Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Cultura
Titolo: Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca
Serie: Progetti di legge   Numero: 374
Data: 04/11/2024
Organi della Camera: VII Cultura

 


XIX LEGISLATURA

Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca

A.S. n. 1240

 

4 NOVEMBRE 2024

 

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 398

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Cultura

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Progetti di legge n. 374

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura

Introduzione. 5

Articolo 1 (Modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240) 8

Articolo 2 (Modifica al decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68) 23

Articolo 3 (Osservatorio per il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca presso le università, gli enti pubblici di ricerca e le istituzioni AFAM) 27

Articolo 4 (Clausola di invarianza finanziaria) 29

Articolo 5 (Entrata in vigore) 30

 


Schede di lettura


Introduzione

 

 

Il disegno di legge AS 1240, di iniziativa governativa, reca disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca.

Approvato dal Consiglio dei ministri in data 7 agosto 2024 (si veda il relativoil comunicato stampa), è stato presentato al Senato in data 20 settembre 2024 per avviare il proprio iter legislativo.

Obiettivo del provvedimento, come si evince dalla relazione illustrativa, è quello di giungere ad una riforma complessiva del cosiddetto “pre-ruolo universitario”, ossia quel segmento che intercorre tra il completamento del percorso di formazione superiore e l’avvio dell’attività di ricerca individuale.

Secondo una opinione condivisa, ad esempio,  anche dalla Corte dei conti [1] , il quadro legislativo che ha disciplinato la materia nell’ultimo quindicennio, costituito dalla legge  30 dicembre 2010, n. 240, “ha sostanzialmente dimostrato di non riuscire a sostenere efficacemente le istanze di un sistema complesso e ontologicamente cangiante”, definendo piuttosto un quadro preoccupante “in termini di certezza e di stabilità”.

Più in particolare, secondo quanto evidenziato dall’analisi di impatto della regolamentazione allegata al disegno di legge, l’analisi del sistema universitario italiano nel contesto europeo ci consegna un quadro dove, pur essendo i valori pro capite riferiti alla ricerca superiori alla media europea, l’Italia risulta in chiaro ritardo su diversi parametri di riferimento. In particolare:

- la percentuale dei laureati nella fascia 30-34 anni è molto più bassa rispetto alla media europea;

- il rapporto studenti per docente è molto più alto della media europea;

- il tasso di ingresso al dottorato di ricerca è molto più basso della media europea,

- la percentuale dei docenti con età inferiore ai 50 anni è molto più bassa della media europea.

Il Governo, nel documento citato, sottolinea pertanto, da una parte, l’esigenza di “ringiovanire il corpo docente” e, dall’altra quella di “armonizzare il sistema di reclutamento italiano con gli standard europei ed internazionali, anche in materia di durata massima dei contratti”.

Alle sfide appena citate si sono più recentemente aggiunte quelle più direttamente connesse all’esigenza di attuare, nei termini previsti, il PNRR, che impegna il Paese ad adoperarsi, tra l’altro, per giungere ad una maggiore valorizzazione delle competenze maturate con il dottorato, ad una semplificazione delle figure contrattuali del “pre-ruolo”, e al potenziamento e alla semplificazione delle procedure di reclutamento e di mobilità del personale.

Con questi obiettivi di fondo, negli ultimi anni si sono susseguiti taluni interventi normativi di particolare rilevanza.

In un primo momento, con il decreto-legge 8 giugno 2021, n. 80, sono state introdotte disposizioni per la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca, sia in ambito di reclutamento universitario sia nel mercato del lavoro e della pubblica amministrazione (qui il relativo dossier, si veda la scheda, a pagina 73, riferita ai commi da 8 a 10 dell’articolo 3).

In un secondo momento, in occasione della conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 (legge 29 giugno 2022, n. 79, qui il relativo dossier, si vedano le schede relative ai commi da 6-septies a 6-noviesdecies dell’articolo 14), si è intervenuti, per un verso, per sostituire le previgenti figure di ricercatore a tempo determinato di tipo A e di tipo B con una unica figura di ricercatore universitario a tempo determinato, titolare di un contratto di durata complessiva di sei anni, non rinnovabile (nuovo articolo 24, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240) e, per altro verso, per sostituire l’istituto dell’assegno di ricerca prevista dall’articolo 22 della medesima legge n. 240 del 2010, con quello del contratto di ricerca.

Tale ultimo intervento, precisa la relazione illustrativa, era finalizzato a sostituire una forma di lavoro di natura sostanzialmente parasubordinata con un vero e proprio contratto a tempo determinato, corredato di tutte le tutele stipendiali e dei diritti propri del rapporto di lavoro di natura subordinata, il cui trattamento economico è stato non a caso rimesso alla contrattazione collettiva nazionale.

Tuttavia, ad oltre due anni dalla sua previsione formale, la disciplina del nuovo istituto del contratto di ricerca non ha trovato concreta applicazione, alla luce delle difficoltà registrate al tavolo della contrattazione tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali sulla corretta interpretazione della norma istitutiva di tale figura, ed in particolare in ordine a quale dovesse essere l'oggetto stesso della contrattazione citata, se solo la determinazione dell’importo stipendiale (come sostenuto da ARAN) o anche l’intera disciplina della nuova figura del contrattista di ricerca, e dunque, tra l’altro, anche mansioni, compiti, diritti e doveri (come sostenuto dai sindacati).

Il protrarsi delle interlocuzioni ha costretto il Ministero a ricorrere, negli scorsi mesi, ad una serie di proroghe dell’ultrattività dei previgenti assegni di ricerca in essere, l’ultima delle quali, fino al 31 dicembre 2024, disposta dall’articolo 15 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71.

Non solo: come rileva la relazione illustrativa, “la lunghissima stasi registratasi in sede di contrattazione collettiva e, contestualmente, l’abolizione della possibilità di conferire borse di studio universitarie per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato [2] ha reso imprescindibile una riflessione più generale, congrua ed organica sul cosiddetto “pre-ruolo” nell’ambito della formazione superiore e della ricerca”.

Il testo del disegno di legge in esame scaturisce dalle risultanze dei lavori del Gruppo di lavoro a tal fine istituito dal Ministero con il decreto ministeriale 5 ottobre 2023, n. 1310, ed ha la finalità di “garantire un percorso di c.d. pre-ruolo certo e delimitato nel tempo, rendendo la carriera accademica e della ricerca maggiormente attrattiva per i soggetti più capaci e contribuendo ad abbassare l’età media dell’immissione in ruolo, in linea con gli standard dei Paesi europei.”

Per conseguire tali finalità, il disegno di legge, all’articolo 1, regolamenta “le figure non strutturate a tempo determinato che collaborano alle attività di ricerca e di docenza, in sinergia con il personale docente di ruolo e ai ricercatori a tempo determinato, in relazione alle modalità di reclutamento, all’attività da essi svolta, alla progressione nella carriera universitaria”, individuando una serie di distinte ipotesi contrattuali, cui corrispondono diversi livelli di autonomia scientifica: si tratta dei contratti post-doc, delle borse di assistenti all’attività di ricerca, dei contratti di professore aggiunto. Tali tipologie contrattuali andranno ad affiancarsi all’istituto del contratto di ricerca, cui le istituzioni della formazione superiore potranno iniziare a far ricorso non appena sarà conclusa la contrattazione sindacale in corso. L’analisi di impatto della regolamentazione allegata al disegno di legge afferma altresì che le nuove figure contrattuali introdotte  si configurano come “di alta specializzazione professionale finalizzate non solo all'avvio della carriera prettamente accademica ma, altresì, ad essere inserite nel mondo imprenditoriale”.

Il disegno di legge, con quanto disposto all’articolo 2, si occupa anche della fase precedente al termine del percorso formativo, estendendo alle iniziative di supporto alla ricerca le forme di collaborazione attivabili dagli studenti universitari presso gli atenei.

L’articolo 3 istituisce, per i primi tre anni di vigenza delle norme da esso introdotte, un Osservatorio per il monitoraggio dello stato della loro attuazione.

Gli articoli 4 e 5, sono dedicati rispettivamente, alla clausola di invarianza finanziaria e all’entrata in vigore.

 


Articolo 1
(
Modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240)

 

 

L’articolo 1, comma 1, introduce tre nuovi istituti contrattuali relativi alla fase pre-ruolo della carriera accademica, inserendo gli articoli 22-bis, 22-ter e 22-quater nella L. n. 240/2010. I nuovi istituti sono: i contratti post-doc, le borse di assistenza alla ricerca e i contratti da professore aggiunto. I contratti post-doc, finanziati in tutto o in parte con fondi interni, ovvero finanziati da soggetti terzi, sia pubblici che privati, sulla base di specifici accordi o convenzioni, sono stipulati ai fini dello svolgimento di attività di ricerca, nonché di collaborazione alle attività didattiche e di terza missione, e non dànno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle istituzioni da cui sono stipulati. Le borse di assistenza alla ricerca che possono essere conferite, e che comunque non dànno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle istituzioni da cui sono conferite, sono le borse junior e le borse senior. Esse possono anche essere conferite direttamente nel caso siano finanziate da risorse esterne, ottenute a livello nazionale, internazionale o europea sulla base di bandi competitivi. I contratti da professore aggiunto – che parimenti non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli universitari - sono stipulati in favore di esperti di alta qualificazione, anche appartenenti al mondo professionale, finalizzati allo svolgimento di specifiche attività didattiche, di ricerca e terza missione al fine di favorire la mobilità nazionale e internazionale del corpo docente, di incentivare la circolazione dei saperi nel sistema della ricerca, nonché di elevare il livello delle competenze applicate. Detti contratti sono finanziati, in tutto o in parte, con fondi interni, ovvero finanziati da soggetti terzi, sia pubblici che privati, sulla base di specifici accordi o convenzioni. Il comma 2 dell’articolo in esame disciplina il limite di spesa complessiva per l'attribuzione di contratti post-doc e di borse di assistenti alla ricerca relativamente al comparto delle istituzioni AFAM.

 

Come sopra anticipato, il comma 1 introduce gli articoli 22-bis, 22-ter e 22-quater nella L. n. 240/2010 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario).

 

Contratti post-doc

 

L’articolo 22-bis, composto da otto commi, al comma 1 prevede che taluni soggetti possono stipulare contratti a tempo determinato, denominati “contratti post-doc”, finanziati in tutto o in parte con fondi interni, ovvero finanziati da soggetti terzi, sia pubblici che privati, sulla base di specifici accordi o convenzioni.

I soggetti abilitati all’attivazione dei contratti post-doc sono i seguenti:

- le università;

 

In base all’articolo 1, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 19/2012, per università, ateneo o atenei, si intendono tutte le istituzioni universitarie italiane, statali e non statali, comunque denominate, ivi compresi gli istituti universitari a ordinamento speciale e le università telematiche.

 

- le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica ;

 

Si rammenta al riguardo che, secondo la L. n. 508/1999 (art. 2, co. 1), le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli ISIA, nonché i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati (trasformati in Istituti superiori di studi musicali e coreutici ai sensi del co. 2 dello stesso articolo), costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale. Inoltre, in base ai commi 7 e 8, lett. e), dell’articolo 2, un apposito regolamento governativo avrebbe dovuto introdurre, tra l’altro, la possibilità di prevedere, contestualmente alla riorganizzazione delle strutture e dei corsi esistenti e, comunque, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, una graduale statizzazione, su richiesta, degli attuali Istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute. Nell'ambito della graduale statizzazione si doveva tener conto, in particolare nei capoluoghi sprovvisti di istituzioni statali, dell'esistenza di Istituti non statali e di Istituti pareggiati o legalmente riconosciuti che avessero fatto domanda, rispettivamente, per il pareggiamento o il legale riconoscimento, ovvero per la statizzazione, possedendone i requisiti alla data di entrata in vigore della L. 508/1999. Successivamente, l’art. 22-bis del D.L. n. 50/2017 (L. n. 96/2017) ha disposto un graduale processo di statizzazione e razionalizzazione di alcuni istituti superiori musicali non statali e accademie non statali di belle arti. Per l’elenco Istituti AFAM statizzati si veda l’apposita pagina sul sito del MUR. Per completezza, si ricorda altresì che, in base all’art. 11, co. 1, del regolamento recante disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (DPR n. 212/2005 come modificato dal DPR n. 82/2024), a decorrere dall'anno accademico 2025/2026 e fino all'entrata in vigore del regolamento che disciplina le procedure, i tempi e le modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell'offerta didattica, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, lettera g), della L. 508/1999, l'autorizzazione a rilasciare i titoli di Alta formazione artistica, musicale e coreutica può essere conferita con decreto del Ministro, a qualificate istituzioni non statali con pluriennale esperienza nell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, in coerenza con linee generali d'indirizzo adottate con cadenza triennale dal Ministero sulla base delle esigenze di sviluppo a livello territoriale dell'offerta formativa. A tale fine, le istituzioni interessate presentano una relazione tecnica corredata dalla documentazione attestante la loro qualificazione, la conformità dell'ordinamento didattico adottato alle disposizioni vigenti per le istituzioni statali, nonché la disponibilità di idonee strutture e di adeguate risorse finanziarie e di personale.

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier Atti del Governo n. 131 dell’11 marzo 2024.

 

- le istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca ai sensi dell’articolo 74, quarto comma, del DPR n. 382/1980,

 

Tale disposizione prevede che il Ministro della pubblica istruzione (ora Ministro dell’istruzione e del merito) con suo decreto, su conforme parere del Consiglio universitario nazionale, potrà stabilire eventuali equipollenze con il titolo di dottore di ricerca dei diplomi di perfezionamento scientifico rilasciati dall'Istituto universitario europeo, dalla Scuola normale superiore di Pisa, dalla Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento di Pisa (poi confluita, ai sensi dell’art. 1, co. 1, della L. n. 41/1987, nella Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento S. Anna), dalla Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste e da altre scuole italiane di livello post-universitario e che siano assimilabili ai corsi di dottorato di ricerca per strutture, ordinamento, attività di studio e di ricerca e numero limitato di titoli annualmente rilasciati.

 

- gli enti pubblici di ricerca.

 

In base all’art. 1, co. 1, del d.lgs. 218/2016, gli Enti Pubblici di Ricerca sono i seguenti: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia Spaziale Italiana - ASI; Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR; Italiano di Studi Germanici; Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF; Istituto Nazionale di Alta Matematica “Francesco Severi” - INDAM; Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS; Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica - INRIM; Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche “Enrico Fermi”; Stazione Zoologica “Anton Dohrn”; Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - INVALSI; Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa - INDIRE; Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria - CREA; Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'energia e lo Sviluppo Sostenibile - ENEA; Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche - INAPP; Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT; Istituto Superiore di Sanità - ISS; Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA.

 

La stipula dei contratti post-doc è prevista ai fini dello svolgimento di attività di ricerca, nonché di collaborazione alle attività didattiche e di terza missione.

 

La terza missione

 

In ambito europeo si ricorda innanzi tutto la Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo - L'innovazione in un'economia fondata sulla conoscenza, del 20 settembre 2000, COM(2000) 567 finale, ove si precisa che gli approcci« tradizionali alla produzione e all'utilizzo della conoscenza dovrebbero venire adeguati sulla base della visione sistemica del processo di innovazione. A questo scopo sarebbe utile instaurare nuovi rapporti tra istituti pubblici di ricerca, università e imprese. Oltre al ruolo da loro svolto tradizionalmente nei campi dell'istruzione e della ricerca, le università dovrebbero assumere una terza missione: promuovere la diffusione della conoscenza e delle tecnologie, soprattutto nell'ambiente imprenditoriale locale. I grandi istituti e programmi di ricerca pubblici dovrebbero essere incoraggiati ad effettuare l'analisi comparativa delle proprie attività di trasferimento di tecnologia e dei partenariati con le imprese, ivi compresi quelli a livello comunitario».

Si veda anche il quarto considerando della Raccomandazione della Commissione, del 10 aprile 2008, relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca, numero C(2008) 1329, il quale sottolinea che la partecipazione attiva degli organismi pubblici di ricerca nella gestione della proprietà intellettuale e nel trasferimento delle conoscenze è essenziale per generare benefici socioeconomici e per attirare studenti, ricercatori e ulteriori finanziamenti per la ricerca.

Nel contesto della legislazione nazionale, l’art. 3, comma 1, lett. a), del regolamento concernente la struttura ed il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) - DPR n. 76 del 2010, attribuisce all’Agenzia il compito di valutare la qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione, ricerca, ivi compreso il trasferimento tecnologico delle università e degli enti di ricerca, anche con riferimento alle singole strutture dei predetti enti; le predette valutazioni si concludono entro un periodo di 5 anni.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alle Linee guida per la compilazione della Scheda Unica Annuale Terza Missione e Impatto Sociale SUA-TM/IS per le università (versione 7 novembre 2018), predisposte dall’ANVUR.

Nel Programma Nazionale della Ricerca (PNR) 2021-2027, p. 28, si osserva che nel «settennio 2021-27, un ruolo sempre più rilevante dovrà inoltre essere rivestito dalle attività della cosiddetta terza missione delle università e degli enti pubblici di ricerca, intesa come valorizzazione della conoscenza sul piano culturale, sociale ed economico. Come sottolineato dall’ANVUR nel Rapporto biennale sul sistema universitario e della ricerca 2018, le università restano sede primaria di formazione e apprendimento, ma divengono anche il luogo deputato alla formazione di tipo professionale ad alto livello di specializzazione, sono al centro dei processi di generazione e circolazione della conoscenza e sono chiamate a trasferire e valorizzare questa conoscenza e a integrare all’interno delle politiche pubbliche i risultati che si raggiungono».

Nel Rapporto sul sistema della formazione superiore e della ricerca 2023, p. 15, l’ANVUR ha altresì evidenziato che la valutazione della qualità della ricerca, che si è ulteriormente sviluppata nell’ultima VQR 2015-2019 con la messa a sistema della valutazione delle attività di terza missione, rappresenta un punto di riferimento per gli atenei e gli enti di ricerca.

Inoltre, l’art. 1, comma 297, L. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022), nel delineare le varie destinazioni dell’incremento del fondo per il finanziamento ordinario delle università ivi disposto, alla lettera a), stabilisce che le procedure di chiamata dei professori universitari, finanziate con tali risorse aggiuntive, devono valutare le competenze dell'aspirante nell'ambito della didattica, della ricerca e della terza missione. In base alla lettera b) del comma in questione, le risorse aggiuntive ivi previste sono finalizzate alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo delle università statali e al raggiungimento, da parte delle università, di più elevati obiettivi nell'ambito della didattica, della ricerca e della terza missione. Le singole università provvedono all'assegnazione del 50 per cento delle risorse a detto personale in ragione della partecipazione dello stesso ad appositi progetti finalizzati al raggiungimento di più elevati obiettivi nell'ambito della didattica, della ricerca e della terza missione.

Si veda l’approfondimento contenuto alle pp. 87-93 del Referto sul sistema universitario del maggio 2021, predisposto dalla Corte dei conti, sulle Strutture dedicate al trasferimento tecnologico: Uffici per il trasferimento tecnologico e imprese spin off.

Il nuovo istituto contrattuale è introdotto “fermo quanto previsto dall’articolo 22”, il quale ha per oggetto i contratti di ricerca.

 

Come si evince dalla relazione illustrativa, il contratto post-doc si presenta come istituto aggiuntivo e non sostitutivo rispetto alla tipologia del contratto di ricerca. Infatti, come evidenziato dalla stessa relazione a cui si rinvia per ulteriori ragguagli, dal 2022 ad oggi, la disciplina del contratto di ricerca in sede di contrattazione collettiva non ha ancora trovato una compiuta definizione. Proprio alla luce della mancata convergenza in sede di contrattazione collettiva, che non ha consentito, ad oggi, di attivare il contratto di ricerca, si è reso necessario ricorrere alla proroga dell’ultrattività dei precedenti assegni, la quale risulta attualmente fissata al 31 dicembre 2024.

 

Il comma 2 dell’articolo 22-bis in esame dispone che i contratti post-doc hanno durata almeno annuale e possono essere prorogati fino a una durata complessiva di tre anni. La durata complessiva dei rapporti così instaurati, con il medesimo soggetto anche da parte di università, istituzioni, ed enti pubblici di ricerca diversi, non può superare i tre anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente.

Il comma 3 prevede che possono concorrere alle selezioni per l’attribuzione di contratti post-doc esclusivamente coloro che sono in possesso del titolo di dottore di ricerca o di titolo equivalente conseguito all’estero, ovvero, per i settori interessati, del titolo di specializzazione di area medica, con esclusione del personale di ruolo, assunto a tempo indeterminato, delle istituzioni di cui al comma 1, nonché di coloro che hanno fruito di contratti di cui all'articolo 24.

 

L’art. 14, comma 6-decies, del D.L. n. 36/2022 (L. n. 79/2022), nel modificare l’articolo 24 della L. 240/2010, ha sostituito, a decorrere dal 30 giugno 2022, le preesistenti posizioni dei ricercatori a tempo determinato di tipo A e di tipo B (rispettivamente RTDa e RTDb) con un’unica figura di ricercatore a tempo determinato in c.d. tenure-track (RTT), il cui contratto ha una durata complessiva di sei anni, non è rinnovabile (co. 3) e può prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a 350 ore per il regime di tempo pieno e a 200 ore per il regime di tempo definito (co. 4). A partire dalla conclusione del terzo anno e per ciascuno dei successivi anni di titolarità del contratto, l'università valuta, su istanza dell'interessato, il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia (co. 5). La valutazione prevede, in ogni caso, lo svolgimento di una prova didattica nell'ambito del gruppo scientifico-disciplinare di riferimento (co. 5-bis). Il contratto per ricercatore universitario a tempo determinato non dà luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari e l'espletamento dello stesso costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni (co. 9).

 

Gli enti pubblici di ricerca possono consentire l’accesso alle procedure di selezione per il conferimento dei contratti di cui al presente articolo anche a coloro che sono in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, fermo restando che il titolo di dottore di ricerca costituisce titolo preferenziale ai fini della formazione delle relative graduatorie.

 

La relazione illustrativa motiva tale scelta normativa con la considerazione che, alla luce delle specificità degli enti pubblici di ricerca, si prevede la possibilità che il titolo di dottore di ricerca sia considerato preferenziale e non funga da requisito per l’accesso a specifici bandi emanati da questi enti, che al loro interno hanno anche la distinta carriera dei futuri tecnologi.

 

Il comma 4 prevede che le istituzioni di cui al comma 1 disciplinano, con apposito regolamento, le modalità di selezione per il conferimento dei contratti post-doc mediante l’indizione di procedure di selezione relative ad una o più aree scientifiche rientranti nel medesimo gruppo scientifico-disciplinare, volte a valutare il possesso di un curriculum scientifico-professionale idoneo allo svolgimento dell’attività oggetto del contratto, nonché le modalità di svolgimento dello stesso. I regolamenti di cui al primo periodo assicurano che la procedura di selezione preveda un colloquio orale, con possibilità che questo si svolga anche in una lingua diversa dall’italiano. Il bando di selezione, reso pubblico anche per via telematica nel sito internet dell’ateneo o dell’istituzione, del Ministero e dell’Unione europea, contiene informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale.

Il comma 5 dispone che l’importo del contratto post-doc è stabilito con decreto del Ministro, in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito.

 

Secondo quanto evidenziato nella RT, attualmente, per le istituzioni universitarie tale trattamento iniziale risulta essere pari a 26.988,50 euro (retribuzione annua lorda, che corrisponde a un costo complessivo per l’ente pari a 37.095,39 euro).

 

La spesa complessiva per l’attribuzione dei contratti post-doc non può essere superiore alla spesa media sostenuta nell’ultimo triennio per il conferimento degli assegni di ricerca e per la stipula dei contratti da ricercatore a tempo determinato di tipo A, previsti dall’articolo 24, comma 3, lettera a), L. 240/2010, nel testo vigente prima del 30 giugno 2022, data di entrata in vigore della L. n. 79/2022, di conversione del D.L. n. 36/2022, come risultante dai bilanci approvati. Il predetto limite di spesa non si applica nel caso in cui le risorse finanziarie provengano da progetti di ricerca, nazionali, europei o internazionali, ammessi al finanziamento sulla base di bandi competitivi.

Resta fermo quanto previsto dall’articolo 5 del d.lgs. n. 49/2012, per le università e, per gli enti pubblici di ricerca, dall’articolo 9, comma 2, del d.lgs. n. 218/2016.

 

L’articolo 5 del d.lgs. n. 49/2012 disciplina le modalità di calcolo del limite massimo alle spese di personale delle università, stabilendo che l'indicatore per l'applicazione di tale limite è calcolato rapportando le spese complessive di personale di competenza dell'anno di riferimento alla somma algebrica dei contributi statali per il funzionamento assegnati nello stesso anno e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (co. 1). Il limite massimo dell'indicatore è pari all'80 per cento (co. 6). Le definizioni necessarie per il calcolo dell'indicatore sono contenute nei commi da 2 a 4.

Per spese complessive di personale si intende la somma algebrica delle spese di competenza dell'anno di riferimento, comprensive degli oneri a carico dell'amministrazione, al netto delle entrate derivanti da finanziamenti esterni da parte di soggetti pubblici e privati aventi le caratteristiche di cui al successivo comma 5, relative a: assegni fissi per il personale docente e ricercatore a tempo indeterminato e determinato; assegni fissi per il personale dirigente, tecnico-amministrativo e per i collaboratori ed esperti linguistici a tempo indeterminato e a tempo determinato; trattamento economico del direttore generale; fondi destinati alla contrattazione integrativa; contratti per attività di insegnamento (co. 2). Per contributi statali per il funzionamento si intende la somma algebrica delle assegnazioni di competenza nell'anno di riferimento del FFO, del Fondo per la programmazione del sistema universitario, per la quota non vincolata nella destinazione, e di eventuali ulteriori assegnazioni statali con carattere di stabilità destinate alle spese complessive di personale di cui al comma 2 (co. 3). Per tasse, soprattasse e contributi universitari si intende il valore delle riscossioni totali, nell'anno di riferimento, per qualsiasi forma di tassa, soprattassa e contributo universitario a carico degli iscritti ai corsi dell'ateneo di qualsiasi livello, ad eccezione delle tasse riscosse per conto di terzi. Tale valore è calcolato al netto dei rimborsi effettuati agli studenti nello stesso periodo (co. 4). Le entrate derivanti da finanziamenti esterni di soggetti pubblici e privati destinate al finanziamento delle spese per il personale devono essere supportate da norme, accordi o convenzioni approvati dal consiglio di amministrazione che: assicurino un finanziamento non inferiore al relativo costo quindicennale per le chiamate di posti di professore di ruolo e di ricercatore a tempo determinato di tipo B, ovvero un finanziamento di importo e durata non inferiore a quella del contratto per i posti di ricercatore di tipo A; siano destinati al finanziamento di spese relative al personale dirigente e tecnico-amministrativo a tempo determinato o ai contratti di insegnamento (co. 5). Il Ministero dell'università e della ricerca procede annualmente alla verifica del rispetto del limite massimo dell'indicatore nella misura dell'80 per cento entro il mese di marzo di ciascun anno, con riferimento alla situazione al 31 dicembre dell'anno precedente, e ne comunica gli esiti alle università e al Ministero dell'economia e delle finanze (co. 7). Nello svolgimento delle proprie funzioni, il collegio dei revisori dei conti vigila sul puntuale rispetto delle disposizioni di cui ai commi 5 e 6.

Analogamente, l’articolo 9, comma 2, del d.lgs. n. 218/2016 stabilisce che l'indicatore del limite massimo alle spese di personale degli enti pubblici di ricerca è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell'anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell'Ente come risultante dai bilanci consuntivi dell'ultimo triennio. Negli Enti tale rapporto non può superare l'80 per cento.

 

Il comma 6 prevede che il contratto post-doc non è compatibile con la frequenza di corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca o specializzazione di area medica, in Italia o all'estero, né con qualsiasi altro rapporto di lavoro subordinato presso soggetti pubblici o privati, nonché con la titolarità di contratti di ricerca e di assegni di ricerca e comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

Il comma 7 prevede che il contratto post-doc non è cumulabile con borse di assistenza alla ricerca, con borse di dottorato di ricerca ovvero con qualsiasi borsa di studio, a qualunque titolo conferita da istituzioni nazionali o straniere, salvo il caso in cui questa sia finalizzata alla mobilità internazionale per motivi di ricerca.

Il comma 8 dispone che i contratti post-doc non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle istituzioni da cui sono erogati, né possono essere computati ai fini di cui all’articolo 20 del d.lgs. n. 75/2017.

 

L’articolo 20 del d.lgs. n. 75/2017, prevede in via transitoria sia una specifica procedura di stabilizzazione diretta, sia l'espletamento di specifiche procedure concorsuali riservate. Si ricorda che dall'applicazione della disciplina in esame sono esclusi il personale dirigenziale (tale esclusione non concerne gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale), il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, i comuni che per l'intero quinquennio 2012-2016 non abbiano rispettato i vincoli di finanza pubblica, nonché le Istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica fino all'adozione del regolamento disciplinante le procedure di reclutamento del personale di cui all'articolo 2, comma 7, lettera e), della L. n. 508/1999 (art. 20, c. 4, 9 e 11, d.lgs. 75/2017).

In particolare, il co. 1 ha consentito, fino al 31 dicembre 2023, alle amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, la possibilità, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale in possesso di determinati requisiti.

Il co. 2 dell’articolo in questione attribuisce alle amministrazioni, fino al 31 dicembre 2024, il potere di bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale in possesso di tutti i seguenti requisiti: risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2024, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

Il co. 2-bis ha peraltro prorogato fino al 31 dicembre 2026 la validità delle disposizioni dei commi 1 e 2 per le finalità connesse alla stabilizzazione delle ricerche collegate al PNRR, con riferimento agli enti pubblici di ricerca di cui all'articolo 1 del d.lgs. n. 218/2016.

 

Assistenti alla ricerca

 

L’articolo 22-ter, costituito da dieci commi, al comma 1, prevede che i medesimi soggetti che possono stipulare contratti post-doc in base all’articolo 22-bis (vale a dire le università, le istituzioni AFAM, le istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca e gli enti pubblici di ricerca) possono conferire le due seguenti tipologie di borse di assistenza alle attività di ricerca:

a) borse di assistente alla ricerca junior, finalizzate all’introduzione alla ricerca e all’innovazione sotto la supervisione di un tutor, delle quali possono essere destinatari giovani studiosi che sono in possesso di titolo di laurea magistrale o a ciclo unico da non più di sei anni e di un curriculum idoneo all’assistenza allo svolgimento di attività di ricerca;

b) borse di assistente alla ricerca senior, finalizzate esclusivamente allo svolgimento di attività di ricerca, delle quali possono essere destinatari studiosi che hanno conseguito, da non più di sei anni, il titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente conseguito all’estero ovvero, per i settori interessati, il diploma di specializzazione di area medica.

Il comma 2 dispone che la titolarità delle predette borse di assistenza alla ricerca non è compatibile con quella delle borse di dottorato di ricerca o per la frequenza di corsi di specializzazione di area medica. La titolarità di tali borse comporta il collocamento in aspettativa senza assegni per il dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

Il comma 3 affida alle istituzioni e agli enti abilitati all’attribuzione delle borse il compito di disciplinarne le modalità di conferimento con apposito regolamento, prevedendo l’individuazione di una o più aree scientifiche rientranti nel medesimo gruppo scientifico-disciplinare. Tali regolamenti assicurano la valutazione comparativa dei candidati mediante esame dei titoli e delle pubblicazioni ad opera di una commissione. Il bando di selezione, reso pubblico anche per via telematica nel sito internet dell’ateneo o dell’istituzione, del Ministero e dell’Unione europea, contiene informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione e sul trattamento economico e previdenziale attribuiti ai borsisti.

Il comma 4 stabilisce che gli enti pubblici di ricerca possono consentire l'accesso alle procedure di selezione per le borse di assistente alla ricerca senior anche a coloro che sono in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca, fermo restando che il titolo di dottore di ricerca costituisce titolo preferenziale ai fini della formazione delle relative graduatorie.

Il comma 5 esclude dalle procedure di selezione per il conferimento delle borse coloro che hanno fruito di contratti di ricercatore a tempo determinato di cui all’articolo 24 della L. 240/2010, nonché il personale di ruolo, assunto a tempo indeterminato, delle istituzioni di cui al comma 1.

Il comma 6 stabilisce la facoltà, per le istituzioni e gli enti di cui al comma 1, di prevedere procedure di conferimento diretto per le borse di assistenza alla ricerca finanziate da risorse esterne, ottenute a livello nazionale, internazionale o europea sulla base di bandi competitivi. Il conferimento ha luogo mediante avvisi pubblicati nel proprio sito internet ai fini della raccolta delle manifestazioni di interesse da parte dei candidati. Nei casi predetti, su indicazione del responsabile scientifico del progetto di ricerca, la borsa è conferita direttamente al candidato con un profilo scientifico professionale ritenuto idoneo allo svolgimento del progetto stesso. Della decisione di affidamento è data notizia nel sito internet dell’istituzione o dell’ente che conferisce la borsa.

Il comma 7 prevede che l’importo delle borse è determinato dal soggetto che intende conferirle, sulla base di un importo minimo, stabilito con decreto del Ministro per le due tipologie di cui al comma 1, lettere a) e b). La spesa complessiva per il conferimento delle borse non può essere superiore alla spesa media sostenuta nell’ultimo triennio per il conferimento degli assegni di ricerca di cui all’articolo 22, nel testo vigente prima del 30 giugno 2022, data di entrata in vigore della L. n. 79/2022, di conversione del D.L. n. 36/2022, come risultante dai bilanci approvati.

 

Al riguardo, la RT fa presente che le borse di assistenti alla ricerca andranno a sostituire gli assegni di ricerca previsti dall’originario articolo 22 della legge n. 240 del 2010, con importi modulati e variabili a seconda delle tipologie e delle corrispettive mansioni svolte sulla base di un successivo decreto ministeriale. Questo perché, sin dal momento immediatamente successivo alla entrata in vigore della legge n. 79 del 2022, è apparsa evidente la necessità di prevedere una figura contrattuale intermedia tra il nuovo contratto di ricerca, disciplinato dal nuovo articolo 22 – peraltro, ancora non attivo a causa dello stallo in sede di contrattazione collettiva – e le altre forme di collaborazione alla ricerca vigenti, quali le borse di ricerca da conferire in una fase precedente alla frequenza del dottorato di ricerca. Tale necessità è stata a più riprese sottolineata dalle stesse università e confermata dai successivi interventi di proroga della possibilità di conferire gli assegni di ricerca, inizialmente previsto per sei mesi, che hanno consentito, di fatto, un’ultrattività dell’istituto superiore ai due anni.

 

Il predetto limite di spesa non si applica nel caso in cui le risorse finanziarie provengano da progetti di ricerca, nazionali, europei o internazionali, ammessi al finanziamento sulla base di bandi competitivi.

 

Riguardo all’ambito previdenziale, si prevede che i soggetti in esame siano iscritti alla cosiddetta Gestione separata dell’INPS [3] . A tale iscrizione conseguono (oltre che l’applicazione del regime pensionistico proprio della medesima Gestione) anche: il riconoscimento dell’indennità di maternità, relativa al periodo di astensione obbligatoria dal lavoro o anche agli eventuali periodi interessati dal divieto anticipato di prestazione lavorativa o dall’interdizione dalla stessa (tutti i suddetti periodi sono individuati, nell’ordinamento della Gestione separata, mediante rinvio alle norme per le lavoratrici dipendenti) [4] ; l’indennità di malattia secondo le condizioni poste dalle norme relative alla suddetta Gestione [5] . Il comma 8 in esame, nel confermare l’applicazione delle suddette indennità, dispone che, per il summenzionato periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, la misura dell’indennità di maternità (corrisposta, come detto, dall’INPS) è integrata dall’università fino a concorrenza dell’intero importo della borsa di assistenza alle attività di ricerca; si ricorda che la previsione di un’omologa integrazione è posta nella disciplina, relativa ai titolari di assegni per attività di ricerca, stabilita dal testo dell’articolo 22 della L. 30 dicembre 2010, n. 240, previgente rispetto all’ultima novella, la quale sostituisce la suddetta figura degli assegnisti con quella dei titolari del contratto di ricerca (novella di cui all’articolo 14, comma 6-septies, del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 giugno 2022, n. 79) [6] .

In relazione ai profili fiscali, il medesimo comma 8 dichiara espressamente applicabili alle borse previste dall’articolo in esame le disposizioni di cui all'articolo 4 della L. n. 476/1984.

 

Al riguardo si rammenta che il citato articolo 4 della legge n. 476 del 1984 (recante norma in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università) dispone l'esenzione dall'imposta locale sui redditi e da quella sul reddito delle persone fisiche delle borse di studio per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca e dei corsi di perfezionamento e di specializzazione e degli assegni di studio universitari corrisposti dallo Stato o dalle regioni.

 

Il comma 9 dispone che ciascuna borsa di assistente alla ricerca, conferita al medesimo soggetto anche da istituzioni ed enti diversi, ha una durata minima di un anno e massima, compresi eventuali rinnovi o proroghe, di tre anni, anche non continuativi. Ai fini del computo dei termini non sono presi in considerazione i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o paternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente. 

In base al comma 10, le borse di assistente alla ricerca non dànno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle istituzioni da cui sono erogati, né possono essere computate ai fini di cui all’articolo 20 del d.lgs. n. 75/2017 (sul quale si veda sopra).

 

Contratti da professore aggiunto

 

L’articolo 22-quater, che si compone di quattro commi, al comma 1, introduce la possibilità di stipulare contratti da professore aggiunto (adjunct professor) in favore di esperti di alta qualificazione, anche appartenenti al mondo professionale, finalizzati allo svolgimento di specifiche attività didattiche, di ricerca e terza missione al fine di favorire la mobilità nazionale e internazionale del corpo docente, di incentivare la circolazione dei saperi nel sistema della ricerca, nonché di elevare il livello delle competenze applicate.

I soggetti abilitati alla stipula dei predetti contratti sono:

- le università;

- le istituzioni di cui all’articolo 74, quarto comma, del DPR n. 382/1980 (in relazione alle quali si veda sopra).

Il comma 2 impone alle istituzioni sopra indicate, ai fini della stipula dei contratti da professore aggiunto, la pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale di avvisi pubblici per la raccolta delle manifestazioni di interesse in relazione a specifiche esigenze didattiche, di ricerca e di terza missione, di cui al comma 1.

Il comma 3 prevede che i contratti da professore aggiunto sono stipulati su proposta formulata dal rettore al consiglio di amministrazione, previo parere del senato accademico e pubblicazione del curriculum del candidato nel sito internet dell’università. Tali contratti hanno una durata minima di tre mesi e sono rinnovabili fino ad una durata massima di tre anni e sono finanziati, in tutto o in parte, con fondi interni, ovvero finanziati da soggetti terzi, sia pubblici che privati, sulla base di specifici accordi o convenzioni.

Il comma 4 specifica che la stipulazione dei contratti da professore aggiunto non dà luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli universitari, ma consente di computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari di contratti nell’ambito delle risorse vincolate di cui all’articolo 18, comma 5, della L. n. 240/2010.

 

Tale disposizione riserva la partecipazione ai gruppi e ai progetti di ricerca delle università, qualunque ne sia l'ente finanziatore, e lo svolgimento delle attività di ricerca presso le università, esclusivamente: ai professori e ai ricercatori universitari, anche a tempo determinato; ai titolari degli assegni di ricerca; agli studenti dei corsi di dottorato di ricerca, nonché a studenti di corsi di laurea magistrale nell'ambito di specifiche attività formative; ai professori a contratto di cui all'articolo 23; al personale tecnico-amministrativo in servizio presso le università e a soggetti esterni purché in possesso di specifiche competenze nel campo della ricerca; ai dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, di enti pubblici o privati, di imprese, ovvero a titolari di borse di studio o di ricerca banditi sulla base di specifiche convenzioni e senza oneri finanziari per l'università ad eccezione dei costi diretti relativi allo svolgimento dell'attività di ricerca e degli eventuali costi assicurativi.

 

Il trattamento economico spettante ai titolari dei contratti da professore aggiunto è determinato da ciascuna istituzione di cui al comma 1 sulla base della posizione e dell’accordo con il destinatario, nel rispetto di quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 23, comma 2, della L. n. 240/2010.

 

L’ultimo periodo dell’articolo 23, comma 2, della L. n. 240/2010 ha demandato a un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione del trattamento economico spettante ai titolari dei contratti per attività di insegnamento. In attuazione di tale disposizione è stato adottato il DM n. 313/2011 (Trattamento economico spettante ai titolari dei contratti per attività di insegnamento), il quale si applica alle università statali e stabilisce (all’articolo 1, comma 1) che il trattamento economico spettante ai titolari dei contratti per attività di insegnamento stipulati ai sensi dall'art. 23, comma 2, della L. n. 240/2010, è determinato da ciascuna università, anche in relazione ad eventuali finanziamenti esterni e comunque nei limiti delle disponibilità di bilancio, tra un minimo di euro 25 ed un massimo di euro 100, per ciascuna ora di insegnamento, secondo i parametri di cui al comma 2. I predetti importi si intendono al netto degli oneri a carico dell'amministrazione e sono comprensivi del compenso relativo alle attività di preparazione, supporto agli studenti e verifica dell'apprendimento connesse all'insegnamento erogato. In base al co. 2, entro gli importi di cui al comma 1 il trattamento economico è determinato dalle università in relazione a: la tipologia dell'attività didattica o integrativa; il numero degli studenti; l'eventuale qualificazione scientifica e/o professionale richiesta; le disponibilità di bilancio.

Si rammenta altresì, a fini di completezza dell’esposizione, che l’articolo 23, comma 2, della L. n. 240/2010, prevede che, fermo restando l'affidamento a titolo oneroso o gratuito di incarichi di insegnamento al personale docente e ricercatore universitario, le università possono, altresì, stipulare contratti a titolo oneroso, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali. Il possesso del titolo di dottore di ricerca, della specializzazione medica, dell'abilitazione, ovvero di titoli equivalenti conseguiti all'estero, costituisce titolo preferenziale ai fini dell'attribuzione dei predetti contratti. I contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con regolamenti di ateneo, nel rispetto del codice etico, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti.

 

Inoltre il trattamento economico spettante ai titolari dei contratti da professore aggiunto rileva anche ai fini del calcolo dell’indicatore delle spese per il personale di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 49/2012 (in relazione al quale si veda sopra).

 

 

Disciplina relativa alla determinazione della spesa complessiva per l'attribuzione di contratti post-doc e di borse di assistenti alla ricerca per le istituzioni AFAM

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che per i primi quattro anni successivi alla data di in vigore della legge, la spesa complessiva per l'attribuzione di contratti post-doc e di borse di assistenti alla ricerca per ciascuna delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica non può essere superiore alla spesa media sostenuta dalla medesima istituzione nel triennio 2021-2023 per le finalità di cui all'articolo 1, comma 284, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160/2019), come risultante dai bilanci approvati.

L’art. 1, co. 284, della L. 160/2019 ha stabilito che per le esigenze didattiche cui non si possa far fronte con il personale di ruolo o con contratto a tempo determinato nell'ambito delle dotazioni organiche, le istituzioni AFAM provvedono – in deroga al divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (si veda al riguardo l'art. 7, co. 5-bis, del d.lgs. 165/2001) – all’attribuzione di incarichi di insegnamento della durata di un anno accademico, rinnovabili annualmente per un periodo massimo di 3 anni, tramite stipula di contratti di collaborazione continuativa.

A sua volta, il co. 285 – come modificato dall’art. 1, comma 894, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 178/2020) - ha disposto che gli incarichi di insegnamento di cui al co. 284 non sono conferibili al personale in servizio di ruolo nella medesima istituzione e sono attribuiti previo espletamento di procedure pubbliche che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. L'attribuzione dei medesimi incarichi di insegnamento non dà luogo in ogni caso a diritti in ordine all'accesso ai ruoli.

Successivamente il comma 891 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 178/2020) ha disposto che gli incarichi di docenza attribuiti dalle istituzioni AFAM statali per esigenze didattiche cui non si possa far fronte nell’ambito delle dotazioni organiche – compresi quelli attribuiti tramite stipula di contratti di collaborazione continuativa ai sensi dell’art. 1, co. 284, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) – sono ridotti, a decorrere dall’a.a. 2021/2022, in conseguenza dell’incremento di organico disposto ai sensi del comma 888. Resta comunque ferma la durata dei contratti in essere.

A tali fini, le medesime istituzioni sono state chiamate a effettuare, entro il 1° aprile 2021, una ricognizione degli incarichi in parola.

 

A decorrere dal quinto anno successivo alla data di entrata in vigore della legge, il limite di spesa per le medesime finalità è individuato, per ciascuna istituzione, dalla spesa media annuale del triennio precedente per i contratti post-doc e le borse di assistenti alla ricerca, anche in considerazione delle risultanze della relazione annuale sullo stato di attuazione degli istituti giuridici introdotti dall’articolo 1 qui in esame che l’istituendo Osservatorio per il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca presso le università, gli enti pubblici di ricerca e le istituzioni AFAM deve trasmettere al Ministro dell'università e della ricerca in base all'articolo 3, comma 3, della presente legge, alla cui scheda di lettura si rinvia.


Articolo 2
(Modifica al decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68)

 

 

L’articolo 2 estende alle attività connesse all’assistenza alla ricerca le forme di collaborazione che, attualmente, possono essere svolte dagli studenti universitari solo in relazione ai servizi e al tutorato esercitati presso gli atenei.

 

Nello specifico, ciò avviene, come previsto dal suo unico comma, per mezzo di una integrazione all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2012, in materia di attività a tempo parziale (retribuita) degli studenti universitari e delle istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) (si veda il testo a fronte alle pagine 25-26).

 

Si ricorda che il suddetto articolo 11 del decreto legislativo n. 68 del 2012 prevede, al comma 1, che le università, le istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, gli enti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano erogatori dei servizi per il diritto allo studio, sentiti gli organi di rappresentanza degli studenti previsti dallo Statuto, disciplinano con propri regolamenti le forme di collaborazione degli studenti ad attività connesse ai servizi e al tutorato di cui all'articolo 13 della legge n. 341 del 1990 (finalizzato ad orientare ed assistere gli studenti lungo tutto il corso degli studi), resi anche dai collegi non statali legalmente riconosciuti, con esclusione di quelle inerenti alle attività di docenza, allo svolgimento degli esami, nonché all'assunzione di responsabilità amministrative.

Ora, la disposizione in esame prevede che tali forme di collaborazione degli studenti siano possibili anche in relazione ad attività connesse all’assistenza alla ricerca.

 

Per completezza di informazione, si riporta di seguito quanto disposto dai restanti commi dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 68 del 2012, non novellati dalla disposizione in commento.

Ai sensi del comma 2, l'assegnazione delle collaborazioni di cui sopra avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e sulla base di graduatorie formulate secondo criteri di merito e condizione economica.

Il comma 3 prevede che la prestazione richiesta allo studente per le suddette collaborazioni comporta un corrispettivo, esente da imposte, entro il limite di 3.500 euro annui. La collaborazione non configura in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato e non dà luogo ad alcuna valutazione ai fini dei pubblici concorsi. Il corrispettivo orario, che può variare in relazione al tipo di attività svolta, è determinato dalle università e dalle istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, che provvedono alla copertura assicurativa contro gli infortuni.

Il comma 4, infine, dispone che i regolamenti di cui al comma 1 del medesimo articolo sono emanati nel rispetto dei seguenti criteri:

a) selezione degli studenti valorizzando il merito negli studi;

b) prestazioni lavorative dello studente in numero massimo di 200 ore per ciascun anno accademico;

c) precedenza, a parità di curriculum formativo, accordata agli studenti in condizioni economiche maggiormente disagiate.

 

La relazione illustrativa rileva che la disposizione in commento consiste in un ulteriore strumento per valorizzare gli studenti universitari che mostrano predisposizione per l’attività di ricerca, rendendo possibile il loro coinvolgimento già durante il percorso universitario.

L’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR) rende noto che, quanto “al numero degli studenti che svolgono attività a tempo parziale, presso le università e le istituzioni di alta formazione musicale e coreutica, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2012, gli stessi sono in totale 19.665 nell’anno accademico 2022-2023”.

La relazione tecnica rileva che l’assegnazione delle previste forme di collaborazione avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle singole istituzioni, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e sulla base di graduatorie formulate secondo criteri di merito e condizione economica. “La disposizione, pertanto – come evidenziato dalla stessa relazione tecnica - integrando una norma di carattere ordinamentale, è, a sua volta, inidonea a produrre effetti a carico della finanza pubblica”.


 

 

 

TESTO A FRONTE

 

Decreto legislativo n. 68 del 2012

Testo vigente

Modificazioni apportate dall’art. 2 del disegno di legge in esame

Art. 11

(Attività a tempo parziale degli studenti)

Art. 11

(Attività a tempo parziale degli studenti)

1. Le università, le istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, gli enti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano erogatori dei servizi per il diritto allo studio, sentiti gli organi di rappresentanza degli studenti previsti dallo Statuto, disciplinano con propri regolamenti le forme di collaborazione degli studenti ad attività connesse ai servizi e al tutorato di cui all'articolo 13 della legge 19 novembre 1990, n. 341, resi anche dai collegi non statali legalmente riconosciuti, con esclusione di quelle inerenti alle attività di docenza, allo svolgimento degli esami, nonché all'assunzione di responsabilità amministrative.

1. Le università, le istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, gli enti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano erogatori dei servizi per il diritto allo studio, sentiti gli organi di rappresentanza degli studenti previsti dallo Statuto, disciplinano con propri regolamenti le forme di collaborazione degli studenti ad attività connesse all’assistenza alla ricerca, nonché ai servizi e al tutorato di cui all'articolo 13 della legge 19 novembre 1990, n. 341, resi anche dai collegi non statali legalmente riconosciuti, con esclusione di quelle inerenti alle attività di docenza, allo svolgimento degli esami, nonché all'assunzione di responsabilità amministrative.

2. L'assegnazione delle collaborazioni di cui al comma 1 avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e sulla base di graduatorie formulate secondo criteri di merito e condizione economica.

2. Identico

3. La prestazione richiesta allo studente per le collaborazioni di cui al comma 1 comporta un corrispettivo, esente da imposte, entro il limite di 3.500 euro annui. La collaborazione non configura in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato e non dà luogo ad alcuna valutazione ai fini dei pubblici concorsi. Il corrispettivo orario, che può variare in relazione al tipo di attività svolta, è determinato dalle università e dalle istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, che provvedono alla copertura assicurativa contro gli infortuni.

3. Identico

4. I regolamenti di cui al comma 1 sono emanati nel rispetto dei seguenti criteri:

a) selezione degli studenti valorizzando il merito negli studi;

b) prestazioni lavorative dello studente in numero massimo di 200 ore per ciascun anno accademico;

c) precedenza, a parità di curriculum formativo, accordata agli studenti in condizioni economiche maggiormente disagiate.

4. Identico

 


Articolo 3
(Osservatorio per il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca presso le università, gli enti pubblici di ricerca e le istituzioni AFAM)

 

 

L’articolo 3 istituisce, presso il Ministero dell’università e della ricerca, un Osservatorio per il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca presso università, enti pubblici di ricerca e istituzioni AFAM.

 

Nello specifico, il comma 1 prevede l’istituzione, presso il Ministero dell’università e della ricerca, di un Osservatorio per il monitoraggio dello stato di attuazione della disciplina in materia di accesso alla ricerca presso le università, gli enti pubblici di ricerca e le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).

 

Ai sensi del comma 2, l’Osservatorio è composto da un numero non superiore a sette “soggetti” (rectius: componenti o membri) “individuati” (rectius: nominati) dal Ministro dell’università e della ricerca tra rappresentanti delle università, degli enti pubblici di ricerca e delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), nonché tra esperti di elevata qualificazione e di comprovata esperienza nella materia

 

In relazione a quanto disposto dal comma 2 dell’articolo in commento, si valuti l’opportunità di chiarire ad esito di quale procedura, e mediante quale atto, debba avvenire la selezione, in capo al Ministro, dei componenti dell’Osservatorio.

 

Quanto alla lista completa delle università e delle istituzioni AFAM, e degli enti pubblici di ricerca, si rinvia alle pagine rispettivamente dedicate a tali tipologie di istituzioni sul sito web del Ministero dell’università e della ricerca.

 

Il comma 3 dispone che l’Osservatorio, in raccordo con il Ministero dell’università e della ricerca, nonché con il Consorzio interuniversitario CINECA (qui l’ultima relazione della Corte dei conti al Parlamento sul predetto ente) e con l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) (qui l’ultima relazione della Corte dei conti sull’ANVUR), valuta, nei primi tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente disegno di legge, l’attuazione degli istituti giuridici ivi previsti, trasmette una relazione sullo stato di attuazione al Ministro dell’università e della ricerca con cadenza annuale e formula proposte in materia.

 

Il comma 4, infine, reca una clausola di invarianza finanziaria dell’articolo, prevedendo che all'istituzione ed al funzionamento dell’Osservatorio di cui sopra si provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e che la partecipazione all'Osservatorio non dà luogo alla corresponsione di compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

La relazione tecnica del disegno di legge in esame precisa che, considerata l’assenza di compensi, emolumenti o rimborsi di spese a qualunque titolo conferiti ai componenti dello stesso e il ricorso alle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, gli eventuali oneri relativi alle spese di funzionamento dell’Osservatorio saranno coperti a valere sulle spese destinate al personale del Segretariato generale di cui alla Missione 23, Programma 4, Capitolo 1789 dello stato di previsione del dicastero dell’Università e della ricerca (qui la ripartizione in capitoli del bilancio 2024, che vede, al foglio 35, risorse complessive su tale capitolo, sia in conto competenza sia in conto cassa, per circa 263 mila euro per il 2024 e per circa 277 mila euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026).

 


Articolo 4
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

 

L’articolo 4 prevede una clausola d’invarianza finanziaria dell’intero disegno di legge.

 

Nello specifico, il suo unico comma dispone che dall’attuazione del disegno di legge in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 

 

La relazione tecnica, in merito a tale previsione, rileva in particolare che “le istituzioni destinatarie delle norme, beneficiando dell’integrazione degli strumenti normativi per il reclutamento di personale docente e ricercatore, manterranno la loro autonomia nella determinazione del numero delle posizioni attivabili nell’ambito della propria programmazione, nonché delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, sulla base ed entro i limiti delle rispettive disponibilità di bilancio e con i medesimi strumenti di finanziamento già in vigore. Le disposizioni che si propongono risultano, pertanto, neutre dal punto di vista finanziario, non comportando nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.


Articolo 5
(Entrata in vigore)

 

 

L’articolo 5 dispone in merito all’entrata in vigore della legge.

 

Nello specifico, il suo unico comma prevede che il presente disegno di legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 



[1]     La relazione illustrativa cita in proposito il Referto sul sistema universitario, pubblicato nel maggio 2021 (si veda, in particolare, quanto rilevato a pagina 135 di tale documento)

[2]     Ci si riferisce a quanto disposto dall’articolo 14, comma 6-vicies ter del medesimo decreto-legge istitutivo della nuova figura del contratto di ricerca, il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, convertito, con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79 (si veda il dossier citato supra).

[3]     Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati). In via generale, dall’ambito della Gestione sono esclusi i soggetti assegnatari di borse di studio, mentre sono specificamente ricompresi i dottorandi di ricerca percettori di una borsa di studio (cfr. l’articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 3 agosto 1998, n. 315) e i titolari di assegni per attività di ricerca (riguardo a questi ultimi soggetti, cfr. anche infra).    

[4]     Cfr. il D.M. 12 luglio 2007 (che fa anche rinvio al D.M. 4 aprile 2002) e l’articolo 12, comma 7, del regolamento di cui al D.M. 14 dicembre 2021, n. 226.

[5]     Cfr. il richiamato articolo 1, comma 788, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché l'articolo 24, comma 26, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[6]     Riguardo all’inclusione della suddetta integrazione relativa alle assegniste nella base imponibile della contribuzione previdenziale, cfr. la circolare dell’INPS n. 165 del 28 dicembre 2011.