Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Lo Stato di diritto e l'ordinamento giuridico dell'Unione europea
Serie: Documentazione per le Commissioni - Attività dell'Unione europea   Numero: 11
Data: 23/11/2022
Organi della Camera: I Affari costituzionali, XIV Unione Europea, II Giustizia


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Lo Stato di diritto e l'ordinamento giuridico dell'Unione europea

23 novembre 2022


Indice

|La tutela dello Stato di diritto nell'ordinamento dell'UE|Il regolamento sulle condizionalità in materia di Stato di diritto - Il procedimento a carico dell'Ungheria|Lo Stato di diritto e il Consiglio d'Europa|Altre iniziative|


Lo Stato di diritto è uno dei principi alla base degli ordinamenti costituzionali degli Stati membri dell'UE e del Consiglio d'Europa.
Il principio è richiamato tra i valori fondanti l'UE nell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea. In particolare, ai sensi di tale disposizione, l'Unione europea si fonda su valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze; questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.
Il riferimento allo Stato di diritto compare per la prima volta nel preambolo del Trattato di Maastricht del 1992. Il trattato di Amsterdam faceva riferimento allo Stato di diritto all'articolo 6, paragrafo 1, sostanzialmente negli stessi termini dell'attuale articolo 2 del TUE. Si ricorda che anche il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni unite (1948) fa riferimento allo Stato di diritto pur non precisandone la definizione.
In precedenza la Corte di giustizia dell'UE, con la sentenza del 1986 nella causa "Les Verts", aveva qualificato l'UE come Unione di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue Istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal Trattato ( Causa 294/83, "Les Verts"/Parlamento europeo).
 La giurisprudenza della Corte considera lo Stato di diritto fonte di principi applicabili nell'ordinamento giuridico dell'Unione che possono essere fatti pienamente valere dinanzi a un organo giurisdizionale. Tali principi generali discendono dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri:
  1. principio di legalità, che sostanzialmente implica che il processo legislativo sia trasparente, responsabile, democratico e pluralistico;
    La Corte ha definito quello di legalità come principio fondamentale dell'Unione affermando, tra l'altro, che  in una comunità di diritto, il rispetto della legalità deve essere garantito pienamente" (Causa C-496/99 P, Commissione/CAS Succhi di Frutta).
  2. certezza del diritto, che impone, tra l'altro, chiarezza e prevedibilità delle norme, le quali non possono essere modificate retroattivamente;
    La Corte ha, da un lato, sottolineato l'importanza della tutela del legittimo affidamento le norme debbono presentare caratteri di chiarezza e prevedibilità per gli amministrati, dall'altro, precisato che il principio della certezza del diritto osta a che l' efficacia nel tempo di un atto dell'Unione decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione e che solo eccezionalmente può derogarsi a tale principio, ove lo imponga l'obiettivo da realizzare e ove sia debitamente tutelato il legittimo affidamento degli interessati ( Cause riunite 212 - 217/80, Amministrazione delle finanze dello Stato/Salumi).
  3. divieto di arbitrarietà del potere esecutivo;
    La Corte di giustizia ha stabilito che gli interventi dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di ogni persona, sia fisica che giuridica, devono essere fondati sulla legge ed essere giustificati dai motivi in essa contemplati. L'esigenza di protezione, pur con modalità diverse, nei confronti di interventi arbitrari o sproporzionati dev'essere ammessa come un principio generale del diritto dell'Unione ( Cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione).
  4. controllo giurisdizionale indipendente ed effettivo, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali;
    La Corte ha ribadito che l'UE è un'Unione di diritto, nel senso che le sue istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti, segnatamente, ai Trattati, ai principi generali del diritto nonché ai diritti fondamentali". In particolare, i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti loro dall'ordinamento giuridico dell'Unione. Il diritto alla tutela fa parte dei principi giuridici generali che derivano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ed è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà (CEDU) ( Causa C-583/11 P, Inuit Tapiriit Kanatami e altri/Parlamento e Consiglio; causa C-550/09, E e F). La Corte ha precisato che il principio generale di diritto dell'UE secondo cui ogni persona ha diritto a un processo equo, che si ispira all'art. 6 della CEDU, comporta il diritto a un tribunale indipendente, in particolare dal potere esecutivo ( Cause riunite C-174/98 P e C-189/98 P, Paesi Bassi e van der Wal/Commissione).Il principio della separazione dei poteri, strumento di garanzia del rispetto del principio dello Stato di diritto, può assumere forme diverse data la varietà dei modelli parlamentari e il diverso grado di applicazione del principio a livello nazionale. La Corte ha fatto riferimento alla separazione operativa dei poteri e al conseguente controllo giurisdizionale indipendente ed effettivo rilevando che il diritto dell'Unione non osta a che uno Stato membro sia al contempo legislatore, amministratore e giudice, purché tali funzioni siano esercitate nel rispetto del principio della separazione dei poteri che caratterizza il funzionamento di uno Stato di diritto ( Causa C-279/09 DEB).
  5. uguaglianza davanti alla legge;
    La Corte ha sottolineato la rilevanza della parità di trattamento quale principio generale del diritto dell'Unione, sancito dagli artt. 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ( Causa C-550/07 P, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione).
 
La tenuta dello Stato di diritto è inoltre considerata precondizione essenziale per il funzionamento dell'ordinamento europeo nel suo complesso, tra l'altro, con riferimento a: 
  • l'esercizio dei diritti e delle libertà garantiti dalla Carta europea dei diritti fondamentali;
  • l'attuazione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell'UE;
  • il funzionamento del mercato interno;
  • l'impiego delle dotazioni di bilancio UE in conformità delle corrispondenti norme di utilizzo ( vedi infra il regolamento sulle condizionalità di bilancio).

La tutela dello Stato di diritto nell'ordinamento dell'UE


La procedura ex articolo 7 del Trattato sull'Unione europea

Il Trattato sull'Unione europea predispone, all'articolo 7, uno strumento specifico volto a garantire il rispetto da parte degli Stati membri dei valori fondanti dell'UE, tra i quali il principio dello Stato di diritto e i diritti fondamentali. La disposizione contempla, in particolare, due meccanismi, uno a carattere preventivo, in caso di chiaro rischio di violazione di tali valori UE, e uno di tipo sanzionatorio, se la violazione si considera avvenuta.
In particolare, su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio (dei Ministri dell'UE), deliberando la maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave dei valori di cui all'articolo 2 da parte di uno Stato membro. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura. Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi (articolo 7, paragrafo 1).
Il Consiglio europeo, deliberando all' unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare l'esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei citati valori, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni (articolo 7, paragrafo 2).
Qualora sia stata effettuata la constatazione da parte del Consiglio europeo di cui al paragrafo 2, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall'applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del Governo di tale Stato membro in seno al Consiglio. Nell'agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche. Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai Trattati (articolo 7, paragrafo 3).
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può successivamente decidere di modificare o revocare le misure adottate a norma del paragrafo 3, per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione (articolo 7, paragrafo 4).
Le prime esperienze relative all'avvio di tale procedura riguardano i casi relativi alla Polonia e all'Ungheria, i cui procedimenti sono stati instaurati rispettivamente dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo. Tuttavia entrambe le procedure non hanno registrato progressi oltre la fase istruttoria, nel corso della quale si sono tenute audizioni delle autorità dei rispettivi Stati membri.  Al riguardo, si ricorda che il Parlamento europeo ha ripetutamente invitato il Consiglio dell'UE a portare avanti le procedure ex articolo 7.
Da ultimo. con una risoluzione del 18 marzo 2022 il Parlamento europeo si è altresì rammaricato dell' incapacità del Consiglio di compiere progressi significativi nel far rispettare i valori dell'Unione nelle procedure in corso ai sensi dell'articolo 7 in risposta alle minacce ai valori comuni europei in Polonia e Ungheria. Il Parlamento europeo ha altresì sottolineato l'incapacità del Consiglio di applicare efficacemente l'articolo 7 TUE, la quale continua a compromettere l'integrità dei valori comuni europei, la fiducia reciproca e la credibilità dell'Unione nel suo complesso. Gli eurodeputati hanno, infine, esortato le future Presidenze a tenere audizioni a cadenza regolare e invitato il Consiglio a rivolgere raccomandazioni concrete agli Stati membri in questione, stabilendone i relativi termini per l'attuazione .

Le procedure di infrazione

Il secondo strumento generale di reazione dell'Unione europea al mancato rispetto da parte di uno Stato membro del principio del Stato di diritto (e dei diritti fondamentali) è rappresentato dalla procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea per violazione del diritto dell'UE.
La procedura d'infrazione è avviata (con lettera di costituzione in mora) nei confronti di uno Stato membro quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma europea. La violazione può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionali che risultano con essa incompatibile. Circa il procedimento, si distinguono una fase precontenziosa (che oltre alla messa in mora può contemplare un parere motivato da parte della Commissione europea) di natura amministrativa (art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), e una fase contenziosa dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE (art. 260 del TFUE). Se la Corte di giustizia dell'UE accerta l'inadempimento con sentenza di condanna, lo Stato membro deve adottare le misure necessarie per conformarsi alla sentenza, ponendo fine all'infrazione. Ove la Commissione europea ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può adire nuovamente la Corte. In tal caso, la Commissione europea precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze. La Corte, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una sanzione (anche modificando l'importo richiesto dalla Commissione).
 
A partire dal 2019 (si veda in particolare la comunicazione "Rafforzare lo Stato di diritto – Programma di azione, esaminata, tra l'altro, il 6 novembre 2019 dalle Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia della Camera dei deputati) la Commissione europea ha proposto l 'impiego strategico delle procedure di infrazione e in generale un maggiore coinvolgimento dell'azione della Corte di giustizia dell'UE ove i rimedi nazionali non siano in grado di contrastare le violazioni verificatesi negli Stati membri. Nella prospettiva della Commissione viene altresì valorizzato il ruolo dei giudici nazionali, quale primo livello di monitoraggio sulla tenuta dei valori citati, funzione essenziale in vista del successivo coinvolgimento della Corte di giustizia dell'UE (tramite  il rinvio a tale organismo giurisdizionale delle cosiddette questioni pregiudiziali di interpretazione del diritto dell'UE) laddove si siano verificate violazioni dello Stato di diritto che si traducano anche in pregiudizio per l'attuazione dell'ordinamento europeo. In tal senso si inquadrano.
Il nuovo approccio ha avuto un riscontro concreto con l'avvio di una serie di procedure di infrazione, tra l'altro, nei confronti della Polonia nel settore della politica di giustizia.
Il 3 aprile 2019 la Commissione ha avviato la prima procedura d'infrazione contro la Polonia, ritenendo che il nuovo regime disciplinare dei giudici compromettesse l'indipendenza giudiziaria dei giudici polacchi e non offrisse le necessarie garanzie per tutelarli dal controllo politico, come richiesto dalla Corte di giustizia dell'UE. Il 15 luglio 2021 la Corte di giustizia, nella sua pronuncia nella causa C-791/19, ha stabilito che il regime disciplinare applicabile ai giudici in Polonia non è compatibile con il diritto dell'UE.
Successivamente, il 29 aprile 2020 la Commissione ha avviato una seconda procedura d'infrazione nei confronti della legge polacca del 2019 di modifica di una serie di atti legislativi che disciplinano il funzionamento del sistema giudiziario in Polonia. Il 31 marzo 2021 la Commissione ha deciso di deferire la Polonia alla Corte di giustizia e ha chiesto misure provvisorie ( C-204/21). Nel contesto di tale causa la Corte di giustizia, con ordinanza del 14 luglio 2021, in attesa della definizione nel merito del giudizio, ha ingiunto la sospensione delle disposizioni relative alla Camera disciplinare della Corte suprema. La Commissione ha quindi deciso di chiedere alla Corte di giustizia di applicare sanzioni pecuniarie alla Polonia al fine di garantire l'esecuzione dell'ordinanza della Corte relativa ai provvedimenti provvisori. Con ordinanza del 27 ottobre 2021, la Corte di giustizia ha condannato la Polonia a pagare una sanzione di un milione di euro al giorno per non aver sospeso le disposizioni relative alla Camera disciplinare della Corte suprema.
Infine, il 22 dicembre 2021 la Commissione europea ha deciso di avviare un' ulteriore procedura d'infrazione contro la Polonia a causa delle gravi preoccupazioni suscitate dal Tribunale costituzionale polacco e dalla sua recente giurisprudenza. Il Tribunale costituzionale, nelle sue sentenze del 14 luglio 2021 e del 7 ottobre 2021, ha infatti ritenuto le disposizioni dei Trattati dell'UE incompatibili con la Costituzione polacca, contestando espressamente il primato del diritto dell'UE.

I dialoghi sullo Stato di diritto nell'ambito del Consiglio dell'UE

A partire dal 2014 il Consiglio ha instaurato i dialoghi annuali sullo Stato di diritto, concretamente una serie di riunioni del Consiglio dell'UE Affari generali nelle quali sono stati approfonditi aspetti generali della materia dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Nel novembre 2016, taluni Stati membri, tra i quali anche l' Italia, hanno proposto il rafforzamento di tali dialoghi, mediante la trasformazione della discussione in sede di Consiglio Affari generali in un esercizio periodico di valutazione inter pares tra Stati membri secondo l'approccio peer review .
Nel solco di tale iniziativa, a partire dal Consiglio dell'UE affari generali del 17 novembre 2020 i dialoghi semestrali sullo Stato di diritto si sono concentrati di volta in volta sulla situazione specifica di gruppi di 5 Stati membri. In particolare, sono stati approfonditi gli sviluppi dello Stato di diritto nei seguenti Paesi: Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca ed Estonia (17 novembre 2020; Germania, Irlanda, Grecia, Spagna e Francia (20 aprile 2021); Croazia, Italia, Cipro, Lettonia e Lituania (23 novembre 2021); Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi e in Austria (12 aprile 2022). I Dialoghi sono attualmente introdotti dalla Commissione europea in base alla sua Relazione annuale sullo Stato di diritto con particolare riguardo ai capitoli per Paese ( vedi infra).
Da ultimo il Consiglio Affari Generali del 18 ottobre 2022 ha discusso i capitoli dell'ultima Relazione sullo Stato di diritto che riguardano la Polonia, il Portogallo, la Romania, la Slovenia e la Svezia.

La Relazione annuale sullo Stato di diritto

Dando seguito a una delle priorità individuate nel programma 2019-2024, la Commissione europea ha predisposto il meccanismo per lo Stato di diritto, una procedura di dialogo annuale tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, insieme agli Stati membri, ai Parlamenti nazionali, alla società civile e ad altre parti interessate, sullo Stato di diritto. Il ciclo annuale inizia con la relazione sullo Stato di diritto predisposta dalla Commissione europea, anche grazie ai contributi degli Stati membri. Il documento si basa su una varietà di fonti, comprese visite specifiche nei singoli Paesi. Oltre alle autorità nazionali sono coinvolti, organismi indipendenti e parti interessate, anche della società civile.
La relazione sullo Stato di diritto monitora i principali sviluppi in questo campo, nei singoli Stati membri, passando in rassegna quattro pilastri: il sistema giudiziario, il quadro anticorruzione, il pluralismo dei media e altre questioni istituzionali relative al sistema di bilanciamento dei poteri.
L'analisi del primo argomento, trattandosi in sostanza della valutazione dell'efficacia e dell'indipendenza del potere giudiziario negli Stati membri (con incidenza diretta sull'effettiva separazione dei poteri dello Stato), poggia, tra l'altro, sui dati raccolti periodicamente nel Justice scoreboard, relazione comparativa dello stato della giustizia negli Stati membri presentato annualmente dalla Commissione europea.
La relazione sullo Stato di diritto si articola in due parti:

  • una sezione dedicata a tendenze trasversali, comprese eventuali vulnerabilità sistemiche, nonché alle best practise più significative;
  • singoli capitoli per ciascun Paese dell'UE, nei quali si approfondisce la condizione dello Stato di diritto nei quattro settori citati.
 
La Commissione ha presentato la prima Relazione sullo Stato di diritto il 30 settembre 2020. Il follow up della Relazione si è concretizzato principalmente con il successivo svolgimento della Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo (La prima relazione annuale della Commissione sullo Stato di diritto e il ruolo dei Parlamenti nazionali).
Si segnala che sin dal 2016 il Parlamento europeo aveva parallelamente chiesto uno strumento globale e preventivo in materia di Stato di diritto, che operasse quale meccanismo in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali; tale posizione è stata successivamente  rafforzata con la risoluzione del Parlamento del 7 ottobre 2020 sull'istituzione di un meccanismo su democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali dell'UE, basato su un accordo interistituzionale tra il Parlamento, il Consiglio dell'UE  e la Commissione. Il meccanismo presenta profili simili ma non sovrapponibili al ciclo instaurato dalla Commissione europea. Il Parlamento europeo ha più volte chiesto che in esito al ciclo fossero prevista l'adozione di raccomandazioni volte sanare la situazione di violazione del principio. La Commissione europea si è successivamente conformata a tale proposta ( vedi infra la terza relazione).
 
Con la pubblicazione della Relazione 2021 la Commissione europea ha avviato il secondo ciclo annuale sulla situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea. Il documento, articolato come il precedente in una parte generale e in capitoli specifici per Paese e concentrato sugli stessi quattro parametri di valutazione, ha tra l'altro affrontato il tema dei riflessi della pandemia di COVID-19 sullo Stato di diritto. In particolare, la Commissione ha analizzato i principali provvedimenti di emergenza adottati dagli Stati membri, valutando se le misure fossero limitate nel tempo e giustificate in termini di necessità e proporzionalità, nonché la portata del controllo permanente esercitato dai Parlamenti e dagli organi giurisdizionali, oltre che la base giuridica delle misure.
Sulla relazione, il 3 novembre 2021, le Commissioni riunite Affari costituzionali, Giustizia e Politiche Ue di Camera e Senato hanno svolto l' audizione del Commissario europeo per la giustizia, Didier Reynders.
La Relazione è stata altresì al centro della discussione nell'ambito della Riunione interparlamentare della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo "La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea" del 9 dicembre 2021.
 
La terza Relazione, presentata dalla Commissione il 13 luglio 2022, come preannunciato dalla Presidente von der Leyen nel discorso sullo stato dell'Unione 2021 contiene per la prima volta anche raccomandazioni mirate per ciascuno Stato membro, volte a  incoraggiare gli Stati membri a portare avanti le riforme già avviate o previste e ad aiutarli a individuare gli ambiti in cui sono necessari miglioramenti.
La relazione del 2022 fa il punto sulle sfide individuate nelle edizioni precedenti, approfondisce la valutazione della Commissione e contiene osservazioni anche in merito a questioni quali i media del servizio pubblico, l'uso di spyware o l'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Le prime raccomandazioni all'Italia in materia di Stato di diritto   
Oltre a ricordare gli impegni assunti nell'ambito del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR) in relazione ad alcuni aspetti del sistema giudiziario e del quadro anticorruzione, con la terza relazione sullo Stato di diritto la Commissione europea raccomanda all'Italia di:
  • proseguire gli sforzi volti a migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione del sistema giudiziario, in particolare nelle sedi penali e nelle procure;
  • proseguire azioni efficaci a livello di polizia e di procura contro la corruzione ad alto livello, anche aumentando la digitalizzazione e l'interconnessione dei registri;
  • adottare norme complessive sui conflitti di interessi e regolamentare il lobbying;
  • istituire un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi;
  • affrontare efficacemente la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne;
  • introdurre garanzie legislative e di altro tipo per riformare il regime della diffamazione e la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti;
  • intensificare gli sforzi per costituire un' istituzione nazionale per i diritti umani.

Le prospettive di riforma nell'ambito di alcune materie trattate nella Relazione

Parallelamente alle iniziative in materia di tutela di Stato di diritto, la Commissione europea sta seguendo l'attuazione di un piano d'azione per la democrazia europea (presentato il 2 dicembre 2020), articolato in tre settori di intervento il cui assetto ha un'incidenza diretta sulla situazione dello Stato di diritto nei Paesi UE: la promozione di elezioni libere e regolari; il rafforzamento della libertà dei media; il contrasto alla disinformazione. In tale contesto devono inserirsi le seguenti iniziative:
  • una normativa volta a garantire una  maggiore trasparenza nel campo dei contenuti politici sponsorizzati ("propaganda politica");
  • sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi (azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica cosiddette - SLAPP strategic lawsuit against public participation);
  • una nuova serie di norme in forma di regolamento per proteggere il pluralismo e l'indipendenza dei media nell'UE ( media freedom act), comprensivo dell'istituzione di un comitato europeo per i servizi dei media indipendente, costituito dalle autorità nazionali di regolamentazione del settore;
  • il codice rafforzato di buone pratiche sulla disinformazione.

Il regolamento sulle condizionalità in materia di Stato di diritto - Il procedimento a carico dell'Ungheria

A partire dal 2021, il bilancio dell'Unione dispone di un nuovo strumento di protezione nei casi in cui le violazioni dei principi dello Stato di diritto incidano o rischino di ledere gli interessi finanziari dell'UE. In vigore dal gennaio 2021,  il nuovo regime consiste nel " regolamento sulla condizionalità".
La disciplina applica la seguente definizione di «Stato di diritto»: il valore dell'Unione sancito nell'articolo 2 TUE in cui rientrano i seguenti principi:
  • legalità, in base alla quale il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico;
  • certezza del diritto;
  • divieto di arbitrarietà del potere esecutivo;
  • tutela giurisdizionale effettiva, compreso l'accesso alla giustizia, da parte di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali, anche per quanto riguarda i diritti fondamentali;
  • separazione dei poteri;
  • non-discriminazione e uguaglianza di fronte alla legge.
Lo Stato di diritto è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell'Unione sanciti nell'articolo 2 TUE.
 
In forza della normativa l'UE può procedere alla sospensione dei pagamenti o alle rettifiche finanziarie per proteggere il proprio bilancio.  Nello specifico la Commissione propone misure adeguate e proporzionate al Consiglio nel caso in cui violazioni dello Stato di diritto in un determinato Stato membro minaccino gli interessi finanziari dell'UE; è il Consiglio ad adottare una decisione definitiva sulla proposta di tali misure.
In ogni caso, i destinatari finali e i beneficiari dei finanziamenti dell'Unione conservano il diritto di ricevere i pagamenti. A tal fine, è opportuno che gli Stati membri interessati continuino a effettuare tali pagamenti.
Si ricorda che l'Ungheria e la Polonia avevano proposto ciascuna un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia chiedendo l'annullamento del nuovo regime, contestando profili relativi, tra l'altro, alla base giuridica adeguata nei Trattati UE, al superamento dei limiti delle competenze dell'Unione, e violazione del principio della certezza del diritto.
Con sentenze nelle cause C-156/21 Ungheria/Parlamento e Consiglio e C-157/21 Polonia/Parlamento e Consiglio Corte ha respinto i ricorsi proposti dall'Ungheria e dalla Polonia nel loro complesso.
Per chiarire il funzionamento del regolamento sulla condizionalità, il 2 marzo 2022 la Commissione ha predisposto orientamenti (che tengono conto delle sentenze citate) in base ai quali applicare regolamento sulla condizionalità, compreso il modo in cui sono tutelati i diritti dei destinatari finali e dei beneficiari dei finanziamenti dell'UE.

La prima applicazione

Il 18 settembre 2022 la Commissione europea ha proposto al Consiglio una decisione di esecuzione recante le seguenti misure in materia di bilancio dell'UE nei confronti dell'Ungheria nell'ambito del regolamento sulle condizionalità:
  • una sospensione del 65 per cento degli impegni per tre programmi operativi nell'ambito della politica di coesione;
  • il divieto di assumere impegni legali con i fondi di interesse pubblico per programmi attuati in gestione diretta e indiretta.
La nuova procedura a carico dell'Ungheria è stata formalmente avviata il 27 aprile 2022, mediante una lettera nella quale è stata notificata all'Ungheria una serie di questioni concernenti: il sistema degli appalti pubblici, comprese irregolarità sistemiche, carenze e debolezze nelle procedure; un alto tasso di procedura con un'unica offerta e bassa intensità di concorrenza; questioni relative all'uso degli accordi quadro; problemi nella rilevazione, prevenzione e correzione dei conflitti di interesse; preoccupazioni relative all'uso dei fondi dell'Unione da parte di trust di interesse pubblico.
Secondo la Commissione europea tali violazioni costituiscono violazioni dello Stato di diritto, con particolare riguardo ai principi di certezza del diritto e del divieto di arbitrarietà dei poteri esecutivi, sollevando preoccupazioni anche in merito al principio della separazione dei poteri. Con la stessa notifica sono state, tra l'altro, sottolineate anche problematiche per quanto riguarda le indagini e il perseguimento di attività criminali, l'organizzazione delle procure e l'assenza di un quadro anticorruzione. La Commissione europea ha pertanto concluso che tali violazioni incidono o rischiano seriamente di pregiudicare gli interessi finanziari dell'UE, e che altri strumenti procedurali previsti dall'ordinamento europeo non sono in grado di proteggerli più efficacemente del regolamento sulle condizionalità.
Nell'ambito della nuova procedura l'Ungheria ha risposto fornendo una serie di chiarimenti e proponendo misure correttive per sciogliere le preoccupazioni della Commissione europea. La Commissione ha valutato la risposta ungherese, esaminando in particolare se le misure correttive rispondano adeguatamente alle questioni notificate. La Commissione ha infine precisato che affinché le misure possano essere considerate adeguate, dovrebbero porre fine alle violazioni dei principi dello Stato di diritto e/o ai rischi che creano per il bilancio dell'UE e gli interessi finanziari dell'Unione.
Il Consiglio dispone di un mese per decidere se adottare tali misure, a maggioranza qualificata. Tale periodo può essere prorogato di un massimo di altri due mesi in circostanze eccezionali. In tal senso, il 13 ottobre 2022, il Consiglio ha deciso di prorogare il termine per deliberare fino al 19 dicembre 2022 per disporre di tempo sufficiente per analizzare adeguatamente l'adozione e l'effettiva attuazione delle misure correttive proposte dalle autorità ungheresi.

Lo Stato di diritto e il Consiglio d'Europa

I principi consolidati nell'ordinamento dell'UE in materia di Stato di diritto trovano corrispondenza anche a livello di Consiglio d'Europa.
Il Consiglio d'Europa è un'organizzazione internazionale, con sede a Strasburgo, che riunisce 46 paesi democratici europei. La sua missione è quella di promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa.
La Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 nell'ambito del Consiglio d'Europa, impegna gli Stati aderenti a rispettare, nei confronti dei soggetti che ricadono nella loro giurisdizione, i diritti in essa enunciati, e a consentire (ove tali diritti siano violati) di adire la Corte all'uopo istituita. La corte EDU è un organo giudiziario permanente che garantisce i dalla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo.
Si ricorda inoltre che il Trattato sull'Unione europea prevede l' adesione dell' UE alla Convenzione, precisando che tale processo non modifica le competenze dell'Unione definite dai Trattati. Nel 2010, subito dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, l'UE ha avviato i negoziati con il Consiglio d'Europa su un progetto di accordo di adesione, che è stato ultimato nell'aprile 2013. Nel luglio 2013 la Commissione ha chiesto alla CGUE di pronunciarsi sulla compatibilità di tale accordo con i trattati. Il 18 dicembre 2014 la CGUE ha emesso un parere negativo affermando che il progetto di accordo era suscettibile di incidere negativamente sulle caratteristiche specifiche e sull'autonomia del diritto dell'UE (parere 2/13). Dopo un periodo di riflessione e discussioni su come superare le questioni sollevate dalla CGUE, nel 2019 l'UE e il Consiglio d'Europa hanno ripreso i negoziati che sono attualmente in corso.
 
Sebbene né lo statuto del Consiglio d'Europa né la CEDU ne diano la definizione, e sebbene l'elenco esatto dei principi, delle norme e dei valori che discendono dallo Stato di diritto possa variare a livello nazionale, in una relazione pubblicata nel 2011 la Commissione di Venezia ha descritto  lo Stato di diritto come una comune norma europea fondamentale che guida e inquadra l'esercizio dei poteri democratici, e come componente intrinseca di ogni società democratica che impone a tutte le istanze decisionali di trattare ogni persona secondo i principi della dignità, dell'uguaglianza e della razionalità nonché conformemente alla legge, e di dar loro la possibilità di contestare le decisioni davanti a un giudice indipendente e imparziale.
La Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, nota come Commissione di Venezia, dal nome della città in cui si riunisce, è un organo consultivo del Consiglio d'Europa. Istituita nel 1990, la Commissione sostiene l'adozione di costituzioni conformi agli standard del patrimonio costituzionale europeo. Concepita inizialmente come strumento d'ingegneria costituzionale di emergenza, in un contesto di transizione democratica, la Commissione ha visto la propria attività evolvere progressivamente sino a diventare un'istanza di riflessione giuridica indipendente, internazionalmente riconosciuta.  La Commissione contribuisce alla diffusione del patrimonio costituzionale europeo, che si basa sui valori giuridici fondamentali del continente, e garantisce agli Stati un sostegno costituzionale.
Più in particolare, e sulla base anche della pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sua relazione la Commissione di Venezia individua, in modo non esaustivo, le principali caratteristiche comuni condivise dello Stato di diritto:
  1. legalità (che implica che il processo legislativo sia trasparente, responsabile, democratico e pluralistico);
  2. certezza del diritto;
  3. divieto di arbitrarietà;
  4. accesso alla giustizia davanti a un giudice indipendente e imparziale;
  5. rispetto dei diritti dell'uomo; non discriminazione e uguaglianza davanti alla legge.

Altre iniziative


La Conferenza sul futuro dell'Europa (CoFE)

La Conferenza sul futuro dell'Europa è stata inaugurata il 9 maggio 2021, in occasione della Giornata dell'Europa, a Strasburgo nella sede del Parlamento europeo e si è conclusa il 9 maggio 2022, quando i Copresidenti del Comitato esecutivo della Conferenza hanno consegnato la relazione finale contenente le proposte della Conferenza ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.
La Conferenza sul futuro dell'Europa, sulla base dell'attività del gruppo di lavoro su Valori e diritti, Stato di diritto, sicurezza, presieduto da Věra Jourová (vicepresidente della Commissione europea), ha formulato, in particolare, le seguenti proposte
  • garantire che i valori e i principi sanciti nei trattati dell'UE e nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE siano condizioni non negoziabili, irreversibili e indispensabili per l'adesione all'UE e che siano pienamente rispettati in tutti gli Stati membri;
  • rendere i valori europei tangibili per i cittadini dell'UE, in particolare attraverso una partecipazione più interattiva e diretta. A tal fine, la cittadinanza europea dovrebbe essere rafforzata, ad esempio, attraverso uno statuto della cittadinanza europea, nonché uno statuto per le associazioni transfrontaliere europee e le organizzazioni senza scopo di lucro;
  • rendere universalmente applicabile la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; inoltre, occorre organizzare conferenze annuali sullo Stato di diritto (sulla base della relazione della Commissione sullo Stato di diritto) con delegazioni degli Stati membri di cittadini, funzionari pubblici, parlamentari, autorità locali, parti sociali e società civile;
  • valutare l'ambito di applicazione del "regolamento sulla condizionalità" e di altri strumenti dello Stato di diritto ed esaminare la possibilità di estenderlo a nuovi settori, indipendentemente dalla loro rilevanza per il bilancio dell'UE;
  • promuovere programmi educativi e mediatici che rendano i valori dell'UE parte integrante del processo di integrazione dei migranti.
Ulteriori raccomandazioni riguardano le materie relative ai media, alle notizie false, alla disinformazione e alla verifica dei fatti.

Il Gruppo di lavoro della COSAC sul ruolo dei valori dell'UE nel senso di appartenenza

La Presidenza Francese, nell'ambito dei lavori della Conferenza degli organi specializzati in affari comunitari (COSAC) ha altresì istituto un gruppo di lavoro con lo scopo di analizzare i risultati e le difficoltà incontrati dagli Stati membri nel conformarsi ai valori dell'UE rispettando al tempo stesso la loro identità nazionale.
Al gruppo, presieduto da Sabine Thillaye, presidente della Commissione affari europei dell'Assemblea nazionale francese, ha partecipato in rappresentanza della Camera dei deputati l'on. Marina Berlinghieri.
Il gruppo ha concluso i suoi lavori con l'adozione dii conclusioni, che includono le seguenti indicazioni e proposte :
  • riprendendo una proposta formulata in esito ai lavori della  Conferenza sul futuro dell'Europa, il Gruppo accoglierebbe con favore una riunione annuale, da svolgersi dopo la presentazione della Relazione sullo Stato di diritto della Commissione europea, di una Conferenza europea sullo Stato di diritto, volta a riunire i rappresentanti dei Parlamenti nazionali, Istituzioni europee, Governi, enti locali, parti sociali e cittadini; la Conferenza rappresenterebbe il luogo adatto a un dibattito con i giuristi sul contenuto da dare ai concetti dei valori europei e dello Stato di diritto, nonché sulla loro portata rispetto al rinvio dei Trattati all'identità costituzionale degli Stati;
  • il Gruppo propone che gli esiti della riflessione dell'UE sui temi citati siano impiegati al fine di integrare la definizione di Stato di diritto nel regolamento adottato nel dicembre 2020 sulle condizionalità dei fondi UE; in tal senso l'esito potrebbe essere costituito da una revisione del regolamento in questione, oppure dall'adozione di un altro atto di diritto derivato, o ancor dalla conclusione di un accordo interistituzionale;
  • il Gruppo invita le Istituzioni europee a fare un uso attivo degli strumenti di monitoraggio a loro disposizione; in particolare, il Consiglio dovrebbe svolgere in modo più regolare le audizioni dei rappresentanti dei Governi,  in modo strutturato e aperto, prevedendo la pubblicazione dei verbali completi, anche nell'ambito dei dialoghi esistenti sullo Stato di diritto; la Commissione, d'altra parte, dovrebbe includere sistematicamente nelle sue Relazioni annuali sullo Stato di diritto raccomandazioni agli Stati membri;
  • il Gruppo, ritiene che anche l'Unione europea, pur basandosi sul lavoro prezioso della Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa per quanto riguarda l'analisi dell'attuazione delle norme sullo Stato di diritto, dovrebbe condurre la propria riflessione e stabilire un organismo indipendente che fornisca competenze e assistenza agli Stati membri.