023 |
2024 |
Legge di bilancio 2023 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
206.000 |
138.500 |
116.500 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
516.820 |
451.968 |
435.240 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
261.000 |
180.500 |
152.500 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
571.831 |
493.968 |
471.240 |
|
D.L. n. 48/2023 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
209.400 |
143.000 |
116.814 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
520.220 |
456.468 |
435.554 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
264.000 |
185.000 |
152.814 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
575.231 |
498.468 |
471.554 |
(milioni di euro)
In ottemperanza inoltre a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli dei suesposti saldi sono determinati coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 9, infine, autorizza, ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il MEF, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.
Articolo 23-bis
(Clausola di salvaguardia)
L’articolo 23-bis prevede che le disposizioni del decreto-legge in conversione sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
L’articolo 23-bis stabilisce quindi che le disposizioni del provvedimento in conversione non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la previsione in esame esplicita, trae origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, dall'impossibilità che norme di rango primario possano legittimamente incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione (il cui ambito di competenza è anch'esso previsto da norme statutarie di rango costituzionale)[86]. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.
Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti legislativi che intervengono su ambiti materiali ascrivibili alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme introdotte, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).
La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, "allorquando tale clausola entri in contraddizione con quanto testualmente affermato dalle norme impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome"[87].
La disposizione in esame specifica che il rispetto degli statuti speciali e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che, "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti", le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, le disposizioni che novellano l'articolo 117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite".
Tale disposizione è così suscettibile di attribuire agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere, ad esempio, a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri un'autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.
Articolo 24
(Entrata in vigore)
L'articolo 24 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 19 ottobre 2023.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Cfr. la relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto (tali relazioni sono disponibili nell’A.S. n. 912) nonché il messaggio dell’INPS n. 4050 del 15 novembre 2023.
[2] Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente.
L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo (articolo 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni). Nella valutazione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto si deve tener conto (ai sensi del medesimo articolo 34, comma 1, della L. n. 448, e successive modificazioni) anche degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi, assegni che sono quindi inclusi nella base di riferimento pur essendo estranei all'ambito di applicazione degli incrementi a titolo di perequazione.
[3] Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (cfr. l'articolo 24, comma 5, della L. 28 febbraio 1986, n. 41).
[4] La decorrenza sia degli incrementi a titolo di perequazione sia dei relativi conguagli dal 1° gennaio (dell'anno successivo a quello rispettivamente di riferimento) è stata introdotta dall'articolo 14 della L. 23 dicembre 1994, n. 724.
[5] Si ricorda che, ai fini in oggetto, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente quello di applicazione della perequazione medesima. L'importo minimo in esame per il 2022 è stato pari a 6.829,94 euro.
[6] Cfr. l’articolo 1, comma 309, della L. 29 dicembre 2022, n. 197.
[7] Cfr. la relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto; tali relazioni sono disponibili nell’A.S. n. 912.
[8] Come si legge in tale tabella, gli importi mensili da corrispondere per 12 mensilità (13 mensilità per il personale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, ai sensi dell’art. 34, co. 6 del CCNL 16/5/1995), decorrenti dal 1° novembre 2022, al personale delle aree del Ministero della salute sono pari a 377,46 euro per i funzionari, a 279,40 euro per gli assistenti e a 253,34 euro per gli operatori.
[9] Come si legge in tale tabella, gli importi mensili da corrispondere per 12 mensilità (13 mensilità per il personale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, ai sensi dell’articolo 34, co. 6 del CCNL 16/5/1995), decorrenti dal 1° novembre 2022, al personale delle aree del Ministero della salute sono pari a 377,46 euro per i funzionari, a 279,40 euro per gli assistenti e a 253,34 euro per gli operatori.
[10] Fondo di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.
[11] Si dispone anche che il personale di ricerca trasferito ad INAPP, al quale è applicato il CCNL degli Enti pubblici di ricerca, può chiedere il trasferimento presso altro ente di ricerca tra quelli elencati dalla normativa vigente, ai sensi di quanto previsto dal Testo unico sul pubblico impiego in materia di passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.
Anche a seguito del suddetto trasferimento di funzioni, viene altresì modificata la disciplina relativa all’articolazione in dipartimenti e alle aree funzionali di competenza del Ministero.
Si prevede, inoltre, la possibilità per il medesimo Ministero di avvalersi, fino al 31 dicembre 2026, di personale non dirigenziale a tempo indeterminato proveniente dagli enti dallo stesso vigilati.
Infine, si dispone che la società ANPAL Servizi S.p.a. assume la denominazione di Sviluppo Lavoro Italia S.p.A. di cui vengono disciplinate le funzioni e la composizione.
[12] Riguardo alla fase specifica del recupero alla quale si riferisce il termine temporale in esame, cfr. infatti infra.
[13] Il comma 2-bis del medesimo articolo 13 della L. n. 412 prevede che con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, siano individuati le fattispecie e i termini entro i quali, su proposta del Presidente dell'INPS, motivata da obiettive ragioni di carattere organizzativo e funzionale, anche relative alla tempistica di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, il suddetto termine del recupero sia prorogato; tale nuovo termine non può ricadere oltre il secondo anno successivo a quello stabilito per la verifica; quindi, la proroga non può essere superiore ad un anno; riguardo alla decorrenza dei termini in materia, cfr. infra.
[14] Cfr. il paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 16 marzo 2018.
[15] Per ulteriori precisazioni a quest'ultimo riguardo, cfr. il suddetto paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 2018.
[16] Riguardo alla base imponibile della contribuzione previdenziale, cfr. la norma di rinvio, di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, al regime fiscale.
[17] Cfr. l’articolo 49, comma 2, e l’articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
[18] La novella modifica l’articolo 51, comma 4, lettera b), del citato testo unico delle imposte sui redditi.
[19] La norma fa riferimento ai familiari di cui all’articolo 12 del citato testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni. Si prescinde dalla circostanza che il familiare sia o meno a carico del soggetto titolare del reddito (cfr. al riguardo, per esempio, la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/E del 1° agosto 2023).
[20] Riguardo a tale perimetro, cfr. il comma 3 del citato articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi.
[21] Resta ferma l’esclusione del suddetto criterio di determinazione della base imponibile per i prestiti rientranti nelle fattispecie di cui al secondo periodo della citata lettera b) dell’articolo 51, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi.
[22] Con riferimento alla normativa vigente, cfr. la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 44/E del 25 luglio 2023.
[23] Testo unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986.
[24] Di cui all’articolo 8, comma 13, del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 aprile 2023, n. 41.
[25] Di cui all'articolo 5, comma 9, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni. Tale disciplina concerne le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché quelle inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, e le autorità amministrative indipendenti.
Riguardo agli incarichi dirigenziali o direttivi e alle cariche in organi di governo delle amministrazioni, rientrano nel divieto anche gli enti e società controllati dalle amministrazioni summenzionate; il divieto non si applica con riferimento alle giunte degli enti territoriali e agli organi elettivi degli ordini o collegi professionali (o dei relativi organismi nazionali) e degli enti aventi natura associativa. La normativa prevede altre esclusioni o deroghe rispetto alla disciplina restrittiva in oggetto. Riguardo ad esse, si ricorda che l'articolo 19-ter del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, esclude dai divieti in esame gli enti di previdenza di diritto privato i cui organi di governo siano eletti in via diretta o indiretta da parte degli iscritti.
Il citato articolo 5, comma 9, specifica che gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni dello stesso comma nell'ambito della propria autonomia.
[26] Riguardo all'ambito di essi, cfr. supra, in nota.
[27] Il divieto di cui al citato articolo 5, comma 9, del D.L. n. 95 del 2012 non concerne eventuali rimborsi di spese, a condizione che essi siano corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Tali rimborsi devono essere rendicontati.
[28] Si ricorda, inoltre, riguardo agli incarichi a titolo gratuito che siano dirigenziali e direttivi, che il citato articolo 5, comma 9, del D.L. n. 95 del 2012 ammette il conferimento degli stessi ai soggetti già collocati in quiescenza per una durata non superiore a un anno (non prorogabile né rinnovabile) presso ciascuna amministrazione.
[29] Rientrano in quest’ultima fattispecie gli incarichi di direttore generale e di vice direttore generale dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Per tali incarichi la norma sul conferimento prevede infatti la previa informativa alle Commissioni parlamentari competenti e al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica-COPASIR (cfr. l’articolo 2, comma 3, del D.L. 14 giugno 2021, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2021, n. 109).
[30] Cfr., nel suddetto parere, l’osservazione relativa all’emendamento 3.0.501 (emendamento approvato che ha introdotto il presente articolo).
[31] Mediante il richiamo dell’articolo 1, comma 489, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, e dell’articolo 14, comma 3, e dell’articolo 14.1, comma 3, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.
[32] La norma si riferisce ai trasferimenti statali per leggi di settore determinati ai sensi dell’articolo 2, comma 109, della legge n. 191 del 2009 e correlati esclusivamente alle rate di ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari accesi dalle province autonome, nonché a rapporti giuridici già definiti. Con la legge finanziaria del 2010, infatti, sono stati soppressi tutti i trasferimenti statali per leggi di settore alle province autonome, ad eccezione dei “contributi erariali in essere sulle rate di ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari accesi dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché i rapporti giuridici già definiti.”
[33] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
[34] Recante Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
[35] Recante norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge delega 30 novembre 1998, n. 419 per l’adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del SSN e modifiche al D. Lgs. n. 502/1992, relativo al riordino della disciplina in materia sanitaria.
[36] «I contratti degli enti pubblici devono essere stipulati, a pena di nullità, in forma scritta, la quale assolve una funzione di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, permettendo di identificare con precisione il contenuto del programma negoziale, anche ai fini della verifica della necessaria copertura finanziaria e dell’assoggettamento al controllo dell’autorità tutoria».
[37] Il Rendiconto regionale rappresenta il momento conclusivo del complessivo ciclo di bilancio dell’Ente regionale, sul quale si pone il giudizio di parifica, nel quale dunque diventa centrale la correttezza della determinazione del risultato di amministrazione, il quale ne configura “l’oggetto principale e lo scopo” (Corte cost. sentenza n. 89/2017) e deve esprimere gli equilibri economici e finanziari dell’ente all’esito del processo di corretta rappresentazione dei saldi. Il suo oggetto principale è il saldo del “risultato di amministrazione”, che esprime, in una semplice sintesi numerica, la condizione economica e finanziaria dell’Ente tenendo conto dell’intera gestione passata.
[38] Possono beneficiare dell’agevolazione le micro, piccole e medie imprese (PMI) che alla data di presentazione della domanda:
· sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese o nel Registro delle imprese di pesca;
· sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
· non rientrano tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
· non si trovano in condizioni tali da risultare imprese in difficoltà;
· abbiano sede legale o una unità locale in Italia; per le imprese non residenti nel territorio italiano il possesso di una unità locale in Italia deve essere dimostrato in sede di presentazione della richiesta di erogazione del contributo.
[39] Il Decreto interministeriale contiene la disciplina d’attuazione delle misure di accesso al credito in oggetto, stabilendo altresì le modalità di concessione ed erogazione delle agevolazioni (contributo statale).
[40] La legge di bilancio 2023 (L. 197/2022) prevede un rifinanziamento di 2,25 miliardi di euro delle risorse (allocate nel capitolo 7002 dello stato di previsione del MIT) previste dall’art. 1, comma 397, della L. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022), per il contratto di programma ANAS 2021- 2025. In virtù di tale rifinanziamento, le risorse complessive per il periodo 2023-2034 previste dalla legge di bilancio 2023 per tale contratto di programma ammontano a 6,4 miliardi di euro.
[41] I «soggetti garanti autorizzati» sono soggetti garanti per i quali, a seguito di apposita valutazione in ordine all'adeguatezza patrimoniale, alla solvibilità, all'efficienza e all'accuratezza della gestione, effettuata dal Consiglio di gestione sulla base di quanto stabilito dalle condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale, è concessa l'autorizzazione a operare secondo le specifiche modalità previste dal decreto.
[42] quali, a titolo esemplificativo, quelli volti a soddisfare il fabbisogno energetico con energie provenienti da fonti rinnovabili, a effettuare investimenti in misure di efficienza energetica che riducono il consumo di energia assorbito dalla produzione economica, a effettuare investimenti per ridurre o diversificare il consumo di gas naturale ovvero a migliorare la resilienza dei processi aziendali rispetto a oscillazioni eccezionali dei prezzi sui mercati dell'energia elettrica.
[43] Ai sensi del suddetto articolo 7, comma 1, le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto – con indicazione, nel medesimo, della sede legale – e nello statuto delle stesse devono essere espressamente previsti:
a) la denominazione;
b) l'oggetto sociale, con specifico riferimento all'esercizio in via stabile e principale dell'organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica (il requisito dell'esercizio in via principale dell'attività dilettantistica non si applica agli enti del Terzo settore, ai sensi del comma 1-bis del suddetto articolo 7 del D.Lgs. n. 36, e successive modificazioni);
c) l'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione;
d) l'assenza di fini di lucro (come disciplinata dall’articolo 8 del medesimo D.Lgs. n. 36, e successive modificazioni);
e) le norme sull'ordinamento interno, ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive che assumano la forma societaria, per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;
f) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;
g) le modalità di scioglimento dell'associazione o società;
h) l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio, nel suddetto caso di scioglimento.
[44] La novella concerne l’articolo 12, comma 2-bis, del citato D.Lgs. n. 36 del 2021.
[45] Riguardo alla distinzione tra area del professionismo e area del dilettantismo, cfr. l’articolo 38 del citato D.Lgs. n. 36 del 2021, e successive modificazioni.
[46] Di cui all’articolo 25, comma 6-ter, del citato D.Lgs. n. 36 del 2021. Per i vari soggetti tenuti agli adempimenti in oggetto, cfr. il suddetto comma.
[47] Tale comunicazione è messa a disposizione del Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), di cui all’articolo 73 del codice per l'amministrazione digitale, di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.
[48] Cfr. la relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto; la relazione è disponibile nell’A.S. n. 912.
[49] Riguardo all’istituzione del Fondo, cfr. l’articolo 20, comma 2, della L. 8 novembre 2000, n. 328.
[50] Cfr. il comma 7 del suddetto articolo 20 della L. n. 328 e l’articolo 2, comma 473, della L. 24 dicembre 2007, n. 244.
[51] Si ricorda, al riguardo, che il Codice del Terzo settore, di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, delimita il perimetro del Terzo settore, enumerando gli enti che ne fanno parte: organizzazioni di volontariato (ODV), associazioni di promozione sociale (APS), enti filantropici, imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso. L’ente del Terzo settore è definito come “ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”. Entro il 31 ottobre 2020 tutti gli enti del Terzo settore devono modificare i propri statuti inserendovi l’indicazione di ente di Terzo settore o l’acronimo ETS. Il Codice del Terzo settore, in vigore dal 3 agosto 2017, aveva previsto che il Registro unico nazionale del Terzo settore fosse pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto aveva concesso un anno di tempo per l’adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni) e ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria competenza. Con il Decreto Ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020 sono state definite le procedure di iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, le modalità di deposito degli atti, nonché le regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro.
[52] In attuazione di tale disposizione, il D.P.C.M. 30 maggio 2012 ha fissato le modalità di presentazione della richiesta e di predisposizione delle liste dei soggetti ammessi al riparto;
[53] Le modalità e i termini per l'accesso al riparto del cinque per mille a sostegno degli enti gestori delle aree protette sono disciplinate con il D.P.C.M. 22 marzo 2019.
[54] Tali associazioni sono individuate dall’articolo in esame mediante il riferimento alle associazioni che, a seconda della natura della disabilità da accertare, sono rappresentate nelle commissioni mediche di accertamento dell’handicap (commissioni di cui all’articolo 4 della L. 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni). Si ricorda infatti che, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della L. 15 ottobre 1990, n. 295, la composizione di tali commissioni è di volta in volta integrata – in relazione alla categoria di disabilità oggetto di accertamento – con un sanitario in rappresentanza di una delle quattro associazioni suddette.
[55] Ai sensi del richiamato articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 479, e successive modificazioni.
[56] Ai sensi del citato articolo 3, comma 4, del D.Lgs. n. 479 del 1994 e dell’articolo 1, comma 114, della L. 30 dicembre 2021, n. 234.
[57] Fondo di cui all’articolo 6, comma 2, del D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni.
[58] Si ricorda che con la definizione “part-time ciclico” (o multi-periodale) si intende una modalità attraverso la quale l'attività lavorativa viene prestata solo in alcuni periodi dell’anno (settimane o mesi). Nel caso di “part-time verticale”, il lavoro viene svolto in alcuni giorni della settimana.
[59] Considerato il sistema di accredito contributivo previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti, si precisa che per periodo continuativo di un mese si intende un arco temporale pari a quattro settimane (parametrato in giornate per gli assicurati del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo per i quali l’accredito è espresso in giornate).
[60] Con specifico riferimento a tale requisito, la circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023 evidenzia che il lavoratore è da intendersi percettore di NASpI anche nell’ipotesi in cui – alla data di presentazione della domanda di indennità una tantum – sia titolare della prestazione NASpI ma questa sia stata sospesa a seguito di rioccupazione con rapporto di lavoro a tempo determinato di durata pari o inferiore a sei mesi.
[61] L’indennità una tantum, pertanto – come evidenziato dalla circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023 - è incompatibile con le pensioni dirette a carico, anche pro quota, dell’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) e delle forme esclusive, sostitutive, esonerative e integrative della stessa, delle forme previdenziali compatibili con l’AGO, della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, degli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, nonché con l’indennità di cui all’articolo 1, comma 179, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e successive modificazioni (c.d. APE sociale).
[62] Per le modalità di presentazione della domanda vedasi il messaggio INPS n. 3097 del 5 agosto 2022 e la citata circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023, nonché il messaggio INPS n. 1379 del 13 aprile 2023 per quanto riguarda le istanze di riesame.
[63] Tali norme transitorie sono poste dall'articolo 90, commi 1 e 2, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77. Per le proroghe dei relativi termini temporali, cfr. l'articolo 10, comma 2, e l'allegato B del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 maggio 2022, n. 52, l'articolo 23-bis, comma 2, del D.L. 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 settembre 2022, n. 142, l’articolo 9, comma 5-ter, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14, e l'articolo 42, comma 3-bis, del D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 luglio 2023, n. 85.
[64] Il suddetto articolo 90, comma 1, del D.L. n. 34 del 2020 prevede altresì un identico diritto per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) che, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, siano maggiormente esposti a rischio di contagio dal virus SARS-CoV-2, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possano caratterizzare una situazione di maggiore rischio, accertata dal medico competente; tuttavia, la norma in oggetto fa riferimento alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 83 del medesimo D.L. n. 34, la disciplina della quale non trova più applicazione per decorso dei termini.
[65] Articolo 87, comma 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.
[66] Gepi è la piattaforma per la gestione dei Patti per l’inclusione sociale e costituisce lo strumento per l'attuazione delle attività di competenza dei Comuni rivolte ai beneficiari del Reddito di cittadinanza.
[67] In base all’art. 2, co. 3 e 4, del d.lgs. 65/2017, i servizi educativi per l'infanzia sono articolati in: nidi e micronidi (che accolgono i bambini tra 3 e 36 mesi); sezioni primavera (che accolgono bambini tra 24 e 36 mesi). Esse sono aggregate, di norma, alle scuole per l'infanzia statali o paritarie o inserite nei Poli per l'infanzia; servizi integrativi (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, servizi educativi in contesto domiciliare). I servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati; le sezioni primavera possono essere gestite anche dallo Stato.
[68] Il richiamato art. 9, co. 28, del D.L. 78/2010 dispone che, dal 2011, tranne determinate eccezioni, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, le università e taluni enti pubblici, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
[69] Di cui all’art. 8, co. 1, del D.L. 77/2021, in base al quale ciascuna amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel PNRR provvede al coordinamento delle relative attività di gestione, nonché al loro monitoraggio, rendicontazione e controllo. A tal fine, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, individua, tra quelle esistenti, la struttura di livello dirigenziale generale di riferimento ovvero istituisce una apposita unità di missione di livello dirigenziale generale fino al completamento del PNRR, e comunque fino al 31 dicembre 2026, articolata fino ad un massimo di tre uffici dirigenziali di livello non generale.
[70] “Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”.
[71] In sede attuativa è intervenuto il decreto del Ministero dell’interno del 14 settembre 2023, il quale ha determinato in 4.938 euro l’importo della ‘cauzione’, da aggiornare con cadenza biennale sulla base del costo medio del rimpatrio.
[72] Secondo la previsione dell’articolo 158 del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), l'Arma dei carabinieri assicura i servizi di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari (nonché degli uffici degli addetti militari all'estero) e concorre ad affrontare particolari situazioni di emergenza o di crisi, locali o internazionali, che dovessero mettere in pericolo la sicurezza di tali rappresentanze.
[73] L’articolo 25 del Codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2018) prevede infatti che si provveda al coordinamento dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale, mediante ordinanze di protezione civile (che possono derogare ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea). Le ordinanze sono emanate acquisita l'intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate (e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate). Con le ordinanze di protezione civile si dispone tra l’altro, nel limite delle risorse disponibili, in ordine all'organizzazione ed all'effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alle persone interessate dall'evento.
[74] Tali disposizioni sono successivamente confluite nel decreto legge n. 14 del 2022 (articolo 5-quater) in sede di conversione con legge 5 aprile 2022, n. 28.
[75] Il 13 aprile 2022 è stato adottato il Piano nazionale per l’accoglienza e l’assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina, che descrive le misure generali organizzative messe in atto dal Servizio Nazionale della protezione civile per assicurare il monitoraggio qualitativo dei flussi, l’accoglienza e l’assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina. Con le indicazioni operative emanate in data 9 maggio 2022, il Piano è stato integrato con le misure di accoglienza diffusa da realizzarsi attraverso gli enti del Terzo Settore e del Privato Sociale. Uno specifico Piano minori stranieri non accompagnati è intervenuto in data 25 marzo 2022, successivamente aggiornato il 5 maggio 2022. Per quanto concerne il sistema di accoglienza e assistenza alla popolazione ucraina, si veda la pagina dedicata sul sito internet del Dipartimento della Protezione civile.
[76] D.l. recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
[77] La disposizione richiamata prevede che, con uno o più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dell'interno, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano definiti i dati interessati e le relative modalità tecniche di trasmissione.
[78] In base all’articolo 72, comma 3 del DPR n. 396/2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile), la dichiarazione di morte deve essere fatta entro 24 ore dal decesso all'ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta o del luogo dove il cadavere è stato deposto, da parte di uno dei congiunti o da una persona convivente con il defunto o da un loro delegato ovvero da persona informata del decesso. In caso di morte in un ospedale, casa di cura o di riposo, collegio, istituto o qualsiasi altro stabilimento, il direttore o chi ne è stato delegato dall'amministrazione deve trasmettere avviso della morte, comunque nel termine di 24 ore, con le specifiche indicazioni relative ai dati indicati nell’atto di morte (luogo, giorno e l'ora della morte, dati anagrafici del defunto e dell’eventuale coniuge e degli altri dati di cui all’art.73).
[79] In base all’articolo 74, comma 2 del richiamato DPR n. 396/2000, è l’atto rilasciato a seguito dell’accertamento della morte per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario, in cui sono indicati, in caso, indizi di reato.
[80] Ai sensi del Regolamento di polizia mortuaria (DPR n. 285/1990) è l’atto con il quale i medici devono denunciare al sindaco, per ogni caso di morte di persona da loro assistita, la malattia che, a loro giudizio, ne sarebbe stata la causa, ferme restando le disposizioni sulla dichiarazione e sull'avviso di morte da parte dei familiari. In caso di morte per malattia infettiva compresa nell'apposito elenco pubblicato dal Ministero della salute, il comune deve darne informazione immediatamente all’azienda ospedaliera dove è avvenuto il decesso.
[81] È la dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile, corredata da una attestazione di avvenuta nascita con le generalità della madre, nonché altri dati relativi alla nascita, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del DPR n. 396/2000.
[82] A differenza dell’attestazione di nascita, che è resa dall’ufficiale dello stato civile, la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata, in base a quanto prescritto dall’art. 30, comma 1 del DPR n. 396/2000.
[83] La novella fa riferimento alla PEC (o meglio all’indirizzo PEC, come specificato in sede referente) disponibile nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale.
[84] D.l. recante Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito legge di conversione 25 febbraio 2022, n. 15.
[85] V. al riguardo, per la prima attuazione della normativa sul ‘bonus psicologo’, il D.M. 31 maggio 2022, concernente “Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia, ai sensi dell'articolo 1-quater, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15.” Si segnala peraltro che, nella seduta ordinaria del 23 novembre 2023 della Conferenza Stato-Regioni, è stata sancita intesa su uno schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di definizione dei tempi di presentazione della domanda, nonché dell’entità e della validità del contributo per sessioni di psicoterapia. Il provvedimento oggetto della citata intesa, che risulta firmato ed in via di pubblicazione, prevede il riparto di 5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 8 milioni a decorrere dal 2024: v. https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=salastampa&p=comunicatistampa&id=5998
[86] In questo senso si vedano Corte costituzionale n. 20 del 1956, n. 180 del 1980, n. 237 del 1983, n. 212 del 1984, n. 160 del 1985, n. 213 del 1998, n. 341 del 2001, n. 353 del 2001, n. 51 del 2006, n. 82 del 2015, n. 198 del 2018, n. 31 del 2019 e n. 63 del 2023.
[87] Si veda Corte costituzionale n. 40 del 2016. Sul tema si vedano altresì Corte costituzionale n.156 del 20115 e n. 77 del 2015.