Lo Stato di diritto e l'ordinamento giuridico dell'Unione europea 23 novembre 2022 |
Lo
Stato di diritto è uno dei principi alla base degli ordinamenti costituzionali degli Stati membri dell'UE e del Consiglio d'Europa.
Il principio è richiamato tra i
valori fondanti l'UE nell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea. In particolare, ai sensi di tale disposizione, l'Unione europea si fonda su valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell'uguaglianza, dello
Stato di diritto e del rispetto dei
diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze; questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal
pluralismo, dalla
non discriminazione, dalla
tolleranza, dalla
giustizia, dalla
solidarietà e dalla
parità tra donne e uomini.
Il riferimento allo Stato di diritto compare per la prima volta nel preambolo del
Trattato di Maastricht del 1992. Il trattato di Amsterdam faceva riferimento allo Stato di diritto all'articolo 6, paragrafo 1, sostanzialmente negli stessi termini dell'attuale articolo 2 del TUE. Si ricorda che anche il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni unite (1948) fa riferimento allo Stato di diritto pur non precisandone la definizione.
In precedenza la Corte di giustizia dell'UE, con la sentenza del 1986 nella causa "Les Verts", aveva qualificato l'UE come Unione di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue Istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal Trattato (
Causa 294/83, "Les Verts"/Parlamento europeo).
La
giurisprudenza della Corte considera lo Stato di diritto fonte di principi applicabili nell'ordinamento giuridico dell'Unione che possono essere fatti pienamente valere dinanzi a un organo giurisdizionale. Tali principi generali discendono dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri:
La tenuta dello Stato di diritto è inoltre considerata precondizione essenziale per il funzionamento dell'ordinamento europeo nel suo complesso, tra l'altro, con riferimento a:
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La tutela dello Stato di diritto nell'ordinamento dell'UE |
La procedura ex articolo 7 del Trattato sull'Unione europea
Il Trattato sull'Unione europea predispone, all'articolo 7, uno strumento specifico volto a garantire il rispetto da parte degli Stati membri dei valori fondanti dell'UE, tra i quali il principio dello
Stato di diritto e i
diritti fondamentali. La disposizione
contempla, in particolare, due
meccanismi, uno a carattere
preventivo, in caso di chiaro
rischio di violazione di tali valori UE, e uno di tipo sanzionatorio, se la
violazione si considera avvenuta.
In particolare, su
proposta motivata di
un terzo degli
Stati membri, del
Parlamento europeo o della
Commissione europea, il Consiglio (dei Ministri dell'UE), deliberando la maggioranza dei
quattro quinti dei suoi membri
previa approvazione del
Parlamento europeo, può constatare che esiste un
evidente rischio di violazione grave dei valori di cui all'articolo 2 da parte di uno Stato membro. Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli
raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura. Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi (articolo 7, paragrafo 1).
Il
Consiglio europeo, deliberando all'
unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa
approvazione del
Parlamento europeo, può
constatare l'esistenza di una
violazione grave e
persistente da parte di uno Stato membro dei citati valori, dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni (articolo 7, paragrafo 2).
Qualora sia stata
effettuata la constatazione da parte del
Consiglio europeo di cui al paragrafo 2, il
Consiglio, deliberando a
maggioranza qualificata, può decidere di
sospendere alcuni dei
diritti derivanti allo
Stato membro in questione dall'applicazione dei trattati, compresi i
diritti di voto del rappresentante del Governo di tale Stato membro
in seno al Consiglio. Nell'agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche. Lo Stato membro in questione continua in ogni caso ad essere
vincolato dagli obblighi che gli derivano dai Trattati (articolo 7, paragrafo 3).
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può successivamente decidere di
modificare o
revocare le misure adottate a norma del paragrafo 3, per rispondere ai
cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione (articolo 7, paragrafo 4).
Le prime esperienze relative all'avvio di tale procedura riguardano i casi relativi alla
Polonia e
all'Ungheria, i cui procedimenti sono stati instaurati rispettivamente dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo. Tuttavia entrambe le procedure
non hanno registrato progressi oltre la fase istruttoria, nel corso della quale si sono tenute audizioni delle autorità dei rispettivi Stati membri. Al riguardo, si ricorda che il Parlamento europeo ha ripetutamente invitato il Consiglio dell'UE a portare avanti le procedure ex articolo 7.
Da ultimo. con una
risoluzione del 18 marzo 2022 il Parlamento europeo si è altresì rammaricato dell'
incapacità del Consiglio di compiere
progressi significativi nel far rispettare i valori dell'Unione nelle procedure in corso ai sensi dell'articolo 7 in risposta alle minacce ai valori comuni europei in Polonia e Ungheria. Il Parlamento europeo ha altresì sottolineato l'incapacità del Consiglio di applicare efficacemente l'articolo 7 TUE, la quale continua a compromettere l'integrità dei valori comuni europei, la fiducia reciproca e la credibilità dell'Unione nel suo complesso. Gli eurodeputati hanno, infine, esortato le future Presidenze a tenere audizioni a cadenza regolare e invitato il Consiglio a rivolgere
raccomandazioni concrete agli Stati membri in questione, stabilendone i relativi termini per l'attuazione
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Le procedure di infrazione
Il secondo strumento generale di reazione dell'Unione europea al mancato rispetto da parte di uno Stato membro del principio del Stato di diritto (e dei diritti fondamentali) è rappresentato dalla
procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea per violazione del diritto dell'UE.
La procedura d'infrazione è avviata (con
lettera di costituzione in mora) nei confronti di uno Stato membro quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma europea. La violazione può consistere nella
mancata attuazione di una norma europea oppure in una
disposizione o in una
pratica amministrativa nazionali che risultano con essa
incompatibile. Circa il procedimento, si distinguono una fase
precontenziosa (che oltre alla messa in mora può contemplare un
parere motivato da parte della Commissione europea) di natura amministrativa (art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), e una fase contenziosa dinanzi alla Corte di giustizia dell'UE (art. 260 del TFUE). Se la Corte di giustizia dell'UE accerta l'inadempimento con
sentenza di condanna, lo Stato membro deve adottare le
misure necessarie per conformarsi alla sentenza, ponendo fine all'infrazione.
Ove la Commissione europea ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può
adire nuovamente
la Corte. In tal caso, la Commissione europea precisa
l'importo della
somma
forfettaria o della
penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze. La Corte, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una
sanzione (anche
modificando l'importo richiesto dalla Commissione).
A partire dal 2019 (si veda in particolare la
comunicazione "Rafforzare lo Stato di diritto – Programma di azione, esaminata, tra l'altro, il 6 novembre 2019 dalle Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia della Camera dei deputati) la Commissione europea ha proposto l
'impiego
strategico delle
procedure di infrazione e in generale un
maggiore coinvolgimento dell'azione della
Corte di giustizia dell'UE ove i rimedi nazionali non siano in grado di contrastare le violazioni verificatesi negli Stati membri. Nella prospettiva della Commissione viene altresì valorizzato il ruolo dei
giudici nazionali, quale
primo livello di monitoraggio sulla tenuta dei valori citati, funzione essenziale in vista del successivo coinvolgimento della Corte di giustizia dell'UE (tramite il rinvio a tale organismo giurisdizionale delle cosiddette questioni pregiudiziali di interpretazione del diritto dell'UE) laddove si siano verificate violazioni dello Stato di diritto che si traducano anche in pregiudizio per l'attuazione dell'ordinamento europeo. In tal senso si inquadrano.
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I dialoghi sullo Stato di diritto nell'ambito del Consiglio dell'UE
A partire dal 2014 il Consiglio ha instaurato i dialoghi annuali sullo Stato di diritto, concretamente una serie di
riunioni del Consiglio dell'UE Affari generali nelle quali sono stati approfonditi
aspetti generali della materia dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Nel novembre 2016, taluni Stati membri, tra i quali anche l'
Italia, hanno proposto il
rafforzamento di tali dialoghi, mediante la trasformazione della discussione in sede di Consiglio Affari generali in un esercizio periodico di
valutazione inter pares tra Stati membri secondo l'approccio
peer review
.
Nel solco di tale iniziativa, a partire dal Consiglio dell'UE affari generali del 17 novembre 2020 i dialoghi semestrali sullo Stato di diritto si sono concentrati di volta in volta sulla situazione specifica di gruppi di 5 Stati membri. In particolare, sono stati approfonditi gli sviluppi dello Stato di diritto nei seguenti Paesi:
Belgio,
Bulgaria,
Repubblica Ceca,
Danimarca ed
Estonia (17 novembre 2020;
Germania,
Irlanda,
Grecia,
Spagna e
Francia (20 aprile 2021);
Croazia,
Italia,
Cipro,
Lettonia e
Lituania (23 novembre 2021);
Lussemburgo,
Ungheria,
Malta,
Paesi Bassi e in
Austria (12 aprile 2022). I Dialoghi sono attualmente introdotti dalla Commissione europea in base alla sua
Relazione annuale sullo Stato di diritto con particolare riguardo ai
capitoli per
Paese (
vedi infra).
Da ultimo il Consiglio Affari Generali del 18 ottobre 2022 ha discusso i capitoli dell'ultima Relazione sullo Stato di diritto che riguardano la
Polonia, il
Portogallo, la
Romania, la
Slovenia e la
Svezia.
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La Relazione annuale sullo Stato di diritto
Dando seguito a una delle priorità individuate nel programma 2019-2024, la Commissione europea ha predisposto il
meccanismo per lo Stato di diritto, una procedura di dialogo annuale tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo, insieme agli Stati membri, ai Parlamenti nazionali, alla società civile e ad altre parti interessate, sullo Stato di diritto. Il ciclo annuale inizia con la
relazione sullo Stato di diritto predisposta dalla Commissione europea, anche grazie ai contributi degli Stati membri. Il documento si basa su una varietà di fonti, comprese
visite specifiche nei singoli Paesi. Oltre alle autorità nazionali sono coinvolti,
organismi indipendenti e parti interessate, anche della
società civile.
La relazione sullo Stato di diritto monitora i principali sviluppi in questo campo, nei singoli Stati membri, passando in rassegna
quattro pilastri: il sistema
giudiziario, il
quadro anticorruzione, il pluralismo dei
media e altre questioni istituzionali relative al sistema di
bilanciamento dei poteri.
L'analisi del primo argomento, trattandosi in sostanza della valutazione dell'efficacia e dell'indipendenza del potere giudiziario negli Stati membri (con incidenza diretta sull'effettiva separazione dei poteri dello Stato), poggia, tra l'altro, sui dati raccolti periodicamente nel
Justice scoreboard, relazione comparativa dello stato della giustizia negli Stati membri presentato annualmente dalla Commissione europea.
La relazione sullo Stato di diritto si articola in due parti:
La Commissione ha presentato la prima Relazione sullo Stato di diritto il 30 settembre 2020. Il
follow up della Relazione si è concretizzato principalmente con il successivo svolgimento della
Riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo (La prima relazione annuale della Commissione sullo Stato di diritto e il ruolo dei Parlamenti nazionali).
Si segnala che sin dal 2016 il Parlamento europeo aveva parallelamente chiesto uno strumento globale e preventivo in materia di Stato di diritto, che operasse quale meccanismo in materia di
democrazia,
Stato di diritto e
diritti fondamentali; tale posizione è stata successivamente rafforzata con la
risoluzione del Parlamento del 7 ottobre 2020 sull'istituzione di un meccanismo su democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali dell'UE, basato su un accordo interistituzionale tra il Parlamento, il Consiglio dell'UE e la Commissione. Il meccanismo presenta profili simili ma non sovrapponibili al ciclo instaurato dalla Commissione europea. Il Parlamento europeo ha più volte chiesto che in esito al ciclo fossero prevista l'adozione di
raccomandazioni volte sanare la situazione di violazione del principio. La Commissione europea si è successivamente conformata a tale proposta (
vedi infra la terza relazione).
Con la pubblicazione della
Relazione 2021 la Commissione europea ha avviato il
secondo ciclo annuale sulla situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea. Il documento, articolato come il precedente in una parte generale e in capitoli specifici per Paese e concentrato sugli stessi quattro parametri di valutazione, ha tra l'altro affrontato il tema dei riflessi della pandemia di COVID-19 sullo Stato di diritto. In particolare, la Commissione ha analizzato i principali
provvedimenti di emergenza adottati dagli Stati membri, valutando se le misure fossero
limitate nel tempo e giustificate in termini di necessità e proporzionalità, nonché la
portata
del controllo permanente esercitato dai Parlamenti e dagli organi giurisdizionali, oltre che la base giuridica delle misure.
Sulla relazione, il 3 novembre 2021, le Commissioni riunite Affari costituzionali, Giustizia e Politiche Ue di Camera e Senato hanno svolto l'
audizione del Commissario europeo per la giustizia, Didier Reynders.
La Relazione è stata altresì al centro della discussione nell'ambito della Riunione interparlamentare della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo "La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea" del 9 dicembre 2021.
La terza Relazione, presentata dalla Commissione il 13 luglio 2022, come preannunciato dalla Presidente
von der Leyen nel
discorso sullo stato dell'Unione 2021 contiene per la prima volta anche
raccomandazioni
mirate per ciascuno Stato membro, volte a incoraggiare gli Stati membri a portare avanti le riforme già avviate o previste e ad aiutarli a individuare gli ambiti in cui sono necessari miglioramenti.
La relazione del 2022 fa il punto sulle sfide individuate nelle edizioni precedenti, approfondisce la valutazione della Commissione e contiene osservazioni anche in merito a questioni quali i media del
servizio pubblico, l'uso di
spyware o l'esecuzione delle
sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.
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Le prospettive di riforma nell'ambito di alcune materie trattate nella Relazione
Parallelamente alle iniziative in materia di tutela di Stato di diritto, la Commissione europea sta seguendo l'attuazione di un
piano d'azione per la democrazia europea (presentato il 2 dicembre 2020), articolato in tre settori di intervento il cui assetto ha un'incidenza diretta sulla situazione dello Stato di diritto nei Paesi UE: la promozione di
elezioni libere e
regolari; il rafforzamento della
libertà dei
media; il contrasto alla
disinformazione. In tale contesto devono inserirsi le seguenti iniziative:
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Il regolamento sulle condizionalità in materia di Stato di diritto - Il procedimento a carico dell'Ungheria
A partire dal 2021, il bilancio dell'Unione dispone di un nuovo strumento di protezione nei casi in cui le violazioni dei principi dello Stato di diritto incidano o rischino di ledere gli
interessi finanziari dell'UE. In vigore dal gennaio 2021, il nuovo regime consiste nel "
regolamento sulla condizionalità".
La disciplina applica la seguente definizione di «Stato di diritto»: il valore dell'Unione sancito nell'articolo 2 TUE in cui rientrano i seguenti principi:
Lo Stato di diritto è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell'Unione sanciti nell'articolo 2 TUE.
In forza della normativa l'UE può procedere alla
sospensione dei
pagamenti o alle
rettifiche finanziarie per proteggere il proprio bilancio. Nello specifico la Commissione propone
misure adeguate e
proporzionate al Consiglio nel caso in cui violazioni dello Stato di diritto in un determinato Stato membro minaccino gli interessi finanziari dell'UE; è il Consiglio ad adottare una decisione definitiva sulla proposta di tali misure.
In ogni caso, i destinatari finali e i beneficiari dei finanziamenti dell'Unione conservano il
diritto di ricevere i pagamenti. A tal fine, è opportuno che gli Stati membri interessati continuino a effettuare tali pagamenti.
Si ricorda che l'Ungheria e la Polonia avevano proposto ciascuna un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia chiedendo l'annullamento del nuovo regime, contestando profili relativi, tra l'altro, alla base giuridica adeguata nei Trattati UE, al superamento dei limiti delle competenze dell'Unione, e violazione del principio della certezza del diritto.
Con sentenze nelle cause
C-156/21 Ungheria/Parlamento e Consiglio e
C-157/21 Polonia/Parlamento e Consiglio Corte ha respinto i ricorsi proposti dall'Ungheria e dalla Polonia nel loro complesso.
Per chiarire il funzionamento del regolamento sulla condizionalità, il 2 marzo 2022 la Commissione ha predisposto
orientamenti (che tengono conto delle sentenze citate) in base ai quali applicare regolamento sulla condizionalità, compreso il modo in cui sono tutelati i diritti dei destinatari finali e dei beneficiari dei finanziamenti dell'UE.
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La prima applicazione
Il 18 settembre 2022 la Commissione europea ha proposto al Consiglio una
decisione di esecuzione recante le seguenti misure in materia di bilancio dell'UE nei confronti dell'Ungheria nell'ambito del regolamento sulle condizionalità:
La nuova procedura a carico dell'Ungheria è stata formalmente avviata il 27 aprile 2022, mediante una lettera nella quale è stata notificata all'Ungheria una serie di questioni concernenti: il sistema degli
appalti pubblici, comprese
irregolarità
sistemiche, carenze e debolezze nelle procedure; un alto tasso di procedura con
un'unica offerta e
bassa intensità di concorrenza; questioni relative all'uso degli
accordi quadro; problemi nella rilevazione, prevenzione e correzione dei
conflitti di interesse; preoccupazioni relative all'uso dei fondi dell'Unione da parte di
trust di interesse pubblico.
Secondo la Commissione europea tali violazioni costituiscono violazioni dello Stato di diritto, con particolare riguardo ai principi di
certezza del diritto e del divieto di
arbitrarietà dei
poteri
esecutivi, sollevando preoccupazioni anche in merito al principio della
separazione dei poteri. Con la stessa notifica sono state, tra l'altro, sottolineate anche problematiche per quanto riguarda le indagini e il perseguimento di
attività criminali, l'organizzazione delle
procure e l'assenza di un
quadro anticorruzione. La Commissione europea ha pertanto concluso che tali violazioni
incidono o
rischiano seriamente di
pregiudicare gli
interessi finanziari dell'UE, e che altri strumenti procedurali previsti dall'ordinamento europeo non sono in grado di proteggerli più efficacemente del regolamento sulle condizionalità.
Nell'ambito della nuova procedura l'Ungheria ha risposto fornendo una serie di
chiarimenti e proponendo
misure correttive per sciogliere le preoccupazioni della Commissione europea. La Commissione ha valutato la risposta ungherese, esaminando in particolare se le misure correttive rispondano adeguatamente alle questioni notificate. La Commissione ha infine precisato che affinché le misure possano essere considerate adeguate, dovrebbero porre fine alle violazioni dei principi dello Stato di diritto e/o ai rischi che creano per il bilancio dell'UE e gli interessi finanziari dell'Unione.
Il Consiglio dispone di un mese per decidere se adottare tali misure, a maggioranza qualificata. Tale periodo può essere prorogato di un massimo di altri due mesi in circostanze eccezionali. In tal senso, il 13 ottobre 2022, il Consiglio ha deciso di prorogare il termine per deliberare fino al 19 dicembre 2022 per disporre di tempo sufficiente per analizzare adeguatamente l'adozione e l'effettiva attuazione delle
misure correttive proposte dalle
autorità ungheresi.
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Lo Stato di diritto e il Consiglio d'Europa
I principi consolidati nell'ordinamento dell'UE in materia di Stato di diritto trovano corrispondenza anche a livello di Consiglio d'Europa.
Il
Consiglio d'Europa è un'organizzazione internazionale, con sede a Strasburgo, che riunisce 46 paesi democratici europei. La sua missione è quella di promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa.
La
Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 nell'ambito del Consiglio d'Europa, impegna gli Stati aderenti a rispettare, nei confronti dei soggetti che ricadono nella loro giurisdizione, i diritti in essa enunciati, e a consentire (ove tali diritti siano violati) di adire la Corte all'uopo istituita. La corte EDU è un organo giudiziario permanente che garantisce i dalla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo.
Si ricorda inoltre che il Trattato sull'Unione europea prevede l'
adesione dell'
UE alla
Convenzione, precisando che tale processo non modifica le competenze dell'Unione definite dai Trattati. Nel 2010, subito dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, l'UE ha avviato i negoziati con il Consiglio d'Europa su un
progetto di accordo di adesione, che è stato ultimato nell'aprile 2013. Nel luglio 2013 la Commissione ha chiesto alla CGUE di pronunciarsi sulla compatibilità di tale accordo con i trattati. Il 18 dicembre 2014 la CGUE ha emesso un
parere negativo affermando che il progetto di accordo era suscettibile di incidere negativamente sulle caratteristiche specifiche e sull'autonomia del diritto dell'UE (parere 2/13). Dopo un periodo di riflessione e discussioni su come superare le questioni sollevate dalla CGUE, nel 2019 l'UE e il Consiglio d'Europa hanno ripreso i
negoziati che sono attualmente in corso.
Sebbene né lo statuto del Consiglio d'Europa né la CEDU ne diano la definizione, e sebbene l'elenco esatto dei principi, delle norme e dei valori che discendono dallo Stato di diritto possa variare a livello nazionale, in una relazione pubblicata nel 2011 la
Commissione di Venezia ha
descritto lo Stato di diritto come una comune norma europea fondamentale che guida e inquadra l'esercizio dei poteri democratici, e come componente intrinseca di ogni società democratica che impone a tutte le istanze decisionali di trattare ogni persona secondo i principi della dignità, dell'uguaglianza e della razionalità nonché conformemente alla legge, e di dar loro la possibilità di contestare le decisioni davanti a un giudice indipendente e imparziale.
La
Commissione europea per la
democrazia attraverso il
diritto, nota come Commissione di Venezia, dal nome della città in cui si riunisce, è un organo consultivo del Consiglio d'Europa. Istituita nel 1990, la Commissione sostiene l'adozione di costituzioni conformi agli standard del patrimonio costituzionale europeo. Concepita inizialmente come strumento d'ingegneria costituzionale di emergenza, in un contesto di transizione democratica, la Commissione ha visto la propria attività evolvere progressivamente sino a diventare un'istanza di riflessione giuridica indipendente, internazionalmente riconosciuta. La Commissione contribuisce alla diffusione del patrimonio costituzionale europeo, che si basa sui valori giuridici fondamentali del continente, e garantisce agli Stati un sostegno costituzionale.
Più in particolare, e sulla base anche della pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sua relazione la Commissione di Venezia individua, in modo non esaustivo, le principali caratteristiche comuni condivise dello Stato di diritto:
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Altre iniziative |
La Conferenza sul futuro dell'Europa (CoFE)
La
Conferenza sul futuro dell'Europa è stata inaugurata il
9 maggio 2021, in occasione della Giornata dell'Europa, a Strasburgo nella sede del Parlamento europeo e
si è conclusa il 9 maggio 2022, quando i
Copresidenti del Comitato esecutivo della Conferenza hanno consegnato la
relazione finale contenente le proposte della Conferenza ai
Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.
La Conferenza sul futuro dell'Europa, sulla base dell'attività del
gruppo di lavoro su Valori e diritti, Stato di diritto, sicurezza, presieduto da Věra Jourová (vicepresidente della Commissione europea), ha formulato, in particolare, le seguenti proposte
Ulteriori raccomandazioni riguardano le materie relative ai media, alle notizie false, alla disinformazione e alla verifica dei fatti.
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Il Gruppo di lavoro della COSAC sul ruolo dei valori dell'UE nel senso di appartenenza
La
Presidenza Francese, nell'ambito dei lavori della Conferenza degli organi specializzati in affari comunitari (COSAC) ha altresì istituto un gruppo di lavoro con lo scopo di analizzare i risultati e le difficoltà incontrati dagli Stati membri nel conformarsi ai valori dell'UE rispettando al tempo stesso la loro identità nazionale.
Al gruppo, presieduto da Sabine Thillaye, presidente della Commissione affari europei dell'Assemblea nazionale francese, ha partecipato in rappresentanza della Camera dei deputati l'on. Marina Berlinghieri.
Il gruppo ha
concluso i suoi lavori con l'adozione dii
conclusioni, che includono le seguenti indicazioni e proposte
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