Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Audizione del Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sugli esiti della riunione del Consiglio Ambiente dell'Unione europea del 20 giugno 2023 - Roma, 2 agosto 2023 |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE Numero: 8 |
Data: | 01/08/2023 |
Organi della Camera: | VIII Ambiente, XIV Unione Europea |
Camera dei deputati
XIX LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
audizioni e incontri in ambito ue
Audizione del Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sugli esiti della riunione del Consiglio Ambiente dell'Unione europea del 20 giugno 2023
Roma, 2 agosto 2023
n. 8
1° agosto 2023
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it - @CD_europa)
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I N D I C E
· Oggetto e finalità della iniziativa legislativa
· La proposta iniziale della Commissione
La revisione dei limiti di emissione di CO2 dei veicoli pesanti nuovi
· La proposta iniziale della Commissione
· La proposta della Commissione
· Stato dell’esame della proposta
· La posizione del Governo italiano
· Procedure di infrazione nei confronti dell’Italia
Ulteriori punti di discussione
· La relazione della Commissione europea sulla gestione dei rifiuti nell’UE
Il prossimo 2 agosto 2023 avrà luogo presso la Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati l’audizione del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, On. Gilberto Pichetto Fratin, sugli esiti del Consiglio Ambiente del 20 giugno 2023.
L’audizione è riconducibile alla previsione di cui all’articolo 4 della legge 234 del 2012 secondo la quale Il Governo informa i competenti organi parlamentari sulle risultanze delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.
Il presente dossier illustra sinteticamente lo stato dei dossier legislativi e degli altri principali temi che hanno costituito oggetto della riunione del Consiglio.
Nel corso della riunione, il Consiglio ambiente ha in particolare:
Ø concordato, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, un orientamento generale sulla proposta di regolamento per il ripristino della natura;
Ø svolto un dibattito orientativo sulla proposta di regolamento volta a rivedere i limiti di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi e sulla proposta di direttiva in materia di qualità dell’aria;
Ø ascoltato, mediante collegamento video, il ministro ucraino della Tutela ambientale e delle risorse naturali Ruslan Strilets che ha riferito in merito agli effetti sull'ambiente dell'esplosione della diga di Kakhovka.
La Presidenza svedese pro tempore del Consiglio e la Commissione hanno aggiornato i ministri in merito alle principali riunioni internazionali svoltesi di recente:
Ø Comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC 80) dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) (virtuale, 3 - 7 luglio 2023);
Ø seconda sessione del comitato internazionale di negoziato per elaborare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante sull'inquinamento da plastica (Parigi, 29 maggio - 2 giugno 2023);
Ø risultati della conferenza delle Nazioni Unite sull'acqua del 2023 (New York, 22-24 marzo 2023);
Ø risultato della triplice conferenza delle parti delle convenzioni di Basilea (COP 16), di Rotterdam (COP 11) e di Stoccolma (COP 11) (Ginevra, 1º - 12 maggio 2023).
La Commissione ha fornito informazioni su un documento concettuale per l'attuazione delle aste della Banca europea dell'idrogeno come approccio "di servizio" per gli Stati membri nonché isulle segnalazioni preventive inviate ad alcuni Stati membri ai sensi della normativa UE in materia di rifiuti.
Infine l’Italia ha reso informazioni in merito alla candidatura di Roma a ospitare l'EXPO 2030 mentre la Spagna ha sinteticamente illustrato il proprio programma di lavoro nel corso della Presidenza corrente dell’UE.
Nel corso della riunione il Consiglio ha raggiunto, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, un orientamento generale, che costituisce un mandato per l’avvio dei negoziati con il Parlamento europeo, sulla proposta di regolamento sul ripristino della natura.
La proposta, presentata dalla Commissione europea il 22 giugno 2022, dà seguito alla Strategia per la biodiversità, del 2020, volta ad affrontare le principali cause della perdita di biodiversità, come l'uso insostenibile della superficie terrestre e del mare, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, l'inquinamento e le specie esotiche invasive.
La strategia costituisce un elemento centrale del piano di ripresa dell'UE dopo la pandemia da COVID-19, e intende rendere la dimensione della biodiversità parte integrante della strategia globale dell'UE per la crescita economica. Propone, tra l'altro, di stabilire obiettivi vincolanti per ripristinare gli ecosistemi e i fiumi che hanno subito danni, migliorare la salute degli habitat e delle specie protette dell'UE, riportare gli impollinatori nei terreni agricoli, ridurre l'inquinamento, inverdire le città, rafforzare l'agricoltura biologica, e rendere più sane le foreste europee. Tra gli obiettivi fissati per il 2030, prevede la trasformazione di almeno il 30% della superficie terrestre e dei mari d'Europa in zone protette e la mobilitazione di finanziamenti per 20 miliardi di euro l’anno provenienti da varie fonti dell’UE e nazionali, pubbliche e private.
Successivamente, nel 2021, la Commissione europea ha presentato la Strategia forestale europea per il 2030 che prevede tra l’altro l’impegno a piantare entro quella scadenza 3 miliardi di alberi.
In tale contesto, la proposta di regolamento mira ad integrare la normativa vigente di tutela ambientale (direttive Uccelli ed Habitat, direttiva quadro Acque, direttiva sulla Strategia per l’ambiente marino) con interventi di ripristino degli habitat naturali. A tal fine prevede obiettivi e obblighi vincolanti riguardo a un'ampia gamma di ecosistemi terrestri e marini, per i quali gli Stati membri dovrebbero attuare misure di ripristino efficaci pianificate in anticipo elaborando piani nazionali di ripristino della natura, in collaborazione con il mondo scientifico, portatori di interessi e cittadini. La proposta individua inoltre indicatori di biodiversità per misurare i progressi compiuti.
Si ricorda che nel dicembre 2022 la Commissione europea ha aderito al quadro globale di Kunming-Montréal sulla biodiversità, siglato nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità a Montréal in Canada (COP15) che comprende obiettivi e traguardi a livello globale per proteggere e ripristinare la natura, garantirne l'uso sostenibile e stimolare gli investimenti in un'economia mondiale verde.
Gli obiettivi chiave previsti per il 2030 sono finalizzati a:
Ø ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati, terrestri e marini;
Ø tutelare il 30% delle aree terrestri, costiere, marine e delle acque interne;
Ø porre fine all'estinzione delle specie conosciute;
Ø diminuire i rischi derivanti dai pesticidi di almeno il 50%;
Ø ridurre le perdite di nutrienti nell'ambiente di almeno il 50%;
Ø attenuare i rischi di inquinamento e l’impatto dell'inquinamento da tutte le fonti portandolo a livelli non dannosi per la biodiversità e le funzioni ecosistemiche;
Ø ridurre l'impronta globale dei consumi, i consumi eccessivi, gli sprechi alimentare e la produzione di rifiuti;
Ø gestire in modo sostenibile le superfici adibite all'agricoltura, all'acquacoltura, alla pesca e alla silvicoltura;
Ø affrontare i cambiamenti climatici attraverso soluzioni basate sulla natura;
Ø ridurre il tasso di introduzione e insediamento delle specie esotiche invasive di almeno il 50%;
Ø garantire l'uso e il commercio sicuri, legali e sostenibili delle specie selvatiche;
Ø rendere più verdi gli spazi urbani.
L'accordo prevede l’aumento dei finanziamenti per la biodiversità portandoli ad almeno a 200 miliardi di dollari l'anno e mira ad eliminare le sovvenzioni dannose per la biodiversità, con l'impegno di eliminarne entro il 2030 l’equivalente di almeno 500 miliardi di dollari l'anno.
Secondo la Commissione europea oltre l'80% degli habitat europei è in cattivo stato; la più recente valutazione dell'Agenzia europea dell'ambiente (2020) precisa che soltanto il 15% degli habitat sono in buone condizioni, e le torbiere e le dune sono le più colpite.
Nel grafico che segue (elaborato dall’Agenzia europea dell’Ambiente), che rappresenta in verde chiaro le aree in condizioni non buone (poor) e in verde scuro le aree in cattive condizioni i (bad), torbiere e acquitrini, insieme alle dune, risultano per oltre il 50% in pessime condizioni.
La proposta iniziale della Commissione prevede che gli Stati membri mettano in campo misure di ripristino riguardanti, nel loro insieme, almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell'UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati entro il 2050.
Ciò in coerenza con l’obiettivo della rihiamata strategia sulla biodiversità di garantire che entro il 2050 tutti gli ecosistemi siano ripristinati, resilienti e adeguatamente protetti e che, come traguardo iniziale, la biodiversità dell'Europa sia riportata sulla via della ripresa entro il 2030. Il ripristino della natura dovrebbe contribuire agli obiettivi dell'UE in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ai medesimi, e a prevenire e attenuare l'impatto delle catastrofi naturali.
Le nuove norme proposte si basano sui tipi di habitat protetti definiti della direttiva Habitat per i quali esistono già metodi per l’accertamento di buone condizioni. Il ripristino interessa le zone ma anche gli habitat delle specie e deve essere accompagnato da interventi di mantenimento.
Sono previsti inoltre: obblighi per l’eliminazione delle barriere fluviali, per contribuire alla connettività dei fiumi; l’obbligo di invertire il declino degli impollinatori; l’obbligo per gli Stati membri di incrementare gli indicatori importanti per la biodiversità degli ecosistemi; l’obbligo per gli Stati membri di elaborare e sottoporre alla Commissione europea piani nazionali di ripristino, basati su dati scientifici; obblighi in materia di monitoraggio e comunicazione.
Nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno definito, rispettivamente, il 20 giugno 2023 e il 12 luglio 2023 le proprie posizioni in vista dei negoziati interistituzionali che si svolgeranno attraverso i triloghi (cui partecipa anche la Commissione europea).
Il testo del Consiglio intende rappresentare un punto di equilibrio tra il mantenimento di obiettivi ambiziosi di ripristino della natura previsti dal testo iniziale e margini di flessibilità per gli Stati membri nell'attuazione delle nuove norme.
Il Consiglio ha convenuto che gli Stati membri attuino misure di ripristino volte a riportare in buono stato, entro il 2030, almeno il 30% degli habitat negli ecosistemi terrestri, costieri, di acqua dolce e marini che non si trovano in buone condizioni. Ciò si applicherebbe ad almeno il 30% della superficie totale dei tipi di habitat considerati non in buono stato, anziché alla superficie per ciascun gruppo di habitat, come inizialmente proposto dalla Commissione.
Gli Stati membri dovrebbero adottare misure di ripristino per almeno il 60%, entro il 2040, e il 90%, entro il 2050, della superficie per ciascun gruppo di habitat che non è in buono stato.
È stata introdotta un'eccezione per le zone marine che presentano habitat caratterizzati da sedimenti morbidi, per le quali non troverebbe applicazione l'obiettivo per il 2030 e per cui gli Stati membri potrebbero raggiungere percentuali di ripristino più basse.
Per le aree e gli habitat soggetti a misure di ripristino, gli Stati membri dovranno garantire che non si verifichi un deterioramento significativo. Nelle superfici già in buono stato o dove non sono ancora state attuate misure di ripristino, in particolare al di fuori della rete Natura 2000 di zone protette, gli Stati membri dovrebbero porre in atto le misure necessarie per prevenire un deterioramento significativo. Questo si tradurrebbe in un obbligo basato sui risultati nel primo caso e in un obbligo basato sugli sforzi nel secondo caso.
Il Consiglio ha convenuto che mancano dati sulla condizione di taluni habitat, il che rende difficile quantificarne il miglioramento. Pertanto l’orientamento generale prevede che le misure di ripristino quantitativo si applicherebbero solo alle superfici di cui sia noto lo stato degli habitat.
Per quanto riguarda gli habitat terrestri, gli Stati membri avrebbero tempo fino al 2030 per determinare lo stato del 90% della superficie degli habitat. Quanto agli habitat marini, le lacune di conoscenze dovrebbero essere colmate per il 50% della superficie entro il 2030. Lo stato di tutti gli habitat dovrebbe essere noto entro il 2040, ad eccezione dei sedimenti morbidi, per i quali il termine è prorogato al 2050.
Il Consiglio ha apportato una certa flessibilità agli obblighi specifici per gli ecosistemi stabiliti dalla proposta della Commissione.
In particolare, per gli ecosistemi urbani il Consiglio ha sostituito gli obiettivi quantitativi con l'obbligo per gli Stati membri di conseguire una tendenza all'aumento delle zone verdi urbane fino al raggiungimento di un livello soddisfacente. Il Consiglio ha mantenuto il requisito dell'assenza di perdite nette, in base al quale entro il 2030 non si dovrebbe registrare alcuna perdita netta di spazi verdi urbani e di copertura arborea urbana, rispetto al momento di entrata in vigore del regolamento, a meno che la quota di spazio verde negli ecosistemi urbani non superi già il 45%.
Sono stati definiti obiettivi meno stringenti per la riumidificazione delle torbiere, per tenere conto del fatto che tali obblighi incidono in modo sproporzionato su alcuni Stati membri. Il Consiglio prevede di ripristinare il 30% delle torbiere drenate a uso agricolo entro il 2030 e il 50% entro il 2050, con la possibilità di applicare una percentuale inferiore per gli Stati membri su cui tali obiettivi incidono notevolmente.
Il Consiglio ha stabilito altresì maggiore flessibilità nell'uso degli indicatori per monitorare gli ecosistemi forestali.
In merito agli elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità negli ecosistemi agricoli (siepi, alberi in gruppi, particelle, fossati, stagni o alberi da frutto), l’orientamento generale ha aggiunto la possibilità di concentrare le misure su quanto necessario per la conservazione della biodiversità.
È stato infine aggiunto l'obbligo per gli Stati membri di garantire il mantenimento della connettività fluviale ripristinata.
In base alla proposta iniziale, gli Stati membri dovrebbero presentare periodicamente alla Commissione piani nazionali di ripristino indicanti le modalità con cui intendono conseguire gli obiettivi e dovrebbero provvedere al monitoraggio e alla comunicazione riguardo ai rispettivi progressi.
Il Consiglio ha optato per un approccio graduale. Anziché presentare due anni dopo l'entrata in vigore del regolamento i piani completi fino al 2050, gli Stati membri presenterebbero dapprima i piani nazionali di ripristino per il periodo fino a giugno 2032, con una panoramica strategica per quanto riguarda il periodo successivo a giugno 2032. Entro giugno 2032 gli Stati membri presenterebbero poi i piani di ripristino fino al 2042, con una panoramica strategica fino al 2050, ed entro giugno 2042 presenterebbero i piani fino al 2050.
Il Consiglio ha aggiunto la possibilità per gli Stati membri di tenere conto, nei loro piani, di circostanze nazionali specifiche in termini di requisiti sociali, economici e culturali, di caratteristiche regionali e locali e di densità della popolazione, compresa la situazione specifica delle regioni ultraperiferiche.
Il Consiglio ha introdotto un nuovo articolo in base al quale la pianificazione, costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio sono considerati di interesse pubblico prevalente.
Pertanto la loro realizzazione e il loro esercizio beneficerebbero di una deroga agli obblighi di miglioramento costante e di non deterioramento ambientale.
Gli Stati membri inoltre potrebbero inoltre esentare tali progetti dall'obbligo di dimostrare che non sono disponibili soluzioni alternative meno dannose, qualora sia stata svolta una valutazione ambientale strategica. Potrebbero inoltre limitare l'applicazione di tali esenzioni conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima.
L’orientamento generale ha inoltre chiarito che anche i piani e i progetti destinati esclusivamente alla difesa nazionale possono essere considerati di interesse pubblico prevalente e possono essere esentati dal requisito di dimostrare che non sono disponibili soluzioni alternative meno dannose. Nell’applicare tale esenzione, gli Stati membri dovrebbero comunque mettere in atto misure per attenuare gli impatti sugli habitat naturali.
Il Consiglio ha introdotto una nuova disposizione in base alla quale si chiede alla Commissione di presentare, un anno dopo l'entrata in vigore del regolamento, una relazione sulle risorse finanziarie disponibili a livello dell'UE, una valutazione delle esigenze di finanziamento per l'attuazione e un'analisi volta a individuare eventuali carenze di finanziamento. La relazione dovrebbe includere, se necessarie, anche proposte adeguate, senza compromettere il prossimo quadro finanziario pluriennale (2028-2034).
Il 12 luglio scorso il Parlamento europeo ha adottato, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, la propria posizione sulla proposta con 336 voti a favore, 300 contrari e 13 astensioni.
Nella stessa seduta è stata respinta una mozione volta a rigettare in toto la proposta della Commissione (312 voti a favore, 324 contrari e 12 astensioni).
Il testo approvatro dal Parlamento ribadisce in linea di principio l’obiettivo di attuare congiuntamente misure di ripristino delle zone e degli ecosistemi che rientrano nell'ambito di applicazione definito all'articolo 2 della proposta, coinvolgenti entro il 2030 almeno il 20% delle zone terrestri e il 20% delle zone marinee ed entro il 2050, tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino.
Il Parlamento propone tuttavia che la normativa si applichi solo una volta che la Commissione avrà fornito dati sulle condizioni necessarie per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine e dopo che i Paesi dell'UE avranno quantificato l’ampiezza delle aeree da ripristinare per raggiungere gli obiettivi per ogni tipo di habitat.
In base ad un nuovo articolo introdotto dal Parlamento, gli Stati membri i cui piani nazionali di ripristino comprendono misure di conservazione nell'ambito della politica comune della pesca, per le quali devono essere presentate raccomandazioni comuni, consultano gli altri Stati membri che hanno un interesse di gestione diretto:
· al più tardi 12 mesi dopo la presentazione del loro piano nazionale di ripristino per le misure di ripristino delle specie marine;
· al più tardi il 1° gennaio 2028 per le misure di ripristino necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi fissati per il 2030;
· al più tardi il 1° gennaio 2036 per le misure di ripristino necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi fissati per il 2040;
· al più tardi il 1° gennaio 2046 per le misure di ripristino necessarie a garantire il conseguimento degli obiettivi fissati per il 2050.
La Commissione monitora i progressi in relazione ai termini per le misure che richiedono la presentazione di raccomandazioni comuni nell'ambito della politica comune della pesca.
Entro 12 mesi dall'entrata in vigore del regolamento, la Commissione dovrebbe inoltre valutare l'eventuale divario tra i finanziamenti necessari per il ripristino e i finanziamenti UE disponibili e studiare soluzioni per colmarlo attraverso un apposito strumento UE. La copertura dei deficit di finanziamento per l'attuazione del regolamento dovrebbe essere garantita senza utilizzare alcun finanziamento a titolo della politica agricola comune (PAC), della politica comune della pesca (PCP) o di altri flussi di finanziamento destinati ad altri settori.
Ha soppresso l’articolo 9 della proposta relativo al ripristino della natura nei terreni agricoli.
In base ad un nuovo articolo introdotto dal Parlamento, la pianificazione, costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio sono presunti di interesse pubblico prevalente. Gli Stati membri possono esentare tali piani e progetti dal requisito che non siano disponibili soluzioni alternative meno dannose, previsto dal nuovo regolamento, se è stata effettuata una valutazione ambientale strategica.
Le stesse esenzioni sono previste per piani e progetti destinati esclusivamente per attività di difesa nazionale.
Con riguardo agli ecosistemi urbani, è introdotto l’obbligo per gli Stati membri di evitare perdite nette della superficie nazionale totale degli spazi verdi urbani o della copertura arborea urbana. Possono essere escluse da tale obbligo le zone in cui la quota di spazi verdi urbani nei centri urbani e negli agglomerati urbani supera il 45% e la quota di copertura arborea urbana supera il 10%.
Gli Stati membri sono inoltre tenuti a conseguire una tendenza all'aumento della superficie nazionale totale degli spazi verdi urbani, anche mediante l'integrazione di spazi verdi urbani negli edifici e nelle infrastrutture.
Parimenti devono conseguire una tendenza all'aumento della copertura arborea urbana, misurata ogni sei anni dopo il 31 dicembre 2030.
Per il ripristino delle popolazioni di impollinatori, gli Stati membri, devono mettere in atto al più tardi entro il 2030 misure efficaci e appropriate, non solo per invertire la tendenza alla loro diminuzione, ma anche per migliorarne la diversità. Successivamente devono conseguire una tendenza al loro aumento, misurata ogni sei anni dopo il 2030.
Il Parlamento ha stabilito che le misure di ripristino contribuiscano al raggiungimento dell'obiettivo fissato dalla citata Strategia forestale europea di piantare entro il 2030 almeno tre miliardi di nuovi alberi (senza conteggiare gli alberi piantati ai fini della raccolta).
Il Parlamento ha previsto che nella stesura dei piani nazionali di ripristino gli Stati membri e tengano conto anche: delle esigenze delle comunità locali, comprese quelle urbane, dei costi e dell'impatto socioeconomico di tali misure coinvolgendo adegutamente le parti interessate, compresi i proprietari e i gestori dei terreni, in ogni fase del processo; del ruolo svolto dai terreni nella produzione alimentare; delle specificità regionali legate a caratteristiche sociali, economiche e culturali, nonché alla densità della popolazione; della specificità delle regioni ultraperiferiche dell'Unione dovute tra l’altro alla grande distanza, all'insularità.
Chiede che anche la Commissione europea, nel valutare i piani nazionali di ripristino, tenga in considerazione l’impatto socioeconomico, in particolare sulle zone rurali.
Al momento della presentazione della proposta nel giugno 2022, il Governo italiano pro tempore ha formulato una valutazione positiva della proposta, rilevando il potenziale contributo offerto da un patrimonio naturale sano alla mitigazione dei cambiamenti climatici, all’adattamento ad essi e alla prevenzione delle catastrofi naturali. Ne aveva definito urgente l’approvazione, per poter attuare le strategie europea e nazionale per la Biodiversità al 2030.
Secondo la relazione trasmessa dal Governo il 10 novembre 2022 ai sensi dell’articolo 6 della legge 234 del 2012, gli interventi volti al ripristino della natura potrebbero inoltre creare nuove opportunità di lavoro e di reddito, nonché avere effetti positivi sulla salute dei cittadini, sul miglioramento del patrimonio culturale, dell'identità, sulla qualità e sicurezza degli alimenti e dell'acqua.
Nel sottolineare l'ampia gamma di settori economici (agroalimentare, la pesca, la silvicoltura, le aziende idriche, il turismo), che potrebbero beneficiarne, il Governo rilevava tuttavia l’esigenza per la sua attuazione di investimenti, capacità tecniche e amministrative adeguate, delle conoscenze scientifiche e delle risorse finanziarie, oltre agli oneri amministrativi per la raccolta e rendicontazione di dati.
Nel corso della riunione il Consiglio ha tenuto un dibattito orientativo sulla proposta di regolamento relativo a norme in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi.
La proposta mira a ridurre ulteriormente le emissioni di CO2 nel settore del trasporto su strada, in linea con gli obiettivi climatici dell'UE, rafforzando gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 e fissando nuovi traguardi per il 2035 e il 2040. Inoltre, un maggior numero di categorie di veicoli sarà incluso negli obiettivi, in particolare gli autobus.
In particolare, sulla base di un documento della Presidenza, si è proceduto ad uno scambio di opinioni sui livelli obiettivo proposti, sulla loro congruità rispetto agli obiettivi climatici fissati dall’Unione per il 2030 e il 2050, e al mantenimento e miglioramento della competitività dell’UE, nonché sull'ambito di applicazione e sugli elementi di flessibilità proposti.
La proposta della Commissione europea, adottata il 14 febbraio 2023, si inserisce nel novero delle iniziative volte a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 55% entro il 2030 e la neutralità climatica nel 2050.
È pertanto complementare al c.d. pacchetto “Pronti per il 55%”, al regolamento, recentemente entrato in vigore sui limiti emissivi di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali nuovi, nonché alla proposta sull’omologazione di veicoli a motore e motori, emissioni inquinanti e durabilità delle batterie (c.d. Euro 7), che disciplina le emissoni di inquinanti diversi dal biossido di carbonio.
La proposta introduce limiti più rigorosi in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, sui sono attribuiti oltre un quarto delle emissioni di gas a effetto serra del trasporto su strada nell'UE e oltre il 6 % delle emissioni totali di gas a effetto serra dell'UE. Il rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dovrebbe inoltre sostenere gli Stati membri nel conseguimento degli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni a norma del regolamento riveduto sulla condivisione degli sforzi, recentemente adottato.
In particolare, la Commissione propone di ampliare l'ambito di applicazione degli obiettivi per le emissioni nell'attuale regolamento al fine di includere rimorchi, autobus urbani, pullman e altri autocarri.
I veicoli progettati e costruiti o adattati per essere utilizzati dalla protezione civile, dai servizi antincendio e dai servizi responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico sarebbero esentati così come gli autocarri di piccole dimensioni (3,5-5 tonnellate) i veicoli per uso speciale, i veicoli fuoristrada per uso speciale e i veicoli professionali. Gli Stati membri potrebbero inoltre decidere di escludere una quota limitata di autobus urbani in considerazione di specifiche condizioni geomorfologiche e meteorologiche. Un’ulteriore esenzione è prevista per i costruttori che producono meno di 100 veicoli
Presso il Parlamento europeo la proposta è stata assegnata il 28 marzo scorso alla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI), che ha nominato relatore il deputato Yannick Jadot (Francia, Verdi/Alleanza libera europea).
Presso il Consiglio la proposta è stata discussa nel corso di cinque riunioni del gruppo "Ambiente" durante la Presidenza svedese, ed è stata conclusa una prima lettura completa della proposta che alcuni membri stanno ancora vagliando. Secondo il documento sottoposto dalla Presidenza nel Consiglio del 20 giugno non si registrerebbero tra gli Stati membri punti di vista divergenti, in particolar modo in merito al livello di ambizione.
Nella relazione trasmessa alle Camere ai sensi della legge n. 234 del 2012, il 18 aprile 2023, il Governo valuta in modo complessivamente positivo la proposta, la cui approvazione contribuirebbe al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione nazionale delle emissioni al 2030 prevista dal regolamento sulla c.d. condivisione degli sforzi.
Ritiene tuttavia indispensabile coniugare la salvaguardia ambientale con il minimo impatto a livello sociale, economico e produttivo. Ritiene inoltre estremamente sfidanti per i costruttori gli obiettivi proposti, in particolar modo per il 2030, anche alla luce dello sviluppo tecnologico e dello stato attuale di realizzazione della infrastruttura di ricarica.
Osserva che il provvedimento è destinato a favorire settori produttivi, quali società di servizi energetici, componentistica elettronica, industria manifatturiera dei materiali plastici, elettronici, dei metalli, delle batterie, nonché a promuovere la ricerca e l’innovazione nel settore della mobilità e dei nuovi materiali.
Ciononostante, pone l’accento sui rilevanti investimenti richiesti ai produttori per rinnovare il parco tecnologico delle proprie flotte coerentemente con tali obiettivi e sulla necessaria accelerazione dell’adeguamento della filiera industriale che comporterebbe la nascita o la riconversione di nuovi insediamenti produttivi e la formazione o l’aggiornamento di nuovi profili professionali, oltre all’impatto atteso nel settore della produzione e distribuzione dei carburanti tradizionali, e nelle filiere dei biocombustibili avanzati.
Lo scorso 9 maggio la Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati ha approvato su tale proposta un parere motivato (Doc. XVIII-bis, n. 5), ritenendola non conforme al principio di sussidiarietà, in base a tali argomentazioni:
a) la proposta stabilisce obiettivi di riduzione delle emissioni estremamente sfidanti, in particolare la riduzione totale delle emissioni degli autobus urbani nuovi entro il 2030 e la riduzione del 90 per cento di tutti i veicoli pesanti nuovi entro il 2040. Tuttavia, secondo i dati riportati dalla stessa Commissione europea, la quantità di emissioni di gas ad effetto serra generato dai veicoli pesanti costituisce appena il 6 per cento delle emissioni totali prodotte a livello dell'Unione;
b) i veicoli pesanti prodotti nell'UE sono tecnologicamente all'avanguardia ed hanno un consumo medio di carburante nettamente inferiore rispetto ai veicoli equivalenti in altre regioni del mondo. In particolare, oltre un terzo degli autocarri prodotti nell'UE viene esportato in tutto il mondo, generando un surplus commerciale di circa 5 miliardi di euro all'anno;
c) i nuovi obiettivi richiederebbero un volume di produzione di veicoli a basse o zero emissioni e un livello di diffusione dell'infrastruttura di ricarica lontani dall'essere raggiunti ora e nei prossimi anni. A fronte di investimenti di grande portata, il numero dei nuovi veicoli richiesti dalla normativa proposta e il numero dei punti di ricarica di carburanti alternativi non sarebbero sufficienti, nei tempi indicati dalla proposta, a garantire il trasporto di merci e passeggeri su strada, soprattutto sulle lunghe distanze. Pertanto si verrebbe a creare un importante gap infrastrutturale;
d) l'elettrificazione dei veicoli e l'alimentazione a idrogeno potrebbero risultare insufficienti a garantire il trasporto su rotte a lunga distanza, con evidente rischio di tenuta delle catene di approvvigionamento del mercato interno dell'UE. Appare dunque necessario consentire l'impiego di carburanti carbon neutral come soluzione per la sostenibilità del trasporto su strada, in particolare sulle tratte più lunghe;
e) la proposta adotta quale criterio principale il calcolo delle emissioni allo scarico senza tenere in considerazione il danno ambientale procurato dalla produzione dell'energia elettrica impiegata dai veicoli, se di origine non rinnovabile, né il costo ambientale della produzione degli accumulatori;
f) alla luce di tali elementi appare tautologica la motivazione offerta dalla Commissione per dimostrare il valore aggiunto della proposta, secondo cui quest'ultima offrirebbe a produttori, fornitori di componenti e consumatori la garanzia di un mercato stabile nonché la certezza normativa essenziali per i cospicui investimenti di capitale necessari alla diffusione di veicoli a emissioni zero.
Il medesimo parere motivato considera?la proposta anche in contrasto con il principio di proporzionalità in quanto determina, a fronte della quantità relativamente modesta di emissioni di gas ad effetto serra generata dai veicoli pesanti, oneri estremamente gravosi e non adeguatamente giustificati per i costruttori, per il settore della produzione e distribuzione dei carburanti tradizionali e per le filiere dei biocombustibili avanzati.
Nel corso del Consiglio si è tenuto un dibattito orientativo sulla proposta di direttiva relativa alla qualità dell'aria che rivede e unisce le due direttive vigenti in materia con la finalità di allineare la normativa dell’UE alle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità.
In vista della riunione è stato presentato un documento della Presidenza, in cui si ribadisce come l’aria pulita sia essenziale per la salute umana e per la salvaguardia dell’ambiente e si ricorda che l’inquinamento atmosferico costituisce nell’UE la prima causa ambientale di morte precoce e causa ogni anno circa 300.000 decessi prematuri. I
l documento riferisce dell’orientamento complessivamente favorevole degli Stati membri, accompagnato da alcune preoccupazioni in merito ai costi della governance, al livello di ambizione proposto, nonché ad alcune disposizioni in materia di accesso alla giustizia, risarcimento e sanzioni.
Su tale base i ministri hanno proceduto ad uno scambio di opinioni sul livello di ambizione delle norme proposte in materia di qualità dell'aria per l'inquinamento dell'aria ambiente e sugli strumenti proposti per realizzarle.
La proposta, presentata nell’ottobre del 2022, stabilisce obiettivi per il 2030 e mira a riportare l'UE su una traiettoria che le consenta di azzerare l'inquinamento atmosferico entro il 2050. In particolare, essa mira a:
- rafforzare le disposizioni concernenti il monitoraggio della qualità dell'aria, e i piani delle autorità locali per l'aria pulita; allineare le norme dell’UE alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità;
- introdurre un diritto al risarcimento per le persone che hanno subito danni alla salute a seguito di una violazione delle norme UE in materia di qualità dell'aria;
- migliorare l'informazione del pubblico sulla qualità dell'aria e l'accesso alla giustizia.
L’iniziativa si inserisce nell’attuazione del Piano d'azione dell'UE: "Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo", adottato il 12 maggio 2021, che costituisce uno dei pilastri del Green Deal europeo e si prefigge per il 2050 il c.d. obiettivo “inquinamento zero”, ovvero la sua massima riduzione nell’aria, acqua e nel suolo fino a livelli non considerati dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali, e creare un ambiente privo di sostanze tossiche. Alla luce di tale finalità, il piano stabilisce una serie di traguardi chiave per il 2030, volti ad accelerare la riduzione dell'inquinamento, tra i quali quello di migliorare la qualità dell'aria per ridurre del 55% il numero di decessi prematuri causati dall'inquinamento atmosferico.
La vigente direttiva relativa alla qualità dell'aria ambiente si prefigge l'obiettivo di ridurre l'inquinamento atmosferico a livelli tali da limitare al minimo gli effetti nocivi per la salute umana o per l'ambiente. A tal fine essa stabilisce obiettivi di qualità dell'aria ambiente (ossia limiti che non devono essere superati in alcun luogo dell'UE) in relazione ai principali inquinanti atmosferici (anidride solforosa, ossidi di azoto, particolato (fine), piombo, benzene, monossido di carbonio e ozono). Gli Stati membri sono tenuti a definire zone e agglomerati urbani per valutare e gestire la qualità dell'aria ambiente, monitorare le tendenze a lungo termine e mettere le relative informazioni a disposizione dei cittadini.
La successiva direttiva sui limiti nazionali di emissione, che impone agli Stati membri di elaborare dei programmi nazionali di controllo dell'inquinamento atmosferico, ha fissato limiti nazionali di emissione più rigorosi per cinque inquinanti: anidride solforosa, ossidi di azoto, composti organici volatili non metanici, ammoniaca e particolato fine.
La direttiva recepisce gli impegni assunti dall'UE e dai suoi Stati membri nel 2012 volti a ridurre le emissioni entro il 2020 in virtù della versione rivista del protocollo di Göteborg alla Convenzione della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero. Un’ulteriore direttiva mira a ridurre l'inquinamento atmosferico provocato da impianti di combustione medi (ad esempio per la produzione di energia elettrica o per il riscaldamento domestico).
La proposta, come accennato, introduce l'obiettivo "inquinamento zero" per il 2050 al fine di garantire che, entro tale anno, la qualità dell'aria sia migliorata al punto che l'inquinamento non sia più considerato nocivo per la salute umana e per l'ambiente.
Prevede al tempo stesso un riesame periodico delle prove scientifiche per verificare se le norme in materia di qualità dell'aria in vigore siano ancora sufficienti a proteggere la salute umana e l'ambiente e se debbano essere regolamentati altri inquinanti atmosferici. Il riesame contribuirà all'elaborazione di piani di allineamento alle linee guida dell'OMS sulla qualità dell'aria entro il 2050.
La proposta inoltre:
- impone di garantire l'accuratezza delle applicazioni di modelli per la valutazione della qualità dell'aria e un uso migliore della modellizzazione;
- semplifica le norme relative alle soglie di valutazione (vale a dire alle tecniche di valutazione della qualità dell'aria dovrebbero essere applicate a vari livelli di inquinamento. In particolare, la proposta sostituisce l'attuale soglia inferiore e superiore con un'unica soglia di valutazione per inquinante;
- si garantisce che la qualità dell'aria ambiente sia monitorata tramite punti di campionamento fissi ogni volta che i livelli di inquinamento atmosferico sono superiori a quelli raccomandati dall'OMS. In caso di superamento dei valori limite o del valore obiettivo per l'ozono stabilita dalla proposta, la qualità dell'aria deve essere valutata anche con applicazioni di modellizzazione.
La modellizzazione contribuirà inoltre a individuare eventuali altri punti in cui i valori limite o il valore obiettivo per l'ozono sono superati. L'obiettivo è avvalersi dei progressi compiuti nelle applicazioni di modellizzazione per orientare misure per la qualità dell'aria efficaci, mirate ed efficienti sotto il profilo dei costi con l'intento di porre fine quanto prima alle violazioni delle norme in materia di qualità dell'aria;
- si aggiornano e chiariscono le norme relative al numero e all'ubicazione dei punti di campionamento, stabilendo previsioni più rigorose per la delocalizzazione degli stessi. Inoltre, si riuniscono e semplificano le prescrizioni relative ai punti di campionamento per i vari inquinanti atmosferici e le norme in materia di qualità dell'aria, attualmente ripartite nelle direttive;
- si introducono i supersiti di monitoraggio e se ne disciplinano il numero e l'ubicazione. I supersiti combinano più punti di campionamento per raccogliere dati a lungo termine sugli inquinanti atmosferici contemplati dalla presente direttiva, nonché sugli inquinanti atmosferici che destano nuove preoccupazioni e su altri parametri pertinenti. In alcuni casi la combinazione di più punti di campionamento in un supersito anziché la collocazione separata degli stessi può ridurre i costi.
L'introduzione di ulteriori punti di campionamento per gli inquinanti atmosferici non regolamentati che destano nuove preoccupazioni, come il particolato ultrafine, il particolato carbonioso, l'ammoniaca (NH3) o il potenziale ossidativo del particolato, contribuirà secondo la Commissione alla comprensione scientifica dei loro effetti sulla salute e sull'ambiente. Se del caso, gli Stati membri possono allestire supersiti di monitoraggio comuni, riducendo così i costi;
- si chiariscono gli obiettivi di qualità dei dati per la misurazione della qualità dell'aria e quelli per la modellizzazione. Le disposizioni sulla valutazione dell'ozono sono integrate con disposizioni sulla valutazione di altri inquinanti al fine di semplificarle e razionalizzarle;
- si riuniscono le prescrizioni vigenti relative al mantenimento dei livelli di inquinanti atmosferici al di sotto dei valori limite e si introducono nuove prescrizioni per le concentrazioni dell'esposizione media;
- si allineano maggiormente le norme dell'UE in materia di qualità dell'aria alle raccomandazioni dell'OMS del 2021, tenendo conto della fattibilità e dell'efficacia in termini di costi analizzate nella valutazione d'impatto che accompagna la presente proposta. Sono inoltre introdotti valori limite per tutti gli inquinanti atmosferici attualmente soggetti a valori obiettivo, ad eccezione dell'ozono (O3). I valori limite e i valori obiettivo riveduti entreranno in vigore nel 2030, bilanciando la necessità di un miglioramento rapido con la necessità di garantire un lasso di tempo sufficiente e il coordinamento con le principali politiche correlate i cui risultati sono previsti nel 2030, come il pacchetto "Pronti per il 55 %";
- si impone una riduzione dell'esposizione media della popolazione al particolato fine (PM2,5) e al biossido di azoto (NO2) sul piano regionale (unità territoriali NUTS 1) ai livelli raccomandati dall'OMS. Tale disposizione va ad aggiungersi all'obbligo di rispettare i valori limite e i valori obiettivo applicabili nelle zone di qualità dell'aria;
- si introducono soglie di allarme per le misure a breve termine relative ai picchi di inquinamento da particolato (PM10 e PM2,5), oltre alle soglie di allarme esistenti per il biossido di azoto (NO2) e il biossido di zolfo (SO2);
- si estendono le norme sulla deduzione dei contributi delle fonti naturali, come la polvere sahariana, al superamento dei valori imposti dalle norme in materia di qualità dell'aria per farvi rientrare i superamenti degli obblighi di riduzione dell'esposizione media. I superamenti della qualità dell'aria derivanti da tali fonti non sono considerati non conformi alle norme in materia di qualità dell'aria e non prevedono piani per la qualità dell'aria;
- la deduzione della sabbiatura invernale e della salatura invernale è estesa al particolato fine (PM2,5). Esse infatti sono importanti per la sicurezza stradale, sebbene la risospensione di particelle che ne deriva possa anch'essa contribuire all'inquinamento atmosferico. I superamenti della qualità dell'aria derivanti unicamente da queste fonti non comporteranno l'obbligo di elaborazione di piani per la qualità dell'aria;
- si modifica la normativa sulla proroga dei termini per il raggiungimento dei valori limite per il particolato (PM10 e PM2,5) e per il biossido di azoto (NO2) stabilendo condizioni supplementari per la medesima proroga, al fine di aumentare l'efficienza delle misure per la qualità dell'aria adottate per rispettare i valori limite.
Ad esempio i piani per la qualità dell'aria dovranno indicare in che modo si cercherà di ottenere finanziamenti supplementari per conseguire più rapidamente la conformità e in che modo il pubblico sarà informato delle conseguenze della proroga per la salute umana e l'ambiente. Sarà altresì possibile prorogare il raggiungimento di un valore limite solo se l'obbligo di riduzione dell'esposizione media per l'inquinante atmosferico in questione è stato rispettato per almeno tre anni prima dell'inizio della proroga. Ciò al fine di garantire che la proroga sia concessa solo per i casi di superamento localizzato dei valori limite dovuto a condizioni specifiche dei siti e non sia utilizzata per ritardare le misure locali, regionali o nazionali per la qualità dell'aria;
- si chiede che i piani per la qualità dell'aria: a) siano redatti prima dell'entrata in vigore delle norme in materia di qualità dell'aria in caso di non conformità prima del 2030, b) mirino a ridurre al minimo il periodo di superamento e in ogni caso per un periodo non superiore a tre anni per i valori limite e c) siano aggiornati regolarmente qualora non raggiungano la conformità. I piani sono resi obbligatori in caso di superamento dei valori limite, del valore obiettivo per l'ozono o degli obblighi di riduzione dell'esposizione media nonché quando è previsto il superamento dei valori imposti da tali norme.
Ciò ad avviso della Commissione contribuirà a garantire che i periodi di superamento siano ridotti al minimo. Promuoverà inoltre le sinergie tra la gestione di diversi inquinanti atmosferici e tra le misure volte all'adempimento di varie norme. Ad esempio le misure volte al rispetto dell'obbligo di riduzione dell'esposizione media al particolato fine (PM2,5) sosterranno anche il raggiungimento del valore limite per il PM2,5;
- i piani per la qualità dell'aria analizzeranno il rischio di superamento delle soglie di allarme. Ciò comporterà una maggiore integrazione dei piani d'azione a breve termine, necessari per far fronte al superamento delle soglie di allarme, con piani d'azione a più lungo termine, risparmiando risorse e migliorando le misure adottate. Si rende inoltre obbligatoria la consultazione pubblica sui piani d'azione a breve termine onde garantire che tutte le informazioni pertinenti siano prese in considerazione ai fini della loro elaborazione;
- si chiarisce e rafforza ulteriormente le modalità di cooperazione tra gli Stati membri per sanare le violazioni delle norme in materia di qualità dell'aria dovute all'inquinamento atmosferico transfrontaliero, in particolare disponendo un rapido scambio di informazioni tra essi e con la Commissione;
- per migliorare la consapevolezza del pubblico in merito all'inquinamento atmosferico, si obbligano gli Stati membri a stabilire un indice della qualità dell'aria che fornisca aggiornamenti orari per gli inquinanti atmosferici più nocivi;
- si introducono disposizioni dettagliate per garantire l'accesso alla giustizia per coloro che intendono contestare l'attuazione della nuova direttiva, ad esempio qualora non sia stato elaborato un piano per la qualità dell'aria nonostante il superamento dei valori imposti dalle pertinenti norme in materia di qualità dell'aria;
- si stabilisce inoltre un diritto effettivo al risarcimento per le persone che hanno subito, integralmente o parzialmente, danni alla salute a seguito di una violazione delle norme sui valori limite, i piani per la qualità dell'aria, i piani d'azione a breve termine o in relazione all'inquinamento transfrontaliero. È prevista la possibilità di azioni collettive;
- si chiarisce più nel dettaglio in che modo gli Stati membri devono stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per coloro che violano le misure attuative della direttiva;
- si riuniscono nell'allegato I, in combinato disposto con gli articoli 13 e 15, le norme in materia di qualità dell'aria per vari inquinanti, stabilendo, come già accennato: a) nuovi valori limite per la protezione della salute umana, b) valori obiettivo per l'ozono e obiettivi a lungo termine aggiornati, c) nuove soglie di allarme per il particolato (PM10 e PM2,5) e d) obblighi di riduzione dell'esposizione media per il particolato fine (PM2,5) e il biossido di azoto (NO2) che permettano di allineare l'obbligo di concentrazione dell'esposizione media alle raccomandazioni dell'OMS.
Presso il Parlamento europeo, l’atto è stato assegnato lo scorso gennaio alla Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI), che ha nominato relatore il deputato Javi Lopez (Spagna, Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo).
Presso il Consiglio, la proposta è stata illustrata nella sessione del 20 dicembre 2022 del gruppo “Ambiente”, dove nella prima parte del 2023 è stata esaminata nel corso di cinque riunioni durante la Presidenza svedese.
Nella relazione trasmessa il 13 febbraio 2023 dal Governo, ai sensi dell’articolo 6 della legge 234 del 2012, si valutano positivamente le finalità della proposta, sottolineando tuttavia la necessità di intraprendere un percorso e fissare obiettivi realistici per evitare che gli Stati membri debbano fronteggiare procedure di infrazione particolarmente gravose (si veda infra il caso dell’Italia).
Sono inoltre definite complesse le norme sull’accesso alla giustizia che stabiliscono la possibilità per i cittadini di rivalsa contro gli amministratori che non hanno garantito una buona qualità dell’aria.
Nella relazione si osserva che molti Stati membri non ritengono condivisibile la norma laddove prevede che il cittadino dovrebbe avere diritto al risarcimento anche nel caso ci sia solo presunzione che l’inquinamento atmosferico sia stato causa di danni sanitari.
Si segnala che sono tuttora pendenti nei confronti dell’Italia tre procedure di infrazione (procedure 2020/2299; 2015/2043; 2014/2147) cattiva applicazione della direttiva sulla qualità dell’aria.
In particolare, per la procedura di infrazione 2014/2147 ("Superamento sistematico e continuato dei valori limite applicabili alle microparticelle PM10 in determinate zone e agglomerati italiani"), il 10 novembre 2020 è già stata adottata una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia europea (causa 644/18). Secondo la Commissione, dal 2008 l’Italia ha superato, in maniera sistematica e continuata, in alcune zone, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10 e non ha adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10 nell’insieme delle zone interessate. Le Regioni coinvolte in questa sentenza sono: Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto. La sentenza condanna alle spese la Repubblica italiana.
Il 7 marzo 2019, con la procedura di infrazione 2015/2043, la Commissione ha deferito l'Italia alla Corte europea di giustizia (causa 573/19) per il superamento sistematico e continuato dei valori limite del biossido di azoto e per non aver adottato misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite. Le regioni coinvolte sono Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sicilia e Toscana. I valori limite di NO2 stabiliti dalla legislazione dell'UE in materia di qualità dell'aria ambiente, di cui alla direttiva 2008/50/CE, avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010.
La Corte di Giustizia si è pronunciata con sentenza il 12 maggio 2022 riconoscendo l’inadempimento dell’Italia e condannandola alle spese.
Il 30 ottobre 2020 la Commissione ha avviato la procedura di infrazione 2020/2299 invitando l'Italia a conformarsi alle prescrizioni della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa per quanto riguarda il materiale particolato (PM2,5). La Commissione afferma che i dati disponibili per l'Italia dimostrano che dal 2015 il valore limite per il PM2,5 non è stato rispettato in diverse città della valle del Po (fra cui Venezia, Padova e alcune zone nei pressi di Milano). Inoltre le misure previste dall'Italia non sono state ritenute sufficienti a mantenere il periodo di superamento il più breve possibile.
Si ricorda che al fine di contribuire alla soluzione di tali procedure, il D.L. 69/2023, il cui ddl di conversione è all’esame della Camera (C. 1322), reca due disposizioni:
Ø l’articolo 9 che modifica il codice della strada, consentendo alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di stabilire riduzioni, anche permanenti, della velocità di circolazione sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali, limitatamente ai tratti che attraversano centri abitati ovvero che sono ubicati in prossimità degli stessi, finalizzato a ridurre le emissioni inquinanti connesse ai trasporti. Si introduce, inoltre, la possibilità, per i comuni, di stabilire diversi tempi di permanenza massimi all’interno di una determinata ZTL, anche differenziati in relazione alle categorie di veicoli o utenti;
Ø l'articolo 9-bis, introdotto nel corso dell’esame in Senato, che mira a favorire la realizzazione delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria nonché di interventi di decarbonizzazione negli stabilimenti di interesse strategico nazionale;
Ø l’articolo 10 che prevede, a decorrere dal 1° ottobre 2023, il divieto di raggruppamento e abbruciamento, nel luogo di produzione, di paglia e altro materiale vegetale agricolo o forestale naturale non pericoloso (quali ad esempio gli sfalci e le potature), nelle zone delle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto in cui risultano superati i valori limite giornaliero o annuale di qualità dell’aria ambiente previsti per il PM10, limitatamente ai mesi di novembre, dicembre, gennaio, febbraio, luglio e agosto.
Come già accennato in premessa, nel corso della riunione il ministro ucraino della Tutela ambientale e delle risorse naturali Ruslan Strilets è intervenuto mediante collegamento video sul tema degli effetti sull'ambiente dell'esplosione della diga di Kakhovka.
Quindi, la Presidenza e la Commissione europea hanno aggiornato i ministri in merito alle principali riunioni internazionali svoltesi di recente:
· Comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC 80) dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) (virtuale, 3 - 7 luglio 2023), Informazioni fornite dalla Commissione;
· Seconda sessione del comitato internazionale di negoziato per elaborare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante sull'inquinamento da plastica (Parigi, 29 maggio - 2 giugno 2023) Informazioni fornite dalla Presidenza e dalla Commissione;
· Risultati della conferenza delle Nazioni Unite sull'acqua del 2023 (New York, 22-24 marzo 2023) Informazioni fornite dalla Presidenza e dalla Commissione;
· Risultato della triplice conferenza delle parti delle convenzioni di Basilea (COP 16), di Rotterdam (COP 11) e di Stoccolma (COP 11) (Ginevra, 1º - 12 maggio 2023) Informazioni fornite dalla Presidenza e dalla Commissione.
La Commissione europea ha fornito informazioni in merito a:
· un documento per l'attuazione delle aste della Banca europea dell'idrogeno come approccio "di servizio" per gli Stati membri;
· segnalazioni preventive inviate a paesi specifici ai sensi della normativa UE in materia di rifiuti (si veda infra)
L'Italia ha informato i ministri in merito alla candidatura di Roma a ospitare l'EXPO 2030.
La Francia e la Spagna hanno informato i ministri sul rafforzamento delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici.
In merito alla gestione dei rifiuti, come accennato, la Commissione europea ha fornito informazioni rispetto alle segnalazioni preventive rivolte ad alcuni Stati membri ed ha trasmesso la relazione che individua gli Stati membri che rischiano di non raggiungere gli obiettivi di:
· preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani per il 2025;
· riciclaggio dei rifiuti di imballaggio per il 2025;
· riduzione del collocamento in discarica dei rifiuti per il 2035.
Sulla base delle valutazioni dell'Agenzia europea dell'ambiente e di un riesame approfondito delle prestazioni di riciclaggio e delle politiche in materia di rifiuti nazionali , la Commissione individua:
· 18 Stati membri che rischiano di non raggiungere l'obiettivo del 55% di preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani entro il 2025 (Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria);
· 10 Stati membri che rischiano di mancare l'obiettivo del 65% di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio entro il 2025 (Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria);
· 13 Stati membri sono ancora lontani dall'obiettivo di ridurre al massimo al 10% il collocamento in discarica dei rifiuti urbani, da raggiungere entro il 2035 (Bulgaria, Cechia, Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna e Ungheria).