La revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici 13 febbraio 2023 |
Indice |
Finalità/Motivazione|Contesto|Coerenza con il pacchetto "Pronti per il 55%"|Contenuto|L'esame presso le istituzioni UE|La posizione del Governo italiano| |
Finalità/Motivazione
Il 15 dicembre 2021 la Commissione europea ha adottato una
proposta di direttiva per la
revisione della
normativa sulla prestazione energetica degli edifici, ad integrazione del pacchetto c.d
. Fit for 55% per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, presentato nel luglio precedente.
Obiettivo principale della revisione è la
riduzione delle
emissioni di
gas a effetto serra degli edifici, al fine di ottenere un
parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050. Pertanto, la proposta si prefigge di aumentare, tramite l'introduzione di norme minime di prestazione energetica, il tasso e la profondità delle ristrutturazioni degli edifici, nonché di migliorare le informazioni in materia di prestazione energetica e la sostenibilità degli edifici.
L'atto fa seguito alla strategia "
Un'ondata di ristrutturazioni", pubblicata nell'ottobre 2020 ed è coerente con le iniziative per il contenimento dei consumi energetici successivamente presentate dalla Commissione europea con il piano
REPowerEU (18 maggio 2022).
Con la proposta viene introdotta la definizione di
"edificio a emissioni zero" ad altissima prestazione energetica, in cui la quantità molto bassa di energia consumata è interamente coperta da energia da fonti rinnovabili a livello di edificio, di quartiere o di comunità.
Gli edifici a emissioni zero dovrebbero diventare lo standard per gli
edifici di nuova costruzione, a partire
dal 2027 per quelli occupati da enti
pubblici o di proprietà di questi ultimi, e a partire
dal 2030 per tutti gli altri. Fino all'applicazione dei requisiti prescritti per gli edifici a emissioni zero, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere "almeno a energia quasi zero", come attualmente previsto nella normativa vigente.
Quanto agli
edifici esistenti, le attuali disposizioni in materia di ristrutturazioni importanti sono integrate con nuove
norme minime di prestazione energetica a livello dell'UE, in virtù delle quali:
Per conseguire questi obiettivi gli Stati membri potranno prevedere
incentivi finanziari di varia natura, anche a valere sulle risorse disponibili stabilite a livello dell'UE, quali tra l'altro il
Fondo sociale per il clima, il
dispositivo per la ripresa e la resilienza e i
fondi della politica di coesione.
La revisione della direttiva provvede, inoltre:
|
Contesto
Secondo i
dati della Commissione gli edifici sono responsabili a livello dell'UE di circa il
40% del
consumo energetico e del
36% delle
emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate al consumo di energia. I dati sono riferiti al complesso degli edifici che, secondo la relazione sullo
Stato dell'Unione dell'energia del 2021, è per il
65% ad uso residenziale. Il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti e l'acqua calda per uso domestico rappresentano l'
80% dell'energia consumata dalle famiglie. Il
35% del parco immobiliare dell'UE ha
più di 50 anni e quasi il
75% è
inefficiente dal punto di vista energetico, mentre il
tasso di ristrutturazione annua è di circa l'
1%.
Fin dalla presentazione del
Green Deal nel dicembre 2019, la Commissione si è prefissa almeno di raddoppiare il tasso di ristrutturazione annuo degli immobili entro il 2030 a fini di
efficientamento energetico.
L'
Agenzia europea dell'Ambiente sottolinea in un rapporto del 2021 che
le emissioni di gas serra del settore edilizio dell'UE registrano dal 2005 una tendenza alla diminuzione grazie all'introduzione di standard più elevati per i nuovi edifici, misure per l'efficientamento energetico (ad esempio attraverso sistemi di riscaldamento e isolamento termico più efficienti) e per decarbonizzare il settore elettrico, ma anche grazie a temperature medie più elevate. Le riduzioni appaiono comunque in parte compensate dall'aumento delle abitazioni e da una maggiore metratura media degli immobili. Si segnala che il settore dovrebbe ridurre le proprie emissioni del
60% per raggiungere l'obiettivo di riduzione complessiva di almeno il 55% entro il 2030, come previsto dalla
Comunicazione sull'ondata di ristrutturazioni.
Nel grafico che segue sono illustrate le
emissioni derivanti dai consumi degli immobili nell'UE. In
giallo vengono indicate le emissioni prodotte dal consumo di combustibili fossili e in
blu quelle prodotte da elettricità e riscaldamento. Di fianco, due traiettorie indicano le riduzioni attese con le misure esistenti (linea blu) e con le misure addizionali previste (linea grigia).
Emissioni di gas ad effetto serra derivanti dall'uso di energia negli edifici nell'UE
Fonte:
Agenzia europea per l'Ambiente
, 2021
Il grafico seguente, tratto dallo stesso rapporto, registra la
riduzione percentuale nei singoli
Stati membri tra il 2005 e il 2019. In questo periodo le
emissioni degli edifici in
Italia si sono
ridotte del 16% e le proiezioni fino al 2030 prospettano un'ulteriore riduzione del 12% con le misure esistenti e del 24% con misure addizionali. La
Germania ha registrato una riduzione del
19%, la
Francia del 32% e la
Spagna del
16%.
Emissioni di gas ad effetto serra derivanti dall'uso di energia negli edifici negli Stati membri dell'UE (2005-2019) e prospettive di riduzione entro il 2030
Fonte:
Agenzia europea per l'Ambiente
, 2021
Secondo la relazione sulla
valutazione d'impatto che accompagna la proposta in esame, ogni anno in Europa vengono costruiti circa
85 milioni di mq di
edifici residenziali e
40 milioni di mq di
edifici di servizio, ma i requisiti fissati dalla direttiva vigente sulla prestazione energetica degli edifici non sarebbero sufficienti a garantire che i nuovi immobili siano pienamente "decarbonizzati" o pronti per la neutralità climatica. Da qui, dunque, sorge l'esigenza di rivedere la normativa.
Nella stessa
valutazione d'impatto si sottolinea che l'attuale livello dei tassi di ristrutturazione annui registra una prevalenza di interventi di ristrutturazione edilizia "leggeri" con un limitato impatto sotto il profilo del risparmio energetico primario, senza prevedere interventi di ristrutturazione più profondi e strutturali. Secondo i dati della Commissione europea, solo una quota residuale degli interventi edilizi mira a realizzare
ristrutturazioni energetiche medie e profonde, che consentono un
risparmio di energia primaria di oltre il 40% e il 60%. Il grafico che segue illustra i
risparmi energetici corrispondenti al tipo di ristrutturazione edilizia effettuato.
Tasso annuale di ristrutturazioni e risparmio energetico
(Fonte: Commissione europea)
Nella prospettiva della Commissione, gli investimenti nella riqualificazione energetica dovrebbero costituire anche
un'opportunità per l'economia e in particolare
per il settore edile, che rappresenta circa il
9% del
PIL europeo ed impiega
25 milioni di posti di lavoro, in circa
5 milioni di imprese, in prevalenza PMI.
|
Coerenza con il pacchetto "Pronti per il 55%"
Come accennato, la proposta di direttiva è strettamente collegata con le restanti iniziative legislative del pacchetto "Pronti per il 55%"
("Fit for 55%"), in particolar modo con la revisione delle direttive sulla promozione dell'energia da
fonti rinnovabili (
renewable energy directive - RED II) e sull'
efficienza energetica (
energy efficiency directive - EED).
La prima
proposta si prefigge di incrementare entro il 2030 la quota delle energie
rinnovabili nel sistema energetico dell'Unione, portandola ad almeno il 40% del consumo finale lordo di energia (contro il 32% attualmente previsto). Tale proposta prevede l'introduzione di un
obiettivo indicativo collettivo a
livello dell'UE di utilizzo delle
rinnovabili
negli edifici, che dovrebbe arrivare al
49% del consumo di energia finale dell'Unione, e che gli Stati membri fissino un coerente obiettivo nazionale indicativo.
La seconda
proposta è volta a innalzare l'obiettivo di risparmio energetico per il 2030 (attualmente fissato al 32,5%) portandolo a
-39% per il consumo di energia primaria e
-36% per il consumo di energia finale rispetto al 2007. Si ricorda che la proposta introduce, tra l'altro:
a) l'obbligo per gli Stati membri di
ristrutturare ogni anno almeno il
3% degli edifici pubblici per farli divenire a
"energia quasi zero";
b) obblighi di
riduzione dei consumi complessivi (-1,7% annuo)
del settore pubblico nel suo complesso (tra cui gli edifici).
Le tre proposte dovrebbero contribuire sinergicamente al conseguimento degli obiettivi di riduzione assegnati agli Stati membri dal regolamento sulla c.d.
condivisione degli sforzi (
effort sharing - ESR), anch'esso oggetto di
revisione, che disciplina le
emissioni degli edifici, oltre a quelle di altri settori. Si ricorda che, nel progetto della Commissione, le emissioni degli edifici dovrebbero essere assoggettate ad un nuovo apposito sistema di scambio di quote di emissioni, c.d. "
ETS 2", istituito
dalla riforma del sistema ETS. Tali emissioni continueranno, però, ad essere conteggiate anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali fissati dal regolamento sulla "condivisione degli sforzi".
Infine, la maggiore diffusione dei punti di ricarica negli immobili dovrebbe integrare l'
infrastruttura per i combustibili alternativi per la cui realizzazione la Commissione ha presentato una
proposta di regolamento che fissa obiettivi nazionali vincolanti.
|
Contenuto
La proposta apporta, attraverso la tecnica della rifusione modifiche sostanziali alla direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia 2010/31/UE (
directive on the energy performance of buildings - EPBD), principale strumento legislativo per la promozione del rendimento energetico degli edifici, unitamente alla direttiva EED, già modificata nel 2018 con la direttiva 2018/844/UE. In conseguenza della rifusione della direttiva esistente, il nuovo atto sostituirà e abrogherà la direttiva 2010/31/UE.
Nella relazione trasmessa alle Camere il 2 marzo 2022 ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 234 del 2012 dal Ministero per la transizione ecologica, si segnala la necessità che le proposte del pacchetto "Fit for 55" avanzino nel negoziato in modo congiunto, in modo da poter valutare e analizzare le numerose interconnessioni fra le stesse e da garantire il raggiungimento dell'obiettivo in termini di riduzione delle emissioni con politiche bilanciate, lasciando le necessarie flessibilità agli Stati membri di adottare le politiche più efficaci in termini di risultato.
Nel perseguimento di tali più ambiziosi obiettivi, la proposta modifica e amplia l'
oggetto della direttiva 2010/31/UE – attraverso l'introduzione di nuovi istituti quali le
norme minime di prestazione energetica, i
passaporti di ristrutturazione e i
piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, e la promozione di strumenti già esistenti, quali le
infrastrutture per la mobilità sostenibile e gli
edifici intelligenti –, nonché il novero delle
definizioni nella medesima contenute.
|
Definizione di "edificio a emissioni zero" (art. 2, punto 2, e allegato III)
La proposta di direttiva, come già accennato, definisce quale
edificio a emissioni zero (zero-emission building - ZEB) un "edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all'allegato I, nel quale il
fabbisogno molto basso di energia è
interamente
coperto da fonti rinnovabili generate in loco da una comunità di energia rinnovabile ai sensi della direttiva (UE) 2018/2001 o da un sistema di
teleriscaldamento e teleraffrescamento".
L'allegato I reca il quadro generale comune per il calcolo della prestazione energetica degli edifici sulla base del quale gli Stati membri applicano una metodologia, che è adottata a livello nazionale o regionale come previsto dalla normativa vigente. La prestazione energetica di un edificio è espressa in kWh (kilowattora)/(m2.a – metro quadro all'anno) da un indicatore numerico del consumo di energia primaria per unità di superficie coperta di riferimento all'anno, ai fini della certificazione della prestazione energetica e della conformità ai requisiti minimi di prestazione energetica.
Secondo le prescrizioni elencate nell'
allegato
III alla proposta, un edificio è "a zero emissioni" quando il
consumo totale annuo di energia primaria rispetta le
soglie massime, i cui valori numerici sono differenti per tre diverse tipologie di edifici (residenziali, uffici e altri edifici non residenziali) e per le quattro aree climatiche in cui è suddivisa l'UE (mediterranea, oceanica, continentale e nordica). Per gli edifici residenziali e per gli uffici la soglia massima dovrebbe essere inferiore ad un certo valore di kilowattora per metro quadrato di superficie all'anno.
Nella
zona mediterranea, in cui è ricompresa l'
Italia, affinché un edificio di nuova costruzione possa dirsi a emissioni zero, il suo
consumo totale annuo di energia non deve superare i 60kWh/(m2.a), nel caso in cui si tratti di un edificio residenziale, ovvero i
70kWh/(m2.a) laddove si tratti di uffici. Tali limiti sono fissati a un livello più alto con riferimento alle altre zone (i massimi per la zona nordica).
Oltre a fissare soglie massime, l'allegato III prevede che il
consumo totale annuo di energia primaria di un edificio a zero emissioni, nuovo o ristrutturato, debba essere
interamente coperto da energia rinnovabile in loco, da quella fornita da una comunità di energia rinnovabile, nonché dall'energia rinnovabile e dal calore di scarto provenienti da un sistema efficiente di teleriscaldamento e teleraffrescamento. Si precisa, inoltre, che il consumo totale annuo di energia primario può essere
coperto anche dall'energia proveniente dalla rete solo nei casi in cui non sia tecnicamente fattibile soddisfare i predetti requisiti e che un edificio a emissioni zero non genera emissioni in loco di carbonio da combustibili fossili.
|
Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici (art. 3)
L'articolo 3 richiede agli Stati membri di adottare, in luogo della strategia di ristrutturazione a lungo termine prevista dalla direttiva 2010/31/UE, un
piano nazionale di ristrutturazione degli edifici, la cui predisposizione passa attraverso un processo scandito da periodiche interlocuzioni tra Stati e Commissione. In particolare:
La
prima proposta di piano dovrà essere presentata alla Commissione
entro il
30 giugno 2024 e la Commissione dovrà, a sua volta, rivolgere agli Stati le proprie raccomandazioni entro i sei mesi successivi. Il
primo piano definitivo dovrà essere presentato alla Commissione
entro il 30 giugno 2025.
Il nuovo piano, a differenza della strategia di ristrutturazione a lungo termine, deve garantire la ristrutturazione del parco nazionale degli edifici esistenti nel quadro degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, nel perseguimento di un
risultato ultimo che non è più quello della loro trasformazione in edifici a energia quasi zero, bensì in
edifici a emissioni zero.
Oltre a una rassegna del parco immobiliare nazionale per tipi di edifici, epoche di costruzione e zone climatiche, fondata, se del caso, oltre che su campionamenti statistici, anche sulla banca dati nazionale degli attestati di prestazione energetica, il piano deve prevedere:
La proposta prevede che ogni Stato renda informazioni sull'
attuazione del
piano di ristrutturazione edilizia nazionale nelle
relazioni intermedie biennali che devono essere trasmesse alla Commissione europea e che dovrebbero comprendere informazioni in merito:
|
Requisiti minimi di prestazione energetica (artt. 5, 6 e 8)
All'articolo 5 la proposta modifica la disciplina che attribuisce agli Stati il compito di adottare le misure necessarie a fissare i requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici o le unità immobiliari, specificando che l'attività di
fissazione di tali requisiti venga finalizzata a raggiungere "
almeno" livelli ottimali in funzione dei costi.
I requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici, già previsti nelle versioni anteriori della direttiva, sono fissati dagli Stati membri in modo da conseguire un
equilibrio ottimale
in funzione dei costi tra gli investimenti necessari e i risparmi energetici realizzati nel ciclo di vita di un edificio.
Il livello ottimale in funzione dei costi è, secondo la definizione riportata nel paragrafo 31 dell'articolo 2, il livello di prestazione energetica che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato.
Oltre a poter decidere – come attualmente previsto dalla direttiva 2010/31/UE – di non fissare o di non applicare i requisiti in questione a determinate categorie edilizie, alla luce delle modifiche recate dalla proposta in esame gli Stati possono decidere di
adattarli agli
edifici ufficialmente protetti perché appartenenti a
determinate aree o per il loro
particolare valore architettonico o storico, nella misura in cui il rispetto di quelli possa implicare una inaccettabile alterazione del loro carattere o aspetto. Si prevede pertanto per tali edifici un
adattamento dei requisiti in luogo dell'esenzione attualmente prevista.
Ai sensi della disciplina vigente, gli Stati membri sono tenuti ad effettuare il calcolo dei livelli ottimali in funzione dei costi per i requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici e degli elementi edilizi, tra l'altro, avvalendosi di un
quadro metodologico comparativo, che la Commissione europea dovrà
rivedere
entro il 30 giugno 2026, al fine di determinare la prestazione in termini di energia e di emissioni e di tenere conto anche delle esternalità ambientali e sanitarie derivanti dal consumo energetico (art. 6 e allegato VII).
Le attuali disposizioni sulla
ristrutturazione importante, in base alle quali gli Stati membri devono adottare le misure necessarie a garantire che la
prestazione energetica degli edifici esistenti (o di loro parti) venga
migliorata per il soddisfacimento dei
requisiti minimi di prestazione energetica, sono integrate al fine di considerare anche le questioni dell'
adattamento ai cambiamenti climatici, dell'eliminazione delle sostanze pericolose tra cui l'amianto, nonché l'accessibilità per le persone con disabilità (art. 8).
Stando alla definizione contenuta all'articolo 2, paragrafo 21, della proposta, si ha una
ristrutturazione importante di un edificio quando: "a) il costo complessivo della ristrutturazione per quanto riguarda l'involucro dell'edificio o i sistemi tecnici per l'edilizia supera il 25% del valore dell'edificio, escluso il valore del terreno sul quale è situato; b) la ristrutturazione riguarda più del 25 % della superficie dell'involucro dell'edificio". Gli Stati membri possono scegliere di applicare l'opzione di cui alla lettera a) o quella di cui alla lettera b).
|
Edifici di nuova costruzione (art. 7)
In virtù delle modifiche introdotte dalla proposta in esame, gli
edifici a emissioni zero diventano lo standard per gli edifici di nuova costruzione, il
livello da conseguire mediante una ristrutturazione profonda (vale a dire trasformativa di un edificio o di una unità immobiliare) a partire
dal 2030, nonché la visione per il
parco immobiliare nel 2050. Conseguentemente, la proposta in esame interviene – abrogandolo – sull'articolo 9 della direttiva vigente, ai sensi del quale gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché, entro determinati termini, tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia
quasi zero.
In particolare, l'articolo 7 stabilisce i termini a partire dai quali gli Stati membri sono chiamati a provvedere affinché i nuovi edifici, per un verso, siano a
emissioni zero (conformemente all'allegato III) e, per l'altro, si dotino di un
attestato di prestazione energetica (APE) che indichi il
potenziale di riscaldamento globale (
Global Warming Potential - GWP)
del ciclo di vita, vale a dire l'indicatore che quantifica il contributo potenziale che un edificio dà (nell'arco del suo ciclo di vita completo) al riscaldamento globale.
Le emissioni dell'intero ciclo di vita sono particolarmente rilevanti per gli
edifici di grandi dimensioni, ai quali peranto l'obbligo di calcolarle si applica già
a decorrere dal 2027 per tali edifici.
Fino alle scadenze citate, gli Stati membri devono provvedere affinché
tutti gli edifici di nuova costruzione siano
almeno a energia quasi zero (
Nearly Zero Energy Building - nZEB) e rispettino i requisiti minimi di prestazione energetica di cui all'articolo 5. L'edificio "a energia quasi zero" resta pertanto lo standard per le nuove costruzioni fino all'applicazione dello standard edilizio a emissioni zero ed il livello da raggiungere entro il 1° gennaio 2030 tramite una ristrutturazione profonda.
Secondo la definizione contenuta dall'articolo 2, paragrafo 3, della proposta, l'
edificio a energia quasi zero è un "edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all'allegato I, che non può essere inferiore al livello ottimale in funzione dei costi per il 2023 comunicato dagli Stati membri conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, nel quale il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo è coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l'energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze".
Per quanto concerne gli edifici nuovi, la Commissione europea precisa che una r
istrutturazione profonda realizzata a fini di prestazione energetica è un'opportunità da cogliere per riuscire ad affrontare anche altre questioni, come il benessere termoigrometrico degli ambienti interni, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la
sicurezza antincendio, i
rischi connessi ad un'attività sismica intensa e
l'accessibilità
per le persone con disabilità, nonché gli assorbimenti di carbonio associati allo stoccaggio del carbonio negli o sugli edifici.
Alla
Commissione è attribuito
per un periodo di tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore della direttiva medesima il potere di adottare
atti delegati, i quali integrino la direttiva per adeguare l'allegato III al
progresso tecnologico e all'innovazione, nonché per fissare le soglie massime di prestazione energetica di cui all'allegato III agli edifici ristrutturati ed adattarle per gli edifici a zero emissioni.
|
Norme minime di prestazione energetica a livello UE (art. 9)
Dando seguito a quanto preannunciato dalla strategia in materia di ristrutturazioni, la proposta di direttiva introduce - per
incentivare la ristrutturazione degli edifici esistenti su larga scala e affrontare i principali ostacoli alla ristrutturazione -
norme minime di prestazione energetica, che dovrebbero
applicarsi agli
edifici con le prestazioni peggiori e contribuire al miglioramento del parco immobiliare nazionale, nella prospettiva di renderlo decarbonizzato entro il 2050.
Le norme in questione si basano su
classi di prestazione energetica armonizzate, che dovrebbero essere rinnovate entro la fine del 2025 (articolo 16, paragrafo 2) e in cui la nuova classe
A corrisponderebbe agli
edifici a emissioni zero, mentre
la nuova classe G corrisponderebbe al
15% degli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale.
Gli Stati membri provvedono affinché gli
edifici pubblici o non residenziali diversi da questi siano soggetti a ristrutturazione e migliorati fino a raggiungere
almeno la classe di prestazione energetica F entro l'inizio del
2027 e almeno la
classe di prestazione energetica E entro l'inizio del
2030, e che gli edifici residenziali aventi le prestazioni energetiche peggiori conseguano almeno la
classe F entro il 2030 e almeno la
classe E entro il 2033, come specificato nella seguente tabella.
Nella relazione del Governo, si evidenzia la necessità di verificare l'allineamento delle tempistiche proposte con quelle identificate a livello nazionale, in particolare per i nuovi standard per gli edifici nuovi ed esistenti e la riclassificazione delle classi di prestazione energetica.
Nella medesima relazione, inoltre, si segnala che il passaggio alle classi energetiche superiori per tutti gli edifici comporta la necessità di riqualificare energeticamente la quasi totalità di tali edifici e la mobilitazione, per gli edifici residenziali, di investimenti ingenti nel settore edilizio.
Nella
tabella di marcia contenuta nel piano nazionale di ristrutturazione, gli Stati sono tenuti ad introdurre
scadenze specifiche entro le quali gli edifici dovranno ottenere
classi di prestazione energetica superiori entro il 2040 e il 2050, in linea con il percorso di trasformazione del parco immobiliare nazionale in edifici a emissioni zero.
Oltre alle norme minime di prestazione energetica previste dalla disposizione in esame – che si concentrano sulla ristrutturazione degli edifici con le prestazioni peggiori da ristrutturare in via prioritaria - ciascuno Stato può stabilirne
ulteriori per il resto del parco immobiliare, adattate alle condizioni nazionali.
In particolare,
possono decidere di esentare dall'obbligo di applicazione delle norme minime di prestazione energetica le seguenti categorie edilizie:
È rimesso agli stessi Stati il compito di sostenere il rispetto delle norme minime di prestazione energetica attraverso la predisposizione di una serie di
misure, in conformità con quanto prevede l'articolo 15, che contemplano anzitutto il
sostegno finanziario – da rivolgersi in particolare alle famiglie vulnerabili e alle persone in condizioni di povertà energetica o che vivono in alloggi di edilizia popolare –, oltre all'
assistenza tecnica e a meccanismi di monitoraggio.
Il considerando 25) fa inoltre riferimento alla possibilità per gli Stati membri di concedere
aiuti di Stato
alla ristrutturazione di edifici, ai fini della conformità alle norme di prestazione energetica a livello dell'Unione, in particolare per conseguire una determinata classe di prestazione energetica ovvero una classe superiore alla classe minima di prestazione energetica specificata, in linea con le norme rivedute in materia di aiuti di Stato.
La disciplina in materia di
aiuti di Stato a favore del clima, dell'ambiente e dell'energia reca orientamenti per valutare la compatibilità delle misure di aiuto a favore dell'ambiente, del clima e delle politiche energetiche con il mercato interno. Tra gli altri sono stati individuati come compatibili gli aiuti: a) per la riduzione e l'eliminazione delle emissioni di gas a effetto serra, a favore delle energie rinnovabili e
dell'efficienza energetica; b) per il miglioramento delle
prestazioni energetiche e ambientali nel settore dell'edilizia. Tra gli interventi per cui possono essere concessi aiuti figurano l'installazione negli immobili di impianti integrati per la generazione di energia rinnovabile, per il suo stoccaggio o di un'infrastruttura di ricarica per i veicoli elettrici.
|
Passaporto di ristrutturazione (art. 10)
L'introduzione di un sistema di passaporti di ristrutturazione – che risponde all'esigenza di fornire ai proprietari la pianificazione di una ristrutturazione graduale dei propri edifici – deve essere operata dagli Stati membri
entro il 31 dicembre 2024, sulla base di un quadro europeo comune che la Commissione è chiamata ad istituire entro il 31 dicembre 2023.
Il passaporto, che viene rilasciato da un
esperto qualificato e certificato, previa
visita in loco:
|
Impianti e infrastrutture per la mobilità sostenibile (artt. 11 e 12)
L'articolo 11, relativo ai
sistemi tecnici per l'edilizia, introduce anzitutto, rispetto alla disciplina vigente, una chiara base giuridica per i
divieti nazionali relativi alle caldaie alimentate da combustibili fossili, consentendo agli Stati membri di stabilire
requisiti per i generatori di calore
relativi alle emissioni di gas a effetto serra o al tipo di combustibile utilizzato, a condizione, però, che essi non costituiscano un ostacolo ingiustificato al mercato.
La novella, inoltre, richiede agli Stati membri di imporre che gli
edifici a emissioni zero vengano dotati di dispositivi di
misurazione e controllo per il monitoraggio e la regolazione della
qualità dell'aria interna. Dispositivi, questi, da installarsi obbligatoriamente (ma pur sempre se l'operazione sia tecnicamente ed economicamente fattibile) anche negli
edifici esistenti laddove vengano sottoposti a una
ristrutturazione importante.
Le modifiche apportate dall'articolo 12 sono finalizzate a promuovere ulteriormente la realizzazione di
infrastrutture utili allo sviluppo della mobilità sostenibile, rafforzando i requisiti attualmente previsti, in coerenza con le altre iniziative del pacchetto "Pronti per il 55%" e, in particolare, con la proposta di regolamento sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi (COM/2021/559).
In sostanza, con riferimento sia agli edifici non residenziali che residenziali nuovi o sottoposti a ristrutturazioni importanti, la proposta rafforza la diffusione di
punti di ricarica e di posti bici, nonché l'installazione del
pre-cablaggio per ogni posto auto, al fine di creare le condizioni per una rapida installazione di punti di ricarica, se e quando necessari.
I punti di ricarica da realizzarsi nei casi descritti dalla disposizione devono essere idonei alla ricarica intelligente e, se del caso, alla ricarica bidirezionale, nonché gestiti in modo interoperabile e in base a protocolli e norme di comunicazione comuni e non discriminatori.
La normativa vigente richiama già gli Stati membri a semplificare l'installazione di punti di ricarica negli edifici – sia che siano residenziali o non residenziali, nuovi o esistenti –, eliminando gli ostacoli normativi ad essa frapposti. Per quanto specificamente attiene agli edifici residenziali con posti auto, la proposta interviene sul punto
eliminando la necessità di ottenere il
consenso del proprietario o dei comproprietari per un
punto di ricarica privato ad uso personale.
|
Predisposizione degli edifici all'intelligenza e scambio di dati (artt. 13 e 14)
L'indicatore di predisposizione degli edifici all'intelligenza (
Smart Readiness Indicator - SRI) dovrebbe misurare la capacità degli edifici di usare le tecnologie dell'informazione, della comunicazione e i sistemi elettronici per adeguarne il funzionamento alle esigenze degli occupanti e alla rete, oltre che per migliorarne l'efficienza energetica e la prestazione complessiva.
Siccome il
sistema per valutare la predisposizione all'intelligenza risulta particolarmente vantaggioso per i grandi edifici a elevata domanda di energia, la proposta in esame ne prescrive
l'applicazione – a decorrere dal 2026 – con riferimento a
edifici non residenziali con potenza nominale utile superiore a 290 kW (art. 13).
Inoltre, al fine di agevolare un mercato competitivo e innovativo dei servizi per l'edilizia intelligente che contribuisca all'utilizzo efficiente dell'energia e all'integrazione delle energie rinnovabili negli edifici e sostenga gli investimenti nella ristrutturazione, gli Stati sono chiamati a garantire alle parti interessate l'
accesso diretto ai dati relativi ai sistemi edilizi, senza che, per tale ragione, gli si possano imputare dei
costi aggiuntivi. Per evitare costi amministrativi eccessivi per i terzi, gli Stati devono, poi, agevolare la piena interoperabilità dei servizi e dello scambio di dati all'interno dell'Unione (art. 14).
|
Incentivi finanziari e barriere di mercato (art. 15)
Come già anticipato, nell'ottica di trasformare i rispettivi parchi immobiliari in edifici a emissioni zero entro il 2050, gli Stati sono tenuti a predisporre strumenti finanziari e normativi consoni a
rimuovere gli ostacoli – di natura economica e non – che si frappongono all'
esecuzione delle ristrutturazioni energetiche, in coerenza con i rispettivi piani nazionali di ristrutturazione edilizia. Allo scopo, si stabilisce che gli Stati membri, tra l'altro:
Al più tardi
dal 1º gennaio 2027, gli Stati membri
non potranno più offrire
incentivi finanziari per l'installazione di caldaie alimentate a combustibili fossili, ad eccezione di quelle selezionate per gli investimenti prima del 2027.
Quanto agli
incentivi finanziari, essi vanno destinati
in via prioritaria alle famiglie vulnerabili, alle persone in
condizioni di povertà energetica e alle persone che vivono in alloggi di edilizia popolare. Laddove tali incentivi vengano destinati ai proprietari di edifici o unità immobiliari per la ristrutturazione di edifici o unità immobiliari affittati,
gli Stati devono provvedere affinché vadano a beneficio
sia dei proprietari che dei locatari, in particolare fornendo un
sostegno locativo oppure imponendo
limiti agli aumenti dei canoni di locazione.
|
Nuove norme riguardanti l'attestato di prestazione energetica (artt. 16-19)
La proposta in esame modifica la disciplina degli attestati di prestazione energetica.
Al fine di consentire ai proprietari o ai locatari dell'edificio o dell'unità immobiliare di valutarne e raffrontarne la prestazione energetica, l'attestato deve indicare, oltre alla prestazione energetica dell'edificio, anche i valori di riferimento, quali i requisiti minimi e le norme minime di prestazione energetica, i requisiti degli edifici a energia quasi zero e di quelli a emissioni zero.
L'allegato V, introdotto dalla nuova direttiva, reca il
modello a cui gli attestati di prestazione energetica si dovranno conformare entro il
31 dicembre 2025. In base a tale modello, l'attestato dovrà specificare la classe di prestazione energetica dell'edificio su
una scala chiusa che usa solo le lettere da A a G, dove
la lettera A corrisponde
agli
edifici a emissioni zero e
la lettera G corrisponde
al 15% degli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale al momento dell'introduzione della scala.
Gli Stati membri sono chiamati ad assicurare che le restanti classi abbiano una
distribuzione uniforme della larghezza di banda degli indicatori
tra le classi di prestazione energetica. Essi devono altresì garantire che gli attestati vengano rilasciati da esperti indipendenti previa visita in loco.
Le
raccomandazioni contenute nell'attestato devono essere indirizzate, tra l'altro, verso la
riduzione delle emissioni operative di gas a effetto serra dell'edificio, salvo che quest'ultimo non sia già conforme alla pertinente norma in materia di edifici a zero emissioni, e devono fornire una
stima del risparmio energetico e della riduzione delle emissioni attesi.
La
validità massima dell'attestato viene ridotta da dieci a
cinque anni, salvo che per gli edifici con classe di prestazione energetica
A, B o C, per i quali la validità massima dell'attestato resta pari a
dieci anni.
Ai sensi dell'articolo 17 l'attestato digitale viene rilasciato, oltre che in caso di nuova costruzione, vendita o locazione ad un nuovo locatario (come attualmente previsto), anche per gli edifici di
proprietà pubblica, nonché qualora sull'edificio venga realizzata una
ristrutturazione profonda e laddove il
contratto di locazione venga
rinnovato.
Gli Stati membri devono, poi, disporre che anche gli
edifici in vendita o in locazione abbiano un
attestato di prestazione energetica e che l'indicatore e la classe di prestazione energetica siano riportati negli annunci commerciali online e offline, compresi i portali web di ricerca immobiliare. Gli Stati effettuano controlli – anche a campione – per verificare il rispetto di tali previsioni.
All'articolo 19 si dispone, infine, l'istituzione, presso ciascun Stato membro, di una
banca dati nazionale che raccolga i
dati sulla prestazione energetica degli edifici e dell'intero parco immobiliare nazionale, relativi ad attestati di prestazione energetica, ispezioni, passaporti di ristrutturazione, indicatori della predisposizione all'intelligenza. Si prevede che la banca dati sia accessibile al pubblico, nel rispetto delle norme dell'UE e nazionali sulla protezione dei dati, e che in ogni caso gli Stati membri consentano l'accesso all'attestato di prestazione energetica completo a una serie di soggetti, quali i proprietari, i locatari, i gestori degli immobili, nonché i potenziali acquirenti o locatari.
Almeno due volte all'anno, le informazioni che gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico – comprese quelle relative alla quota di edifici coperta da attestati di prestazione energetica, oltre a quelle aggregate o anonime riguardanti la prestazione energetica degli edifici interessati – vanno aggiornate. Almeno una volta all'anno, esse vanno trasferite al
L'Osservatorio europeo del parco immobiliare (BSO), avviato nel 2016, che controlla e valuta i miglioramenti in materia di efficienza energetica nell'edilizia. I risultati sono analizzati e inseriti in una banca dati, in una mappa che raffigura i dati e in schede informative.
Gli Stati membri devono fare in modo che la banca dati in esame venga resa
interoperabile e integrata con altre banche dati amministrative contenenti informazioni sugli edifici, quali il catasto nazionale e il registro digitale degli edifici.
|
Ispezioni, sistema di controllo ed esperti indipendenti (artt. 20, 22, 24)
Rispetto al
sistema di ispezioni periodiche già disciplinato dalla normativa vigente, la proposta di direttiva – oltre ad estenderlo
anche agli impianti di ventilazione e condizionamento d'aria – prevede che gli Stati istituiscano
regimi distinti per i sistemi residenziali e quelli non residenziali, potendo altresì fissare delle frequenze di ispezione diverse in funzione del tipo e della potenza nominale utile dell'impianto. In ogni caso, gli impianti devono essere ispezionati almeno ogni
cinque anni (salvo quelli con potenza nominale utile superiore a 290kW, che devono essere ispezionati almeno ogni due anni).
Oltre a stabilire che, a partire dal 2025, gli edifici residenziali nuovi e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti vengano dotati di determinate funzionalità di monitoraggio finalizzate ad ottimizzarne la gestione e il funzionamento, la proposta abbassa,
a decorrere dal 2030, a 70kW la soglia per l'installazione obbligatoria di sistemi di automazione e controllo negli edifici non residenziali.
Per garantire la qualità e l'affidabilità delle ristrutturazioni o dei nuovi lavori di costruzione è prevista, poi, l'istituzione di
regimi nazionali di ispezione o di strumenti alternativi volti a verificare che i lavori di costruzione e ristrutturazione consegnati soddisfino le prestazioni energetiche progettate e aumentino la soddisfazione e la fiducia dei cittadini. Gli Stati membri sono tenuti ad allegare al piano di ristrutturazione degli edifici di cui all'articolo 3 un'analisi sintetica dei sistemi di ispezione utilizzati e dei relativi risultati.
La direttiva inoltre contempla, a carico degli Stati membri, l'obbligo di istituire
sistemi di controllo indipendenti (eventualmente distinti) per gli attestati di prestazione energetica e i rapporti di ispezione degli impianti; controllo che, ai sensi delle modifiche introdotte dalla proposta, viene esteso anche ai passaporti di ristrutturazione e agli indicatori di predisposizione all'intelligenza. Di conseguenza, anche l'attività di certificazione, da effettuarsi ad opera di esperti indipendenti qualificati o certificati, viene estesa alla creazione dei passaporti di ristrutturazione e alla valutazione della predisposizione all'intelligenza.
|
Delega alla Commissione (art. 29)
Varie disposizioni della direttiva – quali gli articoli 6 (in merito alla definizione di un quadro metodologico comparativo per calcolare i livelli ottimali in funzione dei costi per i requisiti minimi di prestazione energetica), 7 (in relazione all'adeguamento dell'allegato III, alla fissazione e all'adattamento delle soglie massime di prestazione energetica), 10 (con riferimento all'istituzione di un quadro comune europeo per i passaporti di ristrutturazione), 13 (a proposito della prescrizione dell'applicazione del sistema comune facoltativo a livello di Unione per valutare la predisposizione degli edifici all'intelligenza) e 28 (rispetto all'adeguamento dei punti 4 e 5 dell'allegato I al progresso tecnico) – attribuiscono alla Commissione il potere di adottare
atti delegati.
In virtù di quanto previsto dall'articolo 29, il
potere in questione viene
conferito alla
Commissione per un
periodo di tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore della direttiva medesima. Viene fatto salvo, in ogni caso, il potere del Parlamento europeo e del Consiglio di
revocare la delega in ogni momento, pur senza pregiudizio per gli atti delegati già adottati. All'adozione definitiva dell'atto delegato la Commissione procede, dopo aver consultato gli esperti designati da ciascuno Stato membro, qualora il Parlamento europeo o il Consiglio
non abbiano sollevato obiezioni entro il termine di due mesi (prorogabile di altri due) dalla notifica.
|
L'esame presso le istituzioni UE |
La posizione del Consiglio
Sulla proposta il Consiglio dell'UE ha definito la propria posizione nell'ambito della procedura legislativa ordinaria, raggiungendo il 25 ottobre 2022 un
orientamento generale (si veda anche la successiva
errata corrige).
Per quanto riguarda
gli edifici nuovi, il Consiglio ha convenuto che:
Potranno essere stabilite
eccezioni per alcune tipologie di edifici (edifici storici, luoghi di culto e immobili utilizzati a scopi di difesa).
Per gli
edifici esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di introdurre
norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla
quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare per m² all'anno.
In particolare, per gli
edifici non residenziali esistenti, è stato convenuto di fissare soglie massime di prestazione energetica, basate sul consumo di energia primaria. La prima soglia fisserebbe una
linea al di sotto del consumo di energia primaria del 15% degli edifici non residenziali che presentano le prestazioni peggiori in uno Stato membro. La seconda soglia verrebbe fissata al di sotto del 25%.
È stato inoltre convenuto di portare
tutti gli edifici non residenziali al di sotto della soglia del 15% entro il 2030 e al di sotto della
soglia del 25% entro il 2034.
Le soglie sarebbero stabilite sulla base del consumo energetico del parco immobiliare nazionale al 1º gennaio 2020 e possono essere differenziate a seconda delle diverse categorie di edifici.
Per gli
edifici residenziali esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di fissare
norme minime di prestazione energetica sulla base di una traiettoria nazionale in linea con la progressiva ristrutturazione del loro parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050, come indicato nei loro
piani nazionali di ristrutturazione edilizia.
La traiettoria nazionale sarebbe espressa come
un calo del consumo medio di energia primaria dell'intero parco immobiliare residenziale durante il
periodo 2025-2050, con due punti di controllo per tenere traccia dei risultati conseguiti dagli Stati membri. In questo modo il consumo medio di energia primaria dell'intero parco immobiliare residenziale dovrebbe equivalere almeno:
Il Consiglio ha poi convenuto di aggiungere agli attestati di prestazione energetica una
nuova categoria "A0" che corrisponde agli edifici a emissioni zero.
Gli Stati membri potranno inoltre aggiungere una
nuova categoria "A+" per gli edifici che, oltre a essere a emissioni zero, offrono un
contributo alla rete energetica da rinnovabili in loco.
L'attestato di prestazione energetica per gli edifici, introdotto dalla precedente direttiva, classifica gli edifici in base alla loro prestazione energetica su una scala da A (le migliori prestazioni) a G (le prestazioni peggiori).
È stato inoltre convenuto di fissare requisiti che garantiscano che tutti i nuovi edifici siano progettati per ottimizzare il loro potenziale di produzione di energia solare.
Impianti solari dovrebbero essere installati:
Il Consiglio ha concordato infine:
|
L'esame del Parlamento europeo
Presso il Parlamento europeo, l'atto è stato esaminato dalla Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (ITRE) che si è pronunciata il 9 febbraio 2023. La discussione in plenaria dovrebbe avere luogo indicativamente nella seduta del 13 marzo 2023.
Secondo gli
emendamenti votati in Commissione ITRE, tutti i
nuovi edifici dovrebbero essere a emissioni zero dal 2028, mentre i
nuovi edifici pubblici dal 2026 (la Commissione ha proposto rispettivamente il
2030 e il 2027).
Entro
il 2028 tutti i
nuovi edifici dovrebbero essere dotati, ove tecnicamente possibile, di tecnologie solari, mentre gli
edifici residenziali in fase di ristrutturazione avrebbero tempo fino al
2032 per conformarsi. Gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere almeno la
classe di prestazione energetica E entro il 2030 e
D entro il 2033. Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro
il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto di raggiungere le classi F ed E).
Nel testo della Commissione ITRE sono confermate le
esenzioni per alcune categorie di edifici (monumenti, immobili di particolare valore storico o architettonico, luoghi di culto, alloggi pubblici sociali e si sottolinea l'urgenza di
abbandonare progressivamente i combustibili fossili (ad esempio eliminando gli incentivi per caldaie basate su questa tecnologia già dal 2024) fino a metterli al bando entro il
2035.
|
La posizione del Governo italiano
Il
Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha espresso, in diversi interventi pubblici, una sostanziale
soddisfazione per
l'orientamento generale definito dal Consiglio in vista del negoziato, sopra illustrato.
Ha in via preliminare sottolineato il successo della strategia seguita dal Governo che ha pragmaticamente sostenuto in seno al Consiglio "una
soluzione di mediazione sugli
standard minimi di prestazione che alcuni paesi volevano più stringenti" e che definisce "un
equilibrio tra ambizione e fattibilità". A suo avviso "l'alternativa sarebbe stata rimanere sull'Aventino e subire decisioni altrui che ci avrebbero solo danneggiato".
In merito ai contenuti dell'orientamento generale, ha osservato che in base ad esso, rispetto alla proposta originaria della Commissione:
Il
Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, il 18 gennaio scorso, in occasione della risposta alla
interrogazione a risposta immediata in assemblea (
question time) dell'on. Riccardo Molinari, ha assicurato che il Governo porrà in essere tutte le iniziative necessarie affinché il testo finale della
direttiva sia
compatibile con la
peculiarità del patrimonio edilizio italiano e tale da consentire la sua graduale riqualificazione contribuendo ad aumentarne il valore. Gli oneri finanziari legati agli interventi richiesti dalla proposta dovrebbero, secondo il Ministro, essere mitigati da un
quadro di incentivi predisposto dagli Stati membri
con il sostegno dell'UE.
|