Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Finanze |
Titolo: | Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonché in materia di salute e adempimenti fiscali |
Riferimenti: | AC N.1060/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 84 |
Data: | 04/04/2023 |
Organi della Camera: | VI Finanze, XII Affari sociali |
Servizio Studi
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Dossier n. 76
Servizio Studi
Dipartimento Finanze
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Progetti di legge n. 84
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D23034.docx
I N D I C E
Articolo 1 (Rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas)
Articolo 3 (Contributo in quota fissa in caso di prezzi gas elevati)
Articolo 5 (Disposizioni in materia di contributo di solidarietà temporaneo)
Articolo 6 (Tassazione agroenergia)
Articolo 7 (Disposizioni in materia di agevolazioni fiscali per interventi di risparmio energetico)
Articolo 9 (IVA su payback dispositivi medici)
Articolo 12 (Misure per il personale dei servizi di emergenza-urgenza)
Articolo 14 (Modifiche all’articolo 1, comma 548-bis, legge 30 dicembre 2018, n. 145)
Articolo 17 (Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento)
Articolo 21 (Interpretazione autentica norme ravvedimento speciale)
Articolo 22 (Modifiche alle disposizioni concernenti il contenzioso in materia tributaria)
Articolo 23 (Causa speciale di non punibilità per i reati tributari)
Articolo 24, comma 1 (Rifinanziamento del Fondo missioni internazionali)
Articolo 24, comma 2 (Fondo amianto per i lavoratori dei cantieri navali)
Articolo 24, commi 6 e 7 (Copertura finanziaria oneri del provvedimento)
Articolo 25 (Entrata in vigore)
Articolo 1
(Rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas)
La norma prevede che, per il secondo trimestre 2023, le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale sino rideterminate dall'ARERA nel limite di 400 milioni di euro. Il comma 2 prevede che, dal secondo trimestre 2023 e fino al 31 dicembre 2023, le agevolazioni relative alle tariffe di cui all'articolo 3, comma 9-bis, del decreto legge n. 185 del 2008 per i nuclei familiari con almeno quattro figli a carico vengano rideterminate sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente pari a 30.000 euro valido per il 2023 (a fronte della previsione attuale di un ISEE non superiore a 20.000 euro) nel limite di 5 milioni di euro.
I bonus sociali elettrico e del gas sono una misura volta a ridurre la spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica e di gas naturale dai nuclei familiari in condizioni di disagio economico o fisico. Sono stati gradualmente introdotti nel corso degli anni dalla legislazione e successivamente attuati con provvedimenti di regolazione dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).
Per quanto riguarda la disciplina dei bonus sociali, si ricorda che l'articolo 1, comma 375, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), ha affidato ad un decreto del Ministro delle attività produttive, adottato d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, il compito di definire i criteri per l'applicazione delle tariffe agevolate per l’energia elettrica ai clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate. Sulla base di tale disposizione è intervenuto il decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, citato dalla norma in esame. Lo stesso decreto disciplina anche i criteri per individuare i clienti aventi diritto alle tariffe agevolate per gravi condizione di salute.
L'articolo 3, comma 9, del decreto legge n. 185 del 2008, a sua volta citato dalla disposizione in esame, ha esteso il diritto alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007 anche ai clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.
La medesima disposizione ha altresì disposto che ai clienti aventi diritto alle forniture elettriche agevolate spetti anche una compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale.
Il successivo comma 9-bis dell’articolo 3 prevede inoltre che l'accesso alla tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica e il diritto alla compensazione per la fornitura di gas naturale, di cui al comma 9, siano riconosciuti anche ai nuclei familiari con almeno quattro figli a carico con ISEE non superiore a 20.000 euro.
L’articolo 5, comma 7, del decreto legge n. 4 del 2019 ha accordato la compensazione della spesa per la fornitura di energia elettrica anche ai beneficiari del reddito o della pensione di cittadinanza.
Si ricorda che in base all’articolo 57-bis, comma 5, del decreto legge n. 124 del 2019, i bonus sociali per disagio economico, compreso quello elettrico, sono riconosciuti automaticamente ai cittadini e nuclei familiari che ne hanno diritto, senza che sia necessario presentare domanda.
Il potenziamento del bonus applicato ai clienti domestici del settore elettrico e del gas naturale in condizione economicamente svantaggiata ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute era stato oggetto dell'articolo 1, comma 508 della legge n. 324 del 2021 (legge di bilancio 2022).
L’articolo 1, commi da 17 a 19, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) ha modificato i requisiti di accesso ai bonus sociali nel settore elettrico e in quello del gas aumentando da 12.000 a 15.000 euro il valore soglia dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) per accedere alle agevolazioni per l'anno 2023 con riferimento ai clienti domestici economicamente svantaggiati. La norma ha previsto inoltre che, per il primo trimestre 2023, le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati o in gravi condizioni di salute e la compensazione per la fornitura di gas naturale fossero rideterminate dall'ARERA, con delibera da adottare entro il 31 dicembre 2022, nel limite di 2,4 miliardi di euro complessivamente tra elettricità e gas.
Tutto ciò premesso, l’articolo in esame prevede, al comma 1, per il secondo trimestre dell'anno 2023, le agevolazioni relative alle tariffe per la fornitura di energia elettrica riconosciute ai clienti domestici economicamente svantaggiati ed ai clienti domestici in gravi condizioni di salute, e la compensazione per la fornitura di gas naturale di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto legge n. 185 del 2008, sulla base del valore ISEE di cui all'articolo 1, comma 17, della legge di bilancio 2023, sono rideterminate dall'ARERA, tenendo conto di quanto stabilito in attuazione dell'articolo 1, comma 18, della medesima legge di bilancio 2023, nel limite di 400 milioni di euro.
Il comma 2 prevede che, dal secondo trimestre 2023 e fino al 31 dicembre 2023, le agevolazioni relative alle tariffe di cui all'articolo 3, comma 9-bis, del decreto legge n. 185 del 2008 per i nuclei familiari con almeno quattro figli a carico vengano rideterminate sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente pari a 30.000 euro valido per il 2023 (a fronte della previsione attuale di un ISEE non superiore a 20.000 euro) nel limite di 5 milioni di euro.
Agli oneri derivanti dalla norma in esame, pari a 405 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede a valere sulle risorse disponibili sul bilancio della CSEA per l'anno 2023.
Si segnala che alle disposizioni in commento l’ARERA ha dato attuazione con deliberazione 30 marzo 2023 134/2023/R/com.
Con riferimento all'anno 2022, l'ARERA è chiamata a predisporre entro il 31 maggio 2023 la relazione di rendicontazione sull’utilizzo delle risorse destinate al contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nei settori elettrico e del gas naturale, di cui all'articolo 2-bis, comma 4, del decreto legge n. 17 del 2022.
Il citato articolo 2-bis, comma 4 del D.L. n. 17/2022 ha, infatti, previsto la trasmissione da parte dell’ARERA al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero della transizione ecologica e alle competenti Commissioni parlamentari di una relazione sull'effettivo utilizzo delle risorse destinate al contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nei settori elettrico e del gas naturale durante l’anno, con particolare riferimento alle disponibilità in conto residui trasferite alla CSEA, distinguendo nel dettaglio tra il comparto elettrico e il comparto del gas. Il termine, originariamente indicato dal D.L. n. 17/2022 al 31 dicembre di ciascun anno, si intende quindi, con riferimento al 2022, prorogato dalla norma in commento al 31 maggio 2023.
Articolo 2, commi 1-3
(Riduzione dell'IVA e degli oneri generali nel settore del gas
per il secondo trimestre dell'anno 2023)
L’articolo 2, comma 1, proroga la riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento (in deroga all'aliquota del 10 o 22 per cento prevista a seconda dei casi dalla normativa vigente) alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023. Il comma 2 prevede la riduzione al 5 per cento dell’aliquota IVA anche in relazione alle forniture di servizi di teleriscaldamento nonché somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia. Il comma 3 reca la quantificazione degli oneri derivanti dai commi 1 e 2 e indica le fonti di copertura finanziaria.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 2 prevede che, in deroga a quanto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali di cui all’articolo 26, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023, sono assoggettate all’aliquota IVA del 5 per cento. Qualora le somministrazioni di cui al primo periodo siano contabilizzate sulla base di consumi stimati, l’aliquota IVA del 5 per cento si applica anche alla differenza derivante dagli importi ricalcolati sulla base dei consumi effettivi riferibili, anche percentualmente, ai mesi di aprile, maggio e giugno 2023.
Si rammenta che l'articolo 26, comma 1, del decreto legislativo n. 504 del 1995 stabilisce che il gas naturale, destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonché all'autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l'applicazione delle aliquote di cui all'allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio. L'allegato I citato individua i seguenti usi di gas naturale (oltre alle relative aliquote vigenti): per autotrazione, per combustione per usi industriali, per combustione per usi civili a) per usi domestici di cottura cibi e produzione di acqua calda b) per usi di riscaldamento individuale c) per altri usi civili, per la produzione diretta o indiretta di energia elettrica.
Come rammentato dal Governo nella relazione illustrativa, negli usi industriali, ai sensi dell'articolo 26, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1995, oltre agli impianti adibiti ad attività sportiva non dilettantistica, sono compresi gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, per le attività industriali produttive di beni e servizi, per le attività artigianali ed agricole, nonché gli impieghi nel settore alberghiero, nel settore della distribuzione commerciale, negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro.
In base alla normativa in vigore dal 1° gennaio 2008, l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili è determinata sulla base di scaglioni di consumo. In particolare, l’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 26 del 2007, armonizzando le disposizioni IVA con quelle previste in materia di accise, ha modificato il n. 127-bis) della tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, prevedendo l’applicazione dell’aliquota IVA del 10 per cento per la somministrazione di gas metano usato per combustione per usi civili limitatamente a 480 metri cubi annui (riferiti all’anno solare). Per i consumi per uso civile, eccedenti il predetto limite, si applica l’aliquota del 22 per cento.
I consumi di gas metano per uso industriale sono ordinariamente assoggettati all’aliquota IVA del 22 per cento, ad eccezione di quanto previsto dal n. 103) della Tabella A, parte III, allegata al medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, che assoggetta all’aliquota IVA del 10 per cento le somministrazioni per uso di imprese estrattive, agricole e manifatturiere, comprese le imprese poligrafiche, editoriali e simili.
L’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 5 per cento riguarda, pertanto, sia le somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 10 per cento sia a quelle per usi civili e industriali ordinariamente assoggettate all’aliquota del 22 per cento. La riduzione di aliquota si applica in via temporanea, limitatamente alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per suddetti consumi dei mesi di aprile, maggio e giugno 2023.
Si ricorda che la misura era inizialmente stata introdotta dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 130 n. 2021, per contenere gli effetti dell’aumento del prezzo del gas metano sui consumi, stimati o effettivi, dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2021. La riduzione dell’aliquota IVA è successivamente stata estesa, dall'articolo 1, comma 506, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021), ai consumi relativi ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022, dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 17 del 2022, ai consumi relativi ai mesi di aprile, maggio e giugno 2022, dall’articolo 2 del decreto-legge n. 80 del 2022, ai consumi relativi ai mesi di luglio, agosto e settembre 2022, dall’articolo 5 del decreto-legge n. 115 del 2022, ai consumi relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022 e dall’articolo 1, comma 13, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) ai consumi relativi ai mesi di aprile, maggio e giugno 2023.
La riduzione di aliquota al 5 per cento sui consumi, quindi, è vigente da ottobre del 2021.
Ai sensi del comma 2, la riduzione dell'aliquota IVA al 5 per cento si applica anche alle forniture di servizi di teleriscaldamento nonché alle somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano in esecuzione di un contratto servizio energia di cui all’articolo 16, comma 4, del decreto legislativo n. 115 del 2008.
Come specificato dal Governo nella relazione illustrativa, l'applicazione dell'IVA al servizio di teleriscaldamento ad uso residenziale è regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede l'applicazione dell'aliquota del 10% alle forniture di energia prodotta da fonti rinnovabili oppure da impianti di cogenerazione ad alto rendimento. Alle forniture di energia da altre fonti, sotto qualsiasi forma, si applica l'aliquota ordinaria del 22%.
Il contratto servizio energia è un contratto che disciplina l'erogazione dei beni e servizi necessari alla gestione ottimale ed al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia. I requisiti e le prestazioni che qualificano il contratto servizio energia sono definiti dall'Allegato II al decreto legislativo n. 115 del 2008.
In base alla normativa vigente, la riduzione dell'aliquota IVA disposta per i consumi di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali non si applica alle forniture di servizi di teleriscaldamento e alle somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano con contratto servizio energia perché, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 283 del 20 maggio 2022, tale tipologia contrattuale si concretizza nella cessione al cliente finale di energia termica e non, direttamente, nella somministrazione di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali.
La riduzione IVA al 5 per cento è stata espressamente estesa alle somministrazioni di energia termica prodotta con gas metano con contratto servizio energia dall’articolo 1, comma 14, della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022). Il comma in esame estende ora la medesima riduzione IVA alle forniture di servizi di teleriscaldamento.
Il comma 3 reca l’indicazione degli oneri derivanti dai commi 1 e 2, valutati in 539,78 milioni di euro per l'anno 2023, e rinvia all'articolo 24 per la copertura finanziaria.
L’articolo 2 ai commi 4 e 5 conferma, per il mese di aprile, l’applicazione agli scaglioni di consumo fino a 5.000 metri cubi l’anno delle aliquote negative della componente tariffaria UG2C, benché ridotte del 65 per cento rispetto al primo trimestre e, per tutto il secondo trimestre 2023, l’azzeramento delle altre aliquote degli oneri generali di sistema per il settore gas. Per queste finalità è autorizzata per l’anno 2023 la spesa di 280 milioni di euro, da trasferire alla Cassa per i servizi energetici e ambientali.
L’articolo 1, ai commi 4 e 5, stanzia 280 milioni di euro per la riduzione degli oneri generali di sistema del settore gas a carico delle utenze nel secondo trimestre 2023.
Analoghi interventi, di diversa intensità, a riduzione degli oneri generali di sistema sono stati previsti in precedenti atti con forza di legge per i trimestri da ottobre 2021 a marzo 2023 (da ultimo, la legge di bilancio 2023 con riferimento al primo trimestre dell’anno in corso). A tali interventi hanno fatto seguito le deliberazioni di Arera con cui sono stati aggiornati gli oneri generali di sistema (vedi infra).
In considerazione della riduzione dei prezzi del gas naturale all’ingrosso, è confermata per il solo mese di aprile l’applicazione di aliquote negative della componente tariffaria UG2C agli scaglioni di consumo fino a 5.000 metri cubi all’anno. Dette aliquote negative sono applicate in misura pari al 35 per cento del valore applicato nel primo trimestre 2023.
È, invece, confermato per l’intero II trimestre 2023 l’azzeramento delle altre aliquote degli oneri generali di sistema per il settore gas.
Gli oneri conseguenti sono valutati in 280 milioni di euro per l’anno 2023. Tale importo è trasferito alla cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) entro il 30 giugno 2023.
Con delibera 30 marzo 2023 134/2023/R/com, l’Arera ha dato attuazione alla norma in commento, confermando l’annullamento delle componenti tariffarie RE, RET, GS, UG3 e UG3T e fissando, per il mese di aprile, a -11,3241c€/mc (il 35 per cento del valore applicato nel I trimestre 2023, pari a -32,3545c€/mc) l’aliquota negativa dell’elemento UG2C della componente aggiuntiva della tariffa di distribuzione UG2, applicabile agli scaglioni di consumo fino a 5.000 metri cubi l’anno.
La spesa sostenuta da famiglie e imprese per la fornitura dell'energia elettrica e del gas naturale è composta dalle seguenti voci di spesa indicate su tutte le bollette:
· il costo della materia prima (spesa per la materia energia),
· il costo dei servizi di rete (trasporto) e di misura (gestione del contatore),
· gli oneri generali di sistema,
· le imposte (accise ed IVA) (si rinvia ad ARERA, guida alle voci di spesa per la bolletta elettrica e del gas).
Per quanto riguarda il settore gas, le componenti tariffarie degli oneri generali di sistema sono quattro:
§ RE/REt che raccolgono il gettito tariffario necessario alla promozione dell'efficienza energetica per il settore (certificati bianchi)
§ GS/GSt che raccolgono il gettito tariffario necessario al bonus sociale per il settore gas
§ UG2 che compensa i costi di commercializzazione della vendita al dettaglio di gas naturale degli esercenti i servizi di tutela (QVD) tenendo conto dell'obiettivo di contenimento della spesa dei clienti finali con bassi consumi
§ UG3/UG3t che servono alla copertura degli oneri sostenuti dalle imprese distributrici per alcuni interventi di interruzione della fornitura gas, nonché dei meccanismi di reintegrazione gli oneri relativi alla morosità dei clienti finali (si rinvia ad ARERA, Relazione 212/2022/I/com sull'utilizzo delle risorse rese disponibili dal Bilancio dello Stato per la riduzione degli oneri generali di sistema e il rafforzamento dei bonus sociali a partire dal luglio 2021 (la cui presentazione è stata prevista dall'articolo 2-bis del D.L. n. 17/2022, conv. con modificazioni in L. n. 34/2022).
Per contrastare gli aumenti dell’energia, sia per il I che per il II, il III e il IV trimestre 2022, è stato disposto l'azzeramento delle componenti tariffarie RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t per tutte le utenze gas. Quanto alla componente UG2 gas, questa è stata ridotta nell'anno 2022 da ARERA – attraverso l'utilizzo delle giacenze CSEA - con la deliberazione 148/2022/R/gas, a vantaggio di tutti gli utenti in fascia di consumi fino a 5.000 metri cubi di gas all'anno. Il decreto legge n. 80/2022 ha disposto, per essi, una ulteriore riduzione della componente UG2 nel III trimestre, confermata anche per il IV trimestre in attuazione del decreto-legge n. 115/2022.
Nel III e IV trimestre 2022, per effetto delle disposizioni di cui sopra, l’aliquota degli oneri generali di sistema per il settore gas è stata negativa, pari a -33,32 c€/mc, per una famiglia con un consumo annuale di 1.400 m³, in c€/m³.
La Legge di bilancio 2023, infine, ha autorizzato la spesa di 3.043 milioni di euro per confermare l’azzeramento delle aliquote diverse dalla componente tariffaria UG2 e la fissazione di un valore negativo per quest’ultima. Ciò ha portato alla determinazione di un’aliquota complessiva degli oneri generali di sistema per il settore gas pari a -31,24 c€/mc per una famiglia con un consumo annuale di 1.400 m³, in c€/m³.
Intervento legislativo |
Art/co |
Risorse statali |
Contenuto |
Trimestre di riferimento |
Settore |
Delibera ARERA |
D.L. n. 130/2021 (**) |
Art. 2, co.2 |
480 |
annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t per tutte le utenze |
IV 2021 |
gas |
396/2021R/Com 401/2021/R/gas |
L. n. 234/2021 |
Art. 1 |
480 |
annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t per tutte le utenze del gas. (proroga) |
I 2022 |
gas |
635/2021R/Com 637/2021R/Com |
D.L. n. 17/2022 |
Art. 2, |
250 |
Annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t*** per tutte le utenze del gas. (proroga) |
II 2022 |
gas |
141/2022/R/com |
D.L. n. 80/2022 |
Art. 2, |
292 |
Annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t***per tutte le utenze del gas. (proroga) |
III 2022 |
gas |
295/2022/R/com |
D.L. n. 80/2022 |
Art. 2, |
240 |
Ulteriore riduzione della componente UG2 a vantaggio dei clienti con consumi fino a 5.000 metri cubi di gas, rispetto a quanto già disposto da ARERA con la deliberazione 148/2022/R/gas*** |
III 2022 |
gas |
295/2022/R/com |
D.L. n. 115/2022 |
Art.5, |
1.820 |
Mantenimento annullamento componenti RE/REt, GS/GSt e UG3/UG3t***per tutte le utenze del gas e conferma riduzione componente UG2 a vantaggio dei clienti con consumi fino a 5.000 metri cubi di gas come nel III trim (proroga) |
IV 2022 |
gas |
462/2022/R/com |
Legge n. 197/2022 Legge di bilancio 2023 |
Art 1, co. 15 |
3.543 |
Mantenimento annullamento, per tutti le utenze, componenti RE/RET, GS/GST e UG3/UG3T; riduzione UG2, con azzeramento dell’elemento UG2k e diminuzione della parte a restituzione dell’elemento UG2c |
I 2023 (gennaio-marzo) |
gas |
735/2022/R/com |
D.L. n. 34/2023 |
Art. 2, commi 4 e 5 |
280 |
Applicazione ad aprile di un’aliquota negativa per la componente UG2c, pari al 35% dell’aliquota applicata nel trimestre precedente. Conferma dell’azzeramento delle altre componenti. |
II 2023 |
gas |
Articolo 3
(Contributo in quota fissa in caso di prezzi gas elevati)
L’articolo 3 prevede la possibilità di erogare un contributo nei mesi da ottobre a dicembre del 2023, a parziale compensazione delle spese sostenute dalle famiglie per le spese di riscaldamento.
A tale proposito viene previsto un finanziamento pari a 1.000 milioni di euro.
In particolare il comma 1 prevede che, nelle more della definizione di misure pluriennali da adottare in favore delle famiglie, nell’arco temporale da ottobre 2023 e fino al 31 dicembre 2023, possa essere erogato un contributo a parziale compensazione delle spese di riscaldamento attraverso la bolletta elettrica del nucleo familiare presso l'abitazione di residenza.
La misura in questione non riguarda, invece, i clienti che siano già titolari del bonus sociale elettrico.
Il contributo di cui al comma in commento si applica solo nei mesi invernali (ottobre, novembre e dicembre 2023) in cui il prezzo del gas naturale all'ingrosso superi una soglia prefissata, pari a 45 euro/MWh (su base mensile).
A tale proposito è utile sottolineare, così come emerge anche dalla relazione illustrativa di accompagnamento del provvedimento, che l'utilizzo dell'utenza elettrica per individuare i beneficiari della misura, permette di identificare l'abitazione di residenza (informazione non disponibile per le utenze gas) e di rendere il contributo indipendente dall'effettiva modalità di riscaldamento (a gas, elettrico, con altri materiali combustibili); in questo modo non si determinano distorsioni rispetto a una specifica modalità o a un determinato combustibile.
Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'individuazione dei criteri per l'assegnazione del contributo. Sulla base di tali criteri, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) dovrà definire le modalità applicative e la misura del contributo, tenendo conto dei consumi medi di gas naturale.
Il comma 3, infine , autorizza, per le finalità di cui ai commi precedenti, la spesa di 1.000 milioni di euro per l'anno 2023, mentre il comma 4 reca la copertura finanziaria e dispone il trasferimento dell'importo alla Cassa per i Servizi energetici e ambientali (CSEA).
Articolo 4
(Contributo straordinario, sotto forma di credito d'imposta, a favore
delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale)
L’articolo 4 riconosce, abbassandone le percentuali, anche nel secondo trimestre 2023 alcuni crediti di imposta già concessi nel 2022 dai decreti-legge n. 4, n. 17, n. 21, n. 50, n. 115, n. 144 e n. 176 del 2022 e, per il primo trimestre 2023, dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 2-9) per contrastare l’aumento dei costi dell’energia elettrica e del gas in capo alle imprese.
Si tratta in particolare:
§ del credito d’imposta per le imprese energivore, che viene concesso nella misura del 20% (in luogo del 45%) delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel mese di secondo trimestre 2023;
§ del credito d’imposta per imprese dotate di contatori di energia elettrica di specifica potenza disponibile, pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle energivore, che viene attribuito in misura pari al 10% (in luogo del 35 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2023;
§ del credito d’imposta per imprese gasivore, concesso in misura pari al 20% per cento (in luogo del 45%) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici;
§ del credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale per imprese non gasivore, pari al 20% (in luogo del 45%) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre 2023, per usi diversi dal termoelettrico.
Le disposizioni in esame regolano le modalità di fruizione dei crediti d’imposta e il regime di cedibilità, tra l’altro fissando al 31 dicembre 2023 i termini per il relativo utilizzo e la relativa cessione.
L’Agenzia delle entrate ha fornito numerosi chiarimenti sulle predette agevolazioni, per cui si invita alla consultazione dell’apposita sezione del relativo sito internet.
Per esplicita previsione del comma 1, le disposizioni in commento trovano applicazione nelle more della definizione di misure pluriennali di sostegno alle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, fino al 30 giugno 2023.
Credito d’imposta imprese energivore (comma 2)
Il comma 2 riconosce un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, alle imprese a forte consumo di energia elettrica, di cui all’elenco per l’anno 2023 pubblicato dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017 (comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2017), a condizione che i relativi costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre dell’anno 2023 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbiano subìto un incremento superiore al 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell’anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa.
Per effetto delle norme in esame, l’ammontare dell’agevolazione è pari al 20% (in luogo del 45% riconosciuto nel primo trimestre) delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2023. Le disposizioni in commento, dunque, oltre a prorogare l’agevolazione, ne abbassano la misura dal previgente 45 al 20%.
L’agevolazione è riconosciuta anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta dalle imprese energivore e dalle stesse autoconsumata nel secondo trimestre 2023. In tal caso l’incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e autoconsumata va calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall’impresa per la produzione della medesima energia elettrica; sempre in tale ipotesi, il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa secondo trimestre 2023, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (PUN, ovvero il prezzo di riferimento dell’energia elettrica in Italia acquistata alla borsa elettrica).
L’articolo 15 del decreto-legge n. 4 del 2022 ha concesso alle imprese "energivore" che hanno subito un significativo incremento del relativo costo, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022.
L’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle medesime imprese un analogo credito di imposta, originariamente pari al 20 per cento delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha incrementato dal 20 al 25 per cento la quota delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 6, comma 1 del decreto-legge n. 115 del 2022 ha prorogato l’agevolazione al 25 per cento anche nel terzo trimestre 2022. Successivamente l’agevolazione è stata estesa ai mesi di ottobre e novembre 2022 dal decreto-legge n. 144 del 2022 nella misura del 40 per cento e, infine, il decreto-legge n. 176 del 2022 l’ha estesa, nella medesima misura del 40 per cento, al mese di dicembre 2022. La misura è stata estesa dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 2 della legge n. 197 del 2022), nella misura del 45%, al primo trimestre 2023.
Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono identificate, in base alle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017, come quelle che hanno un consumo medio di energia elettrica, calcolato nel periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno e che rispettano uno dei seguenti requisiti:
· operano nei settori dell’Allegato 3 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (estrazione di minerali, produzione di oli e grassi, tessitura, produzione di cemento, fabbricazione di componenti elettronici, etc.);
· operano nei settori dell’Allegato 5 alla Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (altri settori minerari e manifatturieri non inclusi nell’allegato 3) e sono caratterizzate da un indice di intensità elettrica positivo determinato, sul periodo di riferimento, in relazione al valore medio triennale del valore aggiunto lordo a prezzi di mercato non inferiore al 20 per cento;
· non rientrano fra quelle di cui ai precedenti punti a) e b), ma sono ricomprese negli elenchi delle imprese a forte consumo di energia redatti, per gli anni 2013 o 2014, dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) in attuazione dell’articolo 39 del decreto legge n. 83 del 2012.
Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:
I trim. 2022 |
II trim. 2022 |
III trim. 2022 |
Ott. Nov. 2022 |
Dic. 2022 |
I trim. 2023 |
II trim. 2023 (DL 34/2023) |
|
Imprese energivore |
20% |
25%* |
25% |
40% |
40% |
45% |
20% |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 20 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 17 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 21 del 2022.
Credito d’imposta per imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW (comma 3)
Il comma 3 attribuisce alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW, diverse dalle imprese energivore, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto della componente energia, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 10 per cento (in luogo del previgente 35 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre dell’anno 2023. Tale acquisto va comprovato mediante le relative fatture. L’agevolazione è concessa qualora il prezzo della stessa, calcolato sulla base della media riferita al primo trimestre 2023, al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbia subito un incremento del costo per kWh superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell'anno 2019.
L’articolo 3 del decreto-legge n. 21 del 2022 ha concesso alle imprese dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle imprese a forte consumo di energia elettrica, un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta pari originariamente al 12 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel secondo trimestre 2022. L’articolo 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 ha elevato la misura del predetto credito innalzando dal 12 al 15 per cento l’importo della spesa agevolabile, riferita al secondo trimestre 2022. L’agevolazione è stata estesa al terzo trimestre 2022 dall’articolo 6 del decreto-legge n. 115 del 2022.
L’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 144 del 2022 ha riconosciuto l’agevolazione a un novero diverso e più ampio di imprese, e cioè quelle dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW, altresì elevando l’agevolazione al 30 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nei mesi di ottobre e novembre 2022. L’agevolazione spetta, nella medesima misura del 30%, anche per il mese di dicembre 2022 (decreto-legge n. 176 del 2022). Essa è stata attribuita nella misura del 35% per effetto dell’articolo 1, comma 3 della legge di bilancio 2023 (n. 197 del 2023) per il primo trimestre 2023.
Credito d’imposta per le imprese gasivore (comma 4)
Il comma 4 riconosce alle imprese a forte consumo di gas naturale (cd. gasivore), a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l’acquisto del gas medesimo, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento (in luogo della precedente misura del 45 per cento) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas consumato nel secondo trimestre solare del 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
Il contributo spetta qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2023, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
Viene definita “impresa a forte consumo di gas naturale” quella di cui all’elenco per l’anno 2023 pubblicato dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali operante in uno dei settori di cui all’allegato 1 al decreto del Ministro della transizione ecologica 21 dicembre 2021, n. 541 (comunicato nella Gazzetta Ufficiale n. 5 del 8 gennaio 2022).
L’articolo 15.1 del decreto-legge n. 4 del 2022 (introdotto dal decreto-legge n. 50 del 2022) ha riconosciuto un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 10 per cento della spesa sostenuta dalle imprese “gasivore” per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel primo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 17 del 2022 ha riconosciuto alle cosiddette gasivore, ad analoghe condizioni, un credito di imposta pari al 15 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. L’articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 21 del 2022 ha poi incrementato dal 15 al 20 per cento la quota delle spese sostenute oggetto del contributo straordinario. L’articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 50 del 2022 ha ulteriormente elevato dal 20 al 25 per cento la quota della spesa agevolabile sostenuta per l’acquisto del gas naturale, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. L’agevolazione è stata estesa, nella medesima misura del 25 per cento, anche ai costi sostenuti nel terzo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 115 del 2022 (e nei mesi di ottobre e novembre 2022, nella misura del 40 per cento, dal decreto-legge n. 144 del 2022. Il decreto-legge n. 176 del 2022 ha esteso l’agevolazione, nella misura del 40 per cento, al mese di dicembre 2022 e l’articolo 1, comma 3 della legge di bilancio 2023 (n. 197 del 2022) ha attribuito l’agevolazione, nella misura del 45%, per il primo trimestre 2023.
Le imprese a forte consumo di gas naturale sono identificate facendo riferimento alle disposizioni del decreto del Ministro della Transizione ecologica 21 dicembre 2021, come quelle che: a) operano nei settori elencati nell’allegato 1 al medesimo decreto; b) che hanno un consumo medio di gas naturale, calcolato per il periodo di riferimento, pari ad almeno 1 GWh/anno (ovvero 94.582 Sm3/anno, considerando un potere calorifico superiore per il gas naturale pari a 10,57275 kWh/Sm3); e c) hanno consumato, nel primo trimestre solare dell’anno 2022, un quantitativo di gas naturale per usi energetici non inferiore al 25 per cento di tale volume di gas naturale (indicato all’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto), al netto dei consumi di gas naturale impiegato in usi termoelettrici. Per "periodo di riferimento" si intende, per l’anno di competenza “N” in cui si fruisce dell’agevolazione, il triennio che va da “N-4” a “N-2”, salvo che per le imprese di più recente costituzione. Al riguardo, la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA), nel rispetto delle disposizioni impartite dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), è tenuta a costituire, in riferimento a ciascun anno di competenza, l’Elenco delle imprese a forte consumo di gas naturale.
Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:
Destinatari |
I trim 2022 (DL 50/2022 e 4/2022) |
II trim 2022 (DL 21 e 50/2022) |
III trim 2022 |
Ott. Nov. 2022 (DL 144/2022) |
Dic. 2022 |
I trim 2023 (LB 2023)
|
IItrim 2023 (DL 34/2023))
|
Imprese gasivore |
10% |
25%* |
25% |
40% |
40% |
45% |
20% |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 15 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 17 del 2022, è stato poi rideterminato al 20 per cento dal decreto-legge n. 21 del 2022 e al 25 per cento dal decreto-legge n. 50 del 2022.
Credito d’imposta per l’acquisto di gas naturale da parte di imprese non gasivore (comma 5)
Il comma 5 riconosce alle imprese diverse da quelle gasivore, a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto del gas naturale, un contributo straordinario, sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento (rispetto al previgente 45%) della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas nel secondo trimestre solare dell’anno 2023, per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici.
L’agevolazione spetta qualora il prezzo di riferimento del gas naturale, calcolato come media, riferita al primo trimestre 2023, dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MI-GAS) pubblicati dal Gestore dei mercati energetici (GME), abbia subito un incremento superiore al 30 per cento del corrispondente prezzo medio riferito al medesimo trimestre dell’anno 2019.
L’articolo 4 del decreto-legge n. 21 del 2022 ha attribuito un credito di imposta, per l’acquisto del gas naturale, da riconoscersi alle imprese diverse da quelle gasivore, inizialmente in misura pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. Il contributo è stato incrementato dal decreto-legge n. 50 del 2022, elevando dal 20 al 25 per cento la spesa oggetto di beneficio sostenuta per l’acquisto del medesimo gas, consumato nel secondo trimestre solare dell’anno 2022. La misura è stata prorogata al terzo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 115 del 2022 (articolo 6) per un ammontare pari al 25 per cento della spesa e ai mesi di ottobre e novembre 2022, nella misura del 40 per cento, dal decreto-legge n. 144 del 2022. La misura del 40 per cento è stata confermata dal decreto-legge n. 176 del 2022 anche per il mese di dicembre 2022 ed elevata al 45% per il primo trimestre 2023 dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, comma 5 della legge n. 197 del 2022)
Di seguito si illustra l’andamento della misura del credito d’imposta in parola, come modificata nel tempo:
Destinatari |
II trim 2022 (DL 50/2022) |
III trim 2022 (DL 115/2022) |
Ott. Nov. 2022 (DL 144/2022) |
Dic. 2022 (DL 176/2022) |
I trim 2023 (DLB 2023) |
II trim 2023 (DL 34/2023) |
Imprese non gasivore |
25%* |
25% |
40% |
40% |
45%* |
20%* |
*Il credito di imposta, originariamente fissato nella misura del 20 per cento per il secondo trimestre 2022 dal decreto-legge n. 21 del 2022, è stato così rideterminato dal decreto-legge n. 50 del 2022.
Regime dei crediti d’imposta, cedibilità e controlli
Il comma 6 chiarisce che ai fini della fruizione dei contributi straordinari, sotto forma di credito d'imposta, per le imprese non energivore e non gasivore, ove l'impresa destinataria del contributo si rifornisca, nel primo e nel secondo trimestre 2023, di energia elettrica o di gas naturale dallo stesso venditore da cui si riforniva nel quarto trimestre dell'anno 2019, il venditore, entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d'imposta, invia al proprio cliente, su sua richiesta, una comunicazione nella quale sono riportati il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica e l’ammontare del credito d'imposta spettante per il secondo trimestre 2023.
L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, definisce il contenuto della predetta comunicazione e le sanzioni in caso di mancata ottemperanza da parte del venditore.
Il comma 7 dispone in ordine all’utilizzo dei crediti di imposta in commento, che possono essere usufruiti esclusivamente in compensazione (con modello F24) chiarendo che il termine per il relativo utilizzo è fissato al 31 dicembre 2024.
Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, e di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 22 del decreto legge n. 73 del 2021 (cd. Sostegni-bis) aveva modificato per l’anno 2021 il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili per soggetti intestatari di conto fiscale individuato dal menzionato articolo 34, elevandolo a 2 milioni di euro. Tale limite è stato reso strutturale dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, comma 72 della legge n. 234 del 2021) a decorrere dal 2022. Resta fermo il limite di compensazione annuale per le agevolazioni alle imprese, di cui alla già menzionata legge n. 244 del 2007, pari a 250.000 euro.
Le agevolazioni non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) e non rilevano ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR), né rispetto ai criteri di inerenza delle altre spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.
I crediti d’imposta sono cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile Irap, non porti al superamento del costo sostenuto.
Il comma 8 chiarisce che i crediti d’imposta sono cedibili, solo per intero, dalle medesime imprese beneficiarie ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni, se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all’albo previsto dal Testo Unico Bancario - TUB (articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all’albo apposito (articolo 64 TUB) ovvero imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private - CAP, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.
Resta ferma l’applicazione dei controlli preventivi e delle misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti di cui all’articolo 122-bis, comma 4, del decreto legge n. 34 del 2020, in base al quale i soggetti obbligati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che intervengono nelle predette cessioni, non procedono all’acquisizione del credito in tutti i casi in cui ricorrono gli obblighi di segnalazione delle operazioni sospette e di astensione (rispettivamente previsti dagli articoli 35 e 42 del predetto d.lgs. n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio), per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
I contratti di cessione conclusi in violazione delle predette prescrizioni sono nulli.
In caso di cessione dei crediti d’imposta le imprese beneficiarie sono tenute a chiedere il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto ai crediti d’imposta.
Inoltre il credito d’imposta è usufruito dal cessionario con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente e, comunque, entro la medesima data del 31 dicembre 2023.
Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.
L’articolo 35 del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che il responsabile del Centro di assistenza fiscale (CAF) rilasci un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile. Sono abilitati al rilascio del visto gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro (lettera a) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), gli iscritti nel registro dei revisori legali e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria (lettera b) del comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998), nonché i responsabili dei CAF.
Si demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione le modalità attuative delle disposizioni relative alla cessione e alla tracciabilità dei crediti d’imposta, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti di cui al comma 3, dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998.
Oltre all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 122-bis del decreto legge n. 34 del 2020, già richiamate, si prevede l’applicazione di quelle recate dall’articolo 121, commi da 4 a 6, del medesimo decreto legge, in quanto compatibili.
Il comma 4 dell’articolo 121 del decreto legge n. 34 del 2020 dispone che, ai fini del controllo sulla cessione dei crediti d’imposta, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto legge n. 185 del 2008).
Ai sensi del successivo comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante. Tale importo è maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997).
Il comma 6 prevede infine che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione con dolo o colpa grave, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo n. 472 del 1997); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.
Le norme in esame richiamano, sostanzialmente, il regime di cedibilità dei crediti di imposta già previsto dai precedenti decreti-legge.
Il comma 9 valuta i relativi oneri in 1.348,66 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede ai sensi dell'articolo 24 del provvedimento in esame, norma generale di copertura, alla cui scheda di lettura si rinvia.
Il comma 10 affida al Ministero dell'economia e delle finanze il monitoraggio delle fruizioni dei crediti d'imposta, ai fini del rispetto delle norme di contabilità pubblica.
Articolo 5
(Disposizioni in materia di contributo di solidarietà temporaneo)
L’articolo 5 ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, prevedendo l'esclusione dell'utilizzo di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o destinate alla copertura di vincoli fiscali e che siano parimenti esclusi, dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1 ° gennaio 2022, gli utilizzi di riserve del patrimonio netto che hanno concorso al reddito nei suddetti quattro periodi di imposta.
La disposizione in esame ridetermina la base imponibile ai fini del calcolo del contributo di solidarietà temporaneo, per il 2023, di cui ai commi da 115 a 121 della legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022).
Si ricorda che l’articolo 1 della legge di bilancio 2023, ai commi da 115 a 119, istituisce un contributo di solidarietà straordinario sotto forma di prelievo temporaneo per l’anno 2023 per i soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi, al fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori. Il contributo è determinato applicando un'aliquota del 50 per cento a una quota del maggior reddito conseguito dai suddetti soggetti passivi nel 2022 rispetto alla media dei quattro anni precedenti, in ragione dello straordinario aumento dei prezzi dell'energia. Il contributo è versato entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 e non è deducibile ai fini dell'IRES e dell'IRAP. I commi 120 e 121 modificano inoltre la disciplina del contributo straordinario contro i rincari energetici per l'anno 2022 introdotto dall'articolo 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, regolando gli effetti della variazione dell’importo dovuto per il periodo d’imposta 2022.
In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame prevede, ai fini della determinazione del suddetto contributo di solidarietà, l'esclusione dalla base di calcolo del reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, gli utilizzi di riserve del patrimonio netto accantonate in sospensione d'imposta o destinate a copertura di vincoli fiscali, cioè destinate alla copertura delle eccedenze dedotte ai sensi dell’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) nel testo previgente alle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 33, lettera q) della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007). Tale esclusione si applica nel limite del 30 per cento del complesso delle medesime riserve risultanti al termine dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
La lettera q) del comma 33 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2008 ha modificato la disciplina contenuta nell’articolo 109 del TUIR recante “Norme generali sui componenti del reddito d’impresa”, intervenendo sui commi 4, 5 e 6. In particolare la lettera q), numero 1), ha abrogato parzialmente l’articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR riducendo i margini di ricorso alle deduzioni c.d. extracontabili le quali erano state introdotte in conformità al principio del c.d. disinquinamento del bilancio.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 109, la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi è ammessa solo se risultano imputati nel conto economico. In deroga a tale principio, nel testo precedente l’intervento normativo in commento erano deducibili anche in assenza di imputazione al conto economico, anche quelli relativi ad alcune voci di costo (ammortamenti dei beni materiali e immateriali, altre rettifiche di valore, accantonamenti, spese relative a studi e ricerche di sviluppo, differenze tra i canoni leasing e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che ne derivano), se in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi (quadro EC) risultavano evidenziati l’importo complessivo, il valore civile e quello fiscali dei beni nonché i fondi di ammortamento. In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d'esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d'imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. La parte delle riserve e degli utili di esercizio distribuiti che concorre a formare il reddito ai sensi del precedente periodo è aumentata delle imposte differite ad essa corrispondenti. L'ammontare dell'eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e degli utili d'esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del reddito. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.
Inoltre, si stabilisce che gli ammortamenti, gli accantonamenti e le altre rettifiche di valore, imputati al conto economico a partire dall’esercizio dal quale, in conseguenza della modifica recata dalla sopra illustrata lettera q), numero 1) del comma 33, decorre l’eliminazione delle deduzioni extracontabili, possano essere disconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, qualora non risultino coerenti con i comportamenti contabili sistematicamente adottati nei precedenti esercizi, fatta salva la possibilità per l’impresa di dimostrare la giustificazione economica di detti componenti in base a corretti principi contabili. La relazione illustrativa sottolinea come tale ultima disposizione sia finalizzata “a ostacolare comportamenti elusivi e in contrasto con la regola della continuità dei criteri contabili adottati (…). Essa, peraltro, assume anche portata di tutela della consistenza e veridicità del bilancio civilistico, essendo chiaramente volta a scoraggiare comportamenti anomali forieri di nuovi inquinamenti del risultato economico”.
Inoltre, il comma 2 prevede che, nel caso di esclusione degli utilizzi di riserve del patrimonio netto dal reddito complessivo relativo al periodo di imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023, siano parimenti esclusi dal calcolo della media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta antecedenti a quello in corso al 1 ° gennaio 2022 gli utilizzi di riserve del patrimonio netto che hanno concorso al reddito nei suddetti quattro periodi di imposta.
Da ultimo, il comma 3 quantifica gli oneri che derivano dalla presente disposizione, valutati in 404 milioni di euro per l'anno 2023, e ne prevede la copertura finanziaria ai sensi dell'articolo 24.
Articolo 6
(Tassazione agroenergia)
L’articolo 6 dispone una deroga alla disciplina vigente sulla determinazione del reddito imponibile correlato alla produzione di energia oltre le soglie di 2.400.000 kWh anno per fonti rinnovabili agroforestali, e di 260.000 kWh anno per fonti fotovoltaiche. La deroga si applica esclusivamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022.
Entrambe le soglie di cui sopra sono state fissate dall’articolo 1, comma 423 della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005). Ai sensi della medesima norma di riferimento, cui si deroga, il reddito imponibile dei produttori di energia in questione viene calcolato applicando un coefficiente di redditività del 25 per cento all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sull’IVA, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell'energia ceduta e con esclusione della quota incentivo.
La disposizione in esame prevede invece che, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022, nella determinazione del reddito imponibile in questione, la componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, sia data dal minor valore tra il prezzo medio di cessione dell’energia elettrica – che è stabilito dall’ARERA, ovvero l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente – e un valore di 120 euro al MegaWatt/ora.
L’ARERA svolge la propria funzione in attuazione del decreto 6 luglio 2012 del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che introdusse nuovi meccanismi di incentivazione in sostituzione dei Certificati Verdi e delle Tariffe Onnicomprensive previgenti.
In tema di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, diverse dal fotovoltaico, e di relativi meccanismi di incentivazione, un altro imprescindibile riferimento normativo è il decreto 23 giugno 2016 del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
In conseguenza della deroga e, segnatamente, del tetto di 120 euro per MegaWatt/ora, ci si attende una diminuzione di gettito fiscale.
Il comma 2 dell’articolo in esame quantifica tale onere per la finanza pubblica nella misura di 4,32 milioni di euro per l’anno 2023 e stabilisce che vi si provveda nel quadro delle disposizioni finanziarie recate dall’articolo 24.
Articolo 7
(Disposizioni in materia di agevolazioni fiscali
per interventi di risparmio energetico)
In materia di interventi finalizzati al risparmio energetico, l’articolo 7 autorizza il cumulo tra agevolazione fiscale e contributo regionale (o delle province autonome di Trento e Bolzano), se le norme che regolano quest’ultimo lo consentono. La somma dei due benefici, in ogni caso, non deve superare il 100% della spesa ammissibile all’agevolazione o al contributo.
L’articolo 7, ai fini della determinazione dell'ammontare delle agevolazioni fiscali per interventi di risparmio energetico, permette di cumulare, nei limiti del 100% dell'ammontare della spesa ammissibile, la parte di spesa per la quale sia già stato concesso un contributo da Regioni e province autonome, a condizione che la normativa relativa allo stesso contributo lo consenta. La disposizione si applica con riferimento ai contributi istituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto ed erogati negli anni 2023 e 2024.
L’Agenzia delle entrate specifica che, per gli interventi diversi da quelli che danno diritto al Superbonus, restano applicabili le agevolazioni già previste dalla legislazione vigente in materia di riqualificazione energetica. Si tratta, in particolare, delle detrazioni spettanti per:
§ interventi di riqualificazione energetica rientranti nell’ecobonus non effettuati congiuntamente a quelli che danno diritto al Superbonus, per i quali la detrazione attualmente prevista (in base all’articolo 14 del decreto legge n. 63/2013) va dal 50% al 85% delle spese sostenute, in base alla tipologia di interventi effettuati, da ripartire in 10 quote annuali;
§ l’installazione di impianti solari fotovoltaici, diversi da quelli che danno diritto al Superbonus, che rientrano, invece, tra gli interventi finalizzati al risparmio energetico (previsti all’articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del TUIR), nonché dell’installazione contestuale o successiva dei sistemi di accumulo funzionalmente collegati agli impianti solari fotovoltaici stessi. La detrazione è pari al 50% delle spese sostenute da ripartire in 10 quote annuali;
§ l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, diverse da quelle che danno diritto al Superbonus, che rientrano tra gli interventi ammessi alla detrazione (previsti all’articolo 16-ter del decreto legge n. 63/2013), pari al 50% delle spese sostenute, da ripartire tra gli aventi diritto in 10 quote annuali di pari importo.
Si ricorda che già l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), rispondendo alla FAQ n. 35 (2019), aveva sottolineato che per gli interventi di riqualificazione energetica effettuati dal 1° gennaio 2009 fino al 2 gennaio 2013 la detrazione del 55% non era cumulabile con contributi comunitari, regionali e locali destinati alle medesime finalità. A far data dal 3 gennaio 2013, invece, le detrazioni fiscali del 55% (elevate poi al 65%) risultarono compatibili con gli incentivi disposti da Regioni, Province e Comuni. Ad ogni modo, era necessario verificare prima che i bonus riconosciuti a livello locale prevedessero la cumulabilità con l’ecobonus e che questo fosse calcolato sulla parte di spesa residua rimasta a carico del contribuente, cioè sulla somma che non ha beneficiato della detrazione regionale o locale.
Per una panoramica normativa su risparmio ed efficienza energetica si rinvia alla pagina di approfondimento del Dipartimento Ambiente della Camera dei deputati.
L’articolo 8 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire tra le regioni e le province autonome, quale contributo statale al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018.
Prevede, inoltre, che le aziende fornitrici di dispositivi medici, qualora non abbiano attivato un contenzioso o abbiano rinunciato allo stesso, possano versare a ciascuna regione e provincia autonoma, entro il 30 giugno 2023, in luogo della quota intera, una somma pari al 48 per cento di quanto dovuto a titolo di conributo al ripiano.
Dispone, altresì, in ordine alle modalità di compilazione della fattura elettronica riguardante i dispositivi medici e alle modalità di verifica della corretta compilazione.
Infine, prevede che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di ripiano, si possano richiedere finanziamenti assistiti dalla garanzia del Fondo già costituito presso il Mediocredito Centrale Spa (Fondo finalizzato ad assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese).
Il comma 1 dell’articolo in epigrafe ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con dotazione pari a 1.085 milioni di euro per l'anno 2023. L’istituzione è disposta con espresso riferimento alla normativa in materia di ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici relativo agli anni da 2015 a 2018, di cui al richiamato articolo 9-ter, comma 9-bis, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78[1].
In base a tale normativa, le aziende fornitrici di dispositivi medici - relativamente al superamento del tetto di spesa regionale per gli anni suddetti, certificato con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 6 luglio 2022[2] -, sono tenute ad adempiere all’obbligo di ripiano posto a loro carico entro il 30 aprile 2023[3]. Nel caso in cui le aziende fornitrici di dispositivi medici non adempiano all'obbligo del ripiano, i debiti per acquisti di dispositivi medici delle singole regioni e province autonome, anche per il tramite degli enti del servizio sanitario regionale, nei confronti delle predette aziende fornitrici inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell'intero ammontare. A tal fine le regioni e le province autonome trasmettono annualmente al Ministero della salute apposita relazione attestante i recuperi effettuati, ove necessari.
In sede di relazione illustrativa, il Governo osserva che l’articolo in commento intende porre rimedio in via definitiva alle criticità e difficoltà connesse al vigente quadro normativo relativo al ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici (al riguardo v. ricostruzione alla fine della presente scheda), segnalando che si è sviluppato in materia un filone di contenzioso di significativo rilievo, avanzato dalle aziende fornitrici di dispositivi medici, che tra le tante doglianze hanno messo in luce anche il dato della inadeguatezza di tetti di spesa in percentuale (4,4%) indifferenziati per tutte le regioni.
Il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce che a ciascuna regione e provincia autonoma è assegnata una quota del fondo di cui al comma 1, secondo gli importi indicati nella tabella A allegata al provvedimento in esame, determinati in proporzione agli importi complessivamente spettanti alle medesime regioni e province autonome per gli anni 2015 - 2018, indicati negli allegati A, B, C e D del summenzionato decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 6 luglio 2022. Viene precisato che gli importi della quota del fondo assegnati a ciascuna regione provincia autonoma possono essere utilizzati per gli equilibri dei servizi sanitari regionali dell'anno 2022.
In base al successivo comma 3, la restante quota del riparto, da parte delle aziende fornitrici di dispositivi medici “che non hanno attivato contenzioso o che rinunciano al contenzioso eventualmente attivato”[4], è erogata nella misura pari al 48 per cento dell'importo indicato nei provvedimenti regionali e provinciali recanti l'elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano, e deve essere versata entro il 30 giugno 2023.
Invece, per le aziende fornitrici di dispositivi medici che non rinunciano al contenzioso attivato, rimane l'obbligo del versamento della quota integrale a loro carico, come determinata dai provvedimenti regionali o provinciali anzidetti.
Viene confermato che, in caso di mancato versamento del contributo, in misura integrale o decurtato nei termini anzidetti, i debiti per acquisti di dispositivi medici delle singole regioni e province autonome, anche per il tramite degli enti del servizio sanitario regionale, nei confronti delle aziende fornitrici inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell'intero ammontare. Resta inoltre confermato che le regioni e le province autonome sono tenute a trasmettere annualmente, al Ministero della salute, apposita relazione attestante i recuperi effettuati, ove necessari.
Si valuti l’opportunità di precisare: a quale specifico contenzioso il comma in esame faccia riferimento e quale sia il termine per la rinuncia allo stesso; entro quale termine debbano adempiere al versamento della quota integrale le aziende fornitrici che non rinunciano al contenzioso attivato.
Secondo quanto disposto dal comma 4, resta fermo l’obbligo di indicare nella fattura elettronica riguardante i dispositivi medici[5]: a) in modo separato il costo del bene e il costo del servizio; b) il codice di repertorio di cui al decreto del Ministro della salute 21 dicembre 2009[6]. In base al successivo comma 5, spetta alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, anche per il tramite degli enti del proprio servizio sanitario, verificare la corretta compilazione della fattura elettronica e mettere a disposizione del Ministero della salute, Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, trimestralmente, una relazione in materia.
Il comma 6, infine, reca una misura per consentire alle piccole e medie imprese di soddisfare le esigenze di liquidità connesse all'assolvimento dell'obbligo di ripiano di cui al comma 3: si prevede la possibilità, nel rispetto delle condizioni, dei requisiti e delle risorse finanziarie disposti a legislazione vigente, di richiedere finanziamenti a banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e ad altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, suscettibili di essere assistiti, previa valutazione del merito di credito, dalla garanzia prestata dal Fondo già costituito presso il Mediocredito Centrale Spa (Fondo finalizzato ad assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese, di cui al richiamato articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662[7]).
Si ricorda che il citato articolo 9-ter, comma 9-bis, del decreto-legge 78/2015 reca una disciplina transitoria sulle modalità procedurali di ripiano del superamento dei limiti di spesa regionale (o della Provincia autonoma) per dispositivi medici, concernente l'accertamento del superamento dei limiti di spesa per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018 e la successiva fase di ripiano. La disciplina transitoria in oggetto si pone in parziale deroga alla normativa a regime in materia (su cui v. infra), sostituendo con disposizioni specifiche il rinvio (posto dalla suddetta normativa ordinaria) ad un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la definizione delle modalità procedurali di ripiano (accordo successivo all'eventuale accertamento del superamento del limite annuo).
La normativa a regime, di cui all'articolo 9-ter, comma 1, lettera b), e comma 9, del citato D.L. 78/2015, all'articolo 29 del D.Lgs. 5 agosto 2022, n. 137, e all'articolo 25 del D.Lgs. 5 agosto 2022, n. 138, stabilisce che:
§ -il limite di spesa regionale (o della Provincia autonoma) per l'acquisto di dispositivi medici è fissato con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed aggiornato con cadenza biennale, "fermo restando il tetto di spesa nazionale fissato al 4,4 per cento" (rispetto alla base di calcolo costituita dal livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato);
§ -ai fini del rispetto del limite di spesa in oggetto, gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale sono tenuti a proporre ai fornitori di dispositivi medici una rinegoziazione dei contratti in essere, che abbia l'effetto di ridurre i prezzi unitari di fornitura e/o i volumi di acquisto, senza che ciò comporti modifica della durata del contratto in essere;
§ -l'eventuale superamento del tetto di spesa in oggetto, come certificato con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è posto a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici per una quota complessiva pari al 50 per cento. Ciascuna azienda fornitrice concorre alle predette quote di ripiano in misura pari all'incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l'acquisto di dispositivi medici a carico del Servizio sanitario regionale (o del Servizio sanitario della Provincia autonoma). Le modalità procedurali del ripiano sono definite, su proposta del Ministero della salute, con apposito accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Si ricorda, infine, che l'articolo 1, comma 287, della L. 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio per l'anno 2022), ha escluso dal computo del limite di spesa in oggetto, per gli anni 2020 e 2021, i dispostivi medici correlati alle azioni di contenimento e contrasto della pandemia da virus SARS-CoV-2, rientranti nell'elenco "Acquisti di dispositivi e attrezzature per il contrasto all'emergenza Covid-19" presente sul sito istituzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri ed acquistati dalle Regioni e Province autonome.
Articolo 9
(IVA su payback dispositivi medici)
L’articolo 9, prevede che, in relazione ai versamenti effettuati dalle aziende produttrici di dispositivi medici alle regioni, le aziende possono portare in detrazione l’IVA determinata scorporando la medesima dall'ammontare dei versamenti effettuati (comma 1). Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui sono effettuati i versamenti e i relativi costi sono deducibili nel periodo d'imposta nel quale sono effettuati i medesimi versamenti (comma 2). Il comma 3 disciplina le modalità di esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta.
L’articolo 9 in commento riguarda i versamenti effettuati dalle aziende fornitrici di dispositivi medici.
Si rammenta che le aziende fornitrici di dispositivi medici, in caso di sforamento dei tetti di spesa nazionali o regionali prefissati dal Servizio Sanitario Nazionale, concorrono al ripiano degli sforamenti stessi (c.d. payback), ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2015 (recante misure varie, tra cui alcune finalizzate alla razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale). I tetti regionali e nazionali sono calcolati al lordo dell’IVA. L’apposizione di un tetto alla spesa pubblica in dispositivi medici risale all’articolo 17 del decreto-legge n. 98 del 2011 (recante Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria). Si ricorda che il meccanismo del ripiano (o payback) esiste da tempo anche in altre articolazioni della spesa sanitaria, quali la spesa farmaceutica.
Il suddetto decreto-legge n. 78 del 2015, al suo articolo 9-ter (rubricato Razionalizzazione della spesa per beni e servizi, dispositivi medici e farmaci) stabilisce che l'eventuale superamento del tetto di spesa regionale, certificato da decreto ministeriale, è posto a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici per una quota complessiva la quale, a decorrere dal 2017, è pari al 50 per cento. L’articolo 9-ter, peraltro, prevede deroghe per regioni e province autonome quanto all’individuazione delle aziende soggette a concorrere al ripiano. In caso di inadempimento dell’obbligo di concorso al ripiano, i debiti delle regioni e province autonome per acquisti di dispositivi medici nei confronti delle aziende fornitrici inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell’intero ammontare. Il tetto di spesa, attualmente, è pari al 4,4 per cento del Fondo Sanitario Nazionale (FSN). Lo scorso 6 luglio 2022 un decreto in materia emanato dal Ministero della Salute ha certificato i superamenti per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. Il totale delle quote di ripiano a carico delle aziende fornitrici è stato calcolato in circa 416 milioni per l’anno 2015, 473 per il 2016, 552 per il 2017 e 643 per il 2018.
Grazie all’articolo 9, comma 1, in esame, le aziende fornitrici di dispositivi medici potranno portare in detrazione l’IVA, scorporandola dall’ammontare di versamenti effettuati. Espliciti riferimenti normativi al D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), articoli 26 (Variazioni dell'imponibile o dell'imposta) e 27 (Liquidazioni e versamenti mensili) dettagliano le modalità con le quali si procederà alla detrazione.
Il comma 2 precisa che il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui sono effettuati i versamenti. I costi relativi ai versamenti sono deducibili nel periodo d’imposta nel quale avvengono i versamenti.
La relazione tecnica che accompagna il decreto-legge soggiunge che, sulla base di informazioni acquisite presso gli operatori del settore, è stato preliminarmente accertato che i comportamenti previsti dai commi 1 e 2 già sono coerenti con la consueta applicazione delle norme che regolano il funzionamento dell’IVA nonché la deducibilità dei versamenti ai fini di IRAP e di imposte dirette.
Il comma 3 delinea l’esercizio del diritto di detrazione da parte delle aziende fornitrici di dispostivi medici. Esse emetteranno un apposito documento contabile che indicherà gli estremi dei provvedimenti regionali e provinciali da cui deriva l’obbligo del ripiano conseguente al superamento dei tetti di spesa. Tale documento contabile sarà conservato, ai sensi dell’articolo 39 (Tenuta e conservazione dei registri e documenti) del citato D.P.R. n. 633 del 1972.
Articolo 10
(Disposizioni in materia di appalto, di reinternalizzazione dei servizi sanitari e di equità retributiva a parità di prestazioni lavorative, nonché di avvio di procedure selettive comprensive della valorizzazione dell’attività lavorativa già svolta)
L’articolo 10 disciplina gli affidamenti a terzi dei servizi medici ed infermieristici, operati – esclusivamente in caso di necessità e urgenza - dalle aziende e dagli enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per sopperire alla carenza di organico. Sono delineati presupposti, modalità e limiti di tali affidamenti, rinviando per la definizione di linee guida a un successivo decreto del Ministro della salute, da adottarsi previo parere dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). Inoltre, si preclude la ricostituzione del rapporto di lavoro con il SSN al personale sanitario che interrompa volontariamente il rapporto di lavoro dipendente con una struttura pubblica per prestare la propria attività presso un operatore economico privato che fornisce i servizi medici ed infermieristici alle aziende e gli enti dell’SSN. Sono infine introdotte delle norme volte alla reinternalizzazione dei servizi sanitari, attraverso procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l’assolvimento delle funzioni precedentemente esternalizzate; in tale ambito, si prevede la valorizzazione del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie corrispondenti nelle attività dei servizi esternalizzati, che abbia garantito assistenza ai pazienti per almeno sei mesi di servizio e non si sia in precedenza dimesso, in costanza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il SSN, dalle dipendenze dello stesso.
Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che le aziende e gli enti del SSN, per fronteggiare lo stato di grave carenza di organico del personale sanitario, possono affidare a terzi i servizi medici ed infermieristici:
§ solo in caso di necessità e urgenza;
§ in un’unica occasione e senza possibilità di proroga;
§ a seguito della verificata impossibilità di utilizzare personale già in servizio, di assumere gli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore, nonché di espletare le procedure di reclutamento del personale medico e infermieristico autorizzate.
In base al successivo comma 2, agli affidamenti in discorso si può ricorrere esclusivamente nei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri, per un periodo non superiore a dodici mesi. Inoltre, possono essere individuati come affidatari solo operatori economici che si avvalgono di personale medico ed infermieristico in possesso dei requisiti di professionalità prescritti per l’accesso a posizioni equivalenti all’interno degli enti del SSN, e che dimostrano il rispetto delle disposizioni in materia d’orario di lavoro[8].
Si ricorda che, in base al D.M. 2 aprile 2015, n. 70[9], rientrano nella Rete di servizi e presidi di emergenza-urgenza: i Pronto soccorso ospedalieri, che assicurano gli accertamenti diagnostici e gli eventuali interventi necessari per la soluzione del problema clinico presentato, oppure, nei casi più complessi, garantiscono gli interventi necessari alla stabilizzazione del paziente e l’eventuale trasporto ad un ospedale in grado di fornire prestazioni specializzate, sotto il coordinamento della centrale operativa; i Dipartimenti di Emergenza-Urgenza e Accettazione (DEA), che rappresentano un’aggregazione funzionale di unità operative, adottano un codice comune di comportamento assistenziale e assicurano una risposta rapida e completa. I DEA afferiscono a due livelli di complessità, in base alle Unità operative che li compongono: DEA di I livello e DEA di II livello.
Il comma 3, al fine espresso di favorire l’economicità dei contratti e la trasparenza delle condizioni di acquisto e di garantire l’equità retributiva a parità di prestazioni lavorative, demanda ad un decreto del Ministro della salute l’elaborazione di linee guida recanti le specifiche tecniche, i prezzi di riferimento e gli standard di qualità dei servizi medici ed infermieristici oggetto degli affidamenti. Detto decreto è da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, sentita l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).
Si valuti l’opportunità di chiarire se il predetto decreto abbia o meno natura regolamentare.
Il comma 4 pone in capo alla stazione appaltante un obbligo di espressa motivazione, nell’ambito della decisione a contrarre, sull’osservanza delle previsioni e delle condizioni fissate nei commi 1 e 2 e sulla durata dell’affidamento.
Si ricorda che, prima dell'avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti, in conformità ai propri ordinamenti, decretano o determinano di contrarre, individuando gli elementi essenziali del contratto e i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte. Nella procedura relativa ad alcuni contratti sotto soglia (affidamenti di importo inferiore a 150.000 euro), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l'oggetto dell'affidamento, l'importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti (cfr. art. 32, co. 2, del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recante Codice dei contratti pubblici).
Si ricorda, altresì, che il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato[10], in esame definitivo, un decreto legislativo recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78.
Si osserva che, in base alla formulazione del comma in esame, non sembra sussistere un obbligo esplicito di motivazione in ordine al rispetto delle linee guida di cui al comma 3, in tema di economicità dei contratti e trasparenza delle condizioni di acquisto e di garanzia dell’equità retributiva a parità di prestazioni lavorative.
Il comma 5 prevede che l’inosservanza delle disposizioni previste nei commi 1, 2 e 4 sia da valutare anche ai fini della responsabilità per danno erariale del dirigente della struttura sanitaria appaltante il servizio.
In base al comma 6, il personale sanitario che interrompe volontariamente il rapporto di lavoro dipendente con una struttura sanitaria pubblica per prestare la propria attività presso un operatore economico privato che fornisce i servizi di cui ai commi 1, 2 e 4 in regime di esternalizzazione non può chiedere successivamente la ricostituzione del rapporto di lavoro con l’SSN. Sembra doversi intendere che la preclusione alla ricostituzione sia disposta per quanti abbiano interrotto (o interromperanno) volontariamente il rapporto di lavoro dipendente dopo l’entrata in vigore del provvedimento in esame. Si valuti l’opportunità di chiarire tale profilo.
Si ricorda che l’istituto della ricostituzione del rapporto di lavoro è disciplinato dall’art. 42 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità (Triennio 2019/2021). Detto articolo stabilisce che il dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che abbia interrotto il rapporto di lavoro per proprio recesso o per motivi di salute può richiedere, entro cinque anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, la ricostituzione dello stesso (comma 1). La ricostituzione del rapporto di lavoro è, in ogni caso, subordinata alla disponibilità del corrispondente posto nel piano triennale dei fabbisogni dell’Azienda o Ente, ed al mantenimento del possesso dei requisiti per l’assunzione da parte del richiedente nonché agli accertamenti sanitari previsti dalla normativa vigente (comma 4). Disposizioni analoghe sono contenute nell’art. 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’area sanità (Triennio 2016-2018).
Il comma 7 dell’articolo in esame stabilisce che aziende ed enti del SSN, al fine di reinternalizzare i servizi appaltati, avviano le procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l’assolvimento delle funzioni precedentemente esternalizzate. Si prevede che ciò debba avvenire in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di personale e nel rispetto dei limiti di spesa posti dai richiamati commi 1 e 3 dell’art. 11 del D.L. 30 aprile 2019, n. 35[11]. Inoltre, si stabilisce che nell’ambito di tali procedure selettive deve essere prevista la valorizzazione, anche attraverso una riserva di posti non superiore al 50 per cento di quelli disponibili, del personale impiegato in mansioni sanitarie e socio-sanitarie corrispondenti nelle attività dei servizi esternalizzati, che abbia garantito assistenza ai pazienti per almeno sei mesi di servizio. Sono espressamente esclusi dalle procedure di reclutamento volte alla reinternalizzazione dei servizi coloro che “in precedenza”, in costanza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il SSN, si siano dimessi dalle dipendenze dello stesso.
Si ricorda che, nell’ambito della propria giurisprudenza, quanto al rispetto della regola del concorso quale “forma generale e ordinaria” di reclutamento di personale nel pubblico impiego, la Corte costituzionale ha osservato che “non costituisce motivo di ingiustificata preferenza la rilevanza data, ai fini dell'assunzione, alla pregressa attività svolta nel settore dell'amministrazione cui si riferiscono i posti messi a concorso e ciò indipendentemente dalla natura del rapporto di lavoro, pubblicistico o privatistico, che abbia in passato legato i lavoratori all'amministrazione stessa. Può ritenersi senz'altro conforme all'interesse pubblico che precedenti esperienze non vadano perdute e anzi che la legge, come assai frequentemente avviene, preveda per esse una particolare considerazione. Ciò che vale, naturalmente, fino al limite oltre il quale possa dirsi che l'assunzione nella amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere "pubblico" del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell'interesse pubblico, dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione.” (v. sentenza n. 141 del 1999, con la quale si è ritenuto conforme ai principi di ragionevolezza e di buon andamento dell’azione amministrativa la previsione di una riserva a favore del personale già alle dipendenze della pubblica amministrazione in possesso dei requisiti di volta in volta richiesti pari al 50% del totale dei posti messi a concorso).
Si ricordano, inoltre, gli aspetti salienti della disciplina sui limiti di spesa per il personale sanitario, posta dai richiamati commi 1 e 3 dell’art. 11 del D.L 35/2019. A decorrere dal 2019, la spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni non può superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, o, se superiore, il valore della spesa prevista per l'anno 2004, diminuito dell'1,4 per cento. I predetti valori sono incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari al 10 per cento. Qualora nella singola Regione emergano oggettivi ulteriori fabbisogni di personale rispetto alle facoltà assunzionali consentite, valutati congiuntamente dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, può essere concessa alla medesima Regione un'ulteriore variazione del 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'anno precedente, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale. Dall'anno 2022 l'incremento ulteriore anzidetto è subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale. Le regioni, sulla base della predetta metodologia, predispongono il piano dei fabbisogni triennali per il servizio sanitario regionale. Inoltre, previo accordo da definirsi con il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze, possono ulteriormente incrementare i limiti di spesa di cui sopra, di un ammontare non superiore alla riduzione strutturale della spesa già sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
Si ricorda, infine, che sulla problematica dei cosiddetti “medici a gettone”, che forma oggetto dell’articolo in esame, si è registrato un intervento dell’ANAC[12].
L’articolo 11 prevede che per l’anno 2023 le aziende e gli enti del Servizio Sanitario nazionale, allo scopo di far fronte alla carenza di personale medico e infermieristico presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri, e di ridurre l’utilizzo delle esternalizzazioni, possono ricorrere alle prestazioni aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva nazionale per il personale medico ed infermieristico, consentendo, in deroga alla contrattazione, un aumento della relativa tariffa oraria fino a 100 euro lordi onnicomprensivi, per il personale medico, e a 50 euro lordi onnicomprensivi per il personale infermieristico, al netto degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione.
L’aumento dovrà avvenire nel limite degli importi di cui alla tabella B allegata al presente decreto, pari a complessivi 50 milioni di euro per il personale medico e a complessivi 20 milioni di euro per il personale infermieristico per l'anno 2023.
Al relativo finanziamento accedono tutte le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente.
Mediante una modifica all’articolo 1, comma 526 della legge di bilancio 2023[13], viene poi previsto un incremento a decorrere dal 1 giugno e fino al 31 dicembre 2023 delle risorse destinate alla corresponsione dell’indennità di pronto soccorso, pari a 100 milioni di euro complessivi, dei quali 30 destinati alla dirigenza medica e 70 al personale del comparto sanità.
Resta fermo l’incremento a regime di 200 milioni di euro delle citate risorse dal 1 gennaio 2024 già previsto dalla citata disposizione.
Alla copertura degli oneri di cui ai commi 1 e 3 si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, che a tal fine è incrementato di 170 milioni di euro per l'anno 2023.
L’articolo 11 prevede che, per affrontare la carenza di personale medico e infermieristico presso i servizi di emergenza — urgenza ospedalieri del Servizio Sanitario Nazionale SSN e al fine di ridurre l'utilizzo delle esternalizzazioni, per l'anno 2023 le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale SSN, possono ricorrere:
§ per il personale medico, alle prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 115, comma 2, del CCNL dell'Area sanità del 19 dicembre 2019, per le quali la tariffa oraria fissata dall'articolo 24, comma 6, del medesimo CCNL, in deroga alla contrattazione, può essere aumentata fino a 100 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione;
§ per il personale infermieristico, alle prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 7, comma I, lettera d), del CCNL — triennio 2019-2021 relativo al personale del comparto sanità, per le quali la tariffa oraria può essere aumentata fino a 50 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'amministrazione;
L’aumento dovrà avvenire nel limite degli importi di cui alla tabella B allegata al presente decreto, pari a complessivi 50 milioni di euro per il personale medico e a complessivi 20 milioni di euro per il personale infermieristico per l'anno 2023.
Viene poi previsto che restano ferme le disposizioni vigenti in materia di prestazioni aggiuntive, con particolare riferimento ai volumi di prestazioni erogabili nonché all'orario massimo di lavoro e ai prescritti riposi (comma 1).
L’articolo 115 del CCNL dell’Area sanità del 19 dicembre 2019 disciplina le tipologie di attività libero professionale intramuraria, includendo (comma 2) nell’ambito di disciplina delle stesse (e più in particolare in quelle di cui alla lettera d)[14] del comma 1) le prestazioni richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale, dalle Aziende o Enti ai propri dirigenti allo scopo di ridurre le liste di attesa o di acquisire prestazioni aggiuntive, soprattutto in presenza di carenza di organico od impossibilità anche momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge, in accordo con le équipes interessate e nel rispetto delle direttive nazionali e regionali in materia.
Il richiamato articolo 24, comma 6, del medesimo contratto dispone, tra l’altro, che, nel caso in cui sia stata concordata con l’équipe interessata l’applicazione dell’istituto delle prestazioni aggiuntive (di cui all’articolo 115, comma 2), la misura della tariffa oraria da erogare per tali prestazioni è di euro 60,00 lordi onnicomprensivi.
Infine l’articolo 7 del citato CCNL prevede che le Regioni possano emanare linee generali di indirizzo per lo svolgimento della contrattazione integrativa, in una serie di ambiti tra i quali, alla lettera d) richiamata dalla disposizione in commento, quello delle prestazioni aggiuntive del personale;
Al finanziamento di cui al comma 1 accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente (comma 2).
Si ricorda che l'accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario tiene conto di quanto previsto ai sensi della legge n. 296/2006[15], art. 1, comma 830, che stabilisce la compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti previste a legislazione vigente, quali le entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti) e la fiscalità generale delle regioni, vale a dire IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. Fa eccezione la sola Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è determinata in misura fissa dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario.
Con una modifica all’articolo 1, comma 526, della legge 29 dicembre 2022, n. 197[16], è previsto un incremento a decorrere dal 1 giugno e fino al 31 dicembre 2023 delle risorse destinate alla corresponsione dell’indennità di pronto soccorso, pari a 100 milioni di euro complessivi, dei quali 30 destinati alla dirigenza medica e 70 al personale del comparto sanità.
Resta fermo l’incremento a regime di 200 milioni di euro delle citate risorse dal 1 gennaio 2024 già previsto dalla citata disposizione (comma 3).
I commi 526 e 527 dell'articolo 1 della legge di Bilancio per il 2023 sono volti ad incrementare le risorse destinate dalla legge di bilancio 2022 alla definizione di una specifica indennità accessoria per i dipendenti degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale operanti nei servizi di pronto soccorso.
Più in dettaglio, in base al comma 526, le predette risorse sono incrementate di complessivi 200 milioni di euro annui a decorrere dal 1° gennaio 2024. Si stabilisce, infatti, che i limiti di spesa annui lordi previsti dall’articolo 1, comma 293, della legge di bilancio 2022, per la definizione della specifica indennità ivi indicata, sono incrementati, con decorrenza dal 1° gennaio 2024, di complessivi 200 milioni di euro annui, di cui 60 milioni di euro per la dirigenza medica e 140 milioni di euro per il personale del comparto sanità. La disposizione in commento esplicita, in linea con la corrispondente norma della legge di bilancio 2022, che il fine dell'incremento è il riconoscimento delle particolari condizioni di lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e dal personale del comparto sanità, dipendente delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale ed operante nei servizi di pronto soccorso.
Si ricorda che la citata legge di bilancio 2022 (L. 234/2021, articolo 1, commi 293 e 294) ha previsto che, in sede di contrattazione collettiva, si definisca una specifica indennità accessoria per i dipendenti degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale operanti nei servizi di pronto soccorso, nei limiti degli importi annui lordi di 27 milioni di euro per la dirigenza medica e di 63 milioni per il restante personale, con decorrenza dal 1° gennaio 2022 e in ragione dell'effettiva presenza in servizio. Ha previsto, altresì, che alla copertura del relativo onere si provveda a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.
Per il personale del comparto sanità[17], all'attuazione delle norme summenzionate della legge di bilancio 2022 ha provveduto il contratto collettivo nazionale 2019-2021[18], sottoscritto il 2 novembre 2022.
Per il personale della dirigenza medica è stato adottato, da parte del competente comitato di settore[19], l'atto di indirizzo per il rinnovo contrattuale del triennio 2019-2021, in cui si prefigura, tra l'altro, la "finalizzazione" delle risorse stanziate dalla legge di bilancio 2022 in tema di indennità di natura accessoria per quanti operano nei servizi di pronto soccorso.
In base al comma 527, alla copertura degli oneri derivanti dalle descritte disposizioni di cui al comma 526, quantificati in 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024, si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato (modalità di copertura identica a quella prevista dalla legge di bilancio 2022, v. sopra).
Si segnala che la legge in esame, al successivo comma 535, innova in ordine al livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato.
Il comma 4 prevede che alla copertura degli oneri di cui ai commi 1 e 3 si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato che a tal fine è incrementato di 170 milioni di euro per l’anno 2023.
Ai sensi del comma 5, agli oneri sopra indicati, pari a 170 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede ai sensi dell'articolo 24 del decreto legge in esame, alla cui scheda si fa rinvio.
In Italia, lo Stato finanzia la spesa sanitaria pubblica ed accreditata, vale a dire diretta a strutture sanitarie anche private che svolgono le loro attività in base ad un livello programmato di risorse, su base triennale, in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria.
Il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale, che rappresenta il finanziamento complessivo della sanità pubblica e di quella accreditata in Italia, come sopra accennato, è stato incrementato dalla legge di Bilancio 2023 (comma 535) di 2.150 milioni di euro per l'anno 2023, 2.300 milioni per il 2024 e 2.600 milioni a decorrere dall'anno 2025.
Per il 2023, in particolare, al fine di compensare i maggiori costi dovuti all'aumento dei prezzi delle fonti energetiche, con DM Salute 10 gennaio 2023 sono state ripartite risorse di tale nuovo livello di finanziamento pari a complessivi 1.600 milioni di euro, di cui 200 milioni di euro in base all'art. 40, comma 1, DL. 50/2022 (cd. decreto energia, L. n. 91/2022) e 1.400 milioni, ai sensi dell'art. 5, comma 3, del DL. n. 144/2022 (cd. decreto Aiuti-ter, L. n. 175/2022), in relazione alle quote di accesso di regioni e province autonome al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2022. L'incremento si somma, corrispondentemente, al livello precedentemente fissato dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) pari a 124.061 milioni di euro per il 2022, 126.061 milioni per il 2023 e 128.061 milioni per l'anno 2024.
L'ultimo riparto del fabbisogno sanitario è quello stabilito per l'anno 2022 con Intesa del 21 dicembre 2022 (v. documento), per un importo di complessivi 125.980 milioni di euro, che, tra le altre somme, include - rispetto al valore fissato dal comma 258, art. 1, della legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021), pari a 124.061 milioni di euro - il rimborso per l'acquisto di farmaci innovativi (+ 100 milioni) , il finanziamento dell'incremento del numero dei contratti di formazione specialistica dei medici (+ 194 milioni), il potenziamento dell'assistenza per la tutela della salute mentale e sessioni di psicoterapia (complessivi 25 milioni) e la copertura dei maggiori costi stimati per gli enti del SSN per effetto dell'incremento dei prezzi delle fonti energetiche (complessivi 1.600 milioni).
Articolo 12
(Misure per il personale dei servizi di emergenza-urgenza)
L’articolo 12 definisce particolari misure a favore del personale sanitario medico dei servizi di emergenza-urgenza fino al 31 dicembre 2025, prevedendo innanzitutto un regime temporaneo per l’ammissione - di tale personale con determinati requisiti – ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza, ancorché non in possesso di alcun diploma di specializzazione. L’assunzione può avvenire anche in deroga alle incompatibilità previste a legislazione vigente per l’assunzione di incarichi libero-professionali presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del SSN, per un massimo di 8 ore settimanali, con una remunerazione integrativa di 40 euro lordi, valutabile nell’ambito del curriculum formativo e professionale nei concorsi per dirigente medico del SSN.
Si prevede inoltre la possibilità, sempre fino al 31 dicembre 2025, della trasformazione del rapporto di lavoro da impegno orario pieno a impegno orario ridotto o parziale, in deroga ai contingenti previsti dalle disposizioni vigenti, per il personale, dipendente e convenzionato, operante nei servizi di emergenza-urgenza degli enti del SSN in possesso dei requisiti per il pensionamento anticipato previsti dall’ordinamento vigente, comunque entro i limiti d’età già previsti e previa apposita autorizzazione degli enti del SSN interessati.
Peraltro, al personale sanitario per cui il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, è riconosciuto, ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia ed alla pensione anticipata, l'incremento dell'età anagrafica con un coefficiente di trasformazione pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di urgenza ed emergenza presso aziende ed enti del SSN, nel limite massimo di ventiquattro mesi.
L’articolo 12 definisce ulteriori misure per il personale medico dei servizi di emergenza-urgenza –, sia nei casi in cui lo stesso personale svolga la propria attività presso le strutture ospedaliere di pronto soccorso che in quelli in cui la svolga presso i servizi di emergenza territoriale.
Innanzitutto, il comma 1 definisce un regime temporaneo fino al 31 dicembre 2025 per l’ammissione a partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN nella disciplina di Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza, anche se non in possesso di alcun diploma di specializzazione, del personale medico che alla data di pubblicazione del presente decreto-legge (31 marzo 2023), abbia maturato, nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2013 ed il 30 giugno 2023, presso i servizi di emergenza-urgenza del SSN, almeno 3 anni di servizio, anche non continuativo, con contratti a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa o contratti di convenzione o altre forme di lavoro flessibile, ovvero abbia svolto un documentato numero di ore di attività, equivalente ad almeno 3 anni di servizio del personale medico del SSN a tempo pieno, anche non continuative, presso i predetti servizi.
Va infatti ricordato che, in generale, per l'accesso alle procedure concorsuali della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ai sensi del regolamento di cui al DPR n. 483/1997[20], è necessaria la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso o in disciplina equipollente o affine.
Il servizio prestato in base alla predetta disciplina deve essere certificato, su istanza dell’interessato, dalla struttura presso la quale è stato svolto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda.
La finalità della norma è quella di far fronte alla carenza delle professionalità mediche nella specializzazione dell’emergenza-urgenza, considerato che, come sottolinea la relazione illustrativa, negli ultimi anni si è registrata su tutto il territorio nazionale una non soddisfacente partecipazione dei medici specialisti alle procedure di reclutamento indette nella disciplina di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza, e non si è riusciti pertanto a coprire gran parte dei posti relativi ai contratti di formazione specialistica in tale ramo, con difficoltà anche nell’assicurare la continuità nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
Inoltre, il comma 2 definisce un regime sperimentale fino al 31 dicembre 2025, in deroga alle incompatibilità previste dall’articolo 40 del D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 368[21] e in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 7 (Gestione delle risorse umane) del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[22], ferma restando la previsione dell'articolo 11, comma 1, del DL. 30 aprile 2019, n. 35[23] (L. n. 60/2019), in base al quale i medici in formazione specialistica regolarmente iscritti al relativo corso di studi possono assumere, su base volontaria e al di fuori dall’orario dedicato alla formazione, incarichi libero-professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del SSN, per un massimo di 8 ore settimanali.
Il comma 3 dispone inoltre riguardo l’attività libero-professionale che i medici in formazione specialistica possono svolgere ai sensi del precedente comma 2, la quale deve essere coerente con l'anno di corso di studi superato e con il livello di competenze e di autonomia raggiunto dallo specializzando. Per tali attività è previsto un compenso orario, che integra la remunerazione prevista per la formazione specialistica, pari a 40 euro lordi comprensivi di tutti gli oneri fiscali, previdenziali e di ogni altro onere eventualmente previsto a carico dell’azienda o dell’ente che ha conferito l’incarico.
Il comma 4 aggiunge che l’attività svolta ai sensi del precedente comma 3 è valutabile nell’ambito del curriculum formativo e professionale nei concorsi per dirigente medico del SSN e costituisce requisito utile ai sensi dell’articolo 20, comma 2, lettera a) del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75[24].
In base a tale norma introdotta per il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni, si ricorda, fino al 31 dicembre 2024, le amministrazioni possono bandire, in coerenza con il loro piano triennale dei fabbisogni di personale, e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno - previa indicazione della relativa copertura finanziaria -, procedure concorsuali riservate, fino al 50% dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga, in particolare, il requisito di risultare titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge 7 agosto 2015, n. 124, di delega per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso.
Inoltre, il comma 5 introduce la possibilità, fino al 31 dicembre 2025, per il personale, dipendente e convenzionato, operante nei servizi di emergenza-urgenza degli enti del SSN in possesso dei requisiti per il pensionamento anticipato previsti dall’ordinamento vigente, di richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da impegno orario pieno a impegno orario ridotto o parziale, in deroga ai contingenti previsti dalle disposizioni vigenti, fino al raggiungimento del limite di età previsto dall’ordinamento vigente e ferma restando l’apposita autorizzazione degli enti del Servizio sanitario nazionale competenti, oltre che il riconoscimento del trattamento pensionistico esclusivamente a seguito della cessazione del rapporto di lavoro.
Il comma 6 prevede che a decorrere dal 31 marzo 2023, data di entrata in vigore del presente decreto-legge, al personale sanitario per cui il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, è riconosciuto, ai fini dell'accesso alla pensione di vecchiaia ed alla pensione anticipata, l'incremento dell'età anagrafica a cui applicare il coefficiente di trasformazione previsto dall'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335[25], pari a due mesi per ogni anno di attività effettivamente svolta nei servizi di urgenza ed emergenza presso aziende ed enti del SSN, nel limite massimo di ventiquattro mesi.
L’applicazione del predetto regime più favorevole di riconoscimento di maggiorazioni dell’età anagrafica si applica esclusivamente ai pensionamenti decorrenti dalla data di cui al medesimo primo periodo della disposizione in commento (vale a dire dopo il 1° gennaio 1996) fino al 30 giugno 2032.
Infine, il comma 7 dispone la clausola di copertura, stabilendo che agli oneri derivanti dal precedente comma 6, valutati come segue:
Onere stimato (in euro) |
Anno di riferimento |
60.000 |
2023 |
200.000 |
2024 |
400.000 |
2025 |
700.000 |
2026 |
1.100.000 |
2027 |
1.700.000 |
2028 |
2.300.000 |
2029 |
3.200.000 |
2030 |
4.000.000 |
2031 |
5.100.000 |
dal 2032 |
A tali oneri si provvede ai sensi dell'articolo 24, comma 6 (cui si fa rinvio).
L’articolo 13 modifica la normativa transitoria[26] che consente lo svolgimento, da parte del personale rientrante nelle professioni infermieristiche od ostetrica ovvero nelle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione[27] ed appartenente al comparto contrattuale pubblico della sanità, di altre prestazioni al di fuori dell'orario di servizio; la novella di cui al presente articolo proroga il termine finale di applicazione della normativa dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2025 e sopprime il limite del monte ore complessivo settimanale per le suddette prestazioni, limite che era pari a otto ore; si inserisce inoltre la previsione che il Ministero della salute effettui annualmente il monitoraggio delle autorizzazioni concesse e dei tassi di assenza e dei permessi fruiti dal personale autorizzato.
Resta ferma, ai sensi della disciplina transitoria in esame, la condizione che le attività esterne siano previamente autorizzate dal vertice dell'amministrazione di appartenenza; quest'ultimo, in sede di rilascio dell'autorizzazione, verifica: la compatibilità con le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale e con l’obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa (nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle medesime liste); il rispetto della normativa sull'orario di lavoro.
Si ricorda che la normativa transitoria in oggetto costituisce una deroga esplicita all'applicazione delle norme vigenti, ivi richiamate[28], che escludono la possibilità di svolgimento di altre attività lavorative da parte del personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.
Articolo 14
(Modifiche all’articolo 1, comma 548-bis,
legge 30 dicembre 2018, n. 145)
L’articolo 14 modifica una disciplina in tema di reclutamento, a tempo determinato e con orario a tempo parziale, di medici specializzandi e di altri professionisti sanitari in corso di specializzazione, posta dall’art. 1, co. 548-bis[29] della legge di bilancio 2019 (L. 30 dicembre 2018, n. 145). Per effetto delle modifiche introdotte, la disciplina in questione è divenuta a regime (da transitoria che era) e consente anche più di una proroga del contratto a tempo determinato con gli specializzandi; inoltre, è venuto meno il limite di durata di 12 mesi della proroga, fermo restando che il contratto non può avere durata superiore alla durata residua del corso di formazione specialistica ed è prorogabile fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica.
La disciplina oggetto di modifica consentiva, fino al 31 dicembre 2025, agli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, nonché alle strutture sanitarie private, accreditate ed appartenenti alla rete formativa della scuola di specializzazione, di assumere a tempo determinato e con orario a tempo parziale i professionisti sanitari in corso di specializzazione e utilmente collocati in specifiche graduatorie concorsuali separate, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio e nei limiti di spesa per il personale previsti dalla disciplina vigente, nonché nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea relativamente al possesso del titolo di formazione specialistica.
La lettera a) dell’articolo in esame ha soppresso il termine del 31 dicembre 2025, eliminando così il carattere di transitorietà della disciplina in questione.
Detta disciplina, inoltre, prevedeva che il contratto a tempo determinato non potesse avere durata superiore alla durata residua del corso di formazione specialistica (fatti salvi, per i medici specializzandi, i periodi di sospensione previsti dall'articolo 24, commi 5 e 6, primo periodo, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368[30]), e potesse essere prorogato una sola volta fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi (terzo periodo del succitato comma 548-bis).
La lettera b) dell’articolo in commento, sostituendo il terzo periodo anzidetto, conferma che il contratto a tempo determinato non può avere durata superiore alla durata residua del corso di formazione specialistica (restano salvi, per i medici specializzandi, i periodi di sospensione summenzionati) e può essere prorogato fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica, ma non pone più il limite di dodici mesi né quello relativo al numero di proroghe.
Si ricorda che la disciplina su cui incide l’articolo in esame [31] prevede, in primo luogo, che i medici, i veterinari, gli odontoiatri, i biologi, i chimici, i farmacisti, i fisici e gli psicologi, a partire dal terzo anno del corso di formazione specialistica a cui siano regolarmente iscritti, possano partecipare alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza pubblica del ruolo sanitario concernenti la specifica disciplina oggetto del corso; tali soggetti, se risultati idonei, sono collocati in graduatoria separata. L'eventuale assunzione a tempo indeterminato dei medesimi è in ogni caso subordinata al conseguimento del titolo di specializzazione ed all'esaurimento della graduatoria dei soggetti già specialisti alla data di scadenza del bando.
In secondo luogo, la disciplina in oggetto consente, a determinate condizioni, l'assunzione, con contratto di lavoro dipendente a tempo determinato e con orario a tempo parziale, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, dei professionisti in formazione specialistica utilmente collocati nelle suddette graduatorie separate, con successivo inquadramento, a decorrere dalla data del conseguimento del titolo di formazione specialistica, a tempo indeterminato nell’ambito dei ruoli della dirigenza del Servizio sanitario nazionale. Come accennato, la possibilità di assunzione a tempo determinato e parziale è ammessa anche per le strutture sanitarie private accreditate, facenti parte della rete formativa della specializzazione in oggetto; tale possibilità è limitata agli specializzandi che svolgano l'attività formativa presso le medesime strutture.
Più in particolare, come già evidenziato, i contratti di lavoro a tempo determinato in esame possono essere stipulati nei limiti delle disponibilità di bilancio dell'ente o azienda e nei limiti di spesa per il personale vigenti, sempre che sussistano le condizioni - inerenti anche alla mancanza di altre risorse umane - poste dall’articolo 1, comma 548-ter, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e fermo restando il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, relativamente al possesso del titolo di formazione specialistica.
La definizione - per i soggetti interessati dai summenzionati rapporti di lavoro a tempo determinato - delle modalità di svolgimento della formazione specialistica - la quale prosegue a tempo parziale - e delle attività formative (teoriche e pratiche) previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria è demandata a specifici accordi tra le regioni o le province autonome e le università interessate, conclusi sulla base di un accordo quadro, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (l'accordo quadro è stato adottato con il D.M. 10 dicembre 2021). Le assunzioni devono essere effettuate in ogni caso nell’ambito delle strutture accreditate della rete formativa e l'attività dei soggetti così assunti deve essere coerente con il progetto formativo deliberato dal consiglio della scuola di specializzazione.
Secondo i princìpi posti dalla disciplina legislativa in oggetto, la formazione teorica è svolta presso le università e quella pratica presso l’ente o azienda d’inquadramento (purché accreditato ai fini della formazione specialistica).
Gli specializzandi assunti a termine sono inquadrati con qualifica dirigenziale e al loro trattamento economico, proporzionato alla prestazione lavorativa resa e commisurato alle attività assistenziali svolte, si applicano le disposizioni del contratto collettivo nazionale della dirigenza in oggetto del Servizio sanitario nazionale (il trattamento, qualora sia inferiore a quello già previsto dal contratto di formazione specialistica, è rideterminato in misura pari a quest’ultimo); nel caso di assunzione a termine presso le suddette strutture sanitarie private, il trattamento è determinato in base al rispettivo contratto collettivo nazionale di lavoro (relativo ai dirigenti). Gli specializzandi assunti a termine svolgono attività assistenziali coerenti con il livello di competenze e di autonomia raggiunto e correlato all’ordinamento didattico di corso, alle attività professionalizzanti nonché al programma formativo seguito e all’anno di corso di studi superato. Essi sono poi inquadrati, a decorrere dalla data del conseguimento del relativo titolo di formazione specialistica, a tempo indeterminato nell’ambito dei ruoli della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ferma restando la condizione dell'esaurimento della graduatoria dei soggetti già specialisti alla data di scadenza del bando (bando in relazione al quale lo specializzando era stato inserito nella graduatoria separata).
L’articolo 15 consente l’esercizio temporaneo in deroga, fino al 31 dicembre 2025, di qualifiche relative a professioni sanitarie e di interesse sanitario conseguite all’estero. In attesa del raggiungimento della prevista intesa da adottarsi in Conferenza Stato-Regioni per la definizione della disciplina di dettaglio, e comunque non oltre sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame, continua ad applicarsi la normativa vigente in materia con riferimento alle deroghe tuttora applicate. Si demanda ad un’Intesa della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, da dottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, la definizione della relativa disciplina.
Inoltre, fino al 31 dicembre 2025, la norma esame prevede l’applicazione degli articoli 27 (ingresso in casi particolari) e 27-quater (ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati) del T.U. delle norme in materia di immigrazione anche al personale medico e infermieristico assunto - in base alla predetta disciplina derogatoria - presso strutture sanitarie o socio sanitarie, pubbliche o private, sulla base del riconoscimento regionale, con contratto libero-professionale ovvero con contratto di lavoro subordinato, entrambi anche di durata superiore a tre mesi, a carattere rinnovabile.
L’articolo 15 consente, al fine di fronteggiare la grave carenza di personale sanitario e socio-sanitario sul territorio nazionale, l'esercizio temporaneo in deroga, fino al 31 dicembre 2025, dell’attività lavorativa svolta sul territorio nazionale a coloro che intendono esercitare presso strutture sanitarie o socio-sanitarie pubbliche, ovvero private o private accreditate, una professione sanitaria ovvero una attività prevista per gli operatori di interesse sanitario, in base ad una qualifica professionale conseguita all'estero.
La deroga è disposta prevedendo un regime temporaneo speciale di disapplicazione di quanto previsto agli articoli 49 sul riconoscimento dei titoli abilitanti all'esercizio delle professioni e 50 sugli esercenti le professioni sanitarie previsto dal DPR n. 394 del 31 agosto 1999[32] e rispetto alle disposizioni di cui al D. Lgs. 6 novembre 2007 n. 206[33] che disciplina, tra l’altro, l’attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.
Per effetto della deroga, pertanto, si consente l’esercizio temporaneo delle qualifiche sanitarie interessate anche senza l'iscrizione ai corrispondenti Albi professionali, secondo le procedure stabilite dalla legislazione vigente.
Si ricorda che tale iscrizione ha particolare importanza in ragione del bene tutelato, cioè la salute dell'individuo. Ciò implicherebbe che anche il nominativo del professionista con titolo conseguito all’estero deve fa parte di un apposito elenco in relazione al riconoscimento di titoli abilitanti ovvero per determinati titoli per i quali non vi è ancora un ordine o un collegio, tenuti presso il Ministero della salute ed aggiornati annualmente. Nel regime ordinario, sono necessari, come presupposti all’iscrizione, oltre che la conoscenza della lingua italiana, la conoscenza delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia, verifica affidata al Ministero della salute e agli ordini e ai collegi professionali secondo modalità stabilite dallo stesso Ministero.
Qui l’elenco delle arti ausiliarie e degli operatori di interesse sanitario riconosciuti dal Ministero della salute (v. anche questo link):
Gli operatori di interesse sanitario considerati sono quelli di cui alla disciplina di cui all’articolo 1, comma 2, della L. n. 43 del 2006[34]. Tale disciplina stabilisce la competenza delle Regioni e Province autonome nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie definite dalla medesima legge n. 43 (professioni infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione), oltre che quelle previste dal Ministero della salute (qui il link), i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione, tra cui, in particolare, per gli operatori di interesse sanitario, le qualifiche di:
Profilo professionale |
Riferimenti normativi |
Massofisioterapista |
Legge 19 maggio 1971, n. 403, art.1, abrogato dall’art.1, comma 542 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 e Legge 1 febbraio 2006 n. 43, comma 2, art. 1 |
Operatore socio-sanitario |
|
Assistente di Studio Odontoiatrico |
Accordo Stato-Regioni 7.10.2022 recepito con DPCM 09.03.2022 |
La norma in esame, al comma 2, demanda ad una intesa in Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, la definizione della disciplina di dettaglio per l’esercizio temporaneo dell’attività lavorativa sopra richiamata.
Il comma 3 stabilisce un limite temporale per l’applicazione dell’attuale regime di deroga in materia, stabilito dall’articolo 6-bis del DL. n. 105/2021[35] che ha prorogato la medesima deroga stabilita inizialmente dall’art. 13 del DL. n. 18/2020[36] (Cura Italia, L. n. 27/2020) (v. box) e pertanto tali norme saranno applicate fino all’adozione dell’intesa di cui al precedente comma 2, e comunque non oltre sei mesi dall’entrata in vigore della decreto-legge in esame.
Si ricorda che la richiamata disposizione di deroga – e più in particolare, il richiamato art. 13 del D.L. 18/2020 - tuttora vigente ha fatto comunque salvi i limiti della spesa per il personale degli enti del SSN previsti all’articolo 11, del DL. 35/2019[37] (L. n. 60/2019).
Tali limiti, si ricorda, si calcolano applicando, per ogni Regione, un incremento annuo rispetto al valore della spesa per il personale degli enti ed aziende del SSN sostenuta nel 2018 ovvero, se superiore, rispetto al valore massimo che sarebbe stato consentito nel medesimo 2018 in base alla previgente normativa. Tale incremento è pari, per ogni anno, al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Dall'anno 2021, il medesimo incremento è subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale.
Si specifica che i limiti non si applicano alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome, qualora esse provvedano al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul loro territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato (rientrano in tale fattispecie tutti gli enti territoriali suddetti, ad eccezione della Regione Sicilia).
Considerato che la norma in esame prolunga un regime di deroga introdotto per far fronte alla crisi sanitaria data dalla pandemia da COVID-19, senza utilizzare la tecnica della novella legislativa delle disposizioni originariamente inserite nell’ordinamento, si valuti l’opportunità di specificare se vengono comunque fatti salvi gli indicati limiti della spesa per il personale degli enti del SSN di cui all’articolo 11, comma 1, del DL. 35/2019 (L. n. 60/2019).
Il comma 4, inoltre, riproduce sostanzialmente l’ultimo periodo della disposizione introdotta dall’articolo 4-ter, comma 1, lett. b) del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198[38] (che conseguentemente viene abrogata al successivo comma 5), stabilendo che, fino al 31 dicembre 2025, le disposizioni di cui agli articoli 27 (ingresso di stranieri in casi particolari) e 27-quater (ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati. Rilascio della Carta blu UE) del T.U. in materia di immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (D.lgs. n. 286 del 1998) si applicano altresì al personale medico e infermieristico assunto ai sensi del comma 1, presso strutture sanitarie o socio-sanitarie, pubbliche o private, sulla base del riconoscimento regionale, con contratto libero-professionale di cui all'articolo 7, comma 6, del D. Lgs. n. 165/2001, ovvero con contratto di lavoro subordinato, entrambi anche di durata superiore a tre mesi, a carattere rinnovabile.
La disposizione della citata lettera b) ha introdotto alcune modifiche testuali all'articolo 6-bis del richiamato DL. n. 105/2021, in tema di deroghe alle norme in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite all’estero, di medici ed infermieri stranieri, differendo, in primo luogo, il termine anzidetto del 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2025, e pertanto prolungando di due anni l'applicabilità della disciplina derogatoria in oggetto.
Aveva inoltre introdotto:
§ un adempimento in capo ai professionisti: essi devono comunicare all'Ordine competente l'ottenimento del riconoscimento in deroga da parte della Regione interessata e il nominativo della struttura sanitaria a contratto col Servizio sanitario nazionale presso cui prestano la propria attività, nonché ogni successiva variazione. Si prevede che la mancata ottemperanza a tali obblighi determini la sospensione del riconoscimento, fino a comunicazione di avvenuto adempimento;
§ la previsione che, fino al termine del 2025, la disciplina dell'ingresso per lavoro in casi particolari e quella dell'ingresso e soggiorno per lavoratori altamente qualificati, poste rispettivamente dagli articoli 27 e 27-quater del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286[39], si applicano al personale medico e infermieristico assunto presso strutture sanitarie pubbliche e private, con contratto libero-professionale di cui all'articolo 7, comma 6 del d. lgs. 165 del 2001[40] ovvero con contratto di lavoro subordinato, entrambi di durata anche superiore a tre mesi e rinnovabili.
Si ricorda che, secondo il richiamato articolo 7, comma 6, del d. lgs. 165/2001, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;
d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.
In casi particolari è previsto che si possa prescindere dal requisito della specializzazione (ad es. in caso di stipulazione di contratti di collaborazione per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi), ma è comunque fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Quanto ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in base all'articolo 36 del d. lgs. 165/2001 essi possono essere stipulati dalle amministrazioni pubbliche soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e le modalità di reclutamento stabilite dall'articolo 35 del medesimo d. lgs. (articolo che richiede il ricorso a procedure selettive conformi a determinati principi dallo stesso enumerati).
Conseguentemente, il comma 5 dispone l’abrogazione dell’articolo 4-ter, comma 1, lettera b), del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (cd. proroga termini legislativi, legge n. 14/2023).
L’articolo 6-bis del citato DL. 105/2021, allo scopo di far fronte alla grave carenza di personale sanitario e socio-sanitario sul territorio nazionale a seguito della crisi sanitaria, ha disposto la proroga al 31 dicembre 2022 del regime di deroga già previsto dalla normativa vigente per le qualifiche professionali sanitarie e degli operatori sociosanitari, introdotto dall’articolo 13 del DL. 17 marzo 2020, n. 18 (L. 27/2020)[41], peraltro ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2023 dall’art. 10, comma 5-quater del DL. 24/2022 (L. n. 52/2022).
La deroga, al fine di fronteggiare gli effetti della pandemia da Covid-19 ha consentito di far ricorso al reclutamento, in via temporanea, di personale sanitario, tra cui medici, infermieri e operatori socio-sanitari in possesso di titoli conseguiti in Paesi dell'Unione Europea ed extraeuropei[42] e regolate da specifiche direttive dell'Unione europea[43] e non ancora riconosciuti validi per l'esercizio della relativa attività sanitaria in Italia da parte del Ministero della Salute, su tutto il territorio nazionale e presso strutture sanitarie pubbliche, private o private accreditate, purché impegnate nell'emergenza da COVID-19.
La procedura prevede che gli interessati presentino istanza, corredata di un certificato di iscrizione all'albo dello Stato di provenienza, alle regioni e province autonome, le quali possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti ai sensi degli articoli 2-bis e 2-ter del medesimo DL. 18/2020, nei limiti delle risorse ivi previste.
Si ricorda infine che l’art. 34 del DL. 21/2022 (L. n. 51/2022) aveva previsto un regime speciale di deroga - dal 23 marzo e (data di entrata in vigore del decreto) e fino al 4 marzo 2023 – per l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario da parte dei professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che hanno chiesto di esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero, purchè già regolata dalle sopra richiamate direttive dell'Unione europea in materia.
L’articolo 16 modifica l’articolo 583-quater c.p., introducendo una specifica sanzione (reclusione da 2 a 5 anni) per le lesioni non aggravate procurate agli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni.
L’articolo 16, comma 1, lett. b), riscrive il comma 2 dell’articolo 583-quater del codice penale.
La legge n. 113 del 2020 ha introdotto norme specifiche volte a tutelare la sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni. In tale contesto l’articolo 4 della legge del 2020 è intervenuta sull’articolo 543-quater c.p, estendendo l'ambito di applicazione delle pene previste al primo comma (reclusione da 4 a 10 anni per lesioni gravi e reclusione da 8 a 16 anni per lesioni gravissime) al caso di lesioni personali gravi o gravissime cagionate “a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell'esercizio o a causa di tali attività”. Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 583 c.p., per lesione grave si intende quella che comporta una malattia superiore ai quaranta giorni; mentre per lesione gravissima, si intende quella che comporta, alternativamente, una malattia insanabile, una mutilazione, la perdita di un senso, lo sfregio permanente del viso. Le professioni sanitarie richiamate nella disposizione sono individuate agli artt. 4, 6, 7, 8 e 9, L. 11.1.2018, n. 3, mentre per le professioni socio-sanitarie occorre fare riferimento all'art. 5, L. 11.1.2018, n. 3 (cfr. art. 1, L. 14.8.2020, n. 113).
Con riguardo alle lesioni non aggravate cagionate al personale sanitario, l’autore, in base al quadro normativo vigente prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in conversione, era chiamato a rispondere a titolo di lesioni personali (art. 582 codice penale). La legge del 2020 ha introdotto, è opportuno ricordare, anche una aggravante comune (art. 61, numero 11-octies c.p.) per la quale la pena è aggravata quando il delitto è commesso in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell'esercizio di tali professioni o attività. La legge stessa ha inoltre previsto la procedibilità d’ufficio per i reati (ivi incluso il reato di lesioni personali) aggravati ai sensi della suddetta circostanza.
Il decreto legge in conversione, nel confermare le pene previste per le lesioni gravi e gravissime, prevede un inasprimento sanzionatorio con riguardo alle lesioni semplici cagionate al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell'esercizio o a causa di tali attività, per le quali si prevede la pena della reclusione da due a cinque anni.
La proposta normativa, come si evidenzia nella relazione illustrativa, è volta a rafforzare il sistema normativo penale posto a tutela del personale sanitario e socio-sanitario nonché del personale ausiliario nell'esercizio delle proprie funzioni o servizio o attività, in considerazione degli episodi di violenza più volte verificatisi nelle strutture sanitarie.
L’articolo modifica – conseguentemente alle modifiche apportate al secondo comma - la rubrica dell’articolo 583-quater c.p., espungendo il riferimento alle lesioni gravi o gravissime (comma 1, lett. a).
Articolo 17
(Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti
del procedimento di accertamento)
L’articolo 17:
· al comma 1, consente di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione e gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023, ma divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023, con riduzione delle sanzioni a 1/18 di quelle irrogate, con il versamento del quantum così rideterminato entro il 30 aprile 2023 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore della norma in esame);
· al comma 3, per gli avvisi di accertamento, rettifica e liquidazione definiti in acquiescenza nel periodo compreso tra il 2 gennaio e il 15 febbraio 2023, ove sia in corso il pagamento rateale, si consente di rideterminare il quantum dovuto a titolo di sanzione a 1/18 di quelle irrogate (comma 180 della legge di bilancio 2023) e con la loro rateizzazione in venti rate trimestrali di pari importo (ai sensi del successivo comma 182);
· al comma 2, consente di estendere l’ambito applicativo della conciliazione agevolata delle controversie, disposta dalla legge di bilancio 2023 con riferimento alle liti pendenti al 1° gennaio 2023, anche alle controversie pendenti al 15 febbraio 2023. La conciliazione riguarda le liti pendenti innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado aventi ad oggetto atti impositivi e in cui è parte l’Agenzia delle entrate.
Il comma 1 consente di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione e gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023, ma divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023.
L’avviso di accertamento è un atto amministrativo, notificato al contribuente, con il quale è determinato, per il periodo oggetto dell’accertamento, da parte del competente organo dell’Agenzia delle entrate, il contenuto di quanto dovuto dal contribuente (imponibile, aliquote, imposte liquidate al netto e al lordo di detrazioni, ritenute d’acconto e crediti d’imposta) a titolo di imposta sui redditi o di IVA e consta di due parti: dispositivo e motivazione. Si tratta di un atto impugnabile che, decorso il termine di impugnazione diviene titolo esecutivo e, dopo ulteriori trenta giorni dalla scadenza del suddetto termine, viene affidato all’agente della riscossione (che, salvo limitate eccezioni, deve attendere 180 giorni prima di procedere all’esecuzione coattiva, che prescinde dalla formazione del ruolo).
Si ricorda che gli avvisi di rettifica e liquidazione fanno riferimento al settore immobiliare e all’imposta di registro, nell’ambito dei quali uno specifico controllo concerne il valore dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari dichiarato dalle parti nonché il valore delle aziende (risultante dai dati contenuti nelle scritture contabili). Rispetto a tali valori l’Ufficio effettua un controllo utilizzando eventuali precedenti trasferimenti del bene o dei diritti, dei redditi netti derivanti dai beni ed eventuali elementi forniti dai comuni. Ad esito di tali controlli se l’Amministrazione rileva un valore venale superiore a quello dichiarato emette un avviso di rettifica e di liquidazione del tributo contenente l’indicazione del valore dei beni e dei diritti attribuito a seguito dell’attività di verifica, dell’aliquota del tributo, degli interessi e delle sanzioni dovute nonché della motivazione dell’avviso. Le disposizioni normative che si sono susseguite nel tempo hanno introdotto limiti al potere di rettifica del valore dichiarato dai contribuenti.
Gli atti di recupero sono disciplinati dall’articolo 1, comma 421, della legge n. 311 del 2004 ai sensi del quale l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, nonché per il recupero delle relative sanzioni e interessi.
Tali avvisi sono definibili in acquiescenza, con una riduzione sanzionatoria a 1/18, giusto rinvio alla disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2023 (più in dettaglio ai sensi dell’articolo 1, commi 180 e 181, della legge 29 dicembre 2022, n. 197), entro il 30 aprile 2023.
I commi da 179 a 185 della legge di bilancio 2023 (n. 197 del 2022) consentono di definire con modalità agevolate gli atti del procedimento di accertamento adottati dall’Agenzia delle entrate, purché non impugnati e per i quali non siano decorsi i termini per presentare ricorso, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle entrate entro la data del 31 marzo 2023.
La definizione riguarda gli accertamenti con adesione (articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) relativi a:
§ processi verbali di constatazione consegnati entro la data del 31 marzo 2023;
§ avvisi di accertamento e ad avvisi di rettifica e di liquidazione non impugnati e ancora impugnabili alla data del 1° gennaio 2023 e quelli notificati successivamente, ma entro il 31 marzo 2023;
§ inviti al contradditorio notificati entro il 31 marzo 2023.
Per potersi avvalere della definizione agevolata per tale tipologia di atti è necessario che l’adesione non risulti perfezionata alla data del 1° gennaio 2023.
Sono inoltre definibili gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, nonché gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023) e a quelli notificati successivamente, ma entro il 31 marzo 2023.
Sono invece esclusi dalla definizione agevolata gli inviti al contraddittorio, gli avvisi di accertamento e gli atti di adesione emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all’articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167. La preclusione riguarda entrambe le edizioni della citata procedura di collaborazione volontaria e opera anche con riferimento agli eventuali atti emessi a seguito del mancato perfezionamento della stessa.
Il contribuente può definire il rapporto tributario relativo agli atti sopra indicati beneficiando della riduzione delle sanzioni pari a 1/18 del minimo previsto per legge, nel caso degli accertamenti con adesione, ovvero della riduzione a 1/18 delle sanzioni irrogate, nel caso degli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione e degli atti di recupero, da versare entro il termine per la proposizione del ricorso.
Più in dettaglio il comma 180 della legge di bilancio 2023 consente di definire in acquiescenza gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, purché non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023, entro il termine per proporre ricorso, con la riduzione delle sanzioni un diciottesimo di quelle irrogate.
Il comma 181 estende l’acquiescenza agevolata, nonché la riduzione sanzionatoria, anche all’acquiescenza nei confronti di atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione in esame e a quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023. Anche in tal caso la definizione prevede il pagamento delle sanzioni nella misura di un diciottesimo delle sanzioni irrogate e degli interessi applicati, entro il termine per presentare il ricorso.
La procedura di regolarizzazione:
§ esclude la possibilità di utilizzare la compensazione (a meno che i contribuenti interessati decidano di non avvalersi della regolarizzazione agevolata);
§ non si applica agli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria (articolo 5-quater, Dl n. 167/1990).
Si rinvia per ulteriori dettagli al dossier sulla legge di bilancio 2023.
L’Agenzia delle entrate ha emanato un provvedimento attuativo e ha fornito chiarimenti sull’istituto in documenti di prassi (Circolare n. 2 del 2023 e Circolare n.6 del 2023) e dedica all’istituto apposita sezione del proprio sito internet.
Al riguardo l’Agenzia delle entrate ha chiarito che sono interessati dall’ambito applicativo del richiamato comma 180 anche gli avvisi di sola liquidazione per la decadenza da agevolazioni (cfr. circolare n. 17 del 2016 che elenca gli atti a cui si applica l’articolo 15 del d.lgs. n. 218 del 1997). In assenza di preclusioni legislative, rientrano nella categoria degli atti definibili anche gli accertamenti notificati entro il 31 marzo 2023, dovuti al mancato perfezionamento dell’adesione, previamente attivata prima della notifica dell’atto impositivo, a seguito di inviti emessi dall’ufficio. Ciò poiché il momento ultimo per avvalersi della definizione è la notifica dell’accertamento entro la data del 31 marzo 2023. Atteso che, in base alle regole generali di cui all’articolo 15, comma 1, del d.lgs. n. 218 del 1997, secondo cui l’acquiescenza presuppone la rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, ne consegue che la definizione agevolata ex articolo 15 (di cui al comma 180) sia ugualmente preclusa in caso di accertamento notificato entro il 31 marzo 2023, non preceduto da invito dell’ufficio cui ha fatto seguito un’adesione non perfezionata.
In sostanza le norme in esame intendono:
§ estendere la definizione agevolata agli atti impugnabili al 1° gennaio 2023, ma divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 15 febbraio 2023;
§ consentire che la predetta definizione si perfezioni con il pagamento di 1/18 delle sanzioni irrogate entro trenta giorni dall’entrata in vigore della norma in esame (e non nel termine di proposizione del ricorso).
Si ricorda che la legge di bilancio 2023 (comma 182, non richiamato però dalla disciplina in esame) ha disposto, oltre alla riduzione sanzionatoria, anche la facoltà di dilazionare il quantum dovuto in venti rate trimestrali di pari importo. Non essendo richiamato esplicitamente il comma 182 dalle norme in esame, occorrerebbe chiarire se esso trova o meno applicazione in ordine alle fattispecie regolate dall’articolo 15 in parola.
Il comma 3 consente di definire con modalità agevolate gli avvisi di accertamento e gli avvisi di rettifica e di liquidazione definiti in acquiescenza, ai sensi dell’articolo 15 del d.lgs. n. 218 del 1997, nel periodo compreso tra il 2 gennaio e il 15 febbraio 2023, per i quali al 31 marzo 2023 (data di entrata in vigore della presente disposizione) è in corso il pagamento rateale.
Le norme stabiliscono che gli importi ancora dovuti a titolo di sanzione possono essere rideterminati, su istanza del contribuente entro la prima scadenza successiva.
La rideterminazione avviene con la riduzione delle sanzioni a 1/18 di quelle irrogate (comma 180 della legge di bilancio 2023) e con la loro rateizzazione in venti rate trimestrali di pari importo (ai sensi del successivo comma 182).
Resta fermo il piano di pagamento rateale originario e, ai fini del pagamento delle rate ancora dovute, non si tiene conto delle maggiori sanzioni comprese nella rata già versata. Non sono, in ogni caso, rimborsabili le maggiori sanzioni versate.
Il comma 2 consente di conciliare con modalità agevolate le controversie pendenti al 15 febbraio 2023 innanzi alle corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado, aventi ad oggetto atti impositivi e in cui è parte l’Agenzia delle entrate.
Anche in tal caso le controversie sono definibili ai sensi della legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 206 a 211, della legge 29 dicembre 2022, n. 197).
Le norme in esame sostanzialmente estendono l’ambito applicativo della conciliazione agevolata delle controversie, disposta dalla legge di bilancio 2023 con riferimento alle liti pendenti al 1° gennaio 2023, anche alle controversie pendenti al 15 febbraio 2023.
I commi da 206 a 211 della legge di bilancio 2023 (n. 197 del 2022) commi da 206 a 212, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie, disciplinata dai commi 186-205 della medesima legge, consentono di definire - entro il 30 giugno 2023 - con un accordo conciliativo fuori udienza le controversie tributarie pendenti, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle entrate.
Si prevede la sottoscrizione di un accordo tra le parti nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. All’accordo conciliativo si applicano le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (in luogo di quaranta o cinquanta per cento del minimo, ordinariamente previsto secondo il grado di giudizio in cui interviene la conciliazione), gli interessi e gli eventuali accessori.
Si rinvia per ulteriori dettagli al dossier sulla legge di bilancio 2023.
L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sull’istituto in documenti di prassi (Circolare n. 2 del 2023).
L’Agenzia delle entrate, nei predetti documenti di prassi, ha chiarito che tale definizione della lite può essere anche parziale.
La disciplina in esame ha un ambito più circoscritto rispetto alla definizione agevolata delle liti pendenti disciplinata dai commi 186-205 della medesima legge di bilancio, poiché riguarda le liti pendenti – come ricordato supra - al 1° gennaio 2023 davanti agli organi giurisdizionali di primo e di secondo grado e non anche a quelle pendenti innanzi alla Corte di cassazione.
La conciliazione agevolata riguarda solo controversie aventi a oggetto atti impositivi, quali gli avvisi di accertamento e gli atti di irrogazione delle sanzioni, e non anche quelle inerenti atti meramente riscossivi (ricompresi invece nel perimetro di applicazione della definizione agevolata ai sensi dei commi 186-205).
Per definire le predette liti pendenti il contribuente si avvale dell’istituto della conciliazione fuori udienza: le parti firmano un accordo conciliativo ove indicano le somme da versare con relativi termini e modalità di pagamento, e presentano istanza congiunta, sottoscritta personalmente o dai difensori, per la definizione totale o parziale della controversia (la richiamata circolare 2/2023 ha precisato che anche la definizione tramite conciliazione agevolata può essere parziale).
La procedura è perfezionata al momento della sottoscrizione dell’accordo (non serve anche il pagamento dell’intero importo dovuto o della prima rata, come invece richiesto da altri istituti definitori), che è titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente. Se la data di trattazione è già fissata e l’istanza risulta ammissibile, la Corte, con sentenza, dichiara cessata la materia del contendere; in caso contrario, vi provvede, con decreto, il presidente della sezione. Se l’accordo non è totale, la Corte, con ordinanza, dichiara la cessazione parziale del contenzioso e procede all’ulteriore trattazione della causa.
Il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata, va effettuato entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo. Anche in questa ipotesi, le somme dovute a seguito di conciliazione agevolata delle liti fiscali possono essere frazionate in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima e sulle quali vanno calcolati gli interessi legali a decorrere dal giorno seguente il termine per provvedere alla prima rata. È esclusa la compensazione.
L’articolo 18 apporta modifiche alla disciplina della regolarizzazione di omessi o carenti versamenti di importi rateali, disciplinata dalla legge di bilancio 2023. In particolare, le norme in esame precisano l’ambito applicativo della relativa disciplina, chiarendo che la regolarizzazione riguarda le somme per cui non sia stata notificata una cartella di pagamento o un atto di intimazione al 1° gennaio 2023.
La legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 219-221 della legge n. 197 del 2022) ha consentito di regolarizzare l’omesso o carente versamento di alcune somme riferite a tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e, in particolare:
§ delle rate, successive alla prima, relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza agli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione;
§ degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni giudiziali.
La regolarizzazione si perfeziona con l’integrale versamento di quanto dovuto entro il 31 marzo 2023, ovvero in un massimo di venti rate di pari importo, e consente al contribuente di corrispondere la sola imposta senza sanzioni e interessi. Nel caso di mancato perfezionamento della regolarizzazione, il competente ufficio procede all’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione prevista per ritardati ovvero omessi versamenti, pari al 30 per cento delle somme dovute.
Si rinvia per ulteriori dettagli al dossier sulla legge di bilancio 2023.
L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sull’istituto in documenti di prassi (Circolare n. 2 del 2023 e Circolare n.6 del 2023) e dedica all’istituto apposita sezione del proprio sito internet.
Il comma 219 – oggetto di modifica con le disposizioni in esame - consente di regolarizzare l’omesso o carente versamento di somme riferite a tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate.
In particolare, è possibile regolarizzare i pagamenti:
a) delle rate, successive alla prima, relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza degli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione (ai sensi dell’articolo 17-bis, comma 6, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), qualora siano scadute al 1° gennaio 2023 e a condizione che non sia stata notificata la cartella di pagamento, ovvero l’atto di intimazione. Tali versamenti si regolarizzano mediante il versamento integrale della sola imposta. Non sono dunque dovute sanzioni e interessi;
b) degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni giudiziali (di cui agli articoli 48 e 48-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546), ove siano scaduti al 1° gennaio 2023, a condizione che non sia stata ancora notificata la cartella di pagamento, ovvero l’atto di intimazione, anche in tal caso con versamento integrale della sola imposta (senza sanzioni e interessi).
Le modifiche in commento precisano l’ambito applicativo della norma, chiarendo che la regolarizzazione riguarda le predette somme per cui non sia stata notificata una cartella di pagamento o un atto di intimazione al 1° gennaio 2023 (data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023).
L’articolo 19 introduce delle modifiche ai termini previsti dalla legge di bilancio 2023 per avvalersi della regolarizzazione di violazioni formali del pagamento di alcuni tributi e del cd. ravvedimento speciale.
In particolare:
-viene rinviato al 31 ottobre 2023, in luogo del 31 marzo 2023, il termine di versamento della prima rata prevista per la definizione delle violazioni di natura formale e vengono modificati altresì i termini per le rate successive alla prima;
- vengono modificati i termini per la regolarizzazione e il versamento necessari ai fini dell'accesso al ravvedimento speciale.
La disposizione, al comma 1, modifica alcune norme della legge 29 dicembre 2022, n. 197, in materia di termini per la regolarizzazione di irregolarità formali e del ravvedimento speciale. In particolare i commi da 166 a 173 consentono di sanare le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, non rilevanti sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento di tali tributi, se commesse fino al 31 ottobre 2022, mediante la loro rimozione e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferivano le violazioni, eseguito in due rate di pari importo, la prima entro il 31 o 2023 e la seconda entro il 31 marzo 2024 (comma 167).
Il comma 1, lettera a), proroga il termine suddetto per il pagamento della prima rata utile prevista per la definizione delle violazioni di natura formale sopra descritte portandola al 31 ottobre 2023.
A tale proposito, si ricorda che il provvedimento del 30/01/2023 dell’Agenzia delle entrate reca la disposizioni di attuazione dell’articolo 1 commi da 166 a 173 della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
Il comma 1, lettera b), modifica il comma 174 sempre della legge di bilancio 2023 che prevede che possono essere regolarizzate le violazioni di tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate, diverse da quelle definibili a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari) e da regolarizzazioni di violazioni di natura formale, che riguardano le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti, con il pagamento:
§ dell’imposta;
§ degli interessi dovuti;
§ delle sanzioni, ma in misura ridotta a un diciottesimo del minimo edittale previsto dalla legge.
Con tale disciplina, cd. ravvedimento speciale, si consente il versamento delle somme dovute a seguito del ravvedimento speciale anche in otto rate trimestrali di pari importo, con scadenza della prima rata il 31 marzo 2023. Sulle rate successive alla prima, da versare rispettivamente, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale. Condizione per regolarizzare le violazioni è che esse non siano state già contestate, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni derivanti dai controlli formali delle dichiarazioni (di cui all’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600).
Si segnala che l’articolo 21 del decreto in esame, alla cui scheda di lettura si rimanda, prevede norme di interpretazione autentica sull’applicazione della disciplina sopra descritta.
Si ricorda inoltre che le disposizioni del comma 174 sono applicate, per le annualità fino al 31 dicembre 2021, in deroga all’istituto del cd. ravvedimento operoso, disciplinato dall’articolo 13 del D. Lgs. n. 472 del 1997, strumento con il quale tutti contribuenti possono regolarizzare omessi o insufficienti versamenti e sanare altre irregolarità fiscali. La legge di stabilità per il 2015 - articolo 1, comma 637, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – ha innovato la disciplina del ravvedimento operoso e, in particolare, ai fini di una maggiore semplificazione del rapporto tra fisco e contribuenti, ha rimodulato l’istituto attraverso un sostanziale ampliamento delle modalità e dei termini per la sua applicazione. La predetta legge ha consentito di esperire l’istituto senza limiti di tempo e ha eliminato ulteriori condizioni ostative all’esperimento del medesimo, relative alle attività di controllo del fisco.
Il ravvedimento è inibito, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, solo dalla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni). Il pagamento e la regolarizzazione non precludono l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.
Errori, omissioni e versamenti carenti possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito, e della sanzione in misura ridotta.
La sanzione ridotta è pari:
§ a 1/10 del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data di scadenza;
§ a 1/9 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall'omissione o dall'errore;
§ a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;
§ a 1/7 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore;
§ a 1/6 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall'omissione o dall'errore;
§ a 1/5 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione (ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), salvo nei casi di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto o di omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale);
§ a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, oppure a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.
Il decreto legislativo n. 158 del 2015 ha modificato la normativa sulle sanzioni per ritardati od omessi versamenti, prevedendo la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza. In tali casi, quindi, la sanzione passa dal 30% al 15%. Un’ulteriore riduzione della sanzione è prevista per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni. In tali casi la sanzione del 15% è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (1%). Pertanto, in sede di ravvedimento, la sanzione da versare è pari allo 0,1% per ciascun giorno di ritardo (1/10 dell’1%).
La norma in esame prevede che per eseguire il ravvedimento speciale è possibile versare la prima rata entro il 30 settembre 2023, anziché entro il 31 marzo 2023, e quelle successive entro il 31 ottobre 2023, il 30 novembre 2023, il 20 dicembre 2023, il 31 marzo 2024, il 30 giugno 2024, il 30 settembre 2024 e il 20 dicembre 2024, sulle quali sono dovuti gli interessi del 2 per cento annuo.
Conseguentemente viene soppresso il riferimento alla trimestralità del pagamento.
Il comma 1, lettera c), modifica il comma 175 della legge di bilancio 2023, sempre in relazione al ravvedimento speciale, ai sensi del quale la regolarizzazione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni. Sono disciplinate altresì le conseguenze del mancato pagamento, in tutto o in parte, di una delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata successiva: ciò comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, nonché della sanzione pari al trenta per cento di ogni importo non versato, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata sul residuo dovuto a titolo di imposta, e degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, nella misura del 4% annuo prevista all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023.
La norma in esame prevede che, conseguentemente alle modifiche introdotte alla lettera b) la regolarizzazione deve essere perfezionata con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata, in luogo del 31 marzo 2023, entro la data del 30 settembre 2023 e che, in ragione di ciò, in caso di mancato versamento la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti secondo le modalità sopra descritte decorre dalla data del 30 settembre 2023 anziché dalla data del 31 marzo.
Il comma 2 prevede alla copertura finanziaria della misura introdotta al comma 1, lettera b), valutati in 3,25 milioni di euro per l'anno 2023, stabilendo che agli oneri, si provvede ai sensi dell'articolo 24 (alla cui scheda di lettura si rimanda).
L’articolo 20 modifica i termini di alcuni istituti di deflazione del contenzioso e di definizione agevolata della pretesa tributaria disciplinati dalla legge di bilancio 2023.
Il comma 1, lettere da a) a f), riapre i termini per la definizione agevolata delle controversie tributarie.
In sintesi, si posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2023 il termine per perfezionare la definizione agevolata attraverso la presentazione della domanda e il pagamento dei dovuti importi. Sono altresì rimodulati i termini per il versamento rateale del quantum dovuto. Nel caso di versamento rateale, è posticipato dal 30 giugno al 30 settembre il termine per presentare domanda e versare la prima rata. Viene posticipato dal 10 luglio al 10 ottobre 2023 il termine finale di sospensione del processo conseguente alla presentazione dell’istanza di definizione agevolata; viene esteso da nove a undici mesi il periodo di sospensione dei termini di impugnazione delle pronunce; è altresì posticipato dal 31 luglio al 31 ottobre 2024 il termine per la notifica dell’eventuale diniego della definizione agevolata.
La lettera f) del comma 1 riapre i termini per usufruire della conciliazione agevolata delle liti tributarie pendenti in primo e secondo grado, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023.
La lettera g) del comma 1 riapre i termini per usufruire della rinuncia agevolata delle liti tributarie pendenti in Cassazione, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023.
In conseguenza delle modifiche alle norme deflative del contenzioso, il comma 2 dell’articolo posticipa dal 31 luglio al 31 ottobre 2023 il termine per l’adempimento dell’obbligo, posto in capo all’Agenzia delle entrate, di depositare in Cassazione l’elenco delle controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei versamenti dovuti.
Il comma 1, lettere da a) a f) riapre i termini per la definizione agevolata delle controversie tributarie, disciplinata dall’articolo 1, commi 186-205, della legge di bilancio 2023.
In sintesi, la richiamata legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 186-205 della legge n. 197 del 2022) ha consentito di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 (alla data di entrata in vigore della norma medesima), anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui sono parte l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle dogane, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione), mediante il pagamento di un importo pari al valore della controversia.
Se il ricorso pendente è iscritto in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore.
Se vi è soccombenza dell’Agenzia fiscale, le controversie pendenti possono essere definite con il pagamento del 40% del valore della controversia, in caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado e del 15% del valore, in caso di soccombenza della medesima Agenzia nella pronuncia di secondo grado.
Con riferimento agli effetti della definizione agevolata delle controversie sul processo tributario, si prevede la sospensione della controversia fino al 10 luglio 2023, condizionata alla presentazione di apposita richiesta del contribuente di avvalersi della definizione agevolata, ponendo in capo al contribuente l’obbligo di depositare, perentoriamente entro la medesima data, la domanda di definizione e il versamento degli importi dovuti o della prima rata. Al deposito della documentazione richiesta dalle norme il processo è dichiarato estinto (con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione) e le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate, in relazione alle controversie pendenti in ogni stato e grado.
Si prevede inoltre che l’eventuale diniego della definizione sia impugnabile dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione; che il predetto diniego sia motivo di revocazione del provvedimento di estinzione per adesione alla definizione agevolata; che la revocazione sia chiesta congiuntamente all’impugnazione del diniego.
Si rinvia per ulteriori dettagli al dossier sulla legge di bilancio 2023.
L’Agenzia delle entrate ha emanato un apposito provvedimento attuativo, ha fornito chiarimenti sull’istituto in documenti di prassi (Circolare n. 2 del 2023) e dedica ad esso una apposita sezione del proprio sito internet.
In particolare, la lettera a) modifica il comma 194.
La disposizione vigente prevede che la definizione si perfezioni con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata entro il 30 giugno 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superino mille euro, è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, 30 settembre, 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno.
Trovano applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativo al versamento delle somme dovute a seguito dell’accertamento con adesione.
Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione. Nel caso di versamento rateale, la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023.
Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
Con le modifiche apportate dalle norme in esame, si posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2023 il termine per perfezionare la definizione agevolata attraverso la presentazione della domanda e il pagamento dei dovuti importi.
Resta ferma la possibilità di rateizzare le somme dovute, qualora superino i mille euro. Viene tuttavia precisato che le rate in cui è dilazionato il pagamento non sono trimestrali e il termine per il versamento delle rate viene così rimodulato:
§ le prime tre rate devono essere versate, rispettivamente, entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023;
§ le successive entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno.
Conseguentemente, le norme posticipano dal 30 giugno al 30 settembre 2023 il termine per presentare la domanda e versare la prima rata, così perfezionando la definizione agevolata in caso di versamenti rateali.
La lettera b) del comma 1 modifica il successivo comma 195. Viene di conseguenza posticipato dal 30 giugno al 30 settembre 2023 il termine per la presentazione della domanda di definizione agevolata anche nel caso di controversie autonome.
La norma prescrive che, in tal caso, è necessario presentare una distinta domanda di definizione; definisce “controversia autonoma” quella relativa a ciascun atto impugnato.
La lettera c) modifica il comma 197, concernente la sospensione del processo nel caso di istanza di definizione agevolata.
Viene posticipato dal 10 luglio al 10 ottobre 2023 il termine finale di sospensione del processo, a seguito dell’apposita istanza presentata al giudice.
Slitta dunque al 10 ottobre 2023 il termine entro il quale il contribuente deve depositare, presso l'organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, la documentazione rilevante (copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata).
La lettera d) modifica il comma 199, allungando il periodo di sospensione dei termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali, con riferimento alle controversie definibili con modalità agevolate.
Per effetto delle norme in esame, per le controversie definibili con modalità agevolate sono sospesi per undici mesi (in luogo degli originari nove) i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione, i quali scadono dal 1° gennaio 2023 fino 31 ottobre 2023 (in luogo del 31 luglio 2023).
La lettera e) modifica il comma 200, riguardante il diniego della definizione agevolata.
Con le modifiche in esame, si posticipa il termine per la notifica dell’eventuale diniego della definizione agevolata delle controversie dal 31 luglio al 31 ottobre 2024.
La notifica avviene con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.
La lettera f) del comma 1 modifica la disciplina della conciliazione agevolata delle liti pendenti, disciplinata dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 206-2011 della legge n. 197 del 2022).
Si ricorda in sintesi che i richiamati commi, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie, disciplinata dai commi 186-205 consentono di definire – entro l’originario termine del 30 giugno 2023 - con un accordo conciliativo fuori udienza le controversie tributarie pendenti, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle entrate. Si prevede la sottoscrizione di un accordo tra le parti nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. All’accordo conciliativo si applicano le sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (in luogo di quaranta o cinquanta per cento del minimo, ordinariamente previsto secondo il grado di giudizio in cui interviene la conciliazione), gli interessi e gli eventuali accessori. Per ulteriori informazioni si rinvia all’articolo 16 del provvedimento in esame.
Con le modifiche al comma 206, le disposizioni in commento riaprono i termini per usufruire di detta conciliazione agevolata, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023.
La lettera g) del comma 1 riapre i termini per usufruire della rinuncia agevolata delle liti tributarie pendenti in Cassazione, disciplinata dai commi 213-218 della legge di bilancio 2023 (n. 197 del 2022).
L’articolo 1, commi 213-218 della legge di bilancio 2023 introducono e disciplinano, in alternativa alla definizione agevolata, la rinuncia agevolata, entro il termine originario del 30 giugno 2023, alle controversie tributarie in cui è parte l’Agenzia delle entrate e che sono pendenti in Corte di Cassazione. La rinuncia avviene mediante definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio. Con la rinuncia agevolata si dispone il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli accessori, ma con sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.
Per avvalersi della disciplina agevolativa, il ricorrente deve rinunciare al ricorso per cassazione secondo le disposizioni del Codice di procedura civile, in base al quale la parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non è cominciata la relazione all’udienza o sino alla data dell’adunanza camerale. La formalizzazione della rinuncia deve avvenire con atto sottoscritto dal ricorrente e dal suo avvocato ovvero anche soltanto da quest’ultimo, qualora sia munito di mandato speciale a tale effetto.
Per usufruire dell’istituto occorre raggiungere un accordo con l’Agenzia delle entrate su tutte le pretese azionate in giudizio e successivamente provvedere al pagamento delle somme dovute a titolo di imposta, interessi e accessori, con la predetta riduzione sanzionatoria a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge. La rinuncia si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo e col pagamento integrale, entro 20 giorni e in un’unica soluzione, del quantum dovuto.
Con le modifiche al comma 213, le disposizioni in commento riaprono i termini per usufruire di detta rinuncia agevolata, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023.
Il comma 2 dell’articolo in esame modifica l’articolo 40, comma 3 del decreto-legge n. 13 del 2023, che al momento della redazione del presente lavoro si trova all’esame del Senato per la conversione in legge.
In sintesi, il richiamato articolo 40 reca disposizioni urgenti in materia di giustizia tributaria. Il comma 1 interviene sulla legge 31 agosto 2022, n. 130, al fine di accelerare e semplificare le procedure di rinnovazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Il comma 2 modifica il limite di valore previsto per il giudizio monocratico di primo grado, innalzandolo da 3.000 euro a 5.000 euro. I commi 3-5 recano infine disposizioni volte ad accelerare la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità in materia tributaria, ponendo in capo all’Agenzia delle entrate il compito di depositare appositi elenchi delle controversie per le quali è avanzata istanza di definizione agevolata ai sensi delle norme vigenti.
Per ulteriori informazioni si rinvia al relativo dossier.
Il richiamato comma 3, al fine di conseguire gli obiettivi di riduzione del numero dei giudizi pendenti dinnanzi alla Corte di Cassazione di cui alla Riforma 1.7 “Giustizia tributaria” della Missione 1, Componente 2, Asse 2, del PNRR, reca disposizioni finalizzate ad accelerare la dichiarazione di estinzione dei giudizi di legittimità (definizione agevolata delle controversie pendenti, ai sensi dell’articolo 1, comma 198, della legge di bilancio 2023), e dell’articolo 291 c.p.c. 1 ( che prevede la cancellazione della causa dal ruolo in caso di mancata ottemperanza all'ordine di rinnovazione della notificazione impartito dal giudice). A tal fine si prevede che l’Agenzia delle entrate depositi, entro il 31 luglio 2023, presso la cancelleria della Corte di cassazione un elenco delle controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei versamenti dovuti.
Le disposizioni in esame, conseguentemente alla riapertura dei termini per gli istituti deflativi del contenzioso, disciplinata dalle norme in esame, posticipano dal 31 luglio al 31 ottobre 2023 il termine per l’adempimento dell’obbligo, posto in capo all’Agenzia delle entrate, di depositare in Cassazione l’elenco delle controversie per le quali è stata presentata domanda di definizione, con l’indicazione dei versamenti dovuti.
Viene inoltre modificato il riferimento normativo relativo alla dichiarazione di estinzione del giudizio di legittimità. Invece dell’articolo 291 del codice di procedura civile (che prevede la cancellazione della causa dal ruolo in caso di mancata ottemperanza all'ordine di rinnovazione della notificazione impartito dal giudice) con la norma in commento si fa riferimento all’articolo 391 del codice di procedura civile che dispone, tra l’altro, che sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge la Corte provvede con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento fissati per la pubblica udienza. Provvede il presidente, con decreto, se non è stata ancora fissata la data della decisione.
Il comma 3 quantifica gli oneri derivanti dalle norme in esame in 11,49 milioni di euro per l'anno 2023, 590.000 euro per l'anno 2024, 620.000 euro per l'anno 2025, 650.000 euro per l'anno 2026, 680.000 euro per l'anno 2027 e 180.000 euro per l'anno 2028, cui si provvede ai sensi dell’articolo 24, norma generale di copertura del provvedimento (alla cui scheda di lettura si rinvia).
Articolo 21
(Interpretazione autentica norme ravvedimento speciale)
L’articolo 21, con norme di interpretazione autentica:
§ precisa l’ambito di applicazione della disciplina del cd. ravvedimento speciale, ovvero indica alcune violazioni escluse dalla normativa e altre, invece, ricomprese nella regolarizzazione;
§ prevede che possano essere regolarizzate, mediante ravvedimento speciale, le violazioni relative ai redditi di fonte estera, all’IVIE ed all’IVAFE non rilevabili in sede di liquidazione della dichiarazione, mentre esclude dalla regolarizzazione le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale, vale a dire l’omessa o incompleta compilazione del Quadro RW della dichiarazione;
§ dispone che, relativamente ai processi verbali di constatazione consegnati entro il 31 marzo 2023, la definizione agevolata prevista dal comma 179 della legge di bilancio 2023 si applica anche all’accertamento con adesione relativo ai provvedimenti impositivi notificati dopo tale data ed emessi sulla base delle risultanze dei predetti processi verbali.
Preliminarmente si ricorda che i commi 174-178 consentono - in deroga all’ordinaria disciplina del ravvedimento operoso - di regolarizzare le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a quelli precedenti, purché le relative violazioni non siano state già contestate alla data del versamento del dovuto (in unica soluzione o alla prima rata) mediante la rimozione dell’irregolarità o dell’omissione e il pagamento dell’imposta, degli interessi e delle sanzioni, queste ultime ridotte a un diciottesimo del minimo edittale irrogabile (il cd. ravvedimento speciale). Il comma 174 prevede nello specifico che possono essere regolarizzate le violazioni di tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, diverse da quelle definibili a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari) e da regolarizzazioni di violazioni di natura formale, che riguardano le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti, con il pagamento:
§ delle sanzioni, ma in misura ridotta a un diciottesimo del minimo edittale previsto dalla legge.
Si segnala che i termini previsti per aderire all’agevolazione sono stati prorogati dall’articolo 19 del decreto in esame, alla cui scheda di lettura si rimanda.
Il comma 1, anche recependo le indicazioni contenute nella Circolare n. 2/E dell’Agenzia delle entrate in materia di tregua fiscale, rende una interpretazione autentica sull’applicazione del sopra citato comma 174, in materia di ravvedimento speciale, precisandone l’ambito applicativo:
§ sono escluse dalla regolarizzazione le violazioni rilevabili a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni previsto ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nonché le violazioni di natura formale definibili ai sensi dell’articolo 1, commi da 166 a 173, della legge 29 dicembre 2022, 197;
Nella citata Circolare dell’Agenzia delle entrate si segnalava che in merito all’applicazione della disciplina in esame sono da ricomprendersi la regolarizzazione delle violazioni “sostanziali” dichiarative e le violazioni sostanziali “prodromiche” alla presentazione della dichiarazione, che non restano assorbite dalla regolarizzazione della dichiarazione mentre non sono definibili con il ravvedimento speciale le violazioni rilevabili ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e le violazioni formali.
§ sono ricomprese nella regolarizzazione tutte le violazioni che possono essere oggetto di ravvedimento ordinario ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, commesse relativamente al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a periodi d’imposta precedenti, purché la dichiarazione del relativo periodo d’imposta sia stata validamente presentata.
Il comma 2 chiarisce che, ai fini dell’applicazione del comma 176 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (che stabilisce che la regolarizzazione non possa essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato):
§ sono escluse dal ravvedimento speciale le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale ovvero l’omessa o incompleta compilazione del Quadro RW della dichiarazione dei redditi, di cui all’articolo 4 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, per le quali, comunque, resta ferma la possibilità di utilizzare il ravvedimento ordinario ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. In pratica, qualora il quadro non sia stato compilato, il contribuente non potrà beneficiare del ravvedimento speciale per sanare la violazione di mancata compilazione del quadro RW (potrà comunque utilizzare le norme del ravvedimento ordinario).
Si tratta del monitoraggio annuale delle attività finanziarie e degli investimenti patrimoniali detenuti all’estero da parte di persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali residenti in Italia. L’Agenzia delle entrate sul suo sito istituzionale chiarisce che il quadro RW deve essere compilato, ai fini del monitoraggio fiscale, dalle persone fisiche residenti in Italia che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e, in ogni caso, ai fini dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE).
§ sono regolarizzabili invece le violazioni relative ai redditi di fonte estera nonché le violazioni relative all’Imposta sul valore delle attività finanziarie estere (IVAFE) e all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE) che non siano rilevabili con i controlli di cui all’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 (previsti al fine della liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni) anche se relativi ad attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato nonostante la violazione dei predetti obblighi di monitoraggio.
Nella relazione tecnica che accompagna il testo si precisa che con la disposizione in commento il legislatore ha voluto precisare che il ravvedimento speciale non può essere utilizzato per l’emersione delle attività costituite o detenute al di fuori dello Stato, ma può essere utilizzato, anche in presenza di violazioni dei predetti obblighi di monitoraggio, per la regolarizzazione delle violazioni relative ai redditi IRPEF di fonte estera, all’IVAFE e all’IVIE, sempre che si tratti di violazioni non rilevabili con i controlli automatizzati di cui all’articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973.
Il comma 3, chiarisce l’ambito applicativo dell’istituto dell’adesione agevolata agli atti del procedimento di accertamento di cui all’articolo 1, comma 179 sempre della legge di bilancio 2023. La disposizione, attraverso una disposizione di interpretazione autentica, specifica che la definizione agevolata prevista al comma 179 relativamente ai processi verbali di constatazione consegnati entro il 31 marzo 2023 si applica anche all’accertamento con adesione relativo ai provvedimenti impositivi notificati dopo tale data ed emessi sulla base delle risultanze dei predetti processi verbali.
A tale proposito si ricorda che il comma 179 dispone la riduzione delle sanzioni da un terzo a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge per gli accertamenti con adesione, di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativi a processi verbali di constatazione, redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, e consegnati entro la data del 31 marzo 2023.
I processi verbali di constatazione (PVC) di cui all’articolo 24 della legge n. 4 del 1929 sono i verbali coi quali, in caso di verifica fiscale presso la sede del contribuente, si conclude l’attività di controllo svolta dagli uffici dell’Agenzia o dalla Guardia di finanza. In tali verbali, che vanno consegnati al contribuente, sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti; avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della disposizione in esame, nonché a quelli notificati successivamente, entro il 31 marzo 2023.
Le norme si riferiscono agli accertamenti con adesione di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 e riducono a un diciottesimo del minimo di legge le sanzioni disposte dal comma 5 dell’articolo 2 e dell’articolo 3, comma 3 del medesimo decreto legislativo, ordinariamente previste in un terzo del minimo di legge.
L’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria; si tratta di un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario.
La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Con l’accertamento con adesione il contribuente può usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di un terzo del minimo previsto dalla legge.
Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell’adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’effetto premiale si concretizza nell’abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.
Il procedimento può essere attivato per iniziativa d’ufficio (che, tramite un invito a comparire, può invitare il contribuente a tentare una forma di definizione concordata del rapporto tributario prima ancora di procedere alla notifica di un avviso di accertamento) o a richiesta del contribuente, che può presentare una domanda in carta libera in cui chiede all’ufficio di formulargli una proposta di accertamento per un’eventuale definizione, prima di aver ricevuto la notifica di un atto di accertamento non preceduto da un invito a comparire o dopo aver ricevuto la notifica di un atto impositivo non preceduto da invito a comparire, ma solo fino al momento in cui non scadono i termini per la proposizione dell’eventuale ricorso.
La domanda di adesione, corredata di tutte le informazioni richieste dalla legge, deve essere presentata – prima dell’impugnazione dell’avviso di accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale – all’ufficio che lo ha emesso entro 60 giorni dalla notifica dell’atto mediante consegna diretta o a mezzo posta.
Il contribuente può avviare il procedimento anche quando nei suoi confronti siano stati effettuati accessi, ispezioni e verifiche, sia da parte dell’Amministrazione finanziaria che da parte della Guardia di Finanza, che si sono conclusi con un processo verbale di constatazione.
Il raggiungimento o meno dell’accordo avviene in contraddittorio e può richiedere più incontri successivi, per la partecipazione ai quali il contribuente può farsi rappresentare o assistere da un procuratore.
Se le parti raggiungono un accordo, i contenuti dello stesso vengono riportati su un atto di adesione che va sottoscritto da entrambe le parti.
L’intera procedura si perfeziona soltanto con il pagamento delle somme risultanti dall’accordo stesso (articolo 9 del D. Lgs. n. 218 del 1997). Se non si raggiunge un accordo, il contribuente può presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto già emesso (o che sarà in seguito emesso) dall’ufficio.
Dalla data di presentazione della domanda di accertamento con adesione i termini restano sospesi per un periodo di 90 giorni, sia per un eventuale ricorso, sia per il pagamento delle imposte accertate. Anche l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio delle imposte accertate dall’ufficio è effettuata, ricorrendone i presupposti, dopo la scadenza del termine di sospensione. Al termine di questo arco di tempo il contribuente se non ha raggiunto l’accordo con l’Amministrazione può impugnare l’atto ricevuto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.
Il versamento delle somme dovute può essere effettuato, a seconda del tipo di imposta, tramite i modelli di versamento F24 o F23.
Il contribuente può scegliere di effettuare il pagamento:
§ in unica soluzione, entro i 20 giorni successivi alla redazione dell’atto;
§ in forma rateale in un massimo di 8 rate trimestrali di uguale importo (16 rate trimestrali se le somme dovute superano 50.000 euro), delle quali la prima da versare entro il termine di 20 giorni dalla redazione dell’atto.
Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata.
Entro i 10 giorni successivi al pagamento dell’intero importo o della prima rata, il contribuente deve far pervenire all’ufficio la quietanza.
Per il versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione il contribuente può effettuare la compensazione con eventuali crediti d’imposta vantati, sempre che gli importi a debito siano da versare con il modello F24 (non è infatti possibile compensare i debiti che devono essere pagati con il modello F23).
Con il decreto-legge 35 del 2013 è stata introdotta la possibilità per il contribuente di utilizzare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, nei confronti delle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti, per compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, adesione all’invito al contraddittorio o al processo verbale di constatazione, acquiescenza, definizione agevolata delle sanzioni, conciliazione giudiziale e mediazione.
La riduzione sanzionatoria si applica anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento, di cui all’articolo 5-ter del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, notificati entro il 31 marzo 2023.
Ai sensi del richiamato articolo 5-ter, fuori dei casi in cui sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica l’invito a comparire per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento.
Articolo 22
(Modifiche alle disposizioni concernenti
il contenzioso in materia tributaria)
L’articolo 22 estende all’Agenzia delle entrate-Riscossione l’applicazione delle disposizioni concernenti la prenotazione a debito di alcune spese processuali previste dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
Al riguardo, la Relazione illustrativa chiarisce che a modifica appare giustificata dalla natura dell'Agenzia delle entrate-Riscossione quale ente strumentale dell'Agenzia delle entrate (ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge. n. 193/2016) e Agente della riscossione nazionale delle entrate pubbliche (ex articolo 17 decreto legislativo n. 112/1999).
Con la norma in questione viene modificato l’articolo 12, comma 5, del decreto-legge n. 16 del 2012 che dispone l’applicazione anche alle Agenzie fiscali delle norme dell’articolo 158 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
Il citato articolo 158 dispone che nei processi in cui è parte l'amministrazione pubblica, sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione: il contributo unificato nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario; l'imposta di bollo nel processo contabile; l'imposta di registro, nel processo civile e amministrativo; l'imposta ipotecaria e catastale; le spese forfettizzate per le notificazioni a richiesta d'ufficio nel processo civile.
La norma prevede inoltre che le spese prenotate a debito e anticipate dall'erario sono recuperate dall'amministrazione, insieme alle altre spese anticipate, in caso di condanna dell'altra parte alla rifusione delle spese in proprio favore.
La prenotazione a debito è definita come l’annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi è pagamento, cioè materiale esborso di danaro, ai fini dell’eventuale successivo recupero.
Si tratta in genere di imposte, tasse e tributi vari, ma non solo, che in alcuni casi espressamente previsti dalla legge lo Stato non percepisce immediatamente, ma che si limita semplicemente ad annotare in un apposito registro (non avendo senso un’anticipazione in favore di se stesso), ai fini dell’eventuale successivo recupero.
Con riferimento all’applicazione di tale istituto all’Agente della riscossione la sentenza n. 23878/2020 della Corte di cassazione ha invece ritenuto dovuto il versamento del contributo unificato all'atto dell'introduzione della lite presso il giudice da parte della ex Equitalia, escludendo quindi che la stessa possa avvalersi della prenotazione a debito tramite una interpretazione estensiva dell'art. 48 del D.P.R. n. 602/1973.
Tale norma dispone che le tasse e i diritti per atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva sono ridotti alla metà e prenotati a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente, quando questa non sia il concessionario e che nei casi sopra previsti il concessionario non può abbandonare il procedimento in seguito al pagamento del credito, ma deve proseguirlo ai fini del recupero delle tasse e dei diritti prenotati a debito. In difetto, ne risponde in proprio.
Articolo 23
(Causa speciale di non punibilità per i reati tributari)
L’articolo 23 introduce, nell’ambito delle procedure agevolate di regolarizzazione fiscale previste dalla legge di bilancio 2023, una causa di non punibilità per taluni reati tributari (omesso versamento di ritenute, omesso versamento di IVA e indebita compensazione di crediti non spettanti) qualora le violazioni sottese a tali reati siano state definite e vi sia stato l'integrale pagamento delle somme dovute prima della pronuncia della sentenza di appello.
L’articolo 23, comma 1, prevede che non siano punibili i contribuenti che si avvalgano delle procedure di definizione agevolata introdotte dall’art. 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023) per regolarizzare la propria posizione contributiva.
La legge di bilancio 2023 (legge n. 197 del 2022) ha introdotto uno strumentario di norme che permette ai contribuenti di definire con modalità agevolate, e dunque in deroga alle regole ordinarie, la pretesa tributaria ovvero il relativo contenzioso.
Le misure si riferiscono a un ampio ventaglio di fasi dell'adempimento fiscale, che va dall'accertamento alla cartella di pagamento, fino al contenzioso innanzi alle corti di merito e di legittimità. Le norme consentono di usufruire di dilazioni dei pagamenti dovuti e dell'abbattimento di alcune somme dovute al fisco a titolo di aggio, di interessi, ovvero a titolo di sconto sulle sanzioni.
In estrema sintesi:
§ con riferimento alla fase prodromica, le disposizioni della legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi 153-158 della legge n. 197 del 2022) consentono di definire con modalità agevolate le somme dovute a seguito del controllo automatizzato (cd. avvisi bonari). L’agevolazione consiste nella riduzione delle sanzioni dovute, che sono ricalcolate in misura pari al 3% dell’imposta (non versata o versata in ritardo) che residua dopo aver considerato i versamenti rateali (codice tributo 9001) eseguiti fino al 31 dicembre 2022;
§ si consente inoltre (commi 166-173) di sanare le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti, di natura formale, non rilevanti sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ai fini dell'IVA e dell'IRAP e sul pagamento di tali tributi, se commesse fino al 31 ottobre 2022, mediante la loro rimozione e il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d'imposta cui si riferiscono le violazioni, eseguito in due rate di pari importo, la prima entro il 31 ottobre 2023 e la seconda entro il 31 marzo 2024 (termini modificati dall’articolo 19 del provvedimento in esame);
§ il provvedimento (commi 174-178) ha introdotto la possibilità di regolarizzare le dichiarazioni - purché validamente presentate - relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a quelli precedenti, purché le relative violazioni non siano state già contestate alla data del versamento del dovuto (in unica soluzione o alla prima rata), mediante la rimozione dell'irregolarità o dell'omissione e il pagamento dell'imposta, degli interessi e delle sanzioni, queste ultime ridotte a un diciottesimo del minimo edittale irrogabile; l’articolo 19 e l’articolo 21 del provvedimento in esame modificano i termini della procedura e recano disposizioni di interpretazione autentica per cui si rinvia alle relative schede;
§ un altro gruppo di norme (commi 179-185) ha introdotto la possibilità di definire con modalità agevolate gli atti del procedimento di accertamento adottati dall'Agenzia delle entrate, purché non impugnati e per i quali non siano decorsi i termini per presentare ricorso, nonché quelli notificati dall'Agenzia delle entrate entro la data del 31 marzo 2023; sulle modifiche a tali disposizioni interviene l’articolo 17 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia;
§ i commi 186-205 della legge di bilancio 2023 consentono di definire con modalità agevolate le controversie tributarie pendenti (data di entrata in vigore della norma), anche in Cassazione e a seguito di rinvio, in cui sono parte l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione), mediante il pagamento di un importo pari al valore della controversia. L’articolo 20 del provvedimento in esame riapre i termini per avvalersi di tale istituto e per dettagli si rinvia alla relativa scheda;
§ in alternativa alla definizione agevolata delle controversie, è consentito definire - entro il 30 giugno 2023 - con un accordo conciliativo fuori udienza (commi 206-212) le controversie tributarie pendenti al 15 febbraio 2023 (termine modificato dall’articolo 17 del provvedimento in esame) di primo e secondo grado aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l'Agenzia delle entrate;
§ la legge (commi 213-218) introduce e disciplina, in alternativa alla citata definizione agevolata delle controversie, la rinuncia agevolata alle controversie tributarie in cui è parte l'Agenzia delle entrate e che sono pendenti in Corte di Cassazione. L’articolo 20 del provvedimento in esame riapre i termini per usufruire della rinuncia agevolata delle liti tributarie pendenti in Cassazione, estendendoli dal 30 giugno al 30 settembre 2023;
§ si consente inoltre (commi 219-221) di regolarizzare l'omesso o carente versamento di alcune somme riferite a tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate e, in particolare: delle rate, successive alla prima, relative alle somme dovute a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza agli avvisi di accertamento, degli avvisi di rettifica e liquidazione, nonché a seguito di reclamo o mediazione; degli importi, anche rateali, relativi alle conciliazioni giudiziali; l’articolo 18 del provvedimento in esame modifica tale istituto chiarendo che la regolarizzazione riguarda le somme per cui non sia stata notificata una cartella di pagamento o un atto di intimazione al 1° gennaio 2023;
§ le disposizioni (commi 222-230) prevedono l'annullamento automatico dei debiti tributari fino a mille euro (comprensivi di capitale, interessi e sanzioni) risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015, ancorché ricompresi in precedenti definizioni agevolate relative ai debiti affidati all'agente della riscossione.
§ analogamente a quanto disposto in passato dai decreti-legge nn. 193 del 2016, 148 del 2017 e 119 del 2018, la legge di bilancio 2023 (commi 231-252) consente di definire con modalità agevolate i carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione delle cartelle esattoriali) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 30 giugno 2022.
Per ulteriori informazioni si rinvia al sito della documentazione parlamentare e al sito internet dell’Agenzia dell’entrate.
Le misure tributarie a favore del contribuente contenute nel disegno di legge di bilancio 2023 si allineano a precedenti misure di “pace fiscale” (decreto-legge n. 119 del 2018 e legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018), per le quali non era stata tuttavia introdotta una normativa specifica che ne disciplinasse gli effetti penali.
La Corte di Cassazione con la sentenza 43062 del 2021 si è pronunciata sulle possibili interferenze tra la disciplina della definizione agevolata (in particolare rottamazione-ter di cui all’articolo 3 del decreto-legge n. 118 del 2019, sopra menzionato) e le norme penali. La Corte al riguardo ha affermato che non “appare ravvisabile una distonia del sistema normativo, rispetto al fatto che la richiesta di adesione alla cd. rottamazione ter non dispieghi effetti estintivi rispetto alla fattispecie delittuosa di omesso versamento dell'iva, non essendo affatto irragionevole la diversità di regime tra la disciplina penale, volta a sanzionare una condotta omissiva istantanea, che si consuma alla scadenza del termine per il versamento dell'Iva, e la procedura amministrativa di recupero dell'imposta evasa, che non elide il disvalore penale della condotta già realizzata, ma che può eventualmente rilevare ai fini della (non) operatività della confisca, ai sensi dell'art. 12 bis comma 2 del d. lgs. n. 74 del 2000 […], fermo restando che, ove a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, vi sia stato il pagamento integrale del debito, lo stesso, in base all'art. 13 del d. lgs. n. 74 del 2000, rende non punibile l'autore del reato, nel caso in cui l'estinzione del debito avvenga prima dell'apertura del dibattimento, per cui deve concludersi che il legislatore ha già calibrato adeguatamente le possibili interferenze tra disciplina penalistica e disciplina amministrativa, senza dare luogo a situazioni di possibili incertezze”.
Diversamente, per alcuni istituti con ratio assimilabile, quali la cd. voluntary disclosure (strumento che ha consentito ai contribuenti di regolarizzare i patrimoni illecitamente detenuti all’estero mediante spontanea denuncia all’Amministrazione finanziaria della violazione degli obblighi di monitoraggio), il legislatore ha esplicitamente previsto gli effetti sui reati tributari (si veda l’articolo 5-quinquies del decreto-legge n. 167 del 1990, introdotto dalla legge n. 186 del 2014).
Si tratta di contribuenti per i quali sono in corso procedimenti penali per l’accertamento di alcuni reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000 (recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto).
In particolare, la causa di non punibilità è applicabile ai seguenti reati:
§ omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis);
§ omesso versamento di IVA (art. 10-ter);
§ indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1).
I suddetti reati tributari sono stati introdotti, con interventi successivi, tra i “delitti in materia di documenti e pagamento di imposte” di cui al Capo II del Titolo II del citato d.lgs. n. 74 del 2000.
Più in dettaglio, il reato di omesso versamento di ritenute [dovute o] certificate di cui all’art. 10-bis, inserito dalla legge n. 311 del 2004 e poi modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015, riguarda i sostituti d’imposta che non versano, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.
Proprio sulle modifiche apportate a tale reato dal d.lgs. n. 158 è di recente intervenuta una pronuncia di illegittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale (sentenza n. 175 del 2022), che ha espunto dal testo dell’articolo le parole “dovute sulla base della stessa dichiarazione” e conseguentemente dalla rubrica le parole “dovute o”. Secondo la Corte il legislatore delegato avrebbe agito in eccesso di delega, introducendo di fatto una nuova fattispecie di reato (quella in base alla quale sarebbe punibile l’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione dei redditi del sostituto d’imposta, prescindendo da quanto risultante dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti). A seguito di tale pronuncia il reato sussiste quindi solo per l’omesso versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.
Il reato di omesso versamento di IVA di cui all’art. 10-ter, inserito dal decreto-legge n. 223 del 2006 e poi sostituito dal d.lgs. n. 158 del 2015, punisce chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale.
Per quanto riguarda l’indebita compensazione, l’art. 10-quater, anch’esso inserito dal decreto-legge n. 223 del 2006 e poi sostituito dal d.lgs. n. 158 del 2015, prevede due diverse fattispecie:
§ quella relativa a chi non versa le somme dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti (comma 1);
§ quella relativa a chi non versa le somme dovute utilizzando in compensazione crediti inesistenti (comma 2).
I reati in commento sono tutti puniti con la pena della reclusione da 6 mesi a 2 anni, ad eccezione dell’indebita compensazione di cui al comma 2 dell’art. 10-quater, punita con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
È inoltre prevista una soglia minima per la punibilità, di diverso importo in relazione al reato commesso, fissata in:
§ 150.000 € per ciascun periodo d'imposta per l’omesso versamento di ritenute;
§ 250.000 € per ciascun periodo d'imposta per l’omesso versamento di Iva;
§ 50.000 € annui per l’indebita compensazione (con riguardo sia ai crediti non spettanti sia a quelli inesistenti).
La clausola di non punibilità introdotta dall’articolo in commento si riferisce esclusivamente ai reati di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis), omesso versamento di Iva (art. 10-ter) e indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater, comma 1).
La circostanza esimente opera esclusivamente se le violazioni sono state comunque definite ed il contribuente ha provveduto ad effettuare l’integrale pagamento degli importi dovuti, secondo le modalità e nei termini stabiliti dalla procedura agevolata di cui ha usufruito, prima che venga pronunciata la sentenza di appello.
Si ricorda che per i reati di omesso versamento di ritenute certificate o di Iva e di indebita compensazione per crediti non spettanti, l’art. 13, comma 1, del medesimo decreto legislativo prevede già in via generale una causa di non punibilità applicabile laddove, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso. Ai sensi del comma 3 del citato art. 13, se il debito tributario è in fase di estinzione mediante rateizzazione, al contribuente è concesso un termine di 3 mesi per il pagamento del debito residuo, prorogabile dal giudice una sola volta per non oltre 3 mesi. In pendenza di tale termine (di 3 o, se prorogato, 6 mesi) la prescrizione è sospesa.
Sul punto specifico dell’idoneità del piano rateale di pagamento concordato con l’Agenzia delle entrate a rendere non punibile il contribuente che vi abbia aderito e che stia regolarmente pagando le rate, pur non avendo ancora estinto l’intero debito tributario prima dell’apertura del dibattimento, la Corte di Cassazione (Cass. pen. Sez. III, n. 10730/2023) ha rilevato che «ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità, il legislatore, nel tentativo di bilanciare la certezza dei tempi processuali con l'esigenza di fornire all'imputato il tempo necessario per definire l'adempimento del debito, ha previsto che sia concesso un termine di tre mesi "per il pagamento del debito residuo", termine che può essere prorogato una sola volta per non oltre tre mesi» e che «la previsione normativa è comunque chiara nel senso che la causa di non punibilità opera se entro la dichiarazione di apertura del dibattimento interviene non l'accordo tra contribuente e Fisco, ma l'integrale pagamento del debito», affermando inoltre che «l'accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito, quantunque comporti la rimodulazione della sua scadenza, che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, al verificarsi di detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito, il reato resti comunque configurabile, in quanto la previsione di una causa sopravvenuta di non punibilità del fatto lascia immutata l'illiceità della condotta (…omissis…) per cui l'effetto novativo dell'obbligazione che deriva dall'accordo tra il contribuente e l'Amministrazione rimane circoscritto all'ambito tributario, non producendo conseguenze sul piano penale».
I commi 2 e 3 disciplinano la procedura da seguire per far valere la causa di non punibilità di nuova introduzione.
Ai sensi del comma 2, il contribuente è tenuto all’adempimento di una serie di obblighi informativi:
§ nei confronti dell’Autorità giudiziaria procedente, cui deve comunicare l’avvenuto versamento delle somme dovute o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata;
§ nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che deve informare dell’avvenuta comunicazione all’Autorità giudiziaria, fornendo anche i riferimenti del procedimento penale pendente.
Il comma 3 prevede che dal momento in cui il giudice presso cui è pendente il procedimento penale riceve la comunicazione del pagamento effettuato il processo è sospeso fino all’ulteriore comunicazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, circa l’esito della procedura, da cui può derivare la decadenza del processo (se si è addivenuti alla corretta definizione della procedura stessa ed al versamento integrale delle somme dovute) ovvero la sua ripresa (qualora non vi sia stata definizione della procedura o si sia verificata la decadenza del contribuente dal beneficio della rateazione).
Infine, il comma 4 dispone che, durante il periodo di sospensione del processo, è comunque possibile continuare l’attività di acquisizione delle prove, facendo ricorso all’incidente probatorio previsto dall’art. 392 del codice di procedura penale.
L'incidente probatorio è un istituto che ha la funzione di anticipare l'acquisizione di una prova durante le indagini preliminari, anziché nel corso del dibattimento. L'art. 392, co. 1, c.p.p. disciplina i casi nei quali il p.m. o la persona sottoposta alle indagini possono richiedere al giudice di disporre un incidente probatorio, che sono essenzialmente determinati dall'urgenza e dalla non rinviabilità della prova stessa (infermità o altro grave impedimento che potrebbero impedire la testimonianza in dibattimento; fondato motivo che il testimone sia esposto a violenza o minaccia o promessa di denaro; inevitabile modificazione dello stato della persona, della cosa o del luogo da sottoporre a perizia; ricognizione non rinviabile), pur essendo la richiesta consentita anche in taluni casi che esulano da motivi di urgenza (esame dell'indagato su fatti concernenti la responsabilità di altri; esame dei testimoni di giustizia o di persone imputate in procedimenti connessi; confronto tra persone che hanno reso dichiarazioni discordanti in un altro incidente probatorio o al p.m.).
Secondo la relazione tecnica, le disposizioni di cui all’articolo 23 «potrebbero incentivare la definizione dei debiti fiscali e comportare, pertanto, potenziali effetti positivi sul gettito»; tali effetti, tuttavia, non sono stati quantificati.
Articolo 24, comma 1
(Rifinanziamento del Fondo missioni internazionali)
L’articolo 24, comma 1, incrementa di 44 milioni di euro per l’anno 2023 il Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali.
Il Fondo missioni internazionali, istituito dalla legge quadro sulle missioni internazionali (legge n. 145 del 2016, articolo 4), è destinato al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali. Il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, e la dotazione è stabilita annualmente dalla legge di bilancio, ovvero da appostiti provvedimenti legislativi (articolo 4, comma 1, della citata legge quadro sulle missioni internazionali).
Nella legge di bilancio 2023-2025, lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il programma 5.8 (Fondo per le missioni internazionali, ex articolo 4, comma 1 della legge n. 145 del 2016 (programma 5.8 cap. 3006), reca per il 2023 fondi pari a 1.547.475.787 euro per l’anno 2023 e 276.900.000 euro per l’anno 2024.
La relazione tecnica afferma che il rifinanziamento è necessario per assicurare la proroga delle missioni internazionali in corso di svolgimento, il cui onere complessivo, calcolato sulla base delle schede inoltrate dal Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale, è pari a 1.713 milioni di euro. La disponibilità di risorse necessarie alla copertura degli oneri, iscritti a legislazione vigente sul fondo di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 145/2016 è pari a complessivi euro 1.669 milioni di euro, con una differenza da coprire con la presente disposizione di 44 milioni di euro, per l'esercizio finanziario 2023.
Per approfondimenti relativi alle missioni internazionali a partecipazione italiana, si rinvia al relativo tema dell’attività parlamentare.
Articolo 24, comma 2
(Fondo amianto per i lavoratori dei cantieri navali)
L’articolo 24, comma 2, istituisce per il 2023, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per le vittime dell'amianto in favore dei lavoratori di società a partecipazione pubblica che hanno contratto patologie asbesto correlate durante l’attività lavorativa prestata presso cantieri navali. Tale Fondo, che ha una dotazione di 20 milioni di euro, opera a favore degli eredi in caso di decesso dei suddetti lavoratori.
La disposizione in commento specifica che i lavoratori interessati dal Fondo in oggetto sono quelli che hanno contratto le suddette malattie durante l’attività lavorativa prestata presso i cantieri navali per i quali hanno trovato applicazione le disposizioni di cui all’art. 13 della L. 257/1992 (comma 2, primo periodo).
Il richiamato art. 13 concerne i lavoratori occupati in imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva (comma 1) e prevede, con riferimento a tali lavoratori, l’attribuzione di taluni benefici in merito sia alla concessione del trattamento di integrazione salariale straordinario (comma 1), sia al riconoscimento di una maggiorazione contributiva ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (comma 2), anche attraverso la previsione di un meccanismo di incremento del periodo temporale coperto da contribuzione obbligatoria che opera non per tutti i suddetti lavoratori, ma solo per coloro tra questi che hanno contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate dall’INAIL (comma 7).
Alla luce di quanto detto, si valuti l’opportunità di specificare quali delle suddette condizioni devono ricorrere perché operi il Fondo istituito dalla disposizione in commento, anche al fine di delineare in maniera più puntuale l’ambito soggettivo di applicazione.
La disposizione in commento specifica altresì che a tale Fondo possano accedere anche le suddette società partecipate pubbliche (comma 2, secondo periodo).
Si valuti l’opportunità di specificare la portata di tale previsione.
In materia di normativa relativa ai lavoratori esposti all’amianto, si ricorda che l’art. 1, c. 278, della L. 208/2015 ha istituito il Fondo per le vittime dell’amianto in favore degli eredi dei soggetti deceduti in seguito a patologie asbesto correlate per esposizione all’amianto nell’esecuzione delle operazioni portuali attuate per realizzare la cessazione dell'impiego dell'amianto (con conseguente applicazione della L. 257/1992). Il suddetto Fondo, la cui dotazione era pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2022, concorre al pagamento di quanto spettante ai superstiti a titolo di risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, come liquidato con sentenza esecutiva o con verbale di conciliazione giudiziale. Si ricorda, inoltre, che le prestazioni del Fondo non escludono la fruizione dei diritti derivanti dalle norme generali e speciali dell'ordinamento e si cumulano con essi. Delle risorse del predetto fondo possono avvalersi anche le Autorità di sistema portuale soccombenti in sentenze esecutive, o comunque parti debitrici in verbali di conciliazione giudiziale, aventi a oggetto risarcimenti liquidati in favore di superstiti di coloro che sono deceduti per patologie asbesto-correlate, compresi coloro che non erano dipendenti diretti delle cessate organizzazioni portuali. Il DM 30 settembre 2022 ha definito le procedure e le modalità di erogazione delle prestazioni del Fondo.
Si ricorda, inoltre, che l’art. 1, c. 241 e ss. della L. 247/2007, ha istituito presso l’INAIL un Fondo per le vittime dell'amianto in favore di tutte le vittime che hanno contratto patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto e, in caso di premorte, in favore degli eredi. Attraverso tale Fondo[44] l’INAIL eroga una prestazione aggiuntiva (pari al 17% della rendita già in godimento, percentuale così incrementata dalla legge di bilancio 2023) ai soggetti (o ai superstiti) già titolari di una rendita riconosciuta dallo stesso Istituto (o dal soppresso Istituto di previdenza per il settore marittimo) per una patologia asbesto correlata, nonché una prestazione una tantum (pari a 15.000 euro, importo così incrementato dalla legge di bilancio 2023), per gli eventi accertati a decorrere dal 1° gennaio 2021, ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia per esposizione familiare a lavoratori impegnati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale.
La disposizione in commento demanda poi (comma 2, ultimo periodo) al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione in esame, delle tabelle di liquidazione dell’indennizzo a carico del Fondo in questione da riconoscere in favore dei suddetti soggetti, nonché dei requisiti, dei termini, delle procedure e delle modalità di erogazione delle somme nel limite delle risorse annue disponibili sul Fondo medesimo.
Si valuti l’opportunità di chiarire la divergenza tra la parte iniziale del comma 2 in esame, che istituisce il Fondo in questione per il 2023, e la parte finale, che fa riferimento alle “risorse annue disponibili”.
L’articolo 24, al comma 3, reca un rifinanziamento di 30 milioni di euro per l’anno 2023 del Fondo destinato all'attuazione della manovra di bilancio 2023-2025, istituito nello stato di previsione del MEF dal decreto-legge Aiuti-quater.
Il Fondo in questione è stato istituito dall’articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 176 del 2022 (c.d. aiuti-quater), convertito con modificazioni dalla legge n. 6 del 2023, con una dotazione di circa 4,1 miliardi di euro per il 2023, circa 450 milioni per il 2024, circa 320 milioni per il 2025 e circa 350 milioni per il 2026, oltre a ulteriori importi via via inferiori nelle annualità successive fino al 2033[45].
Il Fondo è alimentato dagli effetti migliorativi associati ad alcune misure contenute nello stesso D.L. n. 176/2022 e, in particolare, dalle risorse derivanti dalla proroga al 2023 del termine per la vendita del gas naturale acquistato dal Gestore dei servizi energetici (GSE) e per la restituzione del prestito trasferito dallo Stato per tali finalità, nonché dalla revisione della disciplina degli incentivi fiscali per l’efficientamento energetico e dall’estensione fino a dicembre 2022 delle riduzioni di accisa e IVA su alcuni carburanti.
Le risorse derivanti da tali misure sono confluite in un apposito fondo destinato all’attuazione della manovra di finanza pubblica 2023-2025 (capitolo 3074 dello stato di previsione del MEF) ed in particolare – come esplicitato nella Relazione tecnica del D.L. n. 176 del 2022 – all’attuazione delle misure a favore di famiglie e imprese in relazione alla situazione di crisi energetica.
Una quota di risorse pari a 1,5 miliardi nel 2023 è stata accantonata e resa indisponibile fino al versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle somme incassate dal GSE conseguenti alla vendita del gas, al fine di tenere conto delle oscillazioni dei prezzi energetici[46].
Con la legge di bilancio 2023-2025 (art. 1, comma 871, legge n. 197 del 2022) l’intera dotazione del Fondo autorizzata per gli anni dal 2023 al 2033 è stata ridotta, al fine di garantire la copertura necessaria per il finanziamento degli interventi di manovra introdotti dalla legge di bilancio medesima, facendo salvo l’accantonamento di 1,5 miliardi disposto dal D.L. n. 176/2022.
L’articolo 24, comma 4, incrementa di 200 mila euro per l’anno 2023 il Fondo di parte capitale per il sostegno delle eccellenze nella gastronomia e dell’agroalimentare italiano.
Il Fondo di parte capitale per il sostegno delle eccellenze nella gastronomia e dell’agroalimentare italiano, è stato istituito dall’art. 1, comma 868, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021). Tale disposizione ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (ora Ministero dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste), di due fondi denominati, rispettivamente, «Fondo di parte capitale per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell'agroalimentare italiano», con una dotazione di 25 milioni di euro per l'anno 2022 e 31 milioni di euro per l'anno 2023 e « Fondo di parte corrente per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell'agroalimentare italiano», con una dotazione di 6 milioni di euro per l'anno 2022 e 14 milioni di euro per l'anno 2023. La finalità perseguita dalla disposizione in esame consiste nel promuovere e sostenere le eccellenze della ristorazione e della pasticceria italiana, nel valorizzare il patrimonio agroalimentare ed enogastronomico italiano, anche attraverso interventi che incentivino la valorizzazione dei prodotti a denominazione d'origine e indicazione geografica e le eccellenze agroalimentari italiane, gli investimenti in macchinari professionali e altri beni strumentali durevoli, nonché in interventi in favore dei giovani diplomati nei servizi dell'enogastronomia e dell'ospitalità alberghiera. Il successivo comma 869 demanda la definizione dei criteri e delle modalità di utilizzazione dei suddetti Fondi ad appositi decreti ministeriali. In attuazione di tale ultima disposizione è stato emanato il decreto 4 luglio 2022 "Definizione dei criteri e delle modalita' di utilizzazione del Fondo di parte capitale per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell'agroalimentare italiano". Più di recente il decreto 21 ottobre 2022, pubblicato nella G.U. del 20 dicembre 2022, ha introdotto misure volte alla “Definizione dei criteri e delle modalita' di utilizzazione del Fondo di parte corrente per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell'agroalimentare italiano". Si fa inoltre presente che la legge di bilancio per il 2022 ha disposto l'istituzione, presso lo stesso dicastero agricolo, del "Fondo per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali e certificati'', con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2022 (commi 826 e 827). In attuazione del presente comma è stato emanato il decreto 6 maggio 2022 Interventi per favorire la transizione ecologica nel settore della ristorazione.
L’articolo 24, comma 5 istituisce nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy un Fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per l’anno 2023, finalizzato a sostenere le imprese elettrivore localizzate nelle Regioni insulari e per le quali è istituito un tavolo di crisi nazionale presso il predetto Ministero.
Segnatamente, la norma istituisce nello stato di previsione del Ministero delle imprese e del made in Italy un Fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per l’anno 2023, finalizzato a sostenere le imprese a forte consumo di energia elettrica di cui all’elenco pubblicato dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017[47], localizzate nelle Regioni insulari e per le quali è istituito un tavolo di crisi nazionale presso il predetto Ministero.
Con decreto del Ministro delle Imprese e del made in Italy, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le modalità di utilizzo delle risorse in modo che ne sia assicurata la compatibilità con gli aiuti di Stato.
La relazione illustrativa non fornisce indicazioni circa le imprese elettrivore - di cui all’elenco pubblicato da CSEA, localizzate nelle Regioni insulari per le quali è istituito il Tavolo di crisi nazionale presso il MIMIT - destinatarie della norma.
Si rammenta che, ai sensi dell’art. 108 TFUE, in via generale, lo Stato membro deve notificare preventivamente le misure di aiuto alla Commissione europea prima di concederle. Purtuttavia, è ammessa l’adozione, da parte della Commissione, di regolamenti volti a disciplinare le categorie di aiuti per le quali il Consiglio ha stabilito che possono essere dispensate (esentate) dalla procedura di notifica ex ante: come i regolamenti sugli aiuti di Stato di modesta entità, cd. "de minimis" (Regolamento n. 1407/2013/UE) e i regolamenti di esenzione per categoria di aiuto, quali in primis il GBER - General Block Exemption Regulation Regolamento n. 651/2014/UE della Commissione, che dichiara, a date condizioni, alcune categorie di aiuti di Stato compatibili con il mercato interno, esentandole dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE. Laddove, invece, l’aiuto di Stato non soddisfi le specifiche condizioni delineate per le categorie esentate, dovrà essere notificato ex ante alla Commissione UE e su di esso la stessa Commissione effettuerà un’analisi approfondita sulla base dei criteri stabiliti nel Trattato e nei diversi Orientamenti dalla stessa adottati concernenti i settori interessati (gli Orientamenti sono adottati nella forma della Comunicazione).
Si rammenta, al riguardo, che è attualmente vigente un Quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di Stato a seguito dell’aggressione della Russia all’Ucraina. Il Quadro - approvato il 9 marzo 2023 (qui il testo) - estende l’ambito e proroga, sino al 31 dicembre 2025, l’ammissibilità, previa notifica, delle seguenti tipologie di aiuti, già previste nel precedente Quadro temporaneo per la crisi Ucraina: aiuti per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili e dello stoccaggio di energia, ai sensi del piano REPowerEU; aiuti a favore della decarbonizzazione dei processi di produzione industriale attraverso l’elettrificazione e/o l’uso di idrogeno rinnovabile e di idrogeno elettrolitico efficiente sul piano energetico.
Il nuovo Quadro ammette poi, a date condizioni, sino al 31 dicembre 2025, gli aiuti per accelerare gli investimenti in settori strategici per la transizione verso un’economia a zero emissioni nette (sezione 2.8), i quali non possono essere concessi a imprese in difficoltà, come stabilito dalla comunicazione della Commissione - Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (GU C 249 del 31.7.2014, pag. 1).
Le ulteriori disposizioni del Quadro temporaneo per far fronte alla crisi ucraina - relative agli aiuti di importo limitato, al sostegno alla liquidità sotto forma di garanzie statali e prestiti agevolati, agli aiuti per compensare i prezzi elevati dell’energia, alle misure volte a sostenere la riduzione della domanda di energia elettrica - più legate alla situazione di crisi immediata, rimangono applicabili fino al 31 dicembre 2023 (tali misure trovano infatti riproposizione nel nuovo Quadro), salvo che la Commissione non valuti in una fase successiva la necessità di una proroga.
La Comunicazione inoltre specifica che i danni direttamente causati dalle riduzioni obbligatorie del consumo di gas naturale o energia elettrica che gli Stati membri potrebbero essere obbligati a imporre possono essere valutati come compatibili ai sensi del trattato (articolo 107, par. 2, lett. b) TFUE), a condizione che non si verifichino sovra compensazioni. Gli Stati membri devono notificare tali misure di aiuto e la Commissione le valuterà direttamente. Tali aiuti possono essere concessi a imprese in difficoltà.
Si valuti l’opportunità di precisare la tipologia del regime di aiuto e la sua finalità, nonché l’eventuale necessità di una preventiva autorizzazione alla Commissione UE.
Articolo 24, commi 6 e 7
(Copertura finanziaria oneri del provvedimento)
L’articolo 24 reca ai commi 6 e 7 le disposizioni per la copertura degli oneri recati dal provvedimento in esame.
In particolare, il comma 6 quantifica gli oneri complessivi derivanti dalle misure introdotte dal provvedimento in esame in 4.942,76 milioni di euro per l'anno 2023, 0,79 milioni per l'anno 2024, 1,02 milioni di euro per l'anno 2025, 1,35 milioni di euro per l'anno 2026, 1,78 milioni di euro per l'anno 2027, 1,88 milioni di euro per l'anno 2028, 2,3 milioni di euro per l'anno 2029, 3,2 milioni di euro per l'anno 2030, 4 milioni di euro per l'anno 2031 e 5, 1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2032.
Tali oneri sono riferiti alle misure introdotte agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 19, 20 nonché dai commi 1 e 5 dell’articolo 24.
Si segnala, ai fini della corretta formulazione della norma, che nell’elencazione delle norme onerose, da cui discendono gli importi finanziari complessivi quantificati dal comma 6, dovrebbero rientrare tutti i commi da 1 a 5 dell’articolo 24, e non solo i commi 1 e 5, sulla base di quanto indicato nel Prospetto riepilogativo degli effetti finanziari delle norme, allegato alla Relazione tecnica.
Alla copertura finanziaria di tali oneri si provvede nel seguente modo:
a) quanto a 4.938,94 milioni di euro per l'anno 2023, mediante corrispondente riduzione delle risorse finanziarie iscritte in bilancio ai sensi dell'articolo 1, commi da 2 a 5, della legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023), per la concessione di una serie di contributi straordinari, sotto forma di credito di imposta, in favore delle imprese per il consumo di energia elettrica e di gas naturale.
La norma si riferisce, in particolare, al contributo straordinario al costo dell'energia elettrica a favore delle imprese energivore e non energivore per il primo trimestre dell’anno 2023, disposto dall’art. 1, commi 2-3, della legge n. 197/2022, e al contributo straordinario al costo del gas metano a favore delle imprese gasivore e non gasivore per il primo trimestre 2023 disposto dall’art. 1, commi 4-5, della medesima legge.
Le minori spese associate ai predetti crediti d’imposta sono dovute - secondo quanto riportato nella Relazione tecnica - alla riduzione dei prezzi dell’energia elettrica e del gas riscontrata nel primo trimestre del 2023, da cui discende un minor onere, per il 2023, rispetto a quanto originariamente stimato per le predette misure. Più in particolare, gli oneri derivanti dall'art. 1, commi 2-5, della legge n. 197/2022 sono ora stimati pari 4.907,61 milioni di euro, in luogo di 9.846,55 milioni stimati nella relazione tecnica originaria della legge di bilancio. Ciò in quanto – si riporta ancora nella RT - dal monitoraggio del sito del GME Gestore Mercati Energetici emerge che i prezzi medi di energia elettrica e gas nel primo trimestre del 2023 siano stati pari rispettivamente a 157,15 €/MWh e 56,86 €/MWh (a fronte di quelli stimati ex ante da ARERA in 305 €/MWh e 119 €/MWh). Da cui si stimano economie di spesa per il 2023 in relazione ai predetti contributi straordinari, pari a 4.938,94 milioni di euro, che vengono dunque utilizzate a copertura del provvedimento in esame;
b) quanto a 5 milioni di euro per l'anno 2023, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa (di cui all'articolo 1, comma 131, della legge n. 178/2020, legge di bilancio 2021) relativa al credito d'imposta del 40 per cento in favore delle reti di imprese agricole e agroalimentari, anche costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi o parte delle strade del vino, per la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico.
Il credito d’imposta è stato concesso dalla legge di bilancio 2021 nel limite di 5 milioni di euro per gli anni 2021, 2022 e 2023; con le disposizioni in esame, allo scopo di finanziare le misure del provvedimento in esame, nel richiamato comma 131 viene soppresso il riferimento all’anno 2023;
c) quanto a 1,02 milioni di euro per l'anno 2025, 1,35 milioni di euro per l'anno 2026, 1,78 milioni di euro per l'anno 2027, 1,88 milioni di euro per l'anno 2028, 2,3 milioni di euro per l'anno 2029, 3,2 milioni di euro per l'anno 2030, 4 milioni di euro per l'anno 2031 e 5,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2032, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2015, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3075). Nella legge di bilancio per il 2023, il Fondo presenta uno stanziamento di circa 442,6 milioni di euro per il 2023, di 225,8 milioni per il 2024 e di circa 306 milioni per il 2025.
d) quanto a 1,69 milioni di euro per l'anno 2024, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 6 del provvedimento in esame. L’articolo 6, in estrema sintesi, prevede una temporanea deroga – valevole per il solo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 – ai criteri di determinazione del reddito imponibile correlato alla produzione di energia da fonti rinnovabili agroforestali. La Relazione tecnica ascrive alla misura un costo totale, in termini di cassa, pari a 4,32 milioni di euro, con maggiori entrate previste per il 2024 pari a 1,7 milioni di euro, come risultanti dal Prospetto riepilogativo degli effetti finanziari delle norme allegato alla Relazione Tecnica.
Il comma 7 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni recate dal decreto legge in esame. Il Ministero dell'economia e delle finanze, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.
Articolo 25
(Entrata in vigore)
L’articolo 25 disciplina l’entrata in vigore del decreto-legge.
Si prevede in particolare che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (quindi il 31 marzo 2023).
[1] D.l. recante “Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali.”, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125.
[2] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 15 settembre 2022.
[3] Termine unico introdotto dall’articolo 4, comma 8-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198 (c.d. proroga termini). Prima di tale modifica, gli adempimenti erano da porre in essere entro trenta giorni dalla pubblicazione dei singoli provvedimenti regionali e provinciali recanti l'elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano.
[4] In sede di relazione tecnica, il Governo afferma che il contezioso in questione è quello attivato avverso il citato decreto 6 luglio 2022 (v. sopra) e i relativi provvedimenti regionali.
[5] In conformità a quanto previsto in materia dal richiamato articolo 9-ter, commi 6 e 8, del decreto-legge 78/2015.
[6] Modifiche ed integrazioni al decreto 20 febbraio 2007 recante «Nuove modalita' per gli adempimenti previsti per la registrazione dei dispositivi impiantabili attivi nonche' per l'iscrizione nel Repertorio dei dispositivi medici»
[7] Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
[8] Di cui al richiamato decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, recante “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”.
[9] Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.
[10] Cfr. seguente comunicato stampa: https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-26/22212
[11] D.l. recante “Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria.”, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2019, n. 60.
[12] V. al riguardo nel sito internet istituzionale di ANAC, https://www.anticorruzione.it/-/medici-a-gettone-anac-sollecita-l-intervento-del-ministro-alla-salute.
[13] Legge 29 dicembre 2022, n. 197
[14] La lettera d) del citato comma 1 riguarda la “partecipazione a proventi di attività professionali a pagamento richieste da terzi (utenti singoli, associati, aziende o enti) all’Azienda o Ente anche al fine di consentire la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall’azienda stessa, d’intesa con le équipes dei servizi interessati.
[15] Legge finanziaria 2007.
[16] Legge di bilancio per il 2023.
[17] Rientra in tale comparto il personale non dirigente dipendente dagli enti ed aziende elencati dall'art. 6 del Contratto Collettivo Nazionale Quadro 2016-2018 del 13 luglio 2016.
[18] È stato ivi stabilito (art. 107, co. 4) che nei servizi di pronto soccorso, a decorrere dal 31 dicembre 2021 e a valere dal 2022, al personale assegnato a tali servizi compete una indennità mensile lorda, da corrispondersi per dodici mensilità in ragione della effettiva presenza in servizio, il cui importo è stabilito presso ciascuna Azienda o Ente in funzione delle risorse confluite nel Fondo premialità e condizioni di lavoro. Nelle more della individuazione, presso ciascuna Regione, della quota di risorse finanziarie di pertinenza di ciascuna azienda o ente a copertura dell’onere (nei limiti delle risorse individuate ai sensi della Tabella G allegata al contratto), è riconosciuto, in ragione della effettiva presenza in servizio ed a titolo di anticipazione della predetta indennità, l’importo mensile lordo di Euro 40,00, da conguagliarsi con i valori che saranno successivamente attribuiti presso ciascuna azienda o ente.
[19] Si tratta del comitato di settore Regioni-Sanità, costituito nell'ambito della Conferenza delle Regioni, che esercita i poteri di indirizzo verso l'Aran per le regioni, i relativi enti dipendenti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale (art. 41, co. 2, d. lgs. 165/2001).
[20] Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale.
[21] Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE.
[22] Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[23] Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria. La disposizione richiamata (art. 11, comma 1) disciplina il tetto alla spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni, calcolato applicando, per ogni Regione, un incremento annuo rispetto al valore della spesa per il personale degli enti ed aziende del SSN sostenuta nel 2018 ovvero, se superiore, rispetto al valore massimo che sarebbe stato consentito nel medesimo 2018 in base alla previgente normativa. Tale incremento è pari, per ogni anno, al 5 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Dall'anno 2021, il medesimo incremento è subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale.
[24] Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
[25] Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare.
[26] Di cui all’articolo 3-quater del D.L. 21 settembre 2021, n. 127, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 novembre 2021, n. 165, e successive modificazioni.
[27] La norma di deroga in esame fa infatti riferimento alle professioni sanitarie di cui all'articolo 1 della L. 1° febbraio 2006, n. 43. Riguardo a tali professioni, cfr. anche l'articolo 1 del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni.
[28] Di cui all'articolo 4, comma 7, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, e all'articolo 53 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. La norma in esame esclude altresì l'applicazione degli articoli 15-quater e 15-quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, relativi al rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari (queste ultime norme, in ogni caso, essendo inerenti al personale dell’area dirigenziale sanitaria e non a quello del comparto della sanità, non concernono i dipendenti oggetto della disciplina transitoria in esame).
[29] Comma inserito dall'art. 12, comma 2, lett. c), D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e, successivamente, così modificato dall'art. 5-bis, comma 1, lett. b), D.L. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8, dall'art. 3-bis, comma 1, lett. c), nn. 1), 2), 3) e 4), D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, dall'art. 12-bis, comma 1, lett. a), b) e c), D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, dall'art. 12, comma 3-quater, D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 maggio 2022, n. 52, e dall'art. 4-ter, comma 1, lett. a), D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14.
[30] Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE. I richiamati commi 5 e 6 riguardano, rispettivamente, gli impedimenti temporanei superiori ai quaranta giorni lavorativi consecutivi per servizio militare, gravidanza e malattia e le assenze per motivi personali, preventivamente autorizzate salvo causa di forza maggiore, che non superino trenta giorni complessivi nell'anno di formazione e non pregiudichino il raggiungimento degli obiettivi formativi.
[31] Cfr. l’articolo 1, commi da 547 a 548-ter, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni.
[32] Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
[33] Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonche' della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.
[34] Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali.
[35] Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche (L. n. 126/2021)
[36] Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
[37] Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria.
[38] Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
[39] Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[40] Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[41] Deroga successivamente prorogata dall’ articolo 4, comma 8-sexies del DL. 183/2020 (L. 21/2021) ha consentito - fino al 31 dicembre 2021 (il termine inizialmente era il 31 marzo 2020).
[42] Purchè titolari di un permesso di soggiorno che autorizza a svolgere attività lavorativa, fermo restando ogni altro limite di legge.
[43] Segnatamente la direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali.
[44] Nel dettaglio, a valere sulle economie derivanti dalla soppressione dell'autorizzazione di spesa conseguente alla disapplicazione, dal 1° gennaio 2021, dell'addizionale originariamente prevista a carico delle imprese per il finanziamento del Fondo in oggetto (combinato disposto dell’art. 1, c. 244, L. 247/2007, e dell’art. 1, c. 358 e 359 della L. 178/2020)
[45] Più precisamente, l’articolo 15, comma 4, del D.L. n. 176/2022 ha istituito il Fondo con una dotazione di 4.127,7 milioni di euro per l’anno 2023, 453,1 milioni per l’anno 2024, 324,5 milioni per l’anno 2025, 353,6 milioni per l’anno 2026, 24,89 milioni per l’anno 2027, 85,4 milioni per l’anno 2028, 48,1 milioni per l’anno 2029, 65 milioni per l’anno 2030, 64,2 milioni per l’anno 2031, 66 milioni per l’anno 2032 e di 72,3 milioni di euro per l’anno 2033.
[46] Si rammenta che ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto-legge n. 50 del 2022, al fine di contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti, il GSE, anche tramite accordi con società partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato e attraverso lo stretto coordinamento con la maggiore impresa di trasporto di gas naturale, provvede a erogare un servizio di riempimento di ultima istanza tramite l’acquisto di gas naturale, ai fini del suo stoccaggio e della sua successiva vendita entro il 31 dicembre 2022, nel limite di un controvalore pari a 4.000 milioni di euro.
[47] La legge europea 2017, legge n. 167/2017, all'articolo 19, comma 2-5, ha definito i criteri e principi per la definizione delle agevolazioni tariffarie alle "imprese energivore", al fine di renderli conformi alla disciplina europea sugli aiuti di Stato, demandando ad uno o più decreti ministeriali, da adottare entro l'11 gennaio 2018 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge europea), sentita l'ARERA, previo parere obbligatorio delle competenti Commissioni parlamentari: la delimitazione delle imprese "elettrivore" e delle relative agevolazioni di cui all'articolo 39, comma 3, del D.L. n. 83/2012; i criteri e modalità con cui l'AEEGSI provvede all'attuazione delle nuove misure; le modalità di applicazione della clausola sul valore aggiunto lordo (VAL) per l'impresa di cui ai punti 189 e 190 della Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia. In attuazione, è stato adottato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 21 dicembre 2017. Si rinvia anche alla Determina ARERA 27 settembre 2022 7/2022 – DIEU, che reca le istruzioni operative alla CSEA per la raccolta dei dati per il riconoscimento delle agevolazioni per le imprese “elettrivore” per l’anno 2023. La CSEA, il 18 marzo 2023, ha pubblicato sul “portale energivori” dedicato, sulla base delle predette istruzioni operative, l’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica - anno 2023, disponibile qui.