Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione urbana 2 ottobre 2023 |
Indice |
Premessa|Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite| |
PremessaRigenerazione urbana e consumo di suolo
Ad oggi, la rigenerazione urbana non trova una compiuta definizione nell'ordinamento nazionale, pur essendo presenti numerosi riferimenti ad essa nella legislazione statale e definizioni non sempre convergenti in numerose leggi regionali. Lo stesso avviene per il consumo di suolo.
Come sottolineato nel rapporto "
Le politiche di rigenerazione urbana: prospettive e possibili impatti", pubblicato nel giugno del 2022 dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con il Cresme, rigenerazione urbana e consumo di suolo costituiscono oggi un binomio inscindibile, che costituisce la base di una pluralità di politiche pubbliche aventi ad oggetto la tutela dell'ambiente e del paesaggio e il recupero, riuso e rifunzionalizzazione del costruito in un'ottica di superamento dell'urbanistica di espansione e di promozione dell'economia circolare, nonché di politiche sociali e culturali che hanno come oggetto di intervento non solo le aree periferiche o fisicamente degradate, ma anche quelle caratterizzate da servizi di bassa qualità, da degrado sociale, da disagio economico e deficit culturale.
Come viene evidenziato nella premessa del volume pubblicato da Ifel-Fondazione Anci nel giugno 2023 e intitolato "
Riprendiamoci la città - Manuale d'uso per la gestione della rigenerazione urbana", le matrici comuni e fondanti della rigenerazione urbana "sono la riqualificazione, il riuso e il recupero del patrimonio edilizio all'interno di una 'nuova relazione tra la comunità territoriale e l'ambiente che la circonda' improntata proprio ai canoni della sostenibilità. La rigenerazione urbana è rivolta alla tutela non solo del suolo ma anche del tessuto sociale. Guarda anche ai territori come strumento politico di riduzione delle disuguaglianze, di garanzia di pari dignità dei cittadini indipendentemente dalle zone in cui vivano".
I principali obiettivi a livello internazionale ed europeoA livello internazionale, il tema della rigenerazione urbana trova un suo riferimento fondamentale nell'Obiettivo 11 dell'Agenda 2030 dell'ONU, concernente il traguardo di città e comunità urbane sostenibili, più durature, ed efficienti. In particolare, si ricordano il sotto-obiettivo 11.3, secondo cui entro il 2030 occorre potenziare un'urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificare e gestire in tutti i paesi un insediamento umano che sia partecipativo, integrato e sostenibile, nonché l'obiettivo 11.7, secondo cui, sempre entro il 2030, occorre fornire accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili. Nell'ambito dell'obiettivo 15 viene inoltre posta particolare enfasi sulla necessità di arrestare il degrado del suolo. A livello europeo, la gestione sostenibile del suolo e la necessità di politiche che monitorino gli impatti derivanti dall'occupazione del suolo ha condotto alla definizione dell'obiettivo di raggiungere un consumo netto di suolo pari a zero per il 2050, che rappresenta la principale finalità di lungo periodo della "Strategia dell'UE per il suolo per il 2030" (COM(2021)699) adottata dalla Commissione europea nel novembre 2021. La normativa nazionale e le recenti linee di sviluppoA livello nazionale, la legge che ancora oggi reca la disciplina più organica della materia urbanistica risale al 1942 (legge 17 agosto 1942, n. 1150) e, nonostante l'incompleta attuazione (a partire dal regolamento di esecuzione, mai emanato) e l'impianto centralizzatore, ha rappresentato la principale fonte di riferimento per l'individuazione dei princìpi fondamentali della materia, ai quali ha dovuto uniformarsi la legislazione regionale di dettaglio adottata a partire dal 1970, sulla base della competenza concorrente riconosciuta in materia urbanistica dall'articolo 117 della Costituzione nella sua versione antecedente alla riforma del Titolo V del 2001. La vigente legislazione statale in materia affida alla competenza dei comuni la pianificazione urbanistica e la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale. In particolare, la legge n. 1150/1942 ha previsto, in estrema sintesi, l'istituzione di un piano regolatore generale (PRG) quale strumento principale, affidato alla responsabilità del comune, di pianificazione e controllo dello sviluppo urbano, da attuare attraverso piani particolareggiati esecutivi redatti dal comune medesimo. Sempre a livello di pianificazione comunale rilevano quali fonti del diritto urbanistico anche i regolamenti di attuazione della c.d. legge ponte (legge n. 765/1967) con cui sono stati introdotti i cosiddetti «standard urbanistici», cioè la quantità minima di spazio che ogni piano regolatore generale deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell'edificazione degli e tra gli edifici, nonché ai lati delle strade (D.M. 1444/1968; D.M. 1404/1968). A livello territoriale più ampio, la legge n. 1150/1942 ha inoltre previsto i piani territoriali di coordinamento, finalizzati ad orientare e coordinare l'attività urbanistica di aree vaste e vincolanti per i piani subordinati, poi variamente ridenominati e rimodulati nella legislazione regionale, che costituiscono il primo livello di pianificazione urbanistica con efficacia di orientamento e indirizzo e ai quali è affidato il compito di garantire il coordinamento con gli atti di pianificazione settoriale (ad es. i piani paesaggistici). Completano il quadro di riferimento della legislazione statale in materia di urbanistica e governo del territorio la disciplina dell'attività costruttiva edilizia contenuta nel Testo unico in materia edilizia, di cui al D.P.R. 380/2001, e la disciplina delle espropriazioni per pubblica utilità contenuta nel Testo unico di cui al D.P.R. 327/2001. La crescente consapevolezza della necessità di attuare operazioni di rigenerazione urbana, territoriale ed edilizia che non si limitino ad una attività di manutenzione del tessuto edificato e del territorio o di sola riqualificazione energetica e anti-sismica del patrimonio immobiliare, ma si spingano più in profondità ad operare profonde trasformazioni del complessivo assetto urbano, dei servizi sociali ed ecosistemici che lo contraddistinguono, sembra permeare i recenti interventi normativi statali in materia. Si ricordano, a titolo di esempio, le modifiche operate dall'art. 10 del D.L. 76/2020, all'art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380/2001 (Testo unico dell'edilizia), là dove sono stati previsti, entro determinati limiti, un regime semplificato, incrementi volumetrici e deroghe ai limiti di altezza per gli interventi di demolizione e ricostruzione che conducano ad edifici con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, posto che gli stessi, anche qualora finalizzati a promuovere interventi di rigenerazione urbana, sono ora qualificati come interventi di ristrutturazione edilizia e non come nuove costruzioni. Si tratta di un enunciato normativo che, pur nella sua incompiutezza, sembra infatti rivolto a garantire un percorso privilegiato agli interventi di trasformazione edilizia che coniughino al tempo stesso le già collaudate esigenze di riqualificazione strutturale ed energetica dei singoli edifici con le più ampie finalità di trasformazione territoriale proprie della rigenerazione urbana.
Occorre inoltre ricordare quanto affermato dal Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, nella seduta del 31 maggio 2023, in risposta all'interrogazione 3-00446, secondo cui la succitata Strategia europea sul suolo "verrà declinata in proposte concrete, mediante un atto legislativo che verrà proposto dalla Commissione entro il 2023 e mediante i successivi ambiziosi obiettivi che dovremo declinare in ambito nazionale, regionale e locale per ridurre il consumo netto di suolo già nel 2030. Ciò premesso, (...) l'adozione di una legge nazionale sul consumo del suolo è tra le priorità del Ministero dell'Ambiente, come ribadito sin dalle linee programmatiche del mio mandato. I tecnici del Ministero sono al lavoro per una proposta quadro, che possa recepire anche quanto, di positivo e condiviso, è contenuto nei disegni di legge di iniziativa parlamentare presentati sul tema. Tenendo presente che parliamo di consumo del suolo (...) bisogna anche pensare alla demolizione di molti degli immobili degli anni Cinquanta e Sessanta, demolizione e ricostruzione o liberazione delle aree. La necessità non più rinviabile di predisporre una legge nazionale per il contenimento del suolo è prevista tra le riforme del PNRR, ma è altresì contemplata nel Piano per la transizione ecologica, approvato lo scorso anno, la cui relazione al Parlamento è stata inviata in questi giorni. Quest'ultimo cerca di delineare un quadro di azioni sinergiche che, in linea con gli obiettivi dell'agenda globale per lo sviluppo sostenibile, dovranno garantire la protezione e il recupero della qualità del suolo, il ripristino dei terreni degradati o l'arresto dell'impermeabilizzazione del suolo. L'azzeramento del consumo di suolo, considerato una misura chiave per l'adattamento ai cambiamenti climatici, dovrà avvenire sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste. Sulla base di tale prospettiva, il Governo ha già stanziato importanti risorse finanziarie nell'ultima legge di bilancio, istituendo un fondo volto al contenimento del consumo del suolo e al ripristino di aree degradate, con una dotazione economica complessiva pari a 160 milioni di euro".
La disposizione citata è contenuta nel comma 695 dell'art. 1 della legge 197/2022 (legge di bilancio 2023). Tale comma, al fine di consentire la programmazione e il finanziamento di interventi per la rinaturalizzazione di suoli degradati o in via di degrado in ambito urbano e periurbano, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Fondo per il contrasto del consumo di suolo, con la dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2023, di 20 milioni di euro per l'anno 2024, di 30 milioni di euro per l'anno 2025 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2026 e 2027. Il successivo comma 696 ha demandato ad un
decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione dei criteri per il riparto del fondo a favore delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Sulla necessità di un quadro normativo coerente a livello nazionale in materia di rigenerazione urbana si veda, da ultimo, il rapporto dell'ASVIS, pubblicato nel giugno 2023, intitolato "
Governo del territorio, rigenerazione urbana e politiche abitative per lo sviluppo sostenibile".
Per dati aggiornati sul consumo di suolo in Italia, si veda il
capitolo 15 (relativo all'obiettivo 15 dell'Agenda 2030) del rapporto SDGS 2022 dell'Istat in cui viene evidenziato che "torna ad accelerare il consumo di suolo: nel 2021, le superfici rese impermeabili dalle coperture artificiali registrano un incremento medio di 17,4 ettari al giorno, contro i 15,9 dell'anno precedente, raggiungendo il 7,2% del territorio nazionale. Molte regioni, tuttavia, si sono avvicinate all'obiettivo del consumo di suolo zero; le situazioni più critiche in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Lazio e Campania". Nel rapporto "
Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici - Rapporto 2022", pubblicato dall'ISPRA, viene altresì sottolineato che il consumo di suolo "non solo non rallenta, ma nel 2021 riprende a correre con maggiore forza, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall'assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell'attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale".
Per una sintesi dell'evoluzione recente della normativa in materia urbanistica e di rigenerazione urbana si rinvia ai temi relativi all'urbanistica pubblicati nell'ambito del dossier di inizio legislatura e nel portale dei temi della legislatura corrente.
Si ricorda, infine, che due programmi di investimenti in materia di rigenerazione urbana ("Progetti di rigenerazione urbana, per la riduzione di situazioni di emarginazione e degrado sociale" (M5C2-2.1), a cui erano destinati 3,3 miliardi di euro, e "Piani Urbani Integrati - Progetti generali" (M5C2-2.2.c), per 2,5 miliardi di euro) sono stati oggetto di definanziamento
dal PNRR (come specificato nelle
Proposte di revisione PNRR e integrazione REPowerEU del 27 luglio 2023) avendo il Governo ravvisato l'opportunità di ricorrere a fonti di finanziamento nazionali al fine di agevolarne l'attuazione e di facilitare i relativi processi di rendicontazione.
L'attività parlamentare svolta nella scorsa legislaturaOltre alle norme testé richiamate, occorre ricordare l'intensa attività parlamentare svolta nella scorsa legislatura che, anche a causa della conclusione anticipata della legislatura, non è giunta all'approvazione definitiva di testi di legge. Si ricorda in particolare che, nella XVIII legislatura, al Senato è stato avviato l'esame di numerosi disegni di legge. A seguito della disgiunzione dei disegni di legge recanti norme in materia di consumo di suolo e di quelli recanti norme in materia di rigenerazione urbana, i disegni di legge n. 1131, n. 970, n. 1302, n. 1943 e n. 1981, recanti un articolato quadro di misure sul tema della riqualificazione dei borghi e dei centri storici, e, successivamente, della congiunzione dei disegni di legge nn. 2292 e 2297 e della disgiunzione del disegno di legge n. 970, la Commissione 13a (Territorio, ambiente, beni ambientali) ha adottato, nel mese di novembre 2021, un testo unificato, composto da 14 articoli. Nel corso dell'esame del provvedimento, è stata acquisita nel marzo 2022 la relazione tecnica del Governo, che ha espresso in più punti valutazioni di carattere negativo per diverse disposizioni presenti nel testo unificato. Il testo unificato in questione individuava nella rigenerazione urbana lo strumento finalizzato al recupero del patrimonio costruito per migliorarne la qualità, l'efficienza energetica e idrica, la sicurezza sismica e la dotazione tecnologica, alla promozione di politiche urbane integrate e sostenibili, in modo da perseguire la coesione sociale, la tutela dell'ambiente e del paesaggio e la salvaguardia delle funzioni ecosistemiche del suolo (art. 1). Veniva prevista una "architettura istituzionale della rigenerazione urbana" composta dal Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU), dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, e dai comuni (art. 3). Si prevedeva, inoltre, l'adozione, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di un Programma nazionale per la rigenerazione urbana (art. 4), un Fondo nazionale per la rigenerazione urbana, con una dotazione iniziale pari a 50 milioni di euro per l'anno 2022 (art. 10), e l'istituzione dei Piani comunali di rigenerazione urbana (art. 5). Nel testo unificato venivano inoltre formulate le definizioni di rigenerazione urbana e consumo di suolo, non presenti nella vigente legislazione statale. Degna di nota anche l'attività svolta dalle Commissioni riunite 9a (Agricoltura e produzione agroalimentare) e 13a (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato, che hanno esaminato congiuntamente i disegni di legge n. 63, 86, 164, 438, 572, 609, 843, 866, 965, 984, 1044 e 1177, in materia di consumo di suolo. Come verrà evidenziato nel seguito del presente dossier, la pdl in esame riprende, almeno in parte, i contenuti del citato atto Senato n. 86 della XVIII legislatura. Alla Camera l'attività in materia di urbanistica e consumo di suolo si è concentrata nell'esame in sede referente, da parte della Commissione Ambiente, della proposta di legge C. 113, avente la finalità di dettare alcuni principi generali in materia di strumenti di pianificazione urbanistica, fornendo in particolare una disciplina di principio a livello nazionale degli istituti della perequazione, della compensazione e dell'incentivazione urbanistica volta a favorire il superamento della centralità dello strumento del piano regolatore generale e ad anticipare alcune linee di una più complessiva riforma organica della legge urbanistica nazionale in grado di porre rimedio alle stratificazioni normative succedutesi nel tempo e di assecondare le esigenze di trasformazione urbana e territoriale, anche al fine di evitare ulteriore consumo di suolo. A causa della chiusura anticipata della legislatura, tutti i progetti di legge succitati, non avendo concluso il prescritto iter, sono decaduti. Legislazioni regionaliUn ultimo sguardo merita infine il panorama delle leggi regionali approvate nell'esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di governo del territorio, entro la quale si inquadra il tema della rigenerazione urbana. Come evidenziato nel succitato rapporto del Servizio studi del giugno 2022, "numerose regioni hanno approvato leggi che a vario titolo – alcune nell'ambito di interventi più complessivi dedicati anche alla regolamentazione degli istituti urbanistici e degli strumenti di pianificazione del territorio, altre con normative di portata più circoscritta – introducono non solo discipline di dettaglio ma anche – in assenza di una specifica legislazione statale – princìpi in tema di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana. Gli interventi legislativi regionali appaiono sostanzialmente ispirati a due modelli generali che rispondono a logiche diverse, anche se talvolta compresenti all'interno dello stesso impianto legislativo: un modello di regolamentazione incentrato prevalentemente sul perseguimento delle finalità di rigenerazione urbana attraverso un sistema di premialità urbanistiche ed edilizie e di incentivi, in alcuni casi previa definizione in ambito regionale di quantità massime di suolo consumabile a fini edificatori; un modello di regolamentazione maggiormente incline a considerare prioritari i processi di riuso e sostituzione edilizia senza consumo di nuovo suolo e orientato a garantire una più netta perimetrazione dei margini di confine dei centri abitati, configurando l'espansione edilizia come eccezione". |
ContenutoLa proposta di legge in esame consta complessivamente di cinque articoli. Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni da essa recate. |
Articolo 1 (Finalità e ambito della legge)Secondo quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 1, la presente proposta di legge - in coerenza con la Costituzione, con la Convenzione europea sul paesaggio e con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) - detta princìpi fondamentali per la valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole, naturali e seminaturali, ai fini di promuovere e tutelare il paesaggio, l'ambiente e l'attività agricola, nonché di contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che svolge funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici, nonché della riduzione dei fenomeni che causano erosione, perdita di materia organica e di biodiversità.
La norma in esame richiama l'art. 9 (ai sensi del quale la Repubblica "tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni"), gli artt. 42 e 44 (sui limiti alla proprietà privata) e l'art. 117 (il riferimento sembra essere alla parte della disposizione che attribuisce alla legislazione concorrente la materia del
governo del territorio) della Costituzione.
Nel fare riferimento al TFUE, la norma in esame richiama
gli articoli 11 (secondo cui "le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile")
e 191 (il riferimento sembra essere alla parte della disposizione che individua, tra gli obiettivi della politica dell'Unione in materia ambientale, quello dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali)
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In relazione alla succitata Convenzione europea sul paesaggio, si ricorda che la stessa è stata siglata nel 2000 e ratificata dall'Italia con la legge 9 gennaio 2006, n. 14.
Lo stesso comma dispone che, fatte salve le previsioni di maggiore tutela delle aree inedificate introdotte dalla legislazione statale e regionale, il consumo di suolo è consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.
Sono inoltre previsti regimi differenziati per la valutazione delle alternative di localizzazione che non determinino consumo di suolo. Il comma 2 dispone infatti che nell'ambito delle procedure di valutazione d'impatto ambientale (VIA), di valutazione ambientale strategica (VAS) e di verifica di assoggettabilità (c.d. screening) delle opere pubbliche e di pubblica utilità diverse dalle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale, l'obbligo della priorità del riuso e della rigenerazione urbana comporta la necessità di una valutazione delle alternative di localizzazione che non determinino consumo di suolo.
Nel fare riferimento alla verifica di assoggettabilità, la disposizione in esame sembra fare riferimento sia allo screening di VIA che allo screening di VAS.
Si fa notare che, nel riferirsi alle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale, la norma in esame precisa che tali infrastrutture sono quelle la cui programmazione e progettazione è disciplinata da
ll'art. 39 del D.Lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici).
Per le opere pubbliche non soggette alle procedure di valutazione ambientale citate (VIA, VAS e screening), la medesima valutazione delle alternative deve risultare dall'atto di approvazione della progettazione definitiva degli interventi. In pratica, si vengono a configurare tre diversi regimi, come sintetizzato nella tabella seguente:
In base al comma 4, la pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica, fatte salve le previsioni di maggiore tutela in essa contenute, si adegua alle norme di cui alla presente legge, privilegiando il riuso e la rigenerazione urbana nonché l'utilizzo agroforestale dei suoli agricoli abbandonati e la conservazione delle condizioni di naturalità o seminaturalità dei suoli, ai fini del contenimento del consumo di suolo.
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Articolo 2 (Definizioni)L'articolo 2 reca al comma 1, lettere a)-e), l'elenco delle definizioni ricorrenti nella proposta di legge in esame ed ai commi 2 e 3 modifiche al Codice dell'ambiente (D.Lgs. 152/2006) ed al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), come di seguito illustrato. Nello specifico, il comma 1 stabilisce che si intende per: - consumo di suolo: l'incremento della copertura artificiale del suolo, distinguendo all'interno del medesimo concetto fra consumo di suolo permanente, relativo a fabbricati e a sedi di infrastrutture viarie asfaltate e ferrate, e consumo di suolo reversibile, relativo a cantieri, a aree estrattive non rinaturalizzate e a ogni tipo di copertura artificiale del suolo la cui rimozione permetta di ripristinare le condizioni iniziali del suolo (lett.a)); - impermeabilizzazione o copertura artificiale del suolo: il cambiamento della natura del suolo mediante interventi di copertura del terreno con materiale artificiale tali da eliminarne o ridurne la permeabilità, che determina un consumo di suolo permanente, o per effetto della compattazione dovuta alla presenza di infrastrutture, manufatti e depositi permanenti di materiale, delle altre trasformazioni i cui effetti sono più facilmente reversibili, come nel caso di impianti fotovoltaici a terra, aree estrattive non rinaturalizzate o aree di cantiere, e delle trasformazioni in cui la sola rimozione della copertura ripristina le condizioni iniziali del suolo, che determina un consumo di suolo reversibile (lett. b)); - rigenerazione urbana: un insieme coordinato di azioni volte alla salvaguardia e alla gestione dei paesaggi urbani e periurbani, come definite all'articolo 1, lettere d) ed e), della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 14, alla creazione di nuovi paesaggi per incrementare le risorse a disposizione delle generazioni future, nonché alla trasformazione sostenibile dei paesaggi esistenti, siano essi caratterizzati da eccezionale valore naturalistico o culturale, degradati o della vita quotidiana, sulla base di obiettivi di qualità paesaggistica condivisi. Tali azioni comprendono interventi paesaggistici, urbanistici ed edilizi nelle aree urbanizzate, che determinino un consumo di suolo a saldo zero, un incremento e un miglioramento della dotazione dei servizi primari e secondari, fra i quali anche la residenza sociale, l'innalzamento del potenziale ecologico e ambientale, un incremento dell'efficienza energetica, un miglioramento della gestione delle acque a fini di invarianza idraulica e di riduzione dei deflussi. Tra tali azioni sono inoltre compresi gli interventi volti a favorire la realizzazione di giardini, parchi urbani, infrastrutture verdi e reti ecologiche nonché quelli volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana, quali orti urbani, orti didattici, orti sociali e orti condivisi, al fine di perseguire gli obiettivi della sostituzione, del riuso e della riqualificazione dell'ambiente costruito in un'ottica di sostenibilità ambientale, di contenimento del consumo di suolo e di uso sostenibile del medesimo, favorendo la localizzazione dei nuovi interventi di trasformazione nelle aree già edificate, dismesse, degradate o, comunque, inutilizzate o sottoutilizzate, il riuso o la riqualificazione, anche tramite la demolizione e la ricostruzione, di fabbricati esistenti, nei limiti di quanto previsto dagli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica (lett. c)); - mitigazione: un insieme coordinato di azioni e di misure contestuali all'intervento di consumo di suolo tese a mantenere o migliorare le funzioni ecosistemiche del suolo, a minimizzare gli effetti di frammentazione delle superfici agricole, naturali o seminaturali, nonché a ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti sull'ambiente, sulle attività agrosilvopastorali, sul paesaggio, sull'assetto idrogeologico e sul benessere umano (lett. d)); - compensazione ambientale o ecologica: l'adozione, preliminarmente o contestualmente all'intervento di consumo di suolo, di misure dirette a recuperare, ripristinare o migliorare, in maniera proporzionale all'entità dell'intervento stesso, le funzioni ecosistemiche di una superficie equivalente di suolo già impermeabilizzato, attraverso la sua deimpermeabilizzazione e il recupero della propria capacità resiliente fino a quello delle condizioni di naturalità del suolo (lett. e)). Il comma 2 modifica l'articolo 5, comma 1, lettera v-quater), del Codice dell'ambiente (D.Lgs. n. 152/2006), in cui è riportata la definizione di "suolo". Con l'intervento in esame il suolo viene altresì definito come una risorsa ambientale non rinnovabile.
Il testo vigente della richiamata lettera v-quater) definisce "suolo": lo strato più superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. Ai soli fini dell'applicazione della Parte Terza del Codice dell'ambiente, l'accezione del termine comprende, oltre al suolo come precedentemente definito, anche il territorio, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastruttura
Il comma 3 modifica l'articolo 41 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023), che elenca i principi e i criteri da assicurare nella progettazione in materia di lavori pubblici. Nello specifico si interviene al comma 1, lettera f), dell'art. 41, al fine di introdurre il criterio della valutazione in via prioritaria delle alternative progettuali che consentono di non variare la destinazione d'uso delle superfici agricole, naturali e seminaturali e di non impermeabilizzare le superfici libere.
Nella vigente
lettera f), comma 1, dell'art. 41 del Codice dei contratti pubblici si specifica, in particolare, che la progettazione deve rispettare i principi della sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale dell'intervento, anche per contrastare il consumo del suolo, incentivando il recupero, il riuso e la valorizzazione del patrimonio edilizio esistente e dei tessuti urbani.
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Articolo 3 (Limiti al consumo di suolo e disciplina transitoria)L'articolo 3, che è composto di 16 commi, disciplina una serie di misure sul contenimento del consumo di suolo di natura prescrittiva che non modificano disposizioni vigenti in materia, come di seguito illustrato.
Riduzione progressiva del consumo di suolo (comma 1) Il comma 1 prescrive che sia definita, a livello regionale, la riduzione progressiva del consumo di suolo in misura maggiore rispetto a quanto stabilito dalle disposizioni di cui al presente articolo, in coerenza con l'obiettivo stabilito dall'Unione europea di conseguire un consumo di suolo pari a zero entro il 2050. Il comma in esame prevede, inoltre, che le disposizioni del presente articolo costituiscono princìpi fondamentali del governo del territorio, norme di tutela ambientale e paesaggistica, nonché livelli essenziali di tutela dei diritti civili e sociali. Divieto di incremento di consumo di suolo (commi 2-4) Il comma 2 stabilisce il divieto per i comuni e le regioni di adottare o approvare piani urbanistici generali o attuativi, comunque denominati, e relative varianti, che prevedano un incremento netto di consumo di suolo aggiuntivo rispetto ai piani già vigenti. Tale obbligo decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Per consumo di suolo netto si intende l'incremento della copertura artificiale del suolo valutato attraverso il bilancio tra il consumo di suolo e l'aumento di superfici agricole, naturali e seminaturali dovuto a interventi di recupero, demolizione, deimpermeabilizzazione, rinaturalizzazione o altre azioni in grado di riportare il suolo consumato in un suolo in grado di assicurare i servizi ecosistemici forniti da suoli naturali.
Il comma 3 fa salvi (rispetto al divieto di cui al comma 2) gli interventi e i programmi di trasformazione previsti nei piani attuativi, comunque denominati, con le relative opere pubbliche derivanti dalle obbligazioni di convenzione urbanistica previste dall'art. 28 della legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150. La deroga in questione si applica: - ai soggetti interessati che abbiano presentato un'istanza per l'approvazione in modo conforme ai regolamenti urbanistici ed edilizi vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge; - nonché alle varianti, il cui procedimento sia stato attivato prima della data di entrata in vigore della presente legge, che non comportino aumento del dimensionamento dei piani attuativi.
Dispone l'art. 28 della Legge Urbanistica (L. 17 agosto 1942, n. 1150) che l'autorizzazione allo sfruttamento di terreni non urbanizzati è subordinata alla stipula di una convenzione che preveda:
Le opere di urbanizzazione sono indentificate dall'art. 16 del D.P.R. 380/2001 in opere di urbanizzazione primaria come le strade, le fognature, la pubblica illuminazione (vedi il comma 7 e 7-bis dell'art. 16), e secondaria
, tra le quali rientrano le scuole, chiese ed edifici religiosi, centri sociali e culturali (vedi il comma 8 dell'art. 16).
Il comma 4 definisce nulle le previsioni urbanistiche, adottate o approvate in contrasto con quanto sopra stabilito dai commi 2 e 3, e, conseguentemente, nulli anche i titoli edilizi, comunque denominati, rilasciati o formati sulla base di previsioni urbanistiche nulle. La nullità può essere fatta valere in ogni tempo, e non si prevede l'applicazione di quanto previsto dall'art. 21-novies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (sul procedimento amministrativo), che disciplina l'annullamento d'ufficio di un provvedimento amministrativo illegittimo e che, tuttavia, fa salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, in caso di ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. Limiti temporali delle previsioni urbanistiche già vigenti (commi 5 e 6) Il comma 5 introduce un termine temporale per l'attuazione delle previsioni urbanistiche già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, che devono essere attuate entro dieci anni dalla loro approvazione. In tale ambito, sono fatte salve le condizioni di deroga stabilite dal comma 3, e restano altresì ferme le norme vigenti sui limiti temporali dei vincoli espropriativi derivanti da strumenti urbanistici e i poteri di pianificazione urbanistica dei comuni in senso più riduttivo.
Nel D.P.R. 327/2001 (Testo Unico espropriazione pubblica utilità) si individua un vincolo con effetto espropriativo - preordinato all'esproprio ed efficace quando l'atto di approvazione dello strumento urbanistico, ovvero una sua variante, prevede la realizzazione di un opera pubblica o di pubblica utilità - di durata pari a cinque anni, entro i quali può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera (art. 9).
Il comma 5 stabilisce, inoltre, che trascorso il termine di dieci anni, il nuovo consumo di suolo consentito dalle medesime previsioni è ridotto progressivamente nelle seguenti percentuali, calcolate rispetto alle superfici consumabili originariamente consentite: a) del 40 per cento allo scadere del decimo anno; b) del 60 per cento allo scadere del quindicesimo anno; c) del 100 per cento allo scadere del ventesimo anno. Si specifica, inoltre, che decorso il suddetto termine le previsioni urbanistiche perdono automaticamente efficacia per la parte eccedente, fatte salve riduzioni maggiori da parte degli strumenti urbanistici. Il comma 6 introduce un incremento del contributo per il rilascio del permesso di costruire: - non inferiore al 10 per cento di quello ordinariamente dovuto, dopo lo scadere del decimo anno; - e non inferiore al 20 per cento di quello ordinariamente dovuto, allo scadere del quindicesimo anno. Si prevede inoltre l'applicazione del comma 4 sulla nullità di determinati atti amministrativi, con riferimento ai titoli edilizi rilasciati o formati in contrasto con il presente comma 6.
Il permesso di costruire (artt. 10-21 del D.P.R. 380/2001) è un titolo autorizzativo rilasciato dal Comune di riferimento e necessario per eseguire interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia (nuove costruzioni o interventi su immobili esistenti); in particolare, il contributo per il rilascio del permesso di costruire (art. 16), è commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.
Riduzione dell'utilizzo di superfici libere edificabili (comma 7) Il comma 7 prevede la possibilità per i comuni di effettuare permute tra superfici libere edificabili di proprietà privata e aree di proprietà comunale destinate al riuso e alla rigenerazione urbana, o anche tra i soli diritti edificatori delle relative aree, sulla base di una stima del valore delle aree medesime, al fine di ridurre l'utilizzo di superfici libere edificabili. L'efficacia di tali permute è sottoposta alla condizione sospensiva dell'approvazione di variante urbanistica, che rende inedificabili le superfici libere oggetto della permuta medesima. Quadro aggiornato del consumo di suolo (commi 8 e 13) Il comma 8 impone ai comuni di fornire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle regioni e alle province autonome i dati circa le previsioni non attuate che comportano consumo di suolo contenute negli strumenti di pianificazione locale vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Viene precisato che quanto previsto è volto a consentire - in funzione della redazione dei nuovi strumenti della pianificazione urbanistica - la definizione di un quadro aggiornato del consumo di suolo, determinato in conseguenza dell'attuazione degli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Il comma 13 vieta ai comuni che non forniscono i suddetti dati di approvare nuovi strumenti di pianificazione urbanistica, fatta salva l'applicazione di quanto dettato dal comma 4. Sono nulli tutti gli atti di pianificazione o titoli edilizi comunque denominati approvati in violazione del divieto stabilito dal medesimo comma.
Criteri, parametri e percentuali di riduzione del consumo di suolo (comma 9) Il comma 9 prevede l'obbligo per le regioni e le province autonome di adottare criteri, parametri e percentuali di riduzione del consumo di suolo coerenti con l'obiettivo indicato al comma 1, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e ai fini della redazione dei nuovi strumenti urbanistici. L'adozione di tali criteri, parametri e percentuali di riduzione del consumo di suolo sono da articolare su scala comunale o per gruppi di comuni, anche ubicati in diverse province, sia in termini di direttive per la pianificazione, sia in termini di disposizioni immediatamente operative. A tal fine è necessario valutare: - le specificità territoriali, paesaggistiche e ambientali; - le caratteristiche qualitative dei suoli e le loro funzioni ecosistemiche; - le potenzialità agricole, lo stato della pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica, l'esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche, l'estensione del suolo già urbanizzato e la presenza di edifici inutilizzati, indicando criteri di compensazione ambientale o ecologica. La norma in esame fa salve: - le normative e gli strumenti di pianificazione regionali vigenti in materia alla data di entrata in vigore della presente legge, già in linea con gli obiettivi di progressiva riduzione del consumo di suolo previsti dalla presente legge; - e i relativi obiettivi, indirizzi e prescrizioni finalizzati a ridurre il nuovo consumo di suolo, salvaguardando le risorse, quali componenti del patrimonio paesaggistico e territoriale inteso come bene comune, e privilegiando il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, che comunque devono recepire le definizioni e gli obiettivi di riduzione di cui alla presente legge. Intese per le compensazioni del consumo di suolo nelle diverse regioni (comma 10) Il comma 10 consente la stipula d'intese in sede di Conferenza unificata (Stato, regioni ed enti locali), su iniziativa di una o più regioni o del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti o del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica o del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, finalizzate, sulla base degli obiettivi di pianificazione sovraregionale delle infrastrutture, della tutela paesaggistica e ambientale e delle diverse esigenze di sviluppo urbanistico nelle diverse regioni, ad una compensazione tra percentuali di consumo di suolo nelle diverse regioni, da attuare con gli atti di competenza delle singole regioni previsti dai commi 1 e 9. Per quanto previsto resta fermo il rispetto dei termini temporali stabiliti ai commi 7 e 8.
Nuovo consumo di suolo (commi 11 e 12) Il comma 11 disciplina le previsioni urbanistiche, approvate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, che consentono nuovo consumo di suolo, fermo restando il divieto indicato dal comma 2 di prevedere un incremento netto della superficie totale consumata. Le suddette nuove previsioni urbanistiche devono essere attuate entro dieci anni dalla loro approvazione. Decorso tale termine, senza che sia stata presentata istanza di adozione del piano attuativo, il nuovo consumo di suolo previsto dai medesimi piani è ridotto progressivamente nelle seguenti percentuali calcolate rispetto alle superfici consumabili originariamente consentite: a) del 30 per cento allo scadere del decimo anno; b) del 45 per cento allo scadere del quindicesimo anno; c) del 70 per cento allo scadere del ventesimo anno; d) del 100 per cento allo scadere del venticinquesimo anno. Si specifica, inoltre, che decorso il suddetto termine le previsioni urbanistiche perdono automaticamente efficacia per la parte eccedente. Il comma 12 introduce, in caso di nuovo consumo di suolo, un incremento del contributo per il rilascio del permesso di costruire: - non inferiore al 10 per cento di quello ordinariamente dovuto, dopo lo scadere del decimo anno; - non inferiore al 15 per cento di quello ordinariamente dovuto, allo scadere del quindicesimo anno; - e non inferiore al 25 per cento di quello ordinariamente dovuto, allo scadere del ventesimo anno. Nel caso di titoli edilizi rilasciati o formati in contrasto con il presente comma è prevista l'applicazione della disciplina sulla nullità di tali atti amministrativi come indicato nel comma 4. Il comma 12 stabilisce, inoltre, che l'approvazione di un nuovo strumento urbanistico fa decadere automaticamente tutte le previsioni che comportano consumo di suolo contenute in uno strumento di pianificazione urbanistica.
Monitoraggio del consumo di suolo (comma 14) Il comma 14 disciplina il monitoraggio del consumo di suolo, che è assicurato dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dalle agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle provincie autonome. Lo svolgimento del monitoraggio è effettuato anche in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA). L'ISPRA, le Agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome e il CREA hanno accesso diretto alle banche di dati delle amministrazioni pubbliche e ad ogni altra fonte informativa rilevante gestita da soggetti pubblici. Il patrimonio informativo presente nelle banche dati è reso disponibile secondo le modalità previste all'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32 (di attuazione della direttiva 2007/2/CE che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE)), e all'articolo 23, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.
L'articolo 7, comma 5, del richiamato decreto legislativo n. 32/2010 stabilisce in particolare che l'ISPRA, ferma restando la proprietà e la responsabilità del dato da parte delle altre autorità pubbliche, cura la progressiva integrazione dei set di dati territoriali nell'ambito del Sistema informativo nazionale ambientale (S.I.N.A.) per il tramite della rete SINAnet.
L'articolo 23, comma 12-quaterdecies, del citato D.L. n. 95/2012 prevede che la catalogazione e la raccolta dei dati geografici, territoriali ed ambientali generati da tutte le attività sostenute da risorse pubbliche è curata da ISPRA, che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Il medesimo comma 14 stabilisce che la cartografia e i dati del monitoraggio del consumo di suolo sono pubblicati e resi disponibili dall'ISPRA annualmente, nel proprio sito internet istituzionale, sia in forma aggregata a livello nazionale sia in forma disaggregata per regione, provincia e comune. I comuni e le regioni possono inviare all'ISPRA, secondo i criteri resi disponibili nel sito internet istituzionale del medesimo istituto, eventuali proposte motivate di modifica alla cartografia entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel sito internet. Entro i successivi trenta giorni l'ISPRA pubblica la versione definitiva dei dati dopo la verifica della correttezza delle proposte di modifica da parte dell'agenzia per la protezione dell'ambiente territorialmente competente. I dati rilevati annualmente costituiscono il riferimento per la definizione dei dati medi con scansione temporale triennale. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Con la legge n.132/2016 è stato istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA) e sono stati disciplinati i compiti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). In base all'art. 3 della legge 132/2016, il SNPA svolge, tra l'altro, la funzione di monitoraggio dello stato dell'ambiente e del consumo di suolo, avvalendosi di reti di osservazione e strumenti modellistici.
Per approfondimenti, si rinvia al portale sul consumo di suolo in Italia, in cui sono presenti tra l'altro i dati relativi al monitoraggio e la cartografia del consumo di suolo.
Interventi esclusi dal computo del consumo di suolo (commi 15 e 16) Il comma 15 esclude dal computo del consumo di suolo a livello comunale gli interventi di rilocalizzazione conseguenti a calamità naturali, nonché tutte le opere pubbliche per le quali sia stata condotta la preventiva verifica di cui all'articolo 1, comma 2 della proposta di legge in esame. Il comma 16 esclude, inoltre, dal computo del consumo di suolo le serre e altri interventi di consumo di suolo connessi con la conduzione dell'attività agricola, in cui siano assicurate le condizioni di naturalità del suolo. |
Articolo 4 (Priorità del riuso e della rigenerazione urbana e misure di incentivazione)
Il comma 1 dispone che, al fine di attuare i princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle disposizioni di cui all'articolo 3, adottano disposizioni per incentivare i comuni, singoli o associati, a promuovere strategie di riuso e rigenerazione urbana. La norma chiarisce che la promozione di tali strategie da parte dei comuni ha luogo anche mediante l'individuazione, negli strumenti di pianificazione, degli ambiti urbanistici e delle aree a destinazione produttiva dismesse da sottoporre a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio e da destinare prioritariamente a servizi pubblici, edilizia residenziale pubblica e recupero delle periferie.
In materia di ristrutturazione urbanistica rileva, ai fini di quanto previsto dall'articolo in esame (v.
infra il comma 10), la
lettera d-ter) dell'art. 16, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001 (aggiunta dall'art. 17, comma 1, lett. g), n. 3), del D.L. n. 133/2014 e successivamente modificata dall'art. 10, comma 1, lettera g), del D.L. n. 76/2020) la quale include tra i fattori cui è commisurata la determinazione dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria anche la valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica o in deroga. Tale maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche.
Per le finalità di cui al comma 1, viene stabilito dal comma 2 che è promossa l'applicazione di strumenti di perequazione, compensazione e incentivazione urbanistica, purché non determinino ulteriore consumo di suolo e siano attuati esclusivamente in ambiti definiti di aree urbanizzate.
Per perequazione urbanistica si intende il pari trattamento delle proprietà di beni immobili che si trovano in analoghe condizioni di fatto e di diritto, da realizzare attraverso l'equa distribuzione, tra le proprietà immobiliari, dei diritti edificatori che essi attribuiscono e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali, compresa la cessione gratuita delle aree necessarie all'attuazione degli obiettivi di piano. Si ricorda che lo strumento della perequazione, "sebbene non contemplato a livello di legislazione nazionale, è stato progressivamente introdotto dalle legislazioni regionali cui è affidata la disciplina del territorio e persegue l'obiettivo di eliminare le disuguaglianze create dalla funzione pianificatoria, in particolare dalla zonizzazione e dalla localizzazione diretta degli standard, quanto meno all'interno di ambiti di trasformazione, creando le condizioni necessarie per agevolare l'accordo fra i privati proprietari delle aree incluse in essi e promuovere l'iniziativa privata" (così TAR Veneto, Venezia, sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504; 10 gennaio 2011, n. 11). Nelle normative regionali si rinvengono numerose definizioni di perequazione urbanistica; si citano, a titolo di esempio, quella recata dall'art. 35, comma 1, della L.R. Veneto n. 11 del 2004, secondo cui "la perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali" e quella recata dal
l'art. 26, comma 2, della L.R. Emilia-Romagna n. 24 del 2017, a norma della quale "la pianificazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari delle aree e degli edifici interessati, dei vantaggi e degli oneri derivanti dalle trasformazioni urbanistiche. A tal fine, l'accordo operativo, il piano attuativo di iniziativa pubblica e il premesso di costruire convenzionato assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici, richiesti dalla strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, tra tutti i proprietari degli immobili interessati dalle trasformazioni, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree, secondo criteri di perequazione urbanistica". Quanto al concetto di compensazione, esso è strettamente collegato a quello di perequazione. Il meccanismo di compensazione rappresenta, infatti, un metodo alternativo a quello classico dell'esproprio, mediante il quale si assegnano dei diritti edificatori privati a tutte le aree sottoposte a trasformazione, in cambio della cessione gratuita dei terreni per il verde e i servizi.
Con riferimento al fenomeno della circolazione e del trasferimento dei diritti edificatori si ricorda, inoltre, che l'art. 5, comma 3, del D.L. n. 70/2011 ha introdotto nell'art. 2643, primo comma, del Codice civile il numero 2-bis, che, a fini di certezza dei diritti edificatori, assoggetta all'obbligo di trascrizione i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale. La norma sostanzialmente offre copertura legislativa al modello perequativo-compensativo. Al riguardo, nel ricordare che su tale materia si sono succedute nel tempo decisioni talvolta contrastanti della giurisprudenza amministrativa, già con la sent. n. 4545 del 13 luglio 2010 del Consiglio di Stato, riguardante il Piano regolatore di Roma Capitale, veniva evidenziata "l'opportunità che lo Stato intervenga a disciplinare in maniera chiara ed esaustiva la perequazione urbanistica, nell'ambito di una legge generale sul governo del territorio la cui adozione appare quanto mai auspicabile alla luce dell'inadeguatezza della normativa pregressa a fronte delle profonde innovazioni conosciute negli ultimi decenni dal diritto amministrativo e da quello urbanistico".
Al fine di attuare i princìpi di cui all'articolo 1, comma 2 della proposta di legge in esame, il comma 3 dispone che:
Il comma 4 affida alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle disposizioni di cui all'articolo 3, il compito di adottare disposizioni per l'esecuzione del censimento e del suo periodico aggiornamento, al fine di creare una banca di dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato.
Viene poi stabilito, dal comma 5, che:
Il comma 6 introduce misure di semplificazione procedurale connesse all'approvazione del piano attuativo per la rigenerazione urbana, stabilendo che quest'ultimo:
Il medesimo comma precisa inoltre che i lavori possono avere inizio decorsi quindici giorni dalla comunicazione al comune di avvio dei lavori medesimi.
La comunicazione di inizio lavori prevista dal comma in esame, per la natura degli interventi interessati, sembra rappresentare una semplificazione procedurale per le fattispecie contemplate dall'art. 23 del D.P.R. n. 380/2001, che disciplina la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in alternativa al permesso di costruire, Tale disposizione prevede infatti che, in alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante segnalazione certificata di inizio di attività: a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) (ossia gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici); b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche. Il comma 7 stabilisce che ai fini dell'attuazione degli strumenti di pianificazione per l'attuazione di processi di rigenerazione urbana i comuni, singoli o associati, possono procedere, anche mediante delega a privati con oneri a carico dei privati medesimi, all'espropriazione di immobili abbandonati e in condizioni di degrado, definendo il relativo indennizzo con riferimento al valore degli immobili medesimi considerando l'effettivo stato in cui si trovano.
L'art. 6, comma 8, del D.P.R n. 327/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) prevede che
se l'opera pubblica o di pubblica utilità va realizzata da un concessionario o contraente generale, l'amministrazione titolare del potere espropriativo può delegare, in tutto o in parte, l'esercizio dei propri poteri espropriativi, determinando chiaramente l'ambito della delega nella concessione o nell'atto di affidamento, i cui estremi vanno specificati in ogni atto del procedimento espropriativo. A questo scopo i soggetti privati cui sono attribuiti per legge o per delega poteri espropriativi possono avvalersi di società controllata.
Il comma 8 dispone che entro sessanta giorni dalla notificazione dell'approvazione del piano di rigenerazione urbana i proprietari interessati possono dichiarare la propria disponibilità a concorrere in proprio all'attuazione del piano. Il comma 9 disciplina il procedimento che i comuni sono tenuti a seguire qualora si associno ai fini del presente articolo. Viene al riguardo previsto che i comuni che intendono associarsi sottoscrivono un atto d'intesa, approvato dai rispettivi consigli comunali. L'atto d'intesa contiene l'indicazione del comune capofila e definisce, per ciascuno dei comuni, le modalità di partecipazione all'attuazione e gestione del piano di rigenerazione urbana. Si prevede inoltre che tutti i comuni che sottoscrivono l'intesa approvano con deliberazione consiliare il piano e provvedono alla pubblicazione dello stesso. Vengono, poi, introdotte, dal comma 10, misure di incentivazione economica per il riuso e la rigenerazione urbana e al contempo di disincentivazione di nuovo consumo di suolo. In particolare, si dispone che, al fine di incentivare gli interventi di riuso e i processi di rigenerazione urbana, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano prevedono misure di riduzione degli oneri di urbanizzazione in misura non inferiore al 50 per cento di quelli ordinariamente dovuti e degli oneri commisurati al costo di costruzione in misura non inferiore al 25 per cento di quelli ordinariamente dovuti, nonché ulteriori abbattimenti in caso di destinazione delle aree rigenerate a edilizia residenziale pubblica o servizi pubblici. Le minori entrate sono coperte anche:
Gli oneri di urbanizzazione si distinguono in oneri di urbanizzazione primaria - ovvero relativi a realizzazione di strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato, cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni ecc.- e oneri di urbanizzazione secondaria, finalizzati alla realizzazione di asili nido, scuole, mercati di quartiere, edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, ecc. Quanto al contributo di costruzione, si ricorda che l'art. 16 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate dal medesimo articolo 16, L'art. 17 disciplina i casi di riduzione o esonero dal contributo di costruzione: in particolare, il comma 4-bis di tale disposizione (come da ultimo sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera h), del D.L. n. 76/2020) dispone che al fine di agevolare gli interventi di rigenerazione urbana, di decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo, di ristrutturazione, nonché di recupero e riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore del 20 per cento rispetto a quello previsto dalle tabelle parametriche regionali. I comuni hanno la facoltà di deliberare ulteriori riduzioni del contributo di costruzione, fino alla completa esenzione dallo stesso".
Si valuti l'opportunità di un coordinamento del comma in esame con la disciplina dettata dall'art. 17, comma 4-bis, del D.P.R.n. 380/2001 (Testo unico dell'edilizia).
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Infine, il comma 11 riconosce ai
comuni che eseguono tempestivamente il censimento di cui al presente articolo priorità nell'accesso ai finanziamenti pubblici per opere pubbliche e per altri interventi, comunque denominati, di competenza del comune medesimo e afferenti a opere e servizi di interesse comunale.
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Articolo 5 (Disposizioni finali)
L'articolo 5, che si compone di un unico comma, reca una clausola di salvaguardia delle competenze in materia di governo del territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, stabilendo che queste provvedono ad attuare quanto previsto dalla presente legge, ai sensi dei rispettivi statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, fermi restando il raggiungimento dell'obiettivo del consumo di suolo pari a zero entro il 2050 e la priorità del riuso e della rigenerazione rispetto al nuovo consumo di suolo.
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Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLa materia "governo del territorio" è ricompresa nel novero delle materie di legislazione concorrente, di cui al terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione. In tale materia rientrano i profili tradizionalmente appartenenti all'urbanistica e all'edilizia (sentenze n. 303 e 362 del 2003 della Corte costituzionale) e, in linea di principio, tutto ciò che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti e attività (sentenza n. 307 del 2003 Corte cost.). Si tratta, peraltro, di una materia su cui la Corte è ripetutamente intervenuta nel corso degli anni a motivo della sua ampiezza e della difficoltà di tracciare una sua precisa delimitazione, in quanto suscettibile di intrecciarsi ad altri ambiti materiali riconducibili a competenze legislative diverse, quali, tra l'altro, la tutela dell'ambiente, di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Inoltre, rileva altresì in materia il tema della tutela del paesaggio, di cui all'articolo 9 della Costituzione, quale valore primario che rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali (sentenza n. 367 del 2007 della Corte costituzionale). Relativamente a singole disposizioni rileva, infine, la materia dell'"ordinamento civile", assegnata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi della lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione. Da segnalare, sotto il profilo dell'intreccio tra competenze legislative regionali e funzioni amministrative proprie degli enti locali, è la sentenza n. 179 del 2019, in tema di rigenerazione urbana e contenimento del consumo di suolo, in cui la Corte – dopo aver ricordato che la funzione di pianificazione urbanistica rimane assegnata, in linea di massima, ai comuni, ossia al livello dell'ente più vicino al cittadino, in cui storicamente essa si è radicata come funzione propria – ha sottolineato che, tuttavia, ciò non significa che la legge regionale non possa intervenire a disciplinarla, anche in relazione agli ambiti territoriali di riferimento, e financo a conformarla, anche in deroga agli strumenti urbanistici locali, in nome della verifica e della protezione di concorrenti interessi generali collegati a una valutazione più ampia delle esigenze diffuse sul territorio. Sul tema della perimetrazione della potestà legislativa in materia di recupero edilizio e rigenerazione urbana con la sentenza n. 119 del 2020 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 64 della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 (norma di interpretazione autentica dell'art. 9, comma 8, della legge della regione Veneto n. 14 del 2009), che "mira a consentire gli interventi di rivitalizzazione del patrimonio edilizio esistente, e cioè a realizzare un obiettivo generale di interesse pubblico, perseguito con disposizioni incentivanti di carattere straordinario, limitate nel tempo e operanti per zone territoriali omogenee". Tale pronuncia mette in luce, al fine di determinare il punto di equilibrio tra la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile ex art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione e la potestà legislativa concorrente della regione in materia di governo del territorio ex art. 117, terzo comma, "come alle Regioni non sia precluso fissare distanze in deroga a quelle stabilite nelle normative statali, purché la deroga sia giustificata dal perseguimento di interessi pubblici ancorati all'esigenza di omogenea conformazione dell'assetto urbanistico di una determinata zona, non potendo la deroga stessa riguardare singole costruzioni, individualmente ed isolatamente considerate (ex plurimis, sentenze n. 13 del 2020, n. 50 e n. 41 del 2017, n. 134 del 2014 e n. 6 del 2013)". La portata unitaria e complessa della nozione di territorio, su cui gravano più interessi pubblici è richiamata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 219 del 2021 nella quale viene ricordato che, ai sensi dell'art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), le prescrizioni dei piani paesaggistici regionali sono cogenti e sovraordinate agli strumenti urbanistici, non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell'ottica dello sviluppo sostenibile e dell'uso consapevole del suolo. In tal modo, la pianificazione paesaggistica assume, alla luce della vigente normativa, un valore di limite insuperabile da parte dello stesso legislatore regionale che volesse, in nome della rigenerazione urbana ed edilizia, disporre deroghe indefinite agli strumenti urbanistici comunali. Di rilievo appare anche quanto evidenziato dalla Corte nella sentenza n. 202 del 2021, a proposito della incomprimibilità ad opera del legislatore regionale dell'autonomia dei comuni nell'esercitare la funzione fondamentale loro assegnata in materia di pianificazione urbanistica ed edilizia in ambito comunale e di partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale. Sempre in materia di pianificazione urbanistica, nella giurisprudenza costituzionale si è da ultimo sottolineata la natura della c.d. urbanistica consensuale quale forma di espressione del crescente ruolo che ha assunto il soggetto privato nella gestione del governo del territorio, attraverso l'adozione di piani di lottizzazione proposta dai titolari delle aree oggetto di regolazione urbanistica, i quali si impegnano a realizzare le opere di urbanizzazione primaria e a concorrere alla realizzazione di quelle di urbanizzazione secondaria, con la sottoscrizione di apposite convenzioni di lottizzazione (sentenza n. 249 del 2022). |