Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit - Roma, 5 dicembre 2023
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 9
Data: 01/12/2023
Organi della Camera: XI Lavoro, XIV Unione Europea

        

 

XIX LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

AUDIZIONI E INCONTRI

 

 

 

Audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit

 

Roma, 5 dicembre 2023

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio studi

Servizio degli affari internazionali

UFFICIO DEI RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

DELL’UNIONE EUROPEA

   n. 61

Camera dei deputati

 

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 9

 


 

Servizio Studi

Tel. 06 6706 2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi

Dossier n. 61

Servizio degli Affari internazionali -

Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea

Tel. 06 6706 4561 - affeuropei@senato.it

 

 

 

 

 

Ufficio rapporti con l’Unione europea

Tel. 06 6760 2145 - cdrue@camera.it - @CD_europa - europa.camera.it.

Dossier n. 9

 

 

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I N D I C E

Le competenze del Commissario per il lavoro e gli affari sociali 1

Le competenze dell’UE in ambito di occupazione e politiche sociali 3

IL Pilastro europeo dei diritti sociali 5

L’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali e i principali obiettivi sociali dell’UE al 2030  6

Gli ultimi dati sulla situazione socio-occupazionale nell’UE.. 9

Reddito di cittadinanza fino al 2023 e assegno di inclusione dal 2024 (a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati) 17

Salario minimo (a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati) 21

Quadro europeo: Direttiva (UE) 2022/2041. 21

Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente, esame in Assemblea e rinvio in Commissione. 23

Lavoro tramite piattaforme. 25

Il fenomeno del lavoro tramite piattaforma. 25

Segnalazione del fenomeno ad opera di altre istituzioni dell’UE.. 26

La proposta di direttiva. 27

Posizione del Governo italiano. 30

Negoziati 30

Esame della proposta di direttiva presso il Parlamento italiano. 31

Pacchetto sulla mobilità delle competenze e dei talenti 33

La Comunicazione sulla mobilità delle competenze e dei talenti 34

Proposta di regolamento sull’istituzione del bacino di talenti dell’UE.. 36

Proposta di raccomandazione della Commissione sul riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi 37

Proposta di raccomandazione del Consiglio “Europa in movimento": opportunità di mobilità per l'apprendimento per tutti 38

Impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro   41

Risoluzione del PE sull’IA.. 41

Relazione della Commissione europea su impatto dell’IA sul lavoro. 43

Indagine conoscitiva sul rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro (a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati). 44

 

 

 


Le competenze del Commissario per il lavoro e gli affari sociali

 

Il mandato Commissario europeo per il lavoro e gli affari sociali Nicolas Schmit (Lussemburgo), in base alla lettera di incarico conferita dalla Presidente della Commissione europea von der Leyen, ha l’obiettivo principale di rafforzare la dimensione sociale dell'Europa.

Per conseguirlo, il Commissario, sotto la guida del Vicepresidente esecutivo per un'economia al servizio delle persone, Dombrovskis, è chiamato ad occuparsi in particolare di:

·        sviluppare un piano d'azione per l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, lavorando a stretto contatto con gli Stati membri e rispettando pienamente il principio di sussidiarietà (v. infra);

·        presentare uno strumento giuridico per garantire ai lavoratori dell'UE un salario minimo equo (v. infra);

·        migliorare le condizioni di lavoro degli operatori delle piattaforme digitali (v. infra);

·        contribuire (insieme al Commissario per l’economia, Paolo Gentiloni) alla progettazione di un regime europeo di riassicurazione delle indennità di disoccupazione, volto a tutelare i cittadini e a ridurre la pressione sulle finanze pubbliche in presenza di shock esterni.

Prima dello scoppio della pandemia era stata oggetto di dibattito al livello europeo l'ipotesi di un regime europeo di riassicurazione della disoccupazione (il c.d. European Unemployment Benefit Reinsurance Scheme, EUBRS), finanziato da contributi regolari provenienti dai regimi nazionali, ai quali il sistema europeo presterebbe soccorso nel caso in cui i livelli di disoccupazione raggiungessero livelli predeterminati. La stessa Presidente von der Leyen aveva annunciato un impegno della Commissione a tal riguardo, sostenuta dall'Italia. A seguito dello scoppio della crisi pandemica, invece, è stato istituito lo strumento europeo di sostegno temporaneo SURE, per attenuare i rischi di disoccupazione in emergenza. In questo senso, lo strumento SURE rappresenta una sorta di realizzazione di emergenza dell'EUBRS, essendo stato specificamente progettato per rispondere immediatamente alle sfide presentate dalla pandemia. Esso, tuttavia, non preclude in alcun modo l'istituzione di un eventuale EUBRS in via permanente.

·        sostenere l’attività della nuova Autorità europea del lavoro;

·        promuovere il dialogo sociale tra datori di lavoro e sindacati;

Si ricorda, in particolare, che a gennaio 2023 la Commissione europea ha presentato una comunicazione che definisce una serie di misure concrete per rafforzare ulteriormente il dialogo sociale dell'UE; a giugno 2023 invece il Consiglio ha adottato una raccomandazione sul rafforzamento del dialogo sociale nell'UE che definisce una serie di modalità con cui gli Stati membri possono rafforzare il dialogo sociale e la contrattazione collettiva a livello nazionale, anche coinvolgendo le parti sociali nell'elaborazione delle politiche, promuovendo i benefici del dialogo sociale e rafforzando le capacità delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.

·        assicurare che sia sfruttato al massimo il potenziale del Fondo sociale europeo Plus al fine di contribuire a creare occupazione, migliorare la produttività sul lavoro e migliorare la mobilità dei lavoratori;

·        collaborare con gli Stati membri per rafforzare i sistemi di protezione sociale in Europa, utilizzando in particolare il Semestre europeo per monitorare i progressi e identificare le aree da migliorare;

·        rafforzare la Garanzia per i giovani e sviluppare una Garanzia europea per l'infanzia come strumento combattere la povertà e garantire l'accesso dei minori ai servizi di base;

·        sviluppare un piano d'azione europeo per l'economia sociale per migliorare l'innovazione sociale;

·        dirigere i lavori della Commissione europea per l'attuazione e l'aggiornamento dell'Agenda per le competenze (si ricorda che il 2023 è l'Anno europeo delle competenze).

 

Dopo un breve riepilogo delle attribuzioni dell’UE in ambito sociale ed occupazionale, il presente dossier approfondisce alcune delle principali tematiche di competenza del Commissario Schmit, riportando sinteticamente, gli ultimi dati sulla situazione socio-occupazionale nell’UE.

 


 

Le competenze dell’UE in ambito di occupazione e politiche sociali

La dimensione sociale in Europa si è sviluppata progressivamente nel corso del processo di integrazione, con l’adozione di atti normativi specifici nonché con l’istituzione fondi e strumenti per coordinare e monitorare le politiche nazionali.

L’Ue ha in materia prevalentemente competenze di impulso, coordinamento e sostegno, mentre gli Stati membri mantengono la responsabilità primaria per l’adozione delle relative politiche

 

Ai sensi dell'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea (TUE), l'Unione è chiamata, tra l'altro, a promuovere il benessere dei suoi popoli e ad adoperarsi per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Ai sensi dell'articolo 9 del TUE, l'Unione, nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, tiene conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana.

 

In base all’articolo 5 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'Unione prende misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali e delle politiche sociali degli Stati membri.

L’articolo 151, paragrafo 1, del TFUE delinea inoltre gli obiettivi comuni dell'UE e dei suoi Stati membri in campo sociale e occupazionale, i quali comprendono la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione.

Per conseguire i suddetti obiettivi, l’articolo 153, paragrafo 1, del TFUE elenca una serie di settori nei quali l’UE “sostiene e completa l'azione degli Stati membri”.

Si tratta, nello specifico, dei seguenti: a) miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori; b) condizioni di lavoro; c) sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori; d) protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro; e) informazione e consultazione dei lavoratori; f) rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa la cogestione (fatto salvo quanto riguarda le retribuzioni, il diritto di associazione, il diritto di sciopero e il diritto di serrata); g) condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio dell'Unione; h) integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro, fatte salve le disposizioni relative alla formazione professionale di cui all'articolo 166 TFUE; i) parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro; j) lotta contro l'esclusione sociale; k) modernizzazione dei regimi di protezione sociale fatto salvo il disposto della lettera c).

Rispetto ai citati settori, l’UE può adottare misure destinate a incoraggiare la cooperazione tra Stati membri, in particolare migliorando la conoscenza e sviluppando gli scambi di informazioni e di migliori prassi (articolo 153, paragrafo 2, lettera a) del TFUE) ad esclusione di ogni armonizzazione delle normative nazionali; soltanto nei settori sopra indicati da a) a i), l’UE può adottare, mediante direttive, prescrizioni minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative tecniche esistenti in ciascuno Stato membro ed evitando di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese (articolo 153, paragrafo 2, lettera b) del TFUE).

Le predette disposizioni, inoltre, non devono compromettere la facoltà riconosciuta agli Stati membri di definire i principi fondamentali del loro sistema di sicurezza sociale, non devono incidere sensibilmente sull'equilibrio finanziario dello stesso e non devono impedire che uno Stato membro mantenga o stabilisca misure, compatibili con i Trattati, che prevedano una maggiore protezione (articolo 153, paragrafo 4, del TFUE).

Occorre, infine, ricordare che in materia di politica sociale “l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali” e “facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia” (articolo 152, paragrafo 1, del TFUE).

IL Pilastro europeo dei diritti sociali

 

La dimensione sociale dell’UE ha assunto una maggiore centralità con la proclamazione, nel 2017, del Pilastro europeo dei diritti sociali.

Il Pilastro sancisce 20 principi e diritti fondamentali, che si articolano in tre categorie (grafico sottostante della Commissione europea): 1) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; 2) condizioni di lavoro eque; 3) protezione sociale e inclusione.

Il Pilastro ribadisce alcuni dei diritti già presenti nell’acquis dell’Unione e aggiunge nuovi principi per affrontare le sfide derivanti dai cambiamenti sociali, tecnologici ed economici, riguardanti i cittadini e i cittadini di Paesi terzi regolarmente residenti nell’Unione. I Principi che si riferiscono ai lavoratori, si applicano a tutte le persone occupate, indipendentemente dalla loro situazione occupazionale, dalle modalità e dalla durata dell’occupazione.

L’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali e i principali obiettivi sociali dell’UE al 2030

Nel marzo 2021, la Commissione europea ha lanciato il piano d’azione per l’attuazione del Pilastro; numerose iniziative del piano sono state già varate o sono in programma di essere presentate.

Per approfondimenti, si rinvia alla seguente pagina web della Commissione.

Contestualmente alla presentazione del piano d’azione, la Commissione europea ha proposto tre obiettivi principali in materia di occupazione, competenze e protezione sociale, da declinare anche a livello nazionale, che l'UE deve conseguire entro il 2030:

 

Circa il primo obiettivo (almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrebbe avere un lavoro), si segnala che secondo gli ultimi dati Eurostat il tasso di occupazione nell’UE era del 75,4% nel secondo trimestre 2023.

La Commissione specifica che per raggiungere l’obiettivo l'UE deve puntare a:

- (almeno) dimezzare il divario di genere a livello occupazionale rispetto al 2019 (quando era all'11,7%);

- aumentare l'offerta di servizi formali di educazione e cura della prima infanzia, contribuendo in tal modo a una migliore conciliazione tra vita professionale e vita privata e favorendo una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro;

- ridurre il tasso di giovani che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET) di età compresa tra i 15 e i 29 anni dal 12,6% (2019) al 9%.

Circa il secondo obiettivo (almeno il 60% degli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione), va evidenziato che, secondo la Commissione, fino al 2016 solo il 37% degli adulti partecipava ogni anno ad attività di apprendimento.

La Commissione specifica che per raggiungere l’obiettivo si dovrebbe in particolare fare in modo che:

- almeno l'80% delle persone tra i 16 e i 74 anni possieda competenze digitali di base (secondo l’ultimo Indice DESI pubblicato dalla Commissione europea, nel 2022 il 53,9% della popolazione dell’UE di età compresa tra 16 e 74 anni possedeva competenze digitale di base (il 45,6% in Italia);

- l'abbandono scolastico precoce sia ulteriormente ridotto e la partecipazione all'istruzione secondaria superiore aumentata.

Circa il terzo obiettivo (ridurre di almeno 15 milioni il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (5 milioni dei quali dovrebbero essere bambini), si segnala che, secondo gli ultimi dati Eurostat, nel 2022 le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nell'UE costituivano il 21,6% della popolazione totale.

 

Gli obiettivi sono stati “accolti con favore” dai leader dell’UE in occasione del Vertice sociale di Porto del 7-8 maggio 2021 (Dichiarazione di Porto) e del Consiglio europeo del 25 giugno 2021 (conclusioni).

L’attuazione del Pilastro rappresenta quindi al momento la principale strategia sociale dell'UE al fine di supportare i lavoratori, rafforzare la protezione sociale, combattere la povertà e le disuguaglianze e garantire che la transizione alla neutralità climatica, la digitalizzazione e il cambiamento demografico siano socialmente equi e giusti.

L’attuazione viene monitorata nel contesto del Semestre europeo, il ciclo dell'UE per il coordinamento delle politiche sociali ed economiche, che, sebbene agli inizi fosse principalmente un esercizio economico, nel corso del tempo ha integrato nel processo altri settori d'intervento, compresi quelli sociali ed occupazionali.

Nonostante questa evoluzione, si ritiene da più parti che la dimensione sociale del Semestre europeo e, più in generale, dell’UE, debba essere ulteriormente rafforzata, in particolare assicurando alle politiche, agli obiettivi e alle priorità sociali pari importanza e dignità rispetto a quelli fiscali ed economici.

Sebbene si tratti di una responsabilità comune tra le Istituzioni europee e gli Stati membri, l’attuazione del Pilastro è demandata in via prioritaria a questi ultimi, che, come evidenziato in premessa, sono i principali responsabili in tema di occupazione, competenze e politiche sociali.

 

Gli obiettivi sociali dell’UE al 2030 declinati a livello nazionale

Gli Stati membri hanno fatto propri gli obiettivi sociali proposti dalla Commissione e hanno fissato anche gli obiettivi sociali a livello nazionale.

La tabella sottostante, pubblicata dalla Commissione europea, riporta tutti gli obiettivi degli Stati membri.

L’Italia ha presentato un obiettivo del 73% per il tasso di occupazione (secondo gli ultimi dati Eurostat, era al 66% nel secondo trimestre 2023), un obiettivo del 60% per la partecipazione degli adulti all’apprendimento e un obiettivo di ridurre la povertà per 3,2 milioni di persone.

Secondo i dati Eurostat, dal 2009 ad oggi il tasso di occupazione italiano ha oscillato tra il picco minimo del 58,9% (raggiunto nel secondo trimestre 2013) e quello massimo del 66% (raggiunto nel secondo trimestre 2023). Quello fissato al 73% rappresenta, dunque, un obiettivo senz’altro ambizioso, poiché nettamente più alto rispetto al tasso di occupazione medio registrato in Italia negli ultimi anni.

Analoghe considerazioni possono essere effettuate con riferimento all’obiettivo di riduzione della povertà. Stando ai dati Istat, nel 2022 le famiglie in povertà assoluta in Italia sono state circa l’8,3% (in aumento dal 7,7% dell’anno precedente, soprattutto a causa dell’elevata inflazione), per un numero di individui pari a circa 5,6 milioni.

 

 

Gli ultimi dati sulla situazione socio-occupazionale nell’UE

Gli ultimi dati della Commissione sulla situazione socio-occupazionale dell’UE mostrano risultati parzialmente soddisfacenti, soprattutto per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, che sta seguendo un trend discendente; tuttavia, permangono rilevanti differenze socio-economiche tra gli Stati membri e anche all’interno degli stessi e vi è ancora una rilevante quota della popolazione europea a rischio di povertà o di esclusione sociale.

 

Tasso di occupazione

Il tasso di occupazione (popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni) è in costante aumento negli ultimi anni nell’UE: è passato dal 71,9% del quarto trimestre 2020, anno dello scoppio della pandemia, al 75,4% del secondo trimestre 2023 (dati Eurostat). Si registrano tuttavia prestazioni differenti negli Stati membri: si va dall’83,6% dei Paesi Bassi al 66% dell’Italia.

Notevoli le differenze anche a livello regionale (il grafico seguente della Commissione riporta il tasso di occupazione per regione a fine 2022).

Si è ridotto, invece, di poco nel corso degli anni il gap occupazionale di genere, passato dall’11,3% del 2013 all’10,7% del 2022 (dati Eurostat). Anche qui evidenti sono le differenze tra gli Stati membri: si va, nel 2022, dall’1,2% della Finlandia al 21% della Grecia (Italia al 19,7%). Rilevanti anche le differenze regionali (grafico sottostante della Commissione).

Tasso di disoccupazione

Il tasso di disoccupazione nell'UE è in costante diminuzione, dopo il rialzo dovuto alla crisi pandemica. Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, si è attestato al 6% a settembre 2023. Le differenze sono tuttavia notevoli tra gli Stati membri: si va dal 12% della Spagna al 2,7% della Repubblica Ceca (Italia al 7,4%). Anche qui notevoli le differenze che si registrano tra le regioni europee (il grafico seguente della Commissione europea riporta il tasso di disoccupazione per regione a fine 2022).

Inoltre, rimane ancora molto alto in alcuni Paesi il tasso di disoccupazione giovanile (18-25 anni di età): nel settembre 2023 in Spagna risultava pari al 27,8% e in Italia al 21,9% (nell’UE al 14,2%) (dati Eurostat).

Considerando invece la fascia 18-29 anni di età, in linea con la nuova Garanzia per i giovani, nel 2022 nell’UE erano disoccupati 4,48 milioni di giovani, pari al 6,3% della popolazione totale della stessa età. La situazione tra i paesi membri è molto varia, tanto che si va dal 2% in Repubblica Ceca all’11,2% in Spagna (Italia al 7,4%).

 

Quota di popolazione a rischio povertà o di esclusione sociale

La quota di popolazione a rischio povertà o di esclusione sociale nell'UE era al 21,6% nel 2022 (dati Eurostat). Sussistono punte significative in alcuni paesi, tra cui l’Italia (24,4%).

Il grafico seguente, pubblicato dalla Commissione europea, mostra invece le differenze tra le regioni dell’UE.

 


Quota dei giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano

Per quanto concerne, infine, la quota dei giovani (15-24 anni di età) che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), sebbene sia passata, a livello europeo, dal 16,4% del 2013 all’11,7% del 2022, oscilla ancora tra il 4,2% dei Paesi Bassi e il 19,8% della Romania (Italia al 19%) (dati Eurostat).

Il grafico seguente, pubblicato dalla Commissione europea, mostra le differenze tra le regioni dell’UE.

 

 


 

Reddito di cittadinanza fino al 2023 e assegno di inclusione dal 2024

(a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati)

Il reddito di cittadinanza è una misura di politica attiva introdotta a decorrere dal 1° aprile 2019, che si configura come un’integrazione al reddito, parametrata ad una determinata scala di equivalenza che tiene conto dei componenti del nucleo familiare del beneficiario. Tale misura assume la denominazione di Pensione di cittadinanza nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni.

La legge di bilancio 2023 (L. n. 197 del 2022) ha modificato la disciplina del reddito di cittadinanza per il 2023, in vista della soppressione di tale istituto (e della pensione di cittadinanza) dal 2024, nell'ambito di una più ampia riforma delle misure di sostegno alla povertà e di inclusione attiva.

In particolare, ha ridotto la durata massima del beneficio nel 2023 a sette mensilità (in luogo delle 18 rinnovabili) e la relativa fruizione non può andare oltre il 31 dicembre 2023 (come specificato dal “Decreto Lavoro” n. 48 del 2023).

Si ricorda che il Rdc è costituito da:

·         un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro, moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;

·         un importo aggiuntivo, fino ad un massimo di 3.360 euro annui, a copertura del canone annuo, per i nuclei residenti in un'abitazione in locazione, ovvero

·         un importo aggiuntivo, fino ad un massimo di 1.800 euro annui, a copertura delle rate del mutuo, qualora il nucleo risieda in un'abitazione di proprietà, per i nuclei residenti in un'abitazione di proprietà.

Fermo restando il limite di fruizione del beneficio entro il 31 dicembre 2023, la suddetta riduzione del periodo massimo di fruizione del reddito di cittadinanza non si applica ai nuclei al cui interno siano presenti componenti con disabilità, minorenni o persone con almeno sessant'anni di età e ai soggetti che sono stati presi in carico dai servizi sociali, in quanto non attivabili al lavoro, prima della scadenza dei sette mesi.

La presa in carico da parte dei servizi sociali doveva essere comunicata entro il suddetto termine di sette mesi e, comunque, non oltre il 30 novembre 2023; in assenza della comunicazione si prevede che l'erogazione della prestazione sia sospesa e possa essere riattivata, ricomprendendo le mensilità sospese, solo in esito all'avvenuta comunicazione. Inoltre, nelle more della presa in carico da parte dei servizi sociali, il limite temporale delle sette mensilità per l'erogazione del reddito di cittadinanza non si applica ai nuclei familiari che in ragione della loro caratteristiche sono stati comunque trasmessi ai servizi sociali per la presa in carico fermo restando la comunicazione della effettiva presa in carico entro il predetto termine del 30 novembre 2023.

Per coloro che hanno la misura in essere, la fruizione del beneficio terminerà al 31 dicembre 2023, anche nel caso in cui non siano trascorse le diciotto mensilità previste dalla normativa Rdc, fatto salvo il riconoscimento successivo di possibili rate arretrate e la liquidazione di quanto eventualmente spettante a titolo di Assegno unico universale fino a febbraio 2024.

Tenuto conto di quanto detto, nonché dei termini di erogazione del beneficio dal mese successivo a quello della richiesta, non potranno essere acquisite nuove domande di Reddito di cittadinanza oltre la data del 30 novembre 2023 (20 dicembre 2023 nel caso di domande presentate per il tramite di intermediari). 

Vengono invece confermati per il 2023 i requisiti reddituali, di cittadinanza e patrimoniali già richiesti (come, tra gli altri, cittadinanza UE o residenza in Italia da almeno dieci anni, ISEE inferiore a 9.360 euro, patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 30.000 euro, patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro, incrementabile in presenza di specifiche condizioni), l’importo, che non può essere inferiore a 480 euro annui e superiore a 9.360 euro annui, moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (pari ad 1 ed incrementata fino ad un massimo di 2,1, elevato a 2,2 in caso di componenti disabili), nonché le condizionalità, come la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, la sottoscrizione di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale (nel caso in cui, rispettivamente, i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti siano prevalentemente connessi alla situazione lavorativa ovvero siano complessi e multidimensionali) e l’accettazione di almeno una di due offerte di lavoro congrue.

 

A decorrere dal 1° gennaio 2024, sarà introdotto l'Assegno di inclusione (disciplinato dal Decreto Lavoro n. 48 del 2023), che si configura quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all'esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro e si concretizza in un’integrazione al reddito, anch’essa parametrata ad una determinata scala di equivalenza, che tiene conto dei componenti del nucleo familiare del beneficiario, ed è condizionata alla prova dei mezzi e all'adesione ad un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

Tale misura è riconosciuta ai nuclei familiari che hanno almeno un componente minorenne, o con almeno 60 anni di età, o con disabilità, o in condizione di svantaggio e inserito in specifici programmi di cura, in possesso di determinati requisiti, che ricalcano quelli già richiesti per la fruizione del Reddito di cittadinanza, salvo talune differenze. Per godere dell’Assegno di inclusione infatti si richiede che la residenza in Italia vi sia da almeno 5 anni (in luogo di 10) e che i soggetti del nucleo familiare beneficiario attivabili al lavoro – intendendosi per tali i soggetti tra i 18 e i 59 anni non in condizioni di disabilità o di svantaggio – accettino, a pena di decadenza, la prima offerta di lavoro avente determinate caratteristiche (e non almeno una di due offerte di lavoro congrue). Inoltre, la scala di equivalenza è pari ad 1 ed è incrementata fino ad un massimo di 2,2 (in luogo di 2,1), elevato a 2,3 (in luogo di 2,2) in caso di componenti disabili.

Tra le condizionalità per la fruizione della misura in oggetto vi è la sottoscrizione di un Patto di attivazione digitale da cui scaturisce l’obbligo di aderire ad un Percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa.

Anche in questo caso la durata del beneficio sarà pari ad un massimo di 18 mesi rinnovabili, previa sospensione di un mese, per periodi ulteriori di dodici mesi.

Si ricorda che il beneficio, il cui importo non può essere inferiore a 480 euro annui, è composto da:

·         un'integrazione al reddito fino a 6.000 euro annui (7.560 se nucleo composto solo da persone con almeno 67 anni o da queste più persone disabili) moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza;

·         un'integrazione pari all'affitto annuo fino ad un massimo di 3.360 euro annui (1.800 se nucleo composto solo da persone con almeno 67 anni o da queste più persone disabili).

Per i soggetti tra 18 e 59 anni che non hanno i requisiti per accedere all'Assegno di inclusione o che fanno parte di nuclei che percepiscono tale Assegno e decidono di partecipare a progetti di inclusione lavorativa pur non essendovi obbligati (purché non siano considerati nella relativa scala di equivalenza, ossia non sono soggetti disabili o soggetti con carichi di cura) il richiamato Decreto Lavoro n. 48 del 2023 istituisce, dal 1° settembre 2023, il Supporto per la formazione e il lavoro, come misura di attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate, ivi compresi il servizio civile universale e i progetti utili alla collettività.

A seguito della partecipazione a tali progetti, al soggetto viene riconosciuto un beneficio economico pari ad un importo mensile di 350 euro, entro un limite massimo di dodici mensilità.


 

Salario minimo

(A cura del Servizio Studi della Camera dei deputati)

Nell'ordinamento italiano non esiste un livello minimo di retribuzione fissato per legge; si ricorda che la nostra Carta costituzionale statuisce - ai sensi dell’articolo 36, primo comma - che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

 

Quadro europeo: Direttiva (UE) 2022/2041

La direttiva (UE) 2022/2041 è volta a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, in particolare attraverso l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori al fine di contribuire alla convergenza sociale verso l’alto e alla riduzione delle disuguaglianze retributive. Il termine di recepimento è fissato al 15 novembre 2024.

Per la realizzazione dei suddetti obiettivi, la direttiva in esame interviene principalmente nei seguenti ambiti, nel pieno rispetto dell’autonomia delle parti sociali:

a)      promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari;

b)     adeguatezza dei salari minimi legali;

c)      accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo;

 

a) Promozione della contrattazione collettiva

In relazione a quegli Stati membri, tra cui l'Italia, in cui la definizione di un salario minimo è affidata alla contrattazione collettiva, la direttiva reca alcune disposizioni volte alla sua promozione, nonché ad incrementarne la copertura. In dettaglio, si dispone che gli Stati membri:

·        promuovono lo sviluppo e il rafforzamento della capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari;

·        incoraggiano negoziazioni tra le parti sociali, su un piano di parità;

·        adottano, se del caso, misure volte a tutelare l’esercizio del diritto alla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e a proteggere i lavoratori e i rappresentanti sindacali da atti che li discriminino nel loro impiego per il fatto di partecipare o di voler partecipare alla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari.

Inoltre, qualora il tasso di copertura della contrattazione collettiva sia inferiore a una soglia dell’80 per cento, ogni Stato membro prevede un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione medesima e, previa consultazione delle parti sociali, definisce altresì un piano d'azione - sottoposto a riesame almeno ogni cinque anni – volto alla promozione della contrattazione collettiva.

 

b) Adeguatezza dei salari minimi legali

La direttiva chiede agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali di istituire le necessarie procedure per la determinazione e l'aggiornamento di tali salari, che deve avvenire almeno ogni due anni (almeno ogni quattro per gli Stati membri che ricorrono ad un meccanismo di indicizzazione automatica).

La determinazione e l’aggiornamento devono basarsi su determinati criteri che comprendono almeno:

·        il potere d'acquisto dei salari minimi legali, tenuto conto del costo della vita;

·        il livello generale dei salari e la loro distribuzione;

·        il tasso di crescita dei salari;

·        i livelli e l'andamento nazionali a lungo termine della produttività.

 

c) Accesso effettivo dei lavoratori alla tutela garantita dal salario minimo

Al fine di migliorare l’accesso da parte dei lavoratori la direttiva dispone:

·        un aumento della copertura della contrattazione collettiva sino ad arrivare all'80 per cento, per gli Stati membri in cui la determinazione del salario minimo è affidata alla contrattazione medesima;

·        la previsione di controlli ed ispezioni sul campo, nonché lo sviluppo della capacità delle autorità responsabili dell'applicazione dei salari minimi legali per gli Stati membri in cui esiste un salario minimo definito dalla legge.

 

Si ricorda inoltre che la presente direttiva non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di protezione già offerto ai lavoratori negli Stati membri e lascia impregiudicata la loro prerogativa di applicare o introdurre disposizioni più favorevoli ai lavoratori e che la Commissione è chiamata ad effettuare, entro il 15 novembre 2029, una valutazione dell’attuazione della presente direttiva e a proporre, ove opportuno, modifiche legislative

 

Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente, esame in Assemblea e rinvio in Commissione

Nella presente legislatura, la Commissione XI Lavoro ha avviato, il 22 marzo 2023, l'esame in sede referente di proposte di legge in materia di salario minimo (A.C. 141, A.C. 210, A.C. 216, A.C. 306, A.C. 432, A.C.1053 e A.C. 1275).

Tali proposte di legge sono state iscritte nel calendario dell’Assemblea in quota opposizione.

Nella seduta del 12 luglio è stata adottata quale testo base per il seguito dell’esame la proposta di legge A.C. 1275. Nella seduta del 25 luglio, la Commissione ha convenuto all’unanimità di concludere l’esame del provvedimento, senza conferire il mandato alla relatrice a riferire all’Assemblea.

Nel corso dell’esame in Assemblea della pdl 1275, iniziato il 27 luglio, è stata presentata, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, una questione sospensiva (Foti, Molinari, Barelli, Lupi ed altri n. 1), approvata nella seduta del 3 agosto. La discussione della pdl 1275 è stata pertanto sospesa nei termini previsti dalla questione sospensiva approvata (ossia per un periodo di sessanta giorni).

Su richiesta del Governo, lo scorso 12 ottobre 2023 il CNEL ha approvato un documento di analisi e proposte concernente elementi di riflessione sul salario minimo in Italia.

Nel documento - composto da una prima parte di inquadramento e analisi e da una seconda contenente osservazioni conclusive e proposte – si riporta testualmente: “I dati a disposizione indicano (..) un tasso di copertura della contrattazione collettiva che si avvicina al 100 per cento: una percentuale di gran lunga superiore all’80 per cento (parametro della direttiva). Da qui la piena conformità dell’Italia ai due principali vincoli stabiliti dalla direttiva europea e cioè l’assenza di obblighi di introdurre un piano di azione a sostegno della contrattazione collettiva ovvero una tariffa di legge. Rispetto ai dati disponibili è noto il contratto collettivo applicato al 95 per cento dei lavoratori dipendenti in Italia. (…) In termini di copertura dei contratti collettivi va aggiunto un ulteriore 4 per cento di lavoratori alle dipendenze di datori di lavoro pubblici che compilano la dichiarazione mensile uniemens”.

Nella successiva seduta dell’Assemblea del 18 ottobre, è stato deliberato il rinvio in Commissione del provvedimento.

La Commissione Lavoro ha, quindi, ripreso l’esame del provvedimento nella seduta del 25 ottobre (essendo stata, nel frattempo, assegnata la pdl C.1328, vertente su materia identica, ne è stato disposto l'abbinamento).

L’esame in sede referente è quindi proseguito nelle sedute dell’8, 21, 23 e 28 novembre. Nel corso di quest’ultima seduta è stata approvata una proposta emendativa, presentata da gruppi di maggioranza, interamente sostituiva della pdl C. 1275 (recante originariamente disposizioni in materia di giusta retribuzione e di salario minimo). Il provvedimento risulta così ora composto da due articoli recanti deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e di informazione.

La Commissione ha concluso l’esame in sede referente nella seduta del 29 novembre, deliberando di conferire mandato alla relatrice a riferire in senso favorevole all’Assemblea sul testo del provvedimento, così come emendato.

Il seguito dell’esame del provvedimento in Assemblea è prevista il 5 dicembre.


 

Lavoro tramite piattaforme

 

Il 9 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali (COM(2021)762).

La proposta riveste carattere innovativo: il sito internet del Consiglio dell’Unione attribuisce infatti all’UE il merito di essere il primo legislatore al mondo che tenta di proporre norme specifiche in merito.

 

Il fenomeno del lavoro tramite piattaforma

La Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro definisce quello tramite piattaforma come “una forma di lavoro in cui organizzazioni o individui utilizzano una piattaforma online per accedere ad altre organizzazioni o individui al fine di risolvere problemi specifici o fornire specifici servizi in cambio di un pagamento”.

In generale, la fonte primaria di entrate delle piattaforme digitali consiste in una commissione sui servizi (addebitata al cliente o ai lavoratori attraverso la piattaforma). Tuttavia, le piattaforme di lavoro digitali spesso addebitano a coloro che lavorano attraverso la piattaforma anche commissioni di sottoscrizione.

La cosiddetta "economia delle piattaforme" (anche detta "economia collaborativa" o gig economy) ha assunto una crescente rilevanza in termini economici, tanto da diventare un fattore propulsivo per la crescita e l’innovazione. Il Consiglio dell’Unione calcola che il fenomeno coinvolgerebbe 28 milioni di persone (con la prospettiva di arrivare a 43 milioni nel 2025) e circa 500 piattaforme di lavoro digitali, presenti in ciascuno dei 27 Stati membri. Tra il 2016 e il 2020 le entrate del settore sono quasi quintuplicate, passando da circa 3 miliardi a circa 14 miliardi di euro ed estendendosi a servizi (svolti in loco o da remoto) di consegna, traduzione, inserimento di dati, baby-sitting, assistenza agli anziani o guida di taxi[1].

Per contro, lo stesso  Consiglio dell’Unione europea ha messo in luce che la crescita delle piattaforme digitali, pur avendo avvantaggiato sia le imprese che i consumatori, ha portato allo sviluppo di una "zona grigia" per molti lavoratori in termini di situazione occupazionale. Secondo la Commissione, circa 5,5 milioni di lavoratori attualmente classificati come autonomi hanno invece di fatto un rapporto di lavoro con le piattaforme digitali e dovrebbero pertanto godere degli stessi diritti sociali e occupazionali riconosciuti ai lavoratori dipendenti. Sempre secondo le stime della Commissione, il 55 per cento percepisce una retribuzione netta inferiore al salario minimo orario previsto dalla legislazione del Paese ove svolge la propria attività lavorativa. È stato inoltre calcolato che, in media, i lavoratori del settore trascorrono 8,9 ore alla settimana svolgendo attività o compiti non retribuiti (ad es., ricerca di compiti, attesa di incarichi) rispetto alle 12,6 ore dedicate a compiti retribuiti.

 

Segnalazione del fenomeno ad opera di altre istituzioni dell’UE 

Già prima della presentazione della proposta di direttiva, l’intervento della Commissione europea era stato sollecitato dalle altre istituzioni dell’Unione, e segnatamente dal Consiglio dell’Unione e dal Parlamento europeo.

Nel 2019 il Consiglio dell’UE ha adottato Conclusioni sull'evoluzione del mondo del lavoro e l'emergere di nuove forme di lavoro. Dopo avere riconosciuto che lo sviluppo dell'economia delle piattaforme digitali contribuisce a determinare profondi cambiamenti nel mercato del lavoro, si è messo in luce come tali forme di lavoro emergenti, pur contribuendo all'inclusione sociale, rappresentino altresì una sfida impegnativa rispetto alle modalità di lavoro tradizionali e alla necessità di garantire livelli adeguati di protezione dei lavoratori (par. 1). Il par. 7 fa riferimento alla possibilità che le nuove forme di lavoro e l'evoluzione dei modelli di lavoro diano origine a nuovi rischi, come la dissoluzione dei confini tra vita professionale e vita privata, il potenziale isolamento dalla comunità di lavoro, la desocializzazione, lo stress e lo sforzo cognitivo. Si fa quindi riferimento alla necessità di applicare a tutti i lavoratori il principio di “garantire un lavoro dignitoso e condizioni di lavoro eque” (par. 12) e di “garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impegnati in nuove forme di lavoro in luoghi in cui i requisiti di protezione dei lavoratori potrebbero esulare dal controllo del datore di lavoro” (par. 14).

Il 16 settembre 2021 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione su condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale per i lavoratori delle piattaforme in cui si:

1)      chiede un'inversione dell'onere della prova, inversione in base alla quale i datori di lavoro dovrebbero dimostrare la non sussistenza di un rapporto di lavoro. La risoluzione si oppone, tuttavia, a una classificazione automatica di tutti i lavoratori delle piattaforme;

2)      sollecita un quadro europeo per garantire che sia applicato lo stesso livello di protezione sociale dei lavoratori tradizionali della stessa categoria;

3)      esprime preoccupazione per i maggiori rischi per la salute e la sicurezza, come incidenti stradali o lesioni causate da macchinari;

4)      chiedono algoritmi trasparenti, non discriminatori ed etici, le cui decisioni possano essere contestate dai lavoratori e i cui processi siano sempre soggetti a supervisione umana.

 

La proposta di direttiva

Come accennato, nel dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva[2] volta a migliorare la condizione giuridica, economica e sociale dei cosiddetti platform workers, e in particolare a garantire la corretta determinazione della loro situazione occupazionale nonché a promuovere la trasparenza, l'equità e la responsabilità nella gestione algoritmica del lavoro, anche in situazioni transfrontaliere (articolo 1).

L'ambito di applicazione soggettivo della direttiva comprende chi svolge un lavoro mediante piattaforme digitali nell'UE, indipendentemente dalla situazione occupazionale.

L’articolo 3 impone agli Stati membri di predisporre procedure adeguate per verificare e garantire la corretta determinazione della situazione occupazionale delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforma, specificando che questa dovrebbe basarsi sul principio del primato dei fatti. Dovrebbe cioè basarsi principalmente sui fatti relativi all'effettiva esecuzione del lavoro e alla retribuzione ? tenendo conto dell'uso di algoritmi nel lavoro mediante piattaforme digitali ?, e non sul modo in cui il rapporto è definito nel contratto.

A tal fine si introduce la presunzione legale (articolo 4) che esista un rapporto di lavoro tra la piattaforma e una persona che svolge un lavoro tramite essa qualora siano soddisfatti due di cinque criteri (se la piattaforma: determina i limiti massimi per il livello di retribuzione; impone alla persona di rispettare regole relative all'aspetto esteriore, il comportamento nei confronti del destinatario del servizio o l'esecuzione del lavoro; supervisiona l'esecuzione del lavoro, anche con mezzi elettronici; limita la libertà di scegliere orario o periodi di assenza; limita la libertà di accettare o rifiutare incarichi; limita la libertà di ricorrere a subappaltatori o sostituti; limita la possibilità di costruire una propria clientela o di svolgere lavori per terzi). La presunzione legale può essere confutata nei pertinenti procedimenti giudiziari e amministrativi, con l’onere della prova che incombe sulle piattaforme di lavoro digitali (articolo 5).

 

Il capo III (articoli 6-10) disciplina la gestione algoritmica, incaricando gli Stati membri di:

1)     imporre alle piattaforme di lavoro digitali, da un lato, di informare i lavoratori per iscritto in merito ai sistemi automatizzati, di monitoraggio e di decisione sulle condizioni di lavoro (art. 6), dall’altro di monitorare e valutare periodicamente tramite risorse umane l'impatto sulle condizioni di lavoro delle decisioni individuali prese o sostenute dai sistemi automatizzati sopra menzionati (art. 7);

2)     far sì che per le decisioni significative prese o sostenute da un sistema decisionale automatizzato, che incidano significativamente sulle condizioni di lavoro, sia garantito un riesame umano (articolo 8);

3)     far sì che i rappresentanti dei lavoratori delle piattaforme siano informati e consultati sulle decisioni che possono comportare l'introduzione o modifiche sostanziali nell'uso dei sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati (articolo 9).

L’articolo 10 prevede che le disposizioni in materia di trasparenza sui sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati, di monitoraggio umano dei sistemi automatizzati e di "riesame umano" ? di cui all’articolo 6, all’articolo 7, paragrafi 1 e 3, e all’articolo 8 ? si applichino anche alle persone che svolgano un lavoro mediante piattaforme digitali e che non abbiano un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro, ossia i lavoratori autonomi in senso stretto.

Il Capo IV contiene norme finalizzate ad assicurare la trasparenza. Richiede che le piattaforme dichiarino alle autorità competenti nazionali in materia di lavoro e protezione sociale la natura del lavoro svolto per conto di esse quali datrici di lavoro (art. 11) e di rendere accessibili alle medesime autorità determinate informazioni (relative al numero di persone regolarmente impiegate e alla loro situazione contrattuale, nonché ai termini e alle condizioni generali applicabili ai rapporti medesimi, art. 12).

In termini di mezzi di ricorso e di applicazione, il Capo V incarica gli Stati membri di garantire l'accesso a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale, il diritto di promuovere ricorso e, se del caso, il diritto a una compensazione adeguata in caso di violazione dei diritti sanciti dalla direttiva (articolo 13). Nel contesto di un ricorso relativo alla corretta determinazione della situazione occupazionale delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, gli organi giurisdizionali nazionali o le altre autorità competenti – specifica l’articolo 16 – possono ordinare alle piattaforme di divulgare prove pertinenti che rientrano nel loro controllo, anche qualora riguardino informazioni riservate.

L’articolo 14 ammette che anche i rappresentanti delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, o altri soggetti giuridici con un legittimo interesse, esercitino i diritti dei lavoratori di avviare procedimenti giudiziari o amministrativi per far valere i diritti o gli obblighi previsti dalla proposta di direttiva.

Le piattaforme sono altresì tenute a creare canali di comunicazione per i lavoratori (articolo 15); a questi ultimi viene assicurata protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli, derivanti da denuncia di violazioni del disposto della proposta in esame (articolo 17), e da atti di licenziamento causati dall’esercizio dei diritti stabiliti dalla direttiva (articolo 18).

L’articolo 19 incarica gli Stati membri di stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, applicabili alle norme nazionali da adottare in sede di attuazione delle disposizioni della direttiva. Incarica altresì le autorità di controllo nazionali competenti per la corretta applicazione del regolamento sui dati personali di verificare l’applicazione di aspetti specifici della normativa (articoli 6, 7, 8 e 10 della proposta di direttiva) e di irrogazione eventualmente le sanzioni amministrative pecuniarie.

Ai sensi dell’articolo 20 (clausola di non regresso), la direttiva in corso di esame non costituisce motivo valido per ridurre il livello generale di protezione di cui godono i lavoratori degli Stati membri (par. 1). Rimane impregiudicata la prerogativa nazionale di introdurre regimi più favorevoli (par. 2).

 

Posizione del Governo italiano

Nella relazione predisposta alle Camere ai sensi dell’articolo 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, il Governo fornisce una valutazione complessivamente positiva della proposta, definita conforme all’interesse nazionale in quanto in linea “con l’impegno perseguito dal Governo di estendere l’area dei lavoratori coperti da un livello adeguato di tutele al fine di migliorare le condizioni di lavoro dei soggetti impiegati tramite piattaforme digitali (…) e di garantire a tali lavoratori un trattamento equo e paritario, prevenendo situazioni di abuso dei contratti atipici”[3].

La relazione peraltro evidenzia che le disposizioni sul controllo dell’algoritmo potrebbero sovrapporsi a quelle previste dal progetto di regolamento sull’Intelligenza artificiale ancora all’esame delle istituzioni europee.

 

Negoziati

I negoziati interistituzionali sono in corso. In occasione dei tre incontri che si sono svolti finora (11 luglio, 18 settembre e 3 ottobre 2023), il principale elemento di controversia risulta essere stata la presunzione legale dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente[4].

Consiglio dell’Unione europea

Il Consiglio ha definito la propria posizione il 12 giugno 2023[5], accogliendo il principio della presunzione legale del rapporto di lavoro. I criteri sulla base dei quali far valere quest’ultima vengono ampliati a sette (dai cinque complessivi originari); si prevede che, qualora tre dei sette criteri siano soddisfatti, risulti presunto un rapporto di lavoro, con l'onere della prova contraria a carico della piattaforma. La presunzione si applicherebbe ai procedimenti amministrativi e giudiziari inerenti alla qualificazione del rapporto di lavoro, mentre si lascerebbe agli Stati la libertà di deciderne l’applicazione nei procedimenti fiscali, penali e previdenziali.

Parlamento europeo

Al Parlamento europeo il provvedimento è affidato alla Commissione EMPL (Occupazione e affari sociali). La relatrice è la deputata italiana Elisabetta Gualmini. La commissione per i trasporti e il turismo ha adottato un parere il 5 ottobre 2022.

La relazione della Commissione EMPL specifica che una persona che svolge lavoro tramite piattaforma può essere un "lavoratore tramite piattaforma" o un vero e proprio "lavoratore autonomo" e mira a facilitare l'applicazione della presunzione legale relativa al rapporto di lavoro. Si rafforzano le disposizioni sulla protezione dei dati e sul controllo umano di tutte le decisioni che incidono sulle condizioni di lavoro, e si promuove la contrattazione collettiva nel settore in oggetto.

La decisione di avviare negoziati interistituzionali sulla base della relazione è stata confermata dalla plenaria del Parlamento il 2 febbraio 2023.

Esame della proposta di direttiva presso il Parlamento italiano

Nel corso della XVIII Legislatura la proposta di direttiva è stata oggetto di esame presso le seguenti Commissioni permanenti del Senato:

1)     la 14a Commissione permanente (Politiche dell’Unione europea) per i profili relativi al rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. L’11 maggio 2023 l’esame è stato concluso senza rilevare criticità;

2)     l’11a Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale). Il 20 aprile 2022 ha approvato la risoluzione di cui al documento Doc XVIII, n. 25, contenente un parere favorevole.

Nel corso dell’esame sono state altresì svolte alcune audizioni dalle suddette due Commissioni in sede riunita.

L’XI Commissione della Camera dei deputati (Lavoro pubblico e privato) ha a sua volta adottato, il 25 maggio 2022, il documento XVIII, n. 40, contenente una valutazione favorevole con osservazioni.

 

 

 

 

 

 


 

Pacchetto sulla mobilità delle competenze e dei talenti

 

Lo scorso 15 novembre la Commissione ha presentato il pacchetto sulla mobilità delle competenze e dei talenti nel quale propone una serie di nuove misure volte a rendere l’UE più attraente per i talenti provenienti dall’estero, a facilitare la mobilità interna e ad affrontare la carenza di manodopera.

L'UE deve far fronte a una persistente carenza di manodopera in diversi settori e a tutti i livelli di competenza. Il tasso di disoccupazione rimane basso (6,0% nel settembre 2023) e il tasso di posti di lavoro vacanti è salito al 2,9% lo scorso anno, più del doppio rispetto al 2012.

Le sfide del mercato del lavoro sono aggravate inoltre dai cambiamenti demografici. La popolazione in età lavorativa diminuirà da 265 milioni nel 2022 a 258 milioni nel 2030 nell'UE.

La Commissione europea sostiene che senza un'azione concertata, le tendenze attuali possono compromettere le transizioni verdi e digitali, frenare la competitività dell'UE e indebolire i servizi pubblici in settori già caratterizzati da una carenza di lavoratori, come la sanità e l'assistenza a lungo termine.

L'incontro tra domanda e offerta di lavoro a livello internazionale rimane complesso e costoso sia per i cittadini extracomunitari che per i datori di lavoro.

La mancanza di comprensione e di fiducia da parte dei datori di lavoro nei confronti delle competenze e delle qualifiche acquisite nei Paesi terzi costituisce un ostacolo significativo alla mobilità dei talenti e delle competenze. Questo non solo influisce sull'attrattiva dell'UE, ma porta allo "spreco di cervelli", con i cittadini di paesi terzi che spesso lavorano al di sotto del loro livello di qualifica.

 

Il pacchetto è composto da una comunicazione che presenta una serie di misure per promuovere il riconoscimento delle qualifiche e la mobilità dei talenti, tra cui la proposta di regolamento sull’istituzione di un bacino di talenti dell’UE, la proposta di raccomandazione della Commissione sul riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di paesi terzi e la proposta di raccomandazione del Consiglio "Europa in movimento", relativa ad un quadro della mobilità ai fini dell’apprendimento. Tali misure mirano a facilitare la mobilità dei talenti, a sostenere l'incontro tra domanda e offerta di lavoro dei cittadini di Paesi terzi residenti all'estero e ad aiutare gli Stati membri e i datori di lavoro a riconoscere le loro qualifiche e a convalidare le loro competenze in modo più efficiente. L'obiettivo è aumentare l'attrattiva dell'UE per i talenti extraeuropei e contribuire a garantire che i talenti all'interno dell'UE possano essere sfruttati al meglio. Si tratta di obiettivi fondamentali nell’ambito dell'Anno europeo delle competenze.

Per la documentazione completa del pacchetto sulla mobilità delle competenze e dei talenti si veda qui.

Con decisione (UE) 2023/936 il periodo compreso tra il 9 maggio 2023 e l’8 maggio 2024 è stato designato “Anno europeo delle competenze”. Con tale iniziativa la Commissione europea propone di imprimere nuovo slancio all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, promuovendo investimenti maggiori, garantendo che le competenze siano adeguate alle esigenze del mercato del lavoro, abbinando le aspirazioni e le competenze delle persone alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, attraendo persone provenienti da Paesi terzi con le competenze necessarie all’UE (per maggiori dettagli si veda qui.

Il pacchetto sulla mobilità dei talenti fa seguito al discorso sullo Stato dell'Unione del 2022 della Presidente von der Leyen, che ha evidenziato le sfide legate al riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi, che spesso costituiscono un disincentivo pratico alla migrazione legale.

Si basa sul lavoro in corso con il pacchetto Competenze e Talenti  adottato nell’aprile 2022, sul Nuovo Patto sulla Migrazione e l'Asilo.

Il Nuovo patto sulla Migrazione e Asilo ha riconosciuto la migrazione legale come parte essenziale dell'approccio globale dell'UE alla migrazione.

Il Pacchetto Competenze e talenti definisce un approccio pragmatico e graduale verso una politica ambiziosa e sostenibile dell'UE in materia di migrazione legale, capace di attirare le competenze e i talenti necessari a far fronte alle carenze di forza lavoro e a rispondere ai cambiamenti demografici in Europa.

 

La Comunicazione sulla mobilità delle competenze e dei talenti

La Comunicazione presenta una serie di azioni che si rafforzano reciprocamente al fine di rendere l'UE più attraente per i talenti e di incrementare la mobilità all'interno dell'UE. Affronta le barriere al reclutamento internazionale e contribuisce a garantire che i cittadini di Paesi terzi possano sfruttare appieno le loro competenze e qualifiche in Europa. Le iniziative presentate mirano a utilizzare il sostegno dell'UE e il peso combinato dell'UE per aiutare gli Stati membri a competere nella corsa globale ai talenti. I nuovi strumenti proposti favoriscono l'incontro tra i datori di lavoro dell'UE e i cittadini di Paesi terzi che cercano lavoro nell'UE.

La Commissione europea rileva che già oggi i cittadini di Paesi terzi danno un contributo fondamentale al mercato del lavoro e all'economia dell'UE. Ben il 13% dei lavoratori che svolgono funzioni essenziali sono cittadini di Paesi terzi. Gli Stati membri stanno aprendo sempre più i loro mercati del lavoro a cittadini di Paesi terzi con le competenze necessarie per far fronte alle attuali carenze. Nel 2022 sono stati rilasciati circa 1,6 milioni di permessi di soggiorno a cittadini di Paesi terzi nell'UE per motivi di lavoro. Si tratta della cifra più alta dal 2009, anno in cui Eurostat ha iniziato a raccogliere i dati. Le professioni che presentano carenze tendono ad avere una quota maggiore di lavoratori nati al di fuori dell'UE.

La Commissione intende innanzitutto continuare a promuovere un approccio più strategico all'analisi del fabbisogno di competenze sulla base dei dati più recenti sul mercato del lavoro, collaborando con gli Stati membri e i servizi pubblici per l'impiego.

Al fine di facilitare le assunzioni al di fuori dell’UE la Commissione europea propone la creazione di un bacino dei talenti (vd infra) e si impegna a collaborare con gli Stati membri per garantire che tale bacino sia concepito fin dall'inizio per rispondere adeguatamente alle esigenze dei mercati del lavoro nazionali, integrando le iniziative nazionali esistenti, anche attraverso l'interoperabilità con le piattaforme di assunzione nazionali esistenti.

Al fine di ottenere in modo più semplice e più rapido il riconoscimento delle qualifiche professionali e la convalida delle competenze acquisite nei Paesi terzi la Commissione europea propone una raccomandazione sul riconoscimento delle qualifiche di cui sosterrà l’attuazione (vd infra).

Per migliorare la trasparenza dei processi di riconoscimento la Commissione europea intende, tra l’altro, incoraggiare e sostenere un maggior numero di Stati membri affinché sviluppino banche dati semanticamente interoperabili sui processi e sulle decisioni di riconoscimento, in grado di generare dichiarazioni di comparabilità; valutare la possibilità di sviluppare uno strumento a livello dell'UE in grado di generare dichiarazioni di comparabilità sulla base di un modello armonizzato per qualifiche specifiche rilasciate da Paesi terzi che copra più Stati membri; valutare un’eventuale riforma più ampia del sistema dell'UE sul riconoscimento delle qualifiche e la convalida delle competenze.

Al fine di cooperare con i Paesi terzi nell’ambito della migrazione legale, e di contrastare il fenomeno della fuga di cervelli, la Commissione intende cooperare con i Paesi terzi nel quadro dei partenariati per i talenti (vd infra): svolgendo un’analisi mirata dei quadri delle qualifiche dei paesi che prendono parte ai suddetti partenariati; incoraggiando lo sviluppo delle capacità dei  loro sistemi di istruzione e formazione sulla base anche della dimensione internazionale di Erasmus+; migliorando, insieme agli Stati membri, le informazioni sulle procedure di riconoscimento per i loro cittadini.

 

Proposta di regolamento sull’istituzione del bacino di talenti dell’UE

La Commissione europea, come già preannunciato nel pacchetto sulle competenze ed i talenti del  2022 ed in particolare nella comunicazione “Attirare competenze e talenti nell’UE” ivi contenuta, propone la creazione di un bacino di talenti al fine di facilitare il reclutamento di persone in cerca di lavoro provenienti da Paesi terzi per ricoprire posti di lavoro in settori dell’UE che soffrono di gravi carenze di personale.

In allegato alla proposta la Commissione ha stilato un elenco delle professioni carenti a livello UE. Si tratta di: ingegneri civili, ingegneri elettrici, medici generici, medici specialisti, infermieri professionisti, commercialisti, analisti di sistemi, sviluppatori di software, sviluppatori web e multimediali, programmatori di applicazioni, sviluppatori e analisti di software e applicazioni non classificati altrove, tecnici di ingegneria elettrica, infermieri professionali associati, cuochi, camerieri, assistenti sanitari, muratori e lavoratori affini, posatori di calcestruzzo, rifinitori di calcestruzzo e lavoratori affini, carpentieri e falegnami, esperti di tettoie, stuccatori. Tale elenco può essere aggiornato dalla Commissione europea.

Si tratta di una misura innovativa che prevede la creazione di una prima piattaforma informatica dell'UE di questo tipo, che rende il reclutamento internazionale più facile e veloce, aiutando i datori di lavoro ad accedere a un bacino più ampio di competenze e talenti.

La partecipazione degli Stati membri alla piattaforma del bacino sarà volontaria e attivabile in qualsiasi momento: essi nomineranno punti di contatto nazionali che trasferiranno sulla piattaforma le offerte di lavoro che rientrano nell’elenco delle professioni carenti dell’UE. Poiché il bacino si rivolge a determinate professioni carenti, potranno essere trasferite nella piattaforma solo le offerte di lavoro che rientrano nel summenzionato elenco, gli adeguamenti nazionali ad esso e quelle rilevanti per un partenariato dei talenti (vd. infra).

Per essere trasferite nella piattaforma, tali offerte di lavoro devono essere aperte anche all'assunzione di persone in cerca di lavoro provenienti da Paesi terzi, in conformità al principio della preferenza per i cittadini dell'Unione. La piattaforma fornirà inoltre informazioni sulle procedure di assunzione e di migrazione negli Stati membri e prevede forti garanzie per assicurare condizioni di assunzione e di lavoro eque.

Il bacino dei talenti sosterrà anche l’attuazione dei Partenariati per i Talenti con specifici Paesi partner per incentivare la mobilità internazionale e lo sviluppo delle competenze in modo reciprocamente vantaggioso, nell'ambito di un approccio globale alla gestione della migrazione.

I Partenariati sono stati lanciati nel 2022, dopo una serie di progetti pilota sulla migrazione legale, e mirano a fornire un quadro politico completo e un sostegno finanziario per incentivare una mobilità internazionale reciprocamente vantaggiosa basata su una migliore corrispondenza tra le esigenze del mercato del lavoro e le competenze tra l'UE e i paesi partner. Saranno aperti a studenti, laureati e lavoratori. Rappresentano uno degli aspetti chiave della dimensione esterna del Patto su Migrazione e Asilo e sono operativi in linea con la già citata Comunicazione “Attirare competenze e talenti nell'UE”.

Le persone in cerca di lavoro che hanno sviluppato le proprie competenze nell'ambito di un Partenariato per i Talenti riceveranno un attestato che certificherà le loro qualifiche e che sarà visibile ai datori di lavoro che hanno registrato i loro profili nella piattaforma del bacino dei talenti. Queste opportunità di migrazione legale, che devono essere accompagnate da una cooperazione rafforzata in materia di riammissione, possono disincentivare la migrazione irregolare.

 

Proposta di raccomandazione della Commissione sul riconoscimento delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi

La proposta di raccomandazione contiene indicazioni agli Stati membri per semplificare e accelerare il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche dei cittadini di Paesi terzi, sviluppando la capacità delle autorità nazionali competenti in materia di riconoscimento, migliorando la comparabilità delle qualifiche dei Paesi terzi e le modalità di valutazione delle competenze delle persone in cerca di lavoro. Le misure previste mirano al contempo a garantire che le informazioni presentate possano essere verificate e che i processi siano affidabili.

Sarà così possibile prendere rapidamente, e con piena fiducia, decisioni di riconoscimento per coprire i posti vacanti nei settori dell'UE che presentano carenze, soprattutto per quanto riguarda le professioni regolamentate prioritarie. Facilitare il riconoscimento delle qualifiche e la convalida delle competenze acquisite nei Paesi terzi è cruciale sia per i datori di lavoro alla ricerca di lavoratori qualificati, sia per i cittadini di Paesi terzi che cercano di accedere al mercato del lavoro dell'UE e per la loro integrazione nelle società di accoglienza.

La Commissione europea invita gli Stati membri a cercare di sfruttare il potenziale dell'immigrazione legale per attirare cittadini qualificati di Paesi terzi per far fronte alle carenze di manodopera.

 

La Commissione sosterrà l'attuazione della raccomandazione:

·         organizzando incontri dedicati con gli Stati membri, in particolare con il gruppo dei coordinatori per il riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché con altre parti interessate;

·         invitando gli Stati membri a riferire sulle iniziative nazionali, sulle riforme e sulle statistiche relative a decisioni di riconoscimento legate alle qualifiche di Paesi terzi;

·         fornendo l'accesso a informazioni online per aiutare i cittadini di Paesi terzi a comprendere i requisiti per il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche nell'Unione;

·         massimizzando le sinergie tra la raccomandazione e le altre azioni previste nella Comunicazione sulla mobilità delle competenze e dei talenti;

·         invitando gli Stati membri a riferire in merito alle iniziative nazionali, alle riforme, alle buone pratiche e alle statistiche.

 

Proposta di raccomandazione del Consiglio “Europa in movimento": opportunità di mobilità per l'apprendimento per tutti

La proposta mira a promuovere la mobilità in tutti i settori dell'istruzione e della formazione, invitando gli Stati membri a integrare la mobilità per l'apprendimento all'interno dell'UE in tutti i percorsi di istruzione e formazione, dall'istruzione scolastica all'istruzione e formazione professionale, in particolare gli apprendistati, all'istruzione superiore e per adulti e agli scambi di giovani.

Il quadro proposto aggiorna la raccomandazione del Consiglio del 2011 "Giovani in movimento - promuovere la mobilità dei giovani per l'apprendimento” ampliandone la portata dai giovani ai discenti di qualsiasi età e agli educatori e al personale. Affronta anche i nuovi modelli di apprendimento, tra cui la proliferazione degli strumenti digitali per l'apprendimento e l'apprendimento misto, nonché una mobilità più sostenibile.

 

La Commissione propone di fissare nuovi obiettivi ambiziosi per il 2030 aumentando la percentuale di esperienze di mobilità:

·        ad almeno il 25% per chi è in possesso di un diploma di istruzione superiore,

·        ad almeno il 20% per i discenti con minori opportunità;

·        ad almeno il 15% per i discenti degli istituti di formazione professionale.

 

Tali proposte si inseriscono nell’ambito delle iniziative per lo Spazio europeo dell’istruzione. Si veda in particolare il quadro strategico e i suoi obiettivi e la risoluzione del Consiglio del 2021.

 

La proposta promuove inoltre l'attrattiva dell'UE come luogo di apprendimento per i talenti provenienti da Paesi terzi, facilitando la cooperazione rafforzata con tali paesi, come previsto dall'iniziativa Partenariati per i talenti, promuovendo l'UE come destinazione attraente per i talenti che desiderano apprendere, formarsi e studiare e migliorando il riconoscimento equo e trasparente delle qualifiche dei Paesi terzi, nonché dell'apprendimento parziale e precedente.

La mobilità per l'apprendimento degli studenti provenienti da Paesi terzi può anche contribuire a un più rapido riconoscimento delle loro qualifiche al momento dell'ingresso nel mercato del lavoro dell'UE. Potrebbe aiutare a colmare il divario tra le qualifiche ottenute nei Paesi terzi e i requisiti europei, fornendo ai partecipanti certificati micro-credenziali, trascrizioni e altri documenti di supporto che possono aiutare i valutatori delle credenziali a valutare le loro qualifiche in modo rapido e accurato. Inoltre, segnalerà le competenze linguistiche, l'adattabilità culturale e l'esposizione agli standard educativi europei che possono facilitare un'ulteriore convalida dei risultati dell'apprendimento.

 

La proposta comprende l'impegno della Commissione a monitorare e sostenere gli Stati membri nell'elaborazione, entro maggio 2025, dei piani d'azione nazionali per l'attuazione concreta degli obiettivi.

 

La raccomandazione sarà sottoposta al Consiglio affinché la esamini e la adotti.


 

Impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro

 

Mentre a livello UE è in fase avanzata di esame (sono in corso i triloghi sulla base dell’orientamento generale del Consiglio e della posizione negoziale del Parlamento europeo) una proposta di regolamento, presentata dalla Commissione europea il 21 aprile 2021, recante un quadro giuridico in materia di intelligenza artificiale (nota come Artificial Intelligence Act), si è sviluppato parallelamente anche un dibattito sull’impatto che l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe avere sul mercato del lavoro.

Si ricorda che il Governo italiano è a favore dell’introduzione di un quadro comune di regole sull’intelligenza artificiale. In linea generale, sottolinea l’importanza di definire un regolamento che tuteli i diritti fondamentali, imponga obblighi e sanzioni commisurati al rischio e allo stesso tempo permetta di mantenere il passo tecnologico e lo slancio verso l'innovazione di altri competitor globali, come Stati Uniti e Cina.

Si evidenzia, altresì, che il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che il tema dell'intelligenza artificiale sarà centrale nella Presidenza italiana del G7 dell’anno prossimo.

 

Risoluzione del PE sull’IA

In questa sede si segnala, in particolare, una risoluzione approvata dal Parlamento europeo nel maggio 2022 dal titolo “ L'intelligenza artificiale in un'era digitale” che riserva specifica alla relazione intelligenza artificiale-mercato del lavoro. In particolare il Parlamento europeo:

·        osserva che l'IA influenza sempre più il mercato del lavoro, il luogo di lavoro e il settore sociale esprimendo, per un verso, preoccupazione per il fatto che la digitalizzazione potrebbe portare alla riorganizzazione della forza lavoro e alla potenziale scomparsa di taluni settori di occupazione, ma ritendendo, per altro verso, che l'adozione dell'IA, se combinata con le necessarie infrastrutture di supporto, istruzione e formazione, potrebbe aumentare la produttività del capitale e del lavoro, l'innovazione, la crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro;

·        sottolinea che, sebbene l'IA possa sostituire alcuni compiti, compresi quelli ripetitivi, pesanti, ad alta intensità di manodopera o pericolosi, potrebbe anche contribuire a migliorare le competenze, aumentare la qualità del lavoro e creare nuovi posti di lavoro con un valore aggiunto maggiore, lasciando più tempo per compiti stimolanti e lo sviluppo professionale. Sottolinea, tuttavia, anche il potenziale aumento della disparità di reddito qualora l'IA aumenti il volume delle occupazioni ad alto livello di qualificazione e sostituisca quelle a basso livello (pertanto ritiene che occorra investire nella riqualificazione e nel miglioramento delle competenze della forza lavoro, incentrandosi sui gruppi sottorappresentati, quali le donne e le minoranze, che probabilmente saranno maggiormente colpiti dalla transizione);

·        esprime preoccupazione che l'IA possa produrre processi di dequalificazione, creare e includere lavori scarsamente retribuiti e a bassa autonomia nonché ampliare i lavori atipici, flessibili (o «gig»);

·        rileva che la gestione degli algoritmi può comportare squilibri di potere tra la direzione e i dipendenti e opacità nel processo decisionale;

·        sottolinea che l'applicazione dell'IA offre l'opportunità di promuovere un cambiamento culturale significativo all'interno delle organizzazioni, anche mediante una maggiore sicurezza sul posto di lavoro, un migliore equilibrio tra attività professionale e vita privata, e garantire ai dipendenti il diritto alla disconnessione e opportunità di formazione e un orientamento più efficaci. Segnala altresì che le applicazioni di IA che potenziano l'essere umano potrebbero anche creare nuove opportunità di lavoro, in particolare per coloro che, a causa di limitazioni come disabilità o condizioni di vita, sono stati fino ad oggi vincolati allo svolgimento di lavori meno qualificati;

·        condanna il maggiore ricorso alla sorveglianza basata sull'intelligenza artificiale nell'ambiente di lavoro, che spesso si verifica senza che i lavoratori ne siano a conoscenza, o ancor meno abbiano dato il loro consenso, in particolare nel contesto del telelavoro. Sostiene che questa pratica non dovrebbe essere consentita, in quanto è estremamente abusiva del diritto fondamentale al rispetto della vita privata, alla protezione dei dati e alla dignità umana del lavoratore, e incide negativamente sulla loro salute mentale a causa del livello di intrusione, dell'effetto generalizzato e indiscriminato, o della mancanza di tutele per le persone interessate;

·        esprime preoccupazione riguardo al fatto che un simile rischio di sorveglianza è presente anche nell'ambiente scolastico, con la crescente adozione di sistemi di IA nelle scuole, che minano i diritti fondamentali dei minori;

·        ritiene che l'adattamento della forza lavoro in termini di istruzione, apprendimento permanente e riconversione professionale in materia di IA sia di vitale importanza;

·        sottolinea l'importanza di includere la formazione di base nelle competenze digitali e nell'IA nei sistemi di istruzione nazionali e sottolinea che oltre il 70% delle imprese ritiene che la carenza di personale con competenze digitali e di IA adeguate costituisca un ostacolo agli investimenti;

·        esprime timore per l'ampio divario di genere in questo settore; sono donne, infatti, solo una su sei specialisti in TIC e una su tre laureati in scienze, tecnologie, ingegneria e matematica (STEM).

 

Uno studio del Parlamento europeo sottolinea inoltre che il 14% dei posti di lavoro nei Paesi dell’OCSE sono automatizzabili e un altro 32% dovrebbe affrontare cambiamenti sostanziali.

 

Relazione della Commissione europea su impatto dell’IA sul lavoro

Anche la Commissione europea ha recentemente pubblicato (dicembre 2022) una relazione intitolata “L'impatto dell'intelligenza artificiale sul futuro della forza lavoro nell'UE e negli Stati Uniti”. La relazione intende mettere in evidenza gli aspetti economici alla base dei cambiamenti tecnologici basati sull'IA, con particolare attenzione alle decisioni istituzionali e politiche che ne plasmeranno il futuro impatto sulla forza lavoro.

 

Per approfondire la tematica si segnala, infine, un contributo dell’OCSE che nell’edizione 2023 dell'Employment Outlook ha dedicato ampio spazio alla tematica in oggetto. Nella pubblicazione l’OCSE sostiene tra l’altro che l’IA avrà un effetto considerevole sul mercato del lavoro e un impatto significativo sui posti di lavoro, in tutti i settori e in tutti gli impieghi, anche se allo stato attuale influisce principalmente sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, dei posti di lavoro.

 

Indagine conoscitiva sul rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro (a cura del Servizio Studi della Camera dei deputati)

Lo scorso 28 settembre 2023, la XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati ha deliberato di svolgere un’indagine conoscitiva sul rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro, con particolare riferimento agli impatti che l’intelligenza artificiale generativa può avere sul mercato del lavoro.

Nel programma dell’indagine si sottolinea che tale impatto può dare luogo ad un primo effetto integrativo a carattere positivo, nel quale si teorizza che i sistemi di intelligenza artificiale generativa saranno in grado di integrare le mansioni ed i compiti delle persone incrementandone la produttività e causando una riduzione di posti di lavoro limitata, e ad un secondo effetto sostitutivo a carattere negativo, nel quale si teorizza una massiva sostituzione di lavoratori i cui compiti, in special modo quelli routinari e ad alta connotazione intellettuale, saranno progressivamente sostituiti da un massiccio ricorso alla tecnologia, con effetti dirompenti non verificati sui livelli occupazioni in seno alle economie più moderne.

Dati raccolti a livello nazionale e sovranazionale confermano la necessità di indagare e governare con urgenza questo cambiamento per evitare in prima battuta l’acuirsi di disuguaglianze produttive e competitive all’interno del sistema Paese, anche in termini di valore aggiunto per ora lavorata, ed in seconda fase individuare potenziali rischi del sistema Paese connessi ad eventuali processi di massiva ristrutturazione.

L’obiettivo dell’indagine conoscitiva è dunque di porre le condizioni di poter comprendere e verificare le proposte, le prospettive ed i risultati dell’impatto dell’Intelligenza Artificiale e nuove tecnologie all’interno del lavoro, nel breve e nel medio termine, nonché di approfondire ogni aspetto relativo al rapporto tra tecnologia e lavoro con lo scopo di tracciare un punto di fatto e sollecitare una produzione normativa che sappia incrementare la produttività delle aziende rilanciando l’economia, e proteggere il mercato del lavoro nella direzione di una crescita economica socialmente responsabile.

 

La Commissione ha deliberato di svolgere – in seno a tale indagine conoscitiva - un ciclo di audizioni particolarmente ampio ed articolato, che prevede il coinvolgimento di numerosi soggetti interessati dalla tematica. Il termine per la conclusione dell’indagine conoscitiva è il 31 marzo 2024.

L’indagine ha avuto inizio con l’audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Elvira Calderone.

Il Ministro, dopo aver evidenziato l’impatto crescente dell’intelligenza artificiale sui contesti produttivi, ha ricordato come le nuove tecnologie comportino la creazione di nuovi settori occupazionali e posti di lavoro. Il Rapporto sul futuro del lavoro redatto dal World Economic Forum nel 2023, a riguardo, annovera infatti tra i 10 profili professionali che nei prossimi 5 anni vedranno la maggiore crescita, tra gli altri: specialisti in IA e Machine Learning, analisti per la sicurezza informatica, specialisti in trasformazione digitale ed ingegneri robotici.

Conseguentemente, il Ministro ha sottolineato la necessità che il Paese sia in grado di rispondere a tale crescente domanda di profili altamente qualificati, al fine di evitare un mismatch tra le competenze richieste dal mercato e quelle possedute dalla forza lavoro, e che allo stato attuale è più corretto riferirsi a cambiamenti del mondo del lavoro. Nell’audizione è stato altresì posto l’accento sul fatto che il sistema delle politiche attive del lavoro potrebbe essere avvantaggiato dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che consentirebbe di accelerare i procedimenti volti all’inserimento lavorativo ed alla qualificazione professionale, soprattutto a seguito della istituzione, ad opera del decreto Lavoro n. 48 del 2023, del Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL).

 

 

 



[1] Per maggiori dettagli si rinvia all’infografica predisposta dal Consiglio dell’Unione europea.

[2] Per un approfondimento relativo a finalità, contesto, quadro normativo e contenuto della proposta si rinvia al Dossier predisposto dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati, “Proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali”, Dossier n. 63, febbraio 2022.

[3] Si veda anche il comunicato stampa divulgato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nel dicembre 2021.

[4] Si veda in questo senso e per maggiori dettagli, “Legislative train schedule”, sul sito Internet del Parlamento europeo.

[5] Si veda, per maggiori dettagli, l’orientamento generale pubblicato in data 7 giugno 2023 (documento 10107/23).