Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Giustizia |
Titolo: | Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali |
Serie: | Progetti di legge Numero: 4/1 |
Data: | 09/12/2022 |
Organi della Camera: | II Giustizia |
XIX Legislatura
Misure urgenti in materia di accesso ai benefici penitenziari per i condannati per i reati cosiddetti ostativi nonché in materia di obblighi di vaccinazione anti COVID-19 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali
D.L. n. 162/2022 - A. S. n. 274-A
9 dicembre 2022
Servizio Studi
Ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, giustizia e cultura
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Dossier n. 11/1
Servizio Studi
Dipartimento Giustizia
Tel. 06 6760-9148- st_giustizia@camera.it -
Progetti di legge n. 4/1
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Articolo 1 (Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354)
Articolo 2 (Modifiche all’articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152)
Articolo 3 (Disposizioni transitorie in materia di divieto di concessione dei benefìci penitenziari)
Articolo 4 (Modifiche all’articolo 25 della legge 13 settembre 1982, n. 646)
Articolo 5 (Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali)
Articolo 5-quater (Disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico)
Articolo 5-sexies (Disposizioni transitorie in materia di indagini preliminari)
Articolo 5-septies (Disposizioni transitorie in materia di sentenze di non luogo a procedere)
Articolo 5-octies (Disposizioni transitorie in materia di udienza predibattimentale)
Articolo 5-novies (Modifiche delle disposizioni transitorie in materia di giustizia riparativa)
Articolo 5-undecies (Modifica delle disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni)
Articolo 6 (Differimento dell'entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia)
Articoli 8 e 9 (Invarianza finanziaria. Entrata in vigore)
L’articolo 1, modificato nel corso dell’esame in sede referente, interviene sull’ordinamento penitenziario in tema di accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e ritenuti tali da precludere l’accesso ai benefici stessi in assenza di collaborazione con la giustizia (c.d. reati ostativi, di cui all'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, legge sull'ordinamento penitenziario). A tal fine l’articolo: esclude dal novero dei reati ostativi i delitti contro la pubblica amministrazione; estende il regime differenziato per l’accesso ai benefici anche ai reati non ostativi, ma che siano caratterizzati da nesso teleologico con tali reati; trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo; sostituisce la disciplina della collaborazione impossibile o irrilevante con una nuova regolamentazione dell’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione, applicabile a tutti i detenuti ed internati che non collaborano con la giustizia; prevede l’ampliamento delle fonti di conoscenza cui la magistratura di sorveglianza deve ricorrere e la modifica del relativo procedimento, nonché l’onere in capo al detenuto di fornire elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall’istruttoria, dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino.
Gli articoli da 1 a 3 del decreto legge in esame intervengono sul tema dell’accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale da parte di detenuti condannati per specifici reati, particolarmente gravi, e ritenuti tali da precludere l'accesso ai benefici stessi in assenza di collaborazione con la giustizia (c.d. reati ostativi, di cui all'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975, legge sull'ordinamento penitenziario).
L’articolo 4-bis della legge sull’Ordinamento penitenziario
L’articolo 4-bis, come è noto, è stato introdotto nell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) dal decreto-legge n. 152 del 1991, e immediatamente modificato - dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio - dal decreto-legge n. 306 del 1992. La disposizione ha subito nel tempo ricorrenti modifiche, ed è stata oggetto di numerose sentenze di illegittimità costituzionale (v. infra).
La peculiare ratio di tale disciplina è quella di differenziare il trattamento penitenziario dei condannati per reati di criminalità organizzata o altri gravi delitti, dal trattamento dei condannati “comuni”, subordinando l’accesso alle misure premiali e alternative previste dall’ordinamento penitenziario a determinate condizioni.
I delitti per cui opera la presunzione di pericolosità sociale (c.d. ostativi all’accesso ai benefici)
In particolare, il comma 1 dell'art. 4 bis OP elenca una serie di delitti indicati come ostativi: l'espiazione di una condanna relativa a tali delitti, infatti, non consente la concessione delle misure dell'assegnazione al lavoro all'esterno, dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI OP, esclusa la liberazione anticipata. Per effetto dell'art. 2 del citato decreto-legge n. 152 del 1991 il regime restrittivo per l’accesso ai benefici penitenziari, previsto all’art. 4-bis., si estende anche al regime della liberazione condizionale.
L’art. 2 del D.L. n. 152 del 1991 (convertito dalla L. n. 203 del 1991), infatti, per l'ammissione alla liberazione condizionale dei condannati per uno dei delitti di cui alla L. n. 354 del 1975, art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater, impone gli stessi requisiti previsti dal menzionato art. 4-bis per l'accesso ai benefici penitenziari.
Questa condizione giuridica è superabile soltanto in presenza di un’avvenuta collaborazione con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter OP.
L’art. 58-ter OP, infatti, nel definire il comportamento dei collaboranti, accosta sotto la stessa nozione di “collaborazione con la giustizia” due diversi tipi di condotta: essersi adoperati per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori; aver aiutato concretamente l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori di reato, inquadrabile nel tipo della collaborazione processuale.
Si tratta, come ha specificato la Corte costituzionale di una «disposizione speciale, di carattere restrittivo, in tema di concessione dei benefici penitenziari a determinate categorie di detenuti o internati, che si presumono socialmente pericolosi unicamente in ragione del titolo di reato per il quale la detenzione o l'internamento sono stati disposti» (sentenza n. 239 del 2014).
I c.d. delitti ostativi, elencati dall’articolo 4-bis, comma 1, sono i seguenti:
– delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza;
– associazione di tipo mafioso ex art. 416-bis e 416-ter c.p. e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività di tali associazioni;
– riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600, c.p.);
– induzione o sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-bis, comma 1, c.p.);
– produzione e commercio di materiale pornografico minorile (art. 600-ter, commi 1 e 2, c.p.);
– tratta di persone (art. 601, c.p.);
– acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);
– violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies, c.p.);
– sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.);
– delitti relativi all’immigrazione clandestina (art. 12 t.u. immigrazione);
– associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater, T.U. dogane);
– associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, T.U. stupefacenti).
Da ultimo, per effetto della legge n. 3 del 2019 (c.d. legge Spazzacorrotti), al catalogo di reati ostativi sono stati aggiunti taluni delitti contro la pubblica amministrazione: peculato (art. 314 c.p.); concussione (art. 317 c.p.); corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.); corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.); corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.); induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.); corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.); istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.); delitti di cui all’art. 322-bis c.p. per le ipotesi di reato di cui sopra ivi richiamate (il richiamo all’art. 322-bis c.p. va riferito ai delitti di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri).
Per i sopra elencati delitti, in caso di assenza di collaborazione con la giustizia vigeva, prima dell’entrata in vigore del decreto legge in esame, la presunzione assoluta di immanenza dei collegamenti: l'assenza di un’utile collaborazione fa presumere l'attualità dei collegamenti e, conseguentemente, l'immanenza della pericolosità sociale, senza che la magistratura di sorveglianza possa valutare il percorso rieducativo intrapreso dal condannato durante l'esecuzione della pena.
Il tema è stato oggetto di intervento da parte della Corte costituzionale che ha indirizzato al legislatore un monito a provvedere ed è stato affrontato, nella XVIII legislatura, dalla Camera con l'approvazione di una proposta di legge che non ha concluso però l'iter parlamentare (A.S. 2574).
Con l'ordinanza n. 97 del 2021, infatti, la Corte costituzionale ha sottolineato l'incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione l'unica possibile strada, a disposizione del condannato all'ergastolo per un reato ostativo, per accedere alla liberazione condizionale, demandando però al legislatore il compito di operare scelte di politica criminale tali da contemperare le esigenze di prevenzione generale e sicurezza collettiva con il rispetto del principio di rieducazione della pena affermato dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione. La Corte ha conseguentemente rinviato al 10 maggio 2022 la nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, contestualmente indirizzando al legislatore un monito a provvedere. Nell'udienza del 10 maggio la Corte ha deciso di rinviare ulteriormente la trattazione della questione di legittimità costituzionale all'udienza pubblica dell'8 novembre 2022, affermando che «Permangono inalterate le ragioni che hanno indotto questa Corte a sollecitare l'intervento del legislatore, al quale compete, in prima battuta, una complessiva e ponderata disciplina della materia, alla luce dei rilievi svolti nell'ordinanza n. 97 del 2021 [...] Proprio in considerazione dello stato di avanzamento dell'iter di formazione della legge appare necessario un ulteriore rinvio dell'udienza, per consentire al Parlamento di completare i propri lavori» (cfr. Comunicato stampa della Corte costituzionale).
L’8 novembre 2022, la Corte costituzionale ha nuovamente esaminato, in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo. Con l’ordinanza n. 227 del 2022, la Corte costituzionale ha deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162. Nell’ordinanza la Corte precisa infatti che le modifiche introdotte con il decreto-legge in esame incidono “immediatamente sul nucleo essenziale delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione” e che “spetta, pertanto, al giudice rimettente valutare la portata applicativa dello ius superveniens nel giudizio a quo, anche all’esito del procedimento di conversione del decreto-legge”.
Gli articoli da 1 a 4 del decreto legge in esame riprendono in larghissima parte il testo della proposta di legge approvata nella scorsa legislatura dalla Camera dei Deputati e il cui esame si è interrotto al Senato.
Il comma 1, lettera a), n. 1) dell’articolo 1 novella il comma 1 dell’art. 4-bis, il quale, come si è detto, elenca una serie di delitti indicati come ostativi: l'espiazione di una condanna relativa a tali delitti, infatti, non consente la concessione delle misure dell'assegnazione al lavoro all'esterno, e delle misure alternative alla detenzione, nonché alla liberazione condizionale (in forza del rinvio operato dall'art. 2, DL n. 152/1991). Tale condizione giuridica è superabile soltanto in presenza di collaborazione con la giustizia (ai sensi dell'art. 58-ter OP).
La novella estende il regime differenziato per l’accesso ai benefici penitenziari anche in caso di esecuzione di pene inflitte per delitti diversi da quelli ostativi, quando il giudice della cognizione o dell’esecuzione accertino che tali delitti sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati ostativi ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati.
La riforma riproduce la formulazione dell’aggravante comune della connessione teleologica di cui all’art. 61, primo comma, n. 2) senza peraltro richiamarla. La novella si discosta in parte dal testo approvato dalla Camera nella scorsa legislatura. In tale testo infatti si prevedeva che il regime differenziato per l'accesso ai benefici penitenziari per i condannati per i c.d. delitti ostativi, in caso di esecuzione di pene concorrenti, si sarebbe dovuto applicare anche quando i condannati avessero già espiato la parte di pena relativa ai predetti delitti, ma fosse stata accertata dal giudice della cognizione l'aggravante della connessione teleologica (di cui all'articolo 61, numero 2), c.p.) tra i reati la cui pena è in esecuzione. In tale disposizione l’estensione del regime ostativo veniva operata con riferimento all’ipotesi «di esecuzione di pene concorrenti» che, secondo quanto previsto dall’art. 663 c.p.p., si verifica quando una stessa persona sia stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi. La novella introdotta con il decreto-legge in esame invece estende l’applicazione della disciplina del regime ostativo anche al caso in cui la condanna per reati ostativi e non ostativi sia stata adottata con un’unica sentenza. Inoltre rispetto alla disposizione contenuta nel testo approvato dalla Camera nella scorsa legislatura, si attribuisce rilevanza anche all’accertamento della connessione qualificata eventualmente compiuto in fase esecutiva
La modifica interviene dunque in relazione ai casi di cumulo (materiale o giuridico), di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto compresi nell’elenco dell’art. 4-bis O.P. La giurisprudenza di legittimità è da tempo costante nel ritenere che, nel caso di cumulo, materiale o giuridico, di pene inflitte per diversi titoli di reato, alcuni dei quali soltanto compresi nell’elenco dell’art. 4-bis ordin. penit., occorre procedere allo scioglimento del cumulo, venendo meno l’impedimento alla fruizione dei benefici penitenziari qualora l’interessato abbia già espiato la parte di pena relativa ai reati ostativi (ex plurimis, con riguardo al cumulo materiale, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 18 giugno-20 luglio 2021, n. 28141; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 11 dicembre 2020-7 aprile 2021, n. 13041; con riguardo al cumulo giuridico, conseguente, in particolare, all’applicazione della disciplina del reato continuato, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 29 novembre-7 dicembre 2016, n. 52182; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 31 marzo-26 luglio 2016, n. 32419): con l’ulteriore precisazione che, a questi fini, deve ritenersi scontata per prima la pena più gravosa per il reo, ossia quella riferibile ai reati che non consentirebbero l’accesso ai benefici (tra le altre, Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza n. 28141 del 2021; Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 28 ottobre 2015-22 febbraio 2016, n. 6817).
Tale indirizzo giurisprudenziale recepisce le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 361 del 1994 (e recentemente ribadito nella sentenza n. 33 del 2022), la quale, dichiarando non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione al riguardo sollevata, ha escluso che la disciplina dell’art. 4-bis ordin. penit. abbia creato uno status di detenuto pericoloso destinato a permeare di sé l’intero rapporto esecutivo, a prescindere dallo specifico titolo di condanna concretamente in esecuzione. Nella citata sentenza n. 361 del 1994, la Corte aveva affermato che la disciplina contenuta nell'art. 4-bis OP "va interpretata - in conformità del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., nel senso che possono essere concesse misure alternative alla detenzione ai condannati per i reati gravi, indicati dalla giurisprudenza, quando essi abbiano espiato per intero la pena per i reati stessi e stiano espiando pene per reati meno gravi non ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione". La Corte ha pertanto, concluso per la non conformità alla Costituzione di una diversa interpretazione che porti all'esclusione della concessione di misure alternative ai condannati per un reato grave, ostativo all'applicazione delle dette misure, anche quando essi, avendo espiato per intero la pena per il reato grave, stiano eseguendo la pena per reati meno gravi, non ostativi al predetto riconoscimento.
Nel corso dell’esame in sede referente è stata inoltre introdotta una modifica del comma 1 dell’art. 4-bis O.P. volta ad escludere i delitti contro la pubblica amministrazione dal catalogo dei reati ostativi.
Si tratta in particolare dei seguenti delitti:
- peculato, escluso il peculato d’uso (art. 314, primo comma, c.p.);
- concussione (art. 317 c.p.),
- corruzione impropria (art. 318 c.p.)
- corruzione propria, semplice e aggravata (art. 319 e 319-bis c.p.)
- corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.)
- indebita induzione a dare o promettere utilità (art. 319-quater, primo
comma, c.p.)
- corruzione di incaricato di pubblico servizio (art. 320 c.p.)
- corruzione attiva (art. 321 c.p.)
- istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)
- peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi e funzionari dell’Unione europea e di Stati esteri (art. 322-bis, c.p.).
Si ricorda che l’introduzione dei reati contro la pubblica amministrazione nel novero dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) era stata effettuata, nella XVIII legislatura, con la legge n. 3 del 2019 (c.d. legge spazzacorrotti).
La lettera a), n. 2), prevede l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis ordin. penit., e l’aggiunta di 3 nuovi commi (1-bis.1; 1-bis 1.1 e 1-bis.2).
La nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo.
In particolare si modifica la disciplina dettata dal comma 1-bis dell’articolo 4-bis O.P., che attualmente - per i c.d. reati ostativi - consente la concessione di benefici e misure nelle ipotesi in cui sia accertata l’inesigibilità (a causa della limitata partecipazione del condannato al fatto criminoso) o l’impossibilità (per l'accertamento integrale dei fatti) della collaborazione: prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in esame, in tali casi, non sussistendo margini per un’utile cooperazione con la giustizia, veniva meno la preclusione assoluta stabilita dal comma 1, purché fossero acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.
In merito, recentemente, la Corte costituzionale (sentenza n. 20 del 2022) ha affermato che non è irragionevole l'esistenza di un doppio regime probatorio che differenzi le posizioni delle due figure di detenuti non collaboranti disciplinate attualmente dai commi 1 e 1-bis dell'art. 4-bis OP: per coloro che si siano trovati nell'accertata impossibilità di collaborare – o per i quali la collaborazione risulti, comunque, inesigibile – è sufficiente acquisire elementi che escludano l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata; per coloro i quali abbiano scelto di non prestare una collaborazione ancora possibile ed esigibile è invece necessaria, sempre al fine di superare il meccanismo ostativo, l'acquisizione di ulteriori elementi, oggetto di onere di specifica allegazione e tali da escludere anche il pericolo di ripristino dei suddetti collegamenti.
La novella sopprime l’istituto della impossibilità e/o inesigibilità-irrilevanza della utile collaborazione con la giustizia (comma 1-bis, previgente formulazione) e ridefinisce le condizioni di accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione attraverso la riformulazione integrale del comma 1-bis dell’art. 4-bis O.P. che viene scomposto nei commi 1-bis, 1-bis.1 e 1-bis.2.
In particolare i reati ostativi di cui al comma 1 dell’art. 4-bis sono distinti in due sottocategorie per ciascuna delle quali si prevedono presupposti di accesso ai benefici e misure alternative in parte diversi.
Più precisamente sono ricompresi nel nuovo comma 1-bis i condannati per le seguenti fattispecie:
– delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza; – art. 416-bis c.p. (associazione di tipo mafioso), nonché i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste (c.d. aggravante di mafiosità); – art. 416-ter c.p. (scambio elettorale politico-mafioso);
– art. 12, commi 1 e 3, d.lgs. 25.07.1998, n. 286 (t.u. immigrazione, plurime condotte di ingresso illegale di stranieri nel territorio dello stato); – art. 291-quater, d.p.r. 23.01.1973, n. 43 (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri);
– art. 74 d.p.r. n. 309/90 (associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti).
Quanto ai detenuti e agli internati per tali delitti associativi, i benefici possono essere loro concessi purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o «l’assoluta impossibilità di tale adempimento», nonché alleghino elementi specifici – diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza – che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile, nonché, ancora, la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa;
La nuova formulazione del comma 1-bis richiama un passaggio della sentenza. n. 253 del 2019 della Corte costituzionale che, in relazione ai permessi-premio, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis co. 1 OP nella parte in cui non prevede che possano essere concessi tali permessi anche in assenza di collaborazione con la giustizia «allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti».
La Corte sottolinea, al riguardo la necessità che il "regime probatorio rafforzato", si estenda all'acquisizione di elementi che escludono non solo la permanenza di collegamenti con la criminalità organizzata "ma altresì il pericolo di un loro ripristino, tenuto conto delle concrete circostanze personali e ambientali". A giudizio della Corte si tratta "di aspetto logicamente collegato al precedente, del quale condivide il carattere necessario alla luce della Costituzione, al fine di evitare che il già richiamato interesse alla prevenzione della commissione di nuovi reati, tutelato dallo stesso art. 4-bis OP, finisca per essere vanificato".
Nella citata sentenza n. 253 del 2019, la Corte sottolinea come gravi sullo stesso condannato che richiede il beneficio "l'onere di fare specifica allegazione di entrambi gli elementi – esclusione sia dell'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata che del pericolo di un loro ripristino". Si ricorda al riguardo che la giurisprudenza di legittimità ha recentemente specificato (Cass. pen. Sez. I Sent., 14/07/2021, n. 33743), in tema di concessione del permesso premio a soggetto condannato per delitti ostativi, che è illegittima l'ordinanza del giudice di sorveglianza che dichiari l'inammissibilità dell'istanza per omessa specifica allegazione di elementi di prova idonei a dimostrare la sussistenza dei requisiti sulla base dei quali, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 253 del 2019, può essere concesso il beneficio (vale a dire l'assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino), essendo a tal fine sufficiente l'allegazione di elementi fattuali (quali, ad esempio, l'assenza di procedimenti posteriori alla carcerazione, il mancato sequestro di missive o la partecipazione fattiva all'opera rieducativa) che, anche solo in chiave logica, siano idonei a contrastare la presunzione di perdurante pericolosità prevista dalla legge per negare lo stesso, potendo, eventualmente, il giudice completare l'istruttoria anche d'ufficio. In particolare la Corte di cassazione precisa che "allegazione specifica, in particolare, significa che gli elementi di fatto prospettati nella domanda devono avere una efficacia 'indicativa' anche in chiave logica, di quanto occorre a rapportarsi al tema di prova".
Al riguardo si rileva che, nella citata ordinanza n. 97 del 2021, la Corte costituzionale ha sottolineato che "la presunzione di pericolosità sociale del condannato all'ergastolo che non collabora, per quanto non più assoluta, può risultare superabile non certo in virtù della sola regolare condotta carceraria o della mera partecipazione al percorso rieducativo, e nemmeno in ragione di una soltanto dichiarata dissociazione. A fortiori, per l'accesso alla liberazione condizionale di un ergastolano (non collaborante) per delitti collegati alla criminalità organizzata, e per la connessa valutazione del suo sicuro ravvedimento, sarà quindi necessaria l'acquisizione di altri, congrui e specifici elementi, tali da escludere, sia l'attualità di suoi collegamenti con la criminalità organizzata, sia il rischio del loro futuro ripristino".
Nel nuovo comma 1-bis.1 sono invece ricompresi i condannati per le seguenti residuali fattispecie, non associative:
– art. 600 c.p. (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù);
– art. 600-bis, comma 1, c.p. (induzione, reclutamento, favoreggiamento della prostituzione minorile);
– art. 600-ter, commi 1 e 2, c.p. (pornografia minorile);
– art. 601 c.p. (tratta di persone);
– art. 602 c.p. (acquisto e alienazione di schiavi);
– art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo);
– art. 630 c.p. (sequestro di persona a scopo di estorsione).
Per tali reati si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, e dunque la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l’attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso (non anche il pericolo di ripristino dei collegamenti con tale contesto);
Il testo originario del decreto legge ricomprendeva nella sottocategoria dei reati di cui al comma 1-bis.1 anche i delitti contro la pubblica amministrazione (vedi sopra). In conseguenza dell’esclusione di tali delitti dal catalogo dei reati ostativi, viene soppresso altresì l’inserimento degli stessi nel comma 1-bis.1.
Inoltre, nel corso dell’esame in sede referente, è stato introdotto nell’art. 4-bis O.P., il nuovo comma 1-bis.1.1, volto a prevedere la possibilità che il provvedimento di concessione dei benefìci sia accompagnato da prescrizioni volte ad impedire:
– il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
– ai condannati di svolgere attività o di avere rapporti personali che possano portare al compimento di altri reati o al ripristino di rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
Si prevede inoltre che a tal fine il giudice possa disporre che il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato.
La lettera a) n.2) introduce infine, nell’art. 4-bis O.P., il nuovo comma 1-bis.2 il quale specifica che i condannati per il delitto di associazione per delinquere (di cui all’art. 416 c.p.) finalizzato alla commissione di uno dei delitti elencati nel comma 1-bis.1 (reati non associativi), ai fini della concessione dei benefici sono inclusi nella categoria dei condannati di cui al comma 1-bis (reati associativi).
La lettera a), n. 3), interviene sul comma 2 dell'articolo 4-bis per introdurvi una nuova disciplina del procedimento per la concessione dei benefici penitenziari per i detenuti non collaboranti condannati per reati c.d. ostativi. In particolare, il giudice di sorveglianza, ha l’obbligo:
·
di acquisire informazioni relative: al perdurare della operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato; al profilo criminale del detenuto e alla sua posizione all'interno dell'associazione; alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute a suo carico e, ove significative, alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione. Tale obbligo è stato introdotto nel corso dell’esame in sede referente;
· di chiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i gravi delitti indicati dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;
Come è noto, l'articolo 51 comma 3-bis, attribuisce alla procura distrettuale le indagini relative ai seguenti delitti, consumati o tentati: - associazione a delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601, 601-bis e 602 c.p. (art. 416, sesto comma, c.p.); - associazione a delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti di pedopornografia e di violenza sessuale in danno di minori (art. 416, settimo comma c.p.); - associazione a delinquere finalizzata a commettere taluno dei delitti di cui all'articolo 12, commi 3 e 3-ter, TU immigrazione; - associazione a delinquere finalizzata a commettere un delitto di contraffazione (artt. 473 e 474 c.p.) - tratta di persone e riduzione in schiavitù (artt. 600, 601, 602 c.p.); - associazione a delinquere di tipo mafioso, anche straniera (art. 416-bis), voto di scambio politico-mafioso (art. 416-ter c.p.) e delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose; - attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.); - sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 c.p.); - associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 TU stupefacenti); - associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater, TU stupefacenti).
Ai sensi del comma 3-quater quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.
Si ricorda che una disposizione analoga è contenuta nel d.l. n. 28 del 2020, che ha modificato gli artt. 30-bis e 47-ter OP, stabilendo che, prima della concessione di un permesso (art. 30) e della cosiddetta detenzione domiciliare "in surroga" (art. 47-ter, comma 1-ter), oppure della proroga di quest'ultima, l'autorità procedente debba acquisire alcuni pareri: in caso di richiesta proveniente da detenuti per delitti ex art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p., il parere del procuratore distrettuale, da cumulare – in relazione a soggetti sottoposti al regime di cui all'art. 41-bis OP – a quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
· di acquisire informazioni dalla direzione dell'istituto dove l’istante è detenuto; si rileva come tale obbligo potrebbe considerarsi assorbito da quello più ampio, inserito nel corso dell’esame in sede referente, relativo all’acquisizione di informazioni.
· di disporre nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attività economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali.
Si segnala che, nella citata sentenza n. 253 del 2019, la Corte costituzionale ha sottolineato come l'acquisizione di informazioni, a partire da quelle di natura economico-patrimoniale "non solo è criterio già rinvenibile nell'ordinamento (sentenze n. 40 del 2019 e n. 222 del 2018) – nel caso di specie, nella stessa disposizione di cui è questione di legittimità costituzionale (sentenza n. 236 del 2016) – ma è soprattutto criterio costituzionalmente necessario (sentenza n. 242 del 2019) per sostituire in parte qua la presunzione assoluta caducata, alla stregua dell'esigenza di prevenzione della «commissione di nuovi reati» (sentenze n. 211 del 2018 e n. 177 del 2009) sottesa ad ogni previsione di limiti all'ottenimento di benefici penitenziari (sentenza n. 174 del 2018)".
Con riguardo alla tempistica la riforma prevede che i pareri, con eventuali istanze istruttorie, e le informazioni e gli esiti degli accertamenti siano resi entro 30 giorni dalla richiesta, prorogabili di ulteriori 30 giorni in ragione della complessità degli accertamenti e che decorso tale termine, il giudice debba decidere anche in assenza dei pareri e delle informazioni richiesti.
La riforma prevede inoltre, nel caso in cui dall’istruttoria svolta emergano indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica e eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, l'onere per il condannato di fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria.
In relazione all'onere in capo al condannato di fornire elementi di prova, si ricorda che la Corte, nella più volte citata sentenza n. 253 del 2019, ha sottolineato che se le informazioni pervenute dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica depongono in senso negativo "incombe sullo stesso detenuto non il solo onere di allegazione degli elementi a favore, ma anche quello di fornire veri e propri elementi di prova a sostegno".
Nel provvedimento con cui decide sull'istanza di concessione dei benefici il giudice dovrà indicare specificamente le ragioni dell'accoglimento o del rigetto dell'istanza medesima, avuto altresì riguardo ai pareri acquisiti.
La riforma subordina inoltre la concessione dei benefici ai detenuti soggetti al regime carcerario speciale previsto dall'art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario, alla previa revoca di tale regime.
Con riguardo al regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis O.P., tale disposizione, come è noto, prevede che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'Interno, il Ministro della Giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.
Il provvedimento di sospensione è adottato con decreto motivato del Ministro della Giustizia, anche su richiesta del Ministro dell'Interno, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell'ambito delle rispettive competenze. Il provvedimento medesimo ha durata pari a quattro anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto conto di specifiche condizioni. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operatività della stessa.
La lettera a), n. 4-bis), introdotta nel corso dell’esame in sede referente, inserisce nell’art. 4-bis O.P. il nuovo comma 2-bis.1 il quale esclude l’applicazione della disciplina procedurale per la concessione dei benefici (di cui ai commi 2 e 2-bis dell’art. 4-bis):
– per la modifica del provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno quando non sono decorsi più di 3 mesi dal momento in cui il provvedimento stesso è divenuto esecutivo;
Si ricorda che la disciplina del lavoro all'esterno è contenuta nell'art. 21 della legge sull'ordinamento penitenziario il quale specifica che i detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire le finalità del trattamento rieducativo. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'art. 4-bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno può essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione può avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni
–
per la concessione di un permesso premio da parte di un condannato già ammesso a fruirne quando non sono decorsi più di 3 mesi dal provvedimento di concessione del primo permesso premio.
Si ricorda inoltre che la disciplina dei permessi premio è contenuta nell'art. 30-ter O.P. che prevede che essi possano essere concessi dal magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, ai condannati che hanno tenuto regolare condotta e che non risultano socialmente pericolose. La durata dei permessi premio non può essere superiore ogni volta a quindici giorni e non può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione. La concessione dei permessi nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'art. 4-bis, è ammessa dopo l'espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre dieci anni; nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni. Per ciascun condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo l'approvazione del magistrato di sorveglianza.
Come più volte ricordato, con la sentenza n. 253 del 2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. - l'art. 4-bis, comma 1, OP, nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti elencati nel comma 1 di tale articolo, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
Per ciò che riguarda la competenza a decidere sulla concessione dei benefici previsti dall'articolo 4-bis dell'O.P., va premesso che attualmente la ripartizione della competenza per materia tra tribunale di sorveglianza e magistrato di sorveglianza è disciplinata dagli articoli 69 e 70 dell'O.P. In estrema sintesi il magistrato di sorveglianza è, in linea di massima, competente sulla concessione dei permessi premio e sull'approvazione del provvedimento del direttore dell'istituto di assegnazione al lavoro esterno, con reclamo al tribunale di sorveglianza. Tutti gli altri benefici previsti dall'O.P. sono invece attribuiti al tribunale di sorveglianza.
La lettera a), n. 5), introduce – nell’art. 4-bis O.P. - il nuovo comma 2-ter, volto a specificare che il pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado può svolgere le funzioni di pubblico ministero nelle udienze del tribunale di sorveglianza che abbiano ad oggetto la concessione dei benefìci nei confronti di condannati per i gravi reati di cui all’articolo 51 co. 3-bis e co. 3-quater c.p.p (vedi sopra). Nel corso dell’esame in sede referente è stata aggiunta la disposizione che specifica che in tale caso, se ha sede in un distretto diverso, il pubblico ministero può partecipare all'udienza mediante collegamento a distanza.
La lettera a), n. 6), è volta - in conseguenza dell’introduzione della nuova disciplina sul procedimento per la concessione dei benefici - ad abrogare il comma 3-bis dell'articolo 4-bis O.P., concernente l'impossibilità di concedere benefici penitenziari ai condannati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il Procuratore distrettuale comunica l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.
Nel corso dell’esame in sede referente infine sono state soppresse la lettera b) e la lettera c) del comma 1 dell’articolo in esame, che incidevano, rispettivamente, sulla disciplina del lavoro all’esterno e dei permessi premio per attribuire alla competenza del tribunale di sorveglianza - in luogo dell'attuale competenza del magistrato di sorveglianza - l'autorizzazione ai predetti benefici quando si tratti di condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo anche internazionale; di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza; di associazione mafiosa cui all'art. 416-bis c.p. o commessi avvalendosi delle condizioni previste da tale articolo ovvero al fine di agevolare le associazioni mafiose.
Articolo 2
(Modifiche all’articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152)
L’articolo 2 interviene sulla disciplina in materia di liberazione condizionale (comma 2 dell'articolo 2 del D.L. n. 152 del 1991) con riguardo alle condizioni di accesso all’istituto da parte dei condannati all’ergastolo per i c.d. reati ostativi, non collaboranti, di cui al comma 1 dell’articolo 4-bis OP. In particolare si prevede l’innalzamento della durata del periodo di pena da espiare (almeno trenta anni di pena, quando vi è stata condanna all’ergastolo, in luogo dei precedenti ventisei) per l’accesso alla liberazione condizionale del detenuto per reati ostativi non collaborante, nonché l’allungamento della durata della libertà vigilata (dieci anni, anziché cinque) in caso di condanna all’ergastolo. Sono inoltre apportate modifiche alla disciplina dell’effetto estintivo della liberazione condizionale e delle prescrizioni di libertà vigilata con riguardo ai medesimi soggetti.
In particolare, l’articolo 2 interviene sul decreto-legge n. 152 del 1991 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa) per modificarne l’articolo 2, in base al quale la disciplina restrittiva per l’accesso ai benefici penitenziari, prevista all’art. 4-bis OP, si estende anche al regime della liberazione condizionale.
Come è noto, in base a quanto previsto nell'art. 176 c.p., il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni. Se si tratta di recidivo deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli. L'art. 176 c.p. prevede che il condannato all'ergastolo possa essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno 26 anni di pena. In ogni caso la concessione della liberazione condizionale è subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle. Disposizioni specifiche sono previste per la revoca della liberazione condizionale e sull'estinzione della pena dall'art. 177 c.p.
La disciplina restrittiva per l'accesso ai benefici penitenziari, prevista all'art. 4-bis OP, si estende, per effetto dell'art. 2 del d.l. n. 152 del 1991, anche al regime della liberazione condizionale. Infatti il comma 1 dell'articolo 2 afferma che i condannati per delitti indicati nel citato art. 4-bis possono essere ammessi alla liberazione condizionale solo se ricorrono i presupposti che lo stesso articolo prevede, a seconda delle fattispecie delittuose, per la concessione degli altri benefici penitenziari. Prima dell’entrata in vigore del decreto legge in esame, la richiesta di accedere alla liberazione condizionale, se presentata da condannati per i delitti compresi nel comma 1 dell'art. 4-bis, poteva essere valutata nel merito solo laddove essi avessero collaborato con la giustizia, oppure nei casi di accertata impossibilità o inesigibilità della collaborazione medesima. Sul punto si è espressa la Corte costituzionale con l'ordinanza n. 97 del 2021 (vedi infra).
Rispetto al quadro normativo previgente, il decreto-legge, in primo luogo (lettera a)) interviene sul comma 1 del citato articolo 2, per ribadire che l’accesso alla liberazione condizionale è subordinato al ricorrere delle condizioni previste dall'art. 4-bis OP e che si applicano le norme procedurali per la concessione dei benefici contenute in tale articolo. La modifica ha carattere di coordinamento: i presupposti e la procedura per l'applicazione dell'istituto della liberazione condizionale sono dunque quelli dettati dall'art. 4-bis O.P.
Con la lettera b) sono invece apportate diverse modifiche alla disciplina in materia di liberazione condizionale (comma 2 dell'articolo 2 del D.L. n. 152 del 1991) quanto alle condizioni di accesso all’istituto per i condannati all'ergastolo per i c.d. reati ostativi, non collaboranti, di cui al comma 1 dell’articolo 4-bis.
Per i predetti soggetti:
· la richiesta della liberazione condizionale potrà essere presentata dopo che abbiano scontato 30 anni di pena (per i condannati all'ergastolo per un reato non ostativo, e per i collaboranti, rimane il requisito dei 26 anni);
· occorrono 10 anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale per estinguere la pena dell'ergastolo e revocare le misure di sicurezza personali ordinate dal giudice (per i condannati all'ergastolo per un reato non ostativo, e per i collaboranti, occorrono 5 anni);
· la libertà vigilata - sempre disposta per i condannati ammessi alla liberazione condizionale - è accompagnata al divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con:
o
i soggetti condannati per i gravi reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater,c.p.p. (vedi scheda relativa all’art. 1);
o i soggetti sottoposti a misura di prevenzione di cui alle lettere a), b), d), e), f) e g) dell’articolo 4 del d.lgs. n. 159 del 2011 (c.d. Codice delle leggi antimafia);
Si ricorda che l’art. 4 del Codice delle leggi antimafia (D. lgs. n. 159 del 2011) contiene l’elenco dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dall'autorità giudiziaria. i soggetti condannati per reati previsti dalle predette lettere.
La giurisprudenza costituzionale sull’accesso alla liberazione condizionale per detenuti “non collaboranti”
Nell’ ordinanza n. 97 del 2021 la Corte ha affrontato la questione del c.d. ergastolo ostativo, ossia della preclusione all’accesso al beneficio della liberazione condizionale per il condannato all'ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non collabori utilmente con la giustizia.
La Corte era chiamata a giudicare della legittimità della disciplina contenuta negli artt. 4-bis, comma 1, e 58-ter dell’ordinamento penitenziario, nonché dell'art. 2 del D.L. n. 152 del 1991, per effetto del quale il regime restrittivo per l’accesso ai benefici penitenziari si estende anche alla liberazione condizionale.
In particolare, le norme portate all’esame della Consulta stabiliscono che i condannati all’ergastolo per reati di contesto mafioso, se non collaborano utilmente con la giustizia non possono essere ammessi al beneficio della cd. liberazione condizionale, che consiste in un periodo di libertà vigilata, a conclusione del quale, solo in caso di comportamento corretto, consegue l’estinzione della pena e la definitiva restituzione alla libertà. Possono invece accedere a tale beneficio, dopo aver scontato almeno 26 anni di carcere, tutti gli altri condannati alla pena perpetua, compresi quelli per delitti connessi all’attività di associazioni mafiose, i quali abbiano collaborato utilmente con la giustizia.
L’ordinanza di rimessione censurava le norme sopra indicate in quanto introducono, a carico del condannato per tali reati “ostativi” che non collabora utilmente con la giustizia, una presunzione di mancata rescissione dei legami con la criminalità organizzata. In virtù di tale presunzione, assoluta - in quanto non superabile se non per effetto della stessa collaborazione - il complesso normativo oggetto di esame comporta che le richieste del detenuto di accedere alla liberazione condizionale siano dichiarate inammissibili, senza poter essere oggetto di un vaglio in concreto da parte del giudice di sorveglianza.
La Corte, dopo aver ricordato la propria giurisprudenza (sentenze n. 253 del 2019 e n. 306 del 1993) e l’importanza della collaborazione, che mantiene il proprio valore positivo, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente, ha sottolineato l’incompatibilità con la Costituzione delle norme che individuano nella collaborazione stessa «l’unica possibile strada, a disposizione del condannato all’ergastolo, per accedere alla liberazione condizionale», in contrasto con la funzione rieducativa della pena, ai sensi dell’art. 27, terzo comma, della Costituzione.
Allo stesso tempo la Corte ha posto l’accento sul carattere “apicale” della normativa sottoposta al suo giudizio nel quadro del contrasto alle organizzazioni criminali. L’equilibrio complessivo di tale normativa, secondo la Corte, verrebbe messo a rischio da un intervento meramente demolitorio, con grave pregiudizio per le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva a fronte del «pervasivo e radicato fenomeno della criminalità mafiosa». Si tratta di scelte di politica criminale che appartengono, ad avviso della Corte, alla discrezionalità legislativa, in quanto destinate a fronteggiare la perdurante presunzione di pericolosità ma non costituzionalmente vincolate nei contenuti, e che eccedono perciò i poteri della Corte stessa.
Nel ribadire che l’intervento di modifica di questi aspetti deve essere, in prima battuta, oggetto di una più complessiva, ponderata e coordinata valutazione legislativa, la Corte ha concluso che «esigenze di collaborazione istituzionale» impongono di disporre il rinvio del giudizio e di fissare una nuova discussione delle questioni di legittimità costituzionale in esame, alla data del 10 maggio 2022, dando così al Parlamento «un congruo tempo per affrontare la materia».
Con l’ordinanza n. 122 del 2022, la Corte costituzionale ha rinviato ulteriormente all’udienza pubblica dell’8 novembre 2022 la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, co. 1, 58-ter, ord. penit. e dell’art. 2, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.
La Corte ribadisce che, sul punto, permangono inalterate le ragioni che l’avevano indotta a sollecitare l’intervento del legislatore, al quale compete una complessiva, ponderata e coordinata disciplina della materia. Nel disporre il rinvio, la Consulta ha tenuto conto che, nel frattempo, era stato approvato dalla Camera il disegno di legge C. 1951-A, recante «Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia» e che questo disegno di legge era stato trasmesso al Senato.
Nella seduta dell’8 novembre la Corte costituzionale ha nuovamente esaminato, in camera di consiglio, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione, sulla disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo. In attesa del deposito dell’ordinanza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha deciso di restituire gli atti al giudice a quo, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 (vedi scheda relativa all’articolo 1).
La giurisprudenza della Corte costituzionale richiama ampiamente i principi già elaborati dalla Corte EDU in materia di “ergastolo ostativo”
A partire dalla sentenza della Grande camera 12 febbraio 2008, Kafkaris contro Cipro fino alla recente, sentenza Viola contro Italia del 2019, la Corte di Strasburgo ha affermato che la compatibilità delle previsioni di una pena perpetua con la CEDU, ed in particolare con l’art. 3 della stessa, che fa divieto di sottoporre chiunque «a tortura» od a «pene o trattamenti inumani o degradanti», è subordinata al ricorrere di determinate e specifiche condizioni.
La Corte EDU ha infatti chiarito che l’astratta comminatoria della pena perpetua non è un fatto in sé lesivo della dignità della persona, e quindi non costituisce un trattamento degradante (oltre che eventualmente inumano), a condizione però che siano previsti in astratto, e che risultino realisticamente applicabili in concreto, strumenti giuridici utili a interrompere la detenzione e a reimmettere i condannati meritevoli nella società.
E’ dunque necessaria, a giudizio della Corte, la “riducibilità”, de iure e de facto, della pena dell’ergastolo, che può articolarsi in ulteriori corollari, a partire da quello che considera possibile imporre soglie minime di esecuzione effettiva della pena, prima di poter accedere alla scarcerazione (si vedano tra le altre, la sentenza 9 luglio 2013, Vinter contro Regno Unito, e le decisioni 4 settembre 2014, Trabelsi contro Belgio; 26 aprile 2016, Murray contro Paesi Bassi; 4 ottobre 2016, T.P. e A.T. contro Ungheria).
In riferimento alla figura dell'ergastolo ostativo, proprio dell'ordinamento italiano, la Corte EDU ha di recente escluso la compatibilità con la Convenzione EDU della disciplina nazionale che subordina l’accesso alla liberazione condizionale da parte del condannato all’ergastolo per gli specifici delitti dell’art. 4-bis alla sola condizione della collaborazione con la giustizia. Con la sentenza Viola c. Italia, con riguardo alla preclusione alla liberazione condizionale di un condannato – non collaborante - per uno dei delitti di cui all’art. 4-bis OP, la Corte Europea ha individuato il tema centrale nel valutare se le finalità di politica criminale perseguite per mezzo della previsione della necessità della collaborazione (fuori dei casi, ovviamente, della impossibilità o inesigibilità della stessa) costituisca un sacrificio eccessivo delle prospettive di liberazione del condannato all'ergastolo e della possibilità che questi chieda il riesame della pena.
A tal proposito ha osservato che la mancanza di collaborazione non può sempre essere ricondotta ad una scelta libera e volontaria o, comunque, al fatto che siano mantenuti i legami con il gruppo criminale di appartenenza. Ed ha rilevato che non può escludersi che, nonostante la collaborazione con la giustizia, non vi sia dissociazione effettiva dall'ambiente criminale, perché la scelta di collaborare ben può essere soltanto opportunistica, compiuta in vista del conseguimento dei vantaggi che ne derivano.
Se la collaborazione viene intesa come l'unica forma possibile di manifestazione della rottura dei legami criminali - ha proseguito la Corte EDU - si trascura la considerazione di quegli elementi che fanno apprezzare l'acquisizione di progressi trattamentali del condannato all'ergastolo nel suo percorso di reinserimento sociale e si omette di valutare che la dissociazione dall'ambiente criminale ben può essere altrimenti desunta.
La presunzione assoluta di pericolosità insita nella mancanza di collaborazione è dunque d'ostacolo alla possibilità di riscatto del condannato che, qualunque cosa faccia durante la detenzione carceraria, si trova assoggettato a una pena immutabile e non passibile di controlli, privato di un giudice che possa valutare il suo percorso di risocializzazione.
La conclusione della Corte di Strasburgo è stata duplice: l'ergastolo ostativo non può essere definito pena perpetua effettivamente riducibile ai sensi dell'art. 3 della Convenzione; la situazione esaminata rivela "un problema strutturale", legato alla presunzione assoluta di pericolosità fondata sull'assenza di collaborazione, meritevole di una iniziativa riformatrice in modo che sia garantita la possibilità di un riesame della pena.
Articolo 3
(Disposizioni transitorie in materia di divieto di concessione dei benefìci penitenziari)
L’articolo 3 prevede una disciplina transitoria da applicare ai condannati non collaboranti per reati “ostativi” commessi anteriormente all’entrata in vigore della riforma, con riguardo alle specifiche disposizioni che rendono più gravoso il regime di accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale.
Il comma 1 dispone in merito al regime transitorio della disposizione introdotta dall’articolo 1, comma 1, lettera a) (vedi scheda relativa all’art. 1) la quale estende il regime differenziato per l’accesso ai benefici penitenziari anche in caso di esecuzione di pene inflitte per delitti diversi da quelli ostativi, quando il giudice della cognizione o dell’esecuzione accertino che tali delitti sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati ostativi ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati.
Trattandosi di una modifica di natura peggiorativa, in quanto estende il novero dei delitti “ostativi”, il decreto legge in esame ne limita l’applicazione prevedendo che la stessa non si applichi quando il delitto “non ostativo” sia stato commesso prima della data di entrata in vigore del decreto stesso.
Il comma 2 introduce le norme transitorie conseguenti alla nuova disciplina (art. 1 del decreto in esame) delle condizioni di accesso ai benefici e alla soppressione delle disposizioni relative alle ipotesi di collaborazione impossibile (tale in ragione della limitata partecipazione al fatto criminoso, ovvero dell’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità) o irrilevante (tale allorché al detenuto o internato sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62 n. 6 c.p., dall’art. 114 c.p. ovvero dall’art. 116 co. 2 c.p.).
Prima dell’entrata in vigore del decreto legge in esame, il comma 1-bis, dell’art. 4-bis, per i reati “ostativi” prevedeva il superamento del divieto di ammissione ai benefici - purché fossero stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva - altresì nelle due ipotesi di c.d. collaborazione impossibile o irrilevante e cioè nei casi:
· di impossibilità di un’utile collaborazione con la giustizia determinata dalla limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero dall'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile;
· in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti sia stata applicata la circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno (art. 62, numero 6, c.p.), oppure quella della minima partecipazione al fatto (art.114 c.p.) ovvero se il reato è più grave di quello voluto (art. 116, secondo comma, c.p.)
Il nuovo regime delle condizioni di accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale risulta, per i soggetti condannati per reati ostativi che rientrano nelle situazioni di collaborazione impossibile o irrilevante, più gravoso di quello previsto dalla normativa antecedente al decreto. Tali situazioni non hanno infatti rilievo nella nuova disciplina, mentre nel previgente art. 4 bis comma 1-bis erano equiparate alla collaborazione: il decreto legge - sopprimendo le previgenti disposizioni- dispone che il giudice proceda al vaglio delle condizioni previste dai nuovi commi 1 bis e 1bis.1 per l’accesso ai benefici anche in situazioni in cui la collaborazione risulterebbe impossibile o irrilevante.
Il comma 2 dispone quindi che ai condannati che, prima della data di entrata in vigore della riforma, abbiano commesso i reati ostativi di cui al comma 1 dell’articolo 4-bis O.P., nei casi di collaborazione impossibile o irrilevante (v. sopra):
· i benefici penitenziari di cui all’art. 4-bis, comma 1 O.P. e la liberazione condizionale possono essere concesse, secondo la procedura che agli stessi si applicava prima dell’entrata in vigore del decreto legge (comma 2 dell'articolo 4-bis O.P)., purché siano acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva;
· ai condannati alla pena dell’ergastolo non si applicano né la disposizione che prevede il termine di 30 anni invece di 26 per l’accesso alla liberazione condizionale, né quella in base alla quale occorrono 10 anni invece di 5 per estinguere la pena dell'ergastolo e revocare le misure di sicurezza personali ordinate dal giudice; in ogni caso invece si applica la nuova disposizione secondo la quale la libertà vigilata comporta sempre per il condannato il divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i gravi specifici reati o sottoposti a misura di prevenzione.
In merito, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2020 ha dichiarato costituzionalmente illegittima l’efficacia retroattiva dell’estensione dei limiti di accesso a varie misure alternative stabiliti dall’art. 4-bis ord. pen. (compreso l’effetto indiretto rappresentato dal divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma 9, c.p.p.) con riguardo ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 3/2019. La Corte ha specificato che «di regola, le pene detentive devono essere eseguite in base alla legge in vigore al momento della loro esecuzione, salvo però che tale legge comporti, rispetto al quadro normativo vigente al momento del fatto, una trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale. In questa ipotesi, infatti, l'applicazione retroattiva è incompatibile con l'art. 25, secondo comma, Cost., anche per l'intuitiva evidenza degli effetti distorsivi prodotti dal mutamento del quadro normativo sull'esecuzione della pena rispetto alle scelte difensive degli imputati, esposti a conseguenze sanzionatorie affatto impreviste e imprevedibili, i cui effetti sono però irrevocabili. Se l'art. 25, secondo comma, Cost. non si oppone a un'applicazione retroattiva delle modifiche derivanti dalla disposizione censurata alla disciplina dei meri benefici penitenziari, e in particolare dei permessi premio e del lavoro all'esterno, in quanto il rendere più gravose le condizioni al loro accesso non determina una trasformazione della natura della pena da eseguire, la conclusione opposta si impone, invece, in relazione agli effetti prodotti sul regime di accesso alle misure alternative alla detenzione, e in particolare all'affidamento in prova al servizio sociale, alla detenzione domiciliare nelle sue varie forme e alla semilibertà, poiché trattasi di misure di natura sostanziale che incidono sulla qualità e quantità della pena. La medesima conclusione si impone - in forza del rinvio "mobile" di cui all'art. 2 del decreto-legge n. 152 del 1991 - per la liberazione condizionale, istituto funzionalmente analogo alle misure alternative alla detenzione, anch'esso finalizzato al graduale reinserimento del condannato nella società».
Articolo 4
(Modifiche all’articolo 25 della legge 13 settembre 1982, n. 646)
L’articolo 4 estende la platea dei soggetti nei confronti dei quali la Guardia di finanza ha la facoltà di procedere ad indagini fiscali e patrimoniali, ricomprendendovi tutti i detenuti ai quali sia stato applicato il regime carcerario previsto dall’art. 41-bis OP.
L’articolo 4 interviene sull’art. 25 della legge n. 646 del 1982, che contiene la disciplina relativa alla possibilità per il nucleo di polizia economico-finanziaria del Corpo della guardia di finanza di procedere alla verifica della posizione fiscale, economica e patrimoniale delle persone nei cui confronti:
- sia stata emanata sentenza di condanna anche non definitiva per taluno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p.;
Come è noto, l'articolo 51 comma 3-bis, attribuisce alla procura distrettuale le indagini relative a specifici gravi delitti (per la disamina dei quali si rinvia alla scheda relativa all’articolo 1).
- sia stata emanata sentenza di condanna, anche non definitiva, per il delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 512 bis c.p.);
- sia stata disposta, con provvedimento anche non definitivo, una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere).
L’articolo 25 della legge n. 646 del 1982 specifica che la verifica del nucleo di polizia economico-finanziaria del Corpo della guardia di finanza è effettuata ai fini dell'accertamento di illeciti valutari e societari e comunque in materia economica e finanziaria, anche allo scopo di verificare l'osservanza della disciplina dei divieti autorizzatori, concessori o abilitativi di cui all'articolo 10 della legge n. 575 del 1965.
La novella è volta ad estendere la platea dei soggetti nei cui confronti possono svolgersi le verifiche della Guardia di finanza, ricomprendendovi tutti i detenuti ai quali sia stato applicato il regime carcerario previsto dall’art. 41-bis OP (lett. a).
Si segnala che la disposizione in commento, che non concerne specificamente il tema dell’accesso ai benefici penitenziari per i condannati per reati ostativi, riproduce il testo di una disposizione contenuta nella più volte citata proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati (AS 2754).
Per consentire alla Guardia di finanza di procedere con le verifiche, la disposizione in commento prevede che una copia del decreto del Ministro della Giustizia, che dispone l’applicazione del regime carcerario previsto dall’art. 41-bis O.P., sia trasmessa al nucleo di polizia economico-finanziaria competente per le verifiche (lett. b).
Articolo 5
(Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali)
L’articolo 5, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce nel codice penale, all’articolo 633-bis, il nuovo delitto di “Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica”, in base al quale è punito, con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento.
L'articolo 5, nella formulazione originaria del decreto legge, al comma 1, introduce nel codice penale, tra i delitti contro l'incolumità pubblica (disciplinati dal Libro II Titolo VI del codice penale), l'articolo 434-bis, il quale disciplina il reato di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico, o l'incolumità pubblica o la salute pubblica. Il primo comma dell'articolo 434-bis c.p. definisce gli elementi che concretizzano la nuova fattispecie, precisando che essa consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Il secondo comma dell’articolo 434-bis c.p. punisce chiunque organizzi o promuova l’invasione - nei termini definiti dal comma primo - con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per la mera partecipazione all’invasione è prevista una diminuzione di pena, fino a un terzo (comma 3). Il quarto comma dell’articolo 434-bis c.p. prevede che è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere l’invasione, nonché di quelle utilizzate nei casi medesimi per realizzare le finalità dell’occupazione.
Il comma 2 dell’articolo 5 del decreto-legge, mediante la modifica dell'articolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice antimafia), consente l'applicazione delle misure di prevenzione personali (si tratta delle misure della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) ai soggetti indiziati del delitto di cui all'articolo 434-bis c.p. Il comma 3 dell'articolo 5 del decreto in conversione stabilisce che esse trovino applicazione a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Nel corso dell'esame in sede referente la Commissione ha apportato una serie di modifiche all'articolo 5, in particolare sono stati oggetto di modifica:
·
la collocazione sistematica del nuovo reato: il delitto, nel testo vigente inserito tra i delitti contro l'incolumità pubblica, è stato ricollocato tra i reati contro il patrimonio.
·
la descrizione della condotta illecita: il nuovo reato punisce, con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro (resta confermato quindi l'originario impianto sanzionatorio), chiunque organizza o promuove l'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, quando dall'invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l'incolumità pubblica a causa della inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi.
Rispetto alla formulazione vigente è esclusa la punibilità dei partecipanti, i quali, laddove ne ricorrano i presupposti, potranno comunque essere sanzionati ai sensi dell'art. 633 c.p. Ai fini della configurabilità del reato vengono in rilievo le sole occupazioni dirette a realizzare all'interno dei luoghi occupati un raduno musicale o comunque un raduno con finalità di intrattenimento. Al fine di meglio tipizzare le modalità di offesa ai beni giuridici dell’incolumità e della salute pubblica (è soppresso il riferimento all'ordine pubblico) la norma valorizza la violazione delle norme di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, nonché dello stato dei luoghi e del numero di partecipanti (è espunto dal testo quindi il riferimento al numero dei partecipanti);
·
la disposizione relativa alla confisca: il nuovo articolo 633-bis c.p. prevede infatti che è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché di quelle utilizzate per realizzare le finalità dell'occupazione o di quelle che ne sono il prodotto o il profitto.
La Commissione ha, poi, soppresso i commi 2 e 3 dell'articolo 5 del decreto-legge. E' quindi esclusa l'applicazione delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati del delitto in questione.
Si segnala infine, l'esigenza di coordinare il primo comma dell'articolo 634 c.p. con le modifiche introdotte dalla disposizione in commento.
Articolo 5-bis
(Modifiche alle disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità)
L’articolo 5-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, apporta modifiche alla disciplina transitoria prevista dall'articolo 85 del decreto legislativo n. 150 del 2022 in materia di modifica del regime di procedibilità di alcuni reati.
L'articolo 85 del decreto legislativo n. 150 del 2022, nella sua formulazione vigente - in attuazione della delega attribuita al Governo ai sensi dell’art. 1, comma 15, lett. a) e b) della legge n. 134 del 2021 - reca disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità.
L’articolo 2 del decreto legislativo n. 150 ha apportato una serie di modifiche al Libro II del codice penale per quanto riguarda in particolare il regime di procedibilità di alcuni delitti contro la persona o contro il patrimonio, al fine di ampliare i casi di procedibilità a querela e conseguire quindi effetti deflattivi sul contenzioso giudiziario ed effetti positivi sulla durata complessiva dei procedimenti, nell’ottica di una maggiore efficienza del processo penale.
In relazione a tali modifiche l'articolo 85 del decreto legislativo n. 150 del 2022 ha previsto che per le fattispecie attualmente procedibili d’ufficio che divengono perseguibili a querela di parte:
·
se il fatto è stato commesso prima dell’entrata in vigore della riforma e non è ancora pendente il processo penale, il termine per proporre querela decorre dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in commento, purché la persona offesa dal reato ne sia venuta a conoscenza in precedenza (comma 1);
·
se il fatto è stato commesso prima dell’entrata in vigore della riforma e il relativo procedimento penale è già pendente, il giudice (ovvero il pubblico ministero se l’azione penale non è ancora stata esercitata) dovrà informare la persona offesa della facoltà di esercitare il diritto di querela con decorrenza del termine per la sua proposizione a partire dal giorno in cui la persona offesa è stata informata (comma 2).
In merito alla disciplina transitoria prevista dall’art. 85 l'Ufficio del massimario della Suprema Corte (si veda relazione) ha sottolineato come essa ricalchi quella di passati interventi normativi (si veda da ultimo il decreto legislativo n. 36 del 2018) che hanno mutato il regime di procedibilità, concedendo alla persona offesa lo spazio per valutare l’opportunità di esercitare nei termini il diritto di presentare la querela. Nello specifico la relazione osserva: "Per tale ragione anche a questa modifica, secondo la Corte, deve ritenersi applicarsi l’elaborazione giurisprudenziale stratificatasi nel tempo per quelle identiche previsioni. In mancanza della disposizione transitoria di cui all’art. 85, i reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 150/2022 ( cioè i reati commessi fino al 29 dicembre 2022) sarebbero diventati improcedibili per mancanza di querela, in applicazione appunto del principio di retroattività della legge penale più favorevole (art. 2 comma 4 c.p), ma in questo modo si sarebbe ottenuto un effetto nocivo per le ragioni della persona offesa, che non aveva presentato a suo tempo la querela, nella convinzione della procedibilità di ufficio del reato. Proprio per scongiurare questo vulnus alle ragioni della persona offesa, la norma transitoria introduce una deroga al principio di retroattività della legge sopravvenuta più favorevole. Per i reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.lgs 150/2022 (e quindi fino al 29 dicembre), divenuti nel frattempo procedibili a querela, e per i quali non è già stato incardinato il procedimento penale, il termine di tre mesi per la proposizione della querela decorre dal 30 dicembre 2022. Se invece al 29 dicembre (data di entrata in vigore della Riforma) è già stato incardinato il procedimento penale, l’Autorità giudiziaria che procede (e cioè il P.m. se il procedimento è in fase di indagini, o il giudice se è già stata avviata la fase dibattimentale), devono informare la persona offesa della possibilità di presentare querela, ed il termine trimestrale inizierà a decorrere dalla data di questa informativa". La Cassazione poi, richiamando la propria giurisprudenza sulle identiche norme del passato, osserva come il principio di riferimento per la decorrenza del termine della querela sia quello della pendenza o meno del procedimento e non quello della conoscenza da parte della persona offesa del fatto di reato. Inoltre la Corte di Cassazione ritiene applicabile la precedente elaborazione giurisprudenziale relativa ai casi in cui non è necessaria l’informativa alla persona offesa, e cioè:
Infine, un principio rilevante nella pratica, già chiarito in passato dal Giudice nomofilattico è quello secondo cui nel tempo necessario a dare attuazione alle previsioni transitorie, il corso della prescrizione non resta sospeso (Cass. SSUU sentenza n. 40150 del 2018).
E' opportuno ricordare, poi, proprio con riguardo alla riformata disciplina del regime di procedibilità di alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio il Tribunale di Siena (ordinanza dell’11 novembre 2022) abbia sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge in esame. Il decreto-legge n. 162 del 2022 protraendo fino al 30 dicembre 2022, per quei reati, il più sfavorevole regime di procedibilità d’ufficio, impedirebbe - secondo il giudice toscano - l’estinzione del reato per intervenuta remissione della querela, ovvero la declaratoria di improcedibilità per mancanza della querela.
L'articolo 5-bis, introdotto dalla Commissione, in primo luogo riscrive il comma 2 dell'articolo 85 del decreto legislativo n. 150 (comma 1, lett. a)).
Il nuovo comma 2 interviene in materia di misure cautelari personali, prevedendo che esse, ove in corso di esecuzione, perdono efficacia se, entro venti giorni dall'entrata in vigore della nuova disciplina (e quindi dal 1° gennaio 2023), l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela. A tal fine, l'autorità giudiziaria è chiamata ad effettuare ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Per il periodo della durata delle ricerche e in ogni caso, non oltre il momento in cui la persona offesa ha proposto querela o rinunciato alla stessa i termini di fase della misura (art. 303 c.p.p.) sono sospesi. In seguito alla modifica del comma 2 quindi nei procedimenti già pendenti è onere della persona offesa attivarsi autonomamente per proporre eventualmente querela, entro il termine previsto, senza diritto alla previa informazione. Solo nel caso in cui siano in corso di esecuzione misure cautelari personali è mantenuto l'onere in capo alla autorità giudiziaria che procede di cercare la persona offesa, al fine di verificare se intenda coltivare l'animus puniendi e quindi legittimare la prosecuzione dell'intervento cautelare.
L'articolo in esame aggiunge, poi, due ulteriori commi all'articolo 85 del d.lgs. n. 150 (comma 1, lett. b)).
In base al nuovo comma 2-bis durante la pendenza del termine concesso alla persona offesa per proporre querela (ovvero, nel caso del comma 2, all'autorità giudiziaria per rintracciarla) nel procedimento possono essere esclusivamente compiute le sole attività di raccolta delle prove a rischio di dispersione (si tratta degli atti urgenti indicati dall'articolo 346 c.p.p.).
Il nuovo comma 2-ter chiarisce che per i delitti previsti dagli articoli 609-bis (Violenza sessuale), 612-bis (Atti persecutori) e 612-ter (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il c.d. revenge porn) c.p., commessi prima dell'entrata in vigore della riforma, continua a procedersi di ufficio quando il fatto è connesso con un delitto divenuto in seguito alla riforma perseguibile a querela della persona offesa.
A ben vedere infatti le norme incriminatrici richiamate prevedono la procedibilità d'ufficio nel caso in cui i fatti risultino connessi con altri reati procedibili d'ufficio. Con il nuovo comma 2-ter si vuole quindi precisare che il mutamento di procedibilità non incide sulla perdurante procedibilità d'ufficio dei reati di cui agli articoli 609-bis, 612-bis e 612-ter c.p.
Questa soluzione appare peraltro coerente con la giurisprudenza di legittimità in materia di delitti in materia sessuale, la cui procedibilità d'ufficio per ragioni di connessione è stata ritenuta superabile solo ed esclusivamente nel caso in sia stata accertata la materiale insussistenza del delitto connesso (si veda Cass., sez. III, sentenza n. 17070 del 2019).
Articolo 5-ter
(Introduzione dell'articolo 85-bis del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, recante disposizioni transitorie in materia di termini per la costituzione di parte civile)
L’articolo 5-ter, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, stabilisce che il limite temporale per la costituzione di parte civile di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 150/2022 non operi per i procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore dello stesso, in udienza preliminare siano già stati ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti.
L'articolo 5-ter introduce nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, l'art. 85-bis, il quale reca disposizioni transitorie in materia di termini per la costituzione di parte civile nei procedimenti penali.
Più nel dettaglio, la disposizione in esame mira ad apprestare tutela ai soggetti interessati ad esercitare l'azione civile in sede penale mediante la costituzione di parte civile anche nei procedimenti in cui, al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022, siano già stati ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, di cui all'art. 484 c.p.p., durante la celebrazione dell'udienza preliminare.
A tal fine, si prevede che al ricorrere di tale evenienza non si applichino le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), ma continuino ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 79 c.p.p. e, limitatamente alla persona offesa, dell'articolo 429, comma 4, c.p.p. nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo 150/2022.
Si ritiene opportuno ricordare che l’articolo 5 del decreto legislativo n. 150/2022 ha apportato alcune modifiche di carattere procedurale al Libro I del codice di procedura penale in relazione ai soggetti di cui ai Titoli IV (imputato), V (parte civile) e VI (persona offesa dal reato), in materia di riassunzione della qualità di imputato, termini e formalità per la costituzione di parte civile e informazioni da fornire alla persona offesa dal reato.
Conformemente alla norma di delega di cui all'articolo 1, comma 9, lettera o), l'articolo 5, comma 1, lettera c), ha modificato le disposizioni dell'articolo 79 c.p.p., prevedendo - tra l'altro- che la costituzione di parte civile debba avvenire, a pena di decadenza, "per l'udienza preliminare, prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti" , eliminando così la possibilità di provvedervi anche in seguito, ossia "fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484 o dall'articolo 554-bis, comma 2", salvo il caso in cui manchi l’udienza preliminare.
Pertanto, anche la previsione di cui al comma 3 dell'art. 79 viene modificata, disponendosi che "Quando la costituzione di parte civile è consentita fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484, se la stessa avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 468 comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici".
L'immediata applicazione del nuovo termine finirebbe, a ben vedere, per precludere la costituzione di parte civile in tutti i casi in cui, al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo, in udienza preliminare sia già stata ultimata l'attività di controllo operata dal giudice sulla regolare costituzione delle parti, e pertanto si dispone l'ultrattività delle disposizioni dell'articolo 79 e, limitatamente alla persona offesa, dell'articolo 429, comma 4, c.p.p. nella formulazione antecedente alla entrata in vigore della riforma.
In merito a quest'ultima disposizione, si ritiene opportuno segnalare che l'articolo 98, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 150/2022 dispone proprio l'abrogazione - alla data di entrata in vigore della riforma - del comma 4 dell'articolo 429 c.p.p.. La modifica dell’articolo 429 c.p.p., che disciplina il contenuto del decreto che dispone il giudizio, è stata operata con l'articolo 23, comma 1, lett. n), che provvede ad integrarlo con l'avviso all’imputato e alla persona offesa, la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e che lo coordina con la nuova disciplina del processo in assenza.
Si ricorda che a norma dell'articolo 1, comma 9, lettera o) della legge 27 settembre 2021, n. 134, il Governo ha ricevuto altresì delega per prevedere che la procura speciale per l’esercizio dell’azione civile in sede penale (art. 122 c.p.p.) consenta al difensore anche di trasferire ad altri il potere di sottoscrivere l’atto di costituzione, salva espressa volontà contraria della parte che intende costituirsi parte civile.
In proposito, si riporta una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, in cui i Giudici di legittimità, in primo luogo, hanno chiarito il confine tra l'istituto della procura speciale prevista dagli articoli 76 e 122 c.p.p., con cui il soggetto titolare del diritto al risarcimento dei danni conferisce in capo al procuratore la capacità di disporre della propria situazione giuridico-soggettiva e, quindi, anche della capacità di costituirsi parte civile, e la procura di cui all'articolo 100 c.p.p., richiamata dall'art. 78 c.p.p., che invece conferisce il solo mandato processuale di rappresentanza in giudizio, analogamente alla disciplina processuale dal processo civile.
Alla luce di tale premessa, viene puntualizzato come competa solo al difensore che sia investito sia della procura alle liti ex art. 100 cit. e sia della procura per l'esercizio della azione civile in sede penale ex art. 122 cit. il potere di delegare ad altri di sottoscrivere l'atto di costituzione, sempre che tale facoltà non si ponga in contrasto con la volontà della parte rappresentata (Cass. pen., Sez. VI, Sent., (ud. 21/11/2019) 14-01-2020, n. 1228)).
Articolo 5-quater
(Disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico)
L’articolo 5-quater, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, disciplina le diverse modalità di deposito degli atti processuali, operando una distinzione tra quelli che possono ancora avvenire in forma analogica, presso la cancelleria del giudice, ad opera delle sole parti, e quelli che debbono avvenire obbligatoriamente in modalità telematica, con particolare riferimento al deposito dell'atto di impugnazione per le parti che si trovino all'estero. E' inoltre definita la disciplina concernente il deposito telematico degli atti, le casistiche relative agli ulteriori atti per i quali sarà reso possibile tale deposito e le disposizioni regolatorie delle ipotesi di malfunzionamento del sistema di trasmissione.
La disposizione, introdotta dalla Commissione giustizia, apporta una serie di modifiche all'articolo 87 del decreto legislativo n. 150/2022 recante disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico.
La legge 27 settembre 2021, n. 134, con l'art. 1, comma 13, lettera b), ha delegato Governo, in primo luogo, ad abrogare gli articoli 582, comma 2 (che attualmente prevede che le parti private debbano presentare l’impugnazione in cancelleria) e 583 (sulla spedizione dell’atto di impugnazione con telegramma o raccomandata) c.p.p. e, inoltre, di realizzare il coordinamento della disciplina del deposito degli atti di impugnazione con quella generale, prevista per il deposito di tutti gli atti del procedimento.
Il primo obiettivo è stato attuato con l'art. 98 del decreto legislativo n. 150/2022, che ha disposto, a decorrere dall’entrata in vigore della riforma, la necessaria abrogazione di una serie di norme del codice di procedura penale, delle disposizioni attuative, della legge n. 689 del 1981 e del testo unico delle spese di giustizia (d.P.R. n. 115 del 2002).
Quanto alla disciplina di coordinamento, si è provveduto con l'articolo 33 del decreto legislativo n. 150/2022, che riguarda le disposizioni generali in materia di impugnazioni, e nello specifico con la previsione di cui al comma 1, lettera e), con cui si interviene sulle restanti parti dell’art. 582 c.p.p. (ossia i comma 1 e 1-bis), per prevedere che l’atto di impugnazione debba in generale essere presentato con modalità telematiche (rinviando alla disciplina del deposito telematico introdotta al nuovo art. 111-bis c.p.p.), ma possa anche essere presentato personalmente dalle parti private presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In sostanza, viene introdotta una distinzione a seconda che l'impugnazione sia proposta personalmente dalla parte o dal difensore, prevedendosi l'uso facoltativo delle modalità telematiche nel primo caso e obbligatorio nel secondo.
Si ritiene opportuno ricordare che l'articolo 87 del decreto legislativo n. 150/2022, recante disposizioni transitorie in materia di processo penale telematico, demanda ad un decreto del Ministro della giustizia da adottarsi entro il 31 dicembre 2023 la definizione delle regole tecniche riguardanti i depositi, le comunicazioni e le notificazioni telematiche degli atti del procedimento penale, nonché, ove necessario, anche la modifica del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Ulteriori regole tecniche potranno essere adottate con atto dirigenziale del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. La disposizione, inoltre, demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi anch'esso entro il 31 dicembre 2023, sentiti il CSM e il CNF, l'individuazione degli uffici giudiziari e delle tipologie di atti per cui possano essere adottate anche modalità non telematiche di deposito, comunicazione o notificazione, nonché i termini di transizione al nuovo regime di deposito, comunicazione e notificazione.
Pertanto, risulta di ogni evidenza che le nuove disposizioni dell'articolo 582, commi 1 e 1-bis, c.p.p. troveranno applicazione a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti attuativi del citato articolo 87, ovvero sino al diverso termine stabilito dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati. L'abrogazione del comma 2 dell'articolo 582 c.p.p., invece, conseguirà immediatamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022.
Il nuovo articolo 5-quater, comma 1, lett. a) aggiunge, in primo luogo, un nuovo periodo al comma 6 dell'art. 87, volto a disciplinare in maniera specifica le modalità di deposito dell'atto di impugnazione da parte del soggetto che si trovi all'estero.
Il nuovo periodo al comma 6 dell'articolo 87 consente, sino all'attuazione della disciplina di deposito con modalità telematiche di cui all'art. 111-bis c.p.p., di effettuare il deposito dell'atto di impugnazione presso l'agente consolare ad opera delle sole parti private che si trovino all'estero (non invece per i difensori, che potranno avvalersi del deposito via PEC in virtù dell'articolo 87-bis del decreto 150/2022), fermo l'obbligo di immediata trasmissione dell'atto alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
Inoltre, sempre la lett. a) del comma 1, dell'articolo 5-quater sopprime il riferimento all'art. 24, commi da 1 a 3, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, recanti disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (la cui disciplina peraltro è destinata a perdere efficacia il 31 dicembre 2022).
La lett. b) del comma 1 dell'articolo 5-quater aggiunge all'articolo 87 del decreto legislativo n. 150 i nuovi commi 6-bis, 6-ter, 6-quater e 6-quinquies, al fine di apprestare la disciplina concernente il deposito degli atti nel portale dei servizi telematici.
Ad ogni modo, delle disposizioni dettate dalla richiamata normativa emergenziale si protrae la vigenza sino all'operatività a regime del nuovo processo telematico, secondo le scansioni temporali dettate dall'articolo 87.
Pertanto, in coerenza con quanto già previsto nei commi 2, 2-bis e 2-ter dell'articolo 24 del decreto-legge n. 137/2020:
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al comma 6-ter viene precisato che medio tempore, con uno o più decreti del Ministro della giustizia, saranno indicati gli ulteriori atti per i quali sarà reso possibile il deposito telematico con le modalità previste, in modo esclusivo, per gli atti di cui al comma 6-bis;
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al comma 6-quater è disciplinata l'ipotesi del malfunzionamento dei sistemi informatici, prescrivendosi regole corrispondenti a quelle già dettate dalla normativa emergenziale, che saranno operative sino a quando non entrerà in vigore la nuova disposizione di cui all'articolo 175-bis;
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al comma 6-quinquies si precisa che per gli atti di cui al comma 6-bis (per i quali è previsto in via esclusiva il deposito dal portale del processo penale telematico) e per quelli che saranno individuati ai sensi del comma 6-ter l'invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge.
In merito alla disciplina transitoria prevista dall’art. 87 del decreto legislativo n. 150/2022, l'Ufficio del massimario della Suprema Corte ha sottolineato la centralità dell’emanazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 in merito alle coordinate temporali per l'applicazione di gran parte delle modifiche apportate dalla novella sul processo penale telematico (la cui disciplina è destinata - come detto - a perdere efficacia il 31 dicembre 2022).
Difatti, da un lato, si prevede che sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai succitati commi 1 e 3 (ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati), continueranno ad applicarsi nel testo vigente al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 150/2022 le disposizioni di cui agli articoli: 110 (sottoscrizione degli atti); 111, comma 1 (data degli atti); 125, comma 5 (forme dei provvedimenti del giudice);134, comma 2 (modalità di documentazione); 135, comma 2 (redazione del verbale); 162, comma 1 (comunicazione del domicilio dichiarato o del domicilio eletto); 311, comma 3 (ricorso per cassazione); 391-octies, comma 3 (fascicolo del difensore); 419, comma 5, primo periodo (atti introduttivi); 461, comma 1 (opposizione); 462, comma 1 (restituzione nel termine per proporre opposizione); 582, comma 1 (presentazione dell'impugnazione); 585, comma 4 (termini per l'impugnazione), c.p.p., nonché le disposizioni di cui l’art. 154, commi 2, 3 e 4 (redazione non immediata dei motivi della sentenza) disp. att. c.p.p.
Correlativamente, con il medesimo riferimento temporale si identifica il dies a quo a partire dal quale troveranno applicazione le disposizioni di cui agli articoli: 111, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater (data degli atti); 111-bis (deposito telematico); 111-ter (fascicolo informatico e accesso agli atti); 122, comma 2-bis (procura speciale per determinati atti); 172, commi 6-bis e 6-ter (regole generali); 175-bis (malfunzionamento dei sistemi informatici); 386, comma 1-ter (doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo); 483, comma 1-bis (sottoscrizione e trascrizione del verbale); 582, comma 1-bis (presentazione dell'impugnazione), c.p.p., così come introdotte o modificate dal decreto legislativo n. 150/2022.
Il nuovo comma 6-bis dell'articolo 87, pertanto, in apertura riporta "Sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati", assegnando il medesimo orizzonte temporale anche alla disciplina transitoria concernente il deposito degli atti nel portale dei servizi telematici.
Articolo 5-quinquies
(Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze)
L’articolo 5-quinquies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, è volto a consentire l'utilizzo della casella di posta elettronica certificata (PEC) per il deposito di alcuni atti del processo penale nelle more della completa attuazione della disciplina del processo penale telematico secondo le scansioni temporali indicate nell'articolo 87 del decreto legislativo n. 150/2022.
L'articolo 5-quinquies introduce nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, l'art. 87-bis, il quale reca disposizioni transitorie per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nel processo penale.
Più nel dettaglio, la disposizione in esame consente il deposito di atti, documenti e istanze, mediante invio tramite PEC (in virtù del regime dettato dall'art. 24 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137) sino al momento in cui, con l'entrata in vigore dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 del decreto legislativo n. 150/2022, sarà operativo a pieno regime il nuovo processo penale telematico.
Si ritiene opportuno ricordare che l’articolo 24 del decreto n. 137/2020 – la cui efficacia originariamente limitata al 31 gennaio 2021 è stata da ultimo estesa al 31 dicembre 2022 - ha introdotto misure di semplificazione per le attività di deposito di atti, documenti e istanze nella fase del processo penale inerente alla chiusura delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.), stabilendo che lo stesso avvenga esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico, e per tutti gli altri atti, documenti e istanze, per cui viene consentito il deposito con valore legale tramite PEC presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari, indicati in apposito provvedimento (provvedimento del 9.11.2020), nel quale sono individuate anche le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. La disposizione deroga espressamente alla disciplina vigente in materia di deposito di atti, documenti e istanze nel processo penale, contenuta nell’art. 221, comma 11, del decreto legge n. 34/2020. Sul deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, si veda il D.M. 13 gennaio 2021, che ha esteso il novero degli atti penali da depositare esclusivamente tramite il portale del processo penale telematico, prima limitato a memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'art. 415-bis, comma 3, c.p.p., includendovi l'opposizione alla richiesta di archiviazione ex art. 410 c.p.p., la denuncia ex art. 333 c.p.p., la querela ex art. 336 c.p.p. e la relativa procura speciale, la nomina del difensore e rinuncia o revoca del mandato ex art. 107 c.p.p. (conformemente a quanto disposto dal nuovo comma 6-bis dell'articolo 87).
Da tale disciplina sono esclusi, per espressa previsione del comma 6-quinquies dell'art. 87 (e come precisato nel primo comma del nuovo articolo 87-bis), gli atti di cui al comma 6-bis (per i quali è previsto in via esclusiva il deposito dal portale del processo penale telematico) e quelli che saranno individuati ai sensi del comma 6-ter (ai quali sarà esteso il regime di deposito telematico con le modalità previste al comma 6-bis), per i quali l'invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e, ove disposto, non produce alcun effetto di legge.
A ben vedere, poiché le disposizioni dell'articolo 24, secondo quanto previsto dall'articolo 16, comma 3, del decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228, cesseranno di avere efficacia alla data del 31 dicembre 2022, con la disposizione in commento si prevede espressamente, analogamente a quanto disposto dal comma 6-bis per gli atti ivi indicati e per quelli che saranno individuati ai sensi del comma 6-ter, che delle disposizioni dettate dalla richiamata normativa emergenziale si protragga la vigenza sino all'operatività a regime del nuovo processo penale telematico, ossia, sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati.
Con riguardo alle problematiche oggetto della disposizione in commento, l'Ufficio del massimario della Suprema Corte di Cassazione, oltre ad aver sottolineato l'opportunità della disciplina transitoria concernente la transizione digitale del processo penale, ritenendo che l'imposizione agli uffici giudiziari di un adattamento immediato a tutte le novità avrebbe prodotto enormi difficoltà operative e organizzative, ha segnalato una potenziale modalità penalizzante per l’imputato, fino all’entrata a regime della disciplina relativa al processo telematico, a cui, con le disposizioni di cui al modificato articolo 87 e al neo introdotto articolo 87-bis, si è preventivamente posto rimedio. Difatti, veniva rilevato che sebbene il nuovo art. 582 c.p.p., sulle modalità di deposito telematico degli atti d’impugnazione, fosse destinato ad entrare in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti attuativi, gli articoli 582, comma 2, e 583 c.p.p. sarebbero stati abrogati con efficacia immediata a far data dall’entrata in vigore del decreto. Si suggeriva, pertanto, di rimediare mediante la proroga in parte qua delle modalità già previste dalla disciplina emergenziale sotto il profilo della proponibilità via PEC (articolo 24 del decreto legge n. 137/2020).
Articolo 5-sexies
(Disposizioni transitorie in materia di indagini preliminari)
L’articolo 5-sexies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, introduce nel decreto attuativo della riforma del processo penale (d.lgs. n. 150 del 2022) un nuovo articolo (art. 88-bis) recante la disciplina transitoria in materia di indagini preliminari per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della riforma in relazione alle notizie di reato già iscritte a tale data ovvero iscritte successivamente ma relative a procedimenti connessi o per determinati reati collegati a livello investigativo.
In particolare, il comma 1 prevede il differimento per tali procedimenti dell’applicazione delle nuove disposizioni procedurali introdotte dal decreto in materia di: retrodatazione su richiesta di parte in caso di ingiustificato ed inequivocabile ritardo nell’iscrizione nel registro delle notizie di reato (art. 335-quater); forme e termini per l’avvio dell'azione penale (art. 407-bis); rimedi alla stasi del procedimento dovuta alla mancata tempestività dell’esercizio dell’azione penale (art. 415-ter).
Il comma 2 prevede invece che ai procedimenti i cui al comma 1 continuino ad applicarsi determinate disposizioni procedurali nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della riforma.
L’articolo in esame, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, inserisce nel decreto legislativo n. 150 del 2022 il nuovo articolo 88-bis, recante disposizioni transitorie in materia di indagini preliminari, al fine di evitare eventuali distorsioni in sede applicativa in conseguenza della contestuale applicazione di regimi diversi nell’ambito di un medesimo procedimento ovvero effetti negativi sulle indagini in corso per effetto dell’introduzione dei nuovi rimedi e meccanismi previsti dalla riforma in relazione all’esercizio dell’azione penale.
Più nel dettaglio, il comma 1 ha ad oggetto le nuove disposizioni, introdotte nel codice di procedura penale per effetto del predetto decreto attuativo della riforma del procedimento penale, in materia di:
§ accertamento della tempestività dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato e retrodatazione su richiesta di parte nel caso di ingiustificato ed inequivocabile ritardo nell’iscrizione nel registro delle notizie di reato (art. 335-quater);
§ esercizio dell’azione penale ovvero richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero di cui alla nuova norma relativa alle forme e termini per l’esercizio dell’azione penale (art. 407-bis);
§ rimedi alla stasi del procedimento dovuta alla mancata tempestività dell’esercizio dell’azione penale di cui alla nuova norma relativa ai diritti e facoltà dell’indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari (art. 415-ter).
In particolare, si prevede che le predette disposizioni non si applichino ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022 (i.e. 30 dicembre 2022), in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero abbia già disposto l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 c.p.p. a tale data, nonché in relazione alle notizie di reato iscritte successivamente, quando ricorrono i casi di connessione di reati di cui all’articolo 12 c.p.p. e, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, c.p.p., anche quando si tratti di reati avvinti da collegamento investigativo (ai sensi dell’art. 371, comma 2, lettere b) e c), del codice di procedura penale).
Si ricorda che l'articolo 407, comma 2, c.p.p. comprende alla lettera a) un vasto elenco di reati gravi. Si tratta di: devastazione, saccheggio e strage (art. 285 c.p.); guerra civile (art. 286 c.p.); associazioni di tipo mafioso anche straniere (art. 416-bis); strage (art. 422 c.p.); contrabbando di tabacchi lavorati esteri aggravato e ipotesi aggravata dell’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (artt. 291-ter e 291-quater del D.P.R. 23/01/1973, n. 43); omicidio (art. 575 c.p.); rapina (art. 628 c.p.); estorsione (art. 629 c.p.); sequestro di persona (art. 630 c.p.); delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale; associazioni sovversive (art. 270 c.p.); formazione e partecipazione a banda armata (art. 306 c.p.); delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine; ipotesi aggravate di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 80, comma 2, e 74 del DPR 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni; associazione a delinquere (art. 416 c.p.) nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza; circostanze aggravanti della violenza sessuale (art. 609-ter c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.); violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.); promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o trasporto di stranieri nel territorio dello Stato (art. 12, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
Le ulteriori ipotesi di cui all’art. 407, comma 2, c.p. riguardano invece:
-
le notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese (lettera b));
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le indagini che richiedono il compimento di atti all'estero (lettera c));
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i procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento investigativo tra più uffici del pubblico ministero ai sensi dell’articolo 371 c.p.p. (lettera d).
Il comma 1, nel prevedere l’esenzione dall’applicazione della disciplina di cui alla riforma, fa riferimento, tra gli altri, ai procedimenti “per taluno dei delitti indicati nell’articolo 407, comma 2”. Si valuti l’opportunità di specificare se si tratti solo dei delitti di cui alla lettera a) ovvero anche dei delitti che potrebbero ricondursi alle lettere b), c), d) dell’articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale.
Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’articolo 371, comma 2, lettere b) e c), del codice di procedura penale, le indagini di uffici diversi del pubblico ministero si considerano collegate:
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se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza (lettera b));
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se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte (lettera c)).
Tuttavia, si precisa che la nuova disciplina (di cui all’art. 335-quater) inerente alla retrodatazione su richiesta di parte nel caso di ingiustificato ed inequivocabile ritardo nell’iscrizione della notizia di reato nel relativo registro, si applichi in ogni caso in relazione alle iscrizioni che hanno ad oggetto reati commessi dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022.
Il comma 2 dispone che ai procedimenti di cui al comma 1 continuino invece ad applicarsi, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo, le seguenti disposizioni in materia di:
§ esercizio dell’azione penale ovvero richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero (art. 405 c.p.p.);
§ proroga dei termini delle indagini preliminari (art. 406 c.p.p.);
§ termini di durata massima delle indagini preliminari (art. 407 c.p.p.);
§ avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale (art. 412 c.p.p.);
§ avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.); e
§ comunicazione delle notizie di reato al procuratore generale (art. 127 disp. att. c.p.p.).
In proposito, la relazione dell'Ufficio del massimario della Cassazione rileva come all’interno del nuovo quadro procedurale delineato dalla riforma in materia di indagini preliminari, la mancanza di una puntuale disciplina transitoria creerebbe consistenti dubbi interpretativi.
In questo senso, l’Ufficio del massimario solleva il problema – di rilevante impatto pratico, perché investe centinaia di migliaia di fascicoli pendenti presso gli uffici requirenti ed interessa anche aspetti organizzativo-gestionali delle Procure e del personale dell’amministrazione da impiegare per il disbrigo degli adempimenti – dell’individuazione dell’esatto momento temporale di applicazione della nuova disciplina di cui al decreto legislativo n. 150 del 2022.
La questione che viene posta è la seguente: se la nuova disciplina sulla durata delle indagini preliminari e sui rimedi “sollecitatori” alla stasi del procedimento sia applicabile ai fascicoli del pubblico ministero pendenti alla data di entrata in vigore del decreto – e quindi a quelli iscritti secondo il previgente regime – ovvero se debba valere solamente per quelli iscritti dopo tale data, vale a dire dopo il 30 dicembre 2022.
Rispondendo a tale quesito, l’Ufficio ha ritenuto plausibile optare per la seconda soluzione, reputando applicabile l’intero apparato normativo delle indagini preliminari ai soli fascicoli nuovi che saranno iscritti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (i.e. 30 dicembre 2022), trattandosi di un sistema unitario da intendere – e programmare – nel suo complesso, in ragione delle previste rigide scansioni temporali e di disciplina.
Richiamando alcune pronunce della Corte costituzionale (n. 49 del 1970, n. 176 del 1981, n. 155 del 1990, n. 126 del 1996), l’Ufficio del massimario osserva come il significato tradizionalmente assegnato al principio tempus regit actum altro non esprima se non, sinteticamente, il modo d’operare del principio dell’irretroattività delle leggi. Ossia debba intendersi nel senso che “la validità degli atti è e rimane regolata dalla legge vigente al momento della loro formazione e perciò, lungi dall’escludere, postula al contrario che a tale legge gli operatori giuridici debbano fare riferimento quando siano da valutare atti anteriormente compiuti”.
Su queste basi logiche, l’Ufficio del massimario ritiene che l’applicazione immediata della nuova disciplina in tema di indagini preliminari e, più in particolare, di rimedi alla stasi del procedimento a tutti i fascicoli pendenti (e scaduti) alla data di entrata in vigore della riforma potrebbe determinare effetti giuridici sugli atti d’indagine compiuti precedentemente, sotto il pregresso regime, incidendo sul fatto generatore in guisa da renderlo ex post “sanzionabile” coi rimedi previsti dalla nuova disciplina.
Invero, ciò potrebbe comportare la retroattività della nuova disciplina, da escludersi ove non espressamente prevista (o comunque sicuramente voluta) dal legislatore, anche mettendo da parte ogni considerazione extragiuridica circa l’ingestibilità pratica ed il rischio di “paralisi” sugli uffici requirenti derivante dall’immediata applicazione delle nuove disposizioni in materia di indagini preliminari a tutti i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Articolo 5-septies
(Disposizioni transitorie in materia di sentenze di non luogo a procedere)
L’articolo 5-septies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, precisa che le modifiche apportate dal d.lgs n. 150 del 2022 con riguardo all'inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con pena pecuniaria o con pena alternativa si applicano alle sole sentenze di non luogo a procedere emesse successivamente al 30 dicembre 2022.
Più nel dettaglio l'articolo 5-septies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, inserisce nel decreto legislativo n. 150 del 2022 il nuovo articolo 88-ter. Il nuovo articolo 88-ter del decreto legislativo n. 150, al fine risolvendo una questione di diritto intertemporale, chiarisce che la disposizione di cui all'articolo 23, comma 1, lett. m) del decreto legislativo n 150 si applica alle sole sentenze di non luogo a procedere emesse dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo stesso (e quindi dopo il 30 dicembre 2022).
L'articolo 23, lett. m) reca modifiche all'articolo 428 c.p.p. prevedendo, in attuazione di quanto richiesto dall’art. 1, comma 13, lettera f) della legge delega, l’inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere relative a reati - quindi non solo contravvenzioni, ma anche delitti - puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.
Conseguentemente alla introduzione delle disposizioni di cui al nuovo articolo 88-ter, quanto alle sentenze di non luogo a procedere già emesse prima del 30 dicembre 2022 continuerà a trovare applicazione l'articolo 428, comma 3-quater, nel testo vigente prima della modifica, non valendo per esse l'estensione della inappellabilità anche ai casi in cui esse riguardino delitti puniti con la pena della multa o con pena alternativa.
E' appena il caso di ricordare che l’articolo 428 c.p.p., nella sua formulazione precedente al decreto legislativo n. 150, stabilisce che sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa, escludendo quindi l'inappellabilità delle sentenze di non luogo a procedere relative a delitti puniti con la pena della multa o con pena alternativa.
Con riguardo alla questione oggetto dell'articolo in esame nella relazione dell'Ufficio del massimario della Cassazione si rileva come "problematica, dal punto di vista intertemporale, è la modifica all’art. 428, comma 3-quater, rispetto alla quale si potranno porre questioni riguardanti gli atti di appello già proposti – o proponendi fino alla data di entrata in vigore, ora differita, del decreto – sulla base dell’attuale normativa processuale che rende appellabili tali pronunce; giova ricordare che –secondo la dottrina – «il rispetto del principio tempus regit actum postula che la perfezione e l’efficacia dell’atto di impugnazione siano valutate facendo riferimento alla normativa vigente al momento in cui lo stesso è stato proposto. Di conseguenza, ogni riforma diretta a limitare o ad ampliare i possibili meccanismi di controllo sulle decisioni giurisdizionali non può in alcun modo riguardare, salvo un’esplicita previsione contraria statuente la retroattività della nuova normativa, gli atti di impugnazione già compiuti prima della sua entrata in vigore»." Ricorda sempre l'Ufficio del massimario nella relazione che "Secondo invece la già richiamata giurisprudenza nomofilattica, cui si sono per lo più conformate le sezioni semplici, laddove non sia espressamente regolato – come nella specie – con disposizioni transitorie il passaggio dall’una all’altra, l’applicazione del principio tempus regit actum richiede di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato [omissis]".
Articolo 5-octies
(Disposizioni transitorie in materia di udienza predibattimentale)
L’articolo 5-octies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, chiarisce le tempistiche circa l'operatività della disciplina inerente l'udienza predibattimentale rispetto ai procedimenti penali per cui, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022, sia già stato emesso il decreto di citazione a giudizio
L'articolo 5-octies introduce nel decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, l'art. 89-bis, a norma del quale le disposizioni relative all'udienza di comparizione predibattimentale, introdotta dall'articolo 32, comma 1, del medesimo decreto, non si applicano ai procedimenti penali nei quali, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il pubblico ministero abbia già emesso il decreto di citazione a giudizio con le forme previgenti.
Si ricorda che il citato articolo 32 interviene sui procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica per modificare la disciplina della citazione diretta a giudizio.
In primo luogo, la riforma estende il campo d’applicazione di questo procedimento speciale a una serie di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a 6 anni, così da ridurre il ricorso all’udienza preliminare; inoltre, la riforma introduce una udienza predibattimentale in camera di consiglio, da celebrare innanzi ad un giudice diverso da quello davanti al quale dovrà eventualmente tenersi il dibattimento (una sorta di udienza filtro), nell’ambito della quale il giudice dovrà pronunciare la sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna e potrà ricevere eventuali richieste di riti alternativi. Laddove invece il procedimento superi questa fase, il giudice dovrà fissare la data della successiva udienza dibattimentale, dinanzi a un giudice diverso. Più specificamente, intervenendo sull’art. 550 c.p.p., la riforma estende il catalogo dei reati per i quali l’azione penale si esercita con citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica.
Inoltre, l'articolo 32 novella la disciplina della citazione diretta per attuare la delega che prevede l’introduzione di una udienza predibattimentale in camera di consiglio, nella quale vagliare – analogamente a quanto accade nell’udienza preliminare – la sostenibilità dell’azione penale, in attuazione dell’art. 1, comma 12, della legge delega. In particolare, le lettere b), c) ed e) novellano gli articoli 552, 553 e 555 c.p.p., relativi, rispettivamente, al contenuto del decreto di citazione a giudizio, alla trasmissione del fascicolo dal PM al giudice e all’udienza di apertura del dibattimento, per coordinarli con l’inserimento nel procedimento speciale dell’udienza predibattimentale, la cui disciplina è dettata dai nuovi articoli da 554-bis a 554-quinquies c.p.p. (inseriti dalla lettera d)).
La disposizione transitoria mira ad evitare che possa ritenersi applicabile il disposto degli articoli 554-bis e seguenti c.p.p. anche ad udienze già fissate, ai sensi dell'articolo 552 c.p.p., come udienze dibattimentali.
Attraverso l'intervento correttivo si intende quindi scongiurare l'evenienza in cui le parti non siano state poste nella condizione di conoscere la natura dell'udienza, assai rilevante in considerazione dei nuovi obblighi e facoltà ad esse riconosciuti (quali, ad esempio, il deposito della lista testi), posto che essa diviene la sede in cui può essere pronunciata la sentenza di non luogo a procedere, in caso di ritenuta assenza ab origine di elementi probatori a sostegno di una ragionevole previsione di condanna, e in cui possono essere avanzate eventuali richieste di riti alternativi, oltre al fatto che il giudice potrebbe non avere la disponibilità del fascicolo del pubblico ministero, anch'esso essenziale ai fini delle decisioni che in tale udienza è chiamato a compiere.
Allo scopo di dirimere ogni potenziale dubbio interpretativo e applicativo, viene espressamente chiarito che le norme che disciplinano l'udienza predibattimentale non siano immediatamente applicabili rispetto a procedimenti in cui i decreti di citazione a giudizio siano stati emessi prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2022, ma solo per quelli in cui tali decreti vengano emessi successivamente.
In merito alla nuovi casi di citazione diretta a giudizio (art. 550, comma 2, c.p.p.) e di celebrazione dell’udienza di comparizione predibattimentale (art. 554-bis c.p.p.), l'Ufficio del massimario della Suprema Corte di Cassazione ha sottolineato che in sede di prima applicazione del novum normativo si porrà anzitutto la questione intertemporale della sorte dei procedimenti penali relativi a fattispecie di reato che sono state inserite nel catalogo previsto dall’art. 550, comma 2, c.p.p. ma per i quali, prima del 30 dicembre 2022:
- sia stata già esercitata l’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio già depositata
oppure
- sia stata già fissata l’udienza preliminare da parte del giudice per l’udienza preliminare.
La Corte suggerisce, in proposito, al fine di distinguere gli affari soggetti alla previgente regola di azione sulla vocatio in ius (udienza preliminare) e quelli che andranno soggetti alla nuova (citazione diretta), di avere riguardo all’avvenuto esercizio dell’azione penale alla data del 30 dicembre 2022 (da intendersi come deposito presso la cancelleria dell’ufficio gip/gup della richiesta di rinvio a giudizio).
In forza dei principi di irretrattabilità dell’azione penale e del tempus regit actum, si ritiene che, in tali ipotesi, detti procedimenti pendenti dovrebbero comunque proseguire davanti al giudice dell’udienza preliminare già investito del relativo fascicolo, essendo ormai definitiva ed irrevocabile detta attribuzione in virtù del deposito della richiesta di rinvio a giudizio (cd. perpetuatio iurisdictionis).
Altra questione intertemporale rilevata nella relazione dell'Ufficio del massimario riguarda la questione (a cui, con la disposizione in commento, si pone risolutivo rimedio) dell’individuazione dei procedimenti a citazione diretta pendenti, ossia, i cui decreti di citazione a giudizio siano già stati emessi alla data del 30 dicembre 2022, per i quali dovrà celebrarsi l'adempimento dibattimentale in senso stretto, in luogo di quello predibattimentale.
Ebbene, conformemente alla ratio sottesa all'intervento di cui trattasi, si ritiene che la corretta osservanza del principio del tempus regit actum implichi l’applicazione della norma processuale vigente al momento dell’esercizio dell’azione penale, ovvero, al momento in cui il pubblico ministero emette il decreto di citazione a giudizio innanzi al giudice dibattimentale.
Da ultimo, nella relazione si segnala un ulteriore problema rispetto ai fascicoli per i quali gli uffici di Procura, prima dell’entrata in vigore della riforma, abbiano già avanzato richiesta di determinazione della data dell’udienza dibattimentale ai sensi dell’art. 160 disp. att. c.p.p., ma che potrebbero non essere stati “restituiti” alla data del 30 dicembre 2022.
Orbene, poiché in questi casi non sarà stata esercitata l’azione penale al 30 dicembre 2022, si ritiene che gli uffici di Tribunale dovrebbero evadere le richieste di fissazione dell’udienza dibattimentale “convertendole” in richieste di fissazione dell’udienza di comparizione ai sensi dell'articolo 554-bis c.p.p., innanzi al giudice dell’udienza predibattimentale designato tabellarmente.
Articolo 5-novies
(Modifiche delle disposizioni transitorie in materia di giustizia riparativa)
L’articolo 5-novies dispone che l’entrata in vigore delle norme che introducono l’istituto della giustizia riparativa nell’ambito del diritto penale e processuale penale sia differita di sei mesi rispetto all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 (attuativo della legge delega n. 134 del 2021 per l’efficienza del processo penale).
In particolare, l’articolo 5-novies novella l’articolo 92 del d.lgs. n. 150 del 2022, introducendovi un nuovo comma (2-bis) in cui vengono individuate una serie di norme in materia di giustizia riparativa che acquistano efficacia decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del citato d.lgs. n. 150 [1] .
Si tratta di norme che disciplinano l’inserimento della giustizia riparativa nelle varie fasi del procedimento penale e dell’esecuzione della pena (anche riguardante i minori), oltre che in alcuni aspetti del diritto penale sostanziale.
L’art. 92 del d.lgs. n. 150 del 2022 detta disposizioni transitorie relative ai servizi di giustizia riparativa penale esistenti, stabilendo che, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della riforma, ciascuna Conferenza locale debba procedere alla ricognizione delle realtà pubbliche o private che operano in virtù di convenzioni con il Ministero della giustizia ovvero di protocolli d’intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici. La Conferenza deve inoltre verificare che le prestazioni erogate e i requisiti posseduti dagli operatori siano congrui rispetto alle disposizioni sulla giustizia riparativa, in particolare per quanto riguarda le forme di gestione e la formazione dei mediatori, al fine di predisporre un elenco cui possano attingere gli enti locali per la prima apertura dei Centri per la giustizia riparativa.
Il differimento di sei mesi per l’entrata in vigore di tali norme disposto dall’articolo in commento coinciderebbe con la conclusione dell’attività di monitoraggio e ricognizione dei servizi attualmente esistenti, assimilabili a quelli di giustizia riparativa, per la quale l’art. 92 del d.lgs. n. 150 del 2022 prevede appunto un termine di sei mesi decorrente dall’entrata in vigore del decreto stesso.
Più nel dettaglio, le disposizioni di cui l’entrata in vigore è differita di 6 mesi richiamate dal nuovo comma 2-bis sono:
- l’art. 1, comma 1, lett. b), che interviene sull’articolo 62 c.p., riguardante le circostanze attenuanti comuni del reato, introducendo all’ultima parte del n. 6 la circostanza correlata all’aver l’imputato partecipato a un programma di giustizia riparativa conclusosi con esito riparativo. La nuova circostanza si applica soltanto a seguito della valutazione del giudice circa il rispetto di detti impegni;
- l’art. 1, comma 1, lett. h), n. 2), che interviene sull’articolo 152 c.p. al fine di introdurre, quale ipotesi di remissione tacita della querela, la circostanza che il querelante abbia partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo, purché gli impegni eventualmente assunti in tale sede siano stati rispettati dall’imputato;
- l’art. 1, comma 1, lett. l), che modifica l’articolo 163 c.p. in materia di sospensione condizionale della pena, inserendo (all’ultimo comma) un ulteriore caso di sospensione condizionale della pena derivante dallo svolgimento di condotte riparatorie nell’eventualità in cui il colpevole abbia partecipato a un programma di giustizia riparativa conclusosi con esito riparativo;
-
l’art. 5, comma 1, lett. e), n. 5), che, intervenendo sull’articolo 90-bis c.p.p., amplia il catalogo di informazioni dovute alla persona offesa: in particolare, si prevede che la persona offesa sia informata sulla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa (lett. p-bis) e che la partecipazione del querelante a un programma di giustizia riparativa che si conclude con esito riparativo comporta la remissione tacita di querela (lett. p-ter);
-
l’art. 5, comma 1, lett. f), che introduce l’articolo 90-bis.1 c.p.p., in cui si prevede che la vittima del reato, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, venga informata in una lingua a lei comprensibile della facoltà di svolgere un programma di giustizia riparativa;
- l’art. 7, comma 1, lett. c), che introduce l’articolo 129-bis in materia di accesso ai programmi di giustizia riparativa, nel quale si dispone che, in ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria debba, su richiesta o anche di propria iniziativa, inviare i soggetti interessati – ossia l’imputato o l’indagato e la vittima del reato, ove individuata – al Centro per la giustizia riparativa di riferimento (cioè quello del luogo o altro indicato dal giudice stesso);
- l’art. 13, comma 1, lett. a), che inserisce all’articolo 293, comma 1, c.p.p., la lettera i-bis) affinché, nell’ambito dell’accesso ai programmi di giustizia riparativa, l'ufficiale o l'agente di polizia giudiziaria informino il soggetto destinatario dell’esecuzione di una misura cautelare circa la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa;
-
l’art. 18, comma 1, lett. c), n. 2), che interviene sull’articolo 369 c.p.p., introducendo il comma 1-ter che stabilisce che il pubblico ministero inserisca all’interno dell’informazione di garanzia anche l’avviso per la persona sottoposta alle indagini e per la persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 19, comma 1, lett. a), n. 1), che modifica l’art. 386 c.p.p. sui doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo prevedendo l’obbligatorietà, nella comunicazione scritta che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o il fermo consegnano all’arrestato o al fermato, di informarlo circa la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 22, comma 1, lett. e), n. 3), che modifica l’articolo 408 c.p.p. prevedendo, con riguardo all’avviso di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, che la notifica dello stesso alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta è esclusa in caso di remissione della querela e che nell’avviso stesso deve essere contenuta l’informazione alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
-
l’art. 22, comma 1, lett. f), che modifica l’art. 409 c.p.p., specificando che la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa devono essere informate della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 22, comma 1, lett. l), n. 2), che interviene sull’articolo 415-bis c.p.p., prevedendo che l’avviso della conclusione delle indagini preliminari deve informare l'indagato e la persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa,
-
l’art. 23, comma 1, lett. a), n. 2, che reca modifiche di coordinamento all’articolo 419 c.p.p. sugli atti introduttivi, precisando che la notifica all’imputato e alla persona offesa dell’avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero rechi anche l’informazione all'imputato e alla persona offesa della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 23, comma 1, lett. n), n. 1), che modifica l’articolo 429 c.p.p. integrando il contenuto del decreto che dispone il giudizio con l'avviso all’imputato e alla persona offesa, della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 25, comma 1, lett. d), che interviene sull’articolo 447, comma 1, c.p.p. introducendo l’obbligo di indicare, nel decreto di fissazione dell’udienza sulla richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari, l’informazione alla persona sottoposta alle indagini della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 28, comma 1, lett. b), n. 1), che interviene sull’art. 460 c.p.p. disponendo che nel decreto di condanna sia inserito l’avviso all’imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
- l’art. 29, comma 1, lett. a), n. 4), che interviene sull’art. 464-bis c.p.p. disponendo che il programma di trattamento elaborato, d'intesa con l'ufficio di esecuzione penale esterna, in caso di sospensione del procedimento con messa alla prova, debba prevedere lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa;
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l’art. 32, comma 1, lett. b), n. 1), lett. d), che novella l’articolo 552 c.p.p., relativo al contenuto del decreto di citazione a giudizio, prevedendo che debba contenere l'avviso che l'imputato e la persona offesa hanno facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa;
- l’art. 34, comma 1, lett. g), n. 3), che modifica l’art. 601 c.p.p., disponendo che il decreto di citazione per il giudizio di appello debba contenere l'avviso all'imputato e alla persona offesa che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
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l’art. 38, comma 1, lett. a), n. 1), che interviene sull’art. 656, comma 3, c.p.p., in materia di esecuzione delle pene detentive, per stabilire che l’ordine di esecuzione a pena detentiva deve contenere anche l’avviso riguardante la possibilità per il condannato di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
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l’art. 38, comma 1, lett. c), che modifica l’art. 660 c.p.p., prevedendo che l'ordine di esecuzione delle pene pecuniarie deve informare il condannato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;
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l’art. 41, comma 1, lett. c), che introduce l’articolo 45-ter nelle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale al fine di individuare il giudice competente in ordine all’accesso alla giustizia riparativa. In particolare, a seguito dell’emissione di un decreto di citazione diretta a giudizio è competente il giudice per le indagini preliminari; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti in seguito ad impugnazione provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato;
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l’art. 72, che interviene sull’art. 29, comma 4, del d.lgs. n. 274 del 2000, in materia di procedimenti di competenza del giudice di pace, stabilendo che il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, debba promuovere la conciliazione tra le parti, per la quale può avvalersi dei Centri per la giustizia riparativa presenti sul territorio;
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l’art. 78, comma 1, che modifica alcune disposizioni dell’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), disponendo che nei confronti dei condannati e degli internati sia favorito il ricorso a programmi di giustizia riparativa (lett. a); che la partecipazione al programma di giustizia riparativa (cui si può accedere su base volontaria in qualsiasi fase dell'esecuzione) e l'eventuale esito riparativo sono valutati ai fini dell'assegnazione al lavoro all'esterno, della concessione dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione, mentre non si tiene conto della mancata effettuazione del programma, dell’interruzione dello stesso o del mancato raggiungimento di un esito riparativo (lett. b)); che in tema di affidamento in prova al servizio sociale del condannato, è consentita la valutazione dello svolgimento di un programma di giustizia riparativa e l’eventuale esito riparativo, ai fini dell’estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue (lett. c));
- l’art. 83, che modifica l’articolo 28, comma 2, del D.P.R. n. 448 del 1988, in materia di processo penale a carico di imputati minorenni, al fine di adeguare la disciplina vigente, anche per i minorenni, alle linee direttrici in tema di partecipazione ai programmi di giustizia riparativa previste dal decreto n. 150, in particolare in tema di sospensione del processo e messa alla prova;
-
l'art. 84, che interviene sull'ordinamento penitenziario minorile (d.lgs. n. 181 del 2018), sostituendo, all’interno del comma 2 dell’articolo 1, i percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato con i programmi di giustizia riparativa previsti dalla riforma e inserendo un nuovo articolo 1-bis, rubricato "Giustizia riparativa", recante disposizioni relative all’accesso ai programmi di giustizia riparativa a favore dei minorenni condannati, rimettendo all'autorità giudiziaria la facoltà di disporre in qualsiasi fase dell'esecuzione l'invio dei minorenni condannati, previa adeguata informazione e su base volontaria, ai programmi di giustizia riparativa. Inoltre il giudice, ai fini dell'adozione delle misure penali di comunità e delle altre misure alternative, valuta la partecipazione al programma di giustizia riparativa e l’eventuale esito riparativo. La disposizione precisa che in ogni caso non si tiene conto della mancata effettuazione del programma, dell’interruzione dello stesso o del mancato raggiungimento di un esito riparativo.
Il Titolo IV del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, composto dagli articoli da 42 a 67, dando attuazione ai principi di delega contenuti all’art. 1, comma 18, della legge n. 134 del 2021, ha introdotto nell’ordinamento l’istituto della giustizia riparativa.
Tale istituto si concretizza nell’elaborazione di specifici programmi, guidati da mediatori esperti ed indipendenti, che mettono in contatto principalmente la vittima del reato e la persona indicata come autore dell’offesa, ma anche qualsiasi altro interessato (familiare della vittima o del presunto autore del reato, rappresentanti di enti e associazioni, servizi sociali, autorità di p.s.), al fine di giungere ad un esito riparativo, simbolico o materiale, che ricostituisca il rapporto tra le persone coinvolte e l’intera comunità. Cardini del sistema sono la volontarietà della partecipazione, la libertà del consenso (che può essere ritirato in qualsiasi momento), la gratuità dei programmi, la riservatezza delle dichiarazioni rilasciate e delle attività svolte nel corso dei programmi. Speciali garanzie sono riconosciute ai partecipanti minorenni, in conformità con i principi internazionali.
I programmi sono esperibili non solo in qualunque stato e grado del procedimento, ma anche nella fase esecutiva della pena, o della misura di sicurezza o dopo l’esecuzione delle stesse, nonché a seguito di sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere.
Centrale è la figura del mediatore, che deve essere adeguatamente formata (è prevista la frequenza di un corso teorico-pratico e il superamento di una prova finale per il conseguimento del titolo) e dare garanzie di indipendenza ed equiprossimità nei confronti di tutti i partecipanti; al mediatore sono riconosciute le tutele relative al segreto professionale (il mediatore non può quindi essere chiamato a deporre su atti compiuti ed informazioni apprese nel corso dei programmi di giustizia riparativa).
I programmi sono offerti dai Centri per la giustizia riparativa istituiti presso ciascun distretto di Corte d’appello e sono coordinati dalla Conferenza locale per la giustizia riparativa; a livello nazionale, è il Ministero della giustizia a svolgere funzioni di programmazione e di monitoraggio, coadiuvato dalla Conferenza nazionale. I livelli essenziali delle prestazioni in materia di giustizia riparativa sono stabiliti con intesa assunta in sede di Conferenza unificata.
Sui programmi di giustizia riparativa, l’autorità giudiziaria procedente esercita un’attività di valutazione, fermo restando che il mancato svolgimento del programma, la sua interruzione o il non raggiungimento di un esito riparativo non producono effetti sfavorevoli sulla persona indicata come autore dell’offesa. A tal fine il mediatore redige una relazione finale da inviare all’autorità giudiziaria.
Articolo 5-decies
(Introduzione dell’articolo 93-bis del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, recante disposizioni transitorie in materia di mutamento del giudice nel corso del dibattimento)
L’articolo 5-decies, inserito nel corso dell’esame in sede referente, specifica che le novelle apportate dal d.lgs n. 150 del 2022 con riguardo alla facoltà della parte che vi ha interesse di richiedere - nel caso di mutamento del giudice nel corso del dibattimento - la rinnovazione degli esami già svolti salvo che essi siano stati integralmente documentati con registrazione audiovisiva, non si applichino quando le dichiarazioni di cui si chiede la rinnovazione siano state rese anteriormente al 1° gennaio 2023.
L’articolo 5-decies introdotto nel corso dell’esame in sede referente, inserisce - nel decreto legislativo attuativo della riforma del processo penale (d. lgs. 150/2022) - l’art. 93-bis, che interviene sulla nuova disciplina dell’istanza di riassunzione della prova dichiarativa, in caso di mutamento del giudice, di cui al comma 4-ter dell’art. 495.c.p.p. (introdotto dal medesimo decreto legislativo).
Tale disposizione, che entrerà in vigore il 30 dicembre 2022, prevede che in caso di mutamento del giudice, a richiesta della parte che vi ha interesse, debba sempre essere disposta la riassunzione della prova dichiarativa già assunta, salvo il caso in cui la prova dichiarativa sia stata verbalizzata tramite videoregistrazione. Il giudice può in ogni caso disporre la riassunzione della prova quando la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze.
La norma fa generico riferimento al mutamento del giudice, per includere sia il giudice monocratico che il giudice collegiale - in quanto la norma si colloca nelle disposizioni dettate per il rito collegiale e opera, invece, nel giudizio monocratico per effetto di quanto previsto dagli articoli 549 e 555 c.p.p. - e per consentire che la disposizione operi anche quando la composizione del giudice collegiale muti per effetto della sostituzione anche di uno solo dei suoi membri.
L’articolo 93-bis in commento è volto a prevedere che la nuova disciplina non si applichi quando le dichiarazioni di cui si chiede la rinnovazione siano state rese anteriormente al 1° gennaio 2023.
Si ricorda che la nuova disciplina dell’istanza di riassunzione della prova dichiarativa si collega alla necessità della registrazione audiovisiva (in aggiunta alla modalità ordinaria di documentazione) per tutti gli atti processuali destinati a raccogliere le dichiarazioni di persone che possono o devono riferire sui fatti [2] (fatta salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico) prevista dalla riforma del processo penale (comma 2-bis dell’art. 510 c.p.p. introdotto dal D. Lgs. 150/2022). Si segnala, al riguardo che tale norma si applica decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, e dunque dal 30 giugno 2023 (vedi infra art. 5-undecies del decreto legge in esame).
Il differimento dell’applicazione dell’obbligo di videoregistrazione risponde all’esigenza - rilevata fra l’altro dalla Relazione del 7 novembre 2022 dell’Ufficio del massimario della Corte di cassazione [3] - di concedere all’amministrazione i tempi necessari ad organizzare i servizi di registrazione e la conservazione dei supporti informatici.
Articolo 5-undecies
(Modifica delle disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni)
L’articolo 5-undecies anticipa il termine ultimo per l'attivazione dell'obbligo dell'audio-video-registrazione del dibattimento.
Più nel dettaglio l'articolo 5-undecies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, modifica il comma 1 dell'articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150.
Occorre ricordare che l'articolo 30, comma 1 lettera i) del decreto legislativo n. 150 modifica l’art. 510 c.p.p. che reca la disciplina del verbale di assunzione dei mezzi di prova, prevedendo, in attuazione della delega, la necessità della registrazione audiovisiva (in aggiunta alla modalità ordinaria di documentazione) per tutti gli atti processuali destinati a raccogliere le dichiarazioni di persone che possono o devono riferire sui fatti. La disposizione fa, in ogni caso, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico. Si dispone inoltre che la trascrizione della riproduzione audiovisiva è disposta solo se richiesta dalle parti.
Considerando l’impatto della nuova disposizione, per concedere all’amministrazione i tempi necessari ad organizzare i servizi di registrazione audiovisiva e la conservazione dei supporti informatici, il legislatore delegato, all'articolo 94, aveva previsto che la disposizione dovesse trovare applicazione a decorrere da un anno dall’entrata in vigore del decreto stesso.
La disposizione in commento interviene su tale termine, prevedendo, alla luce di una nuova rivalutazione del sistema, che la nuova disciplina in materia di videoregistrazioni possa trovare applicazione già decorsi 6 mesi dalla entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 (e quindi a partire dal 30 giugno 2023).
Articolo 5-duodecies
(Modifiche all’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, in materia di disciplina transitoria per i giudizi di impugnazione)
L’articolo 5-duodecies, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, è volto a stabilire le modalità di transizione dal precedente regime di impugnazione a quello disciplinato nel decreto legislativo n. 150 del 2022 attuativo della riforma del processo penale.
L’articolo 5-duodecies, inserito nel corso dell’esame in sede referente, è volto ad assicurare l’avvicendamento dei regimi applicativi che disciplinano le impugnazioni nell’ambito processo penale. In particolare, la disciplina transitoria prevista nell’articolo in esame sostituisce la disciplina transitoria - di cui al comma 2 dell’art. 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 - la quale prevede che talune disposizioni riguardanti i giudizi di impugnazione si applichino successivamente al 31 dicembre 2022.
Il comma 2 dell’art. 94 contiene una disposizione transitoria dettata per coordinare l’applicazione della nuova disciplina in tema di giudizio di impugnazione, improntate al modello di udienza “non partecipata” con le disposizioni “emergenziali” sul giudizio cartolare disposte dal decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, in tema di disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.
Più in dettaglio, le disposizioni (dettate dall’emergenza epidemiologica da COVID-19) in vigore fino al 31 dicembre 2022 riguardano:
- l’introduzione di un rito camerale non partecipato in appello e basato su un contraddittorio scritto, che comunque lasciava alle parti la possibilità di chiedere la partecipazione e alla corte la possibilità di scegliere, in tal caso, tra camera di consiglio partecipata o udienza pubblica;
- la trattazione in camera di consiglio dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione, con contraddittorio scritto e senza l’intervento delle parti;
- l’adozione della decisione sull’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione.
La nuova disposizione introdotta stabilisce che se l’impugnazione è proposta entro il 30 giugno 2023, continua ad applicarsi la disciplina (in vigore fino al 31 dicembre 2022), di cui all’articolo 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e comma 9, nonché le disposizioni di cui all’articolo 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137; essa precisa, inoltre, che, ove siano state proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento, ai fini dell’individuazione del regime applicativo applicabile, si ha esclusivo riguardo all’impugnazione proposta per prima.
Nello specifico la disciplina applicabile sino al 30 giugno 2023 richiamata dalla disposizione in esame è la seguente:
- la trattazione dei ricorsi per cassazione avviene, di regola, in camera di consiglio e con modalità da remoto, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori, salvo che una delle parti o il procuratore generale facciano richiesta di discussione orale (articolo 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e comma 9);
- la trattazione dei giudizi di appello si svolge anch’essa in camera di consiglio e con modalità da remoto, senza la partecipazione di PM e difensori delle parti; tuttavia, tali semplificate modalità di trattazione non si applicano in caso di rinnovazione dibattimentale ovvero quando le parti facciano richiesta scritta di trattazione orale (articolo 23-bis, commi 1, 2, 3 e 4).
Tale disciplina semplificata trova inoltre applicazione anche per l’impugnazione dei provvedimenti di applicazione di misure di prevenzione, sia personali che patrimoniali, sia per l’appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali (articolo 23-bis, comma 7).
Per effetto della disposizione in esame, pertanto, al cessare del periodo di efficacia delle disposizioni richiamate sul giudizio “cartolare” in appello e cassazione, troveranno applicazione le nuove disposizioni previste dalla riforma che, pur non completamente sovrapponibili alle prime, risultano comunque orientate a realizzare uno snellimento procedurale secondo il modello generale di udienza non partecipata.
In particolare, in base al nuovo art. 598-bis c.p.p. la corte provvede sull’appello in camera di consiglio, con contraddittorio esclusivamente scritto, salvo che le parti chiedano di partecipare all’udienza ovvero che la corte disponga d’ufficio, per la rilevanza delle questioni o perché ritenga necessario procedere alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, la partecipazione delle parti.
Per quanto concerne, invece, il ricorso per cassazione, l’articolo 611 c.p.p., per come riformulato dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, dispone che la trattazione dei ricorsi avvenga in camera di consiglio, con contraddittorio scritto senza l’intervento delle parti; anche dinanzi alla Cassazione viene affermata la possibilità per le parti di chiedere che il procedimento si svolga in loro presenza in pubblica udienza – quando siano impugnate sentenze pronunciate nel dibattimento o a seguito di giudizio abbreviato – ovvero in camera di consiglio – ove si tratti di ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione in camera di consiglio ovvero per la trattazione dei ricorsi avverso le sentenze pronunciate all'esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma del citato articolo 598-bis (salvo che l'appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario).
Infine, in base al nuovo articolo 175-bis disp. att. c.p.p., la decisione sull’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, che deve essere adottata non oltre il 60° giorno successivo al maturare dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. A fini di completezza, si ricorda che, in base all’articolo 344-bis c.p.p., è causa di improcedibilità dell’impugnazione il superamento del termine di due anni (prorogabile di un anno) in appello, e di un anno (prorogabile di sei mesi) in Cassazione.
Con l’introduzione dell’illustrato regime transitorio, inoltre, il legislatore ha mostrato di recepire le osservazioni formulate dall’Ufficio del massimario della Corte di cassazione che, con riferimento alla sostituita disciplina transitoria, aveva rilevato come, relativamente agli appelli già proposti alla data del 30 dicembre 2022, ma rispetto ai quali non fosse stata fissata la data per la trattazione, ricadente quindi dopo il 1° gennaio 2023, si poneva la questione se operasse il termine minimo per la comparizione di venti giorni previsto dal vecchio art. 601, comma 3, c.p.p. nel testo ante riforma, o se dovesse già trovare applicazione il nuovo termine di quaranta giorni previsto dal riscritto art. 601 c.p.p. post riforma.
A sostegno dell’immediata applicazione della nuova disciplina anche agli appelli già proposti sembrava militare l’argomento a contrario rispetto alla disciplina transitoria posta dall’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022 in materia di assenza (v. retro § 5): tale norma, infatti, prevede espressamente l’applicazione della nuova disciplina ai soli appelli proposti avverso sentenze emesse dopo l’entrata in vigore della riforma, consentendo quindi di sostenere che, per gli altri istituti, il legislatore avesse optato per l’immediata applicazione.
In senso diverso si poneva, tuttavia, il criterio fornito dalle Sezioni Unite per le modifiche alla disciplina del giudizio di appello: ossia la data dell’atto impugnato (ex multis, Sez. U., n. 27614 del 29/03/2007). Considerazioni del medesimo tenore valgono anche per i giudizi di Cassazione in via di fissazione da parte dei presidenti di sezione fino al 31 dicembre 2022, quindi in costanza di regime emergenziale, ma la cui celebrazione è prevista in epoca successiva al 1° gennaio 2023, ossia dopo la conclusione dell’attuale regime.
Invero, con la disciplina transitoria in esame il legislatore ha risolto tale dubbio interpretativo specificando che, ove l’impugnazione sia proposta entro il 30 giugno 2023, le fasi successive del procedimento continuano ad essere disciplinate dalla normativa emergenziale, attualmente in vigore, indipendentemente dalla circostanza che l’udienza di trattazione sia successiva alla scadenza di tale termine, trovando la nuova disciplina applicazione solo per le impugnazioni proposte dopo la scadenza del citato termine. Tale decisione risulta ispirata al principio tempus regit actum, nel senso che, per individuare la disciplina regolatrice dello svolgimento del giudizio di impugnazione, occorre fare riferimento al regime giuridico vigente al momento in cui l’atto introduttivo di impugnazione è stato proposto.
Articolo 5-terdecies
(Disposizioni transitorie in materia di iscrizione nel casellario giudiziario di provvedimenti di condanna alle sanzioni sostitutive)
L’articolo 5-terdecies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, reca l’inserimento nel D. Lgs. 150/2022, attuativo della riforma del processo penale, di una disposizione transitoria volta a prevedere che ai provvedimenti di condanna alle sanzioni sostitutive (previste dalla disciplina previgente al D. Lgs. medesimo) e ai relativi provvedimenti di conversione continuino ad applicarsi le disposizioni in materia di iscrizione nel casellario giudiziale nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della riforma del processo penale (30 dicembre 2022).
L’articolo 5-terdecies introdotto nel corso dell'esame in sede referente, inserisce nel D. Lgs. 150/2022, attuativo della riforma del processo penale, l’art. 97-bis, il quale prevede che ai provvedimenti di condanna alle sanzioni sostitutive (previste dalla disciplina previgente alla riforma) e ai relativi provvedimenti di conversione continuino ad applicarsi le disposizioni dell’art. 3, comma 1, lettera g), del DPR 313/2022 (in materia di casellario giudiziale) nel testo vigente al momento dell’entrata in vigore del citato D. Lgs. 150/2022.
Si ricorda che la disciplina delle sanzioni sostitutive è stata sostituita, nel sistema delineato dalla riforma del processo penale (art. 1 del D. lgs. n. 150 del 2022) dalle pene sostitutive delle pene detentive brevi (nuovo art. 20-bis c.p.).
Si ricorda inoltre che il DPR 313/2002 reca il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti. L’art. 3 - che contiene le disposizioni legislative relative ai provvedimenti iscrivibili - nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 150/2022 prevede al comma 1, lettera g), l’iscrizione dei provvedimenti giudiziari definitivi di condanna alle sanzioni sostitutive e i relativi provvedimenti di conversione nel caso di inosservanza o mancato adempimento della sanzione sostitutiva. L’art. 82, comma 1, del D. Lgs. 150/2022 è intervenuto al fine di adeguare le disposizioni in materia di casellario alla nuova disciplina, modificando la citata lettera g), con la previsione dell’iscrizione dei provvedimenti giudiziari definitivi di condanna alle pene sostitutive e dei relativi provvedimenti di conversione in caso di revoca della pena sostitutiva, e inserendo la lettera g-bis), volta a prevedere l’iscrizione dei provvedimenti di conversione per mancato pagamento della pena pecuniaria e dei provvedimenti di conversione in pena detentiva per mancata esecuzione delle pene conseguenti alla conversione della pena pecuniaria.
Tale integrazione delle disposizioni transitorie del D. Lgs. 150/2022 consente l’iscrizione nel casellario dei provvedimenti riguardanti le sanzioni sostitutive già emessi ma non ancora registrati nonché di quelli che saranno emessi in futuro applicando le disposizioni previgenti in quanto più favorevoli. Inoltre, in tal modo si esclude l’applicazione ai provvedimenti già iscritti la norma dell’art. 44 del DPR 313/2022 in materia di iscrizioni incompatibili.
L’art. 44 del DPR 313/2022 prevede, con disposizione di rango regolamentare, che siano eliminate tutte le iscrizioni incompatibili con quelle previste dal medesimo DPR.
Articolo 5-quaterdecies
(Proroga delle disposizioni processuali per i provvedimenti relativi alla ammissione ai campionati professionistici e dilettantistici)
L’articolo 5-quaterdecies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, prevede che fino al 31 dicembre 2025 le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alla ammissione ai campionati professionistici e dilettantistici adottati dalle federazioni sportive nazionali, riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) possano essere trattate attraverso la disciplina speciale dettata durante il periodo dell'emergenza epidemiologica.
L'articolo 5-quaterdecies, inserito dalla Commissione giustizia, proroga fino al 31 dicembre 2025 la vigenza dell'articolo 218, commi 2, 3, 4 e 5 del c.d. decreto rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020, conv. nella legge n. 77 del 2020) che ha, in considerazione dell’eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, introdotto disposizioni straordinarie e temporanee dirette a contenere in tempi certi l'eventuale contenzioso scaturente dalle decisioni adottate dalle federazioni sportive nazionali a causa del lockdown, in materia di prosecuzione e conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la stagione sportiva 2019/2020, e conseguenti misure organizzative per la successiva stagione sportiva.
Più dettagliatamente il comma 2 dell'articolo 218 del decreto rilancio ha previsto - con riguardo alle controversie aventi a oggetto i provvedimenti adottati in conseguenza della pandemia dalle federazioni sportive - che la competenza degli organi di giustizia sportiva fosse concentrata, in unico grado e con cognizione estesa al merito, nel Collegio di garanzia dello sport, dettando nel contempo una specifica disciplina processuale, semplificata. Il comma 3, nel caso in cui la decisione dell'organo di giustizia sportiva non fosse stata resa nei termini, devolveva la cognizione sulle controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza inderogabile del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma. Ai sensi del comma 4 il giudice amministrativo doveva provvedere sulle eventuali domande cautelari prima dell’udienza, con decreto del presidente, soltanto qualora ritenesse che potesse verificarsi un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione di merito. Da ultimo il comma 5 disponeva che l’appello al Consiglio di Stato dovesse essere proposto, a pena di decadenza, entro 15 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello dell’udienza, qualora entro tale data sia fosse pubblicata la sentenza in forma semplificata, e in ogni altro caso dalla data di pubblicazione della motivazione.
In base alla disposizione in commento - nelle more dell'adeguamento dello statuto e dei regolamenti del CONI, e conseguentemente delle federazioni sportive, con specifiche norme di giustizia sportiva- continuerà a trovare applicazione la disciplina testè illustrata e quindi le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alla ammissione ai campionati professionistici e dilettantistici adottati dalle federazioni sportive nazionali, riconosciute dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP), potranno essere trattate attraverso il procedimento abbreviato.
Articolo 6
(Differimento dell'entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia)
L’articolo 6 rinvia dal 1° novembre 2022 al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della delega per la riforma del processo penale.
Più nel dettaglio l'articolo 6 del decreto-legge in conversione aggiunge al decreto legislativo n. 150 del 2022 un nuovo articolo, l'articolo 99-bis, rubricato "Entrata in vigore" che prevede che il decreto legislativo n. 150 del 2022 entri in vigore il 30 dicembre 2022.
Come evidenzia la relazione illustrativa, la tecnica normativa utilizzata è quella della novella al testo del d.lgs. n. 150/2022, al fine di collocare l’intera disciplina in un unico corpus normativo e agevolarne la lettura e l’applicazione. La scelta di un rinvio dell’entrata in vigore, piuttosto che di una applicabilità o efficacia delle disposizioni è imposta dalla necessità di assicurare la corretta e certa operatività anche delle disposizioni transitorie contenute nel Titolo VI del decreto legislativo, che assumono proprio nell’entrata in vigore del decreto il punto di riferimento per l’applicazione differenziata di vecchi e nuovi istituti.
Per effetto del decreto-legge l’entrata in vigore della riforma penale, prevista per il 1 novembre del 2022, è differita al 30 dicembre del 2022.
Sulle ragioni del rinvio la relazione illustrativa precisa: "L’intervento si giustifica per la riscontrata necessità di approntare misure attuative adeguate a garantire un ottimale impatto della riforma sull'organizzazione degli uffici. Il differimento consentirà, inoltre, una analisi delle nuove disposizioni normative, agevolando l'individuazione di prassi applicative uniformi ed utili a valorizzare i molti aspetti innovativi della riforma". "In ogni caso, - aggiunge sempre la relazione illustrativa - il rinvio dell’entrata in vigore è contenuto entro la data del 30 dicembre 2022, in quanto si tratta di un lasso di tempo certamente sufficiente ai fini indicati e che permette di mantenere gli impegni assunti in relazione al PNRR".
E' opportuno ricordare che la riforma del processo penale
[4]
, incentrata sull'obiettivo della riduzione del tempo del giudizio, è inserita dal PNRR tra le c.d. riforme orizzontali, o di contesto, che consistono in innovazioni strutturali dell'ordinamento, tali da interessare, in modo trasversale, tutti i settori di intervento del Piano.
In particolare, il PNRR prevede i seguenti traguardi:
- che l'approvazione definitiva della legge delega (M1C1–30) debba intervenire entro il quarto trimestre (T4) del 2021 (obiettivo raggiunto con la legge n. 134 del 2021);
- che i decreti delegati (M1C1-36) debbano essere emanati entro il quarto trimestre (T4) del 2022;
- che la riforma del processo penale (M1C1-37), con l'adozione di tutti i regolamenti e delle disposizioni attuative necessarie, acquisti efficacia entro il secondo trimestre (T2) del 2023.
A partire dal 2026 si dovranno quindi raggiungere gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti penali (M1C1-46). In particolare, per il mese di giugno del 2026 è richiesta la riduzione del 25% dei tempi di trattazione di tutti i procedimenti penali rispetto al 2019.
Articolo 7, commi 1 e 1-bis
(Cessazione dell'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 e disposizione transitoria sui procedimenti sanzionatori in materia)
Il comma 1 dell’articolo 7 stabilisce [5] che le norme transitorie sull'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 [6] per i lavoratori che operano nei settori sanitario, sociosanitario e socioassistenziale non trovano più applicazione dal 2 novembre 2022, in luogo del termine finale previgente del 31 dicembre 2022. Il comma 1-bis - inserito in sede referente - stabilisce la sospensione, dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 30 giugno 2023, delle attività e dei procedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, pari a cento euro, prevista per l'inadempimento dell'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19, obbligo stabilito - con riferimento a vari periodi temporali - per molteplici categorie di soggetti.
Più in particolare, le categorie interessate dalla modifica del termine temporale prevista dal comma 1 - le uniche per le quali l'obbligo in esame trovava ancora applicazione - sono costituite da:
-
gli esercenti una professione sanitaria. Si ricorda che l’ambito delle professioni sanitarie comprende i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini
[7]
: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi;
-
gli operatori di interesse sanitario che svolgano la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie o parafarmacie e negli studi professionali
[8]
;
-
i lavoratori, anche esterni, operanti a qualsiasi titolo in strutture di ospitalità e di lungodegenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative, strutture residenziali per anziani e strutture socio-assistenziali, strutture semiresidenziali o strutture che a qualsiasi titolo ospitino persone in situazione di fragilità;
-
il personale che svolge la propria attività lavorativa, a qualsiasi titolo, nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, ad eccezione dei lavoratori titolari di contratti esterni e ferma restando l'inclusione anche di questi ultimi soggetti qualora si ricada nelle fattispecie specifiche sopra menzionate;
-
gli studenti dei corsi di laurea impegnati nello svolgimento di tirocini pratico-valutativi, intesi al conseguimento dell'abilitazione all'esercizio delle professioni sanitarie.
Si ricorda che l’inadempimento dell’obbligo per le categorie in esame ha determinato la sospensione dall’esercizio della professione, il divieto di svolgimento dell’attività lavorativa (ovvero, per gli studenti suddetti, il divieto di accesso alle strutture in cui si svolgono i tirocini pratico-valutativi), oltre all’irrogazione della suddetta sanzione amministrativa pecuniaria pari a cento euro [9] .
Si ricorda altresì che le norme transitorie sull'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19 hanno previsto - oltre che il differimento per i casi di infezione e guarigione dalla medesima malattia - l'esclusione dall'obbligo per i soggetti aventi una controindicazione clinica alla vaccinazione in oggetto.
La Corte costituzionale, come annunciato con un comunicato del 1° dicembre 2022, relativo ad una sentenza che ancora deve essere depositata, ha affermato la legittimità delle norme transitorie sull’obbligo vaccinale in oggetto per il personale sanitario e sull'esclusione, per il caso di inadempimento del medesimo obbligo e per il periodo della conseguente sospensione del rapporto di lavoro, della corresponsione degli emolumenti a carico del datore di lavoro (per questo secondo aspetto la questione era posta con riferimento sia al personale sanitario sia a quello scolastico); la sentenza ha invece ritenuto inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa all'impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non avessero adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgimento anche di attività lavorativa che non implicasse contatti interpersonali (impossibilità derivante dal provvedimento di sospensione - adottato in base alle norme transitorie in oggetto - dall'esercizio della professione).
Come accennato, il comma 1-bis - inserito in sede referente - stabilisce la sospensione, dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 30 giugno 2023, delle attività e dei procedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, pari a cento euro, prevista per l'inadempimento dell'obbligo di vaccinazione contro il COVID-19, obbligo già stabilito per i soggetti di età pari o superiore a cinquanta anni nonché per specifiche categorie di lavoratori a prescindere dall'età del soggetto. Si ricorda che tale obbligo ha trovato applicazione fino al 15 giugno 2022 [10] , ad eccezione delle categorie di lavoratori sopra menzionate, interessate dalla modifica temporale di cui al precedente comma 1 (per queste ultime, come detto, l'ultimo giorno di vigenza dell'obbligo è stato il 1° novembre 2022) [11] .
Si ricorda che la sanzione amministrativa pecuniaria in oggetto è irrogata dal Ministero della salute
[12]
, tramite l'ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, il quale vi provvede sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale, periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero. Tali elenchi sono formati anche mediante l'acquisizione dei dati disponibili in base al Sistema Tessera Sanitaria
[13]
sui soggetti - assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale - vaccinati contro il COVID-19, nonché sui soggetti per i quali non risultano vaccinazioni (comunicate dal Ministero della salute al medesimo Sistema) e, ove disponibili, sui soggetti che risultano esenti dall'obbligo di vaccinazione. Per la finalità in oggetto, sono autorizzati, con riferimento al medesimo Sistema Tessera Sanitaria, il trattamento delle informazioni su base individuale inerenti alle somministrazioni - acquisite tramite l'Anagrafe nazionale vaccini
[14]
ai sensi delle norme già vigenti relative alle vaccinazioni in oggetto
[15]
- nonché il trattamento dei dati relativi agli esenti dall'obbligo acquisiti in base alle certificazioni in formato digitale.
Il Ministero della salute, avvalendosi dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, comunica ai soggetti inadempienti l’avvio del procedimento sanzionatorio e indica ai destinatari il termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione, entro il quale può essere comunicata all’azienda sanitaria locale competente per territorio l’eventuale certificazione relativa al differimento o all’esenzione dall’obbligo vaccinale, ovvero altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità. Entro il medesimo termine, gli stessi destinatari dànno notizia all’Agenzia delle entrate-Riscossione dell’avvenuta presentazione di tale comunicazione. L’azienda sanitaria locale competente per territorio trasmette all’Agenzia delle entrate-Riscossione, nel termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione della suddetta comunicazione dei destinatari, previo eventuale contraddittorio con l’interessato, un’attestazione relativa all'insussistenza dell’obbligo vaccinale o all’impossibilità di adempiervi o viceversa alla mancanza di tali presupposti. L’Agenzia delle entrate-Riscossione, nel caso in cui l’azienda sanitaria locale competente non confermi l’insussistenza dell’obbligo vaccinale (ovvero l’impossibilità di adempiervi), provvede, in deroga alle disposizioni contenute nella L. 24 novembre 1981, n. 689
[16]
, mediante la notifica di un avviso di addebito, con valore di titolo esecutivo; l'atto di avviso è notificato - secondo la procedura di cui all'articolo 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, relativa alla cartella di pagamento nell'ambito della riscossione delle imposte sul reddito - entro duecentosettanta giorni dalla trasmissione suddetta da parte dell'azienda sanitaria locale. Si applicano, in quanto compatibili, le norme (di cui all'articolo 30 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni) sulla riscossione relativa al recupero delle somme dovute all'INPS.
In caso di opposizione alla sanzione contenuta nel titolo esecutivo suddetto, resta ferma la competenza del giudice di pace e l'avvocatura dello Stato assume il patrocinio dell'Agenzia delle entrate-Riscossione nel relativo giudizio.
Le entrate derivanti dall'irrogazione della sanzione in esame sono versate, a cura dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, al fine della riassegnazione al Fondo per le emergenze nazionali
[17]
; la norma prevede, letteralmente, il successivo trasferimento alla contabilità speciale del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e per l'esecuzione della campagna vaccinale nazionale e cura. Riguardo a quest'ultimo organo, alla relativa contabilità speciale e alla chiusura della stessa, si rinvia alla scheda relativa al comma 1-ter del presente articolo 7.
Riguardo al summenzionato importo fisso della sanzione, pari a cento euro, la normativa in oggetto
[18]
non esclude esplicitamente l'applicabilità della disciplina sul pagamento in misura ridotta, di cui all’articolo 16 della citata L. n. 689 del 1981, e successive modificazioni, mentre una deroga alla disciplina di quest'ultima legge è operata, come detto, riguardo alle procedure di irrogazione della sanzione; si ricorda che il citato articolo 16 consente "il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione"; secondo un certo indirizzo interpretativo, seguito anche dalla Corte di cassazione
[19]
, tale possibilità di pagamento in misura ridotta troverebbe applicazione anche per le sanzioni aventi un importo fisso (anziché un minimo ed un massimo).
Articolo 7, comma 1-ter
(Proroga dell'operatività dell'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto della pandemia)
Il comma 1-ter dell'articolo 7 - comma inserito in sede referente - prevede il differimento dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2023 dell'applicazione della disciplina transitoria che ha disposto la costituzione di un'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto della pandemia (da COVID-19); di conseguenza, si prevede la decorrenza dal 1° luglio 2023 - anziché dal termine vigente del 1° gennaio 2023 - del subentro del Ministero della salute nelle funzioni e nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla suddetta Unità.
Si ricorda che la disciplina transitoria in esame è stata posta dall'articolo 2 del D.L. 24 marzo 2022, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 maggio 2022, n. 52. Quest'ultimo ha previsto la costituzione di un'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto della pandemia, con nomina del direttore e del dirigente vicario e di supporto del direttore con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
[20]
nonché con definizione della struttura dell'Unità mediante provvedimento del medesimo direttore
[21]
.
L’Unità, in base alla disciplina in esame, è subentrata in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e per l'esecuzione della campagna vaccinale nazionale e cura (secondo le modalità di cui al suddetto comma 1 dell'articolo 2 del D.L. n. 24) la definizione e, ove possibile, la conclusione delle relative attività amministrative, contabili e giuridiche (ancora in corso alla data del 31 marzo 2022).
L’Unità procede, entro il termine ora oggetto di proroga dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2023, alla chiusura della contabilità speciale e del conto corrente bancario già intestati al Commissario straordinario
[22]
.
Come accennato, secondo il termine ora oggetto di proroga dal 1° gennaio 2023 al 1° luglio 2023, il Ministero della salute subentra nelle funzioni e in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo all'Unità.
Il Ministero della salute è autorizzato all'assunzione a tempo indeterminato, a decorrere dal 1° ottobre 2022, di un contingente di personale, non superiore a 59 unità, articolate secondo la composizione massima di cui al comma 3 del citato articolo 2 del D.L. n. 24 (ad incremento della dotazione organica già prevista e in aggiunta alle facoltà assunzionali vigenti)
[23]
. Fino al termine ora oggetto di proroga dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2023, il personale assunto è assegnato all'Unità summenzionata, in sostituzione del personale appartenente ad altre amministrazioni e in servizio presso l'Unità medesima.
Le assunzioni in esame del Ministero della salute sono autorizzate al fine di rafforzare le azioni di supporto nel contrasto delle pandemie, anche con riferimento agli approvvigionamenti di farmaci, vaccini e dispositivi di protezione individuale.
La disciplina legislativa in esame specifica che tra le funzioni generali del Ministero della salute rientrano il contrasto di ogni emergenza sanitaria, nonché ogni iniziativa volta alla cura delle patologie di tipo epidemico emergenti, suscettibili di trasformarsi in pandemie, e prevede che, entro il termine ora oggetto di proroga dal 31 dicembre 2022 al 30 giugno 2023, si provveda alla definizione del nuovo assetto organizzativo, in relazione alle norme in oggetto; nelle more dell'attuazione delle nuove disposizioni organizzative, le funzioni attribuite al medesimo Ministero dal citato articolo 2 del D.L. n. 24 sono svolte dal Segretariato generale del Ministero o da una direzione generale del medesimo Dicastero, individuata con decreto del Ministro della salute.
Riguardo alla revisione dell'organizzazione del Ministero della salute, cfr. altresì gli articoli 6-bis e 13 del D.L. 11 novembre 2022, n. 173, nel testo approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati
[24]
; tali articoli prevedono tra l'altro - nell'ambito della suddetta revisione da attuare in via regolamentare - la soppressione del Segretariato generale.
Articolo 7-bis
(Finanziamento delle attività delle amministrazioni centrali in attuazione del Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale 2021-2023)
L’articolo 7-bis, introdotto durante l'esame in sede referente, reca disposizioni volte al finanziamento delle attività delle amministrazioni centrali in attuazione del Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-2023 (d'ora in poi "Piano"; al riguardo v. infra, alla fine della presente scheda).
A tale scopo, l'articolo in commento apporta alcune modifiche testuali all'articolo 1, commi 261 e 258, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 [25] .
Attraverso le novelle introdotte dal comma 1 dell'articolo in esame al succitato comma 261, si stabilisce, al fine espresso di consentire l'assolvimento dei compiti attribuiti dal Piano alle amministrazioni centrali, che i pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della salute sono complessivamente incrementati di 35,8 milioni di euro per l’anno 2023, di cui 3,9 milioni di euro da trasferire all'Istituto superiore di sanità per le medesime finalità per l’anno 2023 (lettera b)). Contestualmente, viene diminuita di 35,8 milioni di euro (da 350 a 314,2 milioni di euro) l'autorizzazione di spesa per l'anno 2023 prevista dal secondo periodo dello stesso comma 261, dichiaratamente finalizzata, nelle more dell'adozione dei decreti attuativi dei piani pandemici regionali e provinciali, all'implementazione delle prime misure previste dal Piano (lettera a)).
Si ricorda che il comma 261 oggetto di novella ha autorizzato le seguenti spese per l’attuazione delle misure relative al Piano, nelle more dell’approvazione dei piani pandemici regionali:
- 200 milioni nel 2022, a valere per l’intero importo sul fabbisogno sanitario standard previsto per tale anno;
- 350 milioni come spesa massima autorizzata nel 2023, a valere sul livello del fabbisogno sanitario standard per tale anno, con importo da definire previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Il comma 2 dell'articolo in commento, attraverso una modifica testuale del summenzionato comma 258 della legge di bilancio 2022, ridetermina in riduzione il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno 2023: esso è portato da 126.061 a 126.025,2 milioni di euro (dunque è diminuito di 35,8 milioni di euro, in misura corrispondente al complessivo finanziamento delle amministrazioni centrali disposto dal comma 1).
Si ricorda che il livello del fabbisogno nazionale standard rappresenta il finanziamento complessivo della sanità pubblica e accreditata con risorse statali ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Trattandosi di un livello programmato, costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).
Il Piano strategico-operativo nazionale a contrasto di una pandemia influenza (cd. Panflu) per il triennio 2021-2023 è stato redatto – nella sua versione definitiva - dal Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, il 24 gennaio 2021, con l’intento di conseguire la migliore efficacia degli strumenti di prevenzione ordinari per far fronte a emergenze sanitarie di livello globale e anche al fine di valorizzare l’esperienza maturata nei mesi dell’emergenza COVID-19, e sul suo testo è stato raggiunto l’Accordo in Conferenza Stato Regioni (G.U. n. 23 del 29 gennaio 2021). In ambito nazionale, trae il suo fondamento dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 e dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale, del gennaio 2017.
Con questo Piano, redatto sulla base delle raccomandazioni dell’OMS – Organizzazione Mondiale per la Sanità, si è inteso perciò aggiornare e sostituire, nel contesto della crisi sanitaria in corso, gli strumenti di governo delle emergenze ai fini di prevenzione e contrasto delle pandemie, vale a dire i Piani pandemici influenzali nazionali elaborati nelle diverse fasi dell’emergenza pandemica COVID-19 (come il Piano di risposta nella fase autunno-invernale elaborato dal CTS – Comitato tecnico-scientifico quale organo consultivo del Ministero della salute), che dovrebbero trovare una propria declinazione anche a livello regionale e provinciale.
Il Piano strategico-operativo mira a trovare, in una prospettiva temporale di medio termine elementi strategici ed operativi comuni utilizzabili anche per i casi di “circolazione di agenti patogeni, che, sebbene diversi dal virus influenzale, siano nella stessa misura potenzialmente capaci di causare, in maniera del tutto imprevista e imprevedibile, delle vere e proprie pandemie”.
Il Piano sottolinea che le pandemie influenzali sono eventi imprevedibili, ma ricorrenti che possono avere un impatto significativo sulla salute, sulle comunità e sull’economia a livello mondiale e si verificano quando emerge un nuovo virus influenzale “contro il quale le persone hanno poca o nessuna immunità” con una diffusione globale.
Considerato che negli ultimi 100 anni le diverse pandemie di virus influenzali pandemici intercorse si sono verificate ad intervalli di tempo imprevedibili (nel 1918: Spagnola, virus A, sottotipo H1N1), nel 1957 (Asiatica, virus A, sottotipo H2N2), nel 1968 (HongKong, virus A, sottotipo H3N2) e nel 2009 (Messico, virus A, sottotipo H1N1), dati i loro parametri di trasmissibilità a raffronto con i range attesi per i virus stagionali, gli strumenti della pianificazione e della preparazione [26] sono ritenuti fondamentali per contribuire a mitigare il rischio e l’impatto di una pandemia influenzale e per gestirne la risposta [27] per garantire la conseguente ripresa delle normali attività.
Il Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale rappresenta, pertanto, un inquadramento e un promemoria delle principali azioni da intraprendere per prepararsi correttamente ad un’eventuale pandemia influenzale ed alla necessità di stabilire adeguati strumenti per la prevenzione, l’identificazione rapida ed il monitoraggio epidemico, oltre che la cura ed il trattamento dei pazienti contagiati, limitando il rischio di contagio per gli operatori sanitari e per i cittadini.
Data l’impossibilità di prevedere tutti gli scenari, il Piano contiene ed indica gli elementi essenziali di cui i decisori e tutti i soggetti professionisti coinvolti, come le strutture del Servizio sanitario nazionale - SSN, devono essere avvertiti con lo scopo di facilitare, oltre al processo decisionale, l’uso razionale delle risorse, l’integrazione, il coordinamento degli attori interessati, oltre che la gestione della comunicazione.
Articoli 8 e 9
(Invarianza finanziaria. Entrata in vigore)
L’articolo 8 reca la clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 9 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il decreto-legge è dunque vigente dal 31 ottobre 2022.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto, quest'ultima legge (insieme con le modifiche apportate al decreto in sede di conversione) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] A tale proposito si ricorda che l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 era inizialmente prevista il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (quindi il 1° novembre 2022), ma è stata successivamente differita al 30 dicembre 2022 dall'articolo 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, che ha aggiunto un apposito articolo (99-bis) al d.lgs. n. 150 del 2022 per rinviarne l’entrata in vigore.
[2] La norma fa riferimento all’esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle parti private, degli imputati in procedimento connesso nonché agli atti di ricognizione e confronto.
[3] Si veda, in particolare, il paragrafo 9 della parte I
[4] Per un commento più analitico del contenuto della riforma si rinvia al Dossier del Servizio studi sul decreto legislativo n. 150. E' opportuno segnalare che il Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia ha emanato tre circolari relative ad alcune delle novità apportare dalla Riforma Cartabia in materia di: Udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta (circ. n. 212208 del 20 ottobre 2022); Processo in assenza (circ. n. 213319 del 21 ottobre 2022); Indagini preliminari (circ. n. 216881 del 26 ottobre 2022).
[5] Il comma 1 del presente articolo 7 reca novelle agli articoli 4, 4-bis e 4-ter del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, e successive modificazioni.
[6] L’obbligo comprendeva anche l’assunzione della dose di richiamo.
[7]
Riguardo agli ordini, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.
[8] Si ricorda che il richiamato articolo 1, comma 2, della L. 1° febbraio 2006, n. 43, attribuisce alla competenza delle regioni l’individuazione dei profili (e dei relativi requisiti di formazione) degli operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie disciplinate a livello nazionale.
[9] Cfr., a quest’ultimo riguardo, l’articolo 4-sexies, comma 2, del citato D.L. n. 44 del 2021.
[10] Per le specifiche categorie di lavoratori per le quali l'obbligo ha trovato applicazione fino al 15 giugno 2022 a prescindere dall'età anagrafica, cfr. gli articoli 4-ter.1 e 4-ter.2 del citato D.L. n. 44 del 2021.
[11]
La sanzione è comminata con riferimento ad una delle seguenti ipotesi:
-
mancato inizio del ciclo vaccinale primario entro il 15 giugno 2022;
-
mancato completamento del ciclo suddetto (qualora quest'ultimo consti di due dosi) entro la medesima data del 15 giugno 2022, fatta salva l'ipotesi di adempimento entro l'eventuale termine successivo fissato dalle piattaforme di prenotazione (nel rispetto delle circolari del Ministero della salute) per la somministrazione della seconda dose;
-
mancata assunzione della dose di richiamo (dose successiva al completamento del ciclo primario) entro la medesima data del 15 giugno 2022, fatta salva l'ipotesi di adempimento entro l'eventuale termine successivo, corrispondente al termine finale di validità del certificato verde COVID-19 generato dal completamento del suddetto ciclo primario.
[12] La disciplina procedurale in esame è posta dai commi da 3 a 6 del citato articolo 4-sexies del D.L. n. 44 del 2021, e successive modificazioni. Riguardo all'importo in misura fissa della sanzione, pari, come detto, a cento euro, cfr. la parte finale della presente scheda.
[14] Anagrafe istituita dal D.M. 17 settembre 2018. Si ricorda che essa è alimentata dalle corrispondenti anagrafi regionali (o delle province autonome).
[15] Cfr. l'articolo 3, comma 5-ter, del D.L. 14 gennaio 2021, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 marzo 2021, n. 29.
[16] Si ricorda che la citata L. n. 689 reca le norme generali in materia di sanzioni amministrative.
[17] Di cui all'articolo 44 del D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1.
[18] Cfr. il citato articolo 4-sexies del D.L. n. 44 del 2021.
[19] Cfr., da ultimo, l'ordinanza n. 5439 del 26 febbraio 2021 della seconda sezione civile della Corte di cassazione; tale ordinanza afferma che "quando le sanzioni sono determinate in misura fissa o proporzionale, è ammesso il pagamento in misura ridotta versando un importo corrispondente ad un terzo dei relativi importi, considerato che in tali sanzioni il minimo e il massimo edittali si identificano nella correlativa misura fissa o in quella proporzionale". Tale passaggio, incidentale nell'ambito della motivazione dell'ordinanza, conferma l'indirizzo interpretativo posto a base del dispositivo della sentenza n. 9972 del 12 maggio 2005 della sezione lavoro della medesima Corte; tale sentenza afferma che la disciplina sul pagamento in misura ridotta "trova applicazione anche quando si tratti di sanzione determinata in misura fissa, nel qual caso, tuttavia, identificandosi il minimo ed il massimo edittale in detta misura fissa, il pagamento ridotto deve essere commisurato ad un terzo della sanzione inflitta".
[20] Cfr. le nomine di cui al D.P.C.M. 29 marzo 2022. Riguardo al dirigente vicario e di supporto del direttore, si ricorda che il comma 1 del citato articolo 2 del D.L. n. 24 prevede che la nomina sia effettuata, su proposta del Ministro della salute, nell'ambito dei dirigenti di prima fascia appartenenti al ruolo dirigenziale del medesimo Ministero.
[21] Al riguardo, la norma legislativa prevede che il direttore si avvalga di personale individuato nell'ambito delle amministrazioni indicate dal comma 1 del citato articolo 2 del D.L. n. 24.
[22] Le eventuali somme ivi giacenti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate in tutto o in parte, anche con profilo pluriennale, mediante decreto del Ragioniere Generale dello Stato, ai pertinenti stati di previsione della spesa; le eventuali risorse non più necessarie sono acquisite all’erario.
[23] Le assunzioni sono ammesse in deroga alle norme che vietano transitoriamente assunzioni in caso di mancato adempimento, da parte della relativa amministrazione, di alcuni obblighi; il reclutamento in oggetto può avvenire sia mediante l'indizione di concorsi pubblici, secondo le modalità indicate dal comma 4 del citato articolo 2 del D.L. n. 24 e senza l'espletamento delle procedure di mobilità, sia mediante l'utilizzo di graduatorie vigenti o il ricorso alle procedure di mobilità volontaria.
[24] Riguardo a tale testo, cfr. l'A.S. n. 393.
[25] Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024.
[26] La preparedness nelle emergenze di sanità pubblica comprende tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive e a mitigare il loro impatto durante una emergenza di sanità pubblica, a prescindere dalla entità dell’evento (locale, regionale, nazionale, internazionale). Durante una emergenza di sanità pubblica sono richieste capacità di pianificazione, coordinamento, diagnosi tempestiva, valutazione, indagine, risposta e comunicazione.
[27] L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la readiness come la capacità di rispondere in modo tempestivo ed efficace alle emergenze/disastri mettendo in pratica le azioni realizzate nella preparedness.