Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Bilancio |
Titolo: | Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, rilancio dell'economia del Mezzogiorno e immigrazione |
Riferimenti: | AC N.1416/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 174 |
Data: | 26/09/2023 |
Organi della Camera: | V Bilancio |
Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, rilancio dell'economia del Mezzogiorno e immigrazione
26 settembre 2023
A.C. 1416
Parte I – Schede di lettura
Servizio Studi
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Dossier n. 157
Servizio Studi -
Dipartimento Bilancio
Tel. 06 6760-2233 - * - st_bilancio@camera.it – @CD_bilancio
Progetti di legge n. 174
Parte II – Profili di carattere finanziario
Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 110
Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it
Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione
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D23124.docx
INDICE
Capo I - Utilizzazione delle risorse nazionali ed europee in materia coesione
Articolo 1, comma 4 (Convenzioni con INVITALIA S.p.A.)
Articolo 6 (Contratti istituzionali di sviluppo)
Articolo 7 (Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne)
Articolo 8 (Interventi in favore del Comune di Lampedusa e Linosa)
Capo III - Zona economica speciale sud – Zes unica
Articolo 9 (Istituzione della Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES Unica)
Articolo 10 (Organizzazione della ZES Unica)
Articolo 11 (Piano strategico della ZES unica)
Articolo 12 (Portale web della ZES unica)
Articolo 13 (Sportello Unico Digitale ZES – S.U.D. ZES)
Articolo 14 (Procedimento unico)
Articolo 15 (Autorizzazione unica)
Articolo 16 (Credito d’imposta ZES unica)
Articolo 17 (Disposizioni in materia di investimenti)
Capo IV - Rafforzamento della capacità amministrativa in materia di politiche di coesione
Articolo 20 (Disposizioni in materia di trattenimento presso i Centri di permanenza per i rimpatri)
Articolo 21 (Progettazione e realizzazione delle strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio)
Articolo 22, comma 6 (Variazioni di bilancio)
Articolo 23 (Entrata in vigore)
L’articolo 1 reca disposizioni volte a modificare l’attuale disciplina in ordine alle modalità di programmazione e di utilizzo delle risorse Fondo per lo sviluppo e la coesione stanziate per il ciclo 2021-2027.
In particolare, il comma 1 ridefinisce i criteri e le modalità di impiego e di gestione delle risorse del FSC per la programmazione 2021-2027, introducendo lo strumento dell’“Accordo per la coesione”, in sostituzione dei “Piani di sviluppo e coesione”, ai fini dell’attuazione degli interventi finanziati con le risorse del Fondo.
Il comma 2 introduce la possibilità di finanziare gli interventi e le linee d’azione strategici inseriti negli Accordi per la coesione stipulati con le Amministrazioni centrali e con le Regioni e Province autonome, anche con altre risorse disponibili, quali, in particolare, i fondi strutturali europei e le risorse destinate ad interventi complementari.
Il comma 3 reca la procedura per la modifica degli Accordi per la coesione.
Il comma 1 dell’articolo in esame sostituisce il comma 178 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020), che reca la disciplina per la programmazione, la gestione finanziaria e per il monitoraggio dell'utilizzo delle risorse del FSC per la programmazione 2021-2027.
Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è, congiuntamente ai Fondi strutturali europei, lo strumento finanziario principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali in attuazione dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana e dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Il requisito dell’addizionalità è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, dove si stabilisce (articolo 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.
Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, ed è destinato a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo strategico. Le risorse sono destinate al territorio nazionale secondo la chiave di riparto che ne assegna l'80 per cento alle aree del Mezzogiorno e il restante 20 per cento alle aree del Centro-Nord.
Per quanto concerne l'utilizzo delle risorse del Fondo per il ciclo 2021-2027, la normativa attribuisce al CIPESS il compito di ripartirne la dotazione, con proprie delibere, secondo i criteri e le procedure recate dal comma 178 della legge di bilancio 2021, ferma restando la chiave territoriale di riparto delle risorse.
Il comma 178 aveva definito, alle lettere da a) a m), i meccanismi procedurali di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio dell'utilizzo delle risorse, in analogia con quelli del precedente ciclo di programmazione 2014-2020, definiti dall'articolo 1, comma 703, della legge n. 190 del 2014.
Tale disciplina – che prevedeva l'impiego della dotazione del Fondo per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione sulla base delle 5 missioni del "Piano Sud 2030", in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei Fondi strutturali europei 2021-2027, e l’attuazione degli interventi finanziati con il FSC mediante lo strumento dei "Piani Sviluppo e Coesione", attribuiti alla titolarità di ciascuna delle Amministrazioni Centrali, Regionali o Città ed approvati dal CIPESS - viene ora completamente sostituita dall’articolo in esame.
Riguardo alle risorse per il ciclo di programmazione 2021-2017, il FSC dispone, a seguito di successivi rifinanziamenti, di risorse pari a 75,8 miliardi di euro.
La legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020, art. 1, comma 177) ha disposto una prima assegnazione di risorse aggiuntive nella misura di 50 miliardi.
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è stata anticipata la programmazione di una quota parte delle risorse autorizzate dalla legge di bilancio, per un valore di 15,6 miliardi, al fine di accelerare la capacità di realizzazione degli investimenti del PNRR. Tali risorse sono reintegrate nella disponibilità del Fondo, ai sensi dell'art. 2 del decreto-legge n. 59 del 2021, che istituisce il c.d. Fondo Complementare nazionale, così da garantirne la piena addizionalità.
A seguito di successivi rifinanziamenti del Fondo (23,5 miliardi per le annualità dal 2022 al 2029 autorizzati dalla legge di bilancio per il 2022; 729,7 milioni per il 2027 autorizzati dall’art. 1, co. 75, della legge di bilancio 2021; 200 milioni per il 2021, stanziati dall’art. 77, co. 3, del D.L. n. 73/2021; 1.500 milioni per il 2025, autorizzati dall’art. 56, co. 1, del D.L. n. 50/2022), la dotazione complessiva del FSC ha raggiunto l’ammontare di 91,4 miliardi.
Considerando peraltro il vincolo su una quota di 15,6 miliardi destinata al finanziamento di iniziative progettuali inserite nel PNRR, l’effettiva dotazione per gli interventi del Fondo 2021-2027 risulta pari a 75,8 miliardi.
Ad oggi, in base alle disposizioni di legge vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 124 in esame, nonché alle delibere CIPESS pubblicate alla medesima data, delle suddette risorse FSC 2021-2027:
§ 14,8 miliardi sono stati oggetto di riduzione in virtù di disposizioni legislative;
§ 1,7 miliardi sono stati oggetto di preallocazione legislativa (a cui seguirà, cioè, una delibera CIPESS di assegnazione);
§ 11 miliardi sono stati assegnati dal CIPESS con propria delibera.
Va considerato, inoltre, che 6 miliardi sono stati dichiarati “indisponibili” in attesa della ricognizione disposta dall’articolo 56, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2022, ai fini della copertura dell’articolo 58, comma 4, lettera f), del medesimo decreto-legge, sul FSC della programmazione 2014-2020.
Decurtando le suddette cifre dalla dotazione di 75,8 miliardi, ne risulta pertanto una disponibilità di risorse FSC 2021-2027 per 42,2 miliardi.
Va segnalato peraltro che il CIPESS, con delibera del 3 agosto 2023 n. 25 (non ancora pubblicata nella G.U.) ha approvato la “proposta di imputazione programmatica della quota regionale relativa al Fondo sviluppo e coesione 2021-2027”, in ciò anticipando quanto previsto nel nuovo comma 178, lettera b), come riformulato dall’articolo 1 del decreto-legge in esame (vedi ultra).
La suddetta imputazione alle Regioni/Province Autonome è pari complessivamente a circa 32,4 miliardi di euro, comprensivi delle assegnazioni in anticipazione (3 miliardi) già disposte con precedenti delibere CIPESS e con norme di legge. La deliberazione – come riportato nel Comunicato stampa del CIPESS del 3 agosto 2023 – è finalizzata a proseguire il confronto per la valutazione delle nuove proposte regionali di progettualità strategica, in coerenza con l’intero sistema della coesione e subordinatamente alla condivisione e sottoscrizione degli Accordi tra Governo e singola Regione.
Il comma 1 dell’articolo in esame, al fine di assicurare un più efficace coordinamento tra le risorse europee e nazionali per la coesione e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, sostituisce le lettere da a) ad m) del comma 178 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021, provvedendo a ridefinire criteri e modalità di programmazione ed utilizzo delle risorse del Fondo.
Lettera a)
In particolare, la nuova lettera a) – volta a definire le finalità di impiego del Fondo – stabilisce che la dotazione finanziaria del FSC, di cui al precedente comma 177, è impiegata per iniziative e misure afferenti alle politiche di coesione come definite dal Ministro per gli affari europei, il Sud, la coesione e il PNRR, nonché per l’attuazione degli Accordi per la coesione, previsti alle successive lettere b) e c), che costituiscono i nuovi strumenti operativi per la gestione del FSC 2021-2027.
L'impiego della dotazione del FSC è altresì definito – come peraltro già indicato dalla normativa previgente – in coerenza con le politiche settoriali e le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), secondo principi di complementarietà e addizionalità delle risorse.
La nuova formulazione della lettera a) supera completamente quanto previsto dal testo previgente, che faceva riferimento, per l’impiego della dotazione del FSC 2021-2027, ad “obiettivi strategici relativi ad aree tematiche per la convergenza e la coesione economica, sociale e territoriale, sulla base delle missioni del «Piano Sud 2030»” – presentato nel 2020 dall’allora Ministro per il Sud e la coesione territoriale – dando inoltre priorità alle azioni e agli interventi previsti nel suddetto Piano, compresi quelli relativi al rafforzamento delle amministrazioni pubbliche.
Si rammenta, al riguardo, che il Piano Sud 2030 era un’iniziativa di policy governativa che si basava sulle 5 grandi “missioni” nazionali della coesione definite sulla base dei fabbisogni di investimento, coerenti con gli obiettivi della Commissione europea per le politiche di coesione 2021-2027 e con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile di Agenda ONU 2030.
Il Piano, presentato nel febbraio 2020 dall’allora Presidente del Consiglio e dai Ministri del Sud e della Coesione territoriale e dell'Istruzione, era articolato in cinque missioni che rispondevano alle priorità individuate dal Country Report 2019 per l’Italia (Annex D) così definite: 1) un Sud rivolto ai giovani; 2) un Sud connesso e inclusivo; 3) un Sud per la svolta ecologica; 4) un Sud frontiera dell’innovazione; 5) un Sud aperto al mondo nel Mediterraneo.
In attuazione di quanto previsto dal previgente testo della lettera b) del comma 178, anch’essa sostituita (vedi ultra), il documento concernente l'individuazione delle aree tematiche e degli obiettivi strategici per l’impiego del Fondo sviluppo e coesione per la programmazione 2021-2027 è stato presentato al Parlamento, il 5 maggio 2022, dall’allora Ministro per il Sud e la coesione territoriale (Doc. XXVII, n. 31).
Il testo previgente della lettera a), inoltre – in linea con i precedenti cicli di programmazione – stabiliva l’impiego della dotazione finanziaria del FSC anche in coerenza con gli obiettivi e le strategie definiti per il periodo di programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e di investimento europei (oltre che con le politiche settoriali e con le politiche di investimento e di riforma previste nel PNRR, come confermato nel testo in esame). Tale riferimento non viene ripreso dal testo riformulato della lettera a).
La nuova formulazione della lettera a) del comma 178 sembra, pertanto, prescrivere un vincolo di coerenza dell’impiego delle risorse del FSC 2021-2027 rivolto unicamente alle politiche settoriali e alle politiche di investimento e di riforma previste nel PNRR, sganciando operativamente l’impiego della dotazione finanziaria del FSC, per altro verso, dagli obiettivi e dalle strategie definiti per il ciclo 2021-2027 dei Fondi strutturali e di investimento europei.
Lettera b)
La nuova lettera b) ridefinisce i criteri di ripartizione della dotazione finanziaria del FSC per la programmazione 2021-2027, stabilendo che il CIPESS, con una o più delibere, adottate su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, la coesione e il PNRR, sentita la Cabina di regia del Fondo per lo sviluppo e la coesione (istituita con DPCM 25 febbraio 2016), provvede ad imputare in modo programmatico, nel rispetto del criterio territoriale di ripartizione (80% al Mezzogiorno, 20% al Centro-Nord):
1) le risorse del Fondo eventualmente destinate alle Amministrazioni centrali, con l’indicazione di ciascuna Amministrazione beneficiaria e dell’entità delle risorse assegnate a ciascuna di esse, assicurando una quota prevalente di risorse per gli interventi infrastrutturali;
2) le risorse eventualmente destinate alle regioni e alle province autonome[1], con l’indicazione dell’entità della ripartizione delle risorse tra ciascuna di esse.
L’imputazione programmatica tiene conto delle assegnazioni già disposte.
La nuova formulazione della lettera b) innova completamente la procedura di assegnazione delle risorse FSC 2021-2027, rispetto al testo previgente, che ne prevedeva la ripartizione con delibera CIPE tra le aree tematiche legate alle missioni del «Piano Sud 2030», completamente superato dalla riformulazione della lettera a).
Con il superamento delle aree tematiche e degli obiettivi strategici, le risorse del FSC 2021-2027, anziché essere ripartite tra settori di intervento (agricoltura, imprese, infrastrutture, ecc., come applicato per il Fondo della programmazione 2014-2020[2]), vengono imputate dal CIPESS direttamente ai soggetti che gestiranno gli interventi attuativi (Ministeri e regioni/province autonome).
Si tratta, tuttavia, di una imputazione puramente “programmatica” ed “eventuale” alle Amministrazioni centrali e regionali, in quanto l’assegnazione “formale” delle risorse sarà disposta da ulteriori delibere CIPESS (vedi lettera e), infra) successivamente alla sottoscrizione dell’Accordo per la coesione.
Va sottolineato, peraltro, che in base alla disciplina previgente, oltre alle Amministrazioni centrali e regionali, erano enti titolari diretti di risorse del Fondo sviluppo e coesione anche le città metropolitane[3], nonché altre amministrazioni pubbliche individuate dal CIPE, titolari dei “Piani di sviluppo e coesione” (vedi infra).
Lettere c) e d)
La nuova formulazione delle lettere c) e d) individua un nuovo strumento di attuazione degli interventi del FSC 2021-2027, denominato Accordo per la coesione, in sostituzione dei “Piani di sviluppo e coesione” previsti dalla legislazione previgente, attribuiti alla titolarità di ciascuna delle Amministrazioni Centrali, Regionali o Città Metropolitane titolari di risorse del Fondo.
In particolare, la lettera c) disciplina l’Accordo per la coesione con le Amministrazioni centrali. Sulla base dell’imputazione programmatica delle risorse a tali Amministrazioni, effettuata con la delibera CIPESS di cui alla precedente lettera b), numero 1), e tenuto conto dei risultati dei precedenti cicli di programmazione, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e ciascun Ministro interessato definiscono d’intesa un accordo, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, denominato “Accordo per la coesione”, con il quale vengono individuati gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi, anche con il concorso di più fonti di finanziamento.
Analoga procedura viene definita dalla successiva lettera d) – sulla base dell’imputazione programmatica di risorse alle Amministrazioni regionali di alla precedente lettera b), numero 2) – per gli Accordi di coesione tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e ciascun Presidente di regione o di provincia autonoma. Attraverso tali Accordi vengono individuati gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi, anche con il concorso di più fonti di finanziamento.
Anche per la definizione degli Accordi per la coesione con le regioni/province autonome, la norma precisa che sullo schema di Accordo è sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.
Inoltre, l’elaborazione dei suddetti Accordi con le regioni/province autonome avviene con il coinvolgimento e il ruolo proattivo delle Amministrazioni centrali interessate, con particolare riferimento al tema degli interventi infrastrutturali e alla loro coerenza con gli interventi nazionali, nell’ottica di una collaborazione interistituzionale orientata alla verifica della compatibilità delle scelte allocative delle regioni con le priorità programmatiche nazionali.
La normativa previgente, invece, come detto, affidava l’attuazione degli interventi del FSC 2021-2027 ai «Piani di sviluppo e coesione» attribuiti alla titolarità delle amministrazioni centrali, regionali e delle città metropolitane (ovvero altre amministrazioni pubbliche che possono essere individuate dal CIPESS, su proposta del Ministro per il Sud), definiti secondo i principi dell'articolo 44[4] del decreto-legge n. 34 del 2019 ed approvati con delibere del CIPESS.
I Piani di sviluppo e coesione per la programmazione 2021-2027 (PSC) avrebbero dovuto essere definiti dalla Cabina di regia per il Fondo sviluppo e coesione (istituita con il DPCM 25 febbraio 2016), ai fini della successiva proposta di approvazione da parte del CIPESS, articolati per ciascuna area tematica, con l'indicazione dei risultati attesi, delle azioni e degli interventi necessari per il loro conseguimento, con la relativa stima finanziaria, dei soggetti attuatori a livello nazionale, regionale e locale, dei tempi di attuazione e delle modalità di monitoraggio. Nei Piani era indicata altresì l'articolazione annuale dei fabbisogni finanziari fino al terzo anno successivo al termine della programmazione 2021-27.
Nelle more della definizione dei "Piani di Sviluppo e Coesione" FSC 2021-2027, la normativa previgente prevedeva che il Ministro delegato per la politica di coesione potesse sottoporre all'approvazione del CIPE l'assegnazione di risorse del Fondo per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori o il completamento di interventi in corso, nel limite degli stanziamenti iscritti in bilancio. Tali interventi approvati dal CIPE sarebbero poi confluiti nei "Piani di Sviluppo e Coesione", in coerenza con le aree tematiche di appartenenza.
Riguardo ai contenuti degli Accordi di coesione con i Ministeri, la nuova lettera c) del comma 178 stabilisce che ciascun Accordo contiene:
1) la specificazione degli interventi e delle eventuali linee d’azione suscettibili di finanziamento, selezionati all’esito dell’istruttoria espletata dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio di ministri congiuntamente al Ministero interessato, ai fini della loro coerenza con i documenti di programmazione europea e nazionale, nonché l’indicazione delle diverse fonti di finanziamento previste;
2) il cronoprogramma procedurale e finanziario di realizzazione di ciascun intervento o linea d’azione;
3) l’indicazione del contenuto degli impegni reciprocamente assunti;
4) il piano finanziario dell’Accordo per la coesione articolato per annualità definito in considerazione dei cronoprogrammi finanziari di cui al precedente numero 2;
5) i principi per la definizione del sistema di gestione e controllo nonché di monitoraggio dell’Accordo per la coesione;
6) l’indicazione degli interventi già finanziati, a valere sulla dotazione del Fondo, mediante anticipazioni disposte con delibera del CIPESS; compatibilmente con i vincoli previsti dalla delibera di assegnazione; a detti interventi si applicano le modalità di attuazione e di monitoraggio dell’Accordo per la coesione.
Relativamente agli Accordi di coesione con le Regioni e le Province autonome, la nuova lettera d) del comma 178 stabilisce, invece, che ciascun Accordo contiene:
1) la specificazione degli interventi e delle eventuali linee d’azione suscettibili di finanziamento, selezionati all’esito dell’istruttoria espletata dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio congiuntamente alla regione o alla provincia autonoma interessata, ai fini della loro coerenza con i documenti di programmazione europea e nazionale, nonché l’indicazione delle diverse fonti di finanziamento previste;
2) il cronoprogramma procedurale e finanziario di ciascun intervento o linea d’azione;
3) in caso di presenza nel territorio regionale di Città metropolitana, l’entità delle risorse ad esse destinate, ai sensi dell’art. 53 del decreto-legge n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023;
Il richiamato art. 53 reca disposizioni volte alla individuazione, da parte del Dipartimento per le politiche di coesione, degli interventi infrastrutturali finanziati con le risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020 e che sono stati definanziati (per il mancato rispetto dei termini per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV), la cui scadenza era prevista al 31 dicembre 2022) ma che, tuttavia, presentano un alto livello di avanzamento, al fine di assicurarne comunque il completamento con l’assegnazione di risorse a valere sul FSC della programmazione 2021-2027, con apposita delibera del CIPESS;
4) l’indicazione del contenuto degli impegni reciprocamente assunti;
5) l’entità delle risorse del Fondo eventualmente destinate al finanziamento della quota regionale di cofinanziamento dei programmi regionali e provinciali europei, ai sensi dell’articolo 1, comma 52, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), nei limiti previsti dall’articolo 23, comma 1-ter, del decreto-legge n. 152 del 2021;
In relazione a ciò, l’art. 23, comma 1-ter, del decreto-legge n. 152 del 2021 ha introdotto la possibilità per le Regioni di utilizzare le risorse del Fondo sviluppo e coesione ai fini del cofinanziamento regionale dei POR 2021-2027, allo scopo di ridurre nella misura massima di 15 punti la percentuale di tale cofinanziamento.
Per l’utilizzo da parte della Regione delle risorse del FSC per tale finalità, il successivo comma 5 dell’articolo 1 in esame (cfr infra) ha soppresso la disposizione che richiedeva allo scopo una preventiva delibera dal CIPESS, su proposta del Ministro per il Sud, in quanto la richiesta della regione e l’entità delle risorse utilizzate in tal senso rientrano nei contenuti espliciti degli Accordi per la coesione, come disposto dal punto 5) in esame;
Le risorse FSC assegnate ai fini del cofinanziamento regionale sono tuttavia portate in riduzione della quota di risorse FSC da assegnare ai Piani sviluppo e coesione 2021-2027 (ora Accordi di coesione) delle regioni interessate.
6) il piano finanziario dell’Accordo articolato per annualità definito in considerazione del cronoprogramma finanziario degli interventi di cui al precedente numero 2;
7) i principi per la definizione del sistema di gestione e controllo nonché di monitoraggio dell’Accordo;
8) l’indicazione degli interventi già finanziati, a valere sulla dotazione finanziaria del Fondo, mediante anticipazioni disposte con delibera del CIPESS; compatibilmente con i vincoli previsti dalla delibera di assegnazione, a detti interventi si applicano le modalità di attuazione e di monitoraggio dell’Accordo per la coesione.
Va sottolineato, per completezza, che la nuova formulazione della lettera d), superando completamente la disciplina dei Piani di sviluppo e coesione, rimodula i compiti della Cabina di regia per il FSC – prevista dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 703, legge n. 190 del 2014) ed istituita dal successivo D.P.C.M. 25 febbraio 2016 – composta da rappresentanti delle amministrazioni interessate, delle Regioni e delle Province autonome, finora incaricata della definizione dei Piani di sviluppo e coesione 2021-2027.
Il nuovo comma 178 prevede soltanto, alla lettera b), che la Cabina di regia venga “sentita” prima della “imputazione in modo programmatico” delle risorse FSC alle amministrazioni centrali e regionali con delibera CIPESS, nonché in caso di modifica di un Accordo per la coesione in conseguenza di un incremento o di una diminuzione delle risorse del FSC assegnate preventivamente alla delibera CIPESS (ai sensi del co. 3 dell’articolo in esame).
Lettera e)
Una volta definito e sottoscritto l’Accordo di coesione, si provvede, con delibera del CIPESS adottata su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, all’assegnazione in favore di ciascuna Amministrazione centrale ovvero di ciascuna regione o provincia autonoma delle risorse finanziarie a valere sulle disponibilità del Fondo FSC 2021-2027.
Con delibera del CIPESS, si provvede, altresì, all’assegnazione, a valere sulle disponibilità del FSC, delle risorse afferenti alle iniziative e alle misure relative alle politiche di coesione come richiamate alla precedente lettera a).
Lettera f)
A seguito della registrazione della delibera CIPESS di assegnazione delle risorse da parte degli organi di controllo (Corte dei conti), ciascuna Amministrazione assegnataria delle risorse è autorizzata ad avviare le attività occorrenti per l’attuazione degli interventi ovvero delle linee d’azione strategiche previste nell’Accordo per la coesione, nonché per l’attuazione delle iniziative e delle misure afferenti alle politiche di coesione come richiamate alla precedente lettera a).
La lettera f) innova rispetto alla precedente formulazione della lettera h) del comma 178, la quale prevedeva, invece, che ciascuna Amministrazione assegnataria di risorse FSC potesse avviare le attività volte all’attuazione degli interventi finanziati a seguito dell’assegnazione delle stesse
Lettera g)
La nuova lettera g) riprende sostanzialmente la lettera f) del testo previgente, in tema di sottoscrizione dei contratti istituzionali di programma, adeguandone le disposizioni alle integrazioni apportate dal successivo articolo 6 del decreto-legge in esame (cfr. infra) all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88.
In sostanza, la nuova formulazione prevede la stipula di contratti istituzionali di programma esclusivamente per la realizzazione di interventi di valore complessivo non inferiore a 200 milioni di euro, ovvero, a prescindere dal loro valore complessivo, per gli interventi di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali finanziati con le risorse del Fondo, come già considerato dal testo previgente.
Si osserva che la nuova formulazione della lettera g) non riporta la disposizione recata dal secondo periodo della previgente lettera f) del comma 178, che andava a modificare l'alinea del comma 3 dell'articolo 10 del D.L. n. 101 del 2013 sulle competenze dell’Agenzia per la coesione territoriale.
Tale disposizione, invero, non risulta più necessaria in quanto – per effetto dell’articolo 50 del decreto-legge n. 13 del 2023 – l’Agenzia per la coesione territoriale è stata soppressa e le sue competenze assorbite dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio.
Lettera h)
La nuova lettera h) riprende il testo della previgente lettera g) – con l’eliminazione del primo periodo relativo ai Piani di sviluppo e coesione – ribadendo la disposizione che prevede che entro il 10 settembre di ogni anno il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR presenti al CIPESS una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi relativi alla programmazione 2021-2027, ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e del disegno di legge del bilancio di previsione.
Lettera i)
La nuova lettera i) riguarda le procedure contabili relative alla gestione del FSC, riproponendo sostanzialmente il testo contenuto nella analoga lettera i) del testo previgente, con il riferimento agli “Accordi di coesione” in luogo dei “Piani di sviluppo e coesione”.
Nello specifico, come già previsto dalla legislazione previgente, le risorse assegnate dal CIPESS sono trasferite dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (cap. 8000/MEF), nei limiti degli stanziamenti annuali di bilancio, in apposita contabilità del Fondo di rotazione gestito dall’IGRUE ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 183 del 1987 (si tratta del conto corrente di tesoreria n. 25058).
Il Ministero dell'economia e delle finanze assegna le risorse trasferite alla suddetta contabilità in favore delle amministrazioni che hanno sottoscritto gli Accordi per la coesione, secondo l'articolazione temporale indicata dai medesimi accordi.
Vengono conseguentemente confermate le procedure di pagamento previste dalla normativa previgente.
In particolare, la norma prevede che le procedure di pagamento a valere sulle risorse assegnate in favore delle amministrazioni sono disposte sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione (DPCoe).
Ai fini della verifica dello stato di avanzamento della spesa riguardante gli interventi finanziati con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, le amministrazioni titolari degli interventi comunicano i relativi dati al sistema di monitoraggio unitario di cui all'articolo 1, comma 245, della legge n. 147 del 2013, sulla base di un apposito protocollo di colloquio telematico.
Per far fronte ad eventuali carenze di liquidità le risorse FSC assegnate in favore di un intervento e non ancora utilizzate possono essere riassegnate in favore di un intervento a titolarità di altra Amministrazione la cui realizzazione presenta carattere di urgenza.
In tal caso, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione, d'intesa con l'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE) del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, dispone la riassegnazione delle risorse per il nuovo intervento, sentita l'amministrazione titolare dell'intervento definanziato.
Lettera l)
Infine, la lettera l) ripropone sostanzialmente il testo della previgente lettera m), disponendo che sono trasferite al Fondo di rotazione anche le altre risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 assegnate a diverso titolo, oltre alle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione già iscritte in bilancio per i precedenti periodi di programmazione, che sono gestite secondo le modalità indicate nella lettera i).
Va ricordato, infine, per completezza, che la riformulazione complessiva del comma 178 non contiene più quanto previsto dalla lettera l) del testo previgente del comma 178, ai sensi della quale entro il 10 settembre di ciascun anno, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche di coesione aggiorna le previsioni di spesa, sulla base delle comunicazioni trasmesse dall'Agenzia per la coesione territoriale sullo stato di attuazione degli interventi e tenendo conto dei dati forniti dalle singole amministrazioni titolari degli interventi stessi e di eventuali decisioni assunte dal CIPE. Sulla base di tali comunicazioni, il Ministero dell'economia e delle finanze può adottare, ove necessario, decreti di svincolo delle risorse riferite all'esercizio in corso e a quelli successivi. Le amministrazioni titolari degli interventi assicurano il tempestivo e proficuo utilizzo delle risorse assegnate ed eseguono i controlli sulla regolarità delle spese sostenute dai beneficiari.
Al fine di agevolare il confronto tra il testo previgente del comma 178 della legge di bilancio 2021 e il testo risultante a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 124 del 2023, si riporta, nella tabella di seguito, il testo a fronte del suddetto comma 178.
Programmazione FSC 2021-2027 (Art. 1, co. 178, legge n. 178 del 2020). |
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Testo previgente |
Testo risultante dalle modificazioni apportate dall’art. 1, co. 1 del |
178. Il complesso delle risorse di cui al comma 177 è destinato a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, ripartiti nella proporzione dell'80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento nelle aree del Centro-Nord, secondo la seguente articolazione annuale: 4.000 milioni di euro per l'anno 2021, 5.000 milioni di euro annui dal 2022 al 2029 e 6.000 milioni di euro per l'anno 2030. Al completamento delle risorse da destinare alla suddetta programmazione si provvede ai sensi dell'articolo 23, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Per l'utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 e nell'ambito della normativa vigente sugli aspetti generali delle politiche di coesione, si applicano le seguenti disposizioni: |
178. Identico. |
a) la dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione è impiegata per iniziative e misure afferenti alle politiche di coesione, come definite dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, nonché per l’attuazione degli Accordi per la coesione di cui alle lettere c) e d). La dotazione finanziaria è altresì impiegata in coerenza con le politiche settoriali e con le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), secondo princìpi di complementarità e di addizionalità; |
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b) il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, in collaborazione con le amministrazioni interessate, in coerenza con il Piano Sud 2030 e con i contenuti dell'Accordo di partenariato per i fondi strutturali e di investimento europei del periodo di programmazione 2021-2027 e del PNRR, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individua le aree tematiche e gli obiettivi strategici per ciascuna area e li comunica alle competenti Commissioni parlamentari. Il CIPE, con propria deliberazione, su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, ripartisce tra le diverse aree tematiche la dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione iscritta nel bilancio, nonché provvede ad eventuali variazioni della ripartizione della dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione, su proposta della Cabina di regia di cui alla lettera d); |
b) con una o più delibere del Comitato interministeriale per la programma-zione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), adottate su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, sentita la Cabina di regia del Fondo per lo sviluppo e la coesione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2016, sono imputate in modo programmatico, nel rispetto delle percentuali previste dal primo periodo dell’alinea del presente comma e tenuto conto delle assegnazioni già disposte: 1) le risorse del Fondo eventualmente destinate alle Amministrazioni centrali, con l’indicazione di ciascuna Amministrazione beneficiaria e dell’entità della ripartizione delle risorse tra ciascuna di esse, assicurando una quota prevalente per gli interventi infrastrutturali; 2) le risorse del Fondo eventualmente destinate alle regioni e alle province autonome, con l’indicazione dell’entità della ripartizione delle risorse tra ciascuna di esse; |
c) gli interventi del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2021-2027 sono attuati nell'ambito di «Piani di sviluppo e coesione» attribuiti alla titolarità delle amministrazioni centrali, regionali, delle città metropolitane e di altre amministrazioni pubbliche che possono essere individuate con deliberazione del CIPE su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale. I Piani di sviluppo e coesione sono definiti secondo i princìpi previsti dall'articolo 44 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e sono approvati con deliberazioni del CIPE, ferme restando le competenze della Cabina di regia del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui alla lettera d); |
c) sulla base della delibera di cui alla lettera b), numero 1, e tenuto conto dei risultati dei precedenti cicli di programmazione, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e ciascun Ministro interessato definiscono d’intesa un accordo, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, denominato «Accordo per la coesione», con il quale vengono individuati gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi, anche con il concorso di più fonti di finanziamento. In particolare, ciascun Accordo per la coesione di cui alla presente lettera contiene: 1) la specificazione degli interventi e delle eventuali linee d’azione suscettibili di finanziamento, selezionati all’esito dell’istruttoria espletata, congiuntamente al Ministero interessato, dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio di ministri ai fini della loro coerenza con i documenti di programmazione europea e nazionale, nonché l’indicazione delle diverse fonti di finanziamento previste; 2) il cronoprogramma procedurale e finanziario di ciascun intervento o linea d’azione; 3) l’indicazione del contenuto degli impegni reciprocamente assunti; 4) il piano finanziario dell’Accordo per la coesione articolato per annualità definito in considerazione dei cronoprogrammi finanziari di cui al numero 2; 5) i principi per la definizione del sistema di gestione e controllo dell’accordo, nonché di monitoraggio dello stesso; 6) l’indicazione degli interventi già finanziati, a valere sulla dotazione finanziaria del Fondo, mediante anticipazioni disposte con delibera del CIPESS; compatibilmente con i vincoli previsti dalla delibera di assegnazione, a detti interventi si applicano le modalità di attuazione e di monitoraggio dell’Accordo per la coesione. |
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d) sulla base della delibera di cui alla lettera b), numero 2, e tenuto conto dei risultati dei precedenti cicli di programmazione, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e ciascun Presidente di regione o di provincia autonoma definiscono d’intesa un accordo, denominato «Accordo per la coesione», con il quale vengono individuati gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi, anche con il concorso di più fonti di finanziamento. Sullo schema di Accordo per la coesione è sentito il Ministro dell’economia e delle finanze. L’elaborazione dei suddetti Accordi per la coesione avviene con il coinvolgimento e il ruolo proattivo delle Amministrazioni centrali interessate, con particolare riferimento al tema degli interventi infrastrutturali e alla loro coerenza con gli interventi nazionali, nell’ottica di una collaborazione interistituzionale orientata alla verifica della compatibilità delle scelte allocative delle regioni con le priorità programmatiche nazionale. In particolare, ciascun Accordo per la coesione di cui alla presente lettera contiene: 1) la specificazione degli interventi e delle eventuali linee d’azione suscettibili di finanziamento, selezionati all’esito dell’istruttoria espletata, congiuntamente alla regione o alla provincia autonoma interessata, dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio di ministri ai fini della loro coerenza con i documenti di programmazione europea e nazionale nonché l’indicazione delle diverse fonti di finanziamento previste; 2) il cronoprogramma procedurale e finanziario di ciascun intervento o linea d’azione; 3) in caso di presenza nel territorio regionale di Città metropolitana, l’entità delle risorse ad esse destinate, ai sensi dell’articolo 53 del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41; 4) l’indicazione del contenuto degli impegni reciprocamente assunti; 6) il piano finanziario dell’Accordo articolato per annualità definito in considerazione del cronoprogramma finanziario degli interventi; 7) i principi per la definizione del sistema di gestione e controllo dell’Accordo, nonché di monitoraggio dello stesso; 8) l’indicazione degli interventi già finanziati, a valere sulla dotazione finanziaria del Fondo, mediante anticipazioni disposte con delibera del CIPESS; compatibilmente con i vincoli previsti dalla delibera di assegnazione, a detti interventi si applicano le modalità di attuazione e di monitoraggio dell’Accordo per la coesione; |
d) la Cabina di regia del Fondo per lo sviluppo e la coesione, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2016, ai sensi della lettera c) del comma 703 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, opera anche sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2021-2027, definendo, ai fini della successiva proposta di approvazione da parte del CIPE, i Piani di sviluppo e coesione di cui alla lettera c), articolati per ciascuna area tematica, con l'indicazione dei risultati attesi, delle azioni e degli interventi necessari per il loro conseguimento, con la relativa stima finanziaria, dei soggetti attuatori a livello nazionale, regionale e locale, dei tempi di attuazione e delle modalità di monitoraggio. Le informazioni di dettaglio in merito ai risultati conseguiti sono illustrate nella relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 10, comma 7, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. I piani operativi sono redatti tenendo conto che la dotazione complessiva deve essere impiegata per un importo non inferiore all'80 per cento per interventi da realizzare nei territori delle regioni del Mezzogiorno. La Cabina di regia opera anche con riferimento alle riprogrammazioni dei Piani di sviluppo e coesione. Nei Piani è indicata altresì l'articolazione annuale dei fabbisogni finanziari fino al terzo anno successivo al termine della programmazione 2021-2027. Nelle more della definizione dei Piani di sviluppo e coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale può sottoporre all'approvazione del CIPE l'assegnazione di risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori, nel limite degli stanziamenti iscritti in bilancio. Tali interventi confluiscono nei Piani di sviluppo e coesione, in coerenza con le aree tematiche cui afferiscono; |
Soppressa. |
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e) con delibera del CIPESS, adottata su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, si provvede all’assegnazione in favore di ciascuna Amministrazione centrale ovvero di ciascuna regione o provincia autonoma, sulla base degli accordi definiti e sottoscritti ai sensi delle lettere c) o d) del presente comma, delle risorse finanziarie a valere sulle disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021 – 2027; con delibera del CIPESS, si provvede, altresì, all’assegnazione, a valere sulle disponibilità del citato Fondo, delle risorse afferenti alle iniziative e alle misure relative alle politiche di coesione di cui alla lettera a); |
e) i Piani di sviluppo e coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, con i relativi fabbisogni finanziari, costituiscono la base per la predisposizione del Documento di economia e finanza e della relativa Nota di aggiornamento nonché per la definizione del disegno di legge del bilancio di previsione ai sensi dell'articolo 21 della legge 31 dicembre 2009, n. 196; |
Soppressa. |
h) le assegnazioni di risorse ai sensi della lettera d) da parte del CIPE consentono a ciascuna amministrazione l'avvio delle attività necessarie all'attuazione degli interventi finanziati; |
f) a seguito della registrazione da parte degli organi di controllo della delibera del CIPESS di assegnazione delle risorse, ciascuna Amministrazione assegnataria delle risorse è autorizzata ad avviare le attività occorrenti per l’attuazione degli interventi ovvero delle linee d’azione strategiche previste nell’Accordo per la coesione, nonché per l’attuazione delle iniziative e delle misure afferenti alle politiche di coesione di cui alla lettera a); |
f) il Ministro per il Sud e la coesione territoriale coordina l'attuazione dei Piani di sviluppo e coesione di cui alle lettere c) e d) e individua i casi nei quali, per gli interventi infrastrutturali di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali, si debba procedere alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 6, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, e all'articolo 9-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98; |
g) il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR può individuare i casi nei quali, per gli interventi, finanziati con le risorse del Fondo, di valore complessivo non inferiore a quello previsto dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 ovvero per gli interventi di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali, si debba procedere alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo ai sensi e per gli effetti di cui al citato articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011 e all'articolo 9-bis del decreto - legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98; |
g) dopo l'approvazione dei Piani di sviluppo e coesione da parte del CIPE, sulla base dell'effettiva realizzazione degli stessi, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale può proporre al CIPE, ai fini della sua successiva deliberazione in merito, la rimodulazione delle quote annuali di spesa e la revoca di assegnazioni già disposte, in caso di impossibilità sopravvenuta, di mancato rispetto dei tempi o di inadempienze. Il Ministro per il Sud e la coesione territoriale presenta al CIPE, entro il 10 settembre di ogni anno, una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi relativi alla programmazione 2021-2027, ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e del disegno di legge del bilancio di previsione; |
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i) le risorse assegnate ai sensi della lettera d) sono trasferite dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, nei limiti degli stanziamenti annuali di bilancio, in apposita contabilità del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, sulla base dei profili finanziari previsti dalle deliberazioni del CIPE di approvazione dei piani stessi. Il Ministero dell'economia e delle finanze assegna le risorse trasferite alla suddetta contabilità in favore delle amministrazioni responsabili dell'attuazione degli interventi e dei Piani di sviluppo e coesione approvati dal CIPE, secondo l'articolazione temporale indicata dalle relative deliberazioni, ed effettua i pagamenti a valere sulle medesime risorse in favore delle suddette amministrazioni, secondo le procedure stabilite dalla citata legge n. 183 del 1987 e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1988, n. 568, nonché da apposita deliberazione del CIPE, sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione. Ai fini della verifica dello stato di avanzamento della spesa riguardante gli interventi finanziati con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, le amministrazioni titolari degli interventi comunicano i relativi dati al sistema di monitoraggio unitario di cui all'articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sulla base di un apposito protocollo di colloquio telematico. Per far fronte ad eventuali carenze di liquidità, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui al decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, assegnate per un intervento e non ancora utilizzate, possono essere riassegnate per un intervento di titolarità di altra amministrazione, la cui realizzazione presenti carattere di urgenza. In tal caso, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione, d'intesa con l'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, dispone la riassegnazione delle risorse per il nuovo intervento, sentita l'amministrazione titolare dell'intervento definanziato; |
i) le risorse assegnate ai sensi della lettera e) sono trasferite dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, nei limiti degli stanziamenti annuali di bilancio, in apposita contabilità del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Il Ministero dell'economia e delle finanze assegna le risorse trasferite alla suddetta contabilità in favore delle amministrazioni di cui agli accordi per la coesione, secondo l'articolazione temporale indicata dai medesimi accordi, ed effettua i pagamenti a valere sulle medesime risorse in favore delle suddette amministrazioni, secondo le procedure stabilite dalla citata legge n. 183 del 1987 e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1988, n. 568, nonché da altre disposizioni di legge, sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione. Ai fini della verifica dello stato di avanzamento della spesa riguardante gli interventi finanziati con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, le amministrazioni titolari degli interventi comunicano i relativi dati al sistema di monitoraggio unitario di cui all'articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sulla base di un apposito protocollo di colloquio telematico. Per far fronte ad eventuali carenze di liquidità, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui al decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, assegnate per un intervento e non ancora utilizzate, possono essere riassegnate per un intervento di titolarità di altra amministrazione, la cui realizzazione presenti carattere di urgenza. In tal caso, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione, d'intesa con l'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, dispone la riassegnazione delle risorse per il nuovo intervento, sentita l'amministrazione titolare dell'intervento definanziato; |
l) entro il 10 settembre di ciascun anno, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche di coesione aggiorna le previsioni di spesa, sulla base delle comunicazioni trasmesse dall'Agenzia per la coesione territoriale sullo stato di attuazione degli interventi e tenendo conto dei dati forniti dalle singole amministrazioni titolari degli interventi stessi e di eventuali decisioni assunte dal CIPE. Sulla base di tali comunicazioni, il Ministero dell'economia e delle finanze può adottare, ove necessario, decreti di svincolo delle risorse riferite all'esercizio in corso e a quelli successivi. Le amministrazioni titolari degli interventi assicurano il tempestivo e proficuo utilizzo delle risorse assegnate ed eseguono i controlli sulla regolarità delle spese sostenute dai beneficiari; |
Soppressa. |
l) sono trasferite al Fondo di rotazione di cui alla lettera i) anche le altre risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 assegnate a diverso titolo, nonché le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione già iscritte in bilancio per i precedenti periodi di programmazione, che sono gestite secondo le modalità indicate nella medesima lettera i). |
Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che, ferme restando le regole di gestione delle fonti finanziarie diverse dal FSC, per gli interventi e le linee d’azione strategici inseriti negli Accordi per la coesione stipulati con le Amministrazioni centrali e con le Regioni e Province autonome, possono concorrere anche le risorse provenienti da altre fonti finanziarie, diverse cioè dal FSC 2021-2027.
In particolare, il comma fa riferimento alle seguenti ulteriori eventuali fonti di finanziamento:
§ le risorse destinate ad interventi complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027, ai sensi dell’art. 1, comma 54, della legge n. 178/2020, poste a carico del Fondo IGRUE;
Tali risorse (la cui entità non risulta ancora al momento definita) sono peraltro destinate in via prioritaria – in virtù di quanto previsto dal secondo periodo del comma in esame – al completamento dei progetti non conclusi al termine del ciclo della programmazione europea 2014-2020, nonché alla realizzazione dei progetti ammessi a finanziamento sulla programmazione europea ma non destinatari di risorse per esaurimento delle stesse;
§ le risorse dei Programmi complementari ai fondi strutturali dell'Unione europea per il periodo di programmazione 2014-2020, per la quota parte che risultasse non impegnata alla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Si rammenta che i Programmi Operativi Complementari (POC) 2014-2020 sono finanziati con le risorse del Fondo di rotazione (c.d. Fondo IGRUE) resesi disponibili a seguito dell'adozione di Programmi operativi con un tasso di cofinanziamento nazionale inferiore rispetto a quanto teoricamente previsto (50% per i POR e 45% per i PON), Il CIPE, con la delibera 28 gennaio 2015, n. 10, nel definire i criteri per il cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020 ha assegnato oltre 7,4 miliardi agli interventi complementari. Nel corso del 2020-2021, i POC hanno beneficiato delle risorse rivenienti dalla riprogrammazione dei Fondi europei per l'emergenza COVID-19 nonché delle risorse a carico della quota nazionale del Fondo di Rotazione che si sono rese disponibili, a seguito dell'integrazione al 100 per cento del tasso di cofinanziamento delle spese erogate dall'Unione europea per le spese emergenziali COVID. Il medesimo meccanismo –cofinanziamento al 100 per cento a carico della UE - è stato applicato per le spese emergenziali sostenute per far fronte alle sfide migratorie conseguenti alla crisi ucraina.
Per quel che concerne lo stato di utilizzo delle risorse degli attuali POC, che hanno raggiunto un valore complessivo pari a 16,8 miliardi di euro, i dati forniti nel Bollettino IGRUE "Monitoraggio delle politiche di coesione – programmazione 2014-2020 – Situazione al 30 aprile 2023", evidenziano un utilizzo ancora contenuto delle risorse assegnate ai Programmi complementari, con uno stato di avanzamento del 16,7% in termini di impegni e del 9% in termini di pagamenti.
§ i fondi strutturali afferenti ai Programmi europei di competenza di ciascuna Amministrazione centrale (PON) ovvero di ciascuna Regione o Provincia autonoma (POR) destinataria delle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2021-2027 tramite gli Accordi di coesione.
Per l'attuazione della politica di coesione 2021-2027, l'Accordo di partenariato italiano considera oltre 75 miliardi di euro a prezzi correnti, composti da 42,7 miliardi di contributo UE (sui fondi FESR, FSE+, JTF e FEAMPA) e da 32,4 miliardi di contributo nazionale di cofinanziamento.
La programmazione prevede la realizzazione di numerosi Programmi cofinanziati a valere sui Fondi Strutturali, approvati con Decisioni di esecuzione della Commissione UE nel corso del 2022: 10 Programmi nazionali (PN) gestiti dalle Amministrazioni centrali (compreso il JTF), ai quali si aggiunge 1 ulteriore PN finanziato dal FEAMPA; 38 Programmi regionali (PR) gestiti dalle Regioni, a valere sui due Fondi FESR e FSE+; 10 Programmi Interreg, riguardanti la Cooperazione territoriale europea.
Nel complesso, per la parte che qui interessa, ai 10 Programmi Nazionali sono stati assegnati 25,575 miliardi di euro, considerando sia il finanziamento europeo (per 14,8 miliardi) che il cofinanziamento nazionale (10,8 miliardi). Una quota più ampia di risorse, pari a 48,492 miliardi di euro, è destinata ai Programmi Regionali, promossi da tutte le Regioni e le Province Autonome, di cui 27,4 miliardi di risorse europee e circa 21,1 miliardi di cofinanziamento nazionale;
§ le risorse derivanti dai rimborsi europei e dal corrispondente cofinanziamento nazionale, previste dall’articolo 51, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13. Si tratta dei rimborsi riconosciuti dalla Commissione europea a fronte di spese sostenute con risorse nazionali, comprese quelle per misure di riduzione dei costi in materia energetica, e rendicontate nell'ambito dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali.
In particolare, le citate disposizioni prevedono l’assegnazione dei suddetti rimborsi – riconosciuti dalla Commissione europea a fronte di spese sostenute con risorse nazionali e rendicontate nell'ambito dei programmi nazionali e regionali (PON e POR) cofinanziati dai Fondi strutturali 2014-2020 e 2021-2027, a seguito di variazioni del tasso di cofinanziamento dei predetti programmi – a una o più linee di intervento finanziate sul conto corrente di tesoreria dedicato agli Interventi Complementari alla programmazione comunitaria (POC). La norma prevede che con delibera del CIPESS vengano individuati gli interventi di sviluppo economico e di coesione sociale e territoriale coerenti con la natura delle risorse utilizzate, cui destinare le somme trasferite sul conto corrente, nel rispetto della destinazione territoriale delle stesse. Agli interventi di cui al conto corrente sono destinate anche le risorse di cofinanziamento nazionale e le somme a carico del Fondo di Rotazione che si siano “rese disponibili” per effetto di variazioni del tasso di cofinanziamento dei suddetti Programmi Operativi.
Il comma 3 disciplina la procedura per l’eventuale modifica degli Accordi per la coesione.
Tali accordi possono essere modificati:
§ d'intesa tra le Parti,
§ sulla base degli esiti dell’istruttoria svolta dal Dipartimento per le politiche di coesione,
§ in coerenza con i profili finanziari definiti dalla delibera CIPESS di assegnazione delle risorse.
Laddove la modifica comporti un aumento o una diminuzione delle risorse del FSC assegnate, ovvero una modifica dei profili finanziari definiti dalla delibera CIPESS di assegnazione di risorse, la modifica è sottoposta – su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, sentita la Cabina di regia del FSC – all'approvazione del CIPESS.
In tal caso, si applicano quanto previsto dalla novellata lettera f) del comma 178 della legge n. 178/2020 (vedi supra), che subordina alla registrazione della delibera CIPESS (da parte della Corte dei conti) l’avvio delle attività occorrenti per l’attuazione degli interventi ovvero delle linee d’azione strategiche previste nell’Accordo.
Il comma precisa, infine, che la modifica del cronoprogramma degli interventi definito dall’Accordo per la coesione è consentita esclusivamente qualora l’Amministrazione assegnataria delle risorse fornisca adeguata dimostrazione dell’impossibilità di garantirne il rispetto per circostanze non imputabili a sé ovvero al soggetto attuatore dell’intervento o della linea d’azione.
Articolo 1, comma 4
(Convenzioni con INVITALIA S.p.A.)
Il comma 4 autorizza il Dipartimento per le politiche di coesione ad avvalersi dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa INVITALIA S.p.A., mediante apposite convenzioni al fine di assicurare l’efficace utilizzo delle risorse per le politiche di coesione.
Il comma 4 dell’articolo 1 autorizza il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri ad avvalersi, stipulando apposite convenzioni, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - INVITALIA S.p.A..
Le convenzioni saranno stipulate nei limiti delle risorse assegnate a tale scopo a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, ai sensi dell'articolo 1, comma 178, della legge n. 178 del 2020 come riformulato dal comma 1 dell’articolo 1 del presente decreto, nonché nei limiti delle risorse a titolarità del Dipartimento per le politiche di coesione, nell'ambito della programmazione europea dei fondi strutturali relativi alle politiche di coesione.
Al riguardo, nella Relazione tecnica si sottolinea che la quantificazione del fabbisogno oggetto della specifica convenzione sarà determinata sulla base di una specifica pianificazione delle attività e dei relativi costi, nonché della descrizione dei servizi erogati da Invitalia con particolare riferimento alle priorità di intervento per le quali si attivano le azioni di supporto tecnico operativo, in coerenza con la nuova programmazione 2021-2027.
Le “Azioni di supporto” riguardano in particolare:
- supporto alla predisposizione di proposte e valutazione della fattibilità degli investimenti, anche al fine di verificare la validità dei percorsi di finanziamento, la coerenza dei cronoprogrammi di spesa, le modalità di attuazione e le soluzioni di accelerazione;
- svolgimento di attività tecniche ed amministrative di progettazione degli interventi;
- svolgimento degli adempimenti di stazione appaltante per l’affidamento di servizi (di progettazione, di verifica, di collaudo e sicurezza dei cantieri, etc.) e di lavori;
- gestione di tutte le attività correlate all’intervento e dei relativi strumenti di attuazione, come quelli del contratto istituzionale di sviluppo o di altri strumenti, convezioni e accordi funzionali alla realizzazione dell’investimento;
- gestione degli adempimenti necessari al monitoraggio degli investimenti.
Si ricorda che per il ciclo di programmazione 2014-2020, con delibera n. 77 del 2017, il CIPE ha assegnato 25 milioni complessivi a Invitalia per il finanziamento della misura, denominata «Azioni di sistema», volta ad accelerare l’attuazione degli interventi definiti nell’ambito delle politiche di coesione, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020.
Precedentemente le delibere CIPE n. 26 e n. 56 del 2016, nell’assegnare risorse FSC 2014-2020 ai Patti per lo sviluppo stipulati dal Governo con Regioni e Città metropolitane, avevano stabilito, in considerazione della strategicità degli interventi contenuti nei Patti e al fine di garantirne la tempestiva attuazione, che le parti potessero adottare misure di accelerazione degli interventi (ex art. 10, co. 2, D.L. n. 101/2013), e avevano considerato la possibilità di individuare Invitalia quale soggetto responsabile per l’attuazione degli interventi, anche prevedendo il rifinanziamento di Azioni di sistema.
Riguardo all’azione di supporto fornita da INVITALIA Spa, si segnala anche l’articolo 10, comma 7, del decreto-legge in esame, il quale prevede che la Struttura di missione ZES possa avvalersi, mediante apposite convenzioni, del supporto tecnico-operativo di INVITALIA S.p.A. nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, per le attività istituzionali indicate al comma 3 del medesimo articolo nonché per le attività di stazione appaltante (comma 6).
Analogamente, l’articolo 8, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge in esame stabilisce che INVITALIA S.p.A. svolge le funzioni di stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 36 del 2023 (Codice dei contratti pubblici), del piano complessivo degli interventi in favore del Comune di Lampedusa e Linosa, con oneri posti a carico dello stanziamento complessivo di 45 milioni previsto dal secondo periodo del medesimo comma 1, come sarà determinato nella delibera del CIPESS e comunque nel limite massimo del 2 per cento di tale importo.
Con il D.Lgs. n. 1 del 1999 – nell’ambito del complessivo riordino degli enti e delle società di promozione per il Mezzogiorno - è stata istituita la società "Sviluppo Italia", che ha in seguito assunto la denominazione di “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A”, ai sensi dell’art. 1, co 460, della legge n. 296/2006. Nel 2008, l’Agenzia ha infine assunto il nome di Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa.
Invitalia è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero delle imprese e del made in Italy, in quanto l'Agenzia, vista la sua missione istituzionale, è ente strumentale del MIMI. La missione di Invitalia consiste infatti nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie.
L’articolo 10 del D.L. n. 101/2013, nel ripartire le funzioni relative alla politica di coesione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipartimento per le politiche di coesione) e l'Agenzia per la coesione territoriale (ora soppressa, le cui funzioni sono confluite nel Dipartimento stesso ai sensi dell’art. 50 del D.L. n. 13 del 2023) ha previsto che:
- il Dipartimento per le politiche di coesione possa avvalersi di Invitalia Spa per dare esecuzione alle determinazioni assunte ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 88/2011e per l'attuazione della politica di coesione anche attraverso il ricorso alle misure di accelerazione degli interventi strategici (comma 2, lettera i);
- l'Agenzia per la coesione territoriale sostiene la realizzazione dei programmi con azioni di accompagnamento alle amministrazioni titolari, promuovendo il ricorso ai contratti istituzionali di sviluppo e l'attivazione di Invitalia Spa in qualità di centrale di committenza (comma 3, lett. e);
- l'Agenzia per la coesione territoriale può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione di programmi finanziati con le risorse della politica di coesione e per la conduzione di specifici progetti, nonché avvalendosi a tal fine, nelle ipotesi previste dalla lettera e), di Invitalia Spa. (comma 3, lett. h);
- in casi eccezionali, Invitalia Spa può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione e di soggetto responsabile per l'attuazione di programmi ed interventi speciali, a carattere sperimentale, nonché nelle ipotesi previste dalla lettera d) del comma 3 (comma 14-bis);
- con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono definiti i rapporti tra l'Agenzia per la coesione territoriale e Invitalia Spa, anche al fine di individuare le più idonee forme di collaborazione per l'esercizio delle rispettive competenze e prerogative di legge (comma 14-ter).
Precedentemente l’articolo 55-bis del D.L. n. 1 del 2012 consentiva alle amministrazioni centrali di avvalersi delle convenzioni con l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. per le attività economiche, finanziarie e tecniche - comprese quelle di progettazione in materia di lavori pubblici – occorrenti ai fini della realizzazione di interventi riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese, con particolare riferimento agli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale, finanziati con risorse nazionali, comunitarie e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, anche mediante finanza di progetto.
Per quanto riguarda le attività legate al PNRR, l’art. 10, comma 6-quater, del D.L. n. 77 del 2021 (introdotto dall’art. 32 del D.L. n. 144 del 2022) ha stabilito che, al fine di accelerare l'avvio degli investimenti di cui al medesimo art. 10 mediante il ricorso a procedure aggregate e flessibili per l'affidamento dei contratti pubblici, garantendo laddove necessario l'applicazione uniforme dei principi e delle priorità trasversali previsti dal PNRR ed agevolando al contempo le attività di monitoraggio e controllo degli interventi, in attuazione di quanto previsto dal comma 1, d'intesa con le amministrazioni interessate, la società Invitalia S.p.A. promuove la definizione e la stipulazione di appositi accordi quadro, ai sensi dell'articolo 54 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, per l'affidamento dei servizi tecnici e dei lavori. I soggetti attuatori che si avvalgono di una procedura avente ad oggetto accordi quadro per servizi tecnici e lavori non sostengono alcun onere per attività di centralizzazione delle committenze in quanto gli stessi sono posti a carico delle convenzioni previste al comma 5 del medesimo articolo 10.
Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a. è iscritta ex lege (art. 63 del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 – Nuovo Codice dei contratti pubblici) nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, istituito presso l’Autorità nazionale anti corruzione (ANAC).
Il comma 5 modifica la disciplina che consente alle Regioni di utilizzare le risorse del Fondo sviluppo e coesione al fine di ridurre la quota percentuale a carico del proprio bilancio del cofinanziamento nazionale dei programmi cofinanziati dai fondi europei FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e FSE+ (Fondo sociale europeo) della programmazione 2021-2027.
In particolare, viene soppresso il riferimento alla necessità di una preventiva deliberazione del CIPESS per autorizzare la Regione a beneficiare dell’utilizzo delle risorse del FSC 2021-2027 per tale finalità, quando questo avvenga nell'ambito degli accordi di cui al novellato articolo l, comma 178, lettera d), della legge n. 178 del 2020.
In particolate, il comma 5 in esame provvede a modificare il comma 1-ter, dell’articolo 23 del decreto-legge n. 152 del 2021, che reca la disposizione che consente alle Regioni, su propria richiesta, di utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027 ai fini del cofinanziamento regionale dei programmi finanziati dai fondi europei FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e FSE+ (Fondo sociale europeo) programmazione 2021-2027, allo scopo di ridurre nella misura massima di 15 punti la percentuale di tale cofinanziamento regionale, fissata, dalla legge di bilancio 2021, nella quota del 30 per cento.
La modifica introdotta dalla disposizione in esame è volta ad eliminare la necessità di una preventiva delibera CIPESS – adottata su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – per autorizzare le Regioni all’utilizzo del FSC 2021-2027 per tale finalità, prevedendosi solo la richiesta in tal senso della regione medesima nell’ambito dell’Accordo per la coesione da essa sottoscritto.
Si rammenta, infatti, che tra i contenuti dell’Accordo di coesione stipulato tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e ciascun Presidente di regione o di provincia autonoma, di cui al novellato comma 178, lettera d), dell’art. l della legge n. 178/2020, deve essere indicata l’entità delle risorse del FSC 2021-2027 eventualmente destinate al finanziamento della quota regionale di cofinanziamento dei programmi regionali e provinciali europei, ai sensi dell’articolo 1, comma 52, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), nei limiti previsti dall’articolo 23, comma 1-ter, del D.L. n. 152/2021.
I commi da 51 a 57 dell’articolo 1 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021), stabiliscono le modalità di copertura degli oneri del cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021/2027 a valere sulle risorse dei fondi strutturali a titolarità delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano (comma 52), a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato (comma 53) e dei c.d. “interventi complementari” (comma 54).
In particolare, il comma 52 stabilisce che per gli interventi attribuiti alla titolarità delle Regioni e delle Province Autonome (i c.d. Programmi operativi regionali – POR), il relativo cofinanziamento nazionale è coperto da risorse nazionali per il tramite il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (c.d. Fondo IGRUE) nella misura massima del 70 per cento degli importi previsti nei piani finanziari dei singoli programmi. La restante quota del 30 per cento è posta a carico ai bilanci delle Regioni e delle Province Autonome, nonché degli eventuali altri organismi pubblici partecipanti ai programmi.
Per effetto del comma 1-ter dell’art. 23 del D.L. n. 152/2021 – che viene qui modificato – la misura del cofinanziamento regionale dei programmi dei fondi europei della programmazione 2021-2027 a carico dei bilanci delle Regioni può, dunque, essere ridotta al massimo al 15 per cento, ponendo il restante 15 per cento massimo a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2021-2027.
La modifica normativa recata dal comma in esame lascia ferma la disposizione di cui al secondo periodo del comma 1-ter, secondo cui le risorse FSC assegnate ai fini del cofinanziamento regionale sono, tuttavia, portate in prededuzione dalla quota di risorse da assegnare ai “Piani di sviluppo e coesione (PSC) 2021-2027 delle medesime regioni interessate”.
In ragione del venir meno dei Piani di sviluppo e coesione, in virtù della sostituzione del comma 178 della legge n. 178 del 2020 da parte dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge in esame, si segnala l’opportunità di modificare anche il secondo periodo del comma 1-ter del decreto-legge n. 152 del 2021, inserendovi, ai fini dell’applicazione della norma ivi recata, il corretto riferimento agli Accordi per la coesione e non più ai Piani di sviluppo e coesione (PSC) 2021-2027.
Articolo 2
(Disposizioni per la realizzazione degli interventi ammessi a finanziamento a valere sulla disponibilità del
Fondo FSC 2021 – 2027)
L’articolo 2 reca la disciplina della procedura attraverso la quale il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) trasferisce le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027, ai fini della realizzazione dei nuovi Accordi per la coesione, alle Amministrazioni centrali o regionali o delle Province autonome assegnatarie di tali risorse.
Si disciplina, altresì, la procedura di monitoraggio del rispetto, da parte delle Amministrazioni assegnatarie, del cronoprogramma degli interventi definito nell’Accordo per la coesione, nonché degli obblighi in materia di alimentazione del Sistema nazionale di monitoraggio e di presentazione al Dipartimento per la coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri di una relazione almeno semestrale sullo stato di attuazione degli interventi.
Sono stabilite, infine, le conseguenze della mancata ottemperanza delle Amministrazioni assegnatarie a tali obblighi di alimentazione del Sistema di monitoraggio e di trasmissione della relazione semestrale sull’erogazione delle risorse FSC e sul definanziamento degli interventi e delle linee di azione previsti dagli Accordi per la coesione.
In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027, assegnate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) per la realizzazione degli accordi per la coesione di cui all’art. 1, comma 178, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, come modificato dall’articolo 1 del presente decreto-legge[5] – alla cui scheda di lettura si rinvia – sono trasferite, su richiesta dell’Amministrazione centrale o regionale o della Provincia autonoma assegnataria delle medesime risorse, e compatibilmente con le disponibilità di cassa, attraverso una procedura contabile articolata in tre tappe:
§ il riconoscimento di anticipazioni, nei limiti previsti dal successivo comma 2;
§ l’effettuazione di pagamenti intermedi;
§ il pagamento del saldo, da effettuarsi a seguito del completamento del programma degli interventi.
In casi particolari, peraltro, la delibera CIPESS di assegnazione delle suddette risorse FSC può stabilirne specifiche modalità di trasferimento, anche diverse da quelle definite dal comma in esame, nonché dai successivi commi 2 e 3.
La disciplina di tale procedura era precedentemente recata, con riguardo alla ripartizione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione del ciclo di programmazione 2014-2020, dalla delibera CIPESS 10 agosto 2016, n. 25. Si tratta della delibera che, con riguardo a tale ciclo di programmazione delle risorse FSC, ha individuato le aree tematiche nazionali e gli obiettivi strategici, in attuazione di quanto stabilito, a livello legislativo, dall’articolo 1, comma 703, lettere b) e c) della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), il quale demandava a una delibera dell’allora CIPE il compito di procedere alla ripartizione della dotazione finanziaria del FSC iscritta in bilancio tra le diverse aree tematiche nazionali.
Nell’ambito della predetta delibera, il punto 2 (Regole di funzionamento del Fondo per lo sviluppo e la coesione) dettava, alla lettera h) (Trasferimento delle risorse), la procedura di erogazione e trasferimento delle risorse FSC in favore delle Amministrazioni titolari degli interventi, da parte del MEF – RGS – IGRUE, sulla base delle richieste presentate dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale disciplina già prevedeva un’articolazione temporale dei trasferimenti di risorse in anticipazioni, pagamenti intermedi e saldi, disponendo che le prime fossero pari al 10 per cento dell’importo assegnato per singolo intervento; le seconde pari fino all’85 per cento, a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute dalle Amministrazioni; il saldo, infine, pari al 5 per cento di ciascun intervento, a seguito di domanda finale di pagamento inviata al Dipartimento per le politiche di coesione e corredata dall’attestato di chiusura dell’intervento
Il comma 2 prevede che, entro il primo semestre di ciascun anno finanziario (coincidente con l’anno solare), venga erogata dal CIPESS, per ciascun Accordo per la coesione stipulato ai sensi del citato comma 178 della legge n. 178 del 2020 come modificato dal presente decreto-legge, un’anticipazione pari fino al 10% del piano finanziario annuale indicato nell’Accordo medesimo. Tali anticipazioni possono essere erogate compatibilmente con le disponibilità annuali di cassa.
Il valore dell’anticipazione da erogare per l’attuazione del singolo Accordo per la coesione è determinato avendo riguardo al valore attribuito ai progetti finanziati con le predette risorse, come censiti nel Sistema nazionale di monitoraggio disciplinato dal successivo articolo 4 del decreto-legge in esame. Il valore dei progetti è decurtato, tuttavia, di un importo pari alle anticipazioni degli anni precedenti che non hanno dato luogo a pagamenti.
Per le Amministrazioni assegnatarie di tali risorse, si prevede espressamente che le suddette anticipazioni costituiscano trasferimenti di risorse vincolati alla realizzazione tempestiva dell’Accordo per la coesione per il quale sono state erogate.
Il successivo comma 3 prevede che ciascuna Amministrazione assegnataria delle risorse, in coerenza con le risultanze del Sistema nazionale di monitoraggio, presenta la domanda di rimborso delle spese sostenute, a titolo di pagamenti intermedi e di saldo, utilizzando l’apposita modulistica predisposta dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale modulistica è predisposta entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge[6].
In caso di erogazione dell’anticipazione, ai sensi del precedente comma 2, le Amministrazioni possono presentare la domanda di rimborso delle spese sostenute per l’attuazione degli interventi previsti dall’Accordo per la coesione esclusivamente laddove il valore di tali spese, come risultanti dal Sistema di monitoraggio – di cui al successivo articolo 4 del decreto-legge – non risulti inferiore alla metà dell’importo delle risorse complessivamente trasferite a titolo di anticipazione.
Il comma 4 dispone che il mancato rispetto del cronoprogramma di spesa annuale, quale risultante dal piano finanziario dell’Accordo per la coesione, previsto per l’attuazione dei relativi interventi e delle linee di azione ivi indicati, determina il definanziamento dell’Accordo medesimo, per un importo corrispondente alla differenza tra la spesa annuale preventivata, come indicata nel medesimo cronoprogramma, e i pagamenti effettuati, come risultanti dal Sistema nazionale di monitoraggio.
La norma aggiunge, altresì, che le risorse derivanti da tale definanziamento rientrano nella disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2021-2027, per essere nuovamente impiegate per le stesse finalità di cui all’art. 1, comma 178, della legge di bilancio 2021, come modificato dall’articolo 1 del presente decreto-legge, secondo criteri di premialità e nei limiti della ripartizione di cui al medesimo articolo 1, comma 178.
Il definanziamento è accertato e gli interventi e le linee di azione definanziati sono individuati, secondo quanto previsto dal comma 6, con delibera del CIPESS, adottata entro il 31 marzo di ciascun anno, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR.
L’accertamento dei definanziamenti contenuto nella predetta delibera annuale deve effettuarsi sulla base dell’istruttoria svolta dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri – la quale deve svolgersi nel rispetto delle previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (legge generale sul procedimento amministrativo) – nonché sulla base dei dati risultanti dal Sistema nazionale di monitoraggio di cui all’articolo 4 del presente decreto-legge e del contenuto delle relazioni semestrali trasmesse ai sensi del comma 5 dell’articolo in esame.
Il comma 5 prescrive a ciascuna Amministrazione assegnataria delle risorse FSC di assicurare la costante alimentazione del Sistema di monitoraggio di cui all’articolo 4, nonché l’invio al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, almeno ogni sei mesi, di una relazione relativa all’attuazione degli interventi e delle linee di azione indicate nell’Accordo per la coesione, evidenziando gli eventuali scostamenti rispetto a quanto previsto nel cronoprogramma ed esponendo le azioni poste in essere al fine di porre rimedio a tali scostamenti.
La norma prevede, inoltre, che il Dipartimento per le politiche di coesione predisponga e renda disponibile, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, la modulistica da utilizzare per l’elaborazione di tali relazioni periodiche, indicando le modalità attraverso le quali queste devono essere trasmesse dalle Amministrazioni assegnatarie di risorse FSC.
Il comma 7, infine, stabilisce che la mancata alimentazione, da parte delle Amministrazioni assegnatarie di risorse FSC, del Sistema di monitoraggio, ovvero il mancato invio della relazione periodica di cui al comma 4, determinano l’assegnazione, da parte del Dipartimento per le politiche di coesione, di un termine non superiore a 30 giorni, prorogabile una sola volta per non più di 15 giorni, per il compimento delle suddette attività.
In caso di inutile decorso di tale termine, il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR può proporre al CIPESS l’adozione della delibera di definanziamento dell’intervento o delle linee d’azione in relazione alle quali non siano stati inseriti i dati nel sistema di monitoraggio.
In caso di mancata trasmissione della relazione semestrale, la proposta di definanziamento può riguardare, tenuto conto dello stato di avanzamento dell’attuazione, anche tutti gli interventi e le linee di azione inseriti all’interno dell’Accordo per la coesione.
L’articolo 3 detta disposizioni volte a garantire, all’interno dei bilanci delle singole regioni, l’evidenza contabile delle risorse europee e nazionali relative alle politiche di coesione, destinate al finanziamento di interventi di titolarità delle Amministrazioni regionali.
L’articolo in esame stabilisce che, al fine di favorire il tracciamento puntuale del processo di erogazione delle risorse europee e nazionali relative alle politiche di coesione, destinate al finanziamento di interventi di titolarità delle Amministrazioni regionali, le regioni garantiscono l’evidenza contabile:
§ delle risorse europee e di cofinanziamento nazionale del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;
§ delle risorse per le programmazioni e gli interventi complementari;
§ delle risorse assegnate a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027.
Tale evidenza contabile deve essere garantita attraverso l’istituzione, all’interno del bilancio finanziario gestionale della singola regione, di appositi capitoli che, nel rispetto delle classificazioni economiche e funzionali, consentano l’individuazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento specifico.
Dalla Relazione illustrativa si evince come lo scopo dell’intervento normativo in oggetto sia, da un lato, di accelerare il processo di erogazione delle risorse europee e nazionali relative alle politiche di coesione destinate al finanziamento di interventi di titolarità delle Amministrazioni regionali; dall’altro, di ridurre i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni.
L’articolo 4 dispone che le Amministrazioni titolari di risorse nazionali e europee per la coesione del periodo 2021-2027 inseriscono nel sistema informatico ReGiS (predisposto per la gestione dei progetti PNRR) i dati anagrafici e di avanzamento finanziario, fisico e procedurale relativi ai progetti finanziati con le predette risorse, con l’inserimento dei codici CUP e CIG (comma 1).
In attesa della piena operatività del Dipartimento per le politiche di coesione all’interno del sistema ReGiS, le modalità tecniche per il monitoraggio degli interventi finanziati con le predette risorse saranno comunicate alle Amministrazioni titolari (comma 2).
Ai fini del trasferimento delle risorse finanziarie nazionali e del monitoraggio dei progetti si tiene conto esclusivamente dei dati risultanti dal sistema ReGiS (comma 3).
L’omessa o inesatta alimentazione del ReGiS da parte delle strutture preposte è valutata anche ai fini della corresponsione dell’indennità di risultato dei relativi dirigenti (comma 4).
Il comma 1 dispone che le Amministrazioni titolari di risorse nazionali ed europee per la coesione debbano rendere disponibili nel sistema ReGiS – la piattaforma informatica attraverso cui le amministrazioni pubbliche e i soggetti attuatori adempiono agli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo dei progetti finanziati dal PNRR – i dati anagrafici e di avanzamento finanziario, fisico e procedurale dei progetti finanziati con le predette risorse, identificati con il Codice Unico di Progetto (CUP) riportando, per tutte le procedure di gara con cui vengono attuati, il relativo Codice Identificativo Gara (CIG)[7].
Per individuare il sistema informatico ReGiS, la norma fa riferimento all’articolo 50, comma 18 del decreto-legge n. 13 del 2023, il quale, in tema di potenziamento delle politiche di coesione e per l'integrazione con il PNRR, dispone che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (ovvero entro il 26 maggio 2023), il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri stipuli un apposito accordo di collaborazione con il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, al fine di definire le modalità di utilizzazione del sistema informatico ReGiS, nonché di implementazione, estensione e sviluppo dello stesso per rafforzare e razionalizzare le attività di gestione, di monitoraggio, di rendicontazione e di controllo delle politiche di coesione. Per tali finalità, al Dipartimento per le politiche di coesione è assicurato l’accesso a tutte le informazioni e le funzionalità del sistema informatico di tale sistema.
Si ricorda che il decreto-legge n. 13 del 2023 ha previsto l’integrazione del monitoraggio delle politiche di coesione all’interno del sistema ReGiS. In particolare l’articolo 5 (citato dall’articolo 5 del decreto-legge in esame) ha disposto l’acquisizione di tutti i dati necessari per i controlli sulle attività finanziate nell’ambito dell’attuazione del PNRR, del PNC e nell’ambito delle politiche di coesione (europee e nazionali) con la trasmissione “ai sistemi informativi gestiti dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato” di tutti i dati idonei all’identificazione fiscale delle persone fisiche e giuridiche beneficiarie di finanziamenti, compresi i dati personali sensibili, ai rispettivi sistemi di monitoraggio.
Nel corso dell’audizione al Senato del 7 marzo 2023, in occasione della conversione del decreto-legge n. 13 del 2023, il Ministro Giorgetti ha affermato che “il sistema ReGiS è già inter-operabile con le principali banche dati nazionali, e si è affiancato a quelle già operanti nel nostro sistema come il Monitoraggio delle Opere Pubbliche (MOP) e la Banca Dati Unitaria sui fondi strutturali (BDU). Nel medio periodo l’intendimento del Governo è di giungere a un’unica infrastruttura informatica al fine di garantire il rispetto del principio di unicità dell’invio dei dati, tenendo conto delle peculiarità del sistema ReGiS che, grazie alla sua architettura modulare, è disegnato in linea con i processi amministrativi di programmazione, attuazione, gestione contabile, rendicontazione e controllo”.
Il comma 2 prevede che, nelle more della definizione dell’accordo di collaborazione previsto dall’articolo 50, comma 18, del decreto-legge n. 13 del 2023, saranno comunicate alle Amministrazioni titolari di risorse nazionali ovvero europee per la coesione le modalità tecniche per il monitoraggio degli interventi di cui al comma 1.
Il comma 3 dispone che ai fini del trasferimento delle risorse finanziarie nazionali alle Amministrazioni beneficiarie, del monitoraggio dell’avanzamento finanziario, fisico e procedurale di ciascun progetto o intervento, si tiene conto esclusivamente dei dati risultanti dal sistema informatico ReGiS, di cui al comma 1.
Il comma 4 prevede inoltre che, fermo quanto previsto dai commi 2 e 3, l’omessa, l’inesatta ovvero l’incompleta alimentazione del sistema informatico ReGiS da parte delle strutture preposte all’inserimento dei dati, è sempre valutata anche ai fini della corresponsione dell’indennità di risultato dei dirigenti di dette strutture.
Si evidenzia, infine, che la rubrica dell’articolo richiama, oltre al monitoraggio dell’utilizzazione delle risorse in materia di politiche di coesione, il “Sistema nazionale di monitoraggio”. Peraltro la disposizione fa riferimento unicamente al sistema informatico ReGiS.
Si ricorda che il Sistema Nazionale di Monitoraggio (SNM), gestito dall’Ispettorato Generale per i Rapporti finanziari con l’Unione Europea (IGRUE) nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (ai sensi dell’art. 1, comma 245 della legge n. 147 del 2013), rappresenta a livello nazionale la fonte dati di riferimento per le elaborazioni richieste nei diversi rapporti e documenti ufficiali sullo stato di avanzamento dei Programmi operativi nei confronti della Commissione europea, come previsto nell’Accordo di Partenariato 2014-2020.
All’interno del Sistema Nazionale di Monitoraggio è presente una Banca Dati Unitaria alimentata a livello di singolo progetto dai Sistemi informativi locali di tutte le Amministrazioni titolari di Piani o Programmi finanziati da risorse della coesione sulla base di regole e standard condivisi. Al fine di garantire una maggiore qualità e completezza delle informazioni, il patrimonio informativo presente nel SNM viene ulteriormente integrato mediante l’interoperabilità con Banche dati esterne tra cui: Banca dati della Pubblica Amministrazione (BDAP), Banca dati dell’Agenzia Nazionale per l’Anticorruzione (ANAC), Anagrafe Tributaria e Banca dati del Codice Unico di Progetto (Anagrafe dei Progetti del Sistema CUP) gestita dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Articolo 5
(Pubblicità dei dati relativi all’utilizzazione delle risorse in materia di politiche di coesione)
L’articolo 5 dispone la pubblicazione sul portale OpenCoesione dei documenti di programmazione delle risorse nazionali per la coesione e dei relativi dati di attuazione in formato aperto. Sullo stesso portale sono pubblicati inoltre i dati anagrafici e di avanzamento finanziario, fisico e procedurale dei progetti presenti nel ReGiS.
La norma prevede, in particolare, che i documenti di programmazione delle risorse nazionali per la coesione, nonché i relativi dati in formato di tipo aperto, sono pubblicati, congiuntamente agli analoghi dati per i Programmi cofinanziati dalle risorse europee per la coesione ai sensi dei Regolamenti vigenti, sul portale web unico nazionale per la trasparenza delle politiche di coesione OpenCoesione (www.opencoesione.gov.it) gestito dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il portale OpenCoesione, a cura del Dipartimento per le politiche di coesione, pubblica dal 2012 i dati e le informazioni sugli interventi finanziati con le risorse per la coesione nazionali ed europee. Sul portale sono disponibili dati su programmazione e attuazione delle politiche di coesione a partire dal ciclo 2000-2006 limitatamente ai programmi FSC a titolarità regionale e dal ciclo 2007-2013 per quanto riguarda tutti i programmi nazionali ed europei, aggiornati con cadenza bimestrale. La fonte dei dati sui progetti in attuazione è il Sistema Nazionale di Monitoraggio gestito dalla Ragioneria generale dello Stato (IGRUE). Per ciascun progetto in attuazione vengono pubblicate in formato open data informazioni di tipo anagrafico, finanziario, procedurale e fisico oltre a dettagli sui principali soggetti coinvolti nella realizzazione dei progetti.
Il progetto OpenCoesione è stato realizzato in attuazione delle normative europee e nazionali in materia di trasparenza e dati aperti, oltre che nel rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali. In particolare si ricorda che il Regolamento (UE) n. 1060/2021 (regolamento generale sui Fondi Strutturali 2021-2027) richiede agli Stati Membri di prevedere un portale web unico che offra l’accesso ai dati sui programmi cofinanziati (art. 46). Il Regolamento (CE) n. 1303/2013 (regolamento generale sui Fondi Strutturali 2014-2020) richiede agli Stati Membri, anche attraverso un portale web unico, di pubblicare le informazioni sui beneficiari in formato aperto (con licenza di riuso e metadati) ed elenca il livello minimo di informazioni da pubblicare (Annex XII) con maggiori dettagli rispetto al 2007-2013 (art. 115). A livello nazionale il Decreto Legislativo n. 82 del 2005 (c.d. “Codice dell’Amministrazione Digitale”) prescrive che i dati e i documenti della pubblica amministrazione siano accessibili, anche per incentivare la loro valorizzazione. Il Decreto Legislativo n. 33 del 2013 (c.d. “Decreto Trasparenza”) declina il principio di trasparenza come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.
La norma richiama inoltre quanto già previsto dall’articolo 5 del decreto- legge n. 13 del 2023, disponendo la pubblicazione sul portale OpenCoesione dei dati anagrafici e di avanzamento finanziario, fisico e procedurale dei progetti presenti nei sistemi informatici di cui all’articolo 4 del decreto-legge in esame, vale a dire quelli della piattaforma ReGiS.
Al riguardo si evidenzia che la norma fa riferimento ai “sistemi informatici di cui all’articolo 4”. La relazione illustrativa del Governo, all’articolo 5, richiama invece, oltre al ReGiS, anche il Sistema nazionale di monitoraggio.
L’articolo 5 del decreto-legge n. 13 del 2023 dispone l’acquisizione di tutti i dati necessari per i controlli sulle attività finanziate nell’ambito dell’attuazione del PNRR, del PNC e nell’ambito delle politiche di coesione (europee e nazionali). In particolare si prevede la necessaria trasmissione di tutti i dati idonei all’identificazione fiscale delle persone fisiche e giuridiche beneficiarie di finanziamenti, compresi i dati personali sensibili, ai rispettivi sistemi di monitoraggio. Tali dati possono essere utilizzati dalla Ragioneria generale e dalle amministrazioni centrali responsabili del coordinamento delle politiche e dei singoli fondi, nonché dagli organismi di controllo nazionali ed europei, nell’ambito delle rispettive competenze, per attività finalizzate a controllo, ispezione, valutazione, monitoraggio, ivi comprese le attività di incrocio e raffronto con i dati detenuti da altre pubbliche amministrazioni.
I dati sono pubblicati, nel rispetto della normativa a tutela della riservatezza, nel sistema ReGiS e sul portale OpenCoesione. Per le procedure superiori a cinquemila euro è richiesta l’acquisizione di un codice identificativo di gara (CIG) ordinario, anche ai fini del trasferimento delle risorse relative agli interventi rientranti nel PNRR e nel PNC. A decorrere dal 1° giugno 2023, le fatture elettroniche relative a beni o servizi acquisiti grazie a un incentivo finanziato con risorse pubbliche devono riportare il Codice unico di progetto (CUP), codice obbligatorio per tutti i progetti d’investimento pubblico e già presente nel tracciato della fattura elettronica. I dati delle fatture elettroniche oggetto del presente articolo confluiscono nella banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), allo scopo di assicurare e semplificare il monitoraggio della spesa pubblica e valutarne l’efficacia.
In particolare, come anticipato, il comma 3, lett. b), dell’articolo 5 del decreto-legge n. 13 del 2023 già dispone la pubblicazione sul portale OpenCoesione dei dati del codice fiscale, della partita IVA e con eventuali altri dati personali, necessari per l'identificazione fiscale dei soggetti destinatari o aggiudicatari o degli altri soggetti che, a qualsiasi titolo, ricevano benefici economici provenienti dal PNRR, dalle politiche di coesione, dal PNC e dalle politiche di investimento nazionali.
Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio per il 2021, nell’ambito delle modalità di copertura degli oneri per il cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021/2027, ha previsto lo sviluppo da parte della Ragioneria generale dello Stato (Ispettorato generale per l’informatica e l’innovazione tecnologica - IGIT) di un apposito sistema informatico per il supporto nelle fasi di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei programmi ed interventi cofinanziati (legge n. 178 del 2020, articolo 1, comma 56).
Si ricorda, infine, che il monitoraggio dei “Piani sviluppo e coesione” relativi ai vari cicli di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione -FSC (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020), riclassificati ai sensi dell’art. 44 del decreto-legge n. 34 del 2019, sono monitorati dalle Amministrazioni titolari sul proprio sistema gestionale; i dati di avanzamento finanziario, fisico e procedurale sono quindi riversati, con cadenza bimestrale, nella Banca Dati Unitaria gestita dall’IGRUE (RGS). Anche in questo caso gli interventi, pena esclusione dal finanziamento, sono identificati con il Codice Unico di Progetto (CUP) (art. 44, comma 5, del D.L. n. 39 del 2019).
L’ultimo periodo dell’articolo 5 dispone che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione dell’articolo in esame nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Articolo 6
(Contratti istituzionali di sviluppo)
L’articolo 6, al comma 1, interviene sulla disciplina dei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS), con due disposizioni volte:
- a limitare la stipulazione dei CIS esclusivamente per la realizzazione di interventi finanziati a carico delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione di valore complessivo non inferiore a 200 milioni di euro e di valore unitario non inferiore alle soglie di rilevanza europea, indicate nel nuovo codice dei contratti pubblici (prevedendo, altresì, una deroga per gli interventi complementari a quelli principali contenuti nel CIS);
- a riformulare la normativa sui poteri sostitutivi in capo al Governo in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi.
Viene inoltre modificata la normativa sulla definizione dei cronoprogrammi procedurali e finanziari ricompresi nei CIS, estendendola a tutti gli interventi ricompresi nei CIS medesimi e non più solo a quelli infrastrutturali (comma 2).
L’articolo modifica, a tal fine, due commi dell’articolo 6 del D. Lgs. n. 88 del 2011, che reca disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali.
In particolare, la lettera a) del comma 1 integra il comma 1 dell’art. 6 del decreto-legge n. 88 del 2011, stabilendo che la stipulazione di contratti istituzionali di sviluppo è ammessa esclusivamente per la realizzazione di interventi finanziati a carico delle risorse del Fondo sviluppo e coesione di valore complessivo non inferiore a 200 milioni di euro e di valore unitario non inferiore alle soglie di cui all’articolo 14 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).
In deroga a tali previsioni, i Contratti istituzionali di sviluppo possono prevedere la realizzazione di interventi di valore inferiore alle suddette soglie di rilevanza europea qualora si tratti di interventi complementari ad interventi principali di valore unitario superiore alle citate soglie.
Si ricorda che l’art. 14 del Codice dei contratti pubblici definisce i valori sopra soglia come “pari o superiore alle soglie”.
Pertanto, la formulazione della norma in esame sembrerebbe escludere la predetta deroga per gli interventi complementari ad interventi principali di valore “pari” alle soglie di rilevanza europea.
Le soglie di rilevanza europea indicate dall’art. 14 del Codice dei contratti pubblici sono le seguenti:
a) euro 5.382.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
b) euro 140.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle stazioni appaltanti che sono autorità governative centrali come la Presidenza del Consiglio, i ministeri pubblici e la Consip (indicate nell'allegato I alla direttiva 2014/24/UE;
c) euro 215.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da stazioni appaltanti sub-centrali, cioè tutte le pubbliche amministrazioni diverse dalle citate amministrazioni centrali;
d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e assimilati (elencati all'allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE).
Nei settori speciali le soglie di rilevanza europea sono:
a) euro 5.382.000 per gli appalti di lavori;
b) euro 431.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione;
c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e assimilati.
La lettera b) del comma 1 sostituisce il comma 6 dell’articolo 6 del D. Lgs. n. 88 del 2011 che riguarda i poteri sostitutivi in capo al Governo in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi individuati ai sensi del decreto legislativo n. 88/2011 – vale a dire tutti gli interventi per la coesione finanziati con risorse aggiuntive – anche con riferimento al mancato rispetto delle scadenze del cronoprogramma e, comunque, ove si renda necessario al fine di evitare il disimpegno automatico dei fondi erogati dall'Unione europea.
La novella interviene a sostituire la disciplina ivi indicata, che richiamava l’articolo 120 della Costituzione e l’applicazione dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), con la disciplina introdotta dall’articolo 12 del D.L. n. 77 del 2021, prevista con riferimento ai casi di inadempienza di un soggetto attuatore di progetti o interventi del PNRR ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR.
La procedura di attivazione del potere sostitutivo prevista dal D.L. n. 77/2021 prevede che il Presidente del Consiglio, su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegni inizialmente al soggetto attuatore interessato un termine per provvedere all’attuazione non superiore a quindici giorni; in caso di perdurante inerzia, il Consiglio dei ministri individua il soggetto cui attribuire, in via sostitutiva, il potere di provvedere ad adottare gli atti o provvedimenti necessari o all’esecuzione dei progetti, anche avvalendosi di società a controllo o a partecipazione pubblica anche quotate, in house o di altre amministrazioni specificamente indicate.
In ogni caso, condizione per esercitare il potere sostitutivo è che sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del piano.
Si rammenta che il testo previgente (art. 6, co. 6, D.Lgs. n. 88/2011) prevedeva che il Governo, al fine di assicurare la competitività, la coesione e l'unità economica del Paese, esercitasse il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 120, comma secondo, della Costituzione secondo le modalità procedurali individuate dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dagli articoli 5 e 11 della legge n. 400 del 1988 e dalle vigenti disposizioni in materia di interventi sostitutivi finalizzati all'esecuzione di opere e di investimenti nel caso di inadempienza di amministrazioni statali ovvero di quanto previsto dai contratti istituzionali di sviluppo e dalle concessioni nel caso di inadempienza dei concessionari di servizi pubblici, anche attraverso la nomina di un commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il quale cura tutte le attività di competenza delle amministrazioni pubbliche occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi programmati, nel limite delle risorse allo scopo finalizzate.
Il richiamato art. 12 del D.L. n. 77/2021, successivamente modificato dal D.L. n. 13/2023, disciplina le modalità di attivazione ed esercizio dei poteri sostitutivi in caso di mancato rispetto da parte delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province o dei Comuni, ambiti territoriali sociali degli obblighi e impegni finalizzati all'attuazione del PNRR. Nel caso in cui sia a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente, assegna al soggetto attuatore interessato un termine non superiore a 15 giorni per provvedere. In caso di perdurante inerzia, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro, sentito il soggetto attuatore, il Consiglio dei ministri individua l'amministrazione, l'ente, l'organo o l'ufficio, o i commissari ad acta, ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari, oppure di provvedere all'esecuzione ai progetti.
Il soggetto individuato, per esercitare i poteri sostitutivi, può avvalersi delle società a partecipazione pubblica elencate all’articolo 2 del d.lgs. n. 175 del 2016, vale a dire le società a controllo pubblico, le società a partecipazione pubblica (anche quotate), le società in house.
Nel caso in cui l'inadempimento, il ritardo, l'inerzia o la difformità sia ascrivibile a un soggetto attuatore diverso dagli enti territoriali, all'assegnazione del termine non superiore a quindici giorni e al successivo esercizio del potere sostitutivo provvede direttamente il Ministro competente. Ove questo non provveda, interviene il Consiglio dei ministri con le modalità giù viste.
Il comma 5 dell’articolo 12, del D.L. n. 77/2021, prevede che ove “strettamente indispensabile per garantire il rispetto del cronoprogramma del progetto” il soggetto cui sono conferiti i poteri sostitutivi provvede all’adozione dei relativi atti mediante ordinanza motivata che può essere adottata in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, del codice delle leggi antimafia e degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.
La norma specifica, al riguardo, che in caso l’ordinanza sia adottata in deroga a disposizioni concernenti la legislazione regionale, essa deve essere adottata previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni; in caso, invece, che l’ordinanza sia adottata in deroga a disposizioni concernenti la tutela della salute, della sicurezza e della incolumità pubblica, dell’ambiente e del patrimonio culturale, essa deve essere adottata previa autorizzazione della Cabina di regia PNRR, tranne ove tale deroga sia stata già autorizzata dal Consiglio dei ministri in sede di nomina dei soggetti incaricati di sostituire il soggetto inadempiente.
Tali ordinanze sono comunicate alla struttura di missione Unità per la per la razionalizzazione e il miglioramento dell’efficacia della regolazione (istituita dall’articolo 5 del medesimo D.L. 77/2023), sono immediatamente efficaci e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
Nel caso di esercizio dei poteri sostitutivi relativi ad interventi di tipo edilizio o infrastrutturale si applicano alcune le disposizioni di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, terzo periodo, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. decreto sblocca-cantieri) relative ai poteri dei Commissari straordinari ivi previsti.
Va sottolineato che il medesimo decreto-legge n. 77 del 2021, al successivo articolo 14, comma 1, ha già previsto l’estensione ai Contratti Istituzionali di Sviluppo di cui all'art. 6 del D. Lgs. n. 88 del 2021 (nonché agli investimenti contenuti nel Piano Nazionale Complementare) delle misure e delle procedure di accelerazione e di semplificazione previste dal medesimo decreto-legge n. 77 per gli interventi del PNRR.
L’estensione riguarda esplicitamente anche l’applicazione delle disposizioni relative al rafforzamento della capacità amministrativa nonché al meccanismo di superamento del dissenso e ai poteri sostitutivi, di cui agli articoli 11, 12 e 13 del decreto-legge n. 77 del 2021.
Con la novella in esame, sembrerebbe quindi estendersi la procedura di attivazione del potere sostitutivo, come disciplinata dall’articolo 12 del decreto-legge n. 77 del 2021, a tutti gli interventi per la coesione, individuati dal D.Lgs. n. 88/2011[8], ai sensi del medesimo comma 6 qui novellato.
Il comma 2 dell’articolo in esame, modificando il comma 7-ter dell’art. 44 del D.L. n. 34/2019, con la soppressione della parola “infrastrutturali”, dispone che con la delibera del CIPESS ivi prevista[9] si provveda a definire i cronoprogrammi procedurali e finanziari relativi a tutti gli interventi (e non più soltanto per quelli infrastrutturali) ricompresi nei Contratti Istituzionali di Sviluppo e in quelli sottoposti a commissariamento governativo, rientranti nei Piani sviluppo e coesione 2014-2020, per i quali non si applica il termine di cui al comma 7, lettera b), cioè il termine del 31 dicembre 2022 per l’adozione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV).
Il mancato rispetto dei termini per l'assunzione delle OGV determina, si ricorda, il definanziamento degli interventi.
In sostanza, il citato comma 7-ter come novellato consente anche agli interventi di carattere non infrastrutturale rientranti nei CIS e in quelli sottoposti a commissariamento governativo, finanziati dal FSC 2014-2020, di non incorrere nella procedura di definanziamento, attraverso la definizione dei cronoprogrammi procedurali e finanziari.
In base alla disciplina generale recata dalla delibera CIPE 10 agosto 2016, n. 25[10], punto 2, lettera e), la mancata assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti nei termini previsti comporta la revoca delle risorse assegnate ai relativi interventi. Le somme recuperate in conseguenza delle revoche sono annualmente riprogrammate dalla Cabina di regia nel rispetto delle destinazioni per area tematica e per macro area territoriale.
I termini per l’assunzione delle OGV a valere sulle risorse del FSC 2014-2020 sono stati fissati al 31 dicembre 2022 dall’articolo 44, comma 7, lett. b), del D.L. n. 34/2019, come modificato dal D.L. n. 52/2021.
Il termine per l'assunzione delle OGV è stato esteso fino al 30 giugno 2023 (dall'art. 56 del D.L. n. 50/2022, attraverso l'inserimento del comma 7-bis nell'art. 44 del D.L. n. 34/2019) soltanto per gli interventi infrastrutturali aventi valore finanziario superiore a 25 milioni di euro per i quali (pur risultando la mancanza di OGV a giugno 2022) fosse intervenuta, entro il 30 novembre 2022, una delibera del CIPESS, volta a definirne il cronoprogramma finanziario e procedurale, con la fissazione di obiettivi iniziali, intermedi e finali e termini temporali di conseguimento, al fine ad evitare il definanziamento dell'intervento.
Con la medesima delibera sarebbero stati altresì individuati i cronoprogrammi relativi agli interventi (infrastrutturali) ricompresi nei CIS e negli interventi sottoposti a commissariamento, per i quali non si applica il termine del 31 dicembre 20222 per le OGV.
Si segnala che il CIPESS ha già effettuato la ricognizione degli interventi di cui ai commi 7-bis e 7-ter dell’art. 44 del D.L. n. 34/2019 con delibera 27 dicembre 2022, n. 48, la quale riporta i seguenti allegati:
§ allegato A1: interventi infrastrutturali, privi al 30 giugno 2022 dell'OGV, aventi valore finanziario superiore a 200 milioni di euro, corredati dei relativi obiettivi iniziali, intermedi e finali;
§ allegato A2: interventi infrastrutturali, privi al 30 giugno 2022 dell'OGV, aventi valore finanziario superiore a 25 milioni di euro e inferiore a 200 milioni di euro, corredati dei relativi obiettivi iniziali, intermedi e finali;
§ allegato B: interventi privi di OGV sottoposti a commissariamento governativo;
§ allegato C: interventi infrastrutturali privi di OGV inclusi nei CIS.
Si sottolinea, peraltro, che per gli interventi individuati negli Allegati B e C non viene riportato alcun cronoprogramma procedurale e finanziario.
Riguardo ai CIS, si ricorda, inoltre, per completezza, che la lettera g) del comma 178 (art. 1, legge n. 178/2020) - come modificato dall’articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame - prevede che il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR possa individuare i casi nei quali, per gli interventi, finanziati con le risorse del Fondo, di valore complessivo non inferiore a quello previsto dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 88 del 2011 (come modificato dal presente articolo) ovvero per gli interventi di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali, si debba procedere alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo ai sensi e per gli effetti di cui al citato articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 2011 e all'articolo 9-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (cfr.).
Il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS), disciplinato dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011, costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l'utilizzo dei fondi strutturali europei sia per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
In particolare, i CIS sono finalizzati all'accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturali, funzionali alla coesione territoriale e ad uno sviluppo equilibrato del Paese. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti.
Il contratto istituzionale di sviluppo viene stipulato dal Ministro per la coesione, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti. Le Amministrazioni responsabili degli interventi possano avvalersi dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. per tutte le attività economiche, finanziarie e tecniche, nonché in qualità di Centrale di committenza, ad esclusione di quanto demandato all'attuazione da parte dei concessionari di servizi pubblici.
Spetta al il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR la competenza ad individuare i casi nei quali, per gli interventi di notevole complessità o per interventi di sviluppo integrati relativi a particolari ambiti territoriali finanziati con le risorse del Fondo sviluppo e coesione, si debba procedere alla sottoscrizione del contratto istituzionale di sviluppo.
Per quanto riguarda interventi infrastrutturali sono attualmente operativi i Contratti istituzionali di sviluppo relativi alle seguenti opere ferroviarie: CIS Napoli-Bari-Lecce/Taranto; CIS Messina-Catania-Palermo; CIS Salerno-Reggio Calabria, nonché il CIS per l'adeguamento della strada statale Sassari-Olbia.
Ad essi si aggiungono i CIS riferiti ad uno specifico territorio: CIS Taranto, CIS Capitanata (Foggia), CIS Molise, CIS Matera, e più recentemente, CIS per i Comuni del Cratere sismico del 2016 (14 settembre 2021), CIS Terra dei Fuochi (27 gennaio 2022), CIS per l'area Vesuvio-Pompei-Napoli (17 maggio 2022), CIS regione Calabria (21 giugno 2022), CIS Brindisi-Lecce-Costa Adriatica (28 giugno 2022), il CIS Roma (6 luglio 2022), CIS Volare - Aeroporti di Calabria (3 ottobre 2022).
Sono stati inoltre avviate le procedure per il CIS "la Grande Salerno" e per il CIS nazionale "Acqua Bene Comune”.
Vanno infine aggiunti i CIS ricompresi nell’ambito del Piano Sviluppo e Coesione “Cultura” dedicati alla rigenerazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale che si trova nei centri storici delle città di Cosenza, Napoli e Palermo, nonché il CIS Ventotene (recupero ex carcere borbonico), il cui Tavolo interistituzionale è presieduto dal Ministero della Cultura.
Articolo 7
(Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne)
L’articolo 7 prevede l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne, presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, con funzioni di indirizzo e di coordinamento per la promozione e lo sviluppo delle aree interne del Paese.
La Cabina di regia approva il «Piano strategico nazionale delle aree interne» (PSNAI), che individua gli ambiti di intervento e le priorità strategiche - con particolare riguardo ai settori dell’istruzione, della mobilità e dei servizi socio–sanitari - cui destinare le risorse del bilancio dello Stato già stanziate e disponibili allo scopo. Ad essa compete altresì il monitoraggio in ordine all’utilizzazione delle risorse finanziarie.
All’attuazione degli interventi individuati nelle strategie territoriali delle singole aree interne si provvede mediante la sottoscrizione di accordi di programma-quadro.
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede l’istituzione di una Cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il compito di assicurare l'efficacia e la sostenibilità nel tempo della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, in coerenza con l'Accordo di partenariato per l'utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all'Italia per il ciclo di programmazione 2021-2027.
La Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020, sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR) sia da risorse nazionali. Con l'Accordo di partenariato 2014-2020, la SNAI è stata adottata in forma sperimentale per contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, e rilanciare lo sviluppo e i servizi nelle aree più lontane dei principali centri urbani, al fine di creare nuove possibilità di reddito e di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari.
Si definiscono "interne", infatti, quelle aree caratterizzate da una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi (Salute, Scuola, Mobilità), ma anche da una disponibilità elevata di importanti risorse ambientali (idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere). Nel breve periodo, la Strategia ha il duplice obiettivo di adeguare la quantità e la qualità dei servizi di Salute, Scuola e Mobilità (cosiddetti servizi di cittadinanza), e di promuovere progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e culturale di queste aree, puntando anche su filiere produttive locali (mercato). Nel lungo periodo, l'obiettivo della Strategia nazionale per le aree interne è quello di invertire le attuali tendenze demografiche delle aree interne del Paese.
Per la Strategia nazionale per le aree interne sono state stanziate risorse nazionali a partire dall'esercizio 2014 (art. 1, co. 13-17, legge n. 147/2013) per complessivi 591,2 milioni fino al 2023 a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5, legge n. 187/1983, c.d. Fondo IGRUE).
Gli indirizzi operativi della SNAI 2014-2020 sono stati definiti dal CIPE con la delibera 28 gennaio 2015, n. 9. La struttura di governance è stata individuata attraverso la costituzione di un apposito "Comitato tecnico aree interne" (CTAI), previsto dall'Accordo di Partenariato, coordinato dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, con competenze sui processi di selezione delle aree, sulla definizione delle strategie d'area e sulla verifica del rispetto dei cronoprogrammi.
La procedura per il finanziamento dei singoli progetti sul territorio si articola attualmente in tre fasi principali:
§ selezione delle aree, attraverso una procedura di istruttoria pubblica, svolta congiuntamente da tutte le Amministrazioni centrali presenti all'interno del Comitato Tecnico Aree Interne e dalla Regione/Provincia autonoma interessata;
§ approvazione della Strategia d'area da parte del Dipartimento per le Politiche di Coesione attraverso il Comitato;
§ sottoscrizione dell'Accordo di Programma Quadro (APQ), attraverso cui le Amministrazioni Centrali, le Regioni e i territori assumono gli impegni per l'attuazione degli obiettivi definiti nelle Strategie d'area.
La SNAI trova continuità nella programmazione 2021-2027, in base a quanto indicato nell'Accordo di Partenariato per l'Italia, adottato con Decisione di esecuzione della Commissione C(2022) 4787 del 15 luglio 2022, che conferma la SNAI all'interno delle più complessive strategie territoriali collegate prevalentemente all'Obiettivo strategico di policy 5 “Un'Europa più vicina ai cittadini”.
Gli indirizzi operativi della SNAI 2021-2027 sono stati definiti con la delibera CIPESS 2 agosto 2022, n. 41 (per ulteriori approfondimenti, si rinvia al box in fondo alla scheda).
L’istituenda Cabina di regia è presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR ed è composta dai Ministri:
- delle infrastrutture e dei trasporti;
- dell'ambiente e della sicurezza energetica;
- delle imprese e del made in Italy;
- dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;
- dell’interno;
- della cultura;
- del turismo;
- dell’istruzione e del merito;
- dell’università e della ricerca;
- della salute;
- per gli affari regionali e le autonomie;
- per la protezione civile e le politiche del mare;
- per le disabilità;
- dell'economia e delle finanze;
- per lo sport e i giovani.
Partecipano alla sua composizione anche il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il presidente dell’Unione delle province italiane (UPI), dal presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni italiani (ANCI) e dal presidente dell’Unione Nazionale Comuni, Comunità, Enti Montani (UNCEM).
Alle sedute della Cabina di regia possono inoltre essere invitati, in ragione della tematica affrontata, i Ministri interessati.
Il comma 2 definisce le competenze della Cabina di regia, la quale:
a) esercita funzioni di indirizzo e di coordinamento per la promozione e lo sviluppo delle aree interne del Paese;
b) approva il “Piano strategico nazionale”, di cui al successivo comma 3;
c) approva, in coerenza con il suddetto Piano strategico nazionale, le strategie territoriali delle singole aree interne, le quali recano l’indicazione delle scelte strategiche e delle direttrici di intervento, a valere sia sulle risorse europee o regionali sia su quelle nazionali, nonché l’elenco e la descrizione delle operazioni da finanziare su dette risorse, complete di cronoprogrammi e soggetti attuatori.
Negli indirizzi operativi della SNAI 2021-2027 definiti con delibera CIPESS 2 agosto 2022, n. 41, il compito di adottare le strategie d’area è assegnato al Dipartimento per le politiche di coesione, per il tramite del Comitato tecnico aree interne;
d) monitora lo stato di attuazione degli interventi finanziati con le risorse nazionali ed europee destinate alle aree interne, anche sulla base dei dati ricavabili dai sistemi informativi del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Si rammenta che il monitoraggio delle politiche di coesione è assicurato dal Sistema Nazionale di Monitoraggio (SNM) gestito dall'Ispettorato Generale per i Rapporti con l’Unione Europea della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF-RGS-IGRUE)[11]. Il SNM è alimentato a livello di singolo progetto dai Sistemi Informativi Locali di tutte le Amministrazioni titolari di Piani o Programmi finanziati da risorse della coesione sulla base di regole e standard condivisi, i quali trasferiscono le informazioni di carattere finanziario, di avanzamento procedurale e di raggiungimento degli obiettivi rispetto ai target previsti relativamente agli interventi di propria competenza.
Il Sistema Nazionale di Monitoraggio, che vede al suo centro una Banca Dati Unitaria (BDU), rappresenta a livello nazionale, come previsto nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, la fonte dati di riferimento per le elaborazioni richieste nei diversi rapporti e documenti ufficiali sullo stato di avanzamento dei Programmi operativi nei confronti della Commissione europea, nonché la banca dati di riferimento a supporto delle attività di analisi, verifica e di comunicazione svolta da diversi organismi istituzionali. Il patrimonio informativo del SNM viene inoltre arricchito grazie all’interoperabilità con Banche dati esterne tra cui: Banca dati della Pubblica Amministrazione (BDAP), Banca dati dell’Agenzia Nazionale per l’Anticorruzione (ANAC), Anagrafe Tributaria e Banca dati del Codice Unico di Progetto (Anagrafe dei Progetti del Sistema CUP) gestita dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
e) promuove il coordinamento tra i diversi livelli di governo, gli enti pubblici nazionali e territoriali e ogni altro soggetto pubblico e privato competente, anche fornendo misure di accompagnamento ai soggetti attuatori per la risoluzione di eventuali criticità;
f) svolge attività di coordinamento e monitoraggio in ordine alla corretta, efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili per lo sviluppo delle aree interne, anche attraverso la corretta alimentazione delle banche dati esistenti.
Riguardo al monitoraggio, negli indirizzi operativi della SNAI 2021-2027 definiti con la delibera CIPESS 2 agosto 2022, n. 41, al punto 5.1, si prevede che siano le amministrazioni regionali ad assicurare “il monitoraggio dei progetti delle strategie tramite l'appropriata alimentazione della Banca dati unitaria del Sistema nazionale di monitoraggio delle politiche di coesione (SNM) presso il Ministero dell'economia e delle finanze-IGRUE”. Il punto 5.2 prevede inoltre che, “in linea con quanto disposto dall'art. 1, comma 17, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, l'Agenzia per la coesione territoriale, d'intesa con il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile sui risultati raggiunti, sulla base di una relazione annuale del Comitato tecnico aree interne da presentare entro il 30 settembre di ciascun anno”.
Ai sensi del comma 3, la neoistituita Cabina di regia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame approva un documento programmatico, denominato «Piano strategico nazionale delle aree interne» (PSNAI), nel quale sono individuati gli ambiti di intervento e le priorità strategiche cui destinare le risorse del bilancio dello Stato disponibili per le aree interne, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione, della mobilità e dei servizi socio–sanitari, tenendo conto delle previsioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e delle risorse europee destinate alle politiche di coesione.
La definizione delle modalità operative del Piano strategico nazionale è rinviata ad una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), adottata su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, sentita la Cabina di regia.
Il PNRR nell'ambito della Missione 5, Componente 3 (Interventi speciali di coesione territoriale) prevede il rafforzamento della Strategia Nazionale per le Aree Interne attraverso misure a supporto dei livelli e della qualità dei servizi scolastici, sanitari e sociali, con un finanziamento complessivo di 825 milioni (sovvenzioni). L'investimento per le aree interne si articola in due sub-investimenti: “Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità” (725 milioni), che mira ad agevolare la soluzione di problemi legati all'esclusione e alla marginalità sociali, e “Servizi sanitari di prossimità territoriale” (100 milioni), che mira a consolidare le farmacie rurali convenzionate rendendole strutture in grado di erogare servizi sanitari territoriali nei centri delle aree interne con meno di 3.000 abitanti.
Riguardo al sub-investimento “Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità” (M5C3 I.1.1), che impegna 725 milioni di risorse europee, si ricorda che la proposta di riprogrammazione del PNRR, inviata dal Ministro Fitto all’Europa ad agosto scorso, ne prevede il definanziamento, al fine di destinare le relative risorse liberate (unitamente ai 300 milioni della misura M5C3 I.1.2 “valorizzazione dei beni confiscati alla mafia”, per la quale pure è stata avanzata la proposta di definanziamento) alla nuova misura “ZES unica nel Mezzogiorno”, nell’ambito della medesima Componente 3.
Il Piano complementare al PNRR stanzia inoltre ulteriori 300 milioni di risorse nazionali destinati al miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade nelle aree interne.
La legge di bilancio 2022 ha incrementato di 50 milioni tale finanziamento (20 milioni per l'anno 2023 e 30 milioni per l'anno 2024) (articolo 1, comma 418, della legge n. 234 del 2021), ripartito con il D.M. Infrastrutture e trasporti 19 luglio 2023, per il miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade, inclusa la manutenzione straordinaria anche rispetto a fenomeni di dissesto idrogeologico o a situazioni di limitazione della circolazione, destinate al finanziamento degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione delle 43 aree interne individuate dalla strategia SNAI della programmazione 2021-2027.
L’attuazione degli interventi individuati nelle strategie territoriali delle singole aree interne, approvate dalla Cabina di regia, è perseguita attraverso la cooperazione tra i diversi livelli istituzionali interessati (fra cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'istruzione, il Ministero dell'università e della ricerca e il Ministero della salute), mediante la sottoscrizione di accordi di programma-quadro (APQ), di cui all'articolo 2, comma 203, lettera c), della legge n. 662 del 1996 (legge finanziaria 2017), in quanto applicabile (comma 4).
Per la sottoscrizione degli APQ il comma ribadisce la funzione di coordinamento svolta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, come già previsto dal comma 15 della legge n. 147 del 2013, il quale si avvale, a tal fine, del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri (in sostituzione del ruolo prima svolto in tal senso dalla soppressa Agenzia per la coesione territoriale[12]).
Si rammenta al riguardo che la normativa vigente, di cui all'art. 1, comma 15, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), già individua l'Accordo di programma quadro di cui all'art. 2, comma 203, lettera c), della legge n. 662/1996, quale strumento di cooperazione interistituzionale per l'attuazione degli interventi della Strategia per le aree interne.
Poiché lo strumento dell'APQ ha rilevato nel tempo alcune criticità applicative, l'art. 58 del D.L. n. 77 del 2021[13], per accelerare l’attuazione della Strategia, ha previsto l'adozione di procedure semplificate rispetto allo strumento dell'Accordo di programma quadro, nelle forme e con le modalità da definirsi con apposita delibera del CIPESS.
La delibera CIPESS 2 agosto 2022, n. 41 ha, da ultimo, individuato nuove forme e modalità di attuazione degli interventi SNAI, prevedendo che la sottoscrizione dell’Accordo con l'area/coalizione locale, possa assumere la forma di accordo di programma, convenzione, o altro atto equivalente, nel quali siano declinati gli interventi, completi di CUP, e stabilite le rispettive responsabilità, ai fini della successiva attivazione e monitoraggio degli interventi medesimi.
Per lo svolgimento delle sue funzioni, la Cabina di regia:
§ acquisisce dagli enti e dai soggetti attuatori i monitoraggi periodici sullo stato di attuazione degli interventi finanziati con le risorse nazionali ed europee, destinate alle aree interne, predisposti anche sulla base delle informazioni ricavabili dai sistemi informativi del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (comma 5);
§ si avvale del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, che assicura anche le funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 6).
La Strategia nazionale per le aree interne del Paese costituisce una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, finanziata sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR) sia da risorse nazionali, che mira a contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del nostro Paese, caratterizzati da importanti svantaggi di natura geografica o demografica.
La politica di coesione, tramite gli Accordi di partenariato, ha definito una modalità di identificazione di questi territori collegata alla loro perifericità rispetto ai centri urbanizzati di offerta di servizi essenziali di salute, istruzione e mobilità. La Strategia si rivolge, in particolare, alle aree interne non a densa urbanizzazione, utilizzando un modello d'intervento basato su strategie territoriali espresse da coalizioni locali con collegati progetti integrati d'area, finalizzati al potenziamento della fruizione di servizi di cittadinanza e a iniziative per lo sviluppo economico e l'occupazione.
Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne, il legislatore ha stanziato risorse nazionali, a partire dall'esercizio 2014 (art. 1, commi 13-17, della legge di stabilità 2014, legge n. 147/2013), per complessivi 591,2 milioni fino al 2023, a valere sulle risorse del c.d. Fondo IGRUE, in aggiunta agli stanziamenti provenienti dai Programmi operativi dei Fondi europei e da altri fondi, pubblici e privati.
I finanziamenti statali sono stati assegnati dal CIPE con le delibere 28 gennaio 2015, n. 9 (90 milioni), 10 agosto 2016, n. 43 (90 milioni), 7 agosto 2017, n. 80 (10 milioni), 25 ottobre 2018, n. 52 (91,2 milioni), CIPESS 2 agosto 2022, n. 41 (198,6 milioni) e CIPESS 2 agosto 2022, n. 42 (11,4 milioni), per complessivi 491,2 milioni. Il D.L. n. 120/2021 ha inoltre disposto la destinazione di quota parte delle risorse assegnate alla SNAI alla finalità della prevenzione degli incendi boschivi nelle aree interne, nell'importo di 20 milioni per l'anno 2021 e di 40 milioni per ciascuno degli anni 2022 e 2023, ripartite con delibera 14 aprile 2022, n. 8.
Il processo di selezione delle aree della SNAI 2014-2020 è stato completato nel 2017, con l'individuazione di 72 aree, composte da 1.060 Comuni. nel 2021 si è concluso anche il processo di approvazione delle strategie di tutte le 72 aree, con la sottoscrizione di 72 Accordi di programma quadro (ApQ), per un complesso di interventi programmati che ammontano circa a 1,1 miliardi di euro, di cui oltre 700 milioni coperti da Fondi Strutturali e di Investimento Europei e la restante parte dal bilancio dello Stato o, in minima parte, da altre fonti finanziarie (Fonte: Opencoesione: Informativa sullo stato di avanzamento dell'attuazione degli APQ nell'ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne del 9 febbraio 2022).
La SNAI trova continuità nella programmazione 2021-2027, in base a quanto indicato nell'Accordo di Partenariato per l'Italia, con la previsione di ulteriori nuove 56 aree interne.
Le nuove aree progetto sono state selezionate dal Dipartimento politiche di coesione su iniziativa delle Regioni, dando priorità a comuni periferici e ultraperiferici e considerando, contestualmente, indicatori demografici, economici, sociali o ambientali che evidenzino maggiori criticità rispetto alle altre aree regionali. Il processo di selezione delle nuove Aree Interne si è concluso nel 2022. Sono state ammesse al cofinanziamento Nazionale SNAI 2021-2027 43 nuove aree interne, a cui si aggiungono 13 coalizioni qualificate come aree interne con finanziamento non nazionale, per un totale di 56 nuove aree. Sono state altresì confermate 67 delle 72 aree SNAI 2014-2020, alcune delle quali con una nuova perimetrazione.
Complessivamente, dunque, la SNAI 2021-2027 riguarda 124 Aree di progetto, che coinvolgono 1.904 Comuni, in cui vivono 4.570.731 abitanti. Nel cui ambito rientra il "progetto speciale Isole Minori" che coinvolge i 35 Comuni sui quali insistono le Isole, con una popolazione totale di 213.093 abitanti.
Le 43 nuove aree interne risultano assegnatarie di risorse da parte del CIPESS con la delibera 2 agosto 2022, n. 41, per un importo complessivo di 172 milioni, pari a 4 milioni per ciascuna area (a valere sulle risorse ancora disponibili autorizzate dall'art. 1, comma 314, della legge di bilancio 2020, n. 160/2019).
La delibera ha definito altresì le strategie d'area, gli strumenti attuativi di cooperazione, gli organismi di governance, nonché le modalità di trasferimento delle risorse e le attività di monitoraggio.
Con la successiva delibera 2 agosto 2022, n. 42, il CIPESS ha inoltre assegnato una quota delle risorse dedicate alla SNAI ancora disponibili, pari a 11,4 milioni di euro, in favore del Progetto speciale Isole minori (a valere sullo stanziamento disposto dall'art.1, comma 314, legge n. 160/2019), per l'annualità 2021.
Articolo 8
(Interventi in favore del Comune di Lampedusa e Linosa)
L’articolo 8 – al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di persone provenienti dai Paesi del Mediterraneo – prevede la predisposizione, da parte del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un piano di interventi strategici, da approvare con delibera del CIPESS con cui saranno assegnate al Comune di Lampedusa e Linosa risorse nel limite complessivo di 45 milioni di euro, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (commi 1 e 2). Sono altresì previste specifiche disposizioni per la realizzazione dei punti di crisi c.d. hotspot e dei centri governativi di prima accoglienza (commi 3 e 4). Per le opere indicate nei commi precedenti sono previste semplificazioni in tema di valutazioni ambientali (VINCA, VIA e VAS) e in materia paesaggistica (commi 5, 7 e 8). Sono inoltre previste disposizioni per agevolare il rapido smaltimento delle imbarcazioni utilizzate dai migranti (comma 6).
Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame.
Il primo periodo del comma 1 dell'articolo in esame – al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Mediterraneo – prevede la predisposizione, da parte del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di un piano di interventi.
La stessa disposizione precisa che tale predisposizione deve avvenire d’intesa con il Comune di Lampedusa e Linosa, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministero delle imprese e del made in Italy, sentita la Regione Siciliana.
Quanto ai contenuti del piano, il primo periodo in esame prevede che gli interventi in esso inclusi sono finalizzati:
§ alla realizzazione e alla manutenzione straordinaria di strade e altre opere di urbanizzazione primaria;
§ alla realizzazione di impianti di depurazione e gestione delle acque reflue, di deposito di carburante;
§ alla realizzazione di nuovi edifici pubblici nonché di interventi di riqualificazione ed efficientamento energetico di quelli esistenti.
Il secondo periodo dispone inoltre che il piano in questione deve tener conto degli interventi inseriti nel precedente piano per l’isola di Lampedusa previsto dall’art. 1, comma 319, della legge 147/2013, per il quale con istruttoria svolta dalle Amministrazioni di cui al primo periodo può essere prevista la rimodulazione, e del fabbisogno finanziario complessivo occorrente per la loro realizzazione.
Il comma 319 della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014) – al fine di fronteggiare la grave situazione socio-economica nell'isola di Lampedusa, determinatasi a seguito dell'eccezionale afflusso di persone provenienti dai Paesi del Mediterraneo, e rafforzarne la dotazione di infrastrutture, finalizzata ad una maggiore efficienza dei servizi – ha previsto l’assegnazione al Comune di Lampedusa e Linosa di 20 milioni di euro per il triennio 2014-2016 e, nei limiti di tale dotazione finanziaria, la predisposizione da parte del citato Comune di un piano di interventi di miglioramento dell'efficienza della rete idrica, di riqualificazione urbanistica e di potenziamento e ammodernamento dell'edilizia scolastica. La medesima disposizione ha previsto che il piano, contenente anche specifiche misure di accelerazione per l'attuazione degli interventi, istruito positivamente dal Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, è sottoposto al CIPE, per l'approvazione in una riunione cui partecipa il Presidente della Regione siciliana. In attuazione di tale disposizione, con la delibera CIPE 29 aprile 2015, n. 39 è stato approvato il citato piano e prevista una sua articolazione in 4 linee di intervento: a) miglioramento dell'efficienza della rete idrica e manutenzione delle sottoreti; b) riqualificazione urbana e territoriale; c) ammodernamento dell'edilizia scolastica e delle dotazioni urbane per attività civiche; d) coordinamento e monitoraggio dell'attuazione del Piano. Gli importi previsti per le citate linee di intervento sono stati rimodulati con la delibera CIPE 22 dicembre 2017, n. 96.
Il terzo periodo del comma in esame dispone che l’approvazione del piano complessivo degli interventi di cui ai periodi precedenti è effettuata con delibera del CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile), adottata su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR.
La stessa disposizione precisa che:
§ gli interventi inclusi nel piano approvato sono identificati dal codice unico di progetto (CUP);
Si ricorda che il Codice Unico di Progetto (CUP) è il codice che identifica un progetto d'investimento pubblico ed è lo strumento cardine per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici (MIP). L'art. 11 della L. 3/2003 prevede l'obbligatorietà del CUP per "ogni nuovo progetto di investimento pubblico".
§ con la succitata delibera di approvazione sono assegnate le relative risorse al Comune di Lampedusa e Linosa nel limite complessivo di 45 milioni di euro, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027, in coerenza con le disponibilità finanziarie annuali dello stesso;
§ con la delibera di approvazione sono altresì stabiliti i casi e le modalità di revoca delle risorse.
Il quarto periodo stabilisce che l’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - INVITALIA S.p.A. svolge le funzioni di stazione appaltante, ai sensi dell’art. 63 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), del piano complessivo degli interventi, con oneri posti a carico dello stanziamento previsto dal secondo periodo del presente comma, come determinato nella delibera del CIPESS e comunque nel limite massimo del 2% dell’importo assegnato del Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027, di cui al periodo precedente.
Il comma 2 dispone che le opere e gli interventi di carattere infrastrutturale inseriti nel piano complessivo degli interventi previsto dal comma precedente sono di preminente interesse strategico, in quanto necessari per gestire le esigenze logistiche, sanitarie, igieniche, nonché di tutela dell’economia locale, indotte o connesse ai flussi migratori.
Il comma 3 dispone che, nelle more dell’approvazione del piano degli interventi previsto dal comma 1, la realizzazione delle strutture (punti di crisi c.d. hotspot e centri governativi di prima accoglienza) di cui all’art. 5-bis, comma 1, del D.L. 20/2023, costituisce intervento necessario, ai sensi del comma 2, e connotato da carattere di urgenza.
Si ricorda in particolare che il citato D.L. n. 20/2023 (c.d. decreto Cutro), dispone, all’articolo 5, comma 1, che fino al 31 dicembre 2025, anche la realizzazione di tutti i punti di crisi (c.d. hotspot) di cui all’articolo 10-ter del TU immigrazione e dei centri governativi di prima accoglienza di cui all’articolo 9 del decreto legislativo n. 142 del 2015, possa essere effettuata anche in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.
Si ricorda, inoltre, con riferimento specifico all’hotspot di Lampedusa, il D.L. 20/2023 ha autorizzato il Ministero dell’interno fino al 31 dicembre 2025, al fine di assicurare adeguati livelli di accoglienza a fronte di situazioni di particolare affollamento, ad affidare alla Croce Rossa italiana la gestione della struttura, estendendo anche a tali casi le facoltà di deroga.
In base al comma 4, gli interventi previsti dal comma 3 (cioè la realizzazione dei punti di crisi c.d. hotspot e dei centri governativi di prima accoglienza) sono aggiuntivi rispetto a quelli inseriti nel piano di cui al comma 1 e alla loro realizzazione si provvede a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente a tal fine destinate.
A tale riguardo, il citato art. 5-bis, comma 1, del D.L. 20/2023, limitatamente ai punti di crisi e alle strutture di prima accoglienza, consente altresì di utilizzare le risorse già stanziate, ai fini della realizzazione dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR), nello stato di previsione del Ministero dell’interno dall’articolo 1, comma 679, della legge di Bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
Il comma 5 prevede che, in caso di conclusione negativa delle valutazioni di incidenza (VINCA), alle opere di cui ai commi 1 e 3, in quanto rispondenti a finalità imperative di rilevante interesse pubblico, può applicarsi la disciplina di cui all’art. 6, par. 4, della direttiva 92/43/CEE (c.d. direttiva habitat, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche).
La disposizione europea richiamata dispone che “qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
Si ricorda che la VINCA è obbligatoria (ai sensi dell’art. 6, par. 3, della direttiva habitat) per “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito (rientrante nella rete “Natura 2000”, n.d.r.) ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti”. A livello nazionale, la disciplina della VINCA, che recepisce e integra quanto previsto dalla direttiva citata, è contenuta nell’art. 5 del D.P.R. 357/1997, come riscritto dall'art. 6 del D.P.R. 120/2003.
Il comma in esame dispone inoltre che si applicano, altresì, le norme di semplificazione e accelerazione in materia di VIA (valutazione di impatto ambientale), di VAS (valutazione ambientale strategica) e in materia paesaggistica, previste dagli articoli da 17 a 29 del D.L. 77/2021.
Per un approfondimento sul contenuto degli articoli da 17 a 28 si rinvia alle relative schede di lettura contenute nel dossier sul D.L. 77/2021.
In relazione all’art. 29 del D.L. 77/2021, si ricorda che tale articolo (come modificato dal D.L. 13/2023) ha istituito presso il Ministero della cultura, al fine di assicurare la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi del PNRR, la Soprintendenza speciale per il PNRR, quale ufficio di livello dirigenziale generale straordinario operativo fino al 31 dicembre 2026. Lo stesso articolo dispone che “la Soprintendenza speciale esercita le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici nei casi in cui tali beni siano interessati dagli interventi previsti dal PNRR, adottando il relativo provvedimento finale in sostituzione delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, avvalendosi di queste ultime per l'attività istruttoria”.
Ciò premesso, la disposizione recata dal comma in commento sembrerebbe finalizzata, nel rinviare anche all’art. 29 del D.L. 77/2021, ad attribuire alla Soprintendenza speciale per il PNRR l’adozione dell’eventuale provvedimento paesaggistico relativo agli interventi di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo in esame.
Il comma 6, al fine di prevenire l’accumulo di relitti in ambito portuale e di consentire il rapido smaltimento dell’ingente numero di imbarcazioni utilizzate dai migranti, prevede l’applicazione delle seguenti disposizioni:
a) sino al 31 dicembre 2023, nelle more della conclusione delle procedure di evidenza pubblica già bandite, può essere disposto, ai sensi dell’art. 140, comma 8, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), in via eccezionale e nella misura strettamente necessaria a fronteggiare l’emergenza, l'affidamento diretto (entro la soglia massima di un milione di euro, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente) del servizio di alaggio e trasporto delle barche dall’isola di Lampedusa verso i siti della Regione Siciliana attrezzati per lo smaltimento;
Relativamente al richiamo al Codice dei contratti pubblici, si ricorda che l’art. 140, comma 8, del D.Lgs. 36/2023, dispone che in via eccezionale, nella misura strettamente necessaria, l'affidamento diretto può essere autorizzato anche al di sopra dei limiti previsti (500.000 euro nel caso dei lavori oppure l’importo della soglia di rilevanza europea nel caso di forniture e servizi), per un arco temporale limitato, comunque non superiore a trenta giorni e solo per singole specifiche fattispecie indilazionabili e nei limiti massimi di importo stabiliti nei provvedimenti di protezione civile. Lo stesso comma dispone altresì che l'affidamento diretto per i motivi previsti dall’art. 140 non è comunque ammesso per appalti di lavori di importo pari o superiore alla soglia europea e per appalti di servizi e forniture di importo pari o superiore al triplo della soglia europea[14].
Si fa notare che la previsione in esame, pur richiamando l’art. 140, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, sembra discostarsene nella parte in cui ammette il ricorso all’affidamento diretto entro una soglia massima superiore rispetto a quella da esso prevista per gli appalti di servizi.
b) gli interventi relativi allo stoccaggio e alla riduzione volumetrica delle imbarcazioni ai fini del trasporto verso i luoghi di smaltimento costituiscono finalità imperative di rilevante interesse pubblico. Per la realizzazione degli interventi anzidetti sono individuate in via definitiva apposite aree del territorio isolano, appartenenti al demanio o al patrimonio dello Stato.
Il comma 7 reca disposizioni di accelerazione della valutazione di incidenza (VINCA) per gli interventi seguenti che rientrano nei siti della rete “Natura 2000”:
- interventi di cui al comma 1;
- interventi di cui al comma 3, cioè quelli per la realizzazione dei punti di crisi c.d. hotspot e dei centri governativi di prima accoglienza;
- interventi di cui al comma 6, lettera b), cioè quelli relativi allo stoccaggio e alla riduzione volumetrica delle imbarcazioni utilizzate dai migranti ai fini del trasporto di tali imbarcazioni verso i luoghi di smaltimento.
Per i citati interventi, il comma in esame prevede che:
§ la VINCA è conclusa entro 30 giorni dalla richiesta;
§ in caso di mancata conclusione entro tale termine, il Presidente del Consiglio dei ministri – su proposta del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, sentiti i Ministri delle imprese e del made in Italy, per la protezione civile e le politiche del mare, per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e delle infrastrutture e dei trasporti – assegna all’autorità competente un termine non superiore a 15 giorni per provvedere;
§ in caso di perdurante inerzia, il Consiglio dei ministri – su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l’autorità competente – nomina un commissario ad acta, al quale attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare tutti gli atti o i provvedimenti necessari, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
§ in caso di conclusioni negative della VINCA si applica quanto previsto dal comma 5.
Il comma 8 prevede, per gli interventi di cui al comma 7 (in relazione ai quali sono comunque ammessi il taglio di alberi senza sostituzione, interventi di ripristino di opere preesistenti e opere interrate), che gli stessi possono essere realizzati anche in deroga alla normativa paesaggistica, se ricorrono le seguenti condizioni:
a) le strutture o i manufatti di nuova installazione siano ancorati semplicemente al suolo senza opere murarie o di fondazione, amovibili o di facile rimozione;
b) la demolizione e ricostruzione di edifici e manufatti sia realizzata con volumetria, sagoma e area di sedime corrispondenti a quelle preesistenti.
Articolo 9
(Istituzione della Zona economica speciale
per il Mezzogiorno – ZES Unica)
L’articolo 9 istituisce, a far data dal 1° gennaio 2024, la Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna.
In particolare, il comma 1 stabilisce che per Zona economica speciale (ZES) si intende una zona delimitata del territorio dello Stato nella quale l’esercizio di attività economiche e imprenditoriali, da parte sia delle aziende già operative nei relativi territori, sia di quelle che vi si insedieranno, può beneficiare di speciali condizioni, in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo dell’impresa.
Il successivo comma 2, in applicazione di quanto previsto dal comma 1, istituisce pertanto, a far data dal 1° gennaio 2024, la nuova Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica, che ricomprende i territori delle otto regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna.
Come emerge dalla Relazione illustrativa, dal 1° gennaio 2024, data della sua istituzione, la nuova ZES unica per il Mezzogiorno sostituirà le attuali Zone economiche speciali, istituite nei territori del Mezzogiorno ai sensi del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 12, e successivamente disciplinate in dettaglio dal D.P.C.M. 25 gennaio 2018 (Regolamento recante istituzione di Zone economiche speciali (ZES)). Allo stesso modo, la nuova definizione di Zona economica speciale recata dal comma 1 dell’articolo in esame sostituisce la precedente definizione contenuta nel medesimo decreto-legge n. 91 del 2017.
Il decreto-legge n. 91 del 2017 (art. 4), successivamente novellato dai decreti legge n. 77 del 2021, n. 152 del 2021 e n. 36 del 2022, ha definito le procedure e le condizioni per istituire Zone Economiche Speciali (ZES) in alcune aree del Paese, in particolare nelle regioni definite dalla normativa europea come "meno sviluppate" o "in transizione", con la finalità di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi per lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese.
Le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES possono infatti usufruire di riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti, nonché di agevolazioni fiscali (indicate all’articolo 5 del DL 91/2017).
La Zona economica speciale è definita dal citato decreto-legge come un'area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale facente parte della rete globale delle Reti di trasporto transeuropee, definite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013.
La disciplina di dettaglio è contenuta nel Regolamento sull’istituzione delle ZES, emanato con dPCM 25 gennaio 2018, n. 12. Il regolamento dispone che la ZES sia di norma composta da territori quali porti, aree retroportuali, anche di carattere produttivo e aeroportuale, piattaforme logistiche e Interporti e non possa comprendere zone residenziali.
In base alla disciplina recata dal decreto-legge 91 del 2017 e dal D.P.C.M. 25 gennaio 2018, n. 12, è possibile istituire ZES interregionali, realizzate nel caso della ZES Adriatica (Puglia-Molise, DPCM 3 settembre 2019) e della ZES Ionica (Puglia-Basilicata, DPCM 6 giugno 2019).
La durata delle ZES è fissata tra i sette e i quattordici anni, prorogabili fino a un massimo di ulteriori sette anni su richiesta delle regioni interessate sulla base dei risultati del monitoraggio dell'Agenzia per la coesione territoriale.
Le ZES che sono state istituite in base alla normativa primaria e secondaria appena richiamata sono le seguenti:
ZES Ionica Interregionale Puglia-Basilicata
ZES Adriatica Interregionale Puglia-Molise
L’Allegato 1 al D.P.C.M. 25 gennaio 2018 reca, infine, i valori massimi di superficie ZES attribuibili a ciascuna delle regioni interessate. Tali valori sono stati calcolati sulla base dell’1,6 per cento della superficie regionale, moltiplicato per un coefficiente che tiene conto della densità di popolazione regionale rispetto alla densità di popolazione nazionale, sommato allo 0,6 per cento della superficie della regione interessata.
La ZES è governata (art. 4 commi 6 e 6-bis del DL n. 91/2017) da un il Comitato di indirizzo composto dal Commissario straordinario del Governo, che lo presiede, dal Presidente dell’Autorità di sistema portuale, da un rappresentante della Regione, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché da un rappresentante dei consorzi di sviluppo industriale (di cui all’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317), ovvero di quelli costituiti ai sensi della vigente legislazione delle regioni a statuto speciale, presenti sul territorio.
Nell'ipotesi in cui i porti inclusi nell'area della ZES rientrino nella competenza territoriale di un'Autorità di sistema portuale con sede in altra regione, al Comitato partecipa il Presidente dell'Autorità di sistema portuale che ha sede nella regione in cui è istituita la ZES. Nel caso in cui tali porti rientrino nella competenza territoriale di più Autorità di sistema portuale, al Comitato partecipano i Presidenti di ciascuna Autorità di sistema portuale.
Il Commissario è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, d'intesa con il Presidente della Regione interessata. Il Commissario straordinario del Governo svolge le proprie funzioni anche avvalendosi del supporto dell'Agenzia per la Coesione territoriale, che supporta l'attività dei Commissari e garantisce, sulla base degli orientamenti della Cabina di regia sulle ZES, il coordinamento della loro azione nonché della pianificazione nazionale degli interventi nelle ZES.
Da ultimo, si ricorda che per l’attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativi alla infrastrutturazione delle ZES, fino al 31 dicembre 2026, il Commissario straordinario provvede anche a mezzo di ordinanze e può, a richiesta degli enti competenti, assumere le funzioni di stazione appaltante e operare in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, nonché delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea (Art. 4, comma 7-quinquies del D.L. n. 91 del 2017).
Gli investimenti originariamente finanziati, all’interno del PNRR, nell'ambito degli Interventi speciali per la coesione territoriale sono i seguenti:
§ Rafforzamento della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) attraverso misure a supporto del miglioramento dei livelli e della qualità dei servizi scolastici, sanitari e sociali (M5C3-I.1). L'investimento per le aree interne si articola in due sub-investimenti:
- Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità (M5C3 - I.1.1);
- Servizi sanitari di prossimità territoriale (M5C3 - I.1.2);
§ Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (M5C3 - I.2);
§ Interventi socio-educativi strutturati per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo Settore (M5C3 - I.3);
§ Investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali (ZES) (M5C3 - I.4).
Nella successiva tabella si riporta l’ammontare delle risorse per ciascun investimento ricompreso nella M5C3:
Missione/ Componente |
Investimenti |
Risorse PNRR (mln euro) |
M5C3 |
1. Strategia Nazionale per le Aree Interne - SNAI |
825 (sovvenzioni) |
M5C3 |
- 1.1 SNAI - Potenziamento servizi e infrastrutture di comunità (M5C3-I.1.1-1-2) |
725 |
M5C3 |
- 1.2 SNAI - Strutture sanitarie di prossimità territoriale (M5C3-I.1.1-3-4) |
100 |
M5C3 |
2. Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie |
300 |
M5C3 |
3. Interventi socio-educativi strutturati per combattere la povertà educativa nel Mezzogiorno a sostegno del Terzo Settore (M5C3-I.3-8-9) |
220 |
M5C3 |
4. Investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali (ZES) (M5C3-I.4-11-13) |
630 |
Con la proposta di modifica del Piano presentata dal Governo alla Commissione UE in data 7 agosto 2023, per quanto riguarda la Missione 5, Componente 3, con riferimento alle misure “Aree interne – Potenziamento servizi e infrastrutture di comunità” (725 milioni) e “Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie” (300 milioni), si propone di destinare le corrispondenti risorse PNRR (1.025 milioni) a una nuova misura nell’ambito della medesima Componente 3 (ZES Unica nel Mezzogiorno).
Come rilevato, peraltro, nel dossier a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati sulle proposte del Governo per la revisione del PNRR e sul capitolo REPowerEU, il documento del Governo intitolato “Proposta di revisione del PNRR e capitolo REPowerEU” del 27 luglio 2023, nel paragrafo “Conclusioni e prossimi passi” (pag. 146-148), include i citati investimenti della M5C3 relativi alle Aree interne – Potenziamento servizi e infrastrutture sociali di comunità (725 milioni di euro) e alla Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (300 milioni di euro), di competenza del Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, tra gli investimenti di cui si propone il definanziamento al fine di contribuire al finanziamento delle nuove misure finalizzate al perseguimento degli obiettivi dell’iniziativa REPowerEU.
Lo stesso documento, tuttavia, al paragrafo 3.6.4 (Le proposte di modifica della Missione 5 – Componente 3, pag. 97-99) afferma che le risorse PNRR derivanti dal definanziamento dei due sopracitati investimenti della M5C3 (di valore complessivo pari a 1.025 milioni di euro) saranno destinate alla nuova misura, nell’ambito della medesima Componente 3, consistente nella istituzione, entro il 31 dicembre 2023, di una Zona economica speciale unica per il Mezzogiorno.
Articolo 10
(Organizzazione della ZES Unica)
L’articolo 10 disciplina l’organizzazione della ZES unica per il Mezzogiorno, attraverso l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una Cabina di regia ZES, con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio (comma 1) e di una Struttura di missione per la ZES (commi da 2 a 7), nonché definendo le procedure connesse alla cessazione delle attività dei Commissari straordinari delle ZES.
La Cabina di regia ZES
Il comma 1 dell’articolo 12 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Cabina di regia ZES, con compiti di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio.
La Cabina di regia è presieduta dal Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR ed è composta:
- dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie,
- dal Ministro per la pubblica amministrazione,
- dal Ministro per la protezione civile e le politiche del mare,
- dal Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa,
- dal Ministro dell'economia e delle finanze,
- dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
- dal Ministro delle imprese e del made in Italy,
- dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale,
- dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica,
- dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste,
- dal Ministro del turismo,
- dal Ministro della cultura,
- dagli altri Ministri competenti in base all'ordine del giorno,
- dai Presidenti delle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna).
Alle riunioni della Cabina di regia possono essere invitati come osservatori i rappresentanti di enti pubblici locali e nazionali e dei portatori di interesse collettivi o diffusi.
L'istruttoria tecnica delle riunioni della Cabina di regia viene svolta da una Segreteria tecnica, costituita da rappresentanti designati delle amministrazioni componenti e coordinata dalla Struttura di missione di cui al comma 2.
Alla prima riunione della Cabina di regia è approvato il regolamento di organizzazione dei lavori.
Per la partecipazione alle riunioni della Cabina di regia non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
La Struttura di missione per la ZES
Il comma 2 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una Struttura di missione denominata “Struttura di missione per la ZES”.
La Struttura di missione ZES opera alle dirette dipendenze del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR.
Alla Struttura di missione ZES è preposto un coordinatore.
Essa è articolata in due direzioni generali ed in quattro uffici di livello dirigenziale non generale.
La Struttura di missione ZES ha una durata triennale, rinnovabile comunque non oltre 31 dicembre 2034.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 7, comma 4, del D.Lgs. n. 303 del 1999 – peraltro richiamato nella norma - le apposite strutture di missione, istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per lo svolgimento di particolari compiti per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione di specifici programmi, la cui durata temporanea, comunque non superiore a quella del Governo che le ha istituite, è specificata dall'atto istitutivo.
Ai sensi del comma 3 la Struttura di missione ZES provvede, in particolare, allo svolgimento delle seguenti attività:
a) assicura, sulla base degli orientamenti della Cabina di Regia ZES, supporto all'Autorità politica delegata in materia di ZES per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell'azione strategica del Governo relativamente all’attuazione del Piano strategico ZES unica di cui all’articolo 11;
b) coordina la segreteria tecnica della Cabina di regia ZES;
c) svolge compiti di coordinamento e attuazione delle attività previste nel Piano strategico della ZES unica;
d) sovraintende allo svolgimento dell'attività istruttoria relativa alla formulazione delle proposte di aggiornamento ovvero di modifica del Piano strategico della ZES unica;
e) definisce, in raccordo con le amministrazioni centrali competenti, le attività necessarie a promuovere l’attrattività della ZES per le imprese e garantire la disponibilità e l’accessibilità al pubblico delle informazioni rilevanti
f) definisce, in raccordo con le amministrazioni competenti, le attività necessarie a prevenire tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata;
g) cura l’istruttoria e svolge le funzioni di amministrazione procedente ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica;
h) assicura lo svolgimento delle attività di comunicazione istituzionale e di pubblicità della ZES unica, mediante il portale web della ZES unica, anche avvalendosi delle altre strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il comma 4 stabilisce che la Struttura di missione ZES è composta:
§ da un contingente di tre unità dirigenziali di livello generale (coordinatore e due direttori generali),
§ di quattro unità dirigenziali di livello non generale
§ di sessanta unità di personale non dirigenziale.
Le unità di personale non dirigenziale sono individuate:
§ nel limite di trenta unità, tra il personale in servizio presso l’Agenzia per la coesione territoriale che risulta trasferito alla Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 50, comma 2, del D.L. n. 13 del 2023;
§ nel limite di trenta unità, anche tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, ordini, organi, enti o istituzioni, che è collocato in posizione di comando o fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, e con esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche. All'atto del collocamento fuori ruolo e per tutta la durata di esso, nella dotazione organica dell'amministrazione di provenienza è reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario.
Alla Struttura di missione ZES è assegnato, altresì, un contingente di esperti, cui compete un compenso fino a un importo massimo annuo di euro 50.000 al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico dell'amministrazione per singolo incarico e nel limite di spesa complessivo di euro 700.000 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034. Conseguentemente il numero massimo di esperti è pari a 14 unità.
Il trattamento economico del personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo o altro analogo istituto è corrisposto secondo le modalità previste dall'articolo 9, comma 5-ter, del decreto legislativo n. 303 del 1999, in base al quale tale personale mantiene il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni di appartenenza[15].
Il contingente di personale non dirigenziale può essere composto da personale di società pubbliche controllate o partecipate dalle Amministrazioni centrali dello Stato in base a rapporto regolato mediante apposite convenzioni, ovvero da personale non appartenente alla pubblica amministrazione (come previsto dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 303 del 1999), il cui trattamento economico è stabilito all'atto del conferimento dell'incarico.
Il comma 5 prevede, entro il 19 novembre 2023 (sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto), l’adozione di un DPCM con cui sono definiti l'organizzazione della Struttura di missione ZES e le competenze degli uffici.
Con il medesimo DPCM è individuata altresì la ulteriore data a decorrere dalla quale sono trasferiti alla Struttura di missione ZES i rapporti giuridici attivi e passivi relativi alle funzioni già di titolarità dei Commissari straordinari delle precedenti ZES.
Al fine di assicurare la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativi alla infrastrutturazione della ZES Unica, il comma 6 dispone che fino al 31 dicembre 2026 la Struttura di missione ZES può assumere le funzioni di stazione appaltante e operare, in tal caso, secondo le modalità di cui all'articolo 12, comma 5, primo e quarto periodo, del D.L. n. 77 del 2021.
Le modalità previste dal richiamato art. 12, comma 5, primo e quarto periodo, del D.L. 77/2021 consentono di operare a mezzo di ordinanze, immediatamente efficaci e pubblicate in Gazzetta ufficiale, ed in deroga ad ogni disposizione di legge (eccezion fatta per le disposizioni della legge penale, dei principi generali dell’ordinamento, della disciplina antimafia e dei vincoli eurounitari).
Una analoga disposizione era contenuta all’art. 4, comma 7-quinquies del D.L. n. 91/2017 (introdotto dall’art. 57 del D.L. n. 77/2021), prevedendo che, al fine di assicurare la più efficace e tempestiva attuazione degli interventi del PNRR relativi alla infrastrutturazione delle ZES, fino al 31 dicembre 2026, il Commissario straordinario può, a richiesta degli enti competenti, assumere le funzioni di stazione appaltante e operare in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché' delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive appalti 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Per l'esercizio di tali funzioni, il Commissario straordinario provvede anche a mezzo di ordinanze.
Per lo svolgimento delle attività indicate ai precedenti commi 3 e 6, il comma 7 prevede che la Struttura di missione ZES può avvalersi, mediante apposite convenzioni, del supporto tecnico-operativo dell’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa – INVITALIA S.p.A.[16] nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Il comma 8 a sua volta si compone di tre periodi, che contengono altrettante disposizioni in tema di commissari straordinari delle ZES attualmente in essere.
§ il primo periodo dispone che i Commissari straordinari delle attuali ZES, nominati in base al comma 6-bis dell’articolo 4 del D.L. n. 91/2017, cessino dal proprio incarico a decorrere dalla data che sarà indicata nel DPCM, previsto dal comma 5 del presente decreto, che definirà l'organizzazione della Struttura di missione ZES e le competenze degli uffici.
Si ricorda cha lo stesso comma 5 del presente articolo dispone che, con lo stesso DPCM, sia individuata anche la data a decorrere dalla quale saranno trasferite alla Struttura di missione ZES le funzioni già di titolarità dei Commissari straordinari.
§ il secondo periodo prevede che gli incarichi dirigenziali conferiti nelle strutture di supporto dei Commissari straordinari cessino automaticamente, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione sul sito istituzionale del Dipartimento per le politiche di coesione del DPCM di cui al comma 5, ove non confermati nell'ambito del contingente di unità dirigenziali non generali assegnato alla Struttura di missione ZES di cui al comma 4 del presente articolo;
§ il terzo periodo statuisce che i contratti stipulati dall'Agenzia per la coesione territoriale per sostenere con proprio personale tecnico e amministrativo i Commissari (ai sensi del secondo periodo del comma 7-quater dell’art. 4 del decreto legge n. 91 del 2017) alla data di entrata in vigore del presente decreto, cessano automaticamente alla data che sarà indicata nel DPCM di cui al comma 5 del presente articolo, fatta salva l'eventuale scadenza anteriore contrattualmente prevista.
Si ricorda che la ZES è governata (art. 4 commi 6 e 6-bis del citato decreto legge n. 91) da un il Comitato di indirizzo composto dal Commissario straordinario del Governo, che lo presiede, dal Presidente dell’Autorità di sistema portuale, da un rappresentante della Regione, da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché da un rappresentante dei consorzi di sviluppo industriale (di cui all’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317), ovvero di quelli costituiti ai sensi della vigente legislazione delle regioni a statuto speciale, presenti sul territorio. Il Commissario è dotato (comma 6-bis dell’art. 4), di una struttura di supporto composta da un contingente massimo di personale di 10 unità, di cui 2 di livello dirigenziale di seconda fascia, amministrativo e tecnico, e 8 di livello non dirigenziale, appartenenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche. Il Commissario è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, d'intesa con il Presidente della Regione interessata. Il Commissario straordinario del Governo svolge le proprie funzioni anche avvalendosi del supporto dell'Agenzia per la Coesione territoriale (art. 4, comma 7-ter), che garantisce, sulla base degli orientamenti della Cabina di regia sulle ZES, il coordinamento della loro azione nonché della pianificazione nazionale degli interventi nelle ZES. L'Agenzia per la Coesione territoriale (comma 7-quater, secondo periodo, dell’art. 4), fornisce inoltre supporto ai singoli Commissari mediante personale tecnico e amministrativo individuato ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dotato di idonee competenze, al fine di garantire efficacia e operatività dell'azione commissariale, nonché mediante il finanziamento delle spese di funzionamento della struttura e di quelle economali.
Il comma 9 dispone a sua volta che i Commissari straordinari trasmettano al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, entro il 19 ottobre (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge), una relazione circa lo stato di attuazione degli interventi di competenza e degli impegni finanziari assunti nell'espletamento dell'incarico.
Il comma 10 abroga il comma 3 dell’articolo 50 del D.L. 24 febbraio 2023, n. 13.
Si ricorda che il richiamato art. 50 ha disposto la soppressione dell’Agenzia per la coesione territoriale ed il trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, che succede ad essa in tutti i rapporti attivi e passivi, e che verrà pertanto riorganizzato con DPCM.
Nello specifico, il comma 3 – che viene abrogato dal comma 10 in esame – prevede l’adozione di un ulteriore DPCM che avrebbe individuato le unità di personale di livello non dirigenziale dell’Agenzia, trasferite presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da distaccare, nel numero massimo complessivo di 30 unità, presso le Amministrazioni centrali per il rafforzamento delle strutture ministeriali incaricate dello svolgimento delle funzioni di Autorità responsabile del Piano sviluppo e coesione (PSC) di ciascuna amministrazione.
Poiché a seguito della riscrittura delle modalità della programmazione del FSC 2021-2027 - disposta dall’articolo 1, comma 1, del presente decreto-legge – non viene più considerato lo strumento operativo del Piano di sviluppo e coesione (in quanto sostituito dall’Accordo per la coesione sottoscritto dal Ministro per gli affari europei, il Sud, la coesione e il PNRR con i singoli ministri interessati), viene conseguentemente meno la necessità di trasferire tale personale alle singole Amministrazioni centrali.
Il comma 11 quantifica gli oneri derivanti dai commi da 2 a 7 in complessivi 8.250.579 euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2034, come indicati nella Relazione tecnica al disegno di legge di conversione:
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Costo unitario |
Costo annuo |
3 Dirigenti I fascia |
313.051,19 |
939.153,57 |
4 Dirigenti II fascia |
176.576,08 |
706.304,32 |
30 Funzionari cat. A |
89.442,10 |
2.683.263,00 |
Esperti (massimo 14) |
50.000,00 |
700.000,00 |
Spese funzionamento e formazione |
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1.508.616,27 |
Convenzioni |
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1.413.241,60 |
Manutenzione portale web e sportello unico |
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300.000,00 |
TOTALE |
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8.250.578,76 |
Alla copertura dei suddetti oneri, ai sensi del comma 11 si provvede mediante si provvede mediante utilizzo delle risorse rinvenienti dall’abrogazione di cui all’articolo 20, comma 1, lettera a).
La richiamata lettera a) abroga – dal 1° gennaio 2024 – l’articolo 4 del D.L. n. 91 del 2017, che ha autorizzato la spesa di 4,4 milioni di euro per il 2021 e di 8,8 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2034 per il finanziamento delle strutture di supporto degli attuali Commissari ZES e delle attività dell’Agenzia per la coesione territoriale a supporto dei medesimi.
Il comma 12 reca una disposizione “a carattere temporaneo”, in quanto modifica l’articolo 5-bis, comma 1, del D.L. n. 91 del 2017, relativo all’autorizzazione unica nelle ZES.
La disposizione richiamata - fatto salvo quanto previsto dalle norme vigenti in materia di autorizzazione di impianti e infrastrutture energetiche ed in materia di opere ed altre attività ricadenti nella competenza territoriale delle Autorità di sistema portuale e degli aeroporti – dichiara di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti le opere per la realizzazione dei soli progetti infrastrutturali nelle zone economiche speciali (ZES) da parte di soggetti pubblici e privati.
Con la modifica apportata dal comma 12 in esame a decorrere dal 20 settembre 2023 (data di entrata in vigore del decreto-legge) tutte le opere per la realizzazione di progetti inerenti alle attività economiche ovvero all'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche da parte di soggetti pubblici e privati nelle zone economiche speciali (ZES) esistenti sono dichiarate dichiarazione di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti.
La disposizione riveste pertanto un “carattere temporale” in quanto l’articolo 22, comma 1, lettera c), del decreto in esame dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2024, l’abrogazione dell’articolo 5-bis del D.L. n. 91 del 2017. Pertanto tale disposizione vige per il periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto-legge in esame (20 settembre 2023) ed il 31 dicembre 2023.
In sostanza, si tratta di una disposizione “anticipatoria” nelle ZES “portuali” del regime generale previsto per la ZES unica del Mezzogiorno, in quanto a decorrere dal 1° gennaio 2024:
§ i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all'interno della ZES Unica, da parte di soggetti pubblici o privati, sono di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti (art. 16, co.1, relativo al procedimento unico);
§ l’avvio di nuove attività economiche o l’insediamento di nuove attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES Unica “la determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi” è considerata dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza (art. 17, comma 5 in relazione all’autorizzazione unica).
Articolo 11
(Piano strategico della ZES unica)
L’articolo 11 disciplina i contenuti, la durata e il procedimento di approvazione del Piano strategico della ZES unica per il Mezzogiorno.
In particolare, il comma 1 stabilisce la durata triennale del Piano strategico della ZES unica, attribuendo a questo il compito di definire, anche in coerenza con il PNRR, la politica di sviluppo della ZES unica. A tal fine, si prevede che il Piano individui, anche in modo differenziato per le regioni del Mezzogiorno che ne fanno parte, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, gli investimenti e gli interventi prioritari per lo sviluppo della ZES unica e le modalità di attuazione degli interventi medesimi.
Ai sensi del comma 2, spetta alla nuova Struttura di missione ZES – istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall’articolo 10, comma 2, del decreto-legge in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia – il compito di predisporre lo schema di Piano strategico della ZES unica. A tal riguardo, la norma prescrive, quale specifico vincolo procedurale, la garanzia della piena partecipazione delle regioni interessate.
Il comma 3, infine, delinea il procedimento di approvazione del Piano strategico della ZES unica. Questo è adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro delle imprese e del made in Italy e il Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, previo parere della Cabina di regia ZES, istituita dall’articolo 10, comma 1 del decreto-legge in esame.
Articolo 12
(Portale web della ZES unica)
L’articolo 12 disciplina il portale web della ZES unica per il Mezzogiorno, istituito al fine di favorire una immediata e semplice conoscibilità dei benefici riconosciuti alle imprese nella ZES unica.
In particolare, il comma 1 stabilisce che, al fine di favorire una immediata e semplice conoscibilità della ZES unica e dei benefici connessi, è istituito, presso la Struttura di missione ZES – istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dall’articolo 10, comma 2 del decreto-legge in esame – il portale web della ZES unica.
Il successivo comma 2 attribuisce a tale portale web – da realizzare anche in lingua inglese – il compito primario di fornire tutte le informazioni sui benefici riconosciuti alle imprese nel quadro della ZES unica, garantendo altresì l’accessibilità degli utenti allo sportello unico digitale ZES disciplinato dal successivo articolo 13 del presente decreto-legge.
Il comma 3 stabilisce che alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalla realizzazione del portale web della ZES Unica si provvede a valere sulle disponibilità del Programma Nazionale “Capacità per la Coesione” finanziato dai fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027.
Il Programma Nazionale “Capacità per la Coesione” 2021-2027 (CapCoe) è cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo sociale europeo Plus (FSE+) con una dotazione complessiva di 1.267.433.334 euro, comprensiva del cofinanziamento nazionale.
Il Programma è stato approvato con Decisione di esecuzione C(2023) 374 della Commissione europea del 12 gennaio 2023 con procedura di carry-over che preserva integralmente la disponibilità delle allocazioni finanziarie per l’annualità 2022.
La quota di finanziamento europeo è indicata in 617,2 milioni di euro, di cui 570,2 milioni sono riferiti al FESR e 47 milioni al FSE+.
La gran parte delle risorse sono destinate destinati alle regioni meno sviluppate, (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), di cui 565,2 milioni a valere sul FESR e 34,4 milioni sul FSE+, attraverso il nuovo meccanismo del “Finanziamento non collegato ai costi” (FNLC).
Il principale obiettivo del PN “Capacità per la Coesione” 2021-2027 è quello di migliorare l’efficacia attuativa degli interventi finanziati dalla politica di coesione attraverso il rafforzamento della capacità istituzionale delle Pubbliche Amministrazioni, con particolare attenzione al livello territoriale.
Il PN “Capacità per la Coesione” 2021-2027 è articolato in quattro priorità.
La Relazione tecnica stima un fabbisogno finanziario per la realizzazione del portale web pari a 300.000 euro. Tale importo è stato definito, in via prudenziale, sulla base dei dati finanziari relativi alla realizzazione di sistemi analoghi. Le spese di manutenzione del portale, invece, sono state considerate ai fini della quantificazione complessiva degli oneri derivanti dal funzionamento della struttura di missione ZES, operata all’articolo 10, comma 11, del decreto-legge in esame.
Articolo 13
(Sportello Unico Digitale ZES – S.U.D. ZES)
L’articolo 13, comma 1 dispone l’istituzione, dal 1° gennaio 2024, dello Sportello Unico Digitale ZES - denominato S.U.D. ZES – per le attività produttive nella ZES unica per il Mezzogiorno. Il S.U.D. ZES è istituito nella Struttura di missione per le ZES presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ad esso sono attribuite le funzioni di sportello unico per le attività produttive (SUAP) per i procedimenti di autorizzazione unica per l’avvio di attività economiche o l’insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES Unica, ai sensi dell'articolo 14.
Il comma 2 dispone che il S.U.D. ZES rappresenta il livello essenziale delle prestazioni e ne dettaglia le competenze.
Ai sensi del comma 3, S.U.D. ZES opera secondo i migliori standard tecnologici, con carattere di interoperabilità rispetto ai sistemi e alle piattaforme digitali in uso presso gli enti coinvolti nell'istruttoria del procedimento.
Il comma 4 provvede alla copertura degli oneri finanziari derivanti dalla realizzazione dello sportello a valere sulle disponibilità del Programma Nazionale “Capacità per la Coesione” finanziato dai fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027.
Il comma 1, al fine di garantire un rilancio unitario delle attività produttive nelle regioni del Mezzogiorno, come individuate dalla normativa europea, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107 TFUE, dispone, a partire dal 1° gennaio 2024, l’istituzione dello Sportello Unico Digitale ZES per le attività produttive nella ZES unica, denominato S.U.D. ZES.
Ai sensi dell’articolo 107 paragrafo, 3 lettere a) e c) TFUE possono considerarsi compatibili con il mercato interno, in deroga al divieto generale di concessione degli aiuti di Stato sancito dall’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE:
· gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni ultra periferiche di cui all'articolo 349 TFUE, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale (art. 107, par. 3, lett. a)).
· gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività e regioni economiche, comunque svantaggiate ma in misura minore, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse (art. 107, par. 3, lett. b)).
Gli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale - adottati dalla Commissione europea con la Comunicazione (2021/C 153/01) e applicabili dal 1° gennaio 2022 - illustrano le condizioni in presenza delle quali la Commissione ritiene che gli aiuti a finalità regionale siano compatibili con il mercato interno e i criteri per identificare le zone idonee a beneficiare degli aiuti. Tali zone sono le aree dell’Unione europea in condizioni di svantaggio economico in cui è ammessa una deroga al divieto generale di concessione degli aiuti di Stato.
La Commissione europea ha approvato la Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 notificata dall’Italia, il 2 dicembre 2021, con Decisione C(2021)8655[17].
Conformemente agli orientamenti, la copertura totale in termini di popolazione per l'Italia per il periodo dal 1º gennaio 2022 al 31 dicembre 2027 è fissata al 41,99%.
La Carta approvata a dicembre 2021 dichiara le regioni italiane (NUTS2) Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise (il 32% della popolazione italiana) ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), TFUE (c.d. “Zone a”, ossia regioni NUTS2 il cui PIL pro-capite, misurato in standard di potere d'acquisto, è inferiore o pari al 75% della media UE27), con intensità massime di aiuto per le grandi imprese comprese tra il 30 % e il 40 %, in funzione del PIL pro capite della "zona a" di appartenenza.
Il processo per l’individuazione delle zone che soddisfano i requisiti di cui all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del Trattato (c.d. “Zone c non predefinite”) (Abruzzo e Regioni del Centro Nord Italia) è stato più articolato e ha visto il coinvolgimento delle Regioni interessate. La designazione di queste zone è avvenuta sulla base dei criteri stabiliti dagli Orientamenti e della proposta di riparto del plafond di popolazione assegnato all’Italia (9,99% della popolazione nazionale) a livello di aree NUTS3 (province).
Con Decisione C(2022)1545 final, del 18 marzo 2022 la Commissione europea ha approvato la modifica alla Carta degli aiuti a finalità regionale, con la quale si è proceduto all’individuazione dei territori nelle “Zone c non predefinite”. L’Allegato alla Carta consolidata definisce le intensità massime di aiuto applicabili alle Zone a e c.
Per le grandi imprese, tali intensità massime sono pari al:
· 40% per le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia;
· 30% per le regioni Molise, Basilicata e Sardegna;
· 10% nelle “Zone c non predefinite” con un PIL pro capite superiore al 100% della media dell'UE-27 e un tasso di disoccupazione inferiore al 100% della media UE-27;
· 15% nelle altre “Zone c non predefinite”.
In tutte le zone menzionate, le intensità massime di aiuto possono essere maggiorate di 10 punti percentuali per gli investimenti delle imprese di medie dimensioni e di 20 punti percentuali per gli investimenti delle piccole imprese (per i loro investimenti iniziali con costi ammissibili fino a 50 milioni di euro).
Nel caso di una "zona c" contigua ad una "zona a", le intensità di aiuto in favore delle regioni NUTS3, o delle parti di esse, all'interno di detta "zona c", che sono contigue alla "zona a", possono essere maggiorate nella misura necessaria affinché la differenza in termini di intensità di aiuto tra le due zone non superi 15 punti percentuali.
La Carta degli aiuti a finalità regionale comprensiva delle “zone a” e delle “zone c non predefinite” ha validità dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2027. Sul sito del Dipartimento per le politiche di coesione è possibile visualizzare una Mappa Interattiva della Carta degli Aiuti Italia 2022-2027.
La Commissione europea ha adottato, da ultimo, la Comunicazione (2023/C 194/05) riguardante la revisione intermedia delle carte degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2022-2027. Gli Stati membri che intendono modificare le loro carte a seguito di questa revisione intermedia devono notificare tali modifiche alla Commissione entro il 15 settembre 2023. Le modifiche possono riguardare il periodo tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2027 e non sono obbligatorie.
Ai sensi del comma 1, sportello unico digitale S.U.D. ZES è istituito presso la Struttura di missione per le ZES presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 10, comma 2.
Nello S.U.D. ZES confluiscono gli sportelli unici digitali attivati, nel sistema vigente, presso ciascun Commissario straordinario ZES, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera a-ter), del decreto legge del D.L. n. 91/2017 (L. n. 123/2017) e al S.U.D. ZES sono attribuite, nei casi previsti dall’articolo 14, le funzioni dello sportello unico per le attività produttive (SUAP).
L’articolo 14 dispone che i progetti inerenti le attività economiche o l'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES Unica, non soggetti a SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), siano assoggettati ad autorizzazione unica, rilasciata - ai sensi dell'articolo 15 - su istanza di parte da presentare al S.U.D. ZES, nel rispetto delle normative vigenti in materia di valutazione di impatto ambientale, in esito ad alla conferenza di servizi indetta dalla Struttura di missione per le ZES.
Si rammenta in questa sede, rinviando, per un approfondimento, al box, in calce alla presente scheda, ricostruttivo delle funzioni del SUAP, che il D.P.R. 7 settembre 2010 n. 160 individua lo Sportello Unico per le attività produttive quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività (articolo 2, co. 1). Le domande le dichiarazioni, le segnalazioni e le comunicazioni concernenti le attività ed i relativi allegati anche tecnici sono presentati esclusivamente in modalità telematica al SUAP competente per territorio in cui si svolge l'attività o è situato l'impianto e il SUAP provvede all'inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, e anch’esse adottano modalità telematiche di ricevimento e di trasmissione (cfr. articolo 12, co. 5 e 6) (articolo 2, co. 2 e 3). Il SUAP – che è dunque il tramite tra il soggetto richiedente e le amministrazioni coinvolte (articolo 4, co. 2), comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità - deve assicurare a quest’ultimo una risposta telematica unica e tempestiva (articolo 4, co. 1).
La vigente disciplina sulle ZES di cui al D.L. n. 91/2014 (L. n. 123/2017) ha disposto, all’articolo 5, co. 1, lett.a-ter), l’istituzione, presso ogni Commissario straordinario ZES, di uno sportello unico digitale presso il quale i soggetti interessati ad avviare una nuova attività soggetta all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5-bis del medesimo decreto legge, presentano il proprio progetto.
Si ricorda che l’istituzione dello sportello unico digitale presso le ZES, ad opera dell’articolo 11 del D.L. n. 152/2021, ha attuato la Riforma 1 (Missione 5, Componente 3) del PNRR, relativa alla “Semplificazione delle procedure e rafforzamento dei poteri del Commissario nelle Zone Economiche Speciali”, il cui Traguardo era previsto entro il 31 dicembre 2021. Lo sportello unico digitale consente la presentazione dei progetti di nuove attività nelle ZES e prevede semplificazioni procedurali e per la risoluzione delle controversie nei casi di opposizione delle amministrazioni interessate nell’ambito della conferenza dei servizi. All’attuazione di tale Riforma del PNRR ha altresì contribuito quanto previsto dall’articolo 57 del decreto-legge n. 77 del 2021, il quale ha rafforzato, in particolare, il ruolo dei Commissari straordinari per le ZES.
Lo sportello unico è reso disponibile anche in lingua inglese e opera secondo i migliori standard tecnologici, con carattere di interoperabilità rispetto ai sistemi e alle piattaforme digitali in uso presso gli enti coinvolti nell'istruttoria del procedimento. Nelle more della piena operatività dello sportello unico digitale, le domande di autorizzazione unica sono state presentate allo sportello unico per le attività produttive (SUAP) territorialmente competente, a sua volta obbligato a trasmetterle al Commissario con le modalità determinate mediante accordo tra questo e gli enti titolari dei SUAP.
Gli Sportelli Unici Digitali Zes sono stati realizzati nell’anno 2022, nel numero di 8, sulla base di una convenzione che l’Agenzia per la Coesione territoriale ha siglato con Unioncamere sono stati finanziati dal Programma Operativo Complementare PON Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 (si rinvia al comunicato stampa di unioncamere).
Secondo la relazione illustrativa, l'estensione dello sportello unico in ragione della definizione del nuovo perimetro territoriale della ZES UNICA per tutto il Mezzogiorno garantirà il rafforzamento del presidio e la maggiore efficienza del processo di decisione della governance dei programmi di investimento pubblico relativi alla ZES Unica qualificandosi quale intervento finalizzato a stimolare, favorire e determinare il cambiamento strutturale del funzionamento delle pubbliche amministrazioni attraverso la progettazione ed implementazione di una piattaforma digitale unica per tutte le ZES. L'adozione di una strumentazione unica, il coinvolgimento degli stakeholders di tutte le Aree garantiranno, in tal senso, il superamento di difformità procedurali e comporteranno un miglioramento di carattere permanente della capacità amministrativa e tecnica con impatto generale sull'attuazione delle politiche settoriali volte al rafforzamento della ZES Unica Mezzogiorno.
Ai sensi del comma 2, nell’ambito dell’area della ZES Unica il S.U.D. ZES rappresenta il livello essenziale delle prestazioni e ha competenza in relazione:
a) ai procedimenti amministrativi inerenti alle attività economiche e produttive di beni e servizi e di tutti i procedimenti amministrativi concernenti la realizzazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi;
Tali attribuzioni possono essere ricondotte alla previsione che attribuisce al S.U.D. ZES le funzioni di sportello unico delle attività produttive. Si rinvia alla ricostruzione normativa nel box in calce alla presente scheda di lettura.
b) ai procedimenti amministrativi riguardanti l’intervento edilizio, compresi gli interventi di trasformazione del territorio ad iniziativa privata e gli interventi sugli edifici esistenti e quelli necessari alla realizzazione, modifica ed esercizio di attività produttiva;
c) ai procedimenti amministrativi riguardanti la realizzazione, l’ampliamento la ristrutturazione di strutture dedicate ad eventi sportivi o eventi culturali di pubblico spettacolo.
Ai sensi del comma 3, S.U.D. ZES opera secondo i migliori standard tecnologici ed in conformità alle specifiche tecniche di cui all'articolo 5 dell'Allegato al D.M. 12 novembre 2021.
Il decreto del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale 12 novembre 2021, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 288 del 3 dicembre 2021, ha approvato le modalità telematiche e i requisiti tecnici di riferimento della comunicazione e del trasferimento dei dati tra il SUAP e i soggetti coinvolti nei procedimenti. Tali modalità sono indicate nell’allegato 1 del decreto, che sostituisce il precedente allegato al D.P.R. 160/2010. L’allegato all’articolo 2, comma 3, dispone che i requisiti tecnici si basano su specifiche tecniche, definite, ai sensi dell’articolo 5, nel rispetto delle Linee Guida AgID sull’interoperabilità tecnica delle Pubbliche Amministrazioni e Linee Guida AgID. I SUAP si devono dotare di sistemi informatici conformi alle specifiche tecniche.
Il comma 3 dispone che i provvedimenti conclusivi dei procedimenti sottoposti ad autorizzazione unica siano acquisiti - ai sensi dell'articolo 43-bis del D.P.R. 445/2000 e dell'articolo 4, comma 6, del D.lgs. 219/2016 - al fascicolo informatico d'impresa di cui all'articolo 2 della L. n. 580/1993. Il fascicolo d'impresa rende disponibili i documenti a tutte le pubbliche amministrazioni interessate.
L’articolo 43-bis del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A) disciplina la certificazione e documentazione d'impresa, disponendo che il SUAP:
a) trasmette esclusivamente in modalità telematica alle altre PA coinvolte nel procedimento le comunicazioni e i documenti attestanti atti, fatti, qualità, stati soggettivi, nonché gli atti di autorizzazione, licenza, concessione, permesso o nulla osta comunque denominati rilasciati dallo stesso SUAP o acquisiti da altre PA o comunicati dall'impresa o dalle agenzie per le imprese, incluse le certificazioni di qualità o ambientali;
b) invia il duplicato informatico dei documenti sopra indicati alla camera di commercio territorialmente competente, ai fini dell’inserimento nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) e della raccolta e conservazione in un fascicolo informatico per ciascuna impresa.
c) L’articolo 43-bis del D.P.R. vieta alle amministrazioni di richiedere ai soggetti interessati la produzione dei documenti che devono essere acquisiti dal SUAP.
Il D.lgs. 25 novembre 2016, n. 219, di riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, all’articolo 6, comma 4, dispone che una copia dei provvedimenti conclusivi di procedimenti amministrativi concernenti attività d'impresa adottati successivamente al 10 dicembre 2016 (data di entrata in vigore del D.lgs.) è inviata, con modalità informatica ovvero telematicamente, a cura dei responsabili di tali procedimenti, alla camera di commercio nella cui circoscrizione l'impresa ha sede per il loro inserimento nel fascicolo informatico d'impresa.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lett. b) della legge n. 580/1993, recante la disciplina delle camere di commercio, nel fascicolo informatico d’impresa sono raccolti dati relativi alla costituzione, all'avvio ed all'esercizio delle attività dell'impresa.
Nelle more della piena operatività dello sportello unico digitale, le domande di autorizzazione unica sono presentate al SUAP territorialmente competente, che le trasmette alla Struttura di Missione ZES con le modalità di interazione tra i SUAP e le altre pubbliche amministrazioni come definite dal citato D.M. 12 novembre 2021.
Il comma 4 prevede che agli oneri derivanti dalla realizzazione dello Sportello unico si provveda a valere sulle disponibilità del Programma nazionale capacità per la coesione, finanziato dai fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027
L’articolo 6 della Direttiva 2006/123/CE, cd. Direttiva servizi e meglio nota come Direttiva Bolkestein ha obbligato gli Stati membri a provvedere affinché i prestatori di servizi privati possano espletare tutte le procedure e le formalità necessarie per l’accesso alle attività e per l’esercizio delle stesse attraverso gli «sportelli unici», concepiti come interlocutori istituzionali unici che consentono al privato di non contattare più autorità o enti competenti per raccogliere tutte le informazioni necessarie e per espletare tutte le procedure relative alla sua attività.
La direttiva servizi ha trovato, in primis, attuazione con l’articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 (L. n. 133/2008), il quale, sotto la rubrica “impresa in un giorno” ha attribuito al Governo il potere di procedere, con regolamento di delegificazione, alla semplificazione e al riordino della disciplina dello sportello unico per le attività produttive (SUAP), già istituito e normato dal D.P.R. n. 447/1998, ma non ancora al tempo operativo su tutto il territorio nazionale. I criteri per la semplificazione e il riordino del SUAP sono stati individuati nel comma 3 dell’articolo 38 e sono i seguenti:
§ rendere il SUAP l'unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva al fine di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le PP.AA. comunque coinvolte nel procedimento, non solo con riferimento alle procedure e alle formalità per i prestatori di servizi di cui alla “Direttiva servizi”, ma anche con riferimento alla realizzazione e alla modifica di impianti produttivi di beni e servizi. In questi termini, dunque, la portata dell’intervento è stata più ampia di quella prescritta dal legislatore europeo (lett. a) e b), comma 3);
§ assicurare, anche attraverso apposite misure telematiche, il collegamento tra le attività relative alla costituzione dell'impresa e alla attività produttiva della stessa (lett. c), comma 3);
§ la possibilità di affidare a soggetti privati accreditati, le «Agenzie per le imprese», l’attestazione della sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione, la trasformazione, il trasferimento e la cessazione dell'esercizio dell'attività di impresa;
§ l'attività di impresa può essere avviata immediatamente nei casi in cui sia sufficiente la presentazione della SCIA[18] allo sportello unico;
§ lo sportello unico, al momento della presentazione della dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell'intervento, rilascia una ricevuta che, in caso di SCIA, costituisce titolo autorizzatorio;
§ per i progetti di impianto produttivo eventualmente contrastanti con gli strumenti urbanistici, sono previsti trenta giorni per il rigetto o la formulazione di osservazioni ostative, ovvero per l'attivazione della conferenza di servizi per la conclusione certa del procedimento;
§ in caso di mancato ricorso alla conferenza di servizi, scaduto il termine previsto per le altre amministrazioni per pronunciarsi sulle questioni di loro competenza, l'amministrazione procedente conclude in ogni caso il procedimento prescindendo dal loro avviso.
Ulteriori criteri direttivi ai fini dell’adozione del regolamento governativo di semplificazione del SUAP sono stati poi dettati dal successivo decreto legislativo n. 59/2010 (articolo 25) di attuazione della direttiva servizi, il quale ha disposto:
§ l’espletamento in via telematica di tutte le procedure necessarie per poter svolgere le attività di servizi attraverso il SUAP;
§ la presentazione delle domande necessarie per l'accesso alle attività di servizi e per il loro esercizio presso lo sportello unico (ovvero presso le Agenzie di servizi);
§ l’obbligo per le Autorità competenti di garantire che presso il SUAP il prestatore possa espletare tutte le ulteriori formalità richieste (dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie a ottenere il titolo per l'accesso o per l'esercizio dell’attività, nonché le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione a ordini, albi e collegi e a altri organismi).
L’obbligo per il SUAP di erogare i propri servizi verso l'utenza in via telematica, è stato generalizzato con il (di poco) successivo decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 ([19]).
In attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge n. 112/2008, nonché dell’articolo 25 del citato decreto legislativo n. 59/2010 e del citato decreto legislativo n. 235/2010, è stato emanato il D.P.R. 7 settembre 2010 n. 160, recante il “Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive”. La disciplina in questione è stata poi oggetto di modifiche ed integrazioni, sempre nell’ottica di introdurre ulteriori semplificazioni per le imprese, con i decreti legislativi attuativi della Legge cd. “Madia” (legge n. 124/2015).
Il D.P.R. 7 settembre 2010 n. 160 individua il SUAP quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività produttive[20] e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività (articolo 2, co. 1).
Le domande le dichiarazioni, le segnalazioni e le comunicazioni concernenti le attività ed i relativi allegati anche tecnici sono presentati esclusivamente in modalità telematica al SUAP competente per territorio in cui si svolge l'attività o è situato l'impianto e il SUAP provvede all'inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, e anch’esse adottano modalità telematiche di ricevimento e di trasmissione (cfr. articolo 12, co. 5 e 6) (articolo 2, co. 2 e 3)
Il SUAP – che è dunque il tramite tra il soggetto richiedente e le amministrazioni coinvolte (articolo 4, co. 2), comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità - deve assicurare a quest’ultimo una risposta telematica unica e tempestiva (articolo 4, co. 1).
I comuni possono esercitare le funzioni inerenti al SUAP in forma singola o associata tra loro, o in convenzione con le camere di commercio e salva diversa disposizione dei comuni interessati e ferma restando l'unicità del canale di comunicazione telematico con le imprese da parte del SUAP, sono attribuite al SUAP le competenze dello sportello unico per l'edilizia produttiva (articolo 4, co. 5 e 6).
Sono esclusi dall'ambito di applicazione del Regolamento SUAP:
§ gli impianti e le infrastrutture energetiche,
§ le attività connesse all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti e di materie radioattive,
§ gli impianti nucleari e di smaltimento di rifiuti radioattivi, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, nonché
§ le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi di cui alla disciplina sugli appalti pubblici (articolo 2, co. 4).
Nei casi in cui le attività siano assoggettate al regime amministrativo della SCIA, il procedimento è automatizzato (artt. 5 e 6). La segnalazione è presentata al SUAP. Nei casi in cui sia contestuale alla comunicazione unica, la SCIA è presentata presso il registro imprese, che la trasmette immediatamente al SUAP, il quale rilascia la ricevuta[21].
La comunicazione unica è prevista dall’articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7. L'interessato presenta all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese ed ha effetto ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali, nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA.
Il Regolamento ammette che nelle attività il cui avvio sia sottoposto a SCIA o a silenzio assenso, il soggetto interessato possa avvalersi delle Agenzia per le imprese (articolo 6)[22].
Al di fuori dai regimi autorizzatori sopra indicati, opera la procedura ordinaria (articolo 7), per cui le istanze per l'esercizio delle attività, sono presentate al SUAP che, entro trenta giorni dal ricevimento, salvi i termini più brevi previsti dalla disciplina regionale, può richiedere all'interessato la documentazione integrativa; decorso tale termine l'istanza si intende correttamente presentata. Verificata la completezza della documentazione, il SUAP adotta il provvedimento conclusivo entro trenta giorni, salvi i termini più brevi previsti dalla normativa regionale.
Il riordino della disciplina della Conferenza dei Servizi, operato dal decreto legislativo n. 127/2016 in attuazione della Legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge n. 124/2015 – “Legge Madia”), finalizzato a renderne più celeri i tempi, ha inciso sulla procedura in esame.
In particolare, quando è necessario acquisire intese, nulla osta, concerti o assensi di diverse amministrazioni pubbliche, il responsabile del SUAP indice una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dalla disciplina riformata contenuta negli artt. 14 a 14-quinquies della legge n. 241/1990[23], ovvero dalle altre normative di settore. Il provvedimento conclusivo del procedimento, assunto nei termini di cui alla citata disciplina, è, ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione dell'intervento e per lo svolgimento delle attività richieste.
In caso di mancato ricorso alla Conferenza di servizi, ovvero nel caso in cui sia scaduto il termine di trenta giorni sopra indicato, il responsabile conclude in ogni caso il procedimento.
Nel procedimento ordinario qui in esame, l’Agenzia per le imprese può compiere esclusivamente attività istruttoria.
Il comma 4 stabilisce che le amministrazioni interessate allo Sportello Unico Digitale ZES - S.U.D. ZES provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui ai precedenti commi 1, 2 e 3, con oneri posti a carico del Programma Nazionale “Capacità per la Coesione” finanziato dai fondi strutturali europei della programmazione 2021-2027.
Il Programma Nazionale “Capacità per la Coesione” 2021-2027 (CapCoe) è cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo sociale europeo Plus (FSE+) con una dotazione complessiva di 1.267.433.334 euro, comprensiva del cofinanziamento nazionale.
Il Programma è stato approvato con Decisione di esecuzione C(2023) 374 della Commissione europea del 12 gennaio 2023 con procedura di carry-over che preserva integralmente la disponibilità delle allocazioni finanziarie per l’annualità 2022.
La quota di finanziamento europeo è indicata in 617,2 milioni di euro, di cui 570,2 milioni sono riferiti al FESR e 47 milioni al FSE+.
La gran parte delle risorse sono destinate alle regioni meno sviluppate, (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), di cui 565,2 milioni a valere sul FESR e 34,4 milioni sul FSE+, attraverso il nuovo meccanismo del “Finanziamento non collegato ai costi” (FNLC).
Il principale obiettivo del PN “Capacità per la Coesione” 2021-2027 è quello di migliorare l’efficacia attuativa degli interventi finanziati dalla politica di coesione attraverso il rafforzamento della capacità istituzionale delle Pubbliche Amministrazioni, con particolare attenzione al livello territoriale.
Il PN “Capacità per la Coesione” 2021-2027 è articolato in quattro priorità.
La Relazione tecnica stima l’onere per la realizzazione dello sportello unico, in 3.500.000 euro nell’anno 2024.
“Ai fini della quantificazione dei citati oneri, si è tenuto conto in via prudenziale della necessità di effettuare interventi tecnologici di sviluppo sia del Portale “ImpresalnUnGiorno”, unico punto di accesso (nazionale e europeo) a tutti i servizi fomiti dalla Pubblica Amministrazione italiana alle imprese, che lo Sportello Unico telematico del sistema camerale, finalizzati all’estensione dell’architettura in essere con l’integrazione del nuovo Sportello Unico digitale appositamente realizzato per la ZES Unica. Tutte le attività di carattere tecnologico dovranno essere per quanto necessario conformi alle specifiche tecniche di cui all’articolo 5 del decreto interministeriale 12 novembre 2021 al fine di assicurare l’interoperabilità con gli Enti terzi coinvolti nel procedimento e l’accessibilità ai dati.
In questo contesto, il Sistema Camerale contribuirà alla realizzazione dell’estensione dello Sportello Unico Digitale per la ZES Unica all’interno della piattaforma telematica “ImpresalnUnGiorno” nella cui implementazione il DPR 160/2010 gli ha conferito una duplice responsabilità, in quanto owner della creazione ed aggiornamento di impresainungiorno.gov.it quale unico portale di accesso nazionale ed europeo a tutti i servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione italiana alle imprese, in relazione alla vita d’impresa, ed in quanto chiamato in causa nell’assistere i singoli Comuni, responsabili della creazione del SUAP, allo scopo di rendere operativo lo Sportello Unico per le Attività Produttive, fornendo anche agli stessi una piattaforma informatica di front-office standard e disponibile a livello nazionale. Inoltre, al fine di rendere disponibile la documentazione amministrativa agli Enti Locali e alle altre amministrazioni coinvolte, il sistema camerale renderà accessibili le autorizzazioni rilasciate dalla ZES Unica all’interno del fascicolo informatico di impresa.
L’importo pari a 3,5 milioni è stato definito sulla base dei dati di budget di precedenti progetti per la realizzazione di sistemi analoghi e tiene conto (comprende) anche degli eventuali oneri connessi alle attività di accompagnamento in favore delle Amministrazioni titolari dei SUAP, da espletarsi nella fase di avvio dello sportello unico e consistenti in specifiche iniziative di affiancamento e formazione degli operatori, quantificati, questi ultimi, in 300.000 euro”.
Articolo 14
(Procedimento unico)
L’articolo 14 prevede che i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all’insediamento di attività industriali, produttive ed economiche all’interno della ZES unica, siano di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e dispone che siano soggetti ad autorizzazione unica.
L’articolo 14, comma 1, dispone che i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all’insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES unica siano soggetti ad autorizzazione unica.
Si rammenta che un’analoga previsione con riferimento al vigente sistema delle ZES ed al relativo regime commissariale, è contenuta all’articolo 5-bis del D.L. n. 91/2017, di cui l’articolo 22, comma 1 del decreto in esame dispone l’abrogazione a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Quest’ultima, disciplinata nel dettaglio dall’articolo 15, alla cui scheda si rinvia, è rilasciata su istanza di parte, nel rispetto delle normative vigenti in materia di valutazione di impatto ambientale.
Le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale sono contenute nel D.Lgs. n. 152/2006. I progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale (o a previa verifica di assoggettabilità a VIA) sono indicati negli allegati alla parte seconda di detto decreto. Per valutazione d'impatto ambientale (VIA), si intende, ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 152/2006, il processo che comprende l'elaborazione e la presentazione di uno studio d'impatto ambientale da parte del proponente, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione dello studio d'impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente e degli esiti delle consultazioni, l'adozione del provvedimento di VIA in merito agli impatti ambientali del progetto, l'integrazione del provvedimento di VIA nel provvedimento di approvazione o autorizzazione del progetto.
L’autorizzazione unica, si precisa, sostituisce tutti i titoli abilitativi e autorizzatori comunque denominati, necessari alla localizzazione, all’insediamento, alla realizzazione, alla messa in esercizio, alla trasformazione, alla ristrutturazione, alla riconversione, all’ampliamento o al trasferimento, nonché alla cessazione o alla riattivazione delle attività economiche, industriali, produttive e logistiche.
Sono, ad ogni modo, esclusi i progetti soggetti a segnalazione certificata di inizio attività, a cui continuano, quindi, ad applicarsi le disposizioni in materia di SCIA di cui all’articolo 19 della legge n. 241/1990.
L’articolo 19 della legge n. 241/1990 prevede che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di un’attività, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, sia sostituito da una segnalazione dell'interessato.
Sono, tuttavia, esclusi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, nonché gli atti previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche o imposti dalla normativa comunitaria.
La segnalazione è corredata dalle attestazioni e asseverazioni e dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. L’attività può essere iniziata dalla data di presentazione dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente, che, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti richiesti, entro sessanta giorni, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività; qualora sia possibile conformare l’attività alla normativa vigente, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie.
Sono, inoltre, fatte salve le norme vigenti in materia di autorizzazione di impianti e infrastrutture energetiche, in materia di opere ed altre attività ricadenti nella competenza territoriale degli aeroporti, nonché in materia di investimenti di rilevanza strategica come definiti dall’articolo 32 del D.L. n. 115/2022 e dall’articolo 13 del D.L. n. 104/2023.
L’articolo 32 del D.L. n. 115/2022 prevede l’istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa manifestazione di interesse da parte di un soggetto pubblico o privato e presentazione di un piano economico-finanziario, di aree di interesse strategico nazionale per la realizzazione di piani o programmi che prevedano investimenti pubblici o privati anche cumulativamente pari a un importo non inferiore ad euro 400.000.000,00 relativi ai settori di rilevanza strategica. Sono tali i settori relativi alle filiere della microelettronica e dei semiconduttori, delle batterie, del supercalcolo e calcolo ad alte prestazioni, della cibersicurezza, dell'internet delle cose (IoT), della manifattura a bassa emissione di CO2, dei veicoli connessi, autonomi e a basse emissioni, della sanità digitale e intelligente e dell'idrogeno, individuate dalla Commissione Europea come catene strategiche del valore. L'istituzione dell'area equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle relative opere. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la regione o la provincia autonoma territorialmente competente o proponente, può essere nominato un Commissario unico delegato del Governo per lo sviluppo dell'area, l'approvazione di tutti i progetti pubblici e privati e la realizzazione delle opere pubbliche, specificandone i poteri. Rileva, a tal proposito, il procedimento autorizzatorio unico accelerato regionale per settori di rilevanza strategica previsto dall’articolo 27-ter, introdotto dall’articolo 33 del D.L. n. 115/2022. Detta norma dispone, al comma 1, che, nell'ambito delle aree di interesse strategico nazionale per la realizzazione di piani o programmi che prevedano investimenti pubblici o privati non inferiori ad euro 400.000.000,00 relativi ai settori ritenuti di rilevanza strategica, caratterizzati da più elementi progettuali corrispondenti a diverse tipologie soggette a VIA o a verifica di assoggettabilità a VIA o, laddove necessario, a VAS, rientranti in parte nella competenza statale e in parte nella competenza regionale, l'autorità ambientale competente è la regione e tutte le autorizzazioni sono rilasciate, se il proponente ne fa richiesta, nell'ambito di un procedimento volto al rilascio di un provvedimento autorizzatorio unico accelerato regionale (PAUAR), disciplinato sempre all’articolo 27-ter, ai commi successivi.
L’articolo 13 del D.L. n. 104/2023 prevede, invece, che il Consiglio dei ministri possa, con propria deliberazione, su proposta del Ministro delle imprese e del made in Italy, possa dichiarare il preminente interesse strategico nazionale di grandi programmi d'investimento esteri sul territorio italiano, che richiedono, per la loro realizzazione, procedimenti amministrativi integrati e coordinati di enti territoriali, amministrazioni statali e altri enti o soggetti pubblici. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è nominato, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente interessata, un commissario straordinario di Governo per assicurare il coordinamento e l'azione amministrativa necessaria per la tempestiva ed efficace realizzazione del programma d'investimento individuato e dichiarato di preminente interesse strategico. Gli atti amministrativi necessari alla realizzazione del programma d'investimento dichiarato di preminente interesse strategico sono rilasciati nell'ambito di un procedimento unico di autorizzazione ivi disciplinato. L’autorizzazione è rilasciata dal medesimo commissario straordinario.
Il comma 2 definisce di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti i progetti inerenti alle attività economiche ovvero all’insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES unica.
Si rammenta che la dichiarazione di pubblica utilità è propedeutica, ai sensi del D.P.R. n. 327/2001, all’adozione dei decreti di esproprio necessari alla realizzazione di tali progetti. L’articolo 13 del D.P.R. n. 327/2001 prevede che il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera possa stabilire il termine entro cui il decreto di esproprio va emanato. Altrimenti, esso può essere emanato entro il termine di cinque anni, prorogabile di ulteriori quattro anni.
Il comma 3, stante l’unitarietà del contenuto dell’autorizzazione unica e del relativo procedimento autorizzativo, vieta il frazionamento del procedimento per l’acquisizione asincrona dei diversi titoli abilitativi necessari per il medesimo intervento.
Il comma 4 prevede la presentazione, da parte di ogni regione interessata, al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, al Ministro per la pubblica amministrazione e al Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, di una proposta di protocollo o convenzione per l’individuazione di ulteriori procedure semplificate e regimi procedimentali speciali entro il 1° marzo 2024.
Il termine è indicato in sessanta giorni dalla data di cui all’articolo 20, comma 2. L’articolo 20, comma 2 prevede che l’articolo 14, in esame, così come l’articolo 15, si applichino alle istanze presentate a far data dal 1° gennaio 2024. Si rammenta che le regioni comprese nella ZES unica sono, a mente dell’articolo 9, comma 2, l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna.
La proposta individua dettagliatamente le procedure oggetto di semplificazioni, le norme di riferimento e le amministrazioni locali e statali competenti ed è approvata dalla cabina di regia di cui all’articolo 10, comma 1, alla cui scheda si rinvia. Sono parti dell’accordo o protocollo la regione proponente e le amministrazioni locali o statali competenti per ogni procedimento individuato.
Ai sensi dell’articolo 22, comma 2, le norme sul procedimento unico di cui sopra si applicano alle istanze presentate dal 1° gennaio 2024. Per un approfondimento delle disposizioni transitorie e di coordinamento contenute al medesimo articolo, si rinvia alla relativa scheda.
Articolo 15
(Autorizzazione unica)
L’articolo 15 stabilisce che le imprese le quali intendono avviare attività economiche, ovvero insediare attività industriali, produttive e logistiche all’interno della Zona economica speciale (ZES), presentino la relativa istanza allo Sportello unico, allegando la documentazione prevista dalle normative di settore finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni. I commi dal 2 al 6 definiscono le regole applicabili al procedimento di autorizzazione unica. Il comma 7 stabilisce che le previsioni di cui ai commi da 1 a 6 si applicano, altresì, alle opere e altre attività ricadenti nella competenza territoriale delle autorità di sistema portuale. Il comma 8, infine, modifica l’articolo 10, comma 8, del decreto-legge n. 198 del 2022 prorogando ulteriormente, dal 30 settembre al 31 dicembre 2023, l’applicabilità della disciplina di cui all’articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge n. 76 del 2020.
L’articolo 15, comma 1, stabilisce che le imprese le quali intendono avviare attività economiche, ovvero insediare attività industriali, produttive e logistiche all’interno della Zona economica speciale (ZES), presentino la relativa istanza allo Sportello unico di cui all’articolo 15 (alla cui scheda di lettura di fa rinvio), allegando la documentazione e gli eventuali elaborati progettuali previsti dalle normative di settore, per consentire alle amministrazioni competenti la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa, finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto.
Il comma 2 precisa che, a seguito dell’avvenuta presentazione dell’istanza e dei relativi documenti allegati, è rilasciata, in via telematica, una ricevuta, che attesta l’avvenimento e indica i termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere, ovvero entro i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento dell’istanza.
Ai sensi del comma 3, entro venti giorni dal ricevimento dell’istanza e previa verifica della completezza documentale, lo sportello unico digitale S.U.D. ZES può richiedere al proponente eventuale documentazione integrativa, ritenuta necessaria allo svolgimento dell’istruttoria, su richiesta delle amministrazioni competenti. Per adempiere alla richiesta, il proponente può chiedere la sospensione del procedimento per un massimo di trenta giorni. Nel caso in cui la documentazione richiesta non sia trasmessa entro il termine stabilito, la domanda si intende respinta.
Il comma 4 prevede che entro tre giorni dalla ricezione della documentazione, la Struttura di missione ZES (vedi supra, scheda di lettura dell’articolo 10) indica la conferenza di servizi semplificata di cui all'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, alla quale si applicano una serie di disposizioni ulteriori.
L’articolo 14 della legge n. 241 del 1990 consente all’amministrazione procedente di indire una conferenza di servizi, anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati. Le modalità di svolgimento della conferenza sono previste in via generale dall'articolo 14-bis anche se è consentito all'amministrazione procedente definire modalità diverse. Più in particolare, la conferenza si svolge in forma semplificata e in modalità asincrona, salvo specifici casi previsti dai commi 6 e 7 dell’articolo 14-bis. La conferenza è indetta dall'amministrazione procedente entro cinque giorni lavorativi dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. A tal fine l'amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate:
a) l'oggetto della determinazione da assumere, l'istanza e la relativa documentazione ovvero le credenziali per l'accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell'istruttoria;
b) il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere integrazioni documentali o chiarimenti;
c) il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni (novanta nel caso in cui il procedimento incida sulla tutela dell’ambiente), entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento;
d) la data della eventuale riunione in modalità sincrona da tenersi entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera c). Entro tale termine le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni, relative alla decisione oggetto della conferenza. Il comma 5 dell’articolo 14-bis stabilisce poi che entro cinque giorni lavorativi l'amministrazione procedente adotti la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero qualora ritenga, sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle amministrazioni ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza. Qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l'amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l'effetto del rigetto della domanda. Il comma 4 chiarisce che, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine di cui al comma 2, lettera c), ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell'amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell'amministrazione, per l'assenso reso, ancorché implicito.
La conferenza di servizi decisoria è sempre indetta dall'amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici. Quando l'attività del privato sia subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti, di competenza di diverse amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, da una delle amministrazioni procedenti.
Con riferimento alla conferenza dei servizi, il comma 4 prevede, alla lettera a), che tutte le amministrazioni coinvolte rilascino le determinazioni di competenza entro il termine perentorio di trenta giorni (quarantacinque in caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, alla tutela della salute o dell'incolumità pubblica, fatti salvi i maggiori termini previsti dalle disposizioni del diritto dell'Unione europea).
La lettera b) prevede che, al di fuori dei casi di cui all'articolo 14-bis, comma 5 della legge n. 241 del 1990 (vedi supra), il soggetto attuatore svolga, entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, con le modalità di cui all'articolo 14-ter, comma 4, della medesima legge n. 241 del 1990 (vedi supra), una riunione telematica di tutte le amministrazioni coinvolte nella quale, preso atto delle rispettive posizioni, proceda senza ritardo alla stesura della determinazione motivata conclusiva della conferenza di servizi, tenendo altresì in considerazione i potenziali impatti nella realizzazione del progetto o dell'intervento oggetto dell'istanza nonché il conseguimento degli obiettivi indicati nel Piano strategico della ZES unica;
La lettera c) consente alle amministrazioni dissenzienti di proporre opposizione contro la determinazione motivata conclusiva della conferenza di servizi, ai sensi e nei termini indicati all'articolo 14-quinquies, della legge n. 241 del 1990. Si considera in ogni caso acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni che non abbiano partecipato alla riunione ovvero, pur partecipandovi, non abbiano espresso la propria posizione, ovvero abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.
La lettera d) disciplina il caso in cui si renda necessario riconvocare la conferenza di servizi sul livello successivo di progettazione, stabilendo che tutti i termini vengano ridotti della metà e gli ulteriori atti di autorizzazione, di assenso e i pareri comunque denominati, eventualmente necessari in fase di esecuzione, vengano rilasciati in ogni caso nel termine di sessanta giorni dalla richiesta.
La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominati e consente la realizzazione di tutte le opere, prestazioni e attività previste nel progetto (comma 5). Essa comprende, recandone l'indicazione esplicita, la valutazione di impatto ambientale e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto. Ove necessario, costituisce variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'intervento.
Qualora il progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale (VIA) di competenza regionale e trovi applicazione l'articolo 27-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente), che disciplina il provvedimento autorizzatorio unico regionale, il comma 6 prevede che alla conferenza di servizi indetta dall'autorità competente partecipi sempre il rappresentante della Struttura di missione ZES.
Il citato articolo 27-bis disciplina il caso di procedimenti di VIA di competenza regionale, prevedendo che il proponente presenti all'autorità competente un'istanza alla quale sono allegati la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine per richiedere integrazioni all’istanza ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e il termine di conclusione della stessa è di novanta giorni decorrenti dalla data della prima riunione. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende, recandone l'indicazione esplicita, il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto. Nel caso in cui il rilascio di titoli abilitativi settoriali sia compreso nell'ambito di un'autorizzazione unica, le amministrazioni competenti per i singoli atti di assenso partecipano alla conferenza e l'autorizzazione unica confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico regionale. Il comma 7-ter prevede che, laddove uno o più titoli compresi nella determinazione motivata di conclusione della conferenza attribuiscano carattere di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza, costituiscano variante agli strumenti urbanistici e vincolo preordinato all'esproprio, la determinazione conclusiva della conferenza sia tenuta a darne atto.
Il comma 6 dell’articolo in esame dispone che la determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, ove necessario, costituisca variante allo strumento urbanistico e comporti, anche ai fini di quanto disposto dall’appena richiamato comma 7-ter dell’articolo 27-bis del Codice dell’ambiente, la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'intervento.
Qualora siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti che abbiano condotto ad un diniego di autorizzazione, il coordinatore della Struttura di missione ZES può chiedere al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR il deferimento della questione al Consiglio dei ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti. La Presidenza del Consiglio dei ministri indice, entro dieci giorni dalla richiesta, una riunione preliminare con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso valutazioni contrastanti. In tale riunione i partecipanti formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l'individuazione di una soluzione condivisa, che sostituisca, in tutto o in parte, il diniego di autorizzazione. Qualora all'esito della suddetta riunione l'intesa non sia raggiunta, si applica, in quanto compatibile, l'articolo 14-quinquies, comma 6, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990. L'intera procedura deve svolgersi nel termine massimo di sessanta giorni.
Il citato articolo 14-quinquies dispone in ordine ai rimedi per le amministrazioni che hanno espresso dissenso avverso la determinazione motivata di conclusione di una conferenza di servizi. Il comma 3 prevede che la proposizione dell'opposizione sospenda l'efficacia della determinazione. Ai sensi del successivo comma 4, spetta in tali casi alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di indire, per una data non posteriore al quindicesimo giorno successivo alla ricezione dell'opposizione, una riunione con la partecipazione delle amministrazioni che hanno espresso il dissenso e delle altre amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza. In tale riunione i partecipanti formulano proposte, in attuazione del principio di leale collaborazione, per l'individuazione di una soluzione condivisa, che sostituisca la determinazione motivata di conclusione della conferenza con i medesimi effetti. Qualora in tale riunione, alla quale abbiano partecipato amministrazioni delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, non venga raggiunta un’intesa, il comma 5 specifica che vi è la possibilità di indire, entro i successivi quindici giorni, una seconda riunione, che si svolge con le medesime modalità e allo stesso fine. Nel in cui non sia raggiunta un'intesa tra le amministrazioni partecipanti alle due succitate riunioni, il comma 6 prevede infine che l'amministrazione procedente adotti una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza. Qualora all'esito delle riunioni, e comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della riunione, l'intesa non sia raggiunta, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri. La questione è posta, di norma, all'ordine del giorno della prima riunione del Consiglio dei ministri successiva alla scadenza del termine per raggiungere l'intesa. Alla riunione del Consiglio dei ministri possono partecipare i Presidenti delle regioni o delle province autonome interessate. Qualora il Consiglio dei ministri non accolga l'opposizione, la determinazione motivata di conclusione della conferenza acquisisce definitivamente efficacia. Il Consiglio dei ministri può accogliere parzialmente l'opposizione, modificando di conseguenza il contenuto della determinazione di conclusione della conferenza, anche in considerazione degli esiti delle riunioni di cui ai commi 4 e 5.
Si valuti l’opportunità di includere il riferimento ai commi 4 e 5 dell’articolo 14-quinquies della legge n. 241 del 1990.
Il comma 7 stabilisce che le previsioni di cui ai commi da 1 a 6 si applicano, altresì, alle opere e altre attività ricadenti nella competenza territoriale delle autorità di sistema portuale. In tal caso, la Struttura di missione ZES provvede a trasmettere, entro il termine di cui al comma 4, l'istanza e la documentazione presentata all'Autorità di sistema portuale competente che, in qualità di amministrazione procedente, provvede a convocare la conferenza di servizi ed a rilasciare l'autorizzazione unica prevista dai citati commi.
Alla conferenza di servizi partecipa sempre un rappresentante della Struttura di missione ZES. Qualora il rappresentante della Struttura di missione ZES abbia espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza, il coordinatore della Struttura di missione ZES può chiedere al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR il deferimento della questione al Consiglio dei ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, entro dieci giorni dalla comunicazione della determinazione motivata di conclusione della conferenza. In caso di deferimento della questione al Consiglio dei ministri ai sensi del quarto periodo, si applicano le previsioni del comma 6, quarto, quinto, sesto e settimo periodo.
Il comma 8 dell’articolo in esame, infine, modifica l’articolo 10, comma 8, del decreto-legge n. 198 del 2022 prorogando ulteriormente, dal 30 settembre al 31 dicembre 2023, l’applicabilità della disciplina di cui all’articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge n. 76 del 2020, estesa anche agli operatori economici con sede operativa collocata in aree di crisi industriale che abbiano acquistato, nei dodici mesi successivi alla cessazione dello stato di emergenza da COVID–19, stabilimenti o aziende ubicate in dette aree.
Il citato articolo 2, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge n. 76 del 2020 aveva previsto la possibilità di ricorrere, fino al 30 giugno 2023, alla procedura negoziata di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125, per i settori speciali, per l'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie comunitarie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche in caso di singoli operatori economici con sede operativa collocata in aree di preesistente crisi industriale complessa che, con riferimento a dette aree ed anteriormente alla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria da COVID-19 del 31 gennaio 2020, avevano stipulato con le pubbliche amministrazioni competenti un accordo di programma per lo sviluppo di investimenti nelle aree sopra richiamate. La disposizione in esame, pertanto, proroga il termine di applicabilità della disciplina sopra descritta, già prorogato dal 30 giugno 2022 al 30 settembre 2023 dall’articolo10, comma 8, del decreto-legge n. 198 del 2022, sino al 31 dicembre 2024.
Articolo 16
(Credito d’imposta ZES unica)
L’articolo 16 introduce, per l’anno 2024, il credito di imposta per la ZES unica, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a favore delle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise. Il comma 3 individua i settori esclusi dall’agevolazione, il comma 4 indica i criteri di determinazione della misura del contributo, il comma 5 specifica la base giuridica europea per la compatibilità della misura e il comma 6 reca la copertura finanziaria rinviando a un decreto del Ministero per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR l’individuazione del limite di spesa complessivo.
In particolare, il comma 1 prevede che, per l'anno 2024, alle imprese che effettuano l'acquisizione dei beni strumentali indicati nel comma 2, destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise, ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), e nelle zone assistite della regione Abruzzo, ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 107, paragrafo 3, lettera e), del TFUE, come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, è concesso un contributo, sotto forma di credito d'imposta, nella misura massima consentita dalla medesima Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 e nel limite massimo di spesa definito ai sensi e con le procedure previste dal comma 6.
Nella relazione illustrativa, il Governo precisa che tale misura è adottata nelle more dell'esercizio della delega al Governo per la revisione del sistema tributario, di cui all'articolo l, della legge n. 111 del 2023, recante "Delega al Governo per la riforma fiscale'', e in coerenza con i principi e i criteri direttivi specifici di cui e all'articolo 9, comma l, lett. i), della citata legge, in materia di sviluppo economico del Mezzogiorno.
Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea prevede un divieto generale di concedere aiuti di Stato (articolo 107, par 1) al fine di evitare che, concedendo vantaggi selettivi a talune imprese, venga falsata la concorrenza nel mercato interno. Gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione eventuali aiuti di Stato che intendano concedere, a meno che essi siano coperti da un'esenzione generale per categoria o siano di minore importanza, con un impatto appena percettibile sul mercato (principio "de minimis")[24].
In particolare, il paragrafo 3 dell’articolo 107 stabilisce che possono considerarsi compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.
Il comma precisa inoltre che alle imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli, nel settore della pesca e dell'acquacoltura, disciplinato dal regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 dicembre 2013, e nel settore della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, che effettuano l'acquisizione di beni strumentali, gli aiuti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico.
Come indicato nel box precedente, il TFUE prevede la possibilità di concedere aiuti di Stato in relazione ad alcuni obiettivi politici. Per quanto concerne il settore agricolo e forestale, è prevista all'articolo 107, paragrafo 2, lettera b) del TFUE, la compatibilità con il mercato interno di quegli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da calamità naturali o da altri eventi eccezionali. Inoltre, conformemente all'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, la Commissione può considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato destinati ad agevolare lo sviluppo economico dei settori agricolo e forestale e quello delle zone rurali, sempreché non alterino le condizioni degli scambi.
La competenza in materia di aiuti di Stato, nel settore agricolo è esercitata dalla Direzione Generale Agricoltura e dello sviluppo rurale (DG AGRI), che inquadra la politica della concorrenza nell'ambito della Politica Agricola Comune. Si veda il relativo sito per maggiori dettagli.
Il comma 2 precisa che, per le finalità di cui al comma l, sono agevolabili gli investimenti, facenti parte di un progetto di investimento iniziale come definito all'articolo 2, punti 49, 50 e 51, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, relativi all'acquisto, anche mediante contratti di locazione finanziaria, di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nel territorio, nonché all'acquisto di terreni e all’acquisizione, alla realizzazione ovvero all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti. Il valore dei terreni e degli immobili non può superare il 50% del valore complessivo dell'investimento agevolato.
Noto come il regolamento generale di esenzione per categoria, il regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione punta a permettere ai governi dell’Unione europea (UE) di destinare importi maggiori di denaro pubblico a un insieme più ampio di imprese, senza prima dover richiederne il permesso alla Commissione europea.
Come regola generale, con l’eccezione degli importi di modesta entità, gli aiuti di Stato devono essere notificati e autorizzati dalla Commissione prima della concessione. Il regolamento esenta gli Stati membri da tale obbligo di notifica, purché siano soddisfatti i criteri del regolamento generale di esenzione per categoria.
L’esenzione è progettata per ridurre gli oneri amministrativi delle autorità nazionali e locali e per incoraggiare i governi dell’UE a incanalare gli aiuti verso la crescita economica, senza dare ai riceventi un ingiusto vantaggio competitivo.
La gamma delle categorie di aiuti in esenzione da notifica comprende: gli aiuti ai poli di innovazione, i regimi di aiuto per ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali, gli aiuti per le infrastrutture a banda larga, gli aiuti per la cultura e la conservazione del patrimonio, gli aiuti per lo sport e infrastrutture multifunzionali ricreative, gli aiuti agli investimenti per le infrastrutture locali.
L'ampliamento, rispetto al regolamento precedente, delle misure di aiuto esentate è bilanciata da diversi meccanismi di salvaguardia quali la trasparenza che prevede l'istituzione di registri pubblici nazionali dei singoli aiuti concessi; il monitoraggio con il rafforzamento dei controlli di conformità ex post con i requisiti formali per l'esenzione; la valutazione per verificare se le ipotesi e le condizioni alla base della compatibilità di un regime di aiuto sono state rispettate, se gli obiettivi sono stati realizzati e che impatto l'aiuto ha avuto sulla concorrenza e sugli scambi.
Si veda, per ulteriori informazioni sul regolamento, la pagina relativa sul sito EUR-Lex.
L’articolo 2 del regolamento 651/2014 reca le definizioni necessarie alla fine dell’applicazione del regolamento. In particolare, i punti 49, 50 e 51 indicano:
49) "investimento iniziale":
a) un investimento in attivi materiali e immateriali relativo alla creazione di un nuovo stabilimento, all'ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, alla diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati precedentemente o a un cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente;
b) l'acquisizione di attivi appartenenti a uno stabilimento che sia stato chiuso o che sarebbe stato chiuso senza tale acquisizione e sia acquistato da un investitore che non ha relazioni con il venditore. Non rientra nella definizione la semplice acquisizione di quote di un'impresa;
50) "attivita' uguali o simili": attivita' che rientrano nella stessa classe (codice numerico a quattro cifre) della classificazione statistica delle attivita' economiche NACE Rev. 2 di cui al regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che definisce la classificazione statistica delle attivita' economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonche' alcuni regolamenti (CE) relativi a settori statistici specifici;
51) "investimento iniziale a favore di una nuova attivita' economica":
a) un investimento in attivi materiali e immateriali relativo alla creazione di un nuovo stabilimento o alla diversificazione delle attivita' di uno stabilimento, a condizione che le nuove attivita' non siano uguali o simili a quelle svolte precedentemente nello stabilimento;
b) l'acquisizione di attivi appartenenti a uno stabilimento che sia stato chiuso o che sarebbe stato chiuso senza tale acquisizione e sia acquistato da un investitore non ha relazioni con il venditore, a condizione che le nuove attivita' che verranno svolte utilizzando gli attivi acquisiti non siano uguali o simili a quelle svolte nello stabilimento prima dell'acquisizione
Ai sensi del comma 3, l'agevolazione di cui ai commi 1 e 2 non si applica ai soggetti che operano nei settori dell'industria siderurgica, carbonifera e della lignite, dei trasporti e delle relative infrastrutture, della produzione, dello stoccaggio, della trasmissione e della distribuzione di energia e delle infrastrutture energetiche, della banda larga nonché ai settori creditizio, finanziario e assicurativo. L'agevolazione, altresì, non si applica alle imprese che si trovano in stato di liquidazione o di scioglimento ed alle imprese in difficoltà come definite dall’articolo 2 punto 18 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014.
L’articolo 2, punto 18, del regolamento 651/2014 (si veda box sopra) reca la definizione di "impresa in difficoltà": un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:
a) nel caso di societa' a responsabilita' limitata (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell'ammissibilita' a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell'intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso piu' della meta' del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate. Cio' si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della societa') da' luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla meta' del capitale sociale sottoscritto. Ai fini della presente disposizione, per "societa' a responsabilita' limitata" si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato I della direttiva 2013/34/UE e, se del caso, il "capitale sociale" comprende eventuali premi di emissione;
b) nel caso di societa' in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilita' illimitata per i debiti della societa' (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell'ammissibilita' a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell'intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso piu' della meta' dei fondi propri, quali indicati nei conti della societa', a causa di perdite cumulate. Ai fini della presente disposizione, per "societa' in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilita' illimitata per i debiti della societa'" si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato II della direttiva 2013/34/UE;
c) qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
d) qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;
e) nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:
1) il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5; e
2) il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.
Il comma 4 stabilisce che, fermo restando il limite complessivo di spesa definito ai sensi del comma 6, il credito d'imposta di cui al presente articolo è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni indicati nel comma 2 acquistati o, in caso di investimenti immobiliari di cui al citato comma 2, realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di l00 milioni di euro. Per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l'acquisto dei beni; tale costo non comprende le spese di manutenzione. Non sono agevolabili i progetti di investimento di importo inferiore a 200.000 euro. Se i beni oggetto dell'agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione. Se, entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione, il credito d'imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti. Per i beni acquisiti in locazione finanziaria, le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche se non viene esercitato il riscatto. Il credito di imposta indebitamente utilizzato rispetto all'importo rideterminato secondo le disposizioni del presente comma è restituito mediante versamento da eseguire entro il termine stabilito per il versamento a saldo dell'imposta sui redditi dovuta per il periodo d'imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate.
Ai sensi del comma 5, il credito d'imposta di cui al presente articolo è concesso nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, e in particolare dall'articolo 14 del medesimo regolamento, che disciplina gli aiuti a finalità regionale agli investimenti.
L’articolo 14 del regolamento (UE) 651/2014 stabilisce, in particolare, paragrafo 1, che le misure di aiuto a finalita' regionale agli investimenti sono compatibili con il mercato interno ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato e sono esentate dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, del trattato purche' soddisfino una serie di condizioni, tra cui che gli aiuti vengano concessi nelle zone assistite. Inoltre, nelle zone assistite che soddisfano le condizioni dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), del trattato, gli aiuti possono essere concessi per un investimento iniziale, a prescindere dalle dimensioni del beneficiario. Nelle zone assistite che soddisfano le condizioni dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato, gli aiuti possono essere concessi a PMI per qualsiasi forma di investimento iniziale. Gli aiuti alle grandi imprese possono essere concessi solo per un investimento iniziale a favore di una nuova attivita' economica nella zona interessata. L’articolo specifica la tipologia di costi ammissibili nonché la necessità che, una volta completato, l'investimento sia mantenuto nella zona beneficiaria per almeno cinque anni o per almeno tre anni nel caso delle PMI.
Il comma prosegue specificando che il credito d'imposta è cumulabile con aiuti de minimis e con altri aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i medesimi costi ammessi al beneficio, a condizione che tale cumulo non porti al superamento dell'intensità o dell'importo di aiuto più elevati consentiti dalle pertinenti discipline europee di riferimento. Ai fini del riconoscimento dell'agevolazione, le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nelle aree d'impianto, ubicate nelle zone assistite di cui al comma 1, nelle quali è stato realizzato l'investimento oggetto di agevolazione, per almeno cinque anni dopo il completamento dell'investimento medesimo. L'inosservanza dell'obbligo di cui al terzo periodo determina la revoca dei benefici concessi e goduti secondo le modalità stabilite con il decreto di cui al comma 6. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di riconoscimento del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l'utilizzo. Al credito d'imposta non si applica il limite di cui all’articolo 1, comma 53 (limite annuale pari a 250.000 euro per i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi), della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007).
La legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 98 a 108 della legge n. 208 del 2015) ha originariamente introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1° gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019, successivamente prorogato al 31 dicembre 2023 da diverse disposizioni legislative.
L’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 91 del 2017 ha originariamente elevato tale credito di imposta per le imprese operanti nelle Zone economiche speciali - ZES (come individuate dall’articolo 4 del medesimo decreto-legge n. 91[25]), fissandolo in 50 milioni di euro l’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento al quale è commisurato il credito d’imposta, che veniva peraltro prorogato al 31 dicembre 2020 (limitatamente alle ZES).
Tale limite temporale è stato portato al 31 dicembre 2022 dall’articolo 1, comma 316, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) e quindi al 31 dicembre 2023 dall’articolo 1, comma 267, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
L’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento al quale è commisurato il credito d’imposta è stato elevato da 50 a 100 milioni dall’articolo 57 del decreto-legge n. 77 del 2021 ed esteso all'acquisto di immobili strumentali agli investimenti.
A sua volta, l’articolo 37 del decreto-legge n. 36 del 2022 ha esteso tale credito d’imposta nelle ZES anche all'acquisto di terreni e all'acquisizione, alla realizzazione ovvero all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti.
Si ricorda, infine, che il credito di imposta per investimenti è stato previsto anche per i comuni delle Regioni Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpiti dagli eventi sismici succedutisi dal 24 agosto 2016 (art. 18-quater del decreto-legge n. 8 del 2017), nonché in favore delle imprese, già esistenti e di nuova istituzione, che operano nelle Zone logistiche semplificate – ZLS, cioè nelle aree portuali delle regioni più sviluppate (articolo 1, commi da 61 a 65-bis, della legge n. 205 del 2017).
Il comma 6 stabilisce che il credito di imposta di cui al presente articolo è riconosciuto nel limite di spesa complessivo, per l'anno 2024, determinato con decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro il 30 dicembre 2023, a valere sulle risorse europee e nazionali della politica di coesione come individuate sulla base della ricognizione effettuata dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri con le amministrazioni titolari delle medesime, nel rispetto dei criteri di ammissibilità e delle procedure di utilizzo delle citate risorse. Gli importi, europei e nazionali, riconosciuti a titolo di credito d'imposta dall'Unione europea, sono versati alla contabilità speciale n. 1778 intestata all’Agenzia delle entrate.
Con il decreto di cui al primo periodo del comma 6 sono definite, altresì, le modalità di accesso al beneficio, nonché i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta e dei relativi controlli, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo.
Il comma 6 opera, pertanto, un rinvio alla fonte normativa secondaria – il decreto ministeriale – della determinazione sia di alcuni elementi di disciplina essenziali ai fini della piena operatività del suddetto credito d’imposta (modalità di accesso al beneficio da parte dei soggetti aventi diritto, criteri e modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, controlli), sia del limite di spesa entro il quale il credito medesimo è riconosciuto, vale a dire degli oneri che effettivamente discenderanno dall’operatività di questo istituto.
A tal riguardo, si rileva come la norma in esame si limiti ad indicare la fonte di finanziamento della misura nelle “risorse europee e nazionali della politica di coesione”. Si tratta di un’espressione che include risorse relative a fondi che, pur accomunati dall’obiettivo di contribuire al raggiungimento degli obiettivi della politica di coesione europea e nazionale, soggiacciono a regimi giuridici e contabili differenti – in particolare, tra i Fondi strutturali europei (FESR e FSE+) e il Fondo per lo sviluppo e la coesione, costituito unicamente da risorse nazionali.
Inoltre, la misura entro la quale si attingerà alle predette risorse – vale a dire, il limite di spesa complessivo per l’anno 2024, anno finanziario nel quale gli oneri connessi all’attuazione del credito d’imposta saranno effettivamente prodotti – sarà determinata dal citato decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. Tale decreto, in base al comma 6, da un lato dovrà essere adottato, di concerto con il MEF, entro il 30 dicembre 2023. Dall’altro, tuttavia, esso potrà essere adottato soltanto a seguito, e sulla base, della ricognizione effettuata dal Dipartimento per le politiche di coesione con le amministrazioni titolari delle risorse medesime.
Sotto questo profilo, la modalità di individuazione dei profili finanziari della misura si differenzia da quella adoperata nel caso del credito di imposta per il Mezzogiorno introdotto dalla legge di stabilità 2016 (si veda, al riguardo, il box “I vigenti crediti di imposta per investimenti nelle ZES”).
L’articolo 1, comma 108, della citata legge di stabilità, indicava esplicitamente, infatti, gli oneri per ciascuno degli anni, dal 2016 al 2023, prevedendo altresì che i corrispondenti importi fossero iscritti in apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. La norma rinviava, inoltre, per la copertura finanziaria, alle risorse europee e di cofinanziamento nazionale previste nel programma operativo nazionale «Imprese e Competitività 2014/2020» e nei programmi operativi relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2014/2020 delle regioni interessate dall'incentivo, prevedendo che, a tal fine le predette risorse fossero annualmente versate all'entrata del bilancio dello Stato. La disposizione prevedeva, infine, un meccanismo di anticipazione delle risorse a carico delle disponibilità del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge n. 183 del 1987.
Si valuti, pertanto, l’opportunità di specificare in sede legislativa i profili operativi e finanziari della norma in esame.
Per quanto riguarda ciascun programma regionale del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del Fondo di sviluppo europeo Plus (FSE+) relativi al ciclo di programmazione 2021-2027, nella successiva tabella si riporta l’ammontare totale delle risorse ad essi destinati, con la suddivisione tra quota a valere sul bilancio comunitario e quella di cofinanziamento nazionale, nonché degli estremi dell’atto di adozione del programma (decisione della Commissione).
Programma |
Totale |
di cui risorse UE |
di cui cofin. Naz. |
Decisione di esecuzione |
FESR ABRUZZO |
681,1 |
272,4 |
408,7 |
C(2022) 9380 dell’8.12.2022 |
FSE+ ABRUZZO |
406,6 |
162,6 |
244,0 |
C(2022) 8894 del 29.11.2022 |
FESR FSE+ MOLISE |
402,5 |
281,7 |
120,8 |
C(2022) 8590 del 22.11.2022 |
FESR CAMPANIA |
5.534,6 |
3.874,2 |
1.660,4 |
C(2022) 7879 del 26.10.2022 |
FESR FSE+ PUGLIA |
5.577,3 |
3.792,5 |
1.784,8 |
C(2022) 8461 del 17.11.2022 |
FESR FSE+BASILICATA |
983,0 |
688,1 |
294,9 |
C(2022) 9766 del 16.12.2022 |
FESR FSE+ CALABRIA |
3.173,1 |
2.221,2 |
951,9 |
C(2022) 8027 del 3.11.2022 |
FESR SICILIA |
5.858,9 |
4.101,3 |
1.757,6 |
C(2022) 9366 dell’8.12.2022 |
FSE+ SICILIA |
1.515,6 |
1.060,9 |
454,7 |
C(2022) 6184 del 25.8.2022 |
FESR SARDEGNA |
1.581,0 |
1.106,7 |
474,3 |
C(2022) 7883 del 26.10.2022 |
FSE+ SARDEGNA |
744,0 |
520,8 |
223,2 |
C(2022) 6166 del 25.8.2022 |
Articolo 17
(Disposizioni in materia di investimenti)
L’articolo 17 reca alcune disposizione volte a favorire la realizzazione di investimenti strategici con particolare riguardo agli interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico.
L’articolo in questione, inoltre, contiene delle ulteriori disposizioni per realizzare gli obiettivi del PNRR e del Piano nazionale degli investimenti complementari, con riguardo al tema delle cauzioni che le imprese debbono fornire per l’esecuzione degli appalti pubblici per la realizzazione delle opere legate ai due piani sopracitati.
In particolare con il comma 1 si prevede lo slittamento del termine stabilito ex lege per la presentazione, da parte di talune amministrazioni, della documentazione funzionale alla redazione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza nel settore idrico (di seguito anche “Piano”), così come disciplinato dall’articolo 1, comma 516-bis della legge n. 205 del 2017.
Nel dettaglio, infatti, il sopracitato articolo 1, comma 516-bis ha stabilito che, con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri della transizione ecologica, delle politiche agricole alimentari e forestali, della cultura e dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata, sono definiti le modalità e i criteri per la redazione e per l'aggiornamento del Piano.
In attuazione di tale previsione, conseguentemente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dunque emanato il decreto interministeriale n. 325/2022, il quale ha previsto che, entro i successivi novanta giorni dalla pubblicazione del bando per la definizione e l’aggiornamento del Piano, le Autorità di bacino distrettuali, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti di Governo d’Ambito trasmettono allo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Direzione generale dighe, le relative informazioni e la documentazione necessaria alla redazione del Piano medesimo.
A tale proposito è utile segnalare che, per l’anno 2023, in attuazione della normativa sopra descritta, la direzione generale dighe del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato il bando per la redazione del Piano in data 21 giugno 2023, fissando il termine per la trasmissione al MIT della relativa documentazione per la data 20 settembre 2023.
Con nota presentata in sede di Conferenza unificata Stato Regioni del 2 agosto 2023, tuttavia, le amministrazioni coinvolte hanno ritenuto il termine sopra indicato come eccessivamente breve, stante il necessario adeguamento della propria attività istruttoria, propedeutica alla trasmissione al MIT della documentazione prevista. Alla luce di tali necessità, pertanto, per il solo anno 2023, si prevede uno slittamento del suddetto termine dal 20 settembre al 30 ottobre, così come richiesto dalla stessa Conferenza unificata.
Al contempo, al fine di non alterare la partecipazione delle amministrazioni alla determinazione e revisione del Piano, viene specificato che la proroga del termine de qua deve intendersi riferita anche alla possibilità di integrare e/o modificare quanto eventualmente già precedentemente trasmesso da talune amministrazioni.
Il comma 2, invece, prevede che, al fine di supportare il rilascio delle cauzioni che le imprese forniscono per l'esecuzione di appalti pubblici e l'erogazione degli anticipi contrattuali, SACE S.p.A può ricorrere a strumenti e tecniche di mitigazione del rischio e avvalersi di riassicuratori e contro-garanti del mercato privato, mentre il comma 3 prevede che la stessa SACE S.p.A. dia comunicazione del ricorso a tali strumenti e dei relativi effetti in termini di diversificazione e miglioramento qualitativo del portafoglio di garanzie perfezionate, gestito da SACE e di facilitazione dell’accesso delle imprese al credito.
Il comma 4, infine, prevede che gli eventuali proventi rinvenienti dal ricorso a riassicuratori e contro-garanti del mercato privato sono versati, a seconda dei casi, al Fondo di cui all’articolo 64 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (finanziamento a favore degli investimenti del green new deal), o al Fondo di cui all’articolo 6, comma 9-quater, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio.
Il comma 5 precisa che dall’attuazione delle disposizioni contenute nei commi 2, 3 e 4 non debbono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 6, da ultimo, aumenta da uno a tre i rappresentanti della Conferenza unificata presenti nella cabina di regia sul codice dei contratti pubblici, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e disciplinata dall’articolo 221 del codice degli appalti.
L’articolo 18 eleva il limite massimo del compenso annuo attribuito ai componenti a titolo non esclusivo del Nucleo per le politiche di coesione (NUPC), organismo del Dipartimento per le politiche di coesione con funzioni di valutazione e analisi delle politiche di coesione e di sviluppo territoriale, nonché di valutazione e verifica degli investimenti pubblici.
Inoltre si consente ai componenti del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP) di mantenere gli incarichi già conferiti fino alla data di cessazione delle attività dell’Agenzia per la coesione territoriale.
La norma in esame modifica l’articolo 50 del decreto-legge n. 13 del 2023 il quale è intervenuto sul sistema di governance delle politiche di coesione disponendo la soppressione dell’Agenzia per la coesione territoriale ed il trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’articolo 50 ha inoltre previsto l’istituzione del Nucleo per le politiche di coesione (NUPC) che assorbirà le funzioni finora svolte dal Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP) e dal Nucleo di verifica e controllo (NUVEC).
In particolare l’art. 50, comma 1, ha previsto che a decorrere dalla data stabilita da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro l’11 aprile 2023 (45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 13 del 2023), l’Agenzia per la coesione territoriale è soppressa e l'esercizio delle relative funzioni è attribuito al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, che succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi all’Agenzia e ne acquisisce le risorse umane, strumentali e finanziarie, con conseguente incremento della dotazione organica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale D.P.C.M. non risulta essere stato ancora emanato. Non risultano emanati, inoltre, gli altri decreti previsti dall’articolo 50 (commi 2-18) funzionali al passaggio di consegne della soppressa Agenzia al Dipartimento per le politiche di coesione.
L’articolo 50, comma 10, prevede che entro il 26 maggio 2023 (90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) con D.P.C.M. si provvede alla riorganizzazione del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP) che viene ridenominato Nucleo per le politiche di coesione (NUPC) e al quale sono trasferite le funzioni e le attività attribuite dalle vigenti disposizioni al Nucleo di verifica e controllo (NUVEC).
Il nuovo Nucleo per le politiche di coesione (NUPC) è costituito da un numero massimo di 40 componenti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero dell'Autorità politica delegata per le politiche di coesione, ove nominata, e sono scelti, nel rispetto della parità di genere, fra: dipendenti delle amministrazioni pubbliche; personale degli enti pubblici economici; esperti estranei alla pubblica amministrazione, anche appartenenti a Paesi dell'Unione europea, in possesso di specifica e comprovata specializzazione professionale nel settore della valutazione delle politiche e nella valutazione e gestione dei programmi e dei progetti di sviluppo socio-economico ovvero nel campo delle verifiche sull'attuazione dei programmi e dei progetti d'investimento delle pubbliche amministrazioni, enti e soggetti operanti con finanziamento pubblico. Nell'ambito della dotazione complessiva del Nucleo possono essere attribuiti incarichi a titolo non esclusivo, in numero non superiore a 10, per un periodo di tre anni rinnovabile una sola volta, a esperti estranei alla pubblica amministrazione in possesso dei citati requisiti (art. 50, comma 11).
L’articolo 50, comma 12, modificato dalla norma in esame, disciplina il trattamento economico omnicomprensivo annuo lordo dei componenti del Nucleo per le politiche di coesione (NUPC) che viene compreso tra un minimo di 50.000 euro e un massimo di 140.000 euro, esclusi gli oneri a carico dell'amministrazione. Per i componenti a titolo non esclusivo il compenso annuo lordo era indicato fino a 30.000 euro, esclusi gli oneri a carico dell'amministrazione. Tale limite è elevato a 50.000 euro dalla norma in esame (lett. a)).
Si ricorda che i compensi per i componenti del NUPC sono corrisposti a valere sulle disponibilità finanziarie allocate nei pertinenti capitoli di spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri, che sono integrate con le risorse finanziarie, già destinate al funzionamento del NUVEC e trasferite con il decreto del MEF previsto dal comma 5, fino a copertura del fabbisogno finanziario e, in ogni caso, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (art. 50 comma 16).
Il comma 2 della norma in esame dispone che agli oneri derivanti dal comma 1, lettera a), si provvede nell’ambito delle risorse disponibili nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
L’articolo 50, comma 14, modificato dalla norma in esame, stabilisce che gli incarichi già conferiti a qualsiasi titolo ai componenti del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP), diversi da quelli specificamente individuati dall’art. 2, comma 5, del D.P.C.M. 19 novembre 2014 (cioè conferiti a un massimo di cinque dirigenti appartenenti ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri), cessano con la conclusione delle procedure di conferimento dei nuovi incarichi in attuazione del D.P.C.M. di riorganizzazione del NUPC ai sensi del precedente comma 10. La norma in esame prevede invece che i predetti incarichi sono mantenuti fino alla data di cessazione delle attività dell'Agenzia per la coesione territoriale indicata nel decreto di cui al comma 2, ovvero fino alla loro naturale scadenza, se anteriore (lett. b)).
Il Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP) è stato costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con D.P.C.M. 19 novembre 2014 (in attuazione dell’art. 10, comma 9, del D.L. n. 101 del 2013). Il NUVAP è costituito da non più di 32 componenti e può essere articolato in aree che sono individuate con decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con decreto del Segretario generale sono altresì individuate le fasce retributive, in un massimo di quattro, per la determinazione dei compensi da attribuire. I componenti, che operano in piena autonomia di giudizio ed indipendenza di valutazione, sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica delegata. Con il decreto di nomina, in relazione alle responsabilità attribuite e alle competenze possedute, è attribuito il compenso sulla base della fascia professionale individuata.
Il NUVAP interviene in ordine alle attività di valutazione delle politiche e dei progetti di sviluppo socio-economico e territoriale, di coordinamento del Sistema nazionale di valutazione della politica regionale e di verifica e monitoraggio del rispetto del principio di addizionalità comunitaria. Effettua inoltre analisi e supporto tecnico finalizzati all'implementazione di indicatori e meccanismi premiali nonché un supporto alle amministrazioni nei rapporti con gli organi delle istituzioni internazionali in tema di valutazione e analisi statistica delle politiche di sviluppo territoriali.
Con lo stesso D.P.C.M. 19 novembre 2014 è stato inoltre costituito, presso l’Agenzia per la coesione territoriale, il Nucleo di verifica e controllo (NUVEC). Il NUVEC è costituito da non più di 30 componenti e può essere articolato in aree di attività, individuate con provvedimento del Direttore generale dell’Agenzia.
Il NUVEC ha funzioni in tema di verifiche, anche con successiva emissione di rapporti ed eventuali proposte di revoca del finanziamento, sull'attuazione dei programmi e dei progetti d'investimento delle Amministrazioni, enti e soggetti operanti con finanziamento pubblico; esercita inoltre funzioni di audit al fine della correttezza e regolarità della spesa e di proposta delle iniziative da adottare per la rimozione degli ostacoli all'attuazione ed all'accelerazione della spesa.
Articolo 19
(Rafforzamento della capacità amministrativa degli enti territoriali delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia e del Dipartimento per le politiche di coesione)
L’articolo 19, a decorrere dal 2024, autorizza le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le città metropolitane, le province, le unioni dei comuni e i comuni appartenenti a tali regioni, ad assumere, con contratto di lavoro a tempo indeterminato e nell'ambito delle vigenti dotazioni organiche, personale non dirigenziale nel limite massimo complessivo di 2.200 unità, di cui 71 unità riservate al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri.
In particolare, si dispone che il suddetto personale – la cui assunzione è finalizzata al rafforzamento della capacità amministrativa dei predetti enti territoriali e delle funzioni di coordinamento nazionale del Dipartimento per le politiche di coesione – sia inquadrato nel livello iniziale dell’area dei funzionari prevista dal CCNL 2019-2021 del comparto Funzioni locali, ovvero della categoria A del CCNL della Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 1).
Manifestazione di interesse
Il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del consiglio dei ministri, entro il 19 novembre 2023 (ossia sessanta giorni dal 20 settembre 2023, data di entrata in vigore del presente decreto legge), pubblica sul proprio sito istituzionale un avviso finalizzato all’acquisizione delle manifestazioni d’interesse da parte dei suddetti enti territoriali. A pena di inammissibilità, tali manifestazioni, oltre ad indicare le unità di personale richieste e i relativi profili professionali in coerenza con l’attuazione delle politiche di coesione, devono contenere l’assunzione dell’obbligo di adibire il personale reclutato esclusivamente allo svolgimento di attività direttamente afferenti le politiche di coesione (comma 2).
Sulla base della ricognizione del fabbisogno di personale, effettuata tramite la predetta manifestazione di interesse, con apposito DPCM (adottato, su proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, e sentita la Conferenza unificata) sono definiti i criteri di ripartizione tra le amministrazioni interessate delle risorse finanziarie e delle suddette unità di personale, entro i seguenti limiti di spesa (comma 3):
a) 2.631.154 euro per il 2024 e 5.262.307 euro annui a decorrere dal 2025 per le unità di personale da destinare al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri;
b) 5.639.375 euro per il 2024 e 11.278.750 euro annui a decorrere dal 2025 per le unità di personale da destinare alle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
c) 1.505.000 euro per il2024 e 3.010.000 euro annui a decorrere dal 2025 per le unità di personale da destinare alle città metropolitane appartenenti alle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
d) 2.902.500 euro per il 2024 e 5.805.000 euro annui a decorrere dal 2025 per le unità di personale da destinare alle province appartenenti alle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
e) 35.991.000 euro per il 2024 e 71.982.000 euro annui a decorrere dal 2025 per le unità di personale da destinare agli enti locali appartenenti alle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
A decorrere dal 2030, le risorse di cui alle lettere b), c), d) ed e) non utilizzate sono ridestinate, per il corrispondente esercizio finanziario, rispettivamente alle autorizzazioni di spesa di cui al successivo comma 8, lettere c), d), e) ed f) (vedi infra) (comma 9).
Reclutamento
Al fine di favorire l’acquisizione, il rafforzamento e la verifica delle competenze specifiche in materia di politiche di coesione, in coerenza con le finalità e la titolarità del Programma Nazionale FESR FSE+ Capacità per la coesione 2021-2027[26], il personale di cui al presente articolo è reclutato, attraverso una o più procedure per esami – per lo svolgimento delle quali la spesa è quantificata nel limite massimo di 3 milioni di euro per il 2024 - dal Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri, che si avvale della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle Pubbliche amministrazioni (RIPAM)[27], la quale adotta gli atti di propria competenza d'intesa con il Dipartimento per le politiche di coesione (comma 4, primo e ultimo periodo).
I componenti delle commissioni esaminatrici sono nominati dal Dipartimento per le politiche di coesione, in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente, di cui all’art. 35, c. 5 del D.Lgs. 165/2001 e all’art. 9, c. 2, del D.P.R. 487/1994, che dispongono, rispettivamente, che i suddetti componenti siano nominati dalla Commissione RIPAM e che per i concorsi unici le amministrazioni pubblicano, attraverso il Portale del reclutamento, specifici avvisi per la raccolta delle candidature a componente di commissione (comma 4, secondo periodo).
L’assegnazione alle amministrazioni di destinazione dei vincitori collocati utilmente nella graduatoria di merito conclusiva del concorso avviene secondo i criteri stabiliti con il predetto DPCM di cui al comma 3 (vedi ante), mentre coloro che in tale graduatoria sono collocati oltre i posti autorizzati, sono iscritti, secondo l'ordine di detta graduatoria, in un elenco appositamente istituito presso il Dipartimento per le politiche di coesione al quale le pubbliche amministrazioni[28] possono attingere non oltre il termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria, come disposto dall’art. 35, c. 5-ter, del D.Lgs. 165/2001 (comma 5).
Fino al 31 dicembre 2029, il personale così reclutato e assegnato alle predette pubbliche amministrazioni non può accedere alle procedure di mobilità previste dalla normativa vigenete (di cui all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001), né può essere utilizzato presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di prima assegnazione mediante comando, distacco o altro provvedimento di contenuto o effetto analogo (comma 7).
Corsi di formazione
Si prevede che i vincitori del concorso pubblico frequentino in presenza un corso di formazione sulle politiche di coesione, della durata non superiore a tre mesi, erogato da Formez PA o da istituzioni universitarie selezionate dal Dipartimento per le politiche di coesione, sentito il Ministero dell’università e della ricerca. Il corso di formazione prevede, altresì, l’espletamento di apposita sessione formativa mediante l’apposita piattaforma di formazione messa a diposizione dal Dipartimento della funzione pubblica. Per la partecipazione ai predetti corsi di formazione – le cui modalità organizzative sono definite da apposite convenzioni tra il Dipartimento per le politiche di coesione e le istituzioni universitarie o con Formez PA - è riconosciuta una borsa di studio di mille euro mensili lordi corrisposti, successivamente all’assunzione, da parte dalle Amministrazioni di assegnazione. Per l'erogazione delle borse di studio e per lo svolgimento dei corsi di formazione in oggetto la spesa è quantificata nel limite massimo di 11 milioni di euro per il 2024 (comma 6).
Oneri
Agli oneri derivanti dal presente articolo – pari a 62.669.029 euro per il 2024 e a 97.338.057 euro per ciascuno degli anni a decorrere dal 2025 - si provvede (comma 8):
a) quanto a 62.669.029 euro per il 2024 e a 97.338.057 euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029, a valere sulle risorse del Programma Nazionale FESR FSE+ Capacità per la coesione 2021-2027, ferme restando le modalità di rendicontazione del Programma (ai sensi degli artt. 37 e 95 del regolamento (UE) 2021/1060);
b) quanto a 5.262.307 euro annui a decorrere dal 2030, mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (di cui all’art. 1, c. 200, della L. 190/2014);
c) quanto a 11.278.750 euro annui a decorrere dal 2030, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale (di cui all’art. 1, c. 301, della L. 228/2012);
d) quanto a 3.010.000 euro annui a decorrere dal 2030, mediante corrispondente riduzione del fondo a favore delle città metropolitane (di cui all’art. 1, c. 783, della L. 178/2020);
e) quanto a 5.805.000 euro annui a decorrere dal 2030, mediante corrispondente riduzione del fondo a favore delle province (di cui all’art. 1, c. 783, della L. 178/2020);
f) quanto a 71.982.000 euro annui a decorrere dal 2030, mediante corrispondente riduzione del Fondo di solidarietà comunale (di cui all’art 1, c. 380, della L. 228/2012).
Articolo 20
(Disposizioni in materia di trattenimento presso i
Centri di permanenza per i rimpatri)
L’articolo 20 estende da 6 a 18 mesi il limite massimo di permanenza nei Centri per il rimpatrio (CPR) degli stranieri in attesa di espulsione. Il termine ordinario è di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi. Ulteriori proroghe, fino al massimo di altri 12 mesi possono essere stabilite in determinati casi: se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi.
La disposizione in esame modifica, a tal fine, l’articolo 14, comma 5, del D.Lgs. 286/1998 (Testo unico immigrazione – TUIM), rimodulando appunto i termini del trattenimento degli stranieri presso i Centri di permanenza per i rimpatri (CPR).
I CPR sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione.
Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento, lo straniero è trattenuto, per il tempo strettamente necessario, presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il trattenimento può essere anche disposto, sempre per coloro che sono stati raggiunti da un provvedimento di espulsione, in presenza di rischio di fuga, per la necessità di prestare soccorso o di effettuare accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità o anche per acquisire i documenti per il viaggio o la disponibilità di un mezzo di trasporto idoneo (TUIM, art. 14, comma 1).
Il provvedimento di trattenimento, adottato dal questore, deve essere convalidato entro 48 ore dal giudice di pace (TUIM, art. 14, comma 3).
Nei CPR lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità (TUIM, art. 14, comma 2).
La durata del trattenimento è disciplinata dal comma 5 dell’articolo 14 del TUIM. Secondo la disciplina previgente, il trattenimento era disposto, con provvedimento del questore, per un periodo di 30 giorni. Tale termine era prorogabile di altri 30 giorni se l'accertamento dell'identità e della nazionalità o l'acquisizione di documenti per il viaggio presentava gravi difficoltà. Il provvedimento di proroga era adottato dal giudice di pace previa richiesta del questore. Successivamente, il questore poteva chiedere al giudice di pace una o più proroghe (fino ad un massimo di 30 giorni) qualora fossero emersi elementi concreti che consentissero di ritenere probabile l'identificazione o se la proroga era necessaria al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. Nel complesso comunque, in via ordinaria, il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del CPR non poteva essere superiore a 90 giorni ed era prorogabile per altri 45 giorni qualora lo straniero fosse cittadino di un Paese con cui l'Italia avesse sottoscritto accordi in materia di rimpatri (tale termine, in precedenza fissato a 30 giorni è stato così elevato ad opera dell’articolo 10-bis del D.L. 20/2023).
Lo straniero che fosse già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo di 90 giorni poteva essere trattenuto presso il CPR per un periodo massimo di 30 giorni, prorogabile per altri 45 giorni, previa convalida del giudice di pace, qualora lo straniero fosse cittadino di un Paese con cui l'Italia avesse sottoscritto accordi in materia di rimpatri. Tale termine era ulteriormente prorogabile di 15 giorni, previa convalida da parte del giudice di pace, nei casi di particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio.
L’articolo in esame aumenta i termini di trattenimento - che arrivano complessivamente a 18 mesi in luogo dei 90 giorni più 45 della disciplina di cui sopra - come segue:
§ il termine iniziale di permanenza nei CPT a seguito del provvedimento del questore è di 3 mesi (in luogo di 30 giorni);
§ il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori 3 mesi (in luogo di ulteriori 30 giorni) qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà;
§ ulteriori proroghe possono essere disposte dal giudice, su richiesta del questore, per ulteriori periodi di 3 mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri 12 mesi (in luogo di 30 giorni);
§ le ulteriori proroghe successive ai primi 6 mesi sono ammesse nei casi in cui, “nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi” (la disciplina previgente, invece, prevede un’altra proroga di 30 giorni qualora emergano elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione o se la proroga sia necessaria al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio);
§ viene eliminata la proroga di 45 giorni per i cittadini di Paesi con i quali sono stati sottoscritti accordi di rimpatrio;
§ per gli stranieri già detenuti in strutture carcerarie per 6 mesi, il trattenimento nei CPR è disposto fino a 12 mesi al massimo (nella disciplina previgente il termine era di 30 giorni, prorogabile per altri 45 giorni per i cittadini di Paesi con cui l’Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri; il termine era inoltre prorogabile per altri 15 giorni previa convalida del giudice di pace, nei casi di particolare complessità delle procedure dello straniero a qualsiasi titolo detenuto).
Le modifiche al TUIM introdotte dall’articolo in esame sono evidenziate nel testo a fronte che segue.
Testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998) |
|
Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 20 del D.L. 124/2023 |
Art. 14 |
Art. 14 |
(…) |
(…) |
5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Trascorso tale termine, il questore può chiedere al giudice di pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio. In ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di permanenza per i rimpatri non può essere superiore a novanta giorni ed è prorogabile per altri quarantacinque giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri. Lo straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di novanta giorni indicato al periodo precedente, può essere trattenuto presso il centro per un periodo massimo di trenta giorni, prorogabile per altri quarantacinque giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri. Tale termine è prorogabile di ulteriori 15 giorni, previa convalida da parte del giudice di pace, nei casi di particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio. Nei confronti dello straniero a qualsiasi titolo detenuto, la direzione della struttura penitenziaria richiede al questore del luogo le informazioni sull'identità e sulla nazionalità dello stesso. Nei medesimi casi il questore avvia la procedura di identificazione interessando le competenti autorità diplomatiche. Ai soli fini dell'identificazione, l'autorità giudiziaria, su richiesta del questore, dispone la traduzione del detenuto presso il più vicino posto di polizia per il tempo strettamente necessario al compimento di tali operazioni. A tal fine il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia adottano i necessari strumenti di coordinamento. |
5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi tre mesi. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori tre mesi. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Il termine complessivo di sei mesi può essere prorogato dal giudice, su richiesta del questore, per ulteriori periodi di tre mesi e per una durata complessiva non superiore ad altri dodici mesi, nei casi in cui, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi. |
I termini di permanenza degli stranieri in attesa di espulsione nei centri per i rimpatri sono stati modificati nel tempo attraverso molteplici interventi legislativi. In origine, il periodo massimo di trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza (poi trasformati in centri di identificazione ed espulsione, CIE, in CPR) era fissato in 30 giorni. Tale termine è stato progressivamente aumentato fino a raggiungere i 18 mesi con l’approvazione del D.L. 89/2011.
La formulazione dell’art. 14, comma 5, come stabilita dal D.L. 89/2011, prevedeva che la convalida da parte del giudice della decisione di trattenimento comportasse una permanenza nel CIE di 30 giorni. Nel caso in cui tale periodo non fosse sufficiente all'identificazione dell'interessato o all'acquisizione dei documenti necessari per il rimpatrio, il giudice poteva disporre una proroga del trattenimento per altri 30 giorni, ulteriormente prorogabili dietro richiesta del questore, una prima volta di 60 giorni e poi di altri 60 giorni, fino ad un massimo di 180 giorni. Solo in alcuni casi specifici (ossia quando non era possibile procedere all'allontanamento a causa della mancata cooperazione del Paese terzo interessato al rimpatrio del cittadino o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi) il questore poteva chiedere ulteriormente al giudice di pace la proroga del trattenimento, di volta in volta, per periodi non superiori a 60 giorni, fino ad un termine massimo di ulteriori 12 mesi.
Occorre ricordare, che tale disposizione era contenuta nel Capo II del citato D.L. 89/2011, volto al recepimento nell’ordinamento nazionale della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (c.d. direttiva rimpatri). Il termine fissato dalla direttiva per il recepimento da parte degli Stati membri era già scaduto e la Commissione europea aveva avviato la fase prodromica all’apertura dell’infrazione per mancato recepimento. L‘attuazione della direttiva richiese l’adozione di diverse modifiche al Testo unico immigrazione.
Oltre all’ampliamento dei termini di trattenimento nei centri di cui sopra, merita accennare alla modifica operata dal D.L. 89/2011 ai commi 5-ter e 5-quater, art. 14, TUIM, che hanno attenuato le sanzioni per l’inottemperanza all’ordine del questore a lasciare il territorio nazionale entro sette giorni qualora non fosse stato possibile il trattenimento presso il centro ovvero la permanenza presso tale struttura non ne avesse consentito l’allontanamento dal territorio nazionale (ordine previsto dal comma 5-bis dell’articolo 14): le pene alla reclusione ivi previste (fino ad un massimo di 4 anni), sono state sostituite con un articolato sistema di multe. La relazione illustrativa motivava come segue la modifica allora operata : “A seguito dei recenti orientamenti giudiziari, soprattutto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (C-61/11/PPU del 28 aprile 2011), è stata eliminata - al fine di assicurare il cosiddetto “effetto utile” della Direttiva, ossia l’effettivo allontanamento dello straniero destinatario di un provvedimento di espulsione - la previsione della reclusione per chi non ottempera all’ordine del questore, sostituita, ora, con la multa, quale sanzione per un comportamento che, comunque, rimane antigiuridico. Con la suddetta sentenza, la Corte ha, infatti, sostenuto che, dovendo ogni Stato membro agire per eseguire i provvedimenti di rimpatrio, lo stesso non deve adottare misure che ne compromettano l’esecuzione, quali la reclusione, conseguente al reato di violazione dell’ordine del questore, in quanto non costituisce una misura volta ad effettuare il rimpatrio ma ne ostacola l’esecuzione. La pena pecuniaria, in caso di violazione dell’ordine, costituisce un ulteriore deterrente per la presenza irregolare sul territorio nazionale, nell’ambito delle misure, anche penali, volte all’esecuzione del provvedimento di rimpatrio, fermo restando quelle già previste dell’accompagnamento coattivo, del trattenimento nel CIE e dell’intimazione del questore. In caso di condanna, la sanzione può essere sostituita dal giudice con l’espulsione. L’adozione di un nuovo provvedimento di espulsione da parte del Prefetto conseguente alla violazione dell’ordine del questore -indipendente dall’espulsione decisa dal giudice – non è automatica ma è disposta previa valutazione effettuata caso per caso”.
Successivamente, la legge 161/2014 (legge europea 2013-bis) ha ridotto il termine massimo di trattenimento a 90 giorni.
La riduzione del termine di trattenimento massimo è stato introdotto nel corso dell’esame della Camera, e ulteriormente diminuito al Senato “per le riscontrate carenze dei centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale, che non possono legittimare una presenza superiore a questo limite” (Senato della Repubblica, Intervento della relatrice sul d.d.l. A.S. 1533, seduta del 4 settembre 2014).
Il D.L. 113/2018 ha poi aumentato a 180 giorni i termini di permanenza nei centri, ridotti nuovamente a 90 giorni, più 30 in caso di cittadini provenienti da Paesi con i quali sono stati sottoscritti accordi di cooperazione per i rimpatri, dal decreto-legge n. 130 del 2020. Tali termini sono stati portati a 90 giorni più 45 ad opera del D.L. 20/2023, adottato nella legislatura in corso.
La direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 definisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
La direttiva risponde all'esigenza di introdurre norme chiare, trasparenti ed eque nell'ambito di una politica di rimpatrio efficace, necessaria per una corretta gestione della politica di immigrazione.
Le procedure di rimpatrio, come stabilito dall’art. 1 della direttiva, devono essere eseguite nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto considerati principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale e sempre nel rispetto degli obblighi previsti in materia di rifugiati e di diritti dell'uomo.
Nell'attuazione della direttiva, gli Stati membri dovrebbero considerare come preminente l'interesse superiore del bambino, come sottolineato nel "considerando n. 22" e previsto anche dall'articolo 5, in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.
Inoltre, deve essere rispettato il principio di non-refoulement, ossia del non respingimento dei richiedenti asilo, e devono essere tenute in debita considerazione la vita familiare e le condizioni di salute dell’interessato.
In particolare, la direttiva introduce norme comuni riguardanti il rimpatrio, l’allontanamento, l’uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente.
La direttiva si applica ai cittadini non comunitari il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare, ossia avviene in violazione delle norme relative alle condizioni di ingresso e soggiorno vigenti nello Stato membro o delle norme comunitarie.
Gli Stati membri possono decidere di non applicare la direttiva per gli stranieri sottoposti a respingimento alla frontiera, ai quali, tuttavia, devono essere riservati un trattamento e un livello di protezione non meno favorevoli di quelli previsti da alcune disposizioni della direttiva in materia di misure coercitive, allontanamento, prestazioni sanitarie e trattenimento. Possono, inoltre, essere esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva i destinatari di un provvedimento di espulsione quale sanzione penale.
Gli Stati membri devono emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno nel suo territorio sia irregolare.
Per motivi umanitari o di altra natura, la decisione di rimpatrio può essere omessa; in questi casi gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un Paese terzo il cui soggiorno nel territorio statale è irregolare. Gli Stati membri non devono emettere decisioni di rimpatrio prima del completamento della procedura di rinnovo di tali permessi.
Inoltre, se il cittadino di un Paese terzo è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un’autorizzazione equivalente rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi immediatamente nel territorio di quest’ultimo. Se in virtù di accordi bilaterali, un altro Stato membro riprende il cittadino in questione, tale Stato membro sarà responsabile di emettere la decisione di rimpatrio.
La decisione di rimpatrio viene attuata attraverso la partenza volontaria oppure con l’allontanamento. La prima modalità dovrebbe essere preferita a meno che non vi sia motivo di ritenere che ciò possa compromettere la finalità della procedura di rimpatrio (considerando n. 10).
La decisione di rimpatrio tramite la partenza volontaria deve prevedere un termine congruo compreso tra sette e trenta giorni. Gli Stati membri possono prevedere che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino interessato. Il termine per la partenza volontaria può essere prorogato, in particolari circostanze, quali la durata del soggiorno, l'esistenza di bambini che frequentano la scuola e l'esistenza di altri legami familiari e sociali. Per la durata di tale periodo gli Stati membri possono inoltre imporre alcuni obblighi all’interessato diretti a evitare il rischio di fuga (obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, deposito di una cauzione ecc.). Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni.
Qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio da parte del cittadino entro il periodo per la partenza volontaria concesso, gli Stati membri devono ordinarne l’allontanamento.
Misure coercitive proporzionate, che non eccedono un uso ragionevole della forza, possono essere usate per allontanare un cittadino di un Paese terzo solo in ultima istanza. L’allontanamento deve essere rinviato qualora violi il principio di non-refoulement o in caso di sospensione temporanea della decisione di rimpatrio durante la pendenza dell’eventuale ricorso contro la decisione. Gli Stati membri possono rinviare l’allontanamento anche in circostanze specifiche dovute alle condizioni dell’interessato, o per ragioni tecniche (mancanza del vettore, assenza di identificazione ecc.).
Lo Stato che adotta la decisione di rimpatrio, in talune ipotesi, può disporre il trattenimento del cittadino irregolare in appositi centri di permanenza temporanea, ad esempio se sussiste il pericolo di fuga o se il cittadino ostacola la preparazione del rimpatrio. Anche relativamente all'adozione del trattenimento deve essere adottata ogni tutela necessaria al fine di salvaguardare l'interesse superiore del minore.
Il trattenimento è sottoposto all’esame dell’autorità giudiziaria e deve durare il minor tempo possibile. In ogni caso, ciascuno Stato individua un periodo determinato di trattenimento che non può superare i 6 mesi prorogabili, al massimo, di ulteriori 12 mesi esclusivamente nell’ipotesi che, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento rischia di durare più a lungo a causa:
- della mancata cooperazione da parte del cittadino;
- dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi.
La direttiva prevede una serie di garanzie procedurali volte a tutelare i destinatari delle decisioni di rimpatrio.
Le decisioni di rimpatrio, di divieto d’ingresso e di allontanamento devono essere adottate in forma scritta e contenere informazioni sui mezzi di ricorso disponibili. Gli Stati membri forniscono ai cittadini dei paesi terzi, su richiesta, la traduzione di tali decisioni, a meno che tali decisioni non siano adottate per mezzo di un modello uniforme.
Al cittadino di un Paese terzo devono essere concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio o per chiederne la revisione, e deve essere garantita la necessaria assistenza o rappresentanza legale gratuita. La revisione delle decisioni deve avvenire dinanzi ad un’autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza. L’organo di revisione ha la facoltà di sospendere temporaneamente l’esecuzione delle decisioni.
Articolo 21
(Progettazione e realizzazione delle strutture di accoglienza, permanenza e rimpatrio)
L’articolo 21 aggiunge all’elenco delle opere di difesa e sicurezza nazionale di cui al codice dell’ordinamento militare (COM) i punti di crisi (hotspot) e i centri di accoglienza, permanenza e rimpatrio (comma 1). Si prevede che con DPCM sia approvato il piano straordinario per individuare le aree interessate dalla realizzazione di tali strutture e che il piano possa essere aggiornato periodicamente, anche a seguito di eventuali modifiche degli stanziamenti (comma 2). Per la realizzazione di tali strutture, qualificate come opere di difesa e sicurezza nazionale, viene incaricato il Ministero della difesa (comma 3). Vengono infine disciplinati gli stanziamenti necessari per la realizzazione e il funzionamento di queste nuove strutture (commi da 4 a 7).
Il comma 1 interviene sulla disciplina del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66/2010 - COM) relativa alle opere destinate alla difesa nazionale.
L’articolo 233 COM, primo comma, individua, ai fini urbanistici, edilizi, ambientali e dell'affidamento ed esecuzione di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, le categorie di opere destinate alla difesa nazionale. Tale comma viene integrato per riqualificare le opere come “destinate alla difesa e sicurezza nazionale” e per aggiungere all’elenco (in cui figurano, tra l’altro, caserme, basi navali, stabilimenti e arsenali, ecc…) le strutture di cui agli articoli 10-ter e 14 del decreto legislativo n. 286/1998 e agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142/2015 (nuova lettera s-bis).
Si tratta, più in dettaglio delle seguenti strutture per migranti:
§ punti di crisi (hotspot);
§ centri di permanenza per i rimpatri (CPR);
§ centri di accoglienza governativi (ex Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e Centri di accoglienza (CDA);
§ centri di accoglienza straordinaria (CAS).
Le opere destinate alla difesa nazionale sono assoggettate ad uno speciale regime derogatorio, che è assoluto in materia urbanistica ed edilizia in quanto le opere destinate alla difesa militare non sono soggette all’accertamento di conformità alle previsioni urbanistiche né al rilascio di titolo. L’art. 352 COM, che reca la disciplina urbanistica delle opere destinate alla difesa nazionale, prevede che per tali opere non occorre l'accertamento di conformità urbanistica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383. La regione o la provincia autonoma interessata o il Ministero della difesa hanno facoltà di acquisire il parere del Comitato misto paritetico (di cui all'articolo 322 COM), in ordine alla compatibilità urbanistica dell'opera. Secondo l’art. 353 COM, che riguarda la disciplina edilizia delle opere del Ministero della difesa, non occorre titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere del Ministero della difesa.
Le opere destinate alla difesa militare sono peraltro soggette alle leggi sulla tutela del paesaggio e la loro costruzione in zona vincolata necessita, pertanto, della preventiva comparazione con l'interesse alla cui tutela è posto il vincolo paesaggistico. L’art. 354 COM, sulla disciplina paesaggistica delle opere del Ministero della difesa, prevede l’applicazione dell’articolo 147 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) per le opere destinate alla difesa nazionale, incidenti su immobili o aree sottoposti a tutela paesaggistica, e quindi l'autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi.
Si segnala che la procedura speciale di cui alle suddette disposizioni del COM (in particolare, articoli 352 e 353) fa riferimento alle opere “destinate alla difesa nazionale” e non alle opere “di cui all’articolo 233” COM o alle opere destinate “alla difesa e sicurezza nazionale”, nuova fattispecie prevista dall’articolo 233 COM, come novellato per effetto della disposizione qui in commento.
Si valuti quindi l’opportunità di un coordinamento testuale fra tali diverse disposizioni.
Si ricorda, infine, che il comma 1-bis dell’articolo 52 del D.L. n. 77/2021 ha esteso le misure di semplificazione procedurale in materia di opere pubbliche previste dall’articolo 44 del medesimo decreto legge ad alcune categorie di opere destinate alla difesa nazionale di cui all’articolo 233 COM, comma 1, rimettendo l’individuazione delle singole opere sottoposte alla procedura semplificata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro della difesa, sentito il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile. L'articolo 44 richiamato, nell’ottica di conseguire gli obiettivi di cui al PNRR, interviene con una serie di semplificazioni procedurali in materia di opere pubbliche. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile viene identificato quale organo individuato ad esprimere le valutazioni di natura tecnica sui progetti inerenti la realizzazione di opere pubbliche, nonché sulla fase autorizzatoria, creando un procedimento ad hoc per una serie di opere.
Nello specifico, nei casi di comprovate necessità correlate alla funzionalità delle Forze armate, anche connesse all’emergenza sanitaria, le citate misure di semplificazione potranno essere applicate (secondo l’articolo 52, comma 1-bis) alle opere di cui all’articolo 233 COM, comma 1, lettere a), i), m), o) e r), ossia in relazione agli interventi concernenti i seguenti immobili della Difesa:
§ sedi di servizio e relative pertinenze necessarie a soddisfare le esigenze logistico-operative dell'Arma dei carabinieri (lettera a));
§ comandi di unità operative e di supporto logistico (lettera i));
§ strutture di comando e di controllo dello spazio terrestre, marittimo e aereo (lettera m));
§ strutture relative alle telecomunicazioni e ai sistemi di allarme (lettera o));
§ opere di protezione ambientale correlate alle opere della difesa e sicurezza nazionale (lettera r)).
Dato che l’articolo 52, comma 1-bis richiama solo le categorie delle opere previste dall’articolo 233 COM testé richiamate, sembra quindi desumersi che non rientrano nella procedura semplificata le opere di cui alla nuova lettera s-bis del comma 1 dell’articolo previste dall’articolo 21 in esame.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Inoltre, viene inserito il nuovo comma 1-ter all’articolo 233 COM secondo il quale, per la realizzazione delle opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale, il Ministero della difesa è autorizzato ad avvalersi delle procedure previste dall’art. 140 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36), in caso di somma urgenza e protezione civile.
In tali casi, l’art. 140 del Codice dei contratti pubblici dispone in particolare l’immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 500.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità. Ricorrendo i medesimi presupposti, si può disporre l'immediata acquisizione di servizi o forniture entro il limite di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità e, comunque, nei limiti della soglia europea. Il soggetto che dispone l'immediata esecuzione di lavori o l'immediata acquisizione di servizi o forniture redige, contemporaneamente, un verbale in cui sono indicati la descrizione della circostanza di somma urgenza, le cause che l'hanno provocata e i lavori, i servizi e le forniture da porre in essere per rimuoverla (comma 1). L'esecuzione dei lavori e l'acquisizione dei servizi e delle forniture di somma urgenza può essere affidata in forma diretta e in deroga alle procedure ordinarie del Codice a uno o più operatori economici individuati dal RUP o da altro tecnico dell'amministrazione competente (comma 2). In via eccezionale, nella misura strettamente necessaria, l'affidamento diretto può essere autorizzato anche al di sopra dei limiti di cui sopra, per un arco temporale limitato, comunque non superiore a trenta giorni e solo per singole specifiche fattispecie indilazionabili e nei limiti massimi di importo stabiliti nei provvedimenti deliberati dal Consiglio dei ministri come stabilito al comma 2, dell'articolo 24 del Codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2018). L'affidamento diretto per i motivi di cui al presente articolo non è comunque ammesso per appalti di lavori di importo pari o superiore alla soglia europea e per appalti di servizi e forniture di importo pari o superiore al triplo della soglia europea (comma 8).
Il sistema di accoglienza dei migranti nel territorio italiano si articola in diverse fasi.
La prima fase consiste nel soccorso e identificazione, nonché nella prima assistenza dei migranti, soprattutto nei luoghi di sbarco.
Le procedure di soccorso e identificazione dei cittadini irregolarmente giunti nel territorio nazionale si svolgono presso i c.d. punti di crisi (hotspot), allestiti nei luoghi dello sbarco per consentire assistenza, screening sanitario, identificazione e fornire informazioni circa le modalità di richiesta della protezione internazionale o di partecipazione al programma di relocation (D.Lgs. 286/1998, testo unico immigrazione, art. 10-ter).
Le funzioni di prima assistenza sono assicurate nei centri governativi di accoglienza, dove avvengono anche l'identificazione dello straniero (ove non sia stato possibile completare le operazioni negli hotspot), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni di vulnerabilità.
In fase di prima applicazione, le funzioni dei centri governativi sono svolte dai centri di accoglienza già esistenti, come i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA) e i Centri di accoglienza (CDA) - denominazioni oggi superate dall’inclusione nella più ampia categoria dei centri governativi. L'invio del richiedente in queste strutture è disposto dal prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno (D.Lgs. 142/2015 c.d. decreto accoglienza, art. 9).
In caso di esaurimento dei posti nei centri governativi, a causa di massicci afflussi di richiedenti, questi possono essere ospitati in strutture temporanee denominate Centri di accoglienza straordinaria- CAS (D.Lgs. 142/2015 art. 11).
La fase di seconda accoglienza è garantita dai progetti del Sistema di accoglienza e integrazione – SAI (D.L. 416-1989, art. 1-sexies).
Accedono al SAI in primo luogo i titolari della protezione internazionale e i minori stranieri non accompagnati (tutti i minori, indipendentemente dallo status di richiedente protezione internazionale) e i titolari di permessi di soggiorno speciali (cure mediche, profughi per calamità naturali ecc.).
Il D.L. 20/2023, art. 5-ter, ha escluso dal SAI i richiedenti protezione internazionale.
Possono continuare ad accedervi:
• i richiedenti protezione internazionale che hanno fatto ingresso nel territorio nazionale a seguito di protocolli per la realizzazione di corridoi umanitari ovvero in seguito ad evacuazioni o programmi di reinsediamento nel territorio nazionale;
• i richiedenti protezione internazionale che si trovano in una situazione di vulnerabilità;
• i cittadini afghani richiedenti protezione internazionale che fanno ingresso in Italia in attuazione delle operazioni di evacuazione effettuate dalle autorità italiane;
• i profughi ucraini.
Gli enti locali aderiscono al sistema su base volontaria e attuano i progetti con il supporto delle realtà del terzo settore. A coordinare il Sistema è il Servizio centrale, attivato dal Ministero dell'interno e affidato con convenzione all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). I progetti della seconda accoglienza non si limitano ad interventi materiali di base (vitto e alloggio), ma assicurano una serie di attività funzionali alla riconquista dell'autonomia individuale, come l'insegnamento della lingua italiana, la formazione e la qualificazione professionale, l'orientamento legale, l'accesso ai servizi del territorio, l'orientamento e l'inserimento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico-socio-sanitaria.
I progetti di accoglienza integrata vengono finanziati annualmente dal Ministro dell'interno, con l'indicazione del costo massimo di progetto sulla base del costo medio dei progetti della rete, relativo alla specifica tipologia di accoglienza. Il sostegno finanziario è assicurato dalle risorse iscritte al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo - FNPS (D.L. 416-1989, art. 1-septies), nel quale confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione del Ministero dell'interno sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati. Le risorse stanziate sul relativo capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’interno (cap. 2352) risultano pari a 692,4 milioni di euro per il 2023.
Il comma 2 contiene la previsione dell'emanazione di un decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della difesa e dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di approvazione di un piano straordinario volto a definire le aree interessate dalla realizzazione di un numero idoneo di strutture di permanenza e rimpatrio, e di centri di accoglienza (si tratta delle strutture indicate al comma 1), anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti. È previsto che il piano possa essere aggiornato periodicamente anche in relazione all'afflusso di ulteriori risorse finanziarie. Restano ferme le ordinarie procedure per la realizzazione e la gestione delle medesime strutture previste dalla legislazione vigente.
Alla realizzazione del piano si provvede nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Il comma 3 incarica il Ministero della difesa della progettazione e della realizzazione delle strutture individuate dal Piano dislocate sul territorio nazionale, mediante le proprie competenti articolazioni del Genio militare, l'impiego delle Forze armate e avvalendosi di Difesa Servizi S.p.A.
Difesa Servizi S.p.a. è una società per avente come socio unico il Ministero della difesa, costituita ai sensi dell’articolo 535, comma 1, del codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66), che svolge, come organo in house, la sua attività in favore del Ministero della difesa, sotto la vigilanza dello stesso Ministero. La società opera secondo gli indirizzi strategici e i programmi stabiliti con decreto del medesimo Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Ai sensi della citata legge istitutiva, Difesa Servizi S.p.a. - strumento organizzativo del Ministero - provvede, in qualità di concessionario o mandatario, alla gestione economica di beni, anche immateriali, e servizi derivanti dalle attività istituzionali dell’Amministrazione, non direttamente correlate alle attività operative delle Forze armate, nonché all’acquisto di beni e servizi occorrenti per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Amministrazione stessa, anche questi non direttamente correlati alle attività operative delle Forze armate, attraverso le risorse finanziarie derivanti da detta gestione economica.
L’originaria previsione normativa della legge istitutiva è stata poi integrata dall’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), entrato in vigore il 1° gennaio 2015, il quale, in riferimento a Difesa Servizi S.p.A., dispone: “Le citate attività negoziali sono svolte attraverso l’utilizzo integrale delle risorse acquisite dalla Società, attraverso la gestione economica dei beni dell’Amministrazione della difesa e dei servizi da essa resi a terzi, da considerare aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato di previsione del dicastero”. Tale disposizione ha codificato la possibilità, in deroga alle ordinarie norme di contabilità, di utilizzare direttamente le entrate derivanti dall’attività della Società, al di fuori dello stato di previsione del bilancio statale.
Per approfondimenti si rinvia alla relativa Relazione al Parlamento della Corte dei conti (Doc. XV n. 607), riferita all’esercizio 2020.
Si ricorda infine che l’articolo 7 del D.L. n. 152/2021 (disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose) ha previsto che la Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga della società Difesa Servizi S.p.A. per l’espletamento delle procedure di gara per la realizzazione del Polo strategico nazionale, infrastruttura cloud della pubblica amministrazione finanziata dal PNRR. A tal fine la società Difesa servizi viene inserita nel novero delle centrali di committenza qualificate.
Tali opere sono dichiarate di diritto quali opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale. La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del presente provvedimento afferma che “Tali opere sono qualificate di diritto opere destinate alla difesa e sicurezza nazionale, senza la necessità di predisporre un decreto ministeriale in tal senso”.
Il comma 4 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un fondo per la realizzazione del Piano, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2023. Alla copertura di tali oneri, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto o, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando per euro 10 milioni l'accantonamento relativo al Ministero della difesa e per euro l0 milioni l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno (comma 5).
Il comma 6 autorizza la spesa di 1 milione di euro all’anno a decorrere dall'anno 2024 quale contributo al funzionamento delle strutture da realizzare e di 400 mila euro per l'anno 2023 per gli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento degli assetti tecnici connessi alle fasi preliminari correlate alla predisposizione delle aree, alla cantierizzazione, alla sicurezza e alla vigilanza.
Il comma 7 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 6 cui si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo l O, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
In risposta all'interrogazione (3-00684), sulla realizzazione di nuove strutture di permanenza per migranti, il Ministro dell'interno ha sottolineato la necessità di creare nuovi centri per aumentare la capacità e l'efficacia dei rimpatri e ha menzionato gli sforzi per collaborare con i Paesi d'origine (Senato, seduta del 21 settembre 2023).
In particolare, il ministro ha sottolineato che il 70 per cento dei soggetti rimpatriati ad oggi è transitato per un CPR e, ad oggi, circa il 50 per cento degli stranieri che vi vengono trattenuti viene rimpatriato, evidenziando la correlazione tra il numero dei rimpatri e i posti disponibili nei CPR, che oggi sono insufficienti.
Tale evidenza - ha proseguito il ministro – “è alla base della decisione di realizzare nuovi CPR sul territorio nazionale e di ripristinare la piena funzionalità delle strutture esistenti. L'obiettivo è aprire almeno un centro in ogni Regione e, a tal fine, il recente decreto-legge n. 124 prevede un piano straordinario per l'individuazione delle aree interessate alla realizzazione di un numero idoneo di strutture anche attraverso la valorizzazione di immobili già esistenti. L'inserimento dei CPR in tale piano ci consentirà di avvalerci delle procedure speditive e in deroga già previste per le opere destinate alla difesa nazionale, e a questo scopo sono stati stanziati 20 milioni di euro - lo ricordava lei - per l'anno in corso; ma il piano potrà essere aggiornato periodicamente anche sotto il profilo delle risorse necessarie.
Inoltre, al fine di rendere effettivi i rimpatri di coloro che non hanno titolo a permanere sul territorio nazionale, stiamo lavorando sul piano della collaborazione internazionale per incrementare gli accordi con i Paesi di origine e contemporaneamente per comprimere i tempi del procedimento di espulsione.
Circa i dati relativi all'attività di contrasto, dall'entrata in vigore del cosiddetto decreto-legge Cutro il totale degli arresti per favoreggiamento dell'immigrazione irregolare ammonta a cento persone; il totale delle imbarcazioni sequestrate per favoreggiamento dell'immigrazione irregolare è di 368; gli arresti fatti dalla sola Guardia di finanza per il reato di pirateria sono ben dieci, e nella contestazione di questo reato ben due imbarcazioni sono state sequestrate dalla Guardia di finanza”.
In conseguenza dell’istituzione della ZES Unica per il Mezzogiorno (articolo 9), il comma 1 dell’articolo 22 adegua dal 1° gennaio 2024 la normativa vigente sulle ZES attraverso l’abrogazione degli articoli 4 e 5-bis e modifiche all’articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2017.
Il comma 1 reca una serie di modifiche e soppressioni alla vigente disciplina delle ZES recata dagli articoli 4, 5 e 5-bis del D.L. n. 91 del 2017.
La vigenza di tali disposizioni decorre dal 1° gennaio 2024, data di istituzione della Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno, denominata ZES UNICA dall’articolo 11, comma 2, del provvedimento in esame.
Pertanto, la normativa sulle ZES “portuali” contenuta ai summenzionati articoli del D.L. n. 91 del 2017 si applica fino al 31 dicembre 2023 (disposizioni transitorie sono contenute al successivo comma 3 del presente articolo).
La lettera a) abroga l’articolo 4 del D.L. n. 91 istitutivo delle ZES “portuali”.
La lettera b) modifica l’articolo 5 del D.L. n. 91 relativo ai benefici fiscali e alle semplificazioni previste.
In particolare:
? al numero 1) si dispone una modifica terminologica facendo riferimento, dal 1° gennaio 2024, alla “ZES Unica e non più alle precedenti “ZES”;
? al numero 2) viene soppresso il riferimento alle “ZES interregionali” presente alla lettera a-sexies) dell’articolo 5, che sono state previste dall’articolo 4, comma 4-bis, secondo periodo, qualora le regioni che non posseggono aree portuali aventi le caratteristiche richieste possono presentare istanza di istituzione di una ZES solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un'area portuale. Tale condizione si è realizzata con la ZES Adriatica (Puglia-Molise, DPCM 3 settembre 2019) e con la ZES Ionica (Puglia-Basilicata, DPCM 6 giugno 2019);
? al numero 3) si dispone la soppressione delle lettere a-bis), a-quater) e a-quinquies) dell’articolo 5, relativi, rispettivamente ai termini procedimentali nell’ambito dell’autorizzazione unica (ora disciplinata dall’articolo 15 del provvedimento in esame), all’istituzione di una Cabina di regia per le ZES (ora prevista dall’articolo 10, comma 1, del provvedimento in esame) e su ulteriori procedure di semplificazione (i cui termini sono peraltro scaduti (tali lettere erano state introdotte dall’art. 3-ter del D.L. n. 135 del 2018);
? il numero 4), sopprimendo i primi tre periodi del comma 2 del richiamato articolo 5 elimina – a decorrere dal 1° gennaio 2024 – le modalità di fruizione del credito di imposta per investimenti in beni strumentali nelle ZES, in quanto la materia è contenuta all’articolo 16 del provvedimento in esame;
? al numero 5) sono abrogati i commi 3, 4 e 5 del richiamato articolo 5:
- il comma 3 assoggetta il riconoscimento delle tipologie di agevolazione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 5 al mantenimento delle attività nell'area ZES per almeno sette anni dopo il completamento dell'investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti, nonché al fatto che le imprese beneficiarie non fossero in stato di liquidazione o di scioglimento;
- il comma 4 dispone che il credito di imposta previsto dal comma 2 è concessa nel rispetto di tutte le condizioni previste dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014;
- il comma 5 reca la copertura degli oneri derivanti dai commi 2, 3 e 4, valutati in 25 milioni nel 2018, 31,25 milioni nel 2019 e 150,2 milioni nel 2020 che venivano posti a carico del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione programmazione 2014-2020, imputando tali risorse alla quota FSC destinata a sostenere interventi nelle regioni indicate all'articolo 4, comma 4 (regioni meno sviluppate e in transizione, così come individuate dalla normativa europea, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).
La lettera c) abroga l’articolo 5-bis del D.L. n. 91 relativo all’autorizzazione unica nelle ZES “portuali”, ora disciplinata dall’articolo 15 del provvedimento in esame.
Per quanto riguarda la normativa vigente, rispetto alle numerose abrogazioni sopra illustrate (articolo 4 e 5-bis del D.L. n. 91 del 2017) – che diventano operative dal 1° gennaio 2024 – il comma 1 apporta delle modifiche all’articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2017, che pertanto continuano ad essere vigenti anche dopo tale data.
Il richiamato articolo 5 individua i “Benefici fiscali e semplificazioni” che risulterebbero applicabili dal 1° gennaio 2024 nella ZES unica.
Si osserva che l’articolo 5 in oggetto risulterebbe l’unica norma superstite della previgente normativa sulle ZES “portuali” di cui al decreto-legge n. 91 del 2017 (ma ora applicata alla ZES unica), mentre il resto della disciplina della nuova ZES unica è contenuta dagli articoli da 9 a 16 del provvedimento in esame.
A decorrere dal 1° gennaio 2024 il testo vigente dell’articolo 5 del decreto-legge n. 91 del 2017 risulterebbe pertanto il seguente:
1. Le nuove imprese e quelle già esistenti, che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella ZES Unica, possono usufruire delle seguenti tipologie di agevolazioni:
a) l'attività economica nella ZES Unica è libera, nel rispetto delle norme nazionali ed europee sull'esercizio dell'attività d'impresa. Al fine di semplificare ed accelerare l'insediamento, la realizzazione e lo svolgimento dell'attività economica nella ZES Unica sono disciplinati i seguenti criteri derogatori alla normativa vigente, procedure semplificate e regimi procedimentali speciali applicabili. Per la celere definizione dei procedimenti amministrativi, sono ridotti di un terzo i termini di cui: agli articoli 2 e 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241; al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e autorizzazione integrata ambientale (AIA); al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59, in materia di autorizzazione unica ambientale (AUA); al codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, in materia di autorizzazione paesaggistica; al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia edilizia; alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in materia di concessioni demaniali portuali;
a-bis) soppressa;
a-ter) presso ogni Commissario straordinario di cui all'articolo 4, comma 6, opera uno sportello unico digitale presso il quale i soggetti interessati ad avviare una nuova attività soggetta all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5-bis, presentano il proprio progetto. Lo sportello unico è reso disponibile anche in lingua inglese e opera secondo i migliori standard tecnologici, con carattere di interoperabilità rispetto ai sistemi e alle piattaforme digitali in uso presso gli enti coinvolti nell'istruttoria del procedimento. Ciascun Commissario rende noto, con avviso pubblicato nel proprio sito internet istituzionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, la data a partire dalla quale lo sportello è reso disponibile. Nelle more della piena operatività dello sportello unico digitale, le domande di autorizzazione unica sono presentate allo sportello unico per le attività produttive (SUAP) territorialmente competente di cui all'articolo 38 comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che le trasmette al Commissario con le modalità determinate mediante accordo tra questo e gli enti titolari dei SUAP;
a-quater). soppressa;
a-quinquies). soppressa;
a-sexies) nella ZES Unica possono essere istituite zone franche doganali intercluse ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell'Unione, e dei relativi atti di delega e di esecuzione. La perimetrazione di dette zone franche doganali, il cui Piano di Sviluppo Strategico sia stato presentato dalle regioni proponenti entro l'anno 2019, è proposta da ciascun Comitato di indirizzo entro il 31 dicembre 2023 ed è approvata con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro sessanta giorni dalla proposta;
a-septies) al fine di incentivare il recupero delle potenzialità nell'Area portuale di Taranto e sostenere l'occupazione, è istituita la Zona franca doganale interclusa ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, la cui perimetrazione è definita dall'Autorità di sistema portuale del Mare Ionio ed approvata con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
b) accesso alle infrastrutture esistenti e previste nel Piano di sviluppo strategico della ZES di cui all'articolo 4, comma 5, alle condizioni definite dal soggetto per l'amministrazione, ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e integrazioni, nel rispetto della normativa europea e delle norme vigenti in materia di sicurezza, nonché delle disposizioni vigenti in materia di semplificazione previste dagli articoli 18 e 20 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169.
1-bis. I termini di cui al comma 1 previsti per il rilascio di autorizzazioni, approvazioni, intese, concerti, pareri, concessioni, accertamenti di conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, nulla osta ed atti di assenso, comunque denominati, degli enti locali, regionali, delle amministrazioni centrali nonché di tutti gli altri competenti enti e agenzie sono da considerarsi perentori. Decorsi inutilmente tali termini, gli atti si intendono resi in senso favorevole.
2. (primi tre periodi soppressi). Per rafforzare la struttura produttiva delle Zone economiche speciali (ZES) mediante lo strumento agevolativo denominato «contratto di sviluppo», di cui all'articolo 43 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è stanziata la somma complessiva di 250 milioni di euro, a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione programmazione 2021-2027, di cui 50 milioni per il 2022 e 100 milioni per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Le predette risorse sono assegnate con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile al Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito del Piano di sviluppo e coesione, programmazione 2021-2027, di competenza del predetto Ministero, con specifica destinazione al finanziamento addizionale delle iniziative imprenditoriali nella ZES Unica. Il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, definisce con apposite direttive le aree tematiche e gli indirizzi operativi per la gestione degli interventi, nonché le modalità di vigilanza e monitoraggio sull'attuazione degli interventi finanziati e sui risultati conseguiti. La valutazione delle singole iniziative segue criteri di massima semplificazione e riduzione dei tempi, secondo quanto già previsto dai decreti di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
2-bis. Gli interventi relativi agli oneri di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per le imprese beneficiarie delle agevolazioni che effettuano gli investimenti ammessi al credito d'imposta di cui al comma 2, sono realizzati entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte delle imprese ai gestori dei servizi di pubblica utilità. In caso di ritardo si applica l'articolo 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.
3. Abrogato
4. Abrogato
5. Abrogato
6. L'Agenzia per la coesione territoriale assicura, con cadenza almeno semestrale, il monitoraggio degli interventi e degli incentivi concessi, riferendo al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, sull'andamento delle attività e sull'efficacia delle misure di incentivazione concesse, avvalendosi di un piano di monitoraggio concordato con il soggetto per l'amministrazione di cui all'articolo 4, comma 6, sulla base di indicatori di avanzamento fisico, finanziario e procedurale definiti con il decreto di cui all'articolo 4, comma 3. L'Agenzia per la coesione affida i servizi tecnologici per la realizzazione dello sportello unico digitale e per la sua messa in funzione, mediante procedura di evidenza pubblica, ovvero si avvale, mediante convenzione, di piattaforme già in uso ad altri enti o amministrazioni. Gli oneri, nella misura massima di 2,5 milioni di euro, sono posti a carico del PON Governance 2014/2020 e in particolare sulla quota React UE assegnata al programma nello specifico Asse di Assistenza Tecnica e Capacità amministrativa di cui alla Decisione della Commissione Europea C(2021) 7145 del 29 settembre 2021.
Dalla lettura del testo si rileva la presenza – anche dopo il 1° gennaio 2024 – di riferimenti ad attività dei Commissari straordinari delle ZES “portuali” (ai quali subentra la Struttura di missione ai sensi dell’art. 12, comma 9, del presente decreto-legge) e alle attività dell’Agenzia per la coesione territoriale, struttura soppressa dall’articolo 50 del decreto-legge n. 13 del 2023, le cui competenze sono state attribuite al Dipartimento per le politiche di coesione.
In conseguenza dell’istituzione della ZES Unica per il Mezzogiorno, l’articolo 22, ai commi da 2 a 4 reca le disposizioni transitorie, applicabili dal 1° gennaio 2024, relative alle istanze per l’avvio delle attività nelle ZES (comma 2) e ai poteri nonché alla competenza territoriale dei Commissari straordinari delle attuali ZES (comma 3).
Reca inoltre (comma 4) le disposizioni transitorie per fruire delle agevolazioni fiscali nelle attuali ZES, entro il 31 dicembre 2023.
Il comma 5 destina le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al precedente comma 4 ad incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica – FISPE per le annualità 2025 e successive.
In dettaglio, il comma 2 dell’articolo 22 prevede che alle istanze presentate a far data dal 1° gennaio 2024, si applichino le disposizioni contenute nel presente decreto legge relative al procedimento unico (articolo 14) per l’avvio delle attività produttive all’interno dell’area della ZES e all’autorizzazione unica (articolo 15) per le imprese che intendano avviare attività produttive ovvero insediare attività industriali, produttive e logistiche all’interno della ZES. La data del 1° gennaio 2024 è quella di istituzione della Zona Economica Speciale SUD, denominata ZES UNICA, che sostituirà le attuali otto Zone economiche speciali, secondo quanto previsto dall’art. 9, comma 2 del presente decreto (alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).
Lo stesso comma 2, al secondo periodo, stabilisce inoltre che nelle more dell’emanazione del DPCM che definirà l’organizzazione della Struttura di missione ZES - DPCM previsto all’articolo 10, comma 5 del decreto qui in commento, da emanare nel termine di 60 giorni dalla sua entrata in vigore- gli attuali Commissari straordinari delle ZES, che sono stati nominati ai sensi dell’articolo 4, comma 6-bis, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123), svolgano, tutte le funzioni e le attività relative al procedimento unico e all’autorizzazione unica nei termini di cui al comma 3, quindi con le competenze territoriali ivi previste; tali attività saranno in futuro svolte, in base agli articoli 14 e 15 del presente decreto, alla Struttura di missione ZES e dal coordinatore di tale Struttura.
Si ricorda che la nomina degli attuali Commissari straordinari delle ZES è avvenuta in base all’art. 4, comma 6-bis del D.L. n. 91/2017 istitutivo delle ZES c.d. “portuali”, per il quale si rinvia sub al box di approfondimento. L’articolo 4 viene ora integralmente abrogato dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 22 in commento, a decorrere dal 1° gennaio 2024, a seguito dell’istituzione della ZES Sud.
Il comma 3 stabilisce modifiche alla competenza degli attuali Commissari straordinari delle ZES, per le finalità di cui al comma 2, a far data dal 1° gennaio 2024. Si tratta delle seguenti:
a) le competenze dei Commissari straordinari sono estese all’intero territorio regionale di riferimento;
b) le competenze del Commissario straordinario della ZES Adriatica Interregionale Puglia - Molise sono estese all’intero territorio della regione Molise, nonché ai territori della regione Puglia diversi da quelli indicati alla lettera c);
c) le competenze del Commissario straordinario della ZES Ionica – Interregionale Puglia - Basilicata sono estese all’intero territorio della regione Basilicata, della provincia di Taranto, nonché dei comuni della provincia di Brindisi inseriti nel piano di sviluppo strategico allegato al DPCM istitutivo della stessa Zona economica speciale;
d) le competenze del Commissario straordinario della ZES Sicilia Orientale sono estese all’intero territorio delle province di Catania, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa, nonché dei comuni della provincia di Caltanissetta inseriti nel piano di sviluppo strategico allegato al DPCM istitutivo della stessa Zona economica speciale;
e) le competenze del Commissario straordinario della ZES Sicilia Occidentale sono estese all’intero territorio delle province di Agrigento, Palermo e Trapani, nonché dei comuni della provincia di Caltanissetta diversi da quelli di cui alla lettera d), cioè non inseriti nel piano di sviluppo strategico.
Il comma 4 interviene sul riconoscimento delle agevolazioni per le imprese che ne siano beneficiarie alla data del 31 dicembre 2023.
Il primo periodo del comma 4 prevede innanzitutto che resti fermo, per le imprese beneficiarie di agevolazioni nelle ZES, l’obbligo di osservare tutte le condizioni previste dalle disposizioni vigenti al 31 dicembre 2023, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni stesse. Il riferimento è alle semplificazioni amministrative e alle agevolazioni fiscali di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, nonché alle altre tipologie di agevolazioni previste o comunque connesse in relazione all’insediamento o allo svolgimento di attività economiche ovvero all’effettuazione di investimenti nei territori delle ZES.
Si ricorda che le richiamate agevolazioni di cui all’articolo 5, commi 1 e 2, del DL 91/2017 consistono in procedure semplificate e nella riduzione dei termini per i procedimenti amministrativi (comma 1), nonché nelle agevolazioni fiscali (comma 2) costituite da un credito d’imposta sugli investimenti effettuati nelle ZES, che è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2023, nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro ed è esteso all'acquisto di terreni e all'acquisizione, alla realizzazione ovvero all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti. È previsto altresì lo strumento agevolativo denominato «contratto di sviluppo».
Per quanto riguarda in particolare l’agevolazione prevista dall’articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che consiste nella riduzione del 50 per cento dell'imposta sul reddito derivante dallo svolgimento dell'attività nella ZES a decorrere dal periodo d'imposta nel corso del quale è stata intrapresa la nuova attività e per i sei periodi d'imposta successivi, il comma 4, secondo periodo, prevede che questa venga riconosciuta alle imprese che intraprendano, entro il 31 dicembre 2023, una nuova iniziativa economica nelle ZES, ferme restando le condizioni previste dai successivi commi 174, 175 e 176 del medesimo articolo 1 della legge n. 178 del 2020.
Il richiamato comma 174 prevede, a pena di decadenza del beneficio e obbligo di restituzione dell’agevolazione, che:
a) le imprese beneficiarie debbano mantenere la loro attività nella ZES per almeno dieci anni;
b) le imprese beneficiarie debbano conservare i posti di lavoro creati nell'ambito dell'attività avviata nella ZES per almeno dieci anni.
Il comma 175 richiede che le imprese beneficiarie non siano in stato di liquidazione o di scioglimento.
Il comma 176 richiede il rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, in particolare sugli aiuti “de minimis”.
In conseguenza delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al precedente comma 4, il comma 5 incrementa le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica – FISPE nella misura di 1,4 milioni per il 2025, di 2,2 milioni per il 2026, di 3 milioni per il 2027, di 3,8 milioni per il 2028, di 4,6 milioni per il 2029, di 5,4 milioni per il 2030 e di 4,8 milioni annui a decorrere dal 2031.
Articolo 22, comma 6
(Variazioni di bilancio)
Il comma 6 dell’articolo 22 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l’attuazione del presente decreto, del decreto legislativo n. 18 del 2023, del D.L. n. 20 del 2023 (legge n. 50/2023) e del D.L. n. 75/2023 (legge 112/2023).
Ai sensi dell’articolo 22, comma 6, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l’attuazione:
§ del presente decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124;
§ del decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18, recante “Norme per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano”;
§ del decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, recante “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare”, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 2023, n. 50;
§ del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, recante “disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, di agricoltura, di sport, di lavoro e per l'organizzazione del Giubileo della Chiesa cattolica per l'anno 2025”, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112.
Articolo 23
(Entrata in vigore)
L’articolo 23 dispone che il decreto-legge in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il decreto-legge è dunque vigente dal 20 settembre 2023.
[1] L’imputazione in “modo programmatico” delle risorse destinate alle Regioni e province autonome è stata, di fatto, già definita con la delibera CIPESS n. 25 del 3 agosto 2023 (ancora non pubblicata in G.U.), che ha assegnato ad esse 32,4 miliardi, di cui 3 miliardi già anticipati con legge o con delibera CIPESS.
[2] Cfr, la delibera CIPE n. 25 del 2016 ha ripartito 38,7 miliardi tra le seguenti aree tematiche: 21,4 miliardi alle Infrastrutture; 7,5 miliardi all’Ambiente; 5,9 miliardi allo Sviluppo economico e produttivo; 0,5 miliardi all’Agricoltura; 2,2 miliardi a Turismo e cultura; 0,4 miliardi all’Occupazione; 0,7 miliardi ad un fondo di riserva non tematizzato. Contestualmente con la delibera n. 26 del 2016 sono stati assegnati 13,4 miliardi ai Patti per il Sud.
[3] Per le città metropolitane si veda la nuova formulazione della lettera d), n. 5), del comma 178.
[4] L'articolo 44 del decreto-legge n. 34 del 2019 ha introdotto lo strumento del 'Piano Sviluppo e Coesione' (PSC), in sostituzione dei molteplici documenti programmatori variamente denominati allora esistenti per l'utilizzo delle risorse del FSC dei vari cicli di programmazione, al fine di garantire una semplificazione nella governance del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione ed un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione titolare di interventi del Fondo. L’intervento ha comportato una complessiva riclassificazione di tutti i documenti di programmazione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione afferenti ai vari cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013, 2014-2020, ancora attivi, ad opera dell'Agenzia per la coesione e la predisposizione, da parte dell'Agenzia, di un Piano operativo unico, denominato «Piano sviluppo e coesione» (PSC), per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse del Fondo relative ai cicli di programmazione 2000-2006, 2007-2013, 2014-2020, con modalità unitarie di gestione e controllo, da sottoporre all'approvazione del CIPESS. Il processo di riclassificazione, operato ai sensi dell’art. 44 del D.L. n. 34 del 2019, si è concluso nel mese di dicembre 2021, con l’adozione di 43 Piani di sviluppo e coesione 2014-2020, di cui: 21 a titolarità delle Amministrazioni regionali e Province autonome; 10 a titolarità delle Amministrazioni Centrali; 12 a titolarità delle Città metropolitane.
[5] Gli Accordi per la coesione sono un nuovo strumento, introdotto dal decreto-legge in esame, finalizzato alla programmazione degli interventi, delle linee di azione, dei cronoprogrammi di realizzazione, dei piani finanziari e del sistema di gestione, controllo e monitoraggio degli interventi medesimi, finanziati a valere sulla dotazione finanziaria del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Tali Accordi sono stipulati tra il Ministro per gli affari europei, il Sud, la coesione e il PNRR, da un lato, e ciascun Ministro interessato o ciascun Presidente di regione o di provincia autonoma, sulla base della ripartizione delle risorse del Fondo destinate sia alle Amministrazioni centrali, sia alle regioni e alle province autonome, determinata con una o più delibere CIPESS, adottate su proposta dello stesso Ministro per gli affari europei, il Sud, la coesione e il PNRR, sentita la Cabina di regia FSC. Per un approfondimento su questo nuovo strumento, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 1 del presente decreto-legge, con particolare riguardo alle lettere c) e d) della nuova formulazione dell’art. 1, comma 178, legge n. 170 del 2020.
[6] Vale a dire entro il 18 novembre 2023, coincidente con il termine ultimo per la conversione del decreto stesso, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione.
[7] Si ricorda che il Codice unico di progetto (CUP) è il codice che identifica un progetto d'investimento pubblico ed è lo strumento cardine per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici. La sua richiesta è obbligatoria per tutta la "spesa per lo sviluppo", inclusi i progetti realizzati utilizzando risorse provenienti da bilanci di enti pubblici o di società partecipate, direttamente o indirettamente, da capitale pubblico e quelli realizzati con operazioni di finanza di progetto, "pura" o "assistita", o comunque che coinvolgono il patrimonio pubblico, anche se realizzati con risorse private. Il CUP è attribuito a ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché a ogni progetto in corso di attuazione a decorrere dal 1° gennaio 2003 (articolo 11 della legge n. 3 del 2003).
Il Codice identificativo di gara (CIG) è un codice prodotto dal sistema informatico dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) che identifica il contratto sottoscritto con la PA e che deve essere inserito nelle fatture elettroniche per garantire l’effettiva tracciabilità dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni (articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014).
[8] L’articolo 1 del D. Lgs. n. 88/2011 definisce le modalità per la destinazione e l'utilizzazione di risorse aggiuntive, nonché per l'individuazione e l'effettuazione di interventi speciali, al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona.
[9] La delibera in questione è la medesima che dovrà individuare i cronoprogrammi per gli interventi infrastrutturali aventi valore finanziario superiore a 25 milioni di euro, privi al 30 giugno 2022 dell'obbligazione giuridicamente vincolante (OGV), al fine di evitarne il definanziamento.
[10] La delibera CIPE n. 25 del 2016 reca la ripartizione per aree tematiche e obiettivi strategici delle risorse FSC 2014-2020.
[11] https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e_government/amministrazioni_pubbliche/igrue/Attivita/Monitoraggio/index.html
[12] Si ricorda che l’Agenzia per la coesione territoriale è stata soppressa dall’articolo 50 del D.L. n. 13/2023 (recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del piano degli investimenti complementari al PNRR”) attribuendone tutte le funzioni nonché le risorse umane, strumentali e finanziarie al Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei ministri, che succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi all'Agenzia.
[13] Recante «Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure».
[14] Le soglie di rilevanza europea indicate dall’art. 14 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023) sono le seguenti: a) euro 5.382.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni; b) euro 140.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle stazioni appaltanti che sono autorità governative centrali come la Presidenza del Consiglio, i ministeri pubblici e la Consip (indicate nell'allegato I alla direttiva 2014/24/UE; c) euro 215.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da stazioni appaltanti sub-centrali, cioè tutte le pubbliche amministrazioni diverse dalle citate amministrazioni centrali; d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e assimilati (elencati all'allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE). Nei settori speciali le soglie di rilevanza europea sono: a) euro 5.382.000 per gli appalti di lavori; b) euro 431.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione; c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e assimilati.
[15] Il richiamato art. 9, c. 5-ter, del D.Lgs. 303/1999 dispone che il personale dipendente del comparto Ministeri chiamato a prestare servizio in posizione di comando o di fuori ruolo presso la Presidenza del consiglio dei ministri (incluse le strutture di supporto ai Commissari straordinari del Governo, nonché le strutture di missione) mantiene il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni di appartenenza, compresa l'indennità di amministrazione, ed i relativi oneri rimangono a carico delle stesse. Per il personale appartenente ad altre amministrazioni pubbliche, la Presidenza provvede, d'intesa con l'amministrazione di appartenenza del dipendente, alla ripartizione dei relativi oneri, senza pregiudizio per il trattamento economico fondamentale spettante al dipendente medesimo.
[16] In relazione alle competenze di Invitalia, vedi scheda di lettura dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge in esame.
[17] Ogni Stato membro è tenuto a notificare alla Commissione europea un’unica Carta degli aiuti a finalità regionale, che individua le suddette aree e specifica le intensità massime di aiuto ad esse applicabili, espresse sotto forma di percentuale dei costi di investimento ammissibili.
[18] La precedente “dichiarazione di inizio attività – DIA” è stata sostituita dalla «segnalazione certificata di inizio attività - SCIA», ai sensi del comma 4-ter dell'art. 49 del decreto-legge n. 78/2010.
[19] Il decreto legislativo n. 235/2010, a tal fine, ha novellato l’allora vigente articolo 10 del Codice dell’amministrazione digitale, decreto legislativo n. 82/2005. L’articolo 10 del Codice, nella sua formulazione originaria, prevedeva che sportello unico fosse realizzato in modalità informatica ed erogasse i propri servizi verso l'utenza anche in via telematica.
[20] Per "attività produttive" si intendono le " le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni" (articolo 1, co. 1, lett. i)).
[21] La SCIA deve essere corredata da tutte le dichiarazioni, le attestazioni, le asseverazioni, nonché dagli elaborati tecnici prescritti (di cui all'articolo 19 della legge, n. 241/1990).
Al momento della presentazione della SCIA, il SUAP verifica, con modalità informatica, la completezza formale della segnalazione e dei relativi allegati. In caso di verifica positiva, rilascia automaticamente la ricevuta e trasmette immediatamente in via telematica la segnalazione e i relativi allegati alle amministrazioni e agli uffici competenti (le modalità tecnico-operative del SUAP sono dettagliate in apposito allegato al Regolamento).
A seguito del rilascio della ricevuta, il richiedente può avviare immediatamente l'intervento o l'attività.
La ricevuta costituisce titolo autorizzatorio ai fini del ricorso agli ordinari rimedi di tutela dei terzi e di autotutela dell'amministrazione.
In caso di silenzio assenso, decorsi i termini previsti dalla legge n. 241/1990 dalla presentazione dell'istanza, ovvero i diversi termini previsti dalle specifiche discipline regionali o speciali, il silenzio maturato a seguito del rilascio della ricevuta equivale a provvedimento di accoglimento (articolo 5)
[22] L'Agenzia, compiuta l'istruttoria, trasmette, in modalità telematica, al SUAP una dichiarazione di conformità, comprensiva della SCIA o della domanda presentata dal soggetto interessato corredata dalle certificazioni ed attestazioni richieste, che costituisce titolo autorizzatorio per l'esercizio dell'attività e per l'avvio immediato dell'intervento dichiarato. Essa ha anche valore di titolo edilizio con effetti immediati. Il SUAP provvede ad inserire tali informazioni in una sezione del portale, accessibile da parte delle amministrazioni pubbliche. L'Agenzia, in modalità telematica, può presentare la SCIA presso l'Ufficio del registro delle imprese nei casi in cui essa sia presentata contestualmente alla comunicazione unica. L'interessato può, mediante apposita procura, incaricare la stessa Agenzia di accedere, per suo conto, a tutti gli atti e i documenti necessari che siano in possesso di un'amministrazione pubblica.
[23] La riforma ha sostanzialmente previsto tre tipologie di conferenza dei servizi: istruttoria, decisoria e preliminare. Ai sensi dell’art. 14, co. 1, la conferenza di servizi istruttoria è facoltativa: essa può essere indetta dall'amministrazione procedente, anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati.
Mentre, ai sensi dell’art. 14, co. 2, la conferenza di servizi decisoria deve essere sempre indetta dall'amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.
Se l'attività del privato sia subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti, di competenza di diverse amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, da una delle amministrazioni procedenti.
Ai sensi dell’articolo 14, co. 3, la conferenza dei servizi istruttoria/preliminare è facoltativa, e può essere indetta per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi. L'amministrazione procedente, su motivata richiesta dell'interessato, corredata da uno studio di fattibilità, può indire, entro cinque giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta stessa, una conferenza preliminare finalizzata a indicare al richiedente, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari pareri, intese, concerti, nulla osta, autorizzazioni, concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati. La conferenza preliminare si svolge secondo le disposizioni dell'articolo 14-bis, con abbreviazione dei termini fino alla metà.
Sulla nuova disciplina della Conferenza dei servizi, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.
[24] Per maggiori dettagli, si rinvia alla Nota tematica del Parlamento europeo: "Politica della concorrenza", febbraio 2020.
[25] Si ricorda che le ZES avrebbero dovuto comprendere almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (art. 5, co. 2) ed essere situate in regioni meno sviluppate (regioni con PIL pro capite inferiore al 75% della media europea) o in transizione (regioni con PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media europea), così come individuate dalla normativa europea (art. 5, co. 4). Conseguentemente la disposizione sarebbe stata applicabile – ai sensi della normativa per il ciclo di programmazione 2014-2020 - alle aree portuali di Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania (regioni meno sviluppate) e Sardegna, Abruzzo e Molise (regioni in transizione). Si trattava, pertanto, di “aree portuali” situate nel Mezzogiorno. Nel ciclo di programmazione 2021-2027 tutte le regioni del Mezzogiorno sono classificate “meno sviluppate”, salvo l’Abruzzo (in transizione).
[26] Si tratta di un Programma nazionale plurifondo, approvato con decisione di esecuzione C(2023) 374 del 12 gennaio 2023 e cofinanziato sia dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) che dal Fondo sociale europeo plus (FSE+), che persegue l’obiettivo “Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita”. Le risorse destinate a tale obiettivo sono state ripartite tra tre diverse categorie di regioni:
- le regioni più sviluppate, con un PIL pro capite superiore al 100 % della media dell'UE;
- le regioni in transizione, con un PIL pro capite compreso tra il 75 % e il 100 % della media dell'UE;
- le regioni meno sviluppate, con un PIL pro capite inferiore al 75 % della media dell'UE. Le regioni di cui all’articolo in commento rientrano in tale categoria.
[27] Tale Commissione, di cui all’art. 35, c. 5, del D.Lgs. 165/2001, è stata istituita con Decreto interministeriale del 25 luglio 1994, è composta dai rappresentanti del Ministro dell’Economia e delle finanze, del Ministro della Funzione Pubblica e del Ministro dell'Interno e ha le seguenti competenze (come definite nel DM 16 maggio 2018):
- approvazione del bando di concorso per il reclutamento di personale a tempo indeterminato;
- indizione dei bandi di concorsi;
- nomina delle commissioni esaminatrici;
- validazione della graduatoria finale di merito della procedura concorsuale trasmessa dalla Commissione esaminatrice;
- assegnazione dei vincitori e degli idonei della procedura concorsuale alle amministrazioni pubbliche interessate;
- adozione degli ulteriori eventuali atti connessi alla procedura concorsuale, fatte comunque salve le competenze delle Commissioni esaminatrici.
[28] Di cui all’art. 1, c. 2, del D.Lgs. 165/2001, ossia tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.