Modifiche al codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018) e altre norme in materia di gestione delle emergenze di rilievo nazionale 24 marzo 2023 |
Indice |
Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Analisi di impatto di genere| |
ContenutoLa proposta di legge in esame si propone di accelerare e di semplificare gli interventi necessari al superamento della fase emergenziale e quelli di ricostruzione attraverso, in particolare, la riscrittura degli articoli da 24 a 27 del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018), d'ora in avanti indicato come "Codice". Al fine di facilitare la comprensione delle modifiche operate dalla proposta di legge in esame al testo vigente del Codice, al presente dossier è allegato un testo a fronte. Finalità (art. 1)L'articolo 1 individua le finalità delle disposizioni recate dal Capo I (artt. 1-5) della presente proposta di legge, che sono quelle di accelerare e di semplificare gli interventi necessari al superamento della fase emergenziale e quelli di ricostruzione, contenendo i tempi della gestione straordinaria. Per il perseguimento di tali finalità, la proposta di legge in esame reca disposizioni per la gestione unitaria e coordinata delle emergenze di rilievo nazionale.
L'articolo in esame richiama infatti le emergenze di cui all'art. 7, comma 1, lettera c), del Codice della protezione civile (
D.Lgs. 1/2018). L'art. 7 del Codice individua le tipologie degli eventi emergenziali di protezione civile. In particolare, la lettera c) del comma 1 fa riferimento alle "emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo".
Riscrittura della disciplina della gestione delle emergenze - Modifiche principali (artt. 2-5)In particolare, gli articoli da 2 a 5 – che insieme all'articolo 1 compongono il capo I della proposta di legge in esame, intitolato "Gestione dell'emergenza e ricostruzione" – provvedono alla riscrittura degli articoli da 24 a 27 del Codice della protezione civile. Di seguito si illustrano le principali modifiche recate dalla riscrittura in esame, rinviando al testo a fronte allegato per un'analisi di dettaglio (si fa notare che le disposizioni attualmente contenute negli articoli 24 e 25 del Codice vengono riunite, con le modifiche del caso, nel nuovo testo dell'art. 24; il testo vigente dell'art. 25 viene pertanto abrogato). Tali principali modifiche sono così riassumibili:
La relazione illustrativa sottolinea che in tal modo viene eliminato "il vacuum temporale che attualmente intercorre già solo per procedere alla nomina dell'eventuale commissario straordinario".
Si osserva peraltro che il testo vigente dell'art. 25, comma 7, del Codice dispone che "per coordinare l'attuazione delle ordinanze di protezione civile, con i medesimi provvedimenti (di protezione civile) possono essere nominati commissari delegati che operano in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale". Tale facoltà di nominare commissari delegati viene mantenuta, per il Capo del Dipartimento della protezione civile, dal nuovo testo dell'art. 24, comma 6, del Codice.
Il testo vigente del comma 1 dell'art. 26 del Codice stabilisce invece che l'ordinanza in questione è volta a favorire e regolare il proseguimento dell'esercizio delle funzioni commissariali in via ordinaria nel coordinamento degli interventi, conseguenti all'evento, pianificati e non ancora ultimati.
Occorre inoltre segnalare che non vengono riprodotte le parti del vigente comma 1 dell'art. 26 ove si stabilisce che le norme derogatorie dettate con l'ordinanza in questione devono comunque rispettare i principi generali dell'ordinamento giuridico e le norme dell'UE, nonché ove si consente all'ordinanza stessa di disporre in merito alla riduzione di termini analiticamente individuati e all'eventuale rimodulazione del piano degli interventi nei limiti delle risorse disponibili.
Si fa altresì notare che, nel testo vigente, il rientro nell'ordinario è disciplinato dal comma 6 dell'art. 24 (il cui testo non viene riprodotto nella nuova formulazione risultante dalla novella), secondo cui "alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti (...) subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti (...)", con la precisazione che tali disposizioni trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i commissari delegati "siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati".
Viene altresì stabilito (dal nuovo testo del comma 2 dell'art. 26) che l'ordinanza in questione dispone la chiusura della contabilità speciale intestata al Capo del Dipartimento della protezione civile e delle contabilità speciali intestate ai commissari delegati, laddove istituiti, a meno che non si tratti di sindaci dei comuni colpiti dall'emergenza. Le risorse residue giacenti sulle suddette contabilità speciali sono riassegnate al bilancio dello Stato e successivamente trasferite a contabilità speciali intestate ai sindaci dei comuni colpiti dall'emergenza per gli interventi ancora da realizzare nei rispettivi territori.
Ciò a differenza di quanto previsto dal testo vigente (art. 26, comma 2, del Codice) ove si prevede che l'ordinanza di cui al comma 1
individua l'autorità che, fino alla scadenza della proroga della contabilità speciale (consentita dal comma 5 dell'art. 27), è autorizzata alla gestione della medesima contabilità speciale. In relazione alla citata proroga, il nuovo testo mantiene
la possibilità di prorogare la durata della contabilità speciale (prevista dal comma 5 dell'art. 27) ma integra il testo vigente precisando che il periodo di proroga non può comunque essere superiore a trentasei mesi dalla scadenza del termine dell'emergenza inizialmente individuato.
La relazione illustrativa sottolinea che "affidare la gestione ai sindaci, muniti ovviamente di poteri in deroga su specifiche materie, consente di metterla [l'emergenza] in capo ai soggetti che meglio di chiunque altro conoscono i territori e le loro peculiarità, permettendo di adottare iniziative specifiche differenziate che possano tenere nel debito conto tali particolarità, secondo una logica di concretezza e di speditezza che nessun altro potrebbe garantire in modo simile"
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Riscrittura della disciplina della gestione delle emergenze - Ulteriori modifiche (artt. 2-5)Una modifica degna di nota è quella che elimina la parte del testo vigente del comma 1 dell'art. 24 del Codice ove si prevede che, al verificarsi della calamità, la proposta di deliberare lo stato di emergenza è preceduta da una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e le Province autonome interessate. Relativamente alla richiesta di deliberare lo stato di emergenza, a differenza del testo vigente del medesimo comma 1, che prevede che la stessa possa essere avanzata sia dal Presidente della Regione che della Provincia autonoma interessata, il nuovo testo sopprime il riferimento alle province autonome e prevede quindi che la richiesta possa essere avanzata solo dal Presidente della Regione. Il coinvolgimento delle Province autonome viene allo stesso modo eliminato dal procedimento di emanazione delle ordinanze di protezione civile che, in virtù del nuovo testo dell'art. 24, comma 3, sono emanate acquisita la sola intesa delle Regioni territorialmente interessate e non anche delle province autonome. Alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata nel paragrafo "Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite" (v. infra), si valuti l'opportunità di un chiarimento in ordine alle disposizioni della proposta di legge in esame che sopprimono il coinvolgimento delle Province autonome. Nel nuovo testo dell'art. 24, come riscritto dalla proposta di legge in esame, non è più contemplata la disposizione contenuta nel vigente comma 7 che prevede l'emanazione di una direttiva volta a disciplinare le procedure istruttorie propedeutiche all'adozione della deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale e i relativi adempimenti di competenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome e del Capo del Dipartimento della protezione civile. Viene altresì eliminata la disposizione contenuta nel testo vigente del comma 2 del medesimo articolo 24 che prevede che, a seguito della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento calamitoso, effettuata congiuntamente dal Dipartimento della protezione civile e dalle Regioni e Province autonome interessate, sulla base di una relazione del Capo del Dipartimento della protezione civile, il Consiglio dei ministri individua, con una o più deliberazioni, le ulteriori risorse finanziarie necessarie per il completamento delle attività della "prima fase di emergenza" (vale a dire quelle elencate dalle lettere a)-d) del comma 2 del vigente art. 25, corrispondenti alle lettere a)-d) del comma 3 del nuovo testo dell'art. 24). Un'ulteriore modifica consiste nel sottoporre le ordinanze di protezione civile al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti (previsto dall'art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20). Il comma 2 dell'articolo 2, della p.d.l. in esame, infatti, abroga l'articolo 25 del codice della protezione civile che, nel testo vigente, prevede appunto che le ordinanze di protezione civile non sono soggette al controllo preventivo di legittimità di cui all'articolo 3 della L. 20/1994.
Si ricorda che, in generale, il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti si esercita esclusivamente su una serie di atti non aventi forza di legge indicati espressamente dall'art. 3 citato. Si tratta di:
Ulteriori disposizioni che non vengono riprodotte nel testo novellato sono quelle di cui ai commi 8 e 9 dell'art. 24 che, rispettivamente, disciplinano la proposta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per le emergenze prodotte da inquinamento marino, e prevedono che le Regioni, nei limiti della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti per la gestione delle emergenze di carattere regionale (di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del Codice). Una disposizione analoga, sempre relativa alla gestione delle emergenze di carattere regionale e che non viene riprodotta nel testo novellato è quella recata dal testo vigente dell'art. 25, comma 11.
L'art. 7, comma 1, lettera b), del Codice fa riferimento alle "emergenze connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che per loro natura o estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni, e debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo, disciplinati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano nell'esercizio della rispettiva potestà legislativa".
Relativamente ai contenuti delle ordinanze, attualmente contemplati dalle lettere a)-f) del comma 2 dell'art. 25, la proposta di legge in esame ne prevede la disciplina nelle corrispondenti lettere del comma 3 dell'art. 24 del nuovo testo. Una prima differenza risiede nel fatto che nel nuovo testo della lettera b) non viene più contemplata, tra le attività disciplinate dalle ordinanze, quella di "gestione dei rifiuti, delle macerie, del materiale vegetale o alluvionale o delle terre e rocce da scavo prodotti dagli eventi e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea". Viene altresì soppressa, con riferimento agli interventi per la riduzione del rischio residuo, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, la precisazione che gli stessi interventi devono essere effettuati in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti. Relativamente alle modalità di emanazione delle ordinanze di protezione civile, nel nuovo testo del comma 4 dell'art. 26 non si fa più riferimento alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale e alle forme di pubblicità previste dall'art. 42 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Inoltre, non viene più contemplata la trasmissione delle stesse ordinanze alle Regioni o Province autonome interessate. Il nuovo testo introduce altresì una precisazione volta a chiarire che la trasmissione delle ordinanze al Ministero dell'economia e delle finanze avviene "affinché questo comunichi gli esiti della loro verifica al Presidente del Consiglio dei ministri". Si valuti l'opportunità di specificare le forme di pubblicità delle ordinanze di protezione civile.
Il nuovo testo del comma 5 dell'art. 24 introduce, poi, una disposizione, che non trova corrispondenza nel testo vigente, volta a consentire al Presidente del Consiglio dei ministri di emanare ulteriori ordinanze finalizzate a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni alle persone o alle cose. Sono diverse le disposizioni del vigente art. 25 (la cui abrogazione è prevista dall'art. 2, comma 2, della presente proposta di legge) che non vengono riprodotte nel nuovo testo previsto dalla proposta di legge in esame: - il primo periodo del comma 7, che dispone che per coordinare l'attuazione delle ordinanze di protezione civile, con i medesimi provvedimenti possono essere nominati commissari delegati che operano in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale; - il comma 8, che disciplina i compensi per l'esercizio delle funzioni attribuite con le ordinanze di protezione civile; - il comma 9, in base al quale la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo avverso le ordinanze di protezione civile e i consequenziali provvedimenti commissariali nonché altri atti da emanarsi ai sensi dell'art. 25 è disciplinata dal codice del processo amministrativo; - il comma 10, che prevede l'emanazione di una direttiva volta a disciplinare un sistema di monitoraggio e di verifica dell'attuazione, anche sotto l'aspetto finanziario, delle misure contenute nelle ordinanze di protezione civile nonché dei provvedimenti adottati in attuazione delle medesime; - il comma 11 (di cui si è già detto in precedenza) che prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'esercizio della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti con finalità analoghe a quanto previsto dall'art. 25 in relazione alle emergenze di carattere regionale. Nel nuovo testo del comma 3 dell'art. 26 viene introdotta una disposizione (che ricalca, in buona parte, quella prevista dall'art. 27, comma 4, che rimane sostanzialmente immutato ad eccezione della modifica di un termine temporale, v. infra) finalizzata a disciplinare, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la rendicontazione di tutte le entrate e di tutte le spese, riguardanti gli interventi delegati, da parte dei sindaci e dei commissari delegati titolari di contabilità speciali, entro il quarantacinquesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico. Tale rendicontazione deve avvenire indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema definito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Capo del Dipartimento della protezione civile, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Ulteriori disposizioni contenute nel comma 3 in esame (che si ritrovano sostanzialmente anche nel comma 4 del vigente art. 27, così come accade per le altre disposizioni del comma 3 fin qui commentate) sono quelle che prescrivono che: - il rendiconto contiene anche una sezione dimostrativa della situazione analitica dei crediti, distinguendo quelli certi ed esigibili, e dei debiti derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate assunte a qualsiasi titolo dai sindaci o dai commissari delegati, con l'indicazione della relativa scadenza; - in caso di omessa o tardiva presentazione del rendiconto, si applica l'articolo 337 del R.D. n. 827 del 1924, come peraltro già previsto dalla norma vigente, che prevede l'applicazione di una pena pecuniaria, con decreto emesso dal capo dell'amministrazione centrale; - al fine di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione, sono vietati girofondi tra le contabilità speciali. Rispetto all'art. 27, comma 4, nella disciplina della rendicontazione prevista dal nuovo comma 3 dell'art. 26 sono inoltre introdotte disposizioni volte a prevedere che i rendiconti: - sono trasmessi, corredati della documentazione giustificativa nonché degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, per il tramite delle ragionerie territoriali competenti, all'Ufficio del bilancio per il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri nonché, per conoscenza, al Dipartimento della protezione civile, alle Camere per l'invio alle competenti Commissioni parlamentari e al Ministero dell'interno; - consolidano anche i dati relativi agli interventi delegati dal sindaco o dal commissario a uno o più soggetti attuatori; - sono pubblicati nel sito internet istituzionale del Dipartimento della protezione civile; - sono inoltrati, dalle ragionerie territoriali, anche con modalità telematiche e senza la documentazione di corredo, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti. La riscrittura dell'art. 27, che disciplina le contabilità speciali, fa registrare modifiche molto limitate. Una prima modifica (che si rinviene al comma 2) risiede nella precisazione che le contabilità speciali oggetto di disciplina sono quelle intestate al Capo del Dipartimento della protezione civile e quelle eventualmente intestate ai commissari delegati. Una seconda modifica eleva da 40 a 45 giorni il termine (decorrente dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o dell'incarico) entro il quale i commissari delegati titolari di contabilità speciali devono presentare il rendiconto di tutte le entrate e di tutte le spese riguardanti gli interventi di cui coordinano l'attuazione. Una terza modifica risiede nella soppressione dei commi 9, 10 e 11 che non disciplinano le contabilità speciali.
Tali commi dettano, rispettivamente, disposizioni in materia di: divieto di devoluzione delle controversie a collegi arbitrali; nullità dei compromessi e delle clausole compromissorie inserite nei contratti; termine per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali emessi a seguito delle controversie relative all'esecuzione di interventi ed attività derivanti dal Codice.
Disposizioni per agevolare la ripresa economica e produttiva (artt. 6-9)Il capo II della proposta di legge in esame (costituito dagli articoli 6-9) non riguarda la fase emergenziale e gli interventi di ricostruzione, ma reca disposizioni per agevolare la ripresa economica e produttiva nei territori colpiti. L'articolo 6, al fine di evitare fenomeni di spopolamento dei territori in cui si sono verificati eventi calamitosi di rilievo nazionale, riconosce in favore dei medesimi una moratoria decennale sulla riorganizzazione dei servizi essenziali prevista da norme di legge in funzione della densità abitativa degli enti locali interessati.
Al fine di agevolare la ripresa delle attività nelle zone colpite da un evento calamitoso, l'articolo 7 riconosce determinate indennità a favore di talune categorie di lavoratori impossibilitati a prestare attività lavorativa a seguito di tale evento e reca alcune semplificazioni per i datori di lavoro che presentano domanda di trattamento di integrazione salariale, ordinario o straordinario, in conseguenza del medesimo evento. In particolare, si prevede la concessione:
Sul punto (in particolare con riferimento a quanto previsto all'articolo 7, comma 1, let. a)) si ricorda che la legge di bilancio 2022 ha esteso l'ambito di applicazione dei trattamenti di integrazione salariale prevedendo che la CIGS possa essere concessa a tutti i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti e che i Fondi di solidarietà bilaterali si applichino ai soggetti che occupano almeno un dipendente (articolo 1, comma 204 della legge n. 234/2021); per garantire, nelle more della riforma o dell'istituzione dei fondi di solidarietà bilaterali per tutti i datori con almeno un dipendente, il riconoscimento di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro alla generalità dei lavoratori subordinati, la legge di bilancio 2022 ha altresì esteso l'operatività del Fondo di integrazione salariale a tutti i datori di lavoro, con almeno un dipendente, non rientranti nell'ambito di applicazione della CIGO e dei Fondi bilaterali (articolo 1, comma 207, legge n. 234/2021). Alla luce di tali previsioni normative, si valuti l'opportunità di specificare i soggetti destinatari dell'indennità in oggetto.
Tali indennità sono autorizzate dalle regioni interessate ed erogate dall'INPS (comma 4). Il medesimo articolo 7 prevede altresì alcune semplificazioni per i datori di lavoro che presentano domanda di trattamento di integrazione salariale e di applicazione dell'assegno di integrazione o di solidarietà, in conseguenza del medesimo evento. Si valuti l'opportunità di eliminare il riferimento all'assegno di solidarietà alla luce del fatto che l'erogazione di tale assegno non è più prevista a decorrere dal 1° gennaio 2022. In particolare si prevede che:
Per quanto concerne i limiti massimi di durata, si ricorda che ai sensi della normativa vigente:
- il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la
durata massima complessiva
di 24 mesi in un quinquennio mobile;
- la CIGO può essere concessa fino ad un periodo massimo di 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino ad un massimo complessivo di 52 settimane e, se relativa a più periodi non consecutivi, non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile;
- la CIGS può avere una durata massima di 24 mesi in un quinquennio mobile in caso di riorganizzazione aziendale e contratto di solidarietà e di 12 mesi in caso di crisi aziendale.
L'articolo 8 elenca, al comma 1, le agevolazioni che possono essere concesse, a seguito della deliberazione dello stato di emergenza, a favore delle imprese che presentano rilevanti difficoltà finanziarie ai fini della continuazione delle attività produttive e del mantenimento dei livelli occupazionali. L'articolo in esame richiama il rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. Per taluni benefici elencati, quali i finanziamenti agevolati a tasso zero per il ripristino delle attività economiche già presenti nei territori colpiti e per sostenere la nascita nei medesimi territori di nuove realtà imprenditoriali, sono indicate le percentuali di copertura dell'investimento ammesse a beneficio, in particolare:
Le previsioni contenute nell'articolo 8, comma 1, lettere a) e b) della proposta di legge in esame fissano l'entità dell'aiuto ammissibile per misure di sostegno finanziario che sono enunciate, comunque, in via programmatica, posta l'assenza di risorse finanziarie destinate a tal fine. Il comma 2 dell'articolo 8 in esame, infatti, come meglio si dirà oltre, demanda ad una successiva legge l'attivazione delle misure di sostegno di cui al comma 1 e l'individuazione delle relative coperture finanziarie.
In primo luogo, la normativa europea esenta, secondo criteri e soglie predeterminate, dall'obbligo di notifica preventiva alla Commissione, gli aiuti destinati ad ovviare a danni arrecati da calamità naturali (articolo 50 del Regolamento (UE) n.651/2014, cd. GBER). Risulterebbe peraltro anche applicabile laddove l'entità dell'aiuto rispetti le soglie indicate, la normativa europea sugli aiuti di Stato orizzontali, quali gli "aiuti di piccola entità", di cui al Regolamento "de minimis",
Regolamento (UE) n. 1407/2013, ovvero i regimi di esenzione riguardanti le piccole e medie imprese (artt. 17 e ss. del Regolamento (UE) n.651/2014), ovvero ancora, se territorialmente applicabile, la normativa sugli aiuti a finalità regionale (Cfr. l' art. 14 del Regolamento GBER, e, in caso di superamento delle soglie e condizioni ivi previste, gli orientamenti della Commissione per il nuovo periodo programmatorio 2022-2027, adottati con la
Comunicazione 2021/C 153/01 e la conseguente
Carta Nazionale degli aiuti di Stato a finalità regionale).
Si valuti pertanto l'opportunità di rendere compatibili le previsioni che introducono sostegni finanziari al tessuto imprenditoriale nazionale colpito da un evento calamitoso con gli specifici limiti e le specifiche condizioni previste dalla normativa europea applicabili al caso concreto. Si ricorda in particolare che l'art. 107, par. 2, lett. b) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevede che «gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali» siano compatibili con il mercato interno. Il Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (General Block Exemption Regulations (GBER), applicabile fino al 31 dicembre 2023, esenta dall'obbligo di notifica alla Commissione, tra l'altro, agli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da determinate calamità naturali, alle condizioni fissate dall'articolo 50 del medesimo Regolamento GBER. L'articolo citato dispone, nel dettaglio, che i regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati (tra gli altri) da terremoti sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino le seguenti condizioni:
a) le autorità pubbliche competenti di uno Stato membro hanno riconosciuto formalmente il carattere di calamità dell'evento; e
b) esiste un nesso causale diretto tra i danni provocati dalla calamità naturale e il danno subito dall'impresa.
I
regimi di aiuti connessi a una determinata calamità sono adottati nei tre anni successivi alla data dell'evento.
Gli aiuti devono essere concessi entro quattro anni dall'evento.
I costi ammissibili non sono predeterminati nell'importo, ma vanno calcolati sulla base dei danni diretti subiti come conseguenza della calamità naturale (valutati da un esperto indipendente riconosciuto dall'autorità nazionale competente o da un'impresa di assicurazione). Tra i danni vi sono quelli, materiali ad attivi (ad esempio danni ad immobili, attrezzature, macchinari, scorte). Sono ammissibili anche i danni indiretti, come la
perdita di reddito dovuta alla sospensione totale o parziale dell'attività per un periodo massimo di sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento. La disciplina europea fissa specifici criteri per il calcolo dei danni materiali e della perdita di reddito. L'aiuto e tutti gli altri pagamenti ricevuti a copertura dei danni, compresi i pagamenti nell'ambito di polizze assicurative, arrivano fino al
100% dei costi ammissibili, come determinati ai sensi della normativa europea.
Laddove dunque non vi siano le condizioni fissate dall'articolo 50 del GBER, al fine di mantenere in vita il tessuto produttivo delle aree colpite ovvero di sostenerlo, il medesimo Regolamento GBER contempla, a certe condizioni ed entro date soglie e limiti di cumulo, ulteriori regimi di esenzione:
Fanno inoltre comunque eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati sulla base dei regolamenti di esenzione,
gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE
"de minimis", i quali si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd.
de minimis, il
Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in
tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è
di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Il Regolamento in questione è applicabili fino al 31 dicembre 2023.
Per gli aiuti cd.
de minimis nel
settore agricolo opera, invece,
il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316. L'importo totale degli aiuti «
de minimis» concessi a un'impresa unica non può superare
25.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Il regolamento in questione è applicabili fino al 31 dicembre 2027.
Infine, per gli aiuti "
de minimis" nel settore della
pesca e dell'
acquacoltura opera il Reg. (UE) n. 717/2014. L'importo complessivo degli aiuti concessi dallo Stato a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non può superare i
30.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.Il Regolamento in questione è applicabili fino al 31 dicembre 2023.
L'articolo 8 elenca, inoltre, quali benefici concedibili, i finanziamenti di progetti di riconversione e riqualificazione industriale, in base al regime di aiuto previsto per le aree industriali in crisi di cui alla L. n. 181/1989 e all'articolo 27 del D.L. n. 181/1989; nonché un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi, anche mediante contratto di locazione finanziaria, riguardanti macchinari, impianti e attrezzature destinati a strutture produttive operanti nei territori dei comuni colpiti. Si deve trattare di strutture produttive già esistenti o di nuova localizzazione insediate nel territorio, purché gli investimenti facciano parte di un progetto di investimento iniziale. A tale ultimo fine viene richiamata la definizione di investimento iniziale e di investimento iniziale a favore di una nuova attività economica contenuto nella disciplina degli aiuti di stato di cui al Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (General Block Exemption Regulations (GBER) (articolo 2, numeri 49 e 51) e la misura dell'investimento consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 approvata con decisione della Commissione C(2014) 6424 final del 16 settembre 2014, come modificata dalla decisione C (2016) 5938 final del 23 settembre 2016. Posto che la Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 non è più vigente, si valuti l'opportunità di richiamare al riguardo la nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, approvata dalla Commissione europea con la Comunicazione del 2 dicembre 2021 C(2021) 8655 final, la cui successiva modifica è stata approvata dalla Commissione con la Comunicazione del 18 marzo 2022, C(2022) 1545 final. Quanto alla complessiva compatibilità con la disciplina europea, si rinvia all'osservazione sopra formulata. Infine, l'articolo 8, al comma 2, stabilisce che l'attivazione delle misure di sostegno di cui al comma 1 e l'individuazione delle relative coperture finanziarie e dei criteri e delle modalità di accesso alle misure medesime sono disposte con legge, tenuto conto anche della gravità dell'evento calamitoso e del suo impatto sul tessuto economico-sociale.
L'articolo 9, comma 1, prevede l'istituzione di zone franche urbane nel territorio dei comuni colpiti dall'evento calamitoso, ai sensi dell'art. 1, commi da 340 a 343, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il comma 2 del medesimo articolo dispone che nelle zone franche urbane così istituite, i benefìci economici e occupazionali previsti dai citati commi 340-343 sono riconosciuti, oltre che alle imprese di nuova apertura, anche a quelle già insediate nei territori colpiti dall'evento calamitoso. Al riguardo si segnala che le norme in esame non recano una definizione univoca delle imprese di "nuova apertura" e di quelle "già insediate nei territori colpiti dall'evento calamitoso". Al fine di individuare con precisione i destinatari dei benefici, si valuti pertanto l'opportunità di precisare le predette locuzioni.
Le
Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree
urbane
caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse.
Per quanto riguarda la normativa italiana, l'istituzione delle ZFU è stata inizialmente prevista dall'
articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006, il quale ha istituito un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. La legge finanziaria 2008 (
L. 244/2008, commi 561, 562 e 563) ha confermato tale stanziamento e ha definito in maggior dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che, oggi, trovano la loro definizione all'interno del decreto interministeriale 10 aprile 2013 in attuazione di quanto previsto dall'
art. 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179.
L'individuazione delle
Zone
Franche
Urbane
prevede agevolazioni fiscali e previdenziali per rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale nelle micro e piccole imprese localizzate all'interno dell'Obiettivo Convergenza (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia), nonché nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia - Iglesias.
Tali agevolazioni consistono in:
Si ricorda che la prima ZFU ad essere effettivamente costituita è stata quella de L'Aquila, a seguito del sisma del 2009. L'articolo 10, comma
1-bis, del
decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 ha affidato al CIPE il compito di individuare, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e sentita la Regione Abruzzo, delle
zone
franche
urbane
nell'ambito dei territori interessati dal sisma del 2009, alle quali applicare le agevolazioni fiscali e contributive previste dalla
legge n. 296 del 2006. Il CIPE, con deliberazione n. 39 del 13 maggio 2010, ha individuato e perimetrato la "Zona franca urbana de L'Aquila" nonché disposto l'assegnazione delle relative risorse. Le disposizioni attuative sono state, quindi, dettate con decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2012, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con la
circolare n. 39/E del 2013 l'Agenzia delle entrate, in condivisione con il MISE e con l'INPS, ha chiarito alcuni aspetti della disciplina agevolativa rivolta alle imprese localizzate nella zona franca del comune dell'Aquila.
Si ricorda, inoltre, che il
D.L. n. 78 del 2015 ha previsto l'istituzione di una zona franca urbana nel territorio colpito dall'alluvione del 17 gennaio 2014 nella provincia di Modena, in alcuni comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, e nel territorio colpito dall'alluvione del 18-19 novembre 2013 dei comuni della regione Sardegna, che la legge di stabilità 2016 ha istituito
zone
franche in alcuni comuni della Lombardia colpiti dal sisma del 2012, e che il
D.L. n. 109 del 2018
ha istituito nel territorio della Città metropolitana di Genova una zona franca urbana.
Si fa presente, infine, che sul piano europeo l'efficacia dell'istituzione delle
zone
franche
urbane
(ZFU) è
subordinata all'approvazione da parte della Commissione europea, che può essere richiesta solo a seguito della concreta individuazione delle ZFU. Il procedimento di approvazione è disciplinato dagli
articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'UE, in materia di divieto di aiuti di Stato, i quali prevedono la compatibilità con il mercato interno degli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, nonché la possibilità di considerare compatibili con esso gli aiuti destinati ad agevolare talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse, ed altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.
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Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge in esame interviene sulla materia "
protezione civile" attribuita alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni dall'
articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Sulla materia della protezione civile la giurisprudenza costituzionale ha, da una parte, evidenziato le strette connessioni con la competenza esclusiva statale della tutela dell'ambiente; dall'altra parte, ha rilevato, nelle
sentenze n. 284 del 2006 e
n. 277 del 2008, che con la
legge 24 febbraio 1992, n. 225 (poi sostituita dal vigente
decreto legislativo n. 1 del 2018, che tuttavia, per gli aspetti che qui rilevano ha confermato, l'impianto della
legge n. 225 del 1992), il legislatore statale «ha rinunciato ad un modello centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico" (
sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del 2003).». Pertanto, come sottolineato dalla Corte costituzionale, lo Stato è legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i "principi fondamentali" quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l'intervento unitario del legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria anche mediante l'adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie. La Corte ha infatti ritenuto che le previsioni in materia di stati di emergenza e potere di ordinanza sono «espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicché deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale» (
sentenza n. 284 del 2006).
Con riferimento a specifiche disposizioni dettate dalla proposta di legge in esame che incidono sulla potestà legislativa di Regioni e Province autonome, si segnalano le seguenti:
Al riguardo, si ricorda che, nell'ambito della normativa sulla ricostruzione delle zone colpite da eventi sismici, nella
sentenza n. 246 del 2019 della Corte costituzionale sono riepilogati gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale in merito all'intreccio di competenze, alla possibile chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative, al ruolo trasversale della competenza statale e alla necessità del coinvolgimento regionale. In particolare, la sentenza n. 246 ha precisato che "la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato, deve prevedere un idoneo coinvolgimento delle Regioni: da una parte, la chiamata in sussidiarietà a livello centrale di funzioni amministrative in materia di protezione civile in caso di emergenza di rilievo nazionale richiede il rispetto del principio di leale collaborazione; dall'altra parte, tale necessario coinvolgimento viene in rilievo anche perché l'avvio della ricostruzione incrocia altresì la competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio". La Corte richiama precedenti sentenze in cui era stato evidenziato come con la riforma del
titolo V della Costituzione la protezione civile è stata prevista tra le materie di potestà legislativa concorrente, riservando allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali, con la conseguenza che i poteri legislativi e amministrativi, già attribuiti allo Stato, possono trovare attuazione esclusivamente in forza della chiamata in sussidiarietà e che la gestione degli stessi deve essere improntata al principio di leale collaborazione.
In attuazione di tale principio il coinvolgimento delle Regioni è previsto in generale dal codice della protezione civile del 2018, che, in linea di continuità con la legge n. 225 del 1992, contiene, in plurime disposizioni, ripetuti momenti di collegamento con le Regioni (nonché con le Province autonome di Trento e di Bolzano).
La Corte ricorda che i
l "tipico coinvolgimento delle Regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, che governa sia la chiamata in sussidiarietà a livello statale, sia l'intreccio delle materie, nella fattispecie, di competenza concorrente, si colloca quindi a livello di codeterminazione di numerosi atti, specificandosi pertanto nella prescrizione della previa intesa, prevista infatti altresì da numerose (…) norme del codice. (...) Ma sono possibili anche altri moduli partecipativi, meno coinvolgenti, quali il mero raccordo (…) o il parere della Regione interessata".
Sulla necessità di rispettare il
principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, quando interviene, tra l'altro, la competenza concorrente nella materia "protezione civile", rileva, altresì, quanto stabilito dalla
sentenza n. 56 del 2019 della Corte costituzionale.
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Analisi di impatto di genereL'art. 7, comma 1, lettera b), della proposta di legge in esame dispone che, al fine di agevolare la ripresa delle attività nelle zone colpite da un evento calamitoso, è concessa un'indennità pari al trattamento massimo di integrazione salariale, con la relativa contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori del settore privato, compreso quello agricolo,impossibilitati a recarsi al lavoro, anche perché impegnati nella cura dei familiari con loro conviventi, per infortunio o malattia conseguenti all'evento calamitoso. La disposizione appare rilevante ai fini della valutazione del suo impatto di genere in quanto in Italia, secondo l'ISTAT (fonte: Rapporto SDGs 2022), l'asimmetria nel lavoro di cura familiare a svantaggio delle donne è pari al 62,6 per cento (dato riferito al biennio 2020-2021).
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