Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: D.L. 48 - Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro
Serie: Progetti di legge   Numero: 104/1
Data: 19/06/2023

D.L. n. 48/2023 - A.S. n. 685-A

 

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Dossier n. 93/1

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 104/1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 7

Articolo 1 (Assegno di inclusione). 9

Articolo 2 (Beneficiari). 14

Articolo 3 (Beneficio economico). 29

Articolo 4 (Modalità di richiesta ed erogazione del beneficio). 33

Articolo 5 (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa -SIISL). 37

Articolo 6 (Percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa). 41

Articolo 7 (Controlli). 52

Articolo 8, commi 1-4 e 14-18 (Sanzioni e responsabilità penale, contabile e disciplinare)  54

Articolo 8, commi 5-13 e 19-20 (Revoca o decadenza dal beneficio; controlli; riassegnazione risorse). 61

Articolo 9 (Offerte di lavoro e compatibilità con l’Assegno di inclusione). 66

Articolo 10 (Incentivo per assunzione di beneficiari dell’assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro). 68

Articolo 11 (Coordinamento, monitoraggio e valutazione dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro e istituzione dell’Osservatorio sulle povertà) 72

Articolo 12 (Supporto per la formazione e il lavoro). 74

Articolo 12-bis (Disposizioni per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano). 82

Articolo 13, commi 1-7 (Disposizioni transitorie). 83

Articolo 13, commi 8-15 (Autorizzazioni di spesa su varie misure). 87

Articolo 14 (Modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro)  91

Articolo 15 (Condivisione dei dati ai fini delle attività ispettive). 96

Articolo 16 (Attività di polizia giudiziaria dell’Ispettorato nazionale del lavoro in alcune autonomie speciali territoriali) 98

Articolo 17, commi 1-3 (Sostegno economico in favore dei familiari di studenti deceduti a seguito di infortuni durante le attività formative). 99

Articolo 17, commi 4-5 (Interventi di revisione dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento - PCTO). 101

Articolo 18 (Tutela dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni nei settori dell’istruzione e della formazione). 107

Articolo 19 (Fondo nuove competenze). 109

Articolo 20 (Dotazione del fondo per la fruizione dei servizi di trasporto pubblico) 112

Articolo 21 (Fondo di rotazione di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845)  114

Articolo 22 (Assegno unico e universale per i figli a carico). 119

Articolo 23 (Norme in materia di omissione di versamento dei contributi di previdenza e assistenza sociale) 121

Articolo 23-bis (Possibilità di versamento della contribuzione pensionistica in relazione a debiti contributivi già annullati). 123

Articolo 24 (Contratti di lavoro dipendente a termine e somministrazioni di lavoro)  125

Articolo 25 (Contratti di espansione). 129

Articolo 26 (Semplificazioni in materia di informazioni e di obblighi di pubblicazione in merito al rapporto di lavoro). 131

Articolo 27 (Incentivi all’occupazione giovanile). 133

Articolo 28 (Incentivi per l’assunzione di persone con disabilità). 137

Articolo 29 (Differenze retributive tra i lavoratori dipendenti degli enti del Terzo settore e delle imprese sociali). 139

Articolo 30 (Trattamenti straordinari di integrazione salariale in deroga). 141

Articolo 31 (Completamento dell’attività liquidatoria Alitalia) 142

Articolo 32 (Finanziamento dei centri di assistenza fiscale). 145

Articolo 33 (Intervento a sostegno dell’occupazione presso Agenzia Industrie Difesa in settori ad alta intensità tecnologica e di interesse strategico). 147

Articolo 34 (Modifiche alla disciplina dei contributi per il settore dell’autotrasporto merci e persone). 150

Articolo 35 (Esonero dal versamento del contributo per il funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti). 156

Articolo 36 (Disposizioni sul lavoro marittimo). 157

Articolo 36-bis (Disposizione in materia di orario di lavoro nel settore del trasporto a fune)  160

Articolo 37 (Prestazioni occasionali in alcuni ambiti). 161

Articolo 38  (Disposizioni in materia di trattamento giuridico ed economico degli ex lettori di lingua). 163

Articolo 39 (Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti)  167

Articolo 39-bis (Detassazione lavoro notturno e festivi per dipendenti di strutture turistico-alberghiere). 169

Articolo 40 (Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori). 171

Articolo 41 (Rifinanziamento Fondo per la riduzione della pressione fiscale) 173

Articolo 42, commi 1-3 (Istituzione di un Fondo per le attività socio-educative a favore dei minori). 175

Articolo 42, comma 3-bis (Proroghe in materia di lavoro agile). 178

Articolo 43, comma 1 (Inclusione dell’importo di gettoni di presenza nel computo del limite massimo retributivo dei lavoratori pubblici). 179

Articolo 43, comma 2 (Remunerazione e compensi corrisposti dalla società con azioni quotate)  181

Articolo 44, commi 1 e 4-8 (Disposizioni finanziarie) 182

Articolo 44, comma 2 (Imposta sulle riserve matematiche rami vita). 189

Articolo 44, comma 3 (Fondo rotativo Mediocredito centrale per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese). 191

Articolo 45 (Entrata in vigore). 193

 


Schede di lettura


Articolo 1
(
Assegno di inclusione)

 

 

L’articolo in esame prevede l’istituzione dell’Assegno di inclusione, indicandone la natura, le finalità e la relativa decorrenza.

Tale misura, prevista dal 1° gennaio 2024, rappresenta una misura di contrasto alla povertà, di sostegno economico e di inclusione sociale e lavorativa.

 

 

Il comma 1 qualifica, in particolare, l’Assegno di inclusione come una misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro.

È altresì specificato che tale misura è istituita a decorrere dal 1° gennaio 2024.

 

Il successivo comma 2 specifica che l’istituto si configura come una misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, il cui accesso è condizionato alla prova dei mezzi e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

 

L’Assegno di inclusione, come sottolineato nello stesso preambolo del decreto-legge in esame, si colloca dunque nell'ambito delle nuove misure nazionali di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale delle fasce deboli.

 

 

Si ricorda che, proprio nell'ambito di una più ampia riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva, con la legge di bilancio per l’anno finanziario 2023 è stata disposta l’abrogazione dal 1° gennaio 2024 delle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, recante disciplina del reddito e della pensione di cittadinanza, istituti di cui, dunque, si prevede l’abolizione dal 2024 (articolo 1, comma 318, legge n. 197 del 2022).

 

Con riferimento a tali istituti - di cui, come sopra detto, si prevede l’abolizione dal 1° gennaio 2024 - si ricorda che per avere diritto al Reddito o alla Pensione di Cittadinanza, il nucleo familiare deve dunque possedere congiuntamente i seguenti requisiti:

possesso della cittadinanza UE o del permesso di soggiorno UE di lungo periodo o residenza in Italia da almeno dieci anni;

ISEE inferiore a 9.360 euro;

patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro;

patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro, incrementabile di 2.000 euro per ogni ulteriore componente, fino a 10.000 euro (ulteriormente incrementabile di 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo); ulteriori incrementi sono ammessi in caso di componenti in condizioni di disabilità;

non possesso di veicoli nuovi o di grossa cilindrata o di navi o imbarcazioni da diporto;

reddito familiare inferiore ad un importo di 6.000 euro, moltiplicato per un parametro definito dalla scala di equivalenza descritta nella tabella di seguito (la medesima soglia è elevata a 7.560 euro per l'accesso alla Pensione di Cittadinanza e a 9.360 in caso di nucleo familiare in affitto).

È escluso dal diritto al Reddito di Cittadinanza il soggetto (e non l'intero nucleo familiare) disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa, riducendo altresì nella misura di 0,4 punti il parametro della scala di equivalenza.

È prevista, altresì, l'esclusione dal beneficio del RdC per i soggetti sottoposti a misura cautelare personale, nonché condannati in via definitiva, nei 10 anni precedenti la richiesta, per determinati delitti.

La Legge di Bilancio 2023 riduce, invece, la durata massima del beneficio nel 2023 a sette mensilità. Ciò, quindi, in deroga all'articolo 4, comma 6, in base al quale il Rdc è riconosciuto, sempre che mantenga i requisiti previsti, per un periodo continuativo non superiore a diciotto mesi, con la possibilità di rinnovarlo (in tal caso, salvo non si tratti di Pensione di cittadinanza, l'erogazione del beneficio è sospesa per un mese).

La riduzione del periodo massimo di fruizione del reddito di cittadinanza non si applica ai nuclei al cui interno siano presenti componenti con disabilità come definita ai fini ISEE (ai sensi del D.P.C.M n. 159 del 2013), minorenni o persone con almeno sessant'anni di età.

Quanto alla determinazione del beneficio, la Legge di Bilancio 2023 prevede che, ferme restando le ordinarie modalità di calcolo, nel caso di stipulazione di contratti di lavoro stagionale o intermittente, il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione dell'importo a cui il nucleo ha diritto, entro il limite massimo di 3.000 euro lordi. Sono quindi comunicati all'INPS esclusivamente i redditi eccedenti tale limite massimo con riferimento alla parte eccedente.

In altri termini, mentre di norma, in caso di variazione della condizione occupazionale nel corso dell'erogazione del Rdc, il maggior reddito da lavoro concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell'80 per cento fino a quando il maggior reddito non è ordinariamente recepito nell'ISEE, in caso di sottoscrizione di un contratto di lavoro stagionale o intermittente, esso non comporta alcuna decurtazione dell'importo erogato a titolo di Rdc, fino al raggiungimento del limite massimo di 3.000 euro lordi. Superato tale limite, il beneficiario deve darne comunicazione all'INPS ed il beneficio è ridotto dell'80 per cento del maggior reddito percepito in eccedenza.

La Legge di Bilancio 2023, inoltre, dispone che la componente del reddito di cittadinanza pari all'ammontare del canone annuo previsto nel contratto in locazione, corrisposta ad integrazione del reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione in locazione fino ad un massimo di euro 3.360 annui, sia erogata direttamente al locatore dell'immobile risultante dal contratto di locazione che la imputa al pagamento parziale o totale del canone.

È demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, da emanare entro il 2 marzo 2023 la definizione delle relative modalità di attuazione. In ogni caso, alle conseguenti attività le amministrazioni interessate provvedono nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si rammenta che il beneficio economico del Reddito di Cittadinanza è costituito da:

un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro, moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;

un importo aggiuntivo, fino ad un massimo di 3.360 euro annui, a copertura del canone annuo, per i nuclei residenti in un'abitazione in locazione, ovvero

un importo aggiuntivo, fino ad un massimo di 1.800 euro annui, a copertura delle rate del mutuo, qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per i nuclei residenti in un'abitazione di proprietà.

Il beneficio economico della Pensione di Cittadinanza, invece, è costituito da:

un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 7.560 euro, moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;

un importo aggiuntivo, fino ad un massimo di 1.800 euro annui, a copertura del canone annuo, per i nuclei residenti in un'abitazione in locazione (non cumulabile con i contributi affitto erogati dai Comuni con le risorse del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (vedi articolo 1, comma 6, del decreto del Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili del 19 luglio 2021 e, da ultimo, il messaggio INPS n. 3782 del 19 ottobre 2022), ovvero

un importo aggiuntivo, fino ad un massimo di 1.800 euro annui, a copertura delle rate del mutuo, qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per i nuclei residenti in un'abitazione di proprietà.

Il beneficio economico del RdC e della Pensione di Cittadinanza, esente dal pagamento dell'IRPEF, non può in ogni caso essere:

superiore ad una soglia di 9.360 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza e ridotta per il valore del reddito familiare;

inferiore a 480 euro annui.

Ricorrendo determinate condizioni, il RdC è compatibile con altri aiuti già percepiti dal nucleo familiare, come la NASpI e la DIS-COLL. Tuttavia, tali prestazioni comportano una riduzione dell'importo del RdC. L'avvio di un'attività di lavoro dipendente o autonomo, come sopra ricordato, è compatibile, salvo l'obbligo di darne comunicazione all'INPS e l'adeguamento dell'importo riconosciuto.

Si prevede, inoltre, la sospensione dell'erogazione del Reddito o della Pensione di Cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell'autorità giudiziaria penale.

Il beneficio economico è erogato attraverso la Carta RdC, che permette di effettuare acquisti e prelievi di contante entro un limite mensile non superiore a 100 euro per individuo (moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza).

 

Si ricorda, altresì, che l’erogazione del Reddito di Cittadinanza è subordinata alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione di un Patto per il lavoro ovvero (nel caso in cui i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano complessi e multidimensionali) di un Patto per l'inclusione sociale. Con la sottoscrizione di tali patti, è offerta la disponibilità, pena la decadenza dal beneficio, a svolgere colloqui con i Centri per l'Impiego e i servizi dei comuni, a partecipare a progetti formativi finalizzati al reinserimento nel mondo del lavoro e ad attività utili alla collettività a cui possono essere dedicate, compatibilmente con le altre attività, dalle otto alle sedici ore settimanali. Sono esonerati i componenti del nucleo familiare titolari di pensione o di età superiore a 65 anni, già occupati, frequentanti un corso di studi, con carichi di cura o con disabilità (ferma restando, per questi ultimi, la facoltà di manifestare comunque la loro disponibilità).
Con riguardo agli obblighi formativi, si prevede che i percettori del Reddito di cittadinanza di età tra i diciotto e i sessantacinque anni debbano essere inseriti, per un periodo di sei mesi, in un corso di formazione o di riqualificazione professionale di cui alla legge n. 53/2003. In caso di mancata frequenza al programma assegnato, si prevede la decadenza del nucleo familiare di appartenenza dal diritto alla prestazione. A tal fine, le regioni sono tenute a trasmettere all'Anpal gli elenchi dei soggetti che non rispettano l'obbligo di frequenza.

Inoltre, i beneficiari compresi nella fascia di età dai 18 ai 29 anni che non abbiano adempiuto all'obbligo scolastico (si ricorda che l'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria) debbano iscriversi e frequentare i percorsi di istruzione di primo livello, o comunque funzionali all'adempimento del predetto obbligo. Viene altresì demandata ad apposito protocollo, stipulato dal Ministero dell'istruzione e del merito e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la definizione delle azioni volte a facilitare l'iscrizione ai percorsi erogati dai CPIA (Centri provinciali per l'istruzione degli adulti).

Con riguardo alla partecipazione a progetti utili alla collettività, si richiede ai comuni l'impiego di tutti i percettori di Rdc residenti che hanno sottoscritto un Patto per il lavoro o un Patto per l'inclusione sociale, e non più almeno un terzo di essi, nell'ambito dei progetti utili alla collettività.
In relazione a tali attività, è utile ricordare la pubblicazione 
Progetti utili alla collettività (PUC): spunti per la progettazione. Esperienze nei Comuni italiani , del febbraio 2020, che ha fornito una prima panoramica delle esperienze e delle buone prassi realizzate su tutto il territorio nazionale, attraverso forme di volontariato, cittadinanza attiva, lavoro protetto ed altro, attuate nei Comuni anche con l'apporto di Enti Pubblici e di Soggetti del Terzo Settore. Attualmente, l'elenco dei PUC attivati dai Comuni (Catalogo PUC) è disponibile nella sezione dedicata della pagina web GEPI - Piattaforma per la gestione del Patto per l'inclusione sociale (lo strumento per l'attuazione delle attività di competenza dei Comuni rivolte ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza).
Infine, i percettori del reddito di cittadinanza decadono, con i propri nuclei familiari, dal diritto al reddito di cittadinanza qualora non accettino la prima offerta di lavoro, anche se perviene nei primi diciotto mesi di fruizione del reddito di cittadinanza (fino al 1° gennaio 2023, invece, la decadenza era prevista se non veniva accettata la seconda offerta congrua nei primi diciotto mesi di fruizione o la prima offerta congrua a seguito del rinnovo del beneficio).
L'obbligo di accettazione della prima offerta di lavoro opera un rinvio all'articolo 4, comma 8, che prevede l'obbligo per i beneficiari del RdC di accettare offerte di lavoro congrue ai sensi del dell'
art. 25 del D.Lgs. n. 150/2015 e del successivo comma 9.
L'offerta è considerata congrua, ai sensi delle disposizioni sopra citate e del D.M. 10 aprile 2018 che vi ha dato attuazione, se:

coerente con le esperienze e le competenze maturate (il criterio si applica in modo meno stringente dopo sei e dodici mesi);

la sede di lavoro è localizzata entro:

ottanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi pubblici, se si tratta di prima offerta;

ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di seconda offerta o, salvo non siano presenti figli minori nel nucleo familiare, di prima offerta ricevuta dopo il rinnovo del beneficio;

entro ottanta chilometri di distanza dalla residenza o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi pubblici, sin caso di rapporto di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale, sia che si tratti di prima che di seconda offerta.

la retribuzione è:

superiore di almeno il 10 per cento rispetto al beneficio mensile massimo fruibile da un solo individuo, inclusivo della componente ad integrazione del reddito dei nuclei residenti in abitazione in locazione, riproporzionata in base all'orario di lavoro previsto nel contratto individuale di lavoro;

non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi.

il rapporto di lavoro è:

a tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore al 60 per cento dell'orario a tempo pieno previsto nei medesimi contratti collettivi;

a tempo indeterminato oppure determinato o di somministrazione di durata non inferiore a tre mesi.

 

 

Con riferimento al reddito di cittadinanza, giova, infine, ricordare che la Commissione europea - come riportato nel Comunicato del 15 febbraio 2023 - ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, inviando una lettera di costituzione in mora all'Italia (INFR(2022) 4024), “in ragione del fatto che il suo regime di reddito minimo non è in linea con il diritto dell'UE in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, soggiornanti di lungo periodo e protezione internazionale”.

Con riferimento al requisito della residenza, giova ricordare che l’istituto del reddito di cittadinanza - la cui abrogazione, come detto sopra, è prevista dal 1° gennaio 2024, ai sensi dell’articolo 1, comma 318, della legge n. 197 del 2022 -  prevede, tra le altre, quale condizione per accedervi, l’aver soggiornato in Italia per 10 anni, di cui 2 consecutivi, prima di poter presentare la richiesta.

A norma del regolamento (UE) n. 492/2011 e della direttiva 2004/38/CE, il suddetto Comunicato ricorda che “le prestazioni di sicurezza sociale come il "reddito di cittadinanza" dovrebbero essere, invece, pienamente accessibili ai cittadini dell'UE che sono lavoratori subordinati o autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente da dove abbiano soggiornato in passato. Inoltre, i cittadini dell'UE non impegnati in un'attività lavorativa per altri motivi dovrebbero poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi.

Oltre a ciò, la direttiva 2003/109/CE prevede che i soggiornanti di lungo periodo provenienti da paesi terzi abbiano accesso a tale prestazione. Pertanto il requisito dei 10 anni di residenza si configura come discriminazione indiretta, in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non riescano a soddisfare tale criterio. Inoltre il regime di reddito minimo italiano discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, i quali non hanno accesso a tale prestazione, in violazione della direttiva 2011/95/UE. Il requisito della residenza, infine, potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi al di fuori del paese per motivi di lavoro, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia.”

A seguito dell’avvio di tale procedura di infrazione, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali – con apposita relazione (ai sensi dell'art. 15, c. 2, L. 234/2012, Legge sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea) -  ha risposto ai rilievi concernenti tale procedura.

 

 

 


Articolo 2
(
Beneficiari)

 

 

L’articolo in esame è volto a delineare la platea dei beneficiari dell’Assegno per l’inclusione, individuando una serie di requisiti, il cui possesso consente l’accesso al beneficio, provvedendo altresì a regolare i rapporti tra la misura in esame ed altri strumenti di sostegno al reddito.

 

In particolare, il comma 1 prevede il riconoscimento - a richiesta di uno dei componenti del nucleo familiare -  del beneficio a garanzia delle necessità di inclusione dei componenti di nuclei familiari con disabilità, come definita dal regolamento di cui al DPCM 5 dicembre 2013, n. 159[1], nonché dei componenti minorenni o con almeno sessant’anni di età ovvero  – come previsto a seguito di modifiche approvate in sede referente - dei componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione.

 

Per l’accesso al beneficio devono concorrere - al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata di fruizione del beneficio - congiuntamente diversi requisiti, con riferimento alla cittadinanza, alla residenza e al soggiorno, alla condizione economica, al godimento di beni durevoli e ad altri indicatori del tenore di vita, alla mancata sottoposizione a misura cautelare personale, a misura di prevenzione, e alla mancanza di sentenze definitive di condanna (comma 2).

 

Tali requisiti devono essere posseduti congiuntamente - al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata di fruizione del beneficio - da parte dei nuclei familiari di cui al comma 1 (comma 2, alinea).

 

 

Requisiti di cittadinanza, di residenza e di soggiorno (comma 2, lettera a), nn. 1), 2), 3))

 

La lettera a) del comma 2 specifica che, con riferimento ai requisiti di cittadinanza, di residenza e di soggiorno, il richiedente deve possedere cumulativamente i requisiti di seguito illustrati.

 

Con riferimento specifico ai requisiti della cittadinanza e del soggiorno, il componente richiedente il beneficio – al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata del beneficio - deve essere (c. 2, lett. a), n.1):

·        cittadino dell’Unione europea o familiare di cittadino dell’Unione europea. In quest’ultimo caso il richiedente deve essere titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente,

ovvero:

·        cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

ovvero:

·        titolare dello status di protezione internazionale, di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.

Con riferimento alla status di protezione internazionale, giova ricordare che - come segnalato nel comunicato della Commissione europea del 15 febbraio 2023 (cfr. relativo paragrafo nella scheda di lettura riferita all’articolo 1) - nella procedura di infrazione avviata dalla Commissione medesima nei confronti dell’Italia, essa ha segnalato che “il regime di reddito minimo italiano discrimina direttamente i beneficiari di protezione internazionale, i quali non hanno accesso a tale prestazione, in violazione della direttiva 2011/95/UE. La previsione della concessione del beneficio dell’Assegno di inclusione ai soggetti titolari dello status di protezione internazionale, di cui all’articolo 1, comma 2, lett. a), n. 2, qui in commento, appare volta a superare tale rilievo.

 

 

Con riferimento specifico al requisito della residenza, il richiedente, deve, cumulativamente:

·        al momento della presentazione della richiesta, essere residente in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo (c. 2, lett. a), n.2);

Relativamente al requisito della residenza, si veda il comunicato della Commissione europea già richiamato, che, con riferimento ai cittadini dell’UE, ricorda che “le prestazioni di sicurezza sociale come il "reddito di cittadinanza" dovrebbero essere (…) pienamente accessibili ai cittadini dell'UE che sono lavoratori subordinati o autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente da dove abbiano soggiornato in passato. Inoltre, i cittadini dell'UE non impegnati in un'attività lavorativa per altri motivi dovrebbero poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi.”.

 

·        al momento della presentazione della richiesta e per tutta la durata del beneficio, essere residente in Italia. Devono anche risiedere in Italia i componenti del nucleo familiare che rientrano nel parametro della scala di equivalenza di cui al successivo comma 4 (c. 2, lett. a), n. 3). Riguardo a tale ultimo punto, dalla lettera del comma in esame parrebbe desumersi che per i componenti del nucleo familiare diversi dal richiedente non sia richiesto un periodo temporale minimo di residenza in Italia. Si valuti l’opportunità di chiarire questo aspetto.

 

Sempre in merito ai requisiti di residenza, si segnala poi che dalla formulazione della norma sembra evincersi che i previsti requisiti si applichino anche ai cittadini italiani. Sul punto si valuti l’opportunità di un approfondimento.

 

 

Con riferimento al diritto di soggiorno nel territorio nazionale, rileva quanto segue.

 

Cittadini UE

Il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea è regolato in particolare dal D. Lgs. 30/2007, di attuazione della direttiva 2004/38/CE.

I cittadini dell'Unione europea hanno il diritto di soggiornare nel territorio nazionale per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, purché siano in possesso di un documento d'identità valido per l'espatrio secondo la legislazione dello Stato di cui hanno la cittadinanza. Il diritto di soggiorno si estende anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnano o raggiungono il cittadino dell'Unione, in possesso di un passaporto in corso di validità (art. 6).

Per periodi superiori a tre mesi (art. 7) il soggiorno è ammesso, in particolare, quando il cittadino dell'Unione:

§  è lavoratore subordinato o autonomo nello Stato;

§  dispone per se stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione sanitaria;

§  è iscritto presso un istituto pubblico o privato riconosciuto per seguirvi un corso di studi o di formazione professionale e dispone di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione sanitaria.

Anche in questo caso il diritto si estende anche ai familiari, cittadini o no dell’Unione, che accompagnano un cittadino dell'Unione che ha diritto di soggiornare ai sensi dei punti precedenti.

Il cittadino dell'Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno se è temporaneamente inabile al lavoro - a seguito di una malattia o di un infortunio – o se è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata o se segue un corso di formazione professionale.

Ai familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è rilasciata dalla questura competente per territorio di residenza la «Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione» con validità di 5 anni (art. 10).

Il cittadino dell'Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni viste sopra. Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi. Anche il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell'Unione (art. 14).

Una attestazione di soggiorno permanente per i cittadini dell'Unione europea è rilasciata, a richiesta dell'interessato, dal comune di residenza (art. 16).

I cittadini dell'Unione e i loro familiari che hanno il diritto di soggiorno o diritto di soggiorno permanente possono esercitare qualsiasi attività economica autonoma o subordinata, escluse le attività che la legge, conformemente ai Trattati dell'Unione europea ed alla normativa comunitaria, riserva ai cittadini italiani. Inoltre ogni cittadino dell'Unione che risiede nel territorio nazionale gode di pari trattamento rispetto ai cittadini italiani nel campo di applicazione del Trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente La legge prevede altresì che, in deroga al principio di parità di trattamento, il cittadino dell'Unione ed i suoi familiari non godono del diritto a prestazioni d'assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, comunque, in caso di ingresso per ricerca di lavoro (art. 19).

 

Cittadini Paesi terzi

Possono soggiornare nel territorio dello Stato i cittadini stranieri provenienti da Paesi non appartenenti alla Unione europea entrati regolarmente nel territorio italiano, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno in corso di validità. La richiesta di permesso di soggiorno è effettuata alla questura competente entro 8 giorni dall’ingresso in Italia. La durata del permesso di soggiorno varia a seconda dei motivi del soggiorno; per motivi di lavoro subordinato non può essere di durata superiore a due anni (D.Lgs. 286/1998, art. 5).

Alla scadenza, il permesso di soggiorno può essere rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con il rilascio iniziale e sempre che permangano i requisiti previsti per il rilascio.

 

La materia del soggiorno di lungo periodo degli stranieri provenienti da Paesi terzi è disciplinata dalla direttiva 2003/109/CE, recepita nell’ordinamento italiano dal D. Lgs. 3/2007 che ha novellato il testo unico in materia di immigrazione (D. Lgs. 286/1998, artt. 9 e 9-bis).

I cittadini di Paesi terzi, soggiornanti legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel territorio di uno Stato membro, acquistano lo status di soggiornante di lungo periodo e hanno diritto ad un permesso di soggiorno speciale detto "permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo", che ha sostituito la "carta di soggiorno", dal contenuto analogo, prevista in precedenza.

Ai fini del rilascio del permesso lo straniero deve dimostrare, salvo determinati casi, la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.

Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato, salva revoca o perdita a date condizioni, ed è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta. Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato (D. Lgs. n. 286/1998, art. 5).

Il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è rilasciato anche agli stranieri titolari dello status di protezione internazionale.

Il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, tranne alcuni casi specificamente previsti (quale il permesso di soggiorno rilasciato per lo svolgimento di attività di ricerca e quello per lo straniero titolare di protezione internazionale).

 

In proposito, si ricorda che i soggiornanti di lungo periodo sono equiparati ai cittadini dello Stato membro in cui si trovano ai fini, tra l’altro, del godimento dei servizi e prestazioni sociali (art. 11  della direttiva 2003/109/CE) e che si riconosce ai titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo di poter «usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale» (art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3).

 

Anche sulla base della normativa ora richiamata, la giurisprudenza costituzionale (si veda la sentenza n. 106 del 2018) ha evidenziato come lo status di cittadino non sia di per sé sufficiente al legislatore per operare nei suoi confronti erogazioni privilegiate di servizi sociali rispetto allo straniero legalmente risiedente da lungo periodo.

La Corte in diverse occasioni ha infatti rilevato che le politiche sociali ben possono richiedere un radicamento territoriale continuativo e ulteriore rispetto alla sola residenza (sentenza n. 432 del 2005, avente ad oggetto una norma regionale che riconosceva la gratuità del trasporto pubblico agli invalidi totali residenti nella regione solo se di cittadinanza italiana) ma ciò sempreché un tale più incisivo radicamento territoriale, richiesto ai cittadini di paesi terzi ai fini dell'accesso alle prestazioni in questione, sia contenuto entro limiti non arbitrari e irragionevoli (sentenze nn. 222 del 2013, 133/2013 e 40/2011). In particolare, al legislatore, sia statale che regionale, sarebbe consentito attuare una disciplina differenziata per l'accesso a prestazioni eccedenti i limiti dell'essenziale, al fine di conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse economiche da destinare al maggior onere conseguente, purché i canoni selettivi adottati rispondano al principio di ragionevolezza, in quanto «è consentito [...] introdurre regimi differenziati, circa il trattamento da riservare ai singoli consociati, soltanto in presenza di una "causa" normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria» (sentenza n. 432 del 2005).

Sotto una diversa angolazione ed in riferimento a differenti misure di carattere assistenziale, deve essere richiamata anche la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo la quale, nei casi in cui si versi in tema di provvidenze destinate a fronteggiare esigenze di sostentamento della persona, qualsiasi discriminazione tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondata su requisiti diversi dalle condizioni soggettive per essere ammessi, «finirebbe per risultare in contrasto con il principio sancito dall’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo», per come in più occasioni interpretato dalla Corte di Strasburgo (sentenza n. 187 del 2010 avente ad oggetto una norma statale che subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità).

Con una serie di pronunce la Corte ha affrontato il tema di misure destinate a fronteggiare esigenze di sostentamento della persona e discriminazioni tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (quali ad esempio, le sentenze nn. 230/2015 avente ad oggetto una norma statale che subordinava al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di invalidità civile per sordi e della indennità di comunicazione; 22/2015; 40/2013; 329/2011, 187/2010, 11/2009 e 306/2008). In queste sentenze, la Corte ricorda che «qualsiasi discrimine fra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui all’art. 14 della CEDU» (sentenza n. 40 del 2013).

 

 

Con riferimento allo status di protezione internazionale, di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, si rileva quanto segue.

 

L'istituto della protezione internazionale comprende due distinte categorie giuridiche:

§  il riconoscimento dello status di rifugiato, disciplinato come dalla Convenzione di Ginevra, è accordato a chi sia esposto nel proprio Paese ad atti di persecuzione individuale, configuranti una violazione grave dei suoi diritti fondamentali.

§  la protezione sussidiaria, di cui possono beneficiare i cittadini stranieri privi dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ossia che non sono in grado di dimostrare di essere oggetto di specifici atti di persecuzione, ma che, tuttavia, se ritornassero nel Paese di origine, correrebbero il rischio effettivo di subire un grave danno e che non possono o (proprio a cagione di tale rischio) non vogliono avvalersi della protezione del Paese di origine.

In relazione alla particolare condizione, dunque, può essere riconosciuto al cittadino straniero che ne faccia richiesta lo status di rifugiato o può essere accordata la misura di tutela di protezione sussidiaria. La differente tutela attiene ad una serie di parametri oggettivi e soggettivi, che si riferiscono alla storia personale dei richiedenti, alle ragioni delle richieste e al paese di provenienza.

Lo status di rifugiato e le forme di protezione sussidiaria sono riconosciute all'esito dell'istruttoria svolta dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.

 

Per quanto riguarda poi i requisiti di residenza può essere utile richiamare, anche se riferita a una fattispecie diversa, la sentenza della corte costituzionale n. 77 del 2023 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale nella parte in cui prevede il requisito di residenza o attività lavorativa nella regione di almeno 5 anni per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in continuità con altre pronunce della Corte quali le sentenze n. 44 del 2020 sempre in materia di edilizia residenziale pubblica, n. 7 del 2021 concernente il fondo per il contrasto della povertà, n. 9 del 2021, anch’essa in materia di edilizia residenziale pubblica e n. 199 del 2022 in materia di incentivi per l’occupazione. In particolare, nella sentenza n. 199 del 2022 la Corte ha ribadito che, «se la residenza costituisce un requisito ragionevole al fine d’identificare l’ente pubblico competente a erogare una certa prestazione, non è invece possibile che l’accesso alle prestazioni pubbliche sia escluso per il solo fatto di aver esercitato il proprio diritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza»; che «il radicamento nel territorio nel passato non è garanzia di futura stabile permanenza in un determinato ambito territoriale»; che, comunque, la prospettiva di stabilità non può «assumere un’importanza tale da escludere il rilievo dello stato di bisogno, potendo semmai risultare più appropriato ai fini della formazione di graduatorie e criteri preferenziali».

 

Condizione economica (comma 2, lettera b), nn.1), 2), 3), 4))

 

Con riferimento alla condizione economica, il nucleo familiare del richiedente deve possedere congiuntamente:

 

1.      un valore dell’ISEE, in corso di validità, non superiore a 9.360 euro; nel caso di nuclei familiari con minorenni, l’ISEE è calcolato ai sensi dell’articolo 7 del regolamento di cui al DPCM n. 159 del 2013[2];

2.       un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza di cui al successivo comma 4.

La soglia di reddito familiare è invece fissata in 7.560 euro annui, moltiplicata secondo la stessa scala di equivalenza, se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni ovvero da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza. Il requisito anagrafico di 67 anni è adeguato agli incrementi della speranza di vita, ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122[3];

3.      un valore del patrimonio immobiliare, come definito ai fini dell’ISEE, diverso dalla casa di abitazione di valore ai fini IMU non superiore a 150.000 euro, non superiore a 30.000 euro;

4.      un valore del patrimonio mobiliare, come definito ai fini dell’ISEE, non superiore a una soglia di 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino a un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni minorenne successivo al secondo; tali massimali sono ulteriormente incrementati di 5.000 euro per ogni componente in condizione di disabilità e di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite a fini dell’ISEE, presente nel nucleo.

 

Si osserva che, nella medesima lettera b), numero 2), sono dettagliatamente indicate talune voci utili ai fini del calcolo del reddito familiare.

 

In particolare, ai fini del calcolo del reddito familiare, determinato ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del DPCM n. 159/2013[4]:

·        sono detratti i trattamenti assistenziali inclusi nell’ISEE e sommati tutti quelli in corso di godimento, che saranno rilevati nell’ISEE, da parte degli stessi componenti, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi.

·        sono incluse le pensioni dirette e indirette, in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, con decorrenza successiva al periodo di riferimento dell’ISEE in corso di validità, fermo restando quanto previsto dal DPCM n. 159/2013 in materia di ISEE corrente[5];

·        non si computa quanto percepito a titolo di assegno di inclusione, di reddito di cittadinanza ovvero di altre misure nazionali o regionali di contrasto alla povertà;

·        sono inclusi nel valore del reddito familiare medesimo, ai fini della valutazione della condizione economica del nucleo familiare, i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo che, ai sensi dell’articolo 36, comma 6, del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di 15.000 euro[6].

 

Con riguardo ai trattamenti assistenziali sopra richiamati nella lettera b), numero 2), il comma 7 specifica che nel valore degli stessi non rilevano:

·        le erogazioni relative all’assegno unico e universale;

·         le erogazioni riferite al pagamento di arretrati;

·        le specifiche e motivate misure di sostegno economico di carattere straordinario, aggiuntive al beneficio dell’assegno di inclusione, individuate nell’ambito del progetto personalizzato a valere su risorse del comune o dell’ambito territoriale;

·        le maggiorazioni compensative definite a livello regionale per le componenti espressamente definite aggiuntive al beneficio dell’assegno di inclusione;

·        le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi, nonché eventuali esenzioni e agevolazioni per il pagamento di tributi;

·        le erogazioni a fronte di rendicontazione di spese sostenute ovvero le erogazioni in forma di buoni servizio o altri titoli che svolgono la funzione di sostituzione di servizi.

 

 

Godimento dei beni durevoli e altri indicatori del tenore di vita (comma 2, lettera c), nn.1 e 2))

 

Con riferimento al godimento di beni durevoli e ad altri indicatori del tenore di vita, il nucleo familiare deve trovarsi congiuntamente nelle seguenti condizioni:

 

·        nessun componente il nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di autoveicoli di cilindrata superiore a 1600 cc. o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc., immatricolati la prima volta nei trentasei mesi antecedenti la richiesta, esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente;

·        nessun componente deve essere intestatario a qualunque titolo o avere piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 (codice della nautica da diporto)[7], nonché di aeromobili di ogni genere come definiti dal Codice della navigazione, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.

 

 

Mancata sottoposizione a misura cautelare personale, a misura di prevenzione, e mancanza di sentenze definitive di condanna (comma 2, lettera d))

 

Con riferimento a tali requisiti, ai fini della fruizione del beneficio, si prevede per il “beneficiario” la mancata sottoposizione a misura cautelare personale, a misura di prevenzione, nonché la mancanza di sentenze definitive di condanna o adottate ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, come indicate nell’articolo 8, comma 3 (cfr. la relativa scheda di lettura).

 

Il comma 3 prevede che non ha diritto al beneficio il nucleo familiare in cui un componente, sottoposto agli obblighi di cui all’articolo 6, comma 4, (cfr. la relativa scheda di lettura) risulta disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa nonché la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604[8].

 

I commi 4 e 5 si riferiscono alla scala di equivalenza.

 

In particolare, il comma 4 è volto a determinare il parametro della scala di equivalenza.

Il parametro della scala di equivalenza (di cui al comma 2, lettera b), n. 2)), corrispondente a una base di garanzia di inclusione per le fragilità che caratterizzano il nucleo:

·        è pari a 1;

·        è incrementato, fino a un massimo complessivo di 2,2, ulteriormente elevato a 2,3 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza:

a) di 0,5 per ciascun altro componente adulto con disabilità o non autosufficiente, come previsto dall’allegato 3 del DPCM n. 159 del 2013 che differenzia, ai fini dell’ISEE, la condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza (v. dettagli in Allegato 3);

b) di 0,4 per ciascun altro componente con età pari o superiore a 60 anni;

c) di 0,4 per un componente maggiorenne con carichi di cura, come definiti all’articolo 6, comma 5 (cfr. la relativa scheda di lettura);

d) di 0,4 per ciascun altro componente adulto in condizione di grave disagio bio-psico-sociale e inserito in programmi di cura e di assistenza certificati dalla pubblica amministrazione (previsione aggiunta a seguito di modifica approvata in sede referente);

e) di 0,15 per ciascun minore di età, fino a due;

f) di 0,10 per ogni ulteriore minore di età oltre il secondo.

 

In virtù di modifiche introdotte in sede referente, si è previsto che il parametro della scala di equivalenza sia ulteriormente incrementato dello 0,10 per ciascun componente disabile o non autosufficiente riferito alle lettere b), e), f) (comma 4-bis).

 

Il comma 5 prevede che non sono conteggiati nella scala di equivalenza:

·        i componenti del nucleo familiare per il periodo in cui risiedono in strutture a totale carico pubblico;

·        i componenti del nucleo familiare nei periodi di interruzione della residenza in Italia, ai sensi del comma 10.

 

Con riferimento a quest’ultimo profilo della residenza in Italia, il richiamato comma 10 precisa che, ai soli fini del presente decreto, la continuità della residenza si intende interrotta nella ipotesi di assenza dal territorio italiano per un periodo pari o superiore a 2 mesi continuativi, ovvero nella ipotesi di assenza dal territorio italiano per un periodo pari o superiore a 4 mesi anche non continuativi nell’arco di 18 mesi.

Si precisa, inoltre, che le assenze per gravi e documentati motivi di salute non interrompono la continuità del periodo, anche se superiori a due mesi continuativi o a quattro mesi complessivi nell’arco di diciotto mesi.

 

Il comma 6 stabilisce che, ai fini del riconoscimento del beneficio, il nucleo familiare è definito ai sensi dell’articolo 3 del DPCM n. 159/2013[9].

 Si prevede inoltre l’applicazione delle seguenti disposizioni:

·        i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio, qualora autorizzati a risiedere nella stessa abitazione;

·        i componenti già facenti parte di un nucleo familiare, come definito ai fini dell’ISEE, o del medesimo nucleo come definito ai fini anagrafici, continuano a farne parte anche a seguito di variazioni anagrafiche, qualora continuino a risiedere nella medesima abitazione;

·        i soggetti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere costituiscono sempre nucleo familiare a sé, anche ai fini dell’ISEE (tale previsione è stata introdotta a seguito di modifiche approvate in sede referente).

 

Il comma 8 specifica che i redditi e i beni patrimoniali eventualmente non compresi nell’ISEE sono dichiarati all’atto della richiesta del beneficio e sono valutati a tal fine.

 

Ai sensi del comma 9, si dispone la compatibilità dell’assegno di inclusione con il godimento di ogni strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria, ove ricorrano le condizioni previste dalla disposizione in esame.

Si precisa, infine, che, ai fini del diritto al beneficio e della determinazione del suo ammontare, gli emolumenti percepiti rilevano secondo quanto statuito dalla disciplina dell’ISEE.

 

Si ricorda che l’Indicatore della situazione patrimoniale (ISEE), istituito dal D.Lgs. 109/1998, serve a valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere una prestazione sociale agevolata. L'accesso a queste prestazioni, infatti, come ai servizi di pubblica utilità a condizioni agevolate è legato al possesso di determinati requisiti soggettivi e alla situazione economica complessivo della famiglia.

Il decreto-legge Salva Italia (art. 5, D.L. 201/2011) ha previsto la riforma dell'ISEE con l’obiettivo di rendere più corretta la misurazione della condizione economica delle famiglie, e quindi migliorare l'equità nell'accesso alle prestazioni. Il D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 di revisione dell'Indicatore è entrato in vigore l'8 febbraio 2014 e il Decreto 7 novembre 2014 del MLPS, di approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) ai fini ISEE, dell'attestazione, nonché delle relative istruzioni per la compilazione ha reso pienamente operativa la riforma dell'ISEE a partire dal 1° gennaio 2015 (v. approfondimento)

Successivamente l'articolo 2-sexies del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42 ha introdotto transitoriamente una nuova modalità di calcolo dell’ISEE relativo ai nuclei familiari con componenti con disabilità, anche ai fini del riconoscimento di prestazioni scolastiche agevolate, in attesa dell’adozione delle modifiche al regolamento vigente volte a recepire le recenti sentenze del Consiglio di Stato. Per tali soggetti, il calcolo è effettuato escludendo dal reddito disponibile ai fini ISEE, tutti i trattamenti della pubblica amministrazione già esenti dalla tassazione ai fini IRPEF, percepiti in ragione della condizione di disabilità e prevedendo un unico parametro di maggiorazione della scala di equivalenza con riferimento alle spese e alle franchigie per i soggetti disabili o non autosufficienti, indipendentemente dalla loro età anagrafica.

Per i soggetti che percepiscono i predetti trattamenti per ragioni diverse dalla condizione di disabilità viene stabilita, inoltre, anche con riferimento a prestazioni per il diritto allo studio universitario, una specifica modalità di calcolo ai fini ISEE da parte degli enti erogatori, per l’accertamento dei requisiti economici soggettivi che danno diritto al mantenimento dei benefici.

 


Articolo 3
(
Beneficio economico)

 

 

L’articolo in esame è volto a disciplinare le modalità di calcolo dell’Assegno di inclusione, la relativa durata, nonché gli effetti sul godimento del beneficio economico derivanti da eventuali variazioni della situazione occupazionale, reddituale o del nucleo familiare.

 

Composizione e calcolo

L’Assegno di inclusione, erogato su base annua, è composto da (comma 1):

·        un’integrazione del reddito familiare (come definito nel provvedimento) fino alla soglia di euro 6.000 annui, ovvero di 7.560 euro annui se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni ovvero da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza,  moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (di cui all’art. 2, c.4– vedi supra);

·        un’integrazione del reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione concessa in locazione con contratto ritualmente registrato, per un importo pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto in locazione (come dichiarato a fini ISEE) fino ad un massimo di euro 3.360 annui, ovvero di 1.800 euro annui se il nucleo familiare è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni ovvero da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di  non autosufficienza. Tale integrazione non rileva ai fini del calcolo della soglia di reddito familiare (di cui all’art. 2, c. 2, lett. b), n. 2).

 

Durata ed erogazione

Ai sensi del comma 2, il beneficio economico è erogato ogni mese per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di 1 mese, per periodi ulteriori di 12 mesi. Allo scadere dei periodi di rinnovo di 12 mesi è sempre prevista la sospensione di 1 mese.

Si valuti l’opportunità di chiarire se esistano limiti al numero di rinnovi possibili.

 

Natura e valore del beneficio

Fatto salvo il possesso dei requisiti richiesti, il beneficio, esente dal pagamento dell’IRPEF (ai sensi dell’art. 34, c.3, del D.P.R. 601/ 1973) e qualificato come sussidio di sostentamento a vantaggio di persone comprese nell’elenco dei poveri di cui dell’art. 545 c.p.c., non può essere inferiore ad euro 480 annui (commi 3 e 4).

 

Il richiamato articolo 545 del codice di procedura civile, al secondo comma, prevede che non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri.

 

 

Variazioni delle condizioni occupazionali

I commi 5 e 6 sono volti a disciplinare la compatibilità dell’Assegno di l’inclusione con lo svolgimento di un’attività di lavoro, rispettivamente autonomo e dipendente, e le eventuali rideterminazioni del benefico medesimo a seguito della variazione delle condizioni occupazionali.

 

Nel caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del beneficio:

·        il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico, entro il limite massimo di 3.000 euro lordi annui. Si specifica al riguardo che sono oggetto di comunicazione all’INPS soltanto i redditi che eccedono questo limite massimo con riferimento alla parte eccedente.

·        il reddito da lavoro eccedente la soglia concorre alla determinazione del beneficio economico, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il maggior reddito non è recepito nell’ISEE per l’intera annualità.

L’avvio dell’attività di lavoro dipendente è desunto dalle comunicazioni obbligatorie. Il reddito derivante dall’attività è comunque comunicato dal lavoratore all’INPS entro 30 giorni dall’avvio della medesima, secondo modalità definite dall’Istituto, che mette l’informazione a disposizione del sistema informativo (di cui all’art. 5).

Qualora sia decorso il termine di 30 giorni dall’avvio della attività - come desumibile dalle comunicazioni obbligatorie - senza che il lavoratore abbia reso la comunicazione, è prevista la sospensione dell’erogazione del beneficio fino all’ottemperanza di questo obbligo e comunque non oltre 3 mesi dall’avvio dell’attività, decorsi i quali, vi è la decadenza del diritto alla prestazione (comma 5).

 

Nel caso di avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo (sia in forma individuale, sia di partecipazione) da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione dell’Assegno di inclusione, a pena di decadenza dal beneficio, la stessa è comunicata all’INPS entro il giorno antecedente il suo inizio, secondo modalità definite dall’Istituto, che mette l’informazione a disposizione del sistema informativo (di cui all’art. 5).

Il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività ed è comunicato entro il quindicesimo giorno successivo al termine di ciascun trimestre dell’anno.

A titolo di incentivo, per le due mensilità successive a quella di variazione della condizione occupazionale, il beneficio economico dell’Assegno di inclusione non subisce variazioni (ferma restando la durata complessiva del medesimo) ed è successivamente aggiornato ogni trimestre (avendo a riferimento il trimestre precedente). Il reddito concorre per la parte eccedente il limite di 3.000 euro lordi annui (comma 6).

 

Nel caso di partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano indennità o benefici di partecipazione comunque denominati, o di accettazione di offerte di lavoro anche di durata inferiore a 1 mese, si prevede che la cumulabilità con il beneficio è riconosciuta entro il limite massimo annuo di 3.000 euro lordi (comma 7).

 

Il successivo comma 8 dispone che, in ogni caso, il beneficiario dell’Assegno di inclusione è obbligato a comunicare ogni variazione che concerne le condizioni e i requisiti di accesso al beneficio e per il suo mantenimento, a pena di decadenza dalla misura, entro 15 giorni dall’evento di modifica.

 

 

Variazioni della situazione reddituale e del nucleo familiare

 

Ai sensi del comma 9, ove in corso di fruizione del beneficio intervengano trattamenti pensionistici, la situazione reddituale degli interessati è corrispondentemente aggiornata ai fini della determinazione del reddito familiare.

Si procede in egual modo nei casi di variazione reddituale disciplinati dai commi 5 e 6, dunque nelle ipotesi di lavoro dipendente o autonomo (v. supra).

 

In caso di variazione del nucleo familiare nel corso dell’erogazione del beneficio, l’interessato presenta entro un mese dalla variazione, a pena di decadenza dal beneficio, una DSU (Dichiarazione sostitutiva unica)[10] aggiornata, per le valutazioni in ordine alla permanenza dei requisiti per la concessione del beneficio e all’aggiornamento della misura da parte dell’INPS (comma 10).

 

Il comma 11 stabilisce, infine, che ai beneficiari della misura si applicano gli obblighi previsti dall’articolo 1, comma 316, della legge 29 dicembre 2022, n. 197[11], in tema di iscrizione e frequenza ai percorsi di istruzione degli adulti di primo livello.

Tale disposizione riguarda i beneficiari dell’Assegno di inclusione appartenenti alla fascia di età compresa tra diciotto e ventinove anni che non hanno adempiuto agli obblighi di cui all’articolo 1, comma 622, della legge n. 296/2006.

 

 

 

 

 


Articolo 4
(
Modalità di richiesta ed erogazione del beneficio)

 

 

L’articolo in esame individua le modalità di richiesta, riconoscimento ed erogazione dell’Assegno di inclusione.

 

Richiesta e riconoscimento del beneficio

 

Il comma 1 stabilisce che l’Assegno di inclusione è richiesto all’INPS, tramite modalità telematiche.

L’INPS provvede al riconoscimento del beneficio, dopo aver verificato il possesso dei requisiti e delle condizioni prescritti; ciò sulla base delle informazioni che sono disponibili nelle proprie banche dati o messe a disposizione dai comuni, nonché dal Ministero dell'Interno attraverso l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (previsione, quest’ultima, introdotta a seguito di modifica approvata in sede referente), dai Ministeri della giustizia e  dell’istruzione e del merito, dall’Anagrafe tributaria, dal PRA e dalle altre pubbliche amministrazioni che detengono i dati necessari per la verifica dei requisiti medesimi, attraverso sistemi di interoperabilità. Sono fatti salvi i controlli previsti dall’articolo 7.

Si valuti l’opportunità di specificare il termine entro il quale l’INPS effettua la suddetta verifica.

 

L’INPS informa il soggetto richiedente che, al fine di ottenere il beneficio, deve procedere all’iscrizione presso il sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL), al fine di sottoscrivere il patto di attivazione digitale, e deve espressamente autorizzare la trasmissione dei dati relativi alla domanda ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati alla attività di intermediazione ai sensi degli artt. 4 e 6 del decreto legislativo n. 276 del 2003[12], nonché ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 150  del 2015[13].

Si valuti l’opportunità di specificare il termine entro il quale l’INPS, all’esito della verifica, provvede ad informare il soggetto richiedente.

La richiesta può essere presentata presso gli istituti di patronato di cui alla legge n. 152 del 2001,[14] senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Si valuti l’opportunità di specificare quale sia il seguito della richiesta presentata presso gli istituti di patronato.

 

Con modifiche approvate in sede referente, si è altresì previsto che la richiesta possa essere presentata presso i centri di assistenza fiscale (di cui all’articolo 32 del decreto legislativo n. 241 del 1997[15]), previa stipula di una convenzione con l’INPS, a valere e nei limiti delle risorse di cui all'articolo 1, comma 479, della legge n.160 del 2019[16].

Si dispone, quindi, una novella al richiamato articolo 1, comma 479, della legge n. 160 del 2019, prevedendosi, in particolare, che a decorrere dal 1 gennaio 2024,  a valere su tali risorse, sono consentite la presentazione delle domande di Assegno di inclusione e di Supporto per la formazione e il lavoro, anche attraverso i centri di assistenza fiscale in convenzione con l'INPS, nonché le attività legate all'assistenza nella presentazione della DSU a fini dell’ISEE affidate ai medesimi centri di assistenza fiscale ai sensi dell'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al DPCM n. 159 del 2013[17] (comma 1-bis).

 

Il comma 3 specifica che, tramite la piattaforma, il percorso di attivazione viene attuato attraverso l’invio automatico dei dati del nucleo familiare al servizio sociale del comune di residenza ai fini dell’analisi, della presa in carico dei componenti con bisogni complessi e dell’attivazione degli eventuali sostegni.

 

A seguito di tale invio automatico, i beneficiari devono presentarsi  per il primo appuntamento presso i servizi sociali entro 120 giorni dalla sottoscrizione del patto di attivazione digitale.

Si specifica, inoltre che, successivamente, ogni 90 giorni, al fine di aggiornare la propria posizione, i beneficiari - diversi dai soggetti attivabili al lavoro di cui al comma 5 - sono tenuti a presentarsi ai servizi sociali, o presso gli istituti di patronato.

È espressamente prevista la sospensione del beneficio, in caso di mancata presentazione.

Si prevede, infine, una clausola di invarianza finanziaria, disponendosi che alle attività previste dal comma in commento si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 4).

 

Il comma 5 concerne il ruolo dei servizi sociali, che fanno una valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo familiare, finalizzata alla sottoscrizione di un patto per l’inclusione.

Si valuti l’opportunità di specificare il termine entro il quale i servizi sociali effettuano la suddetta valutazione multidimensionale.

 

Ai sensi del medesimo comma 5, fermo restando quanto previsto dall’articolo 6, comma 4, nell’ambito di tale valutazione, i componenti del nucleo familiare, che hanno l’età compresa tra 18 e 59 anni attivabili al lavoro, sono avviati ai centri per l’impiego ovvero - come previsto a seguito di modifiche introdotte in sede referente - presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro ai sensi dell’articolo 6, comma 7, per la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato.

Il patto è sottoscritto entro 60 giorni dall’avvio dei componenti al centro per l’impiego ovvero - come previsto a seguito di modifiche introdotte in sede referente - presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro ai sensi dell’articolo 6, comma 7.

Si specifica, inoltre, che, successivamente, ogni 90 giorni, al fine di aggiornare la propria posizione, i beneficiari di cui al comma in commento sono tenuti a presentarsi ai centri per l’impiego ovvero - come previsto a seguito di modifiche introdotte in sede referente - presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro presso cui sia stato sottoscritto il patto di servizio personalizzato i sensi dell’articolo 6, comma 7.

È infine espressamente prevista la sospensione del beneficio, in caso di mancata presentazione.

 

Ai sensi del comma 6, l’avvio del componente del nucleo familiare al centro per l’impiego può essere modificato e adeguato, considerate le concrete esigenze di inclusione o di attivazione lavorativa o formativa dell’interessato.

 

Con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l’ANPAL, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottarsi entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono previsti le modalità di richiesta della misura, di sottoscrizione del patto di attivazione digitale, del patto di inclusione e del patto di servizio personalizzato, nonché le attività di segretariato sociale, gli strumenti operativi per la valutazione multidimensionale e di definizione e di adesione al progetto personalizzato attraverso il sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa,  nonché  le modalità di conferma della condizione del nucleo familiare (comma 7).

 

 

Erogazione del beneficio

 

Il comma 2 disciplina la decorrenza dell’Assegno di inclusione, che ha luogo dal mese successivo a quello di sottoscrizione del patto di attivazione digitale da parte del soggetto richiedente.

La sua erogazione avviene tramite la “Carta di Inclusione”, che costituisce uno strumento di pagamento elettronico ricaricabile, disciplinato nei commi 8, 9 e 10.

La Carta di inclusione è emessa - in sede di prima applicazione e sino allo scadere del termine contrattuale - in esecuzione del servizio affidato ai sensi dell’articolo 81, comma 35, lettera b), del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008)[18], relativamente alla carta acquisti, alle stesse condizioni economiche e per il numero delle carte elettroniche necessarie per l’erogazione del beneficio. Allorquando vi è il nuovo affidamento del servizio di gestione, si precisa che il numero delle carte deve essere tale da assicurare l’erogazione del beneficio suddivisa per ogni singolo componente del nucleo familiare avente maggiore età, che concorre alla definizione del beneficio.

 

Si prevede inoltre che, oltre a fungere da carta acquisti, la Carta consente prelievi di contante entro il limite mensile di 100 euro per ogni individuo, moltiplicato per la scala di equivalenza, nonché l’effettuazione del bonifico mensile al locatore indicato nel relativo contratto di locazione (comma 8).

 

Altre esigenze da soddisfare tramite la Carta, nonché limiti differenti di importo per i prelievi di denaro contante possono essere previsti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Si dispone che resta comunque fermo il divieto di usare la Carta per giochi che comportano vincite in denaro o altre utilità, nonché – come previsto a seguito di modifiche introdotte in sede referente in sede referente - per l’acquisto di sigarette, anche elettroniche, di derivati dal fumo, di giochi pirotecnici o di prodotti alcolici (comma 9).

Non sono previste specifiche sanzioni relative al divieto in commento.

La Carta è consegnata presso gli uffici del gestore del servizio integrato dopo sette giorni dalla sottoscrizione del patto di attivazione digitale da parte del soggetto richiedente (comma 10).

 


Articolo 5
(
Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa -SIISL)

 

 

L’articolo in esame è volto a istituire il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa – SIISL, individuandone le finalità, la natura e le relative caratteristiche.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che il richiamato Sistema informativo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed è realizzato dall’INPS.

Il SIISL è volto al perseguimento delle seguenti finalità:

·        consentire l’attivazione dei percorsi personalizzati per i beneficiari dell’Assegno di inclusione, assicurando il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni;

·        favorire percorsi autonomi di ricerca di lavoro e il rafforzamento delle competenze da parte dei beneficiari; analisi, monitoraggio, valutazione e controllo dell’Assegno di inclusione.

Si stabilisce inoltre, nel medesimo comma, che tale Sistema informativo consente l’interoperabilità di tutte le piattaforme digitali dei soggetti accreditati al sistema sociale e del lavoro che concorrono alle finalità previste nell’articolo 1 del provvedimento.

 

Al riguardo, il successivo comma 3 prevede che, con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali, l’INPS, l’ANPAL, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’istruzione e del merito, dell’università e della ricerca, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è predisposto un piano tecnico di attivazione e interoperabilità delle piattaforme e sono individuati misure a tutela degli interessati, nonché modalità di accesso selettivo alle informazioni necessarie e adeguati tempi di conservazione dei dati.

Tali decreti devono essere adottati entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

Si specifica altresì che, con il medesimo decreto, sono stabilite le modalità con le quali, attraverso specifiche convenzioni, le società pubbliche, ovvero a controllo o a partecipazione pubblica, possono accedere al sistema informativo per la ricerca di personale.

Si valuti l’opportunità di adeguare la locuzione “medesimo decreto” prevista nel secondo periodo del comma in commento a quella contemplata nel primo periodo, che fa invece riferimento a uno o più decreti.

 

I livelli essenziali delle prestazioni (LEP) costituiscono il nucleo di prestazioni da erogare in modo uniforme sul territorio nazionale al fine di garantire la tutela dei diritti civili e sociali. Tale esigenza di uniformità ha indotto, in sede di riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, ad attribuire espressamente la potestà legislativa relativamente alla loro definizione alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lettera m) Cost.).

La giurisprudenza costituzionale ha chiarito inoltre (da ultimo, con la sentenza n. 220 del 2021) che i LEP indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivi tali diritti (nello stesso senso anche le sentenze n. 142 del 2021 e n. 62 del 2020).

L’art. 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) ha stabilito che la legge statale disciplina la determinazione dei LEP. Fino a tale nuova determinazione, si considerano i LEP già fissati in base alla legislazione statale.

L’art. 13 del d. lgs. n. 68 del 2011 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) ha delineato, inoltre, un procedimento per la definizione, il finanziamento e l’attuazione dei LEP, basato sulle seguenti fasi:

§  l’indicazione, da parte della legge statale, delle modalità di determinazione dei LEP che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e la contestuale determinazione delle macroaree di intervento, ciascuna delle quali omogenea per tipologia di servizi offerti, indipendentemente dal livello di governo erogatore;

§  la determinazione, per ciascuna macroarea di intervento, dei costi e dei fabbisogni standard, nonché delle metodologie di monitoraggio e valutazione dell’efficienza e appropriatezza dei servizi offerti;

§  la proposizione da parte del Governo, nell’ambito del disegno di legge di stabilità (oggi confluito nella legge di bilancio) o con apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, previo parere della Conferenza unificata, di norme volte a realizzare l’obiettivo della convergenza verso i LEP dei costi e fabbisogni standard dei diversi livelli di governo, nonché degli obiettivi di servizio;

§  la ricognizione con DPCM, d’intesa con la Conferenza unificata e previo parere delle Commissioni di Camera e Senato competenti per i profili di carattere finanziario, dei LEP nelle materie dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale, nonché la ricognizione dei livelli adeguati del servizio di trasporto pubblico locale.

 

Allo stato attuale, numerose norme statali hanno individuato i LEP nelle materie di competenza concorrente e in quelle di competenza esclusiva che potrebbero rientrare nelle intese Stato-Regione per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Alcune di queste norme sono state adottate, nel corso del tempo, anche al di fuori dell’iter delineato dall’art. 13 del d. lgs. n. 68 del 2011. Si possono distinguere, a tal riguardo:

§  Norme che hanno determinato direttamente i LEP, senza necessità di ulteriori interventi attuativi da parte di fonti normative. Si tratta spesso di norme di carattere procedimentale, quali, ad esempio, quelle individuate dall’art. 29, commi 2-bis e 2-ter della legge n. 241 del 1990 – introdotti dall’art. 10 della legge n. 69 del 2009 – in materia di obblighi della pubblica amministrazione relativamente ad alcuni istituti e diritti dei soggetti interessati nell’ambito del procedimento amministrativo;

§  Norme che hanno rinviato ad altre fonti, in particolare a decreti legislativi, a DPCM o a decreti ministeriali. In linea generale, si ricorre ai decreti legislativi quando si intende conferire valore di norma di rango primario a LEP la cui definizione non richiede disposizioni di carattere eccessivamente tecnico; è il caso, ad esempio, dei LEP in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale (individuati con i d. lgs. n. 59 del 2004, nn. 76 e 77 del 2005, n. 226 del 2005), o del reddito di inclusione (ReI), introdotto come LEP da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale dal d. lgs. n. 147 del 2017, in attuazione della delega di cui alla legge n. 33 del 2017. Il ricorso alla fonte secondaria prevale, invece, quando occorre procedere a un’individuazione dettagliata e puntuale delle prestazioni da erogare. È il caso, ad esempio, dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in materia sanitaria, individuati dal DPCM 29 novembre 2001, aggiornato, da ultimo, con DPCM 12 gennaio 2017;

§  Norme che hanno previsto prestazioni non espressamente configurate dal legislatore come LEP, ma individuate ex post come tali in sede interpretativa. Si tratta, ad esempio, del caso dei criteri di assegnazione delle case popolari, definite dalla Corte costituzionale come LEP nella sentenza n. 121 del 2010.

 

Sempre sul fronte della definizione e individuazione dei LEP, si segnala che, più recentemente, l’art. 1, comma 159, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) ha fornito una definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) – sottoinsieme della più ampia categoria dei LEP, analogamente ai menzionati LEA – come gli interventi, i servizi, le attività e le prestazioni integrate che la Repubblica assicura con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità. Il successivo comma 160 ha previsto che, al fine di garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell’offerta integrata dei LEPS sul territorio, nonché di concorrere all’attuazione degli interventi previsti dal PNRR nell’ambito delle politiche per l’inclusione e la coesione sociale, i LEPS sono realizzati dagli ambiti territoriali sociali (ATS) di cui all’art. 8, comma 3, lettera a) della legge n. 328 del 2000 (legge non attuata che all’art. 22 definiva le aree delle prestazioni sociali che costituiscono LEP).

I successivi commi 167 e 169 della legge di bilancio 2022 hanno stabilito, infine, che rispettivamente con DPCM e con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali siano, nel primo caso, determinate le modalità attuative dei LEPS per le persone anziane non autosufficienti e, nel secondo caso, definiti i LEPS negli altri ambiti del sociale individuati dall’art. 22 della legge n. 328 del 2000.

Infine, si segnala che la legge di bilancio 2023 (art. 1, c. 791-804, L. 197/2022) ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia per la determinazione dei LEP - presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituita da Ministri competenti nelle materie chiamate in causa dai compiti e dalle funzioni della Cabina di regia, oltre che dai Presidenti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell’UPI e dell’ANCI – e di una Segreteria tecnica, quale struttura di supporto alla suddetta Cabina di regia.

 

 

Il comma 2 prevede che nel Sistema informativo opera la piattaforma digitale dedicata ai beneficiari dell’Assegno di inclusione.

Si dispone, in particolare, che i beneficiari attivabili al lavoro, registrandosi sulla piattaforma, accedono a informazioni e proposte su offerte di lavoro, corsi di formazione, tirocini di orientamento e formazione, progetti utili alla collettività e altri strumenti di politica attiva del lavoro adeguati alle proprie caratteristiche e competenze, nonché a informazioni sullo stato di erogazione del beneficio e sulle attività previste dal progetto personalizzato. Con riferimento ai progetti utili alla collettività, si valuti l’opportunità di prevederne una loro disciplina. Ciò in considerazione dell’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2024, dell’art. 4 del D.L. 4/2019 - che attualmente disciplina i suddetti progetti in relazione al Rdc - in attuazione del quale è stato adottato il DM 22 ottobre 2019 “Definizione, forme, caratteristiche e modalità di attuazione dei Progetti utili alla collettività (PUC)” (cfr. scheda di lettura su articolo 12).

Sono poi specificate le finalità della piattaforma, diretta ad agevolare la ricerca di lavoro, l’individuazione di attività di formazione e rafforzamento delle competenze e la partecipazione a progetti utili alla collettività, tenendo conto sia delle esperienze educative e formative e delle competenze professionali pregresse del beneficiario, sia della disponibilità di offerte di lavoro, di corsi di formazione, di progetti utili alla collettività, di tirocini e di altri interventi di politica attiva. 

 

Il comma 4, introducendo una novella all’articolo 13, comma 2, del d. lgs. n. 150 del 2015 (aggiungendo, in particolare, per la realizzazione delle finalità sopra indicate, la lettera d-ter): la piattaforma digitale per l’inclusione sociale e lavorativa per la presa in carico e la ricerca attiva, implementata attraverso il sistema di cooperazione applicativa con i sistemi informativi regionali del lavoro.»), prevede che la piattaforma digitale costituisce parte integrante del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, disciplinato dal predetto articolo 13[19].

 

Il comma 5 reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria, disponendo che alle attività previste dalla disposizione in commento si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


Articolo 6
(Percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa)

 

 

L’articolo 6 dispone che i nuclei familiari beneficiari dell’Assegno di inclusione, dopo aver sottoscritto il patto di attivazione digitale, devono aderire ad un percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa, che viene definito nell’ambito di uno o più progetti finalizzati a identificare i bisogni del nucleo familiare nel suo complesso e dei singoli componenti. Operatori del servizio sociale competente del comune o dell’ambito territoriale sociale effettuano una valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo familiare, ove necessario svolta attraverso una equipe multidisciplinare. Nei casi in cui nel nucleo familiare vi siano soggetti di età compresa tra 18 e 59 anni, attivabili al lavoro, gli stessi sottoscrivono un patto di servizio personalizzato. Salvo alcune eccezioni (titolari di pensione diretta, sessantenni e ultrasessantenni, disabili, malati oncologici, i componenti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, donne vittime di violenza prese in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza), i componenti del nucleo familiare, maggiorenni, che esercitano la responsabilità genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi e che non abbiano carichi di cura sono tenuti all’obbligo di adesione e alla partecipazione attiva a tutte le attività formative, di lavoro, nonché alle misure di politica attiva, comunque denominate, individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa. Le amministrazioni coinvolte provvedono agli adempimenti previsti dal presente articolo con le risorse umane disponibili a legislazione vigente nonché con quelle reperibili con le risorse finanziarie della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

 

L’articolo 6 disciplina il percorso personalizzato di inclusione sociale o lavorativa al quale, ai sensi del comma 1, i nuclei familiari beneficiari dell’Assegno di inclusione, dopo aver sottoscritto il patto di attivazione digitale, sono tenuti ad aderire. Tale percorso viene definito nell’ambito di uno o più progetti finalizzati a identificare i bisogni del nucleo familiare nel suo complesso nonché quelli dei singoli componenti.

In materia, giova ricordare che il D.Lgs. 147/2017 (Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà) istituisce, dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (ReI) quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.

Il successivo DL n.4/2019, istitutivo del Reddito di cittadinanza, dispone che il ReI non possa più essere richiesto a decorrere dal mese di marzo 2019, e che, a decorrere dal successivo mese di aprile 2019 non sia più riconosciuto.

Il comma 2 dispone che la valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo familiare sia effettuata da operatori del servizio sociale competente del comune o dell’ambito territoriale sociale. Ove necessario, la valutazione multidimensionale è svolta attraverso una equipe multidisciplinare definita dal servizio sociale coinvolgendo operatori afferenti alla rete dei servizi territoriali, con particolare riferimento ai servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione.

Il comma 3 dispone che, nell’ipotesi in cui nell’ambito del nucleo familiare preso in carico in prima battuta dai servizi sociali, vi siano soggetti di età compresa tra 18 e 59 anni, attivabili al lavoro, gli stessi sottoscrivono un patto di servizio personalizzato di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150. Si valuti l’opportunità di esplicitare che dall'obbligo di stipulazione del patto per il servizio personalizzato, che può discendere dalla valutazione multidimensionale, sono in ogni caso esenti i soggetti di cui al c. 5 dell'art. 6 (vedi infra).

A norma del richiamato articolo 20 del D.Lgs. n. 150/2015, Il Patto di servizio personalizzato che i lavoratori disoccupati devono stipulare con i centri per l'impiego deve contenere:

•          l’individuazione di un responsabile delle attività;

•          il profilo personale di occupabilità secondo le modalità tecniche predisposte dall’ANPAL;

•          la definizione e la tempistica degli atti di ricerca attiva da compiersi, nonché le modalità con cui la stessa è dimostrata al responsabile;

•          la frequenza ordinaria di contatti con il responsabile delle attività;

•          la disponibilità del richiedente a partecipare ad iniziative per il rafforzamento delle competenze, ad iniziative di carattere formativo o altra iniziativa di politica attiva;

•          la disponibilità del richiedente ad accettare congrue offerte di lavoro.

Nel Patto di servizio personalizzato deve essere inoltre riportata la disponibilità del richiedente alle seguenti attività:

a) partecipazione a iniziative e laboratori per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro quali, in via esemplificativa, la stesura del curriculum vitae e la preparazione per sostenere colloqui di lavoro o altra iniziativa di orientamento;

b) partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o altra iniziativa di politica attiva o di attivazione;

c) accettazione di congrue offerte di lavoro.

Tale patto di servizio personalizzato può essere coordinato con i percorsi formativi previsti dal Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL), di cui alla Missione M5, componente C1, del Piano nazionale per la ripresa e resilienza.

 

Il Programma GOL si inserisce nell'ambito della Missione 5, Componente 1, del PNRR, nella sezione del Piano dedicata alle politiche del lavoro.

La finalità dell’intervento è quella di introdurre un’ampia riforma delle politiche attive e della formazione professionale, supportando i percorsi di riqualificazione professionale e di reinserimento di lavoratori in transizione e disoccupati, nonché definendo, in stretto coordinamento con le Regioni, livelli essenziali di attività formative per le categorie più vulnerabili.

La riforma si struttura, appunto, in due linee di intervento:

- adozione del Programma Nazionale per la Garanzia Occupabilità dei Lavoratori (GOL), quale programma nazionale di presa in carico, erogazione di servizi specifici e progettazione professionale personalizzata;

- adozione del Piano Nazionale Nuove Competenze, con l’obiettivo di riorganizzare la formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati, mediante il rafforzamento del sistema della formazione professionale.

L'individuazione delle prestazioni connesse al Programma tra quelle ammissibili al finanziamento del Programma React EU, nonché la declinazione dei medesimi a seconda della tipologia di beneficiari, sono demandate ad apposito decreto ministeriale. In proposito, riguardo all'attuazione della Riforma delle politiche attive e formazione prevista dal PNRR (per la quale è stato previsto il traguardo entro il 2021) sono stati pubblicati il Decreto ministeriale 5 novembre 2021, recante l'adozione del Programma GOL (sul sito del MLPS le slide di presentazione del Programma GOL) ed il Decreto ministeriale 14 dicembre 2021 recante l'adozione del Piano nazionale nuove competenze che comprende tre programmi guida: il Programma Gol, il Sistema duale e il Fondo Nuove Competenze.

Destinatari del Programma sono:

-      lavoratori fragili o vulnerabili (giovani NEET con meno di 30 anni), donne in condizioni di svantaggio, persone con disabilità, lavoratori maturi (55 anni e oltre);

-      disoccupati senza sostegno al reddito (disoccupati da almeno sei mesi, altri lavoratori con minori opportunità occupazionali - giovani e donne, anche non in condizioni fragilità -, lavoratori autonomi che cessano l’attività o con redditi molto bassi);

-      lavoratori con redditi molto bassi (i cosiddetti working poor), il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo sia inferiore alla soglia dell’incapienza secondo la disciplina fiscale.

Per la realizzazione del suddetto Programma, il PNRR ha messo a disposizione 4,4 miliardi di euro, a cui si aggiungono ulteriori 500 mln di euro a valere sulle risorse del Programma REACT-EU.

Sul punto, si ricorda che l'Allegato alla decisione UE dell’8 luglio 2021 precisa che l'obiettivo da raggiungere entro il quarto trimestre del 2025 è quello di coinvolgere almeno 3 milioni di beneficiari del programma GOL, di cui almeno 800 mila dovranno aver partecipato alla formazione professionale Il conseguimento soddisfacente dell'obiettivo dipende, come indicato dalla Commissione, anche dal conseguimento soddisfacente di un obiettivo secondario: almeno il 75 % dei beneficiari deve essere costituito da donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità o persone di età inferiore ai 30 o superiore ai 55 anni.

La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 324, della L. n. 178/2020) ha destinato una parte delle risorse del "Fondo per l'attuazione di misure relative alle politiche attive rientranti tra quelle ammissibili dalla Commissione europea nell'ambito del programma React EU" - pari a 233 mln di euro per il 2021 - per l'istituzione  del Programma nazionale denominato Garanzia di occupabilità (GOL), per l'inserimento occupazionale mediante l'erogazione di servizi specifici di politica attiva del lavoro, nell'ambito del Patto di servizio personalizzato stipulato tra i soggetti disoccupati e i centri per l'impiego al fine dell'inserimento lavorativo (ai sensi dell'art. 20 del D.Lgs. 150/2015). Le misure di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro sono rideterminate nell'ambito del Programma in esame.

Inoltre, il comma 249 della L. n. 178/2020 consente la sottoscrizione, nell’ambito del programma di Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori (GOL) di accordi fra autonomie locali, soggetti pubblici e privati, enti del terzo settore, associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con lo scopo di realizzare progetti formativi e di inserimento lavorativo nei settori della transizione ecologica e digitale.

 

Il comma 4 chiarisce che sono tenuti all’obbligo di adesione e alla partecipazione attiva a tutte le attività formative, di lavoro, nonché alle misure di politica attiva, comunque denominate, individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa di cui all’articolo in commento, tutti i componenti il nucleo familiare, maggiorenni, che esercitano la potestà genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi, e che non abbiano carichi di cura come indicati al successivo comma 5.

Il comma 5 esime dagli obblighi di cui al precedente comma 4:

a) i beneficiari dell’Assegno di inclusione titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a sessanta anni;

b) i componenti con disabilità, ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68[20], fatta salva ogni iniziativa di collocamento mirato;

c) i componenti affetti da patologie oncologiche;

d) i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di tre anni di età, di tre o più figli minori di età, ovvero di componenti il nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza come indicati nell’allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159[21].

In sede referente sono state inoltre aggiunte due ulteriori previsioni di esclusione dall’obbligo de qua, riguardanti i componenti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere e le donne vittime di violenza, con o senza figli, prese in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

I componenti con disabilità o di età pari o superiore a sessanta anni, ovvero - secondo una disposizione introdotta in sede referente - inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere possono comunque richiedere l’adesione volontaria a un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Si valuti l’opportunità di specificare a quale nozione di disabili si faccia qui riferimento, considerato che l’esenzione di cui alla lettera b) del presente comma 5 concerne, come detto, i disabili rientranti nell'ambito di applicazione della citata legge n. 68 del 1999 e che in punti precedenti del presente decreto si fa invece riferimento ai disabili di cui al DPCM 159/2013.

 

Il comma 6 dispone che i servizi territoriali operano in stretto raccordo con gli enti del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. L’attività di tali enti è riconosciuta, agevolata e valorizzata da parte dei competenti servizi. Sulla base di specifici accordi di reciproco riconoscimento a livello comunale o di ambito territoriale sociale, gli operatori del servizio sociale e delle equipe multidisciplinari includono nella progettazione personalizzata, nonché nell'attività di supervisione, monitoraggio e supporto in costanza di rapporto di lavoro, ove opportuno, attività svolte dagli enti del Terzo settore o presso i medesimi.

A norma del richiamato decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Il comma 7 prevede, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni, la possibilità per le stesse di stabilire che la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato, e la relativa presa in carico del beneficiario dell’Assegno di inclusione, sia effettuata presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, mediante il sistema informativo dell’Assegno di inclusione (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa - SIISL), istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e gestito dall’INPS, di cui all’articolo 5 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia per ulteriori approfondimenti.

Il comma 8 precisa che i servizi per la definizione dei percorsi personalizzati e i sostegni in essi previsti costituiscono livelli essenziali delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Con riferimento ai “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP), si ricorda che, in Italia, l'assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o anche del comune di riferimento: ciò in relaziona al fatto che le risorse per le politiche sociali provengono dal finanziamento plurimo dei tre livelli di governo (Stato, Regioni e Comuni), secondo dotazioni finanziarie presenti nei rispettivi bilanci.

La legge quadro sull'assistenza (legge 328/2000) ha stabilito che i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP) corrispondono all'insieme degli interventi garantiti, sotto forma di beni o servizi, secondo le caratteristiche fissate dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, e attuati nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Più precisamente, l'art. 22 individua l'area del bisogno (per esempio: povertà, disagio minorile, responsabilità familiare, dipendenze, disabilità) e quindi le prestazioni e gli interventi idonei a soddisfare quei bisogni, senza giungere tuttavia a una definizione puntuale dei servizi. In tal senso, tuttavia, la legge 328/2000 non è stata pienamente attuata, in quanto non si è provveduto né a disegnare una programmazione nazionale dei servizi e degli interventi, né a fissare risorse certe e strutturali per i Fondi rivolti alle politiche sociali (FNPS), tali da rendere possibile il finanziamento dei diritti soggettivi. Il Piano Nazionale Sociale del triennio 2018-2020, emanato in allegato al Decreto 26 novembre 2018 di riparto del FNPS, ha sottolineato come risulti difficile definire i LEP in un quadro economico in cui le risorse dedicate alle politiche sociali risultano fortemente limitate. Pertanto, il Piano si configura come lo strumento di programmazione nazionale dell'utilizzo delle risorse del FNPS, il cui compito principale, più che la definizione immediata dei livelli essenziali delle prestazioni, è quello di individuare il percorso verso obiettivi condivisi in maniera da garantire maggiore uniformità territoriale. Nel Piano si sottolinea come il quadro territoriale della spesa sia fortemente disomogeneo, a volte all'interno di una stessa regione; per questo si ritiene impossibile individuare un nucleo di spesa comune in tutto il Paese che possa costituire l'embrione di livelli essenziali da erogare uniformemente. Pertanto, si sottolinea come il Piano 2018-2020 debba essere considerato "di transizione", e per questo in grado di lasciare un margine di libertà alle Regioni ed ai territori nell'utilizzo delle risorse. In sede di prima applicazione, il Piano rinvia infatti alla matrice di macro-livelli e aree di intervento su cui dal 2013 le Regioni programmano le risorse del Fondo e richiede che, per non più del 40% della quota trasferita, l'unico limite all'utilizzo del FNPS sia rappresentato dal complesso degli interventi e dei servizi sociali come delimitato dalla medesima matrice. Inoltre, il Piano richiede che almeno il 40% delle risorse del FNPS trasferite alle Regioni sia utilizzato a copertura delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza.

 Precedentemente, la materia era stata innovata dalla legge 33/2017 "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali", collegata alla legge di bilancio 2016, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti:

a)    l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà e dell'esclusione sociale, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale articolata in una componente economica e in una componente di servizi;

b)    il riordino delle prestazioni di natura assistenziale sottoposte alla prova dei mezzi finalizzate al contrasto della povertà, fatta eccezione per le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana non più in età di attivazione lavorativa, per le prestazioni a sostegno della genitorialità e per quelle legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario;

c)    il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, al fine di garantire, su tutto il territorio nazionale, i livelli essenziali delle prestazioni, nell'ambito dei princìpi di cui alla legge n. 328/2000. A tal fine, la legge delega 33/2017 ha previsto un organismo di coordinamento degli interventi e dei servizi sociali, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), la Rete della protezione e dell'inclusione sociale (art. 21 del D.Lgs. 147/2017 istitutivo del REI).

In attuazione della delega, è stato pubblicato il D. Lgs. 15 settembre 2017, n. 147 "Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà". Il decreto ha istituito a decorrere dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (ReI), quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale. Il ReI è finanziato nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015). Il Fondo, a carattere permanente e con risorse certe, è finalizzato alla copertura del beneficio economico collegato al ReI, ma una sua quota (quota servizi) è destinata al rafforzamento e alla programmazione degli interventi e dei servizi sociali indirizzati ai nuclei familiari beneficiari.

A fronte di risorse certe e programmate, il ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni, come esplicitamente dichiarato dal decreto istitutivo (art. 2, comma 16, del D.Lgs. 147/2017). Conseguentemente, sono considerati livelli essenziali delle prestazioni anche i servizi e gli interventi che accompagnano il nucleo familiare dal momento della richiesta del ReI all'affrancamento dalla condizione di povertà ed esclusione sociale: dall'accesso ai servizi, alla valutazione della condizione di bisogno, alla progettazione personalizzata fino all'individuazione dei sostegni per il nucleo familiare e degli impegni assunti dai suoi membri. Il D.Lgs. 147/2017 ha definito livello essenziale delle prestazioni anche l'offerta integrata di interventi e servizi secondo modalità coordinate definite dalle regioni e dalle province autonome.

In ultimo si ricorda che la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 255, della legge 145/2018) ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il reddito di cittadinanza. La norma provvede a stanziare le risorse per l'istituzione dei richiamati istituti, demandando l'attuazione degli stessi ad appositi provvedimenti normativi nei limiti delle risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa. Il terzo periodo del comma 255 è volto a garantire il riconoscimento delle prestazioni del Reddito di inclusione di cui al D.Lgs. 147/2017, fino alla piena operatività delle nuove misure da introdurre. Se ne dispone, pertanto, la prosecuzione, confermandone i limiti di spesa e disponendo che essi concorrano, in base alle procedure indicate per l'erogazione delle prestazioni, al raggiungimento del limite di spesa complessivo previsto per il Reddito di cittadinanza.

Infine, si ricorda che i livelli essenziali delle prestazioni dei servizi per il lavoro, validi su tutto il territorio nazionale, sono stati approvati con DM n. 4 dell'11 gennaio 2018 e sono elencati nell'allegato B dello stesso decreto.

 

Il comma 9, riformulato in sede referente, disciplina le modalità di utilizzo del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, prevedendo che, nei limiti della sua quota attribuita agli ambiti territoriali sociali delle Regioni, sono potenziati gli interventi e i servizi sociali per il contrasto alla povertà, di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, riferibili, a decorrere dalla data di istituzione dell'Assegno di inclusione, anche ai beneficiari di tale misura nonché ai nuclei familiari e agli individui in simili condizioni di disagio economico.

Rubricato “Interventi e servizi sociali per il contrasto alla povertà”, l’articolo 7 del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147 elenca i servizi per l’accesso e la valutazione nonché i sostegni afferenti al sistema integrato di interventi e servizi sociali, da individuare nel progetto personalizzato sottoscritto dai componenti il nucleo familiare beneficiario del ReI (reddito d’inclusione).

La legge 328/2000 all’art. 22, comma 4, declina come servizi da erogare per l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni: servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari; assistenza domiciliare; strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali; centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.

Questi i servizi individuati al comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147:

a)         segretariato sociale, inclusi i punti per l’accesso al ReI[22] (servizi per l’informazione e l’accesso al ReI);

Il segretariato sociale è un servizio di informazione rivolto a tutti i cittadini, fornisce notizie sulle risorse locali e sulle prassi per accedervi, in modo da offrire un aiuto per la corretta utilizzazione dei servizi sociali.

b)         servizio sociale professionale per la presa in carico, inclusa la componente sociale della valutazione multidimensionale;

Si tratta di un complesso insieme di interventi attivati in favore di persone singole, famiglie, gruppi e comunità, per la prevenzione, il sostegno ed il recupero di situazioni di bisogno e la promozione di nuove risorse sociali. Comprende, tra l'altro, le funzioni di presa in carico, progettazione, valutazione e monitoraggio, funzione sociale per la Valutazione Multidimensionale, inserimenti in strutture residenziali e centri diurni.

c)         tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione;

d)        sostegno socio-educativo domiciliare o territoriale, incluso il supporto nella gestione delle spese e del bilancio familiare;

Rispettivamente: Interventi di sostegno destinati ai soggetti a rischio di emarginazione e alle relative famiglie, erogati a domicilio per il raggiungimento della massima autonomia personale e sociale. Vi sono comprese persone con disagio mentale e interventi di sostegno destinati ai soggetti a rischio di emarginazione e alle relative famiglie, erogati in strutture o in luoghi di aggregazione spontanea, per il raggiungimento della massima autonomia personale e sociale. Vi sono comprese persone con disagio mentale o senza dimora.

e)         assistenza domiciliare socio-assistenziale;

Servizio rivolto a persone con ridotta autonomia, o a rischio di emarginazione, che richiedono interventi di cura e di igiene della persona, di aiuto nella gestione della propria abitazione, di sostegno psicologico, di assistenza sociale e/o educativa a domicilio.

f)         sostegno alla genitorialità e servizio di mediazione familiare;

Interventi di sostegno alle funzioni genitoriali (anche attraverso colloqui, incontri, titoli sociali) e servizio di sostegno alla coppia in fase di separazione o già separata, con figli minori.

g)         servizio di mediazione culturale;

Interventi atti a garantire l’accesso paritario in ambito scolastico, sociale e lavorativo delle persone straniere e nomadi.

h)         servizio di pronto intervento sociale.

Interventi attivati per offrire sostegno a specifici target, in particolare persone senza dimora e adulti in situazioni di emergenza sociale, anche attraverso unità mobili di strada che offrono servizi di prima assistenza (distribuzione indumenti, pasti caldi, informazioni, accompagnamento a centri di accoglienza, ecc.).

Una quota del Fondo Povertà è dunque attribuita agli ambiti territoriali delle regioni per il finanziamento degli interventi citati, fermi restando gli interventi afferenti alle politiche del lavoro, della formazione, sanitarie e socio-sanitarie, educative, abitative, nonché delle altre aree eventualmente coinvolte nella valutazione e progettazione previsti a legislazione vigente.

 

Il Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale è stato istituito dalla Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 386, della legge di bilancio 2016 – legge n. 208 del 2015) originariamente con una dotazione strutturale di 1 miliardo di euro l'anno, finalizzata all'attuazione del Piano nazionale di lotta alla povertà e al finanziamento della misura di contrasto alla povertà denominata SIA - Sostegno per l'inclusione attiva, poi sostituita dal REI - Reddito di inclusione. A seguito dell'introduzione del Reddito di cittadinanza, con la legge di bilancio per il 2019 è stato istituito il Fondo per il Reddito di cittadinanza destinato al finanziamento del sostegno economico in favore dei beneficiari della misura. Il Fondo povertà, pertanto, è stato ridotto e finalizzato al solo finanziamento degli interventi previsti dal Piano nazionale per il contrasto alla povertà e, in particolare, l'accompagnamento e il rafforzamento dei servizi e degli interventi attivati nei Patti per l'inclusione sociale sottoscritti dai beneficiari del Reddito di cittadinanza, che acquisiscono la natura di livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili.

Più precisamente, l'art. 4, del decreto legge n. 4 del 2019, istitutivo del Reddito di cittadinanza (RdC), stabilisce che "Il Patto per il lavoro e il Patto per l'inclusione sociale e i sostegni in essi previsti, nonché la valutazione multidimensionale che eventualmente li precede, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente", non senza specificare che "Il Patto per l'inclusione sociale, ove non diversamente specificato, assume le caratteristiche del progetto personalizzato di cui al D.Lgs. n. 147 del 2017 e, conseguentemente, ai fini del Rdc e ad ogni altro fine, il progetto personalizzato medesimo ne assume la denominazione".

Il cap. 3550 Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali reca uno stanziamento pari a 622 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023. Nell'ambito di tale quota, dal 2018, un ammontare pari a 20 milioni è finalizzato ad interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora. Inoltre, una quota del fondo è destinato ai cosiddetti careleavers: ai sensi dell'art. 1, comma 335, della legge di bilancio 2021 (legge 178/2020) la quota del Fondo povertà è integrata di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 da destinare agli interventi, in via sperimentale, volti a prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale e permettere di completare il percorso di crescita verso l'autonomia a coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Una parte rilevante del Fondo, pari a 180 milioni a decorrere dal 2022, è infine dedicata al potenziamento del servizio sociale professionale, segnatamente all'assunzione di assistenti sociali di cui alla legge di bilancio per il 2021, che, all'art. 1, comma 797 e seguenti, ha introdotto un livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito da un operatore ogni 5.000 abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito da un operatore ogni 4.000 abitanti, prevedendo al contempo l'erogazione di un contributo economico a favore degli Ambiti sociali territoriali (ATS) in ragione del numero di assistenti sociali impiegati in proporzione alla popolazione residente. Il contributo ha la duplice finalità di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, gestiti in forma singola o associata, e i servizi rivolti ai beneficiari del RdC.

 

Come sottolineato dalla Relazione Tecnica, la destinazione della quota del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale di cui all’articolo 6, commi 8 e 9 non potrà che avvenire nel rispetto delle altre finalizzazioni previste a normativa vigente per tale Fondo e concernere esclusivamente la parte residua rispetto a queste.

Il comma 10 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-città ed autonomie locali[23], l’approvazione delle linee guida per la costruzione di Reti di servizi connessi all’attuazione dell’Assegno di inclusione.

Il comma 11, al fine di subordinare l’erogazione delle risorse all’effettivo utilizzo di quelle precedentemente trasferite, dispone che all’articolo 89, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, dopo le parole: “n. 285,” siano inserite le seguenti: “nonché, a decorrere dall’anno 2024, su base regionale, del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, di cui all’articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208,”.

Il richiamato art. 89, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, prevede un alleggerimento degli obblighi di rendicontazione necessari affinché gli enti territoriali ottengano la quota loro spettante del riparto dei Fondi statali deputati al finanziamento delle politiche sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS); Fondo per le non autosufficienze (FNA); Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità prive di sostegno familiare - Fondo dopo di noi; Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza). Il comma 11 in commento inserisce tra tali Fondi, a decorrere dall’anno 2024, su base regionale, il Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, prevedendo quindi un alleggerimento degli obblighi di rendicontazione anche per quest’ultimo.

Più precisamente, la norma dispone, che, ai fini della rendicontazione da parte di regioni, ambiti territoriali e comuni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'utilizzo delle risorse dei Fondi sociali, la rendicontazione del 75% della quota relativa alla seconda annualità precedente è condizione sufficiente alla erogazione della quota annuale di spettanza, ferma restando la verifica da parte dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali della coerenza degli utilizzi con le norme e gli atti di programmazione. Le eventuali somme relative alla seconda annualità precedente non rendicontate devono comunque essere esposte entro la successiva erogazione.

Il comma 12 dispone che le amministrazioni coinvolte provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane disponibili a legislazione vigente nonché con quelle reperibili con le risorse finanziarie della quota residua del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.


Articolo 7
(
Controlli)

 

 

L’articolo in esame è volto a disciplinare le attività di controllo e di vigilanza, e le relative modalità di attuazione, sull’Assegno di inclusione.

Le attività di controllo sono svolte dal personale ispettivo dell’INL, dal Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, dal personale ispettivo dell’INPS e dalla Guardia di finanza.

Le attività di vigilanza sono svolte dal personale ispettivo dell’INL e dalla Guardia di finanza.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono individuati, con riferimento ai dati, le categorie degli stessi e le modalità di accesso, i tempi di conservazione e le misure a tutela degli interessati.

Si prevede, infine, che, con ulteriore decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sia elaborato un piano triennale di contrasto all’irregolare percezione dell’Assegno di inclusione.

 

 

Il comma 1 statuisce, in particolare, che i controlli ispettivi sull’Assegno di inclusione sono posti in essere:

·        dal personale ispettivo dell’INL e dal Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, ai sensi del decreto legislativo n. 149 del 2015[24] (come previsto a seguito di modifiche approvate in sede referente);

·        dal personale ispettivo dell’INPS e dalla Guardia di finanza nell’ambito delle ordinarie funzioni di polizia economico-finanziaria esercitate ai sensi del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68[25].

 

Ai sensi del comma 2, al fine di svolgere in maniera efficace l’attività di vigilanza sulla sussistenza di circostanze che determinano la decadenza dal beneficio, nonché su altri fenomeni di violazione in materia di lavoro e legislazione sociale, nell’ambito delle rispettive competenze (come specificato in sede referente), il personale ispettivo dell’INL e la Guardia di finanza accedono alle informazioni e alle banche dati, sia in forma analitica che aggregata, trattate dall’INPS, che sono già disponibili al personale ispettivo dipendente dal medesimo Istituto.

E’ altresì disposto che l’INL (così, in particolare, prevedendosi a seguito di modifiche approvate in sede referente) e la Guardia di finanza, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, stipulino apposita convenzione, al fine del conseguimento delle finalità di cui a tale comma.

 

Il comma 3 dispone che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti l’INL, l’INPS e il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuati, con riferimento ai dati, le categorie degli stessi e le modalità di accesso, i tempi di conservazione e le misure a tutela degli interessati.

Tale decreto deve essere adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

Il comma 4 stabilisce, infine, che, per rafforzare il contrasto al lavoro irregolare nei confronti dei beneficiari della misura, che svolgono attività lavorativa in violazione delle disposizioni legislative vigenti, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l’INL, è elaborato un piano triennale di contrasto all’irregolare percezione dell’Assegno di inclusione. Tale piano contiene le misure di contrasto e la strategia dell’attività ispettiva, i criteri per il monitoraggio dei suoi esiti, gli obiettivi annuali da realizzare, nonché le modalità di collaborazione con le parti sociali e con le amministrazioni territoriali.

Si valuti l’opportunità di specificare il termine entro il quale il decreto di cui al comma 4 deve essere adottato.

 

Ai sensi del comma 5, le amministrazioni provvedono alle attività ivi disciplinate con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 


Articolo 8, commi 1-4 e 14-18
(
Sanzioni e responsabilità penale, contabile e disciplinare)

 

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 8, contengono il quadro sanzionatorio per la repressione delle indebite percezioni dei benefici economici dell’assegno di inclusione e del supporto per la formazione e il lavoro.

I commi da 14 a 18 stabiliscono i casi di sospensione dell’erogazione dell’assegno di inclusione o dell’indennità di partecipazione alle misure di attivazione lavorativa nell’ambito del supporto per la formazione e il lavoro, conseguenti all’adozione di specifici provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale, e ne disciplinano il procedimento.

 

In particolare il comma 1, prevede una fattispecie di reato - espressamente sussidiaria rispetto a delitti più gravi della stessa specie - in base alla quale è punita con la pena della reclusione da 2 a 6 anni la condotta di chi, al fine di ottenere indebitamente il beneficio economico dell’assegno di inclusione (di cui all’art. 3 del decreto legge in esame) o il supporto per la formazione e il lavoro (di cui all’art. 12 del decreto legge), rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute.

Si tratta di una disposizione analoga a quella prevista per il reddito di cittadinanza dall’art. 7, comma 1, del DL 4/2019 (conv. con modificazioni dalla L. 26/2019).

 

Con riferimento alle norme penali in materia di reddito di cittadinanza di cui all’art. 7 del DL 4/2019, analoghe a quelle previste dalle disposizioni in commento per l’assegno di inclusione e il supporto per la formazione e il lavoro, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il reato è configurabile anche nel caso di condotte finalizzate a conseguire il beneficio economico del reddito di cittadinanza per un importo maggiore di quello altrimenti spettante (Cass. pen. Sez. III, 08/02/2023, n. 5440).

Sull’interpretazione del comma 1 dell'art. 7 si registrano due opposti orientamenti espressi dalla Corte di cassazione. Secondo un primo indirizzo, integrano il delitto in esame le false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio (Cass. Penale, III Sez., sentenza n. 5289 del 2019).

Tale indirizzo si fonda anzitutto sull’assunto in base a cui la sanzione penale prevista dall’art. 7 del d.l. 4/2019 costituirebbe la reazione da parte dell’ordinamento ad una forma di violazione del patto di leale cooperazione intercorso fra il cittadino e l’amministrazione e, come tale, non dovrebbe fare riferimento all'effettivo raggiungimento dello scopo (rappresentato dalla percezione del reddito). Più in particolare, la disciplina del beneficio economico in questione sarebbe correlata, nel suo complesso, al generale «principio antielusivo», per cui la punibilità del reato si rapporta non solamente al pericolo di profitto ingiusto, ma, soprattutto, al dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni dalle quali riceve un beneficio economico. Un secondo indirizzo giurisprudenziale ha fornito, invece, un’interpretazione restrittiva dell’art. 7 del d.l. 4/2019, ritenendo sussistente il reato solo quando le condotte di mendacio siano finalizzate ad ottenere il beneficio, e il richiedente in concreto non ne abbia diritto o ne abbia diritto in misura minore(Cass. Pen. Sez. III, sentenza n. 44366 del 2021). Secondo questo indirizzo giurisprudenziale risulterebbe, pertanto, più in linea con il principio di offensività ritenere che con l’espressione «al fine di ottenere indebitamente il beneficio…» il legislatore abbia inteso tipizzare in termini di concretezza il pericolo che potrebbe derivare dalla falsità ovvero dalla incompletezza delle dichiarazioni presentate per il conseguimento del reddito di cittadinanza. Sarebbe, pertanto, doverosa una specifica indagine in ordine alla legittimità sostanziale dell’accesso del soggetto richiedente il beneficio, dovendosi attribuire rilevanza penale ai soli casi di mendacio in cui l’intenzione dell’agente fosse quella di ottenere un beneficio diversamente non dovuto.

E’ stata quindi rimessa alle Sezioni Unite la questione se integrino il reato le false indicazioni od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio, ovvero se il mendacio o le omissioni dichiarative rilevino nei soli casi in cui l'intento dell'agente sia solo quello di conseguire, per il tramite delle stesse, un beneficio altrimenti non dovuto (Cass. pen. Sez. III, Ord. 20/01/2023, n. 2588).

 

 

Il comma 2 prevede che l’omessa comunicazione della variazione del reddito o del patrimonio, anche se proveniente da attività irregolari, o di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini del mantenimento del beneficio, sia punita con la reclusione da uno a tre anni.

Si tratta di una disposizione sostanzialmente analoga a quella prevista per il reddito di cittadinanza dall’art. 7, comma 2, del DL 4/2019 (conv. con modificazioni dalla legge 26/2019).

L’art. 7, comma 2, del DL 4/2019 prevede che l'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini stabiliti dall’art. 3 del medesimo decreto legge, è punita con la reclusione da uno a tre anni. L’unica differenza rispetto alla disposizione introdotta dal decreto legge in esame consiste nel riferimento alla “revoca o riduzione” del beneficio, che viene sostituita dal riferimento al “mantenimento” del beneficio stesso.

Con riguardo a tale fattispecie di reato, la giurisprudenza ha precisato che essa si configura altresì con l'omessa comunicazione all'Inps dello svolgimento di attività lavorativa retribuita, seppure irregolare, essendo tale reato peraltro integrato in conseguenza della omessa comunicazione di una variazione patrimoniale rilevante, sussistente anche nel caso di conseguimento di somme di denaro per donazione o di regalie saltuarie (Cass. pen. Sez. III, 09/06/2022, n. 25306). Inoltre poiché beneficiario ex lege del reddito di cittadinanza non è il richiedente, ma il nucleo familiare, ed il valore economico si calcola proprio in relazione alla sua composizione, risponde del reato chi, nella domanda originaria, abbia omesso di indicare la presenza nel nucleo familiare del coniuge, benché separato di fatto, e, a beneficio ottenuto, abbia omesso di comunicare nei termini di legge la presenza di un componente sottoposto a misura cautelare (Cass. pen. Sez. III, 07/10/2022, n. 37922).

Integra infine il reato anche l'omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare quale causa di riduzione del beneficio del beneficio, in quanto incidente sulla composizione del nucleo familiare, e quale parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica (Cass. pen. Sez. III, 14/01/2022, n. 1351).

 

Come è noto, l’art. 1, comma 318, della Legge di bilancio 2023 ha previsto che dal 1° gennaio 2024 siano abrogate le disposizioni che disciplinano il reddito e la pensione di cittadinanza (artt. da 1 a 13 del DL 4/2019), ivi compreso, dunque, l’art. 7 recante le sanzioni penali. In materia di applicazione ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 delle disposizioni penali di cui all’art. 7 del DL 4/2019 si veda l’art. 13, comma 3 (vedi infra la scheda relativa all’art. 13).

 

Il comma 3 prevede l’immediata decadenza dal beneficio con l’obbligo di restituzione, a carico del beneficiario, di quanto indebitamente percepito, nei casi di:

·        condanna definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2;

·        condanna definitiva per un delitto non colposo che comporti l’applicazione di una pena non inferiore a un anno di reclusione, anche se sostituita da una delle pene di cui all’art. 20-bis, comma 1, numeri da 1 a 3 c.p.;

Le pene sostitutive di pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis c.p. (inserito dall’art. 1, comma 1, lett. a del D. Lgs. 150/2022, cd. “riforma Cartabia”) sono:

-          la semilibertà sostitutiva (art. 20-bis c.p., comma 1, numero 1), che può essere applicata dal giudice nel caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni;

-          la detenzione domiciliare sostitutiva (art. 20-bis c.p., comma 1, numero 2), che può essere anch’essa applicata dal giudice nel caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni;

-          il lavoro di pubblica utilità sostitutivo (art. 20-bis c.p., comma 1, numero 2), che può essere applicato dal giudice nel caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni.

La disposizione in commento non richiama, quale causa di decadenza dal beneficio, la pena pecuniaria sostitutiva (art. 20-bis c.p., comma 1, numero 4), che può essere applicata dal giudice nel caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.

·        applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione da parte dell’autorità giudiziaria.

 

Si ricorda che le misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria sono disciplinate dal Capo II del Titolo I Libro I del D. Lgs. 59/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) e consistono nella sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, cui possono essere aggiunti il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in uno o più regioni o l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Le misure di prevenzione di cui sopra sono disposte su proposta del questore, del procuratore nazionale antimafia, del procuratore distrettuale o del direttore della direzione investigativa antimafia nei confronti di indiziati di appartenenza ad associazioni mafiose o di taluni gravi reati, specificamente indicati, nonché nei confronti di coloro che, sulla base di elementi di fatto, debbano ritenersi dediti ad attività delittuose o che vivano abitualmente dei proventi di attività delittuose. Le misure sono disposte con decreto del tribunale, avverso il quale è dato ricorso alla corte d’appello, contro la cui decisione è dato ricorso per cassazione per violazione di legge.

 

La decadenza opera anche nel caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex artt. 444 ss. c.p.p. (cd. “patteggiamento”) derogando espressamente all’art. 445, comma 1-bis, c.p.p. che esclude effetti extrapenali delle sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti.

 

In particolare, l’art. 444 c.p.p che riguarda l’applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. “patteggiamento”) prevede al comma 1 che l’imputato e il pubblico ministero possono richiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva o pecuniaria diminuita fino a un terzo o di una detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. Il comma 1-bis esclude dall’ambito di applicazione del patteggiamento una serie di reati specificamente indicati mentre il comma 1-ter, per un’altra serie di reati specificamente indicati, subordina l’ammissibilità della richiesta alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.

Il comma 2 stabilisce che il giudice, se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta, non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento e se ritiene corretta la qualificazione giuridica del fatto e la comparazione delle circostanze nonché congrua la pena indicata dispone con sentenza l’applicazione della pena richiesta. Ai sensi dei commi 3 e 3-bis, nei procedimenti per taluni delitti specificamente indicati la parte che ha formulato la richiesta può subordinarne gli effetti alla concessione della sospensione condizionale o all’esenzione dalle pene accessorie.

L’art. 445 c.p.p. regola gli effetti dell’applicazione della pena su richiesta. In particolare, il comma 1-bis prevede l’esclusione effetti extrapenali della sentenza di applicazione della pena su richiesta, stabilendo che la sentenza medesima non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, tributari, disciplinari, amministrativi o contabili e che, qualora non siano applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di legge diverse da quelle penali che equiparano la sentenza a una sentenza di condanna.

 

Si prevede che la decadenza sia comunicata al beneficiario dall’INPS e che il beneficio non possa essere nuovamente richiesta se non decorsi dieci anni dalla definitività della condanna o dalla revoca o comunque dalla cessazione degli effetti della misura di prevenzione.

 

Il comma 4 prevede che le decisioni che comportano la decadenza dal beneficio ai sensi del comma 3 debbano essere comunicate dalla cancelleria del giudice all’INPS entro quindici giorni dal passaggio in giudicato della sentenza o dall’applicazione della misura di prevenzione con provvedimento definitivo.

 

I commi da 14 a 18 disciplinano la sospensione dell’erogazione dell’assegno di inclusione o del supporto per la formazione e il lavoro a seguito di specifici provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale.

In particolare, il comma 14 indica le circostanze che comportano la sospensione dell’erogazione del beneficio, individuando, come possibili destinatari della sospensione stessa, il “beneficiario” ed il “richiedente”, senza ulteriori specificazioni.

Da una lettura complessiva del testo del decreto-legge, sembra potersi ritenere che con la prima espressione si identifichi il percettore dell’assegno di inclusione, mentre la seconda indichi colui che fa richiesta di accesso al supporto per la formazione e il lavoro (v. in tal senso l’art. 12).

Si valuti l’opportunità di chiarire il significato dei due termini, considerato che, anche con riguardo al richiedente il supporto per la formazione e il lavoro, la sospensione dal beneficio può intervenire soltanto a seguito della stipula del patto di servizio e della conseguente partecipazione a programmi di formazione.

 

 

Più nel dettaglio, la sospensione si applica nei confronti di coloro che:

 

§  sono destinatari di una misura cautelare personale;

 

Come è noto, le misure cautelari personali (artt. 272-315 c.p.p.) consistono in limitazioni della libertà personale disposte da un giudice nella fase delle indagini preliminari o nella fase processuale. Per la loro applicazione richiedono l’esistenza di due ordini di requisiti: i gravi indizi di colpevolezza (art. 273, co. 1, c.p.p.), e le esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.).

Le misure cautelari personali si dividono in coercitive e interdittive. Con riferimento alle misure cautelari personali coercitive l’art. 280 c.p.p. stabilisce le loro condizioni di applicabilità disponendo che salvo eccezioni, esse possono essere applicate «solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni». Questa classe di misure comprende il divieto di espatrio, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento ai luoghi presentati dalla persona offesa, il divieto o l’obbligo di dimora, gli arresti domiciliari, la custodia cautelare in carcere e la custodia cautelare in luogo di cura.

Le misure cautelari personali interdittive sono provvedimenti adottati dal giudice penale che limitano temporaneamente l’esercizio di determinate facoltà o diritti, in tutto o in parte. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni (art. 287 c.p.p.). Esse sono: la sospensione dell’esercizio della potestà dei genitori, la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 2, lett. d) del provvedimento in esame prevede quale causa ostativa all’accesso all’assegno di inclusione la sottoposizione a misura cautelare personale.

 

§  sono destinatari di provvedimenti non definitivi di cui al comma 3;

 

Si ricorda che il comma 3 dell’articolo in esame prevede l’immediata decadenza dal beneficio con l’obbligo di restituzione, a carico del beneficiario, di quanto indebitamente percepito, nei casi di condanna definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2; condanna definitiva per un delitto non colposo che comporti l’applicazione di una pena non inferiore a un anno di reclusione, anche se sostituita da una delle pene di cui all’art. 20-bis, comma 1, numeri da 1 a 3 c.p.; applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione da parte dell’autorità giudiziaria (v. supra).

La sospensione opera invece quando tali provvedimenti non sono ancora definitivi (ad es. in caso di condanna con sentenza non passata in giudicato).

 

§  è latitante o si è sottratto volontariamente all’esecuzione di una pena.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'art. 296 c.p.p., primo comma, è definito latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all'obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione. Lo stato di latitanza è dichiarato dal giudice con decreto motivato quando ritiene esaurienti le ricerche verbalizzate ai sensi dell'art. 295 c.p.p. Il medesimo articolo 296 equipara il latitante all'evaso "per ogni effetto".

 

Si prevede inoltre che il soggetto nei confronti del quale è stata prevista la sospensione non sia computato nella scala di equivalenza prevista all’art. 2, comma 4, che riguarda casi di particolare fragilità del nucleo familiare (v. supra).

 

Il comma 15 specifica che la sospensione del beneficio non ha effetto retroattivo, non comportando dunque la restituzione di quanto percepito prima dell’emanazione del provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria.

Essa è disposta dal giudice che ha adottato il provvedimento penale, ovvero:

-       dal giudice che ha emesso la sentenza di condanna non definitiva;

-       dal giudice che ha dichiarato la latitanza;

-       dal giudice che ha emesso l’ordine di esecuzione di cui all’articolo 656 c.p.p. al quale il condannato si è volontariamente sottratto;

-       dal giudice che ha disposto la misura di prevenzione con provvedimento non definitivo.

 

L’autorità giudiziaria è quindi tenuta:

-       a chiedere all’indagato o all’imputato, nel primo atto al quale egli assiste, se è titolare di assegno di inclusione o del supporto per la formazione e il lavoro (comma 16);

-       a comunicare all’INPS l’adozione del provvedimento di sospensione dell’erogazione del beneficio entro 15 giorni dall’emanazione del provvedimento stesso, al fine di consentire all’INPS di inserirlo nelle piattaforme digitali di cui all’art. 5 (comma 17).

 

In base al comma 18, se mutano le condizioni che hanno determinato la sospensione ovvero le stesse risultano inesistenti, è la stessa autorità giudiziaria che l’ha pronunciata a revocare il proprio precedente provvedimento. L’erogazione del beneficio non riprenderà però in automatico, essendo rimesso al richiedente l’onere di presentare una nuova istanza all’ente previdenziale, allegando copia del provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Il comma 18 non dispone nulla riguardo al momento in cui matura il diritto a percepire nuovamente il beneficio a seguito della revoca della sospensione. La normativa precedente (art. 7-ter, comma 5, del d.l. n. 4 del 2019), con riferimento al reddito di cittadinanza, esplicitamente stabiliva che il ripristino dell’erogazione maturava al momento della presentazione della domanda e, conseguentemente, nulla era dovuto per gli importi maturati nel periodo di sospensione e nel periodo intercorrente tra la revoca della sospensione e la presentazione della nuova istanza.

Si valuti l’opportunità di specificare se il diritto all’erogazione dell’assegno di inclusione o dell’indennità di cui all’art. 12, a seguito della cessazione della causa di sospensione, operi retroattivamente.

 

Con riguardo alla sospensione del reddito di cittadinanza a seguito di applicazione di misura cautelare, sono state rigettate dalla Corte costituzionale le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Gip del Tribunale di Palermo (sentenza n. 126 del 2021).

La Corte rigetta la tesi secondo cui il reddito di cittadinanza ha una “natura meramente assistenziale, essendo l’erogazione dello stesso accompagnata da un percorso formativo e d’inclusione che comporta precisi obblighi, il cui mancato rispetto determina, in varie forme, l’espulsione dal percorso medesimo”. In tale ottica, non appare irragionevole la scelta discrezionale compiuta dal legislatore che, al venir meno di un peculiare requisito morale, prevede che venga sospesa l’erogazione del beneficio, poiché tale sospensione trova la sua giustificazione non nella presunzione di colpevolezza, bensì nella valutazione d'incompatibilità tra la richiesta del beneficio economico e la soggezione a detta misura cautelare, la cui attuazione potrebbe ostacolare o addirittura impedire la realizzazione del percorso d’inserimento lavorativo.

 


Articolo 8, commi 5-13 e 19-20
(Revoca o decadenza dal beneficio; controlli; riassegnazione risorse)

 

 

L’articolo 8, ai commi 5 e 6, disciplina rispettivamente i casi di revoca e di decadenza dall’Assegno di inclusione. I commi 8 e 9 stabiliscono che in tutti i casi di revoca o decadenza dal beneficio, l’INPS dispone l’immediata disattivazione della Carta di inclusione e, nei casi diversi da quelli di condanna in via definitiva o di applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione in capo al beneficiario, l’Assegno di inclusione può essere richiesto da un componente il nucleo familiare solo decorsi sei mesi dalla data del provvedimento di revoca o decadenza. Attraverso il sistema informativo SIISL, l’INPS mette a disposizione dei centri per l’impiego e dei comuni gli eventuali provvedimenti di revoca o decadenza dal beneficio (comma 10). Responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici sono i comuni, che vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 11). Il mancato o non corretto espletamento dei controlli e delle verifiche previsti, nonché la mancata comunicazione dell’accertamento dei fatti suscettibili di dar luogo alla revoca o alla decadenza dall’Assegno di inclusione, danno luogo a responsabilità amministrativo-contabile e disciplinare (comma 12). La maggiorazione del venti per cento di alcune sanzioni amministrative pecuniarie viene estesa ai casi di impiego, in forma di lavoro subordinato, di soggetti beneficiari dell’Assegno di inclusione, da parte di datori privati, senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto (comma 13). Per la riassegnazione degli importi (comma 7) e delle risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione (comma 19), il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 20).

 

L’articolo 8 prevede le sanzioni e le varie forme di responsabilità correlate all’indebita percezione dell’Assegno di inclusione, disciplina i relativi controlli e dispone la riassegnazione delle risorse.

Il comma 5 stabilisce - ferme restando le previsioni di cui al comma 3 (immediata decadenza dal beneficio per condanna in via definitiva o applicazione di misura cautelare al beneficiario) - l’immediata revoca dell’Assegno di inclusione quando l’INPS accerti la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa o mendace successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante. La revoca ha efficacia retroattiva, con il conseguente obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite.

Ai sensi del comma 6, la sanzione della decadenza (non retroattiva) è prevista qualora uno dei membri del nucleo familiare, tenuto agli obblighi di adesione e partecipazione attiva a tutte le attività individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa:

a) non si presenta presso i servizi sociali o il servizio per il lavoro competente nel termine fissato, senza un giustificato motivo;

b) non sottoscrive il patto per l’inclusione o il patto di servizio personalizzato, di cui all’articolo 4, salvi i casi di esonero;

c) non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, comunque denominate, nelle quali è inserito dai servizi per il lavoro, secondo quanto previsto dal patto di servizio personalizzato, ovvero non rispetta gli impegni concordati con i servizi sociali nell’ambito del percorso personalizzato;

d) non accetta, senza giustificato motivo, un’offerta di lavoro ai sensi dell’articolo 9, relativamente ai componenti del nucleo attivabili al lavoro;

e) non rispetta le previsioni di cui all’articolo 3, commi 7 (cumulabilità di indennità o benefici con l’Assegno di inclusione nel limite massimo annuo di 3.000 euro lordi), 8 (obbligo di comunicare ogni variazione riguardante le condizioni e i requisiti di accesso all’Assegno di inclusione e al suo mantenimento entro quindici giorni dall’evento modificativo), 10 (presentazione di una DSU aggiornata alla variazione del nucleo familiare in corso di fruizione del beneficio, entro un mese dalla variazione) e 11 (obbligo, per beneficiari compresi nella fascia di età dai 18 ai 29 anni che non hanno adempiuto all’obbligo scolastico di cui all’art. 1, comma 622, della L. 296/2006 – secondo cui l'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria – all’iscrizione e alla frequenza di percorsi di istruzione di primo livello, o comunque funzionali all’adempimento del predetto obbligo) ovvero effettua comunicazioni mendaci in modo da determinare un beneficio economico maggiore;

f) non presenta una DSU (dichiarazione sostitutiva unica ai fini dell'ISEE) aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare; In relazione alla formulazione del testo, si segnala che questa previsione è sovrapponibile a quella della lettera e) sopra riportata, nel punto in cui richiama l’articolo 3, comma 10.

g) viene trovato, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro, senza aver provveduto alle prescritte comunicazioni di cui all’articolo 3.

Il comma 7 stabilisce che gli importi di cui all’articolo 38, comma 3, del DL 78/2010, al netto delle spese di recupero, sono riversati dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al «Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva di cui all’articolo 1, comma 321, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.»

A norma del richiamato articolo 38, comma 3, del DL 78/2010, fermo restando la restituzione del vantaggio conseguito per effetto dell'indebito accesso alla prestazione sociale agevolata, nei confronti dei soggetti che in ragione del maggior reddito accertato hanno fruito illegittimamente delle prestazioni sociali agevolate si applica la sanzione da 500 a 5.000 euro. La sanzione è irrogata dall'ente erogatore, avvalendosi dei poteri e delle modalità vigenti. Nei casi diversi dall'accertamento del maggior reddito in via definitiva, per il quale la sanzione è immediatamente irrogabile, l'ente erogatore invita il soggetto interessato a chiarire i motivi della rilevata discordanza, ai sensi della normativa vigente. In assenza di osservazioni da parte dell'interessato o in caso di mancato accoglimento delle stesse, la sanzione è irrogata in misura proporzionale al vantaggio economico indebitamente conseguito e comunque nei limiti di cui al primo periodo.

 

Il Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale è stato istituito dalla Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 386, della legge di bilancio 2016 – legge n. 208 del 2015) originariamente con una dotazione strutturale di 1 miliardo di euro l'anno, finalizzata all'attuazione del Piano nazionale di lotta alla povertà e al finanziamento della misura di contrasto alla povertà denominata SIA - Sostegno per l'inclusione attiva, poi sostituita dal REI - Reddito di inclusione. A seguito dell'introduzione del Reddito di cittadinanza, con la legge di bilancio per il 2019 è stato istituito il Fondo per il Reddito di cittadinanza destinato al finanziamento del sostegno economico in favore dei beneficiari della misura. Il Fondo povertà, pertanto, è stato ridotto e finalizzato al solo finanziamento degli interventi previsti dal Piano nazionale per il contrasto alla povertà e, in particolare, l'accompagnamento e il rafforzamento dei servizi e degli interventi attivati nei Patti per l'inclusione sociale sottoscritti dai beneficiari del Reddito di cittadinanza, che acquisiscono la natura di livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili.

Più precisamente, l'art. 4, del decreto legge n. 4 del 2019, istitutivo del Reddito di cittadinanza (RdC), stabilisce che "Il Patto per il lavoro e il Patto per l'inclusione sociale e i sostegni in essi previsti, nonché la valutazione multidimensionale che eventualmente li precede, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente", non senza specificare che "Il Patto per l'inclusione sociale, ove non diversamente specificato, assume le caratteristiche del progetto personalizzato di cui al D.Lgs. n. 147 del 2017 e, conseguentemente, ai fini del Rdc e ad ogni altro fine, il progetto personalizzato medesimo ne assume la denominazione".

Il cap. 3550 Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali reca uno stanziamento pari a 622 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2021-2023. Nell'ambito di tale quota, dal 2018, un ammontare pari a 20 milioni è finalizzato ad interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora. Inoltre, una quota del fondo è destinato ai cosiddetti careleavers: ai sensi dell'art. 1, comma 335, della legge di bilancio 2021 (legge 178/2020) la quota del Fondo povertà è integrata di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 da destinare agli interventi, in via sperimentale, volti a prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale e permettere di completare il percorso di crescita verso l'autonomia a coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Una parte rilevante del Fondo, pari a 180 milioni a decorrere dal 2022, è infine dedicata al potenziamento del servizio sociale professionale, segnatamente all'assunzione di assistenti sociali di cui alla legge di bilancio per il 2021, che, all'art. 1, comma 797 e seguenti, ha introdotto un livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale definito da un operatore ogni 5.000 abitanti e un ulteriore obiettivo di servizio definito da un operatore ogni 4.000 abitanti, prevedendo al contempo l'erogazione di un contributo economico a favore degli Ambiti sociali territoriali (ATS) in ragione del numero di assistenti sociali impiegati in proporzione alla popolazione residente. Il contributo ha la duplice finalità di potenziare il sistema dei servizi sociali comunali, gestiti in forma singola o associata, e i servizi rivolti ai beneficiari del RdC.

Il comma 8 stabilisce che l’INPS dispone l’immediata disattivazione della Carta di inclusione di cui all'articolo 4 comma 8 (strumento di pagamento elettronico ricaricabile attraverso cui viene erogato l’Assegno di inclusione), in tutti i casi di revoca o di decadenza dal beneficio.

Il comma 9 prevede che, nei casi diversi da quelli di cui al comma 3 (condanna in via definitiva o applicazione con provvedimento definitivo di una misura di prevenzione in capo al beneficiario), l’Assegno di inclusione può essere richiesto da un componente il nucleo familiare solo decorsi sei mesi dalla data del provvedimento di revoca o decadenza.

Il comma 10 stabilisce che tutti i soggetti, che accedono al sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL) di cui all’articolo 5, mettono a disposizione, immediatamente e comunque non oltre dieci giorni dalla data dalla quale ne sono venuti a conoscenza, attraverso il medesimo SIISL, le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui al presente articolo. Attraverso il SIISL, l’INPS mette a disposizione dei centri per l’impiego e dei comuni gli eventuali conseguenti provvedimenti di revoca o decadenza dal beneficio. Nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del beneficio, i soggetti preposti ai controlli e alle verifiche trasmettono all’autorità giudiziaria la documentazione completa relativa alla verifica, entro dieci giorni dall’accertamento.

A norma del comma 11, responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici sono i comuni, attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento dell’Assegno di inclusione. Per tali attività, i comuni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Si tratta di attività che gli organi indicati nelle norme già svolgono nell’ambito del Reddito di Cittadinanza (che dal 1° gennaio 2024 sarà sostituito dall’Assegno di inclusione) e comunque nell’ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente

Il comma 12 prevede che il mancato o non corretto espletamento dei controlli e delle verifiche di cui al presente capo, nonché la mancata comunicazione dell’accertamento dei fatti suscettibili di dar luogo alla revoca o alla decadenza dall’Assegno di inclusione, determinano la responsabilità, oltre che disciplinare, anche amministrativo-contabile a carico del personale delle amministrazioni interessate, degli altri soggetti incaricati e, comunque, preposti allo svolgimento delle citate funzioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20[26].

Il comma 13, modificando l’articolo 3, comma 3-quater, del DL n. 12/2002, estende ai casi di impiego, in forma di lavoro subordinato, di soggetti beneficiari dell’Assegno di inclusione, da parte di datori privati, senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto, la maggiorazione, nella misura del venti per cento, di alcune sanzioni amministrative pecuniarie, maggiorazione già prevista nell'ordinamento (per la medesima fattispecie di mancata comunicazione) con riferimento ad altre categorie di lavoratori[27].

Il comma 19, dispone che le risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione di cui al comma 14 (previsti in caso di misura cautelare personale, condanna non definitiva, latitanza o sottrazione volontaria all’esecuzione della pena) sono accantonate dall’INPS fino al momento in cui viene accertata la quota delle stesse comunque spettante ai soggetti interessati dal provvedimento di revoca. La restante parte delle risorse di cui al primo periodo è versata all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata ai capitoli di spesa relativi al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti, nonché agli orfani dei crimini domestici[28] e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di cui alla legge 3 agosto 2004, n. 206.

Il comma 20 prevede che per le finalità di cui ai commi 7 e 19 (riassegnazione di importi e di risorse derivanti dai provvedimenti di sospensione), il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


Articolo 9
(
Offerte di lavoro e compatibilità con l’Assegno di inclusione)

 

 

L’articolo in esame è volto a disciplinare le caratteristiche dell’offerta di lavoro che il beneficiario dell’Assegno di inclusione è tenuto ad accettare, nonché la compatibilità tra tale beneficio e il reddito da lavoro che si percepisce.

 

Nel dettaglio, si dispone, ai sensi del comma 1, che il componente del nucleo familiare beneficiario dell’Assegno di inclusione, che risulta attivabile al lavoro, ed è stato preso in carico dai competenti servizi per il lavoro, è tenuto ad accettare un’offerta di lavoro che presenta le seguenti caratteristiche:

·        si riferisce a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Nel suddetto caso, si specifica che non rilevano limiti di distanza nell’ambito del territorio nazionale (lett. a)). Con modifica approvata in sede referente, si è disposto (comma 1-bis) che non operano le previsioni ivi disposte esclusivamente nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti figli con età inferiore a 14 anni, anche qualora i genitori siano legalmente separati, e l’offerta va accettata se il posto di lavoro non eccede la distanza di ottanta chilometri dal domicilio del soggetto o comunque è raggiungibile nel limite temporale massimo di 120 minuti con i mezzi di trasporto pubblico;

·        si riferisce a un contratto di lavoro a tempo determinato, anche in somministrazione. Nel suddetto caso, si specifica che rileva una distanza massima di 80 chilometri del luogo di lavoro rispetto al domicilio del soggetto. Con modifica approvata in sede referente, si è previsto - in alternativa a tale distanza massima rispetto al domicilio del soggetto - che il luogo di lavoro sia raggiungibile in non oltre 120 minuti con i mezzi di trasporto pubblico (lett. d));

·        si riferisce a un rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno (lett. b));

·        la retribuzione non è inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81[29] (lett. c)).

 

 

Si valuti l’opportunità di specificare se i requisiti di cui alle lettere b) e c) si intendano riferiti ad entrambe le tipologie di rapporto di lavoro indicate alle lettere a) e d) (a tempo indeterminato o determinato).

 

Il comma 2 prevede la sospensione d’ufficio dell’Assegno di inclusione per la durata del rapporto di lavoro, ove l’offerta lavorativa concerna un rapporto di lavoro avente durata compresa tra uno e sei mesi, fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, comma 5, in termini di compatibilità tra il beneficio economico e il reddito da lavoro percepito (limite massimo di tremila euro lordi annui).

Si stabilisce, infine, che, una volta concluso il rapporto di lavoro, il beneficio continua a essere erogato per il periodo rimanente di fruizione, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 3, prevedendosi altresì che non si computa, ai fini della determinazione del reddito per il mantenimento del beneficio, quanto è stato percepito.

 

 

 


Articolo 10
(
Incentivo per assunzione di beneficiari dell’assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro)

 

 

L’articolo 10 riconosce ai datori di lavoro privati che assumono beneficiari dell’Assegno di inclusione, nonché del Supporto per la formazione e il lavoro, per ciascun lavoratore, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico nella misura del 100 o del 50 per cento a seconda che l’assunzione sia, rispettivamente, a tempo indeterminato o con apprendistato, o a tempo determinato.

Una percentuale di tale incentivo è riconosciuta anche alle agenzie per il lavoro, ai patronati, agli enti, anche del Terzo settore, alle associazioni e alle imprese sociali che svolgono attività dirette alla tutela della disabilità o all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili per ogni soggetto assunto a seguito di specifica attività di mediazione.

Inoltre, ai beneficiari dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi dodici mesi di fruizione del beneficio è riconosciuto in un’unica soluzione un beneficio addizionale pari a sei mensilità dell’Assegno di inclusione, nei limiti di 500 euro mensili.

 

Preliminarmente, si segnala che, in base al rinvio al presente articolo operato dall’articolo 12, comma 10, del decreto legge in esame, le seguenti previsioni si applicano anche alla misura del Supporto per la formazione e il lavoro.

 

Incentivi per assunzioni a tempo indeterminato di beneficiari dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro

 

Ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari delle predette misure con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pieno o parziale, o anche mediante contratto di apprendistato, è riconosciuto per ciascun lavoratore (come specificato in sede referente), l’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’Inail e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche) Tale esonero è concesso (comma 1):

§  per un periodo massimo di dodici mesi elevati a ventiquattro trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. In tale ultimo caso, il periodo massimo di ventiquattro mesi comprende anche i periodi di esonero fruiti in precedenza per l’assunzione a tempo determinato (vedi infra);

§  nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile;

§  esclusivamente al datore di lavoro che inserisce l’offerta di lavoro nel sistema informativo SIISL, di cui all’articolo 5 del presente decreto legge (comma 3).

Salvo che il licenziamento avvenga per giusta causa o per giustificato motivo, nel caso di licenziamento del beneficiario di una delle misure in questione effettuato nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito maggiorato di un importo pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti (ex art. 116, c. 8, lett. a), della L. 388/2000.

 

Incentivi per assunzioni a tempo determinato di beneficiari dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro

 

Ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari delle misure in questione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, pieno o parziale, è riconosciuto, per ciascun lavoratore (come specificato in sede referente), l’esonero dal versamento del 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’Inail) Tale esonero è concesso (comma 2):

§  per un periodo massimo di dodici mesi e comunque non oltre la durata del rapporto di lavoro;

§  nel limite massimo di importo pari a 4.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile;

§  esclusivamente al datore di lavoro che inserisce l’offerta di lavoro nel sistema informativo SIISL (comma 3).

Si valuti l’opportunità, sotto il profilo redazionale, di esplicitare che anche per tale esonero resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, in conformità al principio vigente di distinzione tra le aliquote contributive e l’aliquota di computo suddetta e come esplicitamente previsto per l’incentivo riconosciuto ai sensi del comma 1 del presente articolo per le assunzioni a tempo indeterminato di beneficiari dell’Assegno di inclusione.

Si valuti altresì l’opportunità di specificare se anche per l’esonero previsto dal presente comma 2 il datore di lavoro sia tenuto alla restituzione di quanto percepito qualora ricorrano determinate fattispecie di licenziamento, come previsto per l’esonero di cui al comma 1. 

 

Incentivi per attività di intermediazione finalizzata all’assunzione di beneficiari dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro

 

La disposizione in commento riconosce altresì taluni incentivi, autonomi rispetto ai suddetti incentivi riconosciuti in favore dei datori di lavoro, anche a determinati soggetti a seguito di specifica attività di mediazione svolta dai medesimi soggetti per le assunzioni di beneficiari delle predette misure.

In particolare:

§  alle agenzie per il lavoro autorizzate ai sensi della normativa vigente (di cui al D.Lgs. 276/2003), per ogni soggetto assunto a seguito di specifica attività di mediazione effettuata da tali agenzie mediante l’utilizzo della piattaforma digitale per la presa in carico e la ricerca attiva presente nel SIISL, è riconosciuto un contributo pari al 30 per cento dell’incentivo massimo annuo previsto per le suddette assunzioni agevolate effettuate da datori di lavoro privati (comma 4);

§  ai patronati, agli enti, anche del Terzo settore, alle associazioni e alle imprese sociali che svolgono attività dirette alla tutela della disabilità o all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili[30], ove autorizzati all’attività di intermediazione, è riconosciuto, per ogni persona con disabilità assunta a seguito dell’attività di mediazione svolta dai predetti soggetti, secondo quanto indicato nel patto di servizio personalizzato, un contributo pari al 60 per cento dell’intero incentivo riconosciuto dalla disposizione in commento ai datori di lavoro privati per le assunzioni agevolate a tempo indeterminato o all’80 per cento dell’intero incentivo riconosciuto dalla disposizione in commento ai datori di lavori per le assunzioni agevolate a tempo determinato. Ai fini del riconoscimento del contributo, il patto di servizio personalizzato definito con i servizi per il lavoro competenti prevede che gli enti in oggetto assicurano, per il periodo di fruizione dell’incentivo riconosciuto al datore di lavoro, la presenza di una figura professionale che svolga il ruolo di responsabile dell’inserimento lavorativo. Inoltre, il riconoscimento del contributo in oggetto non esclude il riconoscimento al datore di lavoro dell’eventuale rimborso delle spese necessarie all'adozione di accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento (previsto dall’art. 14, c. 4, lett. b), della L. 68/1999 (comma 5). Si valuti l’opportunità di specificare se il tipo di disabilità di cui al presente comma faccia riferimento a quelle rientranti nella disciplina del collocamento obbligatorio di cui alla L. 68/1999 o a quelle definite ai sensi del Regolamento in materia di ISEE di cui al D.P.C.M. 159/2013.

 

Incentivo per l’avvio di un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale dei beneficiari dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro

 

Ai beneficiari delle misure in questione che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi dodici mesi di fruizione del beneficio è riconosciuto, in un’unica soluzione, un beneficio addizionale pari a sei mensilità dell’Assegno di inclusione o del Supporto per la formazione e il lavoro, nei limiti di 500 euro mensili. La definizione delle modalità di richiesta e di erogazione di tale beneficio addizionale è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro delle imprese e del made in Italy (comma 6). Si valuti l’opportunità di specificare i tempi entro cui tale decreto deve essere adottato.

 

Compatibilità

 

Le agevolazioni in commento sono compatibili e aggiuntive rispetto agli esoneri previsti dalla normativa vigente per le assunzioni di giovani al di sotto di 36 anni, di donne in condizioni svantaggiate (entrambi disposti per le assunzioni effettuate nel 2023) e di lavoratori disabili (di cui, rispettivamente, all’art. 1, c. 297 e 298, della L. 197/2022 e all’art. 13 della L. 68/1999) (comma 9).

 

Condizioni per la concessione degli incentivi

 

La concessione degli incentivi in oggetto:

§  è subordinata al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva (DURC) (comma 7, primo periodo);

§  è ammessa ai sensi e nei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis[31] (comma 8).

Le medesime agevolazioni non spettano ai datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione previsti in materia di collocamento obbligatorio dei soggetti appartenenti alle categorie protette, di cui all’articolo 3 della L. 68/1999[32], fatta salva l’ipotesi di assunzione di beneficiario iscritto alle liste di cui alla medesima legge (comma 7, ultimo periodo).

 


Articolo 11
(
Coordinamento, monitoraggio e valutazione dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro e istituzione dell’Osservatorio sulle povertà)

 

 

L’articolo 11 – modificato in sede referente - istituisce l’Osservatorio sulle povertà e reca disposizioni in merito al coordinamento, al monitoraggio e alla valutazione dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro.

 

Preliminarmente, si segnala che, in base al rinvio al presente articolo operato dall’articolo 12, comma 10, del decreto legge in esame, le seguenti previsioni in merito al coordinamento, monitoraggio e valutazione si applicano anche alla misura del Supporto per la formazione e il lavoro.

 

L’articolo in commento dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è responsabile:

§  del monitoraggio sull’attuazione delle disposizioni relative all’Assegno di inclusione e al Supporto per la formazione e il lavoro, e predispone, annualmente, sentita l’ANPAL per gli interventi di competenza, un rapporto, che comprenda indicatori di risultato del programma, da pubblicare sul proprio sito istituzionale. Tale rapportocome specificato in sede referenteè trasmesso dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali alle Camere, insieme ad una valutazione dell'impatto della disciplina recata dal capo I del presente decreto legge in merito alle nuove misure di inclusione sociale e lavorativa ivi previste (commi 1 e 5-bis);

§  della valutazione dell’efficacia delle medesime misure e del coordinamento dell’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (comma 2).

Ai predetti compiti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali provvede anche attraverso il Comitato scientifico per la valutazione del Rdc, previsto dall’art.10, c. 1-bis, del D.L. 4/2019, avvalendosi ove necessario di INPS, di ANPAL e di Anpal Servizi S.p.A., nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali già previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 3).

Si ricorda che il suddetto Comitato è stato istituito con Decreto Ministeriale n. 49 del 15 marzo 2021 (e che nell’ottobre 2021 ha elaborato una prima Relazione sul Rdc) e ricostituito con Decreto ministeriale n. 22 del 23 febbraio 2023.

 

Viene altresì specificato che la cabina di regia istituita nell’ambito della Rete della protezione e dell’inclusione sociale (di cui all’art. 21, c. 10-bis, del D.Lgs. 147/2017)[33] al fine di agevolare l'attuazione del Rdc, a decorrere dal 1° gennaio 2024 esercita le sue competenze in relazione all'attuazione dell'Assegno di inclusione (e del Supporto per la formazione e il lavoro) (comma 4).

 

Al fine di promuovere forme partecipate di programmazione e monitoraggio dell’Assegno di inclusione e degli altri interventi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, la disposizione in commento  istituisce inoltre un Osservatorio sulle povertà, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a cui partecipano, oltre alle istituzioni competenti e ai componenti il suddetto Comitato scientifico, rappresentanti delle parti sociali, degli enti del Terzo settore ed esperti, ai quali non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spesa o altri emolumenti comunque denominati. La composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sono definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 5). Si valuti l’opportunità di specificare il termine entro il quale tale decreto deve essere adottato.

 

 

 

 

 


Articolo 12
(
Supporto per la formazione e il lavoro)

 

 

L’articolo 12 istituisce, dal 1° settembre 2023, il Supporto per la formazione e il lavoro, che consiste in un’indennità mensile di 350 euro riconosciuta in favore dei soggetti di età compresa tra 18 e 59 anni che partecipano a progetti di politiche attive del lavoro, ivi compreso il servizio civile universale, o a progetti utili alla collettività, che versano in determinate condizioni economiche e che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione, o che fanno parte di nuclei che accedono a tale Assegno, ma non sono considerati nella relativa scala di equivalenza e non sono obbligati alle attività individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa.

Tale indennità è corrisposta per l’intera durata dei progetti a cui partecipano i suddetti soggetti e comunque per un periodo massimo di 12 mesi.

 

Come anticipato, il suddetto Supporto per la formazione e il lavoro si configura come misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate, ivi compresi il servizio civile universale e i progetti utili alla collettività. Con riferimento a questi ultimi, si valuti l’opportunità di prevedere una loro disciplina. Ciò in considerazione dell’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2024, dell’art. 4 del D.L. 4/2019 - che attualmente disciplina i suddetti progetti in relazione al Rdc - in attuazione del quale è stato adottato il DM 22 ottobre 2019 “Definizione, forme, caratteristiche e modalità di attuazione dei Progetti utili alla collettività (PUC)” (cfr. scheda di lettura su articolo 5) (comma 1, primo periodo).

Per lo svolgimento di tali ultime attività possono essere riservate quote supplementari nei bandi di selezione anche in deroga ai requisiti di partecipazione previsti dall’articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 40/2017, in base al quale sono ammessi a svolgere il servizio civile universale (su base volontaria e senza distinzioni di sesso) i cittadini italiani o di Paesi appartenenti all'UE e gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che, alla data di presentazione della domanda, abbiano compiuto il diciottesimo e non superato il ventottesimo anno di età, e dall’articolo 16, comma 8, del medesimo D.Lgs. 40/2017, in base al quale i soggetti che hanno già svolto il servizio civile nazionale o universale non possono presentare istanze di partecipazione ad ulteriori selezioni (comma 1, ultimo periodo).

Per i beneficiari della misura in oggetto, nonché per i beneficiari dell’Assegno di inclusione di età compresa tra 18 e 59 anni attivabili al lavoro, viene altresì demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali – da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l’ANPAL, previa intesa in sede di Conferenza unificata – l’individuazione delle misure per il coinvolgimento, nei percorsi formativi e di attivazione lavorativa, dei soggetti accreditati ai servizi per il lavoro e alla formazione e la loro remunerazione, nonché per il monitoraggio della misura in esame, anche con il coinvolgimento dell’ANPAL e dell’Anpal Servizi S.p.A., nell’ambito di programmi operativi nazionali finanziati con il Fondo Sociale Europeo Plus nella programmazione 2021-2027 (comma 11). Sul punto, si ricorda che, in conseguenza del rinvio operato dal medesimo comma 10 all’articolo 6, comma 7 del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono stabilire che la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato e la relativa presa in carico del beneficiario sia effettuata presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, mediante il suddetto SIISL.

 

Beneficiari, requisiti e incompatibilità

Il Supporto per la formazione e il lavoro è riconosciuto alle persone tra 18 e 59 anni che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione (comma 2, primo periodo).

Il beneficio disciplinato dal presente articolo può essere riconosciuto altresì a coloro che fanno parte di nuclei che percepiscono l’Assegno di inclusione, purché (comma 2, secondo periodo):

-       non siano considerati nella relativa scala di equivalenza, ossia non sono soggetti disabili o soggetti con carichi di cura, intendendosi per tali i soggetti nel cui nucleo familiare sono presenti soggetti minori di tre anni di età, o con disabilità o non autosufficienza, e non sono genitori di tre o più figli minori di età (ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, c. 4, e 6, c. 5). Gli altri soggetti previsti nella suddetta scala di equivalenza, ossia i soggetti di età pari o superiore a sessanta anni e i minori di età, non possono essere beneficiari del Supporto formazione e lavoro in quanto non ricompresi nella fascia di età 18-59 anni;

-       non siano obbligati alle attività individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa ai sensi dell’art. 6, c. 4, che attribuisce tale obbligo ai soggetti maggiorenni che esercitano la responsabilità genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi, senza carichi di cura nel senso suindicato.

Inoltre, tali soggetti devono possedere i seguenti requisiti (commi 2 e 4):

-       un valore dell’ISEE familiare, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro annui;

-       un valore del reddito familiare e del patrimonio immobiliare e mobiliare rientrante nei limiti fissati per l’accesso all’Assegno di inclusione (sul punto, cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 2, comma 2). Come per l’Assegno di inclusione, dal reddito familiare sono detratti i trattamenti assistenziali inclusi nell’ISEE e sommati tutti quelli in corso di godimento, ad eccezione di determinate erogazioni, mentre i redditi e i beni patrimoniali eventualmente non compresi nell’ISEE sono dichiarati all’atto della richiesta del beneficio e valutati a tal fine;

-       essere cittadino dell’Unione o suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno, anche permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ovvero titolare dello status di protezione internazionale e essere, al momento della presentazione della domanda, residente in Italia per almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. La continuità della residenza si intende interrotta nella ipotesi di assenza dal territorio italiano per un periodo pari o superiore a due mesi continuativi, ovvero nella ipotesi di assenza dal territorio italiano nell’arco di diciotto mesi per un periodo pari o superiore a quattro mesi anche non continuativi. Non interrompono la continuità del periodo, anche se superiori ai predetti limiti, le assenze per gravi e documentati motivi di salute. La residenza in Italia è richiesta altresì per i componenti del nucleo familiare che rientrano nel parametro della scala di equivalenza relativa all’Assegno di inclusione. Sul punto, si veda la scheda di lettura relativa all’articolo 2 del presente decreto;

-       non avere nel nucleo familiare alcun componente intestatario a qualunque titolo o nella piena disponibilità di autoveicoli, navi o imbarcazioni aventi determinate caratteristiche

-       non essere sottoposto a misura cautelare personale, a misura di prevenzione, e non avere condanne definitive intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta;

-       non essere disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa nonché la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro

Resta fermo l’obbligo di assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione o la relativa esenzione.

Il Supporto per la formazione e il lavoro è incompatibile con il Reddito e la Pensione di cittadinanza e con ogni altro strumento pubblico di integrazione o di sostegno al reddito per la disoccupazione (comma 2, ultimo periodo).

In sede referente, attraverso l’inserimento del rinvio anche al comma 3 dell’articolo 3 del presente decreto legge, è stato disposto che lo Strumento di formazione e lavoro in oggetto, così come l’Assegno di inclusione, è esente dal pagamento dell'IRPEF[34] e si configura come sussidio di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri[35].

 

 

 

 

 

Modalità di accesso

Il Supporto per la formazione e il lavoro viene richiesto dall’interessato all’INPS con modalità telematiche[36] - o anche agli istituti di patronato e ai CAF (cfr. art. 4, c. 1 e 1-bis, modificati in sede referente - ed il relativo percorso di attivazione viene attuato mediante la piattaforma presente nell’istituendo SIISL (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa, di cui all’articolo 5) attraverso l’invio automatico ai servizi per il lavoro competenti, anche al fine della sottoscrizione del patto di attivazione digitale (comma 3, primo periodo).

Nella richiesta, l’interessato è tenuto a rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (fermo restando l’obbligo di assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione o la relativa esenzione, come previsto dal comma 4) e ad autorizzare espressamente la trasmissione dei dati relativi alla richiesta ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati all’attività di intermediazione (ai sensi degli artt. 4 e 6 del D.Lgs. 276/2003[37]), nonché ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro (ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. 150/2015[38]) (comma 3).

La definizione delle modalità di trasmissione ai suddetti soggetti delle liste di disponibilità dei beneficiari della misura in oggetto - nonché dell’Assegno di inclusione, della NASPI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego) e di eventuali altre forme di sussidio o di misure per l’inclusione attiva – è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l’ANPAL, previa intesa in sede di Conferenza unificata (comma 13).

Dopo la presentazione della richiesta e la sottoscrizione del patto di attivazione digitale, il richiedente è convocato presso il servizio per il lavoro competente per la stipulazione del patto di servizio personalizzato (di cui all’art. 20 del D.Lgs. 150/2015[39]) nel quale (comma 5):

-       il beneficiario deve indicare, con idonea documentazione, di essersi rivolto ad almeno tre agenzie per il lavoro o enti autorizzati all’attività di intermediazione, quale misura di attivazione al lavoro;

-       può essere prevista l’adesione ai servizi al lavoro e ai percorsi formativi previsti dal Programma nazionale per la Garanzia occupabilità dei lavoratori (GOL) (di cui alla Missione 5, Componente 1, del PNRR[40]).

A seguito della stipulazione del suddetto patto di servizio, attraverso la piattaforma di cui all’articolo 5, l’interessato può ricevere offerte di lavoro, servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro, ovvero essere inserito in specifici progetti di formazione erogati da soggetti, pubblici o privati, accreditati alla formazione dai sistemi regionali, da fondi paritetici interprofessionali e da enti bilaterali. L’interessato può autonomamente individuare progetti di formazione, rientranti nel novero di quelli indicati al primo periodo, ai quali essere ammesso e, in tal caso, deve darne immediata comunicazione attraverso la piattaforma digitale nell’ambito del SIISL (comma 6).

Per quanto concerne la sottoscrizione dei suddetti patti, in base al rinvio che il comma 10 del presente articolo 12 fa all’articolo 4, comma 7, del presente decreto legge, le modalità di sottoscrizione del patto di attivazione digitale e del patto di servizio personalizzato, sono definite con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame. Inoltre, in conseguenza del rinvio operato dal medesimo comma 10 all’articolo 6, comma 7 del presente decreto, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono stabilire che la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato e la relativa presa in carico del beneficiario sia effettuata presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, mediante il suddetto SIISL.

 

Importo e condizionalità

La partecipazione, a seguito della stipulazione del suddetto patto di servizio, alle attività previste al comma 1 per l'attivazione nel mondo del lavoro, come specificato in sede referente, determina l’accesso per l'interessato ad un beneficio economico, quale indennità di partecipazione alle suddette misure di attivazione lavorativa, pari ad un importo mensile di 350 euro, erogato dall’INPS mediante bonifico mensile per tutta la durata della misura, entro un limite massimo di dodici mensilità (comma 7).

La norma in commento specifica, altresì, che, in caso di variazione della condizione occupazionale o della composizione del nucleo familiare (che devono essere obbligatoriamente comunicate a pena di decadenza), alla misura in oggetto si applicano le disposizioni che si applicano nei medesimi casi ai beneficiari dell’Assegno di inclusione, di cui all’articolo 3, commi da 5 a 10, del decreto in esame (alle cui schede di lettura si rimanda), in base al quale:

-       in caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del beneficio in esame, il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico entro il limite massimo di 3.000 euro lordi annui;

-       in caso di avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del beneficio in esame il beneficiario fruisce senza variazioni dello stesso per le due mensilità successive a quella di variazione della condizione occupazionale, ferma restando la durata complessiva del beneficio che viene successivamente aggiornato ogni trimestre avendo a riferimento il trimestre precedente, e il reddito concorre per la parte eccedente 3.000 euro lordi annui;

-       in caso di partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano indennità o benefici di partecipazione comunque denominati, o di accettazione di offerte di lavoro anche di durata inferiore a un mese, la cumulabilità con il beneficio previsto dal presente articolo è riconosciuta entro il limite massimo annuo di 3.000 euro lordi;

-       in caso di trattamenti pensionistici o di variazioni reddituali intervenuti nel corso dell’erogazione del beneficio, la situazione reddituale degli interessati è corrispondentemente aggiornata ai fini della determinazione del reddito familiare;

-       in caso di variazione del nucleo familiare in corso di fruizione del beneficio, l’interessato presenta entro un mese dalla variazione, a pena di decadenza dal beneficio, una dichiarazione sostitutiva unica, di seguito DSU, aggiornata, per le valutazioni in ordine alla permanenza dei requisiti per la concessione del beneficio e all’aggiornamento della misura da parte di INPS.

L’interessato è tenuto ad aderire alle misure di formazione e di attivazione lavorativa indicate nel patto di servizio personalizzato, dando conferma ai servizi competenti, almeno ogni novanta giorni e anche in via telematica, della partecipazione a tali attività. In mancanza di conferma, il beneficio in esame è sospeso (comma 8). Si valuti l’opportunità di specificare se ed in che modo il beneficio può essere riattivato.

 

 

Obblighi del beneficiario

La disposizione in commento prevede che l’erogazione del Supporto per la formazione e il lavoro ai beneficiari di età tra i 18 e i 29 anni che non hanno adempiuto all’obbligo scolastico è condizionata alla frequenza di percorsi di istruzione funzionali al suo adempimento (comma 9).

 

Preclusioni

Non ha diritto al beneficio in esame il nucleo familiare in cui un componente risulta disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa nonché la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta in base alla normativa vigente (ex art. 7 della L. 604/1966[41]) (comma 4, ultimo periodo).

 

Cause di revoca, decadenza e sospensione

Alla misura in esame si applica l’articolo 8 del presente decreto legge - alla cui scheda di lettura si rimanda – il quale disciplina le sanzioni, tra cui la decadenza dal beneficio in esame o la sua revoca o sospensione, applicabili nei confronti di chi rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, ai fini dell’ottenimento del medesimo beneficio, o del richiedente che non ottempera agli obblighi previsti dal richiamato articolo 8, comma 6 (comma 10, ultimo periodo).

 

Monitoraggio

La determinazione delle modalità di monitoraggio della misura in esame - anche con il coinvolgimento dell’ANPAL e dell’Anpal Servizi S.p.A., nell’ambito di programmi operativi nazionali finanziati con il Fondo Sociale Europeo Plus nella programmazione 2021-2027 - è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e l’ANPAL, previa intesa in sede di Conferenza unificata (comma 11).

Se dal suddetto monitoraggio emergono criticità nell’attuazione del Supporto per la formazione e il lavoro, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua le regioni che presentano particolari ritardi nell’attuazione della misura e, d’intesa con le medesime e con il supporto dell’Anpal Servizi S.p.A., attiva specifici interventi di tutoraggio, fermi restando i poteri sostitutivi previsti dalla normativa vigente. In sede referente le province autonome sono state escluse dal novero dei soggetti che il Ministero del lavoro è tenuto ad individuare in caso di ritardi nell’attuazione della misura e si è contestualmente stabilito che tali province possono provvedere all'erogazione di servizi destinati ai beneficiari del Supporto in oggetto nell'ambito della propria competenza legislativa e relativa potestà amministrativa, perseguendo la medesima finalità del Supporto formazione e lavoro – ossia favorire l'attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa - ai sensi del proprio ordinamento (commi 12 e 13-bis). Analoga previsione è contenuta nell’articolo 12-bis, introdotto in sede referente, in base al quale le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, e le suddette province autonome possono prevedere misure aventi finalità analoghe a quelle dell'Assegno di inclusione.

Si ricorda in questa sede che, in base al rinvio operato dal comma 10 del presente articolo all’articolo 11 del decreto legge in esame, Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è titolare e responsabile del monitoraggio sull’attuazione del Supporto per la formazione e il lavoro e predispone, annualmente, sentita l’ANPAL per gli interventi di competenza, un rapporto sulla sua attuazione, da pubblicare sul proprio sito istituzionale.

 

Ulteriori disposizioni

Si prevede, inoltre, che si applichino anche le disposizioni in materia di controlli, incentivi all’occupazione e offerte di lavoro previste per l’Assegno di inclusione dagli articoli da 7 a 10 del presente decreto legge (alle cui schede di lettura si rimanda) in base ai quali (comma 10):

§  sono previsti controlli ispettivi da parte dell’ispettorato nazionale del lavoro sulla misura in esame;

§  il beneficiario è tenuto ad accettare un’offerta di lavoro con determinate caratteristiche relative alla distanza e alla retribuzione;

§  se l’offerta di lavoro riguarda un rapporto di lavoro di durata compresa tra uno e sei mesi, il beneficio è sospeso d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro, al termine del quale il beneficio continua ad essere erogato per il periodo residuo di fruizione;

§  ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari della presente misura, nonché a taluni soggetti che svolgono attività di intermediazione per l’assunzione degli stessi beneficiari, anche in condizione di disabilità, sono riconosciute determinate agevolazioni contributive.

Si precisa, infine, che le amministrazioni provvedono alle attività di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 14).

 

 


Articolo 12-bis
(Disposizioni per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)

 

 

L’articolo 12-bis – introdotto in sede referente – disciplina l’applicabilità delle disposizioni del presente decreto legge alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Nel dettaglio, la norma in commento prevede che le disposizioni del presente decreto sono applicabili alle suddette autonomie territoriali compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001 di modifica al Titolo V della Costituzione.

Le province autonome di Trento e di Bolzano possono altresì provvedere all'erogazione di servizi destinati ai beneficiari dell'Assegno di inclusione nell'ambito della propria competenza legislativa e relativa potestà amministrativa, perseguendo le finalità del presente decreto e possono prevedere misure aventi finalità analoghe a quelle dell'Assegno medesimo, adottate e finanziate secondo i propri ordinamenti, comunicate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, affinché le stesse non siano computate ai fini dell'accesso, della quantificazione e del mantenimento dell'Assegno.

Analoga previsione è contenuta nell’art. 12, c. 13-bis – introdotto in sede referente – in base al quale le suddette province possono provvedere all'erogazione di servizi destinati ai beneficiari del Supporto formazione e lavoro nell'ambito della propria competenza legislativa e relativa potestà amministrativa, perseguendo la medesima finalità del Supporto medesimo.

 


Articolo 13, commi 1-7
(
Disposizioni transitorie)

 

 

L’articolo 13, commi da 1 a 7, reca una disciplina transitoria relativa alle modalità e ai tempi di fruizione del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza, operativa sino al 31 dicembre 2023, e prevede che le disposizioni penali in materia continuino ad applicarsi ai fatti commessi fino al 31 dicembre 2023.

 

In particolare:

§  si dispone che i percettori del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza mantengono il relativo beneficio sino alla sua naturale scadenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2023, fermo restando, salvo talune eccezioni, il limite massimo di fruizione pari a sette mensilità (vedi infra) (comma 1, primo periodo);

§  si prevede che gli incentivi riconosciuti dalla normativa vigente (art. 8 del D.L. 4/2019) in favore dei datori di lavoro che assumono a tempo determinato o indeterminato percettori del Rdc continuino ad applicarsi ai rapporti di lavoro instaurati entro il 31 dicembre 2023 (comma 1, ultimo periodo);

§  fermo restando che il beneficio del Rdc non può andare oltre il 31 dicembre 2023, si conferma che i soggetti tenuti all’adempimento degli obblighi connessi alla fruizione del Rdc (di cui all’art. 4 del D.L. 4/2019) devono essere inseriti in una misura di politica attiva, ma viene eliminata la previsione che tale misura debba avere una durata pari a sei mesi, nonché quella che fa derivare la decadenza dal beneficio in caso di mancata frequenza del programma assegnato. Si specifica altresì che in tale misura di politica attiva rientrano i corsi di aggiornamento delle competenze o di riqualificazione professionale anche erogati attraverso tecnologie digitali, o le attività previste per il percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale individuate dai servizi competenti (comma 2);

§  si dispone che il sistema sanzionatorio penale previsto dalla normativa vigente (art. 7 del D.L. 4/2019) continui ad applicarsi in relazione al beneficio del Reddito e della Pensione di cittadinanza per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 (comma 3);

 

L’art. 1, comma 318, della Legge di bilancio 2023 ha previsto che dal 1° gennaio 2024 siano abrogate le disposizioni che disciplinano il reddito e la pensione di cittadinanza (artt. da 1 a 13 del DL 4/2019), ivi compreso, dunque, l’art. 7 recante le sanzioni penali. Contestualmente all’abrogazione del reddito di cittadinanza si abrogava, dunque, a decorrere dal 1° gennaio 2024 anche la norma incriminatrice delle condotte fraudolente finalizzate all’ottenimento o al mantenimento del reddito di cittadinanza (fermo restando che tali condotte possono comunque essere suscettibili di integrare altre fattispecie di reato).

L’art. 13, comma 3, del decreto-legge in commento ripristina l’efficacia di tale norma incriminatrice, stabilendo che al beneficio del reddito di cittadinanza continuino ad applicarsi le disposizioni del citato art. 7 del DL 4/2019 vigenti al momento della concessione del beneficio per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 (si ricorda che dal 1° gennaio 2024 l’istituto del reddito di cittadinanza è abrogato e che il provvedimento in commento reca norme penali analoghe per i benefici da esso previsti).

 

§  si dispone che non sono oggetto di abrogazione a decorrere dal 1° gennaio 2024 le previsioni normative (comma 4):

-       che considerano in stato di disoccupazione anche i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o autonomo corrisponde a un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi della normativa vigente;

-       che inseriscono le piattaforme digitali relative ai benefici in oggetto quali elementi del sistema informativo unitario dei servizi per il lavoro;

-       che prevedono un incremento della dotazione organica del Corpo della guardia di finanza già prevista allo scopo di potenziare le attività di controllo e di monitoraggio delle misure di inserimento lavorativo e inclusione sociale;

-       relative ai requisiti per l'autorizzazione all'esercizio di assistenza fiscale da parte dei centri di assistenza fiscale (CAF), che prevedono, tra l’altro, la soppressione del requisito riguardante il numero minimo di dichiarazioni validamente trasmesse da ciascun CAF;

-       relative alle sanzioni applicabili in caso di infedele asseverazione o visto di conformità;

-       che semplificano l’attività degli istituti di patronato al fine di garantire un servizio di assistenza intensiva nella ricerca del lavoro;

-       che attribuiscono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la responsabilità della valutazione del Rdc e che hanno dato luogo alla costituzione di un apposito Comitato scientifico;

-       che hanno abrogato, a decorrere dal 1° aprile 2019, le disposizioni relative al Reddito di inclusione;

-       che hanno potenziato la formazione professionale continua;

-       che hanno previsto l’adozione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro, anche destinando risorse ai medesimi CPI, e di misure volte a garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di servizi e politiche attive del lavoro[42];

-       si prevede che il limite massimo di fruizione di Rdc previsto per il 2023 e pari a sette mensilità non si applichi ai nuclei familiari al cui interno vi siano persone con disabilità (come definite ai sensi del Regolamento in materia di ISEE, di cui al D.P.C.M. 159/2013), minorenni o persone con almeno sessant’anni di età e ai percettori del Reddito di cittadinanza che, prima della scadenza dei sette mesi, sono stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro, fermo restando che tale beneficio può essere goduto sino al 31 dicembre 2023. In tale ultimo caso, ai fini del prosieguo della percezione del reddito di cittadinanza fino al suddetto termine del 31 dicembre 2023, i servizi sociali comunicano l’avvenuta presa in carico all’INPS, tramite la piattaforma Gepi[43], entro il suddetto termine di sette mesi, e comunque non oltre il 31 ottobre 2023, come disposto in sede referente, in luogo dell’attuale termine del 30 giugno 2023. Sempre in sede referente è stato altresì specificato che, in assenza di tale comunicazione entro il suddetto termine di sette mesi l'erogazione del beneficio è sospesa e può essere riattivata, ricomprendendo le mensilità sospese, solo in esito all'avvenuta comunicazione, fermo restando il predetto termine del 31 ottobre 2023 (commi 5 e 6);

Sul punto, la RT allegata al presente decreto legge stima la platea di beneficiari del Rdc presi in carico dai servizi sociali in 191 mila nuclei, con importo medio del beneficio di 543 euro, per un numero medio di mesi pari a 3,7 e una conseguente spesa complessiva di 384 milioni di euro per l’anno 2023.

§  attraverso una modifica in sede referente, i percettori dell’Assegno di inclusione vengono inseriti nel novero dei soggetti che possono rendere prestazioni di lavoro occasionale in agricoltura, in base alla disciplina transitoria dettata per il biennio 2023-2024 dalla legge di bilancio 2023[44] (comma 6-bis);

§  in fase di prima applicazione, si demanda ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali - da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e, come specificato in sede referente, previa intesa in sede di Conferenza Unificata - la definizione delle modalità di attivazione per l’accesso ai percorsi di inclusione sociale e lavorativa, ulteriori rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente per i beneficiari del Rdc. A decorrere dalla data di entrata in vigore di tale decreto, l’inosservanza delle modalità di attivazione ivi previste da parte del beneficiario del Rdc comporta l’applicazione delle sanzioni previste dal D.L. 4/2019 (comma 7).

 


Articolo 13, commi 8-15
(
Autorizzazioni di spesa su varie misure)

 

 

L’articolo 13, commi da 8 a 15, reca le autorizzazioni di spesa per i nuovi istituti dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro, nonché per la prosecuzione dell’erogazione del Reddito di cittadinanza, comunque non oltre il 31 dicembre 2023, ai percettori del beneficio che sono stati presi in carico dai servizi sociali prima della scadenza del limite massimo di fruizione previsto per il 2023 e pari a sette mesi.

 

Ai fini dell’erogazione del beneficio economico dell’Assegno di inclusione e dei relativi incentivi è autorizzata la spesa complessiva di 5.615,2 milioni di euro per il 2024, 5.835,3 milioni di euro per il 2025, 5.715,8 milioni di euro per il 2026, 5.883,6 milioni di euro per il 2027, 5.933,9 milioni di euro per il 2028, 5.996,0 milioni di euro per il 2029, 6.050,6 milioni di euro per il 2030, 6.117,6 milioni di euro per il 2031, 6.186,7 milioni di euro per il 2032 e 6.258,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2033, ripartita nei seguenti limiti di spesa (comma 8, alinea):

§  per il beneficio economico dell’Assegno di inclusione e per gli incentivi riconosciuti ai beneficiari di tale Assegno per l’avvio di un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale: 5.528,2 milioni di euro per il 2024, 5.685,4 milioni di euro per il 2025, 5.563,1 milioni di euro per il 2026, 5.729,5 milioni di euro per il 2027, 5.778,1 milioni di euro per il 2028, 5.838,8 milioni di euro per il 2029, 5.891,8 milioni di euro per il 2030, 5.957 milioni di euro per il 2031, 6.024,5 milioni di euro per il 2032 e 6.094,4 milioni di euro annui a decorrere dal 2033 (comma 8, lettera a));

§  per gli incentivi riconosciuti ai datori di lavoro privati che assumono a tempo determinato o indeterminato beneficiari dell’Assegno di inclusione: 78,3 milioni di euro per il 2024, 140,8 milioni di euro per il 2025, 143,6 milioni di euro per il 2026, 145 milioni di euro per il 2027, 146,5 milioni di euro per il 2028, 147,9 milioni di euro per il 2029, 149,4 milioni di euro per il 2030, 150,9 milioni di euro per il 2031, 152,5 milioni di euro per il 2032 e 154 milioni di euro annui a decorrere dal 2033 (comma 8, lettera b));

§  per il contributo riconosciuto a determinati soggetti per lo svolgimento di attività di intermediazione finalizzata all’assunzione di beneficiari dell’Assegno di inclusione: 8,7 milioni di euro per il 2024, 9,1 milioni di euro per il 2025, 9,1 milioni di euro per il 2026, 9,1 milioni di euro per il 2027, 9,3 milioni di euro per il 2028, 9,3 milioni di euro per il 2029, 9,4 milioni di euro per il 2030, 9,7 milioni di euro per il 2031, 9,7 milioni di euro per il 2032 e 9,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2033 (comma 8, lettera c)).

 

Ai fini dell’erogazione del beneficio economico del Supporto per la formazione e il lavoro e dei relativi incentivi è autorizzata la spesa complessiva di 122,5 milioni di euro per il 2023, 1.460,9 milioni di euro per il 2024, 1.300,8 milioni di euro per il 2025, 981,7 milioni di euro per il 2026, 603,8 milioni di euro per il 2027, 604,2 milioni di euro per il 2028, 604,7 milioni di euro per il 2029, 605,2 milioni di euro per il 2030, 605,7 milioni di euro per il 2031, 606,2 milioni di euro per il 2032 e 606,6 milioni di euro annui a decorrere dal 2033, ripartita nei seguenti limiti di spesa (comma 9, alinea):

§  per il beneficio economico del Supporto per la formazione e il lavoro: 122,5 milioni di euro per il 2023, 1.354,1 milioni di euro per il 2024, 1.195,1 milioni di euro per il 2025, 935,6 milioni di euro per il 2026 e 557,2 milioni di euro annui a decorrere dal 2027 (comma 9, lettera a));

§  per gli incentivi riconosciuti ai datori di lavoro privati che assumono a tempo determinato o indeterminato beneficiari del Supporto per la formazione e il lavoro: 100,7 milioni di euro per il 2024, 104,2 milioni di euro per il 2025, 44,6 milioni di euro per il 2026, 45,1 milioni di euro per il 2027, 45,5 milioni di euro per il 2028, 46 milioni di euro per il 2029, 46,4 milioni di euro per il 2030, 46,9 milioni di euro per il 2031, 47,4 milioni di euro per il 2032 e 47,8 milioni di euro annui a decorrere dal 2033 (comma 9, lettera b));

§  per il contributo riconosciuto a determinati soggetti per lo svolgimento di attività di intermediazione finalizzata all’assunzione di beneficiari del Supporto per la formazione e il lavoro: 6,1 milioni di euro per il 2024, 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029 e 1,6 milioni di euro annui a decorrere dal 2030 (comma 9, lettera c)).

 

Ai suddetti oneri, pari a 122,5 milioni di euro per il 2023, 7.076,1 milioni di euro per il 2024, 7.136,1 milioni di euro per il 2025, 6.697,5 milioni di euro per il 2026, 6.487,4 milioni di euro per il 2027, 6.538,1 milioni di euro per il 2028, 6.600,7 milioni di euro per il 2029, 6.655,8 milioni di euro per il 2030, 6.723,3 milioni di euro per il 2031, 6.792,9 milioni di euro per il 2032 e 6.864,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2033, si provvede (comma 14, alinea):

§  quanto a 122,5 milioni di euro per il 2023, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il reddito di cittadinanza (di cui all’art. 12, c. 1, del D.L. 4/2019) (comma 14, lettera a));

§  quanto a 7.076,1 milioni di euro per il 2024, 7.067,7 milioni di euro per il 2025, 6.632,0 milioni di euro per il 2026, 6.454,0 milioni di euro per il 2027, 6.495,1 milioni di euro per il 2028, 6.557,2 milioni di euro per il 2029, 6.611,9 milioni di euro per il 2030, 6.678,9 milioni di euro per il 2031, 6.748,1 milioni di euro per il 2032 e a 6.819,4 milioni di euro annui a decorrere dal 2033, mediante corrispondente riduzione del Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva (di cui all’art. 1, c. 321, della L. 197/2022 (comma 14, lettera b));

§  quanto a 68,4 milioni di euro per il 2025, 65,5 milioni di euro per il 2026, 33,4 milioni di euro per il 2027, 43,0 milioni di euro per il 2028, 43,5 milioni di euro per il 2029, 43,9 milioni di euro per il 2030, 44,4 milioni di euro per il 2031, 44,8 milioni di euro per il 2032, e a 45,3 milioni di euro annui a decorrere dal 2033, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dagli incentivi relativi all’Assegno di inclusione e al Supporto per la formazione e il lavoro disciplinati dall’articolo 10 del presente decreto legge (comma 14, lettera c)).

 

Per la prosecuzione dell’erogazione del Reddito di cittadinanza, comunque non oltre il 31 dicembre 2023, ai percettori del beneficio che sono stati presi in carico dai servizi sociali prima della scadenza del limite massimo di fruizione previsto per il 2023 e pari a sette mesi è autorizzata la spesa di 384 milioni di euro per il 2023 cui si provvede a valere sull’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il reddito di cittadinanza (di cui all’art. 12, c. 1, del D.L. 4/2019) (comma 10).

Sul punto, la RT allegata al presente decreto legge rileva che dall’attività di consuntivazione per il 2022 e di monitoraggio per il in corso è emerso che tale ultima autorizzazione di spesa presenta le relative disponibilità. “Parimenti” – osserva la RT – “è risultato possibile operare per il 2023 una riduzione di tale autorizzazione di spesa per 122,5 milioni di euro a copertura degli oneri derivanti dallo Strumento di attivazione”.

 

Ai fini del rispetto dei suddetti limiti di spesa annuali, l’INPS, all’atto della concessione di ogni beneficio economico ovvero incentivo o contributo, accantona, a valere sulle relative disponibilità, un ammontare di risorse pari alle mensilità spettanti nell’anno, per ciascuna annualità in cui i medesimi sono erogati. L’eventuale esaurimento delle risorse disponibili per l’esercizio di riferimento viene accertato con decreto dirigenziale della Ragioneria generale dello Stato (ex art. 17, c. 10, della L. 196/2009), ferma restando la previsione, di cui al comma 13 del medesimo art. 17 della legge n. 196/2009, in base alla quale il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione.

Successivamente a tale accertamento, al fine di ristabilire la compatibilità finanziaria, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro trenta giorni dall’esaurimento delle predette risorse) si provvede alla rimodulazione dell’ammontare dei benefici economici, incentivi o contributi, che opera esclusivamente nei confronti delle erogazioni successive all’esaurimento delle risorse non accantonate. Nelle more dell’adozione di tale decreto, sono sospese l’acquisizione di nuove domande e le erogazioni (comma 11).

 

L’INPS provvede al monitoraggio delle erogazioni dei benefici economici, degli incentivi e dei contributi, inviando entro il giorno 10 di ciascun mese la rendicontazione con riferimento alla mensilità precedente delle domande accolte, dei relativi oneri, nonché delle risorse accantonate, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, secondo le indicazioni fornite dai medesimi Ministeri. L’Istituto comunica altresì tempestivamente ai medesimi Ministeri che l’ammontare di tali accantonamenti ha raggiunto il 90 per cento delle risorse disponibili (comma 12).

 

Qualora dal monitoraggio relativo alle misure dell’Assegno di inclusione, del Supporto per la formazione e il lavoro e ai relativi incentivi dovessero emergere economie rispetto alle somme stanziate per una o più tipologie delle misure previste, le stesse possono essere utilizzate, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per finanziare eventuali esigenze finanziarie relative ad altre tipologie di misure inerenti a quelle richiamate, ferma restando la relativa disciplina. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio in termini di residui, competenza e cassa (comma 13).

 

Dall’attuazione delle misure di inclusione sociale e lavorativa previste dal Capo I del decreto legge in esame, salvo quanto sopra detto, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alle attività previste mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 15).

 


Articolo 14
(Modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro)

 

 

L’articolo 14 reca un complesso di modifiche alla disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. La novella di cui al comma 1, lettera a), inserisce una nuova fattispecie per la quale il datore di lavoro e il dirigente sono obbligati alla nomina del medico competente in materia di sicurezza dei lavoratori; tale fattispecie è costituita dalla richiesta della medesima nomina da parte del documento di valutazione dei rischi. La successiva lettera a-bis) - inserita in sede referente - modifica la disciplina sulla valutazione dei rischi strutturali degli edifici delle istituzioni scolastiche e sull'individuazione delle misure necessarie a prevenirli. La lettera b) estende ai lavoratori autonomi e ai componenti dell’impresa familiare l’obbligo di utilizzo di idonee opere provvisionali in conformità alle norme in materia di sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili. La lettera c) integra la disciplina degli obblighi del medico competente, inserendo norme inerenti alla cartella sanitaria e di rischio rilasciata al lavoratore al momento di risoluzione del precedente rapporto di lavoro (tale parte della novella è stata oggetto di riformulazione tecnica in sede referente) e all’esigenza di sostituzione provvisoria del medesimo medico. La lettera d) integra - con riferimento al monitoraggio e ai controlli - l’ambito di un accordo sulla formazione in materia di sicurezza sul lavoro che deve essere concluso in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La lettera e) reca un intervento di coordinamento letterale in materia di verifiche su alcune attrezzature di lavoro. La lettera f) costituisce un’integrazione della disciplina sugli obblighi a carico del noleggiatore o del concedente in uso di attrezzature di lavoro senza operatore. Le novelle di cui alle lettere g) e h) introducono l’obbligo di formazione e di addestramento specifico per il datore di lavoro che faccia direttamente uso di attrezzature che "richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici". La lettera h-bis) - introdotta in sede referente - inserisce un altro titolo di studio tra quelli che possono concorrere a soddisfare i requisiti di istruzione e di esperienza lavorativa posti sia per il coordinatore per la progettazione sia per il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, nell’ambito della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili.

 

La novella di cui al comma 1, lettera a), amplia i casi in cui il datore di lavoro e il dirigente sono obbligati alla nomina del medico competente in materia di sicurezza dei lavoratori; si introduce infatti la fattispecie della richiesta della medesima nomina da parte del documento di valutazione dei rischi[45], fattispecie che si aggiunge alle ipotesi[46] in cui sia richiesta dalla disciplina la sorveglianza sanitaria (la quale presuppone la nomina del medico). La violazione dell’obbligo in oggetto rientra nell’ambito delle sanzioni penali di cui all’articolo 55, comma 5, lettera d), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni - sanzioni costituite dall'arresto da due a quattro mesi o dall'ammenda da 1.691,99 euro a 6.767,95 euro[47] -. Si valuti l’opportunità di chiarire se il nuovo obbligo sussista anche per i casi di richiesta formulata in documenti di valutazione dei rischi anteriori all’entrata in vigore del presente decreto e, con riferimento a tale ipotesi, di prevedere un termine per il relativo adempimento.

La novella di cui alla successiva lettera a-bis) - lettera inserita in sede referente - modifica la disciplina sulla valutazione dei rischi strutturali degli edifici delle istituzioni scolastiche e sull'individuazione delle misure necessarie a prevenirli, misure che sono di esclusiva competenza dell'amministrazione tenuta, ai sensi delle norme o delle convenzioni vigenti, alla fornitura e manutenzione dei medesimi edifici. La novella prevede che gli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro della suddetta amministrazione si intendono adempiuti, nel caso di edifici utilizzati da istituzioni scolastiche statali, con lo svolgimento della valutazione summenzionata - da effettuarsi sempre, come stabilito dalla normativa vigente, in via congiunta con il dirigente dell'istituzione scolastica[48] - e con la conseguente programmazione degli interventi necessari (individuati nel limite delle risorse disponibili).

La novella di cui alla lettera b) estende ai lavoratori autonomi e ai componenti dell’impresa familiare[49] l’obbligo di utilizzo di idonee opere provvisionali in conformità alle norme in materia di sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili - norme poste dal Titolo IV del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni -. Le ipotesi di violazione del nuovo obbligo rientrano nell’ambito delle sanzioni penali di cui all’articolo 60, comma 1, lettera a), dello stesso D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni - sanzioni costituite dall'arresto fino a un mese o dall'ammenda da 245,70 euro a 737,10 euro[50] -.

La lettera c) integra la disciplina degli obblighi del medico competente. In primo luogo, si introduce la previsione che, in occasione della visita medica preventiva (in fase di assunzione o in fase preassuntiva), da svolgere nelle fattispecie di cui all’articolo 41 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni, il medico competente debba richiedere al lavoratore di esibire copia della cartella sanitaria e di rischio rilasciata al medesimo lavoratore al momento di risoluzione del precedente rapporto di lavoro e tener conto del contenuto della stessa cartella al fine della formulazione del giudizio di idoneità; in sede referente si è modificata la formulazione tecnica (nei termini qui riportati) della presente novella e si è aggiunta la specificazione che l’obbligo di esame della suddetta cartella non sussiste nei casi in cui sia oggettivamente impossibile il reperimento della stessa. La medesima lettera c) inserisce inoltre la previsione che, in caso di proprio impedimento, derivante da gravi e motivate ragioni, il medico competente comunichi per iscritto al datore di lavoro il nominativo di un sostituto - in possesso dei requisiti per la nomina a medico competente[51] - per l’adempimento degli obblighi, previsti dalla disciplina a carico del medico competente, durante l’intervallo temporale indicato nella medesima comunicazione. Per i nuovi obblighi introdotti dalla novella di cui alla lettera c) non sono previste sanzioni; si consideri l’opportunità di una valutazione in merito.

La novella di cui alla lettera d) integra l’ambito di un accordo sulla formazione in materia di sicurezza sul lavoro che deve essere concluso in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; tra i contenuti dell’accordo - il quale deve provvedere all'accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del citato D.Lgs. n. 81 del 2008 inerenti alla formazione in oggetto - si inserisce la definizione di disposizioni che garantiscano: il monitoraggio dell’applicazione dei medesimi accordi in materia; il controllo sulle attività formative e sul rispetto della normativa di riferimento, da parte sia dei soggetti che erogano la formazione sia dei soggetti destinatari della stessa. Tali contenuti si aggiungono a quelli già previsti per il nuovo accordo; in base a questi ultimi, esso deve garantire: l'individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro; l'individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento, obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi - formativi e di aggiornamento - obbligatori in materia di sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa. La norma attuale pone per la conclusione del nuovo accordo il termine ordinatorio del 30 giugno 2022; si valuti l’opportunità di definire un nuovo termine temporale, anche al fine di evitare, sotto il profilo redazionale, l’inserimento della novella nell’ambito di una cornice che faccia riferimento ad un termine spirato.

La novella di cui alla lettera e) reca un intervento di coordinamento letterale in materia di verifiche su alcune attrezzature di lavoro[52]; tale coordinamento - con cui si riformula il comma 12 dell’articolo 71 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008 - adegua la formulazione all’attuale testo del comma 11 dello stesso articolo 71. Resta fermo il principio che i soggetti privati abilitati alle verifiche in oggetto rientrano nella nozione di incaricati di pubblico servizio (nozione di cui all’articolo 358 del codice penale).

La novella di cui alla lettera f) costituisce un’integrazione della disciplina sul noleggio o concessione in uso di attrezzature di lavoro senza operatore. La modifica concerne l’obbligo, a carico del noleggiatore o concedente, di acquisizione e di conservazione (per la durata del noleggio o della concessione) di una dichiarazione che indichi i nominativi dei lavoratori che utilizzeranno le attrezzature e attesti che i medesimi soggetti abbiano avuto la formazione e l’addestramento richiesti dalla disciplina per le attrezzature oggetto del noleggio o della concessione in uso; la novella specifica che tale dichiarazione - ora esplicitamente qualificata come autocertificativa - è resa dal soggetto che prende a noleggio o in concessione in uso le attrezzature, qualora il medesimo sia diverso dal datore di lavoro utilizzatore. Si ricorda che per la violazione dell’obbligo in esame la disciplina commina una sanzione amministrativa pecuniaria (a carico del noleggiatore o concedente), i cui limiti minimi e massimi sono pari, rispettivamente, a 921,38 euro e a 3.316,96 euro[53].

Le novelle di cui alle lettere g) e h) introducono l’obbligo di formazione e di addestramento specifico per il datore di lavoro che faccia direttamente uso di attrezzature che "richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici" e definiscono le sanzioni penali per la violazione del nuovo obbligo. L’introduzione dell’obbligo in oggetto - il quale ha la finalità esplicita di garantire l‘utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro - colma, come osserva la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto[54], una lacuna normativa.

Le sanzioni penali in oggetto - determinate mediante l’inserimento della fattispecie di violazione nell’articolo 87, comma 2, lettera c), del citato D.Lgs. n. 81 del 2008 - sono costituite dalla pena dell'arresto da tre a sei mesi o dell'ammenda da 3.071,27 euro a 7.862,44 euro[55]. Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di una riformulazione della novella in esame, considerato che il nuovo obbligo concerne il solo datore di lavoro, mentre l’alinea della suddetta lettera c) dell’articolo 87, comma 2, riguarda anche i dirigenti.

La lettera h-bis) - introdotta in sede referente - inserisce un altro titolo di studio tra quelli che possono concorrere a soddisfare i requisiti di istruzione e di esperienza lavorativa posti sia per il coordinatore per la progettazione sia per il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, nell’ambito della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili[56]. In particolare, il titolo di studio ora introdotto - costituito dal diploma di laurea in Tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro - viene inquadrato dalla novella come uno dei titoli di studio il cui possesso soddisfa i suddetti requisiti se congiunto con l’attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni[57].

 


Articolo 15
(Condivisione dei dati ai fini delle attività ispettive)

 

 

L’articolo 15 prevede che, per le finalità ivi indicate, gli enti pubblici e privati condividano gratuitamente, anche attraverso cooperazione applicativa, le informazioni di cui dispongano con l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), con conseguente messa a disposizione delle stesse anche in favore del Corpo della Guardia di finanza; si demanda ad atti amministrativi, adottati sentito il Garante per la protezione dei dati personali, l’individuazione dei dati e informazioni oggetto di condivisione e degli enti pubblici e privati rientranti nell’ambito in esame.

 

Il comma 1 del presente articolo 15 specifica che le finalità delle condivisioni in oggetto sono costituite:

-         per il suddetto Ispettorato, dall’orientamento dell’azione ispettiva nei confronti delle imprese che presentino fattori di rischio in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di lavoro irregolare ovvero di evasione od omissione contributiva, nonché dall’acquisizione immediata di tutti gli elementi utili alla predisposizione e definizione delle pratiche ispettive;

-         per il Corpo della Guardia di finanza, secondo la riformulazione approvata in sede referente, dallo svolgimento dei controlli ispettivi in materia di Assegno di inclusione e di Supporto per la formazione e il lavoro, in conformità alle previsioni di cui ai precedenti articoli 7 e 12, comma 10 (riguardo alla Guardia di finanza, il testo originario faceva invece riferimento allo svolgimento delle attività ispettive inerenti al lavoro irregolare ovvero all’evasione od omissione contributiva). La medesima riformulazione operata in sede referente prevede che la condivisione in oggetto, anche attraverso cooperazione applicativa, sia assicurata alla Guardia di finanza con apposita convenzione, stipulata dal medesimo Corpo con l’INL entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Gli atti amministrativi di individuazione summenzionati sono qualificati dal successivo comma 2 come atti amministrativi generali ai sensi dell’articolo 2-ter, comma 1, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni. Questi ultimi atti costituiscono una delle basi giuridiche per il trattamento di dati personali. Come detto, il comma 2 prevede il parere del Garante per la protezione dei dati personali sugli atti di individuazione in oggetto. Si ricorda che, in base alla disciplina generale[58], il medesimo Garante, con proprio provvedimento, può definire specifiche modalità di svolgimento dei procedimenti oggetto di atti amministrativi generali e le misure per impedire la diretta identificabilità degli interessati.

In relazione al termine enti privati di cui al comma 1 del presente articolo 15, si valuti l’opportunità di chiarire se gli atti di individuazione possano concernere anche persone fisiche (quali i titolari di imprese individuali).

Il comma 3 dell’articolo 15 in esame reca le clausole di invarianza degli oneri di finanza pubblica.


Articolo 16
(Attività di polizia giudiziaria dell’Ispettorato nazionale del lavoro in alcune autonomie speciali territoriali)

 

 

L’articolo 16, nel testo riformulato in sede referente, prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro destini un contingente di proprio personale ispettivo, adeguatamente qualificato, allo svolgimento di attività di polizia giudiziaria - relativamente agli ambiti del lavoro e della legislazione sociale - nel territorio della Regione siciliana; rispetto al testo originario del decreto, la previsione è stata limitata alla suddetta Regione, con soppressione del riferimento anche alle province autonome di Trento e di Bolzano. Il contingente suddetto opera avvalendosi delle strutture messe a disposizione dall’INPS e dall’INAIL.

 

L’Ispettorato nazionale del lavoro non è strutturalmente presente nei territori summenzionati, in quanto, ai sensi degli statuti speciali della Regione siciliana e della regione Trentino-Alto Adige, la disciplina e lo svolgimento delle attività in materia di vigilanza sul lavoro e sul rispetto della legislazione sociale rientrano nelle competenze delle relative autonomie speciali territoriali[59].

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[60] osserva che l’attività prospettata dall’articolo 16 rientra nelle competenze anche dello Stato, essendo essa relativa all’accertamento di illeciti penali.

La finalità esplicita dell’articolo in esame è il potenziamento delle attività di polizia giudiziaria in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di rapporti di lavoro e di legislazione sociale.

 


Articolo 17, commi 1-3
(Sostegno economico in favore dei familiari di studenti deceduti a seguito di infortuni durante le attività formative)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 17 istituiscono un Fondo per il riconoscimento di una misura di sostegno economico in favore dei familiari degli studenti, ivi compresi quelli universitari o dei percorsi di istruzione e formazione professionale, deceduti a seguito di infortuni occorsi, successivamente al 1° gennaio 2018, durante le attività formative. La definizione dei requisiti e dei criteri di determinazione della misura di sostegno, nonché delle modalità di accesso al Fondo, è demandata a un decreto ministeriale. La dotazione del Fondo è pari a 10 milioni di euro per il 2023 e, a decorrere dal 2024, a 2 milioni di euro annui. Il comma 3 provvede alla copertura finanziaria dei suddetti stanziamenti.

 

Riguardo all’ambito dei soggetti deceduti, il comma 1 fa riferimento agli studenti di scuole o istituti di istruzione di ogni ordine e grado, anche privati, comprese le strutture formative per i percorsi di istruzione e formazione professionale (accreditate dalle regioni o dalle province autonome) e le università. Riguardo alla locuzione "ogni ordine e grado", si valuti l’opportunità di chiarire se siano escluse le private non paritarie e le università non legalmente riconosciute[61] e se siano ricomprese le scuole dell'infanzia (cosiddette scuole materne)[62].

Il Fondo summenzionato è istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il comma 2 specifica che la misura di sostegno in esame è cumulabile con l’assegno una tantum corrisposto dall’INAIL agli assicurati ai sensi dell’articolo 85, terzo comma, del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni[63]. Il riconoscimento di tale assegno presuppone che lo studente, in relazione alle attività formative in oggetto, fosse coperto dalla suddetta assicurazione obbligatoria; riguardo all’ambito di quest’ultima, che viene modificato - con riferimento ai settori dell’istruzione e della formazione (ivi comprese la formazione superiore, anche universitaria, e la formazione aziendale) - dall’articolo 18 del presente decreto, si rinvia alla scheda di lettura di tale articolo. Si ricorda che la disciplina della suddetta assicurazione contempla, per gli infortuni mortali, oltre che il suddetto assegno una tantum, una rendita (corrisposta sempre dall’INAIL) in favore dei familiari superstiti[64], con esclusivo riferimento al coniuge e ai figli, ovvero, in mancanza di essi, con esclusivo riferimento ad ascendenti, genitori adottanti, fratelli o sorelle che fossero a carico del defunto[65]. Tale rendita - per l’ambito soggettivo limitato degli aventi diritto e i relativi requisiti - è in concreto, per infortuni mortali occorsi a studenti, erogabile solo in un numero ristretto di casi. Si valuti l’opportunità di chiarire se anche tale rendita (quando spettante) sia cumulabile con il sostegno economico di cui ai commi 1 e 2 in esame.

Come detto, l’attuazione della misura di sostegno di cui ai commi 1 e 2 è demandata a un decreto ministeriale. Esso è emanato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione e del merito e con il Ministro dell’università e della ricerca, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Il comma 3, al fine della copertura finanziaria delle suddette dotazioni annue del Fondo, riduce nelle misure annue corrispondenti l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Fondo speciale di parte corrente (Fondo destinato alla copertura degli oneri di parte corrente derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento).


Articolo 17, commi 4-5
(Interventi di revisione dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento - PCTO)

 

 

I commi 4-5 dell’articolo 17 integrano con ulteriori disposizioni la vigente disciplina relativa ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO), contenuta nei commi da 784 a 787 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. 145/2018). Il comma 4:

- stabilisce il principio per cui la progettazione dei PCTO deve essere coerente con il piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) e con il profilo culturale, educativo e professionale in uscita dei singoli indirizzi di studio offerti dalle istituzioni scolastiche;

- a tal fine, impone alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione l’individuazione, nell’ambito dell’organico dell’autonomia e avvalendosi delle risorse disponibili a legislazione vigente[66], del docente coordinatore di progettazione (nuovo comma 784-bis);

- demanda a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito l’individuazione delle modalità per effettuare il monitoraggio qualitativo dei PCTO (nuovo comma 784-ter);

- prevede l’integrazione del documento di valutazione dei rischi (DVR) da parte delle imprese iscritte nel registro nazionale per l’alternanza con un’apposita sezione con l’indicazione delle misure specifiche di prevenzione dei rischi e dei dispositivi di protezione individuale (DPI) da adottare per gli studenti nei PCTO (nuovo comma 784-quater). Per effetto di una modificazione apportata nel corso dell’esame in sede referente (emendamento 17.10 testo 2), si specifica che la sezione integrativa del DVR deve indicare altresì “ogni altro segno distintivo utile ad identificare gli studenti”.

Il comma 5, novellando l’articolo 1 della L. n. 107/2015:

- prevede che la sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro, deve consentire la condivisione di ulteriori informazioni, oltre quelle già previste, relativamente a ciascuna impresa iscritta (si veda la lettera a), che modifica in tal senso il comma 41, lettera b), dell’articolo 1; su tale disposizione si veda più ampiamente sotto);

- stabilisce che il registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro e la piattaforma dell’alternanza scuola-lavoro istituita presso il Ministero dell’istruzione e del merito, ridenominata «Piattaforma per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento», devono assicurare l’interazione e lo scambio di informazioni e di dati per la proficua progettazione dei PCTO (lettera b), che introduce il nuovo comma 41-bis all’articolo 1).

 

Sulle misure concernenti i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, si veda il comunicato stampa del 1° maggio 2023 sul sito del Ministero dell'istruzione e del merito.

 

Si ricorda al riguardo che l’art. 5 del d.lgs. 77/2005 prevede, al co. 1, che nei percorsi in alternanza la funzione tutoriale è preordinata alla promozione delle competenze degli studenti ed al raccordo tra l'istituzione scolastica o formativa, il mondo del lavoro e il territorio. La funzione tutoriale personalizzata per gli studenti in alternanza è svolta dal docente tutor interno e dal tutor esterno. In base al co. 2, il docente tutor interno, designato dall'istituzione scolastica o formativa tra coloro che, avendone fatto richiesta, possiedono titoli documentabili e certificabili, svolge il ruolo di assistenza e guida degli studenti che seguono percorsi in alternanza e verifica, con la collaborazione del tutor esterno, il corretto svolgimento del percorso in alternanza. Per il co. 3, il tutor formativo esterno, designato dai soggetti abilitati allo svolgimento dei percorsi in alternanza, disponibili ad accogliere gli studenti, favorisce l'inserimento dello studente nel contesto operativo, lo assiste nel percorso di formazione sul lavoro e fornisce all'istituzione scolastica o formativa ogni elemento atto a verificare e valutare le attività dello studente e l'efficacia dei processi formativi. Lo svolgimento dei predetti compiti non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il co. 4 dispone che i compiti svolti dal tutor interno sono riconosciuti nel quadro della valorizzazione della professionalità del personale docente. In base al co. 5, ai fini di un costruttivo raccordo tra l'attività di formazione svolta nella scuola e quella realizzata in azienda, sono previsti interventi di formazione in servizio, anche congiunta, destinati prioritariamente al docente tutor interno ed al tutor esterno.

Più nel dettaglio, in relazione alla funzione tutoriale nei percorsi in alternanza, si vedano la Guida operativa per la scuola, pp. 33-34, il Manuale INAIL-MIUR p. 233 e le Linee guida in merito ai percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento, pp. 21-22.

Su tali documenti si veda infra.

 

Il nuovo comma 784-quater, qui introdotto all’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145/2018), dispone altresì che “l’integrazione” (rectius, la nuova sezione del) al documento di valutazione dei rischi (DVR) è fornita all’istituzione scolastica ed è allegata alla convenzione.

 

Il documento di valutazione dei rischi è oggetto di diverse disposizioni del d.lgs. 81/2008, decreto che, in base all’articolo 3, comma 1, si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.

In punto di applicabilità dell’istituto del diritto di accesso previsto dalla legge n. 241/1990 al DVR nel suo complesso, si segnala che il TAR per le Marche (sentenza n. 506/2016) l’ha esclusa, in base all’assunto che le “modalità di accesso al DVR sono disciplinate dal d.lgs. n. 81/2008, che introduce, sul punto, disposizioni di carattere speciale rispetto alla disciplina generale in materia di accesso ai documenti amministrativi di cui alla legge n. 241/1990 e che individua nel solo Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, in qualità di garante degli interessi dei lavoratori, il soggetto al quale è consentito di ricevere copia del DVR. Le limitazioni all’accesso (…) rinvengono la loro ratio nell’esigenza di contemperare il diritto dei lavoratori a che siano attuate le condizioni di sicurezza e tutela della salute nei luoghi di lavoro con quello del datore di lavoro alla riservatezza di talune informazioni.

La disciplina di cui al d.lgs. n. 81/2008 si applica sia ai datori di lavoro pubblici che privati, sicché, anche in materia di accesso al DVR, le pubbliche amministrazioni sono tenute alla sua osservanza. Ciò posto, poiché al lavoratore è consentito di verificare l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute per il tramite del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e poiché è a quest’ultimo che il datore di lavoro deve mettere a disposizione il DVR affinché egli possa adeguatamente informare i lavoratori, legittimo si rivela il diniego opposto dall’Amministrazione sulla domanda di accesso della ricorrente, rivolta direttamente alla Direzione territoriale del Lavoro di Ancona per ottenere copia integrale di detto documento”. La medesima decisione ha tuttavia dato atto della “peculiarità della questione e [de]lla presenza di posizioni non univoche in giurisprudenza”.

Infatti, altre, più risalenti, pronunce hanno concesso l'accesso al DVR, sulla base di argomentazioni di vario tenore (si vedano TAR Lazio n. 10390/2012, TAR Abruzzo n. 467/2012 e TAR Puglia n. 56/2015).

Tale ultima pronuncia ha in particolare rilevato che, quanto all’oggetto della richiesta, (…) “non ostano divieti e preclusioni normative all’esercizio del diritto di accesso, non riguardando l’istanza atti sottratti all’accesso, né sostanziandosi in un controllo generalizzato sull’attività dell’Amministrazione. Va, inoltre, considerato inconferente il richiamo che parte resistente opera in riferimento alla legislazione giuslavoristica, quasi che essa possa prevalere sulla legge "generale" sul procedimento amministrativo”.

Di conseguenza, si è ordinato all’istituzione scolastica interessata di rilasciare alla ricorrente (un’organizzazione sindacale rappresentativa del personale docente) copia informatica dell’ultimo documento di valutazione dei rischi redatto dall’istituzione stessa.

 

Il comma 41, lettera b), dell’articolo 1 della L. n. 107/2015, come modificato dalla lettera a) del comma 5 qui in esame, prevede che la sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro, deve consentire la condivisione anche:

- delle capacità strutturali, tecnologiche e organizzative dell’impresa;

- dell’esperienza maturata nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento;

- dell’eventuale partecipazione a forme di raccordo organizzativo con associazioni di categoria, reti di scuole, enti territoriali già impegnati nei predetti percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.

 

Il comma 41 prevede che, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, è istituito presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura il registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro. Il registro è istituito d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dello sviluppo economico, e consta delle seguenti componenti: a) un'area aperta e consultabile gratuitamente in cui sono visibili le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili a svolgere i percorsi di alternanza. Per ciascuna impresa o ente il registro riporta il numero massimo degli studenti ammissibili nonché i periodi dell'anno in cui è possibile svolgere l'attività di alternanza; b) una sezione speciale del registro delle imprese, a cui devono essere iscritte le imprese per l'alternanza scuola-lavoro; tale sezione consente la condivisione, nel rispetto della normativa sulla tutela dei dati personali, delle informazioni relative all'anagrafica, all'attività svolta, ai soci e agli altri collaboratori, al fatturato, al patrimonio netto, al sito internet e ai rapporti con gli altri operatori della filiera delle imprese che attivano percorsi di alternanza.

 

Al riguardo, si ricorda che i commi 784-787 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019 hanno ridenominato i percorsi di alternanza scuola-lavoro in “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico 2018/2019, ne hanno ridotto il numero di ore minimo complessivo da svolgere.

In particolare, si dispone che, a decorrere dall’a.s. 2018/2019, i nuovi percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento sono svolti per una durata complessiva minima di:

·                    210 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro);

·                    150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro);

·                    90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali (a fronte delle previgenti 200 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro) (co. 784).

Si è quindi demandato a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, la definizione delle linee guida per l’organizzazione dei nuovi percorsi (co. 785). In attuazione di tale disposizione è stato quindi adottato il D.M. n. 774/2019 (Linee guida in merito ai percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento).

A decorrere dal 2019, le risorse stanziate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 per l’organizzazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 e allocate sul cap. 2394 dello stato di previsione del MIUR – sono assegnate alle istituzioni scolastiche nei limiti necessari allo svolgimento del numero minimo di ore fissato (comma 786). Il cap. 2394 è uno dei capitoli sui quali sono allocate le risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche.

Circa i progetti già attivati dalle scuole nell’a.s. 2018/2019, si dispone che “si determina automaticamente, anche nei confronti di eventuali soggetti terzi coinvolti, una rimodulazione delle attività”, sulla base delle risorse disponibili per le stesse scuole a seguito delle novità introdotte.

 

L’alternanza scuola-lavoro

 

L’art. 4, comma 1, della L. n. 53/2003 aveva delegato il Governo ad adottare “un apposito decreto legislativo” nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) svolgere l'intera formazione dai 15 ai 18 anni, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro. Le istituzioni scolastiche, nell'àmbito dell'alternanza scuola-lavoro, possono collegarsi con il sistema dell'istruzione e della formazione professionale ed assicurare, a domanda degli interessati e d'intesa con le regioni, la frequenza negli istituti d'istruzione e formazione professionale di corsi integrati che prevedano piani di studio progettati d'intesa fra i due sistemi, coerenti con il corso di studi e realizzati con il concorso degli operatori di ambedue i sistemi;

b) fornire indicazioni generali per il reperimento e l'assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dei percorsi di alternanza, ivi compresi gli incentivi per le imprese, la valorizzazione delle imprese come luogo formativo e l'assistenza tutoriale;

c) indicare le modalità di certificazione dell'esito positivo del tirocinio e di valutazione dei crediti formativi acquisiti dallo studente.

La finalità della delega legislativa era quella di assicurare agli studenti che avevano compiuto il quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza scuola-lavoro, come modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall'istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che assicurasse ai giovani, oltre alla conoscenza di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro.

In attuazione di tale delega, l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 77/2005 (Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro), ha disciplinato l'alternanza scuola-lavoro come modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. Gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età, salva restando la possibilità di espletamento del diritto-dovere con il contratto di apprendistato, possono presentare la richiesta di svolgere, con la predetta modalità e nei limiti delle risorse previste, l'intera formazione dai 15 ai 18 anni o parte di essa, attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa.

Successivamente, l'art. 1, comma 33, della L. n. 107/2015, ha stabilito che i percorsi di alternanza scuola-lavoro fossero attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio, con la finalità di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti. Le predette disposizioni si sarebbero applicate a partire dalle classi terze attivate nell'anno scolastico 2015/2016. I percorsi di alternanza dovevano essere inseriti nei piani triennali dell'offerta formativa (disciplinati dall’art. 3 del DPR 275/1999, come sostituito dall’art. 1, co. 14, della L. 107/2015)

La disciplina relativa ai PCTO è inoltre contenuta nel Manuale INAIL-MIUR del 2013, intitolato Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola, nella Guida Operativa MIUR dell'8 ottobre 2015 e nella Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, adottata con DM n. 195 del 3 novembre 2017.

In base all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 77/2005, come modificato dal comma 34 dell'art. 1, L. 13 luglio 2015, n. 107, i percorsi in alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, o con gli ordini professionali, ovvero con i musei e gli altri istituti pubblici e privati operanti nei settori del patrimonio e delle attività culturali, artistiche e musicali, nonché con enti che svolgono attività afferenti al patrimonio ambientale o con enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro. Le istituzioni scolastiche e formative, nell'àmbito degli ordinari stanziamenti di bilancio, destinano specifiche risorse alle attività di progettazione dei percorsi in alternanza scuola-lavoro (si veda anche l’art. 3, comma 2, del D.M. 3 novembre 2017, n. 195).

Secondo l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77/2005, le istituzioni scolastiche o formative, singolarmente o in rete, stipulano, nei limiti degli importi allo scopo annualmente assegnati nell'àmbito delle risorse disponibili, apposite convenzioni, a titolo gratuito, con i soggetti abilitati. Le convenzioni, in relazione al progetto formativo, regolano i rapporti e le responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nei percorsi in alternanza, ivi compresi gli aspetti relativi alla tutela della salute e della sicurezza dei partecipanti.

In base all'art. 5, comma 4, del D.M. n. 195 del 3 novembre 2017, al fine di garantire la salute e la sicurezza degli studenti degli istituti tecnici e professionali, nonché dei licei, impegnati nei percorsi di alternanza negli ultimi tre anni del percorso di studi, considerata la specifica finalità didattica e formativa, ai sensi dell’articolo 2 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, che equipara gli studenti allo status dei lavoratori, è stabilito che il numero di studenti ammessi in una struttura sia determinato in funzione delle effettive capacità strutturali, tecnologiche ed organizzative della struttura ospitante, nonché in ragione della tipologia di rischio cui appartiene la medesima struttura ospitante con riferimento all’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, n. 221, in una proporzione numerica studenti/tutor della struttura ospitante non superiore al rapporto di 5 a 1 per attività a rischio alto, non superiore al rapporto di 8 a 1 per attività a rischio medio, non superiore al rapporto di 12 a 1 per attività a rischio basso.


Articolo 18
(Tutela dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni nei settori dell’istruzione e della formazione)

 

 

L’articolo 18 prevede, in via transitoria, con riferimento all’anno scolastico 2023-24 e all’anno accademico 2023-24, un’estensione dell’ambito di applicazione dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro nei settori dell’istruzione e della formazione - ivi comprese la formazione superiore (anche universitaria) e la formazione aziendale -. In base a tale estensione, le categorie di soggetti analiticamente individuati dal comma 2 - operanti nei suddetti settori come docenti o con altre funzioni o ivi attivi come studenti o allievi - sono comprese nel regime assicurativo in relazione agli eventuali infortuni occorsi in occasione delle attività di insegnamento-apprendimento. La norma vigente a regime comprende invece nell’ambito dell’assicurazione, con riferimento ai summenzionati settori dell’istruzione e della formazione, esclusivamente gli infortuni occorsi in occasione di esperienze tecnico-scientifiche, esercitazioni pratiche o esercitazioni di lavoro[67] - ferma restando l’inclusione nel regime assicurativo di alcune categorie di soggetti in relazione alle specifiche attività lavorative svolte[68] -.

L’estensione temporanea in oggetto è posta esplicitamente al fine della valutazione dell’impatto della medesima estensione.

L’articolo in esame provvede anche (comma 3) alla quantificazione degli oneri finanziari derivanti dall’estensione transitoria, rinviando per la relativa copertura alle disposizioni di cui al successivo articolo 44, e reca (comma 4) una clausola per la conservazione nel conto dei residui delle eventuali risorse in oggetto non utilizzate alla chiusura dell’esercizio finanziario.

 

Le relazioni illustrativa e tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto[69] osservano che l’estensione in oggetto fornisce, per i lavoratori interessati dalla stessa, anche la base giuridica esplicita per l’applicazione agli stessi - nel suddetto anno scolastico o accademico - della tutela contro gli infortuni in itinere, la quale è stata riconosciuta finora in favore di insegnanti e istruttori solo sulla base di alcune sentenze. La tutela contro i suddetti infortuni in itinere resta invece esclusa per gli studenti e allievi, come specificato nella limitazione posta dalla lettera f) del comma 2 e in conformità alla norma generale che, includendo la categoria degli infortuni in itinere nella tutela assicurativa dell’INAIL, fa riferimento esclusivo agli spostamenti da o verso un "luogo di lavoro"[70].

Gli oneri finanziari derivanti dall’estensione temporanea di cui ai commi 1 e 2 sono quantificati pari a 17,3 milioni di euro per il 2023, a 30,4 milioni per il 2024 e a 5 milioni annui a decorrere dal 2025; la quantificazione è operata dal comma 3, il quale, per la relativa copertura finanziaria, rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 44.

Il comma 4 prevede che le risorse finanziarie da corrispondere all’INAIL in relazione all’estensione temporanea in oggetto e non utilizzate alla chiusura dell’esercizio finanziario sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell’esercizio successivo, fino alla rendicontazione (da parte dell’INAIL) dell’effettiva spesa.


Articolo 19
(Fondo nuove competenze)

 

 

L’articolo 19 incrementa, nel periodo di programmazione 2021-2027 della politica di coesione europea, la dotazione del Fondo nuove competenze al fine di finanziare le intese sottoscritte a decorrere dal 2023 volte a favorire l’aggiornamento della professionalità dei lavoratori a seguito della transizione digitale ed ecologica.

 

Preliminarmente si ricorda che il Fondo nuove competenze è un Fondo pubblico, istituito dall’art. 88 del D.L. 34/2020 presso l’ANPAL e cofinanziato dal Fondo sociale europeo, finalizzato a promuovere la formazione dei lavoratori di imprese che hanno stipulato specifici accordi collettivi per la rimodulazione dell’orario di lavoro. Tale Fondo costituisce uno dei Programmi guida del Piano nazionale nuove competenze riferito ai lavoratori occupati[71], adottato con DM 14 dicembre 2021 in attuazione di quanto previsto dal PNRR in materia di politiche attive (Missione 5, componente 1, Riforma 1.1).

 

Il suddetto Fondo è incrementato dalle risorse rinvenienti dal Programma nazionale Giovani, donne, lavoro - cofinanziato dal Fondo sociale europeo Plus - identificate in sede di programmazione. Tale Programma, approvato dalla Commissione europea con decisione C(2022)9030 del 1° dicembre 2022, è volto alla promozione del lavoro e delle competenze, a favorire l’occupazione di giovani, donne e persone fragili e a modernizzare i servizi per il lavoro e le politiche attive (comma 1, primo periodo).

Come specificato dalla Relazione tecnica allegata al presente decreto legge, sulla Priorità 3[72] “Nuove competenze per le transizioni digitale e verde” del suddetto Piano è stanziato l’importo complessivo di circa 800 milioni di euro.

Al finanziamento del Fondo possono concorrere, altresì, le risorse del Programma operativo complementare Sistemi di politiche attive per l’occupazione (POC SPAO) – attualmente in fase di riprogrammazione - nei limiti della relativa dotazione finanziaria e nel rispetto delle proprie modalità di gestione e controllo (comma 1, ultimo periodo).

Con riferimento al suddetto POC SPAO, la Relazione tecnica allegata al presente decreto legge specifica che tale Programma è in fase di riprogrammazione ai sensi dell’art. 242, c. 2, del DL 34/2020[73], al fine di introitare le risorse nazionali rese disponibili a seguito del finanziamento al 100 per cento da parte della Commissione europea intervenuto negli ultimi anni contabili.

La richiamata RT evidenzia, altresì, che il Fondo nuove competenze può essere finanziato anche mediante l’impiego di eventuali economie delle risorse destinate già all’intervento, afferenti al Programma operativo nazionale, cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo, Sistemi di Politiche Attive per Occupazione (PON SPAO). Al riguardo, in base ai dati di monitoraggio della prima attuazione del Fondo, si può stimare un minore utilizzo delle risorse assegnate ai singoli datori di lavoro nella misura di circa il 10 per cento.

 

Come anticipato, l’incremento in questione è destinato a finanziare le intese sottoscritte a decorrere dal 2023 volte a favorire l’aggiornamento della professionalità dei lavoratori a seguito della transizione digitale ed ecologica. Con le risorse del Fondo sono infatti finanziati parte della retribuzione oraria, nonché gli oneri relativi ai contributi previdenziali e assistenziali delle ore di lavoro destinate ai percorsi formativi, secondo quanto previsto dal DM 22 settembre 2022 (adottato ai sensi dell’art. 11-ter, del D.L. 146/2021) (comma 2).

A seguito di quanto previsto dall’art. 11-ter del D.L. 146/2021, che consente di destinare al Fondo nuove competenze le risorse dell'iniziativa REACT-EU affluite al Programma operativo nazionale “Sistemi di Politiche Attive per l'Occupazione” (PON SPAO), e della Decisione della Commissione europea dell’8 settembre 2021, con cui è stata approvata l'assegnazione all’Italia di tali risorse aggiuntive per complessivi 4,5 miliardi di euro, di cui un miliardo[74] destinato al rifinanziamento del Fondo in questione, il DM 22 settembre 2022 ha rifinanziato il medesimo Fondo per 1 miliardo di euro, a copertura degli oneri connessi al finanziamento delle intese di rimodulazione dell'orario di lavoro sottoscritte entro il 31 dicembre 2022 e finalizzate a percorsi formativi dei lavoratori, da realizzarsi anche nel 2023. In conseguenza del suddetto rifinanziamento di 1 miliardo di euro, il 10 novembre 2022 Anpal ha pubblicato un Avviso pubblico per la seconda edizione del Fondo Nuove Competenze, che definisce termini e modalità per la presentazione delle istanze da parte delle imprese. Tale avviso riguarda gli accordi sottoscritti entro il 31 dicembre 2022, in relazione ai quali le domande contenenti i progetti formativi dovevano essere presentate entro il 28 febbraio 2023 sull’apposita piattaforma informatica.

Successivamente, l’operatività del Fondo è stata estesa anche al 2023 dall’art. 22-quater del D.L. 198/2022 con conseguente rifinanziamento del FNC per 180 mln di euro, disposto con decreto n. 31 del 24 febbraio 2023.

A seguito di tale rifinanziamento, il suddetto termine del 28 febbraio 2023 per la presentazione dei progetti formativi è stato prorogato al 27 marzo 2023.

 

 

 

 


Articolo 20
(Dotazione del fondo per la fruizione dei servizi di trasporto pubblico)

 

 

L’articolo 20 dispone sulla possibilità di utilizzare una quota-parte di risorse, nei limiti dell’importo di 2.730.660,28 euro, del cd. fondo bonus trasporti, come modificato dal DL. 5/2023, per l’estensione del riconoscimento del beneficio, in deroga ai limiti previsti per le richieste fuori termine riferite al 2022, ammettendo al rimborso anche le domande pervenute al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dal 31 dicembre 2022 e fino al 28 febbraio 2023 da parte di soggetti beneficiari a basso reddito.

 

Si ricorda che l’articolo 4, comma 1, del DL. 5/2023 (cd. Carburanti)[75] ha previsto la misura del bonus trasporti, già autorizzata inizialmente dall’articolo 35 del DL 50 del 2022[76] per l’acquisto, entro il 31 dicembre 2022, di abbonamenti individuali - annuali, mensili o relativi a più mensilità - per i servizi TPL, regionale e interregionale nonché per i servizi di trasporto ferroviario nazionale, abbassando (da 35.000) a 20.000 euro il limite di reddito dei singoli beneficiari richiedenti con riferimento all’anno fiscale 2022.

Si ricorda che il richiamato art. 35 ha previsto la corresponsione iniziale del valore del buono, nominativo e non cedibile, fino al 100 per cento della spesa (copertura integrale) da sostenere per l’acquisto dell’abbonamento entro il limite di 60 euro, esclusivamente in favore delle persone fisiche che, nel 2021, abbiano dichiarato un reddito personale ai fini IRPEF non superiore ai 35.000 euro (v. box).

 

Il rinnovo della misura ad opera del DL. 5/2023 ha pertanto abbassato il limite di reddito dei beneficiari richiedenti, mantenendo il buono utilizzabile per un solo abbonamento, non equivalente a reddito imponibile e non rilevante ai fini ISEE.

Allo scopo, nel 2023 è stato istituito un nuovo fondo, con una dotazione di 100 milioni nel 2023, finalizzato a riconoscere, nei limiti della stessa dotazione e fino ad esaurimento delle risorse, il buono alle persone fisiche che nel 2022 abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro, da utilizzare per l’acquisto del bonus trasporti definito ai sensi della normativa già vigente del richiamato DL. 50.

Come precisa la relazione illustrativa in proposito, l’importo esatto di 2.730.660,28 euro autorizzate a valere sul Fondo per le richieste fuori termine in deroga è calcolato considerato le istanze pervenute al 1° marzo 2023 al MLPS: delle 2461 istanze, è stata riscontrata la legittimità di 1834 richieste di rimborso, per una spesa di 142.715.342,05 euro, di cui 70.273.044,48 euro, già liquidate con diversi atti (decreto direttoriale n. 40/275 del 19 ottobre 2022, decreto direttoriale n. 40/326 del 15 novembre 2022 e decreto direttoriale n. 40/393 del 07 dicembre 2022). Vi sono peraltro alcune istanze in fase di istruttoria (per l’esattezza n. 3 ulteriori istanze, per un onere pari a 15.318,23 euro). Dall’importo di 142.715.342,05 + 15.318,23 euro occorrerà togliere lo stanziamento 2022 di 140.000.000 euro, ottenendo pertanto l’importo esatto di 2.730.660,28 euro.

Si ricorda peraltro che una quota delle risorse, pari a 500.000 euro, del nuovo fondo di 100 milioni, è destinata alla manutenzione della piattaforma informatica istituita per l’erogazione del buono ai sensi del citato art. 35 del DL. n. 50/2022 (qui la piattaforma per accedere al buono ML – Mims Bonus Trasporti), anche al fine di utilizzare eventuali economie derivanti dall’erogazione del bonus stesso.

 

Nel 2022, il Fondo bonus trasporti è stato istituito dal c.d. “Decreto Aiuti” (art. 35 del decreto legge n. 50 del 2022) e riconosciuto come beneficio erogabile fino ad esaurimento risorse entro un tetto massimo di spesa complessiva pari a 79 milioni di euro per il 2022, di cui 1 milione destinato alla progettazione e alla realizzazione della piattaforma informatica per l’erogazione del beneficio[77]. La fruizione del buono è partita a decorrere dalla pubblicazione del decreto interministeriale attuativo n. 5 del 29 luglio 2022 Lavoro/MEF/Infrastrutture[78] e fino al 31 dicembre 2022.

Il plafond utilizzabile è stato successivamente incrementato, da 79 a 180 milioni dal c.d. “Decreto Aiuti bis” (art. 27 DL. n. 115 del 2022[79]). Successivamente, l’art. 12 del c.d. “Decreto aiuti ter” (DL. n. 144 del 2022[80]) ha incrementato detto Fondo di ulteriori 10 milioni. La dotazione del Fondo è stata in ultimo limitata per 50 milioni di euro dall’art. 3, comma 14, del DL. n. 176 del 2022[81], riducendone così la disponibilità complessiva da 190 a 140 milioni di euro per il 2022.

Il bonus è richiedibile accedendo al portale bonustrasporti.lavoro.gov.it.

Resta ferma, sulla spesa rimasta a carico del beneficiario del buono, la detrazione prevista per le spese sostenute per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale per un importo non superiore a 250 euro (ex art. 15, comma 1, lettera i-decies), del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, n. 917).


Articolo 21
(Fondo di rotazione di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845)

 

 

L’articolo 21 dispone che, per favorire il completamento dei progetti finanziati con le risorse dei programmi per il riallineamento delle aree per le quali non siano rispettati i livelli essenziali delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro o vi sia un rischio di mancato rispetto dei medesimi livelli essenziali e supporto alle regioni, ove i livelli essenziali delle prestazioni non siano stati assicurati, mediante interventi di gestione diretta dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro, le risorse del Fondo di rotazione possono essere destinate anche alla copertura delle spese che gli organi di controllo abbiano dichiarato, anche in misura forfettaria, non rimborsabili a valere sui suddetti programmi cofinanziati dal bilancio comunitario, purché sostenute nel rispetto della normativa nazionale vigente. Restano ferme le eventuali responsabilità amministrative, contabili e disciplinari, connesse alla gestione dei fondi europei e nazionali. Le risorse del Fondo possono essere, altresì, utilizzate anche a copertura di oneri per il supporto tecnico e operativo all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in materia di politiche attive del lavoro e formazione.

 

L’articolo 21, dopo il sesto comma dell’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, inserisce una disposizione secondo cui, al fine di favorire il completamento dei progetti finanziati con le risorse dei programmi di cui all’articolo 9, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 - programmi per il riallineamento delle aree per le quali non siano rispettati i livelli essenziali delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro o vi sia un rischio di mancato rispetto dei medesimi livelli essenziali e supporto alle regioni, ove i livelli essenziali delle prestazioni non siano stati assicurati, mediante interventi di gestione diretta dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro - le risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, possono essere destinate anche alla copertura delle spese che gli organi di controllo abbiano dichiarato, anche in misura forfettaria, non rimborsabili a valere sui suddetti programmi cofinanziati dal bilancio comunitario, purché sostenute nel rispetto della normativa nazionale vigente. Restano ferme le eventuali responsabilità amministrative, contabili e disciplinari, connesse alla gestione dei fondi europei e nazionali. Le risorse di cui al sesto comma possono essere, altresì, utilizzate anche a copertura di oneri per il supporto tecnico e operativo all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in materia di politiche attive del lavoro e formazione.

In sostanza, l’articolo 21 in commento consente di utilizzare le risorse del fondo di rotazione - istituito presso il MLPS dall’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio al fine di favorire l’accesso ai Fondi europei - per coprire eventuali spese relative a progetti a valere sui fondi europei che, pur essendo ritenute conformi dalle Autorità competenti secondo i regolamenti comunitari, vengano dichiarate inammissibili dagli organi di controllo (Autorità di Audit, Servizi di Audit della Commissione Europea, Corte dei Conti europea, ecc.) comportando la “decertificazione” di dette somme o l’impossibilità di chiederne il rimborso. La norma non incide espressamente su eventuali responsabilità individuali a vario titolo derivanti dalla gestione dei fondi europei e nazionali, in quanto la funzione è esclusivamente quella di consentire di coprire spese che, sebbene non ritenute conformi alle disposizioni in materia di ammissibilità della spesa sui fondi SIE dagli organi di controllo, siano comunque, sotto il profilo procedurale e sostanziale, rispettose della normativa nazionale. Le risorse in oggetto, inoltre, in analogia a quanto previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 152 del 2021, a valere sulle risorse dei programmi operativi complementari, possono essere altresì utilizzate anche a copertura di oneri per il supporto tecnico e operativo all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in materia di politiche attive del lavoro e formazione.

Come specificato nella Relazione Tecnica, l’intervento non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ma esclusivamente un’estensione, in coerenza con le finalità del Fondo in parola, dei suoi possibili utilizzi. Con riferimento alla copertura di eventuali spese relative a correzioni finanziarie disposte sui progetti cofinanziati dai fondi europei nell’ambito di programmi gestiti dall’ANPAL, esse potranno quantificarsi solo in esito alla chiusura dei programmi medesimi, la cui spesa è ammissibile nel ciclo di programmazione in chiusura fino al 31 dicembre del corrente anno. Si specifica che a tal fine negli anni passati è stato costituito un apposito "fondo di riserva per la responsabilità sussidiaria", che ha accumulato risorse per 80 milioni di euro, vincolate nell’avanzo di amministrazione in quanto ad oggi non utilizzate. L’accumulo è stato quantificato in maniera da essere inferiore al 2% della dotazione dei programmi interessati, considerato un tasso di errore fisiologico. Ad oggi le correzioni risultano ad ogni modo in un ordine di grandezza di circa 10 milioni di euro.

In relazione alla possibilità di utilizzare le risorse del Fondo a copertura di oneri per il supporto tecnico e operativo all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) in materia di politiche attive del lavoro e formazione, in sede di previsione di bilancio per il 2023, approvato con nota del Ministro del lavoro n. 3538 del 27 febbraio 2023, è stata a tal fine appostato un ammontare di risorse pari a circa 23 milioni di euro.

La legge n. 845/1978, (Legge-quadro in materia di formazione professionale), all’art. 25, istituisce un Fondo di rotazione presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo.

Dal 2016, le entrate del contributo integrativo[82], relativo ai datori di lavoro non aderenti al fondi interprofessionali per la formazione continua, sono versate per il 50% al fondo di rotazione per la formazione professionale e per il restante 50% al fondo sociale per l'occupazione e la formazione[83].

 

Con riferimento ai “livelli essenziali delle prestazioni” (LEP), si ricorda che, in Italia, l'assistenza sociale è realizzata attraverso un complesso di interventi nazionali, regionali e comunali, che rivestono le forme della prestazione economica e/o del servizio alla persona. A differenza di quanto avviene in campo sanitario, dove i Livelli essenziali di assistenza (LEA) indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale, le politiche sociali sono interpretate diversamente a seconda della regione o anche del comune di riferimento: ciò in relaziona al fatto che le risorse per le politiche sociali provengono dal finanziamento plurimo dei tre livelli di governo (Stato, Regioni e Comuni), secondo dotazioni finanziarie presenti nei rispettivi bilanci.

La legge quadro sull'assistenza (legge 328/2000) ha stabilito che i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEP) corrispondono all'insieme degli interventi garantiti, sotto forma di beni o servizi, secondo le caratteristiche fissate dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, e attuati nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Più precisamente, l'art. 22 individua l'area del bisogno (per esempio: povertà, disagio minorile, responsabilità familiare, dipendenze, disabilità) e quindi le prestazioni e gli interventi idonei a soddisfare quei bisogni, senza giungere tuttavia a una definizione puntuale dei servizi. In tal senso, tuttavia, la legge 328/2000 non è stata pienamente attuata, in quanto non si è provveduto né a disegnare una programmazione nazionale dei servizi e degli interventi, né a fissare risorse certe e strutturali per i Fondi rivolti alle politiche sociali (FNPS), tali da rendere possibile il finanziamento dei diritti soggettivi. Il Piano Nazionale Sociale del triennio 2018-2020, emanato in allegato al Decreto 26 novembre 2018 di riparto del FNPS, ha sottolineato come risulti difficile definire i LEP in un quadro economico in cui le risorse dedicate alle politiche sociali risultano fortemente limitate. Pertanto, il Piano si configura come lo strumento di programmazione nazionale dell'utilizzo delle risorse del FNPS, il cui compito principale, più che la definizione immediata dei livelli essenziali delle prestazioni, è quello di individuare il percorso verso obiettivi condivisi in maniera da garantire maggiore uniformità territoriale. Nel Piano si sottolinea come il quadro territoriale della spesa sia fortemente disomogeneo, a volte all'interno di una stessa regione; per questo si ritiene impossibile individuare un nucleo di spesa comune in tutto il Paese che possa costituire l'embrione di livelli essenziali da erogare uniformemente. Pertanto, si sottolinea come il Piano 2018-2020 debba essere considerato "di transizione", e per questo in grado di lasciare un margine di libertà alle Regioni ed ai territori nell'utilizzo delle risorse. In sede di prima applicazione, il Piano rinvia infatti alla matrice di macro-livelli e aree di intervento su cui dal 2013 le Regioni programmano le risorse del Fondo e richiede che, per non più del 40% della quota trasferita, l'unico limite all'utilizzo del FNPS sia rappresentato dal complesso degli interventi e dei servizi sociali come delimitato dalla medesima matrice. Inoltre, il Piano richiede che almeno il 40% delle risorse del FNPS trasferite alle Regioni sia utilizzato a copertura delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza.

 Precedentemente, la materia era stata innovata dalla legge 33/2017 "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali", collegata alla legge di bilancio 2016, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti:

a)    l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà e dell'esclusione sociale, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente in tutto il territorio nazionale articolata in una componente economica e in una componente di servizi;

b)    il riordino delle prestazioni di natura assistenziale sottoposte alla prova dei mezzi finalizzate al contrasto della povertà, fatta eccezione per le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana non più in età di attivazione lavorativa, per le prestazioni a sostegno della genitorialità e per quelle legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario;

c)    il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, al fine di garantire, su tutto il territorio nazionale, i livelli essenziali delle prestazioni, nell'ambito dei princìpi di cui alla legge n. 328/2000. A tal fine, la legge delega 33/2017 ha previsto un organismo di coordinamento degli interventi e dei servizi sociali, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), la Rete della protezione e dell'inclusione sociale (art. 21 del D.Lgs. 147/2017 istitutivo del REI).

In attuazione della delega, è stato pubblicato il D. Lgs. 15 settembre 2017, n. 147 "Disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà". Il decreto ha istituito a decorrere dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (ReI), quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale. Il ReI è finanziato nei limiti delle risorse del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015). Il Fondo, a carattere permanente e con risorse certe, è finalizzato alla copertura del beneficio economico collegato al ReI, ma una sua quota (quota servizi) è destinata al rafforzamento e alla programmazione degli interventi e dei servizi sociali indirizzati ai nuclei familiari beneficiari.

A fronte di risorse certe e programmate, il ReI costituisce livello essenziale delle prestazioni, come esplicitamente dichiarato dal decreto istitutivo (art. 2, comma 16, del D.Lgs. 147/2017). Conseguentemente, sono considerati livelli essenziali delle prestazioni anche i servizi e gli interventi che accompagnano il nucleo familiare dal momento della richiesta del ReI all'affrancamento dalla condizione di povertà ed esclusione sociale: dall'accesso ai servizi, alla valutazione della condizione di bisogno, alla progettazione personalizzata fino all'individuazione dei sostegni per il nucleo familiare e degli impegni assunti dai suoi membri. Il D.Lgs. 147/2017 ha definito livello essenziale delle prestazioni anche l'offerta integrata di interventi e servizi secondo modalità coordinate definite dalle regioni e dalle province autonome.

In ultimo si ricorda che la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 255, della legge 145/2018) ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il reddito di cittadinanza. La norma provvede a stanziare le risorse per l'istituzione dei richiamati istituti, demandando l'attuazione degli stessi ad appositi provvedimenti normativi nei limiti delle risorse stanziate, che ne costituiscono il relativo limite di spesa. Il terzo periodo del comma 255 è volto a garantire il riconoscimento delle prestazioni del Reddito di inclusione di cui al D.Lgs. 147/2017, fino alla piena operatività delle nuove misure da introdurre. Se ne dispone, pertanto, la prosecuzione, confermandone i limiti di spesa e disponendo che essi concorrano, in base alle procedure indicate per l'erogazione delle prestazioni, al raggiungimento del limite di spesa complessivo previsto per il Reddito di cittadinanza.

Infine, si ricorda che i livelli essenziali delle prestazioni dei servizi per il lavoro, validi su tutto il territorio nazionale, sono stati approvati con DM n. 4 dell'11 gennaio 2018 e sono elencati nell'allegato B dello stesso decreto.

 


Articolo 22
(Assegno unico e universale per i figli a carico)

 

 

L’articolo 22 modifica la disciplina dell'assegno unico e universale per i figli a carico, di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230. La novella concerne la maggiorazione specifica dell’assegno attribuita per i casi in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro e il valore dell’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente)[84] del nucleo familiare sia inferiore o pari ad un determinato limite - limite pari attualmente a 43.131,90 euro[85] -; tale maggiorazione viene estesa da parte della novella - con effetti in ogni caso non anteriori al 1° giugno 2023 - ai casi in cui vi sia un solo genitore lavoratore e l’altro sia deceduto; l’estensione opera per un periodo massimo di cinque anni, successivi all’evento del decesso, e sempre che continuino a sussistere i presupposti per il riconoscimento dell’assegno unico e universale.

Resta fermo che la misura della maggiorazione è variabile in relazione al valore dell’ISEE; gli importi minimi e massimi della maggiorazione sono attualmente pari, rispettivamente, a 32,4 euro mensili (nel caso in cui il valore dell’ISEE non sia superiore a 16.215,00 euro) e a 0,1 euro mensili.

L’articolo 22 in esame provvede altresì alla quantificazione degli oneri finanziari derivanti dalla suddetta novella e alla relativa copertura.

 

In base alla norma generale sull’assegno unico e universale per i figli a carico, quest’ultimo è riconosciuto a decorrere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda ovvero, nel caso in cui essa sia stata presentata entro il 30 giugno dell'anno di riferimento, a decorrere dal mese di marzo del medesimo anno. Come detto, la novella esclude che l’estensione della maggiorazione in esame abbia effetti anteriori al 1° giugno 2023.

Riguardo all’estensione in oggetto, si valuti l’opportunità di chiarire se il suddetto limite di cinque anni decorra tassativamente dal decesso dell’altro genitore o se il limite si possa riferire ad un quinquennio determinato anche in altro modo.

In relazione alla suddetta novella, il comma 2 del presente articolo 22 opera un incremento della quantificazione degli oneri finanziari derivanti dall'applicazione dell'istituto dell'assegno unico e universale per i figli a carico.

Il successivo comma 3 provvede alla copertura finanziaria del suddetto incremento (come quantificato dal comma 2) degli oneri, riducendo nelle misure annue corrispondenti la dotazione di risorse prevista come limite di spesa per il riconoscimento di trattamenti pensionistici anticipati in favore dei cosiddetti lavoratori precoci. La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[86] osserva che la riduzione di tale limite è compatibile con le esigenze effettive, derivanti dal relativo flusso di domande di trattamento.

Si ricorda che la suddetta categoria di lavoratori precoci è costituita dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria da una data precedente il 1° gennaio 1996 e rientrino in una delle fattispecie individuate dall'articolo 1, comma 199, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, e successive modificazioni; il trattamento decorre (su domanda) dal quarto mese successivo a quello di maturazione del requisito contributivo[87]; qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa, la decorrenza dei trattamenti è differita, con criteri di priorità in ragione della data di maturazione del requisito per il trattamento in oggetto e, a parità della stessa, in ragione della data di presentazione della domanda[88].

 


Articolo 23
(Norme in materia di omissione di versamento dei contributi di previdenza e assistenza sociale)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 23 modifica la disciplina[89] delle sanzioni penali o amministrative pecuniarie per l’omissione di versamento dei contributi di previdenza e assistenza sociale da parte dei datori di lavoro[90], nonché da parte dei committenti dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa rientranti nella cosiddetta Gestione separata dell’INPS[91]. La modifica concerne la misura della sanzione amministrativa pecuniaria; si sostituiscono i limiti minimi e massimi di 10.000 euro e di 50.000 euro con nuovi limiti, commisurati all’importo omesso e pari, rispettivamente, al 150 per cento e al 400 per cento. Resta ferma la distinzione di fattispecie tra illecito penale e illecito invece sottoposto alla suddetta sanzione amministrativa.

Il successivo comma 2 modifica il termine temporale per la notifica dell’illecito amministrativo in oggetto; la modifica si applica ai periodi di omissione contributiva decorrenti dal 1° gennaio 2023.

 

Riguardo alle sanzioni oggetto della novella di cui al comma 1, si ricorda che esse riguardano le ipotesi in cui le ritenute contributive non siano versate (dal datore di lavoro o committente) entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento dell’inadempimento contributivo. Nell’ambito di tali ipotesi, si applicano le sanzioni penali (costituite dalla reclusione fino a tre anni e dalla multa fino a 1.032 euro) qualora l’omissione riguardi un importo superiore a 10.000 euro annui e si applica invece la sanzione amministrativa summenzionata qualora l’importo non superi tale limite.

Si ricorda inoltre che, a prescindere dalla suddetta contestazione o notifica, i soggetti (ivi compresi i lavoratori autonomi) che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti al pagamento di sanzioni civili e di interessi di mora[92].

La novella di cui al presente comma 1, facendo riferimento, per la misura della sanzione amministrativa, all’importo del contributo omesso, sostituisce la precedente sanzione con una che può risultare, a seconda dei casi, più grave o meno grave (rispetto alla precedente). Qualora la nuova sanzione risulti più grave, essa, in base al principio di legalità, non si può applicare alle violazioni commesse prima del 5 maggio 2023 (data di entrata in vigore del presente decreto) - riguardo alla formulazione del principio di legalità per le sanzioni amministrative, cfr. l’articolo 1 della L. 24 novembre 1981, n. 689 -. Riguardo ai casi in cui la nuova sanzione risulti meno grave, la relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[93] ritiene che tale effetto favorevole trovi applicazione anche retroattiva - fatti salvi i casi di pagamento già avvenuto - in analogia al principio, relativo alle sanzioni penali, di cui all’articolo 2, quarto comma, del codice penale. Considerato che, nell’ordinamento, per le sanzioni amministrative, tale principio di retroattività in bonam partem è posto - come rilevato anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 193 del 6-20 luglio 2016 - solo nell’ambito di alcune discipline specifiche, come quella tributaria, quella valutaria e quella sulla responsabilità amministrativa degli enti privati in relazione a reati, si valuti l’opportunità di definire in termini espliciti tale profilo transitorio.

Il comma 2, come accennato, modifica il termine temporale per la notifica dell’illecito amministrativo summenzionato; la norma concerne, quindi, la notifica - successiva alla prima contestazione o notifica summenzionata, relativa all’omissione del pagamento - di mancato versamento entro il suddetto periodo di tre mesi. Al riguardo, il comma 2 prevede che, per i periodi di omissione contributiva decorrenti dal 1° gennaio 2023 (e ferma restando la disciplina penalistica per i casi qualificati, come detto, come illecito penale), gli estremi della violazione siano notificati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’annualità oggetto di violazione, in deroga esplicita ai termini di cui all’articolo 14 della citata L. n. 689 del 1981, e successive modificazioni; si ricorda che quest’ultimo prevede (per i casi di contestazione non immediata) che la notifica della violazione sia effettuata agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni dall'accertamento e a quelli residenti all'estero entro il termine perentorio di trecentosessanta giorni (sempre decorrenti dall’accertamento).

In sede referente è stata approvata una modifica formale del presente comma 2.


Articolo 23-bis
(Possibilità di versamento della contribuzione pensionistica in relazione a debiti contributivi già annullati)

 

 

L’articolo 23-bis - inserito in sede referente - introduce la possibilità di versamento della contribuzione pensionistica in relazione ad alcune fattispecie di avvenuto annullamento automatico - in seguito a norme speciali - dei debiti contributivi. La possibilità concerne gli iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS relative ai lavoratori autonomi, ivi compresi i soggetti iscritti - anche eventualmente in qualità di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa - alla cosiddetta Gestione separata dell'INPS. L’articolo provvede altresì alla quantificazione dell’onere finanziario derivante dall’introduzione della possibilità in esame e alla relativa copertura.

 

I lavoratori interessati dalla possibilità in oggetto sono i lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni previdenziali dell'INPS: artigiani, esercenti attività commerciali, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli professionali, nonché i soggetti iscritti - anche eventualmente in qualità di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa - alla cosiddetta Gestione separata dell'INPS[94].

I commi da 1 a 3 del presente articolo 23-bis consentono a tali soggetti, come accennato, di presentare domanda all’INPS per il versamento della contribuzione pensionistica relativa ad alcune fattispecie di avvenuto annullamento automatico di debiti contributivi; il versamento deve avvenire, in soluzione unica o in rate mensili di pari importo, entro il 31 dicembre 2023. La determinazione delle modalità e dei tempi di presentazione della domanda è demandata all’INPS.

La possibilità in oggetto è ammessa limitatamente ai contributi per i quali non sia scaduto il termine quinquennale di prescrizione[95].

Le richiamate fattispecie di avvenuto annullamento automatico di debiti contributivi sono quelle derivanti dalle norme seguenti:

-         il comma 222 dell’articolo 1 della legge n. 197 del 2022, e successive modificazioni, che ha disposto l’annullamento automatico, alla data del 30 aprile 2023, dei debiti di importo residuo (alla data del 1° gennaio 2023) fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 dagli enti pubblici previdenziali (oltre che dalle amministrazioni statali e dalle agenzie fiscali); nell’annullamento sono ricompresi - fermo restando il limite suddetto - gli importi oggetto delle definizioni agevolate (dei carichi affidati all’agente della riscossione) introdotte anteriormente[96];

-         l'articolo 4 del decreto-legge n. 119 del 2018 (convertito dalla legge n. 136 del 2018), che ha disposto l’annullamento automatico alla data del 31 dicembre 2018 dei debiti fino a mille euro (comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, anche se riferiti alle cartelle per cui sia già stata richiesta la definizione agevolata ai sensi dell’articolo 3 del medesimo decreto-legge n. 119. Tale importo residuo è calcolato al 24 ottobre 2018, data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge.

Il comma 4 valuta pari a 0,97 milioni di euro per il 2023 ed a 1,92 milioni per il 2024 l’onere derivante dall’introduzione della possibilità di cui ai commi da 1 a 3 (gli effetti finanziari negativi derivano in parte dalla deduzione dei contributi dall’imponibile delle imposte sui redditi e in parte dalla maggiore spesa - nei due anni suddetti - per trattamenti pensionistici). Alla copertura finanziaria dell’onere si fa fronte (comma 4 citato) mediante corrispondente riduzione dell’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del fondo speciale di parte corrente (fondo relativo agli oneri di parte corrente derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento).

 

 


Articolo 24
(Contratti di lavoro dipendente a termine e somministrazioni di lavoro)

 

 

I commi da 1 a 1-ter dell’articolo 24 modificano[97] la disciplina dei contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato[98].

Le modifiche di cui alle lettere a) e b) del comma 1 concernono i presupposti di ammissibilità - cosiddette causali - di una durata dei contratti superiore a dodici mesi - e in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi -[99]. La nuova disciplina - oltre a confermare che la causale può consistere in esigenze di sostituzione di altri lavoratori -: reinserisce la causale costituita da fattispecie previste dai contratti collettivi, come ivi definiti[100], riproponendo a regime una norma transitoria, operante fino al 30 settembre 2022[101], che aveva introdotto tale causale; sopprime sia la causale di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, sia la causale di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria; introduce la causale - applicabile solo con atti (tra datore di lavoro e dipendente) stipulati entro il 30 aprile 2024 e solo in assenza delle suddette previsioni da parte dei contratti collettivi applicati in azienda - di esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.

La lettera c) del comma 1 del presente articolo 24 conferma le esclusioni di alcuni settori dall’ambito di applicazione delle causali.

La lettera b-bis) dello stesso comma 1 - lettera inserita in sede referente - e i commi 1-bis e 1-ter - anch’essi inseriti in sede referente - modificano la disciplina dell’applicazione delle causali - come ora ridefinite - relativamente alle proroghe e ai rinnovi dei contratti di lavoro a termine[102]. Tali modifiche escludono anche per i rinnovi - in termini identici a quanto già previsto per le proroghe - l’esigenza delle causali (nonché la correlata prescrizione dell’indicazione delle stesse causali nell’atto scritto di rinnovo o proroga), qualora la durata complessiva del rapporto non superi i dodici mesi (lettera b-bis) del comma 1 e comma 1-bis); a tali fini, sia per le proroghe sia per i rinnovi, nel computo dei dodici mesi non si tiene conto del periodo temporale (del rapporto) previsto dai contratti stipulati prima del 5 maggio 2023 (comma 1-ter)[103].

Il comma 1-quater - inserito in sede referente - modifica la disciplina[104] - operante in assenza di diverse previsioni dei contratti collettivi[105] - del limite quantitativo del ricorso ai contratti di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (contratti intercorrenti tra soggetto somministratore e utilizzatore). La novella, in primo luogo, esclude dal computo del limite i lavoratori il cui rapporto di lavoro con il soggetto somministratore sia costituito da un contratto di apprendistato. In secondo luogo, si escludono in via tassativa dal computo del limite alcune categorie di lavoratori.

 

Più in particolare, riguardo alle causali oggetto delle novelle di cui ai commi da 1 a 1-ter, si ricorda che la causale relativa a fattispecie previste dai contratti collettivi di lavoro fa riferimento - così come la suddetta norma transitoria, operante nel periodo 25 luglio 2021-30 settembre 2022[106] - alla nozione di contratti posta dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Si ricorda che, in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza di una delle causali in oggetto, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi[107]; analogamente, qualora la proroga o il rinnovo di un contratto a termine rientri nell’ambito della condizione della sussistenza di una causale - ambito ridefinito, per le proroghe e i rinnovi, dalle suddette novelle di cui alla lettera b-bis) del comma 1 e di cui ai commi 1-bis e 1-ter[108] -, il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

L’istituto delle causali - come conferma la lettera c) del comma 1 del presente articolo 24 - non concerne le pubbliche amministrazioni e altri ambiti specifici ("contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, da istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l'innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all'innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa")[109]; per le fattispecie escluse continua a trovare applicazione - ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, e successive modificazioni, e ai sensi del comma 1, lettera c), del presente articolo 24 - la disciplina sui contratti a termine previgente rispetto alle novelle operate dal medesimo articolo 1 del D.L. n. 87 - le quali hanno introdotto le fattispecie delle causali nell’ambito della disciplina dell’articolo 19 del citato D.Lgs. n. 81 del 2015 -.

La lettera b) del comma 1 del presente articolo 24 reca un intervento di coordinamento[110].

Il comma 1-quater modifica la disciplina - operante in assenza di diverse previsioni dei contratti collettivi[111] - del limite quantitativo del ricorso ai contratti di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (contratti intercorrenti tra soggetto somministratore e utilizzatore).

La novella, in primo luogo, esclude dal computo del limite i lavoratori il cui rapporto di lavoro con il soggetto somministratore sia costituito da un contratto di apprendistato[112].

Si ricorda che la norma[113] oggetto della novella parziale prevede che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore[114], il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non possa eccedere il 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del suddetto contratto, con un arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5[115]. La novella, nell’operare la suddetta esclusione, non modifica la formulazione della clausola di salvezza delle diverse previsioni dei contratti collettivi, le quali possono quindi anche far riferimento ai lavoratori il cui rapporto di lavoro con il soggetto somministratore sia costituito da un contratto di apprendistato. Si ricorda che la clausola di salvezza fa riferimento alla nozione di contratti posta dal citato articolo 51 del D.Lgs. n. 81 del 2015. Questi ultimi, come detto, sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

La novella di cui al comma 1-quater, inoltre, esclude in via tassativa (anche rispetto alle previsioni contrattuali) dal computo del limite i soggetti in mobilità, i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, di cui ai richiamati numeri 4) e 99) dell’articolo 2, primo comma, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Si valuti l’opportunità di chiarire se il rinvio al decreto ministeriale concerna solo le categorie dei lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati nonché, in tale ipotesi, di esplicitare le tipologie degli ammortizzatori sociali interessate (considerati, da un lato, il termine generale usato e, dall’altro, l’esplicita esclusione dei trattamenti di disoccupazione agricola). Si ricorda che una norma identica[116] a quella qui inserita in sede referente è vigente per la deroga ai limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato; il decreto ministeriale attuativo di tale norma concerne esclusivamente l’individuazione dei lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati (D.M. 17 ottobre 2017).


Articolo 25
(Contratti di espansione)

 

 

L’articolo 25 modifica la disciplina[117] dell’istituto transitorio dei contratti di espansione. La novella in esame introduce la possibilità di una rimodulazione delle cessazioni dei rapporti di lavoro previste da un accordo di espansione - cessazioni relative ai lavoratori più vicini al conseguimento dei requisiti per il trattamento pensionistico e alle quali consegue un’indennità di accompagnamento alla quiescenza -; la possibilità di rimodulazione concerne i contratti di espansione stipulati entro il 31 dicembre 2022 da parte di gruppi di imprese con un organico di lavoratori dipendenti superiore a 1.000 unità; l’accordo integrativo, concernente la rimodulazione, deve essere concluso, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali[118], entro il 31 dicembre 2023; la nuova tempistica delle cessazioni deve essere compresa entro l’arco temporale dei 12 mesi successivi all’ultimo termine originariamente previsto per le cessazioni in oggetto, fermi restando il limite complessivo pluriennale di spesa pubblica derivante dal singolo originario accordo di espansione[119] e il numero massimo di lavoratori ammessi (in base al suddetto accordo originario) alla misura in esame.

 

L’istituto transitorio del contratto di espansione costituisce una forma sia di sostegno del reddito sia di politica attiva del lavoro; esso prevede il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale (in relazione ad una riduzione dell'orario di lavoro) abbinato ad un programma di assunzioni, nonché, in via eventuale, un’indennità di accompagnamento alla quiescenza per i lavoratori più vicini al conseguimento dei requisiti per il trattamento pensionistico[120]. Gli accordi di espansione, in base all’attuale disciplina, possono essere stipulati entro il 2023; l’accordo è stipulato dall’impresa o dal gruppo di imprese con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria. La novella di cui al presente articolo 25 riguarda, come detto, solo eventuali accordi integrativi relativi a gruppi di imprese, con organico complessivo superiore alla soglia summenzionata.

Con riferimento all’oggetto specifico della novella, si ricorda che, nell’ambito della disciplina sui contratti di espansione, per la risoluzione consensuale del rapporto con lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia e che abbiano maturato il requisito contributivo per quest’ultima, o con lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dal conseguimento del diritto alla pensione anticipata, si prevede[121] il riconoscimento, per l’intero periodo precedente la prima decorrenza possibile della pensione, di un'indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall'INPS; tale indennità è a carico del datore di lavoro, ma dal relativo importo è detratto un importo corrispondente alla misura del trattamento di disoccupazione NASpI[122] che sarebbe spettato al lavoratore in caso di licenziamento; qualora la prima decorrenza possibile riguardi la pensione anticipata (anziché quella di vecchiaia), il datore di lavoro è tenuto anche al versamento dei contributi previdenziali utili per il conseguimento del medesimo diritto; l’importo di tali contributi è determinato, per il suddetto periodo teorico di NASpI, al netto del relativo importo di contribuzione figurativa[123] che sarebbe stato riconosciuto; per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino piani di riorganizzazione o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, in linea con i programmi europei, e che, all'atto dell'indicazione del numero dei lavoratori da assumere nell’ambito dell’accordo di espansione, si impegnino ad effettuare almeno un’assunzione per ogni tre lavoratori interessati dalle cessazioni in oggetto, la riduzione dell’indennità e dei versamenti contributivi summenzionati si applica per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell'ultima mensilità di spettanza teorica del trattamento NASpI.


Articolo 26
(
Semplificazioni in materia di informazioni e di obblighi di pubblicazione in merito al rapporto di lavoro)

 

 

L’articolo 26 reca semplificazioni in merito agli obblighi di informazione e di pubblicazione, relativi al rapporto di lavoro, che devono essere adempiuti dal datore di lavoro o dal committente in favore dei lavoratori.

 

La disposizione in commento, attraverso delle modifiche agli articoli 1 e 1-bis del D.Lgs. 152/1997:

§  dispone che l’onere informativo del datore di lavoro relativo alla comunicazione di determinati elementi del rapporto di lavoro può ritenersi assolto con l’indicazione del riferimento normativo o della contrattazione collettiva, anche aziendale, che ne disciplina le materie (comma 1, lett. a));

Gli elementi di cui trattasi sono alcuni di quelli previsti dall’art. 1 del D.Lgs. 152/1997 e specificamente quelli relativi: alla durata del periodo di prova, del congedo per ferie nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore; al diritto dei lavoratori a ricevere la formazione; alla procedura, alla forma e ai termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore; all’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento; se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in parte prevedibile, alla programmazione dell’orario normale e straordinario di lavoro, compresi i cambiamenti di turno, e alla sua retribuzione; se il rapporto di lavoro non prevede un orario normale di lavoro programmato, alle informazioni riguardanti la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite, la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite, le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative, il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico; agli enti e agli istituti che ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso[124].

§  prevede che, ai fini della semplificazione di tutti gli adempimenti informativi cui è tenuto il datore di lavoro ai sensi del richiamato articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 152/1997, il datore di lavoro è tenuto a consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro (comma 1, lett. b));

§  fermo restando che il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto ad informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio nella gestione del rapporto di lavoro, specifica che tale obbligo sussiste quando i predetti sistemi siano integralmente automatizzati[125]. Resta fermo quanto previsto dall’art. 4 della L. 300/1970 secondo cui gli strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali (comma 2, lett. a)). Alla luce di tale modifica dell’articolo 1-bis del D.Lgs. 152/1997, si valuti l’opportunità di modificare anche la rubrica di tale articolo;

§  con una modifica formale, specifica che gli obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati non si applicano ai segreti industriali e commerciali (comma 2, lett. b)).


Articolo 27
(
Incentivi all’occupazione giovanile)

 

 

L’articolo 27 – modificato in sede referente - riconosce un incentivo ai datori di lavoro privati per le nuove assunzioni, effettuate dal 1° giugno 2023 al 31 dicembre 2023, a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, o con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, di giovani al di sotto dei trenta anni con determinati requisiti. Tale incentivo è concesso per un periodo di 12 mesi e nella misura del 60 per cento della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali.

Si autorizza altresì l’ANPAL a riprogrammare le misure relative agli incentivi riconosciuti dalla normativa vigente per le assunzioni effettuate nel biennio 2021-2022 di giovani e donne e per quelle effettuate nel medesimo biennio nelle regioni del Sud, in relazione al mancato assorbimento da parte di tali misure delle risorse ad esse assegnate.

 

Requisiti

L’incentivo in esame è riconosciuto - nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea in materia di aiuti all'assunzione di lavoratori svantaggiati compatibili con il mercato interno[126] - per le suddette nuove assunzioni a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, o con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere (esclusi i rapporti di lavoro domestico), di giovani che presentino congiuntamente i seguenti requisiti (commi 1 e 3):

§  alla data dell’assunzione non abbiano compiuto il trentesimo anno di età;

§  non lavorino e non siano inseriti in corsi di studi o di formazione (NEET);

§  siano registrati al Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”.

Con tale Programma, gestito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, viene attuata in Italia la cosiddetta Garanzia giovani, il Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile che prevede, nei Paesi con un tasso di disoccupazione superiore al 25 per cento, appositi stanziamenti per la realizzazione di misure di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (NEET), ai quali deve essere garantita un'offerta di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale. La prima fase del Programma, iniziata nel 2013, si è conclusa nel 2016. Successivamente, con la Raccomandazione del Consiglio dell'UE del 30 ottobre 2020 - che ha sostituito quella istitutiva del 2013 - i Paesi europei coinvolti nell'attuazione del programma, tra cui l'Italia, si sono impegnati ad attuare la c.d. Garanzia Giovani rafforzata a partire dal 2021. Le iscrizioni alla seconda fase del Programma si sono aperte il 1° marzo 2021 e si sono concluse il 30 settembre 2022.

 

Cumulabilità con altri incentivi

L’incentivo in esame è compatibile con l’esonero contributivo totale  dal pagamento dei contributi dovuti riconosciuto dalla normativa vigente (art. 1, c. 297, L. 197/2022) ai datori di lavoro privati per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di soggetti che non hanno compiuto il 36° anno di età effettuate nel 2023[127] e con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi, e comunque nel rispetto dei limiti massimi previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato (comma 2, primo periodo).

In caso di cumulo con altra misura, l’incentivo è però riconosciuto, per ogni soggetto assunto nella misura del 20 per cento, in luogo del 60, della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali (comma 2, secondo periodo).

 

Modalità di corresponsione

L’incentivo in oggetto è corrisposto al datore di lavoro mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili.

La domanda per la fruizione dello stesso è trasmessa attraverso apposita procedura telematica, all’INPS, che provvede, entro cinque giorni, a fornire una comunicazione telematica in ordine alla sussistenza di una effettiva disponibilità di risorse per l’accesso all’incentivo. A seguito di tale comunicazione, in favore del richiedente opera una riserva di somme pari all’ammontare previsto dell’incentivo spettante e allo stesso è assegnato un termine perentorio di sette giorni per provvedere alla stipula del contratto di lavoro che dà titolo all’incentivo con obbligo di comunicarne la relativa stipula entro, perentoriamente, i successivi sette giorni attraverso l’utilizzo della predetta procedura telematica. In caso di mancato rispetto di tali termini perentori, il richiedente decade dalla riserva di somme operata in suo favore, che vengono conseguentemente rimesse a disposizione di ulteriori potenziali beneficiari.

Il riconoscimento dell’incentivo da parte dell’INPS avviene in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande cui abbia fatto seguito l’effettiva stipula del contratto e, in caso di insufficienza delle risorse, l’INPS non prende più in considerazione ulteriori domande fornendo immediata comunicazione anche attraverso il proprio sito istituzionale (comma 4).

 

Limiti di spesa

Il presente incentivo è riconosciuto nei limiti delle risorse, anche in relazione alla ripartizione regionale, come ridefinite in sede referente e pari a 24,4 milioni di euro per il 2023 e a 61,3 milioni di euro per il 2024 e valutate in 9,9 milioni di euro per il 2026 (commi 3 e 5-bis).

Ai relativi oneri si provvede, come disposto in sede referente:

§  quanto a 24,4 milioni di euro per il 2023 a valere sul Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani 2014-2020[128] e quanto a 61,3 milioni di euro per il 2024 a valere sul Programma Nazionale Giovani, donne e lavoro 2021-2027[129], nel rispetto dei criteri di ammissibilità e delle procedure del predetto programma. La ripartizione regionale delle suddette risorse è demandata ad apposito decreto adottato da ANPAL (comma 5-bis, lett. a));

§  quanto a 9,9 milioni di euro per il 2026, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (di cui all’art. 10, c. 5, del D.L. 282/2004). In sede referente è stato altresì disposto un incremento di tale Fondo nella misura di 9,5 milioni di euro per il 2024 e di 20 milioni di euro per il 2025 a cui si provvede mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’incentivo di cui al comma 1. (commi 5 e 5-bis, lett. b)).

 

Riprogrammazione altri incentivi per assunzioni

Nell’ambito del PON Sistemi di politiche attive per l’occupazione 2014-2020 e del PON Iniziativa occupazione giovani 2014-2020, l’ANPAL è autorizzata a riprogrammare, in coerenza con le spese effettivamente sostenute e comunque nel limite di 700 milioni di euro, le misure relative agli incentivi riconosciuti dalla normativa vigente per le assunzioni effettuate nel biennio 2021-2022 di giovani e donne (ex art. 1, c. 10-15 e 16-19, L. 178/2020[130]) e per quelle effettuate nel medesimo biennio nelle regioni del Sud (cosiddetta Decontribuzione Sud, di cui all’art. 1, c. 161-167, L. 178/2020[131]), a causa del mancato assorbimento da parte di tali misure delle risorse ad esse assegnate. Tale riprogrammazione avviene fermo restando l’importo complessivo di euro 4.466 milioni di euro stanziati per gli anni 2021 e 2022 (comma 6).

Come riportato dalla RT allegata al presente decreto legge, le citate misure sono state introdotte dalla legge di bilancio 2021 prevedendo un concorso complessivo di 4.466 milioni di euro per gli anni 2021-2022 delle risorse REACT-EU, del programma Next Generation EU, successivamente confluite nell’ambito del Programma SPAO 2014-2020.

La riprogrammazione di tali misure si rende necessaria a seguito del fatto che, come evidenziato dalla medesima RT, la Decontribuzione Sud non ha completamente assorbito le risorse ad essa destinate, mentre le stime dell’INPS sulla spesa rendicontabile per le altre due misure (assunzioni giovani e assunzioni donne) sono risultate maggiori rispetto alle previsioni recepite nella legge di bilancio 2021.

 


Articolo 28
(Incentivi per l’assunzione di persone con disabilità)

 

 

L’articolo 28 introduce, in via transitoria, un incentivo all’assunzione, da parte di enti del Terzo settore e di altri enti ad essi assimilabili, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, di soggetti con disabilità e di età inferiore a trentacinque anni. Le assunzioni, al fine in oggetto, devono essere o essere state effettuate nel periodo 1° agosto 2022-31 dicembre 2023 per lo svolgimento di attività conformi allo statuto del datore di lavoro e riguardare soggetti con disabilità rientranti nell’ambito di applicazione del cosiddetto collocamento obbligatorio, di cui alla L. 12 marzo 1999, n. 68. L’incentivo è ammesso nell’ambito delle risorse complessive individuate in base al comma 1 e confluenti in un apposito Fondo - risorse in ogni caso non superiori a 7 milioni di euro per il 2023 -; la definizione della misura dell’incentivo è demandata al decreto attuativo di cui al comma 2. La copertura dell’onere finanziario derivante dall’istituzione del suddetto Fondo è completata (con riferimento al fabbisogno di cassa e all’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni) dal comma 4.

 

I datori di lavoro che possono rientrare nel beneficio in esame sono: gli enti del Terzo settore (come definiti dall’articolo 4 del codice del Terzo settore, di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, e successive modificazioni); le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale interessate dal processo di trasmigrazione dai relativi registri speciali al medesimo Registro unico[132]; le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) iscritte alla relativa anagrafe[133].

I lavoratori disabili rientranti nell’ambito della citata L. n. 68 sono individuati dall’articolo 1 della stessa legge, e successive modificazioni. Benché il comma 1 del presente articolo 28 faccia riferimento ad assunzioni effettuate ai sensi della suddetta L. n. 68, le relazioni illustrativa e tecnica allegate al disegno di legge di conversione del presente decreto[134] osservano che l’incentivo - fermo restando il rispetto delle altre condizioni previste - concerne le assunzioni di tali soggetti anche se effettuate in eccedenza rispetto alle quote minime obbligatorie stabilite dalla L. n. 68 (purché le assunzioni siano effettuate secondo le modalità previste da quest’ultima).

Il Fondo summenzionato è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine del successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo è alimentato mediante la riassegnazione in spesa - nel limite massimo di 7 milioni di euro per il 2023 - delle somme non utilizzate del Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità (Fondo istituito dall’articolo 104, comma 3, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, L. 17 luglio 2020, n. 77)[135] e versate nel medesimo anno 2023 dalle amministrazioni interessate all’entrata del bilancio dello Stato.

La definizione delle modalità di ammissione, quantificazione ed erogazione del contributo, delle modalità e dei termini di presentazione delle domande, nonché delle procedure di controllo, è demandata a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per le disabilità e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 1° marzo 2024 (comma 2 del presente articolo 28).

Per le operazioni relative alla gestione del Fondo di cui al comma 1 del presente articolo 28 e all’erogazione dei contributi, l’amministrazione interessata procede alla stipula di apposite convenzioni (comma 3); gli eventuali oneri finanziari derivanti da queste ultime sono a carico delle risorse del medesimo Fondo.

Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, derivanti dal presente articolo 28 e quantificati pari a 7 milioni di euro per il 2023, si provvede (comma 4) mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (Fondo di cui all’articolo 6, comma 2, del D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni).


Articolo 29
(Differenze retributive tra i lavoratori dipendenti degli enti del Terzo settore e delle imprese sociali)

 

 

L’articolo 29 modifica la disciplina del trattamento retributivo dei lavoratori dipendenti dagli enti del Terzo settore; le novelle concernono in via principale il profilo delle differenze retributive tra i lavoratori dipendenti all’interno di ciascuno dei suddetti enti. In sede referente l’articolo è stato riformulato e si sono altresì introdotte novelle corrispondenti nella disciplina specifica relativa alla impresa sociale (figura che rientra nella nozione generale di enti del Terzo settore)[136].

La suddetta riformulazione prevede, in primo luogo, la possibilità di elevamento del parametro in base al quale la differenza retributiva tra i lavoratori dipendenti, all’interno di ciascuno dei suddetti enti (ivi comprese le imprese sociali), non può essere superiore al rapporto uno a otto; viene ammesso l’elevamento al rapporto da uno a dodici in presenza di comprovate esigenze, inerenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale (come definite dalla relativa disciplina)[137]. Nel testo originario del presente decreto, invece, la novella[138] introduceva la possibilità di una deroga, circoscritta a determinate fattispecie[139] e, in tale ambito, escludente ogni vincolo di parametro massimo.

In secondo luogo, la riformulazione operata in sede referente estende a tutte le ipotesi di comprovate esigenze summenzionate l’esclusione dal divieto di corresponsione - da parte degli enti e imprese in esame - a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di lavoro.

 

La nozione di enti del Terzo settore è posta dall’articolo 4 del codice del Terzo settore, di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, e successive modificazioni (come detto, nella nozione generale rientra anche la figura dell’impresa sociale).

Il suddetto parametro - da uno a otto o anche, in base alle novelle, da uno a dodici - relativo alle differenze massime retributive deve essere calcolato sulla base della retribuzione annua lorda[140].

Le summenzionate attività di interesse generale sono definite dall’articolo 5 del citato codice, e successive modificazioni, per la generalità degli enti del Terzo settore, ad esclusione delle imprese sociali; per queste ultime, le attività d'impresa di interesse generale sono definite dall’articolo 2 del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, e successive modificazioni.

Resta fermo che gli enti del Terzo settore - ivi comprese le imprese sociali - dànno conto del rispetto dei parametri massimi in oggetto - da uno a otto o anche, in base alle novelle, da uno a dodici - nel proprio bilancio sociale o, in mancanza[141], nella relazione di missione allegata al bilancio dell’ente[142].

Riguardo al suddetto divieto di corresponsione - da parte degli enti e imprese in esame - a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di lavoro[143], si ricorda che, nella normativa finora vigente[144], l’esclusione dal divieto - esclusione ora ampliata dalle suddette novelle - concerne soltanto l’ipotesi di comprovate esigenze di acquisizione di specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale relative ad almeno uno dei seguenti ambiti: interventi e prestazioni sanitarie, formazione universitaria e post-universitaria, ricerca scientifica di particolare interesse sociale.

Si ricorda altresì che le norme sugli enti del Terzo settore - ivi comprese le imprese sociali - specificano[145] che i lavoratori dei medesimi enti hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro.

Le norme in oggetto fanno riferimento - sia per tale trattamento minimo sia per il suddetto parametro del quaranta per cento - alla nozione di contratti collettivi di lavoro posta dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

In sede referente si è altresì riformulata la rubrica del presente articolo.


Articolo 30
(Trattamenti straordinari di integrazione salariale in deroga)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 30 prevede, in via transitoria, una possibile fattispecie di prolungamento - non oltre il 31 dicembre 2023 - del trattamento straordinario di integrazione salariale in deroga esplicita ai limiti di durata stabiliti dalla disciplina relativa al suddetto trattamento[146]; la possibilità è ammessa in continuità con tutele già autorizzate e, quindi, anche con effetto retroattivo[147]. L’ipotesi di tale prolungamento - che può essere autorizzato con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - concerne le aziende che abbiano dovuto fronteggiare situazioni di perdurante crisi aziendale e di riorganizzazione e che non siano riuscite a dare completa attuazione, nel corso del 2022, ai piani di riorganizzazione e ristrutturazione originariamente previsti per prolungata indisponibilità dei locali aziendali, dovuta a cause non imputabili al datore di lavoro. La possibilità è in ogni caso ammessa solo nel rispetto del limite di spesa posto dal comma 2, il quale provvede anche alla copertura finanziaria dei relativi oneri.

 

Per la domanda relativa al prolungamento in oggetto viene esclusa l’applicazione delle norme di cui agli articoli 24 e 25 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni - norme inerenti alla consultazione sindacale e agli altri termini temporali e modalità per la procedura di trattamento straordinario di integrazione salariale -.

Il prolungamento in esame può essere autorizzato anche qualora l’azienda si trovi in stato di liquidazione.

Il suddetto limite di spesa è pari a 13 milioni di euro per il 2023 e a 0,9 milioni di euro per il 2024. L’INPS provvede al monitoraggio della spesa relativa al prolungamento in oggetto, informando con cadenza periodica il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; qualora dal monitoraggio emerga, anche in via prospettica, il raggiungimento del limite di spesa, non potranno più essere accolte ulteriori domande. Alla copertura finanziaria degli oneri in esame si provvede a valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione[148].


Articolo 31
(Completamento dell’attività liquidatoria Alitalia)

 

 

L’articolo 31 reca una serie di disposizioni per il completamento dell’attività liquidatoria della compagnia aerea Alitalia.

 

A tale riguardo è utile ricordare come la crisi finanziaria della società aerea Alitalia ha reso necessari, nel corso degli ultimi anni, una serie di interventi normativi conseguenti all'ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria.

In particolare il decreto-legge n. 137 del 2019 ha disposto la concessione di un finanziamento semestrale di 400 milioni di euro e delineato una nuova procedura per pervenire al trasferimento dei complessi aziendali di Alitalia e delle altre società del gruppo, nonché previsto che l'organo commissariale espletasse le procedure di cessione entro il 31 maggio 2020, eventualmente anche ricorrendo a trattativa privata.

 

Precedentemente, l'articolo 37 del decreto-legge n. 34 del 2019 aveva autorizzato l'ingresso del MEF nel capitale sociale di una nuova compagnia aerea, "Nuova Alitalia". Successivamente, in considerazione della situazione determinatasi con l'emergenza Covid-19, il decreto-legge n. 18 del 2020 aveva autorizzato, in relazione ad Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A., la costituzione di una nuova società pubblica, interamente controllata dal MEF o a prevalente partecipazione pubblica.

 

Il decreto-legge n. 137 del 2019, come anticipato, ha delineato una nuova procedura per la cessione dei complessi aziendali di Alitalia e delle altre società del gruppo in amministrazione straordinaria, secondo le seguenti modalità:

·         l'integrazione del programma della procedura di amministrazione straordinaria con un piano contenente le iniziative e gli interventi di riorganizzazione ed efficientamento della struttura e delle attività aziendali, funzionali alla tempestiva definizione delle procedure di trasferimento dei complessi aziendali da effettuarsi tenendo conto del mantenimento dell'unitarietà e dell'integrità aziendali;

 

·         l'espletamento, entro il 31 maggio 2020, delle procedure (o, se del caso, anche ricorrendo a trattativa privata) necessarie per il trasferimento dei complessi aziendali, come risultanti dal nuovo piano delle iniziative e interventi e assicurando la discontinuità anche economica della gestione da parte del soggetto cessionario, a soggetti che garantiscano, a seconda dei casi, la continuità nel medio periodo del servizio pubblico essenziale, anche con riferimento alla garanzia di adeguati livelli occupazionali, nonché la rapidità ed efficienza dell'intervento, anche con riferimento ai profili di tutela ambientale e il rispetto dei requisiti previsti dalla legislazione nazionale e dai Trattati sottoscritti dall'Italia.

 

L'articolo 79 del citato decreto-legge n. 18 del 2020, come novellato dall'articolo 202 del decreto-legge n. 34 del 2020, disciplina la costituzione di una nuova società di trasporto aereo, Italia Trasporto Aereo Spa (ITA S.p.a), sottoposta a controllo diretto da parte dello Stato o di società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta, per "l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone".

ITA S.p.a. è stata istituita con decreto del MEF del 9 ottobre 2020 e il Ministero dell'economia e delle finanze è stato poi autorizzato a partecipare al capitale sociale e a rafforzarne la dotazione patrimoniale con un apporto complessivo di 3 miliardi di euro, successivamente ridotto a seguito delle interlocuzioni con la Commissione europea: la decisione della Commissione europea del 10 settembre 2021 autorizza lo Stato a sottoscrivere e versare aumenti di capitale per un importo complessivo di 1.350 milioni di euro, di cui 700 milioni di  euro nel 2021, 400 milioni nel 2022 e 250 milioni nel 2023.

Il decreto-legge n. 104 del 2020 (introducendo un nuovo comma 4-bis dell'art. 79), ha fissato per legge il capitale sociale iniziale di ITA S.p.a. a 20 milioni di euro e successivamente è stato sottoscritto dal MEF un aumento di capitale pari a 700 mln €.   

Il CdA di ITA ha approvato, il 28 luglio 2021, a seguito delle interlocuzioni con la Commissione europea, il Piano industriale rivisto 2021-2025, che contiene, quale obiettivo strategico, la conclusione di partnership e integrazioni con soggetti europei nel quadro di alleanze globali, al fine di potenziare l'attività della società e di crescere sui mercati strategici e sul lungo raggio. A fine 2025 è previsto che la flotta cresca sino a 105 aerei (23 wide body e 82 narrow body), con il 75% degli aeromobili di nuova generazione. 

 

Il decreto-legge n. 121 del 2021 (art. 7, comma 2) ha introdotto nuove disposizioni relative all'amministrazione straordinaria di Alitalia ed alla cessione dei beni aziendali, al fine di velocizzare il completamento della procedura di cessione degli asset, in linea con quanto previsto dalle decisioni della Commissione europea. In particolare, è autorizzata la cessione diretta a ITA S.p.A., da parte dei Commissari straordinari di Alitalia, di compendi aziendali del ramo aviation individuati dall'offerta vincolante; a seguito di tale cessione, totale o parziale, si prevede che gli slot aeroportuali non trasferiti all'acquirente siano restituiti al responsabile dell'assegnazione delle bande orarie sugli aeroporti.

È stato disposto che, a seguito della decisione della Commissione europea, il MEF sottoscriva l'aumento di capitale della società ed è stata altresì autorizzata l'autonoma cessione, tramite procedura di gara, del marchio "Alitalia" ai soggetti titolari di licenze di esercizio di trasporto aereo o di certificazioni di operatore aereo. A seguito dell'espletamento della gara, ITA S.p.A. ha raggiunto, il 14 ottobre 2021, un accordo per l'acquisizione del marchio Alitalia.

In base al piano industriale, ITA potrà partecipare alla gara pubblica per la cessione delle attività di manutenzione come azionista di minoranza di una nuova società, mentre potrà partecipare alla gara pubblica per la cessione delle attività di handling come azionista di maggioranza di una nuova società. I bandi per l'alienazione dei complessi aziendali Maintenance e Handling di Alitalia S.p.A. sono stati pubblicati il 20 dicembre 2021.

Successivamente alla cessazione dell'attività di volo di Alitalia S.p.a, avvenuta il 14 ottobre 2021, ITA S.p.a. è divenuta operativa in data 15 ottobre 2021. Al 31 dicembre 2021 la società risulta avere 52 aerei e 2.235 dipendenti.

 

Con DPCM dell’11 febbraio 2022 sono state definite le modalità di alienazione della partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze in ITA S.p.a., da realizzare, anche in più fasi, attraverso il ricorso, singolo o congiunto, a:

i) un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti di ITA S.p.a. e sue controllate e/o a investitori istituzionali italiani e internazionali;

ii) una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive trasparenti e non discriminatorie. 

Si dispone inoltre che il Ministero dell'economia e delle finanze mantenga una partecipazione di minoranza, non di controllo, in ITA S.p.a. e assicuri la definizione di appropriati accordi di governance, al fine di presidiare il perseguimento degli obiettivi.

 

In merito, infine, al prestito di 400 milioni di euro, concesso nel 2019 ad Alitalia, si segnala che la Commissione europea, nel marzo di quest’anno, ha considerato illegittima tale forma di prestito in quanto, secondo le valutazioni della Commissione, il governo italiano, nel concedere il prestito in questione, non si sarebbe comportato come avrebbe fatto un operatore privato, valutando cioè la probabilità di rimborso del prestito e degli interessi, ma avrebbe mirato esclusivamente a garantire la continuità del servizio dei voli nazionali e internazionali della compagnia.

 

Ritornando, quindi, all’illustrazione di quanto previsto dall’articolo in questione, il comma 1 prevede che l’esecuzione del programma, nei termini rivenienti dalla decisione della Commissione europea di cui al sopra citato decreto-legge n. 18 del 2020, integra il requisito richiesto dall’articolo 73, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, ai sensi del quale “Nei casi in cui è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma, originario o prorogato a norma dell'art. 66, è avvenuta la integrale cessione dei complessi stessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa.”.

 

Il comma 2, invece, stabilisce che, a far data dal decreto di revoca dell’attività d’impresa dell’Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.a. e dell’Alitalia Cityliner S.p.a. in amministrazione straordinaria, che potrà intervenire a seguito dell’intervenuta cessione di tutti i compendi aziendali di cui al programma autorizzato, l’amministrazione straordinaria prosegue nel completamento dell’attività liquidatoria, i cui proventi, al netto dei costi di compimento della liquidazione e degli oneri di struttura, gestione e funzionamento dell’amministrazione straordinaria, nonché del pagamento dei crediti prededucibili dell’Erario e degli enti di previdenza e assistenza sociale, dei crediti prededucibili oggetto di transazione e dell’indennizzo ai titolari di titoli di viaggio, di voucher o analoghi titoli emessi dall’amministrazione straordinaria sono prioritariamente destinati al soddisfacimento in prededuzione dei crediti verso lo Stato, ivi inclusi i crediti da recupero di aiuti di Stato dichiarati illegittimi dalla Commissione europea.


Articolo 32
(Finanziamento dei centri di assistenza fiscale)

 

 

L’articolo 32 modifica la disciplina del finanziamento statale per le convenzioni tra l'INPS e i centri di assistenza fiscale (caf); tale finanziamento è relativo alle attività di assistenza nelle dichiarazioni sostitutive uniche (DSU, dichiarazione sottostante la determinazione dell'ISEE)[149], alla presentazione tramite i medesimi caf delle domande di Reddito di cittadinanza e di Pensione di cittadinanza nonché, a decorrere dal 1° gennaio 2024, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 1-bis, del presente decreto (come modificato in sede referente) alla presentazione tramite i caf delle domande dell’Assegno di inclusione e del Supporto per la formazione e il lavoro. Il comma 1 del presente articolo 32 reca, per il 2023, con esclusivo riferimento alle attività di assistenza nelle DSU, un incremento, nella misura di 30 milioni di euro, del finanziamento suddetto. Il successivo comma 2 dispone - con norma avente natura permanente - che, dal 1° ottobre 2023, il complessivo finanziamento in esame non possa essere utilizzato per le attività di assistenza relative a DSU successive ad una prima DSU presentata per lo stesso nucleo familiare nel medesimo anno di riferimento. Il comma 3 provvede alla copertura finanziaria dell’onere derivante dal suddetto incremento di cui al comma 1.

 

L’elevamento di cui al comma 1 è disposto in considerazione dell'incremento dei volumi di DSU, connesso anche alla presentazione delle domande per l'assegno unico e universale per i figli a carico, di cui al D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230, e alle misure a sostegno delle famiglie di cui alla L. 29 dicembre 2022, n. 197.

L'incremento di risorse in oggetto si somma, per il 2023, allo stanziamento annuo permanente - pari a 35 milioni di euro - previsto[150] per il finanziamento delle convenzioni suddette.

Riguardo alla limitazione di utilizzo delle risorse (nell’ambito della tipologia di attività costituita dall’assistenza nelle DSU) - limitazione decorrente, come detto, dal 1° ottobre 2023 -, il comma 2 indica la finalità di razionalizzazione dei finanziamenti in favore dei caf e relativi alle attività di assistenza nella presentazione delle DSU.

Per la copertura finanziaria del suddetto incremento di 30 milioni di euro, il comma 3 riduce, nella medesima misura, per il 2023, la dotazione del fondo di parte corrente, istituito[151] nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e concernente la reiscrizione in bilancio di risorse dello stato di previsione già soppresse in quanto oggetto di residui passivi perenti[152].

 


Articolo 33
(Intervento a sostegno dell’occupazione presso Agenzia Industrie Difesa in settori ad alta intensità tecnologica e di interesse strategico)

 

 

L’articolo 33 dispone un finanziamento straordinario a favore dell’Agenzia Industrie Difesa allo scopo di promuovere l’occupazione in settori ad alta intensità tecnologica e di interesse strategico, valorizzare e incrementare le competenze già esistenti e consentire l’apertura di nuove filiere produttive attraverso la realizzazione di interventi di ammodernamento.

Il contributo è fissato in 14.5 milioni di euro (di cui 5.5 milioni per il 2023 e 9 milioni per il 2024).

 

L’intento della misura, si legge nella relazione illustrativa, è quello di rispondere alla nuova domanda del mercato nel settore del munizionamento, assicurando il presidio della filiera strategica. L’intervento si concentra sugli stabilimenti di Fontana Liri e Noceto (vedi più avanti) e consentirà di aprire nuove filiere produttive e avviare corsi per l’aggiornamento del personale, anche in collaborazione con privati.

 L’intervento, come si legge nella relazione illustrativa, è finalizzato al potenziamento della capacità produttiva e delle competenze professionali nei settori della produzione di polvere sferica e nitrocellulosa (presso lo stabilimento di Fontana Liri) e dell’integrazione pirica dei missili (presso lo stabilimento di Noceto).

Si tratta dunque di una misura che risponde alle conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina sul sistema produttivo e sul mercato degli armamenti, in particolare nel settore del munizionamento.  La guerra ha infatti prodotto   l’esigenza di rafforzare la produzione per continuare a rispondere alle forniture alle forze armate ucraine, senza tuttavia sguarnire le riserve nazionali.

Nel caso dello stabilimento di Fontana Liri, la misura consente in particolare di potenziare la produzione in house della polvere sferica per cartucciame di piccolo calibro. Per lo stabilimento di Noceto, si intende rafforzare le capacità di integrazione e successiva manutenzione del sistema missilistico destinato ad ammodernare la capacità di Difesa aerea nazionale di corto/medio raggio.

L’investimento, si legge ancora nella relazione illustrativa, garantisce un rapido ritorno sia in termini di occupazione sia in termini di prontezza operativa, perseguendo contemporaneamente l’obiettivo di una maggiore autonomia strategica nazionale. L’assegnazione delle risorse direttamente all’Agenzia permette inoltre di realizzare più efficacemente e in minor tempo gli interventi necessari e di procedere prima possibile all’avvio dei nuovi progetti.

 

Secondo la relazione tecnica, i fondi saranno assegnati secondo la seguente tabella:

 

 

Località

Intervento

Importo

2023

2024

FONTANA LIRI - FR Stabilimento Militare Propellenti

Ripartenza produzione polvere sferica e nitrocellulosa

2.000.000,00

3.500.000,00

NOCETO – PR Stabilimento Militare Ripristini e Recuperi del Munizionamento

Progettazione Workshop per manutenzione / integrazione materiale pirico

3.500.000,00

5.500.000,00

TOTALE

5.500.000,00

9.000.000,00

 

 

Alla copertura degli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della difesa.

 

L’Agenzia Industrie Difesa è un ente di diritto pubblico vigilato dal Ministero della Difesa. Ai sensi dell’articolo 48 del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n.   66), l'Agenzia ha il compito di “gestire unitariamente le attività delle unità produttive e industriali della difesa indicate con uno o più decreti del Ministro della difesa”. L'Agenzia utilizza le risorse finanziarie materiali e umane delle unità amministrate, nella misura stabilita da un apposito regolamento. Ai sensi del), L'Agenzia opera secondo criteri di imprenditorialità, efficienza ed economicità (articolo 133 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare).

 

L’Agenzia opera in diversi ambiti industriali, tra cui la cantieristica navale, il munizionamento, la digitalizzazione e il settore chimico-farmaceutico.

 

Gli stabilimenti sottoposti alla sua gestione sono attualmente nove:          

 

-      Arsenale militare di Messina;

-      Stabilimento chimico farmaceutico militare (Firenze);

-      Stabilimento produzione cordami (Castellammare di Stabia, NA);

-      Stabilimento munizionamento terrestre (Baiano di Spoleto, PG);

-      Stabilimento militare pirotecnico (Capua, CE);

-      Stabilimento ripristini e recuperi munizionamento (Noceto, PR);

-      Stabilimento propellenti (Fontana Liri, FR);

-      Centro dematerializzazione e conservazione unico della Difesa (Gaeta, LT);

-      Stabilimento militare spolette (Torre Annunziata, NA).

 

Il direttore generale dell’Agenzia è Nicola Latorre, già parlamentare e presidente della Commissione difesa del Senato nella XVII legislatura. L’incarico di direttore generale, conferito il 7 ottobre 2020, è stato confermato dall’attuale governo fino alla sua scadenza naturale (6 ottobre 2023).


Articolo 34
(Modifiche alla disciplina dei contributi per il settore dell’autotrasporto merci e persone)

 

 

L’art. 34 modifica la disciplina del sostegno al settore dell’autotrasporto merci, destinando gli 85 milioni - previsti dall’art. 14 del decreto legge c.d. Aiuti ter - al riconoscimento di un contributo, fino al 28 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del gasolio, alle sole imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia che effettuino attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate e che siano munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e siano iscritte nell'elenco appositamente istituito. Le imprese che effettuino ugualmente attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, ma che siano iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi sono interessate da tale misura non più in maniera diretta, bensì in via residuale e solo fino al 12 per cento della spesa sostenuta.

Con riferimento a tale ultima categoria di autotrasportatori, ferma restando la destinazione di 200 milioni di euro prevista nell’ultima legge di bilancio, è ulteriormente specificato che il relativo contributo è riconosciuto nel limite massimo del 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del gasolio.

 

Con un primo gruppo di novelle, è modificato l’articolo 14 del decreto-legge n. 144 del 2022 (c.d. aiuti ter: qui il link al relativo dossier di documentazione), recante disposizioni per il sostegno del settore del trasporto.

Più nel dettaglio, la novella riscrive il comma 1 – ferma restando la finalità ispiratrice della misura, vale a dire l’obiettivo di mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti – al fine di ridisegnare il riparto della spesa di 100 milioni di euro già autorizzata per il 2022.

 

Secondo il riparto disegnato dal decreto-legge n. 144 del 2022, di tale somma:

·         85 milioni erano destinati al sostegno del settore dell’autotrasporto di merci effettuato, ai sensi dell’articolo 24-ter, comma 2, lettera a), del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, con veicoli di  massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, da parte di:

a)      persone fisiche o giuridiche iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi;

b)      persone fisiche o giuridiche munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e iscritte nell'elenco appositamente istituito;

c)      imprese stabilite in altri Stati membri dell'Unione europea, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina dell'Unione europea per l'esercizio della professione di trasportatore di merci su strada;

 

·         i restanti 15 milioni di euro erano destinati al sostegno del settore dei servizi di trasporto di persone su strada resi alternativamente:

ü  ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 285 del 2005, di riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale;

ü  sulla base di autorizzazioni rilasciate dall’allora MIMS, oggi MIT, ai sensi del regolamento (CE) n. 1073/2009, recante norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus;

ü  sulla base di autorizzazioni rilasciate dalle regioni e dagli enti locali ai sensi delle norme regionali di attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 – che, a valle della delega di cui all’articolo 4, comma 4, della legge n. 59 del 1997, ha operato il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale;

ü  ai sensi della legge n. 218 del 2003, recante la disciplina dell’attività di trasporto passeggeri effettuato mediante noleggio di autobus con conducente.

Erano, questi, i medesimi soggetti già beneficiari dell’istituzione del fondo di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 115 del 2022 (c.d. aiuti bis, qui il relativo dossier di documentazione per ogni approfondimento).

 

Secondo il nuovo riparto disegnato dalla disposizione in commento:

a)      85 milioni di euro sono da destinarsi al riconoscimento di un contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia che soddisfino i requisiti di cui all’articolo 24-ter, comma 2, lettera a), numero 2) del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, e cioè:

ü  effettuino attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate;

ü  siano munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e siano iscritte nell'elenco appositamente istituito.

Tale contributo è riconosciuto nella misura massima del 28 per cento della spesa sostenuta nel primo trimestre dell’anno 2022 per l’acquisto, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto, del gasolio impiegato nei veicoli, di categoria euro 5 o superiore, utilizzati, al netto dell’IVA.

Le eventuali risorse che dovessero residuare una volta soddisfatte tutte le istanze pervenute, potranno essere utilizzate per il riconoscimento di un contributo, sotto forma di credito d’imposta, alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia, che soddisfino i requisiti di cui all’articolo 24-ter, comma 2, lettera a), numero 1) del medesimo decreto legislativo n. 504 del 1995, ossia:

ü  effettuino attività di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate;

ü  siano iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi.

Anche in questo caso, il contributo è destinato a coprire, ma nella misura massima del 12 per cento, la spesa sostenuta nel secondo trimestre del 2022, e comprovata mediante le relative fatture, per l’acquisto del gasolio impiegato nei veicoli, di categoria euro 5 o superiore, utilizzati, al netto dell’IVA.

All’esito della modifica, pertanto, la categoria da ultimo citata non rientra più tra i beneficiari immediati della previsione di spesa, bensì tra i beneficiari solo in via residuale.

 

b)     i restanti 15 milioni di euro sono da destinarsi, senza modifiche rispetto alla disposizione originaria, al riconoscimento di un contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, a favore delle imprese che effettuino servizi di trasporto di persone su strada resi alternativamente:

ü  ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 285 del 2005, di riordino dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale;

ü  sulla base di autorizzazioni rilasciate dal MIMS ai sensi del regolamento (CE) n. 1073/2009, recante norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus;

ü  sulla base di autorizzazioni rilasciate dalle regioni e dagli enti locali ai sensi delle norme regionali di attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 – che, a valle della delega di cui all’articolo 4, comma 4, della legge n. 59 del 1997, ha operato il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale;

ü  ai sensi della legge n. 218 del 2003, recante la disciplina dell’attività di trasporto passeggeri effettuato mediante noleggio di autobus con conducente.

Tale contributo è riconosciuto nella misura massima del 12 per cento della spesa sostenuta nel secondo semestre dell’anno 2022 per l’acquisto del gasolio impiegato nei veicoli, di categoria euro 5 o superiore, utilizzati, al netto dell’IVA, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto.

 

Un’ulteriore modifica riguarda l’inserimento, dopo il comma 1, di un nuovo comma 1-bis, volto a stabilire che i crediti d’imposta di cui si è appena detto:

*     sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, in materia tributaria, a mente del quale i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate.

Non si applicano, in tal caso:

o   i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), a mente del quale, a partire dal 1º gennaio 2008, i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi possono essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro;

o   i limiti di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), che stabilisce che, a decorrere dal 1°(gradi) gennaio 2001, il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi del citato articolo 17, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in 516.456,9 euro (lire 1 miliardo) per ciascun anno solare, elevabile, tenendo conto delle esigenze di bilancio, con decreto del MEF a decorrere dal 1°(gradi) gennaio 2010, fino a 700.000 euro;

*     non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);

*     non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al d.P.R. n. 917 del 1986, ossia del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi;

*     sono cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’IRAP, non porti al superamento del costo sostenuto;

*     possono essere utilizzati entro il 31 dicembre 2023.

 

Il comma 2 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 144 del 2022 è interamente sostituito.

In luogo della precedente formulazione – che rimandava a un decreto dell’allora MIMS, oggi MIT, adottato di concerto con il MEF, la definizione dei criteri di determinazione, delle modalità di assegnazione e delle procedure di erogazione delle risorse, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato –, è ora stabilito, innanzitutto, che le disposizioni del riscritto articolo 14 si applicano nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato (articoli 107 e 108 TFUE) e che ai relativi adempimenti provvede il MIT.

È ugualmente rimessa a un decreto del MIT, adottato di concerto con il MEF, la determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 1-bis, con particolare riguardo:

·        alle procedure di concessione dei contributi, sotto forma di credito d’imposta, anche ai fini del rispetto dei limiti di spesa previsti;

·        alla documentazione richiesta;

·        alle condizioni di revoca;

·        all’effettuazione dei controlli.

 

Il comma 2 dell’articolo 34 in commento dispone, poi, l’abrogazione dell’articolo 7 del decreto-legge n. 176 del 2022 (c.d. aiuti quater).

Tale articolo 7 era intervenuto a delimitare l’ambito soggettivo di applicazione della norma di cui al citato articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 144 del 2022, al fine di prevedere che i contributi, ivi previsti per il sostegno al settore dell’autotrasporto merci, fossero erogati esclusivamente alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia.

Stante la riproposizione letterale di tale previsione anche nel nuovo articolo 14, l’abrogazione in parola si configura quale misura di razionalizzazione normativa.

 

Un ultimo gruppo di modifiche interessa l’articolo 1 della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).

Il comma 503 – che autorizzava la spesa di 200 milioni di euro per l'anno 2023 finalizzata al riconoscimento del contributo alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia esercenti le attività di trasporto previste all'articolo 24-ter, comma 2, lettera a), numero 1), del decreto legislativo n. 504 del 1995, e cioè le imprese iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi – è sostituito da due nuovi commi:

v il nuovo comma 503 prevede che, al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dall’aumento del prezzo del gasolio utilizzato come carburante, alle imprese aventi sede legale o stabile organizzazione in Italia esercenti le attività di trasporto indicate all’articolo 24-ter, comma 2, lettera a), numero 1), del citato decreto legislativo n. 504 del 1995, sia riconosciuto, nel limite di 200 milioni di euro per l’anno 2023, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, nella misura massima del 12 per cento della spesa sostenuta nel secondo trimestre dell’anno 2022 per l’acquisto del gasolio impiegato in veicoli di categoria euro 5 o superiore utilizzati per l’esercizio dell’attività, al netto dell’IVA, comprovato mediante le relative fatture d’acquisto. L’applicazione di tale previsione avviene nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato e ai relativi adempimenti provvede il MIT;

v il nuovo comma 503-bis ripropone il contenuto del nuovo comma 1-bis dell’articolo 14 del decreto-legge n. 144 del 2022 (v. supra), stabilendo che anche il credito d’imposta di cui al comma 503 è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del citato articolo 17 del decreto legislativo n. 241, del 1997; ad esso non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007 e di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000; non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986; è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.

 

Infine, è modificato il successivo comma 504, che nella nuova formulazione prevede che, con decreto del MIT adottato di concerto con il MEF, da emanare entro il 31 marzo 2023, siano stabiliti le modalità e i termini per l'erogazione del contributo di cui al comma 503, con particolare riguardo, anche in questo caso:

·        alle procedure di concessione del contributo, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto, pari a 200 milioni di euro per l’anno 2023;

·        alla documentazione richiesta;

·        alle condizioni di revoca;

·        all’effettuazione dei controlli.


Articolo 35
(Esonero dal versamento del contributo per il funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti)

 

 

L’articolo 35 esonera, per l’esercizio finanziario 2023, le imprese di autotrasporto merci per conto terzi, iscritte nell’apposito Albo nazionale, dal versamento del contributo per il funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti di cui all’articolo 37, comma 6, lettera b), del decreto-legge n. 201 del 2011, conseguentemente autorizzando la spesa di 1,4 milioni di euro.

 

Al fine di mitigare gli effetti economici derivanti dagli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti e dei prodotti energetici, la disposizione in commento esonera, per l’esercizio finanziario 2023, le imprese di autotrasporto merci per conto di terzi, iscritte all’Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi (di cui alla legge n. 298 del 1974), dal versamento del contributo previsto dall’articolo 37, comma 6, lettera b), del decreto-legge n. 201 del 2011.

 

L’articolo 37, comma 6, lettera b), stabilisce che all’esercizio dei compiti e delle attività proprie dell’Autorità di regolazione dei trasporti si provveda mediante un contributo versato dagli operatori economici operanti nel settore del trasporto e per i quali l'Autorità abbia concretamente avviato, nel mercato in cui essi operano, l'esercizio delle competenze o il compimento delle attività previste dalla legge, in misura non superiore all'1 per mille del fatturato derivante dall'esercizio delle attività svolte percepito nell'ultimo esercizio, con la previsione di soglie di esenzione che tengano conto della dimensione del fatturato. Il computo del fatturato è effettuato in modo da evitare duplicazioni di contribuzione.

Il contributo è determinato annualmente con atto dell'Autorità, sottoposto ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell'atto, possono essere formulati rilievi cui l'Autorità si conforma; in assenza di rilievi nel termine l'atto si intende approvato.

Si veda, per l'anno 2023, la Deliberazione 6 dicembre 2022, n. 242/2022.

 

A tal fine è autorizzata la spesa di 1,4 milioni di euro per l’anno 2023, alla cui copertura si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse di cui al Fondo di parte corrente di cui all’articolo 34-ter, comma 5, della legge n. 196 del 2009, iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


Articolo 36
(Disposizioni sul lavoro marittimo)

 

 

L’art. 36 consente la deroga alle limitazioni di navigazione e carico e scarico di cui al decreto-legge n. 457 del 1997, per tre mesi e mediante accordi collettivi nazionali stipulati con i sindacati più rappresentativi. In pratica e in sintesi, i traghetti non europei potranno svolgere servizio di cabotaggio anche nell’ambito riservato alle navi comunitarie e con personale extra UE.  

È, poi, istituito un Fondo con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2023 e 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, destinato ad erogare contributi alle imprese armatoriali per la formazione iniziale del personale impiegato sulle navi, con particolare riferimento alle figure professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina e camera.

 

La premessa necessaria per comprendere la portata della disposizione è il contenuto del decreto-legge n. 457 del 1997 (convertito nella legge n. 30 del 1998) e dei relativi artt.:

Ø  1, comma 5, il quale prevede limitazioni per i servizi di cabotaggio per le navi iscritte nel Registro internazionale delle navi, di cui all’art. 1, comma 1, del medesimo decreto-legge.

 

In sintesi, tali limitazioni consistono nel divieto del cabotaggio nell’ambito dei porti riservati agli armatori comunitari (riserva di cui all’art. 224 del codice della navigazione), salva l’eccezione per le navi da carico di oltre 650 tonnellate di stazza lorda e nei limiti di un viaggio di cabotaggio mensile quando il viaggio di cabotaggio segua o preceda un viaggio in provenienza o diretto verso un altro Stato.

Sempre secondo il comma 5 dell’art. 1 del citato decreto-legge, le navi iscritte nel Registro internazionale, possono effettuare servizi di cabotaggio nel limite massimo di sei viaggi mensili, o viaggi, ciascuno con percorrenza superiore alle cento miglia marine se osservano i criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), e comma 1-bis e, limitatamente alle navi traghetto ro-ro e ro-ro pax, iscritte nel registro internazionale, adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato, deve essere imbarcato esclusivamente personale italiano o comunitario.

Si ricorda che le navi ro-ro sono quelle che caricano e scaricano camion e rimorchi (roll on roll off), mentre le ro-ro-pax caricano e scaricano camion, rimorchi, automobili e passeggeri (roll on roll off passengers).

 

Ø  2, comma 1-ter, il quale prevede che - con accordo sindacale con le organizzazioni comparativamente più rappresentative - si possa derogare all’art. 318 del codice della navigazione, il quale a sua volta limita la composizione degli equipaggi al personale italiano o di altro paese dell’UE. Senonché, lo stesso art. 2, comma 1-ter, esclude che tale deroga possa inerire a navi traghetto ro-ro e ro-ro pax iscritte nel Registro internazionale adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche per viaggi effettuati a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato.

 

Ebbene, di fronte a questo quadro normativo, l’articolo in commento prevede che gli illustrati limiti possano essere derogati – anche in questo caso - mediante accordi sindacali con le organizzazioni datoriali e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

La finalità della deroga è di mitigare gli effetti negativi derivanti dalla contingente carenza di lavoratori marittimi comunitari e di consentire la prosecuzione delle attività essenziali marittime, la continuità territoriale, la competitività ed efficienza del trasporto locale ed insulare via mare.

 

La deroga vale solo per le navi traghetto ro-ro e ro-ro pax iscritte nel Registro internazionale, adibite a traffici commerciali tra porti appartenenti al territorio nazionale, continentale e insulare, anche a seguito o in precedenza di un viaggio proveniente da o diretto verso un altro Stato.

 

La disposizione stabilisce che la deroga non può avere una durata superiore a 3 mesi.

 

Si valuti l’opportunità di specificare che la durata massima di tre mesi decorre dal momento della stipula degli accordi sindacali menzionati.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, alla disposizione è stato aggiunto un nuovo comma 1-bis, che, al fine di incrementare la sicurezza del trasporto marittimo, istituisce nello stato di previsione del MIT un Fondo con una dotazione di:

v 1 milione di euro per l'anno 2023 e

v 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026,

destinato all'erogazione di contributi alle imprese armatoriali per la formazione iniziale del personale impiegato sulle navi, con particolare riferimento alle figure professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina e camera.

 

I contributi in parola sono assegnati alle imprese armatoriali con decreto del MIT sulla base delle attività di formazione rendicontate, ivi compresi gli oneri per l'acquisizione delle relative certificazioni, qualora si proceda all'assunzione di almeno il 60 per cento del personale formato. I corsi di formazione sono svolti avvalendosi dei centri di addestramento autorizzati dal Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.

 

A un decreto del medesimo MIT, da adottarsi di concerto con il MEF, è poi rimessa la definizione:

ü  delle modalità di presentazione delle domande;

ü  dei criteri per la selezione delle domande pervenute;

ü  delle spese ammissibili;

ü  delle modalità di erogazione del contributo;

ü  delle modalità di verifica, controllo e rendicontazione delle spese;

ü  delle cause di decadenza e revoca.

 

Agli oneri derivanti dall'attuazione della misura si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 33, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008).

 

Si ricorda, al proposito, che con l’articolo 46 della legge n. 448 del 2001 era stato istituito nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero un Fondo per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa, al quale erano destinati a confluire i nuovi investimenti autorizzati, con autonoma evidenziazione contabile in allegato delle corrispondenti autorizzazioni legislative. In apposito allegato al disegno di legge finanziaria era, altresì, prevista l’indicazione analitica delle autorizzazioni di spesa e degli stanziamenti che confluivano in ciascuno di tali fondi.

L’articolo 3, comma 33, della legge n. 244 del 2007, richiamato dalla previsione in esame, ha novellato la materia disponendo che, a decorrere dall'anno 2008, ogni Fondo per gli investimenti fosse assegnato alle corrispondenti autorizzazioni legislative confluite nel Fondo medesimo. Conseguentemente, di tale articolo 46 è stata disposta la cessazione dell’efficacia a decorrere dal medesimo anno 2008.

Pertanto, all’esito di tale modifica normativa, risulta che le autorizzazioni di spesa – che erano confluite nel Fondo per gli investimenti in forza della previsione di cui all’articolo 46 della legge n. 448 del 2001 – sono oggi nuovamente considerate in maniera autonoma e ricollocate negli stati di previsione di ciascun Ministero.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire quale sia la specifica autorizzazione di spesa destinata ad essere ridotta ai fini della copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della misura.

 


Articolo 36-bis
(Disposizione in materia di orario di lavoro nel settore del trasporto a fune)

 

 

L’articolo 36-bis, introdotto in sede referente, stabilisce che i dipendenti degli esercenti impianti di trasporto a fune che svolgano specifiche mansioni, ivi elencate, fanno parte del personale addetto ai trasporti di persone e di merci che svolge un lavoro discontinuo, o di semplice attesa o custodia, al quale non si applica il limite dell’orario normale di lavoro settimanale[153].  

 

La disposizione di cui all’articolo 36-bis in esame è posta in termini di interpretazione autentica, avente, quindi, effetto retroattivo. La disposizione - con riferimento ai dipendenti degli esercenti impianti di trasporto a fune - elenca le seguenti mansioni:

-         addetti alla sorveglianza;

-         meccanici ed elettricisti specializzati;

-         preparatori di piste sia con mezzo meccanico (battipista) che manuale;

-         addetti alla gestione di operazioni di innevamento programmato;

-         conduttori di cabina;

-         agenti abilitati di pedana e/o di impianto ad ammorsamento automatico[154];

-         personale addetto alle casse;

-         personale addetto ai rapporti con la clientela;

-         personale addetto al soccorso;

-         guardapiste;

-         posteggiatori;

-         spalatori di neve;

-         addetti a mansioni di custodia, vigilanza e altri servizi di manovalanza.

 

Il citato R.D. n. 2567 del 1923 reca la “Tabella indicante le occupazioni, che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia” alle quali non si applica il limite dell’orario normale di lavoro settimanale. Al punto n. 8 della Tabella, e successive modificazioni, è incluso il “Personale addetto ai trasporti di persone e di merci”, con riferimento al personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi i lavori che non abbiano carattere di discontinuità.

Si rammenta che il regolamento (UE) 2016/424, articolo 3, primo comma, n. 1), definisce quale impianto a fune “un intero sistema realizzato in un sito, consistente in infrastrutture e sottosistemi, che è progettato, costruito, montato e messo in servizio al fine di trasportare persone e la cui trazione è assicurata da funi disposte lungo il tracciato”.


Articolo 37
(Prestazioni occasionali in alcuni ambiti)

 

 

L’articolo 37 modifica la disciplina[155] dei contratti di prestazione occasionale.

Le novelle di cui alle lettere a) e b) concernono le fattispecie di utilizzo di tali prestazioni nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento. La novella di cui al comma 1, lettera a), eleva per tali fattispecie da 10.000 euro a 15.000 euro il limite annuo[156] complessivo dei compensi dovuti da ciascun soggetto alla totalità dei prestatori occasionali dal medesimo utilizzati. La novella di cui alla successiva lettera b) limita, per i suddetti settori, l’esclusione dalla possibilità di ricorso alle prestazioni occasionali, prevedendo che siano esclusi soltanto gli utilizzatori con un numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato superiore a venticinque; si introduce in tal modo una deroga al principio che esclude dall’istituto delle prestazioni occasionali i datori di lavoro che hanno alle proprie dipendenze più di dieci lavoratori subordinati a tempo indeterminato.

Le novelle di cui alle lettere a-bis) e b-bis) - inserite in sede referente - integrano la disciplina delle modalità di acquisto e di utilizzo del "Libretto Famiglia", previsto per le prestazioni occasionali rese in alcuni ambiti.

 

Riguardo alla novella di cui alla lettera a), restano fermi gli altri limiti generali per lo svolgimento delle prestazioni occasionali[157], costituiti da: il limite massimo annuo[158] di 5.000 euro per i compensi spettanti a ciascun prestatore da parte della totalità degli utilizzatori; il limite massimo annuo di 2.500 euro per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore.

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[159] osserva che, nei settori oggetto delle novelle di cui alle lettere a) e b), le aziende hanno l’esigenza di assumere il personale per brevissimi periodi di tempo e, spesso, non riescono a programmare per tempo il fabbisogno di manodopera.

Le novelle di cui alle lettere a-bis) e b-bis) - inserite in sede referente - introducono le possibilità che il libretto nominativo prefinanziato, denominato "Libretto Famiglia", previsto per il pagamento delle prestazioni occasionali rese in alcuni ambiti, sia acquistato anche presso le rivendite di generi di monopolio e che, nel caso di utilizzo del Libretto, il pagamento del compenso al prestatore occasionale possa essere effettuato anche presso le medesime rivendite.

Si ricorda che il suddetto Libretto è previsto per l’utilizzo di prestazioni occasionali nell'ambito di: piccoli lavori domestici, compresi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione; assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità; insegnamento privato supplementare; attività svolte da steward in favore delle società sportive professionistiche.

Riguardo alle modalità in oggetto (inerenti al "Libretto Famiglia") già vigenti, cfr. i commi 10 e 19 dell’articolo 54-bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, e successive modificazioni, commi oggetto delle novelle parziali di cui alle lettere a-bis) e b-bis) in esame.


Articolo 38
(Disposizioni in materia di trattamento giuridico ed economico degli ex lettori di lingua)

 

 

L’articolo 38 reca disposizioni relative al trattamento giuridico ed economico degli ex lettori di lingua straniera, modificando, a tal fine, la legge europea 2017. Si prevedono, in particolare, sia modifiche di natura procedurale, sia di natura sanzionatoria a carico degli Atenei statali inadempienti rispetto all’obbligo di ricostruzione di carriera degli ex lettori di lingua. Tali modifiche legislative vengono introdotte a seguito dello stato di avanzamento della procedura di infrazione n. 2021/4055 avviata nei confronti dell’Italia.

 

Nel dettaglio, l’articolo in commento, composto di due commi, prevede, al comma 1, alcune modificazioni all’art. 11 della legge n. 167 del 2017 (legge europea 2017) recante “Disposizioni relative agli ex lettori di lingua  straniera.  Caso  EU  Pilot 2079/11/EMPL”, modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 305, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022).  

 

Si ricorda che l’art. 11 della L. 167/2017 ha stanziato risorse per consentire il superamento del contenzioso allora (e tuttora) in atto e prevenire l'instaurazione di nuovo contenzioso nei confronti delle università statali italiane relativo alla ricostruzione di carriera degli ex lettori di lingua straniera assunti nelle università statali prima dell’entrata in vigore del D.L. 120/1995 (L. 236/1995), con il quale, all’art. 4, è stata introdotta nell’ordinamento nazionale la nuova figura dei “collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre”.

Secondo la relazione illustrativa del relativo disegno di legge europea, la disposizione intendeva risolvere il caso EU Pilot 2079/11/EMPL (richiamato anche nella rubrica dell’articolo 11), nell’ambito del quale la Commissione europea aveva chiesto chiarimenti all’Italia circa la compatibilità dell'art. 26, comma 3, ultimo capoverso, della L. 240/2010 – che ha stabilito l'automatica estinzione dei giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore, relativi al trattamento economico degli ex lettori – con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che tutela il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale[160].

 

Nello specifico, l’art. 11 della legge n. 167 del 2017, ha previsto, al comma 1 – non modificato dalla disposizione in commento - che, a decorrere dal 2017, il Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO) sia incrementato di € 8.705.000[161] finalizzati al superamento del contenzioso in atto e a prevenire l’instaurazione di un nuovo contenzioso nei confronti delle università statali italiane  da  parte  degli  ex  lettori  di lingua straniera, già destinatari di contratti  di assunzione stipulati  ai  sensi dell'art. 28 del  DPR 11 luglio 1980, n. 382 (articolo poi abrogato dall’art. 4, comma 5, del DL n. 120 del 1995; il medesimo art. 4 del DL 120/1995 ha contestualmente previsto, al comma 2, l’istituzione della nuova figura dei “collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre”).

 

Il comma 2 del medesimo art. 11 prevede, al primo periodo, non modificato, che, con decreto dell’allora Ministro dell'istruzione,  dell’università  e della ricerca (ora, ai fini di tale disposizione, Ministro dell’università e della ricerca), di concerto con  il  Ministro  dell'economia  e  delle finanze, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione (attualmente, vi è un Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa e un Ministro per la pubblica amministrazione, entrambi senza portafoglio), da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in  vigore  della legge 167/2017 (avvenuta il 12 dicembre 2017), sia predisposto uno schema tipo per la definizione  di contratti integrativi di sede, a livello di singolo  ateneo. Con il medesimo decreto – prosegue il comma 2, secondo periodo, nel testo finora vigente, modificato dal presente articolo - sono altresì stabiliti i criteri di ripartizione dell'importo di cui al comma l a titolo di cofinanziamento (non è più presente, al secondo periodo del comma 2, il riferimento alla necessità che le università stipulino previamente i contratti integrativi di sede, espunto dall’art. 1, comma 305, della legge di bilancio 2022).

 

Ora, il comma 1 dell’articolo 38 in commento:

- sostituisce il secondo periodo del comma 2 dell’art. 11 della legge 167 del 2017, prevedendo che, con il medesimo decreto di cui al primo periodo, sono altresì stabiliti la procedura e i criteri di ripartizione dell’importo di cui al comma l (ossia di € 8.705.000 annui), nonché gli obblighi a carico degli Atenei statali partecipanti (lettera a);

- inserisce i commi 2-bis e 2-ter al medesimo art. 11 (lettera b)).

  In particolare, il nuovo comma 2-bis dell’art. 11 prevede che ciascun Ateneo statale partecipi alla procedura secondo le modalità indicate nel decreto di cui al comma 2. La mancata partecipazione alla procedura determina, a carico dell’Ateneo statale inadempiente, l’assegnazione, per l’anno 2024, della quota spettante del Fondo di finanziamento ordinario diminuita di un importo pari all’1 per cento di quanto erogato in relazione alla quota base assegnata al singolo Ateneo con decreto del Ministro dell’Università e della ricerca 24 giugno 2022, recante Criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università statali e dei Consorzi interuniversitari per l’anno 2022, Tabella 1, Quadro assegnazione iniziale, colonna 1, registrato dalla Corte dei conti in data 25 luglio 2022, al numero 1968.

Il nuovo comma 2-ter dell’art. 11, prevede, poi, che il medesimo decreto di cui al comma 2 individui altresì i casi di decadenza dal cofinanziamento nel caso di mancata osservanza da parte degli Atenei statali ammessi al cofinanziamento degli obblighi imposti dal suddetto decreto, nonché le modalità di recupero dei fondi già erogati.

 

Il comma 3 dell’art. 11, non modificato dalla disposizione in commento, reca la relativa copertura finanziaria.

 

Al riguardo, si segnala che la relazione tecnica del provvedimento rileva che la disposizione in esame, ancorché intervenga a modificare l’art. 11 della legge n. 167 del 2017, non incide sulle risorse finanziarie già stanziate né sul meccanismo di cofinanziamento delineato. Pertanto, la disciplina normativa prevista trova attuazione nei limiti delle risorse finanziarie stanziate e allo stato disponibili.

 

Essa precisa, inoltre, che le risorse finanziarie di cui all’art. 11, comma 2, della legge n. 167 del 2017 sono state iscritte sul capitolo di spesa n. 1694 dello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca (relative al Fondo per il finanziamento ordinario delle università e dei consorzi interuniversitari) e che “risultano disponibili solo le somme residue conversate nel conto dei residui degli esercizi 2020, 2021 e 2022, nonché le somme iscritte in conto competenza a decorrere dall’esercizio 2023”.

 

Si segnala che lo schema tipo di contratto integrativo di sede è stato adottato con D.I. 16 agosto 2019, pubblicato nella GU n. 249 del 23 ottobre 2019. Il medesimo D.I. ha stabilito anche i criteri di ripartizione del cofinanziamento per la stipula dei relativi contratti, in particolare prevedendo la ripartizione tra gli atenei in proporzione al numero di ex lettori in servizio al 31 dicembre 2018.

 

Si ricorda, in relazione alle motivazioni che hanno portato alla predisposizione del presente articolo, che il 23 settembre 2021, la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora per il mancato rispetto delle norme europee in materia di libera circolazione dei lavoratori (regolamento (UE) n. 492/2011). Qui il comunicato stampa.

 

Per una descrizione dettagliata del contenuto di tale lettera di costituzione in mora, primo atto della procedura di infrazione che è giunta, nel gennaio 2023 – come si dirà meglio in seguito - con la espressione di un parere motivato da parte della Commissione, si veda a pag. 158 dell’ultima relazione al Parlamento sull’impatto finanziario derivante dagli atti e dalle procedure giurisdizionali e di precontenzioso con l’Unione europea, aggiornata al secondo semestre 2021 – DOC. LXXIII, n. 9 della XVIII legislatura).

 

Il 4 novembre 2021, il Ministro dell'università e della ricerca ha trasmesso ai Presidenti delle Camere, ai sensi dell'art. 15, comma 2, della L. 234/2012, la relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2021/4055, avviata, ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione del diritto dell'Unione europea.

Nello specifico, la relazione - ripercorsa tutta la vicenda relativa agli ex lettori di lingua straniera - ha fatto presente che, nonostante le iniziative poste in essere dallo Stato italiano, la Commissione europea ha chiuso negativamente il caso EU Pilot 2079/11 e, successivamente, ha avviato la procedura di infrazione. In particolare, la Commissione ha censurato la scelta di definire il trattamento economico degli ex lettori sulla base della previa stipulazione dei contratti integrativi di sede, lasciati alla disponibilità o alla possibilità delle singole università. Nello specifico – ha evidenziato la relazione -, la Commissione ritiene che lo Stato membro “resta responsabile dell’attuazione del diritto dell’UE da parte di tutti gli organismi che esercitano funzioni/poteri pubblici; l’Italia sarebbe pertanto ritenuta responsabile anche per la mancata adozione, da parte delle università italiane, delle misure necessarie per conformarsi al diritto dell’UE”.

La medesima relazione ha fatto, inoltre, presente che, da una ricognizione effettuata dal MUR con riferimento alle 67 università statali:

·         43 di esse non presentavano problematiche in relazione agli ex lettori di lingua straniera;

·         8 avevano stipulato contratti integrativi di sede in conformità allo schema recato dal D.I. 16 agosto 2019: università del Molise, università del Sannio, università della Tuscia, università di Milano, università di Catania. Altre 3 università avevano stipulato contratti integrativi prima del D.I.: Roma Tor Vergata, Pavia, Palermo;

·         le principali criticità si riscontravano in 9 atenei, nella maggior parte dei quali la mancata stipula del contratto integrativo dipendeva dalla volontà delle organizzazioni sindacali, che avevano rifiutato la sottoscrizione del contratto integrativo.

 

Successivamente, come ricorda anche la relazione illustrativa, con parere motivato del 26 gennaio 2023 (si veda qui il relativo comunicato stampa, in relazione alla procedura INFR(2021)4055), espresso ai sensi dell’art. 258, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Commissione europea ha ritenuto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 45 TFUE (sulla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea) poiché, nonostante gli interventi normativi attuati al fine di dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia UE del 26 giugno 2001 (causa C-212/99), non è riuscita a procedere alla ricostruzione di carriera dei lettori per garantire loro il trattamento contrattuale dovuto e il pagamento degli arretrati corrispondenti, in linea con i principi stabiliti dalla Corte di giustizia. La Commissione europea, pertanto – rileva la relazione illustrativa - ha invitato l’Italia, ad adottare ogni iniziativa necessaria ad assicurare l’effettività del riconoscimento dei diritti degli ex lettori di madrelingua straniera entro il termine di due mesi dalla comunicazione del parere.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede, infine, che il citato decreto di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 20 novembre 2017, n. 167, come modificato ai sensi del comma 1 del presente articolo, sia adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (ossia dal 5 maggio 2023).


Articolo 39
(
Esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti)

 

 

L’articolo 39, per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, aumenta la percentuale di esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati portandola dal 2 al 6 per cento, se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro, e dal 3 al 7 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro, senza ulteriori effetti sul rateo di tredicesima.

Per gli altri periodi di paga ricadenti nel 2023 la misura di tale esonero è pari per i suddetti redditi, rispettivamente, al 2 e al 3 per cento.

 

In entrambi i casi la retribuzione imponibile è parametrata su base mensile per tredici mensilità.

La disposizione in commento precisa che l’incremento della percentuale di esonero ivi previsto non produce ulteriori effetti sul rateo di tredicesima, con la conseguenza che:

§  la riduzione della quota contributiva a carico del lavoratore su tale rateo resta pari alle percentuali già vigenti, pari, come detto, a due o tre punti[162].

§  la verifica del rispetto delle soglie retributive, ai fini dell’applicabilità della riduzione in commento, nonché ai fini della determinazione della sua entità, deve essere effettuata in maniera distinta sulla retribuzione mensile e sui ratei di tredicesima[163].

Inoltre, tenuto conto dell'eccezionalità di tale misura, resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche[164].

 

L’esonero in questione è stato introdotto dalla legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 121, L. 234/2021) nella misura dello 0,8 per cento sulla quota dei contributi previdenziali per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, ad eccezione di quelli domestici, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, a condizione che la predetta retribuzione imponibile non eccedesse l'importo mensile di 2.692 euro, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima.

Successivamente la suddetta percentuale dello 0,8 è stata elevata a 2 punti percentuali (art. 20 del D.L. 115/2022) per i periodi di paga dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022 nei confronti dei medesimi lavoratori e alle stesse condizioni retributive.

Infine, la legge di bilancio 2023 (art. 1, c. 281, L. 197/2022) ha reintrodotto l’esonero in commento, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, nella misura del 2 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l'importo mensile di 2.692 euro e al 3 per cento se la medesima retribuzione non eccede l'importo mensile di 1.923 euro.


Articolo 39-bis
(Detassazione lavoro notturno e festivi per dipendenti di strutture turistico-alberghiere)

 

 

L’articolo 39-bis, introdotto in sede referente, prevede, per il periodo dal 1° giugno 2023 al 21 settembre 2023, a favore dei lavoratori del comparto del turismo con un reddito fino a 40.000 euro, il riconoscimento di una somma a titolo di trattamento integrativo speciale, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuato nei giorni festivi.

 

L’articolo 39-bis, comma 1, prevede una misura a favore dei lavoratori del comparto del turismo, inclusi gli stabilimenti termali, volta a garantire la stabilità occupazionale ed a sopperire alla eccezionale mancanza di offerta di lavoro nel settore turistico, ricettivo e termale.

Detta misura consiste nel riconoscimento, per il periodo dal 1° giugno 2023 al 21 settembre 2023, di una somma, a titolo di trattamento integrativo speciale, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario.

La somma riconosciuta a titolo di trattamento integrativo speciale non concorre alla formazione del reddito.

Il comma 1, nel far riferimento al lavoro notturno e straordinario, rinvia al D.Lgs. n. 66/2003, recante attuazione delle direttive 9 e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro. Detto decreto fissa l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, salvo demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di stabilire una durata minore riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno (art. 3). In ogni caso, la durata media dell’orario di lavoro – calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro, sei o dodici mesi - non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di straordinario (art. 4). Il successivo articolo 5 prevede che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario debba essere contenuto e, in assenza di una regolamentazione da parte del contratto collettivo applicabile, richieda il previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro e/o con riposi compensativi.

Posto che il periodo notturno è definito, all’articolo 1, comma 2, let. d) come il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, il Capo IV del D.lgs. n. 66/2003 è dedicato al lavoro svolto in tale periodo. In particolare, l’articolo 13 prevede che il lavoro notturno non possa superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite. È affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni.

 

Il comma 2 prevede che detta somma sia riconosciuta ai lavoratori dipendenti del settore privato titolari di reddito di lavoro dipendenti di importo non superiore, nel 2022, a 40 mila euro.

 

Il sostituto d’imposta riconosce il trattamento integrativo speciale su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l’importo del reddito dipendenti conseguito nel 2022 (comma 3) e compensa il credito così maturato mediante l’istituto della compensazione (comma 4).

L’articolo 17 della legge n. 241/1997 prevede che i contribuenti eseguano versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 5 stima in 54,7 milioni di euro per il 2023 gli oneri derivanti dalla misura e prevede la relativa copertura finanziaria, disponendo:

-         una riduzione di 30 milioni di euro del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito;

-         una riduzione di 4 milioni di euro dello stanziamento del fondo di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del turismo;

-         una riduzione di 20,7 milioni di euro del Fondo unico nazionale per il turismo di parte corrente, di cui all’articolo 1, comma 366, della legge n. 234/2021.

 

Il comma 6 autorizza, quindi, il Ministro dell’economia e delle finanze, ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


Articolo 40
(Esclusione dal reddito imponibile dei lavoratori di alcuni valori)

 

 

L’articolo 40 prevede, limitatamente al periodo d’imposta 2023 e a determinate condizioni, una disciplina più favorevole in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo. Il regime transitorio più favorevole consiste: nell’elevamento del limite di esenzione suddetta da 258,23 euro (per ciascun periodo d'imposta)[165] a 3.000 euro; nell’inclusione nel regime di esenzione (nell’ambito del medesimo unico limite) delle somme erogate o rimborsate al medesimo dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Tale regime transitorio più favorevole è riconosciuto ai lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.

Le esenzioni riconosciute ai sensi del regime transitorio in esame concernono anche la base imponibile della contribuzione previdenziale[166].

Il comma 4, modificato in sede referente, provvede alla quantificazione degli oneri finanziari derivanti dal regime più favorevole in esame e rinvia, per la relativa copertura, alle disposizioni di cui al successivo articolo 44.

 

Il regime generale di esenzione in oggetto - di cui all'articolo 51, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi[167] - concerne non solo il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ma anche - in base al rinvio, di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, al medesimo regime fiscale (di cui al testo unico suddetto) - la base imponibile della contribuzione previdenziale. La norma transitoria in oggetto non specifica se l'esenzione aggiuntiva sia posta ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi; in ogni caso, la circolare dell’INPS n. 49 del 31 maggio 2023 ritiene che l’esenzione aggiuntiva concerna anche la base imponibile della contribuzione previdenziale. Tale effetto non era considerato dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[168] - la quale non contemplava effetti in termini di minori entrate contributive - e dalla connessa quantificazione degli oneri finanziari; per tale motivo, in sede referente è stato approvato un elevamento della misura dell’onere (cfr. la parte di scheda relativa al comma 4).

Riguardo alla nozione di figli fiscalmente a carico, si ricorda che, in base all'articolo 12, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni - comma richiamato dal comma 1 del presente articolo 40 -, sono fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a 4.000 euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili). Il comma 1 in esame non richiede (o almeno non richiede esplicitamente) che il figlio sia a carico intero - anziché a carico ripartito con l’altro genitore - sotto il profilo fiscale.

Il presente comma 1 esplicita che sono ricompresi nel proprio ambito i figli fiscalmente a carico nati fuori del matrimonio o adottivi o affidati.

Il comma 1 in esame si pone in deroga esclusivamente alla prima parte dell’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del citato testo unico delle imposte sui redditi (di cui al D.P.R. n. 917 del 1986); resta quindi fermo il principio che, qualora il valore dei beni o dei servizi forniti risulti complessivamente superiore al limite in oggetto, l’intero valore rientra nell’imponibile fiscale e contributivo (come esplicitato, con riferimento al presente articolo 40, nella citata circolare dell’INPS n. 49 del 31 maggio 2023).

Il medesimo comma prevede che i datori di lavoro provvedano all’attuazione del regime transitorio più favorevole in esame previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, ove presenti. Si valuti l’opportunità di chiarire gli effetti dell’omissione dell’informativa, considerato che la relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto[169] osserva che l’applicazione del regime transitorio in oggetto è subordinata all’atto dell’informativa.

Il comma 3 specifica che il regime transitorio più favorevole in esame si applica se il lavoratore dichiara al datore di lavoro di avervi diritto, indicando il codice fiscale dei figli.

Il comma 2 esplicita che per i lavoratori non rientranti nell’ambito di applicazione del comma 1 resta fermo il regime generale di esenzione summenzionato.

Il comma 4 quantifica in 332,2 milioni di euro per il 2023 e in 12,4 milioni di euro per il 2024 l’onere finanziario derivante dal regime transitorio più favorevole di cui ai commi 1 e 3 e rinvia per la relativa copertura alle disposizioni di cui al successivo articolo 44; in sede referente, è stato ridefinito nel suddetto importo l’onere relativo al 2023, mentre il testo originario del decreto prevedeva un importo di 142,2 milioni per il medesimo anno. Come accennato, la revisione di tale importo deriva dalla considerazione degli effetti dell’esenzione - in base al regime transitorio più favorevole, di cui al presente articolo 40 - anche con riferimento alla base imponibile della contribuzione previdenziale.


Articolo 41
(Rifinanziamento Fondo per la riduzione della pressione fiscale)

 

 

L’articolo 41 incrementa il Fondo per la riduzione della pressione fiscale di 4.064 milioni di euro per l’anno 2024.

 

In particolare, l’unico comma dell’articolo in esame dispone che la dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all’articolo 1, comma 130, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) è incrementata di 4.064 milioni di euro per l’anno 2024. Per la copertura dei relativi oneri si rinvia all’articolo 44 (si veda la relativa scheda).

 

Si rammenta che, ai sensi del citato articolo 1, comma 130, della legge di bilancio 2023, le maggiori entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni dei commi da 126 a 129 del medesimo articolo (riguardanti la disciplina fiscale applicabile alle cripto-attività) affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere destinate, anche mediante riassegnazione, sulla base del monitoraggio periodico dei relativi versamenti, a un fondo denominato «Fondo per la riduzione della pressione fiscale», istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il comma 126 include in modo esplicito le cripto-attività nell'ambito del quadro impositivo sui redditi delle persone fisiche. Il comma 127 stabilisce i riferimenti normativi per il calcolo delle plusvalenze relative ad operazioni aventi ad oggetto cripto-attività realizzate fino alla data di entrata in vigore della disposizione in esame e consente di portare in deduzione le relative minusvalenze. Il comma 128 modifica gli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 461 del 1997, i quali introducono la disciplina dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze e sugli altri redditi, configurando i tre diversi regimi della "dichiarazione", quello cosiddetto del "risparmio amministrato" e quello del "risparmio gestito". Il comma 129 modifica il decreto-legge n. 167 del 1990, che disciplina la rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori, includendovi i riferimenti alle cripto-attività e ai prestatori di servizi di portafoglio digitale.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire la relazione del sopra citato Fondo per la riduzione della pressione fiscale con il Fondo per interventi di riforma del sistema fiscale istituito dalla legge di bilancio 2021.

 

Si rammenta, infatti, che l’articolo 1, commi da 2 a 7, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) istituisce un Fondo con una dotazione di 8.000 milioni di euro per l'anno 2022 e 7.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023 per interventi di riforma del sistema fiscale, da realizzare con appositi provvedimenti normativi. Al Fondo sono destinate altresì, risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo. Con riferimento alla destinazione delle maggiori entrate permanenti per i predetti enti territoriali rimane fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, e le maggiori entrate permanenti rimangono acquisite ai rispettivi bilanci, nelle quote previste dai predetti statuti speciali.

Una quota del Fondo non inferiore a 5.000 milioni di euro e non superiore a 6.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 è destinata all'assegno universale e ai servizi alla famiglia. Il comma 5, in particolare, dispone che la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (NADEF) indica la quota delle maggiori entrate permanenti, rispetto alle previsioni tendenziali formulate per il Documento di economia e finanza (DEF), derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo, da destinare al Fondo. La NADEF 2022 dello scorso settembre (si veda in particolare il Focus alle pagine 99-102) pubblicata dal precedente Governo Draghi (la versione della NADEF 2022 integrata e rivista dal Governo Meloni non ripropone tale analisi) ha fornito una valutazione delle entrate strutturali derivanti dal miglioramento dell'adempimento spontaneo, e quindi delle risorse da destinare potenzialmente al Fondo, pari a 1.393 milioni di euro. Tali risorse sono state pertanto iscritte nel Fondo nell’ambito del bilancio a legislazione vigente (Sezione II della legge di bilancio 2023). La legge di bilancio per il 2023 (art. 1 comma 872) ha quindi ridotto le risorse assegnate al citato fondo di 1.393 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023.


Articolo 42, commi 1-3
(Istituzione di un Fondo per le attività socio-educative a favore dei minori)

 

 

L’articolo 42, ai commi 1-3, istituisce un Fondo con dotazione di 60 milioni di euro destinato al finanziamento di attività socio-educative a favore dei minori da parte dei Comuni per il potenziamento di centri estivi, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa e ricreativa.

 

L’articolo 42, al comma 1, dispone l’istituzione di un Fondo con una dotazione pari a 60 milioni di euro per l’anno 2023 (per gli analoghi fondi costituiti annualmente dal 2020 v. box), per le attività socio-educative a favore dei minori, destinato al finanziamento di iniziative dei Comuni, da attuare anche in collaborazione con enti pubblici e privati, finalizzate ai seguenti obiettivi di potenziamento di attività a favore dei minori:

-         centri estivi;

-         servizi socioeducativi territoriali;

-         centri con funzione educativa e ricreativa.

Il Fondo è istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia, con la finalità di sostenere le famiglie e facilitare la conciliazione fra vita privata e lavoro.

Si stabilisce (comma 2) che con decreto del Ministro delegato alla famiglia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato- Regioni ed enti locali - da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto - siano stabiliti:

a)      i criteri di riparto delle risorse da destinare ai Comuni, tenuto conto dei dati ISTAT relativi alla popolazione minorenne sulla base dell’ultimo censimento della popolazione residente; si prevede che possano chiedere l’esclusione i Comuni che espressamente manifestino, annualmente, di non volersi avvalere del finanziamento;

b)     le modalità di monitoraggio dell’attuazione degli interventi finanziati e quelle di recupero delle somme trasferite nel caso di mancata o inadeguata realizzazione dell’intervento.

Al comma 3 è definita la previsione di copertura degli oneri, pari a 60 milioni di euro per l’anno 2023, in base alle disposizioni dell’articolo 44 del decreto in esame, cui si fa rinvio.

 

 

 

Sul tema del finanziamento delle attività socio-educative dei minori sono intervenute, a partire dal DL. 34/2020 in risposta alla pandemia (cd. Decreto Rilancio, L. n. 77/2020) diverse disposizioni normative nel corso degli ultimi anni. Partendo dalle più recenti:

 

-       l’articolo 39 del DL. n. 73/2022[170] ha definito misure per favorire il benessere dei minorenni e per il contrasto alla povertà educativa – con modalità analoghe a quanto già avvenuto per gli anni 2020 e 2021 (v. infra) -, con un finanziamento statale pari a 58 milioni di euro nel 2022[171] a favore dei Comuni che svolgano, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, attività educative extra-scolastiche a favore di minori, per iniziative da attuare nel periodo 1° giugno – 31 dicembre 2022, attraverso la promozione o il potenziamento di centri estivi, servizi socio-educativi territoriali e centri con funzione educativa. A tal fine, è stata prevista la costituzione di un apposito Fondo presso lo stato di previsione del MEF, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il riparto è stato effettuato con Decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia del 5 agosto 2022, registrato presso la Corte dei Conti in data 6 settembre 2022 che contiene, in allegato, l’elenco dei comuni beneficiari del provvedimento per i Centri Estivi 2022.

 

Il Dipartimento per le politiche della famiglia ha peraltro previsto una procedura ad hoc per la restituzione, da parte dei Comuni, delle somme non utilizzate, ai sensi dell’articolo 3 del richiamato DM 5 agosto 2022 (qui la pagina dedicata).

 

-       precedentemente, l’articolo 15 del DL. 228/2021[172] aveva prorogato al 31 dicembre 2022 la facoltà di utilizzare le risorse iscritte al capitolo del bilancio della Presidenza del Consiglio in materia di potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori di età compresa tra zero e sedici anni, nel limite di risorse previste per 15 milioni di euro. L’autorizzazione ha riguardato le risorse non utilizzate per finanziare le attività di cui al co. 1, lett. b) dell’articolo 105 del DL. 34/2020[173], vale a dire progetti volti a contrastare la povertà educativa e ad incrementare le opportunità culturali e educative dei minori, attingendo, per l'anno 2020, al Fondo per le politiche della famiglia[174] (qui le modalità operative per l’utilizzo dei finanziamenti dei Centri estivi per il 2020);

 

-       analogamente, l’articolo 63 del DL. n. 73/2021[175] aveva previsto per il 2021, l’incremento di 135 milioni di euro il Fondo per le politiche della famiglia, da destinare al finanziamento delle iniziative dei Comuni per il contrasto della povertà educativa, rivolte al potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori. Gli interventi finanziabili potevano essere attuati nel periodo dal 1° giugno al 31 dicembre 2021, anche in collaborazione con enti pubblici e privati. I criteri di riparto delle risorse ai Comuni, nonché le modalità di monitoraggio dell'attuazione degli interventi finanziati, e quelle di recupero delle somme attribuite, nel caso di mancata manifestazione di interesse alle iniziative, ovvero di mancata o inadeguata realizzazione dell'intervento, sono stabiliti con decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza unificata (v. Decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia del 24 giugno 2021). Inoltre, l'articolo in commento proroga per l'anno 2022 l'operatività del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e rifinanzia il contributo riconosciuto alle Fondazioni bancarie sotto forma di credito di imposta, incrementandone l'ammontare nella misura di ulteriori 45 milioni di euro nel 2021 (passando così il contributo da 55 a 100 milioni) e fissandolo in 55 milioni di euro nel 2022. Infine, viene estesa al 2022 l'assegnazione alle fondazioni bancarie di un contributo sotto forma di credito d'imposta delle erogazioni effettuate nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2017, a condizione che le predette erogazioni siano utilizzate dai soggetti richiedenti nell'ambito dell'attività non commerciale, relativamente ai progetti finalizzati alla promozione del welfare di comunità. Il contributo stanziato per il 2022 è di 60 milioni di euro;

 

-       inoltre, il DL. n. 41/2021[176], all’articolo 30, comma 6-quater, aveva consentito di utilizzare fino al 31 dicembre 2021, nel limite di 15 milioni di euro, le risorse non spese del Fondo per le politiche della famiglia destinate ai Comuni, per finanziare iniziative volte ad introdurre interventi per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa, durante il periodo estivo, per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni, nonché progetti volti a contrastare la povertà educativa e ad incrementare le opportunità culturali e educative dei minori.

 


Articolo 42, comma 3-bis
(Proroghe in materia di lavoro agile)

 

 

Il comma 3-bis - inserito in sede referente - proroga dal 30 giugno 2023 al 31 dicembre 2023 alcune disposizioni transitorie[177] in materia di lavoro agile, relative sia al diritto di alcune categorie di lavoratori al ricorso a tale istituto sia alla possibilità di svolgimento della prestazione in modalità agile anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente.

 

Più in particolare, la norma transitoria sul diritto allo svolgimento della prestazione in modalità agile - diritto subordinato alla condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione - riguarda:

-         i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano almeno un figlio minore di anni 14 - a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa, e che non vi sia genitore non lavoratore -;

-         i lavoratori dipendenti che, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, siano maggiormente esposti a rischio di contagio dal virus SARS-CoV-2, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possano caratterizzare una situazione di maggiore rischio, accertata dal medico competente. Nella definizione di tale categoria di lavoratori si fa riferimento agli ambiti lavorativi in cui il datore di lavoro e il dirigente siano tenuti alla nomina del medico competente in materia di sicurezza sul lavoro[178] e agli altri ambiti in cui tale medico sia stato comunque nominato.

La proroga concerne inoltre, come accennato, la disposizione secondo cui la prestazione in modalità agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente. Si ricorda che, per i dipendenti pubblici, un'altra fonte legislativa[179] esplicita che, in tali casi, non si applica il principio, posto dalla disciplina sul lavoro agile, della responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza e il buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa.


Articolo 43, comma 1
(Inclusione dell’importo di gettoni di presenza nel computo del limite massimo retributivo dei lavoratori pubblici)

 

 

L’articolo 43, comma 1, dispone che anche i gettoni di presenza, erogati dalle Amministrazioni inserite nel conto economico consolidato dell’apposito elenco ISTAT, siano considerati nel calcolo del reddito assoggettato al limite massimo retributivo per i lavoratori pubblici.

 

Il comma in esame - novellando l’articolo 1, comma 472, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013) - include nel computo del limite massimo retributivo di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011 (convertito dalla legge n. 214 del 2011)[180] i gettoni di presenza erogati dalle Amministrazioni inserite nel suddetto elenco ISTAT (elenco previsto dall’art. 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009); si ricorda che il limite concerne i soggetti (di cui all’art. 1, comma 471, della menzionata legge di stabilità per il 2014) che percepiscono retribuzioni o emolumenti, comunque denominati, in ragione di rapporti di lavoro subordinato o autonomo intercorrenti con le autorità amministrative indipendenti, con gli enti pubblici economici e con le pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)[181], ivi incluso il personale di diritto pubblico (di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo).

Il comma 472, nella parte qui non novellata, già prevede l’applicazione del limite citato agli emolumenti dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle autorità amministrative indipendenti e delle amministrazioni pubbliche (di cui al suddetto articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001).

Il summenzionato elenco ISTAT delle Amministrazioni è stato da ultimo pubblicato nella Gazzetta ufficiale 30 settembre 2022, n. 229. Tale elenco comprende anche gli organi costituzionali e di rilievo costituzionale e soggetti di diritto privato.

 

L’articolo 23-ter, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 è stato attuato con il d.P.C.m. 23 marzo 2012. L'articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014 (convertito dalla legge n. 89 del 2014) ha fissato il limite retributivo in oggetto a 240.000 euro annui, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. L’articolo 1, comma 68, della legge di bilancio per il 2022 (legge n. 234 del 2021) ha stabilito che, a decorrere dall'anno 2022, il limite medesimo è rideterminato sulla base della percentuale stabilita ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge n. 448 del 1998, in relazione agli incrementi medi conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati, come calcolati dall'Istat ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 24 della legge n. 448 del 1998. Per l’incremento decorrente dal 1° gennaio 2022, la percentuale è stata fissata allo 0,45% (d.P.C.m. 25 luglio 2022).

 Si ricorda che devono essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo soggetto o di più soggetti, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso soggetto nel corso dell'anno.

 

 

 

 


Articolo 43, comma 2
(Remunerazione e compensi corrisposti dalla società con azioni quotate)

 

 

L’articolo 43, comma 2, introduce alcuni obiettivi da perseguire in materia di politica di remunerazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze nell’esercizio dei suoi diritti di azionista di società con azioni quotate.

 

La norma in esame modifica l’articolo 123-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), che reca la disciplina dell’obbligo di redazione della relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti a cui sono tenute le società con azioni quotate.

 

Si ricorda che il sopra citato articolo 123-ter, come modificato dal decreto legislativo 10 maggio 2019, n. 49, per dare attuazione alle raccomandazioni della Commissione europea in materia di remunerazione degli amministratori di società quotate (in particolare raccomandazione 2004/913/CE e 2009/385/CE), prevede che tali società mettano a disposizione del pubblico almeno 21 giorni prima dell'assemblea di approvazione del bilancio una relazione sulla remunerazione, approvata dal consiglio di amministrazione e articolata in due sezioni.

La prima sezione illustra in modo chiaro e comprensibile la politica della società in materia di remunerazione dei componenti degli organi di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche con riferimento almeno all'esercizio successivo e le procedure utilizzate per l'adozione e l'attuazione di tale politica, nonché dei componenti degli organi di controllo.

La seconda fornisce un'adeguata rappresentazione delle voci che compongono la remunerazione di ciascun componente degli organi di amministrazione e di controllo, dei direttori generali e, in forma aggregata, dei dirigenti con responsabilità strategiche e illustra analiticamente i compensi corrisposti, a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma dalla quotata e da società controllate o collegate.

La disposizione in commento indica al Ministero dell’economia e delle finanze alcune finalità da perseguire allorché si trovi ad agire come azionista ai fini dell’approvazione della suddetta politica di remunerazione.

In particolare si prevede che nell’esercizio dei diritti dell’azionista inerenti all’approvazione della politica di remunerazione di cui all’articolo 123-ter, il Ministero dell’economia e delle finanze esercita il diritto di voto al fine di assicurare che, per gli incarichi conferiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame vengano adottate strategie dirette a:

§  contenere i costi di gestione;

§  privilegiare le componenti variabili direttamente collegate alle performance aziendali e a quelle individuali rispetto a quelle fisse;

§  escludere o comunque limitare i casi e l’entità delle indennità e degli emolumenti in qualunque modo denominati corrisposti a causa o in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro riconducibile alla volontà del lavoratore e nei casi di fine mandato.


Articolo 44, commi 1 e 4-8
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 44 reca le disposizioni finanziarie del provvedimento in esame.

In particolare, il comma 1 quantifica gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso al maggiore indebitamento, autorizzato dal Parlamento lo scorso 28 aprile 2023.

Il comma 4 reca la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento in esame, come modificati nel corso dell’esame parlamentare, e indica le corrispondenti fonti di copertura finanziaria.

Il comma 5 dispone la sostituzione dell'Allegato 1 della legge di bilancio 2023, modificando i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario del bilancio dello Stato, precedentemente fissati dalla legge di bilancio 2023.

Il comma 6 aumenta l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, di 3,4 miliardi per il 2023, di 4,5 miliardi per il 2024 e di 0,314 miliardi per il 2026, rispetto a quanto stabilito dalla legge di bilancio 2023.

Il comma 7 reca disposizioni volte a dare piena attuazione a due decreti legge ivi indicati, n. 2/2023 e n. 3/2023, autorizzando il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Il comma 8, infine, autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, nonché a disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

 

Il comma 1 reca la quantificazione degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all'indebitamento, autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 28 aprile 2023 con le risoluzioni di approvazione della Nuova relazione al Parlamento, presentata il 27 aprile ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243/2012[182], e posto a copertura finanziaria del provvedimento in esame, ai sensi del successivo comma 4, lettera g).

L’entità degli interessi passivi è determinata in

-         43 milioni di euro per l'anno 2023,

-         184 milioni di euro per l'anno 2024,

-         312 milioni di euro per l'anno 2025,

-         325 milioni di euro per l'anno 2026,

-         342 milioni di euro per l'anno 2027,

-         358 milioni di euro per l'anno 2028,

-         385 milioni di euro per l'anno 2029,

-         406 milioni di euro per l'anno 2030,

-         426 milioni di euro per l'anno 2031

-         445 milioni di euro per l'anno 2032

-         e 490 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2033,

che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a:

-         210 milioni di euro per l'anno 2024,

-         314 milioni di euro per l'anno 2025,

-         335 milioni di euro per l'anno 2026,

-         361 milioni di euro per l'anno 2027,

-         381 milioni di euro per l'anno 2028,

-         405 milioni di euro per l'anno 2029,

-         430 milioni di euro per l'anno 2030,

-         452 milioni di euro per l'anno 2031

-         475 milioni di euro per l'anno 2032

-         e 516 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2032.

 

Il comma 4 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli 18, 39, 40, 41, 42 e dai commi 1 e 3 del presente articolo, come modificati nel corso dell’iter parlamentare, quantificati nei seguenti importi:

-         3.905,5 milioni di euro per l'anno 2023,

-         5.050,8 milioni di euro per l'anno 2024,

-         317 milioni di euro per l'anno 2025,

-         330 milioni di euro per l'anno 2026,

-         347 milioni di euro per l'anno 2027,

-         363 milioni di euro per l'anno 2028,

-         390 milioni di euro per l'anno 2029,

-         411 milioni di euro per l'anno 2030,

-         431 milioni di euro per l'anno 2031,

-         450 milioni di euro per l'anno 2032,

-         495,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2033.

Tali oneri aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a:

-         3.937,5 milioni di euro per l'anno 2023,

-         319 milioni di euro per l'anno 2025,

-         340 milioni di euro per l'anno 2026,

-         366 milioni di euro per l'anno 2027,

-         386 milioni di euro per l'anno 2028,

-         410 milioni di euro per l'anno 2029,

-         435 milioni di euro per l'anno 2030,

-         457 milioni di euro per l'anno 2031,

-         480 milioni di euro per l'anno 2032,

-         521 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2033.

 

Con riferimento agli oneri relativi all’anno 2023, essi risultano aumentati rispetto al testo originario del provvedimento di 190 milioni di euro (da 3.715,5 a 3.905,5 milioni in termini di saldo netto e da 3.747,5 a 3.937,5 milioni in termini di indebitamento netto), in conseguenza della modifica approvata al Senato all’articolo 40 del provvedimento in esame, che ha aumentato da 142,2 a 332,2 milioni di euro l’onere finanziario per il 2023 derivante dal regime transitorio più favorevole, ivi previsto, in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente di determinati valori.

La relativa maggiore copertura finanziaria è posta a carico dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del D.L. n. 4/2019, relativa al Fondo per il reddito di cittadinanza, secondo quanto disposto dalla successiva lettera c) del comma 4 in esame (vedi ultra).

 

La copertura finanziaria degli oneri viene individuata come segue:

a)  quanto a 220 milioni di euro per l'anno 2023, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal comma 2, che innalza dallo 0,50 allo 0,60 per l’anno 2023 dell’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio delle imprese assicurative (cfr. la scheda di lettura relativa al comma 2);

b)  quanto a 551,4 milioni di euro per l’anno 2024 mediante corrispondente riduzione del fondo rotativo a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri di cui all'articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394.

Il Fondo rotativo a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri (c.d. Fondo 394/81), è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal decreto-legge n. 34/2019. Il Fondo è gestito da SIMEST, sulla base di apposita convenzione stipulata con il Ministero dello sviluppo economico. Nel contesto pandemico, il Fondo 394/1981 è stato più volte rifinanziato e, contestualmente, potenziato.

Il PNRR, con l’investimento M1.C2. I5 Rifinanziamento del Fondo 394/81 gestito da SIMEST” si è prefisso di rifinanziare e innovare l’operatività dei finanziamenti per l’internazionalizzazione e aiutare le PMI, in particolare quelle del Mezzogiorno, che godono di maggiori agevolazioni (quota di fondo perduto del 40 per cento, rispetto al 25 per cento ordinario). A tale fine, ha previsto 1.200 milioni di risorse PNRR, per permettere l’accesso di almeno 4.000 PMI al sostegno del Fondo.

La legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021), art. 1, comma 49, lett. a) ha dotato il Fondo di 1,5 miliardi di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026. La dotazione per l’anno 2022 è stata poi ridotta di 200 milioni dall’articolo 39, comma 1, del D.L. 17/2022, a copertura degli oneri recati dalla citata disposizione (potenziamento del fondo di venture capital).

L’articolo 29 del D.L. n. 50 del 17 maggio 2022, ha disposto che le disponibilità del Fondo Legge n. 394/1981 possano essere utilizzate per concedere finanziamenti agevolati alle imprese esportatrici per fare fronte ai comprovati impatti negativi sulle esportazioni derivanti dalle difficoltà o dai rincari degli approvvigionamenti a seguito della crisi in atto in Ucraina.

Nel bilancio per il 2023, il Fondo (cap. 7300/MEF) presenta una disponibilità di 1,5 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2023-2025.

c)   quanto a 290 milioni di euro per l’anno 2023 – in luogo dei 100 milioni originariamente previsti, a seguito delle modifiche approvate al Senato - mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del D.L. n. 4/2019, relativa al Fondo per il reddito di cittadinanza.

La copertura finanziaria posta a carico del Fondo per il reddito di cittadinanza è aumentata da 100 a 290 milioni di euro in conseguenza della modifica approvata al Senato all’articolo 40 del provvedimento in esame, che ha aumentato da 142,2 a 332,2 milioni di euro l’onere finanziario per il 2023 derivante dal regime transitorio più favorevole, ivi previsto, in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente di determinati valori.

Il Fondo per il reddito di cittadinanza, iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (cap. 2781), è stato istituito dall’articolo 12 del D.L. n. 4 del 2019 ai fini dell’erogazione del beneficio economico del RdC e della Pensione di cittadinanza, degli incentivi alle assunzioni, nonché dell’erogazione del Reddito di inclusione.

La legge di bilancio per il 2023 (n. 197 del 2022, comma 319) ha ridotto di 958 milioni di euro per il 2023 l’autorizzazione di spesa prevista all’articolo 12 del D.L. n. 4/2019 ai fini della copertura delle disposizioni di riordino delle misure di sostegno alla povertà e inclusione lavorativa previste dalla stessa legge (art. 1, commi 313-321).

Nel bilancio per il 2023, il Fondo presenta una disponibilità di oltre 7,8 miliardi di euro per il solo anno 2023;

d)  quanto a 28 milioni di euro per l’anno 2023, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

Il Fondo, istituito dall'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008, è iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7593/MEF) con una dotazione in termini di sola cassa, pari, nel bilancio 2023, a 396,1 milioni per il 2023, 382,5 milioni per il 2024, 411 milioni per il 2025.

e)   quanto a 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 203, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017), relativa al beneficio pensionistico riconosciuto in favore dei lavoratori precoci, che, secondo quanto riportato nella Relazione tecnica, presenta le necessarie disponibilità;

f)    quanto a 0,9 milioni di euro per l’anno 2025, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e minori spese derivanti dall’articolo 40, che dispone l’esclusione dalla base imponibile IRPEF 2023 del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico, nonché delle somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale;

g)  mediante il ricorso all'indebitamento autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 28 aprile 2023 con le risoluzioni di approvazione della nuova Relazione presentata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 6 della legge rinforzata n. 243 del 2012.

Nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari della Relazione tecnica, il ricorso all’indebitamento netto è utilizzato nell’importo di 3.400 milioni per il 2023, 4.500 milioni per il 2024, 314 milioni per il 2025 e di 335 milioni per il 2026.

 

Con riguardo alle risorse reperite attraverso il ricorso all’indebitamento autorizzato dai due rami del Parlamento il 28 aprile scorso, si rammenta che con la Relazione trasmessa il 12 aprile 2023 il Governo, sentita la Commissione europea, ha richiesto l'autorizzazione a ricorrere all'indebitamento, al fine di utilizzare gli spazi finanziari resisi disponibili per effetto dell'andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole nel 2023 e nel 2024, rispetto agli obiettivi programmatici di indebitamento netto per i medesimi anni, per i quali sono confermati i valori già autorizzati con la NADEF 2022. Nella Relazione si specificava che il margine di bilancio, pari a circa 0,15 punti percentuali di PIL per il 2023 e a 0,2 punti nel 2024 - corrispondenti, rispettivamente, a circa 3,4 miliardi di euro per l'anno 2023 e a 4,5 miliardi di euro per l'anno 2024 – verrebbe destinato, nel 2023, alla copertura di un provvedimento normativo finalizzato a realizzare un taglio dei contributi sociali a carico dei lavori dipendenti con redditi medio-bassi, con un intervento volto alla riduzione del cuneo fiscale al fine di sostenere il potere d'acquisto e moderare la rincorsa tra prezzi e salari. Per il 2024, invece, il margine sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Dal 2025 l’autorizzazione all’indebitamento è destinata alla sola spesa per interessi passivi per un importo fino a 314 milioni di euro nel 2025, destinato a crescere per raggiungere i 520 milioni di euro circa a decorrere dal 2033.

La nuova Relazione al Parlamento, approvata dal Consiglio dei ministri del 27 aprile 2023 e trasmessa nella medesima giornata alle Camere, a seguito della mancata approvazione della prima Relazione - sui passaggi procedurali che hanno determinato la reiezione della prima Relazione, si rinvia all'ultimo paragrafo sull'esame parlamentare del DEF 2023 - conferma i saldi di finanza pubblica già riportati nel DEF 2023, ma prevede che il margine di bilancio resosi disponibile per il 2023 - 3,4 miliardi - sarà utilizzato, oltre che per misure di sostegno al potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti, anche per sostenere le famiglie con figli.

 

Il comma 5 dispone la sostituzione dell'Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario per ciascun anno del triennio di riferimento (2023, 2024 e 2025), con l'Allegato 1 annesso al presente decreto, riportato di seguito.

Nuovo Allegato 1 alla legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022)

(tra parentesi i valori dell’Allegato 1 della legge di bilancio 2023)

(milioni di euro)

RISULTATI DIFFERENZIALI

- COMPETENZA -

Descrizione risultato differenziale

2023

2024

2025

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

209.400

(206.000)

143.000

(138.500)

116.814

(116.500)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

520.220

(516.820)

456.468

(451.968)

435.554

(435.240)


- CASSA -

Descrizione risultato differenziale

2023

2024

2025

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

264.000

(261.000)

185.000

(180.500)

152.814

(152.500)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

575.231

(571.831)

498.468

(493.968)

471.554

(471.240)

(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

 

Si rammenta che, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), l'articolo 1 della legge di bilancio determina, mediante rinvio all'Allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento.

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

In ottemperanza inoltre a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Il comma 6 aumenta l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, di 3,4 miliardi per il 2023, di 4,5 miliardi per il 2024 e di 0,314 miliardi per il 2026, rispetto a quanto stabilito dalla legge di bilancio 2023, in conseguenza del ricorso all'indebitamento autorizzato dal Parlamento il 28 aprile 2023.

A tal fine viene modificato l’articolo 3, comma 2, della legge di bilancio per il 2023, che fissa tale importo - ai sensi dell’articolo 21, comma 11-ter[183] della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009) – aumentandolo da 105.000 a 108.400 milioni di euro per l'anno 2023, da 100.000 a 104.500 milioni per l'anno 2024 e da 95.000 a 95.314 milioni di euro per l'anno 2025.

 

Il comma 7 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l’attuazione dei seguenti provvedimenti legislativi:

§  decreto-legge 5 gennaio 2023, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 marzo 2023, n. 17, recante misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale;

§  decreto-legge 11 gennaio 2023, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 21, recante interventi urgenti in materia di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi e di protezione civile.

 

Il Ministro dell'economia e delle finanze è infine autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ai fini dell’attuazione delle disposizioni recate dal decreto. Il Ministero può altresì disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa (comma 8).

 


Articolo 44, comma 2
(Imposta sulle riserve matematiche rami vita)

 

 

L’articolo 44, comma 2, rimodula la misura dell’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio delle imprese assicurative.

L’aliquota viene innalzata dallo 0,50 allo 0,60 per l’anno 2023 (in deroga alle disposizioni dello Statuto del contribuente che dispongono l’irretroattività delle norme tributarie) per poi riportarla allo 0,50 negli anni successivi.

 

Viene in particolare modificata la lettera b-bis) dell’articolo 1, comma 2-bis del decreto-legge n. 2019 del 2022, che reca la disciplina degli aumenti, nel tempo, della predetta imposta, ed è altresì introdotta una nuova lettera b-ter).

 

L'articolo 1, comma 2, del decreto legge 24 settembre 2002, n. 209 stabilisce che le società e gli enti che esercitano attività assicurativa sono tenuti al versamento di un'imposta, originariamente pari allo 0,20 per cento e che nel corso del tempo è stata successivamente elevata, delle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio, con esclusione di quelle relative ai contratti aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente.

Il prelievo avviene, in sostanza, sullo stock delle riserve matematiche dei rami vita esistente alla fine di ogni esercizio e il relativo pagamento è effettuato, per ciascun periodo di imposta, entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi derivanti dalla dichiarazione annuale dei redditi.

Le riserve da assoggettare all’imposta sulle riserve matematiche sono quelle relative ai contratti assicurativi, i cui rendimenti sono potenzialmente assoggettabili alla ritenuta prevista dall’articolo 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482 o all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 26-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600: si tratta delle ritenute applicabili sui capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione e dell’imposta sostitutiva da applicare sui redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione stipulati a partire dal 1° gennaio 2001, sui redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma periodica e sui redditi derivanti dalle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale di cui all’articolo 44, comma 1, lettere g-quater) e g-quinquies) del testo unico delle imposte sui redditi di cui al dPR 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). Ai sensi di legge, il versamento dell’imposta sulle riserve matematiche costituisce un credito di imposta, da utilizzare per il versamento delle predette ritenute e imposte sostitutive che sono applicate in sede di erogazione delle prestazioni agli assicurati.

Come già richiamato supra, la disposizione è stata successivamente modificata nel tempo e, in particolare, dalla legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) Le modifiche hanno implicato la variazione in aumento dell’aliquota dell’imposta e l’introduzione di un limite - parametrato allo stock delle riserve matematiche - all’importo complessivo del credito di imposta derivante dal versamento dell’imposta medesima, al superamento del quale si riduce l’imposta da versare.

In particolare il comma 506 della legge di stabilità 2013 ha elevato l’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell’esercizio. In particolare, l’imposta dovuta, già elevata allo 0,35 per cento (dal valore originario dello 0,20 per cento) è stata aumentata allo 0,50 per cento per il periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2012 e, dal periodo di imposta successivo, fissata allo 0,45 per cento.

Il comma 507 ha inserito un nuovo periodo al citato comma 2, in base al quale è stato previsto che, qualora in un anno l'ammontare del credito di imposta non ancora compensato o ceduto, aumentato dell'imposta da versare, ecceda un determinato limite, parametrato allo stock di riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio dell'esercizio, l'imposta sulle riserve matematiche (IRM) da versare per tale anno sia corrispondentemente ridotta. In tal modo, come chiarito dall’Agenzia delle entrate nella Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, il versamento dell’imposta da eseguire, in un determinato periodo d'imposta, è ridotto, fino ad azzerarsi del tutto, in misura pari all'eventuale eccedenza del credito d'imposta - aumentato dell'imposta teorica da versare - rispetto al limite delle predette riserve. Il comma 511 della medesima legge di stabilità ha chiarito che il versamento dell’acconto del prelievo sulle riserve tecniche – il quale, come si è detto, costituisce credito d’imposta - può essere compreso tra i crediti d'imposta da utilizzare ai fini della copertura delle riserve tecniche, nonché tra gli attivi delle gestioni separate.

L’articolo 1, comma 264 della legge di bilancio 2023 ha disposto che dal 2023 (più precisamente dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022) viene elevata dallo 0,45 allo 0,50 l’aliquota di imposta sulle riserve matematiche dei rami vita, iscritte nel bilancio dell'esercizio delle imprese assicurative, ferme restando le altre condizioni vigenti ex lege.

 

Per effetto delle modifiche in esame, (comma 2, lettera a)) viene sostituita la richiamata la lettera b-bis), così innalzando dallo 0,50 allo 0,60 l’aliquota dell’imposta sulle riserve matematiche delle imprese di assicurazione (ramo vita) per l’anno 2023.

Si ricorda, come già anticipato supra, che l’articolo 1, comma 264 della legge di bilancio 2023 aveva già innalzato, per il medesimo anno, la misura dell’aliquota dallo 0,45 allo 0,50. La modifica introdotta è dunque in esplicita deroga alle disposizioni di cui all’articolo 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), che reca il principio di irretroattività delle norme tributarie.

Salva l’adozione di norme interpretative, l’articolo 3 dello statuto del contribuente prescrive che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

 

Le disposizioni in commento (comma 2, lettera b)) introducono poi una nuova lettera b-ter), che a decorrere dal 2024 (più precisamente, dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023) riporta l’aliquota dell’imposta allo 0,50.


Articolo 44, comma 3
(Fondo rotativo Mediocredito centrale per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 44 incrementa il Fondo rotativo Mediocredito centrale per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese di 545 milioni di euro per l’anno 2023.

 

Il comma in esame prevede un incremento, pari a 545 milioni di euro per l’anno 2023, della dotazione del fondo di cui all’articolo 2, primo comma, del decreto legge n. 251 del 1981.

 

Con tale disposizione è stato istituito presso il Mediocredito centrale un fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale di cui all'articolo 15, lettera n), della legge n. 227 del 1977, in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia. La disposizione si applica anche alle imprese alberghiere e turistiche limitatamente alle attività volte ad incrementare la domanda estera del settore. I programmi di penetrazione commerciale comprendono studi di mercato, spese di dimostrazione e di pubblicità, spese per la costituzione di depositi e di campionamenti, costi di rappresentanze permanenti all'estero e per il funzionamento di uffici o filiali di vendita e di centri assistenziali, spese per la costituzione di reti di vendita e di assistenza all'estero, relativamente a specifici rischi e condizioni. I rischi assumibili in garanzia sono relativi a: mancato o incompleto ammortamento dei costi sostenuti per avviare o ampliare correnti di esportazione, in dipendenza di guerre ed eventi catastrofici nonché di nazionalizzazione, espropriazione senza adeguato indennizzo, confisca, sequestro da parte dell'autorità straniera, ovvero di altri provvedimenti o comportamenti posti in essere da parte della stessa autorità. Condizione per l'assicurazione è che i costi suddetti risultino da un bilancio certificato da una società di revisione autorizzata ai sensi del D.P.R. n. 136 del 1975.

 

L’articolo 21, comma 4 della legge n. 57 del 2001 ha previsto inoltre che le disponibilità del fondo in argomento possono essere utilizzate anche per la concessione di contributi agli interessi a fronte di finanziamenti a favore di soggetti esteri che realizzino nei loro Paesi, diversi da quelli dell'Unione europea, strutture e reti di vendita di prodotti italiani, quali strutture e reti in franchising.

 

L’articolo 6, comma 4 del decreto legge n. 112 del 2008 ha inoltre stabilito l’utilizzo del fondo, con riserva di destinazione alle piccole e medie imprese pari al 70 per cento annuo per i seguenti iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati anche diversi da quelli dell'Unione europea:

a) la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b) studi di prefattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c) altri interventi prioritari.

 

Successivamente, gli articoli 5-ter del decreto legge n. 14 del 2022 e 29 del decreto legge n. 50 del 2022 hanno previsto una serie di misure, inerenti all’utilizzo del fondo rotativo in argomento, in favore di imprese che esportano o hanno filiali o partecipate in Ucraina, nella Federazione russa o in Bielorussia.


Articolo 45
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 45 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Il decreto-legge è dunque vigente dal 5 maggio 2023.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 



[1]     Si ricorda che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, concernente il Regolamento per la revisione delle modalità di determinazione ed i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente” - ISEE ha previsto l’introduzione di tre distinte classi di disabilità, media, grave e non autosufficienza (v. dettagli in tabella Allegato 3 del decreto medesimo).

 

[2]     L’articolo 7 del sopra richiamato Regolamento ISEE disciplina le prestazioni agevolate rivolte a minorenni, prevedendo, in particolare,  al comma 1, che, ai fini del calcolo dell'Indicatore per le sole prestazioni sociali agevolate rivolte a minorenni, il genitore non convivente nel nucleo familiare, non coniugato con l'altro genitore, che abbia riconosciuto il figlio, fa parte del nucleo familiare del figlio, a meno che non ricorra uno dei seguenti casi: a) quando il genitore risulti coniugato con persona diversa dall'altro genitore; b) quando il genitore risulti avere figli con persona diversa dall'altro genitore; c) quando con provvedimento dell'autorità giudiziaria sia stato stabilito il versamento di assegni periodici destinato al mantenimento dei figli; d) quando sussiste esclusione dalla potestà sui figli o è stato adottato, ai sensi dell'articolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare; e) quando risulti accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali la estraneità in termini di rapporti affettivi ed economici.

      Ai sensi del comma 2, per le prestazioni sociali agevolate rivolte ai componenti minorenni, in presenza di genitori non conviventi, qualora ricorrano i casi di cui alle lettere a) ed b) del comma 1, l'ISEE è integrato di una componente aggiuntiva, calcolata sulla base della situazione economica del genitore non convivente, secondo le modalità di cui all'allegato 2, comma 2, che costituisce parte integrante del presente decreto.

      L’Allegato 2 al DPCM, comma 2 (v. Allegato 2), a sua volta, prevede che ai fini del computo dell'ISEE per le prestazioni sociali agevolate rivolte ai componenti minorenni, in presenza di genitori non conviventi, qualora ricorrano i casi di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), per tener conto della situazione economica del genitore non convivente, è calcolata una componente aggiuntiva secondo le modalità seguenti: a) è calcolato l'ISE, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, riferito al solo genitore non convivente, indipendentemente da redditi e patrimoni appartenenti ad altri componenti il suo nucleo familiare; b) l'indicatore della situazione economica di cui alla lettera a) è diviso per il parametro della scala di equivalenza del nucleo familiare di appartenenza e moltiplicato per 0,3;

c) il valore di cui alla lettera b) è moltiplicato per un fattore di proporzionalità, pari ad 1 nel caso di un solo figlio non convivente e maggiorato di 0,5 per ogni figlio non convivente successivo al primo; i figli non conviventi che non fanno parte del nucleo familiare del beneficiario non rilevano ai fini del calcolo del fattore di proporzionalità;

      d) la componente aggiuntiva è ottenuta dividendo l'ammontare di cui alla lettera c) per il parametro della scala di equivalenza del nucleo familiare del beneficiario.

      La componente aggiuntiva, calcolata secondo tali modalità, integra, come sopra detto, l'ISEE del beneficiario della prestazione richiesta, ai sensi dell'articolo 7, comma 2.

      Per le modifiche del calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), v. anche l'art. 2-sexies, D.L. 29 marzo 2016, n. 42 (L. n. 89/2016).

[3]     Il richiamato art. 12 del D.L. 78/2010, modificato dall’art. 12 del D.L. 201/2011, dispone l'aggiornamento biennale, a partire dal 2019, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva. L'ultimo incremento, di cinque mesi, è stato stabilito con decreto 5 dicembre 2017 con efficacia dal 1° gennaio 2019. I successivi decreti del 5 novembre 2019 e del 27 ottobre 2021 non hanno modificato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso alla pensione a decorrere, rispettivamente dal 2021 e dal 2023, in quanto non si sono registrati aumenti della speranza di vita.

[4]     In base a tali disposizioni, il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è dato dalla somma delle seguenti componenti:

a)   reddito complessivo ai fini IRPEF;

b)   redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d'imposta;

c)   ogni altra componente reddituale esente da imposta, nonché i redditi da lavoro dipendente prestato all'estero tassati esclusivamente nello stato estero in base alle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni;

d)   i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l'obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA (con base imponibile determinata ai fini IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato);

e)   gli assegni per il mantenimento di figli effettivamente percepiti;

f)   i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a);

g)   i redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell'IMU, di cui all'articolo 13 del DL 201/2011 (L. n. 214/2011), nonché agli artt. 8 e 9 de D. Lgs. n. 23/2011, se compatibili con la predetta disciplina, non indicati nel reddito complessivo di cui alla lettera a), comma 1, del presente articolo. A tal fine i redditi dei fabbricati si assumono rivalutando la rendita catastale del 5% e i redditi dei terreni si assumono rivalutando il reddito dominicale e il reddito agrario, rispettivamente, dell'80 e 70%. Nell'importo devono essere considerati i redditi relativi agli immobili all'estero non locati soggetti alla disciplina dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero di cui al comma 15 dell'articolo 19 del sopra richiamato DL. 201/2011 non indicati nel reddito complessivo di cui alla lettera a), comma 1, assumendo la base imponibile determinata ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del TUIR (DPR 917/1986);

h)   il reddito figurativo delle attività finanziarie, determinato applicando al patrimonio mobiliare complessivo del nucleo familiare, individuato secondo quanto indicato all'articolo 5 con la sola esclusione dei depositi e conti correnti bancari e postali, di cui al medesimo art. 5, co. 4, lett. a), il tasso di rendimento medio annuo dei titoli decennali del Tesoro ovvero, ove inferiore, il tasso di interesse legale vigente al 1° gennaio maggiorato di un punto percentuale;

i)   il reddito lordo dichiarato ai fini fiscali nel paese di residenza da parte degli appartenenti al nucleo, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE), convertito in euro al cambio vigente al 31 dicembre dell'anno di riferimento del reddito.

[5]     Si tratta delle disposizioni che permettono di aggiornare il valore ISEE, rispetto al parametro ordinario che fa riferimento ai 2 anni precedenti, in caso di variazioni peggiorative, come nel caso di variazioni dell’attività di lavoro autonomo o dipendente (o di trattamenti assistenziali, previdenziali o indennitari, anche esenti IRPEF) o, in alternativa, di  una variazione del reddito complessivo del nucleo familiare superiore al 25% ovvero di una diminuzione del patrimonio mobiliare - immobiliare del nucleo familiare, quali conti correnti o abitazioni, per oltre il 20%, tra quanto posseduto al 31 dicembre dell'anno precedente e quanto indicato nell'ISEE ordinario. In caso di perdita di attività di lavoro e/o reddito l'ISEE corrente può essere presentato dal 1° gennaio di ogni anno, a seguito di elaborazione di DSU ordinaria, e ha validità pari a 6 mesi dalla data di sottoscrizione, a patto di presentare nuovo ISEE corrente entro due mesi dall’inizio della variazione, se un componente familiare trova nuova occupazione e/o fruisce di nuovi trattamenti previdenziali, assistenziali e indennitari non rientranti nel reddito complessivo ai fine IRPEF. In caso di perdita del patrimonio, invece, l'ISEE corrente può essere presentato dal 1° aprile di ogni anno e ha validità fino al 31 dicembre dell'anno di sottoscrizione.

[6]     Ai sensi della richiamata norma, i compensi di lavoro sportivo nell'area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all'importo complessivo annuo di euro 15.000,00. Qualora l'ammontare complessivo dei suddetti compensi superi il limite di euro 15.000,00, esso concorre a formare il reddito del percipiente solo per la parte eccedente tale importo.

[7]     La norma citata reca disposizioni in ordine alla definizione delle costruzioni destinate alla navigazione da diporto.

[8]     Il richiamato art. 7 disciplina la procedura di conciliazione nel caso di licenziamento individuale per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo da parte di un datore di lavoro avente determinati requisiti dimensionali. In tali casi, il licenziamento deve essere preceduto da una comunicazione alla sede territoriale dell’INL che la trasmette al lavoratore interessato al fine di avviare la suddetta procedura di conciliazione.

[9]     In proposito si prevede (comma 1) che il nucleo familiare del richiedente sia costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU, fatte le eccezioni riportare al successivo comma 2, come nel caso di coniugi con diversa residenza anagrafica che vengono considerati parte dello stesso nucleo familiare, dovendosi identificare di comune accordo un’unica residenza familiare. In caso di mancato accordo, la residenza familiare è individuata nell'ultima residenza comune ovvero, in assenza di una residenza comune, nella residenza del coniuge di maggior durata. Il coniuge iscritto nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE), ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470, è attratto ai fini del presente decreto, nel nucleo anagrafico dell'altro coniuge.

      Eccezioni (comma 3) sono esclusivamente i coniugi che mantengono nuclei familiari distinti in caso di diversa residenza anagrafica a) quando è stata pronunciata separazione giudiziale o è intervenuta l'omologazione della separazione consensuale ai sensi dell'articolo 711 del c.p.c., ovvero quando è stata ordinata la separazione ai sensi dell'articolo 126 del c.c.; b) quando la diversa residenza è consentita a seguito dei provvedimenti temporanei ed urgenti di cui all'articolo 708 del codice di procedura civile; c) quando uno dei coniugi è stato escluso dalla potestà sui figli o è stato adottato, ai sensi dell'articolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare;          d) quando si è verificato uno dei casi di cui all'articolo 3 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, ed è stata proposta domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; e) quando sussiste abbandono del coniuge, accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali.

      Il figlio minorenne (comma 4) fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive. Il minore che si trovi in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare dell'affidatario, ancorché risulti nella famiglia anagrafica del genitore. Il minore in affidamento temporaneo ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è considerato nucleo familiare a sé stante, fatta salva la facoltà del genitore affidatario di considerarlo parte del proprio nucleo familiare. Il minore in affidamento e collocato presso comunità è considerato nucleo familiare a sé stante. Nel caso di figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF (comma 5), se non coniugato e senza figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato.

[10]   La dichiarazione con cui i contribuenti attestano i dati relativi al proprio nucleo familiare, nonché al reddito e alla situazione patrimoniale mobiliare o immobiliare al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della DSU.

[11]   Il richiamato comma 316 della legge di bilancio 2023 ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2023,  per  i  beneficiari  del  reddito  di cittadinanza appartenenti alla fascia di età compresa tra diciotto e ventinove anni che non hanno adempiuto all'obbligo di  istruzione  di cui all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, l'erogazione del  reddito  di  cittadinanza  sia subordinata   anche all'iscrizione e alla  frequenza  di  percorsi  di  istruzione  degli adulti di primo livello, previsti dall'art. 4, c. 1,  lettera a), del regolamento di cui al DPR n. 263 del 2012, o comunque  funzionali  all'adempimento  del predetto obbligo di istruzione. 

      i ricorda che il comma 622 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 prevede che l'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

 

[12]   Ai sensi del richiamato art. 4, le agenzie per il lavoro sono operatori privati autorizzati da Anpal ad offrire i servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, iscritti ad apposito Albo ed eventualmente anche accreditati ad erogare specifici servizi per il lavoro, sia a livello nazionale che regionale; le agenzie di intermediazione sono quelle che svolgono attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro. L’art. 6 autorizza allo svolgimento delle attività di intermediazione anche ulteriori soggetti.

[13]   L'accreditamento è la procedura mediante la quale l'Anpal, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano riconoscono a un operatore, pubblico o privato, l'idoneità ad erogare servizi per il lavoro negli ambiti territoriali di riferimento, anche mediante l'utilizzo di risorse pubbliche, nonché la partecipazione attiva alla rete dei servizi per le politiche del lavoro con particolare riferimento ai servizi di incontro domanda ed offerta di lavoro. Il soggetto accreditato eroga i servizi per il lavoro secondo le disposizioni nazionali e regionali e nel rispetto dei principi di legalità, non discriminazione, buon andamento, trasparenza e imparzialità.

[14]   La legge n. 152 del 2001 reca norme volte a disciplinare gli istituti di patronato e di assistenza sociale, qualificati, ai sensi dell’articolo 1 della legge medesima, come persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità.

[15]   L’articolo 32 del decreto legislativo n. 241 del 1997 reca disciplina dei soggetti abilitati alla costituzione dei centri di assistenza fiscale.

[16]   Il richiamato comma 479 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019 statuisce che, a decorrere dall'anno 2020, sono stanziati 35 milioni di euro al fine di consentire la presentazione delle domande di Reddito di cittadinanza (Rdc) e di Pensione di cittadinanza (Pdc) di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, anche attraverso i centri di assistenza fiscale in convenzione con l'INPS ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del predetto decreto-legge, nonché per le attività legate all'assistenza nella presentazione della DSU a fini ISEE affidate ai medesimi centri di assistenza fiscale ai sensi dell'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159.

[17]   Il richiamato articolo 11 del regolamento di cui al DPCM n. 159 del 2013 - regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) - reca disposizioni in materia di rafforzamento dei controlli e del sistema informativo dell'ISEE.

[18]   Si ricorda che il soggetto incaricato del servizio di gestione delle Carte Acquisti è Poste Italiane S.p.A.

[19]   Si ricorda che gli ulteriori elementi costitutivi del citato sistema informativo unitario delle politiche del lavoro previsti dal richiamato art. 13 del D.Lgs. 150/2015 sono: il sistema informativo dei percettori di ammortizzatori sociali; l'archivio informatizzato delle comunicazioni obbligatorie; i dati relativi alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro; il sistema informativo della formazione professionale; la Piattaforma digitale del Reddito di cittadinanza per il Patto per il lavoro (che rimane in essere, ai sensi dell’art. 13 del presente decreto legge).

 

[20]   La legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) si applica:

      a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità, nonché alle persone nelle condizioni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 12 giugno 1984, n. 222; (3)

      b) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;

      c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni;

      d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.

      Agli effetti della legge 12 marzo 1999, n. 68, si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono per sordomuti coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell'apprendimento della lingua parlata.

      Restano ferme le norme per i centralinisti telefonici non vedenti di cui alle leggi 14 luglio 1957, n. 594, e successive modificazioni, 28 luglio 1960, n. 778, 5 marzo 1965, n. 155, 11 aprile 1967, n. 231, 3 giugno 1971, n. 397, e 29 marzo 1985, n. 113, le norme per i massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti di cui alle leggi 21 luglio 1961, n. 686, e 19 maggio 1971, n. 403, le norme per i terapisti della riabilitazione non vedenti di cui alla legge 11 gennaio 1994, n. 29, e le norme per gli insegnanti non vedenti di cui all'articolo 61 della legge 20 maggio 1982, n. 270. Per l'assunzione obbligatoria dei sordomuti restano altresì ferme le disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 della legge 13 marzo 1958, n. 308.

[21]   L’Allegato 3 citato contiene la definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza.

 

[22]   I punti per l'accesso al REI sono gli uffici dei Comuni che offrono informazione, consulenza e orientamento ai nuclei familiari sulla rete integrata degli interventi e dei servizi sociali e, qualora ricorrano le condizioni, assistenza nella presentazione della domanda.

[23]   Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni.

[24]   Il richiamato decreto legislativo reca disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

[25]   Il citato decreto legislativo reca norme in materia di adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 4 della L. 31 marzo 2000, n. 78.

[26]   Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[27]   La fattispecie non concerne i datori di lavoro domestico.

[28]   Il Fondo è stato così ridenominato dall'articolo 11, comma 4, della L. 11 gennaio 2018, n. 4.

[29]   Si ricorda che l’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 dispone che per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali  stipulati  da  associazioni   sindacali comparativamente più rappresentative sul  piano  nazionale e  i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

 

[30]   Si tratta degli enti che svolgono le attività di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 276/2003, all’articolo 5 comma 1 lettera p) del Codice del Terzo settore, di cui al D.Lgs. 117/2017, e all’articolo 2, comma 1, lettera p) del D.Lgs. 112/2017.

[31]   Gli aiuti di Stato di modesto importo, ossia gli aiuti de minimis sono dispensati dal controllo sugli aiuti di Stato in quanto si ritiene che essi non abbiano alcuna incidenza sulla concorrenza e sugli scambi nel mercato interno dell’Unione europea (Unione).

      In particolare, il comma in esame fa riferimento al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis», al regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo e al regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

[32]   In base al richiamato articolo 3, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella seguente misura: a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.

 

[33]   Ai sensi del richiamato art. 21, c. 10-bis, la Rete elabora linee di indirizzo negli specifici campi d'intervento delle politiche afferenti al sistema degli interventi e dei servizi sociali che si affiancano ai Piani che la medesima Rete elabora (Piano sociale nazionale, Piano per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà, Piano per la non autosufficienza).

[34]   Ai sensi dell’art. 34, terzo comma, del D.P.R. 601/1973 che esenta dal pagamento dell’IRPEF i sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale.

[35]  Ai sensi dell’art. 545 c.p.c., che dispone l’impignorabilità dei crediti aventi per oggetto, tra l’altro, sussidi di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri.

[36]   Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del presente decreto legge – a cui rinvia il comma 10 dell’articolo 12 in esame – l’INPS riconosce il beneficio previa verifica del possesso dei requisiti e delle condizioni richiesti, sulla base delle informazioni disponibili sulle proprie banche dati o tramite quelle messe a disposizione dai comuni, dal Ministero della giustizia, dal Ministero dell’istruzione e del merito, dall’Anagrafe tributaria, dal pubblico registro automobilistico e dalle altre pubbliche amministrazioni detentrici dei dati necessari per la verifica dei requisiti, attraverso sistemi di interoperabilità, fatti salvi i controlli ispettivi disciplinati dall’articolo 7.

[37]   Ai sensi del richiamato art. 4, le agenzie per il lavoro sono operatori privati autorizzati da Anpal ad offrire i servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, iscritti ad apposito Albo ed eventualmente anche accreditati ad erogare specifici servizi per il lavoro, sia a livello nazionale che regionale; le agenzie di intermediazione sono quelle che svolgono attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro. L’art. 6 autorizza allo svolgimento delle attività di intermediazione anche ulteriori soggetti.

[38]   L'accreditamento è la procedura mediante la quale l'Anpal, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano riconoscono a un operatore, pubblico o privato, l'idoneità ad erogare servizi per il lavoro negli ambiti territoriali di riferimento, anche mediante l'utilizzo di risorse pubbliche, nonché la partecipazione attiva alla rete dei servizi per le politiche del lavoro con particolare riferimento ai servizi di incontro domanda ed offerta di lavoro. Il soggetto accreditato eroga i servizi per il lavoro secondo le disposizioni nazionali e regionali e nel rispetto dei principi di legalità, non discriminazione, buon andamento, trasparenza e imparzialità.

[39]   Il Patto deve contenere almeno l'individuazione di un responsabile delle attività, la definizione del profilo personale di occupabilità e degli atti di ricerca attiva che devono essere compiuti, la frequenza ordinaria di contatti con il responsabile delle attività, le modalità con cui la ricerca attiva di lavoro è dimostrata al responsabile delle attività.

[40]   Il Programma GOL è, insieme al Programma di investimento nel sistema duale e al Fondo nuove competenze, uno dei tre programmi individuati dal PNRR come programmi guida per orientare le politiche future in relazione a specifici target. In particolare, il Programma GOL – adottato con Decreto ministeriale 5 novembre 2021 – è rivolto ai soggetti privi di occupazione ed è sostenuto da un piano di investimenti per il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego.

[41]   Il richiamato art. 7 disciplina la procedura di conciliazione nel caso di licenziamento individuale per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo da parte di un datore di lavoro avente determinati requisiti dimensionali. In tali casi, il licenziamento deve essere preceduto da una comunicazione alla sede territoriale dell’INL che la trasmette al lavoratore interessato al fine di avviare la suddetta procedura di conciliazione.

[42]   Ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 150/2015, costituiscono livelli essenziali delle prestazioni in materia di servizi e politiche attive del lavoro le norme relative all’organizzazione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro a livello regionale e delle province autonome, ai servizi e misure di politica attiva del lavoro, al patto di servizio personalizzato, ai beneficiari delle prestazioni a sostegno del reddito quali NASpI e DIS-COLL e all’assegno di ricollocazione. Tali prestazioni, da erogare su tutto il territorio nazionale, sono ulteriormente specificate nel DM 11 gennaio 2018, n. 4

[43]   Gepi è la piattaforma per la gestione dei Patti per l’inclusione sociale e costituisce lo strumento per l'attuazione delle attività di competenza dei Comuni rivolte ai beneficiari del Reddito di cittadinanza.

[44]   Si ricorda, infatti, che la L. 197/2022 prevede che il ricorso al contratto di prestazione occasionale sia, di norma, vietato da parte delle imprese del settore agricolo, ma detta una disciplina transitoria per il biennio 2023-2024 che ammette il ricorso alle prestazioni occasionali in agricoltura.

[45]   Riguardo a tale valutazione, cfr., in particolare, l’articolo 17, comma 1, lettera a), e gli articoli da 28 a 30 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[46]   Di cui all’articolo 41 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[47]   I limiti minimi e massimi dell’ammenda sono stati, da ultimo, così elevati dall’articolo 1, comma 445, lettera d), numero 2), della L. 30 dicembre 2018, n. 145; per un’eventuale ulteriore maggiorazione, cfr. la lettera e) dello stesso articolo 1, comma 445.

[48]   Si ricorda che l’articolo 18, comma 3.2, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008 demanda la definizione delle modalità della suddetta valutazione congiunta ad un decreto attuativo (non ancora emanato).

[49]   Riguardo a quest’ultima, cfr. l’articolo 230-bis del codice civile.

[50]   I limiti minimi e massimi dell’ammenda sono stati, da ultimo, così elevati dall’articolo 1, comma 445, lettera d), numero 2), della L. 30 dicembre 2018, n. 145; per un’eventuale ulteriore maggiorazione, cfr. la lettera e) dello stesso articolo 1, comma 445.

[51]   Riguardo a tali requisiti, cfr. l’articolo 38 del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[52]   Le verifiche in oggetto concernono le attrezzature di cui all’allegato VII del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[53]   La sanzione è posta dall’articolo 87, comma 7, del citato D.Lgs. n. 81 del 2008; i limiti minimi e massimi sono stati, da ultimo, così elevati dall’articolo 1, comma 445, lettera d), numero 2), della L. 30 dicembre 2018, n. 145; per un’eventuale ulteriore maggiorazione, cfr. la lettera e) dello stesso articolo 1, comma 445.

[54]   La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 685.

[55]   I limiti minimi e massimi dell’ammenda sono stati, da ultimo, così elevati dall’articolo 1, comma 445, lettera d), numero 2), della L. 30 dicembre 2018, n. 145; per un’eventuale ulteriore maggiorazione, cfr. la lettera e) dello stesso articolo 1, comma 445.

[56]   Disciplina di cui al Titolo IV del citato D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni.

[57]   Per una ricognizione delle varie combinazioni in oggetto tra titoli di studio ed esperienza lavorativa, cfr. il comma 1 dell’articolo 98 del D.Lgs. n. 81 del 2008, e successive modificazioni - comma oggetto della novella parziale in esame -.

[58]   Cfr. l’articolo 9, comma 5, del D.L. 8 ottobre 2021, n. 139, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 dicembre 2021, n. 205.

[59]   Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, nella Regione siciliana e nelle province autonome di Trento e Bolzano l'Ispettorato nazionale del lavoro "provvede alla stipulazione di appositi protocolli d'intesa al fine di garantire, in detti territori, l'uniforme svolgimento dell'attività di vigilanza ed evitare la sovrapposizione di interventi ispettivi, nel rispetto delle competenze attribuite dai rispettivi statuti in materia di vigilanza sul lavoro e legislazione sociale. Detti protocolli possono prevedere, altresì, iniziative formative comuni e la condivisione delle migliori pratiche in materia di svolgimento dell'attività di vigilanza al fine di promuoverne l'uniformità a livello nazionale".  

[60]   La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 685.

[61]   Cfr., per un’interpretazione in tal senso, il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, e la L. 10 marzo 2000, n. 62.

[62]   Cfr. per un’interpretazione in tal senso, il citato testo unico di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994.

[63]   Tale assegno è pari, in via ordinaria, a 10.000 euro ed è riconosciuto al coniuge superstite o, in mancanza di questi, ai figli o, in mancanza di questi, agli ascendenti o, in mancanza di questi ultimi, ai fratelli e alle sorelle; qualora non esistano i suddetti superstiti, l'assegno è corrisposto a chiunque dimostri di aver sostenuto spese in occasione della morte del lavoratore, nella misura corrispondente alla spesa sostenuta ed entro il limite dell'importo suddetto di 10.000 euro.

[64]   Ai sensi del citato articolo 85 del testo unico di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965.

[65]   Riguardo ai fratelli e alle sorelle, la norma pone anche la condizione che convivessero con la persona deceduta. Riguardo all’ambito soggettivo, cfr. anche il quinto comma del citato articolo 85 del testo unico di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965.

[66]   Il riferimento alle “risorse disponibili a legislazione vigente” è stato inserito in luogo dell’originale clausola di invarianza finanziaria (“senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”) a seguito dell’approvazione dell’emendamento 17.100, il quale ha recepito una condizione formulata, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, dalla 5a Commissione permanente nel parere espresso nella seduta n. 84 del 6 giugno 2023.

[67]   Ai sensi dell’articolo 4, primo comma, numero 5), del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; in tale norma, le fattispecie di esperienze ed esercitazioni variano parzialmente a seconda della tipologia di struttura.

[68]   Ai sensi degli articoli 1 e 4 del citato testo unico di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965.

[69]   Le relazioni illustrativa e tecnica sono reperibili nell’A.S. n. 685.

[70]   Cfr. l’articolo 2, terzo comma, del citato testo unico di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965.

[71]   Gli altri due programmi guida sono costituiti dal Programma GOL (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) e dal Sistema duale, riferiti, rispettivamente, ai soggetti disoccupati e ai giovani.

[72]   La priorità “Nuove competenze per le transizioni digitale e verde” fa riferimento al Piano Nuove Competenze (PNC) quale cornice strategica per l’attivazione di interventi e azioni finalizzati anche allo sviluppo delle competenze necessarie a fronteggiare le transizioni tecnologiche, ecologiche e digitali e i processi di riorganizzazione produttiva indotti dalla pandemia, a tutti i livelli del sistema di istruzione e formazione, e in raccordo con le imprese e con i servizi per il lavoro. La formazione  prevista da tale Priorità concerne potenzialmente i seguenti ambiti: innovazioni aziendali volte all’efficientamento energetico e all’uso di fonti sostenibili; innovazioni aziendali volte alla promozione dell’economia circolare, alla riduzione di sprechi e al corretto trattamento di scarti e rifiuti, incluso il trattamento delle acque; innovazioni volte alla produzione e commercializzazione di beni e servizi a ridotto impatto ambientale; innovazioni volte alla produzione e commercializzazione sostenibile di beni e servizi nei settori agricoltura, silvicoltura e pesca, incluse le attività di ricettività agrituristica; innovazioni volte alla promozione della sensibilità ecologica, di azioni di valorizzazione o riqualificazione del patrimonio ambientale, artistico e culturale. Destinatari dell’intervento saranno i lavoratori e lavoratrici di imprese che hanno riconvertito o hanno intenzione di riconvertire l’attività produttiva per mutate esigenze organizzative e produttive, ovvero per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori o che hanno già sottoscritto progetti di transizione industriale che necessitano di un adeguamento delle competenze dei lavoratori.

[73]   Tale disposizione prevede che le risorse erogate dall’Unione europea per il periodo dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2021 a rimborso delle spese rendicontate per le misure emergenziali sono riassegnate alle stesse Amministrazioni che hanno proceduto alla rendicontazione, fino a concorrenza dei rispettivi importi, per essere destinate alla realizzazione di Programmi operativi complementari (POC) vigenti o da adottarsi.

[74]   Cfr. il nuovo asse 6 "Interventi REACT-EU" con la nuova priorità di investimento 13i e gli OS 13.1 e 13.2.

[75]   Disposizioni urgenti in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo del garante per la sorveglianza dei prezzi, nonché di sostegno per la fruizione del trasporto pubblico, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 23/2023.

[76]   Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 91/2022.

[77]   Per tali finalità, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può avvalersi, mediante stipulazione di apposite convenzioni, della società SOGEI - Società generale d'informatica Spa e CONSAP - Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa. Eventuali economie derivanti dall'utilizzo delle risorse previste per la realizzazione della piattaforma sono utilizzate per l'erogazione del beneficio.

[78]   Il decreto interministeriale lavoro/MEF/infrastrutture ha in particolare definito le modalità di presentazione delle domande per il rilascio del buono; le modalità di emissione del buono, anche ai fini del rispetto del limite di spesa; le modalità di rendicontazione da parte delle aziende di trasporto dei buoni utilizzati per l’acquisito degli abbonamenti.

[79]   Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 142/2022.

[80]   Ulteriori misure urgenti in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese, politiche sociali e per la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), convertito, con modificazioni, dalla legge 175/2022.

[81]    Decreto legge 18 novembre 2022, n. 176, Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6/2023.

[82]   Si tratta dell’incremento del contributo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (in misura pari allo 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo), ai sensi dell’articolo 25, quarto comma, della L. 845/1978. In particolare, i due terzi delle maggiori entrate derivanti dall'aumento contributivo richiamato affluiscono al Fondo di rotazione per la formazione professionale, istituito per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo di particolari progetti in materia.

[83]   Tale Fondo è stato istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro dall’articolo 18 comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008, con quota parte delle risorse nazionali disponibili sul Fondo aree sottoutilizzate (ora Fondo sviluppo e coesione), le quali sono state destinate alle attività di apprendimento, nonché di sostegno al reddito. In tale Fondo confluiscono ora le risorse del Fondo per l'occupazione nonché le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla normativa vigente e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione.

[84]   Riguardo all'ISEE, cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

[85]   Si ricorda che i valori delle varie componenti dell’assegno unico e universale e i connessi valori relativi alle soglie dell'ISEE sono adeguati annualmente - con decorrenza dal 1° marzo di ciascun anno - alle variazioni dell'indice del costo della vita (ai sensi dell’articolo 4, comma 11, del citato D.Lgs. n. 230 del 2021). Riguardo ai valori attuali, cfr. la circolare dell’INPS n. 41 del 7 aprile 2023.

[86]   La relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 685.

[87]   Ai sensi del citato articolo 17 del D.L. n. 4 del 2019.

[88]   Riguardo alla disciplina del trattamento pensionistico in oggetto, cfr. - oltre che i commi da 199 a 205 della citata L. n. 232 del 2016, e successive modificazioni, e il suddetto articolo 17 del D.L. n. 4 del 2019 - il regolamento di cui al D.P.C.M. 23 maggio 2017, n. 87.

[89]   La novella di cui al comma 1 concerne l’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni.

[90]   In tale ambito rientrano anche i datori di lavoro del settore agricolo (ai sensi dell’articolo 1, comma 1172, della L. 27 dicembre 2006, n. 296).

[91]   L’estensione ai committenti è stata operata dall’articolo 39 della L. 4 novembre 2010, n. 183.

[92]   Ai sensi dell’articolo 116, commi 8 e 9, della L. 23 dicembre 2000, n. 388.

[93]   La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 685.

[94]   Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).     

[95]   Cfr. il richiamato articolo 3, comma 9, della citata L. n. 335 del 1995.

[96]   La norma, riguardo a quest’ultimo punto, fa riferimento alle definizioni agevolate disciplinate: dall'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 (convertito dalla legge n. 136 del 2018); dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 34 del 2019 (convertito dalla legge n. 58 del 2019); dall'articolo 1, commi da 184 a 198, della legge n. 145 del 2018.

[97]   Le novelle in oggetto concernono gli articoli 19 e 21 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

[98]   Riguardo all'ambito di applicazione, cfr. la parte della scheda relativa al comma 1, lettera c), del presente articolo 24.

[99]   Si ricorda che un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro competenti per territorio (ai sensi del comma 3 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015).

[100] In merito, cfr. infra.

[101] Riguardo a tale termine, cfr. il comma 1.1 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015 - comma ora abrogato dal comma 1, lettera b), del presente articolo 24 -. In base a tale comma 1.1, il suddetto termine in deroga poteva essere apposto nel contratto solo nel periodo 25 luglio 2021-30 settembre 2022 (ferma restando l'applicazione del medesimo contratto nel periodo successivo, in base al termine di durata). Il termine iniziale del 25 luglio 2021 corrisponde alla data di entrata in vigore della L. 23 luglio 2021, n. 106, la quale, in sede di conversione del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, aveva inserito il suddetto comma 1.1 nel citato articolo 19.

[102] La condizione della sussistenza di una causale non si applica per le proroghe e i rinnovi dei rapporti di lavoro concernenti le attività stagionali.

      In merito alla distinzione tra proroga e rinnovo (nell’ambito dell’istituto del lavoro dipendente a termine), si ricorda che il comma 2 del citato articolo 21 del D.Lgs. n. 81 del 2015 richiede la decorrenza di termini dilatori minimi, prima del rinnovo del contratto a tempo determinato.

      In ogni caso, anche in presenza di una causale, la durata massima complessiva dei contratti (come prorogati o rinnovati) non può superare i ventiquattro mesi, ferma restando la suddetta possibilità di un ulteriore contratto a termine - della durata massima di dodici mesi - stipulato presso gli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro competenti per territorio (cfr. i commi 2 e 3 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni). Al fine del computo del suddetto limite di ventiquattro mesi, si tiene altresì conto dei periodi di missione - aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti - nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.

[103] L’esclusione dal computo concerne anche il periodo successivo a tale data, sempre che il contratto sia stato stipulato prima della medesima.

      Si ricorda che nella suddetta data del 5 maggio 2023 è entrato in vigore il presente D.L. n. 44.

[104] Di cui all’articolo 31, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni.

[105] Riguardo all’ambito di tali contratti collettivi, cfr. infra.

[106] Più in particolare, tale norma transitoria faceva riferimento a "specifiche esigenze" previste dai contratti in esame.

[107] Ai sensi del comma 1-bis del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015.

[108] Riguardo al contenuto di tali novelle, cfr. supra.

[109] Per altri ambiti, che sono invece esclusi dall’intera disciplina sui contratti di lavoro a termine di cui al citato D.Lgs. n. 81, o che sono esclusi da molte norme della stessa, cfr. l'articolo 29 del medesimo D.Lgs., e successive modificazioni.

[110] Riguardo al comma 1.1 del citato articolo 19 del D.Lgs. n. 81 del 2015 - comma ora abrogato dalla presente lettera b) -, cfr. supra, in nota.

[111] Riguardo all’ambito di tali contratti collettivi, cfr. infra.

[112] Si ricorda che, in via generale, il contratto di apprendistato è qualificato come un contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 41, comma 1, del citato D.Lgs. n. 81 del 2015).

      Si ricorda altresì che possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato (art. 31, comma 1 citato, del D.Lgs. n. 81 del 2015).

[113] Riguardo a tale riferimento normativo, cfr. supra.

[114] Riguardo all’ambito di tali contratti collettivi, cfr. infra.

[115] Nel caso di inizio dell'attività nel corso dell'anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione (tra soggetto somministratore e utilizzatore) del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.

[116] Cfr. il comma 2 del citato articolo 31 del D.Lgs. n. 81 del 2015, e successive modificazioni.

[117] Di cui all’articolo 41 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni.

[118] Riguardo alla procedura prevista per la stipulazione degli accordi di espansione, cfr. infra.

[119] Riguardo ai limiti complessivi annui di spesa pubblica previsti - limiti che restano vigenti per i singoli anni -, cfr. l’ottavo e l’undicesimo periodo del comma 5-bis dell’articolo 41 del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni, e l’articolo 39 del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106.

[120] Riguardo ai requisiti che devono possedere tali lavoratori, cfr. infra.

[121] Cfr. il citato comma 5-bis dell’articolo 41 del D.Lgs. n. 148 del 2015, comma al quale si rimanda per le modalità attuative della normativa qui ricordata.

[122] Riguardo alla disciplina di quest’ultimo, cfr. il Titolo I del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, e successive modificazioni.

[123] Per il calcolo di quest’ultima, cfr. l’articolo 12 del citato D.Lgs. n. 22 del 2015.

[124]. Gli altri elementi del rapporto di lavoro che devono essere comunicati al lavoratore ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. 152/1997 riguardano: l'identità delle parti ivi compresa quella dei codatori; il luogo di lavoro; la sede o il domicilio del datore di lavoro; l'inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro; la data di inizio del rapporto di lavoro; la tipologia di rapporto di lavoro; nel caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro, l'identità delle imprese utilizzatrici; l’esistenza di sistemi decisionali o di monitoraggio interamente – come disposto dall’articolo in commento – automatizzati.

[125] Ai sensi dell’art. 1-bis, c. 1, del D.Lgs. 152/1997 – novellato dalla disposizione in commento – si tratta di sistemi deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessa-zione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

[126] L’art. 32 del Regolamento (UE) 651/2014 richiamato dalla disposizione in commento, stabilisce che i regimi di aiuti per l'assunzione di lavoratori svantaggiati sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica previsto dal Trattato sul funzionamento dell’UE purché soddisfino alcune condizioni, tra cui: i costi ammissibili corrispondono ai costi salariali durante un periodo massimo di 12 mesi dall’assunzione del lavoratore svantaggiato (24 mesi se l’assunzione riguarda un lavoratore molto svantaggiato); ai lavoratori svantaggiati sia garantita la continuità dell'impiego per un periodo minimo compatibile con la legislazione nazionale o con contratti collettivi in materia di contratti di lavoro; se il periodo d'occupazione è più breve di 12 mesi, o di 24 mesi nel caso di un lavoratore molto svantaggiato, l'aiuto sarà proporzionalmente ridotto di conseguenza; l'intensità di aiuto non superi il 50% dei costi ammissibili.

[127] Tale cumulabilità è prevista in deroga all’art. 1, c. 214, della L. 205/2017.

[128]   Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile attraverso cui viene adottato il Programma Garanzia giovani, rivolto, in Italia, all’inserimento lavorativo di giovani NEET fino ai 29 anni di età.

[129] Programma cofinanziato dal Fondo sociale europeo Plus, approvato dalla Commissione europea con decisione C(2022)9030 del 1° dicembre 2022 e volto alla promozione del lavoro e delle competenze, a favorire l’occupazione di giovani, donne e persone fragili e a modernizzare i servizi per il lavoro e le politiche attive - nel rispetto dei criteri di ammissibilità e delle procedure del predetto programma

[130] Si tratta dell’esonero totale dal versamento dei contributi dovuti, riconosciuto in favore dei datori di lavoro privati per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, effettuate nel biennio 2021-2022 di lavoratrici donne (per le quali l’incentivo si applica anche in caso di assunzioni a tempo determinato) o di giovani che non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età. Si ricorda che entrambi gli esoneri torneranno ad essere previsti nella misura del 50 per cento a decorrere dal 2024 e che quello relativo alle assunzioni di giovani riguarderà, dalla medesima data, i soggetti che non abbiano compiuto il trentesimo anno di età.

[131] Si tratta dell’esonero parziale riconosciuto in favore dei datori di lavoro operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia. Si ricorda che tale esonero è pari al 30 per cento fino al 31 dicembre 2025, al 20 per cento per gli anni 2026 e 2027 e al 10 per cento per gli anni 2028 e 2029.

[132] Riguardo a tale trasmigrazione, cfr. l'articolo 54 del citato codice del Terzo settore, e successive modificazioni, nonché il D.M. 15 settembre 2020 (come modificato dal decreto direttoriale del 29 luglio 2021).

[133] Si ricorda che le organizzazioni iscritte nell'anagrafe delle ONLUS potranno attivare la procedura per richiedere la propria iscrizione nel suddetto Registro unico nazionale del Terzo settore entro il 31 marzo del periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea relativa alle misure fiscali previste dal citato codice del Terzo settore. Riguardo alla correlata abrogazione della disciplina delle ONLUS (e della relativa anagrafe), cfr. l'articolo 102, comma 2, lettera a), e l'articolo 104, comma 2, del citato codice del Terzo settore.

[134] Le relazioni illustrativa e tecnica sono reperibili nell’A.S. n. 685.

[135] Tale Fondo è stato istituito "al fine di garantire misure di sostegno alle strutture semiresidenziali, comunque siano denominate dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità, che in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 devono affrontare gli oneri derivanti dall'adozione di sistemi di protezione del personale e degli utenti".

[136] Complessivamente, le novelle concernono il codice del Terzo settore, di cui al D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, e il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112, relativo specificamente all’impresa sociale.

[137] Riguardo a tali attività, cfr. infra.

[138] Nel testo originario, la novella riguardava solo il codice del Terzo settore e non anche la suddetta disciplina specifica sull’impresa sociale.

[139] Tale possibilità di deroga veniva ammessa per il caso di comprovate esigenze di acquisizione di specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale relative ad almeno uno dei seguenti ambiti: interventi e prestazioni sanitarie; formazione universitaria e post-universitaria; ricerca scientifica di particolare interesse sociale.

[140] Cfr. l’articolo 16 del citato codice del Terzo settore, e successive modificazioni, e, per le imprese sociali, l’articolo 13, comma 1, del citato D.Lgs. n. 112 del 2017.

[141] Riguardo all’ambito degli enti del Terso settore tenuti alla redazione del bilancio sociale, cfr. l’articolo 14 del citato codice di cui al D.Lgs. n. 117 del 2017. L’impresa sociale è sempre tenuta alla redazione del bilancio sociale (articolo 9, comma 2, del citato D.Lgs. n. 112 del 2017).

[142] Riguardo alla suddetta relazione, cfr. l’articolo 13, comma 1, del citato codice di cui al D.Lgs. n. 117 del 2017, e successive modificazioni.

[143] Si ricorda che il divieto discende dalla qualificazione delle corresponsioni in oggetto come distribuzione (indiretta) di utili; la distribuzione (anche indiretta) di utili è vietata per gli enti e le imprese in esame (cfr. infra, in nota, per i riferimenti normativi).

      Riguardo alla nozione di contratti collettivi, cfr. infra.

[144] Cfr. l’articolo 8 del citato codice del Terzo settore e, per le imprese sociali, l’articolo 3 del citato D.Lgs. n. 112 del 2017, e successive modificazioni.

[145] Cfr. i citati articolo 16 del codice del Terzo settore e articolo 13, comma 1, del D.Lgs. n. 112 del 2017.

[146] La deroga concerne i limiti di durata previsti dagli articoli 4 e 22 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.

[147] Cfr., al riguardo, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto, la quale stima che alcuni prolungamenti decorrano retroattivamente dal 1° ottobre 2022 (la relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 685).

[148] Fondo di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[149] Riguardo all'ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente), cfr. il regolamento di cui al D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159; si ricorda che, nell’ambito di tale disciplina, la presentazione tramite un centro di assistenza fiscale costituisce una delle modalità di presentazione della DSU (cfr. l'articolo 10, comma 6, del citato regolamento di cui al D.P.C.M. n. 159).

[150] Ai sensi dell'articolo 1, comma 479, della L. 27 dicembre 2019, n. 160.

[151] Ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 5, della L. 31 dicembre 2009, n. 196.

[152] Si ricorda che i residui passivi consistono nelle somme già impegnate (sotto il profilo contabile) e non ancora spese (in termini di cassa) e che essi sono soggetti a perenzione qualora il pagamento non si verifichi.

[153] Riguardo a tale limite e alle relative esclusioni, cfr. gli articoli 3 e 16 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66.

[154] Meccanismo che consente ai veicoli dell’impianto a fune di svincolarsi dalla fune nel percorso in stazione.

[155] Di cui all’articolo 54-bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, e successive modificazioni.

[156] Il riferimento è all’anno civile, ovvero al periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre dello stesso anno.

[157] Riguardo ad essi, cfr. il comma 1 del citato articolo 54-bis del D.L. n. 50 del 2017, e successive modificazioni.

[158] Riguardo alla nozione di anno civile, che è quella a cui fanno riferimento le norme in esame, cfr. supra, in nota.

[159] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 685.

[160] La relazione illustrativa e l’analisi tecnico-normativa al disegno di legge europea 2017 facevano presente che, sui circa 500 ex lettori in servizio nelle università statali, circa 260 avevano un contenzioso pendente con gli atenei dai quali dipendevano.

[161] La relazione tecnica al disegno di legge europea 2017 evidenziava che l’onere complessivo pari a € 8.705.000 annui era stato calcolato moltiplicando il costo massimo pro capite per l’adeguamento stipendiale (pari a € 33.480) per le 260 unità interessate.

[162] Come specificato dall’INPS con il messaggio n. 1932 del 2023. Per le modalità di applicazione alla tredicesima dello sgravio contributivo, cfr. la Circ. INPS n. 7 del 2023.

[163] La riduzione della quota a carico del lavoratore prevista dalla norma in commento opera, distintamente, sia sulla retribuzione lorda imponibile ai fini previdenziali corrisposta nel mese - o su quella al netto dei ratei di mensilità aggiuntiva, se i ratei della tredicesima mensilità vengono erogati nei singoli mesi -, con una riduzione del 6 o del 7 per cento a seconda dell’importo, sia sull’importo della tredicesima mensilità corrisposta nel mese di competenza di dicembre 2023 - o sui ratei di tredicesima, se questi sono erogati mensilmente -, con una riduzione del 2 o del 3 per cento a seconda dell’importo.

[164] Si ricorda che tale aliquota - che consiste nella percentuale applicata alla retribuzione per calcolare il montante contributivo annuo da rivalutare nel sistema contributivo – per i lavoratori dipendenti è pari al 33 per cento.

[165] Tale limite è stato più volte elevato in via transitoria. Per l'ultimo precedente elevamento, concernente il periodo d'imposta relativo al 2022, cfr. l'articolo 12 del D.L. 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 settembre 2022, n. 142, e successive modificazioni.

      Si ricorda altresì che l’articolo 1, comma 1, del D.L. 14 gennaio 2023, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 marzo 2023, n. 23, riconosce un'esenzione dal computo del reddito imponibile fiscale del lavoratore, con riferimento al valore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l’acquisto di carburanti, ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti nell'anno 2023, fino ad un importo pari a 200 euro per lavoratore. Tale beneficio è posto in via aggiuntiva rispetto al regime generale di esenzione - e al relativo limite quantitativo - per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore dipendente e per alcune somme specifiche eventualmente erogate al medesimo. Tale beneficio non concerne la base imponibile della contribuzione previdenziale. 

[166] Cfr. infra, in merito.

[167] Di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[168] La relazione tecnica è reperibile nell'A.S. n. 685.

[169] La relazione illustrativa è reperibile nell'A.S. n. 685.

[170] Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122/2022.

[171] Di cui 48 milioni coperti a valere sul Fondo per le politiche della famiglia, di cui all’articolo 19, co. 1, DL n. 223/2006 (L. n. 248/2006), 2 milioni mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, a valere sulle risorse trasferite nel 2022 al pertinente bilancio autonomo ai sensi del richiamato articolo 19, comma 1, e quanto a 8 milioni di euro, mediante riduzione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, co. 3, del richiamato DL- 223/2006.

[172] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15 del 2022.

[173] Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77/2020.

[174] di cui all'articolo 19, comma 1, DL. n. 223/2006, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[175] Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106/2021.

[176] Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 69 del 2021.

[177] Tali norme transitorie sono poste dall'articolo 90, commi 1 e 2, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77. Per le proroghe dei relativi termini temporali, cfr. l'articolo 10, comma 2, e l'allegato B del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 maggio 2022, n. 52, l'articolo 23-bis, comma 2, del D.L. 9 agosto 2022, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 settembre 2022, n. 142, e l’articolo 9, comma 5-ter, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14.

[178] Riguardo alla relativa normativa, cfr. la scheda di lettura dell’articolo 14, comma 1, lettera a), del presente decreto.

[179] Articolo 87, comma 2, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[180] Riguardo alla misura di tale limite, cfr. infra.

[181] Ai sensi del suddetto articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per "amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300", nonché (fino ad una revisione organica della disciplina di settore) il CONI.

[182] Il ricorso a maggiore indebitamento netto, richiesto dal Governo con la nuova Relazione al Parlamento (DOC. LVII, n. 1 – ANNESSO-bis) presentata il 27 aprile 2023, è stato autorizzato dal Parlamento il 28 aprile 2023 con apposite risoluzioni (n. 6-00032 alla Camera dei deputati e n. 6-00031 al Senato). Si rammenta che la nuova Relazione al Parlamento, approvata dal Consiglio dei ministri il 27 aprile 2023, è stata trasmessa nella medesima giornata alle Camere, a seguito della mancata approvazione della prima Relazione, presentata contestualmente al DEF 2023.

[183] Il comma 11-ter prevede, infatti, che nella seconda sezione del disegno di legge di bilancio sia annualmente stabilito, per ciascun anno del triennio di riferimento, in relazione all'indicazione del fabbisogno del settore statale, l'importo massimo di emissione di titoli dello Stato, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare.