I dati e le informazioni della presente pubblicazione sono tratti:
- dalla banca dati online della Commissione europea in materia di infrazioni;
- dalla sezione pubblica della banca dati EUR-Infra, curata dal Dipartimento per gli affari europei della Presidenza del Consiglio dei ministri, che rappresenta l'archivio informatico nazionale delle procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia e permette la consultazione delle informazioni principali (numero di procedura, oggetto, fase della procedura, Direzione generale competente della Commissione europea, materia);
- dalle note e relazioni trasmesse dal Governo alle Camere nell'adempimento degli obblighi informativi di cui agli articoli 14 e 15 della legge n. 234 del 2012;
- dalle relazioni annuali della Commissione europea sull'applicazione del diritto dell'UE, che presentano i procedimenti di infrazione per settore e per Stato membro.
L'articolazione delle procedure di infrazione
La procedura di infrazione si articola in diverse fasi, ciascuna delle quali si conclude con una decisione formale. In via generale, si distingue tra una
fase precontenziosa, di natura amministrativa (art. 258 TFUE), e una
fase contenziosa dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE (art. 260 TFUE).
Fase precontenziosa (art. 258 TFUE): qualora la Commissione reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi derivanti dai trattati (e quindi anche dal diritto derivato dell'UE), essa anzitutto deve porre lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Ciò avviene con l'invio della cd. "
lettera di messa in mora" a cui lo Stato membro interessato deve rispondere entro un termine fissato dalla stessa Commissione, in genere
due mesi.
Il diritto di avviare la procedura spetta
esclusivamente alla Commissione europea che può decidere di agire se uno Stato membro: i) non recepisce integralmente una direttiva nel diritto nazionale entro il termine stabilito; ii) non ha applicato correttamente il diritto dell'UE. La Commissione può agire o di propria iniziativa o sulla base di una denuncia.
Se lo Stato membro
non risponde alla lettera di messa in mora nel termine indicato o fornisce
risposte non soddisfacenti, la Commissione emette un "
parere motivato" in cui ingiunge allo Stato di conformarsi al diritto dell'UE e lo sollecita a comunicare i provvedimenti disposti a tal fine entro un dato termine, in genere
due mesi.
Se lo Stato membro non provvede a conformarsi a tale parere nel termine fissato, la Commissione
può decidere di
adire la Corte di giustizia dell'UE ("
ricorso per inadempimento"), affinché questa constati, con procedimento contenzioso e in via giurisdizionale, l'infrazione oggetto del parere motivato.
Fase contenziosa (art. 260 TFUE): qualora la Corte di giustizia dell'UE, adita dalla Commissione, riconosca fondato il ricorso,
accerta l'inadempimento con
sentenza e lo Stato membro interessato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta.
Se la
Commissione ritiene che lo
Stato membro non si sia conformato alla sentenza, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, tramite l'invio di una "lettera di messa in mora",
può adire nuovamente
la Corte (senza dover emettere preliminarmente un parere motivato). In sostanza, è avviata una seconda procedura basata non più sulla violazione della norma oggetto della prima procedura, ma sulla infrazione costituita dal mancato rispetto della sentenza della Corte. In tal caso, la Commissione precisa l'importo della sanzione pecuniaria, che consideri adeguata alle circostanze e che dovrà essere versata dallo Stato membro.
La Corte, nel caso in cui riconosca che lo Stato membro non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminare il pagamento di una
sanzione (anche modificando l'importo richiesto dalla Commissione).
Oltre alla situazione sopra richiamata, la Corte può irrogare sanzioni pecuniarie quando la Commissione, nel proporre il primo ricorso per inadempimento, giudica lo Stato membro inadempiente rispetto all'obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa (ai sensi dell'articolo 260, paragrafo 3, del TFUE).
Le sanzioni applicabili possono essere costituite dal pagamento di una
somma forfettaria, mirante a sanzionare il proseguimento della violazione, nonché di una
penalità giornaliera, per spingere lo Stato membro interessato a far cessare l'infrazione al più presto dopo la pronuncia della sentenza.
Procedura d'infrazione avviata da uno Stato membro contro un altro Stato membro (art. 259 TFUE): ai sensi dell'art. 259 TFUE, ciascuno degli Stati membri, qualora reputi che un altro Stato membro abbia mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati, può
adire la Corte di giustizia. Prima di proporre ricorso deve tuttavia rivolgersi alla Commissione, la quale emette un parere motivato dopo che gli Stati interessati siano posti in condizione di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali. Qualora la Commissione non abbia formulato il parere entro tre mesi dalla domanda, lo Stato può presentare il ricorso alla Corte.
Al riguardo, si ricorda che il 14 febbraio 2024 l'Italia ha presentato alla Commissione europea una richiesta per aprire la procedura ai sensi dell'art. 259 nei confronti dell'Austria in relazione ai
divieti di circolazione al Brennero imposti dal Land del Tirolo. La Commissione, il 14 maggio 2024, ha emesso il parere motivato previsto da tale disposizione, affermando che l'Austria ha violato gli obblighi derivanti dagli articoli 34 e 35 del TFUE in materia di divieti delle restrizioni quantitative alle importazioni tra gli Stati membri. Il 26 luglio 2024, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, ha
approvato la proposizione del
ricorso nei confronti della Repubblica federale d'Austria, dinanzi alla Corte di giustizia.