Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili |
Serie: | Progetti di legge Numero: 193 |
Data: | 24/10/2023 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Misure urgenti in materia economica e fiscale, in favore degli enti territoriali, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili
D.L. 145/2023 - A.S. n. 912
24 ottobre 2023
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451- studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 174
Servizio Studi
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233- st_bilancio@camera.it - @CD_bilancio
Progetti di legge n. 193
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
Articolo 2 (Recupero delle prestazioni pensionistiche indebite)
Articolo 3 (Anticipo rinnovo contratti pubblici)
Articolo 4 (Rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette)
Articolo 7 (Misure in materia di riduzione delle accise sui prodotti energetici)
Articolo 9, comma 10 (Contributo alla regione Molise per la riduzione del disavanzo)
Articolo 10 (Trasporto pubblico locale)
Articolo 11 (Edilizia universitaria)
Articolo 12 (Anticipo investimenti FS)
Articolo 13 (Rifinanziamento della Nuova Sabatini)
Articolo 15 (Programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico)
Articolo 16 (Contributi economici in ambito sportivo per CONI, CIP e FCI)
Articolo 17 (Fondo nazionale per le politiche sociali)
Articolo 18 (Disposizioni inerenti ai lavoratori a tempo parziale ciclico)
Articolo 19 (Disposizioni transitorie in materia di reddito di cittadinanza)
Articolo 20 (Misure per le scuole dell'infanzia paritarie)
Articolo 21, comma 2 (Misure per la funzionalità degli uffici del Ministero dell’interno)
Articolo 21, comma 5 (Risorse per la rete dei centri di permanenza per i rimpatri)
Articolo 21, commi 6-8 (Disposizioni varie relative al Ministero dell’interno e al primo soccorso)
Articolo 21, comma 12 (Copertura finanziaria di misure in materia di immigrazione e sicurezza)
Articolo 23 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 24 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Anticipo del conguaglio della perequazione dei trattamenti pensionistici relativa al 2022)
L’articolo 1 reca una norma transitoria in materia di indicizzazione ? cosiddetta perequazione automatica ? dei trattamenti pensionistici (ivi compresi quelli di natura assistenziale). Esso prevede: l'anticipo dal 1° gennaio 2024 al 1° dicembre 2023 della decorrenza del conguaglio concernente il calcolo della perequazione relativa al 2022 ? conguaglio consistente in un incremento di otto decimi di punto percentuale[1] (aggiuntivi rispetto alla perequazione già riconosciuta a decorrere dal 1° gennaio 2023), con il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dalla medesima data del 1° gennaio 2023.
Il presente articolo, inoltre, quantifica l'onere finanziario netto per il 2023 derivante dalla suddetta norma transitoria e rinvia per la copertura dello stesso alle disposizioni di cui al successivo articolo 23.
La norma transitoria in esame è posta con la finalità esplicita di contrastare gli effetti negativi dell'inflazione.
Si ricorda che, in base alla disciplina generale, gli incrementi a titolo di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici ? ivi compresi, i trattamenti di natura assistenziale ? si basano sulla variazione del costo della vita e decorrono dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento[2] (l'istituto della perequazione in esame non concerne i trattamenti delle forme gestite dagli enti previdenziali di diritto privato, trattamenti per i quali la perequazione si applica in base alla disciplina della singola gestione); gli incrementi sono determinati secondo varie aliquote decrescenti (rispetto alla base di calcolo costituita dalla variazione del costo della vita). Più in particolare:
- la decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo concerne sia l'incremento riconosciuto in base alla variazione dell'indice del costo della vita relativa all'anno precedente e provvisoriamente accertata con decreto ministeriale entro il 20 novembre di quest'ultimo anno[3] sia l'eventuale conguaglio, relativo alla differenza tra il valore ? definitivamente accertato con il suddetto decreto ? della variazione dell'indice relativo al penultimo anno precedente e il valore provvisoriamente accertato con il precedente decreto annuo[4]. Tale eventuale conguaglio comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio dell'anno precedente;
- la perequazione è riconosciuta nella misura del 100% della variazione dell'indice del costo della vita per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto fino a 4 volte il trattamento minimo INPS[5] e in misura variabile da 85 a 32 punti percentuali su successive fasce di importo del complesso dei trattamenti[6].
Il presente articolo 1 dispone, come accennato, l'anticipo dal 1° gennaio 2024 al 1° dicembre 2023 della decorrenza del conguaglio concernente il calcolo della perequazione relativa al 2022 ? conguaglio consistente in un incremento di otto decimi di punto percentuale[7] (aggiuntivi rispetto alla perequazione già riconosciuta a decorrere dal 1° gennaio 2023), con il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dalla medesima data del 1° gennaio 2023 ?; non si prevede un termine specifico per l'emanazione del relativo decreto ministeriale.
Il medesimo articolo 1 quantifica in 1.472 milioni di euro, per il 2023, l'onere finanziario netto derivante dalla suddetta norma transitoria (al netto delle maggiori entrate fiscali, derivanti dall'incremento dei trattamenti pensionistici e dal conseguente incremento della base imponibile delle imposte sui redditi). Al fine della copertura dell’onere netto, l’articolo 1 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 23.
L’articolo 1 quantifica anche gli effetti fiscali negativi indotti per il 2024, derivanti dal summenzionato anticipo dal 2024 al 2023 del conguaglio e del conseguente ricalcolo retroattivo (l'anticipo del ricalcolo sui ratei pregressi comporta una minore base imponibile fiscale per il 2024); tali effetti negativi vengono compensati mediante una quota delle minori spese per il 2024 derivanti dal medesimo anticipo al 2023.
Articolo 2
(Recupero delle prestazioni pensionistiche indebite)
L’articolo 2 differisce al 31 dicembre 2024 il termine per la trasmissione[8] della richiesta di recupero, da parte dell'INPS, delle prestazioni pensionistiche indebite, con riferimento agli indebiti che emergano dalle verifiche dei redditi concernenti il periodo d'imposta 2021, nonché agli indebiti che emergano dalle verifiche dei redditi relative al periodo d'imposta 2020, limitatamente ? per quest'ultimo periodo ? alle verifiche in base ai dati trasmessi dal titolare del trattamento pensionistico e non già disponibili per una qualsiasi amministrazione pubblica.
La previsione in esame costituisce una deroga alla norma di cui all'articolo 13, comma 2, della L. 30 dicembre 1991, n. 412. Quest'ultimo prevede che l'INPS proceda annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provveda, entro l'anno successivo, al recupero degli importi eventualmente pagati in eccedenza[9].
Riguardo al suddetto termine "anno successivo", si ricorda che, in base alle norme poste dall'articolo 35, commi 8 e 10-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14, e successive modificazioni, e dall'articolo 15, comma 1, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, ed in base all'interpretazione seguita dalla giurisprudenza e dall'INPS[10]:
- qualora l'INPS non abbia preso in considerazione redditi di cui l'Istituto fosse già a conoscenza, anche indirettamente, cioè per il tramite dell'Amministrazione finanziaria o di un'altra amministrazione pubblica che detenga informazioni, il recupero deve avvenire entro l’anno successivo a quello di liquidazione del trattamento pensionistico indebito;
- negli altri casi, il termine è costituito dall'anno successivo a quello nel corso del quale sia stata resa la dichiarazione dei dati in oggetto da parte del pensionato.
Si ricorda altresì che, secondo il paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 16 marzo 2018, il termine temporale in oggetto si intende in ogni caso soddisfatto con l’avvio delle attività di recupero, coincidente, secondo le disposizioni regolamentari dell'INPS, "con le attività di postalizzazione e, dunque, con la trasmissione dei debiti al servizio preposto alla spedizione"[11].
Il termine temporale di cui al presente articolo 2, facendo riferimento all'avvio del recupero, concerne, quindi, la suddetta fase di trasmissione.
Riguardo alle modalità di recupero degli indebiti in oggetto, cfr. anche la novella di cui al comma 1 dell'articolo 150 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, nonché i commi 2 e 3 del medesimo articolo 150.
Articolo 3
(Anticipo rinnovo contratti pubblici)
L’articolo 3 dispone, in via eccezionale, per il personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato dipendente dalle amministrazioni statali, un incremento, a valere sul 2024, dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al mese di dicembre 2023.
Tale incremento – che può essere erogato anche da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, ma con oneri a carico dei propri bilanci – non rileva ai fini dell’attribuzione dell’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti previsto dalla normativa vigente.
In dettaglio, nelle more della definizione del quadro finanziario complessivo relativo ai rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, si dispone che la suddetta indennità di vacanza contrattuale sia incrementata di un importo pari a 6,7 volte il relativo valore annuale attualmente erogato, salva l’effettuazione di eventuali successivi conguagli (comma 1, primo periodo).
Si ricorda che l’indennità di vacanza contrattuale è prevista dall’art. 47-bis, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, in base al quale, a decorrere dal mese di aprile dell'anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora lo stesso non sia ancora stato rinnovato, è riconosciuta ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione (nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i limiti previsti dalla legge di bilancio in sede di definizione delle risorse contrattuali) una copertura economica che costituisce un'anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale.
L’articolo 3 specifica che l’incremento in oggetto viene disposto a valere sul 2024, configurando dunque un anticipo che andrà poi scontato dagli aumenti a regime che vi saranno con i rinnovi contrattuali.
Come anticipato, l’incremento previsto dalla disposizione in commento non rileva ai fini dell’attribuzione dell’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti previsto dalla normativa vigente (comma 1, ultimo periodo).
Si ricorda che la legge di bilancio 2023 (art. 1, c. 281, L. 197/2022) riconosce (come analogamente successo anche per il 2022) per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023 un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati pari al 2 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro e al 3 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro. Successivamente tale percentuale è stata aumentata per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023 ed è stata portata dal 2 al 6 per cento, se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro, e dal 3 al 7 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro,
Agli oneri derivanti dall’anticipo in oggetto, valutati in 2.000 milioni di euro per il 2023, si provvede ai sensi dell’articolo 23 del presente decreto legge (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).
La Relazione Tecnica allegata al decreto legge in esame evidenzia che i suddetti oneri sono stati così quantificati sulla base delle unità di personale a tempo indeterminato rilevate dal Conto Annuale 2021 e degli importi mensili pro capite dell’emolumento in questione.
Si prevede infine la possibilità per le amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale - ossia, in base all’art. 48, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, regioni ed enti dipendenti, amministrazioni del SSN, enti locali, camere di commercio, università italiane, enti pubblici non economici, enti e istituzioni di ricerca (ivi compresi gli enti e le amministrazioni di cui all’art. 70, c. 4, del medesimo D.Lgs. 165/2001) - di erogare al proprio personale dipendente a tempo indeterminato l’incremento in oggetto, con le modalità e nella misura suesposte, con oneri a carico dei propri bilanci (comma 3).
Articolo 4
(Rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette)
L’articolo 4 rinvia, per il solo periodo d’imposta 2023, il versamento della seconda rata di acconto delle imposte sui redditi, con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi INAIL, da parte delle persone fisiche titolari di partita IVA che nel periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170 mila euro. Il versamento potrà essere effettuato entro il 16 gennaio del 2024, senza interessi, ovvero potrà essere dilazionato, a fronte del pagamento di interessi, fino a 5 rate mensili, da gennaio a maggio, con scadenza il giorno 16 di ciascun mese.
In particolare, il comma 1 dispone che, per il solo periodo d’imposta 2023, le persone fisiche titolari di partita IVA che nel periodo d’imposta precedente dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore a centosettantamila euro, effettuano il versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, con esclusione dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi assicurativi INAIL, entro il 16 gennaio del 2024 (anziché entro il 30 novembre del 2023), oppure in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 16 di ciascun mese. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi di cui all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 241 del 1997 (4 per cento annuo ai sensi del decreto del 21/05/2009 del Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Il comma 2 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 2.540,9 milioni di euro di minori entrate per l’anno 2023 e rinvia per la copertura finanziaria all’articolo 23.
Articolo 5
(Termini per le procedure di riversamento del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo)
L’articolo 5 proroga i termini previsti per regolarizzare, senza addebito di sanzioni ed interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito d'imposta previsto per investimenti in attività di ricerca e sviluppo.
La norma proroga, altresì, di un anno il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, relativo all’indebito utilizzo in compensazione del medesimo credito.
Si ricorda che i commi da 7 a 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021 hanno introdotto una procedura per il riversamento spontaneo, senza applicazione di sanzioni e interessi, di crediti d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte di soggetti che li hanno indebitamente utilizzati.
La procedura è destinata ai soggetti che - a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 - abbiano svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca e sviluppo ammissibili nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta di cui all'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145.
La procedura di riversamento spontaneo può essere utilizzata anche dai soggetti che:
- abbiano commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili, in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;
- in relazione al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, abbiano applicato l'ambito di applicazione della misura in maniera non conforme a quanto dettato dalla diposizione d’interpretazione autentica recata dall’articolo 1, comma 72, della legge di bilancio 2019.
L’accesso alla procedura, secondo quanto prevede la normativa vigente di cui ai commi da 7 a 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021, è escluso nei casi di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d’imposta. La procedura non può essere altresì utilizzata per il riversamento dei crediti il cui indebito utilizzo in compensazione sia già stato accertato con provvedimenti impositivi divenuti definitivi, mentre nel caso di indebito utilizzo constatato con un atto non ancora divenuto definitivo, il versamento deve obbligatoriamente riguardare l’intero importo del credito, senza possibilità di applicare la rateazione. Per avvalersi della procedura è necessario inviare apposita richiesta all’Agenzia delle entrate che può essere effettuata entro il 30 novembre 2023. Il comma 9 della medesima disposizione prevedeva inoltre che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura fossero definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro il 31 maggio 2022, specificando che nell'istanza devono essere indicati il periodo o i periodi d’imposta di maturazione del credito d’imposta per cui è presentata la richiesta, gli importi del credito oggetto di riversamento spontaneo e tutti gli altri dati ed elementi richiesti in relazione alle attività e alle spese ammissibili. In attuazione di tali disposizioni l'Agenzia delle entrate ha emanato i provvedimenti del 1° giugno e del 4 luglio 2022 che contengono modello, istruzioni e specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati relativi al modello di domanda per l'accesso alla procedura. Il versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, indicato nella comunicazione inviata all’Agenzia delle entrate poteva essere effettuato in un'unica soluzione, entro il 16 dicembre 2023. Il versamento poteva altresì essere effettuato in tre rate di pari importo, di cui la prima da corrispondere entro il 16 dicembre 2023 e le successive entro il 16 dicembre 2024 e il 16 dicembre 2025. In caso di pagamento rateale erano dovuti, a decorrere dal 17 dicembre 2023, gli interessi calcolati al tasso legale. Il riversamento degli importi dovuti è effettuato senza avvalersi della compensazione di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Il comma 11 stabilisce che la procedura si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta il mancato perfezionamento della procedura, l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l’applicazione di una sanzione pari al 30 per cento degli stessi e degli interessi nella misura prevista dall’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, con decorrenza dalla data del 17 dicembre 2023. In esito al corretto perfezionamento della procedura di riversamento è esclusa la punibilità per il delitto di indebita compensazione (di cui all’articolo 10-quater del decreto legislativo n. 74 del 2000).
La disposizione, comma 1, lettera a), n.1), differisce il sopra citato termine utile per inviare l’apposita richiesta all’Agenzia delle entrate per avvalersi dell’agevolazione; il termine di adesione alla procedura di riversamento passa dal 30 novembre 2023 al 30 giugno 2024.
La disposizione (n.2)), inoltre, sostituisce il secondo periodo del comma 9 stabilendo che il contenuto e le modalità di trasmissione del modello di comunicazione per la richiesta di applicazione della procedura sono definiti con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate: viene pertanto espunto il precedente riferimento al 31 maggio 2022.
La lettera b), conseguentemente, alla modifica introdotta alla lettera a), differisce il termine per il versamento dell’unica rata o, in caso di rateazione, delle altre tre rate, nonché il termine a decorrere dal quale sono dovuti gli interessi calcolati al tasso legale previsto al comma 10 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021.
La norma proroga:
§ dal 16 dicembre 2023 al 16 dicembre 2024 il termine per il versamento dell’unica rata o, in caso di rateazione, della prima rata;
§ dal 16 dicembre 2024 al 16 dicembre 2025 il termine per il versamento della seconda rata;
§ dal 16 dicembre 2025 al 16 dicembre 2026 il termine per versamento della terza rata;
§ dal 17 dicembre 2023 al 17 dicembre 2024, in caso di pagamento rateale, il termine a decorrere dal quale sono dovuti gli interessi calcolati al tasso legale.
Conseguentemente alle proroghe introdotte, la norma (lettera c)) interviene altresì sul comma 11, prorogando al 17 dicembre 2024 il termine ivi previsto - in precedenza fissato al 17 dicembre 2023 - a decorrere dal quale vanno calcolati, in caso di mancato perfezionamento della procedura, gli interessi di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 in materia di interessi per ritardata iscrizione a ruolo (tasso del quattro per cento annuo).
Il comma 12 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 146 del 2021 prevede, inoltre, che la procedura di cui ai commi da 7 a 10 non può essere utilizzata per il riversamento dei crediti il cui utilizzo in compensazione sia già stato accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con altri provvedimenti impositivi, divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto. Nel caso in cui l'utilizzo del credito d’imposta sia già stato constatato con un atto istruttorio, ovvero accertato con un atto di recupero crediti, ovvero con un provvedimento impositivo, non ancora divenuti definitivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, il riversamento deve obbligatoriamente riguardare l'intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, senza applicazione di sanzioni e interessi e senza possibilità di applicare la rateazione di cui al comma 10.
La lettera d) introduce un ultimo periodo al sopra richiamato comma 12 con il quale si stabilisce che, in deroga all’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212-Statuto dei diritti del contribuente, il termine di decadenza per l’emissione degli atti di recupero, ovvero di ogni altro provvedimento impositivo, è prorogato di un anno con riferimento ai crediti d’imposta di cui al comma 7, utilizzati negli anni 2016 e 2017. Si ricorda che il citato comma 3 prevede che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.
Si ricorda che l’articolo 27, comma 16, del decreto legge n. 185 del 2008 dispone un termine di decadenza, per l’accertamento, di otto anni dall’utilizzo del credito inesistente. Sul punto, anche in merito all’orientamento dell’amministrazione finanziaria, si consiglia la lettura di un approfondimento consultabile sulla rivista on-line dell’Agenzia delle entrate.
Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria, prevedendo che alle minori entrate derivanti dal presente articolo, pari a 33 milioni di euro per l’anno 2023, 10,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025 si provvede ai sensi dell’articolo 23, alla cui scheda di lettura si rimanda.
Articolo 6
(Modifiche all’articolo 4 del decreto-legge 28 luglio 2023, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 settembre 2023, n. 127)
L’articolo 6 esclude parzialmente dalla base imponibile del contributo di solidarietà – previsto dalla legge di bilancio per il 2023 a carico di talune imprese del settore energetico – la distribuzione, o comunque l’utilizzo, nel periodo di imposta 2022, di riserve accantonate in sospensione d’imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali. Contestualmente, istituisce, per il 2024, un contributo di solidarietà a carico delle imprese che si avvalgono della suddetta esclusione di ammontare pari al beneficio conseguente.
La disposizione in esame ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 121 della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
L’articolo 1 della legge di bilancio 2023, ai commi da 115 a 119 ha istituito un contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2023 a carico dei soggetti:
- che esercitano in Italia, per la successiva vendita dei beni, l'attività di produzione di energia elettrica,
- che esercitano l'attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale,
- rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale
- che esercitano l'attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi,
- che importano a titolo definitivo, per la successiva rivendita, energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell'Unione europea (comma 115).
Il contributo è determinato applicando un'aliquota del 50 per cento sulla quota del reddito complessivo determinato ai fini dell'imposta sul reddito delle società, relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, che eccede per almeno il 10 per cento la media dei redditi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022. Se la media dei redditi pregressi è negativa, si assume un valore pari a zero. L’ammontare del contributo straordinario, in ogni caso, non può essere superiore al 25 per cento del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (comma 116).
Il contributo è versato entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 (o, se approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio) (comma 117) e non è deducibile ai fini dell'IRES e dell'IRAP (comma 118).
In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame prevede, ai fini della determinazione del suddetto contributo di solidarietà, l'esclusione dalla base di calcolo del reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o destinate a copertura di vincoli fiscali, cioè destinate alla copertura delle eccedenze dedotte ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) nel testo previgente alle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 33, lettera q) della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007). Tale esclusione si applica nel limite del 30 per cento del complesso delle medesime riserve risultanti al termine dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
La lettera q) del comma 33 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2008 ha modificato la disciplina contenuta nell’articolo 109 del TUIR recante “Norme generali sui componenti del reddito d’impresa”, intervenendo sui commi 4, 5 e 6. In particolare la lettera q), numero 1), ha abrogato parzialmente l’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR riducendo i margini di ricorso alle deduzioni c.d. extracontabili le quali erano state introdotte in conformità al principio del c.d. disinquinamento del bilancio.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 109, la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi è ammessa solo se risultano imputati nel conto economico. In deroga a tale principio, nel testo precedente l’intervento normativo in commento erano deducibili anche in assenza di imputazione al conto economico, anche quelli relativi ad alcune voci di costo (ammortamenti dei beni materiali e immateriali, altre rettifiche di valore, accantonamenti, spese relative a studi e ricerche di sviluppo, differenze tra i canoni leasing e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che ne derivano), se in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi (quadro EC) risultavano evidenziati l’importo complessivo, il valore civile e quello fiscali dei beni nonché i fondi di ammortamento. In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d'esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d'imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. La parte delle riserve e degli utili di esercizio distribuiti che concorre a formare il reddito ai sensi del precedente periodo è aumentata delle imposte differite ad essa corrispondenti. L'ammontare dell'eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e degli utili d'esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del reddito. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.
Inoltre, si stabilisce che gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore, imputati al conto economico a partire dall’esercizio dal quale, in conseguenza della modifica recata dalla sopra illustrata lettera q), numero 1) del comma 33, decorre l’eliminazione delle deduzioni extracontabili, possano essere disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, qualora non risultino coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, fatta salva la possibilità per l’impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti principi contabili. La relazione illustrativa sottolinea come tale ultima disposizione sia finalizzata “a ostacolare comportamenti elusivi e in contrasto con la regola della continuità dei criteri contabili adottati (…). Essa, peraltro, assume anche portata di tutela della consistenza e veridicità del bilancio civilistico, essendo chiaramente volta a scoraggiare comportamenti anomali forieri di nuovi inquinamenti del risultato economico”.
Inoltre, il comma 2 prevede che, nel caso di esclusione degli utilizzi di riserve del patrimonio netto dal reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, siano parimenti esclusi dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1 ° gennaio 2022 gli utilizzi di riserve del patrimonio netto che hanno concorso al reddito nei suddetti quattro periodi di imposta.
Come rilevato nella relazione illustrativa, i commi 1 e 2 mirano, quindi, a ripristinare il contenuto dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, che già prevedeva una rideterminazione, nei termini sopra commentati, della base imponibile su cui si applica il contributo di solidarietà temporaneo. Detta disposizione, tuttavia, era stata successivamente abrogata dall’articolo 22, comma 1 del D.L. n. 61/2023.
Erroneamente, la relazione illustrativa riporta come norma abrogatrice la legge di conversione del medesimo D.L. n. 34/2023 (ossia la legge n. 56/2023), anziché il comma 1 dell’articolo 21 (rubricato “Disposizioni finanziarie”) del D.L. n. 61/2023, recante interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023 nonché disposizioni urgenti per la ricostruzione nei territori colpiti dai medesimi eventi.
Il comma 3 prevede l’abrogazione della disposizione (articolo 4, comma 1 del D.L. n. 98/2023) che ha stabilito al 30 novembre il termine ultimo per il versamento della quota del contributo di solidarietà dovuta in ragione dell’abrogazione dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023.
Si trattava, infatti, di disciplinare i casi in cui le imprese avessero versato il contributo di solidarietà avvalendosi delle modalità di calcolo della base imponibile previste dall’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, prima che quest’ultima norma fosse abrogata con D.L. n. 61/2023; si ricorda, infatti, che quest’ultimo è entrato in vigore il 2 giugno 2023. L’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 98/2023 stabiliva, quindi, un nuovo termine per consentire alle imprese di regolarizzare la propria posizione fiscale, versando la quota parte del contributo di solidarietà corrispondente alla differenza tra l'importo del contributo determinato ai sensi della legge n. 197 del 2022 e l'importo del contributo che sarebbe stato determinato in applicazione dell'articolo 5 del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, successivamente abrogato. Tali importi, tuttavia, non sono più dovuti in quanto la norma in commento conferma la possibilità di escludere parzialmente la distribuzione, o comunque l’utilizzo nel periodo di imposta 2022, di riserve accantonate in sospensione d’imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali dal reddito sulla base del quale calcolare il contributo di solidarietà.
Il comma 4 precisa che non si fa luogo, in ogni caso, a restituzione delle somme già versate, che, quindi, rimangono acquisite al bilancio dello Stato.
Il comma 5, infine, istituisce per il solo anno 2024 un contributo di solidarietà, a carico dei soggetti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, di ammontare pari al beneficio che si ottiene per effetto dell’applicazione delle medesime disposizioni, da versarsi in due rate di pari importo entro il 30 maggio e il 30 ottobre 2024.
In concreto, dunque, la quota del contributo di solidarietà per il 2023 non versata in applicazione dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023 sarà comunque dovuta a titolo di contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2024.
La relazione tecnica allegata al testo del decreto-legge segnala che, alla luce del monitoraggio effettuato in sede di elaborazione delle Nota di aggiornamento al Def, le entrate derivanti dal versamento del predetto contributo straordinario si sono rivelate di importo superiore alle previsioni effettuate ex ante. Pertanto, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono ritenute non suscettibili di determinare effetti negativi su saldi di finanzia pubblica.
Si ricorda, in proposito, che la legge di bilancio aveva previsto entrate derivanti dal versamento del contributo di solidarietà pari a 2.546,8 milioni di euro, mentre il D.L. n. 34/2023 stimava che la rideterminazione della base imponibile avrebbe di fatto ridotto tale importo di 404 milioni di euro. Coerentemente, il D.L. n. 61/2023 prevedeva, con l’abrogazione dell’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, il recupero delle medesime entrate. In considerazione delle più aggiornate stime relative alle entrate derivanti dal versamento del contributo straordinario, il prospetto riepilogativo allegato al decreto-legge in esame stima in 450 milioni di euro le entrate derivanti dal versamento del contributo di solidarietà temporaneo per il 2024, determinato in misura pari alla quota non versata in virtù dell’esclusione dal computo delle somme indicate ai commi 1 e 2 dell’articolo 6 in esame (coincidenti con quelle precedentemente indicate all’articolo 5 del D.L. n. 34/2023, poi abrogato).
Articolo 7
(Misure in materia di riduzione delle accise sui prodotti energetici)
L’articolo 7 interviene sul meccanismo di rideterminazione delle aliquote d’accisa sui carburanti mediante decreto ministeriale in corrispondenza di un maggior gettito IVA, meccanismo disciplinato dalla legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008). La norma in esame modifica i presupposti di emanazione del decreto ministeriale di riduzione delle accise, allo scopo di condizionarlo all’aumento del greggio, sulla media del mese precedente (in luogo del “precedente bimestre”, come previsto dal testo finora vigente) rispetto al valore di riferimento indicato nel DEF o nella NADEF e tenuto conto dell’eventuale diminuzione del prezzo, nella media del bimestre precedente (in luogo del “quadrimestre”, come previsto dal testo finora vigente), sempre rispetto a quanto indicato nei predetti documenti di finanza pubblica.
La norma in esame novella, a tal fine, l’articolo 1, comma 291, della citata legge n. 244 del 2007.
In sintesi, i commi 290 e 291 dell’art. 1 della legge n. 144 dispongono circa l’emanazione del decreto di riduzione delle accise sui carburanti, in ragione dell’aumento del gettito IVA derivante dall’aumento del prezzo del greggio, adottato dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica.
In particolare il comma 290 demanda al citato decreto ministeriale la rideterminazione delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili, stabilite dal testo unico accise – TUA (decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) al fine di compensare le maggiori entrate IVA derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale in euro del petrolio greggio.
Il comma 291 prevede che il decreto possa essere adottato se il prezzo internazionale del petrolio greggio aumenta, sulla media del mese precedente (bimestre nel testo previgente), rispetto al valore di riferimento indicato – come precisato in sede referente – nell’ultimo Documento di economia e finanza o nella relativa Nota di aggiornamento presentati alle Camere. Il decreto deve tener conto dell’eventuale diminuzione, nella media del bimestre (quadrimestre nel testo previgente) precedente all’adozione del decreto, del prezzo rispetto a quello indicato nei predetti Documenti di finanza pubblica.
Tale disciplina è stata peraltro oggetto di modifiche da parte dell’articolo 2 del decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5, come convertito dalla legge n. 23 del 2023. Per tali modifiche si veda la scheda sull’art. 2 nel relativo dossier di documentazione dei Servizi studi di Camera e Senato. Tale dossier contiene anche un prospetto con le principali misure di riduzione delle aliquote intraprese nel corso dell’anno 2022.
La circolare n. 1/2023 dell’Agenzia delle accise, dogane e monopoli ha ricordato il venir meno delle misure temporanee di riduzione delle accise e il rispristino delle relative aliquote a decorrere dal 1° gennaio 2023.
Si segnala che nella risposta all’interrogazione 5-01211 (Fenu), sull’adozione di misure volte a ridurre il prezzo del carburante al distributore, presso la VI commissione della Camera dei deputati (seduta del 1° agosto 2023) il MIMIT ha precisato, con riferimento al prezzo dei prodotti benzina e gasolio, “che al 31 luglio 2023 il prezzo medio rilevato per il tramite dei dati forniti dall'Osservatorio prezzi e tariffe corrisponde ad euro 1,91 euro/lt. per benzina self e ad 1,76 euro/lt. per gasolio self, valori che sostanzialmente rispecchiano l'andamento delle quotazioni internazionali dei prodotti raffinati”.
Si segnala, inoltre, che nella NADEF 2023 il Governo ha richiamato i provvedimenti adottati contro il caro energia, affermando di voler attuare un intervento mirato contro il rincaro dei carburanti, “anziché riproporre un taglio delle accise, come nel 2022, che rappresenta una misura generalizzata, regressiva da un punto di vista distributivo e che tende a provocare distorsioni sia in termini di prezzi relativi dei combustibili fossili, sia in termini di disincentivi verso comportamenti ambientalmente virtuosi” (cfr NADEF 2023, p. 68). Si segnala, infine, che la medesima NADEF riporta, per il 2023, il prezzo del petrolio (dollari al barile, futures, brant) pari 81,6 (82,3 nel DEF 2023).
Articolo 8
(Proroga di termini per la restituzione del gas stoccato dal GSE ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto-legge 7 maggio 2022, n. 50)
L’articolo 8 interviene nell’ambito del quadro normativo che ha previsto lo svolgimento del servizio di riempimento di ultima istanza degli stoccaggi stabilito dall’5-bis del decreto-legge 7 maggio 2022, n. 50, ai sensi del quale il Gestore dei servizi energetici S.p.a. (di seguito GSE) ha provveduto all’acquisto e allo stoccaggio di volumi di gas naturale.
A tale riguardo giova ricordare come il citato articolo 5-bis del decreto-legge n. 50 del 2022 stabiliva che, al fine di contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti, il GSE, anche tramite accordi con società partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato e attraverso lo stretto coordinamento con la maggiore impresa di trasporto di gas naturale, provvedesse ad erogare un servizio di riempimento di ultima istanza tramite l’acquisto di gas naturale, ai fini del suo stoccaggio e della sua successiva vendita entro il 31 dicembre 2022, nel limite di un controvalore pari a 4.000 milioni di euro.
In base ai compiti sopra illustrati, affidati al GSE, la società ha provveduto all’acquisto e allo stoccaggio di volumi di gas naturale pari a 1.637 mln Smc per un controvalore di 3.995 mln € (a fronte del limite di controvalore pari a 4.000 mln € previsto dalla medesima norma) e un costo medio unitario di acquisto pari a 223,5 €/MWh.
Successivamente, con atto di indirizzo del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica del 18 novembre 2022, sono state definite le modalità di vendita del gas acquistato nell’ambito del servizio di riempimento di ultima istanza, prevedendo che il GSE renda disponibile i quantitativi di gas naturale stoccato attraverso prodotti a termine con consegna del gas in stoccaggio, per una quota non inferiore al 60%. Per quanto riguarda la vendita a termine il GSE ha pubblicato, in data 22 novembre 2022, un Regolamento di procedura concorrenziale per la vendita a termine del gas stoccato per una quantità pari al 75% del totale, rivolto ad operatori titolari di contratto di trasporto e aventi clienti finali ubicati nel territorio nazionale.
La procedura competitiva, in base ai dati presenti nella relazione illustrativa al provvedimento d’urgenza in esame, ha previsto l’aggiudicazione di 5.679 GWh, corrispondente al 32% del totale del gas stoccato nella disponibilità del GSE. Le quantità cedute hanno registrato un prezzo medio di vendita, nei primi mesi dell’anno in corso, pari a 66 €/MWh determinando una perdita economica, indicata nei documenti di accompagnamento del provvedimento d’urgenza, rispetto al costo di approvvigionamento sostenuto dal GSE per le medesime quantità, pari a circa 900 milioni di euro.
Rimane ancora nella disponibilità del GSE una quantità di gas in stoccaggio pari 12.199 GWh.
Sempre secondo i dati presenti nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica di accompagnamento del provvedimento ipotizzando uno scenario di vendita del 100% del gas in giacenza ed utilizzando una proiezione di prezzo forward ottobre 2023 (circa 40 €/MWh) al quale è stato applicato un liquidity factor del 95% ne deriva una potenziale perdita pari a euro 2.251 milioni che, sommati alla perdita già realizzata al 31 marzo del 2023 di euro 893 milioni, restituiscono una previsione di fabbisogno finanziario per la restituzione del prestito al MEF pari a circa 3 miliardi di euro.
Alla luce di quanto sopra evidenziato, pertanto, l’articolo in commento prevede di posticipare il termine ultimo della vendita al fine di introdurre la massima flessibilità a beneficio del Sistema Paese nel gestire il gas stoccato dal GSE nel nuovo anno termico.
Un orizzonte temporale più ampio per la vendita permetterebbe infatti di valorizzare a pieno il servizio di ultima istanza del gas stoccato conseguendo i seguenti vantaggi per il sistema, quali:
Ø assicurare che il gas di ultima istanza sia meglio valorizzato ed impiegato in coerenza con la complessiva disponibilità di gas sul mercato nel corso della stagione invernale 2023/24;
Ø contribuire a ridurre la tensione sui mercati legata agli approvvigionamenti di gas;
Ø contribuire al mantenimento dei livelli di gas stoccato in coerenza con gli obiettivi strategici nazionali di riempimento fino al 2024;
Ø concorrere alla stabilizzazione degli approvvigionamenti di gas di importazione che consentano di sopperire alle previste riduzioni di gas russo.
La proposta pertanto mira a valorizzare al meglio la vendita del gas stoccato da parte del GSE, potendo disporre di un periodo che vada oltre l’anno termico di stoccaggio (fino al 15 settembre 2024) per vendere il gas in uno scenario di prezzi del mercato gas tendenzialmente rialzisti.
Le stime disponibili più recenti, infatti, prevedono ad oggi dei prezzi forward del gas con un incremento del valore del primo trimestre del 2024 fino a circa 50 €/MWh.
A tal fine la proposta normativa stabilisce l’estensione dei termini fino al 30 settembre dell’anno 2024 per la restituzione del prestito finanziario, fissata ad oggi al 20 novembre 2023.
Da ultimo, per disaccoppiare la vendita fisica del gas dalla restituzione del prestito, è previsto, che Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) provveda ad approvvigionare il GSE delle risorse economiche per la restituzione del prestito secondo modalità definite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA).
Articolo 9, commi 1-2
(Recepimento dell’accordo in materia finanziaria del 16 ottobre 2023 tra il Governo e la Regione siciliana)
I commi 1 e 2 dell’articolo 9, danno attuazione all’accordo tra il Governo e la Regione siciliana in materia finanziaria sottoscritto in data 16 ottobre 2023.
Il comma 1 attribuisce alla regione 300 milioni di euro per il 2023 a titolo di contributo statale all’aumento della quota di partecipazione alla spesa sanitaria di spettanza regionale.
Il comma 2 modifica la disciplina dettata dalla legge di bilancio 2023 che consente alla Regione siciliana la dilazione del ripiano del disavanzo accertato nel 2018, allo scopo di ridurne i tempi da 10 ad 8 anni, inserire nella norma il richiamo ai principi dettati dagli articoli 81 e 97 della Costituzione e aggiornare gli impegni posti a carico della regione, anch’essi stabiliti nell’ultimo accordo sottoscritto con il Governo.
I commi 1 e 2 dell’articolo 9 recepiscono l’accordo in materia di finanza pubblica tra il Governo e la Regione siciliana sottoscritto il 16 ottobre 2023.
Si rammenta che l’accordo bilaterale in materia di finanza pubblica tra lo Stato e ciascuna regione a statuto speciale è lo strumento principale con il quale sono definite le misure e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi di finanza pubblica, l’attribuzione di nuove funzioni, la variazione delle aliquote di compartecipazioni ai tributi erariali, nonché le eventuali misure a sostegno di specifiche criticità.
L'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi, vale a dire norme di rango costituzionale non modificabili con legge ordinaria. Tuttavia, gli statuti stessi (ad eccezione di quello per la Regione siciliana) contengono disposizioni specifiche, secondo le quali le modifiche allo statuto concernenti la finanza di ciascuna regione possono essere apportate con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata.
Per la Regione siciliana, quindi, la legge ordinaria, previo accordo con il Governo, può intervenire nell’ordinamento finanziario della regione, mentre non è possibile modificare lo statuto o le norme di attuazione, per le quali occorre seguire la procedura prevista dallo statuto stesso per le leggi costituzionali (art. 41-ter, R.D.Lgt. n. 455 del 1946).
Il comma 1 concerne la partecipazione regionale alla spesa sanitaria. La norma attribuisce alla regione la somma di 300 milioni di euro per il 2023 come concorso all’onere derivante dall’innalzamento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria al 49,11 per cento, previsto dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 830).
La norma dà seguito a quanto stabilito dalla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022, art. 1, comma 162) in attuazione dell’accordo con il Governo firmato in data 16 dicembre 2022. La norma citata infatti, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2020, riconosce alla Regione siciliana l’importo di 200 milioni di euro per l’anno 2022 a titolo di definizione della controversia sull’aumento della compartecipazione della regione alla spesa sanitaria, prevista dalla legge finanziaria 2007 (commi 830-830, legge n. 296 del 2006).
L’accordo del dicembre 2022 sanciva, inoltre, l’impegno dello Stato, a decorrere dal 2023, ad individuare una soluzione che possa concorrere progressivamente all’onere derivante dall’aumento della quota di partecipazione regionale alla spesa sanitaria dal 42,50 al 49,11 per cento.
La Regione siciliana è l’unica autonomia speciale per la quale lo Stato provvede ancora al finanziamento di oltre la metà della spesa sanitaria regionale erogando annualmente i trasferimenti dal Fondo sanitario nazionale.
Le altre regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano provvedono con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria nel proprio territorio senza alcun onere per Stato e non partecipano, quindi, della ripartizione del Fondo sanitario nazionale. Le funzioni in materia sanitaria, come le altre funzioni di competenza della regione, sono finanziate con le entrate ordinarie stabilite dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione.
Per le regioni Sardegna e Sicilia, in considerazione della loro situazione di svantaggio, è stato invece attribuito un contributo al finanziamento della spesa sanitaria. Con la legge di bilancio per il 2007 è stato avviato per entrambe le regioni il processo per la progressiva assunzione da parte regionale dell’intero finanziamento della spesa sanitaria. Per la Sardegna l’attribuzione dell’intero onere del finanziamento della sanità regionale è in vigore dal 2010, a seguito della revisione (e del conseguente aumento) delle entrate regionali.
Per la Regione siciliana le norme della legge n. 296 del 2006, hanno stabilito:
- l’aumento progressivo dell’ammontare della spesa sanitaria corrente che è posta a carico del bilancio della Regione siciliana dal 42,5% del 2007 al 49,11% dell’anno 2009 (comma 830);
- la necessità della modifica delle norme di attuazione dello statuto speciale in materia sanitaria, affinché sia applicabile l’aumento della quota regionale; l’applicabilità del comma 830 è sospesa fino al 30 aprile 2007, se per quella data, nessuna intesa preliminare all’adozione delle norme di attuazione sarà raggiunta, il concorso regionale è determinato nella misura del 44,09 (comma 831);
- un ulteriore aumento della quota di spesa sanitaria posta direttamente a carico del bilancio della Regione siciliana, compensandone però l’onere con una quota di compartecipazione (rectius: ‘retrocessione’) al gettito delle accise riscosse sui prodotti petroliferi immessi al consumo nel territorio regionale, nella misura di una percentuale compresa tra il 20 e il 50 per cento del gettito (comma 832).
Le norme sopra illustrate, tuttavia, sono state interpretate diversamente dalle due parti generando una controversia, nella quale è intervenuta, da ultimo, la Corte costituzionale con la sentenza n. 62 del 2020, in cui è stata chiamata a decidere sul ricorso dello Stato avverso le norme regionali che prevedono l’iscrizione nel bilancio regionale delle entrate derivanti dalla ‘retrocessione’ delle accise di cui al comma 832 della legge n. 296 del 2006.
La Corte ripercorre il contenzioso che vede opposti Stato e Regione nella definizione della misura del concorso al finanziamento della spesa sanitaria regionale ed evidenzia come non siano state attuate le citate norme della legge di bilancio del 2007: né quelle riguardanti il progressivo aumento della quota regionale di partecipazione alla spesa sanitaria, né quelle che dovevano disciplinare la retrocessione alla regione di una quota delle accise sui prodotti petroliferi per garantire alla regione entrate aggiuntive che potessero compensare il maggiore onere. La Corte ha quindi censurato le norme regionali impugnate (art. 31, commi 4 e 5, legge reg. n. 8 del 2018), per quanto qui interessa, in quanto non idonee a garantire la copertura dei LEA in ambito regionale, sottolineando la necessità della leale collaborazione tra Stato e Regione per garantire il finanziamento della sanità regionale.
Con l’accordo del 16 dicembre 2022 le parti hanno convenuto, pertanto, di definire la controversia nei seguenti termini:
? per gli anni dal 2007 al 2021 non è dovuta alla regione alcuna compensazione finanziaria
? per l’anno 2022 è attribuito alla regione “in via forfetaria e a titolo definitivo” l’importo di 200 milioni di euro;
? a decorrere dal 2023 lo Stato si impegna ad individuare una soluzione che possa concorrere progressivamente all’onere derivante dall’aumento della quota di partecipazione regionale alla spesa sanitaria dal 42,50 al 49,11 per cento.
La norma in esame, a titolo di concorso alla copertura dell’onere derivante dall’aumento della quota di finanziamento della spesa sanitaria regionale dal 42,50 al 49,11, interviene per il solo 2023 e attribuisce alla Regione siciliana la somma di 300 milioni di euro.
Per la copertura del corrispondente onere, l’ultimo periodo della norma in esame rinvia all’articolo 23 del decreto-legge in esame.
Il comma 2 modifica la disciplina dettata dalla legge di bilancio 2023 in merito alle modalità di ripiano del disavanzo da parte della regione.
Le norme della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022, commi da 841 a 845) disciplinano le modalità di ripiano del disavanzo accertato nel 2018 al fine di consentirne la rateizzazione in 10 anni, dal 2023, a fronte dell’attuazione da parte regionale degli impegni assunti per la riduzione a regime della spesa corrente con l’accordo del 14 gennaio 2021.
Nello specifico il comma 841 autorizza la Regione siciliana a ripianare in quote costanti, in dieci anni a decorrere dall’esercizio 2023, il disavanzo 2018 e le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022; nelle more dell’approvazione del rendiconto relativo all’esercizio 2022, il comma 842 stabilisce che le quote del disavanzo da ripianare sono determinate con riferimento al disavanzo di amministrazione accertato in sede di rendiconto 2018; a seguito del definitivo accertamento del disavanzo di amministrazione relativo all’esercizio 2022 e con l’approvazione del rendiconto 2022, la Regione siciliana provvederà a rideterminare le quote costanti del disavanzo relativo all’esercizio 2018 da recuperare annualmente entro l’esercizio 2032.
Il comma 843 ribadisce l’obbligo da parte della Regione di attuare il programma di riduzione a regime della spesa corrente assunto con l’accordo sottoscritto con lo Stato il 14 gennaio 2021. Il comma 845 specifica che il risparmio si deve realizzare attraverso provvedimenti amministrativi o normativi che determinano riduzioni strutturali degli impegni correnti che, a decorrere dall’anno 2023, devono essere recepiti nel bilancio di previsione mediante corrispondenti riduzioni pluriennali di stanziamenti di bilancio e delle autorizzazioni di spesa. In caso di mancata attuazione degli obiettivi di riduzione strutturale della spesa previsti nel citato accordo del 14 gennaio 2021 o anche in caso di mancata trasmissione della certificazione degli impegni assunti (anch’essa prevista nell’accordo), per la Regione siciliana non potrà possibile realizzare il ripiano pluriennale del disavanzo con le modalità sopra illustrate (comma 844).
Le modifiche apportate dal comma 2 in esame alla disciplina sopra illustrata:
- riducono da 10 ad 8 gli anni gli anni entro cui ripianare il debito;
- inseriscono il richiamo ai principi dettati dagli articoli 81 e 97 della Costituzione in materia di sana gestione contabile, equilibrio dei bilanci e responsabilità nell'esercizio del mandato elettivo;
- modificano gli impegni posti a carico della regione, facendo riferimento a quanto stabilito nell’ultimo accordo sottoscritto con il Governo il 16 ottobre 2023 (anziché all’accordo del 2021) e, conseguentemente, riscrivono la disciplina sanzionatoria in caso di non ottemperanza degli impegni assunti.
Nello specifico il comma 841, riscritto lettera a) del comma 2, autorizza la Regione siciliana a ripianare in quote costanti, in otto anni a decorrere dall’esercizio 2023, il disavanzo 2018 e le relative quote di disavanzo non recuperate alla data del 31 dicembre 2022. È inserito, inoltre, un richiamo espresso ai principi dell’equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, della responsabilità nell'esercizio del mandato elettivo e della responsabilità intergenerazionale dettati dagli articoli 81 e 97 della Costituzione. Per le modalità con cui procedere al ripiano, compresi gli impegni che la Regione siciliana deve rispettare, la norma rinvia a quanto stabilito con l’accordo del 16 ottobre 2023.
Le quote del disavanzo da ripianare sono determinate, ai sensi del comma 842 (in questa parte non modificato) con riferimento al disavanzo di amministrazione accertato in sede di rendiconto 2018; successivamente la Regione siciliana, a seguito del definitivo accertamento del disavanzo di amministrazione relativo all’esercizio 2022 e con l’approvazione del rendiconto 2022, provvederà a rideterminare le quote costanti del disavanzo relativo all’esercizio 2018 da recuperare annualmente. La modifica apportata dalla lettera b) del comma 2 in esame riguarda l’esercizio entro cui deve concludersi il recupero che, in coerenza con la riduzione da 10 a 8 anni, deve avvenire entro l’esercizio 2030 (anziché entro il 2032).
Il comma 843, riscritto dalla lettera c) del comma 2 in esame, ribadisce che gli impegni assunti dalla Regione sono quelli stabiliti nell’accordo del 16 ottobre 2023 e stabilisce, in caso di non ottemperanza degli stessi, il venir meno della disciplina agevolata che consente la dilazione del ripiano del debito e l’applicazione del regime ordinario disciplinato dall’art. 42 del decreto legislativo n. 118 del 2011 (ordinamento contabile delle regioni) a decorrere dall’esercizio in cui è accertato il mancato rispetto degli impegni assunti.
Secondo il citato art. 42, commi 12-13, il disavanzo di amministrazione accertato a seguito dell’approvazione del rendiconto, è applicato al primo esercizio del bilancio di previsione dell'esercizio in corso di gestione; può anche essere ripianato negli esercizi considerati nel bilancio di previsione (in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale) ma contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo, sottoposto al parere del collegio dei revisori, nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio.
Conseguentemente, la lettera d) sopprime i commi 844 e 845, che contenevano il riferimento agli impegni assunti con l’accordo del 2021 e la relativa disciplina sanzionatoria.
Articolo 9, commi 3-7
(Recepimento dell’accordo con le Province autonome di Trento e di Bolzano in materia finanziaria)
I commi da 3 a 6 dell’articolo 9, recepiscono l’accordo tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sottoscritto in data 25 settembre 2023, in materia di determinazione di entrate erariali spettanti alle due province e concorso alla finanza pubblica (commi 3 e 4), nonché in materia di regolazioni finanziarie (commi 5 e 6).
I commi 3 e 4 intervengono nell’ordinamento finanziario delle Province autonome disciplinato dallo statuto: a decorrere dal 2023, da una parte le Province rinunciano al gettito relativo alle accise sui prodotti petroliferi utilizzati come combustibili per riscaldamento (lettere a) e b) che modificano l’art. 75 dello statuto) e dall’altra parte viene ridotto di 25 milioni di euro il concorso annuo alla finanza pubblica dovuto dal sistema territoriale regionale integrato (lettere c) e d) che modificano l’art. 79 dello statuto)
Il comma 5 attribuisce a ciascuna Provincia autonoma l’importo di 40 milioni di euro per l’anno 2023 come ristoro parziale delle minori entrate attribuite per gli anni dal 2010 al 2022 a titolo di compartecipazione al gettito delle accise sui prodotti petroliferi utilizzati come combustibili per riscaldamento.
Il comma 6 attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano nel 2024 un importo di euro 24.061.000 a titolo di compensazione del minor rimborso degli oneri derivanti dalla Convenzione con la RAI del 31 dicembre 2012.
Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione dell’accordo e rinvia per la copertura all’articolo 23 del decreto legge in esame.
L’accordo tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sottoscritto in data 25 settembre 2023, aggiorna il quadro dei rapporti finanziari tra lo Stato e i tre enti, intervenendo in materia di determinazione di entrate erariali spettanti alle due province, concorso alla finanza pubblica e regolazioni finanziarie.
Il comma 3 dell’articolo 9 interviene nell’ordinamento finanziario delle Province autonome disciplinato dagli articoli 75 e 79 dello statuto di autonomia (DPR n. 670 del 1972). Da una parte, le Province di Trento e Bolzano rinunciano all’entrata costituita dalla compartecipazione al gettito relativo alle accise sui prodotti energetici ad uso riscaldamento; dall’altra parte, viene ridotto il contributo alla finanza pubblica del sistema integrato regionale dovuto annualmente.
Il comma 4 specifica che le norme recate al comma 3 modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto (d.P.R. n. 670 del 1972).
Si ricorda che è lo statuto che prevede esplicitamente la possibilità di modificare le norme statutarie concernenti la finanza di ciascuna autonomia speciale, previo accordo con la regione interessata. Stabilisce in tal senso il citato articolo 104 dello statuto, secondo cui le norme statutarie in materia di finanziaria possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province.
Nello specifico le lettere a) e b) del comma 3 modificano l’articolo 75 dello Statuto al fine di escludere, a decorrere dall’anno 2023, dalle entrate oggetto di compartecipazione il gettito relativo alle accise sui prodotti petroliferi di cui al comma 1, lettera f), utilizzati come combustibili per riscaldamento.
L’articolo 75, comma 1, dello statuto elenca le quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alle Province autonome; secondo quanto stabilito dalla lettera f) spettano alle Province «i nove decimi del gettito dell'accisa sulla benzina, sugli oli da gas per autotrazione e sui gas petroliferi liquefatti per autotrazione erogati dagli impianti di distribuzione situati nei territori delle due province, nonché i nove decimi delle accise sugli altri prodotti energetici ivi consumati». La lettera a) del comma 3 in esame sopprime appunto l’inciso in grassetto.
Alle Province spettano inoltre, ai sensi della lettera g) del medesimo art. 75, i nove decimi di tutte le altre entrate erariali, dirette e indirette, percette nei rispettivi territori.
La lettera b) del comma 3 aggiunge il comma 1-bis che specifica che tra le altre entrate tributarie erariali di cui alla lettera g) non è compresa l’accisa sui prodotti petroliferi di cui al comma 1, lettera f) utilizzati come combustibili per riscaldamento.
Le entrate tributarie spettanti ai tre enti sono state riviste a seguito dell’accordo con il Governo dell’ottobre 2014. Con la legge di stabilità 2015, che ha dato attuazione all’accordo, è stata rimodulata l'aliquota di compartecipazione al gettito dell'IVA tra la Regione e le Province, è stata attribuita alle Province la facoltà di disciplinare interventi di credito d'imposta e sono state quantificate le quote delle accise sugli 'altri prodotti energetici'. Da ultimo, a seguito dell’accordo del novembre 2021, la compartecipazione spettante alle due province è estesa alle entrate derivanti dal gioco con vincita in denaro di natura extra tributaria, purché costituiscano utile erariale (artt. 69-75 dello statuto, DPR n. 670 del 1972).
In sintesi, alla Regione Trentino-Alto Adige spetta l’intero gettito delle imposte ipotecarie, i 9 decimi delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto e un decimo dell'IVA generale. Alle Province autonome di Trento e di Bolzano spettano gli 8 decimi dell’IVA generale e i 9 decimi di tutte le altre imposte erariali (compresa l’IVA all’importazione), ad eccezione delle imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige. Con la modifica apportata dalla legge di bilancio 2022 a seguito dell’accordo del novembre 2021, tra ‘tutte le altre entrate’ sono ora comprese anche quelle derivanti dalla raccolta di tutti i giochi con vincita in denaro, sia di natura tributaria, sia di natura non tributaria, in quanto costituite, da utile erariale. La legge di bilancio 2018 (come modificata dalla legge di bilancio 2020) ha infine riscritto la disciplina delle concessioni delle grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico (art. 13 dello statuto); in particolare la norma statutaria attribuisce alle province autonome la potestà legislativa in merito alle modalità e alle procedure di assegnazione delle concessioni e stabilisce il trasferimento in proprietà alle province stesse delle opere in stato di regolare funzionamento.
Le lettere c) e d) del comma 3 modificano le norme sul concorso alla finanza pubblica del sistema territoriale regionale integrato, stabilite dall’articolo 79 dello statuto (commi 4-bis e 4-ter) al fine di ridurre, a decorrere dal 2023, di 25 milioni di euro (da 713,71 a 688,71 milioni di euro) il contributo annuo dovuto dal sistema territoriale regionale integrato.
L’articolo 79 dello statuto, già riscritto a seguito dell’accordo del 2009, è stato successivamente integrato in recepimento degli accordi con il Governo del 15 ottobre 2014 e del 18 novembre 2021. La norma definisce il sistema territoriale regionale integrato (costituito oltre che dai tre enti, da tutti gli altri enti dipendenti da questi: aziende sanitarie, università, camere di commercio), elenca le misure per la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e solidarietà; attribuisce alle province l’attuazione del coordinamento della finanza pubblica provinciale nei confronti degli enti locali e dei propri enti e organismi pubblici e privati; stabilisce che agli enti del sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili altri obblighi, oneri, o concorsi comunque denominati, diversi da quelli previsti dalle norme statutarie.
Il comma 4-bis, come modificato dalla legge di bilancio 2022 a seguito dell’accordo del 18 novembre 2021, determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2021; sono fatte salve le riduzioni i ristori per gli anni 2020 e 2021 correlati alla perdita di gettito connessa all’emergenza sanitaria da COVID-19.
Per ciascuno degli anni a decorrere dal 2022, il suddetto contributo è pari a 713,71 milioni di euro. La norma stabilisce inoltre che di questo contributo, una quota di 15,091 milioni di euro è imputata alla regione e la restante quota è ripartita tra le due province autonome sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Regione e Province autonome possono, inoltre, concordare l'attribuzione alla Regione di una quota maggiore del contributo.
Il comma 4-ter, anch’esso modificato dalla legge di bilancio 2022, stabilisce che il contributo illustrato sopra - pari a complessivi 713,71 milioni - a decorrere dall'anno 2028 è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA; invariata la modalità di ripartizione del contributo tra i tre enti.
La lettera c) modifica il comma 4-bis, nella parte che riguarda il contributo dovuto a decorrere dal 2022, nel senso che per l’anno 2022 il contributo alla finanza pubblica riferito al sistema territoriale regionale integrato è pari a 713,71 milioni di euro, mentre a decorrere dal 2023 il contributo è pari a 688,71 milioni di euro. Rimane non modificata la quota di 15,091 milioni di euro imputata alla regione così come la modalità di ripartizione della rimanente parte del contributo richiesto tra le due province autonome sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale.
La lettera d) modifica conseguentemente il comma 4-ter, che disciplina la rideterminazione del contributo a decorrere dal 2028, sostituendo alla cifra di 713,71 milioni di euro, la cifra rideterminata del contributo pari a 688,71 milioni di euro.
Il comma 5 attribuisce a ciascuna Provincia autonoma l’importo di 40 milioni di euro per l’anno 2023 come ristoro parziale delle minori entrate attribuite per gli anni dal 2010 al 2022 a titolo di compartecipazione al gettito delle accise sui prodotti petroliferi, utilizzati come combustibili per riscaldamento, al netto degli eventuali residui trasferimenti statali per leggi di settore (attribuiti ai sensi dell’articolo 2, comma 109, della legge n. 191 del 2009[12]).
La norma recepisce i contenuti dei punti 1 e 2 dell’accordo del 25 settembre 2023, con il quale le parti hanno, tra l’altro, definito le spettanze di ciascuna provincia autonoma in relazione alle minori entrate per gli anni dal 2010 al 2022 derivanti dalla compartecipazione al gettito dell’accisa sui prodotti petroliferi utilizzati come combustibili per riscaldamento.
La revisione dell’ordinamento finanziario delle due province operato con l’accordo del 30 novembre 2009, recepito con la legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009, art. 2 commi 106-116), ha stabilito l’attribuzione alle Province autonome dei nove decimi del gettito delle accise sui prodotti energetici ad uso riscaldamento utilizzati nel rispettivo territorio e, in ragione delle maggiori entrate, un aumento del concorso alla finanza pubblica dovuto dalle Province stesse. Tuttavia la previsione di maggiori entrate non è stata del tutto soddisfatta alla luce degli incassi effettivi e per tale ragione le parti sono giunte alla definizione sopra illustrata.
Nello specifico, per le minori entrate relative agli anni dal 2010 al 2020, lo Stato riconosce alla Provincia autonoma di Bolzano l’importo di 267,74 milioni di euro e alla Provincia autonoma di Trento l’importo di 468,14 milioni di euro. A parziale copertura dei suddetti importi sono attribuiti, nell’esercizio 2023, 40 milioni di euro a ciascuna Provincia autonoma. Lo Stato si impegna, inoltre, a reperire la copertura finanziaria per l’erogazione, entro il 2027, dei restanti importi spettanti a ciascuna Provincia.
Il comma 6, in attuazione del punto 6 dell’Accordo del 25 settembre 2023, prevede un trasferimento a favore della Provincia autonoma di Bolzano nel 2024 di un importo di euro 24.061.000 a titolo di compensazione del minor rimborso degli oneri derivanti dalla Convenzione con la RAI del 31 dicembre 2012, riconosciuto dallo Stato per gli anni 2013-2015 ai sensi dell’articolo 45, commi 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.
Il decreto legislativo n. 177 del 2005 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici – disciplina all’articolo 45, lo svolgimento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale sulla base di contratti di servizio da stipulare tra il concessionario del servizio pubblico e lo Stato, ciascuna regione e provincia autonoma.
In particolare, il comma 3-bis concerne la convenzione stipulata tra la società concessionaria e la Provincia autonoma di Bolzano, con la quale devono essere individuati i diritti e gli obblighi relativi, in particolare i tempi e gli orari delle trasmissioni radiofoniche e televisive. La norma prevede che, al fine di garantire trasparenza e responsabilità nell'utilizzo del finanziamento pubblico provinciale, i costi di esercizio per il servizio in lingua tedesca e ladina siano iscritti in apposito centro di costo del bilancio della società concessionaria e gli oneri relativi siano assunti dalla provincia autonoma di Bolzano, nell’ambito delle risorse individuate ai sensi dell’art. 79 comma 1, lett. c) dello statuto (poi rimborsate dallo Stato) nel limite massimo di euro 10.313.000 annui. Il comma 3-ter aumenta il suddetto importo di 5 milioni di euro annui per il 2015 e di 9.687.000 euro annui a decorrere dall'anno 2016.
Il comma 7 dell’articolo 9 in esame, infine, quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione dell’accordo con le Province autonome, pari a 105 milioni di euro per il 2023, 49,061 milioni di euro nel 2024 e 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. Per la corrispondente copertura, la norma rinvia all’articolo 23 del decreto-legge in esame (vedi la scheda di lettura infra).
Articolo 9, comma 8
(Destinazione del gettito derivante dalla massimizzazione di aliquote fiscali nelle regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario)
L’articolo 9, comma 8, consente alle regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario, in presenza di alcune condizioni finanziarie, di destinare il gettito derivante dalla massimizzazione delle maggiorazioni delle aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale regionale all’IRPEF, ove scattate automaticamente, alla copertura del disavanzo di amministrazione diverso da quello sanitario.
La norma si applica alle Regioni interessate dalle disposizioni di cui all’articolo 2, comma 80, secondo e terzo periodo, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010). Tali disposizioni, espressamente richiamate dalla norma in esame, consentono, in presenza delle condizioni ivi specificate, alle regioni sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario, di evitare, a decorrere dal 2013, le "massimizzazioni" delle aliquote dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF ovvero di destinare il relativo introito a determinate finalità extrasanitarie. Queste ultime devono riguardare lo svolgimento di servizi pubblici essenziali e l'attuazione delle norme di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (convertito dalla legge n. 64 del 2013), con riferimento alle norme di tale provvedimento relative al pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione. Come accennato, la norma in esame prevede che tale introito possa essere destinato alla copertura del disavanzo di amministrazione diverso da quello sanitario.
Si ricorda che sono sette le regioni attualmente sottoposte alla disciplina dei piani di rientro: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia. Si veda, al riguardo, la pagina internet Piani di rientro del sito del Ministero della salute.
L’articolo 2, comma 80, primo periodo, della citata legge finanziaria 2010 pone l’obbligo, per le regioni in piano di rientro, del mantenimento, per l’intera durata del piano, delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale regionale IRPEF, ove scattate automaticamente.
Per una sintetica illustrazione di tale meccanismo automatico disposto dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004), v. infra.
Il secondo e il terzo periodo del comma 80, qui richiamati, individuano, quindi, due fattispecie nelle quali è consentita alla regione la riduzione delle predette maggiorazioni (rispetto al livello massimo) o la destinazione del relativo introito alle menzionate finalità extrasanitarie.
Le due fattispecie summenzionate sono le seguenti: sussistenza, in ciascuno degli anni dell’ultimo biennio di esecuzione del piano di rientro, ovvero del programma operativo di prosecuzione dello stesso, di un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio "e prima delle coperture", decrescente ed inferiore al gettito derivante dalla predetta massimizzazione delle aliquote, nonché di un programma operativo 2013-2015 approvato dai Tavoli tecnici ivi richiamati (Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti); sussistenza, in ciascuno degli anni dell’ultimo triennio dell'esecuzione summenzionata, di un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio "e prima delle coperture", non decrescente, ma inferiore rispetto al gettito derivante dalla massimizzazione, nonché di un programma operativo 2013-2015 approvato dai citati Tavoli tecnici.
Nella prima ipotesi, la riduzione delle maggiorazioni o la destinazione alle finalità extrasanitarie è ammessa entro una misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore medio annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo biennio. Nella seconda ipotesi, la riduzione o il cambio di destinazione è consentito entro una misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore massimo annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo triennio. In entrambe le fattispecie, la sussistenza della condizione di ammissibilità, relativa all'andamento del disavanzo sanitario, è riscontrata dai citati Tavoli tecnici.
Per quanto concerne il meccanismo della massimizzazione automatiche delle aliquote, Si ricorda, in estrema sintesi, che l’art. 1, comma 174, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) prevede che se il commissario ad acta non adotta i provvedimenti necessari per il ripiano del disavanzo di gestione, entro i termini temporali previsti (31 maggio), si applicano comunque, fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di verifica, l'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive nella misura massima prevista dalla vigente normativa nonché il divieto di effettuare spese non obbligatorie. Gli atti emanati e i contratti stipulati in violazione del divieto di effettuare spese non obbligatorie sono nulli. In sede di verifica annuale degli adempimenti la regione interessata è tenuta ad inviare una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente e dal responsabile del servizio finanziario, attestante il rispetto del predetto vincolo.
Articolo 9, commi 9, 11 e 12
(Sistema di finanziamento degli enti del Servizio sanitario regionale ed incremento del Fondo indennizzi per vaccinazioni obbligatorie)
L’articolo 9 interviene sul sistema di finanziamento degli enti del Servizio sanitario regionale. Il comma 9 prevede che le Regioni determinino il finanziamento dei propri enti sanitari, in modo da assegnare le relative quote con uno o più atti deliberativi, ivi comprese eventuali rimodulazioni del finanziamento fra gli enti stessi.
Il comma 11 incrementa di 50 milioni di euro le risorse del Fondo indennizzi per soggetti danneggiati dalle vaccinazioni obbligatorie ed il comma 12 prevede la corrispondente clausola di copertura finanziaria.
Il comma 9 dell’articolo 9 in esame interviene sul sistema di finanziamento degli enti del Servizio sanitario regionale, disponendo che le Regioni determinino il finanziamento dei propri enti sanitari, tenuto conto della legislazione vigente in materia di garanzia degli equilibri di bilancio sanitario, in modo da assegnare le relative quote con uno o più atti, ivi comprese eventuali rimodulazioni del finanziamento fra gli enti stessi.
Ciò allo scopo di favorire l’equilibrio di bilancio dei medesimi enti e ai fini del generale equilibrio del bilancio consolidato del Servizio sanitario regionale.
Come indicato dalla relazione illustrativa, in coerenza con il complessivo quadro normativo vigente, l’obiettivo della disposizione del comma 9 è chiarire il ruolo svolto dalle regioni rispetto agli enti sanitari.
A tal riguardo si ricorda che il D. Lgs. n. 502 del 1992[13], all’articolo 2, ha stabilito, fra l’altro, le competenze regionali nel campo del finanziamento degli enti sanitari, ponendo in capo alle Regioni, con successivi interventi normativi e a garanzia degli equilibri di finanza pubblica, da un lato la responsabilità ultima di garantire l’equilibrio di bilancio dei propri servizi sanitari regionali e dall’altro le conseguenze in caso di squilibri di bilancio sanitario, quali obblighi di copertura finanziaria, massimizzazione delle aliquote fiscali regionali (anche a carattere automatico), sottoposizione ai Piani di rientro e commissariamento.
Inoltre, il comma 11 dispone l’incremento, pari a 50 milioni di euro, per la successiva ripartizione alle Regioni – al fine di concorrere ai corrispondenti oneri sostenuti dalle stesse – delle risorse del Fondo da destinare all’esercizio della funzione di concessione degli indennizzi in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.
Si ricorda che l’istituzione di tale Fondo è stata prevista dalla legge bilancio 2021 (comma 821, art. 1, L. n. 178 del 2020) con una iniziale dotazione di 50 milioni per l’anno 2021 nello stato di previsione del MEF, allo scopo di disporre il concorso dello Stato agli oneri sostenuti dalle Regioni per l’esercizio della funzione di concessione degli indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni, con successivo riparto del contributo regionale in proporzione al fabbisogno derivante dagli indennizzi corrisposti.
Tali indennizzi – si ricorda – sono previsti dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210 e la corrispondente funzione di concessione i soggetti beneficiari, come da essa individuati, è stata trasferita alle Regioni in attuazione del D. Lgs. 31 marzo 1998, n.112, facendo rientrare perciò tale funzione nella piena competenza regionale. Detto decreto, attuando la delega prevista dal Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 in relazione al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, ai sensi dell’art. 123, comma 1, del medesimo decreto, ha peraltro disposto, con riferimento al contenzioso relativo alla concessione degli indennizzi in esame, la conservazione in capo allo Stato delle funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti danneggiati da tali complicanze di tipo irreversibile.
L’impegno statale al riparto per l’anno 2021 è avvenuto a seguito dell’Accordo raggiunto in Conferenza Stato-regioni in materia di interventi strategici a favore delle Regioni e delle Province autonome (v. Repertorio atti n. 187/CSR del 5 novembre 2020) per il concorso di 50 milioni di euro all’onere sostenuto dalle Regioni per l’esercizio della sopra illustrata funzione di concessione degli indennizzi a favore dei soggetti beneficiari certificati come danneggiati dai trattamenti sanitari in questione.
La norma inoltre riproduce analoga disposizione prevista nella citata legge di bilancio 2021, stabilendo che il fondo venga ripartito tra le Regioni interessate con decreto del MEF, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di una proposta formulata dalle Regioni in sede di auto-coordinamento tenendo conto del fabbisogno derivante dagli indennizzi corrisposti.
Infine, il comma 12 definisce la clausola di copertura, prevedendo che agli oneri derivanti dai commi 10 (finanziamento alla regione Molise, v. infra) e 11, pari complessivamente a 90 milioni di euro per l’anno 2023, si provveda ai sensi dell’articolo 23 del presente provvedimento (cfr. infra).
La finalità delle citate leggi n. 210/1992, n. 229/2005 e n. 244/2007 è quella di riconoscere un indennizzo, posto a carico dello Stato, e ispirato al principio della solidarietà sociale, a coloro che abbiano riportato gravi danni in conseguenza dell’essersi sottoposti a determinati trattamenti sanitari.
I benefici economici sono erogati a prescindere dal reddito del richiedente, sono esenti dalle imposte sui redditi e sono cumulabili con altre eventuali provvidenze economiche percepite a qualsiasi titolo.
Con riferimento agli indennizzi riconosciuti dalla legge n. 210 del 1992 per vaccinazioni obbligatorie, il ristoro consiste in un assegno composto da una somma determinata nella misura stabilita dalla tabella B allegata alla legge 177/76, cumulabile con qualsiasi altro emolumento percepito, e da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 324/59.
L'indennizzo si compone quindi di due parti: la prima rappresenta il vero e proprio indennizzo mentre la seconda, detta appunto indennità integrativa speciale (IIS), integra la prima.
La Corte costituzionale con la citata sentenza n. 293 del 7 novembre 2011 (che ha dichiarato illegittimo l'art. 11, commi 13 e 14, del D.L. 78/2010 convertito dalla L. 122/2010), ha stabilito che l’importo dell’indennizzo di cui alla Legge 210/1992, deve essere rivalutato nella sua interezza e, dunque, anche con riferimento all'indennità integrativa speciale.
I soggetti beneficiari interessati al riconoscimento dell’indennizzo sono chiamati ad inoltrare la domanda al competente Ministero della salute. Al pagamento dell’indennizzo provvede la Direzione dei servizi erogati alle amministrazioni e ai terzi – Ufficio V in applicazione di uno specifico provvedimento di riconoscimento del diritto emesso emanato dal Ministero della Salute.
Il DPCM 26 maggio 2000 ha previsto, tra l'altro, a decorrere dall’anno 2001, l’attribuzione delle competenze in materia di indennizzi alle Regioni a statuto ordinario (v. anche scheda articolo 152 del presente ddl bilancio). Le competenze in materia di indennizzi per le Regioni a statuto speciale sono rimaste di competenza statale. Pertanto per coloro che risiedono nelle Regioni a statuto speciale il Ministero della Salute provvede al completamento della procedura amministrativa di riconoscimento del diritto all’indennizzo e all’adozione del relativo provvedimento di liquidazione delle somme dovute. In base all’accordo raggiunto in Conferenza Stato-Regioni l’8 agosto 2001, al Ministero della salute spetta anche la gestione degli indennizzi già concessi al momento del trasferimento delle funzioni alle Regioni a statuto ordinario.
La citata legge n. 229/2005 sugli indennizzi dispone che ai soggetti beneficiari sia riconosciuto, in relazione alla categoria già loro assegnata dalla competente commissione medico-ospedaliera un ulteriore indennizzo. Esso è corrisposto nelle modalità di seguito indicate:
§ soggetto capace di intendere e di volere che non beneficia di assistenza prevalente e continuativa (l'indennizzo viene corrisposto integralmente al danneggiato);
§ soggetto capace di intendere e di volere che beneficia di assistenza prevalente e continuativa - l'indennizzo viene corrisposto per il 50% al danneggiato e per il 50% ai congiunti che prestano assistenza;
§ soggetto minore e/o incapace di intendere e di volere che beneficia di assistenza prevalente e continuativa - l'indennizzo viene corrisposto integralmente ai congiunti conviventi che prestano assistenza.
Ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.M. 6 ottobre 2006, con il termine "conviventi" si intendono coloro che dall’anagrafe comunale risultano iscritti nello stesso stato di famiglia.
Infine, con riferimento alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, come integrata dal decreto-legge 30 dicembre 2008 n. 207 (L. n. 14 del 2009), relativa agli indennizzi per sindrome da talidomide, la procedura per la richiesta dell’indennizzo è analoga a quella prevista per i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie.
Articolo 9, comma 10
(Contributo alla regione Molise per la riduzione del disavanzo)
Il comma 10 dell’articolo 9 reca un contributo in favore della regione Molise di 40 milioni di euro per l’anno 2023. Tali somme sono espressamente vincolate alla riduzione del disavanzo di amministrazione della regione.
Come precisato nella Relazione illustrativa, il contributo è assegnato in ragione del fatto che la regione Molise presenta, al 31 dicembre 2021, il più elevato disavanzo di amministrazione pro capite tra le regioni a statuto ordinario, con conseguenti difficoltà nell’approvare il bilancio anche a causa del significativo disavanzo finanziario.
In merito al disavanzo finanziario della regione, secondo quanto emerge nel giudizio di “Parificazione del Rendiconto Generale della Regione Molise dell’esercizio finanziario 2021” (Deliberazione n. 192/2022/PARI del 12 dicembre 2022)[14], stilato dalla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti, la Regione Molise presenta al termine dell’esercizio 2021 un disavanzo di amministrazione complessivo di circa 493,9 milioni di euro.
Nella Relazione di accompagnamento del giudizio di parificazione, la Corte dei conti sottolinea che gli equilibri finanziari della Regione, secondo le stesse risultanze dell’Ente, appaiono ai “limiti della sostenibilità”, in particolare considerando la quota di disavanzo pro capite che grava sulla popolazione residente nel confronto con le altre regioni italiane. Il disavanzo pro capite “si attesta sui 1.698 euro per abitante, in crescita rispetto al 2020 (in cui era pari a 1.662 euro) e superiore alla quota per abitante di tutte le altre Regioni a statuto ordinario”. Limitando il confronto alle Regioni con popolazione meno elevata, “il valore è circa 15 volte superiore a quello dell’Umbria e 19 volte rispetto a quello della Basilicata” (cfr. la “Tabella n. 1 - Disavanzo regionale pro capite – esercizio 2021”, riportata a pag. 15 della Relazione di accompagnamento).
La Regione Molise rientra tra gli enti che hanno adottato dal 2014 un piano di rientro pluriennale per il recupero di un disavanzo di più ampia dimensione, nell’ambito del quale sono stati fissati i traguardi intermedi riguardanti i singoli esercizi. La Corte dei Conti ha monitorato nel tempo l’andamento dei piani di rientro dal disavanzo proveniente dagli esercizi precedenti, onde verificarne l’effettivo recupero. L’analisi dell’andamento del disavanzo di amministrazione nell’ultimo triennio mostra – secondo quanto riportato dalla Corte nel citato giudizio di parificazione - l’inadeguatezza delle misure di rientro complessivamente adottate dall’Amministrazione regionale, che a partire dal 2019 non è più riuscita a garantire la copertura del disavanzo programmato, ma ha realizzato ogni anno un maggior disavanzo da ripianare, che viene ad aggiungersi alla quota annuale di rientro già programmata (cfr. “2.tab. n. 32 – Differenze tra obiettivo e disavanzo effettivo”, Allegato alla Deliberazione n. 192/2022/PARI, Vol. I, pag. 130).
La situazione finanziaria critica dell’ente ha generato, a fine esercizio 2021, un consistente disavanzo non recuperato rispetto all’obiettivo di rientro, pari a 41.323.008 euro.
Nel 2021, infatti, la quota di disavanzo che avrebbe dovuta essere ripianata nell’esercizio (41.717.458 euro, di cui 21.894.807 euro di sforamento della quota programmata per il 2020) è stata effettivamente recuperata solo in piccola parte (per un importo di soli 394.450 euro), per cui permarrebbe una quota di disavanzo non recuperato rispetto all’obiettivo di 41.323.008 euro.
Le regole contabili applicabili nella fattispecie (dettate dal paragrafo 9.2.26 dell’allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011), impongono che la quota del disavanzo applicata al bilancio e non recuperata sia interamente applicata al primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione, in aggiunta alla quota di recupero già programmata ai sensi dei piani di rientro in corso.
Nel 2022, pertanto, la Regione dovrebbe raggiungere un obiettivo complessivo di ripiano del disavanzo di 61,9 milioni di euro, un obiettivo considerato dalla Corte dei conti “palesemente non raggiungibile alla stregua degli andamenti storici della gestione a meno di determinare il concreto mancato svolgimento di funzioni istituzionali”.
La Corte dei conti evidenzia come nel corso degli anni abbia regolarmente segnalato criticità rilevanti anche ai fini della determinazione del risultato di amministrazione, che hanno condotto a una parifica parziale anche della proposta di rendiconto per il 2020. Nell’attività istruttoria sugli esiti della gestione finanziaria ed economico-patrimoniale dell’esercizio 2021, la Corte sottolinea le conseguenze giuridico-contabili della pressoché totale mancata adozione, da parte della Regione Molise, di interventi correttivi conseguenti alla decisione n. 80/2021/PARI della Sezione regionale di controllo, di parificazione solo parziale del rendiconto 2020, che hanno perpetuato la grave sottostima del disavanzo di amministrazione già rilevato al 31 dicembre 2020.
Il successivo comma 12 dispone che alla copertura degli oneri derivanti dal contributo in esame si provvede ai sensi dell’articolo 23.
Articolo 10
(Trasporto pubblico locale)
L’articolo 10 rifinanzia, con 500 milioni € per il 2023, il Fondo per il sostegno al TPL, istituito per compensare gli operatori di servizi di trasporto pubblico locale dalle riduzioni dei ricavi nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2022, conseguenti all’epidemia di Covid-19 (comma 1).
Rifinanzia inoltre, con 35 milioni di euro per l'anno 2023, il fondo c.d “bonus trasporti” per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale (comma 2).
In dettaglio, il comma 1 dell’art. 10 autorizza la spesa di 500 milioni di euro per l’anno 2023, che costituisce limite massimo di spesa, per il rifinanziamento del Fondo destinato a compensare in via definitiva la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2022 e conseguente alle limitazioni alla capienza massima dei mezzi adibiti ai servizi di trasporto pubblico disposte in relazione all'emergenza sanitaria da COVID-19, istituito dall’articolo 200, comma 1, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
Il comma 1 dispone inoltre che tali risorse siano ripartite entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, considerando unitariamente l’intero periodo, sulla base dei criteri stabiliti con il decreto ministeriale con cui sono stati stabiliti i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione, previsto dal comma 2 dell’articolo 200, tenendo conto dei contributi già assegnati a titolo di anticipazione e assicurando una compensazione uniforme in misura percentuale ai soggetti ivi previsti.
Si ricorda che il Fondo per il sostegno al TPL, istituito dal D.L. n. 34 del 2020 (art. 200), aveva una dotazione inziale di 500 milioni di euro per coprire la riduzione dei ricavi nel periodo 23 febbraio 2020 – 31 dicembre 2021 rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del precedente biennio; il Fondo era stato incrementato con l'articolo 44 del decreto-legge n. 104 del 2020 (c.d. Sostegni) per 400 milioni per l'anno 2020 e con l'articolo 29 del decreto-legge n. 41 del 2021 (c.d. Sostegni- bis), di 800 milioni per l'anno 2021. Il primo riparto è avvenuto con decreto interministeriale n. 340 del 2020, che ha definito i criteri e le modalità per il riconoscimento della compensazione; si sono quindi avuti successivi decreti interministeriali di riparto, da ultimo il DM n. 289 del 20/9/2022, che reca la ripartizione definitiva delle risorse destinate alla compensazione dei minori ricavi tariffari relativi all’esercizio 2020 e i criteri per l’assegnazione delle risorse destinate alla compensazione minori ricavi tariffari 2021.
La legge di Bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197, art. 1, comma 477) ha successivamente rifinanziato il Fondo (introducendo il comma 2-bis all’art. 200 del D.L. n.34/2020) autorizzando la spesa di 100 milioni per il 2023 e di 250 milioni per il 2024 per consentire la compensazione della riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri nel periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 marzo 2022.
Per le eventuali regolazioni finanziarie tra le regioni, proporzionalmente alle effettive riduzioni dei ricavi subite nel periodo considerato, il comma 1 dispone che queste siano operate anche utilizzando, a tal fine, le risorse di cui all’articolo 200, comma 2-bis, del decreto- legge 19 maggio 2020, n. 34, cioè quelle stanziate dalla legge di Bilancio 2023 per gli anni 2023 e 2024, non ancora ripartite e con le modalità ivi previste.
Il comma 2 dell’articolo 10, per far fronte alle esigenze emerse in corso d'anno, rifinanzia, con 35 milioni di euro per l'anno 2023, il fondo, c.d. “bonus trasporti”, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e finalizzato a riconoscere, nei limiti della dotazione del fondo e fino ad esaurimento delle risorse, un buono , da utilizzare fino al 31 dicembre 2023, per l'acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale ovvero per i servizi di trasporto ferroviario nazionale, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 14 gennaio 2023, n. 5 (convertito, con modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 23).
Si ricorda che il Fondo “Bonus Trasporti”, istituito dal c.d. "Decreto Aiuti" (art. 35 del decreto legge n. 50 del 2022), per riconoscere un buono di importo non superiore a 60 euro alle persone fisiche che nell'anno 2021 avessero conseguito un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, è stato incrementato, da 79 a 180 milioni per il 2022, dal c.d. "Decreto Aiuti bis" (art. 27 del decreto legge n. 115 del 2022). Il D.L. n. 144 del 2022 (c.d. aiuti ter) ha poi incrementato (art. 12) di ulteriori 10 milioni di euro il Fondo. L’art. 4 del D.L. n. 5 del 2023 ha quindi finanziato, anche per l'anno 2023, il Fondo, per la concessione di un buono di importo non superiore a 60 euro n favore delle persone fisiche che nell'anno 2022 abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro. Le modalità per la fruizione del “bonus trasporti” sono state definite con decreto del Ministro del lavoro 28 marzo 2023, n. 4.
Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri, pari a 535 milioni di euro per l’anno 2023, alla quale si provvede ai sensi dell’articolo 23.
Articolo 11
(Edilizia universitaria)
L’articolo 11 istituisce un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, finalizzato alla corresponsione di tutti gli importi dovuti a titolo di co-finanziamento nell’ambito delle procedure amministrative ai sensi dell’art. 1, comma 4-ter, e dell’art. 1-bis, della legge n. 338 del 2000, in materia di alloggi e residenze per studenti universitari. Tale nuovo fondo, i cui importi variano dai 96.570.000 euro previsti per il 2023 ai 129.000 euro previsti per il 2053 (anno finale di vigenza del Fondo), è finalizzato a sostenere gli studenti della formazione superiore, nonché a incrementare la disponibilità di alloggi e posti letto per gli studenti fuori sede, in considerazione della rimodulazione del target M4C1-28 relativo alla riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, concernente appunto gli alloggi per studenti e la riforma della legislazione sugli alloggi per studenti.
Nel dettaglio, il comma 1 dell’art. 11 prevede che, al fine di sostenere gli studenti della formazione superiore, nonché di incrementare la disponibilità di alloggi e posti letto per gli studenti fuori sede mediante l'acquisizione del diritto di proprietà o, comunque, l'instaurazione di un rapporto di locazione o altra forma di godimento a lungo termine o il rinnovo a lungo termine di contratti di locazione già in essere da parte di soggetti pubblici e privati in relazione ad immobili adibiti a residenze universitarie, in considerazione della rimodulazione del target (obiettivo) M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca è istituito un Fondo finalizzato alla corresponsione di tutti gli importi dovuti a titolo di co-finanziamento nell’ambito delle procedure amministrative ai sensi dell’art. 1, comma 4-ter, e dell’articolo 1-bis, della legge 14 novembre 2000, n. 338 (che reca “Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari”), meglio descritte in seguito. Tale fondo ha una dotazione di euro 96.570.000 per l’anno 2023, euro 13.349.000 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032, euro 11.370.000 per l’anno 2033, euro 6.387.000 per l’anno 2034, euro 6.256.000 per l’anno 2035, euro 4.962.000 per l’anno 2036, euro 4.438.000 per l’anno 2037, euro 2.501.000 per l’anno 2038, euro 2.186.000 per l’anno 2039, euro 1.809.000 per l’anno 2040, euro 1.540.000 per l’anno 2041, euro 570.000 per ciascuno degli anni dal 2042 al 2043, euro 487.000 per ciascuno degli anni dal 2044 al 2046, euro 308.000 per l’anno 2047, euro 129.000 per ciascuno degli anni dal 2048 al 2053. Ai relativi oneri si provvede, per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, ai sensi dell’art. 23 (che reca le disposizioni finanziarie del provvedimento in esame e alla cui scheda di lettura si rinvia) e, per gli anni dal 2027 al 2053, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'art. 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 (legge n. 307 del 2004).
Si ricorda che il citato art. 1, comma 4-ter, della legge n. 338 del 2000 prevede che le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza indicate nell'ambito dei bandi adottati in applicazione della medesima legge 338/2000 possono essere destinate anche all'acquisizione da parte dei soggetti di cui al comma 1 (ossia regioni, province autonome di Trento e di Bolzano, organismi regionali di gestione per il diritto allo studio universitario, università statali e legalmente riconosciute, collegi universitari, consorzi universitari, cooperative di studenti senza fini di lucro e organizzazioni non lucrative di utilità sociale operanti nel settore del diritto allo studio), nonché di altri soggetti pubblici e privati, della disponibilità di posti letto per studenti universitari, mediante l'acquisizione del diritto di proprietà o, comunque, l'instaurazione di un rapporto di locazione a lungo termine, ovvero per finanziare interventi di adeguamento delle residenze universitarie agli standard di cui alla comunicazione della Commissione europea (COM(2019) 640 final) sul Green Deal europeo, recepiti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con separato bando riservato alle finalità di cui sopra, da adottarsi con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sono definite le procedure e le modalità per la presentazione dei progetti e per l'erogazione dei relativi finanziamenti e sono indicati gli standard ed i parametri di cui al precedente comma 4, al fine di adeguarli alle modalità di acquisizione della disponibilità di posti letto di cui al primo periodo. Al fine di raggiungere gli obiettivi temporali connessi al target M4C1-28 del Piano nazionale di ripresa e resilienza – prosegue il comma 4-ter dell’art. 1 della legge n. 338 del 2000 - sul decreto di cui sopra e sul provvedimento di nomina della commissione di cui al successivo comma 5, che può essere composta da rappresentati indicati dal solo Ministero dell’università e della ricerca, possono non essere acquisiti i pareri di cui ai commi 3, 4 e 5 del medesimo art. 1. Agli acquisti di cui al presente comma non si applica la disposizione di cui all'art. 12, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, n. 98 (legge n. 111 del 2011), che prevede che le operazioni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con l'esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immobili ubicati all'estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze.
Per quanto concerne poi l’art. 1-bis della medesima legge n. 338 del 2000, che disciplina il cosiddetto “Nuovo housing universitario”, esso prevede, al comma 1, che le risorse previste dalla citata riforma 1.7 della missione 4, componente 1, del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sono destinate, per un importo pari a 660 milioni di euro, all'acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore, ai fini del perseguimento delle finalità previste dalla medesima riforma. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo le risorse destinate ai sensi del comma 1 sono assegnate, anche in convenzione ovvero in partenariato con le università, con le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e con gli enti regionali per il diritto allo studio, alle imprese, agli operatori economici e agli altri soggetti privati di cui all'art. 1, comma 1, della medesima legge 338 del 2000, sulla base delle proposte selezionate da una commissione istituita presso il Ministero dell’università e della ricerca, secondo le procedure definite dal decreto di cui al successivo comma 7. Ai componenti della commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. A mente del comma 3, la ripartizione delle risorse tra le proposte selezionate ai sensi del comma 2 è effettuata, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sulla base del numero dei posti letto previsti in base a ciascuna proposta e tenuto conto dei fabbisogni espressi dalla ricognizione effettuata con le modalità indicate dal decreto di cui al successivo comma 7, nonché della quota da riservare alle regioni del Mezzogiorno. L'erogazione delle risorse di cui al presente comma è effettuata in esito alla effettiva messa a disposizione, anche tramite appositi bandi, dei posti letto relativi alle proposte ammesse a finanziamento. Il comma 4, poi, prevede che le risorse assegnate ai sensi del precedente comma 3 sono destinate al pagamento del corrispettivo, o parte di esso, dovuto per il godimento dei posti letto resi disponibili ai sensi del presente articolo presso alloggi o residenze per i primi tre anni dalla effettiva fruibilità degli stessi. Secondo il comma 5, i soggetti aggiudicatari ai sensi del comma 3 assicurano la destinazione d'uso prevalente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo ad alloggio o residenza per studenti con possibilità di destinazione ad altra finalità, anche a titolo oneroso, delle parti della struttura eventualmente non utilizzate, ovvero degli stessi alloggi o residenze in relazione ai periodi non correlati allo svolgimento delle attività didattiche. Il comma 6, poi, prevede che la riduzione della disponibilità di posti letto rispetto al numero degli stessi indicato in sede di proposta comporta la riduzione delle somme erogate e dei benefici di cui ai commi 9 e 10 in misura proporzionale alla riduzione della disponibilità prevista. In caso di mutamento della destinazione d'uso prevalente ad alloggio o residenza per studente degli immobili utilizzati per le finalità del presente articolo, il soggetto aggiudicatario decade dai benefici di cui ai commi 9, 10 e 11. Ai sensi del comma 7, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, sentite la Conferenza dei rettori delle università italiane e la Conferenza Stato-Regioni, sono definiti:
a) la composizione della commissione di valutazione di cui al comma 2;
b) le procedure per la ricognizione dei fabbisogni territoriali di posti letto;
c) le procedure per la presentazione delle proposte di intervento e per la loro valutazione, nonché il numero minimo di posti letto per intervento;
d) le procedure e i criteri volti ad individuare il corrispettivo unitario per i posti letto, tenendo conto dell'ambito territoriale, dei valori di mercato di riferimento, delle tipologie degli immobili e del livello dei servizi offerti agli studenti nonché della riduzione del 15 per cento in ragione della finalità sociale delle misure di cui al presente articolo;
e) le garanzie patrimoniali minime per accedere alle misure di cui al presente articolo, anche al fine di assicurare un vincolo di destinazione, pari ad almeno nove anni successivi al terzo anno, con decorrenza dall'acquisizione della disponibilità degli alloggi o delle residenze per l'utilizzo previsto;
f) gli standard minimi qualitativi degli alloggi o delle residenze e degli ulteriori servizi offerti, in relazione sia allo spazio comune per studente che alle relative dotazioni strumentali, fermo restando il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all'ambiente (DNSH).
Il comma 8 poi prevede che i posti letto ottenuti con le misure di cui al presente articolo 1-bis sono destinati agli studenti fuori sede individuati sulla base delle graduatorie del diritto allo studio, ovvero di quelle di merito. Secondo il comma 9, con decorrenza dall'anno di imposta 2024, le somme corrisposte ai sensi del comma 4 non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle società, nonché alla formazione del valore netto della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive. I redditi derivanti dalla messa a disposizione di posti letto presso alloggi o residenze per studenti universitari di cui al presente articolo, salvo quanto previsto al primo periodo, non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul reddito delle società, nonché alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento, a condizione che tali redditi rappresentino più della metà del reddito complessivamente derivante dall'immobile. A mente del comma 10, gli atti aventi ad oggetto gli immobili destinati ad alloggi o residenze per studenti universitari stipulati in relazione alle proposte ammesse al finanziamento di cui al presente articolo sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro. Ferma restando la decadenza dal beneficio prevista dal comma 6, qualora a seguito della stipula degli atti di cui al primo periodo non venga dato seguito, entro i termini previsti, agli interventi finalizzati alla realizzazione e messa a disposizione degli alloggi o delle residenze universitarie, si determina la decadenza dal beneficio fiscale di cui al presente comma. Il comma 11 inoltre prevede che ai soggetti aggiudicatari ai sensi del comma 3 è riconosciuto un contributo sotto forma di credito d'imposta, per una quota massima pari all'importo versato a titolo di imposta municipale propria, in relazione agli immobili, o a parte di essi, destinati ad alloggio o residenza per studenti ai sensi del presente articolo. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le disposizioni attuative della misura, con particolare riguardo alle procedure di concessione e di fruizione del contributo, sotto forma di credito d'imposta, anche al fine del rispetto del limite di spesa di cui al presente comma, nonché' alle condizioni di revoca e all'effettuazione dei controlli. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede nel limite di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2024. Il comma 12, infine, reca la copertura degli oneri dell’articolo.
Si ricorda poi che il citato obiettivo (target) M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede, al 31 dicembre 2022, la realizzazione di almeno 7.500 nuovi posti letto negli alloggi per studenti, in base alla citata legge n. 338 del 2000, quale riveduta entro il 31 dicembre 2021 (secondo quanto previsto dal precedente traguardo M4C1-27). Tale modifica legislativa è avvenuta, nello specifico, per mezzo dell’art. 64, comma 8, del D.L. 77/2021 (L. 108/2021), il quale ha innalzato dal 50 al 75% del costo totale la quota massima di cofinanziamento dello Stato per la realizzazione di interventi per alloggi e residenze per studenti universitari e delle istituzioni AFAM, novellando l’art. 1 della L. 338/2000. Il comma 9 del medesimo art. 64 ha precisato che agli oneri derivanti da tale modifica si fa fronte con le risorse del PNRR.
Per un approfondimento sugli investimenti e sulle riforme del PNRR relative al settore dell’istruzione e, in particolare, concernenti la predetta riforma 1.7 (per la quale sono previste risorse per complessivi 960 milioni di euro), si rinvia all’apposita sezione del Portale della documentazione della Camera dei deputati (si veda, nello specifico, l’allegato “Riforme”).
Si segnala che il comma 1 dell’art. 11 in commento fa riferimento alla rimodulazione dell’obiettivo M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in considerazione della quale vengono poste le disposizioni di tale comma e, in particolare, viene istituito il suddetto fondo di durata trentennale (e, conseguentemente, vengono poste le disposizioni dei successivi commi 2 e 3).
In assenza di informazioni di dettaglio su tale rimodulazione nella relazione tecnica e nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, si ricorda che, nel documento del Governo del 27 luglio 2023, dove si annuncia la proposta di modifica delle modalità attuative per taluni investimenti e alcune riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza - tra cui è presente anche la citata riforma 1.7 concernente gli alloggi per studenti e riforma della legislazione sugli alloggi per studenti universitari - si rileva che la relativa modifica, in accordo con la Commissione europea, riguarda lo spostamento del citato target M4C1-28 dalla terza alla quarta rata e la sua trasformazione in milestone (traguardo). Inoltre – prosegue il documento governativo - la modifica mira a correggere alcuni errori nel successivo target M4C1-30 (creazione e assegnazione di almeno 60.000 posti letto aggiuntivi entro il 30 giugno 2026). In altra parte del documento ministeriale - in relazione alla predetta riforma 1.7 - si propone di intervenire come segue:
• eliminare il vincolo della camera singola, ripristinando la possibilità di realizzare camere doppie, requisito essenziale per la sostenibilità economica degli investimenti;
• modificare il meccanismo di verifica del target finale, che prevedrà solo il requisito della creazione fisica del posto letto e della disponibilità all’assegnazione entro il 30 giugno 2026;
• forfettizzare l’importo concesso al soggetto attuatore che mette a disposizione un determinato posto letto, lasciando piena libertà rispetto ai quadri economici degli interventi non vincolando le assegnazioni ad una specifica categoria di spesa.
Si propone, inoltre – prosegue tale documento - l’incremento della dotazione della misura per 300 milioni di euro, al fine di concedere un contributo per singolo posto letto di valore più congruo rispetto al mercato attuale (anche alla luce degli importanti aumenti generalizzati dei prezzi su scala globale) e rendere la misura più attrattiva per gli operatori economici.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo in commento, le procedure amministrative relative agli interventi di cui al comma 1, già concluse, ovvero ancora in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto- legge (ossia al 19 ottobre 2023), nonché i connessi pagamenti (la relazione illustrativa specifica “già effettuati e da effettuarsi”) conservano piena validità ed efficacia ad ogni effetto di legge.
A tale proposito si ricorda, in particolare il DM n. 1046 del 26 agosto 2022 (qui il relativo comunicato stampa), modificato dal DM n. 1089 del 15 settembre 2022, con il quale sono stati gestiti 300 milioni di euro previsti dal PNRR per il traguardo della creazione e assegnazione di posti letto aggiuntivi almeno pari a 7.500 entro il 31 dicembre 2022. Successivamente, il decreto-legge n. 144 del 2022 (legge n. 175 del 2022), aggiungendo l’art. 1-bis alla legge n. 338 del 2000, ha disposto – come anticipato - che le risorse previste dalla riforma 1.7 della Missione 4, componente 1, del PNRR, siano destinate, per un importo pari a 660 milioni di euro, all'acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore (art. 25). Si veda anche che il comunicato, in Gazzetta Ufficiale, del 24 novembre 2022.
Il comma 3 dell’articolo in commento, infine, prevede che il Ministero dell’università e della ricerca, entro il 30 giugno 2026, effettui il monitoraggio degli interventi di cui al comma 1 (la relazione tecnica precisa “al fine di aggiornare il fabbisogno”), tenendo conto della quota di alloggi eventualmente riconosciuti ammissibili, da parte della Commissione europea, ai fini del conseguimento del suddetto target M4C1-28 - riforma 1.7 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dandone comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Si ricorda poi che, in attuazione della legge di bilancio 2023 (legge n. 197, del 2022) e, in particolare, dell’art. 1, comma 580, che ha rifinanziato il Fondo di cui all’art. 1, comma 526, della legge n. 178 del 2020, per 4 milioni di euro per l’anno 2023 e per 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024, è stato adottato il decreto ministeriale n. 1224 dell’11 settembre 2023, recante “Disciplina del contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti fuori sede” (qui il relativo comunicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 ottobre 2023).
Il suddetto art. 1, comma 526 della legge n. 178 del 2020 ha previsto l’istituzione di un fondo presso il MUR (cap. 1815) con una dotazione di 15 milioni di euro il 2021, finalizzato a corrispondere un contributo per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti fuori sede residenti in luogo diverso rispetto a quello dove è ubicato l'immobile locato, appartenenti a un nucleo familiare con un indice della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro, i quali non usufruiscono di altri contributi pubblici per l'alloggio.
Si ricorda infine che, sul tema “caro affitti” che coinvolge gli studenti universitari, si è svolta da ultimo, il 18 ottobre 2023, un’interrogazione a risposta immediata presso la VII Commissione cultura della Camera dei deputati (n. 5-01492). Di seguito, il resoconto della seduta e la risposta del Ministro dell’università e della ricerca Anna Maria Bernini.
Articolo 12
(Anticipo investimenti FS)
L’articolo 12 prevede un’anticipazione di cassa per coprire i fabbisogni relativi all’anno 2023 per gli investimenti di RFI, sia relativamente a nuove opere che agli interventi di manutenzione straordinaria.
Le risorse finanziarie stanziate sono pari a 1.000 milioni di euro per l’anno 2023.
In particolare l’articolo in esame incrementa l’autorizzazione di spesa per il finanziamento dell’attuale contratto di programma, parte servizi, tra il Ministero delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili e RFI.
A tale riguardo è utile ricordare come con lettera del 23 dicembre 2022, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al Parlamento il nuovo Contratto di programma 2022-2026, Parte Servizi e Parte Investimenti, sottoscritto tra RFI - Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti in data 19 dicembre 2022.
Nel nuovo Contratto di programma, in attuazione della Missione 3: "Infrastrutture per una mobilità sostenibile" del PNRR e in linea con gli indirizzi generali stabiliti nel Documento Strategico di Mobilità Ferroviaria (di seguito: DSMF), particolare attenzione è riservata al tema della sostenibilità ambientale e, in generale, all'obiettivo di conseguire una maggiore efficienza nel servizio di trasporto ferroviario, al fine di disincentivare il ricorso ai mezzi di trasporto privato e maggiormente inquinanti ed ottenere, così, la transizione dalla gomma al ferro (c.d. "cura del ferro").
Tanto premesso, si ricorda che il Contratto di programma, Parte Investimenti, è finalizzato a regolare la programmazione degli investimenti di sviluppo e potenziamento della rete ferroviaria, nonché gli interventi relativi alla sicurezza della rete e al suo adeguamento agli obblighi di legge, in coerenza con gli indirizzi strategici della programmazione economico-finanziaria nazionale e comunitaria, mentre la Parte Servizi disciplina le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria della rete ferroviaria, nonché le attività di Safety, Security e Navigazione.
Nella Parte Servizi del Contratto di Programma è contenuta la disciplina del finanziamento delle attività di gestione e manutenzione straordinaria per la resilienza e la sostenibilità dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
Da ultimo si segnala che la legge di bilancio 2022 stanzia le seguenti risorse a beneficio del Contratto di programma - Parte Servizi:
· 5,1 miliardi di euro in conto investimenti (cap 7122-PG5) con il seguente profilo di cassa:
o 500 milioni di euro per l'anno 2022;
o 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, 2025, 2026;
o 600 milioni di euro per l'anno 2027;
· 5,11 miliardi di euro in conto esercizio (cap 1541), con la seguente articolazione per anni:
o 1.155,56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023;
o 965,56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.
Articolo 13
(Rifinanziamento della Nuova Sabatini)
L’articolo 13 rifinanzia di 50 milioni di euro per il 2023 la misura a sostegno degli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese, cd. Nuova Sabatini.
Segnatamente, l’articolo 13, al fine di assicurare continuità alle misure di sostegno agli investimenti produttivi delle micro, piccole e medie imprese attuati ai sensi dell'articolo 2 del D.L. n. 69/2013 (L. n. 98/2013), istitutivo della cd. “Nuova Sabatini”, autorizza la somma di 50 milioni di euro per l’anno 2023. Agli oneri di cui al primo periodo si provvede ai sensi dell’articolo 23 (alla cui scheda di lettura si rinvia).
La "Nuova Sabatini " è una misura istituita dall'articolo 2 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013). La misura è stata rifinanziata più volte e potenziata, in ragione del forte riscontro del settore produttivo. Costituisce uno dei principali strumenti agevolativi nazionali di sostegno alle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, eccettuati il settore finanziario e assicurativo e le attività connesse all'esportazione e per gli interventi subordinati all'impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti di importazione[15].
La nuova Sabatini sostiene l'acquisto, o l'acquisizione in leasing, da parte di micro, piccole e medie imprese (MPMI) di beni strumentali materiali - macchinari, impianti, beni strumentali d'impresa, attrezzature nuovi di fabbrica e hardware - o immateriali (software e tecnologie digitali) a uso produttivo e, in particolare, consente:
· l'accesso a finanziamenti agevolati per gli investimenti in beni strumentali, anche mediante operazioni di leasing finanziario.
Il D.L. n. 34/2019 ha incluso tra i soggetti finanziatori anche gli intermediari finanziari (iscritti all'albo di cui all'art. 106 del TUB) che statutariamente operano nei confronti delle PMI.
Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese fino all'80% del finanziamento.
Il finanziamento deve essere:
o di durata non superiore a 5 anni
o tra 20.000 euro e i 4 milioni di euro (importo così innalzato dal D.L. n. 34/2019)
o interamente utilizzato per coprire gli investimenti ammissibili.
· l'accesso ad un contributo statale in conto impianti per gli investimenti in questione, parametrato a un tasso di interesse annuo convenzionalmente assunto e pari al:
o 2,75% per gli investimenti ordinari
o 3,575% per gli investimenti in tecnologie digitali,compresi gli investimenti in big data, cloudcomputing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequencyidentification (RFID) e in sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti (investimenti in tecnologie cd. "industria 4.0"). Tale maggiorazione è stata introdotta dalla legge di bilancio 2019 (L. n.160/2019) e successivamente confermata. La Circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823, in attuazione del decreto interministeriale 22 aprile 2022[16]. Ha incluso, tra gli investimenti oggetto della maggiorazione al 3,575%, a decorrere dal 1° gennaio 2023, gli investimenti green, per essi intendendo “l’acquisto, o l’acquisizione nel caso di operazioni di leasing finanziario, di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, a basso impatto ambientale, nell'ambito di programmi finalizzati a migliorare l’ecosostenibilità dei prodotti e/o dei processi produttivi”.
Nella attuale legislatura, la misura (recte: l’autorizzazione di spesa finalizzata al contributo statale in conto impianti, di cui all’articolo 2 comma 8 del D.L. n. 69/2013) è stata rifinanziata dalla legge di bilancio 2023 per 30 milioni di euro per l'anno 2023 e 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. Inoltre, limitatamente alle iniziative con contratto di finanziamento stipulato dal 1° gennaio 2022 al 30 giugno 2023, il termine di dodici mesi per l'ultimazione degli investimenti, previsto dalle disposizioni attuative, è prorogato per ulteriori 6 mesi. E' stato conseguentemente prorogato di 6 mesi anche il termine per la trasmissione della richiesta di erogazione, da effettuarsi entro 120 giorni dal termine ultimo previsto per la conclusione dell'investimento (L. n. 197/2022, articolo 1, commi 414-415).
I dati attuativi della misura sono costantemente aggiornati dal Ministero delle imprese e del made in Italy, sul suo sito istituzionale, cui si rinvia.
Si rinvia, altresì, alla Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente (Volume II – Appendice) allegata alla NADEF 2023 (Doc. LVII - n. 1-bis, All. I), pag. 171, che illustra il profilo temporale degli stanziamenti alla misura via via susseguitisi.
Articolo 14
(Rifinanziamento Fondo di cui articolo 7-bis, comma 3, del decreto-legge 16 giugno 2022 n. 68 convertito con modificazioni dalla legge 5 agosto 2022 n. 108)
L’articolo 14 prevede un incremento, pari a 150 milioni di euro per l’anno 2023, del Fondo di cui all’articolo 7-bis, comma 3 del decreto-legge n. 68 del 2022 relativo agli eventuali oneri derivanti dalla revoca di concessioni.
A tale riguardo è utile ricordare come il sopra citato articolo 7-bis aveva introdotto una serie di disposizioni in materia di concessioni e infrastrutture stradali con particolare riguardo ad alcuni profili della disciplina della revoca delle concessioni autostradali, istituendo, al contempo, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, un apposito Fondo per il quale era stata prevista una dotazione finanziaria pari a 500 milioni di euro nell’arco temporale dal 2022 al 2024.
L’articolo 7-bis, inoltre, prevedeva che, nel caso di estinzione di una concessione autostradale per inadempimento del concessionario, l’importo dell’indennizzo venisse determinato a seguito di una appropriata verifica delle voci di bilancio mediante l’esecuzione di una asseverazione da parte di una primaria società di revisione.
Si prevedeva, inoltre, che fosse fatto salvo il diritto del concedente al risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento del concessionario. Tale risarcimento avrebbe dovuto essere determinato anche tenendo conto delle risultanze ispettive effettuate dall’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali su richiesta del concedente.
L’articolo 12, pertanto, incrementa il Fondo, sopra descritto, di un importo pari a 150 milioni per l’anno 2023.
Articolo 15
(Programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico)
L’articolo 15 rifinanzia di 326 milioni di euro per l’anno 2023 l’autorizzazione di spesa relativa programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico, connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale e realizzati nel contesto dell'Unione europea.
La disposizione, finalizzata ad accelerare la realizzazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento destinati alla difesa nazionale, provvede a rifinanziare l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4 comma 3 della legge n. 266/1997, le cui risorse sono allocate sul capitolo 7421 (Interventi per lo sviluppo delle attività industriali ad alta tecnologia dei settori aeronautico e aereospazio in ambito difesa e sicurezza nazionale) dello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy. Tale autorizzazione è stata oggetto di diversi rifinanziamenti, da ultimo con la sezione seconda della legge di bilancio n. 197/2022, per 20 milioni di euro.
Si ricorda che nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy secondo la legge di bilancio 2023-2025 nel capitolo 7421 sono allocate risorse di competenza per 877,9 milioni di euro nel 2023, 970,9 milioni nel 2024 e 1040,7 milioni nel 2025.
Il rifinanziamento, secondo la relazione tecnica, determina un impatto sul piano delle consegne con conseguenti effetti finanziari diretti in termini di fabbisogno e indebitamento netto.
Alla copertura finanziaria si provvede mediante rinvio all’articolo 23.
Il focus della legge n. 266/1997 è concentrato sulla partecipazione nazionale ai programmi aeronautici europei ad elevato contenuto tecnologico ed è stata a totale carico del Ministero della difesa fino al 2011, mentre, dal 2012, le relative risorse sono state attribuite al Ministero per lo sviluppo economico (ora Ministero delle imprese e del made in Italy) per il finanziamento di programmi aeronautici sovranazionali quali “Efa” (European fighter aircraft), “Tornado” ed “NH 90”.
Si tratta di progetti che si caratterizzano per gli elevati costi di studio e progettazione, per i lunghi periodi di sviluppo, per l’alto rischio e per i loro rendimenti a lungo termine. Considerati gli ingenti oneri correlati ai progetti, che le imprese non sono in grado di sostenere per intero, lo Stato ha ritenuto di intervenire a loro sostegno.
Per quanto riguarda più in particolare il programma Efa, si ricorda che tale programma è l’erede di un progetto risalente agli anni 70 che aveva l’obiettivo di realizzare (inizialmente in tre Paesi - Regno Unito, Francia e Germania) un nuovo velivolo da combattimento multiruolo, in sostituzione di flotte obsolete, tale da competere con i più moderni aerei Usa e Urss. Nacque quindi il progetto “Eca” (European combact fighter) al quale si aggiunsero successivamente l’Italia – che aveva necessità di sostituire i suoi antiquati F104 – e la Spagna.
Nel 1983 la Francia si ritirò dal progetto, volendo realizzare un proprio programma nazionale (Acx Rafale) e fu quindi firmato un nuovo accordo per la realizzazione di un velivolo da difesa europeo “Eurofighter”; la progettualità fu ridenominata Efa, con la partecipazione delle industrie specializzate di quattro Paesi (Italia, Regno Unito, Germania e Spagna); i relativi studi di fattibilità si conclusero nel 1985. Nel 1986 fu firmato il Memorandum of understanding (Mou 1) nel quale si stabilivano le diverse fasi di definizione, sviluppo, industrializzazione, produzione in serie ed infine di supporto in servizio; poi, con le successive integrazioni e modifiche all’accordo, sono stati definiti fasi e principi generali di ripartizione dei costi e del lavoro tra le Nazioni interessate (Fonte: Corte dei conti, Deliberazione 17 ottobre 2018, n. 20/2018/G, Sviluppo tecnologico ed interventi nel settore aeronautico).
Ad oggi, il programma Eurofighter F-2000 Typhoon è senza dubbio il più rilevante programma di cooperazione dell’industria aerospaziale europea nel settore della difesa. Il programma Typhoon sostiene un’ampia base industriale con un livello occupazionale che la Difesa stima in più di 100.000 unità ad altissima specializzazione, sviluppando importanti tecnologie e assicurando una capacità operativa per le Forze Aeree dei Paesi Partner ed Export.
Articolo 16
(Contributi economici in ambito sportivo per CONI, CIP e FCI)
L’art. 16 dispone 3 contributi economici in ambiti e per finalità sportive. Si prevedono, in particolare: 1) l’incremento di 10 milioni di euro nell'anno 2023 del contributo assegnato al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), per le attività connesse alla preparazione olimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Olimpici di Parigi 2024; 2) l’incremento di 3 milioni di euro nell'anno 2023 del contributo assegnato al Comitato italiano paralimpico (CIP) per le attività connesse alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Paralimpici di Parigi 2024; 3) un contributo di 8 milioni di euro per l'anno 2023 in favore della Federazione ciclistica italiana (FCI) al fine di assicurare il completamento della realizzazione di un Velodromo nel comune di Spresiano (provincia di Treviso).
Nel dettaglio, anzitutto, il primo periodo del comma 1 dispone l’incremento di 10 milioni di euro nell'anno 2023 del contributo assegnato al CONI ai sensi dell'art. 1, comma 630, secondo periodo, della L. 145/2018, per le attività connesse alla preparazione olimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Olimpici di Parigi 2024.
Si ricorda che, in base all’art. 1, comma 630, primo periodo, della L. 145/2018, a decorrere dall'anno 2019, il livello di finanziamento del CONI e della Sport e salute Spa è stabilito nella misura annua del 32 per cento delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato, registrate nell'anno precedente, e comunque in misura non inferiore complessivamente a 410 milioni di euro annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei seguenti settori di attività: gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. Il secondo periodo – al quale la disposizione commentata fa riferimento incrementando il contributo di 10 milioni per l’anno 2023 – destina le risorse del primo periodo CONI, nella misura di 45 milioni di euro annui, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana; per una quota non inferiore a 363 milioni di euro annui, alla Sport e salute Spa; per 2 milioni di euro, alla copertura di altri oneri. Al finanziamento delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato e delle associazioni benemerite si provvede, in misura inizialmente non inferiore a 280 milioni di euro annui, a valere sulla suddetta quota destinata alla Sport e salute Spa.
Qui è disponibile la pagina ufficiale dei Giochi Olimpici di Parigi 2024.
Con previsione simmetrica, il secondo periodo del comma 1 incrementa di 3 milioni di euro nell'anno 2023 il contributo assegnato al CIP, di cui al D.LGS. 43/2017, per le attività connesse alla preparazione paralimpica e al supporto della delegazione italiana per i Giochi Paralimpici di Parigi 2024.
All’interno del richiamato D.LGS. 43/2017, l’art. 17, comma 1, dispone che i mezzi finanziari per l'espletamento delle attività del CIP sono stabiliti, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, con decreto dell'autorità di vigilanza, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che determina la parte delle risorse finanziarie, attualmente in disponibilità o attribuite al CONI, da destinare al CIP.
Come riportato dalla pagina dedicata all’amministrazione trasparente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le risorse finanziarie a disposizione del CIP sono state determinate con decreto del MEF del 30 dicembre 2019 per l’anno 2020 e per il triennio 2020-2022 in € 22.000.000. A questi si aggiungono lo stanziamento di cui all’art. 1, comma 408 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, pari a € 769.950, nonché lo stanziamento pari ad € 500.000 autorizzato dall’art. 1 comma 333 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 e lo stanziamento di € 3.000.000 stabilito con l’art. 1. Comma 372 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 per le attività da realizzarsi in accordo con INAIL.
Qui è disponibile la pagina ufficiale dei Giochi Paralimpici di Parigi 2024.
L’ultimo periodo del comma 1 provvede alle coperture degli oneri recati dai primi due periodi, facendo rinvio a quanto previsto dall’art. 23 del decreto-legge in commento, alla cui scheda di lettura dunque si rimanda.
Il comma 2 dispone un contributo di euro 8 milioni per l'anno 2023 in favore della Federazione ciclistica italiana (FCI) al fine di assicurare il completamento della realizzazione di un Velodromo nel comune di Spresiano (provincia di Treviso), di cui all'art. 2, commi 272 e 273, della L. 244/2007. Per le finalità di cui al presente comma il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei ministri procede all'aggiornamento dell'accordo di programma quadro di cui all'art. 1, comma 273, della medesima L. 244/2007.
L’art. 2, comma 272, della L. 244/2007, per la realizzazione degli impianti sportivi e di servizio funzionali allo svolgimento dei campionati del mondo di ciclismo su pista del 2012 in provincia di Treviso, autorizza un contributo quindicennale di 2 milioni di euro a decorrere dal 2008 quale concorso dello Stato agli oneri derivanti dalla contrazione di mutui o altre operazioni finanziarie che la Federazione ciclistica italiana è autorizzata ad effettuare.
Il successivo comma 273 stabilisce che il 95 per cento del contributo quindicennale di cui al comma 272 è destinato alla realizzazione di un velodromo nel territorio della provincia di Treviso, diretto a consentire un adeguato allenamento degli atleti italiani sul territorio nazionale. Ai fini della definizione delle modalità di finanziamento e di realizzazione del velodromo e delle restanti infrastrutture funzionali allo svolgimento della manifestazione sportiva, la Federazione ciclistica italiana stipula un apposito accordo di programma quadro, ai sensi dell'articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con l'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri
Qui è disponibile la pagina ufficiale della FCI dedicata al velodromo di Spresiano, con la documentazione e gli atti relativi al progetto e ai lavori.
Infine, il comma 3 si occupa delle coperture degli oneri derivanti dal comma 2, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2023, ai quali si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata del bilancio dello Stato da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri a valere sulle risorse affluite sul proprio bilancio autonomo per effetto dell'art. 10, comma 3, del D.L. 73/2021. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, derivanti dal primo periodo, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'art. 6, comma 2, del D.L. 154/2008.
Articolo 17
(Fondo nazionale per le politiche sociali)
L’articolo 17 prevede un incremento, nella misura di 10 milioni di euro, della dotazione per il 2023 del Fondo nazionale per le politiche sociali, rinviando per la copertura finanziaria del relativo onere alle disposizioni di cui al successivo articolo 23. L’incremento è inteso a ripristinare[17] l’importo ordinario annuo – pari a 390.925.678 euro – della dotazione del Fondo; l’incremento infatti compensa la riduzione (pari anch’essa a 10 milioni) contemplata, per il medesimo anno 2023, dal D.L. 2 marzo 2023, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 aprile 2023, n. 46.
Il Fondo in oggetto è iscritto nel capitolo 3671 del programma 3.2 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali[18]. Il suddetto programma è stato oggetto di una riduzione, in termini sia di competenza contabile sia di autorizzazione di cassa, pari a 10 milioni di euro per il 2023, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, e dell’allegato 1 del suddetto D.L. n. 16 del 2023.
Si ricorda che il riparto annuo del Fondo è operato con decreto ministeriale, adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali[19].
Articolo 18
(Disposizioni inerenti ai lavoratori a tempo parziale ciclico)
L’articolo 18 precisa a quali lavoratori debba intendersi riferito il riconoscimento dell’indennità una tantum, per l’anno 2022, prevista a favore dei lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale nell’anno 2021.
Dispone inoltre, per l’anno 2023, il riconoscimento, a determinate condizioni, di un’indennità una tantum pari a 550 euro in favore di lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico nell’anno 2022, che preveda periodi non interamente lavorati di almeno un mese in via continuativa, e complessivamente non inferiori a 7 settimane e non superiori a 20 settimane, dovuti a sospensione ciclica della prestazione lavorativa.
Nel dettaglio, il comma 1 dispone che il riconoscimento, per l’anno 2022, dell’indennità una tantum prevista dall’articolo 2-bis, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 (c.d. decreto Aiuti), pari a 550 euro, a favore dei lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale[20] nell’anno 2021, debba intendersi riferito ai lavoratori dipendenti di aziende private titolari di un rapporto di lavoro a tempo parziale che prevede periodi non interamente lavorati di almeno un mese in via continuativa, e complessivamente non inferiori a 7 settimane e non superiori a 20 settimane, dovuti a sospensione ciclica della prestazione lavorativa.
Come precisato dalla circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023, ai fini dell’accesso a tale indennità, il requisito di cui sopra si intende soddisfatto qualora il lavoratore - nell’alternanza dei periodi di lavoro e non lavoro riferiti al citato contratto dell’anno 2021 - possa fare valere un periodo continuativo di non lavoro di almeno un mese[21] e nel complesso un periodo di non lavoro non inferiore a sette settimane e non superiore a venti settimane.
Si precisa inoltre che la richiamata disposizione di cui all’articolo 2-bis, comma 1, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, prevede che, per l’accesso al beneficio, detti lavoratori non devono essere, alla data di presentazione della domanda, titolari di un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato - diverso da quello a tempo parziale ciclico verticale - né percepire la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)[22] o alcun trattamento pensionistico[23]. L’indennità è invece cumulabile con l'assegno ordinario di invalidità, può essere riconosciuta una sola volta al medesimo lavoratore ed è erogata dall’INPS a domanda[24].
L’indennità prevista non concorre alla formazione del reddito ai fini del calcolo dell’IRPEF.
La disposizione poi stabilisce un limite di spesa complessivo a carico della finanza pubblica di 30 milioni di euro, incarica l’INPS della corresponsione dell’indennità e demanda, inoltre, all’INPS la determinazione dei tempi e delle modalità di erogazione, il monitoraggio del rispetto del limite di spesa e la comunicazione dei risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Al verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa di 30 milioni di euro, non sono adottati altri provvedimenti di concessione dell'indennità.
Il comma 3 del citato articolo 2-bis prevede che agli oneri derivanti da tale articolo in esame si provveda a valere sul Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale di cui all’articolo 1, comma 971, della legge n. 234/2021 (Legge di bilancio 2022).
Detto fondo, con dotazione pari a 30 milioni di euro per gli anni 2022 e 2023, è stato istituito al fine di introdurre nell'ordinamento un sostegno economico in favore dei lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale.
Il comma 2 prevede il riconoscimento, per l’anno 2023, di un’indennità una tantum, pari a 550 euro, ai lavoratori dipendenti di aziende private titolari nel 2022 di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico, che preveda periodi non interamente lavorati di almeno un mese in via continuativa e complessivamente non inferiori alle 7 e non superiori alle 20 settimane.
Analogamente a quanto previsto per l’indennità di cui al comma 1, per l’accesso al beneficio detti lavoratori non devono essere, alla data della domanda, titolari di un rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato né percepire la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) o alcun trattamento pensionistico e l’indennità può essere riconosciuta una sola volta al medesimo lavoratore.
Il comma 3 precisa che l’indennità prevista non concorre alla formazione del reddito ai fini del calcolo dell’IRPEF. La disposizione stabilisce un limite di spesa complessivo a carico della finanza pubblica di 30 milioni di euro per il 2023. L’INPS, incaricata della corresponsione dell’indennità, provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e alla comunicazione dei risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Al verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa di 30 milioni di euro, non sono adottati altri provvedimenti di concessione dell'indennità.
Come precisato nella Relazione Tecnica, le attività disciplinate dal comma 3 rientrano nei compiti istituzionali dell’INPS e possono essere svolte con le dotazioni umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma 4 quantifica gli oneri della misura di cui al comma 3 e reca la copertura finanziaria, prevedendo che a tali oneri si provveda a valere sul Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale di cui all’articolo 1, comma 971, della legge n. 234/2021 (Legge di bilancio 2022).
Il richiamato comma 971 istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part time ciclico verticale, con una dotazione, che costituisce limite di spesa, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
L’istituzione del richiamato Fondo, come rilevato, è finalizzata a introdurre nell'ordinamento un sostegno economico in favore dei suddetti lavoratori, titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale.
Si ricorda infine che, con riferimento al contratto di lavoro a part time verticale ciclico (o multi-periodale) – in cui la prestazione lavorativa si articola solo su alcuni giorni del mese o su alcuni mesi dell'anno – la legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020, art. 1, comma 350), recependo un indirizzo giurisprudenziale costante, ha incluso anche le settimane non interessate da attività lavorativa nel computo dell'anzianità utile ai fini del diritto al trattamento pensionistico per i titolari di contratti a part time ciclico verticale.
Come specificato nella Relazione Tecnica, la disposizione esaurisce i suoi effetti nell’anno in corso, atteso che l’INPS ha confermato che gli effetti finanziari sono previsti per il solo anno 2023.
Articolo 19
(Disposizioni transitorie in materia di reddito di cittadinanza)
L’articolo 19 è volto a posticipare al 30 novembre 2023 il termine - originariamente fissato al 31 ottobre 2023 - entro il quale i servizi sociali devono comunicare all’INPS l'avvenuta presa in carico, prima della scadenza del limite massimo di mensilità erogabili, dei percettori del Reddito di cittadinanza, che non sono attivabili al lavoro. Si dispone, inoltre, che, in assenza di tale comunicazione, l'erogazione è sospesa, una volta decorso il predetto termine del 30 novembre 2023.
La disposizione prevede, infine, che, nelle more della presa in carico da parte dei servizi sociali, il limite temporale delle sette mensilità per l’erogazione del reddito di cittadinanza non si applica ai nuclei familiari, che, in ragione della loro caratteristiche, sono stati comunque trasmessi ai servizi sociali per la presa in carico, ferma restando la comunicazione della effettiva presa in carico entro il citato termine del 30 novembre 2023.
Nel dettaglio, l’articolo reca, in particolare, alcune novelle all’articolo 1, comma 313, della legge di bilancio per l’anno finanziario 2023.
Deve preliminarmente ricordarsi che la legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) ha introdotto, nei commi 313-321 dell’articolo 1, modifiche alla disciplina del reddito di cittadinanza con riferimento all’anno 2023, in vista della soppressione definitiva di tale istituto a partire dall’anno 2024, nell’ambito di una più ampia riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva.
Con particolare riferimento al comma 313 - qui novellato -, si fa presente che esso, nella sua formulazione originaria, si limitava a prevedere che, dal 1° gennaio 2023, la misura del reddito di cittadinanza fosse riconosciuta nel limite massimo di sette mensilità. Si rammenta, che prima di tale data, il beneficio era riconosciuto per un periodo massimo di diciotto mesi, rinnovabile, previa sospensione dell’erogazione del medesimo per un mese.
Il comma 313 è stato successivamente novellato, attraverso modifiche introdotte con l’articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023.
In particolare, con tali modifiche si è previsto che il limite massimo di fruizione del reddito di cittadinanza previsto per il 2023 e pari a sette mensilità non si applichi ai percettori del Reddito di cittadinanza che, prima della scadenza dei sette mesi, siano stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro, fermo restando che tale beneficio può essere goduto sino al 31 dicembre 2023. In tale ultimo caso, ai fini del prosieguo della percezione del reddito di cittadinanza fino al suddetto termine del 31 dicembre 2023, i servizi sociali comunicano l’avvenuta presa in carico all’INPS, tramite la piattaforma Gepi[25], entro il suddetto termine di sette mesi, e comunque non oltre il 31 ottobre 2023 (termine modificato con la novella in commento). Si specifica altresì che, in assenza di tale comunicazione entro il suddetto termine di sette mesi, l'erogazione del beneficio è sospesa e può essere riattivata, ricomprendendo le mensilità sospese, solo in esito all'avvenuta comunicazione, fermo restando il predetto termine del 31 ottobre 2023 (periodo anch’esso novellato ai sensi della disposizione in esame).
La disposizione qui in commento ha apportato ulteriori modifiche al predetto comma 313 della legge di bilancio per l’anno finanziario 2023.
In primo luogo, nel modificare il terzo periodo del richiamato comma dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2023, essa stabilisce che - nei casi in cui i percettori del reddito di cittadinanza che, prima della scadenza del limite massimo di sette mensilità erogabili, sono stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro -, ai fini del prosieguo della percezione di tale beneficio economico fino al 31 dicembre 2023, i servizi sociali debbano comunicare all'INPS, tramite la piattaforma GePI, l'avvenuta presa in carico, non più entro il 31 ottobre 2023, bensì entro il 30 novembre 2023.
Con l’ulteriore novella recata al quarto periodo del comma 313 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2023, si prevede la sospensione dell’erogazione, in assenza di questa comunicazione, una volta trascorso il citato termine del 30 novembre 2023.
L’ultima novella - che consiste nell’aggiunta di un ulteriore periodo dopo il quarto al citato comma 313 – dispone che il limite temporale delle sette mensilità per l’erogazione del reddito di cittadinanza, nelle more della presa in carico da parte dei servizi sociali, non si applica ai nuclei familiari che, in ragione della loro caratteristiche, sono stati comunque trasmessi ai servizi sociali per la presa in carico. Resta comunque ferma la comunicazione della effettiva presa in carico entro il 30 novembre 2023. Si valuti l’opportunità di specificare le caratteristiche in ragione delle quali i nuclei familiari sono trasmessi ai servizi sociali, anche ai fini di un coordinamento con il successivo comma 314.
Si rammenta, al riguardo, che il comma 314 prevede che il limite massimo di sette mensilità - fermo restando il limite di fruizione del beneficio entro il 31 dicembre 2023 - non si applichi in caso di nuclei familiari, al cui interno vi siano persone con disabilità, come definite ai sensi del regolamento di cui al DPCM n. 159 del 2013, minorenni o persone con almeno sessant'anni di età.
La relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che la disposizione in commento non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; ciò in considerazione del fatto che la relazione tecnica del decreto-legge n. 48 del 2023 già considera tutti i possibili aventi diritto al reddito di cittadinanza, indipendentemente dal limite temporale originariamente previsto, compresi tutti i soggetti comunque indirizzati ai Comuni per la presa in carico da parte dei servizi sociali.
Articolo 20
(Misure per le scuole dell'infanzia paritarie)
L’articolo 20, composto di un solo comma, incrementa, per il 2023, di 50 milioni di euro il contributo aggiuntivo già assegnato alle scuole dell'infanzia paritarie per il 2022 e pari a 20 milioni di euro. Esso rinvia quindi all'articolo 23 del provvedimento in esame per la copertura dei relativi oneri.
Come sopra segnalato, l’articolo 20, composto di un solo comma, incrementa, per il 2023, di 50 milioni di euro il contributo aggiuntivo già assegnato alle scuole dell'infanzia paritarie per il 2022 e pari a 20 milioni di euro. Esso rinvia quindi all'articolo 23 del provvedimento in esame per la copertura dei relativi oneri.
L’articolo in esame rinvia inoltre espressamente all'articolo 1, comma 328 della legge di bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021), il quale ha disposto l’assegnazione alle scuole dell'infanzia paritarie di un contributo aggiuntivo, per il 2022, pari a 20 milioni di euro, le cui modalità e criteri di riparto avrebbero dovuto essere definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro trenta giorni dal 1° gennaio 2022 (data di entrata in vigore della stessa legge).
In attuazione di tale disposizione, il DM n. 21 del 14 febbraio 2023 ha disciplinato le modalità e i criteri di riparto dei contributi destinati alle scuole dell’infanzia paritarie, per l’anno scolastico 2022/2023. In particolare, esso prevede che le risorse finanziarie, stanziate per l’esercizio finanziario 2023, sul capitolo 1477 - piano gestionale 9 - Contributo a favore delle scuole dell’infanzia paritarie, pari a 20 milioni di euro, sono ripartite tra gli Uffici scolastici regionali, compresa la Regione autonoma della Valle d’Aosta, in proporzione al numero degli allievi delle istituzioni scolastiche paritarie dell’infanzia di ciascuna regione, sulla base dei dati presenti al sistema informativo del Ministero dell’istruzione e del merito. Gli Uffici scolastici regionali e la Regione autonoma della Valle d’Aosta provvedono alla successiva ripartizione dei contributi a favore delle scuole dell’infanzia paritarie di ciascuna regione. Il Direttore generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione provvede, con appositi decreti, ad assegnare agli Uffici scolastici
regionali e alla Regione autonoma della Valle d’Aosta lo stanziamento di euro 20 milioni, iscritto nel bilancio di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito sul citato capitolo 1477, piano gestionale 9. I Direttori generali degli Uffici scolastici regionali e la Regione autonoma della Valle d’Aosta
predispongono un piano di riparto regionale delle suddette risorse in favore delle scuole paritarie dell’infanzia in proporzione al numero di allievi frequentanti nell’anno scolastico 2022/2023.
Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 1 della L. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali (co. 1). Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate dai requisiti di qualità ed efficacia disciplinati dai commi 4, 5 e 6 dell’articolo in questione (co. 2).
Con particolare riferimento ai contributi statali, si ricorda che l’art. 1, co. 636, della L. 296/2006 ha disposto che il Ministro dell’istruzione definisce annualmente, con apposito decreto, i criteri e i parametri per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie e, in via prioritaria, a quelle che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro e che comunque non sono legate con società aventi fini di lucro o da queste controllate. In tale ambito i contributi sono assegnati secondo il seguente ordine di priorità: scuole dell'infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado.
Le risorse sono allocate sul cap. 1477/pg 1 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito.
Successivamente, l’art. 1-quinquies, co. 1, del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – come modificato dall’art. 1, co. 616, della L. 232/2016 – ha disposto la corresponsione di uno specifico contributo alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità, nel limite di spesa di € 23,4 mln annui a decorrere dal 2017. Ha, altresì, disposto che il contributo è ripartito secondo modalità e criteri definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, tenendo conto, per ciascuna scuola paritaria, del numero degli alunni con disabilità accolti e della percentuale di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli alunni frequentanti.
Ancora dopo, l’art. 1, co. 335, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato di € 12,5 mln per il 2020 il contributo di cui all’art. 1-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), destinando l’incremento alle scuole dell’infanzia paritarie.
Inoltre, l’art. 1, co. 514, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) ha incrementato il contributo di cui all’art. 1-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) di € 70 mln per il 2021.
Le risorse sono allocate sul cap. 1477/pg 2 dello stato di previsione dello stesso Ministero dell’istruzione e del merito.
Ulteriori risorse sono state attribuite alle scuole paritarie a seguito dell’emergenza da COVID-19. In particolare, l’art. 233, co. 3 e 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha autorizzato, tra l’altro, la spesa di € 165 mln per il 2020 a favore dei soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi per l’infanzia[26] e delle scuole per l'infanzia non statali e di € 120 mln nel 2020 a favore delle scuole primarie e secondarie paritarie, quale sostegno economico a fronte della riduzione o del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza.
Successivamente, l’art. 58, co. 5, del D.L. 73/2021 (L. 106/2021) ha disposto che, al fine di contenere il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell’a.s. 2021/2022, alle scuole primarie e secondarie paritarie doveva essere erogato un contributo complessivo di € 60 mln nel 2021, di cui € 10 mln a favore delle scuole dell'infanzia. In base al medesimo co. 5 le risorse dovevano essere erogate a condizione che le istituzioni scolastiche paritarie pubblicassero nel proprio sito, entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge: l’organizzazione interna, con particolare riferimento all’articolazione degli uffici e all’organigramma; le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza, compresi gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, il curriculum vitae e il compenso erogato; il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute, con particolare riferimento ai dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo, nonché i tassi di assenza; i dati relativi al personale in servizio con contratto di lavoro non a tempo indeterminato; i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo; le informazioni relative ai beni immobili e gli atti di gestione del patrimonio. In base al co. 5-bis, la mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione comporta la revoca dell’erogazione del contributo.
Il DM n. 20 del 14 febbraio 2023 ha stabilito i criteri e i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie di ogni ordine e grado per l’a.s. 2022/2023.
In base alla L. 129/2023 (Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2023), il capitolo 1477 dello stato di previsione del MIM evidenzia disponibilità complessive pari a € 656,3 mln in conto competenza e cassa per il 2023.
Articolo 21, commi 1, 3 e 4
(Risorse per l’accoglienza dei migranti. Contributo straordinario in favori di Comuni di confine o costieri interessati da flussi migratori)
L’articolo 21, comma 1, istituisce un fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 46,859 milioni di euro per il 2023, destinato al finanziamento delle misure urgenti connesse all’accoglienza di migranti, nonché in favore dei minori stranieri non accompagnati. Il comma specifica che le risorse per l’accoglienza sono stanziate “anche a sostegno dei Comuni”. Demanda quindi a decreti ministeriali l’attuazione della disposizione in parola.
Il comma 3 istituisce altresì un fondo presso il medesimo Ministero dell’interno, con una dotazione pari a 5 milioni di euro per il 2023. Tali risorse sono stanziate ai fini della concessione di un contributo straordinario in favore di comuni confinanti con altri Paesi europei o comuni costieri, interessati da flussi migratori. Il comma 4 demanda ad un decreto ministeriale la definizione dei criteri e delle modalità di concessione di tale contributo straordinario.
Il comma 1 prevede che i criteri e le modalità di riparto della suddetta somma di 46,859 milioni siano definiti, nel rispetto del limite di spesa posto dallo stanziamento, da un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il successivo riparto delle risorse è effettuato con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.
Si osserva che non è posto un termine temporale per il decreto che definisca il “successivo riparto”.
Come accennato, i commi 3 e 4 riguardano la concessione di un contributo straordinario in favore di Comuni di confine o costieri interessati da flussi migratori. Il decreto che definisce criteri e modalità di concessione di tale contributo straordinario è emanato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’interno, al 15 ottobre 2023 risultano 141.106 immigrati in accoglienza nel territorio, di cui 828 immigrati presenti negli hotspot, 105.911 immigrati nei centri di accoglienza, 34.367 presenze nei centri del Sistema accoglienza e integrazione (SAI).
I migranti sbarcati in territorio italiano dal 1° gennaio al 19 ottobre 2023 sono stati 140.898. Nello stesso periodo del 2022 si è registrato lo sbarco di 76.491 persone; 50.680 persone sono sbarcate nello stesso periodo del 2021.
Al 15 ottobre 2023 sono sbarcati 14.449 minori stranieri non accompagnati; in tutto il 2022 sono stati 14.044; nel 2021 sono stati 10.053.
Si rammenta che il decreto-legge n. 130 del 2020 (convertito dalla legge n. 173 del 2020) rinomina il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati SIPROIMI in SAI – Sistema di accoglienza e integrazione, costituito dalla rete degli enti locali. Per quanto concerne i progetti e i Comuni interessati, si rinvia alla pagina internet I dati generali SAI dal 2019 al 2022. Riguardo al numero dei progetti e degli enti locali interessati, aggiornati ad agosto 2023, si veda la pagina I numeri del SAI.
Articolo 21, comma 2
(Misure per la funzionalità degli uffici del Ministero dell’interno)
L’articolo 21, comma 2, estende all’anno 2024 l’autorizzazione, già prevista per il solo 2023, al Ministero dell’interno a utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro con contratto a termine.
Al contempo, innalza il limite massimo di complessiva spesa riferito alla medesima autorizzazione (da 37,3 milioni e per il solo anno 2023, nel testo finora vigente) a 51,9 milioni circa, di cui 7,4 milioni per il 2023 e 44,5 milioni per il 2024.
La norma novella l’articolo 1, comma 683, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023). Tale comma 683 stabilisce che le prestazioni di lavoro a termine qui in esame sono destinate a consentire la definizione delle procedure per l’instaurazione del rapporto di lavoro tra il datore di lavoro, che opera in Italia, e il lavoratore straniero che entra nel nostro Paese in attuazione dei decreti-flussi per gli anni 2021, 2022 e 2023 (di cui agli articoli 42, 43 e 44 del decreto-legge n. 73 del 2022, convertito dalla legge n. 122 del 2022) e delle procedure di regolarizzazione dei lavoratori stranieri (di cui all’articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito dalla legge n. 77 del 2020).
Per quanto concerne le disposizioni richiamate, v. il riquadro, infra.
Il medesimo comma 683 deroga espressamente a quanto disposto dall’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito dalla legge n. 122 del 2010) che prevede che dal 2011 le amministrazioni dello Stato possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
Inoltre, il Ministero dell’interno può utilizzare prestazioni di lavoro a contratto a termine, anche in deroga alle disposizioni recate dal codice dei contratti pubblici riguardanti: le fasi delle procedure di affidamento, i contratti “sotto soglia” (cioè di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea indicate dal medesimo Codice), le procedure di scelta del contraente per i settori ordinari e la modifica di contratti durante il periodo di efficacia.
Si segnala, dal punto di vista redazionale, che il testo del comma 683 fa riferimento al decreto legislativo n. 50 del 2016 (in particolare, articoli 32, 36, da 59 a 65 e 106) successivamente abrogato dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, a decorrere dal 1° luglio 2023. A norma dell’art. 226, comma 5, del citato decreto legislativo n. 36, ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo n. 50 del 2016 si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del “nuovo” codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso.
La relazione illustrativa annessa al provvedimento in esame informa che è stata avviata “un’unica procedura negoziata ripartita in due lotti funzionali - Lotto nr. 1 (nr. 550 risorse per le esigenze delle Questure – Dipartimento PS) e Lotto nr. 2 (nr. 570 risorse per le esigenze delle Prefetture - DLCI) – per individuare, mediante conclusione di un Accordo quadro con una sola Agenzia di somministrazione di lavoro a tempo determinato” al fine di impiegare il suddetto personale per un periodo massimo di due mesi per l’anno 2023 ed eventualmente prorogare al 2024 la validità del medesimo Accordo. La circostanza che i lavoratori siano impiegati nel 2023 per un solo bimestre è ricondotta, dalla medesima relazione, ai tempi tecnici necessari all’istruzione e allo svolgimento delle procedure di gara.
Si ricorda che, con riferimento all'articolo 97, quarto comma, della Costituzione, la Corte costituzionale ha affermato costantemente (si veda la sentenza n. 227 del 2021) che «la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenza n. 40 del 2018 e n. 110 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 7 del 2015 e n. 134 del 2014) e, comunque, sempre che siano previsti «adeguati accorgimenti per assicurare [...] che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell’incarico» (sentenza n. 225 del 2010).
Gli articoli 42 e 43 del decreto-legge n. 73 del 2022 hanno introdotto alcune misure per la semplificazione delle procedure di ingresso dei lavoratori stranieri. In particolare, hanno ridotto da 60 a 30 giorni il termine per il rilascio del nulla osta al lavoro subordinato da parte dello sportello unico per l'immigrazione, esclusivamente per le istanze presentate a seguito del decreto sui flussi d'ingresso per l'anno 2022 e per quelle che saranno presentate con il decreto flussi per l’anno 2023.
Parimenti, è stato ridotto da 30 a 20 giorni il termine per il rilascio del visto da parte delle rappresentanze diplomatiche italiane per l’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri che si trovano all’estero e che hanno ottenuto il nulla osta.
Infine, hanno estenso, nel rispetto di determinate condizioni, l'ambito applicativo delle disposizioni di semplificazione anche nei confronti dei cittadini stranieri che si trovano nel territorio nazionale, anziché all’estero, alla data del l° maggio 2022, sempreché per i quali sia stata presentata domanda diretta a istaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato nell’ambito del decreto flussi 2021.
L’articolo 44 del medesimo decreto-legge n. 73 del 2022, sempre al fine di semplificare gli ingressi in Italia di lavoratori extra UE previsti dai decreti flussi per il 2021 e il 2022, ha modificato la procedura di verifica circa l'osservanza dei presupposti contrattuali richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’assunzione di lavoratori stranieri, affidando tale verifica – qualora non sia già stata effettuata per il 2021 – in via esclusiva a professionisti iscritti in appositi albi e alle organizzazioni datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, in luogo dell’Ispettorato nazionale del lavoro, al quale viene comunque riconosciuta la possibilità di effettuare controlli a campione sul rispetto dei requisiti e delle procedure previste dall’articolo in commento.
Si segnala, inoltre, l’articolo 45 del decreto-legge n. 73 del 2022, per consentire una più rapida definizione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro, autorizza il Ministero dell’interno a utilizzare, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, anche in deroga alle norme previste dal codice dei contratti pubblici, nel limite massimo di spesa di 5,7 milioni di euro per l'anno 2022, da ripartire tra le sedi di servizio interessate. Per la medesima finalità, il Ministero dell’interno potrà inoltre potenziare le risorse umane impiegate con l’incremento del lavoro straordinario del personale già in servizio, incrementare il servizio di mediazione culturale e realizzare interventi di adeguamento delle piattaforme informatiche. A tal fine, sono stanziate ulteriori risorse pari a 6,7 milioni di euro per il 2022.
L’articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha introdotto la possibilità di emersione dei lavoratori irregolari impiegati in agricoltura, lavori domestici e cura della persona. Si tratta di due forme distinte di regolarizzazione: con la prima i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro.
La seconda consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori di cui sopra, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall'Ispettorato nazionale del lavoro. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto. In entrambi i casi gli stranieri devono risultare presenti nel territorio nazionale ininterrottamente dall'8 marzo 2020.
Le domande, sia quelle di emersione del lavoro, sia quelle di regolarizzazione del permesso di soggiorno, sono state presentate dal 1° giugno al 15 agosto 2020 (il termine originario, 15 luglio, è stato così prorogato dal decreto-legge 16 giugno 2020, n. 52) previo pagamento di un contributo forfetario. Le domande sono presentate dal datore di lavoro all'INPS, per i lavoratori italiani e comunitari, o allo sportello unico per l'immigrazione, per i cittadini di Paesi terzi. Le domande per il permesso di soggiorno temporaneo sono presentate dal lavoratore straniero alla questura.
Inoltre, la disposizione autorizza il Ministero dell'interno ad utilizzare, tramite agenzie di somministrazione di lavoro, lavoratori da impiegare nelle procedure di regolarizzazione con il limite massimo di spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2021 e di 230 milioni per il 2022 (art. 103, comma 23, D.L. 34/2020, come modificato dall'art. 37-quater, comma 1, lett. a), D.L. 104/2020, dall'art. 32-bis, comma 4, lett. a), D.L. 137/2020, e dall'art. 1, comma 648, lett. a) e b), L. 234/2021). In materia è intervenuto anche il D.L. 176/2022 (art. 15, commi 1 e 2) che ha incrementato di 1.558.473 euro per il 2022 l’autorizzazione di spesa relativa ai contratti per prestazioni di lavoro a tempo determinato già stipulati con le agenzie di somministrazione di lavoro interinale di cui al citato articolo 103, comma 23, del D.L. 34/2020).
Al 15 agosto 2020, data del termine finale per la presentazione delle istanze, il totale delle domande ricevute dal portale del Ministero dell'Interno ammonta a 207.542. Per quanto riguarda invece le richieste di permesso di soggiorno temporaneo presentate agli sportelli postali da cittadini stranieri il totale ammonta a 12.986.
Articolo 21, comma 5
(Risorse per la rete dei centri di permanenza per i rimpatri)
L’articolo 21, comma 5 destina 7 milioni alla rete dei centri di permanenza per i rimpatri.
Il comma 5 destina risorse per la funzionalità della rete dei centri di permanenza per i rimpatri, onde assicurare l’effettività delle espulsioni degli stranieri irregolarmente presenti nel territorio nazionale.
Com’è noto, è il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (decreto legislativo n. 286 del 1998) a prevedere – all’articolo 14 – che quando non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, il questore disponga che lo straniero irregolare sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il più vicino centro di permanenza per i rimpatri (a meno che non ricorrano le condizioni perché il questore disponga misure alternative al trattenimento). La convalida (da parte del giudice di pace) del provvedimento questorile di trattenimento comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi (secondo la previsione dell’articolo 20 del decreto-legge n. 124 del 2023), suscettibili, ad alcune condizioni, di proroghe (rimodulate dal citato articolo 20 del decreto-legge n. 124 del 2023, il quale ha esteso il complessivo termine di trattenimento fino a diciotto mesi, in luogo dei 90 giorni più 45 della disciplina immediatamente antecedente).
Indi il decreto-legge n. 13 del 2017 ha perseguito – con il suo articolo 19 – l’ampliamento della rete dei centri di permanenza per i rimpatri, da assicurarsi mediante la distribuzione delle strutture sull'intero territorio nazionale. Ed ha previsto che la dislocazione dei centri di nuova istituzione avvenga, sentito il presidente della Regione o della Provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili, nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata.
A tal fine, l’articolo 19, comma 3, del citato decreto-legge n. 13 del 2017 ha autorizzato una spesa di 13 milioni per la realizzazione dei centri, ed una spesa per la gestione dei centri la quale diviene dal 2019 pari a 18,2 milioni.
La disposizione in commento viene ora a dettare un incremento di 7 milioni per l’anno 2023 di tale autorizzazione di spesa.
I “centri di permanenza per i rimpatri” (CPR) – ossia i luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione – hanno assunto tale denominazione per effetto del decreto-legge n. 13 del 2017 (prima del quale erano, da ultimo, appellati centri di identificazione ed espulsione, CIE).
Sono dislocati a: Bari; Brindisi; Caltanissetta; Gradisca d'Isonzo (GO); Macomer (NU); Milano; Palazzo San Gervasio (PZ); Roma; Torino; Trapani.
In materia di progettazione e realizzazione delle strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio, peraltro, è intervenuto l’articolo 21 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124. Esso ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (su proposta dei Ministri dell'interno e della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) sia approvato un piano straordinario per l'individuazione delle aree interessate alla realizzazione di un numero idoneo di tali strutture, tra cui appunto i centri di permanenza per i rimpatri.
Per la realizzazione del piano, nello stato di previsione del Ministero della difesa è istituito un apposito fondo, con una dotazione di euro 20 milioni per il 2023.
Le strutture di cui si tratta sono inserite nell’elenco delle opere di difesa e sicurezza nazionale di cui al codice dell’ordinamento militare (ed in quanto tali, sono assoggettate ad uno speciale regime derogatorio in materia urbanistica ed edilizia, talché le opere destinate alla difesa nazionale non sono soggette all’accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche né al rilascio di titolo).
Inoltre, ancora l’articolo 21 del decreto-legge n. 124 ha disposto che per la esecuzione delle opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale, il Ministero della difesa sia autorizzato ad avvalersi delle procedure derogatorie previste dall’articolo 140 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36) in caso di somma urgenza e protezione civile.
Quanto all’ambito applicativo del trattenimento, vale rammentare come il decreto-legge n. 20 del 2023 (all’articolo 7-bis, comma 2, lettera b), introduttiva di un articolo 6-bis entro il decreto legislativo n. 142 del 2015[27]) abbia normato una fattispecie di trattenimento (della durata massima di quattro settimane) dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di svolgimento della procedura in frontiera, qualora egli non consegni il passaporto (o altro documento equipollente in corso di validità) ovvero non presti “idonea garanzia finanziaria”[28].
Può ricordarsi come in risposta all'interrogazione (3-00684), sulla realizzazione di nuove strutture di permanenza per migranti, il Ministro dell'interno abbia sostenuto la necessità di creare nuovi centri per aumentare la capacità e l'efficacia dei rimpatri (Senato della Repubblica, seduta del 21 settembre 2023).
In particolare, il ministro ha sottolineato che “il 70 per cento dei soggetti rimpatriati ad oggi è transitato per un CPR e, ad oggi, circa il 50 per cento degli stranieri che vi vengono trattenuti viene rimpatriato. Questi dati evidenziano una forte correlazione tra il numero dei rimpatri e i posti disponibili nei CPR, che oggi sono insufficienti”.
“Tale evidenza - ha proseguito il ministro – è alla base della decisione di realizzare nuovi CPR sul territorio nazionale e di ripristinare la piena funzionalità delle strutture esistenti. L'obiettivo è aprire almeno un centro in ogni Regione e, a tal fine, il recente decreto-legge n. 124 prevede un piano straordinario per l'individuazione delle aree interessate alla realizzazione di un numero idoneo di strutture anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti. L'inserimento dei CPR in tale piano ci consentirà di avvalerci delle procedure speditive e in deroga già previste per le opere destinate alla difesa nazionale, e a questo scopo sono stati stanziati 20 milioni di euro - lo ricordava lei - per l'anno in corso; ma il piano potrà essere aggiornato periodicamente anche sotto il profilo delle risorse necessarie.
Inoltre, al fine di rendere effettivi i rimpatri di coloro che non hanno titolo a permanere sul territorio nazionale, stiamo lavorando sul piano della collaborazione internazionale per incrementare gli accordi con i Paesi di origine e contemporaneamente per comprimere i tempi del procedimento di espulsione”.
Nel corso dell’informativa urgente resa presso la Camera dei deputati (seduta n. 179 del 17 ottobre 2023), il Ministro dell’interno Piantedosi ha ricordato che, alla data del 4 ottobre 2023, il numero totale dei rimpatri in corso d’anno è stato pari a 3.471, rispetto ai 2.997 rimpatri dell'analogo periodo di riferimento del 2022 e ai 2.802 del 2021.
La Relazione al Parlamento per il 2023 del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale espone i dati relativi ai transiti nei Centri di permanenza per i rimpatri (cfr. p. 193 e seguenti).
Nell’anno 2022 le persone transitate presso i Centri sono state 6.383, in aumento rispetto agli anni precedenti. Nel 2021, infatti, sono state 5.142; nel 2020 quando i transiti sono stati 4.387.
Tra le persone transitate nei Centri, quelle rimpatriate risultano essere 3.154 nel 2022, pari al 49,4% dei transiti complessivi; nel 2021 sono state 2.520 (49% dei transiti); nel 2020 2.232 (50.9%).
Articolo 21, commi 6-8
(Disposizioni varie relative al Ministero dell’interno
e al primo soccorso)
L’articolo 21 incide, ai commi 6 e 8, sulla destinazione del contributo di cittadinanza, sopprimendo il vincolo percentuale di sua allocazione tra le diverse attività previste nonché includendo tra queste gli interventi assistenziali straordinari (comma 6), ed estendendo la corresponsione dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario al personale delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo (comma 8).
Il comma 7 autorizza la spesa di 1 milione per il 2023, per le emergenze assistenziali straordinarie di primo soccorso.
Si considerano qui insieme i commi 6, 7 ed 8, i quali trattano profili diversi, in vario grado attinenti all’attività del Ministero dell’interno in connessione al fenomeno migratorio.
Il comma 6 reca novella alla legge n. 91 del 1992 (“Nuove norme sulla cittadinanza”).
Ad essere modificato è, più in dettaglio, l’articolo 9-bis della legge n. 91, per la parte che disciplina la destinazione del gettito conseguente alle istanze o dichiarazioni relative alla cittadinanza.
Infatti, le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono soggette al pagamento di un contributo (di importo pari a 250 euro). Così prevede il comma 2 dell’articolo 9-bis della citata legge n. 91.
Ed il seguente suo comma 3 prevede – nel testo previgente rispetto alla disposizione del decreto-legge in commento – che il gettito derivante dal contributo sia versato all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina: per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione e assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione (anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea); per l'altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti di competenza del medesimo Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza.
La novellazione incide su tale dispositivo normativo, in un duplice modo.
Da un lato, sopprime il vincolo di un’assegnazione per metà ai due tipi di attività previsti – finanziamento di progetti di collaborazione internazionale; istruttorie dei procedimenti in materia di immigrazione – onde rendere più flessibile la destinazione del gettito, all’uno o all’altro tipo di attività a seconda delle esigenze. Nel periodo attuale, si intende leggendo la relazione illustrativa, sono i progetti di collaborazione internazionale a richiedere, tra le due tipologie, una maggiore destinazione di risorse.
Dall’altro lato, aggiunge, ai procedimenti in materia di immigrazione asilo e cittadinanza, gli interventi assistenziali straordinari, tra le possibili destinazioni della quota parte del gettito non assegnata ai progetti di collaborazione internazionale. In tal modo si amplia lo spettro di attività finanziabili attingendo al gettito proveniente dal contributo di cittadinanza.
Il comma 7 autorizza la spesa di 1 milione per il 2023, per le emergenze assistenziali straordinarie di primo soccorso.
La relazione illustrativa riporta che tali risorse siano destinate all’erogazione ai Comuni richiedenti, di finanziamenti straordinari per fronteggiare esigenze sopravvenienti, per eventi calamitosi o per le accresciute esigenza in materia di immigrazione e asilo. Sono risorse che affluiscono allo stato di previsione del Ministero dell’interno (al capitolo di spesa 2314, programma di gestione 2, il quale ha appostata, nell’assestamento in conto competenza, la somma di 1.491.800 euro per il 2023).
Tali risorse ricevono così un incremento di 1 milione per il 2023.
Il comma 8 concerne, come già il comma 6 sopra ricordato, la destinazione delle risorse scaturenti dal contributo di cittadinanza.
In particolare, qui rileva la quota parte del gettito del contributo di cittadinanza destinata alle attività istruttorie di competenza del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.
Secondo la vigente disposizione – recata dall’articolo 1, comma 600, della legge n. 208 del 2015 – parte di siffatte risorse (ove resesi disponibili a seguito di riassegnazioni nel corso dell’anno) possono essere destinate alla corresponsione dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario del personale del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, anche in deroga alla normativa vigente.
Tale previsione è ora novellata, onde estenderne l’applicazione al personale delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo (per le accresciute esigenze, riporta la relazione illustrativa, in materia di immigrazione e asilo).
Articolo 21, commi 9-11
(Crisi ucraina: prosecuzione dell’assistenza alla popolazione ucraina; invio di militari dell'Arma dei carabinieri
a tutela degli uffici all'estero maggiormente esposti)
L’articolo 21 ai commi 9-11 reca disposizioni correlate alla crisi ucraina.
In particolare, il comma 9 autorizza la spesa di 180 milioni per l’anno 2023 per la prosecuzione, nel territorio nazionale, del soccorso e assistenza alla popolazione ucraina.
Il comma 10 autorizza la spesa di 2,2 milioni per il 2024 per l'invio di militari dell'Arma dei carabinieri a tutela degli uffici all'estero maggiormente esposti. Ed Il comma 11 detta la correlativa disposizione di copertura finanziaria.
Il comma 9 autorizza la spesa di 180 milioni di euro per il 2023, per la prosecuzione delle attività connesse allo stato di emergenza dichiarato in Italia (v. infra) innanzi all’insorgere della crisi ucraina, per l'esigenza di assicurare soccorso e assistenza, nel territorio nazionale, alla popolazione ucraina.
Il comma 10 autorizza la spesa di 2,2 milioni per il 2024 per l'invio di militari dell'Arma dei carabinieri a tutela degli uffici all'estero[29] maggiormente esposti, posto l'aggravamento delle tensioni in Ucraina, al fine di potenziare le misure di protezione delle sedi e del relativo personale.
Si tratta di un rifinanziamento per l’anno 2024 di un’autorizzazione di spesa autorizzata dall’articolo 4, comma 2 del decreto-legge n. 14 del 2022 (il quale è conseguentemente novellato). Siffatta autorizzazione ammontava fin qui a 2 milioni per ciascun anno del biennio 2022-23 (ai militari inviati è assicurato un trattamento economico pari a quello del restante personale dell'Arma impiegato nella rete all'estero).
Quale copertura finanziaria interviene il comma 11, secondo cui i 2,2 milioni per il 2024 sono attinti utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale entro il Fondo speciale di parte corrente iscritto, nel bilancio 2023-25, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (nell’ambito del programma: Fondi di riserva e speciali).
Le disposizioni in particolare del comma 9 del presente articolo 21 del decreto-legge si inquadrano nell’ambito delle attività finalizzate ad assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della crisi internazionale in atto. Tali misure sono state introdotte con decreti-legge ed ordinanze di protezione civile[30], conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale adottata dal Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2022, fino al 31 dicembre 2022. La sua durata è stata prorogata, dapprima fino al 3 marzo 2023 con la legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 669, della legge n. 197 del 2022), indi fino al 31 dicembre 2023 con deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio 2023 posto il perdurare della crisi internazionale.
La medesima legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 671, della legge n. 197 del 2022) ha previsto una clausola di flessibilità attuativa, abilitando il Dipartimento della protezione civile a rimodulare, sulla base delle effettive esigenze, le misure di assistenza e accoglienza in favore dei profughi ucraini previste dal decreto-legge n. 21 del 2022 per fronteggiare la situazione emergenziale.
Oltre alla deliberazione dello stato di emergenza, è intervenuto, vale ricordare, il decreto della Presidenza del Consiglio 28 marzo 2022, quale atto interno di recepimento della decisione di esecuzione (UE) 2022/382, la quale accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina (ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20 luglio 2001), con l’effetto della introduzione (per la prima volta) di una protezione temporanea.
Per far fronte alle esigenze connesse all’accoglienza delle persone giungenti in Italia dall’Ucraina, sono successivamente intervenuti più decreti-legge.
Innanzitutto, il decreto-legge n. 16 del 2022 (articolo 3)[31] ha stabilito che i cittadini ucraini, a decorrere dall'inizio del conflitto, possono essere accolti, sia nell'ambito delle strutture territoriali del Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), che nei centri governativi di prima accoglienza e nei centri di accoglienza temporanea (CAS), di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (c.d. decreto accoglienza) anche se non in possesso della qualità di richiedente protezione internazionale o degli altri titoli di accesso previsti dalla normativa vigente. A tal fine il decreto ha disposto un potenziamento del sistema di prima accoglienza e del sistema di accoglienza integrata (SAI) attraverso:
· un incremento delle risorse finanziarie destinate alle attività del sistema di prima accoglienza di competenza del medesimo dicastero (+54,2 mln di euro per il 2022, corrispondenti al costo di circa 5.000 posti), destinandole in via prioritaria per l’accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall'Ucraina;
· l'attivazione di ulteriori 3.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), gestito dagli enti locali.
È stata inoltre estesa ai profughi provenienti dall'Ucraina la riserva di posti (complessivamente 5.000) del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) già prevista e finanziata per i cittadini afghani con il decreto-legge n. 139 del 2021 e la legge dì bilancio per il 2022.
Con la successiva ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 872 del 4 marzo 2022 sono state stabilite le modalità, anche in deroga alla normativa vigente, per reperire idonee strutture ricettive per le esigenze di accoglienza, a partire dalle operazioni di identificazione, nonché per accelerare le procedure di attivazione dei posti del SAI.
In seguito dell'attivazione del meccanismo europeo di protezione temporanea, al fine di potenziare gli interventi di assistenza ed accoglienza a fronte del continuo incremento del numero delle persone provenienti dall'Ucraina, il decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 31) ha previsto misure ulteriori, che sono state successivamente rafforzate e rimodulate mediante i decreti-legge n. 50 (articolo 44) e n. 115 del 2022 (articolo 26).
Per effetto di questa sequenza di disposizioni, in favore dei profughi provenienti dall'Ucraina è stata prevista:
· l'attivazione, fino a 22.000 unità, di forme e modalità di accoglienza diffusa, diverse da quelle ordinarie per l'accoglienza dei migranti, assicurate mediante i Comuni, gli enti del Terzo settore, i centri di servizio per il volontariato, altri enti e associazioni (iscritte nell'apposito registro delle associazioni di stranieri o che operano stabilmente in favore di stranieri), gli enti religiosi civilmente riconosciuti (art. 31, co. 1, lett. a), D.L. 21 del 2022; art. 44, co. 1, lett. a), D.L. 50 del 2022; art. 26, co. 1, lett. a), D.L. 115 del 2022);
· la concessione per un massimo di 80.000 persone titolari della protezione temporanea di un contributo per il sostentamento di coloro che hanno già provveduto ad autonoma sistemazione per la durata massima di 90 giorni (art. 31, co. 1, lett. b), D.L. 21 del 2022 e art. 44, co. 1, lett. b), D.L. 50 del 2022);
· un contributo alle regioni per le spese di assistenza sanitaria per complessivi 120.000 posti per richiedenti e titolari della protezione temporanea (art. 31, co. 1, lett. c), D.L. 21 del 2022 e art. 44, co. 1, lett. c), D.L. 50 del 2022);
· un contributo, fino al massimo di 100 euro al giorno pro-capite a titolo di rimborso per i comuni che accolgono direttamente o sostengono le spese per l'affidamento familiare dei minori non accompagnati provenienti dall’Ucraina (art. 31-bis, D.L. 21 del 2022), di cui l’articolo 2, commi 7 e 8, del decreto-legge n. 198 del 2022 (c.d. Proroga termini) ha disposto l’operatività per tutto il 2023. Tale misura è oggetto di riordino ai sensi dell’articolo 3 del decreto in esame;
· un contributo una tantum, nel limite di 40 milioni per l'anno 2022, allo scopo di rafforzare l'offerta di servizi sociali da assegnare ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea (art. 44, co. 4, D.L. 50 del 2022).
Le attività così autorizzate possono svolgersi nel limite complessivo delle risorse finanziate a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, di cui è stato contestualmente disposto un corrispondente incremento per l'anno 2022.
Successivamente, il decreto-legge n. 115 del 2022 (art. 26, co. 1, lett. c-bis)) ha altresì previsto l'attivazione fino a un massimo di ulteriori 8.000 posti nel Sistema di accoglienza e integrazione, a partire da quelli già resi disponibili dai Comuni e non ancora finanziati, ad integrazione di quanto già disposto con il citato decreto-legge n. 16 del 2022.
Inoltre, per effetto dei citati decreti è stato disposto un incremento di ulteriori 113 milioni di euro per l'anno 2022 delle risorse iscritte nel bilancio statale al fine di incrementare la capacità i centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari, da destinare in via prioritaria all'accoglienza delle persone vulnerabili provenienti dall'Ucraina (art. 44, co. 3, D.L. 50 del 2022).
Indi è intervenuto il decreto-legge 2 marzo 2023, n. 16.
Tra le sue disposizioni, l’articolo 1 proroga fino al 31 dicembre 2023, nuovo termine dello stato di emergenza, le misure di assistenza e accoglienza in favore delle persone provenienti dall’Ucraina, già adottate in attuazione del decreto-legge n. 21 del 2022 come successivamente rafforzate e rimodulate mediante i decreti-legge n. 50 (articolo 44) e n. 115 del 2022 (articolo 26).
In particolare la disposizione (comma 1): stabilisce la prosecuzione dell’accoglienza diffusa per un massimo di 7.000 unità e di 49,6 milioni per l’anno 2023, autorizzando a tal fine anche convenzioni territoriali tra regioni, enti del terzo settore e privati, previo nulla osta del Dipartimento della protezione civile (lettera a)); proroga, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, l’elargizione del contributo di sostentamento (lettera b)); rifinanzia, nel limite di 40 milioni di euro per l’anno 2023, il contributo una tantum finalizzato al rafforzamento, in via temporanea, dei servizi sociali e destinato ai comuni che ospitano un significativo numero di persone richiedenti la protezione temporanea (lettera c)).
Inoltre, prevede un incremento di circa 137,9 milioni di euro per l’anno 2023 delle risorse che finanziano i centri governativi di accoglienza ordinari e straordinari e di 52,3 milioni di euro per il 2023 del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo che finanzia le strutture territoriali della rete SAI, al fine di proseguire l’accoglienza dei profughi provenienti dall’Ucraina (commi 4 e 5).
Infine, dispone, nell’ambito del fabbisogno sanitario standard per l’anno 2023, la prosecuzione della garanzia di accesso all’assistenza sanitaria sul territorio nazionale per i richiedenti e titolari della protezione temporanea a condizioni di parità con i cittadini italiani (comma 6).
L’articolo 3 stabilisce che la somma pari ad un massimo di 100 euro pro capite al giorno in favore dei comuni che accolgono minori stranieri non accompagnati provenienti dall’Ucraina è riconosciuta non più a titolo di rimborso per i costi sostenuti, bensì a titolo di mero contributo (comma 1, lettera a) e fissa al 30 settembre 2024 la data per la presentazione delle relative istanze da parte dei comuni interessati (comma 2).
Altro sopraggiunto decreto-legge recante talune disposizioni in materia di accoglienza della popolazione ucraina è stato il decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, provvisto di un articolo – l’articolo 13 – il quale destina aggiuntivi 36 milioni (attingendoli al Fondo per le emergenze nazionali) per la prosecuzione delle attività emergenziali connesse alla crisi ucraina, con particolare riguardo alle forme di assistenza coordinate dai Presidenti delle Regioni in qualità di commissari delegati e dai Presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano.
La citata ordinanza del capo del Dipartimento della protezione civile n. 872 del 2022, si ricorda, prevede che i Presidenti delle Regioni, nominati Commissari delegati, e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano provvedano a coordinare il concorso dei rispettivi sistemi territoriali di protezione civile alle attività di soccorso ed assistenza alla popolazione proveniente dall’Ucraina, nel quadro di un piano nazionale di distribuzione, in relazione a: a) la definizione logistica per il trasporto di persone; b) soluzioni urgenti di alloggiamento ed assistenza temporanee; c) l’assistenza sanitaria; d) l’assistenza immediata degli ingressi nelle Regioni di confine.
Articolo 21, comma 12
(Copertura finanziaria di misure in materia di immigrazione e sicurezza)
Il comma 12 dell’articolo 21 reca la copertura finanziaria degli oneri - pari a 239,859 milioni per il 2023 e a 44,486 milioni per il 2024 - derivanti dalle misure in materia di immigrazione e sicurezza recate dai commi 1, 2, 3, 5, 7 e 9 dell’articolo 21 medesimo.
A tali oneri si provvede:
a) quanto a 29,859 milioni di euro per l’anno 2023, mediante utilizzo di quota parte delle risorse rinvenienti dalle disposizioni di cui al presente articolo 21, comma 2, lettera b);
b) quanto a 210 milioni di euro per l’anno 2023 e 44,486 milioni per l’anno 2024 ai sensi dell’articolo 23 (alla cui scheda si rinvia).
La lettera b) del comma 2 del presente articolo 21 prevede la riduzione di 29.859.066 euro del limite massimo di spesa disposto dall’articolo 1, comma 683, della legge n. 197 del 2022 (v. la relativa scheda).
Articolo 22
(Modifiche all’articolo 12 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77)
L’articolo 22 reca disposizioni funzionali a una più efficiente acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi, redatte in forma di novella alla disciplina già vigente in materia.
L’articolo in esame apporta alcune modifiche testuali all’articolo 12 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34[32] (v. testo a fronte alla fine della presente scheda); la disposizione oggetto di novella detta una disciplina - caratterizzata da una finalità acceleratoria - inerente all’acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi.
Le modifiche in questione, secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, concorrono alla manovra di finanza pubblica attraverso la semplificazione delle procedure per la gestione informatica dei certificati di nascita e morte, determinando un efficientamento in termini di tempestività e completezza della gestione, anche statistica, delle relative informazioni, con conseguenti risparmi in termini di minori costi organizzativi e finanziari. L’efficientamento, secondo quanto osservato dal Governo, opera non solo a livello amministrativo degli enti che producono tali certificati, ma anche a livello degli utilizzatori, compresi quelli che fruiscono dei dati per indagini e rilevazioni di tipo statistico. La norma, stando sempre alla relazione illustrativa, è ritenuta necessaria, inoltre, ai fini dell’adozione del decreto previsto dall’art.12, comma 4[33], del DL 34/2020 in materia di procedure informatiche per l’acquisizione dei dati di nascita e dei dati relativi ai decessi della popolazione residente, consentendo il superamento dell’attuale sistema di raccolta dati basato su documenti cartacei che comporta oneri rilevanti di tipo finanziari ed organizzativi.
In base alla formulazione già vigente della disposizione oggetto di novella, le strutture sanitarie, i medici, i medici necroscopi o altri sanitari delegati inviano direttamente al Sistema Tessera Sanitaria del MEF i seguenti dati: avviso di decesso[34]; certificato necroscopico[35]; denuncia della causa di morte[36]; attestazione di nascita[37]; dichiarazione di nascita[38]. La trasmissione dei predetti dati esonera i soggetti interessati dall’ulteriore invio ai Comuni dell’attestazione cartacea. Il Sistema Tessera Sanitaria rende immediatamente disponibili, senza registrazione, i dati di cui sopra: a) all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), per le finalità ordinarie di registrazione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi; b) ai Comuni non ancora collegati all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), tramite posta elettronica certificata; c) all’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT).
La lettera a) dell’articolo in esame, modificando il comma 3 dell’articolo oggetto di novella, sopprime il divieto di registrazione dei dati previsto dal testo previgente (v. sopra); inoltre, integra l’elenco dei soggetti a cui devono essere forniti i dati medesimi. Questi ultimi, in base alla novella, sono messi a disposizione, oltre che dell’ANPR e dell’ISTAT, anche: di tutti i Comuni (e non solo di alcuni), per il tramite della posta elettronica certificata (PEC)[39], nelle more della messa a disposizione dei servizi di ANPR relativi all’informatizzazione dei registri dello stato civile; dell'Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA), per i soggetti - diversi dagli assistiti e dagli assistibili (al riguardo v. infra) e non registrati in ANPR - che hanno usufruito di prestazioni sanitarie erogate nell’ambito del Servizio sanitario nazionale.
Si ricorda che l'Anagrafe nazionale degli assistititi (ANA) è stata istituita dall'art. 62-ter del d. lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale), al fine espresso di rafforzare gli interventi in tema di monitoraggio della spesa del settore sanitario, accelerare il processo di automazione amministrativa e migliorare i servizi per i cittadini e le pubbliche amministrazioni.
All’implementazione dell’Anagrafe ha provveduto il DPCM 1° giugno 2022, che ha previsto la costituzione di una base dati unificata per tutte le aziende sanitarie del territorio nazionale, con la creazione di una rete di interazioni con le ASL e le regioni finalizzata alla semplificazione degli adempimenti del cittadino e alla determinazione univoca dell’assistenza al livello nazionale.
Il predetto DPCM, al richiamato articolo 2, comma 1, punti b) e c), fornisce le definizioni, rispettivamente, di “assistibile” e “assistito”: “assistibile” è il soggetto residente nel territorio regionale, che non ha operato la scelta del medico di Medicina generale o pediatra di libera scelta, di cui alle tipologie indicate nell'allegato E del medesimo DPCM; “assistito” è il soggetto che ha diritto all'assistenza sanitaria nell'ambito del Servizio sanitario nazionale ed ha effettuato la scelta del medico di Medicina generale o pediatra di libera scelta, di cui alle tipologie indicate nell'allegato E succitato.
Inoltre, nel confermare la messa a disposizione dei dati all’ANPR, la lettera in esame modifica le finalità dichiarate di tale fornitura: si fa ora riferimento alle finalità di cui all'articolo 62, comma 2-bis del Codice dell’amministrazione digitale. Quest’ultimo comma stabilisce che l'ANPR contiene l'archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni garantendo agli stessi, anche progressivamente, i servizi necessari all'utilizzo del medesimo, e fornisce i dati ai fini della tenuta delle liste di leva (di cui al richiamato articolo 1931 del codice dell'ordinamento militare), secondo modalità definite con decreto ministeriale.
La lettera b) dell’articolo in esame, introducendo nell’articolo novellato il nuovo comma 3-bis, prevede che il Sistema Tessera Sanitaria, allo scopo espresso di consentire agli operatori sanitari l’eventuale consultazione dei dati inseriti ai fini della rettifica degli stessi, memorizzi temporaneamente per un mese e renda immediatamente disponibili le eventuali relative rettifiche ai soggetti elencati dal precedente comma 3.
In base al tenore letterale della disposizione in disamina, potrebbe ritenersi che oggetto della temporanea memorizzazione siano le rettifiche, mentre un’interpretazione di tipo finalistico porterebbe a ritenere che oggetto della predetta memorizzazione siano i dati inizialmente inseriti. Si valuti l’opportunità di chiarire tale aspetto.
Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34[40] Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 |
|
Articolo 12 Accelerazione dell'acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi |
|
Testo previgente |
Testo modificato ex art. 22 DL ‘manovra’, co. 1, lett. a)-b) |
1. Ai fini dell'accelerazione dell'acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi di cui all'articolo 62, comma 6, lettera c), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, le strutture sanitarie, i medici, i medici necroscopi o altri sanitari delegati, inviano al Sistema Tessera Sanitaria del Ministero dell'economia e delle finanze i dati: a) dell'avviso di decesso di cui all'articolo 72, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396; b) del certificato necroscopico di cui all'articolo 74, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396; c) della denuncia della causa di morte di cui all'articolo 1 del regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285; d) dell'attestazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396; e) della dichiarazione di nascita di cui all'articolo 30, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396. |
1. Identico. |
2. La trasmissione dei dati di cui al comma 1 esonera i soggetti interessati all'ulteriore invio ai Comuni di ulteriore attestazione cartacea. |
2. Identico. |
3. Il Sistema Tessera Sanitaria rende immediatamente disponibili, senza registrarli, i dati di cui al comma 1: |
3. Il Sistema Tessera Sanitaria rende immediatamente disponibili i dati di cui al comma 1: |
a) all'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), per le finalità di cui all'articolo 62, comma 6, lettera c) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale; |
a) all'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), per le finalità di cui all'articolo 62, comma 2-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale; |
b) tramite Posta elettronica certificata (PEC), ai Comuni non ancora collegati alla ANPR; |
b) ai Comuni, per il tramite della posta elettronica certificata (PEC), disponibile nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, nelle more della messa a disposizione dei servizi di ANPR relativi all’informatizzazione dei registri dello stato civile; c) all'Anagrafe nazionale degli assistiti (ANA) per tutti i soggetti, non registrati in ANPR, che hanno usufruito di prestazioni sanitarie erogate nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, che non rientrano tra i soggetti definiti all’articolo 2, comma 1, punti b) e c) del DPCM 1° giugno 2022, concernente l'Istituzione della medesima ANA; |
c) all'ISTAT. |
d) all’ISTAT. |
|
3-bis. Il Sistema Tessera Sanitaria, per consentire agli operatori sanitari l’eventuale consultazione dei dati inseriti ai fini della rettifica degli stessi, memorizza temporaneamente per un mese e rende immediatamente disponibili le eventuali relative rettifiche ai soggetti di cui al comma 3. |
4. Con uno o più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dell'interno, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sono definiti i dati di cui al presente articolo e le relative modalità tecniche di trasmissione. |
4. Identico. |
5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono allo svolgimento delle attività del presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. |
5. Identico. |
Articolo 23
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 23 prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo destinato all'attuazione della manovra di bilancio 2024-2026 (comma 1), incrementa le risorse destinate alle regolazioni contabili del bilancio dello Stato delle agevolazioni per i bonus edilizi (comma 2), dispone l’abrogazione di alcune disposizioni in materia di organizzazione delle articolazioni territoriali del MEF (comma 3), incrementa il Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale (comma 4), incrementa l’autorizzazione di spesa relativa al finanziamento del c.d. “Patrimonio destinato” (comma 5), indica gli effetti del ricorso all'indebitamento in termini di interessi passivi sui titoli del debito pubblico (comma 6), reca le coperture delle misure del decreto aventi effetti sulla finanza pubblica, ove non già previste dai singoli articoli di riferimento (comma 7), sostituisce l'allegato 1 alla legge di bilancio 2023 con l'allegato 2 annesso al presente decreto (comma 8), autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e prevede altresì che il Ministero dell'economia e delle finanze, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria (comma 9).
In particolare, il comma 1 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), un Fondo con una dotazione pari a 2.760 milioni di euro per l’anno 2024, 104 milioni di euro per l’anno 2025 e 16 milioni di euro per l’anno 2026, destinato all’attuazione della manovra di bilancio 2024-2026. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del comma 7 (si veda infra).
Il comma 2 incrementa di 15.000 milioni di euro per l’anno 2023 le risorse per l’attuazione dei c.d. superbonus edilizi di cui all’articolo 119, comma 16-quater, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito con modificazioni in legge n. 77 del 2020, al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato delle agevolazioni per i bonus edilizi. Agli oneri derivanti dal presente comma, pari a 15.000 milioni di euro per l’anno 2023, in termini di saldo netto da finanziare, si provvede ai sensi del comma 7.
Il comma 3 dispone l’abrogazione della lettera a) dell’articolo 1, comma 350, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
La suddetta lettera a) dell’articolo 1, comma 350, della legge di bilancio 2019 dispone che si provveda, ai fini della razionalizzazione organizzativa e amministrativa delle articolazioni territoriali del MEF, alla revisione degli assetti organizzativi periferici attraverso la realizzazione di presìdi unitari orientati al governo coordinato dei servizi erogati in ambito territoriale dalle articolazioni periferiche del MEF, ivi compresi gli uffici di segreteria degli organi della giurisdizione tributaria, ferme restando le funzioni di collaborazione e supporto nell'esercizio dell'attività giurisdizionale delle commissioni tributarie. Tali presìdi costituiscono uffici dirigenziali non generali e dipendono organicamente e funzionalmente dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa, l’articolo 20, comma 2-bis, lettera b), del decreto-legge n. 44 del 2023 ha introdotto all’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999 la lettera d-bis). Pertanto, tra le attività attribuite al nuovo Dipartimento della Giustizia tributaria del MEF dal comma 2-ter del medesimo articolo viene, altresì, prevista “la gestione delle procedure di acquisizione di beni e servizi connessi al funzionamento delle corti di giustizia tributaria”. L’attribuzione di tale attività supera pertanto quanto previsto dall’articolo 1, comma 350, lettera a), della legge di bilancio 2019 relativa ai presidi unitari territoriali per tutte le articolazioni periferiche del MEF.
Il comma 4 incrementa di 216,1 milioni di euro per l’anno 2024 il Fondo per l’attuazione degli interventi in materia di riforma del sistema fiscale di cui all’articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020). Al relativo onere si provvede ai sensi del comma 7.
Il Fondo è stato istituito dal suddetto articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2021 nello stato di previsione del MEF (capitolo 3833) con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e di 7.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, di cui una quota non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 destinata all'assegno universale e servizi alla famiglia. Il Fondo era stato precedentemente ridotto di 1.393 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 dall’articolo 1, comma 872, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
Il comma 5 dispone l’incremento di 2.540,9 milioni di euro, per l’anno 2024, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020. Agli oneri derivanti dal presente comma pari a 2.540,9 milioni di euro per l’anno 2024, in termini di saldo netto da finanziare, si provvede ai sensi del comma 7.
Il suddetto articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, ai fini degli apporti dal MEF al c.d. “Patrimonio destinato”, autorizza per l'anno 2020 l'assegnazione alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. di titoli di Stato, nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi ovvero, nell'ambito del predetto limite, l'apporto di liquidità. Detti titoli non concorrono a formare il limite delle emissioni nette per l'anno 2020 stabilito dalla legge di bilancio e dalle successive modifiche.
L'articolo 27, comma l del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) prevede la costituzione, nell'ambito di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. – CDP, di un patrimonio le cui risorse sono destinate all’attuazione di interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge n.34 del 2020, il Patrimonio Destinato non è costituito mediante segregazione di una parte del patrimonio di CDP, ma mediante l'apporto di beni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF); a tal fine, è autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato o di liquidità, nel limite massimo di 44 miliardi di euro. Si tratta quindi di un fondo interamente pubblico la cui gestione è affidata a CDP.
All’apporto del MEF corrisponde l’emissione, da parte di CDP S.p.A., a valere sul Patrimonio Destinato e in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione. Le risorse del Patrimonio Destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano.
In via preferenziale il Patrimonio Destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Per il finanziamento delle attività del Patrimonio Destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione, a valere sul Patrimonio Destinato o su singoli comparti, di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito. Sulle obbligazioni del Patrimonio Destinato, in caso di incapienza del patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello Stato.
La garanzia dello Stato può essere, altresì, concessa in favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il Patrimonio Destinato, a specifiche condizioni. Il Patrimonio opera in regime di totale esenzione fiscale: gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva con aliquota del 12,5 per cento.
Il Patrimonio Destinato cessa ex lege decorsi dodici anni dalla costituzione; tuttavia la sua durata può essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di CDP, su richiesta del Ministero dell’economia e delle finanze.
Al conto corrente di tesoreria centrale fruttifero, su cui confluiscono le disponibilità liquide del Patrimonio Destinato possono affluire anche le disponibilità liquide dei contribuenti che intendano investire i loro risparmi a sostegno della crescita dell’economia reale. Gli schemi di decreto attuativo della disciplina primaria sono sottoposti al Parlamento. Al Parlamento è inoltre inviata una relazione annuale sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall'applicazione delle disposizioni in parola.
Il comma 6 reca la quantificazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento di cui al comma 7, lettera q): 21 milioni di euro per l’anno 2024, 65 milioni di euro per l’anno 2025, 105,3 milioni di euro per l’anno 2026, 113,2 milioni di euro per l’anno 2027, 116,5 milioni di euro per l’anno 2028, 128,1 milioni di euro per l’anno 2029, 135,1 milioni di euro per l’anno 2030, 142,6 milioni di euro per l’anno 2031, 151,3 milioni di euro per l’anno 2032, 159,8 milioni di euro per l’anno 2033, 173,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a 25 milioni di euro per l’anno 2024, 73 milioni di euro per l’anno 2025, 120,5 milioni di euro per l’anno 2027, 128,2 milioni di euro per l’anno 2028, 137,2 milioni di euro per l’anno 2029, 146,7 milioni di euro per l’anno 2030, 155,9 milioni di euro per l’anno 2031, 165,2 milioni di euro per l’anno 2032, 174 milioni di euro per l’anno 2033, 183,7 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del comma 7.
Il comma 7 reca, innanzitutto, la determinazione degli oneri derivanti dagli articoli 1, 3, 4, 5, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21 e dai commi 1, 2, 4, 5 e 6 del presente articolo, in 27.981,47 milioni di euro per l’anno 2023, 5.655,596 milioni di euro per l’anno 2024, 218,049 milioni di euro per l’anno 2025, 159,664 milioni di euro per l’anno 2026, 138,18 milioni di euro per l’anno 2027, 141,451 milioni di euro per l’anno 2028, 153,063 milioni di euro per l’anno 2029, 160,096 milioni di euro per l’anno 2030, 167,62 milioni di euro per l’anno 2031, 176,288 milioni di euro per l’anno 2032, 184,793 milioni di euro per l’anno 2033 e 198,204 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2034, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a 226,049 milioni di euro per l’anno 2025, 145,54 milioni di euro per l’anno 2027, 153,227 milioni di euro per l’anno 2028, 162,222 milioni di euro per l’anno 2029, 171,708 milioni di euro per l’anno 2030, 180,867 milioni di euro per l’anno 2031, 190,19 milioni di euro per l’anno 2032, 199,022 milioni di euro per l’anno 2033 e 208,672 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2034.
Il comma indica quindi le seguenti fonti di copertura finanziaria dei suddetti oneri:
a) quanto a 3.134,8 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti, di competenza e di cassa, delle missioni e dei programmi per gli importi indicati nell’allegato 1 al presente decreto, riportato di seguito;
b) quanto a 350 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione, in relazione alle risultanze emerse dall’attività di monitoraggio a tutto il 30 settembre 2023, delle risorse finanziarie iscritte in bilancio ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo n. 230 del 2021 per il riconoscimento dell’ assegno unico e universale per i figli a carico.
In merito alla riduzione dello stanziamento per assegno unico, nella relazione tecnica il Governo fa presente quanto segue. La previsione per l’anno 2023, prima della riduzione indicata, ammonta a 18.649 milioni di euro per il 2023. Gli oneri contabilizzati a tutto settembre 2023 risultano pari a 13.608 milioni di euro. Ne consegue, anche tenuto conto delle domande che possono pervenire nei prossimi mesi, la plausibilità di una stima pari a 18.299 milioni di euro per l’anno 2023 e pertanto la plausibilità della riduzione indicata per 350 milioni di euro con conseguenti economie per l’anno 2023;
c) quanto a 258 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019;
Si tratta del «Fondo per il reddito di cittadinanza» iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell'erogazione del beneficio economico del Reddito di cittadinanza (Rdc) e della Pensione di cittadinanza, nonché dell'erogazione del Reddito di inclusione e delle misure aventi finalità analoghe a quelle del Rdc. Come chiarito dalla relazione tecnica, lo stanziamento per Rdc (limite di spesa) prima della riduzione indicata ammonta a 7.264,4 milioni di euro per l’anno 2023. Sulla base di quanto registrato a tutto settembre 2023 (5.283 milioni di euro) e delle stimate contabilizzazioni per i successivi mesi per la complessiva competenza 2023 si ritiene plausibile una riduzione del limite di spesa di 258 milioni di euro con rideterminazione del limite di spesa in 7.006,4 milioni di euro per l’anno 2023, con conseguenti economie per l’anno 2023;
d) quanto a 50 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea di cui all’articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012;
e) quanto a 5 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 199, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014);
f) quanto a 130 milioni di euro per l’anno 2023 e 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004;
g) quanto a 200 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo perequativo infrastrutturale di cui all’articolo 22, comma 1-ter, della legge n. 42 del 2009.
Il suddetto articolo 22, comma 1-ter della legge n. 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) ha istituito nello stato di previsione del MEF il "Fondo perequativo infrastrutturale" con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Il Fondo è destinato a finanziare gli interventi da realizzare ai sensi del successivo comma 1-quater, il quale stabilisce che ciascun Ministero competente individua, anche sulla base di una proposta non vincolante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, in un apposito Piano da adottare con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli interventi da realizzare, che non devono essere già oggetto di integrale finanziamento a valere su altri fondi nazionali o dell'Unione europea, l'importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell'intervento, il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione, nonché le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell'opera da finanziare;
h) quanto a 172 milioni di euro per l’anno 2024 e 154 milioni di euro per l’anno 2025, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997.
Il suddetto articolo 4, comma 3, della legge n. 266 del 1997, per garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico, connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale e realizzati nel contesto dell'Unione europea, autorizza il limite di impegno decennale di lire 100 miliardi per l'anno 1998. A tal fine autorizza il Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo in relazione al predetto limite di impegno nonché per corrispondere le quote di competenza italiana del programma EFA (European fighter aircraft) in conformità alle indicazioni del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora delle imprese e del made in Italy), di concerto con il Ministero della difesa, che tengano conto dell'avanzamento progettuale;
i) quanto a 1.000 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa per il finanziamento del contratto di programma, parte servizi 2022-2027 tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e RFI di cui all’articolo 1, comma 396, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021);
l) quanto a 350 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità di cui all’articolo 1, comma 178, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021);
m) quanto a 2.530 milioni di euro per l’anno 2023, mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato, nel medesimo anno, di una corrispondente somma iscritta in conto residui nello stato di previsione del MEF, con riferimento all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020.
Il suddetto articolo 27, comma 17, del decreto-legge n. 34 del 2020, ai fini degli apporti dal MEF al c.d. “Patrimonio destinato”, autorizza per l'anno 2020 l'assegnazione alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. di titoli di Stato, nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi ovvero, nell'ambito del predetto limite, l'apporto di liquidità. Detti titoli non concorrono a formare il limite delle emissioni nette per l'anno 2020 stabilito dalla legge di bilancio e dalle successive modifiche;
n) quanto a 2.775 milioni di euro per l’anno 2023, in termini di saldo netto da finanziare, mediante corrispondente versamento in entrata da parte di Cassa depositi e prestiti con riferimento alle somme giacenti sui conti di tesoreria riferite all’articolo 5, comma 3, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni in legge n. 326 del 2003, come indicate all’articolo 6, comma 6, lettera c), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003.
Ai sensi del citato articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 269 del 2003, la Cassa depositi e prestiti è trasformata in società per azioni con la denominazione di "Cassa depositi e prestiti società per azioni" (CDP S.p.A.). Il comma 2 dispone che le azioni della CDP S.p.A. sono attribuite allo Stato, che esercita i diritti dell'azionista. Il comma 3 stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare (decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 dicembre 2003), sono determinati:
a) le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze e quelle assegnate alla gestione separata della CDP S.p.A. di cui al comma 8;
b) i beni e le partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette, che sono trasferite alla CDP S.p.A. e assegnate alla gestione separata di cui al comma 8, anche in deroga alla normativa vigente;
c) gli impegni accessori assunti dallo Stato;
d) il capitale sociale della CDP S.p.A., comunque in misura non inferiore al fondo di dotazione della Cassa depositi e prestiti risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato;
o) quanto a 2.990,9 milioni di euro per l’anno 2024 e 54,4 milioni di euro per l’anno 2026, e, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, 970 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 3, 4, 5 e 6 (si vedano le relative schede);
p) quanto a 1.472 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle minori spese derivanti dall’articolo 1 (si veda la relativa scheda);
q) mediante il ricorso all’indebitamento autorizzato dal Senato della Repubblica (Risoluzione in Assemblea 6-00045) e dalla Camera dei deputati (Risoluzione in Assemblea 6-00058) l’11 ottobre 2023 con le risoluzioni di approvazione della relazione presentata al Parlamento ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012.
Con la Relazione al Parlamento, annessa alla NADEF 2023, redatta ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, il Governo sottolinea la necessità di adottare misure urgenti con cui contrastare il rallentamento del quadro macroeconomico registrato negli ultimi mesi, il deterioramento delle prospettive di crescita a livello globale e una dinamica dei prezzi ancora sostenuta. Il Governo ricorda che la norma citata prevede che, in circostanze eccezionali e sentita la Commissione europea, il Governo sottoponga all’approvazione parlamentare una relazione, da approvare a maggioranza assoluta, con cui richiedere l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento. In ordine alla sussistenza dei previsti presupposti per intervenire si sottolineano i segnali di frenata nella crescita del PIL registrati a partire dai mesi primaverili dell’anno in corso (-0,4% di crescita congiunturale nel II trimestre), che non devono essere trascurati, anche se determinati da fattori esogeni rispetto all’economia nazionale (rallentamento globale e, a livello dell’area dell’euro, inasprimento delle condizioni monetarie e finanziarie). Inoltre, si teme che lo scenario macro-finanziario possa ulteriormente deteriorarsi a causa dell’eccessivo prolungarsi della fase di inflazione, che indurrebbe le principali banche centrali ad inasprire le politiche monetarie, o di un ulteriore rallentamento delle principali aree economiche che solitamente trainano il commercio mondiale. Incombe anche il rischio, a livello geopolitico, di un acuirsi delle attuali tensioni internazionali, che potrebbe dare luogo a nuovi shock ai prezzi dell’energia oppure a restrizioni nelle catene di offerta in settori strategici per l’economia. Il Governo presenta quindi la richiesta di un margine di manovra in termini di indebitamento da utilizzare per adottare provvedimenti che si ritengono in grado di fornire un sostegno all’economia nel breve termine, quali la riduzione del cuneo fiscale a carico dei lavoratori e un primo intervento attuativo della delega fiscale, al fine di trasformare in prospettiva il sistema tributario in un fattore di crescita. Il Governo ricorda che il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica, definito con il DEF 2023 dello scorso aprile, prevedeva una progressiva riduzione dell’indebitamento netto programmatico al -4,5 per cento nel 2023, al -3,7 per cento nel 2024, al -3,0 per cento nel 2025 e al -2,5 per cento nel 2026. In termini strutturali, il saldo era stato previsto al -4,9 per cento nel 2023, al -4,1 per cento nel 2024, al -3,7 per cento nel 2025 e al -3,2 per cento nel 2026. Con la Relazione in oggetto, sentita la Commissione europea, il Governo chiede l’autorizzazione alla revisione degli obiettivi programmatici di indebitamento netto previsti nel Documento di economia e finanza 2023 per un importo in termini percentuali di PIL pari a 0,8 per cento nel 2023, 0,6 per cento nel 2024 e nel 2025 e 0,4 per cento nel 2026. Il nuovo livello programmatico di indebitamento netto in rapporto al PIL è pertanto pari a -5,3 per cento nel 2023, -4,3 per cento nel 2024, -3,6 per cento nel 2025 e -2,9 per cento nel 2026, a fronte di un andamento tendenziale del rapporto deficit/PIL stimato al -5,2 per cento nel 2023, -3,6 per cento nel 2024, -3,4 per cento nel 2025 e -3,1 per cento nel 2026. I nuovi obiettivi programmatici assicurano la progressiva riduzione dell’indebitamento netto strutturale, che dovrebbe essere pari al -5,9 per cento del PIL nel 2023, -4,8 per cento nel 2024, -4,3 per cento nel 2025 e -3,5 per cento nel 2026. Il rapporto programmatico debito/PIL è pari al 140,2 per cento nel 2023, 140,1 per cento nel 2024, 139,9 per cento nel 2025 e 139,6 per cento nel 2026.
Sulla base delle percentuali sopra indicate gli spazi finanziari che si rendono disponibili, quale differenza tra gli andamenti tendenziali e programmatici aggiornati, che includono anche la maggiore spesa per interessi passivi conseguente al maggior disavanzo, sono pari a 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025. Nel 2026, invece, il saldo obiettivo implica una correzione di 3,8 miliardi di euro rispetto all’indebitamento netto tendenziale, che consente di riportare lo stesso al di sotto della soglia del 3 per cento. Dal 2027 l’autorizzazione all’indebitamento è destinata alla sola spesa per interessi passivi per un importo fino a 1.910 milioni di euro nel 2027, 2.040 milioni di euro nel 2028, 2.170 milioni di euro nel 2029, 2.310 milioni di euro nel 2030, 2.450 milioni di euro nel 2031, 2.600 milioni di euro nel 2032, 2.740 milioni di euro nel 2033 e 2.900 milioni di euro dal 2034.Le risorse relative al 2023 (2,3 miliardi al lordo dei maggiori interessi) saranno destinate, attraverso un provvedimento d’urgenza, al conguaglio anticipato dell’adeguamento Istat per i trattamenti pensionistici previsto per l’anno 2024, a misure per il personale delle pubbliche amministrazioni e alla gestione dei flussi migratori. Inoltre, al fine di consentire il perfezionamento delle regolazioni contabili del bilancio dello Stato connesse al maggior tiraggio delle agevolazioni per i bonus edilizi (scontato nei tendenziali aggiornati), il Governo chiede anche l’autorizzazione ad incrementare, per il solo anno 2023, il livello del saldo netto da finanziare di competenza e di cassa per ulteriori 15 miliardi di euro. Nel 2024 e 2025, le risorse saranno utilizzate, nell’ambito del prossimo disegno di legge di bilancio, per il taglio al cuneo fiscale sul lavoro anche nel 2024 e l’attuazione della prima fase della riforma fiscale, il sostegno alle famiglie e alla genitorialità, la prosecuzione dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego con particolare riferimento al settore della sanità, il potenziamento degli investimenti pubblici, con priorità per quelli previsti nell’ambito del PNRR, nonché il finanziamento delle politiche invariate. Il livello del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di competenza potrà aumentare fino a 202,5 miliardi nel 2024, a 168 miliardi nel 2025 e a 134 miliardi nel 2026. Il corrispondente livello del saldo netto da finanziare di cassa potrà aumentare fino a 252 miliardi nel 2024, 212 miliardi nel 2025 e 179 miliardi nel 2026.
Il comma 8 dispone la sostituzione dell’allegato 1 alla legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per ciascun anno del triennio di riferimento (2023, 2024 e 2025), con l’allegato 2 annesso al decreto-legge in esame, riportato di seguito. Tale sostituzione è resa necessaria dall'approvazione della Relazione di modifica del percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine approvata dalle Camere di cui al comma 7, lettera q) (si veda sopra).
Si ricorda, peraltro, che l’Allegato 1 in questione è già stato sostituito dall'articolo 44, comma 5, del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023.
Nuovo Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022)
(tra parentesi i valori dell’Allegato 1 della legge di bilancio 2023 – in neretto gli importi modificati dal decreto in esame)
(milioni di euro)
RISULTATI DIFFERENZIALI |
|||
- COMPETENZA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2023 |
2024 |
2025 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
227.600 (209.400) |
143.000 (143.000) |
116.814 (116.814) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
538.420 (520.220) |
456.468 (456.468) |
435.554 (435.554) |
- CASSA - |
|||
Descrizione risultato differenziale |
2023 |
2024 |
2025 |
Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge |
282.600 (264.000) |
185.000 (185.000) |
152.814 (152.814) |
Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*) |
593.431 (575.231) |
498.468 (498.468) |
471.554 (471.554) |
(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato. |
Si rammenta che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio, mediante rinvio all'Allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima.
I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.
Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.
Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.
Come sopra accennato, l’allegato 1 della legge di bilancio 2023 è già stato sostituito dall'articolo 44, comma 5, del decreto-legge n. 48 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 85 del 2023 come illustrato nella tabella seguente (in neretto le cifre modificate dai provvedimenti).
In particolare, con riferimento al saldo netto da finanziare, il livello massimo del saldo è stato aumentato per l’anno 2023 - rispetto a quanto originariamente indicato dalla legge di bilancio 2023 - di 3,4 miliardi con il D.L 48/2023 e di ulteriori 18,2 miliardi con il decreto in esame.
|
|
2022 |
2023 |
2024 |
Legge di bilancio 2023 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
206.000 |
138.500 |
116.500 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
516.820 |
451.968 |
435.240 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
261.000 |
180.500 |
152.500 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
571.831 |
493.968 |
471.240 |
|
D.L. n. 48/2023 |
||||
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Competenza |
209.400 |
143.000 |
116.814 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
520.220 |
456.468 |
435.554 |
|
Livello massimo del saldo netto da finanziare |
Cassa |
264.000 |
185.000 |
152.814 |
Livello massimo ricorso al mercato finanziario |
575.231 |
498.468 |
471.554 |
(milioni di euro)
In ottemperanza inoltre a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli dei suesposti saldi sono determinati coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 9, infine, autorizza, ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il MEF, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.
Articolo 24
(Entrata in vigore)
L'articolo 24 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 19 ottobre 2023.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] Cfr. la relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto; tali relazioni sono disponibili nell’A.S. n. 912.
[2] Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente.
L'aumento della rivalutazione automatica dovuto viene attribuito, su ciascun trattamento, in misura proporzionale all'ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all'ammontare complessivo (articolo 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni). Nella valutazione dell'importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto si deve tener conto (ai sensi del medesimo articolo 34, comma 1, della L. n. 448, e successive modificazioni) anche degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi, assegni che sono quindi inclusi nella base di riferimento pur essendo estranei all'ambito di applicazione degli incrementi a titolo di perequazione.
[3] Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (cfr. l'articolo 24, comma 5, della L. 28 febbraio 1986, n. 41).
[4] La decorrenza sia degli incrementi a titolo di perequazione sia dei relativi conguagli dal 1° gennaio (dell'anno successivo a quello rispettivamente di riferimento) è stata introdotta dall'articolo 14 della L. 23 dicembre 1994, n. 724.
[5] Si ricorda che, ai fini in oggetto, si fa riferimento (in via interpretativa) all'importo del trattamento minimo INPS nell'anno precedente quello di applicazione della perequazione medesima. L'importo minimo in esame per il 2022 è stato pari a 6.829,94 euro.
[6] Cfr. l’articolo 1, comma 309, della L. 29 dicembre 2022, n. 197.
[7] Cfr. la relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto; tali relazioni sono disponibili nell’A.S. n. 912.
[8] Riguardo alla fase specifica del recupero alla quale si riferisce il termine temporale in esame, cfr. infatti infra.
[9] Il comma 2-bis del medesimo articolo 13 della L. n. 412 prevede che con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, siano individuati le fattispecie e i termini entro i quali, su proposta del Presidente dell'INPS, motivata da obiettive ragioni di carattere organizzativo e funzionale, anche relative alla tempistica di acquisizione delle necessarie informazioni da parte dell'Amministrazione finanziaria, il suddetto termine del recupero sia prorogato; tale nuovo termine non può ricadere oltre il secondo anno successivo a quello stabilito per la verifica; quindi, la proroga non può essere superiore ad un anno; riguardo alla decorrenza dei termini in materia, cfr. infra.
[10] Cfr. il paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 16 marzo 2018.
[11] Per ulteriori precisazioni a quest'ultimo riguardo, cfr. il suddetto paragrafo 4 della circolare dell'INPS n. 47 del 2018.
[12] La norma si riferisce ai trasferimenti statali per leggi di settore determinati ai sensi dell’articolo 2, comma 109, della legge n. 191 del 2009 e correlati esclusivamente alle rate di ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari accesi dalle province autonome, nonché a rapporti giuridici già definiti. Con la legge finanziaria del 2010, infatti, sono stati soppressi tutti i trasferimenti statali per leggi di settore alle province autonome, ad eccezione dei “contributi erariali in essere sulle rate di ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari accesi dalle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché i rapporti giuridici già definiti.”
[13] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
[14] Il Rendiconto regionale rappresenta il momento conclusivo del complessivo ciclo di bilancio dell’Ente regionale, sul quale si pone il giudizio di parifica, nel quale dunque diventa centrale la correttezza della determinazione del risultato di amministrazione, il quale ne configura “l’oggetto principale e lo scopo” (Corte cost. sentenza n. 89/2017) e deve esprimere gli equilibri economici e finanziari dell’ente all’esito del processo di corretta rappresentazione dei saldi. Il suo oggetto principale è il saldo del “risultato di amministrazione”, che esprime, in una semplice sintesi numerica, la condizione economica e finanziaria dell’Ente tenendo conto dell’intera gestione passata.
[15] Possono beneficiare dell’agevolazione le micro, piccole e medie imprese (PMI) che alla data di presentazione della domanda:
· sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese o nel Registro delle imprese di pesca;
· sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria;
· non rientrano tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti considerati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea;
· non si trovano in condizioni tali da risultare imprese in difficoltà;
· abbiano sede legale o una unità locale in Italia; per le imprese non residenti nel territorio italiano il possesso di una unità locale in Italia deve essere dimostrato in sede di presentazione della richiesta di erogazione del contributo.
[16] Il Decreto interministeriale contiene la disciplina d’attuazione delle misure di accesso al credito in oggetto, stabilendo altresì le modalità di concessione ed erogazione delle agevolazioni (contributo statale).
[17] Cfr. la relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto; la relazione è disponibile nell’A.S. n. 912.
[18] Riguardo all’istituzione del Fondo, cfr. l’articolo 20, comma 2, della L. 8 novembre 2000, n. 328.
[19] Cfr. il comma 7 del suddetto articolo 20 della L. n. 328 e l’articolo 2, comma 473, della L. 24 dicembre 2007, n. 244.
[20] Si ricorda che con la definizione “part-time ciclico” (o multi-periodale) si intende una modalità attraverso la quale l'attività lavorativa viene prestata solo in alcuni periodi dell’anno (settimane o mesi). Nel caso di “part-time verticale”, il lavoro viene svolto in alcuni giorni della settimana.
[21] Considerato il sistema di accredito contributivo previsto per la generalità dei lavoratori dipendenti, si precisa che per periodo continuativo di un mese si intende un arco temporale pari a quattro settimane (parametrato in giornate per gli assicurati del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo per i quali l’accredito è espresso in giornate).
[22] Con specifico riferimento a tale requisito, la circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023 evidenzia che il lavoratore è da intendersi percettore di NASpI anche nell’ipotesi in cui – alla data di presentazione della domanda di indennità una tantum – sia titolare della prestazione NASpI ma questa sia stata sospesa a seguito di rioccupazione con rapporto di lavoro a tempo determinato di durata pari o inferiore a sei mesi.
[23] L’indennità una tantum, pertanto – come evidenziato dalla circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023 - è incompatibile con le pensioni dirette a carico, anche pro quota, dell’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) e delle forme esclusive, sostitutive, esonerative e integrative della stessa, delle forme previdenziali compatibili con l’AGO, della Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, degli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, nonché con l’indennità di cui all’articolo 1, comma 179, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e successive modificazioni (c.d. APE sociale).
[24] Per le modalità di presentazione della domanda vedasi il messaggio INPS n. 3097 del 5 agosto 2022 e la citata circolare INPS n. 115 del 13 ottobre 2023, nonché il messaggio INPS n. 1379 del 13 aprile 2023 per quanto riguarda le istanze di riesame.
[25] Gepi è la piattaforma per la gestione dei Patti per l’inclusione sociale e costituisce lo strumento per l'attuazione delle attività di competenza dei Comuni rivolte ai beneficiari del Reddito di cittadinanza.
[26] In base all’art. 2, co. 3 e 4, del d.lgs. 65/2017, i servizi educativi per l'infanzia sono articolati in: nidi e micronidi (che accolgono i bambini tra 3 e 36 mesi); sezioni primavera (che accolgono bambini tra 24 e 36 mesi). Esse sono aggregate, di norma, alle scuole per l'infanzia statali o paritarie o inserite nei Poli per l'infanzia; servizi integrativi (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, servizi educativi in contesto domiciliare). I servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati; le sezioni primavera possono essere gestite anche dallo Stato.
[27] “Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale”.
[28] In sede attuativa è intervenuto il decreto del Ministero dell’interno del 14 settembre 2023, il quale ha determinato in 4.938 euro l’importo della ‘cauzione’, da aggiornare con cadenza biennale sulla base del costo medio del rimpatrio.
[29] Secondo la previsione dell’articolo 158 del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), l'Arma dei carabinieri assicura i servizi di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari (nonché degli uffici degli addetti militari all'estero) e concorre ad affrontare particolari situazioni di emergenza o di crisi, locali o internazionali, che dovessero mettere in pericolo la sicurezza di tali rappresentanze.
[30] L’articolo 25 del Codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2018) prevede infatti che si provveda al coordinamento dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale, mediante ordinanze di protezione civile (che possono derogare ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea). Le ordinanze sono emanate acquisita l'intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate (e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate). Con le ordinanze di protezione civile si dispone tra l’altro, nel limite delle risorse disponibili, in ordine all'organizzazione ed all'effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alle persone interessate dall'evento.
[31] Tali disposizioni sono successivamente confluite nel decreto legge n. 14 del 2022 (articolo 5-quater) in sede di conversione con legge 5 aprile 2022, n. 28.
[32] D.l. recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
[33] La disposizione richiamata prevede che, con uno o più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dell'interno, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano definiti i dati interessati e le relative modalità tecniche di trasmissione.
[34] In base all’articolo 72, comma 3 del DPR n. 396/2000 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile), la dichiarazione di morte deve essere fatta entro 24 ore dal decesso all'ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta o del luogo dove il cadavere è stato deposto, da parte di uno dei congiunti o da una persona convivente con il defunto o da un loro delegato ovvero da persona informata del decesso. In caso di morte in un ospedale, casa di cura o di riposo, collegio, istituto o qualsiasi altro stabilimento, il direttore o chi ne è stato delegato dall'amministrazione deve trasmettere avviso della morte, comunque nel termine di 24 ore, con le specifiche indicazioni relative ai dati indicati nell’atto di morte (luogo, giorno e l'ora della morte, dati anagrafici del defunto e dell’eventuale coniuge e degli altri dati di cui all’art.73).
[35] In base all’articolo 74, comma 2 del richiamato DPR n. 396/2000, è l’atto rilasciato a seguito dell’accertamento della morte per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario, in cui sono indicati, in caso, indizi di reato.
[36] Ai sensi del Regolamento di polizia mortuaria (DPR n. 285/1990) è l’atto con il quale i medici devono denunciare al sindaco, per ogni caso di morte di persona da loro assistita, la malattia che, a loro giudizio, ne sarebbe stata la causa, ferme restando le disposizioni sulla dichiarazione e sull'avviso di morte da parte dei familiari. In caso di morte per malattia infettiva compresa nell'apposito elenco pubblicato dal Ministero della salute, il comune deve darne informazione immediatamente all’azienda ospedaliera dove è avvenuto il decesso.
[37] È la dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile, corredata da una attestazione di avvenuta nascita con le generalità della madre, nonché altri dati relativi alla nascita, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del DPR n. 396/2000.
[38] A differenza dell’attestazione di nascita, che è resa dall’ufficiale dello stato civile, la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata, in base a quanto prescritto dall’art. 30, comma 1 del DPR n. 396/2000.
[39] La novella fa riferimento alla PEC disponibile nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale.
[40] Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 17 luglio 2020, n. 77.