Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Ambiente
Titolo: Disposizioni urgenti per il contrasto della scarsità idrica e per il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture idriche
Riferimenti: AC N.1195/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 97/2
Data: 03/06/2023
Organi della Camera: VIII Ambiente

 

 

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Dossier n. 81/2

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 97/2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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D23039b

 


INDICE

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Cabina di regia per la crisi idrica)............................................. 5

§  Articolo 2 (Superamento del dissenso e poteri sostitutivi).......................... 13

§  Articolo 3 (Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica della scheda) 18

§  Articolo 3, comma 7-bis (Sistema acquedottistico del Peschiera).............. 21

§  Articolo 4 (Disposizioni urgenti per la realizzazione, il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche)................................................. 22

§  Articolo 4, comma 4-bis (Semplificazioni per l'installazione di impianti fotovoltaici flottanti)..................................................................................... 27

§  Articolo 4-bis (Misure per garantire la continuità della produzione di energia elettrica durante lo stato di emergenza in relazione al deficit idrico)........................................................................................................... 30

§  Articolo 5 (Misure per garantire l’efficiente utilizzo dei volumi degli invasi per il contrasto alla crisi idrica)....................................................... 32

§  Articolo 6 (Vasche di raccolta di acque piovane per uso agricolo)............ 36

§  Articolo 7 (Riutilizzo delle acque reflue depurate ad uso irriguo).............. 38

§  Articolo 7-bis (Disposizioni urgenti sul deflusso ecologico in caso di circostanze eccezionali di scarsità idrica)................................................... 41

§  Articolo 8 (Attuazione degli interventi di manutenzione degli invasi)............. 43

§  Articolo 9 (Disposizioni urgenti in materia di fanghi da depurazione)....... 44

§  Articolo 9-bis (Disposizioni urgenti in materia di genetica agraria).......... 46

§  Articolo 10 (Modifiche alla disciplina degli impianti di desalinizzazione). 51

§  Articolo 11 (Misure per l’istituzione degli Osservatori distrettuali permanenti sugli utilizzi idrici e per il contrasto ai fenomeni di scarsità idrica)........................................................................................................... 59

§  Articolo 12 (Misure per il rafforzamento del sistema sanzionatorio per l’estrazione illecita di acqua e per gli inadempimenti nell’ambito delle attività di esercizio e manutenzione delle dighe)......................................... 61

§  Articolo 13 (Piano di comunicazione relativo alla crisi idrica).................. 63

§  Articolo 13-bis (Clausola di salvaguardia)................................................. 64

§  Articolo 14 (Entrata in vigore).................................................................... 66

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Cabina di regia per la crisi idrica)

 

 

L’articolo 1, modificato dal Senato, al fine di promuovere l’adeguamento della rete infrastrutturale idrica ai nuovi fabbisogni connessi al fenomeno della siccità, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Cabina di regia per la crisi idrica (comma 1). Alla Cabina di regia è attribuito l’esercizio di funzioni di impulso e coordinamento in merito alla realizzazione degli interventi, monitoraggio della realizzazione delle infrastrutture idriche già approvate e finanziate (ad esclusione di quelle finanziate dal PNRR e dal PNC), promozione del coordinamento tra i diversi livelli di governo ed enti pubblici e privati e dell’attivazione dei poteri sostitutivi, e monitoraggio sulla corretta utilizzazione delle risorse finanziarie (commi 2 e 8). La Cabina di regia effettua una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione, individuando quelli che possono essere realizzati da parte del Commissario, sulla base della comunicazione delle risorse disponibili da parte delle amministrazioni competenti (commi 3 e 4). Entro quindici giorni dalla scadenza del termine per l’effettuazione della ricognizione di cui al comma 3, con D.P.C.M. – sul cui schema è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari – si provvede, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, alla rimodulazione delle risorse disponibili e dei relativi interventi, nonché all’approvazione del programma degli interventi (commi 5 e 6). Sono, infine dettate disposizioni sui profili finanziari e organizzativi, sui monitoraggi periodici e sull’obbligo di riferire periodicamente alla Cabina di regia da parte dei Commissari di cui agli articoli 2 e 3 (commi 7, 9, 10 e 11).

 

Il comma 1, modificato dal Senato, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri una Cabina di regia per la crisi idrica, organo collegiale presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ovvero, su delega di questi, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e composto dai seguenti soggetti:

§  Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

§  Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica;

§  Ministro per gli affari europei, il sud, le politiche di coesione e il PNRR;

§  Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;

§  Ministro per la protezione civile e le politiche del mare;

§  Ministro per gli affari regionali e le autonomie;

§  Ministro dell’economia e delle finanze;

§  Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome o un presidente di regione o provincia autonoma da lui delegato (previsione aggiunta dal Senato, in sostituzione della iniziale previsione della mera facoltà di invito del medesimo soggetto in caso di trattazione di materie di interesse delle regioni e delle province autonome).

Alle sedute della Cabina di regia possono inoltre essere invitati, in ragione della tematica affrontata, i Ministri interessati.

Partecipa alle riunioni della Cabina di regia con funzioni di segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega in materia di coordinamento della politica economica e di programmazione degli investimenti pubblici.

 

Il comma 2 attribuisce alla Cabina di regia l’esercizio di funzioni di indirizzo, coordinamento e monitoraggio per il contenimento e il contrasto della crisi idrica connessa alla drastica riduzione delle precipitazioni.

 

Il comma 3 prevede che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (e dunque entro il 15 maggio 2023, essendo il decreto entrato in vigore il 15 aprile 2023), la Cabina di regia effettua una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per far fronte nel breve termine alla crisi idrica, individuando quelli che possono essere realizzati da parte del Commissario, ai sensi dell’art. 3 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

La relazione tecnica precisa gli interventi di urgente realizzazione oggetto della ricognizione sono quelli che presentino caratteristiche progettuali tali da permettere l’immediato avvio dei lavori per far fronte nel breve termine alla crisi idrica.

La ricognizione indica, per ciascun intervento:

§  il fabbisogno totale o residuo in caso di opere parzialmente finanziate;

§  e il relativo ordine di priorità di finanziamento.

 

Il comma 4 dispone che entro il medesimo termine di cui al comma 3 (ossia entro il 15 maggio 2023), le amministrazioni competenti comunicano alla Cabina di regia le risorse disponibili destinate a legislazione vigente al finanziamento di interventi nel settore idrico per i quali non siano già intervenute obbligazioni giuridicamente vincolanti, salvo che non dichiarino il carattere di urgenza dell’intervento per la crisi idrica. Le predette risorse previa rimodulazione delle stesse ai sensi del comma 5 (come precisato al Senato), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono destinate al finanziamento degli interventi di cui al medesimo comma 3, fermo restando il finanziamento della progettazione per gli interventi oggetto di rimodulazione.

 

Il comma 5, modificato dal Senato, stabilisce che entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3 per l'effettuazione della ricognizione di cui al medesimo comma 3 e delle comunicazioni di cui al comma 4, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

§  alla rimodulazione delle risorse disponibili e dei relativi interventi, come individuati ai sensi del comma 4;

§  nonché all’approvazione del programma degli interventi individuati dalla Cabina di regia ai sensi del comma 3, nel limite delle risorse disponibili.

 

Il comma 6 disciplina nel dettaglio contenuto e procedura di adozione del D.P.C.M. di cui al comma 5. In particolare, il primo e il secondo periodo del comma 6 prevedono che il decreto di cui al comma 5:

§  ripartisce le risorse tra gli interventi identificati con codice unico di progetto, indicando per ogni intervento il cronoprogramma procedurale, l’amministrazione responsabile ovvero il soggetto attuatore, nonché il costo complessivo dell’intervento a valere sulle risorse di cui al comma 5 ovvero a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente;

§  provvede altresì a indicare la quota di risorse da destinare agli interventi di cui all’articolo 4, comma 3 (ossia gli interventi urgenti per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi delle dighe), finalizzati al potenziamento e all’adeguamento delle infrastrutture idriche e al recupero della capacità di invaso, anche attraverso la realizzazione delle operazioni di sghiaiamento e sfangamento delle dighe, sulla base dei progetti di gestione di cui all’art. 114 del D. Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’ambiente).

L’art. 114 del D. Lgs. n. 152/2006 dispone, al comma 2, che al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse. Ai sensi del comma 5, il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del D. Lgs. n. 112/1998, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui all’art. 91 del D. Lgs. n. 112/1998 (ossia le dighe che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d'invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi), il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'art. 6 del D.P.R. n. 1363/1959, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine. Il comma 6 dispone che con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

 

Il terzo periodo del comma 6 prevede che lo schema di D.P.C.M. è trasmesso, corredato di relazione tecnica, alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il parere deve essere reso entro il termine di sette giorni dalla data della trasmissione, decorsi i quali il decreto può comunque essere adottato.

Il comma 7 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche nel conto dei residui e, ove necessario, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione ai pertinenti stati di previsione della spesa.

La relazione tecnica evidenzia che dai commi 5, 6 e 7 non derivano effetti finanziari in quanto il programma degli interventi viene definito nel limite delle risorse disponibili individuate ai sensi del comma 5 e a invarianza dei saldi di finanza pubblica.

 

Il comma 8, modificato dal Senato, elenca nel dettaglio le attribuzioni della Cabina di regia, stabilendo che, fermi restando i compiti e le funzioni di cui al comma 2, essa:

a) svolge attività di impulso e coordinamento in merito alla realizzazione degli interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della scarsità idrica, nonché al potenziamento e all’adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e ridurne le dispersioni; con una integrazione operata dal Senato, viene precisato che ai fini di cui alla presente lettera, la Cabina di regia individua gli interventi funzionali al potenziamento della capacità idrica suscettibili di esecuzione tramite forme di partenariato pubblico privato, anche se non ancora inseriti nella programmazione triennale di cui all'art. 21 del D. Lgs. n. 50/2016, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente;

L’art. 21 del D. Lgs. n. 50/2016 (vecchio Codice dei contratti pubblici) disciplina la procedura di programmazione degli acquisti e dei lavori pubblici, prevedendo (al comma 1) che le amministrazioni aggiudicatrici adottano il programma biennale degli acquisti di beni e servizi e il programma triennale dei lavori pubblici, nonché i relativi aggiornamenti annuali e che i programmi sono approvati nel rispetto dei documenti programmatori e in coerenza con il bilancio e, per gli enti locali, secondo le norme che disciplinano la programmazione economico-finanziaria degli enti. La nuova disciplina del programma triennale dei lavori pubblici – che acquisterà efficacia dal 1° luglio 2023 – è ora dettata dall’art. 37 del D. Lgs. n. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici).

b) ferme restando le competenze e le procedure di approvazione previste a legislazione vigente, monitora la realizzazione delle infrastrutture idriche già approvate e finanziate nell’ambito delle politiche di investimento nazionali ed europee, ivi incluse quelle di coesione, ad eccezione di quelle finanziate nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano Nazionale Complementare (PNC), anche sulla base dei dati ricavabili dai sistemi informativi del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;

Si ricorda che il PNRR prevede investimenti per 2 miliardi di euro in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell'approvvigionamento idrico (M2C4.4-I.4.1 – 28, 29) miranti a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento idrico di importanti aree urbane e delle grandi aree irrigue, l’adeguamento e il mantenimento della sicurezza delle opere strutturali, e una maggiore resilienza delle infrastrutture, anche in un'ottica di adattamento ai cambiamenti climatici. Con il D.M. 16 dicembre 2021, n. 517 sono stati individuati 124 interventi e assegnate le risorse ai soggetti attuatori. Entro il terzo trimestre del 2023 è previsto il traguardo relativo all’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici relativi alla linea di investimento in oggetto. Per approfondimenti sugli interventi e sul relativo stato di attuazione si rinvia alla tabella “Acqua e territorio – investimenti” nella sezione PNRR del portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

c) promuove il coordinamento tra i diversi livelli di governo, gli enti pubblici nazionali e territoriali e ogni altro soggetto pubblico e privato competente, anche fornendo misure di accompagnamento ai soggetti attuatori per la risoluzione di eventuali criticità;

d) nell’ambito delle attività di monitoraggio svolte ai sensi dell’articolo in esame, promuove, in caso di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente idoneo a precludere la realizzazione degli interventi urgenti di cui alla lettera b) e al comma 3 ovvero di ritardo, inerzia o difformità nella progettazione ed esecuzione dei medesimi, nonché qualora sia messo a rischio, anche in via prospettica, il rispetto del relativo cronoprogramma, l’attivazione dei poteri sostitutivi di cui all’art. 2 (alla cui scheda di lettura si rinvia);

e) svolge attività di coordinamento e monitoraggio in ordine alla corretta, efficace ed efficiente utilizzazione delle risorse finanziarie disponibili per le finalità dell’articolo in esame, anche presenti nelle contabilità speciali e nei fondi destinati alla realizzazione degli interventi urgenti di cui alla lettera b) e al comma 3, anche attraverso la corretta alimentazione delle banche dati esistenti.

 

Il comma 9 attribuisce alla Cabina di regia, per le funzioni di cui ai commi 2 e 8, il compito di acquisire dagli enti e dai soggetti attuatori i monitoraggi periodici sullo stato di attuazione degli interventi di cui al comma 3 e alla lettera b) del comma 8, predisposti anche sulla base delle informazioni ricavabili dai sistemi informativi del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

Il comma 10, integrato dal Senato, prevede che le funzioni di segreteria tecnica della Cabina di regia sono esercitate dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri. A tal fine, viene previsto che il Dipartimento può avvalersi fino a un massimo di tre esperti o consulenti, di cui all'art. 9, comma 2, del D. Lgs. n. 303/1999, e che ad essi compete un compenso fino a un importo massimo annuo di euro 50.000 al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico dell'amministrazione per singolo incarico. Il compenso è definito con il provvedimento di nomina.

Il comma 2 dell’art. 9 del D. Lgs. n. 303/1999 prevede che la Presidenza del Consiglio si avvale, tra l’altro, per le prestazioni di lavoro di livello non dirigenziale, di consulenti o esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, nominati per speciali esigenze secondo criteri e limiti fissati dal Presidente.

A tal fine viene autorizzata la spesa di euro 87.500 per l’anno 2023 e di euro 150.000 per l’anno 2024 e si prevede che al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'art. 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

L’ultimo periodo del comma in esame, introdotto dal Senato, prevede che il Dipartimento può avvalersi, altresì, a titolo gratuito e per quanto di rispettiva competenza, dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dei distretti idrografici competenti per territorio, dell'Ordine Nazionale dei Geologi, dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali e del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.

Il comma 200 della L. n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione. Il Fondo, la cui dotazione è stata ripetutamente rideterminata da norme di legge, è ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 11, al primo periodo, prevede l’obbligo di riferire periodicamente alla Cabina di regia, mediante la trasmissione di una relazione sulle attività espletate, a carico:

-      del Commissario straordinario di cui all’art. 3, comma 1;

-      dei Commissari di cui all’art. 3, comma 7, primo periodo;

Il riferimento è ai Commissari straordinari nominati ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 32/2019 per la realizzazione degli interventi afferenti le infrastrutture di cui al comma 1, ai Commissari straordinari per il dissesto idrogeologico, ai Commissari per l'attuazione degli interventi idrici di cui all'art. 1, comma 153, della L. n. 145/2018, e al Commissario unico nazionale per la depurazione di cui all’art. 2, comma 1, del D.L. n. 243/2016 e all’art. 5, comma 6, del D.L. n. 111/2019, qualora già nominati alla data di entrata in vigore del presente decreto.

-      e dei Commissari eventualmente nominati ai sensi dell’art. 2.

 

Il riferimento è ai commissari ad acta eventualmente nominati, nell’esercizio dei poteri sostitutivi, ai sensi dell’art. 12 del D.L. n. 77/2021, previsti dall’art. 2 del decreto in esame.

 

La relazione sulle attività espletate reca l’indicazione:

§  dello stato di realizzazione degli interventi ad essi affidati sulla base delle informazioni di cui al comma 9;

§  e delle iniziative adottate e da intraprendere, anche in funzione delle eventuali criticità riscontrate.

 

Il secondo periodo del comma in esame prevede, infine, un analogo obbligo di riferire periodicamente alla Cabina di regia, mediante la trasmissione della relazione di cui al primo periodo, per il tramite del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche per i Commissari delegati per gli interventi urgenti per la gestione della crisi idrica di cui all’art. 3, comma 7, secondo periodo (ossia i Commissari delegati per gli interventi urgenti per la gestione della crisi idrica, nominati a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico, ai sensi degli articoli 7, comma 1, lettera c), 16, comma 1, e 24, commi 1 e 3, del D. Lgs. n. 1/2018, nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto, Umbria, Lazio, Liguria, Toscana e Marche fino al 31 dicembre 2023).

 

 


 

Articolo 2
(Superamento del dissenso e poteri sostitutivi)

 

 

L’articolo 2 disciplina l’esercizio di poteri sostitutivi per situazioni di inerzia, ritardo o difformità nella progettazione ed esecuzione degli interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico.

Così come profila un meccanismo di superamento del dissenso, per i casi di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente, proveniente da un organo di un ente territoriale interessato che, secondo la legislazione vigente, sia idoneo a precludere la realizzazione degli interventi.

Qualora si opti, entro l’esercizio di poteri sostitutivi, per la nomina di un Commissario ad acta, gli oneri che ne conseguano sono previsti gravare sul soggetto attuatore inadempiente.

 

L'articolo 2 detta previsioni in ordine all’esercizio di poteri sostitutivi e al superamento del dissenso allorché, nella realizzazione di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico, si palesino casi di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente idoneo a precludere la realizzazione degli interventi urgenti, ovvero casi di ritardo, inerzia o difformità nella progettazione ed esecuzione dei medesimi interventi, o ancora qualora ne sia messo a rischio il crono-programma.

La disciplina così posta è ‘bipartita’, a seconda si tratti di inerzia, ritardo o difformità nella progettazione ed esecuzione degli interventi, o si tratti di preclusivi dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente da parte di organo di un ente territoriale.

Nel primo caso ossia situazioni di inerzia, ritardo o difformità nella progettazione ed esecuzione degli interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico – il comma 1 disegna l’esercizio di poteri sostitutivi, la cui proposta è in capo alla Cabina di regia per la crisi idrica (istituita dall’articolo 1 del presente decreto-legge).

Siffatti poteri sostitutivi hanno la medesima portata di alcuni poteri già attribuiti allo Stato per il caso di inadempienza di un soggetto attuatore di progetti o interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del medesimo PNRR).

Infatti la disposizione in esame fa rinvio a puntuali disposizioni del decreto-legge n. 77 del 2021, il quale, oltre ad allestire in prima battuta la governance del PNRR, ha definito misure di accelerazione e snellimento delle correlative procedure amministrative. Il suo articolo 12 tratta, specificamente, di poteri sostitutivi. Il testo vigente di quell’articolo è la risultante, peraltro, di una rivisitazione condotta dal decreto-legge n. 13 del 2023 (all’articolo 3).

Ad essere qui richiamati, dell’articolo 12 del decreto-legge n. 77 del 2021, sono i commi 1, 5, 5-bis e 6, quarto periodo.

Il citato comma 1 dell’articolo 12 del decreto-legge n. 77 disciplina la procedura di attivazione del potere sostitutivo nei confronti degli enti territoriali – regioni, province autonome, città metropolitane, province e comuni, “ambiti territoriali sociali” – qualora, operando come soggetti attuatori di progetti o interventi del PNRR, essi risultino inadempienti.

La norma specifica, a titolo esemplificativo, che l’inadempienza può concretizzarsi nella mancata adozione di atti e provvedimenti necessari all’avvio dei progetti; o nel ritardo, inerzia, difformità, nell’esecuzione di progetti e interventi.

In ogni caso, condizione per esercitare il potere sostitutivo è che sia a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR.

In tali frangenti il Presidente del Consiglio – su proposta della Cabina di regia, si è ricordato – pone al soggetto attuatore un termine non superiore a quindici

giorni per provvedere.

In caso di perdurante inerzia, il Consiglio dei ministri (su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente, sentito il soggetto attuatore) individua il soggetto cui attribuire, in via sostitutiva, il potere di provvedere ad adottare gli atti o provvedimenti necessari o all’esecuzione.

Questo soggetto-sostituto può essere un’amministrazione, ente, organo, ufficio ovvero uno o più commissari ad acta appositamente nominati.

Il soggetto individuato, per esercitare i poteri sostitutivi, può avvalersi delle società a partecipazione pubblica elencate all’articolo 2 del decreto legislativo n. 175 del 2016 (vale a dire le società a controllo pubblico, le società a partecipazione pubblica, anche quotate, le società in house) o anche di altre amministrazioni specificamente indicate.

Il comma 5 dell’articolo 12 del decreto-legge n. 77, cui è fatto del pari rinvio, disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del soggetto cui siano stati conferiti.

Si prevede che ove “strettamente indispensabile per garantire il rispetto del cronoprogramma del progetto”, tale soggetto provveda all’adozione dei relativi atti mediante ordinanza motivata. Essa può essere adottata in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale (fatto salvo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, del codice delle leggi antimafia, e degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea) (previsione in gran parte analoga a quella recata dal decreto-legge n. 109 del 2018 per la ricostruzione a Genova del ponte Morandi). Siffatta ordinanza è immediatamente efficace (ed è pubblicata in Gazzetta ufficiale).

Nel caso deroga si abbia e riguardi la legislazione regionale, l'ordinanza è adottata previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

E se la deroga riguardi la legislazione in materia di tutela della salute, della sicurezza e della incolumità pubblica, dell'ambiente e del patrimonio culturale, l'ordinanza è adottata previa autorizzazione della Cabina di regia per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (diversa dalla Cabina di regia per la crisi idrica di nuova previsione), qualora il Consiglio dei ministri non abbia già reso l’autorizzazione.

In caso di esercizio dei poteri sostitutivi relativi ad interventi di tipo edilizio o infrastrutturale, si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2 e comma 3, terzo periodo, del decreto-legge n. 32 del 2019 relative ai poteri dei Commissari straordinari ivi previsti.

 

Le disposizioni previste all'articolo 4, commi 1-5, del citato decreto-legge n. 32 del 2019 (cd. ‘sblocca-cantieri’) disciplinano una procedura per l'individuazione di interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio-economico a livello nazionale, regionale o locale, per la cui realizzazione o il cui completamento si rende necessaria la nomina di uno o più Commissari straordinari.

In particolare, in forza del comma 2, i Commissari straordinari, cui spetta l'assunzione di ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, provvedono all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, operando in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche. Il medesimo comma dispone che l'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale e alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali è delineata una specifica disciplina.

Il comma 3 prevede, al terzo periodo, che per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione degli interventi, i Commissari straordinari, con proprio decreto, provvedono alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.

 

Il comma 5-bis dell’articolo 12 del decreto-legge n. 77, anch’esso oggetto di rinvio normativo, estende l’applicazione delle disposizioni del medesimo comma 5 sull’esercizio del potere sostitutivo anche qualora il ritardo o l’inerzia riguardi una pluralità di interventi ovvero l'attuazione di un intero programma di interventi.

Infine il comma 6, quarto periodo dell’articolo 12 del decreto-legge n. 77 del 2021 dispone che in caso di nomina di Commissari, gli eventuali oneri conseguenti siano a carico dei soggetti attuatori inadempienti sostituiti.

Parrebbe suscettibile di approfondimento la mancata menzione, nel rinvio normativo, altresì del terzo periodo di tale comma 6 dell’articolo 12 del decreto-legge n. 77 del 2021, benché esso sia richiamato nella relazione illustrativa del provvedimento in esame.

 

Il terzo periodo del comma 6 dell’articolo 12, da ultimo sopra ricordato, è quello che fa ulteriore rinvio all’articolo 15, commi da 1 a 3 del decreto-legge n. 98 del 2011. In particolare, il comma 3 concerne il compenso dei Commissari (composto da una parte fissa e da una parte variabile. La parte fissa non può superare 50 mila euro annui; la parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell'oggetto dell'incarico commissariale, non può superare anch’essa 50 mila euro annui).

 

Dispone il comma 2, invece, per i casi di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente, proveniente da un organo di un ente territoriale interessato che, secondo la legislazione vigente, sia idoneo a precludere, in tutto o in parte, la realizzazione di uno degli interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico od interventi urgenti per far fronte alla crisi idrica nel breve periodo.

Ad essere qui trattato è dunque, prevalentemente, un meccanismo di superamento del dissenso (eventualmente propedeutico all’esercizio di poteri sostitutivi, qualora non si giunga a soluzioni condivise).

Sta, dunque, alla Cabina di regia per la crisi idrica nella sua attività di monitoraggio, rilevare i casi e proporne al Presidente del Consiglio la sottoposizione alla Conferenza unificata, per concordare le iniziative da assumere, da definirsi entro quindici giorni dalla data di convocazione della medesima Conferenza.

Siffatta previsione si applica qualora un diverso meccanismo di superamento del dissenso non sia già previsto dalle disposizioni vigenti.

Decorso il termine di quindici giorni ed in mancanza di soluzioni condivise che consentano la sollecita realizzazione dell'intervento, il Presidente del Consiglio dei ministri propone al Consiglio dei ministri “le opportune iniziative”, ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi dello Stato rispetto agli enti territoriali (secondo la potestà accordatagli dall’articolo 117, quinto comma, e dall’articolo 120, secondo comma, della Costituzione).

 

Il comma 3 prevede, in via generale con riferimento agli interventi richiesti dalla crisi idrica, che gli eventuali oneri derivanti dalla nomina di Commissari ai sensi del presente articolo siano a carico dei soggetti attuatori inadempienti sostituiti.

 


 

Articolo 3
(Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica della scheda)

 

 

L’articolo 3, modificato dal Senato, prevede la nomina del Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, che resta in carica fino al 31 dicembre 2023 e può essere prorogato fino al 31 dicembre 2024.

 

In particolare, il comma 1, prevede che la nomina del Commissario venga disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, previa delibera del Consiglio dei ministri.

 

In base a quanto previsto dal comma in questione, il Commissario straordinario esercita le proprie funzioni sull’intero territorio nazionale, sulla base dei dati degli osservatori distrettuali permanenti per gli utilizzi idrici istituiti nei distretti idrografici di cui all’articolo 11. A tale riguardo si segnala che, a seguito delle modifiche apportate dal Senato, vengono fatte salve le competenze delle Province autonome di Trento e di Bolzano in materia.

Al commissario può essere riconosciuto un compenso che è determinato con il decreto di nomina.

 

Il comma 2 prevede che l’organo commissariale provvede, in via d’urgenza, alla realizzazione degli interventi di cui sia incaricato dalla Cabina di regia, operando in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell'ordinamento giuridico, delle disposizioni del codice delle leggi antimafia, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

 

Il comma 3 individua i compiti e funzioni del Commissario, prevedendo che lo stesso:

 

§  acquisisce i dati relativi allo stato di severità idrica su scala nazionale;

§  acquisisce dalle autorità concedenti il censimento delle concessioni di derivazione rilasciate su tutto il territorio nazionale per usi potabili, irrigui, industriali ed idroelettrici e delle domande di concessione presentate alla data di entrata in vigore del presente decreto;

§  provvede alla regolazione dei volumi e delle portate derivati dagli invasi e alla riduzione temporanea dei volumi riservati alla laminazione delle piene ai sensi dell’articolo 5;

§  acquisisce i dati del monitoraggio sullo stato di attuazione del programma degli interventi indicati nei piani di ambito;

§  verifica e coordina l’adozione, da parte delle regioni, delle misure previste per razionalizzare i consumi ed eliminare gli sprechi della risorsa idrica, proponendo l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 4;

§  verifica e monitora lo svolgimento dell’iter autorizzativo dei progetti di gestione degli invasi finalizzato alle operazioni di sghiaiamento e sfangamento degli invasi, proponendo l’adozione degli interventi correttivi ovvero l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 4, in caso di inerzia o ritardo;

§  provvede all’individuazione delle dighe per le quali risulta necessaria e urgente l’adozione di interventi per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi ai sensi dell’articolo 4, comma 3;

§  effettua una ricognizione dei corpi idrici sotterranei potenzialmente idonei a ricevere interventi per il ravvenamento o accrescimento artificiale della falda a garanzia della tutela delle risorse idriche. A tale riguardo si segnala che questa ulteriore competenza è stata inserita durante l’esame da parte delle Commissioni riunite;

§  collabora con le regioni, supportandole nell'esercizio delle relative competenze in materia.

 

Il comma 4 prevede che, in caso di inerzia o ritardo nella realizzazione degli interventi sopra richiamati, il Commissario, anche su richiesta delle regioni o delle Autorità di bacino distrettuale territorialmente competente, informa il Presidente del Consiglio dei ministri e assegna al soggetto inadempiente un termine per provvedere non superiore a quindici giorni.

Al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti e mitigare gli effetti del fenomeno della scarsità idrica, in caso di perdurante inerzia, il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il soggetto inadempiente, previa delibera del Consiglio dei ministri, attribuisce al Commissario il potere di adottare, in via sostitutiva, gli atti o i provvedimenti necessari ovvero di provvedere all'esecuzione dei progetti e degli interventi.

 

Il comma 5, al fine di garantire l’effettivo esercizio delle funzioni commissariali, stabilisce che il Commissario può adottare, in via d'urgenza, i provvedimenti necessari a fronteggiare ogni situazione eccezionale correlata al fenomeno della scarsità idrica, ad esclusione delle attività di protezione civile che vengono assicurate dal Sistema nazionale di protezione civile in raccordo con il Commissario.

 

Al comma 6 si prevede l’istituzione di una struttura commissariale per il supporto allo svolgimento dei compiti allo stesso assegnati che opera alle sue dirette dipendenze. Tale struttura è costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ed è composta da un contingente massimo di personale pari a dodici unità, di cui due unità di livello dirigenziale non generale e dieci unità di personale non dirigenziale.

 

La Struttura in questione può avvalersi altresì di un massimo di cinque esperti o consulenti - scelti anche in relazione alla comprovata esperienza maturata all’interno della pubblica amministrazione nel settore della gestione delle risorse idriche e degli invasi - cui compete un compenso fino a un importo massimo annuo di 50.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico dell'amministrazione per singolo incarico.

 

Il comma 7, infine, prevede che, fino al completamento degli interventi, restano fermi i compiti e le funzioni già attribuiti ai Commissari straordinari per la realizzazione degli interventi infrastrutturali individuati ai sensi del comma 1, dei Commissari straordinari per il dissesto idrogeologico e del Commissario unico nazionale per la depurazione, qualora già nominati alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché, sulla base delle modifiche introdotte dal Senato, del Commissario dell'Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia.

 

Si prevede, infine, che restano fermi, fino al 31 dicembre 2023, i compiti e le funzioni dei Commissari delegati per gli interventi urgenti per la gestione della crisi idrica, nominati a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico, nei territori delle regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto, Umbria, Lazio, Liguria, Toscana e Marche.

 

 


 

Articolo 3, comma 7-bis
(Sistema acquedottistico del Peschiera)

 

 

L’articolo 3, comma 7-bis, inserito nel corso dell’esame in Senato, introduce alcune disposizioni in merito alla messa in sicurezza del sistema acquedottistico del Peschiera.

 

 

In particolare, in base a quanto previsto dal comma in questione, il Commissario straordinario, no­minato con decreto del Presidente del Con­siglio dei ministri del 16 aprile 2021 per l’intervento relativo alla messa in sicurezza del sistema acquedottistico del Peschiera, è autorizzato all’apertura di una contabilità speciale per le spese di funzionamento e di realizzazione dell’opera.

Il comma in questione, infine, precisa che l’eventuale raccordo con l’ACEA ATO2 Spa è disciplinato da convenzione, senza oneri per il Commissario.

 

A tale riguardo è utile ricordare come gli interventi di messa in sicurezza del sistema acquedottistiche del Peschiera, oggetto, tra l’altro, di interventi di finanziamento con risorse del PNRR, riguardano il principale sistema acquedottistico a servizio del territorio dell'ATO2 Lazio Centrale.

L’acquedotto adduce una portata di Concessione di circa 15 cubi/s che rappresenta da sola circa l'80% del fabbisogno idrico degli oltre 3 milioni di abitanti di Roma. L’intervento “raddoppia” il tronco superiore, dalle sorgenti del Peschiera a Salisano che allo stato attuale ha più di 80 anni di vita ed è in funzione ininterrotta sin dalla sua realizzazione stante l'impossibilità di metterlo fuori servizio, per poterne verificare lo stato di conservazione. L'intervento prevede, pertanto, la realizzazione di una seconda “canna” che, con un percorso di circa 27 km, collega la sorgente del Peschiera con il nodo di Salisano. La realizzazione di questa seconda linea, completamente autonoma e separata da quella esistente, consentirà di poter dirottare su di essa la portata di Concessione (10 m3/s) e rende accessibile la galleria esistente per le necessarie attività di manutenzione straordinaria.

 

 


 

Articolo 4
(Disposizioni urgenti per la realizzazione, il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche)

 

 

L’articolo 4, modificato dal Senato, introduce disposizioni finalizzate a semplificare le procedure volte alla realizzazione delle infrastrutture idriche e a garantire la sicurezza e la gestione degli invasi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone l’applicazione delle semplificazioni previste dall’articolo 48 del decreto-legge n. 77 del 2021 per gli investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti funzionali, finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea, alle procedure di progettazione e realizzazione di alcuni interventi infrastrutturali del settore idrico, in quanto compatibili e secondo il relativo stato di avanzamento. Al contempo viene esclusa l’applicabilità ai predetti interventi delle disposizioni relative al dibattito pubblico di cui all’articolo 22 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Nei casi in cui, in merito ai predetti interventi, sia previsto il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, si prevede che lo stesso debba essere reso entro sessanta giorni. Inoltre, i termini per l’approvazione dei progetti di gestione di cui all’articolo 114 del d.lgs. n. 152 del 2006 e per la verifica dei piani di utilizzo dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 2017 sono ridotti della metà.

 

Al comma 2, viene previsto un regime semplificato in ordine alle procedure di verifica di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale (VIA), di cui all’articolo 19 del d.lgs. n. 152 del 2006, per interventi di modifica delle dighe esistenti, attraverso la presentazione di check-list (liste di controllo di cui all’articolo 6, comma 9, del citato decreto legislativo n. 152 del 2006) finalizzate a individuare gli impatti delle modifiche all'impianto. In deroga a quanto previsto dall'attuale Codice dell'ambiente, la disposizione introduce una procedura semplificata con una tempistica ridotta (pari a trenta giorni dalla presentazione dell’istanza) entro la quale l’Autorità competente (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica o regioni) è tenuta a pronunciare l'esito delle proprie valutazioni. Al fine di contemperare la speditezza della procedura con adeguati standard di pubblicità e trasparenza, viene previsto che l’esito della valutazione e la documentazione trasmessa dal proponente siano tempestivamente pubblicati dall'autorità competente sul proprio sito internet istituzionale. In caso di inerzia, è previsto l’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri che, su proposta della Cabina di regia, assegna all’autorità competente un termine per provvedere non superiore a quindici giorni. In via residuale, in caso di perdurante inerzia, il Presidente del Consiglio dei ministri individua l'amministrazione, l'ente, l'organo o l'ufficio per l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità.

 

 

In relazione all’ambito di applicazione della misura di semplificazione di cui al comma 2, si rappresenta che la stessa è applicabile a tutti gli interventi di competenza statale e regionale di modifica delle infrastrutture idriche esistenti, individuati per il contenimento e il contrasto della crisi idrica. Trattasi, pertanto, di:

- interventi necessari alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno della siccità, al potenziamento ed adeguamento delle infrastrutture idriche, anche al fine di aumentare la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici e di ridurre le dispersioni di risorse idriche;

- infrastrutture finanziate nell’ambito delle politiche di investimento nazionali ed europee, ivi incluse quelle di coesione, ad eccezione di quelle finanziate nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano Nazionale Complementare (PNC).

In relazione alla riduzione della tempistica prevista dal comma 2 per lo svolgimento dell’istruttoria di verifica di assoggettabilità, si evidenzia che la normativa eurounitaria in materia di VIA non prevede, per tale procedura, una fase di consultazione del pubblico. Invero, si tratta di uno “screening” finalizzato a verificare se l’intervento proposto “determina potenziali impatti ambientali significativi e negativi e deve essere quindi sottoposto al procedimento di VIA”.

Da tale contesto, pertanto, si evince che l’attuale fase di consultazione del pubblico prevista dall’articolo 19 del d.lgs. n. 152 del 2006 possa essere eliminata in ragione delle preminenti esigenze  di realizzazione di interventi per la messa in sicurezza delle infrastrutture idriche e delle misure di contrasto al fenomeno della siccità, essendo comunque garantita adeguata informazione del pubblico mediante la pubblicazione dell’esito della valutazione e della documentazione trasmessa dal proponente sul sito internet dell'autorità competente. L’eliminazione della fase di consultazione del pubblico garantirebbe non solo un risparmio netto, in termini di tempistica, di 30 giorni, ma anche l’eliminazione della fase istruttoria  necessaria per la valutazione e la controdeduzione di tali osservazioni che, si ricorda, non essendo prevista dalla normativa dell’Unione europea, nel caso specifico, alla luce di una valutazione complessiva e di un bilanciamento degli interessi pubblici coinvolti, potrebbero rappresentare un’ipotesi di “gold plating”.

A tal proposito, si evidenzia, peraltro, che gli interventi di modifica sulle infrastrutture idriche esistenti possono essere facilmente “tipizzati” e valutati ai fini della verifica degli impatti, come proposto dalla norma, mediante l’utilizzo di liste di controllo, in quanto trattasi, per lo più, di adeguamenti e miglioramenti della sicurezza delle infrastrutture idriche: la verifica di assoggettabilità di tali interventi, anche sulla base delle numerose istruttorie svolte dalle autorità competenti in materia di valutazione ambientale, può essere facilitata e resa più veloce, al netto delle caratteristiche specifiche dell’intervento, che saranno comunque valutate, dalle pregresse verifiche svolte.

Infine, relativamente all’esercizio del potere sostitutivo in caso di ritardo o inerzia al rilascio del provvedimento di verifica di assoggettabilità, si rappresenta che la norma è stata formulata al fine di rispondere in tempi brevi alla crisi idrica, nonché alla necessità di procedere alla realizzazione di interventi per la messa in sicurezza, ritenendo che l’attuale previsione dell’esercizio del potere sostitutivo dell’articolo 19, comma 11, del d.lgs. n. 152 del 2006  non risulti idonea a soddisfare le preminenti ed urgenti esigenze sopra rappresentate. Il richiamato comma 11 prevede, infatti, una procedura incompatibile con i tempi ristretti richiesti per effettuare gli interventi indifferibili individuati dall’articolo 1, comma 2 («…In caso di inerzia nella conclusione del procedimento, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, acquisito, qualora la competente Commissione di cui all'articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell'ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede al rilascio del provvedimento entro i successivi trenta giorni»). Il ricorso all’esercizio del potere sostitutivo proposto dalla norma appare proporzionato alla necessità di procedere celermente alla realizzazione degli interventi, ricorrendo nel caso di specie “grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica”.

 

Si segnala, inoltre, che a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, è stato inserito un ulteriore comma 2-bis in base al quale per gli interventi di manutenzione straordinaria ed incremento della sicurezza e della funzionalità delle dighe e delle infrastrutture idriche destinate ad uso potabile ed irriguo di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, finanziati a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione – programmazione 2021-2027, viene fissato al 30 settembre 2023 il termine per la pubblicazione del bando o dell’avviso per l’indizione della procedura di gara, ovvero per la trasmissione della lettera di invito, e al 31 dicembre 2023 il termine per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti.

 

Un ulteriore emendamento, approvato nel corso dell’esame al Senato, prevede (comma 2-ter) invece che al fine di semplificare o accelerare la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 di competenza regionale, il proponente può presentare all’autorità competente un’istanza allegando la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso.

 

Il comma 3 introduce due limiti temporali funzionali a garantire il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche, l’aggiornamento e il potenziamento delle reti e dei programmi di monitoraggio delle risorse idriche sotterranee e superficiali nonché l’incremento delle condizioni di sicurezza e il recupero della capacità di invaso

In particolare, anche a seguito di alcune modifiche apportate durante l’esame al Senato, si prevede che il Commissario, entro il 30 giugno del 2023, sentite le regioni interessate, individua, sulla base anche dei progetti di gestione degli invasi redatti ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le dighe per le quali risulta necessaria e urgente l'adozione di interventi per la rimozione dei sedimenti accumulati nei serbatoi. Si prevede, inoltre, che entro il 30 settembre 2023, le regioni comunichino i pro­getti di fattibilità e di gestione delle reti di monitoraggio dei corpi idrici e delle relative pressioni antropiche, necessari ai fini delle valutazioni dei volumi di acqua effettivamente adoperabili per i diversi usi e per completare lo scenario degli interventi fondamentali per massimizzare l'efficacia della gestione inte­grata delle risorse e la resilienza dei sistemi idrici ai cambiamenti climatici.

 

Il comma 4 dispone che all’attuazione del comma 3 si provvede nei limiti delle risorse individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 6.

 

Nel quadro degli interventi necessari ad assicurare il completamento dei procedimenti di acquisizione al demanio di beni di soggetti privati, a suo tempo occupati da enti pubblici titolari della concessione di costruzione di infrastrutture idriche di rilevante impatto territoriale, la cui realizzazione sia stata avviata ai sensi degli articoli 92 e 93 del regio decreto n. 215 del 1933 e dell’articolo 3 della legge n. 166 del 1952, il comma 5 introduce un termine di conclusione dei procedimenti, pari a 180 giorni decorrenti dal loro avvio, in deroga rispetto a quello previsto dall’articolo 2 della legge n. 241 del 1990. Il superamento del termine ordinario di 90 giorni si giustifica in ragione della necessità di assicurare la sostenibilità degli interventi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, tenuto conto degli interessi pubblici da tutelare e della particolare complessità dei procedimenti. Il mancato completamento di alcune procedure espropriative, difatti, ha comportato l’insorgere di contenziosi tra i proprietari che hanno subito l’occupazione del suolo e gli enti concessionari, nei quali sono state avanzate richieste di restituzione in pristino dei luoghi ormai irreversibilmente occupati dalla costruzione di grandi invasi, ma la cui demolizione costituirebbe un costo non sostenibile in termini sociali prima che economici.

 

Si segnala inoltre che, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, si prevede (comma 5-bis) che gli interventi e le attività afferenti alla realizzazione delle opere di cui all’articolo in commento sono considerate di pubblica utilità. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità.

 

A seguito delle ulteriori modifiche apportate dal Senato (commi 5-ter e 5-quater) al codice dell’ambiente, si prevede che sono soggetti a procedimento autorizzatorio unico acceleratorio regionale le opere, gli impianti e le infrastrutture necessari al superamento delle procedure d’infrazione comunitaria sulla depurazione o comunque connessi alla gestione della risorsa idrica.

 

Si segnala inoltre che, a seguito delle modifiche apportate nel corso dell’esame in Senato, è stato abrogato (comma 5-quinquies) il comma 3 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 68 del 2022.

 

Tra le modifiche introdotte nel corso dell’esame da parte del Senato, si prevede che (comma 5-sexies) al fine di promuovere una migliore omogeneità e trasparenza nella realizzazione degli interventi che ricadono nell’area idrografica di competenza dell’Agenzia Interregionale per il fiume Po, del quale l’Agenzia è soggetto attuatore, è data facoltà di uso del prezziario AIPo e successivi aggiornamenti, comunque nel limite delle risorse disponibili per ciascuno degli interventi.

 


 

Articolo 4, comma 4-bis
(Semplificazioni per l'installazione di impianti fotovoltaici flottanti)

 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 4, introdotto dal Senato, prevede criteri semplificati per l’installazione di impianti solari fotovoltaici flottanti, la cui istanza di concessione è pubblicata sul sito istituzionale dell'ente concedente (comma 1). Il titolare della concessione presenta istanza di procedura abilitativa semplificata, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 o di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di rilascio della concessione medesima (comma 2). Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica, per l'attività di costruzione e di esercizio degli impianti di potenza fino a 10 MW, si applica la procedura abilitativa semplificata, fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche. La procedura non si applica agli impianti ubicati all'interno delle aree previste all'articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, delle aree naturali protette o di siti della rete Natura 2000. Per gli impianti di potenza superiore a 10 MW si applica la procedura di autorizzazione unica, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (comma 3). Il comma 4 demanda ad un decreto interministeriale la definizione dei criteri per l'inserimento e l'integrazione degli impianti sotto il profilo ambientale.

 

Il comma 4-bis dell’articolo 4, introdotto durante l’esame presso l’altro ramo del Parlamento, sostituisce integralmente l’articolo 9-ter del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, in tema di impianti fotovoltaici flottanti.

 

Ai sensi del comma 1, per l'installazione dei suddetti impianti collocati in modalità flottante sullo specchio d'acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche o demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione, si stabilisce che l’istanza di concessione è pubblicata sul sito istituzionale dell'ente concedente, ai fini della presentazione delle eventuali istanze concorrenti per un termine di trenta giorni. Qualora alla scadenza del termine non siano state presentate istanze concorrenti, è rilasciata una concessione sottoposta alla condizione sospensiva dell'abilitazione o dell'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio, di cui al successivo comma 3.

Sulla base del comma 2, il titolare della concessione presenta istanza di procedura abilitativa semplificata, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 o di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di rilascio della concessione medesima. Per il periodo di durata della procedura abilitativa semplificata o del procedimento autorizzatorio e comunque non oltre il termine di dodici mesi o di ventiquattro mesi rispettivamente dalla data di presentazione dell'istanza di procedura abilitativa semplificata o di autorizzazione, sulle aree oggetto delle concessioni non è consentita la realizzazione di alcuna opera né di alcun intervento incompatibili con le attività di cui al medesimo comma 1, primo periodo.

 

Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica, per l'attività di costruzione e di esercizio degli impianti di potenza fino a 10 MW, comprese le opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, si applica la procedura abilitativa semplificata, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. La procedura di cui al primo periodo non si applica agli impianti di cui al comma 1 ubicati all'interno delle aree previste all'articolo 136 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n, 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), delle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 o di siti della rete Natura 2000.

 

Si ricorda che la Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) è la procedura introdotta dall’articolo 6, commi 1-10, del decreto legislativo 28/2011, equiparata alla SCIA ai sensi del decreto legislativo n. 222/2016 (Tabella A, Sezione II). La PAS è utilizzabile per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER al di sotto di prefissate soglie di potenza (oltre le quali si ricorre alla autorizzazione unica) e per alcune tipologie di impianti di produzione di caldo e freddo da FER.

 

L'articolo 136 del codice dei beni culturali e del paesaggio assoggetta alla disciplina in materia di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici (parte terza, titolo I del codice dei beni culturali e del paesaggio) per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici; d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.

 

Natura 2000 è il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.

La rete Natura 2000 è costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), identificati dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva Habitat, che vengono successivamente designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC), e comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE "Uccelli" concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

Le aree che compongono la rete Natura 2000 non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse; la Direttiva Habitat intende garantire la protezione della natura tenendo anche "conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali" (Art. 2). Soggetti privati possono essere proprietari dei siti Natura 2000, assicurandone una gestione sostenibile sia dal punto di vista ecologico che economico. In Italia, i SIC, le ZSC e le ZPS coprono complessivamente circa il 19% del territorio terrestre nazionale e più del 13% di quello marino.

 

Per gli impianti di potenza superiore a 10 MW si applica la procedura di autorizzazione unica di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Nell'ambito del procedimento di autorizzazione unica sono rilasciati tutti gli atti di assenso necessari, compresi quelli di competenza della Soprintendenza e, nel caso delle dighe e degli invasi di cui all'articolo 1 del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 3).

 

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa intesa in sede di Conferenza, l’individuazione dei criteri per l'inserimento e l'integrazione degli impianti di cui al comma 3 sotto il profilo ambientale, anche al fine di assicurare un'adeguata superficie di soleggiamento dello specchio d'acqua e una corretta posizione dell'impianto rispetto alle sponde e alla profondità del bacino, nonché i criteri connessi alla sicurezza delle dighe e degli invasi.

Articolo 4-bis
(Misure per garantire la continuità della produzione di energia elettrica durante lo stato di emergenza in relazione al deficit idrico)

 

 

L’articolo 4-bis, introdotto dal Senato, reca una serie di disposizioni volte a garantire la continuità della produzione di energia elettrica durante lo stato di emergenza in relazione al deficit idrico.

 

In particolare, in base a quanto previsto dal comma 1, al fine di garantire la sicurezza di funzionamento del sistema elettrico nazionale assicurando la produzione di energia elettrica in misura necessaria alla copertura del fabbisogno nazionale, in deroga ai limiti relativi alla tem­peratura degli scarichi termici (di cui alla nota 1 della tabella 3, allegato 5, alla Parte III, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) e alle prescrizioni delle Autorizzazioni Integrate Ambientali delle singole centrali termoelettri­che, nel periodo dal 20 giugno al 15 settembre 2023, è autorizzato l'esercizio temporaneo di singole centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 300 MW per un numero di ore di funzionamento non superiore a 500 per ciascuna centrale, nel rispetto dei seguenti limiti:

Ø  per il mare e per le zone di foce di corsi d'acqua non significativi, la temperatura dello scarico non deve superare i 37 °C e l'incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superare i 3,5 °C oltre i 1000 metri di distanza dal punto di immissione;

Ø  per i canali artificiali, il massimo valore medio della tempera­tura dell'acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 37 °C;

Ø  per i corsi d'acqua la variazione massima tra temperature medie di qualsiasi sezione del corso d'acqua a monte ed a valle del punto di immissione non deve superare i 4 °C; su almeno metà di qualsiasi sezione a valle tale variazione non deve superare i 2 °C;

Ø  per i laghi, la temperatura dello scarico non deve superare i 30 °C e l'incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superare i 3 °C oltre 50 metri di distanza dal punto di immissione.

Secondo quanto previsto dal comma 2, la deroga di cui al comma 1 può essere attivata, nelle condizioni di esercizio del sistema elettrico nazionale che facciano prevedere il rischio di attivazione del Piano di emergenza della sicurezza del sistema elettrico (PES-SE), su richiesta del gestore della rete di trasmissione nazionale al Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, con un anticipo di almeno due giorni rispetto all'inizio del periodo di rischio per l'adeguatezza del sistema, indicando anche la durata attesa, strettamente necessaria a far fronte all'esigenza del sistema elettrico stesso.

 

 


 

Articolo 5
(Misure per garantire l’efficiente utilizzo dei volumi degli invasi per il contrasto alla crisi idrica)

 

 

L’articolo 5 disciplina ai commi 1-3 gli interventi del Commissario riguardanti la regolazione dei volumi e delle portate degli invasi, la riduzione dei volumi riservati alla laminazione delle piene e la riduzione delle perdite delle condotte e delle reti idriche, nonché il miglioramento della capacità di invaso, ivi inclusi gli interventi finalizzati a rimuovere le cause delle eventuali limitazioni di esercizio. Nel corso dell’esame al Senato, è stato inoltre aggiunto il comma 3-bis che consente ai soggetti concessionari di derivazioni idroelettriche di svolgere attività periodica di pulizia del materiale flottante.

 

Regolazione dei volumi e delle portate derivati dagli invasi

 

Il comma 1 dell’articolo 5 stabilisce che il Commissario, d’intesa con la regione territorialmente competente, e, come stabilito dal Senato, sentita l’Autorità di bacino competente, fatte salve le Province autonome di Trento e Bolzano, provvede alla regolazione dei volumi e delle portate derivati dagli invasi, nei limiti delle quote autorizzate dalle concessioni di derivazione e dagli atti adottati dalle autorità di vigilanza, in funzione dell’uso della risorsa.

L’intervento previsto è finalizzato a garantire un efficiente utilizzo dei volumi degli invasi a scopo potabile, irriguo, industriale ed idroelettrico.

Per lo svolgimento delle attività di regolazione relative ai volumi degli invasi con riferimento alle dighe che superano i 15 metri o che determinano un volume d'invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi (art. 1, comma 1, del D.L. 507/1994), il Commissario acquisisce il parere vincolante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che si esprime sulle condizioni di sicurezza della diga entro dieci giorni dalla richiesta di parere.

Se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non provvede entro il predetto termine, il Commissario assegna all’amministrazione un termine per provvedere non superiore a dieci giorni.

 

Riduzione dei volumi riservati alla laminazione delle piene

 

Il comma 2   consente al Commissario - previo parere della regione territorialmente competente e sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per gli aspetti inerenti alla sicurezza – di autorizzare la riduzione temporanea dei volumi riservati alla laminazione[1] delle piene, disposti ai sensi delle disposizioni di Protezione civile.

 

La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 recante “Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile”, in particolare al punto 5 concernente le misure di previsione e prevenzione non strutturale finalizzate al governo delle piene, evidenzia che:

- nei bacini idrografici in cui sono presenti invasi artificiali di interesse regionale o interregionale, le Regioni devono organizzare un’adeguata attività di regolazione dei deflussi per fini di protezione civile;

- le Regioni individuano l’Autorità responsabile del governo delle piene che, con il concorso dei Centri Funzionali, delle Autorità di Bacino, del Registro italiano delle dighe, degli Uffici territoriali di Governo, delle Autorità responsabili dei piani di emergenza provinciali e del Presidio territoriale, assicuri la massima laminazione della piena, attesa o in atto, e lo sversamento in alveo di portate non pericolose per i tratti del corso d’acqua a valle;

- per gli invasi artificiali che presentano caratteristiche idonee per un loro efficace utilizzo ai fini della laminazione delle piene, le Regioni, con il concorso tecnico dei Centri Funzionali, delle Autorità di bacino e del Registro italiano dighe e d’intesa con il gestore, sotto il coordinamento del Dipartimento della protezione civile, predispongono e adottano un piano di laminazione preventivo.

 

Da tale ambito, sono escluse le limitazioni di esercizio disposte per motivi connessi alla sicurezza dello sbarramento o delle sponde, tenuto anche conto dei Piani di emergenza delle dighe (direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2014) e dei piani di laminazione (direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004).

 

La direttiva 8 luglio 2014 intende:

- stabilire le condizioni di attivazione delle fasi di allerta per le finalità di sicurezza degli sbarramenti e di gestione del rischio idraulico a valle;

- definire le azioni conseguenti alla attivazione delle suddette fasi di allerta in caso di eventi e scenari, temuti o in atto, aventi rilievo per l'allertamento e l'attivazione del sistema di Protezione civile;

- stabilire i legami funzionali e procedurali tra i vari soggetti coinvolti nella predisposizione, attivazione ed attuazione delle azioni atte a garantire la sicurezza degli sbarramenti ed il contrasto del rischio idraulico a valle;

- individuare i soggetti istituzionalmente preposti alla predisposizione dei piani di emergenza per contrastare le situazioni di pericolo connesse con la propagazione di un'onda di piena originata da manovre degli organi di scarico ovvero dall'ipotetico collasso dello sbarramento.

 

Interventi sull’invaso

 

Il comma 3 consente al Commissario di fissare un termine per l’effettuazione da parte dei concessionari e dei gestori delle infrastrutture idriche a scopo potabile, irriguo, industriale ed idroelettrico degli interventi:

-        di riduzione delle perdite delle condotte e delle reti idriche;

-        nonché di interventi di miglioramento della capacità di invaso, ivi inclusi quelli finalizzati a rimuovere le cause delle eventuali limitazioni di esercizio.

Tali interventi sono individuati in coerenza con gli obblighi di legge o derivanti dalla concessione dalle autorità concedenti o dalle amministrazioni vigilanti sulla sicurezza dell’invaso.

Il comma 3 disciplina la possibilità di revoca della concessione da parte del Commissario.

In particolare, qualora senza giustificato motivo non sia data ottemperanza a quanto disposto in materia di interventi sull’invaso, il Commissario può attivare, sentito l’ente concedente, il procedimento di revoca della concessione, per grave inadempimento degli obblighi previsti per il concessionario e procedere all’espletamento delle procedure e delle attività finalizzate all’assegnazione della concessione.

 

Attività periodica di pulizia del materiale flottante

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto il comma 3-bis, che introduce all'articolo 3 della legge 17 maggio 2022, n. 60 (cd. legge «SalvaMare») il comma 3-bis, che, al fine di garantire il corretto funzionamento delle opere idrauliche, consente ai soggetti concessionari di derivazioni idroelettriche, nell'esercizio delle proprie attività, di svolgere in prossimità delle stesse attività periodica di pulizia del materiale flottante, secondo modalità appositamente individuate dall'operatore stesso, attraverso la redazione di un piano di manutenzione, presentato all'autorità di bacino che individui:

1) la superficie interessata dalle operazioni;

2) il periodo ovvero i periodi dell'anno in cui tali operazioni saranno effettuate;

3) una descrizione generale delle operazioni di manutenzione.

Gli oneri derivanti dalle richiamate attività, nonché dallo smaltimento del materiale di risulta della pulizia, sono a carico del gestore o del concessionario.

La legge 17 maggio 2022, n. 60 reca disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare. In particolare, la citata legge persegue l'obiettivo di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei rifiuti medesimi.

 


 

Articolo 6
(Vasche di raccolta di acque piovane per uso agricolo)

 

 

L’articolo 6, comma 1, include le vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo fino a un volume massimo di 50 metri cubi di acqua per ogni ettaro di terreno coltivato realizzabili anche mediante un unico bacino nell’attività edilizia libera ai sensi del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. Il comma 1-bis, inserito dal Senato, prevede che, limitatamente alla gestione commissariale, agli interventi inerenti all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, si applica la disciplina dell’attività edilizia libera, a condizione che gli stessi siano funzionali alle attività agro-silvo-pastorali.

 

Il comma 1 dell'articolo 6 modifica l’articolo 6, comma 1, del decreto del D.P.R. n. 380 del 2001.

Il D.P.R. 380 del 2001 reca i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). L’articolo 6 disciplina l’attività edilizia libera elencando gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.

 

Per effetto del primo comma dell’articolo in esame viene inserita nell’elenco degli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, nel rispetto delle normative di settore, le vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo fino a un volume massimo di 50 metri cubi di acqua per ogni ettaro di terreno coltivato (nuova lettera “e-sexies)” del comma 1 dell’articolo 6 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). Per effetto delle modifiche adottate dal Senato è stato specificato le vasche di raccolta sono realizzabili anche mediante un unico bacino.

 

Il comma 1-bis dell'articolo 6, inserito dal Senato, prevede che, limitatamente alla gestione commissariale straordinaria per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica di cui all’articolo 3 (alla cui scheda di lettura si fa rinvio), agli interventi e alle opere di cui alla lettera A.19) dell’Allegato “A” annesso al D.P.R. n. 31 del 2017, si applicano le suesposte disposizioni di cui all’articolo 6, comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001, a condizione che gli stessi siano funzionali alle attività agro-silvo-pastorali, realizzate in scavo direttamente sul suolo agricolo, a fondo naturale, senza arginature emergenti dal suolo e senza l’impiego di conglomerati cementizi o altri materiali di natura edilizia.

 

La lettera A.19) del citato Allegato A elenca quegli interventi inerenti all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio, per i quali non è comunque richiesta l'autorizzazione prescritta dall'articolo 146, dall'articolo 147 e dall'articolo 159 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

Rientrano in tale elenco: interventi su impianti idraulici agrari privi di valenza storica o testimoniale; installazione di serre mobili stagionali sprovviste di strutture in muratura; palificazioni, pergolati, singoli manufatti amovibili, realizzati in legno per ricovero di attrezzi agricoli, con superficie coperta non superiore a cinque metri quadrati e semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie; interventi di manutenzione strettamente pertinenti l'esercizio dell’attività ittica; interventi di manutenzione della viabilità vicinale, poderale e forestale che non modifichino la struttura e le pavimentazioni dei tracciati; interventi di manutenzione e realizzazione di muretti a secco ed abbeveratoi funzionali alle attività agro-silvo-pastorali, eseguiti on materiali e  tecniche  tradizionali; installazione di pannelli amovibili realizzati in legno o altri materiali leggeri per informazione turistica o per attività didattico-ricreative; interventi di ripristino delle attività agricole e pastorali nelle aree rurali invase da formazioni di vegetazione arbustiva o arborea, previo accertamento del preesistente uso  agricolo o pastorale, da parte delle autorità competenti e ove tali aree risultino individuate dal piano paesaggistico regionale.

 


 

Articolo 7
(Riutilizzo delle acque reflue depurate ad uso irriguo)

 

 

L’articolo 7 consente il riutilizzo a scopi irrigui in agricoltura delle acque reflue depurate. Tale riutilizzo è autorizzato fino al 31 dicembre 2023 dalla regione o dalla provincia autonoma territorialmente competente ai sensi del regolamento (UE) 2020/741 sulla base di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate.

 

Le norme in esame hanno l’obiettivo di fronteggiare la crisi idrica, garantendone una gestione razionale e sostenibile. A tale fine, il comma 1 dell'articolo 7, comma 1 consente il riutilizzo a scopi irrigui in agricoltura delle acque reflue depurate prodotte dagli impianti di depurazione già in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto in esame, nel rispetto delle prescrizioni minime di cui alla Parte A dell’Allegato A (vedi infra).

Il riutilizzo delle acque reflue depurate a uso irriguo è autorizzato fino al 31 dicembre 2023 dalla regione o dalla provincia autonoma territorialmente competente ai sensi del regolamento (UE) 2020/741.

 

Tale regolamento stabilisce le prescrizioni minime applicabili alla qualità dell’acqua e al relativo monitoraggio, nonché disposizioni sulla gestione dei rischi, e sull’utilizzo sicuro delle acque affinate (acque reflue urbane depurate) nel quadro di una gestione integrata delle risorse idriche. L’obiettivo è quello di garantire la sicurezza delle acque affinate a fini irrigui in agricoltura, onde assicurare un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana e animale, promuovere l’economia circolare, favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, e contribuire agli obiettivi della direttiva 2000/60/CE affrontando in modo coordinato in tutta l’Unione il problema della scarsità idrica e le risultanti pressioni sulle risorse idriche, e contribuire di conseguenza anche al buon funzionamento del mercato interno.

 

Il comma 2 specifica che l’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e secondo le modalità di cui alla legge n. 241 del 1990, al quale partecipano l’agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) e l’azienda sanitaria territorialmente competenti, nonché ciascuna amministrazione interessata. Il rilascio dell’autorizzazione unica comprende ogni autorizzazione, parere, concerto, nulla osta e atto di assenso necessario, comunque denominato. L’istanza di autorizzazione unica è presentata dal gestore dell’impianto di depurazione, sentiti i responsabili del trasporto e dello stoccaggio delle acque reflue. Il termine per la conclusione del procedimento unico è pari a quarantacinque giorni dalla data di ricezione dell’istanza, decorso il quale, il Commissario, d’ufficio o su richiesta dell’interessato, esercita il potere sostitutivo e conclude il procedimento entro il termine di trenta giorni.

 

Ai fini del rilascio dell’autorizzazione, il comma 3 stabilisce, infine, che il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua di cui all’articolo 5 del regolamento (UE) 2020/741 sia predisposto dal gestore dell’impianto che ha presentato l’istanza, in collaborazione con i responsabili del trasporto e dello stoccaggio delle acque reflue, nel rispetto di quanto previsto alla Parte B dell’Allegato A (vedi infra) al decreto in esame.

 

Il citato articolo 5 del regolamento (UE) 2020/741 stabilisce che, ai fini della produzione, dell’erogazione e dell’utilizzo di acque affinate, l’autorità competente provvede a che venga stabilito un piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua, il quale può includere uno o più sistemi di riutilizzo dell’acqua.

Il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua è elaborato dal gestore dell’impianto di affinamento, da altre parti responsabili e dagli utilizzatori finali, a seconda dei casi. Le parti responsabili che elaborano il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua sono tenute a consultare tutte le altre pertinenti parti responsabili e gli utilizzatori finali, a seconda dei casi.

Il piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua deve basarsi su tutti i principali elementi della gestione dei rischi di cui all’allegato II del regolamento (UE) 2020/741, e individuare le responsabilità di gestione dei rischi del gestore dell’impianto di affinamento e di altre parti responsabili.

Il piano provvede in particolare a:

a) stabilire le prescrizioni necessarie per il gestore dell’impianto di affinamento oltre a quelle specificate nell’allegato I, in conformità dell’allegato II, punto B), per attenuare ulteriormente i rischi prima del punto di conformità;

b) individuare i pericoli, i rischi e le adeguate misure preventive e/o le eventuali misure correttive in conformità dell’allegato II, punto C);

c) individuare ulteriori barriere nel sistema di riutilizzo dell’acqua, e stabilire ulteriori prescrizioni, necessarie dopo il punto di conformità per garantire che il sistema di riutilizzo dell’acqua è sicuro, comprese le condizioni relative alla distribuzione, allo stoccaggio e all’utilizzo, se del caso, e individuare le parti responsabili del rispetto di tali prescrizioni.

 

Il comma 4 stabilisce infine che le amministrazioni svolgano le attività previste dell’articolo in esame con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

 

L’Allegato A al decreto in esame contiene due parti.

La Parte A, suddivisa in due sezioni, definisce gli utilizzi e le prescrizioni minime per le acque affinate.

La sezione 1 specifica che per uso irriguo in agricoltura s’intende l’irrigazione dei seguenti tipi di colture:

-        colture alimentari da consumare crude, ossia colture destinate al consumo umano a uno stato crudo o non lavorato;

-        colture alimentari trasformate, ossia colture i cui prodotti sono destinati al consumo umano dopo un processo di trasformazione (cottura o lavorazione industriale);

-        colture per alimentazione animale (pascoli e colture da foraggio);

-        colture non alimentari, ossia colture i cui prodotti non sono destinati al consumo umano (da fibra, da sementi, da energia, da ornamento, per tappeto erboso).

 

La sezione 2 specifica le prescrizioni minime di qualità delle acque affinate per usi irrigui in agricoltura e controlli. La tabella 1 elenca le classi di qualità delle acque affinate a cui sono associate le tecniche di irrigazione e gli utilizzi agricoli consentiti. La tabella 2 suddivide le acque affinate in quattro classi di qualità in base al livello di specifici parametri (prescrizioni di qualità) e alla frequenza minima dei controlli.

 

La parte B è relativa al piano di gestione dei rischi connessi al riutilizzo dell’acqua. La sezione 1 elenca i fattori di rischio di cui è necessaria l’individuazione e la gestione proattiva al fine di assicurare che le acque affinate siano utilizzate e gestite in maniera sicura e che non ci sia rischio per l’ambiente o per la salute umana o animale. La sezione 2 indica le misure di prevenzione e le barriere che dovrebbero essere adottate affinché tutti i rischi individuati possano essere adeguatamente limitati e gestiti. La sezione 3 fornisce uno schema recante i criteri minimi per la redazione di un Piano di gestione dei rischi.

 

 


 

Articolo 7-bis
(Disposizioni urgenti sul deflusso ecologico in caso di circostanze eccezionali di scarsità idrica)

 

 

L’articolo 7-bis, introdotto dal Senato, prevede alcune disposizioni urgenti sul deflusso ecologico qualora ricorrano delle circostanze eccezionali di scarsità idrica.

 

 

In particolare, l’articolo in questione, alla luce dell'urgenza di fronteggiare le gravi conseguenze dovute a fenomeni di siccità prolungata e gli impatti in termini di scarsità idrica, stabilisce che le sperimentazioni sul deflusso ecologico dei corpi idrici, di cui all'articolo 21-bis del decreto-legge n. 21 del 2022, possono essere rimodulate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea e dal codice dell’ambiente.

 

Per quanto concerne il concetto di Deflusso Ecologico si ricorda che quest’ultimo rappresenta un’evoluzione di quello di Deflusso Minimo Vitale: con esso si passa dal garantire una portata istantanea minima al garantire un regime idrologico per il raggiungimento degli obiettivi ambientali indicati dalla Direttiva Comunitaria Quadro in materia di Acque n. 2000/60/CE.

Si rammenta che sulla citata Direttiva Comunitaria Quadro in materia di Acque vi sono state delle procedure c.d. EU pilot del 2015 (casi EU PILOT 6011/14/ENVI e 7304/15/ENVI) al momento archiviate.

Si ricorda che il Deflusso Minimo Vitale è stato introdotto per garantire una portata istantanea minima, a valle delle opere di derivazione e/o captazione, in modo da salvaguardare le caratteristiche dei corpi idrici.

L’attuazione del Deflusso Ecologico avviene principalmente attraverso l’applicazione di “fattori correttivi” al DMV, che costituiscono la “componente ambientale” del DE, in base al Programma di Tutela e Uso delle Acque in relazione ai diversi territori.

Si fa riferimento a delle formule per il calcolo del Deflusso Ecologico; essa consente di calcolare la portata da rilasciare come Deflusso Ecologico in un corpo idrico in funzione di una componente idrologica e di una componente ambientale, quest’ultima definita dal prodotto di una serie di fattori correttivi. Nel quadriennio 2018-2021, il metodo di calcolo poteva essere ulteriormente affinato attraverso la cosiddetta “fase di verifica e sperimentazione”, anche allo scopo di tener conto di situazioni sito-specifiche non individuabili alla scala di area vasta.

Si ricorda altresì che la Strategia sulla Biodiversità prevede che le autorità degli Stati membri dovrebbero riesaminare i permessi di estrazione e arginamento delle acque per ristabilire i flussi ecologici in modo da raggiungere entro il 2027 un buono stato o un buon potenziale ecologico di tutte le acque superficiali e un buono stato di tutte le acque sotterranee, come previsto dalla direttiva quadro Acque. A tal fine, entro il 2023 la Commissione fornirà agli Stati membri supporto tecnico per le loro misure.

 

 


 

Articolo 8
(Attuazione degli interventi di manutenzione degli invasi)

 

 

L’articolo 8 interviene sulle semplificazioni procedurali per la gestione delle terre e rocce da scavo, al fine di includere nelle attività previste anche la costruzione, lo scavo, la demolizione, il recupero, la ristrutturazione, ed il restauro e la manutenzione di opere per la realizzazione degli invasi.

 

L’articolo 8 modifica in più punti l’art. 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120, che individua gli ambiti di applicazione delle semplificazioni procedurali per la gestione delle terre e rocce da scavo. Nello specifico, con la lettera a), si includono anche le operazioni per la realizzazione degli invasi nelle attività di costruzione, scavo, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione, che beneficiano dell’applicazione delle procedure semplificate per la gestione delle terre e rocce da scavo.

Con la lettera b), numero 1), i sedimenti derivanti da operazioni di svaso, sfangamento e sghiaiamento sono qualificati alla stregua di terre e rocce da scavo e, come disposto dal numero 2), anche i fitofarmaci rientrano tra le sostanze che le terre e rocce da scavo in questione possono contenere.

 

L’art. 48, commi 1 e 3 del D.L. 13/2023 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica finalizzato alla semplificazione della disciplina vigente in materia di gestione delle terre e delle rocce da scavo, con l’abrogazione del citato D.P.R. n. 120 del 2017 e l’aggiornamento delle disposizioni da esso previste.

L'art. 8 del D.L. 133/2014, al fine di rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo, ha previsto l'emanazione di un regolamento di delegificazione, per l'adozione di disposizioni di riordino e di semplificazione della materia secondo i princìpi e criteri direttivi dettati dalle lettere da a) a d-ter) del comma 1 del medesimo articolo. In attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120 (Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo).

 


 

Articolo 9
(Disposizioni urgenti in materia di fanghi da depurazione)

 

 

L’articolo 9 modifica l’art. 127 del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) – ove si disciplina la sottoposizione dei fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue alla normativa in materia di rifiuti – al fine di precisare che tale sottoposizione opera comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione.

 

L’articolo in esame modifica il primo periodo del comma 1 dell’art. 127 del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) – ove si disciplina la sottoposizione dei fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue alla normativa in materia di rifiuti.

 

Il testo previgente del citato primo periodo del comma 1 dell’art. 127 del Codice dispone che – ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, recante “Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura” – i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione.

 

La modifica recata dalla norma in esame è volta a precisare che la sottoposizione di cui trattasi opera comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione.

 

La relazione illustrativa sottolinea che la norma in esame “intende precisare la portata della disciplina vigente, specie con riferimento all’ambito di applicazione temporale della stessa” chiarendo che “la disciplina in materia di rifiuti non si applica ai fanghi prima del termine del processo di trattamento, comprensivo, a titolo esemplificativo e non esaustivo, delle fasi di essiccamento, digestione anaerobica, compostaggio, qualora svolte all’interno del sito preposto alla depurazione dal medesimo soggetto gestore”.

Si tratta di una precisazione che ribadisce quanto recentemente evidenziato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica in risposta all’interpello n. 156315/2022. In tale risposta infatti si legge che “fin quando non sia concluso il processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione, i fanghi sono regolamentati dalla disciplina di cui alla Parte III del D.lgs. 152/2006. Solo dopo, ove applicabile la disciplina dei rifiuti, anche ai sensi dell’art. 184 gli stessi sono classificati come rifiuti speciali” (si ricorda che, ai sensi dell’art. 184, comma 3, lettera g), del Codice dell'ambiente, rientrano nella categoria dei rifiuti speciali “i rifiuti derivanti dall'attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie”).

In relazione alla gestione e all’utilizzo dei fanghi di depurazione, nel corso dell’audizione del Direttore dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA-CNR) svolta, nella scorsa legislatura, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati in data 24 marzo 2022, è stato sottolineato che tali fanghi “sono l'inevitabile prodotto del processo di depurazione delle acque reflue urbane. Infatti, non può avvenire alcuna depurazione delle acque reflue senza produrre necessariamente fanghi, anzi più depuriamo e più produciamo fanghi. Tutti i fanghi prodotti nei depuratori gestiti nell'ambito del servizio idrico integrato sono fanghi urbani, cui da sempre compete il codice CER (Catalogo europeo dei rifiuti) 19 08 05, che identifica un rifiuto non pericoloso assoluto proprio in virtù dell'attività da cui ha avuto origine… Dall'ultimo rapporto ISPRA in Italia nel 2019 sono state prodotte 3,4 milioni di tonnellate di fanghi e, se consideriamo 72 milioni di abitanti equivalenti, soggetti all'attività di depurazione, emerge una produzione di fanghi pari a circa 47 kg abitante equivalente all'anno, che (…), 47 kg è un dato medio (…). Per quanto riguarda il destino dei fanghi, (…) i dati ISPRA ci dicono che nel 2019 circa il 41 per cento dei fanghi è recuperato in agricoltura o direttamente o previa trasformazione in ammendanti di quel compost e correttivi del terreno. Quali sono le alternative al recupero in agricoltura? Sono, per esempio, lo smaltimento in discarica o al recupero in cementerie previo essiccamento termico e in sporadici casi, (…) l'incenerimento, il cui ricorso è sensibilmente inferiore rispetto ad altri Paesi europei”.

 


 

Articolo 9-bis
(Disposizioni urgenti in materia di genetica agraria)

 

 

L’articolo 9-bis, inserito dal Senato, ammette l'emissione deliberata nell'ambiente, a scopi scientifici e sperimentali, di organismi prodotti mediante tecniche di evoluzione assistita quali la cisgenesi e la mutagenesi sito-diretta, assoggettandola, fino al 31 dicembre 2024, alle disposizioni contenute nei commi da 2 a 7 del medesimo articolo.

 

 

L’articolo 9-bis, inserito dal Senato, per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca presso siti sperimentali autorizzati, a sostegno di produzioni vegetali in grado di rispondere in maniera adeguata a scarsità idrica e in presenza di stress ambientali e biotici di particolare intensità, nelle more dell’adozione, da parte dell’Unione europea, di una disciplina organica in materia, l’autorizzazione all’emissione deliberata nell’ambiente di organismi prodotti con tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta o di cisgenesi a fini sperimentali e scientifici è soggetta, fino al 31 dicembre 2024, alle disposizioni di cui al presente articolo

 

Per cisgenesi si intendono le tecniche genomiche finalizzate all'inserzione, senza modificazioni, di materiale genetico appartenente ad un organismo donatore della stessa specie del ricevente, ovvero appartenente ad una specie affine sessualmente compatibile, come indicate dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare e dalla Commissione europea.

 

Per mutagenesi sito-diretta si intendono le tecniche genomiche finalizzate alla modifica del DNA di un organismo senza l'introduzione di materiale genetico estraneo all'organismo stesso, indicate come SDN-1 e SDN-2 dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare e dalla Commissione europea.

 

Le disposizioni in esame aggiornano la normativa vigente in materia di Organismi geneticamente modificati (OGM) che è ferma, rispettivamente, al 2001 (direttiva 2001/18/CE) e al 2003 (decreto legislativo n. 224 del 2003). La scienza ha, infatti,

sviluppato tecniche che hanno superato i meccanismi di transgenesi, cioè di creazione di un organismo vivente introducendo nel suo DNA sequenze di DNA diverso da quello dell’organismo stesso. Le nuove tecniche genomiche (New Genomic Techniques – NGT) alle quali l’articolo in esame fa riferimento sono la tecnica dell’editing del genoma mediante mutagenesi sito-specifica, nota anche come mutagenesi sito-diretta o mirata (di seguito denominata editing genomico) e la cisgenesi.

La prima permette una precisa modifica del DNA senza l’introduzione di nuovo materiale genetico, ed è definita dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) nucleasi sito-specifica di tipo 1 (SDN-1) e nucleasi sito-specifica di tipo 2 (SDN-2). Per effettuare l’editing genomico si usano proteine della classe delle nucleasi, ovvero enzimi che tagliano il DNA, e brevi sequenze di RNA, le quali guidano la nucleasi in un preciso punto desiderato del genoma, con la possibile conseguenza dell’inattivazione di un gene o dell’introduzione nella sua sequenza di modifiche già presenti in natura. In ambedue i casi, le mutazioni ottenute sono

equivalenti a mutazioni che possono avvenire spontaneamente. La normale biodiversità all’interno di una specie coltivata è dovuta a tali mutazioni. La tecnologia di editing genomico più nota è denominata “CRISPR/Cas9”, perché utilizza la proteina Cas9, ed è stata sviluppata nel 2012 da due ricercatrici, la francese Emmanuelle Charpentier e la statunitense Jennifer Doudna, una scoperta che è valsa loro il Premio Nobel per la chimica nel 2020. Le tecniche di editing genomico CRISPR/Cas9 sono state definite le “forbici genetiche che hanno inaugurato una nuova era per le scienze della vita”. Infatti, mediante l’editing genomico si può introdurre in una varietà coltivata una qualsiasi mutazione favorevole che sia stata identificata in un’altra varietà, in individui selvatici o in specie affini, senza introdurre nuovi geni e soprattutto evitando le “tradizionali” lunghe pratiche di incrocio e di re-incrocio: l’unica mutazione introdotta è quella che si desidera ottenere.

Per cisgenesi, si intende l’inserzione di materiale genetico, ad esempio un gene, proveniente da un organismo donatore della stessa specie o di una specie affine sessualmente compatibile. Il materiale genetico è inserito senza modificazioni. Anche la variazione nel numero di copie di uno stesso gene, con lievi modifiche, fa parte della normale biodiversità presente in ogni specie. Lo stesso processo può essere ottenuto mediante incrocio e selezione, ma con tempi molto più lunghi e minore precisione.

Tali tecniche sono volte a consentire di migliorare le varietà tradizionali e tipiche senza ricorrere all’incrocio che, rimescolando tutti i geni, ne fa inevitabilmente perdere le caratteristiche di tipicità. Sia per l’editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta sia per la cisgenesi i prodotti ottenuti si differenziano perciò dai classici OGM. In particolare, i mutanti così ottenuti sono indistinguibili, anche analiticamente, dagli organismi che portano la stessa mutazione generatasi spontaneamente o ottenuta con metodi classici di mutagenesi.

Si ricorda che la normativa UE in materia di organismi geneticamente modificati (OGM) è prevista: dalla direttiva 2001/18/UE sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM; che stabilisce una metodologia comune tra tutti gli Stati membri. Più di recente, la direttiva 2001/18/UE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2015/412, che introduce la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio, e dalla direttiva (UE) 2018/350

che ne modifica gli allegati sulla valutazione del rischio ambientale derivante dagli OGM; dal regolamento (CE) n. 1946/2003 sui movimenti transfrontalieri degli OGM; dal regolamento (CE) n. 1829/2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GM); dal regolamento (CE) n. 1830/2003 concernente la tracciabilità e l’etichettatura di OGM e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da OGM, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE. Il decreto legislativo n. 224 del 2003, che ha dato attuazione alla direttiva 2001/18/UE, stabilisce, nel rispetto del principio di precauzione, le misure utili a proteggere la salute umana, animale e l’ambiente nel caso di emissione deliberata nell’ambiente di OGM per scopi diversi dall’immissione sul mercato, ovvero ai fini sperimentali, e di immissione sul mercato di OGM come tali o contenuti in prodotti. Il Titolo III bis del decreto citato è stato introdotto dal decreto legislativo n. 227 del 2016, che ha recepito la direttiva (UE) 2015/412 introducendo un meccanismo che rende possibile limitare o vietare la coltivazione di OGM sul territorio italiano. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 della predetta direttiva 2001/18/UE, per organismo geneticamente modificato (OGM), si intende “un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”.

Secondo quanto preannunciato dalla Commissione europea, un nuovo quadro giuridico dell’UE per le piante ottenute mediante mutagenesi e cisgenesi mirate e per gli alimenti e i mangimi da esse ottenuti avrebbe dovuto essere presentato nel secondo trimestre 2023.

L’iniziativa dovrebbe basarsi sui risultati di uno studio sulle nuove tecniche genomiche (elaborato dalla Commissione europea su richiesta del Consiglio dell’UE alla luce della sentenza della Corte di giustizia nella causa C-528/16) il quale ha rilevato come l’attuale legislazione dell’Unione in materia di OGM non sia più adatta a queste tecnologie innovative. Per approfondimenti, si veda la pagina web “Legislazione per le piante prodotte con alcune nuove tecniche genomiche” della Commissione europea.

 

L’emissione deliberata nell'ambiente di un “organismo” prodotto mediante cisgenesi e mutagenesi, da parte delle istituzioni di ricerca e di sperimentazione, è soggetta ad apposita autorizzazione. Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che la richiesta di autorizzazione sia notificata al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), in qualità di Autorità nazionale competente di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 224 del 2003, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM). Con riferimento alla terminologia utilizzata nella direttiva e, conseguentemente, nel decreto legislativo che vi ha dato attuazione, si segnala che la traduzione della locuzione inglese “deliberate release into the environment of genetically modified organisms” con quella italiana appena richiamata (in particolare per quanto concerne il termine “emissione”) potrebbe essere oggetto di valutazione e revisione. Il termine “emissione” infatti fa riferimento alla diffusione, all’emanazione, all’irradiamento, al fuoriuscire di un liquido o di un gas. La disciplina in oggetto, viceversa, così come di quella relativa agli OGM, fa riferimento piuttosto all’immissione sperimentale e controllata nell’ambiente di uno specifico organismo prodotto con tecniche di editing genomico nell’ambiente, sul quale sarà necessario mantenere un controllo finalizzato al monitoraggio dei relativi effetti, in base ad una preventiva valutazione dei rischi.

 

Entro 10 giorni dal ricevimento della notifica, effettuata l’istruttoria preliminare di cui all’articolo 5, comma 2 lettera a) del medesimo decreto legislativo, il MASE trasmette copia della notifica al Ministero della salute e al Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) e a ogni regione e provincia autonoma interessata. Copia della notifica viene inoltre trasmessa all’ISPRA, che svolge i compiti della soppressa Commissione interministeriale di valutazione di cui all’articolo 6 del citato decreto legislativo. L’ISPRA entro i successivi quarantacinque giorni, effettua la valutazione della richiesta ed esprime il proprio parere al MASE e alle altre amministrazioni interessate. Entro dieci giorni dal ricevimento del parere dell’ISPRA, il MASE adotta il provvedimento autorizzatorio. Dell’esito della procedura viene data comunicazione alle Regioni e alle Province autonome interessate.

Nell’ambito della citata istruttoria preliminare, il MASE è tenuto a verificare la conformità formale della notifica alle previsioni del decreto legislativo n. 224 del 2003 e il pagamento delle tariffe previste dall'articolo 33 del medesimo decreto, richiedendo, se del caso, il completamento della documentazione al notificante.

I compiti della soppressa Commissione interministeriale di valutazione affidati all’ISPRA sono quelli di: a) verificare che il contenuto della notifica e delle informazioni trasmesse sia conforme alle previsioni del decreto legislativo; b) esaminare qualsiasi osservazione sulla notifica eventualmente presentata dalle autorità competenti degli altri Stati membri e dal pubblico; c) valutare i rischi dell'emissione per la salute umana, animale e per l'ambiente; d) esaminare le informazioni del notificante di cui agli articoli 8, 11, 16 e 20  del decreto legislativo e promuovere, ove lo ritenga necessario, la richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità e al Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri; e) disporre, se del caso, la consultazione delle parti sociali, del pubblico e di ogni altro soggetto interessato, ivi compresi eventuali comitati scientifici ed etici, sia nazionali che europei; f) redigere le proprie conclusioni e, nei casi previsti, la relazione di valutazione di cui agli articoli 17 e 20 del decreto legislativo n. 224 del 2003.

 

Il comma 3 prevede che per ogni eventuale successiva richiesta di autorizzazione riguardante l’emissione di un medesimo organismo, già autorizzato nell’ambito di un medesimo progetto di ricerca, sia ammesso il riferimento a dati forniti in notifiche precedenti o ai risultati relativi a emissioni precedenti.

 

Il comma 4 specifica che, all'esito di ciascuna emissione e alle scadenze eventualmente fissate nel provvedimento di autorizzazione, il soggetto notificante trasmette una relazione al MASE e al MASAF che adottano un parere relativo ai risultati della sperimentazione da inoltrare al soggetto notificante e alle Regioni e Province autonome interessate.

 

I commi 5 e 6 prevedono rispettivamente:

- la disapplicazione di quanto previsto dall’articolo 8, comma 2 lettera c) e dall’articolo 8, comma 6, del decreto legislativo n. 224 del 2003; e

- l’applicazione, in quanto compatibili, degli articoli 14, 32, 33, commi 1 e 4 e 34 del medesimo decreto legislativo.

 

L’articolo 8 del decreto legislativo n. 224 del 2003 disciplina la notifica che chiunque intenda effettuare un'emissione deliberata nell'ambiente di un OGM è tenuto a trasmettere al MASE. I commi citati e, pertanto, disapplicati con riferimento al procedimento per l’autorizzazione all’emissione deliberata nell’ambiente di organismi prodotti con tecniche di editing genomico mediante mutagenesi sito-diretta o di cisgenesi a fini sperimentali e scientifici, prevedono che notifica comprenda la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, in conformità alle prescrizioni stabilite dal D.M. 19 gennaio 2005 ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 8.

Le norme applicabili, in quanto compatibili riguardano lo scambio di informazioni con le autorità competenti degli altri Stati membri e con la Commissione europea (articolo 14), l’attività di vigilanza (articolo 32), il finanziamento delle spese di vigilanza e di istruttoria a carico del notificante (articolo 33), nonché il regime sanzionatorio (articolo 34).

 

Il comma 7 prevede infine la clausola di invarianza finanziaria.

 

 

 


 

Articolo 10
(Modifiche alla disciplina degli impianti di desalinizzazione)

 

 

L’articolo 10, modificato dal Senato, novella (ai commi 1 e 2) la disciplina relativa agli impianti di desalinizzazione prevedendo, in particolare: che tali impianti non sono più soggetti a valutazione di impatto ambientale (VIA) statale ma solamente a verifica di assoggettabilità a VIA regionale, purché aventi una capacità pari o superiore a 200 litri al secondo; introduce, nell’allegato 5 alla parte terza del Codice dell’ambiente (che disciplina i limiti di emissione degli scarichi idrici) specifiche prescrizioni per gli scarichi di acque reflue derivanti da procedimenti di dissalazione.

Le principali modifiche operate dal Senato consistono:

- nell’introduzione della lettera d-bis) del comma 1, in base alla quale gli impianti di desalinizzazione possono essere realizzati anche con il ricorso a forme di partenariato pubblico privato (PPP), e l’autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio degli impianti di desalinizzazione pubblici e in PPP, destinati al soddisfacimento dei bisogni generali civili e produttivi, equivale a dichiarazione di pubblica utilità e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. Tale lettera prevede altresì che per la realizzazione di detti impianti si applicano le disposizioni sull'esercizio dei poteri sostitutivi e sul superamento del dissenso di cui all'art. 2 del presente decreto-legge;

- nell’introduzione della lettera 0b) del comma 2, che modifica la disciplina (recata dall’art.109, comma 2, del Codice dell'ambiente) in materia di immersione in mare di materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

- nell’introduzione del comma 2-bis, che dispone che il presente articolo si applica anche ai procedimenti autorizzatori e di valutazione ambientale già avviati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

La relazione illustrativa ricorda che l’attuale siccità rende necessario, tra l’altro, “diminuire le pressioni sulla risorsa idropotabile prelevata da falda o da acque superficiali, creando sistemi di approvvigionamento alternativi, ove ambientalmente ed economicamente sostenibili, quali i dissalatori”. In particolare, la medesima relazione sottolinea che “affinché gli investimenti relativi agli impianti di dissalazione possano realizzarsi in tempi brevi, è necessario modificare l’attuale articolato della legge 17 maggio 2022, n. 60, la c.d. ‘legge SalvaMare’, per quanto concerne le autorizzazioni per la realizzazione degli impianti stessi. Questi ultimi, infatti, possono costituire, come già accade in diversi paesi dell’Unione europea, un valido supporto all’approvvigionamento idropotabile sia in forma esclusiva – in quei contesti, come quelli delle isole minori, nei quali non sono disponibili altre fonti di approvvigionamento – sia in forma complementare alle restanti fonti di approvvigionamento idropotabile”.

Impianti di desalinizzazione - Modifiche alla c.d. legge SalvaMare (comma 1)

Il comma 1 dell'articolo in esame modifica i criteri generali per la disciplina degli impianti di desalinizzazione recati dall’art. 12 della legge 60/2022 (c.d. legge SalvaMare).

La lettera a) modifica il primo periodo del comma 1 del citato articolo 12, che nel testo previgente assoggetta a VIA statale tutti gli impianti di desalinizzazione, al fine di introdurre un regime meno restrittivo che prevede la sola verifica di assoggettabilità a VIA regionale (c.d. screening di VIA regionale) per i soli impianti di desalinizzazione di capacità pari o superiore alla soglia di cui alla lettera s-bis) del punto 8) dell’Allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Tale soglia, introdotta dal comma 2, lettera a), punto 2), dell'articolo in esame, è pari a 200 litri al secondo (200 l/s).

Quindi, da un lato si modifica l’autorità competente alla valutazione, prevedendo che la stessa sia svolta dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, e dall’altro lato si prevede che non si procede automaticamente alla VIA ma si effettui solamente uno screening di VIA e non per tutti gli impianti ma solo per quelli di capacità pari o superiore a 200 l/s. Per gli impianti aventi una capacità inferiore a tale soglia non viene quindi nemmeno previsto lo screening di VIA.

 

La lettera in esame, inoltre, sopprime conseguentemente il secondo periodo del comma 1 del citato articolo 12 che, nel testo previgente, prevede l’introduzione degli impianti di desalinizzazione nell’elenco, recato dall’allegato II alla parte seconda del Codice, dei progetti assoggettati a VIA statale.

 

La relazione illustrativa giustifica l’introduzione della norma in esame evidenziando che “studi condotti su impianti esistenti hanno dimostrato che una corretta gestione degli impianti stessi non apporta significativi impatti ambientali”.

 

La lettera b) sopprime il secondo periodo del comma 2 dell’art. 12 della L. 60/2022 che prevede l’emanazione di un apposito decreto ministeriale volto alla definizione, per gli scarichi degli impianti di desalinizzazione, di criteri integrativi rispetto a quelli riportati dal Codice dell'ambiente.

Tali criteri vengono direttamente introdotti, nel testo del Codice dell’ambiente, dalla lettera b) del comma 2.

 

La lettera c) amplia le possibilità di realizzare impianti di desalinizzazione, eliminando (mediante la soppressione del comma 3 dell’art. 12 della L. 60/2022) le condizioni per l’ammissibilità di tali impianti contemplate dal testo previgente. Si fa notare che il testo iniziale della lettera in esame prevede l’eliminazione (mediante la soppressione del secondo e del terzo periodo del comma 3 dell’art. 12 della L. 60/2022) di solo due delle tre condizioni contemplate dal testo previgente. L’eliminazione anche della terza condizione deriva dalla riscrittura operata dal Senato, che sopprime l’intero comma 3 dell’art. 12 della legge 60/2022.

 

In base al testo previgente del citato comma 3, gli impianti di desalinizzazione destinati alla produzione di acqua per il consumo umano sono ammissibili:

a) in situazioni di comprovata carenza idrica e in mancanza di fonti idrico potabili alternative economicamente sostenibili;

b) qualora sia dimostrato che siano stati effettuati gli opportuni interventi per ridurre significativamente le perdite della rete degli acquedotti e per la razionalizzazione dell'uso della risorsa idrica prevista dalla pianificazione di settore;

c) nei casi in cui gli impianti siano previsti nei piani di settore in materia di acque e in particolare nel piano d'ambito anche sulla base di un'analisi costi benefìci.

 

La relazione illustrativa sottolinea che le condizioni soppresse (si ricorda che la relazione illustrativa fa riferimento al testo iniziale, in cui le condizioni soppresse sono solo quelle previste dalle lettere b) e c) del comma 3 dell’art. 12 della legge 60/2022) “pongono delle condizioni che non appaiono più in linea con il contesto contingente, potendo comportare che la realizzazione degli impianti di desalinizzazione non avvenga entro tempi celeri (i soli compatibili con la necessaria immediatezza richiesta da una crisi idrica)”.

 

La lettera d) integra il comma 4 dell’art. 12 della L. 60/2022 – che nel testo previgente prevede l’emanazione di un apposito decreto ministeriale volto alla definizione di criteri di indirizzo nazionali sull'analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione nonché delle soglie di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale degli impianti medesimi – al fine di prevedere che il decreto ministeriale in questione:

- deve essere adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata (tale disposizione è la risultante di una modifica operata dal Senato; nel testo iniziale del decreto-legge, infatti, si prevede l’adozione d’intesa con la Conferenza unificata e non previa intesa);

- deve limitarsi alla sola definizione di criteri di indirizzo nazionali sull'analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione, e non anche delle soglie di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale degli impianti medesimi, dato che tali soglie sono ora definite, o meglio definita, visto che la soglia è solamente una (pari a 200 l/s), dal comma 2, lettera a), punto 2), dell'articolo in esame.

 

La lettera d-bis), introdotta dal Senato, inserisce un nuovo comma 4-bis all’art. 12 della L. 60/2022, al fine di precisare che gli impianti di desalinizzazione possono essere realizzati anche con il ricorso a forme di partenariato pubblico privato (PPP), ivi inclusa la finanza di progetto. È stato altresì precisato che:

- l’autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio degli impianti di desalinizzazione pubblici e in PPP, destinati al soddisfacimento dei bisogni generali civili e produttivi, equivale a dichiarazione di pubblica utilità e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico;

- per la realizzazione di detti impianti si applicano le disposizioni sull'esercizio dei poteri sostitutivi e sul superamento del dissenso di cui all'art. 2 del presente decreto-legge (alla cui scheda si rinvia).

Impianti di desalinizzazione - Modifiche al Codice dell'ambiente (comma 2, lettere a), b) e b-bis))

Il comma 2, lettera a), punto 1), sopprime il punto 17-ter “Impianti di desalinizzazione” nell’allegato II alla parte seconda del Codice dell'ambiente (che contiene l’elenco dei progetti sottoposti a VIA statale).

Il comma 2, lettera a), punto 2), introduce nell’allegato IV alla parte seconda del Codice dell'ambiente (che elenca i progetti sottoposti a screening di VIA regionale) gli impianti di desalinizzazione con capacità pari o superiore a 200 l/s (nuova lettera s-bis) del punto 8 di tale allegato).

In relazione alle norme recate dalla lettera a), si fa notare che trattasi di disposizioni conseguenti a quella recata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame, che non prevede più la VIA statale ma solo lo screening di VIA regionale per gli impianti di desalinizzazione.

 

La lettera b) del comma in esame introduce, nell’allegato 5 alla parte terza del Codice (che disciplina i limiti di emissione degli scarichi idrici) un nuovo punto 1.2.3-bis che reca specifiche prescrizioni per gli scarichi di acque reflue derivanti da procedimenti di dissalazione.

Si tratta di una disposizione conseguente a quella recata dalla lettera b) del comma 1 che sopprime la norma che prevedeva l’emanazione di un apposito decreto ministeriale volto alla definizione, per gli scarichi degli impianti di desalinizzazione, di criteri integrativi rispetto a quelli riportati dal Codice dell'ambiente. Tali criteri, in virtù della lettera in esame, vengono introdotti direttamente nel testo dell’allegato 5 alla parte terza del Codice dell'ambiente.

La nuova disciplina – che, come precisato dalla nuova disposizione introdotta, integra le prescrizioni e i criteri dettati nei punti precedenti dell’allegato 5 – prevede che:

l l’incremento percentuale massimo di salinità del corpo recipiente entro un raggio di 50 metri dallo scarico (zona di mescolamento), rispetto alla concentrazione salina media dell’acqua marina nell’area di interesse, è pari a ?Salmax<5%;

l l’incremento percentuale massimo della concentrazione di boro del corpo recettore entro un raggio di 50 metri dallo scarico (zona di mescolamento), è pari al 5 per cento rispetto alla concentrazione media di fondo dello stesso corpo recettore (previsione inserita durante l'esame al Senato);

l si applicano i valori limite di emissione di cui alla tabella 3 (che individua i valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura), a esclusione di cloruri e solfati, nonché i valori limite di emissione (VLE) di cui all’art. 101 del Codice per le altre sostanze eventualmente presenti nello scarico, fermo restando il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale per i corpi idrici (previsti dall’art. 76 del Codice dell'ambiente).

Il riferimento all’art. 101 sembra in particolare riguardare il comma 2 di tale articolo, in base al quale “le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto (…)  nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato”.

Durante l'esame al Senato è stato precisato che l’applicazione dei limiti di cui alla tabella 3 fa comunque salvo quanto previsto dai commi 2 e 6 dell'articolo 101 del Codice.

Relativamente al comma 6 dell’art. 101 si ricorda che, in base ad esso, “qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate”.

l per le acque reflue derivanti dai procedimenti di dissalazione è permesso il solo scarico nei corpi idrici marini e nelle acque costiere. Al Senato è stato precisato che la disposizione riguarda il caso di mancato recupero dei residui dopo trattamento e dopo aver valutato prioritariamente forme di recupero della salamoia.

l per gli impianti di desalinizzazione con capacità sino a 50 l/s è possibile valutare in fase di rilascio dell'autorizzazione allo scarico una deroga al valore limite di emissione di cui alla tabella 3 per il parametro relativo ai solidi sospesi totali (previsione inserita dal Senato).

 

La lettera b-bis), inserita dal Senato, modifica in "solidi sospesi totali" il parametro "solidi speciali totali" indicato nella tabella 3 (recante “Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura”) del punto 4 dell’allegato 5 alla parte terza del Codice dell'ambiente.

Modifiche alla disciplina degli scarichi (comma 2, lettera 0a))

La lettera 0a) del comma 2, introdotta dal Senato, reca modifiche all’art. 101 del Codice dell'ambiente, che reca i criteri generali della disciplina degli scarichi.

Il testo del comma 6 viene integrato al fine di precisare che la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore non solo qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione (come previsto dal testo vigente), ma anche nel caso di utilizzo delle stesse in impianti di desalinizzazione.

Un’ulteriore integrazione riguarda il secondo periodo del comma 6, ove si dispone che in ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate. L’integrazione operata è volta a precisare che, in alternativa alle caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate, la restituzione in questione può avvenire in accordo con fattore di concentrazione tipico degli scarichi derivanti dagli impianti di desalinizzazione.

 

Immersione in mare di materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi (comma 2, lettera 0b))

La lettera 0b) del comma 2, introdotta dal Senato, introduce un comma 2-bis all’art.109, del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) al fine di stabilire che il D.M. Ambiente n. 173/2016 (“Regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini”, emanato in attuazione del comma 2 del citato articolo 109) non si applica alla gestione dei sedimenti all'interno delle acque di transizione e degli ambienti lagunari per i quali trova applicazione il piano di tutela delle acque (di cui all’art. 121 del Codice dell'ambiente), fatte salve le specifiche norme per la salvaguardia della laguna di Venezia di cui all’art. 95 D.L. 104/2020.

L’art. 109, comma 1, del Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006), al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, consente l'immersione deliberata in mare da navi o aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, di una serie di materiali, tra cui quelli “di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi” (lettera a) del comma 1).

In base al disposto del comma 2, l’autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata in conformità alle modalità stabilite con apposito decreto del Ministro dell'ambiente. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. Ambiente 15 luglio 2016, n. 173 (“Regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini”).

Relativamente all’art. 95 del D.L. 104/2020, si ricorda che esso ha istituito l’Autorità per la Laguna di Venezia, a cui sono attribuite tutte le funzioni e competenze relative alla salvaguardia della città di Venezia e della sua laguna e al mantenimento del regime idraulico lagunare. Tra le varie funzioni si ricordano quella di rilasciare le autorizzazioni e concessioni “per il prelievo dalla laguna di sabbia, fango ed altri materiali per qualsiasi uso” (comma 2, lettera q)).

Si fa altresì notare che i commi da 27-bis a 27-sexies dell’art. 95 prevedono una specifica disciplina per il rilascio delle autorizzazioni per la movimentazione, in aree ubicate all'interno del contermine lagunare di Venezia, dei sedimenti risultanti dall'escavo dei fondali del contermine lagunare stesso. In particolare il comma 27-bis prevede che le disposizioni per il rilascio delle citate autorizzazioni sono dettate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro il 30 giugno 2023, previa intesa con la regione Veneto. Il successivo comma 27-quinquies dispone inoltre che sulle domande di autorizzazione di cui al comma 27-bis è acquisito il parere di una Commissione tecnico-consultiva istituita presso il Provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.

 

Applicabilità dell’articolo in esame ai procedimenti in corso (comma 2-bis)

Il comma 2-bis, introdotto dal Senato, dispone che il presente articolo si applica anche ai procedimenti autorizzatori e di valutazione ambientale già avviati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

 


 

Articolo 11
(
Misure per l’istituzione degli Osservatori distrettuali permanenti sugli utilizzi idrici e per il contrasto ai fenomeni di scarsità idrica)

 

 

L’articolo 11, mediante l’introduzione dell’osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici, mira ad efficientare i processi decisionali in occasione di crisi idriche a livello distrettuale e ad assicurare un maggior raccordo tra gli enti competenti in materia, anche per quanto attiene ai flussi informativi sulle disponibilità di risorse idriche, necessari per supportare ogni eventuale decisione, anche ai fini della deliberazione dello stato di emergenza nazionale da deficit idrico.

 

Il comma 1, lettera a), dell’articolo in esame, attraverso un’integrazione dell’articolo 63 del d.lgs. 152 del 2006, introduce espressamente l’osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici (nel seguito anche “osservatorio permanente”) tra gli organi dell’Autorità di bacino distrettuale.

 

Con la lettera b), al predetto decreto legislativo viene aggiunto l’articolo 63-bis, nel quale si precisa che l’osservatorio permanente opera sulla base degli indirizzi adottati ai sensi dell’articolo 63, commi 2 e 5, e svolge funzioni di supporto per il governo integrato delle risorse idriche, oltre a curare la raccolta, l'aggiornamento e la diffusione dei dati relativi alla disponibilità e all’uso della risorsa nel distretto idrografico di riferimento (compresi il riuso delle acque reflue, i trasferimenti di risorsa e i volumi eventualmente derivanti dalla desalinizzazione, i fabbisogni dei vari settori d’impiego, con riferimento alle risorse superficiali e sotterranee), allo scopo di elaborare e aggiornare il quadro conoscitivo di ciascuno degli usi consentiti dalla normativa vigente, anche al fine di consentire all’Autorità di bacino di esprimere pareri e formulare indirizzi per la regolamentazione dei prelievi, degli usi e delle possibili compensazioni, coerentemente con gli obiettivi fissati dagli strumenti di pianificazione distrettuale, di cui agli articoli 117 e 145, nonché con quelli della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (SNACC) (comma 1).

Si prevede, inoltre, un obbligo di disponibilità, in maniera continuativa e in formato aperto, dei dati e delle informazioni in possesso delle amministrazioni regionali, degli enti di governo dell’ambito, dei consorzi di bonifica, delle società di gestione del servizio idrico e degli altri soggetti competenti in materia di risorse idriche relative a ciascun distretto, all’Autorità di bacino distrettuale territorialmente competente (comma 2).

L’osservatorio permanente assicura, anche nei confronti del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, un adeguato flusso di informazioni necessarie ai fini della valutazione dei livelli di severità idrica, della relativa evoluzione, dei prelievi in atto, nonché, per la definizione delle azioni emergenziali più idonee al relativo livello di severità. Qualora sia necessaria una deliberazione dello stato di emergenza nazionale, l’osservatorio permanente elabora scenari previsionali e formula proposte anche relative a temporanee limitazioni all'uso delle derivazioni, sulla base dei quali il segretario generale dell’Autorità di bacino può adottare, con proprio atto, misure di salvaguardia di cui all’articolo 65, commi 7 e 8 (comma 3).

Si prevede, altresì, che il predetto osservatorio permanente sia composto dai rappresentanti delle amministrazioni presenti nella conferenza istituzionale permanente e presieduto dal segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale. La partecipazione all’osservatorio è a titolo gratuito. Il suddetto osservatorio può essere integrato, per le sole attività istruttorie, da esperti, senza diritto di voto, appartenenti ad enti, associazioni, istituti e società pubbliche, competenti nelle materie utili allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 1, secondo periodo. Tali esperti sono nominati con decreto del capo dipartimento competente in materia di utilizzi idrici presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (comma 4).

Infine, si disciplina il quorum deliberativo dell’osservatorio (maggioranza dei tre quinti dei componenti con diritto di voto presenti alla seduta) e si rimanda ad apposito regolamento, approvato dalla Conferenza istituzionale permanente, la determinazione delle modalità di organizzazione e funzionamento, nonché, di cessazione dell’efficacia degli eventuali protocolli di intesa istitutivi degli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici presso l’Autorità di bacino distrettuale (comma 5).

Con una integrazione introdotta dal Senato, si stabilisce che per le province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dall'articolo 176 del Codice dell’ambiente.

 


 

Articolo 12
(
Misure per il rafforzamento del sistema sanzionatorio per l’estrazione illecita di acqua e per gli inadempimenti nell’ambito delle attività di esercizio e manutenzione delle dighe)

 

 

L’articolo 12 introduce misure volte al rafforzamento del sistema sanzionatorio in caso di estrazione illecita di acqua, nonché modifiche alla disciplina sanzionatoria degli inadempimenti nell’ambito delle attività di esercizio e manutenzione delle dighe.

 

In particolare, al comma 1, vengono elevate le sanzioni amministrative previste dall’articolo 17 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, in caso di utilizzo abusivo delle acque pubbliche, prevedendo, inoltre, che entro il 30 giugno di ciascun anno, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano comunicano al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica le informazioni in merito alle violazioni accertate nell’anno precedente. Si segnala inoltre che, a seguito dell’approvazione di una modifica da parte del Senato, si prevede che le sanzioni di cui al comma 1 siano pari ad un importo da 8.000 euro a 50.000 euro con una riduzione di 1/3 nei casi in cui sia in corso un iter procedurale autorizzativo o concessorio.

 

Il comma 2 apporta modifiche all’articolo 4, comma 4, del decreto-legge 8 agosto 1994, n. 507, che disciplina il quadro sanzionatorio applicabile in caso di inadempimento degli obblighi ivi previsti per l’esercizio e la manutenzione delle dighe.

 

Come emerge dalla relazione illustrativa, tale norma, pur prevedendo la possibilità di erogare sanzioni amministrative per violazioni alle disposizioni di settore in materia di dighe, è risultata di difficile applicazione nella formulazione originaria. In particolare, sono emerse criticità relative alla fase d’individuazione della persona fisica (o delle persone fisiche in solido), cui attribuire la responsabilità delle violazioni, a fronte del soggetto giuridico cui è riferibile l’attività. Secondo le richiamate norme (derivanti dalla disciplina generale in materia di sanzioni amministrative personali), l’individuazione del responsabile (o dei responsabili) da parte dell’Organo accertatore dovrebbe essere effettiva ed incontestabile, senza generici riferimenti ai soggetti concessionari o gestori cui sono ascritte le attività oggetto di sanzione, pena l’annullabilità della sanzione stessa ove irrogata.

 

Al fine di superare la criticità applicativa sopra descritta e di evitare di vanificare anche lo scopo deterrente della norma, viene modificato il testo del soprarichiamato articolo 4, trasformando la sanzione amministrativa da sanzione personale in sanzione nei confronti della persona giuridica costituita dall’ente o dalla società concessionaria di derivazione o comunque gestore della diga, incrementando, al contempo, l’entità della stessa.

In merito alle sanzioni previste dal comma 2 si segnala infine che, nel corso dell’esame presso il Senato, a seguito dell’approvazione di una proposta emendativa, si è previsto che le sanzioni amministrative in questione si applichino esclusivamente alla persona giuridica in misura non inferiore a venticinquemila euro e non superiore a duecentocinquantamila euro.

 


 

Articolo 13
(Piano di comunicazione relativo alla crisi idrica)

 

 

L’articolo 13 reca disposizioni concernenti un piano di comunicazione sui temi della crisi idrica, predisposto dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Il piano di comunicazione deve assicurare un'adeguata informazione sulla situazione di crisi idrica che interessa il territorio nazionale in maniera persistente e sulle ripercussioni che si possono determinare sul tessuto economico e sociale. Inoltre, il piano deve garantire, a cittadini ed operatori del settore, le informazioni necessarie per il corretto utilizzo della risorsa idrica.

La norma demanda l’approvazione del citato piano di comunicazione ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro il termine di trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge (quindi entro il 30 maggio 2023).

Il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri predispone il piano di comunicazione in parola, sentite le amministrazioni centrali, nonché, secondo una modifica approvata al Senato, le autorità di distretto, coinvolte nella programmazione, progettazione ed esecuzione delle misure necessarie a fronteggiare la crisi idrica, per le parti di specifica competenza.

Alla realizzazione del piano di comunicazione si provvede nei limiti delle risorse a tal fine destinate nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Il Dipartimento per l'informazione e l'editoria è la struttura di supporto al Presidente del Consiglio che opera nell'area funzionale relativa al coordinamento delle attività di comunicazione istituzionale, alla promozione delle politiche di sostegno all'editoria ed ai prodotti editoriali, ed al coordinamento delle attività volte alla tutela del diritto d'autore.

Per quanto concerne i principali riferimenti normativi si veda qui. Per alcuni precedenti, si veda la pagina internet sul sito istituzionale del Dipartimento dedicata alle campagne di comunicazione del Governo (dalla XV legislatura).

Si segnala, infine, che nel bilancio di previsione 2023 della Presidenza del Consiglio dei ministri, le “Somme da destinare alle attività di comunicazione istituzionale” (cap. 563) ammontano a 2.500.000 euro per il 2023 (competenza e cassa).

 

 


 

Articolo 13-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L’articolo 13-bis, introdotto dal Senato, prevede che le disposizioni del decreto-legge in esame sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

La disposizione in esame stabilisce quindi che le norme della legge di bilancio in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, dall'impossibilità che norme di rango primario (quali quelle recate dalla legge di bilancio) possano legittimamente incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione (il cui ambito di competenza è anch'esso previsto da norme statutarie di rango costituzionale). Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti legislativi che intervengono su ambiti materiali ascrivibili alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme introdotte, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, "allorquando tale clausola entri in contraddizione con quanto testualmente affermato dalle norme impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome"[2].

La disposizione in esame specifica che il rispetto degli statuti speciali e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che, "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti", le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, le disposizioni che novellano l'articolo 117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite".

Tale disposizione è così suscettibile di attribuire agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere, ad esempio, a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri un'autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.

 


 

Articolo 14
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 14 dispone che il presente decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Il decreto-legge è dunque vigente dal 15 aprile 2023.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 



[1]     Per laminazione delle piene in ingegneria idraulica si intende il progressivo abbassamento del colmo di piena per un alveo fluviale. I bacini di laminazione/espansione sono opere idrauliche che vengono realizzate per ridurre la portata durante le piene di un corso d'acqua tramite lo stoccaggio temporaneo di parte del volume dell'onda di piena.

[2]     Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.156 e 77 del 2015.