Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea |
Titolo: | Consiglio europeo - Bruxelles, 29 e 30 giugno 2023 |
Serie: | Documentazione per l'Assemblea - Esame di atti e documenti dell'UE Numero: 3 |
Data: | 27/06/2023 |
Organi della Camera: | XIV Unione Europea, Assemblea |
XIX LEGISLATURA
Documentazione per l’Assemblea
Consiglio europeo
Bruxelles, 29 e 30 giugno 2023
Senato della Repubblica Servizio studi Servizio degli affari internazionali UFFICIO DEI RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA n. 39 |
Camera dei deputati
Ufficio Rapporti con l’Unione europea n. 3 |
Servizio Studi
TEL. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
n. 39
Servizio degli Affari internazionali -
Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea
TEL. 06-6706-4561 – affeuropei@senato.it
Ufficio rapporti con l’Unione europea
Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it - @CD_europa
Dossier n. 3
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I N D I C E
Sostegno militare dell’UE all’Ucraina
Le sanzioni nei confronti della Russia
Sostegno economico e alla ricostruzione dell’Ucraina
Giustizia penale internazionale
Rinnovo dell’accordo sull’esportazione di cereali dai porti dell’Ucraina
Il processo di adesione dell’Ucraina all’UE
Il mercato unico e la competitività a lungo termine dell’UE
Le proposte legislative sull’industria a zero emissioni nette e sulle materie prime critiche
La riforma della legislazione farmaceutica
La legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione (IRA)
La strategia europea di sicurezza economica
Raccomandazioni specifiche per paese 2023
Raccomandazione specifica per l’Italia 2023
Riforma della governance economica dell’UE
Revisione intermedia del QFP dell’UE 2021-2027
Lo Strumento europeo per la pace
Il Regolamento a sostegno della produzione di munizioni
Lo Strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni
Patto sulla dimensione civile della Politica di sicurezza e difesa comune (“Civilian Compact”)
Terza dichiarazione congiunta sulla cooperazione Ue-Nato
Rafforzamento dell'azione esterna
Rafforzamento della cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione
Controllo delle frontiere esterne dell'UE
La lotta alla strumentalizzazione, alla tratta di persone e al traffico di migranti
Dati sui flussi migratori e conoscenza situazionale
Patto sulla migrazione e l'asilo e fascicoli correlati
Relazioni con il vicinato meridionale e in particolare la Tunisia
Situazione nel nord del Kosovo
Presenza dell’Unione Africana nei consessi internazionali
Risposta dell’UE alle Crisi transettoriali e transfrontaliere
Il Consiglio europeo del 29-30 giugno 2023, in base all’ordine del giorno, dovrebbe discutere di:
· Ucraina, con particolare riferimento agli ultimi sviluppi della guerra di aggressione russa e delle iniziative a sostegno del Paese da parte dell’UE;
· Economia, segnatamente con riguardo ai seguenti temi:
- competitività e produttività a lungo termine, mercato unico, politica industriale e dipendenze strategiche (con riferimento all’industria a zero emissioni nette, alle materie prime critiche, ai farmaci, all’intelligenza artificiale, al brevetto unitario europeo e alle sfide demografiche);
- conseguenze della legge statunitense sull’inflazione (IRA);
- sicurezza e resilienza economica;
- avallo alle raccomandazioni specifiche per paese nell’ambito del semestre europeo 2023;
- negoziato sulle proposte di revisione della governance economica;
- lavori sulla revisione del quadro finanziario pluriennale;
· Sicurezza e difesa, con specifico riguardo alle misure per rafforzare l’industria europea della difesa (anche al fine di assicurare il mantenimento del sostegno all’Ucraina), allo strumento europeo della pace, alle minacce ibride e alla cooperazione Ue-Nato;
· Migrazione, con riferimento ai lavori avviati per la gestione della situazione migratoria alle frontiere esterne dell'UE e all'interno dell'UE ed in merito ai progressi compiuti nell'attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023, con specifica attenzione agli aspetti esterni della migrazione;
· Cina, sulla quale il Consiglio europeo dovrebbe svolgere una discussione strategica senza adattare conclusioni;
· Relazioni esterne, con particolare riferimento alle seguenti questioni:
- il prossimo vertice UE-CELAC (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi);
- le relazioni con il vicinato meridionale e in particolare la Tunisia;
- i Balcani occidentali;
- la situazione a nord del Kosovo;
- la presenza dell’Unione Africana nei consessi internazionali.
· Altri punti, in particolare il problema di Cipro e la risposta dell’UE alle crisi transettoriali e transfrontaliere.
Il 25 giugno 2023 è stato pubblicato un primo progetto di conclusioni che è stato esaminato dal Consiglio dell’UE affari generali del 27 giugno 2023.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe: Ø ribadire la sua ferma condanna della guerra di aggressione della Russia e il sostegno dell'UE all'indipendenza, alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina, continuando a fornirle sostegno finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario; Ø ribadire che l'UE è pronta a fornire all'Ucraina un sostegno militare sostenibile per tutto il tempo necessario, in particolare attraverso la missione di assistenza militare e lo strumento europeo per la pace, sottolineando l'importanza degli sforzi degli Stati membri per contribuire a soddisfare le esigenze militari e di difesa dell'Ucraina; Ø affermare l’impegno dell'UE e dei suoi Stati membri a contribuire agli impegni in materia di sicurezza a favore dell'Ucraina, per aiutarla a difendersi nel lungo termine, a scoraggiare futuri atti di aggressione e a resistere agli sforzi di destabilizzazione; Ø condannare con la massima fermezza la distruzione della diga della centrale idroelettrica di Kakhovka, indicando che l'UE e i suoi Stati membri sono pronti a fornire ulteriore sostegno all'Ucraina attraverso il meccanismo unionale di protezione civile; Ø affermare che l'UE e i suoi Stati membri intensificheranno i loro sforzi di azione diplomatica per garantire il sostegno internazionale più ampio possibile ai principi e obiettivi chiave della formula di pace dell'Ucraina, anche attraverso un prossimo vertice di pace globale. Qualsiasi iniziativa a favore di una pace globale, giusta e duratura in Ucraina deve basarsi sul pieno rispetto della sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale; Ø sottolineare la necessità di garantire, insieme ai partner, un sostegno finanziario stabile, prevedibile e sostenibile all'Ucraina per gli anni a venire e ribadire l'invito alla Banca europea per gli investimenti affinché, in stretta cooperazione con la Commissione e le istituzioni finanziarie internazionali, rafforzi il suo supporto alle esigenze infrastrutturali più urgenti dell'Ucraina; Ø ribadire l’impegno dell’UE a sostenere la riparazione, la ripresa e la ricostruzione dell'Ucraina, in coordinamento con i partner internazionali ed invitare a proseguire i lavori in merito ai beni bloccati della Russia; Ø ribadire l’impegno affinché la Russia sia chiamata a rispondere pienamente della sua guerra di aggressione nei confronti e fare il punto sugli sforzi compiuti per istituire un tribunale per il perseguimento del crimine di aggressione nei confronti dell'Ucraina, invitando a proseguire i lavori. Il Consiglio europeo dovrebbe, inoltre, accogliere con favore l'adozione della convenzione sulla cooperazione internazionale in materia di accertamento e perseguimento dei crimini più gravi, invitando tutti i paesi a diventare quanto prima parti della convenzione. Nonché l'istituzione, da parte del Consiglio d'Europa, del registro dei danni causati dall'aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina; Ø condannare la deportazione e il trasferimento illegali di bambini e ostaggi civili ucraini verso la Russia, invitandola a garantirne immediatamente il rimpatrio in condizioni di sicurezza e a liberare senza indugio tutti gli ostaggi civili ucraini detenuti in Russia; Ø esaminare gli sforzi tesi ad aumentare ulteriormente la pressione esercitata sulla Russia al fine di indebolirne la capacità di condurre la sua guerra di aggressione, anche attraverso l'imposizione di sanzioni, la loro attuazione piena ed effettiva e la prevenzione della loro elusione. In tale contesto dovrebbe accogliere con favore l'adozione dell'undicesimo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia ed invitare i colegislatori a ultimare rapidamente i lavori sulla proposta di direttiva volta a ravvicinare le fattispecie di reato e le sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione; Ø condannare il sostegno militare che l'Iran e la Bielorussia continuano a fornire alla guerra di aggressione della Russia, esortando la Bielorussia a cessare di autorizzare le forze armate russe a utilizzare il suo territorio; Ø riconoscere l'impegno e gli sforzi sostanziali dell'Ucraina per soddisfare le condizioni richieste nel quadro del processo di adesione all'UE, incoraggiandola a proseguire sulla via delle riforme; Ø ribadire che l’UE continuerà a sostenere la Repubblica di Moldova nel rispondere alle sfide che quest'ultima si trova ad affrontare per effetto dell'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina; Ø esprimere preoccupazione per il perdurante rallentamento nell'attuazione dell'iniziativa sui cereali del Mar Nero, sollecitando una ripresa rapida e piena delle relative operazioni e ricordando che i corridoi di solidarietà dell'UE continuano a essere fondamentali per rafforzare la sicurezza alimentare globale. |
Per il sostegno militare dell’UE all’Ucraina si rinvia al capitolo del presente dossier dedicato a Sicurezza e difesa.
A partire dall’aggressione russa, il Consiglio dell’UE ha adottato 11 pacchetti di sanzioni e misure restrittive. L’ultimo pacchetto, approvato il 23 giugno 2023, è articolato nelle seguenti misure.
Per far fronte alla crescente elusione delle sanzioni dell'UE, viene rafforzare ulteriormente la cooperazione bilaterale e multilaterale con i paesi terzi. Solo nei casi in cui la cooperazione non produca i risultati auspicati, l'UE adotterà un'azione rapida, proporzionata e mirata, volta unicamente a privare la Russia delle risorse che le consentono di proseguire la sua guerra di aggressione nei confronti dell'Ucraina. Ciò sotto forma di misure individuali appropriate intese a contrastare il coinvolgimento di operatori di paesi terzi nell'agevolazione dell'elusione. Nel caso in cui, nonostante le sanzioni individuali, l'elusione rimanga sostanziale e sistemica, l'UE potrà adottare misure eccezionali di ultima istanza. A questo scopo, il Consiglio potrà decidere all'unanimità di limitare la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di beni e tecnologie la cui esportazione in Russia è già vietata — in particolare prodotti e tecnologie utilizzati sul campo di battaglia — a paesi terzi coinvolti nei fenomeni di elusione.
Si introduce il divieto di transito nel territorio russo di un maggior numero di beni e tecnologie che possono contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia.
Sono aggiunte altri 87 soggetti all'elenco di entità che sostengono direttamente il complesso militare e industriale russo nella sua guerra di aggressione nei confronti dell'Ucraina, alle quali saranno imposte restrizioni più rigorose sulle esportazioni di beni e tecnologie a duplice uso (tra queste anche alcune società non russe con sede a Hong Kong, Uzbekistan, Emirati Arabi Uniti, Siria, Armenia e Iran) ed è stato inoltre ampliato l'elenco degli articoli sottoposti a restrizioni che potrebbero contribuire al rafforzamento tecnologico dei settori della difesa e della sicurezza russi.
Al fine di affrontare la sistematica campagna internazionale di manipolazione dei media e di distorsione dei fatti della Federazione russa tesa a destabilizzare i paesi limitrofi — l'UE e i suoi Stati membri, il Consiglio ha esteso la sospensione delle licenze di radiodiffusione ad altri cinque organi di informazione: RT Balkan, Oriental Review, Tsargrad, New Eastern Outlook e Katehon.
È stato esteso il divieto di trasporto nell'UE di merci su strada con rimorchi e semirimorchi immatricolati in Russia, anche se trainati da autocarri immatricolati al di fuori della Russia. Il Consiglio ha deciso di vietare l'accesso ai porti e alle chiuse dell'UE alle navi che effettuano trasbordi da nave a nave, qualora le autorità competenti abbiano ragionevoli motivi per sospettare che una nave violi il divieto di importare via mare petrolio greggio e prodotti petroliferi russi nell'Unione o stia trasportando petrolio greggio o prodotti petroliferi russi acquistati a un prezzo superiore al tetto sui prezzi concordato dalla coalizione per il tetto sui prezzi. Lo stesso divieto si applicherà alle navi se le autorità competenti avranno validi motivi per sospettare che, in violazione degli accordi, delle regole e delle norme internazionali, esse manomettano, disattivino o altrimenti disabilitino illecitamente i loro sistemi di navigazione quando trasportano petrolio greggio e prodotti petroliferi russi.
Sarà revocata la deroga temporanea concessa alla Germania e alla Polonia affinché potessero rifornirsi, tramite la sezione settentrionale dell'oleodotto Druzhba, di petrolio greggio proveniente dalla Russia. Tuttavia, il petrolio originario del Kazakhstan o di un altro paese terzo potrà continuare a transitare attraverso la Russia e ad essere importato nell'UE mediante l'oleodotto Druzhba.
Si ricorda che, sulla base dei pacchetti di misure restrittive adottati, sono attualmente in vigore:
· misure restrittive (congelamento di beni e divieto di viaggio) nei confronti di circa 1800 tra entità giuridiche e persone (tra cui il Presidente Putin, il Ministro degli esteri Lavrov, esponenti di governo, parlamentari, militari, oligarchi, esponenti dell’informazione);
· sanzioni finanziarie, tra cui il divieto di finanziamento della Federazione russa, del suo governo e della sua Banca centrale nonché la sospensione dal sistema di messaggistica finanziaria per scambiare dati finanziari (SWIFT) per le principali banche russe;
· sanzioni nel settore energetico, quali in particolare: il divieto di acquistare, importare o trasferire nell'UE carbone e altri combustibili fossili solidi, se originari della Russia o esportati dalla Russia, nonché di importare petrolio dalla Russia via mare; il divieto di acquistare, importare o trasferire dalla Russia nell'UE petrolio greggio (a partire dal 5 dicembre 2022) e di prodotti petroliferi raffinati (a partire dal 5 febbraio 2023); la possibilità di introdurre un tetto al prezzo per il petrolio greggio e altri prodotti petroliferi russi, al di sotto dei quali le società UE hanno il divieto di fornire servizi (trasporto, assicurazione ecc.) legati alla vendita per via marittima verso Paesi terzi. Il Consiglio ha poi fissato i seguenti tetti di prezzo: 60 dollari al barile per il petrolio grezzo, 100 dollari a barile per i prodotti petroliferi raffinati di alta qualità, come diesel e benzina, 45 dollari per i prodotti di bassa qualità, come gli oli combustibili;
· il divieto di tutte le operazioni con determinate imprese statali, di partecipazione di società russe negli appalti pubblici nell’UE e il divieto di esportazione dall’UE in Russia di prodotti siderurgici, beni di lusso, computer quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica di alta gamma, software, macchinari sensibili;
· sanzioni nei confronti di società nei settori militare, dell'aviazione, dei beni a duplice uso, della cantieristica navale e della costruzione di macchinari e divieti all'esportazione per prodotti a duplice uso di tecnologia critica e beni industriali;
· il divieto di sorvolo, atterraggio e decollo nello spazio aereo dell’UE di aeromobili e vettori russi; il divieto alle navi registrate sotto la bandiera della Russia di accedere ai porti dell'UE; il divieto alle imprese di trasporto su strada russe e bielorusse di trasportare merci su strada nell’Unione;
· il divieto di esportazione di motori per droni in Russia e l'esportazione verso Paesi terzi, come l'Iran, che potrebbero fornire droni alla Russia;
· il divieto per i cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione di società russe sottoposte a restrizioni o controllate direttamente o indirettamente dalla Russia;
· restrizioni ai media, con la sospensione delle trasmissioni nell'Unione di una seri di emittenti e media russi.
Per rafforzare il coordinamento nell'esecuzione delle misure restrittive, la Commissione ha istituito la task force "Freeze and Seize" con il compito di garantire il coordinamento tra gli Stati membri. Il 13 dicembre 2022 la Commissione ha inoltre nominato David O'Sullivan, ex Segretario generale della Commissione, inviato speciale internazionale per l'attuazione delle sanzioni dell'UE, con il mandato di coordinarsi con i Paesi terzi per evitare l’elusone delle misure restrittive dell’UE.
Secondo quanto indicato dalla Commissione europea a fine maggio 2023, l'UE avrebbe sanzionato in totale quasi la metà (49%) delle sue esportazioni verso la Russia nel 2021, per un valore di circa 44 miliardi di euro e circa il 58% delle importazioni dell'UE dalla Russia nel 2021, per un valore complessivo di circa 90 miliardi di euro.
La Commissione europea ha presentato il 2 dicembre 2022 una proposta di direttiva relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'UE, in corso di esame secondo la procedura legislativa ordinaria, che prevede: il ravvicinamento delle definizioni dei reati connessi alla violazione delle misure restrittive dell'Unione; la garanzia di tipi e livelli di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per i reati in questione; la promozione di indagini e azioni penali transfrontaliere; il miglioramento dell'efficacia operativa delle catene nazionali di contrasto per favorire indagini, azioni penali e sanzioni.
In particolare, gli Stati membri dovrebbero introdurre livelli e tipi di sanzioni specifici per i reati in questione, prevedendo per le fattispecie più gravi (che coinvolgono fondi o risorse economiche di un valore pari almeno a 100 000 euro) una pena massima di almeno cinque anni di reclusione. Si prevedono inoltre norme di base comuni in materia di sanzioni per le persone giuridiche negli Stati membri, tra cui: ammende penali o non penali fino al 5% del fatturato mondiale annuo; esclusione dall'accesso ai finanziamenti pubblici; interdizione dall'esercizio dell'attività d'impresa; revoca dei permessi e delle autorizzazioni allo svolgimento delle attività che hanno determinato la commissione del reato; collocamento sotto controllo giudiziario; liquidazione giudiziaria; chiusura degli stabilimenti utilizzati per la commissione del reato.
Nella dichiarazione sull’Ucraina adottata il 19 maggio scorso nella riunione del G7 di Hiroshima (che pure non ha adottato nuove misure restrittive verso Mosca) si afferma, tra le altre cose, l’intenzione di inasprire le sanzioni nei confronti della Russia restringendo ulteriormente l’accesso dalla Russa all’economie dei paesi del G7: a) ampliando le misure per garantire che le esportazioni di tutti gli elementi critici per l'aggressione militare della Russia siano ulteriormente limitate; b) adottando ulteriori misure per contrastare l'evasione e l'elusione delle sanzioni contro la Russia; c) ribadendo la richiesta a paesi terzi di cessare immediatamente di fornire supporto materiale per l'aggressione della Russia o affrontare gravi costi; d) limitando ulteriormente l’accesso al sistema finanziario internazionale da parte della Russia, preservando i canali finanziari per le transazioni essenziali; e) riducendo ulteriormente la dipendenza dal nucleare civile dalla Russia e assistendo i paesi che cercano di diversificare le loro forniture e adottando misure per ridurre le entrate della Russia per l’esportazione dei metalli e diamanti.
Dall'inizio dell'aggressione russa, l'UE ha intensificato il proprio sostegno all’Ucraina, mobilitando circa 19,7 miliardi di euro, gran parte dei quali sotto forma di assistenza macrofinanziaria (AMF). Sono stati inoltre erogati 620 milioni in sovvenzioni a titolo di sostegno al bilancio per aiutare l'Ucraina a far fronte a bisogni urgenti sul campo. Complessivamente l’UE e gli Stati membri, in via bilaterale, avrebbero fino ad ora fornito assistenza all’Ucraina per circa 70 miliardi di euro.
L’UE ha varato a fine dicembre 2022 un piano di sostegno macroeconomico finanziario straordinario per una cifra massima di 18 miliardi di euro per tutto il 2023, volto a fornire una assistenza finanziaria stabile, regolare e prevedibile all’Ucraina con una media di 1,5 miliardi di euro al mese. Tali risorse sono destinate a coprire una parte significativa del fabbisogno di finanziamento a breve termine dell'Ucraina per il 2023, che le autorità del Paese e il Fondo monetario internazionale stimano da 3 a 4 miliardi di euro per mese.
Il piano prevede alcune forme di condizionalità volte a impegnare le autorità ucraine a realizzare riforme per rafforzare ulteriormente lo stato di diritto, il buon governo, la modernizzazione delle istituzioni nazionali e locali e le misure antifrode e anticorruzione.
Nell’ambito della proposta relativa alla revisione del quadro finanziario pluriennale (v. infra), la Commissione europea ha presentato il 20 giugno 2023 una proposta di regolamento volta ad istituire un nuovo Strumento per l'Ucraina, fondato su sovvenzioni, prestiti e garanzie, con una capacità complessiva di 50 miliardi di euro (33 miliardi in prestiti e 17 miliardi in sovvenzioni) per il periodo 2024-2027, allo scopo di provvedere alle necessità immediate dell'Ucraina, alla ripresa e all'ammodernamento del paese nel suo percorso verso l'UE.
Il sostegno sotto forma di prestito sarà finanziato assumendo prestiti sui mercati finanziari e garantito dal margine di manovra del bilancio UE. Il sostegno a fondo perduto sarà finanziato attraverso il bilancio annuale dell'UE a titolo di un nuovo strumento speciale - la "riserva per l'Ucraina" - con risorse che vanno oltre i massimali di spesa del QFP. Lo strumento si articola in tre pilastri:
· pilastro I - sostegno finanziario allo Stato sotto forma di sovvenzioni e prestiti. Verranno garantiti finanziamenti stabili e prevedibili per la sostenibilità delle finanze dell'Ucraina, pur mantenendo un quadro solido per la protezione del bilancio dell'UE. Per accedere al sostegno, il Governo ucraino dovrà preparare un piano per la ripresa, ricostruzione e modernizzazione del paese e precisare le riforme e gli investimenti che intende intraprendere nell'ambito del processo di adesione all'UE. I fondi previsti da questo pilastro saranno erogati in funzione della messa in atto del piano, che sarà subordinato a una serie di condizioni e comporterà un calendario per gli esborsi concordato con l'UE. Particolare importanza rivestiranno aspetti come la riforma della pubblica amministrazione, il buon governo, lo Stato di diritto, la lotta alla corruzione e la sana gestione finanziaria;
· pilastro II - un quadro specifico per attrarre e mobilitare investimenti pubblici e privati per la ripresa e la ricostruzione del paese, a sostegno della messa in atto del piano. Integrerà tutti gli strumenti esistenti a favore dell'Ucraina, come i finanziamenti misti e le garanzie, con la possibilità di ampliarli quando le condizioni lo consentono;
· pilastro III - assistenza tecnica e altre misure di sostegno, tra cui la mobilitazione di competenze in materia di riforme, l'aiuto ai comuni e alla società civile e altre forme di assistenza bilaterale normalmente disponibili per i paesi candidati all'adesione nell'ambito dello strumento di preadesione (IPA), anche a sostegno degli obiettivi del piano per l'Ucraina. Nell'ambito di questo pilastro sarà inoltre possibile promuovere altre iniziative volte a rispondere all'aggressione russa, tra cui l'applicazione del diritto internazionale ai crimini commessi dalla Russia sul territorio ucraino.
Secondo un rapporto di valutazione pubblicato dalla Banca Mondiale in collaborazione con il governo ucraino, la Commissione Europea e le Nazioni Unite il 23 marzo 2023, i danni diretti subiti dall'Ucraina dopo un anno di guerra hanno superato i 135 miliardi di dollari e il fabbisogno di ricostruzione e riabilitazione del Paese è stimato in circa 411 miliardi di dollari al 24 febbraio 2023, pari a 2,6 volte il PIL attuale dell’Ucraina.
I settori più colpiti sono l'edilizia abitativa (38%), i trasporti (26%), l'energia (8%), il commercio e l'industria (8%) e l'agricoltura (6%). Il prodotto interno lordo (PIL) dell'Ucraina è diminuito del 29,2% nel 2022.
A margine della conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina che si è svolta a Londra il 21 e 22 giugno 2023 (v. infra), il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Dombrovskis, insieme al presidente della Banca europea per gli investimenti Hoyer, al presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo Renaud-Basso, e all'amministratore delegato della International Finance Corporation Diop, hanno firmato accordi (al di fuori delle iniziative previste dal nuovo strumento finanziario per l’Ucraina) per mobilitare investimenti privati per la ripresa e la ricostruzione dell'economia ucraina nei settori dell'economia, dell'energia e delle infrastrutture municipali per oltre 800 milioni di euro.
La Presidenza svedese del Consiglio dell'UE ha annunciato il 14 febbraio 2023 l'istituzione di un gruppo di lavoro dell'UE per esaminare l'uso dei beni russi congelati per la ricostruzione dell'Ucraina.
Il gruppo di lavoro effettuerà un'analisi legale, finanziaria, economica e politica delle possibilità di utilizzo dei beni russi congelati. Parte del lavoro preparatorio consisterà nell'ottenere, in collaborazione con la Task Force sul congelamento e la confisca dalla Commissione europea, un quadro più chiaro dell'ubicazione nell'UE dei beni detenuti dallo Stato russo e del loro valore totale.
La Presidente von der Leyen ha annunciato il 21 giugno 2023 che la Commissione starebbe valutando la proposta di utilizzare i profitti di oltre 200 miliardi di euro della banca centrale russa congelati nell'UE per pagare la ricostruzione dell'Ucraina, sulla base di due opzioni alternative possibili: a) investire i fondi russi congelati e raccogliere i profitti a favore dell'Ucraina; b) tassare i profitti realizzati dagli attuali detentori di queste attività, in gran parte depositari centrali di titoli come Euroclear e Clearstream.
Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in collaborazione con l’Agenzia ICE, ha organizzato il 26 aprile 2023 a Roma una Conferenza bilaterale di alto profilo istituzionale e imprenditoriale, dedicata alla discussione di interventi e progetti attraverso i quali l’Italia può offrire contributi concreti alla resilienza e alla ricostruzione dell’Ucraina.
I lavori, aperti dai Ministri degli Esteri dell’Italia e dell’Ucraina e conclusi dal Presidente del Consiglio italiano e dal Primo Ministro ucraino, si sono articolati in tre sessioni: una sessione istituzionale; una seconda parte dedicata alle Istituzioni Finanziarie Internazionali; Tavoli di discussione e approfondimento settoriale dedicati a settori individuati come prioritari per la ricostruzione, quali infrastrutture e trasporti, energia e ambiente, agroindustria, salute, digitale e servizi, spazio e avionica, siderurgia.
Nell’ambito della Conferenza, Italia e Ucraina hanno finalizzato i seguenti Memorandum d’intesa e accordi:
· Memorandum d’intesa tra Agenzia ICE e Ministero degli Affari Esteri ucraino;
· Memorandum d’intesa tra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica italiano e il Ministero della Protezione Ambientale e delle Risorse Naturali ucraino per la cooperazione in materia di sviluppo sostenibile e protezione ambientale;
· Memorandum d’intesa tra il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) e il Ministero dell’Economia ucraino per la cooperazione tecnica in campo industriale;
· Memorandum d’intesa e cooperazione sul Modello Agroalimentare Italiano per la ricostruzione e la sicurezza alimentare dell’Ucraina tra l’Ukrainian Agri Council Public Union e la Filiera Italiana, Coldiretti.
Sotto la supervisione dei governi italiano e ucraino, diverse aziende italiane e ucraine hanno firmato dei Memorandum d’intesa: Memorandum d’intesa tra Mer Mec S.p.A. e JSC Ukrainian Railways, per tecnologie e servizi diagnostici per JSC “Ukrainian Railways”; Memorandum d’intesa tra WeBuild e Ukrhydroenergo Energy Company, per una collaborazione finalizzata alla costruzione di centrali idroelettriche in Ucraina (firmato dalle parti in data 25.04.2023).
Il Governo italiano sta, inoltre, valutando ulteriori fondi e prestiti agevolati da parte della Cooperazione Italiana per un ammontare di 160 milioni di euro per il 2023, per bisogni umanitari e progetti di resilienza e rapida ripresa, parallelamente all’istituzione di un ufficio dell’Agenzia della Cooperazione italiana a Kiev. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze intende contribuire al Fondo BEI “UE per l’Ucraina” con una garanzia di 100 milioni di euro.
La Cooperazione italiana ha inoltre concluso un accordo di contributo con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), per lo stanziamento straordinario di 10 milioni di euro a favore dell’azienda ucraina Ukrenergo a sostegno della rapida ripresa e della sicurezza energetica in Ucraina.
Ulteriori iniziative sono previste dal Ministero della Cultura, dal Ministero della Salute, dalla SIMEST, SACE e CASSA depositi e prestiti (per maggiori dettagli si rinvia al comunicato congiunto finale della Conferenza).
Infine, Italia e Ucraina hanno convenuto di organizzare la Conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina del 2025 in Italia (v.infra).
Il 26 gennaio 2023 si è svolta la prima riunione della Piattaforma di coordinamento dei donatori e le organizzazioni finanziarie internazionali per sostenere il processo di ricostruzione dell'Ucraina e garantire il coordinamento tra gli attori che forniscono sostegno finanziario a breve termine ma anche assistenza a lungo termine per la fase di ricostruzione. La piattaforma riunisce funzionari di alto livello di Ucraina, UE, Paesi del G7 e istituzioni finanziarie come la Banca europea per gli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale. II Comitato direttivo della Piattaforma è co-presieduto da UE, Stati Uniti ed Ucraina, Il Segretariato della Piattaforma si trova in un ufficio di Bruxelles ospitato dalla Commissione e in un ufficio di Kiev ospitato dal Governo ucraino.
Il 5 aprile 2023 nel corso della seconda riunione della Piattaforma di coordinamento dei donatori multi-agenzia per l'Ucraina, il Governo ucraino ha presentato le sue esigenze prioritarie per la ricostruzione nel 2023 per le infrastrutture energetiche, lo sminamento, le infrastrutture critiche e sociali, gli alloggi e il sostegno al settore privato che richiederanno un sostegno stimato di 14,1 miliardi di dollari, e quindi un finanziamento di 10,8 miliardi di dollari, oltre ai 3,3 miliardi di dollari già messi a disposizione dal governo ucraino per la ricostruzione.
Si è svolta a Londra, il 21 e 22 giugno 2023 una conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina, nel corso della quale le Stati partecipanti hanno promesso complessivamente un nuovo stanziamento di 60 miliardi di euro a favore della ricostruzione dell'Ucraina.
In, particolare, oltre all’impegno di 50 miliardi di euro annunciato dall’UE sulla base del nuovo strumento per l’Ucraina (v. supra), gli Stati Uniti hanno annunciato 1,3 miliardi di dollari per ulteriori aiuti all'Ucraina, il Regno Unito ha annunciato ulteriori garanzie da 3 miliardi di dollari per sostenere ulteriori investimenti e prestiti della Banca mondiale fino al 2027 e 240 milioni di sterline di sostegno per bisogni immediati. La Svizzera ha annunciato un ulteriore sostegno di 1,5 miliardi di franchi fino al 2027.
La Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina consiste in un ciclo di riunioni annuali, avviato a Londra nel 2017, inizialmente come Conferenza sulla riforma dell’Ucraina, e che a partire dalla Conferenza di Lugano è diventata un Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. Le precedenti conferenze si sono svolte nel 2018 a Copenaghen, nel 2019 a Toronto, nel 2021 a Vilnius (nel 2020 non si è svolta a causa della pandemia di coronavirus). La prossima Conferenza internazionale sulla ricostruzione dell’Ucraina dovrebbe svolgersi nel 2024 a Berlino, mentre quella del 2025 dovrebbe svolgersi in Italia.
Si ricorda che in occasione della precedente conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, che si è svolta a Lugano il 4 e 5 luglio 2022 era stata approvata la Dichiarazione di Lugano che prevede 7 princìpi per il processo di ricostruzione dell’Ucraina:
Il 25 maggio 2022, il Consiglio dell’UE ha adottato delle modifiche relative al regolamento (UE) 2018/1727 volte a consentire a Eurojust di preservare, analizzare e conservare le prove relative ai principali crimini internazionali.
Le autorità giudiziarie di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ucraina hanno inoltre istituito a partire dall’aprile 2022 una squadra investigativa comune, con il sostegno di Eurojust e la partecipazione dell’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale.
La Commissione europea ha previsto, l’8 giugno 2022, un finanziamento di 7,25 milioni di euro per sostenere le capacità investigative della Corte penale internazionale, in relazione ai crimini di guerra in Ucraina.
Il 30 novembre 2022 la Commissione ha presentato proposte ed opzioni per garantire che la Russia sia ritenuta responsabile delle atrocità e dei crimini commessi durante la guerra in Ucraina, e in particolare a) la proposta di creare una struttura per gestire i beni pubblici russi congelati e immobilizzati, investirli e utilizzare i proventi per l'Ucraina; b) la disponibilità a promuovere con la comunità internazionale l’istituzione di un tribunale internazionale ad hoc o un tribunale "ibrido" specializzato per indagare e perseguire il crimine di aggressione della Russia.
Il 9 dicembre 2022 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla lotta all'impunità per i crimini commessi in relazione alla guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina nelle quali, in particolare, invita gli Stati membri ad adottare misure per attuare pienamente la definizione dei crimini internazionali fondamentali, di cui all'articolo 5 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, e le modalità di responsabilità sancite dallo Statuto di Roma. Chiede inoltre agli Stati membri di consentire l'esercizio della giurisdizione universale o di altre forme di giurisdizione nazionale sui crimini internazionali fondamentali e di consentire una stretta cooperazione giudiziaria con la Corte penale internazionale (CPI). Le conclusioni invitano gli Stati membri a fornire un sostegno adeguato alla creazione e al funzionamento di unità specializzate dedicate alle indagini e al perseguimento dei crimini internazionali fondamentali a livello nazionale.
Il 19 gennaio 2023 il Parlamento europeo ha approvato il una risoluzione sull'istituzione di un tribunale speciale che si occupi del crimine di aggressione contro l'Ucraina, che dovrebbe integrare gli sforzi investigativi della Corte Penale internazionale e del suo procuratore, concentrandosi sui presunti genocidi, crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi in Ucraina.
Eurojust ha annunciato il 23 febbraio 2023 la predisposizione di una banca dati giudiziaria per l’archiviazione delle prove relative ai crimini di guerra e per supportare le indagini nazionali e internazionali, denominata International Crimes Evidence Database (Ciced).
Il 3 marzo 2023 a Leopoli, in occasione della Conferenza “Uniti per la Giustizia”, organizzata su iniziativa dell’Ucraina, è stata decisa la creazione, a l’Aja (Paesi Bassi) di un Centro Internazionale per il Perseguimento del Crimine di Aggressione contro l’Ucraina, operativo a partire dal luglio 2023 e con il compito di collezionare, analizzare e conservare le prove per i futuri processi per i crimini d’aggressione della Russia.
Si ricorda che, nell’ambito delle indagini sulla situazione in Ucraina, il 17 marzo 2023 la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto nei confronti del Presidente della Federazione russa Vladimir Putin e di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissaria presidenziale per i Diritti dei Bambini in Russia. Gli illeciti contestati sono il crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa.
L’UE ha aderito all’iniziativa assunta dal Vertice dei Capi di Stato e di Governo del Consiglio d’Europa, organizzato a Reykjavik il 16 e il 17 maggio, di istituire un registro dei danni causati dall’aggressione da parte della Federazione russa contro l’Ucraina attraverso un Accordo parziale allargato.
Il registro, con sede all’Aja (Paesi Bassi), e un ufficio satellite in Ucraina è istituito per un periodo iniziale di tre anni, e sarà utilizzato per registrare le prove e le informazioni relative alle richieste di risarcimento per danni, perdite o lesioni causate dall’aggressione da parte della Russia contro l’Ucraina. Il Registro apre la strada a un futuro meccanismo di risarcimento internazionale completo per le vittime dell’aggressione russa.
Il 17 maggio 2023 è stato rinnovato (fino al prossimo 18 luglio) l’accordo volto a consentire l'esportazione di cereali dai porti dell'Ucraina.
L’accordo era stato siglato il 22 luglio 2022, a Istanbul, con Ucraina e Russia, con la mediazione dell’ONU e della Turchia (non si tratta di un accordo diretto fra Ucraina e Russia ma di un accordo di entrambe con Turchia e Onu). L’accordo prevede l’impegno da parte di Russia e Ucraina a rispettare un corridoio di navigazione sicuro attraverso il Mar Nero, libero da ogni attività militare, volto a consentire le esportazioni commerciali di cereali da tre porti ucraini: Odessa, Chernomorsk e Yuzhny; un comando congiunto di controllo del traffico marittimo a Istanbul e ispezioni in Turchia delle navi dedicate al trasporto dei cereali, volte a controllare che non trasportino armi in Ucraina.
La Russia ha recentemente indicato la possibilità di non rinnovare l’accordo in occasione della scadenza del prossimo 18 luglio, affermando che il Governo ucraino non rispetterebbe alcune disposizioni dell’accordo.
Si ricorda che la Commissione europea ha presentato il 12 maggio 2022 un piano d’azione per la realizzazione di "corridoi di solidarietà" che consentano all'Ucraina di esportare i propri cereali ed anche di importare ciò di cui necessita, dagli aiuti umanitari ai mangimi per animali fino ai fertilizzanti. Secondo dati forniti dalla Commissione stessa, prima della guerra, il 75% della produzione di cereali dell'Ucraina veniva esportato dai porti ucraini sul Mar Nero, dai quali transitavano il 90 % delle esportazioni di cereali e semi oleosi, destinate all'incirca per un terzo all'Europa, un terzo alla Cina e un altro terzo all'Africa.
Il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022 ha riconosciuto la prospettiva europea dell'Ucraina, della Moldova e della Georgia, concedendo ai primi due paesi anche lo status di candidato
Il Consiglio, nelle conclusioni adottate il 13 dicembre 2022, ha riconosciuto i notevoli sforzi compiuti dall'Ucraina negli ultimi mesi per conseguire gli obiettivi alla base dello status di paese candidato, incoraggiandola a proseguire su questa strada e a soddisfare le condizioni per avviare i negoziati di adesione. Ha, altresì, invitato la Commissione a preparare una tabella di marcia che delinei le prossime tappe per l'accesso dell'Ucraina al mercato unico dell'UE, utilizzando il pieno potenziale dell'accordo di associazione e della zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA) con l'Ucraina.
La Commissione europea, nel suo parere sulla domanda di adesione dell’Ucraina ha indicato le seguenti 7 condizioni che il paese deve ottemperare per proseguire il percorso di adesione all’UE:
· adottare e attuare una legislazione che preveda una procedura di selezione dei giudici della Corte costituzionale ucraina, compreso un processo di preselezione basato sulla valutazione della loro integrità e delle loro competenze professionali;
· completare il controllo, da parte del Consiglio etico, dell'integrità dei candidati al Consiglio superiore della magistratura e procedere alla selezione di questi ultimi al fine di istituire la Commissione superiore per le qualifiche dei giudici dell'Ucraina;
· intensificare la lotta contro la corruzione, in particolare ad alto livello, attraverso indagini proattive ed efficienti e costituire una casistica credibile in materia di azioni penali e condanne; completare la procedura di nomina di un nuovo capo della Procura specializzata anticorruzione abilitando il vincitore del concorso organizzato a tal fine e avviare e completare la procedura di selezione e di nomina di un nuovo direttore dell'Ufficio nazionale anticorruzione dell'Ucraina;
· garantire che la legislazione antiriciclaggio sia conforme alle norme del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI); adottare un piano strategico globale per la riforma dell'intera struttura dell'attività di contrasto nell'ambito del contesto di sicurezza dell'Ucraina;
· attuare la legge contro gli oligarchi per limitare l'eccessiva ingerenza di questi ultimi nella vita economica, politica e pubblica, agendo in modo giuridicamente corretto;
· contrastare l'influenza degli interessi di parte adottando una legge sui media che allinei la legislazione ucraina alla direttiva dell'UE sui servizi di media audiovisivi e conferisca autonomia e responsabilità all'autorità indipendente di regolamentazione dei media;
· completare la riforma del quadro giuridico per le minoranze nazionali, attualmente in fase di elaborazione, come raccomandato dalla Commissione di Venezia, e adottare meccanismi di attuazione immediati ed efficaci.
Secondo, quanto riportato dall’agenzia stampa Agence Europe, il 21 giugno 2023 il Commissario europeo per l'allargamento Várhelyi, ha illustrato ai rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l'UE (riuniti in seno al Coreper) lo stato dei progressi dell’Ucraina nel processo di adesione, indicando che al momento l’Ucraina ha soddisfatto le condizioni relative alle riforme della magistratura e del settore dei media, ed ha compiuto importanti progressi per soddisfare la condizione relativa alla riforma della Corte costituzionale, mentre sono necessari ulteriori sforzi necessari per conformarsi alle rimantenenti raccomandazioni.
La Commissione europea dovrebbe presentare un rapporto scritto sui progressi dell’Ucraina nell’autunno del 2023. Una decisione sull’avvio dei negoziati con l’Ucraina non potrebbe essere presa prima del Consiglio europeo del dicembre 2023.
Il 15 giugno 2023 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla ricostruzione sostenibile e integrazione dell'Ucraina nella comunità euroatlantica nella quale in particolare:
· esorta la Commissione e gli Stati membri a continuare a sostenere l'Ucraina affinché i negoziati di adesione del paese all'UE possano essere avviati quest'anno;
· ribadisce la sua richiesta di un'interazione innovativa, complementare e flessibile tra i lavori in corso sull'attuazione dell'accordo di associazione in vigore e il processo negoziale di adesione, consentendo in tal modo la graduale integrazione dell'Ucraina nel mercato unico dell'UE e nei programmi settoriali, compreso l'accesso ai fondi dell'UE nei rispettivi settori; esorta gli Stati membri ad astenersi da qualsiasi azione unilaterale che limiti l'accesso dell'Ucraina al mercato unico dell'UE;
· esorta l'Ucraina a dare priorità al rafforzamento dello Stato di diritto, portando avanti la riforma del sistema giudiziario e la lotta contro la corruzione, poiché i progressi in questi ambiti determineranno non solo i suoi progressi nel percorso europeo ma anche il successo della sua ricostruzione e della sua ripresa.
Secondo il progetto di Conclusioni, il Consiglio europeo, sulla base delle informative della presidenza del Consiglio e della Commissione europea, dovrebbe fare il punto sui progressi in materia di competitività e produttività a lungo termine dell’Unione, con particolare riferimento al rafforzamento del mercato unico, alla tutela della sua integrità e delle condizioni di parità, al rafforzamento della politica industriale e alla riduzione delle dipendenze strategiche nei settori più sensibili. Ricordando le conclusioni dello scorso marzo e alla luce dell’accelerazione delle transizioni verde e digitale, dovrebbe: Ø invitare i colegislatori ad accelerare i lavori in merito alle proposte legislative sull’industria a zero emissioni nette e sulle materie prime critiche, al fine di concluderli entro l’attuale legislatura, nonché a portare avanti i lavori sullo sviluppo delle tecnologie strategiche e sul rafforzamento delle loro catene del valore; Ø sottolineare la necessità di affrontare, per promuovere innovazione, fiducia e investimenti, rischi e opportunità connessi all’intelligenza artificiale, definendo norme globali e invitando i colegislatori a ultimare i lavori sulla proposta di regolamento sull’IA; Ø chiedere alla Commissione europea di presentare misure urgenti per garantire una produzione e una disponibilità sufficienti dei farmaci più critici e per diversificare le catene di approvvigionamento internazionali, invitando i colegislatori a proseguire i lavori sulla proposta di riforma della legislazione farmaceutica; Ø accogliere con favore l’entrata in vigore dell’Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti e conseguentemente del brevetto unitario europeo; Ø restare in attesa della prima revisione annuale dei progressi sulla competitività e produttività a lungo termine che sarà presenta alla riunione del marzo 2024; Ø chiedere la presentazione di una relazione indipendente di alto livello sul futuro del mercato unico nella prossima riunione del marzo 2024, invitando le presidenze entranti del Consiglio e la Commissione europea ad avviare i lavori in tal senso consultando gli Stati membri; Ø invitare la Commissione europea a presentare una serie di strumenti per far fronte alle sfide demografiche in relazione al loro impatto sul vantaggio competitivo dell’Europea; In base al progetto di conclusioni, la Commissione europea dovrebbe riferire sulle discussioni con gli Stati Uniti in merito agli effetti della legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione (IRA). Il Consiglio europeo dovrebbe quindi invitare quest’ultima a valutare gli effetti dell’IRA sulle decisioni di investimento delle imprese e l’efficacia delle misure adottate in dall’Unione europea e dagli Stati membri Il Consiglio europeo dovrebbe, inoltre: Ø sottolineare la necessità di rafforzare la resilienza e la sicurezza economica al fine di tutelare gli interessi dell’Unione preservando un’economia aperta. Dovrebbe inoltre chiedere un approccio che fornisca risposte proporzionate, precise e mirate alle sfide di sicurezza sulla base della valutazione dei rischi. Ø avallare le raccomandazioni integrate specifiche per paese nell’ambito del semestre europeo 2023,affinché possano essere adottate definitivamente dal Consiglio; Ø invitare il Consiglio a portare avanti i lavori sulle proposte per il riesame della governance economica, al fine di concluderli nel 2023, e per la revisione del Quadro finanziario pluriennale. |
Le conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2023 hanno sottolineato che un mercato unico ben funzionante rimane fondamentale per il successo delle transizioni verde e digitale, per la crescita futura dell’Unione e per la coesione economica, sociale e territoriale e hanno chiesto un'azione ambiziosa per completare il mercato unico, in particolare per quanto riguarda il digitale e i servizi, e porre rimedio alle vulnerabilità evidenziate dalle recenti crisi, garantendo condizioni di parità a livello sia interno che mondiale, con un'attenzione particolare alle PMI.
Lo scorso 16 marzo in occasione del 30° anniversario del mercato unico la Commissione europea ha presentato due comunicazioni, discusse recentemente nell’ambito del Consiglio “Competitività” dell’UE.
Nella prima Comunicazione, sui 30 anni del mercato unico, si illustrano i risultati conseguiti nella costruzione del mercato unico, sottolineandone le ulteriori potenzialità, nella seconda Comunicazione si propone in quali modi l’UE può rafforzare e approfondire il mercato unico e garantire la competitività a lungo termine.
In particolare, nella prima comunicazione la Commissione rileva che sebbene il mercato unico abbia apportato sostanziali benefici ai cittadini e alle imprese europei e costituisca, con 440 milioni di cittadini, 23 milioni di imprese e il 15% del PIL mondiale, la più grande area di mercato integrato al mondo, esso deve continuare ad adattarsi alle nuove realtà e tenere conto dell'evoluzione del contesto geopolitico, degli sviluppi tecnologici, delle transizioni verde e digitale e della necessità di rafforzare la competitività e la produttività a lungo termine dell'UE. I potenziali benefici sono molto significativi: si stima, infatti, che la sola eliminazione degli ostacoli nazionali al mercato unico delle merci e dei servizi assicurerebbe 713 miliardi di euro di valore aggiunto entro la fine del 2029.
Con la seconda comunicazione la Commissione europea si è posta inoltre l’obiettivo di migliorare il flusso commerciale di beni e servizi all'interno dell’Unione in percentuale del PIL dell'UE (dal 23,5% per i beni e 6,75% per i servizi del 2021).
La Commissione propone una visione fondata su un modello di crescita economica basato sui principi della competitività sostenibile, della sicurezza economica, dell’autonomia strategica aperta e della concorrenza leale. Propone pertanto di lavorare lungo nove drivers che si rafforzano a vicenda: 1) mercato unico funzionante; 2) accesso al capitale privato e agli investimenti, con particolare riguardo all’approfondimento dell'Unione dei mercati dei capitali e al completamento dell'Unione bancaria; 3) investimenti pubblici e infrastrutture; 4) ricerca e innovazione; 5) energia; 6) circolarità; 7) digitalizzazione; 8) istruzione e competenze; 9) commercio e autonomia strategica aperta.
Per ciascuno di questi drivers vengono fissati 17 indicatori chiave di prestazione, accompagnati da obiettivi, al fine di monitorare i progressi in ciascuna delle dimensioni di competitività:
1. mercato unico funzionante, due obiettivi: a) migliorare il flusso commerciale di beni e servizi all'interno dell’Unione in percentuale del PIL dell'UE (dal 23,5% per i beni e 6,75% per i servizi del 2021); b) portare allo 0,5% (dall’1,3% del 2021) il cd. deficit di conformità che misura la percentuale di direttive recepite in modo non corretto;
2. accesso al capitale privato e agli investimenti, due obiettivi: a) incrementare gli investimenti privati netti in percentuale del PIL (dal 3,2% del 2021); b) incrementare gli investimenti in capitale di rischio in percentuale del PIL (dallo 0,48% del 2021);
3. investimenti pubblici e infrastrutture, un obiettivo: aumentare gli investimenti pubblici in percentuale del PIL (dal 3,2% del 2021);
4. ricerca e innovazione, due obiettivi: a) portare la spesa totale (pubblica e privata) in ricerca e sviluppo in percentuale del PIL a più del 3% oltre il 2030 (dal 2,26% del 2021); b) incrementare il numero delle domande di brevetti (da 67.713 del 2021);
5. energia, due obiettivi: a) portare la quota di energia da fonti rinnovabili al 45% nel 2030 (dal 21,77% del 2021); b) abbassare e poi stabilizzare i prezzi dell'energia elettrica per i consumatori non domestici (da 0.1604 euro per KWh del primo semestre 2022);
6. circolarità, un obiettivo: portare il tasso di uso circolare dei materiali al 23,4% entro il 2030 (dall’11,7% del 2021);
7. digitalizzazione, due obiettivi: a) portare la quota delle PMI con almeno un livello base di intensità digitale al 90% entro il 2030 (dal 69% del 2022); b) portare la quota di imprese che hanno adottato tecnologie digitali (servizi di cloud computing, big data, intelligenza artificiale) al 75% entro il 2030 (partendo dal 41% per il cloud computing del 2021, dal 14,2% per i big data del 2020 e dal 7,9% per l’intelligenza artificiale del 2021);
8. istruzione e competenze, tre obiettivi: a) portare la partecipazione annuale degli adulti ad attività di istruzione e formazione al 60% entro il 2030 (dal 37,4% del 2016); b) portare il tasso di occupazione degli adulti al 78% entro il 2030 (dal 73% del 2021); c) portare il numero degli specialisti TIC a 20 milioni entro il 2030 (da 8,5 milioni del 2021);
9. commercio e autonomia strategica aperta, un obiettivo: aumentare la quota di commercio di beni e servizi dell’UE con il resto del mondo come percentuale del PIL dell’UE (dal 21,5% del 2021).
Infine, vi è l’obiettivo di facilitare alle aziende il compito di conformarsi ai requisiti normativi e amministrativi.
Contestualmente a queste due comunicazioni, la Commissione europea ha presentato anche la Relazione annuale 2023 sul mercato unico, che fa il punto sull'integrazione del mercato unico e sui possibili miglioramenti da apportare, e il quadro di valutazione del mercato unico 2022, che esamina in particolare i progressi conseguiti nell'attuazione del diritto dell'UE, le condizioni generali delle imprese, l'integrazione del mercato unico e altri importanti obiettivi strategici quali la crescita e l'occupazione, la resilienza, l'economia digitale e verde.
Per ulteriori dettagli si veda anche il Dossier a cura del Senato e della Camera dei deputati.
Le proposte di regolamento sull’industria a zero emissioni nette e sulle materie prime critiche fanno parte Piano industriale per il Green Deal lanciato dalla Commissione europea lo scorso febbraio. (per maggiori dettagli sul Piano si veda il Dossier a cura del Senato e della Camera dei deputati).
La proposta di regolamento (cosiddetto Net Zero Industry Act) indica l’obiettivo di produrre nell’UE, entro il 2030, almeno il 40% del fabbisogno annuo di tecnologie utili alla neutralità climatica. A tal fine sono individuate 8 tecnologie strategiche: solare fotovoltaico e termico; eolico onshore e fonti rinnovabili offshore; batterie e accumulatori; pompe di calore e geotermia; elettrolizzatori e celle a combustibile; biogas e biometano; cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs); tecnologie per le reti elettriche.
La selezione di tali tecnologie si è basata su tre criteri principali: il livello di preparazione tecnologica, il contributo alla decarbonizzazione e alla competitività e i rischi per la sicurezza dell'approvvigionamento.
Sono anche contemplate alcune tecnologie non strategiche, tra cui quelle sostenibili per i combustibili alternativi, quelle avanzate per produrre energia dai processi nucleari con scarti minimi dal ciclo del combustibile.
La proposta contiene disposizioni che prevedono, tra l’altro, condizioni favorevoli per gli investimenti, l’inserimento di criteri di sostenibilità negli appalti pubblici e nelle aste, la creazione di forza lavoro qualificata e spazi di sperimentazione regolati (regulatory sandbox) per il collaudo e la convalida di tecnologie innovative a zero emissioni.
Una piattaforma Net-Zero Europe aiuterà la Commissione e gli Stati membri a coordinare le azioni e a scambiare informazioni, anche per quanto riguarda i partenariati industriali Net-Zero.
La proposta è accompagnata da una Comunicazione relativa alla futura creazione di una "Banca Europea per l'Idrogeno", con l’obiettivo di sbloccare gli investimenti privati nelle catene di valore dell'idrogeno nell'UE e nei Paesi terzi. La Banca dovrebbe essere operativa entro la fine dell'anno.
La Commissione sta attualmente progettando le prime aste pilota sulla produzione di idrogeno rinnovabile, che saranno il primo strumento finanziario della Banca dell'idrogeno. Queste aste saranno lanciate nell'ambito del Fondo per l'innovazione nell'autunno del 2023, con un budget dedicato di 800 milioni di euro.
L’iter legislativo europeo è nella sua fase iniziale. Dalle prime discussioni in seno al Consiglio “Competitività” dell’UE, emerge che il tema del nucleare è quello politicamente più sensibile e divisivo, con molti Stati membri (tra cui Francia, Finlandia, Ungheria e Polonia) che ne chiedono l’inclusione nell’ambito delle tecnologie definite “strategiche”, mentre altri (Germania, Austria e Lussemburgo) sono contrari a questa richiesta. Al Parlamento europeo la proposta è stata assegnata alla Commissione Industria, ricerca ed energia.
La proposta di regolamento stabilisce un quadro comune volto a garantire un approvvigionamento più sicuro, diversificato e sostenibile delle materie prime critiche, rafforzando anche la circolarità all’interno della catena del valore e sostenendo la ricerca e l'innovazione. La proposta, che è la prima iniziativa legislativa in questo settore, è accompagnata da una Comunicazione che preannuncia ulteriori azioni in questa direzione.
Per approfondimenti sulla proposta si fa rinvio al dossier RUE.
La proposta definisce un elenco di 16 materie prime strategiche (ossia quelle più importanti da un punto di vista strategico, la cui domanda è destinata a crescere maggiormente e che presentano maggiore difficoltà di aumento della produzione). Tra esse figurano alcune terre rare (neodimio, prasedonimo, terbio, disprosio, gadolinio, samario e cerio), il litio, il cobalto e il rame. Presenta inoltre un ampliamento dell’elenco attuale delle materie prime critiche (che diventerebbero 34).
Gli elenchi delle materie prime strategiche e delle materie prime critiche sono contenuti rispettivamente negli allegati I e II della proposta.
Le misure contenute nella proposta mirano inoltre a rafforzare le diverse fasi della catena del valore di tali materie all’interno dell’UE definendo obiettivi relativi alle capacità nazionali nella catena di approvvigionamento e nella diversificazione dell’approvvigionamento dell'UE da raggiungere entro il 2030. Tali obiettivi nazionali sono così quantificati:
· almeno il 10% del consumo annuo dell'UE per l'estrazione;
· almeno il 40 % del consumo annuo dell'UE per la trasformazione;
· almeno il 15 % del consumo annuo dell'UE per il riciclaggio;
Al fine di garantire la diversificazione degli approvvigionamenti, la proposta stabilisce che non sarà possibile importare più del 65% del consumo annuale dell’UE da un singolo paese terzo.
La Commissione europea potrà riconoscere come “progetti strategici” quei progetti che contribuiscono ad aumentare la capacità dell'UE; coprono l'intera catena di valore delle materie prime, compreso il riciclaggio; sono realizzabili in poco tempo e rispettano standard sociali e ambientali.
I progetti strategici, che possono essere realizzati anche in Paesi terzi, beneficeranno della riduzione degli oneri amministrativi, della semplificazione delle procedure di autorizzazione e di termini di autorizzazione più brevi. I progetti strategici saranno finanziati da investimenti privati e mediante sostegno pubblico, come gli aiuti di stato. Ulteriori disposizioni della proposta mirano a migliorare la capacità dell'Unione di monitorare e mitigare il rischio di approvvigionamento legato alle materie prime critiche.
Come previsto dalla Comunicazione che accompagna la proposta, la sicurezza dell’approvvigionamento sarà garantita anche mediante partenariati strategici con i paesi terzi, mentre un “Club delle materie prime” riunirà i paesi consumatori e paesi ricchi di materie prime critiche per discutere di forme di investimento sostenibili, accesso ai mercati ecc.
Si ricorda che e l’Unione europea e gli Stati Uniti stanno approfondendo la cooperazione sulla diversificazione delle catene di approvvigionamento di minerali critici e di batterie, in vista di un accordo mirato sui minerali critici (v. infra). Tale accordo fornirebbe una base per lavorare verso un Club delle materie prime critiche ampio e vasto.
L’iter legislativo europeo è nella sua fase iniziale. In seno al Consiglio “Competitività” dell’UE è stato espresso apprezzamento per la proposta della con alcuni suggerimenti che riguardano eventuali campagne di comunicazione al pubblico sui nuovi progetti di estrazione (tra i paesi che suggeriscono ciò vi è anche l’Italia,). La Presidenza svedese spera di giungere ad un accordo prima dell’estate. Al Parlamento europeo la proposta è stata assegnata alla Commissione Industria, ricerca ed energia.
Nella Relazione trasmessa alle Camere ai sensi della legge 234/2012 il Governo ha espresso un giudizio globalmente positivo sulla proposta. Ritiene opportuno tuttavia: estendere la lista delle materie prime critiche anche a materie prime fondamentali per l’industria manifatturiera di base; chiarire che i progetti che saranno dichiarati strategici potranno godere non solo di procedure autorizzative snellite ma anche accedere a strumenti finanziari; incentivare maggiormente il riciclo e sostenere la ricerca sulle materie prime sostitutive.
La situazione italiana
Secondo i dati forniti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) in Italia sono stati identificati finora 3,016 siti estrattivi ed entro il prossimo anno è attesa una nuova Carta mineraria. In Piemonte, sono riscontrati sinora elevati tenori di cobalto e nickel, in Lombardia di zinco, piombo e argento, mentre vicino a Roma è stata riscontrata presenza di litio. Si conosce inoltre l’esistenza di terre rare in diverse località italiane, nella fascia tirrenica laziale, nell’arco alpino, in Sardegna. Sono presenti inoltre molti rifiuti estrattivi (70 milioni di metri cubi in Sardegna), che possono rappresentare un potenziale nuovo deposito di risorse critiche e non critiche da riutilizzare in un’ottica circolare. L’Italia è in retroguardia nell’esplorazione mineraria ed è totalmente dipendente dai mercati esteri. Lo scorso settembre è stato istituito un tavolo tecnico governativo composto da quattro gruppi di lavoro tematici, due dei quali si occupano rispettivamente di esplorare le possibilità di un’estrazione sostenibile nel territorio italiano (gruppo coordinato dall’ISPRA) e di ridurre la domanda di materie prime critiche attraverso il riuso e il recupero dei componenti e dei materiali a fine vita (gruppo coordinato da ENEA).
Come evidenzia uno Studio del Parlamento europeo i rischi posti dalle tecnologie di intelligenza artificiale, in particolare per i diritti umani e le libertà fondamentali sono da tempo documentati.
Secondo la Commissione europea, i sistemi di IA presentano generalmente le seguenti caratteristiche specifiche: i) opacità (limitata capacità della mente umana di comprendere il funzionamento di determinati sistemi di IA), ii) complessità, iii) adattamento continuo e imprevedibilità, iv) comportamento autonomo e v) dati (dipendenza funzionale dai dati e dalla loro qualità). Inoltre una nuova ondata di tecnologie di rottura di "IA per finalità generali" con capacità generative, come ChatGPT, sta trasformando rapidamente il modo in cui i sistemi di IA sono costruiti e diffusi e solleva una serie di preoccupazioni strategiche in merito alla privacy, ai diritti di proprietà intellettuale e alla diffusione della disinformazione.
La proposta relativa a un quadro normativo dell'UE in materia di intelligenza artificiale (IA), presentata nell’aprile 2021, è la prima normativa esaustiva dell'UE volta a regolamentare l'IA e affrontarne i potenziali danni.
Nel suo Libro Bianco sull'Intelligenza Artificiale del 2020, la Commissione Europea ha evidenziato la necessità di un quadro normativo e orientato agli investimenti, con il duplice obiettivo di promuovere l'adozione dell'intelligenza artificiale e di affrontare i rischi associati a determinati usi di questa nuova tecnologia. Inizialmente la Commissione Europea aveva adottato un approccio di soft law con la pubblicazione delle sue Linee guida etiche non vincolanti del 2019 per un'IA affidabile e delle sue raccomandazioni politiche e di investimento. Tuttavia, con la Comunicazione "Favorire un approccio europeo all'Intelligenza Artificiale", pubblicata nel 2021, la Commissione Europea si è spostata verso un approccio legislativo. Dal momento che la legislazione esistente che protegge i diritti fondamentali e garantisce la sicurezza e i diritti dei consumatori (comprese le leggi sulla protezione dei dati e sulla non discriminazione) appare insufficiente per affrontare i rischi posti dalle tecnologie relative alla IA, la Commissione propone l'adozione di regole armonizzate per lo sviluppo, l'immissione sul mercato e l'uso dell'intelligenza artificiale.
La proposta introduce una definizione di sistemi di IA neutra dal punto di vista tecnologico e stabilisce una classificazione per i sistemi di IA con requisiti e obblighi diversi adattati a un "approccio basato sul rischio”. Tale approccio si basa su una "piramide di rischio" ascendente (che va dal rischio basso/medio a quello elevato, fino al rischio inaccettabile) per classificare, nell'ambito dell'IA, una serie di casi di pratiche generali e di impieghi specifici in determinati settori, cui la Commissione ricollega rispettive misure di attenuazione, o addirittura i divieti di alcune pratiche di IA. Tali divieti riguardano una serie limitata di utilizzi dell'IA ritenuti incompatibili con i valori dell'Unione europea, in particolare quelli che si sostanziano nei diritti fondamentali contenuti nella Carta europea.
Alcuni sistemi di IA che presentano rischi "inaccettabili" per la sicurezza delle persone e i diritti fondamentali, come quelli che consentono "tecniche subliminali" dannose di manipolazione o l'identificazione biometrica remota "in tempo reale" in spazi accessibili al pubblico per finalità di contrasto (ad esempio il riconoscimento facciale), sarebbero vietati tranne in un numero limitato di casi. Sarebbe autorizzata un'ampia gamma di sistemi di IA "ad alto rischio" che rientrano in determinati settori o casi d'uso (quali istruzione, occupazione, attività di contrasto e giustizia), a condizione che rispettino una serie di requisiti e obblighi (ad esempio la valutazione della conformità). I sistemi di IA che presentano solo un "rischio limitato" sarebbero soggetti a obblighi di trasparenza meno rigidi: è il caso di chatbot (programmi in grado di simulare conversazioni umane), sistemi di riconoscimento delle emozioni o "deep fake" (foto, video e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale che, partendo da contenuti reali, riescono a modificare o ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce).
La legge sull'IA sancirebbe inoltre norme relative agli spazi di sperimentazione onde promuovere l'innovazione nell'ambito dell'IA che creano un ambiente controllato per testare tecnologie innovative per un periodo limitato, con l'obiettivo di sostenere le imprese innovative, le PMI e le start-up.
(Per dettagli sulla proposta si veda il Dossier a cura della Camera dei deputati).
Il Consiglio ha adottato la sua posizione comune nel dicembre 2022.
Lo scorso 14 giugno il Parlamento europeo ha votato alcuni emendamenti al testo della Commissione europea. Una delle modifiche riguarda l’inserimento, nella lista dei sistemi ad alto rischio, dei sistemi utilizzati per influenzare gli elettori e l'esito delle elezioni e dei sistemi di raccomandazione utilizzati dalle piattaforme di social media (con oltre 45 milioni di utenti) (Si veda anche il Comunicato stampa del PE).
I negoziati di trilogo sul testo definitivo dovrebbero iniziare il prossimo 18 luglio, sotto la Presidenza spagnola.
Un primo incontro ha avuto luogo il 14 giugno con l'attuale Presidenza svedese del Consiglio dell'UE. Si prevede che le discussioni iniziali si concentrino in particolare sulla questione dell'attuazione parziale del testo prima che i colegislatori raggiungano un accordo definitivo, anche in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo. Questa idea è difesa in particolare dal correlatore italiano Brando Benifei (S&D).
Lo scorso 26 aprile la Commissione europea ha presentato un pacchetto di riforma della legislazione farmaceutica in vigore. Il pacchetto consta di una proposta di direttiva e una proposta di regolamento (al momento disponibili in lingua inglese), una Comunicazione e una proposta di raccomandazione del Consiglio sulla resistenza antimicrobica.
La riforma mira a rendere la legislazione più agile, flessibile e adeguata alle esigenze dei cittadini e delle imprese dell'UE. Essa migliorerà la disponibilità e l'accessibilità, anche in termini di prezzi, dei medicinali. Sosterrà l'innovazione e darà slancio alla competitività e all'attrattiva dell'industria farmaceutica dell'UE promuovendo al contempo i parametri ambientali più elevati. In particolare, la Commissione intende conseguire i seguenti obiettivi principali:
· creare un robusto mercato unico dei medicinali tale da garantire che tutti i pazienti nell'intera UE dispongano di un accesso tempestivo ed equo a medicinali sicuri, efficaci e a prezzi accessibili (sono previsti per questo incentivi, procedure semplificate di immissione in commercio e sarà a facilitata la messa a disposizione di farmaci generici e similari);
· continuare a offrire un quadro attraente e favorevole all'innovazione per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di medicinali in Europa (l’EMA fornirà sostegno agli sviluppatori di nuovi farmaci promettenti. Saranno accelerate la valutazione scientifica e l’autorizzazione di farmaci, pur mantenendo e elevati standard di qualità, sicurezza ed efficacia);
· ridurre drasticamente gli oneri amministrativi accelerando fortemente le procedure, velocizzando il rilascio delle autorizzazioni per i medicinali in modo che queste giungano più rapidamente ai pazienti;
· migliorare la disponibilità e garantire che i medicinali possano essere forniti sempre ai pazienti, indipendentemente dal luogo in cui vivono nell'UE;
· contrastare la resistenza antimicrobica e la presenza di farmaci nell'ambiente seguendo un approccio "One Health";
· migliorare la sostenibilità dal punto di vista ambientale dei medicinali.
Per affrontare le carenze di medicinali e garantire la sicurezza dell'approvvigionamento la riforma introduce nuovi obblighi di monitoraggio delle carenze di medicinali in capo alle autorità nazionali e all'EMA e attribuisce a quest’ultima un ruolo di coordinamento più incisivo. Sarà stabilito un elenco UE dei medicinali critici e saranno valutate le vulnerabilità delle relative catene di approvvigionamento, con raccomandazioni specifiche sulle misure richieste alle imprese e agli altri portatori di interessi delle catene di approvvigionamento.
Per quanto riguarda la resistenza antimicrobiotica la proposta di raccomandazione del Consiglio contiene misure complementari che riguardano il settore della sanità umana, della salute animale e dell'ambiente, grazie al cosiddetto approccio "One Health" (ossia un approccio olistico basato sull’integrazione di discipline diverse).
La proposta sostiene l'uso prudente degli antimicrobici raccomandando obiettivi concreti e misurabili per ridurne l'uso e promuovere livelli elevati di prevenzione delle infezioni, in particolare in ambiente ospedaliero, e di controllo nel campo della sanità umana. La proposta migliora inoltre la consapevolezza del pubblico, l'istruzione e la formazione dei professionisti pertinenti e promuove la cooperazione tra i portatori di interessi di tutti i settori pertinenti.
Il Consiglio ha discusso la riforma lo scorso 13 giugno. In quella occasione molte delegazioni avrebbero chiesto di trovare un equilibrio tra l'accesso ai farmaci per tutti gli Stati membri e il mantenimento di un'industria farmaceutica forte.
I ministri di diversi Paesi (tra cui Polonia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Stati baltici) hanno chiesto che i farmaci generici vengano introdotti sul mercato più rapidamente. La Germania, come altri tra cui Irlanda, Danimarca e Paesi Bassi, ha difeso la competitività dell’industria farmaceutica europea, in particolare di fronte a Cina e India. La Francia avrebbe chiesto una rapida conclusione della lista europea dei farmaci critici. L'Italia avrebbe raccomandato di rivedere il mandato dell’EMA. Non appena i testi saranno tradotti in tutte le lingue ufficiali, saranno avviati i lavori a livello tecnico.
Il 1 giugno scorso è entrato in vigore il brevetto unitario europeo, grazie all’avvenuta ratifica da parte della Germania, dell’Accordo sul “Tribunale unificato dei brevetti”, (TUB), firmato nel febbraio 2013 da 25 Stati membri (tutti tranne Polonia e Spagna, mentre la Croazia all'epoca non faceva ancora parte dell'UE).
L’Accordo sul TUB è parte di un pacchetto di misure composto dal regolamento UE n. 1257/2012 che autorizza la cooperazione rafforzata per l'istituzione di un brevetto europeo con effetto unitario (cosiddetto "brevetto unitario") e dal regolamento UE n. 1260/2012 che autorizza la cooperazione rafforzata per il relativo regime di traduzione applicabile.
L’operatività del brevetto unitario europeo era condizionata alla ratifica dell’Accordo sul TUB da parte di almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Gran Bretagna e Francia, i tre paesi in cui si depositano il maggior numero di brevetti. Il processo di ratifica dell’Accordo è stato rallentato negli anni sia dalle difficoltà incontrate internamente dalla Germania, sia dalla Brexit. Mentre Francia e Italia avevano ratificato l’accordo, (l’Italia con legge n. 214 del 2016), in Germania il processo di ratifica era stato interrotto da una pronuncia della Corte Costituzionale tedesca del 2020. Il processo di ratifica si è poi concluso lo scorso febbraio.
Il brevetto unitario europeo consentirà al titolare del brevetto di ottenere, con un'unica procedura centralizzata presso l’Ufficio europeo dei brevetti, UEB, una protezione brevettuale automaticamente uniforme in tutti i 17 Paesi che hanno ratificato l’Accordo TUB, senza dover ottenere la convalida in ciascun Paese, come avvenuto sinora. Il brevetto unitario non sostituirà, ma si affiancherà alla tutela brevettuale nazionale ed europea esistente.
Il brevetto unitario europeo dovrebbe portare evidenti vantaggi in termini economici e di oneri burocratici: secondo le istituzioni europee, infatti, i costi di traduzione e amministrativi dovrebbero ridursi fino all'80%, con una singola tassa annuale di rinnovo da corrispondere direttamente all'UEB al posto delle numerose tasse di rinnovo da pagare ai diversi uffici nazionali.
Il Tribunale Unificato dei Brevetti dal 1° giugno è lo strumento sovranazionale per la risoluzione delle controversie in materia di brevetti europei e di brevetti unitari europei. Il TUB ha una Corte di Prima Istanza con sezione centrale a Parigi e una sezione distaccata a Monaco di Baviera. Una seconda sezione distaccata era prevista a Londra, ma a seguito della Brexit, questa non sarà operativa. Il Governo italiano ha raggiunto un’intesa politica con Francia e Germania per l'istituzione a Milano della sezione distaccata precedentemente assegnata a Londra.
La Corte d’Appello TUB ha sede a Lussemburgo, insieme alla Cancelleria.
Lo scorso gennaio la Commissione europea ha pubblicato una Comunicazione sull’utilizzo dei talenti nelle regioni d’Europa, accompagnata da un documento di lavoro sull’impatto del cambiamento demografico in un ambiente in evoluzione, che aggiorna il Rapporto demografico del 2020.
Il documento di lavoro evidenzia che in tutta l’Europa, negli ultimi 50 anni, l’aspettativa di vita è aumentata notevolmente. La popolazione dell’UE è passata da 354 milioni nel 1960 a 446,8 milioni al 1° gennaio 2022. Il 1° gennaio 2021 le persone di 65 anni e oltre rappresentavano il 20,8% della popolazione dell’UE. Rispetto al decennio precedente la quota di anziani è aumentata di 3 punti percentuali (dal 17,8% del 2011). Tuttavia, anche se l’Europa ha livelli di immigrazione più alti di quelle dell’emigrazione, si prevede che la popolazione dell’UE continuerà a crescere, ma ad un ritmo limitato, fino al 2029, dopodiché inizierà a diminuire lentamente.
Infatti, si registra una tendenza continua alla riduzione delle nascite. Già ora, la quota dei giovani nell’UE sta diminuendo. Nella fascia di età compresa tra di 15 e i 29 anni, la quota minima è diminuita dal 18,1% nel 2011 al 16,6% nel 2019 e al 16,3% nel 2019. Si prevede che questa tendenza continui e diventi ancora più marcata nelle regioni rurali.
Le tendenze demografiche non riguardano tutti i paesi e tutte le regioni allo stesso tempo. Sebbene la popolazione europea stia invecchiando nel suo complesso, gli sviluppi demografici sono tutt’altro che uniformi, con notevoli variazioni tra sia i singoli Stati membri che al loro interno. Il declino demografico è stato particolarmente accentuato in alcuni Stati membri orientali, che hanno registrato alti livelli di emigrazione e di spostamento di persone da regioni rurali ad aree prevalentemente urbane, in cerca di migliori opportunità di lavoro e di possibilità di istruzione e formazione.
Il calo e l’invecchiamento della popolazione comportano nuove sfide: la contrazione della popolazione in età lavorativa mette sotto pressione i mercati del lavoro e gli Stati sociali, aumenta l’indice di dipendenza degli anziani e accresce l’onere pro-capite del debito pubblico. Ciò rende anche più difficile sostenere pensioni adeguate. Si prevede che il costo totale dell’invecchiamento, pari al 24% del PIL nel 2019, dovrebbe aumentare di 1,9 punti percentuali del PIL entro il 2070.
Si prevede inoltre che entro il 2050 circa il 30% della popolazione europea avrà più di 65 anni e ci saranno meno di due adulti in età lavorativa per ogni anziano. Già ora si osserva una diminuzione della popolazione in età lavorativa. Nell’ultimo decennio questa è scesa da 269 milioni nel 2012 a 264 milioni nel 2021. Sebbene il fenomeno sia diffuso è particolarmente pronunciato in alcuni stati membri (come Lettonia, Bulgaria e Romania) che risentono dei flussi migratori in uscita oltre che dei bassi tassi di natalità. La mancata sostituzione dei lavoratori di mezza età con una maggiore produttività del lavoro rischia di creare squilibri nei trasferimenti intergenerazionali dell’economia, che possono porre limiti alla crescita economica sia livello nazionale che regionale.
Inoltre, le divergenze demografiche possono aggravare i divari economici, regionali e sociali.
La Commissione europea ritiene che per sostenere la crescita economica la popolazione in età lavorativa deve aumentare, i tassi di partecipazione alla forza lavoro devono crescere e/o la produttività deve aumentare grazie a i progressi tecnologici e allo sviluppo delle competenze. La contrazione della popolazione in età lavorativa sottolinea la necessità di attivare talenti disponibili e di continuare ad investire nelle competenze di tutte le generazioni.
Nella Comunicazione sull’utilizzo dei talenti nelle regioni d’Europa, la Commissione europea delinea soluzioni mirate per attrarre o trattenere talenti nelle zone rurali, con l’obiettivo di trasformare le regioni in contrazione in luoghi più dinamici e orientati al talento e di contribuire a stimolare i collegamenti tra città e campagna. La Commissione propone un meccanismo, suddiviso in otto pilastri, che prevede, tra l’altro: il lancio di un progetto pilota per sostenere le regioni a sviluppare strategie per attrarre e trattenere i lavoratori; iniziative per stimolare gli investimenti nello sviluppo dei talenti in queste regioni; uno strumento di Supporto Tecnico (STI) per aiutare gli Stati membri a realizzare le riforme necessarie per affrontare il calo della popolazione in età lavorativa, mentre la politica di coesione e gli investimenti interregionali nell'innovazione aumenteranno le opportunità di lavoro qualificato.
L'Inflation Reduction Act (IRA) è un pacchetto di misure, presentato dal Presidente Biden il 16 agosto 2022 che include crediti d'imposta, incentivi e altre disposizioni, per un totale di 369 miliardi di dollari, intese ad aiutare le aziende americane ad affrontare il cambiamento climatico, aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e migliorare l'efficienza energetica; ad avviso dell’Unione europea, essa discriminerebbe i produttori europei, che sarebbero esclusi dalla concessione di crediti d'imposta sui veicoli elettrici (le disposizioni dell’IRA, oltre che ai produttori americani, sono aperte anche alle imprese di Canada e Messico, paesi che hanno accordi di libero scambio con gli USA).
Il 27 ottobre 2022 è stata istituita una task force UE-USA per approfondire tali profili e risolvere la controversia sull’IRA. Il 10 marzo 2023, la Presidente della Commissione von der Leyen e il Presidente degli Stati Uniti Biden, hanno rilasciato una dichiarazione comune nella quale, in particolare, si indica l’impegno dell’UE e degli USA approfondire la cooperazione sulla diversificazione delle catene di approvvigionamento di minerali critici e di batterie, avviando i negoziati per un accordo mirato sui minerali critici al fine di consentire ai minerali critici estratti o lavorati nell'UE di essere conteggiati ai fini dei requisiti per i veicoli puliti nel credito d'imposta per i veicoli puliti previsto dall'Inflation Reduction Act.
Il 14 giugno scorso la Commissione europea ha adottato le direttive di negoziato per un accordo con gli Stati uniti sui minerali critici.
L'obiettivo è promuovere le catene di approvvigionamento UE-USA per quanto riguarda le materie prime critiche necessarie per la produzione di batterie per i veicoli elettrici. La conclusione di un accordo UE-USA sui minerali critici farà sì che, in quanto alleata, l'UE goda, a norma della legge statunitense sulla riduzione dell'inflazione (IRA), di uno status equivalente a quello dei partner degli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti. Le imprese dell'UE potranno così competere sul mercato statunitense in condizioni di parità con i concorrenti statunitensi e di paesi terzi, come il Cile, la Repubblica di Corea e il Giappone. L'accordo contribuirà inoltre a rafforzare la normativa sull'industria a zero emissioni nette e la normativa sulle materie prime critiche, proposte dalla Commissione e che mirano a incrementare la produzione UE di tecnologie chiave neutre in termini di emissioni di carbonio.
Lo scorso 20 giugno la Commissione europea e l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, hanno presentato una Comunicazione congiunta relativa alla strategia europea di sicurezza economica, disponibile in lingua inglese, che definisce un quadro comune per garantire la sicurezza economica grazie alla promozione della base economica e della competitività dell'UE, alla protezione dai rischi e a partenariati con il maggior numero possibile di paesi.
La strategia definisce una serie di misure di sicurezza economica volte a ridurre le nostre eccessive dipendenze, mantenendo al contempo un sistema commerciale globale aperto e basato su regole. Le misure di sicurezza economica saranno ispirate ai principi di proporzionalità e di precisione. Si propone un approccio più globale alla valutazione e alla gestione dei rischi per la sicurezza economica. La valutazione dovrebbe essere condotta dalla Commissione europea e dagli Stati membri, in cooperazione con l’Altro rappresentante, e riguardare quattro settori:
· rischi per la resilienza delle catene di approvvigionamento, compresa la sicurezza energetica;
· i rischi per la sicurezza fisica e la cibersicurezza delle infrastrutture critiche;
· i rischi connessi alla sicurezza tecnologica e a fughe tecnologiche;
· i rischi di strumentalizzazione delle dipendenze economiche o di coercizione economica.
I rischi individuati saranno ridotti attraverso un approccio in tre fasi che prevede:
1. promozione della competitività dell'UE
2. protezione della sicurezza economica dell'UE
3. partenariati con il numero più elevato possibile di partner
Per quanto riguarda le tappe future, la strategia prevede nove azioni, che prevedono, tra l’altro: la definizione di elenco di tecnologie essenziali per la sicurezza economica e la valutazione dei rischi connessi; sostegno alla sovranità tecnologica e alla resilienza delle catene del valore anche attraverso lo sviluppo di tecnologie critiche nel quadro della piattaforma per le tecnologie strategiche per l'Europa (STEP); sostegno allo sviluppo della ricerca nelle tecnologie a duplice uso; attuazione delle norme sull’esportazione dei beni a duplice uso; esame di rischi derivanti da investimenti in uscita; utilizzo della capacità unica di analisi dell'intelligence dell'UE (SIAC) per individuare possibili minacce per la sicurezza economica dell'UE; utilizzo degli strumenti di politica estera e di sicurezza comune (PESC).
Le proposte di raccomandazioni specifiche del Consiglio per paese 2023 sono state presentate dalla Commissione europea lo scorso 24 maggio, insieme agli altri documenti del cosiddetto “pacchetto di primavera” del Semestre europeo, ed approvate dal Consiglio ECOFIN del 16 giugno.
Una volta approvate dal Consiglio europeo, le raccomandazioni saranno formalmente adottate dal Consiglio, concludendo così il processo del Semestre europeo 2023.
Prima di entrare nel merito delle raccomandazioni, soprattutto di quelle concernenti l’Italia, si evidenzia preliminarmente che la Commissione:
· come preannunciato, ha ripreso a formulare raccomandazioni specifiche per paese, quantificate e differenziate, sulla politica di bilancio, considerato che all’inizio del prossimo anno si disattiverà la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (attiva dal marzo 2020);
· ha già di fatto incorporato nelle raccomandazioni alcuni elementi delle proposte di riforma della governance economica dell’UE (sulle quali sono in corso i negoziati a livello europeo - v. infra), nel ciclo di sorveglianza 2023-2024, in particolare quantificando la crescita raccomandata della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale;
· nella formulazione delle raccomandazioni, si è basata sulle recenti previsioni economiche di primavera (v. box sottostante);
· ha annunciato che non proporrà al Consiglio dell’UE di aprire procedure per disavanzi eccessivi (sia per deficit che per debito), ma che tornerà a considerare questa eventualità dalla primavera 2024.
Focus sulla situazione economica
Le previsioni economiche rilevano che l'economia europea continua a mostrarsi resiliente in un contesto mondiale difficile. In particolare, osserva la Commissione, il calo dei prezzi dell'energia, l'allentamento delle strozzature nell'approvvigionamento e un mercato del lavoro vigoroso hanno sostenuto una crescita moderata nel primo trimestre del 2023, dissipando i timori di una recessione. Al tempo stesso, mentre l'inflazione continua a diminuire, l'inflazione di fondo si è consolidata, determinando un ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie. In sostanza, secondo le previsioni,
- l'economia dell'UE crescerà dell'1% nel 2023 e dell'1,7% nel 2024 (per l’Italia si prevede una crescita dell’1,2% nel 2023 e dell’1,1% nel 2024);
- l'inflazione nell’UE dovrebbe attestarsi al 6,7% nel 2023 e al 3,1% nel 2024 (in Italia al 6,1% nel 2023 e al 2,9% nel 2024);
- il tasso di disoccupazione nell’UE rimarrà appena al di sopra del 6% sia nel 2023 che nel 2024 (in Italia al 7,8% nel 2023 e al 7,7% nel 2024);
- sebbene si osservi una diminuzione graduale dei livelli di disavanzo e di debito nell’Unione, con traiettorie tuttavia molto eterogene tra gli Stati membri, si registrano - e si registreranno anche nel biennio 2023-2024 - livelli ancora superiori rispetto a quelli pre-pandemia.
Nello specifico, nell'UE il disavanzo medio rispetto al PIL dovrebbe attestarsi al -3,1% nel 2023 e al -2,4% nel 2024 (in Italia -4,5% e -3,7%), mentre il rapporto debito/PIL medio all'83,4% nel 2023 e all’82,6% nel 2024 (in Italia 140,4% e 140,3%).
In linea generale, come spiegato nella comunicazione illustrativa dei principali elementi del “pacchetto di primavera”, si raccomanda agli Stati membri di garantire una politica di bilancio prudente nel periodo 2023-2024, in particolare mediante la graduale eliminazione delle misure di sostegno connesse all'energia meno mirate attualmente in vigore e la riduzione del debito a medio termine. Le raccomandazioni invitano inoltre gli Stati membri a proseguire, o in diversi casi ad accelerare, la regolare attuazione dei rispettivi Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) in vista della scadenza del 2026 e a procedere alla rapida attuazione dei programmi della politica di coesione, in stretto coordinamento con i suddetti piani, anche garantendo capacità amministrative appropriate.
Le proposte di raccomandazione delineano inoltre le riforme connesse all'energia e le sfide in materia di investimenti, tra cui la riqualificazione e il miglioramento delle competenze della forza lavoro, che gli Stati membri sono invitati ad affrontare nell'ambito di REPowerEU e dei loro piani nazionali per l'energia e il clima. In estrema sintesi, quindi, a tutti gli Stati membri è indirizzata:
1) una raccomandazione sulla politica di bilancio che comprende, se del caso, riforme di bilancio strutturali;
2) una raccomandazione di proseguire o accelerare l'attuazione del PNRR, compresa la revisione e l'integrazione del capitolo REPowerEU, tenendo conto dei potenziali rischi di attuazione specifici per paese, e di attuare rapidamente i programmi della politica di coesione adottati;
3) una raccomandazione aggiornata e più specifica sulla politica energetica in linea con gli obiettivi di REPowerEU;
4) se pertinente, un'ulteriore raccomandazione sulle sfide strutturali in essere e/o emergenti.
La raccomandazione specifica per l’Italia 2023 (si veda anche la relazione per paese che la accompagna), così come modificata dal Consiglio Ecofin del 16 giugno, formula tre raccomandazioni per il biennio 2023-2024.
La prima è una raccomandazione sulla politica di bilancio.
Si invita l’Italia ad assicurare una politica di bilancio prudente, in particolare limitando l'aumento nominale della spesa primaria netta finanziata nazionalmente a non più dell'1,3%. Si raccomanda, altresì, di eliminare gradualmente, entro la fine del 2023, le vigenti misure di sostegno di emergenza connesse all'energia, usando i relativi risparmi per ridurre il disavanzo pubblico, il prima possibile nel 2023 e nel 2024. Qualora nuovi aumenti dei prezzi dell'energia dovessero richiedere misure di sostegno, queste devono tutelare le famiglie e le imprese vulnerabili, essere fiscalmente sostenibili e preservare gli incentivi al risparmio energetico.
L'Italia è altresì chiamata, tra l’altro, a preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e provvedere all'assorbimento efficace delle sovvenzioni del Dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altri fondi dell'UE, in particolare per promuovere la transizione verde e digitale. Deve anche ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro, aumentare l'efficienza del sistema fiscale e allineare i valori catastali ai valori di mercato correnti.
La seconda è una raccomandazione sull'attuazione del PNRR e dei programmi della politica di coesione.
Si invita l’Italia a garantire una governance efficace e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, ai fini di un'attuazione continuativa, rapida e solida del PNRR, nonché a perfezionare celermente il capitolo dedicato a REPowerEU al fine di avviarne rapidamente l'attuazione.
Si raccomanda anche di procedere alla rapida attuazione dei programmi della politica di coesione in stretta complementarità e sinergia con il PNRR.
La terza è una raccomandazione sulla politica energetica.
L’Italia è chiamata in particolare a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, diversificare le importazioni di energia e rafforzare la sicurezza dell'approvvigionamento, aumentare l'efficienza energetica nei settori residenziale e societario, anche attraverso sistemi di incentivi maggiormente mirati, rivolti in particolare alle famiglie più vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori e a promuovere la mobilità sostenibile, nonché ad accrescere le competenze necessarie per la transizione verde.
Il 26 aprile 2023 la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative per riformare il quadro di regole della governance economica dell’UE, costituito dal quadro della politica di bilancio dell'UE (Patto di stabilità e crescita e requisiti per i quadri di bilancio nazionali) e dalla procedura per gli squilibri macroeconomici, attuati nel contesto del Semestre europeo, nonché dai programmi di assistenza finanziaria macroeconomica:
1) la proposta di regolamento COM(2023)240 (e allegati), avente come base giuridica l’art. 121, paragrafo 6, del TFUE, che sostituisce il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio che istituisce il Semestre europeo e il cd. "braccio preventivo" del Patto di stabilità e crescita);
2) la proposta di regolamento del Consiglio COM(2023)241, avente come base giuridica l'art. 126, paragrafo 14, comma 2, del TFUE, che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (nota come "braccio correttivo" del Patto di stabilità e crescita);
3) la proposta di direttiva del Consiglio COM(2023)242, avente come base giuridica l'art. 126, paragrafo 14, comma 3, del TFUE, che modifica la direttiva 2011/85/UE del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.
Sul piano procedurale, la presenza di diverse basi giuridiche comporta che, mentre la proposta che sostituisce il regolamento (CE) n. 1466/97 segue la procedura legislativa ordinaria (approvazione in Consiglio a maggioranza qualificata e al Parlamento europeo con maggioranza semplice), le altre due proposte seguono una procedura legislativa speciale, che assegna al Parlamento europeo un ruolo soltanto consultivo. In Consiglio, la proposta che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 deve essere approvata all'unanimità, mentre la proposta che modifica la direttiva 2011/85/UE a maggioranza qualificata.
Come noto, le proposte sono il risultato di un’ampia e articolata discussione, avviata più di tre anni fa, a cui ha partecipato, nelle sue diverse fasi, anche il Parlamento italiano, sull’opportunità di riformare le regole economiche e di bilancio dell’Unione, allo scopo di migliorarne la comprensibilità e la trasparenza, adattarle al contesto macroeconomico attuale e alle nuove priorità politiche perseguite dall’UE, come le transizioni verde e digitale, nonché dotarle di maggiore efficacia.
In estrema sintesi, si ricorda che la discussione è stata formalmente avviata dalla Commissione europea nel febbraio 2020 e sospesa poco tempo dopo per la necessità di concentrarsi sulle sfide immediate poste dalla pandemia di COVID-19[1]. La discussione è stata successivamente rilanciata dalla Commissione europea ad ottobre 2021[2], anche nell’ottica di tenere conto del mutato contesto macroeconomico risultante dalla crisi pandemica. A novembre 2022, nel tentativo di favorire una convergenza tra le posizioni degli Stati membri, la Commissione ha pubblicato orientamenti di riforma[3], sui quali sono proseguiti i negoziati. Pochi mesi dopo, anche sulla base degli orientamenti della Commissione, in occasione del Consiglio Ecofin del 14 marzo 2023, i Ministri delle finanze hanno approvato una serie di conclusioni allo scopo di fissare alcune linee di convergenza per la riforma[4] e segnalare le aree nelle quali si necessitavano ulteriori approfondimenti. Le conclusioni sono state approvate dai leader dell’UE in occasione del Consiglio europeo del 23 marzo.
Il contenuto delle proposte legislative si colloca in buona parte nel solco degli orientamenti della Commissione e delle conclusioni del Consiglio, ma in parte se ne discosta, poiché tiene conto anche dei successivi confronti e sviluppi negoziali intercorsi tra la Commissione europea e gli Stati membri.
Le proposte mirano a coniugare sostenibilità del debito e crescita, attraverso riforme e investimenti, differenziando gli Stati membri in considerazione delle loro sfide di debito pubblico e consentendo traiettorie di bilancio specifiche per paese.
Il rafforzamento della titolarità nazionale, la semplificazione e la trasparenza delle regole e il passaggio a una maggiore attenzione al medio termine, insieme a un'applicazione più efficace, sono gli altri obiettivi delineati dalle proposte.
Come già precedentemente concordato, le proposte non modificano i Trattati vigenti: restano, pertanto, invariati i parametri di riferimento del 3% per il rapporto tra il disavanzo pubblico e il PIL e del 60% per il rapporto tra il debito pubblico e il PIL.
Nel quadro del nuovo braccio preventivo del Patto, tutti gli Stati membri dovranno presentare un piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine (durata 4-7 anni) con cui stabilire la politica di bilancio, le riforme e gli investimenti, e un percorso di bilancio nazionale definito in termini di spesa primaria netta, che sarà l’unico indicatore operativo anche per la successiva sorveglianza. Similmente a ciò che è previsto per i PNRR nell’ambito di Next Generation EU, i piani saranno valutati dalla Commissione europea e approvati dal Consiglio dell’UE. Il monitoraggio sull'attuazione dei piani nel contesto del Semestre europeo verrà effettuato sulla base di una relazione annuale presentata da ciascuno Stato membro.
Di seguito un grafico della Commissione europea (traduzione a cura degli uffici parlamentari), che riassume il nuovo processo di sorveglianza fiscale:
All’inizio del processo di definizione dei piani, per gli Stati membri con un rapporto debito/PIL superiore al 60% o un disavanzo superiore al 3% del PIL, la Commissione pubblicherà una "traiettoria tecnica" della spesa netta su un orizzonte temporale di 4 o 7 anni, ancorata a un’analisi di sostenibilità del debito (debt sustainability analysis, DSA), volta ad assicurare che:
1. il rapporto debito/PIL sia avviato o mantenuto su un percorso di riduzione plausibile o rimanga a livelli prudenti e il disavanzo pubblico sia portato o mantenuto al di sotto della soglia del 3% del PIL;
2. lo sforzo di aggiustamento durante il periodo del piano sia almeno proporzionale allo sforzo complessivo compiuto nell’arco dell’intero periodo di aggiustamento (per evitare che lo sforzo di aggiustamento sia concentrato negli anni finali del periodo di aggiustamento);
3. il rapporto debito pubblico/PIL al termine dell’orizzonte di programmazione sia inferiore rispetto a quello registrato nell’anno precedente l’inizio della traiettoria tecnica;
4. nel periodo coperto dal piano, la crescita della spesa netta nazionale resti, di norma, mediamente inferiore alla crescita del PIL a medio termine;
5. per gli anni in cui si prevede che il disavanzo pubblico superi il 3%, il percorso correttivo di spesa netta sia coerente con un aggiustamento annuo minimo pari almeno allo 0,5% del PIL (a prescindere dall'apertura di una procedura per disavanzo eccessivo).
Le ultime quattro condizioni costituiscono le clausole di salvaguardia aggiunte dalla Commissione europea per venire parzialmente incontro alle richieste dei Paesi frugali (v. infra).
Invece, per gli Stati membri con un disavanzo pubblico inferiore al 3% del PIL e un debito pubblico inferiore al 60% del PIL la Commissione europea fornirà soltanto informazioni tecniche volte a garantire che il disavanzo pubblico resti al di sotto del valore di riferimento del 3% del PIL anche nel medio periodo ossia senza alcun ulteriore intervento per un periodo di 10 anni dopo la chiusura del piano.
Le traiettorie tecniche e le informazioni tecniche guideranno gli Stati membri nella definizione dei loro piani. Essi dovranno spiegare la presenza di traiettorie di spesa netta più elevate rispetto alla traiettoria tecnica della Commissione.
Di seguito un grafico della Commissione europea (traduzione a cura degli uffici parlamentari), che riassume il percorso di aggiustamento fiscale:
Deviazioni dal percorso di consolidamento saranno contemplate in caso di grave contrazione dell'attività economica nell'Eurozona o nell’Unione nel suo complesso o per il sopraggiungere di cause eccezionali che sfuggono al controllo dello Stato membro.
Il maggiore controllo conferito agli Stati membri sull'elaborazione dei propri piani a medio termine è controbilanciato dall’introduzione di un regime di applicazione più rigoroso, volto a garantire che gli Stati membri rispettino gli impegni assunti.
Nel quadro del nuovo braccio correttivo del Patto, infatti, la procedura per i disavanzi eccessivi basata sulla violazione del criterio del disavanzo rimane invariata, mentre quella basata sulla violazione del criterio del debito viene rafforzata, nel senso che il mancato rispetto del percorso di bilancio concordato comporterà automaticamente l'apertura della procedura per i paesi con un debito superiore al 60%.
Viene, quindi, abbandonata la cd. “regola dell’1/20”, ritenuta eccessivamente onerosa, stante gli attuali livelli di debito. La sorveglianza si concentrerà solamente sul rispetto della linea di spesa netta fissata nel piano nazionale e approvata dal Consiglio.
La nuova direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri in particolare rafforza la titolarità nazionale, con un ruolo più importante e nuovi compiti per gli enti di bilancio indipendenti (in Italia, l’Ufficio parlamentare di bilancio), e promuove un orientamento a medio termine della programmazione di bilancio.
La Commissione ritiene che il quadro proposto incorpori la sostanza delle disposizioni fiscali del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (TSCG), il cd. Fiscal compact, nel quadro giuridico dell'UE. Non propone invece modifiche legislative alla procedura per la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici ma spiega che intende perseguire una sua migliore applicazione nell’ambito del quadro giuridico esistente.
In particolare, il Consiglio potrà adottare una raccomandazione che stabilisca l'esistenza di uno squilibrio eccessivo qualora lo Stato non rispetti gli impegni di riforma e di investimento assunti, inclusi nel piano strutturale di bilancio a medio termine, volti a dare seguito alle raccomandazioni specifiche per paese pertinenti nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici. Inoltre, a norma del quadro proposto, se uno Stato è oggetto di una procedura per gli squilibri eccessivi, dovrà presentare un piano strutturale di bilancio a medio termine riveduto che fungerà da piano d'azione correttivo ai sensi del regolamento (UE) n. 1176/2011.
La Commissione, così come era avvenuto con gli orientamenti dello scorso novembre, non sembrerebbe esprimersi con chiarezza sulla necessità, da più parti invocata, Italia compresa, di promuovere un approccio maggiormente simmetrico agli squilibri macroeconomici, che, ad esempio, imponga misure correttive anche ai Paesi che presentano elevati surplus di partite correnti.
Allo stesso modo, la Commissione propone un nuovo approccio alla sorveglianza post-programma che non richiede alcuna modifica legislativa.
In particolare, il nuovo quadro esenta gli Stati membri della zona euro soggetti a un programma di aggiustamento macroeconomico a norma del regolamento (UE) n. 472/2013 dalla presentazione di piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine e di relazioni annuali sui progressi compiuti per la durata del programma. Inoltre, gli Stati membri della zona euro sottoposti a sorveglianza rafforzata a norma del regolamento (UE) n. 472/2013 dovranno tenere conto delle raccomandazioni formulate dal Consiglio in conformità dell'articolo 121, paragrafo 4, TFUE in caso di deviazione dal percorso della spesa netta.
Infine, le proposte, come era già stato ampiamente preannunciato, non propongono una golden rule per escludere determinati investimenti, in modo particolare quelli per sostenere le transizioni verde e digitale o per aumentare le capacità di difesa, dalle norme di bilancio dell'UE, così come non prevedono una forma di capacità fiscale centrale comune, elementi sui quali l’Italia ha sempre espresso il proprio favore.
Per quanto riguarda, innanzitutto, le tempistiche, si ricorda che qualora i lavori legislativi non fossero finalizzati entro la fine del 2023, tornerebbe ad applicarsi la normativa attuale, considerato che all'inizio del prossimo anno verrà disattivata la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, che è attiva da marzo 2020.
Tuttavia, come era stato preannunciato[5], lo scorso 25 maggio, nel contesto del cd. pacchetto di primavera del Semestre europeo, la Commissione europea, anticipando alcuni elementi della riforma, ha presentato raccomandazioni specifiche per paese in materia di bilancio già quantificate e differenziate in base ai problemi di debito pubblico degli Stati membri e già formulate sulla base della spesa primaria netta.
Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione europea ha tra l’altro raccomandato di assicurare una politica di bilancio prudente, in particolare limitando a non più dell'1,3% l'aumento nominale della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale nel 2024.
È verosimile, pertanto, che il 2024 sarà un anno di transizione. Il poco tempo a disposizione e la complessità del negoziato rendono complicato terminare i lavori legislativi nel 2023, come auspicato dalla Commissione europea. Più probabile, invece, che possano concludersi all’inizio del prossimo anno, prima della fine della legislatura europea e delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, che sono state fissate per il 6-9 giugno 2024.
Per quanto riguarda più nello specifico il confronto negoziale tra gli Stati membri, le proposte della Commissione contengono delle novità rispetto agli orientamenti presentati a novembre e alle conclusioni dell’Ecofin adottati a marzo.
Tra queste, si segnala, in particolare, che per venire parzialmente incontro alle richieste della Germania e di alcuni Stati cd. frugali, che hanno evocato il rischio di un approccio eccessivamente bilaterale e specifico per paese delle nuove regole, a scapito della trasparenza e della parità di trattamento, sono state aggiunte alcune clausole comuni di salvaguardia finalizzate ad assicurare la sostenibilità del debito.
Su tutte, rileva la disposizione che impone una riduzione annua del deficit dello 0,5% del PIL se si supera il parametro di riferimento del 3% (le norme vigenti prevedono già tale requisito, ma solo per i paesi soggetti a una procedura formale per disavanzo eccessivo).
Occorre, tuttavia, sottolineare che la Germania aveva chiesto e continua a chiedere anche l’inserimento di una regola automatica per la riduzione del debito pubblico pari all’1% del PIL nazionale all’anno per i paesi fortemente indebitati.
In seguito al confronto con gli Stati membri, la Commissione europea ha anche deciso di abbandonare la classificazione ex ante dei paesi in tre gruppi sulla base dell’analisi di sostenibilità del debito pubblico (paesi con debito sostanziale, se superiore al 90% del PIL; paesi con debito moderato, se tra il 60% e il 90% del PIL; paesi con debito modesto, se inferiore al 60% del PIL) e di sostituirla con una classificazione per livelli di debito coerente con i trattati, ovvero che suddivide, sempre ex ante e sulla base dell’analisi di sostenibilità del debito pubblico, i paesi in ragione della rispettiva collocazione al di sotto o al di sopra della soglia del 60% del rapporto debito/PIL.
Le proposte confermano invece gli orientamenti di novembre per quanto riguarda l’assenza di una forma di golden rule per escludere determinati investimenti, in modo particolare quelli per sostenere le transizioni verde e digitale o per aumentare le capacità di difesa, dalle norme di bilancio dell'UE.
In occasione del Consiglio Ecofin del 16 giugno 2023 (qui la sessione pubblica), si è svolto un importante confronto sui temi citati.
Sulla scia di quanto proposto qualche giorno prima in un intervento sui giornali dell’alleanza paneuropea Lena con altri dieci paesi (Repubblica Ceca, Austria, Bulgaria, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia e Lussemburgo), la Germania ha ribadito la necessità di introdurre criteri quantitativi prestabiliti e uguali per tutti - e pertanto applicabili in tutti gli Stati membri - e rilanciato la proposta di una regola automatica per la riduzione del debito dell’1% all’anno per i paesi fortemente indebitati. I Paesi Bassi, pur non avendo partecipato al citato intervento sulla stampa, condividono gli obiettivi della Germania.
Al contrario, la Francia ha espresso la sua contrarietà all’introduzione di regole automatiche ed uniformi per la riduzione del deficit e del debito. Ha, in sostanza, ribadito l’importanza del principio della “differenziazione”, secondo il quale le nuove regole devono tener conto delle diverse situazioni fiscali nazionali, in particolare in termini di debito.
Per quanto riguarda la posizione dell’Italia, il comunicato del Ministero dell’economia e delle finanze adottato a margine del Consiglio Ecofin afferma che “l'Italia e il Governo italiano accolgono con favore il lavoro fatto dalla Commissione europea sulla riforma del Patto di stabilità e crescita” ma “che ci sono ancora degli aspetti da migliorare”. Il Governo italiano sostiene altresì di essere aperto alla discussione con la Commissione e con tutti gli Stati membri, “tenendo in considerazione che ognuno ha le sue specificità” e che “l’Italia condivide chiaramente che la progressiva riduzione del debito sia condizione essenziale per la stabilità, la sostenibilità e la crescita”.
Come sottolineato dal Ministro Giorgetti, il Governo italiano chiede in particolare che:
- “la sovranità nazionale sia coniugata e concertata a livello europeo sin dall'inizio, anche negli aspetti metodologici e tecnici, che non devono prevalere rispetto alle considerazioni politiche”.
In sostanza, l’Italia (si veda anche l’intervista del Ministro Giorgetti a “Il Sole 24 Ore” del 29 aprile) continua ad esprimere preoccupazione sul tema dell'analisi di sostenibilità del debito e del suo impiego per definire i percorsi di aggiustamento del debito degli Stati. Il Governo italiano ribadisce la presenza di un problema di trasparenza sui dati di fondo per l'analisi della sostenibilità del debito e chiede che l’analisi, così come la traiettoria tecnica che sarebbe definita in base ad essa, non depotenzino la titolarità dei singoli paesi sulla propria politica economica;
- siano dedicati una “considerazione e un trattamento particolari” agli “investimenti, in particolare a quelli considerati prioritari dal Next Generation EU per la transizione ambientale ed energetica e la digitalizzazione", che sono investimenti “di durata limitata e di quantificazione già accertata”.
Il Governo italiano (si vedano sul punto anche il comunicato del MEF in occasione del Consiglio Ecofin del 29 aprile e le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Meloni in occasione dell’incontro con il Cancelliere austriaco Nehammer il 2 maggio) continua pertanto a chiedere un quadro di regole in grado di sostenere adeguatamente gli investimenti per la transizione energetica, la transizione verde, la transizione digitale, ma anche per la difesa, per rispettare gli impegni assunti a livello internazionale.
Altri Paesi hanno chiesto un trattamento speciale per le spese per la difesa, in considerazione dello scenario geopolitico attuale, tra cui Estonia, Polonia, Lettonia e Grecia; altri, infine, hanno espresso preoccupazione per la metodologia e i dati usati per l’analisi di sostenibilità del debito pubblico, tra cui Croazia e Ungheria.
Il 20 giugno 2023 la Commissione europea ha presentato le sue proposte per una revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE 2021-2027 (proposta di regolamento che modifica il regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027).
Le proposte concretizzano l’impegno che la Commissione aveva preso a dicembre 2020, nell'ambito dell'accordo raggiunto tra le Istituzioni europee sul bilancio, di presentare un riesame del funzionamento del QFP accompagnato, se del caso, da proposte di revisione.
Nella comunicazione che delinea le caratteristiche principali dell’iniziativa, la Commissione espone le ragioni alla base delle proposte. In primo luogo, da quando, nel 2020, è stato adottato il QFP 2021-2027, l'Unione ha dovuto confrontarsi con una serie senza precedenti di sfide impreviste: gli ulteriori sviluppi della crisi pandemica, la crisi economica, la migrazione, che si è intensificata dopo la pandemia, mettendo a dura prova le capacità di accoglienza e integrazione degli Stati membri , la guerra russa in Ucraina e la conseguente crisi umanitaria ed energetica, la rapida accelerazione dell'inflazione e dei tassi di interesse, che ha inciso sul bilancio dell'Unione, tra l'altro attraverso il marcato rialzo dei costi di finanziamento di NextGenerationEU, le ripetute perturbazioni delle catene di approvvigionamento globale.
In secondo luogo, dinanzi alle suddette sfide ed entro i vincoli attuali, il bilancio dell'UE ha alimentato una forte risposta europea attingendo ai ristretti margini di flessibilità già previsti e ricorrendo ampiamente alla riprogrammazione. Tuttavia, tale risposta ha esaurito le risorse del bilancio dell'UE, ostacolando la sua capacità di affrontare persino le sfide più urgenti.
Alla luce di queste premesse, la Commissione propone un rafforzamento mirato del bilancio dell'UE in un numero limitato di settori ritenuti prioritari, affinché esso possa continuare a conseguire gli obiettivi più essenziali. Nel dettaglio, la Commissione propone in particolare:
1) la creazione di un nuovo Strumento per l'Ucraina, fondato su sovvenzioni, prestiti e garanzie, con una capacità complessiva di 50 miliardi di euro (33 in prestiti e 17 in sovvenzioni) per il periodo 2024-2027, allo scopo di provvedere alle necessità immediate dell'Ucraina, alla ripresa e all'ammodernamento del paese nel suo percorso verso l'UE. Il sostegno sotto forma di prestito sarà finanziato assumendo prestiti sui mercati finanziari e garantito dal margine di manovra del bilancio UE. Il sostegno a fondo perduto sarà finanziato attraverso il bilancio annuale dell'UE a titolo di un nuovo strumento speciale - la "riserva per l'Ucraina" - con risorse che vanno oltre i massimali di spesa del QFP;
2) il rafforzamento di 15 miliardi di euro del bilancio dell'UE per affrontare il fenomeno migratorio nella sua duplice dimensione interna ed esterna, nonché rispondere al fabbisogno derivante dalle conseguenze globali della guerra di aggressione della Russia in Ucraina, e potenziare i partenariati con paesi terzi chiave. Nello specifico, la Commissione propone di: a) aumentare la rubrica 4 del QFP (Migrazione e gestione delle frontiere) di 2 miliardi di euro per la gestione della migrazione e il controllo delle frontiere, nonché l'attuazione del nuovo patto sulla migrazione; b) incrementare il massimale della rubrica 6 (Vicinato e resto del mondo) con 10,5 miliardi di euro supplementari per consentire all'Unione di rispondere a situazioni di accentuata instabilità economica e geopolitica; c) aumentare lo strumento speciale "Riserva di solidarietà e per gli aiuti d'urgenza" di 2,5 miliardi di euro, per sostenere la capacità dell'Unione di reagire a crisi e catastrofi naturali;
3) l’istituzione di una nuova piattaforma per le tecnologie strategiche per l'Europa (STEP), con la capacità di generare investimenti per 160 miliardi di euro, per promuovere la competitività a lungo termine dell'UE in materia di tecnologie critiche, nei settori della tecnologia estremamente avanzata e digitale, delle tecnologie pulite e delle biotecnologie. Ai fini della sua rapida ed efficace messa in opera, la piattaforma si fonderebbe su programmi esistenti: InvestEU, Fondo per l'innovazione, Orizzonte Europa, Fondo europeo per la difesa, Dispositivo per la ripresa e la resilienza, EU4Health, Europa digitale e fondi di coesione.
La Commissione propone inoltre di assegnare a programmi specifici ulteriori 10 miliardi di euro, così ripartiti: 3 miliardi di euro per InvestEU, 0,5 miliardi di euro a Orizzonte Europa, 5 miliardi di euro al Fondo per l'innovazione e 1,5 miliardi di euro per il Fondo europeo per la difesa;
4) per far fronte ai maggiori costi di finanziamento di NextGenerationEU determinati dal rialzo senza precedenti dei tassi di interesse, la creazione di un nuovo strumento "EURI" (European Union Recovery Instrument) per coprire esclusivamente i costi per interessi in eccesso rispetto alle proiezioni iniziali per il 2020. Secondo una stima provvisoria della Commissione, il costo di questa iniziativa sarebbe di circa 19 miliardi di euro;
5) per adempiere agli obblighi giuridici della Commissione e far fronte alle responsabilità aggiuntive assegnate dai colegislatori all'Unione, l’innalzamento del massimale della rubrica 7 (Pubblica amministrazione europea) di 1,9 miliardi di euro.
6) l’aumento della dotazione dello Strumento di flessibilità di 3 miliardi di euro per il periodo 2024-2027 al fine di fornire all'Unione gli strumenti per rispondere a esigenze impreviste durante il restante periodo del QFP.
La Commissione segnala l’esigenza di concludere i negoziati sulle proposte, compresa l'approvazione del Parlamento, entro la fine dell'anno.
La Commissione europea chiede pertanto agli Stati membri di stanziare risorse aggiuntive per un totale di 68,5 miliardi (il totale è di 98,8 miliardi di euro, ma dei 50 miliardi per l'Ucraina vengono conteggiati solo i 17 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto). Secondo fonti di stampa, l’Italia dovrebbe versare circa 8,5 miliardi di euro.
Di seguito, una tabella, pubblicata dalla Commissione europea, che offre una panoramica complessiva di quanto proposto:
Da segnalare, infine, che la Commissione europea ha contestualmente presentato anche un pacchetto di misure per l’introduzione di nuove risorse proprie. Nel dettaglio, si propone di:
1) istituire una nuova risorsa statistica temporanea, basata sugli utili delle imprese, che sarà sostituita da un eventuale contributo a titolo di "Imprese in Europa: quadro per l'imposizione dei redditi (BEFIT)", quando la relativa proposta sarà stata presentata e approvata all'unanimità da tutti gli Stati membri.
Nel frattempo, sostiene la Commissione, per questa risorsa la base di calcolo sarà lo 0,5% della base imponibile nozionale delle imprese dell'UE, un indicatore calcolato da Eurostat sulla base delle statistiche di contabilità nazionale. Non si tratta di un'imposta sulle società e non aumenta i costi di conformità per le imprese, ma di un contributo nazionale versato dagli Stati membri basato sul risultato lordo di gestione per i settori delle società finanziarie e non finanziarie.
A partire dal 2024, dovrebbe assicurare entrate per circa 16 miliardi di euro (a prezzi 2018) all'anno.
2) adeguare la proposta sulla risorsa propria ETS presentata a dicembre 2021. La Commissione propone di aumentare l'aliquota di prelievo della risorsa propria basata sull'ETS al 30% di tutte le entrate generate dallo scambio di quote di emissioni dell'UE, rispetto al 25% proposto in un primo tempo. A partire dal 2024, tale aumento dovrebbe generare entrate del bilancio dell'UE per circa 7 miliardi di euro (a prezzi 2018) all'anno. Tale importo dovrebbe salire a circa 19 miliardi di euro all'anno a partire dal 2028, anno in cui anche le entrate provenienti dal nuovo sistema ETS confluiranno nel bilancio dell'UE;
3) adeguare la proposta sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), anch’essa presentata a dicembre 2021. Si prevede che a partire dal 2028 questa fonte di entrate genererà circa 1,5 miliardi di euro all'anno per il bilancio dell'UE.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe, in particolare: Ø ricordare la necessità di rafforzare la base tecnologica e industriale del settore europeo della difesa, per renderlo più innovativo, competitivo e resiliente, in particolare nel mutato contesto strategico, che richiede un significativo incremento nella sua capacità a lungo termine di assumere maggiori responsabilità per la propria difesa. A tal fine il Consiglio europeo dovrebbe: a) chiedere di procedere con tutte le attività volte alla produzione, l'acquisizione congiunta e la consegna all’Ucraina di munizioni e missili, in particolare con il regolamento a sostegno della produzione di munizioni (ASAP), di cui augura una rapida approvazione; b) chiedere un rapido accordo tra i co-legislatori sullo strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA); invitare la Commissione a presentare una proposta relativa a un programma europeo di investimenti nel settore della difesa (EDIP); Ø accogliere con favore la decisione di aumentare di ulteriori 3.5 miliardi il massimale finanziario dello strumento europeo per la pace, per continuare a sostenere l’Ucraina e allo stesso tempo preservare la dimensione globale dello strumento, consentendo all’Unione di prevenire rapidamente crisi e conflitti; Ø esprimere apprezzamento per i progressi compiuti nell'attuazione della bussola strategica, anche per quanto riguarda la ciberdifesa, le minacce ibride e la sicurezza spaziale e marittima; Ø accogliere con favore la recente approvazione del nuovo patto sulla dimensione civile della PSDC e i lavori sulla politica dell'UE in materia di ciberdifesa . Il Consiglio europeo dovrebbe anche svolgere uno scambio di opinioni con il Segretario generale della Nato, Stoltemberg, sulla cooperazione UE-NATO e sulla sicurezza euro-atlantica, a seguito della firma della Terza dichiarazione congiunta, lo scorso gennaio |
Lo Strumento europeo per la pace (European Peace Facility, EPF) è fondo fuori dal bilancio dell’Ue istituito nel marzo del 2021. EPF è stato istituito con un duplice scopo: rafforzare le missioni PSDC e sostenere una serie di misure di assistenza nel settore della difesa (in particolare le missioni di pace dell’Unione africana e i programmi bilaterali con i paesi partner). Per la prima volta si prevedeva anche la fornitura di equipaggiamenti e di armi a complemento delle attività di addestramento.
Grazie a EPF, il Consiglio ha potuto adottare le prime misure di sostegno all’Ucraina pochi giorni dopo l’avvio dell’aggressione russa. Il primo finanziamento (28 febbraio) è stato di 500 milioni di euro, di cui 50 milioni per "attrezzature e forniture non concepite per l'uso letale della forza" (essenzialmente dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso e carburante). Con due successive decisioni (23 marzo e 13 aprile), l'importo complessivo è stato portato a 1,5 miliardi di euro (di cui 150 milioni per attrezzature non letali). Con le misure approvate il 20 maggio l'ammontare complessivo è salito a 2 miliardi. Tra luglio e ottobre dello scorso anno l’ammontare del finanziamento è salito a 3.1 miliardi, comprendendo anche il contributo di 100 milioni da parte degli Stati che non hanno finanziato le forniture di attrezzature letali (vedi sotto). Il 2 febbraio 2023 il Consiglio ha stata approvata la settima tranche, sempre di 500 milioni di euro.
Il 20 marzo il Consiglio Ue, a fronte di una richiesta specifica (e urgente) del governo ucraino, ha concordato un approccio fondato su un duplice intervento per la fornitura di munizioni di artiglieria e missili. In primo luogo ha deciso di fornire munizioni e missili già disponibili (attingendo alle scorte nazionali esistenti o sulla base di ordini già effettuati dai singoli Stati). In secondo luogo, vista la penuria sul lato dell’offerta, per evitare aumenti eccessivi dei prezzi ha deciso di sostenere gli acquisti congiunti da parte degli Stati. La prima parte di questo impegno è stata formalizzata lo scorso 13 aprile, con lo stanziato di 1 miliardo di euro (fondi EPF) per la fornitura delle munizioni già disponibili. Il sostegno agli acquisti congiunti è stato deciso il 3 maggio (dopo contrasti tra gli Stati sul carattere made in EU dei prodotti). Con l’approvazione di queste misure, lo stanziamento complessivo EPF a favore delle forze armate ucraine arriva a 5.6 miliardi.
Le necessità della guerra, hanno ben presto reso insufficiente lo stanziamento iniziale di EPF (finanziato dagli Stati in rapporto al proprio Pil), la cui dotazione originaria, per periodo 2021-2027, era di circa 5,7 miliardi di euro. Il 13 marzo 2023 il Consiglio ha incrementato i fondi di EPF, fino al 2027, a 7,98 miliardi e il 26 giugno 2023 il Consiglio (dopo una lunga opposizione da parte dell’Ungheria) ha ulteriormente aumentato il bilancio dell’EPF di 3,5 miliardi di euro, portando le sue risorse complessive a 12,04 miliardi di euro (a prezzi correnti) fino al 2027. Almeno la metà di questo ulteriore aumento, secondo l’accordo informale raggiunto tra gli Stati membri (per superare il veto ungherese), dovrebbe essere destinato alle esigenze diverse da quelle legate alla guerra in Ucraina.
A favore dell’Ucraina, oltre che per finanziare i trasferimenti diretti di armamenti e altri materiali, EPF è stato comunque impiegato anche per sostenere (complessivamente 61 milioni) la missione di assistenza militare EUMAM, avviata nel novembre 2022, e che ha l’obiettivo di concludere entro il 2023 l’addestramento (in territorio Ue) di 30 mila soldati ucraini. A margine del Consiglio affari esteri dello scorso 26 giugno, l’Alto Rappresentante Borrell ha annunciato che la missione ha già concluso la formazione di 24 mila unità.
Anche se le necessità del sostegno all’Ucraina hanno drenato la maggior parte dei fondi EPF, il Consiglio ha cercato di mantenere l’attenzione anche alle altre priorità dell’azione esterna dell’Unione. Ad aprile 2022 il Consiglio ha approvato il piano di sostegno alle operazioni di mantenimento della pace condotte dall’Unione africana, che prevede complessivi 600 milioni, nel triennio fino al 2024. Altre risorse sono state stanziate a favore di Paesi dove operano missioni Ue di partenariato militare o di addestramento, talvolta in aggiunta al sostegno di iniziative di altre oganizzazioni, in particolare Somalia, Mozambico e Niger. Nei Paesi del Partenariato orientale, il Consiglio ha utilizzato fondi EPF a favore della Georgia e della Moldova. Altre misure di assistenza militare sono state deliberate, in virtù di accordi bilaterali, a favore di Macedonia del Nord; Giordania Bosnia-Erzegovina, Libano, Mauritania e Task force medica dei Balcani (BMTF).
Il Consiglio del 13 marzo ha anche previsto un finanziamento di 5 milioni (sempre fondi EPF) dedicato a MILEX 23, la grande esercitazione militare congiunta dell’Unione, che si terrà in autunno in Spagna. Il Consiglio ha anche introdotto alcune misure per rendere più flessibile la raccolta e l’utilizzo dei fondi, estendendo la possibilità di anticipo volontario di fondi da parte degli Stati membri, in modo da ampliare il ricorso al prefinanziamento per tutte le misure di assistenza.
La proposta di Regolamento che istituisce a sostegno della produzione di munizioni, presentata lo scorso 3 maggio, è stata denominata Act in Support of Ammunition Production, il cui acronimo ASAP richiama la nota formula “as soon as possible” (“il prima possibile”). L’obiettivo è rafforzare le capacità dell'industria Ue (nel settore delle munizioni e dei missili), mettere in sicurezza le catene di approvvigionamento e stimolare gli investimenti.
Sulla proposta si veda anche il dossier dell’Ufficio RUE della Camera.
Secondo la proposta, il meccanismo avrebbe una dotazione di 500 milioni di euro. Non si tratta però di risorse nuove, ma di fondi recuperati da altre iniziative di sostegno dell’industria della difesa: 260 milioni dal bilancio del Fondo Europeo per la Difesa e 240 milioni dai fondi previsti per il futuro strumento EDIRPA (su cui vedi scheda infra). Nella presentazione della proposta, la Commissione ha espresso rammarico per aver dovuto ricorrere a queste risorse, che però sono state presentate come le uniche disponibili.
Il regolamento si propone come strumento d’urgenza e opera in una finestra temporale di circa due anni (fino al 30 giugno 2025). Questo non tanto perché il provvedimento sia legato alle vicende della guerra, ma perché esso- come si legge nella relazione - intende “aprire la strada” ad un provvedimento di più ampia portata per il rafforzamento dell’industria Ue della difesa, il Programma europeo di investimenti nella difesa, EDIP.
ASAP ha l’obiettivo di finanziare progetti per:
a) incremento della capacità produttive (ottimizzazione delle catene produttive esistenti e installazione di nuove, acquisto di macchinari o altri fattori produttivi rilevanti) per i missili e le munizioni, le loro materie prime o i loro componenti;
b) istituzione di partenariati industriali transfrontalieri, finalizzati alla messa in sicurezza delle catene di approvigionamento di materie prime, componenti e materie rare;
c) ricondizionamento e adattamento alle esigenze attuali di prodotti obsoleti;
d) formazione e riqualificazione del personale;
e) aumento delle possibilità di accesso ai finanziamenti (mediante la compensazione di eventuali costi aggiuntivi derivanti specificamente dal settore industriale della difesa).
La quota di finanziamento UE è del 40%, con un possibile incremento al 50 o al 60% (se si istituisce una nuova cooperazione transfrontaliera e/o i richiedenti si impegnano a dare priorità agli ordini derivanti da appalti comuni di almeno tre Stati membri (o paesi associati) o destinati al trasferimento all'Ucraina).
Per quanto riguarda i soggetti idonei valgono le regole adottate in contesti simili (a cominciare dal regolamento EDF): possono partecipare società stabilite nell'Unione (o in un paese associato); si possono impiegare infrastrutture e risorse che sono nel territorio Ue (o di un paese associato) per l'intera durata dell'azione; mentre per le imprese stabilite nell’Ue ma a controllo extra-Ue la partecipazione è subordinata a specifiche garanzie da parte dello Stato di stabilimento.
I criteri di valutazione sono: l’aumento della capacità di produzione nell'Ue; la riduzione dei tempi di consegna (anche mediante meccanismi di ridefinizione delle priorità degli ordini); l’eliminazione delle strozzature nell'approvvigionamento e nella produzione; la resilienza attraverso la cooperazione transfrontaliera (che coinvolga anche le pmi); il nesso tra l'azione e i nuovi ordini derivanti da appalti congiunti indetti da almeno tre Stati membri (o paesi associati), in particolare se organizzati in un quadro Ue.
Nella proposta di regolamento si prospetta anche la possibilità di impiegare risorse dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR).
La proposta o (che sarà probabilmente modifica su questo punto, come si veda infra) prevede anche che la Commissione, in cooperazione con il Servizio europeo di azione esterna e l’Agenzia europea della difesa, realizzi una mappatura aggiornata del tessuto produttivo Ue nel settore delle munizioni e dei missili. Sulla base di questa mappatura, e in dialogo con i direttori nazionali degli armamenti, la Commissione redige e aggiorna l’elenco di prodotti per la difesa critici dal punto di vista dell'approvvigionamento. D'intesa con lo Stato membro di stabilimento, e fatti salvi gli interessi di sicurezza nazionale, la Commissione può chiedere informazioni dettagliate su tali prodotti e, in caso di crisi di approvvigionamento, può adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili (ai sensi del regolamento 182 del 2011).
In caso di appalti comuni di almeno tre Stati membri o di ordini di prodotti destinati all’Ucraina, la proposta di regolamento prevede anche la possibilità che la Commissione, d'intesa con lo Stato membro interessato, con un atto di esecuzione, conferisca priorità a ordini per la produzione o la fornitura di specifici prodotti (rispetto ad altri ordinativi) al fine di superare i limiti posti dalla limitata capacità di produzione, la disponibilità di materie prime o di personale. Presentando la proposta, la Commissione ha comunque precisato che si tratterebbe, in ogni caso, di uno strumento di ultima istanza, da impiegare solo ove sia altrimenti impossibile consegnare il materiale necessario a consorzi congiunti o per l'Ucraina.
La proposta prevede anche: una deroga alle norme sugli appalti, per consentire ad esempio l’ingresso di nuovi Stati in contratti quadro già avviati, senza una nuova gara d'appalto; una semplificazione dei trasferimenti infra-Ue di munizioni e prodotti connessi; l’accelerazione di tutte le procedure in grado di contribuire all’obiettivo generale di aumentare le capacità produttive dell’industria Ue (costruzione e esercizio degli impianti di produzione, ri-localizzazione di produzioni e certificazione dei prodotti finali); l’utilizzo delle deroghe in materia di orario di lavoro, riposi e lavoro notturno, previste dalle norme Ue.
La proposta di regolamento prevede infine misure per facilitare l’accesso al credito delle imprese del settore (invitando anche la BEI a rafforzare il suo sostegno all'industria europea della difesa e agli appalti congiunti).
Il Parlamento europeo ha assunto la propria posizione negoziale lo scorso 1 giugno, dopo un esame molto rapido, in virtù della procedura d’urgenza (chiesta dal gruppo del Partito popolare europeo), adottando senza modifiche il testo della Commissione. Il Consiglio ha raggiunto un accordo generale lo scorso 23 giugno: pur confermando gli elementi principali della proposta, ha chiesto di ridimensionare le disposizioni in deroga al mercato unico, eliminando le norme speciali per i trasferimenti intraeuropei di parti di munizioni, e soprattutto, i poteri attribuiti alla Commissione in tema di mappatura dei prodotti disponibili, ordini prioritari e sanzioni.
I negoziati interistituzionali sono stati avviati lo scorso 27 giugno.
Nella relazione ai sensi della legge 234/2012 il Governo ha espresso una valutazione del progetto “complessivamente positiva” individuando i seguenti correttivi:
- aprire la catena di approvvigionamento anche di chi è soggetto a controllo da parte di Paesi terzi (art.10), per allinearlo al regolamento EDIRPA; attualmente in fase di votazione finale;
- eliminare ogni riferimento a EDIP (European Defence lmprovement Programme), allo scopo di limitare il regolamento alle circostanze di urgenza specifiche dell'Ucraina e non considerarlo invece un preambolo del joint procurement in senso ampio;
- prevedere la deroga al controllo di Paesi terzi nel caso in cui siano soddisfatte condizioni specifiche o misure di mitigazione a tutela della sicurezza e difesa dell'Unione e degli Stati Membri
In tema si può segnalare che l’articolo 33 decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 (attualmente in fase di conversione), dispone un finanziamento straordinario di 14.5 milioni di euro (5.5 per il 2023 e 9 per il 2024) a favore dell’Agenzia Industrie Difesa, ente vigilato dal ministero della difesa, allo scopo di rispondere alla nuova domanda del mercato nel settore del munizionamento, assicurando il presidio della filiera strategica. L’intervento è finalizzato al potenziamento della capacità produttiva e all’aggiornamento delle competenze professionali nei settori della produzione di polvere sferica e nitrocellulosa (presso lo stabilimento dell’Agenza di Fontana Liri, FR) e dell’integrazione pirica dei missili (presso lo stabilimento di Noceto, PR).
Lo strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA), è stato presentato dalla Commissione nel luglio del 2022 ed è destinato a sostenere la collaborazione tra Stati membri in materia per colmare, in modo collaborativo, le carenze più urgenti, evidenziate dall'aggressione russa. Lo strumento, per cui si prevedeva uno stanziamento di 500 milioni di euro, intende sostenere consorzi composti da almeno tre Stati membri, che presentino nuovi progetti di appalti comuni o l’ampliamento di progetti già avviati. L'obiettivo è utilizzare la crisi prodotta dall’aggressione russa per rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea, incentivando le economie di scala e la produzione di beni con una maggiore standardizzazione (e quindi più facilmente interoperabili). Il regolamento è attualmente in fase di trilogo tra Parlamento europeo e Consiglio. Il 21 giugno la Presidenza del Consiglio ha presentato una proposta di compromesso con le posizioni del Parlamento
Il Consiglio Affari esteri del 22 e 23 maggio scorsi ha approvato il nuovo Patto sulla dimensione civile della Politica di sicurezza e difesa comune, aggiornando il precedente patto del 2018.
Si ricorda che dal 2003 l’UE ha schierato 25 missioni civili PSDC, comprese le 13 missioni attualmente operative.
Per aumentare la visibilità politica di tale dimensione, si prevedono discussioni annuali a livello ministeriale. Il nuovo patto comprende impegni concreti al fine di disporre di comandi rafforzati per le missioni civili, rafforzare la resilienza degli Stati ospitanti e potenziare le sinergie con altri strumenti dell'UE. Si prevede inoltre che l’UE sia pronta a inviare 200 esperti civili nell'arco di 30 giorni, se necessario, anche in ambienti complessi. Per questo il patto impegna gli Stati a investire ulteriormente nelle capacità necessarie al fine di aumentare il numero di esperti distaccati in tutte le missioni e a tutti i livelli, con l'obiettivo di raggiungere il 100% delle posizioni operative occupate da personale distaccato di cui almeno il 40% donne.
Sarà istituito un processo di sviluppo delle capacità civili per valutare le esigenze in termini di capacità, definire i requisiti, svolgere un'analisi delle carenze ed esaminare periodicamente i progressi compiuti in linea con il nuovo patto sulla dimensione civile della PSDC.
Il Consiglio Ue del 22 e 23 maggio scorsi ha approvato conclusioni sulla ciberdifesa, per dare attuare alle indicazioni della comunicazione congiunta del novembre 2022, in cui:
· sottolinea la necessità di una sempre maggior coordinamento tra gli attori interessati (Ue e Stati membri, settore civile e militare, pubblico e privato);
· auspica l’estensione della direttiva NIS 2 al settore della difesa;
· invoca una maggiore resilienza cyber delle missioni PSDC,
· sostiene esercitazioni cyber comuni e misure di rafforzamento della base industriale e tecnologica.
Il Consiglio invita inoltre gli Stati membri a dichiarare volontariamente le loro ambizioni e azioni in materia di ciberdifesa e a fare pieno uso delle raccomandazioni e degli impegni volontari per accrescere i loro sforzi nazionali e multinazionali volti a massimizzare l'impatto a livello dell'UE. Si invitano l'Alto rappresentante, la Commissione e gli Stati membri a riferire e discutere con cadenza annuale in merito ai progressi compiuti nell'attuazione degli elementi della comunicazione congiunta e del relativo piano di attuazione a partire dal secondo trimestre del 2024.
Dopo quelle delle del 2016 e 2018, il 10 gennaio 2023 UE e NATO hanno approvato la loro terza dichiarazione congiunta che :
· riafferma il partenariato strategico NATO-UE, fondato sui valori condivisi e sulla comune determinazione a promuovere e salvaguardare pace, libertà e prosperità nella zona euro-atlantica;
· condanna con la massima fermezza l'aggressione della Russia, esprimendo piena solidarietà all'Ucraina e un fermo e costante sostegno alla sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale del paese entro i suoi confini internazionali;
· rileva che diversi attori autoritari sfidano gli interessi, i valori e i principi democratici utilizzando molteplici mezzi (politici, economici, tecnologici e militari) e che la crescente assertività e le politiche della Cina pongono sfide da affrontare;
· sottolinea che sia il concetto strategico NATO che la bussola strategica dell'UE considerano quello attuale come un momento chiave per la sicurezza e la stabilità euro-atlantiche;
· rimarca che la NATO rimane il fondamento della difesa collettiva per i suoi alleati ed è essenziale per la sicurezza euro-atlantica;
· riconosce il valore di una difesa europea più forte e più capace, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare alla NATO e interoperabile con essa;
· impegna le parti a intensificare la cooperazione, rafforzandola nei settori in cui è già in atto e ampliandola in particolare ad aspetti quali la crescente competizione geostrategica, le questioni di resilienza, la protezione delle infrastrutture critiche, le tecnologie emergenti e di rottura, lo spazio, le implicazioni dei cambiamenti climatici per la sicurezza, nonché la manipolazione delle informazioni e le ingerenze da parte di attori stranieri;
· invita gli alleati alla NATO che non sono membri dell'UE a partecipare il più possibile alle iniziative di quest'ultima e gli Stati UE che non fanno parte dell'Alleanza a partecipare il più possibile alle iniziative della NATO.
In base al progetto di conclusioni del 25 giugno 2023 il Consiglio europeo dovrebbe esprimere profondo cordoglio per la terribile perdita di vite umane a seguito della recente tragedia avvenuta nel Mediterraneo. Dovrebbe quindi dichiarare che l'UE continuerà a impegnarsi per smantellare il modello di attività dei trafficanti e delle reti della tratta di esseri umani e per affrontare le cause profonde della migrazione al fine di gestire meglio i flussi di migranti e impedire alle persone di intraprendere viaggi così pericolosi.
Il Consiglio europeo dovrebbe inoltre ricordare che “la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea” e affermare che, dopo aver esaminato la situazione migratoria alle frontiere esterne dell'UE e all'interno dell'UE, ha preso atto dei lavori intrapresi finora. La presidenza del Consiglio e la Commissione hanno informato il Consiglio europeo in merito ai progressi compiuti nell'attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023, con particolare attenzione agli aspetti esterni della migrazione. Sulla base dei progressi finora compiuti, il Consiglio europeo dovrebbe chiedere di intensificare i lavori su tutte le linee d'azione e invitare il Consiglio e la Commissione a continuare a monitorare attentamente e a garantire l'attuazione delle sue conclusioni, che anche il Consiglio europeo si impegna a seguire costantemente.
Nelle conclusioni del 9 febbraio 2023 il Consiglio europeo ha definito la situazione migratoria “una sfida europea che richiede una risposta europea” e, a partire dalla lettera inviata agli Stati membri dalla Commissione europea, ha chiesto il rafforzamento e l'accelerazione di misure operative immediate (per il testo integrale delle conclusioni, si rimanda al Documento dell’Unione europea n. 2/DOCUE).
Il 26 gennaio 2023 la Presidente della Commissione europea von der Leyen, aveva inviato una lettera ai capi di Stato e di governo dell'UE in materia di migrazioni, sottolineando che esse sono "una sfida europea, alla quale dobbiamo dare una risposta europea". In allegato alla lettera, sono indicate misure operative che consentirebbero di affrontare le pressioni migratorie e getterebbero le basi per l'attuazione del nuovo patto sulle migrazioni e l'asilo (su cui vd. infra). Le misure sono suddivise in quattro aree, con i seguenti obiettivi: 1) rafforzare le frontiere esterne, attraverso un utilizzo coordinato delle risorse dell'UE nei punti strategici, tenendo conto delle differenze fra confini terrestri e marittimi e sostenendo una migliore intelligence e allerta precoce (a tal fine è fondamentale lavorare in modo più mirato con i partner del Mediterraneo e dei Balcani occidentali, per consentire di affrontare i problemi alla loro origine); 2) affrontare i ritardi e le lacune nelle procedure di frontiera e nei rimpatri (è per questo necessario accelerare le procedure di frontiera, applicando in modo più sistematico il concetto di Paese terzo sicuro e utilizzando gli strumenti di cooperazione dell'UE per aiutare gli sforzi nazionali nel promuovere i rimpatri, anche riconoscendo le decisioni di rimpatrio degli altri Stati membri); 3) affrontare i movimenti secondari e garantire un'effettiva solidarietà fra i Paesi dell'UE (la Commissione ha in proposito sottolineato la necessità di intensificare il sostegno agli Stati membri maggiormente sotto pressione, anche attraverso un'efficace ricollocazione mediante il meccanismo volontario di solidarietà, che dovrebbe fungere da precursore di un meccanismo permanente); 4) intensificare la cooperazione con i partner per migliorare la gestione della migrazione e dei rimpatri (la Presidente ha affermato che nei finanziamenti esterni l'UE sta superando in modo significativo l'obiettivo del 10% per le spese relative alla migrazione e che, nell'anno in corso, i progetti di gestione delle frontiere e di lotta al contrabbando in Nord Africa e nei Balcani occidentali supereranno il mezzo miliardo di euro).
Il 20 marzo 2023 la Presidente von der Leyen ha inviato un’altra lettera ai 27 Stati membri. La Presidente vi sottolinea quanto sia urgente un’azione a livello di Unione europea, affermando l’impegno da parte della Commissione a mobilitare 110 milioni di euro, oltre i 208 milioni di euro già stanziati, per la cooperazione anti-trafficanti. Facendo poi riferimento alla comunicazione adottata il 14 marzo 2023, in cui viene presentato un nuovo quadro strategico per la gestione europea integrata delle frontiere esterne, la Presidente evidenzia che occorrerà utilizzare al meglio i 600 milioni di euro messi a disposizione per sostenere gli Stati membri nel controllo delle frontiere e per le attrezzature tecnologiche. La Presidente ha ricordato infine che: l’UE continuerà a collaborare con i partner in nord Africa, anche attraverso la consegna di navi alla Libia e il rilancio del gruppo di contatto europeo per la ricerca e il salvataggio; nei Balcani occidentali, Frontex ha schierato le sue guardie di frontiera in Serbia e 130 corpi permanenti fra Ungheria e Bulgaria; è stato approvato un sostegno di 200 milioni di euro per l'accoglienza dei migranti; la Commissione si impegnerà nell'attuazione della tabella di marcia di Dublino, con l’intento fra l’altro di ridurre gli incentivi per i movimenti secondari.
Il Consiglio europeo è stato informato, da ultimo, il 23 marzo 2023 dalla presidenza del Consiglio e dalla Commissione in merito ai progressi compiuti nell'attuazione delle sue conclusioni del 9 febbraio 2023. Ricordando che la migrazione è una sfida europea che richiede una risposta europea, il Consiglio europeo ha chiesto, nelle sue conclusioni, la rapida attuazione di tutti i punti concordati, dichiarando che avrebbe riesaminato la questione nel mese di giugno.
Il 26 giugno 2023, in vista del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, von der Leyen ha inviato una lettera ai leader europei in cui affronta ancora una volta la questione migratoria. Vi si sottolinea in particolare la necessità di partenariati con i Paesi terzi e di lavorare nel contempo affinché si raggiunga un accordo sulle proposte legislative contenute nel Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo.
La Presidente sottolinea che “il naufragio della scorsa settimana è l'ennesimo richiamo all'azione”, riferendosi al naufragio al largo delle coste greche, e che è dunque urgente “intensificare il lavoro con i Paesi partner” per combattere il traffico di migranti, impedire le partenze illegali su imbarcazioni sovraffollate e creare percorsi legali alternativi. Evidenzia inoltre che gli orientamenti generali concordati lo scorso 8 giugno dai ministri degli Interni dell'Unione europea sui regolamenti relativi alla gestione dell'asilo e della migrazione e alle procedure di asilo rappresentano una “soluzione praticabile ed equa” in grado di salvaguardare i diritti dei richiedenti asilo.
Per quanto concerne la dimensione esterna, dichiara che la Commissione si impegnerà per nuovi partenariati con i Paesi terzi basati su una cooperazione “reciprocamente vantaggiosa”. L’obiettivo sarà quello di far sì che “la nostra attuale iniziativa con la Tunisia funga da modello per partenariati analoghi in futuro”. La Presidente fa qui riferimento alla visita a Tunisi dell’11 giugno scorso con il primo ministro Giorgia Meloni e il primo ministro olandese Mark Rutte, dichiarando che tale incontro ha dimostrato il valore dell’approccio di Team Europa e che occorrerà rafforzare le relazioni attorno a un partenariato globale basato su cinque pilastri (assistenza macrofinanziaria, rafforzamento dei legami economici e commerciali, cooperazione in materia di energia verde, migrazione e promozione dei contatti fra le persone), sui quali il commissario Varhelyi dovrebbe finalizzare a breve un memorandum d’intesa con la Tunisia.
La lettera fornisce anche un aggiornamento sui piani d'azione adottati per le diverse rotte migratorie, il più recente dei quali riguarda la rotta del Mediterraneo occidentale. Evidenzia fra l’altro che si sta lavorando all’attuazione del piano d’azione per il Mediterraneo centrale, con due nuove unità consegnate alla Guardia costiera libica per rafforzare le operazioni di ricerca e salvataggio. Rileva inoltre la significativa riduzione dei movimenti irregolari quale conseguenza del piano d'azione per la rotta dei Balcani occidentali.
La lettera fa poi riferimento all’importanza di allineare le politiche in materia di visti, sottolineando gli effetti positivi della cooperazione con i Paesi terzi in materia di riammissione degli immigrati irregolari attraverso il cosiddetto meccanismo della leva dei visti. Nel caso dell’Iraq, si sottolinea che l’intenso dialogo sugli elementi di condizionalità (di cui all’articolo 25 bis del Codice dei visti) ha portato risultati positivi e il paese ha avviato a sua volta un dialogo costruttivo con 15 Stati membri per trovare soluzioni sostenibili in materia di riammissione e reintegrazione. Nella lettera si fa riferimento alla comunicazione adottata dalla Commissione il 30 maggio 2023 sul monitoraggio dei regimi di esenzione dal visto dell'UE e all’avvio di un processo di consultazione con il Parlamento europeo e il Consiglio per comprendere come migliorare il meccanismo di sospensione di esenzione dal visto. La Commissione intende presentare, nell'autunno 2023, una proposta legislativa di revisione del meccanismo di sospensione.
Von der Leyen afferma che la gestione efficace dei confini esterni è prioritaria. La crescente complessità dei confini europei, incluse le minacce ibride, chiede flessibilità e adattamento – sottolinea - prendendo anche in considerazione l'attuale panorama geopolitico e la trasformazione dei modelli migratori. Nella lettera ricorda i due progetti pilota, lanciati a marzo in Romania e Bulgaria, dove “è stata ben stabilità una stretta cooperazione fra Commissione, autorità nazionali e agenzie dell’UE”. Afferma che la Commissione sta lavorando in stretto contatto con gli Stati membri per affrontare le sfide legate alle attività di ricerca e soccorso, migliorando la consapevolezza della situazione nel Mediterraneo e continuando a lavorare per creare un quadro di cooperazione rafforzata in quest'area.
Infine, la lettera evidenzia che, per mantenere la capacità dell’Unione di rispondere alle pressanti sfide migratorie, occorre assicurarsi di disporre di finanziamenti sufficienti per un sistema efficace di gestione della migrazione e dell’asilo ed essere pronti a situazioni impreviste. La cooperazione con partner chiave richiederà inoltre la mobilitazione di livelli di finanziamento adeguati. La revisione del quadro finanziario pluriennale sarà occasione per venire incontro a tali esigenze.
I punti indicati nelle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di febbraio, e rispetto ai quali il Consiglio europeo del 29 e 30 giugno dovrebbe valutare lo stato di attuazione, sono illustrati di seguito.
Al fine di prevenire le partenze irregolari e la perdita di vite umane, ridurre la pressione sulle frontiere dell'UE e sulle capacità di accoglienza, lottare contro i trafficanti e aumentare i rimpatri, il Consiglio europeo di febbraio ha dichiarato che verrà intensificata la cooperazione con i Paesi di origine e transito. In particolare, ha segnalato l’opportunità che:
· vengano attuati i piani d'azione per le rotte dei Balcani occidentali e del Mediterraneo centrale;
· la Commissione presenti ‘in via prioritaria’ piani d'azione per le rotte dell’Atlantico e del Mediterraneo occidentale e orientale;
· l’Unione europea continui a sostenere i partner nell'affrontare le cause profonde della migrazione irregolare;
· venga rafforzato il monitoraggio delle politiche in materia di visti dei Paesi vicini, in quanto l'allineamento della loro politica in materia di visti riveste carattere di urgenza ed è di fondamentale importanza per la gestione della migrazione. I leader dell'UE si sono in proposito compiaciuti dei progressi compiuti dai partner dei Balcani occidentali e li hanno invitati alla rapida adozione di ulteriori misure. Hanno dichiarato inoltre che l'UE è pronta ad approfondire la cooperazione con la regione in materia di migrazione, asilo, gestione delle frontiere e rimpatri, sfruttando i quadri esistenti e i canali disponibili.
In occasione dell’ultimo Consiglio “Giustizia e affari interni”, tenutosi nelle giornate dell’8 e 9 giugno 2023, il Consiglio ha preso atto dello stato di avanzamento dei lavori della Commissione e della presidenza sulla dimensione esterna della migrazione, affrontando le questioni riguardanti i flussi migratori globali e la cooperazione dell'UE con i partner esterni per gestire le pressioni migratorie. Particolare attenzione è stata rivolta al piano d'azione per la rotta Mediterraneo occidentale/Atlantico e alla situazione in Tunisia, Egitto e Iraq.
L’11 giugno 2023, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha visitato Tunisi insieme alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e al Primo Ministro del Regno dei Paesi Bassi, Mark Rutte. I tre leader hanno incontrato il Primo Ministro della Repubblica tunisina, Najla Bouden e, in seguito, il Presidente Kais Saied. In tale occasione è stata adottata una dichiarazione congiunta, in cui l’UE e la Tunisia si impegnano a lavorare congiuntamente nel quadro di un partenariato globale, che comprende fra l’altro la questione migratoria.
La Commissione europea ha finora presentato i seguenti piani d’azione:
1) il Piano d’azione dell’UE per il Mediterraneo centrale, del 21 novembre 2022. Vengono proposte 20 misure al fine di affrontare le sfide riguardanti la rotta migratoria del Mediterraneo centrale (per approfondimenti, si rimanda alla Nota n. 3, Consiglio straordinario Giustizia e affari interni - Bruxelles, 25 novembre 2022, a cura del Servizio Studi del Senato). Nello specifico, la Commissione suggerisce maggiore cooperazione con i Paesi partner e le organizzazioni internazionali, evidenziando che sono previsti almeno 580 milioni di euro per il periodo 2021-2023 nell’ambito dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale - Europa globale (Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument – Global Europe - Ndici-Global Europe) e di altri strumenti che saranno utilizzati attraverso la programmazione regionale multinazionale per il sostegno in materia di migrazione ai partner in Nord Africa, insieme a programmi bilaterali dell’UE con i singoli Paesi. La Commissione si è quindi impegnata a intensificare la lotta al traffico di migranti e a rinsaldare gli impegni diplomatici sui rimpatri, intensificando nel contempo i percorsi legali. Il piano prevede anche una strategia più coordinata in materia di ricerca e soccorso. A tal fine, sono proposte misure volte a rafforzare la cooperazione fra gli Stati membri e tutti gli attori coinvolti in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, con il supporto del Gruppo di contatto europeo per la ricerca e il soccorso, preannunciato nell’ambito del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo. Il piano sottolinea al riguardo che dovrebbero essere promosse discussioni in seno all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) sulla necessità di un quadro ad hoc e di linee guida specifiche per le navi, con riferimento alle attività di ricerca e soccorso;
2) il Piano d’azione sulla rotta dei Balcani occidentali, presentato dalla Commissione il 5 dicembre 2022. Il piano è volto a rafforzare la cooperazione in materia di migrazione e gestione delle frontiere con i partner dei Balcani occidentali. Individua 20 misure operative strutturate su 5 pilastri: il rafforzamento della gestione delle frontiere lungo le rotte; procedure di asilo rapide e sostegno alla capacità di accoglienza; la lotta al traffico di migranti; il rafforzamento della cooperazione in materia di riammissione e rimpatri; la promozione di un allineamento della politica in materia di visti;
3) il Piano d'azione dell’UE per le rotte migratorie del Mediterraneo occidentale e dell'Atlantico, presentato il 6 giugno 2023. Il piano d'azione si pone l’obiettivo di aiutare gli Stati membri a rafforzare la gestione della migrazione lungo tale rotta, prevenendo le partenze irregolari e salvando vite umane, in stretta collaborazione con i principali Paesi partner. Sono a tal fine proposte 18 misure operative strutturate in due pilastri. Il primo pilastro è volto al rafforzamento della cooperazione con i Paesi partner, ritenuta fondamentale per affrontare le sfide migratorie e contrastare il traffico di migranti. A questo scopo l'UE dovrebbe concentrarsi sugli aspetti seguenti: individuare le priorità operative a breve termine e le misure di coordinamento fra l'UE e gli Stati membri per affrontare la migrazione con un approccio che prenda in considerazione l'intero tragitto, nel quadro di Team Europe; prevenire la migrazione irregolare combattendo il traffico di migranti e la tratta di esseri umani (anche attraverso l’attuazione del partenariato operativo antitraffico con il Marocco e l’avvio di un programma regionale finanziato da ‘Ndici-Europa globale’); la gestione delle frontiere, rafforzando le capacità di Marocco, Mauritania, Senegal e Gambia nel prendere iniziative mirate per prevenire le partenze irregolari e intensificare la cooperazione bilaterale con Frontex; le politiche di rimpatrio, riammissione e reintegrazione, sostenendo fra l’altro operazioni di rimpatrio volontario nei Paesi dell'Africa settentrionale e del Sahel; promuovere i percorsi legali di accesso alla protezione nell'UE attraverso il reinsediamento, l'ammissione umanitaria e percorsi complementari; favorire la migrazione dei lavoratori e i partenariati volti ad attirare talenti (come il partenariato per i talenti con il Marocco e i programmi di migrazione legale e mobilità con la Nigeria e il Senegal). Il secondo pilastro indica le misure operative necessarie per la ricerca e il soccorso in mare e le procedure di rimpatrio.
Sottolineando l'importanza di una politica unificata, globale ed efficace dell'UE in materia di rimpatrio e riammissione nonché di un approccio integrato alla reintegrazione, il Consiglio europeo del 9 febbraio ha evidenziato la necessità di un'azione rapida per garantire rimpatri efficaci, usando come leva l'insieme delle politiche e degli strumenti pertinenti di cui l'UE dispone, compresi la diplomazia, lo sviluppo, il commercio e i visti, nonché le opportunità di migrazione legale. A questo scopo:
· ha invitato la Commissione e il Consiglio ad avvalersi pienamente del meccanismo per il rilascio di visti, come previsto dall'articolo 25 bis del Codice dei visti, relativo alla cooperazione in materia di riammissione;
· ha invitato gli Stati membri a riconoscere reciprocamente le rispettive decisioni di rimpatrio;
· ha invitato l'Agenzia dell’UE per l'asilo a fornire orientamenti per incrementare il ricorso ai concetti di Paesi terzi sicuri e di Paesi di origine sicuri.
Il Codice dei visti - istituito con il regolamento (CE) n. 810/2009 - stabilisce le procedure e le condizioni per il rilascio dei visti per soggiorni di breve durata e per il transito aeroportuale nello spazio Schengen. Il codice dei visti si pone fra l’altro l’obiettivo di migliorare la cooperazione con i Paesi terzi in materia di riammissione degli immigrati irregolari attraverso il cosiddetto meccanismo della leva dei visti. Nel quadro di tale meccanismo, quando un Paese terzo non collabora in materia di riammissione, possono essere adottate specifiche misure restrittive relativamente al trattamento delle domande e ai diritti per i visti. L'UE dispone attualmente di un regime di esenzione dal visto con 61 Paesi terzi, due regioni amministrative speciali della Cina (Hong Kong e Macao) e un'autorità territoriale che non è riconosciuta come Stato da almeno uno Stato membro dell'UE (Taiwan). Il 9 marzo 2023 il Consiglio ha raggiunto inoltre un accordo su un regime di esenzione dal visto per il Kosovo. Nell'ambito di tale regime, i cittadini di Paesi terzi con passaporto biometrico possono entrare nello spazio Schengen per soggiorni di breve durata senza aver bisogno di un visto.
La politica di rimpatrio dell'UE si basa sulla direttiva "rimpatri", ossia la direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. La direttiva sottolinea la necessità di concludere accordi di riammissione con i Paesi terzi (l'UE ha finora concluso 18 accordi di riammissione). L'accordo di Cotonou (il quadro dell'UE per le relazioni con 79 Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico) include altresì disposizioni sul rimpatrio dei migranti irregolari nei rispettivi Paesi di origine. Nel settembre 2018 la Commissione ha proposto una riforma delle norme comuni dell'UE in materia di rimpatrio che consentirebbe agli Stati membri, fra l’altro, di rinegoziare o negoziare nuovi accordi di riammissione. Un orientamento generale parziale è stato adottato dal Consiglio il 7 giugno 2019; la posizione del Consiglio esclude l'articolo sulle procedure di rimpatrio alla frontiera (che è stato spostato dalla Commissione nella proposta di regolamento sulle procedure di asilo). Il Parlamento europeo non ha ancora adottato il proprio mandato negoziale. Il 27 aprile 2021 la Commissione ha inoltre adottato la prima Strategia dell'UE sui rimpatri volontari e la reintegrazione. Infine, il 16 marzo 2023 la Commissione ha presentato una raccomandazione agli Stati membri sul riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio e sull'accelerazione dei rimpatri. Gli Stati membri dovranno riferire annualmente alla Commissione per consentirle di monitorare l'attuazione della raccomandazione, anche in merito al numero di decisioni di rimpatrio oggetto di riconoscimento reciproco.
La direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – direttiva attualmente oggetto di revisione (vd. infra) - consente agli Stati membri di applicare specifiche norme procedurali, che comprendono in particolare procedure accelerate e svolte alla frontiera, se il richiedente è cittadino di un Paese (o apolide in relazione a un Paese terzo di precedente residenza abituale) che è stato designato come “Paese di origine sicuro” dal diritto nazionale e che, inoltre, può essere considerato sicuro per il richiedente in funzione delle sue particolari circostanze. La direttiva stabilisce criteri comuni per la designazione dei Paesi terzi di origine sicuri da parte degli Stati membri nel suo allegato I, il quale recita: “Un Paese è considerato Paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Per effettuare tale valutazione si tiene conto, fra l’altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni e i maltrattamenti mediante: a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese e il modo in cui sono applicate; b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma della Convenzione europea); c) il rispetto del principio di “non-refoulement” conformemente alla Convenzione di Ginevra; d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.
La direttiva 2013/32/UE definisce inoltre, all’articolo 38, il concetto di “Paese terzo sicuro”. In base a tale articolo gli Stati membri possono applicare il concetto di Paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che nel Paese terzo in questione una persona richiedente protezione internazionale riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri: a) non sussistono minacce alla sua vita e alla sua libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale; b) non sussiste il rischio di danno grave, come definito nella citata direttiva 2011/95/UE; c) è rispettato il principio di “non-refoulement” conformemente alla Convenzione di Ginevra; d) è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, disumani o degradanti, sancito dal diritto internazionale; e) esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della Convenzione di Ginevra.
Il Consiglio europeo del 9 febbraio ha ribadito la determinazione dell’UE ad assicurare il controllo efficace delle sue frontiere esterne terrestri e marittime. Ha accolto con favore gli sforzi compiuti dagli Stati membri e ha:
· espresso pieno sostegno all'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) nello svolgimento del suo compito principale, ossia sostenere gli Stati membri nella protezione delle frontiere esterne, nel contrasto alla criminalità transfrontaliera e nell'intensificazione dei rimpatri;
· ribadito l'importanza di rendere rapidamente operativi il Sistema di ingressi/uscite e il Sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi;
· invitato a portare rapidamente a conclusione i negoziati relativi ad accordi sullo status, nuovi e riveduti, fra l'Unione europea e i Paesi terzi in merito all'intervento di Frontex;
· invitato la Commissione a finanziare le misure degli Stati membri che contribuiscono direttamente al controllo delle frontiere esterne dell'UE nonché al miglioramento del controllo delle frontiere nei Paesi chiave sulle rotte di transito verso l'UE;
· chiesto alla Commissione di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell'UE per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità, delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza e delle attrezzature di controllo delle frontiere;
· riconosciuto le specificità delle frontiere marittime e ha sottolineato la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso. In tale contesto, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere e ha preso atto del rilancio del Gruppo di contatto europeo in materia di ricerca e soccorso.
Il 14 marzo 2023 la Commissione ha adottato una comunicazione che presenta il quadro strategico per la gestione europea integrata delle frontiere nei prossimi cinque anni, rispondendo all’invito formulato dal Consiglio europeo. Essa definisce il primo ciclo politico strategico pluriennale ("politica strategica della gestione europea integrata delle frontiere"), al fine di fornire un quadro politico condiviso e orientamenti per l'attuazione di un'efficace gestione integrata delle frontiere europee per il periodo 2023-2027. Finanziamenti specifici saranno forniti dal Fondo Asilo, migrazione e integrazione e dallo Strumento per la gestione delle frontiere e la politica dei visti, in particolare per il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio e per dotare le guardie di frontiera e le guardie costiere di strumenti più efficaci per la protezione delle frontiere esterne.
Sulla comunicazione la Commissione affari costituzionali della Camera ha avviato l’esame ai sensi dell’art. 127 del Regolamento.
Frontex è stata fondata nel 2004 per assistere gli Stati membri dell’UE e i Paesi associati Schengen nella protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione dell’UE. Sua base giuridica è attualmente il regolamento (UE) 2019/1896. Fra i suoi compiti vi è quello di rendere più efficiente la politica dei rimpatri dell’Unione quale componente chiave di una gestione sostenibile delle migrazioni. In quanto Agenzia dell’UE, Frontex è finanziata dal bilancio dell’Unione e dai contributi dei Paesi associati Schengen. La sede è Varsavia, in Polonia. Il direttore è Hans Leijtens, dei Paesi Bassi. Il corpo permanente di 10.000 guardie di frontiera previsto dal regolamento riunisce il personale dell’agenzia, nonché le guardie di frontiera e gli esperti di rimpatri distaccati o inviati dagli Stati membri, che a loro volta sostengono le oltre 100.000 guardie di frontiera nazionali nei loro compiti. Previo accordo da parte del Paese interessato, Frontex può avviare operazioni congiunte e inviare personale al di fuori dell’Unione per fornire sostegno nella gestione delle frontiere. È inoltre in grado di istituire uffici antenna negli Stati membri e nei Paesi terzi (previo accordo sullo status) per sostenere sul piano logistico le attività operative e garantire il regolare svolgimento delle operazioni. Sono stati finora negoziati accordi sullo status (attualmente in vigore o in attesa della firma) con i seguenti Paesi: Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro e Serbia.
A partire dal 2022, Frontex gestisce l’unità centrale del sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS). Tale sistema - istituito con il regolamento (UE) 2018/1240 - è utilizzato per effettuare verifiche preventive sui viaggiatori esenti dall'obbligo di visto, negando se necessario l'autorizzazione ai viaggi, in modo simile ai sistemi in vigore esistenti, in particolare, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia. L'ETIAS è sviluppato da eu-LISA, l'agenzia dell'UE che gestisce i sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e dovrebbe essere operativo entro metà novembre 2023.
Il sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di Paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri (Entry/Exit system - EES) è stato istituito con il regolamento (UE) 2017/2226. Il sistema registra i dati di ingresso, di uscita e di respingimento dei cittadini di Paesi terzi che attraversano le frontiere esterne dello spazio Schengen, con l'obiettivo di contribuire a: ridurre i tempi delle verifiche di frontiera e migliorare la qualità di queste ultime calcolando automaticamente la durata di soggiorno autorizzato di ogni viaggiatore; garantire un'identificazione sistematica e affidabile dei soggiornanti fuoritermine; rafforzare la sicurezza interna e la lotta contro il terrorismo e altri reati gravi consentendo alle autorità di contrasto di accedere allo storico dei viaggi. Il sistema dovrebbe essere operativo entro metà maggio 2023. Sarà creato dagli Stati membri insieme a eu-LISA, e in cooperazione con la Commissione europea e Frontex.
Si segnala che è attualmente all’esame del Parlamento il ddl di conversione del decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano (A.S. 755). L’articolo 18 di tale decreto provvede a una serie di adeguamenti della normativa italiana ad alcuni regolamenti dell’Unione europea fra cui rilevano in particolare – entro la cornice normativa posta dal codice frontiere Schengen – il sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi e il sistema di ingressi/uscite (cfr. il Dossier di documentazione).
Il Consiglio europeo del 9 febbraio ha condannato i tentativi di strumentalizzare i migranti a fini politici, in particolare se utilizzati come leva o nell'ambito di azioni ibride di destabilizzazione. Ha invitato Commissione e Consiglio a portare avanti i lavori sugli strumenti pertinenti, comprese eventuali misure nei confronti degli operatori di trasporto dediti alla tratta di persone o al traffico di migranti o che agevolano tali pratiche.
In risposta alla strumentalizzazione delle persone da parte del regime bielorusso, le conclusioni del Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre 2021 avevano sottolineato che l'UE non accetterà alcun tentativo da parte di Paesi terzi di strumentalizzare i migranti a fini politici. Il 14 dicembre 2021 la Commissione ha quindi presentato la proposta di regolamento volto ad affrontare le situazioni di strumentalizzazione nel settore della migrazione e dell'asilo (COM(2021) 890). La proposta definisce come "fenomeno estremamente preoccupante" il ruolo crescente degli attori statali nella creazione artificiale e nel favoreggiamento della migrazione irregolare, utilizzando i flussi migratori come strumento per fini politici, per destabilizzare l'Unione europea e i suoi Stati membri. Evidenzia inoltre come la crisi migratoria determinatasi ai confini fra Bielorussia e Unione europea (Lituania, Lettonia, Polonia) rappresenti un tentativo deliberato di creare una crisi persistente e prolungata, nell'ambito di un più ampio sforzo concertato teso a destabilizzare l’UE, mettendone alla prova l'unità e la determinazione, e perciò configurandosi come una "minaccia ibrida".
La tratta di esseri umani consiste nello sfruttamento criminale della persona vulnerabile al solo scopo di lucro. Lo sfruttamento sessuale è la forma di tratta più diffusa nell’UE (60%), seguito dallo sfruttamento della manodopera (15%), dalle attività criminali forzate, dalla servitù domestica e dall’accattonaggio forzato. L’articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sulla proibizione della schiavitù e del lavoro forzato, stabilisce che: 1) nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù; 2) nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio; 3) è proibita la tratta degli esseri umani. Il principale strumento giuridico dell’UE in questo contesto è la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. Il 19 dicembre 2022 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva di modifica della direttiva 2011/36/UE (COM(2022) 732) con l’obiettivo di affrontare i diversi aspetti problematici che - evidenzia la Commissione - dal 2011 a oggi sono emersi o hanno assunto particolare rilievo, fra questi il matrimonio forzato e l'adozione illegale. La proposta prevede anche che potranno essere oggetto di sanzioni coloro che utilizzano consapevolmente servizi forniti da vittime della tratta (per approfondimenti sulla proposta cfr. il Dossier N. 21/DE 12a riunione del Gruppo di controllo parlamentare congiunto su Europol (JPSG) Stoccolma, 26-27 marzo). Il Consiglio GAI del 9 giugno 2023 ha concordato la sua posizione sulla proposta così da avviare i negoziati con il Parlamento europeo. Fra le azioni poste in essere dall’UE per far fronte alla tratta di esseri umani vi è inoltre la strategia per la lotta alla tratta di esseri umani (2021-2025), adottata dalla Commissione europea il 14 aprile 2021. La strategia si incentra sui seguenti aspetti: ridurre in primo luogo la domanda che favorisce la tratta; smantellare il modello commerciale dei trafficanti; proteggere, sostenere ed emancipare le vittime; intensificare la cooperazione internazionale.
Oltre il 90% dei migranti paga i trafficanti per cercare di raggiungere l’Europa; si stima che il traffico di migranti abbia generato un fatturato dai 3 ai 6 miliardi di euro nel 2015 a livello mondiale, e oltre 200 milioni di euro nel 2019 sulle rotte marittime che portano all’Unione europea (cfr. EMSC The profits of smugglers - infographic). Fra le azioni dell’UE volte a contrastare il traffico di migranti si segnalano: le misure operative concordate dal Consiglio nel dicembre 2018; il Centro europeo contro il traffico di migranti (EMSC), lanciato nel febbraio 2016, il cui compito principale è aiutare la polizia e le autorità di frontiera a coordinare operazioni antitraffico transfrontaliere altamente complesse; le conclusioni sul traffico di migranti, adottate dal Consiglio nel marzo 2016; le attività di cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei migranti avviate dall’UE e dagli Stati membri per contrastare le reti di trafficanti (vd. sopra); il Piano d’azione rinnovato dell’UE contro il traffico di migranti per il periodo 2021-2025 (COM(2021) 591), presentato dalla Commissione europea il 9 settembre 2021 a seguito di un’ampia consultazione pubblica; gli accordi di riammissione che l’UE negozia con i Paesi di origine e di transito al fine di rimpatriare i migranti irregolari.
L’UE ha inoltre adottato numerosi atti normativi per la lotta contro l’immigrazione irregolare e il traffico di migranti. Il cosiddetto pacchetto sul favoreggiamento comprende la direttiva 2002/90/CE del Consiglio volta a stabilire una definizione comune del reato di favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (per il recepimento cfr. il decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e la decisione quadro 2002/946/GAI, che stabilisce sanzioni penali per tali attività (per il recepimento nell’ordinamento interno cfr. la pagina dedicata del sito eurlex). Il pacchetto è completato dalla direttiva 2004/81/CE del Consiglio che prevede il rilascio di un titolo di soggiorno alle persone vittime della tratta o del traffico di esseri umani che cooperino con le autorità competenti.
Il Consiglio europeo del 9 febbraio ha invitato Commissione e Consiglio, con il sostegno delle competenti agenzie dell'UE, a sviluppare una conoscenza situazionale comune, a migliorare il monitoraggio dei dati sulle capacità di accoglienza e sui flussi migratori e a individuare più rapidamente nuove tendenze migratorie, sia verso l'UE che al suo interno. Ha incoraggiato inoltre le autorità nazionali a chiedere il sostegno delle agenzie dell'UE, comprese l'Agenzia per l'asilo e Frontex, per fare in modo che tutti i migranti che entrano nell'UE siano regolarmente registrati.
Secondo i dati forniti da Frontex, aggiornati al maggio 2023, sono stati registrati 69.178 arrivi irregolari, la cui ripartizione per rotta migratoria è la seguente: rotta centrale 50.318 arrivi; rotta orientale 10.258 arrivi; rotte occidentali 8.575 arrivi. Nel solo mese di maggio 2023 sono stati registrati 12.165 arrivi irregolari, la cui ripartizione per rotta migratoria è la seguente: rotta centrale 8.026 arrivi; rotta orientale 2.089 arrivi; rotte occidentali 2.050 arrivi. Nel 2023 le cittadinanze che hanno fatto registrare il maggior numero di arrivi irregolari sono state le seguenti: ivoriana (1.987) sulla rotta centrale; siriana (825) sulla rotta orientale; marocchina (475) sulla rotta occidentale; tutte le altre (2.041) sulla rotta centrale.
Riguardo agli ingressi in Italia, i migranti sbarcati dal 1° gennaio al 22 giugno 2023 sono stati 58.782; nello stesso periodo, nel 2022, si erano registrati 25.458 sbarchi (fonte: Ministero dell’Interno).
Alla luce dei progressi compiuti nel 2022, il Consiglio europeo del 9 febbraio ha infine invitato il Consiglio e il Parlamento europeo a proseguire i lavori relativi al patto sulla migrazione e l'asilo, conformemente alla tabella di marcia comune (concordata nel settembre 2022 da Consiglio e Parlamento europeo. La presidenza svedese ha prospettato la conclusione dei negoziati entro il termine della legislatura europea).
Il Nuovo patto sulla migrazione e l'asilo - presentato il 23 settembre 2020 dalla Commissione europea - comprende una serie di proposte legislative e non, fra cui nuove proposte (come il regolamento che dispone attività preliminari di accertamento alle frontiere) e proposte di revisione di testi presentati nel 2016 che non erano ancora stati adottati (come il regolamento Eurodac). Si ricordano, in particolare:
1. la proposta di regolamento (COM(2020) 610) sulla gestione della migrazione e l’asilo che riscrive parzialmente il cd. regolamento Dublino III senza tuttavia intaccarne nella sostanza il principio dello Stato di primo approdo. Il Consiglio ha raggiunto un orientamento generale sulla proposta in occasione della riunione dell’8 e 9 giugno scorsi. Le nuove norme istituiscono un meccanismo di solidarietà nei confronti degli Stati membri più esposti ai flussi, contemplando misure di sostegno anche in caso di sbarchi a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare. La proposta intende determinare lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale, sulla base del principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità e prevede infatti che i contributi degli Stati membri possano assumere la forma di ricollocazioni (di richiedenti protezione internazionale o anche ai fini del rimpatrio di cittadini di Paesi terzi o apolidi il cui soggiorno è irregolare), di contributi finanziari (rivolti primariamente a progetti connessi al settore della migrazione, della gestione delle frontiere e dell'asilo o a progetti in Paesi terzi, compresi i programmi di rimpatrio), di misure di solidarietà alternative incentrate sullo sviluppo di capacità, sui servizi, sul sostegno al personale, sulle strutture e sulle attrezzature tecniche. Ogni anno, la Commissione dovrà adottare una raccomandazione relativa alla “riserva di solidarietà” che individui le misure del pacchetto di strumenti permanenti dell'UE necessarie per affrontare la situazione migratoria nell'anno successivo “in modo equilibrato ed efficace” e rispecchiando le esigenze degli Stati membri soggetti a pressioni migratorie. Le cifre annue per le ricollocazioni e i contributi finanziari a livello dell'Unione (cifre che potranno essere aumentate se necessario) sono fissate in: a) 30.000 per le ricollocazioni; b) 600 milioni di euro per i contributi finanziari. Il regolamento contiene inoltre misure volte a prevenire gli abusi da parte dei richiedenti asilo e a evitare movimenti secondari e limita a tal fine le possibilità di cessazione della competenza o di trasferimento della competenza fra gli Stati membri. Si prevede in particolare che: lo Stato membro di primo ingresso continuerà a essere competente per la domanda di asilo per una durata di due anni; lo Stato membro competente sarà liberato dall'obbligo di prendere o riprendere in carico l'interessato, e la competenza verrà trasferita allo Stato membro che dovrebbe provvedere al trasferimento, fino a un massimo di tre anni qualora l’interessato si renda irreperibile, si opponga fisicamente al trasferimento, si renda intenzionalmente inidoneo al trasferimento o non soddisfi i requisiti medici per il trasferimento; se uno Stato membro respinge un richiedente nell'ambito della procedura di frontiera, la sua competenza circa tale persona terminerà dopo 15 mesi (in caso di rinnovo della domanda);
2. la proposta di regolamento (COM(2020) 612) che dispone attività preliminari di accertamento alle frontiere per l’avvio delle diverse procedure cui deve sottoporsi lo straniero ai fini dell’ingresso o dell’allontanamento dallo Stato membro (cosiddetto screening). Tali procedure dovrebbero essere applicabili nei confronti di tutti i cittadini di Paesi terzi che non hanno i requisiti previsti dal Codice frontiere Schengen per l’ingresso nel territorio, anche qualora facciano domanda di protezione internazionale, o di coloro che sono sbarcati a seguito di un’operazione di soccorso in mare. Gli accertamenti includono: controlli dello stato di salute e delle vulnerabilità; verifiche dell'identità; registrazione dei dati biometrici; controlli volti a verificare che la persona non rappresenti una minaccia per la sicurezza interna. Il mandato per i negoziati con il Parlamento europeo è stato approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) il 22 giugno 2022.
3. la proposta modificata di regolamento (COM(2020) 611) che istituisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione, prevedendo l’ampliamento dei casi ai quali si applicherebbe la procedura di esame delle domande di asilo (ed eventualmente di rimpatrio) alla frontiera. L'orientamento generale sulla proposta è stato raggiunto dal Consiglio GAI nella sessione dell'8 e 9 giugno 2023. Il regolamento introduce procedure di frontiera obbligatorie al fine di valutare rapidamente alle frontiere esterne dell'UE se le domande siano infondate o inammissibili. La procedura di frontiera si applicherebbe quando un richiedente asilo presenta domanda a un valico della frontiera esterna a seguito di un fermo collegato all'attraversamento illegale della frontiera e a seguito dello sbarco dopo un'operazione di ricerca e soccorso. La procedura diverrebbe obbligatoria per gli Stati membri qualora il richiedente rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico, abbia indotto in errore le autorità presentando informazioni false od omettendo informazioni, e quando il richiedente è cittadino di un paese il cui tasso di riconoscimento è inferiore al 20 per cento. La durata totale della procedura di asilo e rimpatrio alla frontiera non dovrà essere superiore a 6 mesi. Si prevede inoltre che, al fine di espletare le procedure di frontiera, gli Stati membri creino una “capacità adeguata”, in termini di accoglienza e risorse umane, necessaria per esaminare in qualsiasi momento un numero definito di domande e per eseguire le decisioni di rimpatrio. La capacità adeguata a livello dell'Unione di espletare le procedure di frontiera è considerata di 30.000. La capacità adeguata di ogni Stato membro sarà stabilita mediante un atto di esecuzione della Commissione utilizzando una formula basata sull'aggregazione degli attraversamenti irregolari delle frontiere, quali comunicati dagli Stati membri a Frontex, comprendente anche gli arrivi a seguito di operazioni di ricerca e soccorso e i respingimenti alle frontiere esterne, secondo i dati Eurostat, calcolati su un periodo di tre anni;
4. la proposta di regolamento (COM(2020) 613) sulle situazioni di crisi e di forza maggiore nel settore della migrazione e dell'asilo, che stabilisce una serie di deroghe al regime di solidarietà citato, nonché alle procedure di asilo e di rimpatrio alla frontiera, e introduce la protezione immediata nelle situazioni di crisi, disponendo l’abrogazione della direttiva sulla protezione temporanea;
5. la proposta modificata di regolamento (COM(2020) 614) recante la riforma del quadro giuridico di Eurodac (la banca dati per il confronto delle impronte digitali di richiedenti asilo e migranti impiegata alle frontiere esterne), al fine di allineare lo strumento di archiviazione dei dati biometrici alle nuove misure introdotte con le altre proposte del patto sulla migrazione e asilo. Il mandato per i negoziati con il Parlamento europeo è stato approvato dal Coreper nella riunione del 22 giugno 2022.
Per quanto riguarda le altre iniziative: l'Ufficio europeo per l'asilo (EASO) è stato trasformato nella nuova Agenzia dell'UE per l'asilo, istituita con regolamento e potenziata nelle funzioni di sostegno agli Stati membri; nel dicembre 2022 i co-legislatori hanno raggiunto un accordo sulle proposte relative alle condizioni di accoglienza e al reinsediamento.
Il 28 marzo 2023 la Commissione per le libertà civili del Parlamento europeo ha approvato i testi relativi ai regolamenti per la gestione dell'asilo e della migrazione, per le crisi e le cause di forza maggiore, sullo screening dei migranti e sulle procedure di asilo, con l'obiettivo di finalizzare le nuove norme prima delle elezioni del 2024.
Il Consiglio europeo aveva inoltre invitato i colegislatori a proseguire i lavori relativi al codice frontiere Schengen riveduto e alla direttiva sui rimpatri (su cui vd. sopra).
Il 14 dicembre 2021 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2021) 891) recante modifica del regolamento (UE) 2016/399 che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone ("codice frontiere Schengen"). La proposta è strutturata attorno a quattro assi principali: 1) rafforzare gli strumenti giuridici a disposizione degli Stati membri per combattere la strumentalizzazione dei migranti alle frontiere esterne dell'UE; 2) fornire una base giuridica più solida alle misure che impongono restrizioni alle frontiere esterne in caso di crisi sanitaria; 3) per quanto riguarda le frontiere interne, promuovere il ricorso a misure alternative, in particolare al fine di aumentare il ricorso a misure tecnologiche; 4) rispondere alle minacce persistenti nello spazio Schengen, modernizzando il quadro per il ripristino e la proroga dei controlli alle frontiere interne, introducendo nuove garanzie a tutela della libertà di circolazione e creando, all'articolo 28, un nuovo meccanismo specifico per il coordinamento delle misure di ripristino dei controlli alle frontiere interne in caso di minaccia grave per l'ordine pubblico o la sicurezza interna che riguardi più Stati membri e metta a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen. Il Consiglio ha adottato il suo orientamento generale sulla riforma del Codice frontiere Schengen il 10 giugno 2022.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe svolgere una discussione strategica sulla Cina e in particolare: Ø ribadire l'approccio strategico multiforme dell'UE nei confronti della Cina, in base al quale quest'ultima è contemporaneamente un partner, un concorrente e un rivale sistemico. Sebbene abbiano sistemi politici ed economici differenti, l'UE e la Cina condividono l'interesse a perseguire relazioni costruttive e stabili, fondate sul rispetto dell'ordine internazionale basato su regole, su un dialogo equilibrato e sulla reciprocità; Ø affermare che l'UE continuerà a dialogare con la Cina per affrontare sfide globali e incoraggiarla a intraprendere un'azione più ambiziosa in materia di cambiamenti climatici e biodiversità, salute e preparazione alle pandemie, sicurezza alimentare, prevenzione delle catastrofi, alleviamento del debito e assistenza umanitaria; Ø indicare che l'UE e la Cina continuano a essere partner commerciali ed economici importanti e che l'Unione europea si adopererà per riequilibrare le sue relazioni commerciali ed economiche e assicurare condizioni di parità. L'UE continuerà a ridurre le dipendenze critiche e le vulnerabilità nelle sue catene di approvvigionamento e provvederà a ridurre i rischi e a diversificare ove necessario e opportuno, al fine di conseguire relazioni economiche equilibrate, reciproche e mutualmente vantaggiose. Il Consiglio europeo dovrebbe altresì evidenziare che l'UE non intende procedere a un disaccoppiamento né chiudersi in se stessa e che le sue politiche non sono concepite per danneggiare la Cina né per ostacolarne lo sviluppo e il progresso economico; Ø chiedere alla Cina, in qualità di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di assumere una particolare responsabilità nel difendere l'ordine internazionale basato su regole, la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale, invitandola a esercitare pressioni sulla Russia affinché quest'ultima metta fine alla sua guerra di aggressione e ritiri immediatamente, completamente e senza condizioni le sue truppe dall'Ucraina; Ø ribadire che il Mar cinese orientale e il Mar cinese meridionale rivestono un'importanza strategica per la prosperità e la sicurezza regionali e globali e che l'Unione europea è preoccupata per le crescenti tensioni nello stretto di Taiwan. Dovrebbe inoltre dichiarare che l’UE si oppone a qualsiasi tentativo unilaterale di modificare lo status quo ricorrendo alla forza o alla coercizione e riconfermare la politica coerente dell'UE di "un'unica Cina"; Ø indicare il fermo impegno dell’'UE a favore della promozione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Dovrebbe esprimere altresì compiacimento per la ripresa del dialogo sui diritti umani con la Cina, ribadendo però le sue preoccupazioni riguardo ai lavori forzati, al trattamento dei difensori dei diritti umani e delle persone appartenenti a minoranze, alla situazione in Tibet e nello Xinjiang, come anche al rispetto degli impegni precedentemente assunti dalla Cina in relazione a Hong Kong. |
Il Consiglio affari esteri del 24 aprile 2023 ha svolto una discussione sulle relazioni con la Cina, in vista del Consiglio europeo del 29 e 20 giugno 2023. L'alto rappresentante Borrell ha sottolineato che vi sono settori in cui gli interessi dell'UE e della Cina convergono e che occorre lavorare assieme, ad esempio per affrontare sfide globali quali i cambiamenti climatici, la gestione del debito e la salute su scala globale ed al proposito ha indicato che è in preparazione un documento di posizione, che dovrebbe aggiornare e ricalibrare la strategia dell’UE nei confronti della Cina, e che sarà sottoposto al Consiglio europeo del 29 e 30 giugno 2023. Borrell ha inoltre sottolineato che l'UE si aspetta che la Cina agisca in difesa delle norme e delle regole internazionali, nella loro interezza e non in modo selettivo, in particolare per quanto riguarda la guerra di aggressione ingiustificata e illegale della Russia nei confronti dell'Ucraina.
Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa Agence Europe, In occasione della riunione informale del Consiglio Affari esteri, svoltasi a Stoccolma il 12 maggio 2023, l’Alto Rappresentante Borrell avrebbe presentato un documento di lavoro in cui riconosce l'ambizione della Cina di costruire un nuovo ordine mondiale e invita gli Stati membri dell'UE a riflettere su come interagire con questo attore in modo unitario. Il documento, sarebbe stato accolto con favore da tutti i Ministri e dovrebbe essere perfezionato per preparare la discussione al Consiglio europeo del 29 e 30 giugno. L'Alto Rappresentante avrebbe ricordato il “trittico” che caratterizza i rapporti UE-Cina, ovvero due potenze economiche “partner, rivali e concorrenti”. Borrell avrebbe aggiunto che è impossibile risolvere le sfide globali più importanti senza un forte impegno con la Cina. L'approccio illustrato di Borrell si baserebbe su tre pilastri: valori, sicurezza economica e sicurezza strategica.
Per quanto riguardi i valori, il documento ricorderebbe che Cina e l’UE hanno sistemi diversi e approcci diversi ai diritti umani e che questo divario persistente è uno dei motivi che richiedono una gestione attiva delle relazioni.
Sulla sicurezza economica, l'UE dovrebbe riequilibrare le relazioni con la Cina migliorando l'accesso al mercato in modo che le imprese possano competere nel mercato cinese, affrontando barriere commerciali specifiche. Borrell avrebbe, in particolare, insistito sul concetto di “de-risking”, che consiste nel riconoscere i rischi e utilizzare strumenti per ridurre la dipendenza dalla Cina (in particolare per quanto riguarda lo sviluppo delle tecnologie digitali), che sono anche maggiori di quello che l’UE ha avuto con Russia, riguardante le importazioni di gas.
In termini di sicurezza strategica, il documento metterebbe in discussione l'approccio dell'UE al coinvolgimento della Cina nella guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina. Le relazioni tra Cina e Unione Europea saranno seriamente compromesse se la Cina non spingerà la Russia a ritirarsi dall'Ucraina. Per quanto riguarda le tensioni nello Stretto di Taiwan, l'UE rimane fedele alla sua One-China Policy, ma è anche convinta che qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo e qualsiasi uso della forza potrebbe avere conseguenze economiche, politiche e di sicurezza.
Sui rapporti UE-Cina la Bussola strategica dell’UE, adottata dal Consiglio europeo il 23 e 24 marzo 2022 e recante gli obiettivi per rafforzare la politica di sicurezza e difesa dell’UE entro il 2030, indica che la Cina è allo stesso tempo partner per la cooperazione, un concorrente economico e un rivale sistemico e pertanto:
· l'integrazione della Cina nella sua regione, e nel mondo, caratterizzeranno il resto di questo secolo e che occorre garantire che ciò avvenga in un modo che contribuisca a difendere la sicurezza globale e non sia in contrasto con l'ordine internazionale basato su regole e con gli interessi e valori dell’UE. Ciò richiederà una forte unità tra gli Stati membri dell’UE e la collaborazione con altri partner regionali e globali.
· con la Cina l’UE può affrontare questioni di interesse globale come il cambiamento climatico;
· l'asimmetria nell'apertura dei rispettivi mercati e delle società ha portato a crescenti preoccupazioni per quanto riguarda la reciprocità, la concorrenza economica e la resilienza. La Cina tende a limitare l'accesso al proprio mercato e cerca di promuovere a livello globale i propri standard;
· la Cina persegue le sue politiche anche attraverso la sua crescente presenza in mare e nello spazio, nonché utilizzando strumenti informatici e mostrando tattiche ibride;
· l’obiettivo della Cina di completare la modernizzazione delle forze armate entro il 2035 avrà un impatto sulla sicurezza regionale e globale.
La Presidente von der Leyen, nel discorso sulle relazioni UE-Cina pronunciato il 30 marzo 2023 al Mercator Institute for China Studies e all’European Policy Centre ha illustrato gli orientamenti della Commissione europea per una nuova strategia dell’UE nei confronti della Cina, poi ribaditi in occasione del suo intervento nella plenaria del Parlamento europeo del 18 aprile 2023.
In particolare, von der Leyen ha affermato che come la Cina deciderà di interagire con la Russia determinerà l’evoluzione della relazioni tra l’UE e la Cina, ricordando che in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza, la Cina ha la responsabilità di salvaguardare i principi e i valori che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite e di svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere una pace giusta, basata sulla difesa della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina.
La Presidente della Commissione ha altresì indicato la necessità per l’UE, considerato la maggiore assertività mostrata della Cina nelle relazioni internazionali, di una strategia nei confronti della Cina improntata non al disaccoppiamento, il cosidetto “decoupling”, considerato l’ampiezza dei legami economici e commerciali con la Cina che è un partner fondamentale per l’UE e al quale non sarebbe ne fattibile, ne negli interessi europei rinunciare, quanto al “de-risking”, ossia al mettere in sicurezza l’UE da possibili dipendenze economiche e commerciali e di sicurezza di natura strategica e ribilanciare la relazione con la Cina, sulla base di una maggiore trasparenza, predicibilità e reciprocità. La Presidente ha quindi indicato una strategia improntata su 4 filoni:
1) rendere l’economia e l’industria europea più competitiva, resiliente e quindi autonoma, in particolare attraverso le proposte di regolamento sull'industria a zero emissioni nette e quella sulle materie critiche (presentate il 16 marzo 2023);
2) utilizzare meglio gli strumenti commerciali dell’UE esistenti per ribilanciare le relazioni commerciali con la Cina, come il regolamento sul controllo degli investimenti esteri e la proposta di regolamento relativa al nuovo strumento anti-coercizione volto a dissuadere i Paesi terzi dal mettere in atto misure coercitive che vanno a colpire il commercio e gli investimenti degli Stati membri (sul quale il 6 giugno 2023, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico definitivo);
3) sviluppare nuovi strumenti di difesa in alcuni settori e tecnologie critiche e per prodotti a duplice uso, prevendo delle limitazioni a investimenti o esportazioni di imprese europee nei confronti di paesi terzi, al fine di evitare di rafforzare indirettamente le loro capacità militari e di intelligence;
4) rafforzare la cooperazione con paesi partner, in particolare concludendo nuovi negoziati commerciali con la Nuova Zelanda, l’Australia, l’India, i paesi dell’Asean e i paesi del Mercosur, aggiornando quelli già esistenti con Messico e Cile, rafforzando la cooperazione nel settore del digitale e delle tecnologie verdi con l’India e il Giappone e promuovendo l’investimento in infrastrutture in paesi terzi attraverso il progetto dell’UE del Global Gateway.
Sulle relazioni UE e Cina, si ricordano anche le dichiarazioni del Presidente della repubblica francese, Emmanuel Macron, in una intervista rilasciata il 6 aprile scorso alla agenzia di stampa Politico, secondo le quali l’UE deve evitare di essere coinvolta in crisi che non gli appartengono e che gli impediscono di costruire la propria autonomia strategica, quale il confronto tra Cina e Stati Uniti su Taiwan. Secondo Macron l’UE deve evitare di diventare un seguace su questo tema e prendere spunto dall'agenda degli Stati Uniti e da una reazione eccessiva della Cina. Macron ha anche sostenuto che l'Europa ha aumentato la sua dipendenza dagli Stati Uniti per le armi e l'energia e deve ora concentrarsi sul potenziamento delle industrie di difesa europee e, inoltre, dovrebbe ridurre la sua dipendenza dalla "extraterritorialità del dollaro americano".
Si ricorda che è ancora sospesa la firma dell’Accordo globale sugli investimenti (CAI), sul quale era stata raggiunta una intesa in linea di principio tra UE e Cina 30 dicembre 2020. Il Parlamento europeo ha, in particolare, indicato l’intenzione di non procedere alla ratifica dell’accordo fintanto che la Cina non ritirerà le contro sanzioni adottate dalla Cina in seguito alle sanzioni dell’UE per le violazioni dei diritti umani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang.
Secondo il progetto di conclusioni, il Consiglio europeo dovrebbe discutere dei preparativi del vertice UE-CELAC, che rappresenterà un'occasione per rinnovare e rafforzare il partenariato e concordare un'agenda positiva e lungimirante, incentrata su azioni concrete in settori di interesse comune. Il Consiglio europeo dovrebbe sottolineare l'importanza di affrontare insieme le crisi climatiche e ambientali globali, le crescenti disuguaglianze e le minacce senza precedenti alla sicurezza globale e all'ordine basato su regole.
Il 17 e 18 luglio 2023, si svolgerà a Bruxelles il III vertice fra i Capi di Stato e di Governo dell'UE e della Comunità degli Stati latinoamericani e dei Caraibi (Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños, CELAC).
Il primo vertice fra UE-CELAC, svoltosi a Rio de Janeiro nel giugno 1999, ha istituito un partenariato strategico biregionale, basato su un impegno congiunto a favore delle libertà fondamentali, dello sviluppo sostenibile e di un solido sistema internazionale basato su regole. Il secondo ed ultimo vertice UE-CELAC si è svolto nel giugno 2015 a Bruxelles.
In vista del III Vertice UE-CELAC, la Commissione europea e l’Alto Rappresentante hanno presentato il 7 giugno 2023 una comunicazione congiunta che definisce una nuova agenda per le relazioni tra l'UE e l'America latina e i Caraibi e mira a ricalibrare e rinnovare le relazioni biregionali con proposte nei seguenti settori chiave:
· rinnovare il partenariato politico, in particolare rafforzando a livello biregionale il dialogo tra l'UE e la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici, con vertici più regolari (ogni due anni) e un meccanismo di coordinamento permanente (che si dovrebbe riunire 1 o 2 volte l’anno) ed a livello subregionale, attraverso la finalizzazione dell'accordo post Cotonou, in aggiunta al dialogo con altri gruppi subregionali come il Mercosur, il Sistema di integrazione centroamericano (SICA), la Comunità andina o l'Alleanza del Pacifico.
L’iter di approvazione dell’accordo l’Accordo UE-Mercosur è al momento sospeso per le riserve, manifestate dal Parlamento europeo e da alcuni Stati membri (in particolare, Austria, Irlanda, Francia e Paesi Bassi) in merito all’eventuale impatto dell’accordo sul settore agricolo europeo e alla mancanza di disposizioni efficaci in materia di sostenibilità ambientale e impegni alla tutela del territorio dell’Amazzonia e alla lotta alla deforestazione illegale. La Commissione europeo sta negoziando uno strumento aggiuntivo sui temi dello sviluppo sostenibile e della lotta alla deforestazione, che dovrebbe completare l’Accordo senza riaprirne il negoziato. Anche la firma da pare dell’UE dell’accordo post Cotonou è al momento bloccata, per il veto posto dai Governi della Polonia e dell’Ungheria.
· il rafforzamento di un'agenda commerciale comune, in particolare, promuovendo la firma e la ratifica dell'accordo commerciale aggiornato EU-Cile e per finalizzare quello UE- Messico, nonché per concludere l'accordo UE-Mercosur. Entrambe le regioni trarranno beneficio dall'ulteriore rafforzamento della cooperazione in seno all'OMC e dall'intensificazione dell’impegno globale per diversificare le fonti di materie prime e rendere le catene di approvvigionamento globali più resilienti. L'UE continuerà a collaborare con i Paesi dell’America latina e dei Caraibi per contribuire a creare le condizioni per gli investimenti sostenibili, anche affrontando congiuntamente l'impatto della legislazione del Green Deal europeo e sostenendo quadri giuridici aperti, stabili e prevedibili.
· l'attuazione di una strategia di investimento del Global Gateway per accelerare una transizione verde e digitale equa e affrontare le disuguaglianze. In particolare, nell'ambito dell'agenda per gli investimenti, che costituirà un risultato fondamentale del vertice UE-CELAC, si mobiliteranno investimenti, tra l'altro, per le energie rinnovabili e l'idrogeno verde, le materie prime critiche, la decarbonizzazione, i progetti relativi alle infrastrutture di trasporto, la connettività 5G, la digitalizzazione dei servizi pubblici, la gestione sostenibile delle foreste, l'industria dei prodotti sanitari, l'istruzione e le competenze e la finanza sostenibile. Si prevede, inoltre, il rafforzamento partenariato sulla transizione verde, al fine di proteggere la biodiversità, arrestare la deforestazione, promuovere economie più circolari, migliorare la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, aumentare la produttività delle risorse e contrastare l'inquinamento e l’avvio di una alleanza per una trasformazione digitale, sviluppando il dialogo e la cooperazione biregionali per l'intera gamma delle questioni digitali.
· il rafforzamento del partenariato in materia di giustizia e sicurezza per affrontare le sfide comuni poste dalla criminalità organizzata transnazionale, fra cui il traffico di droga e la tratta di esseri umani e della cooperazione sui diritti umani, compresa la non discriminazione e la parità di genere, prevedendo una protezione più efficace dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti. La comunicazione propone inoltre interventi congiunti per promuovere la democrazia, lo Stato di diritto e il buon governo, nonché la pace e la sicurezza a livello mondiale;
· la costruzione di un partenariato dinamico tra i popoli, intensificando la collaborazione su istruzione e ricerca, ad esempio con i principali programmi di scambio come Erasmus+, e promuovere la mobilità circolare e incoraggiando le reti interculturali e le iniziative congiunte.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe svolgere una discussione strategica sulle relazioni dell'Unione europea con i partner del vicinato meridionale, sottolineando l’importanza di rafforzare e sviluppare partnership strategiche con tali paesi. In tale contesto il Consiglio europeo dovrebbe accoglie con favore il pacchetto di partenariato globale reciprocamente vantaggioso concordato con la Tunisia, basato su cinque pilastri riguardanti lo sviluppo economico, gli investimenti e il commercio, la transizione verso un'energia verde, la migrazione e i contatti interpersonali e sostenere la ripresa di un dialogo politico nel contesto dell’accordo di associazione UE-Tunisia. |
L’11 giugno 2023, al termine della visita a Tunisi, la Presidente della Commissione europea von der Leyen, il Presidente del Consiglio dell’Italia Meloni, il Primo Ministro dei Paesi Bassi Rutte e il Presidente della Tunisia Saïed, hanno rilasciato una dichiarazione stampa nella quale si indica che la Commissione europea è pronta a:
· fornire immediatamente 150 milioni di euro per il sostegno al bilancio della Tunisia e, non appena sarà trovato l'accordo necessario, assistenza macrofinanziaria fino a 900 milioni di euro (condizionati al raggiungimento dell’accordo per l’erogazione da parte del Fondo Monetario Internazionale di un prestito alla Tunisia di 1,9 miliardi di euro);
· avviare i lavori per modernizzare l’attuale accordo commerciale tra UE e Tunisia, con un focus in particolare per il settore digitale, anche sulla basa del progetto del cavo sottomarino Medusa, volto a collegare le due sponde del Mediterraneo, portando la banda larga ad alta velocità in 11 Paesi del Mediterraneo e per il quale è previsto un investimento di 150 milioni da parte della Banca europea per gli investimenti;
· promuovere la cooperazione nel settore energetico, promuovendo investimenti nelle infrastrutture per sfruttare il potenziale della Tunisia per la produzione di energie rinnovabili. Un elemento importante di tale cooperazione è l'interconnessione ELMED, un cavo elettrico sottomarino che collega la Tunisia all'Italia per il quale l’UE sta investendo più di 300 milioni di euro. Il prossimo autunno, dovrebbe essere organizzato un forum sugli investimenti per portare maggiori investimenti privati nel settore delle rinnovabili in Tunisia, compreso l'idrogeno. Al fine di definire un percorso comune la Commissione e la Tunisia definiranno un protocollo d'intesa sulle rinnovabili con la Tunisia, nel quale delineare una tabella di marcia comune;
· per quanto riguarda la migrazione, la Commissione intenda promuovere un partenariato operativo contro il contrabbando di esseri umani e sostenere la Tunisia nella gestione delle frontiere, fornendole 100 milioni di euro non solo per la gestione delle frontiere, ma anche per la ricerca e il soccorso, la lotta al contrabbando e il rimpatrio, co l'obiettivo è sostenere una politica migratoria olistica radicata nel rispetto dei diritti umani;
· pe quanto riguarda i contatti interpersonali, la Commissione intende creare una finestra per la Tunisia nel programma Erasmus+ del valore di 10 milioni di euro per sostenere lo scambio di studenti ed istituire una "Talent Partnerships" per offrire ai giovani tunisini l'opportunità di studiare, lavorare o formarsi nell'UE.
L’UE e la Tunisia hanno, quindi, rilasciato una dichiarazione congiunta nella quali le parti affermano di aver concordato di lavorare su un pacchetto di partenariato globale rivolto alle seguenti aree: rafforzare i legami economici e commerciali; promuovere una partnership energetica sostenibile e competitiva; migrazione; contatti tra persone.
Inoltre, la dichiarazione congiunta si impegna al rafforzamento del dialogo politico e strategico in seno al Consiglio di associazione UE-Tunisia, che entro la fine dell'anno offrirà un'importante opportunità per rinvigorire i legami politici e istituzionali, con l'obiettivo di affrontare insieme le sfide internazionali comuni e preservare l'ordine basato sulle regole.
La dichiarazione congiunta, indica, infine che UE e Tunisia hanno incaricato il ministro degli Affari esteri, delle migrazioni e dei tunisini all'estero e il commissario per il vicinato e l'allargamento di elaborare un memorandum d'intesa sul pacchetto globale di partenariato, che dovrà essere approvato dalla Tunisia e dall'Unione europea entro la fine di giugno.
La Tunisia è stato il primo paese del Mediterraneo a firmare nel 1995 un accordo di associazione con l’UE, che costituisce tuttora la base giuridica delle relazioni tra UE e Tunisia e che prevede:
· l’istituzionalizzazione di un dialogo politico tra UE e Tunisia, che si svolge nell’ambito del consiglio di associazione, costituito da un lato da membri del Consiglio e della Commissione, oltre che dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), e dall’altro da membri del Governo tunisino;
· disposizioni in materia commerciale, con l’obiettivo di una reciproca e progressiva liberalizzazione degli scambi di beni agricoli e industriali, nonché previsioni su libertà di stabilimento, liberalizzazione dei servizi, libera circolazione dei capitali e concorrenza. Sulla base delle previsioni dell’accordo, è in vigore dal 2008 una zona di libero scambio dei prodotti industriali, con l'applicazione di un dazio limitato a zero sul commercio di tali prodotti. Ad ottobre 2015 erano stati avviati i negoziati per un più comprensivo accordo di libero scambio tra la UE e la Tunisia. L’ultimo ciclo dei negoziati si è svolto a Tunisi dal 29 aprile al 3 maggio 2019.
· la cooperazione scientifica, tecnologica e culturale nonché in materia di giustizia e affari interni.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo, richiamando la dichiarazione di Salonicco del 2003 e le sue precedenti conclusioni in tema, dovrebbe ribadire il suo pieno ed inequivocabile impegno alla prospettiva dell’adesione all’UE per i paesi dei Balcani occidentali e il suo sostengo ad una accelerazione del processo di adesione. |
Il Consiglio europeo del 15 dicembre 2022, ha convenuto di concedere alla Bosnia-Erzegovina lo status di paese candidato.
Il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno 2022, per quanto riguarda i Balcani occidentali, ha:
· espresso il suo impegno pieno e inequivocabile a favore della prospettiva di adesione all'UE dei Balcani occidentali e chiesto l'accelerazione del processo di adesione;
· invitato la Commissione, l'Alto Rappresentante e il Consiglio a portare avanti, basandosi sulla metodologia riveduta, la graduale integrazione europea della regione già durante il processo di allargamento stesso, in modo reversibile e basata sul merito;
· ricordato l'importanza delle riforme, segnatamente in materia di Stato di diritto e, in particolare, di quelle riguardanti l'indipendenza e il funzionamento del sistema giudiziario e la lotta contro la corruzione;
· invitato, inoltre, i partner a garantire i diritti e la parità di trattamento delle persone appartenenti a minoranze;
· chiesto la rapida risoluzione delle questioni in sospeso fra la Bulgaria e la Macedonia del Nord per avviare senza indugio i negoziati di adesione con Albania e Macedonia (poi avviati il 19 luglio 2022);
· ribadita l'urgenza di compiere progressi tangibili nella risoluzione delle controversie bilaterali e regionali in sospeso, in particolare nell'ambito del dialogo Belgrado-Pristina per la normalizzazione delle relazioni tra la Serbia e il Kosovo.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe condannare i recenti episodi di violenza nel nord del Kosovo e chiedere un'immediata distensione della situazione, indicando la necessità di creare le condizioni per elezioni anticipate in tutte e 4 le municipalità del Nord del Kosovo e la ripresa del dialogo facilitato dall'UE e della rapida attuazione dell'accordo sul percorso verso la normalizzazione e del relativo allegato concernete l'attuazione che dovrà includere l’istituzione dell’Associazione/Comunità delle municipalità a maggioranza serba. |
Il Consiglio europeo del 23 marzo 2023 ha discusso limitatamente alle relazioni tra il Kosovo e la Serbia, esprimendo apprezzamento per l'accordo raggiunto tra il Kosovo e la Serbia sull'applicazione dell'allegato dell'accordo sul percorso di normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi e invitato le parti ad attuare tempestivamente e in buona fede i rispettivi obblighi.
Il 27 febbraio 2023 la Serbia e il Kosovo, con la mediazione dell’UE, hanno raggiunto un accordo di principio sulla normalizzazione delle loro relazioni, che pur se non prevede un ufficiale riconoscimento reciproco, contempla l’impegno delle due parti ad accettare la reciproca legittimità di documenti e simboli nazionali, inclusi passaporti, diplomi, targhe e timbri doganali, lo scambio di missioni diplomatiche, insieme all'obbligo di sviluppare buone relazioni di vicinato e rispettare la rispettiva indipendenza ed integrità territoriale e l'impegno della Serbia a non opporsi all'adesione del Kosovo ad alcuna organizzazione internazionale.
Successivamente, il 18 marzo 2023 la Serbia e Kosovo hanno raggiunto ad Ohrid, in Macedonia del nord, un accordo verbale sull’allegato di attuazione dell’accordo del 27 febbraio I negoziati portati avanti ad Ohrid non hanno però condotto alla firma di un documento condiviso relativamente all'allegato di attuazione dell'accordo.
A partire dal 26 maggio 2023 sono di nuovo aumentate le tensioni tra Serbia e Kosovo a seguito delle elezioni del 23 aprile 2023 di sindaci albanesi nei quattro maggiori Comuni del Kosovo del Nord, Mitrovica Nord, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic, a maggioranza serba (del 98%), che però non aveva partecipato alle elezioni, boicottandole. La situazione si è aggravata con l'invio da parte del Kosovo di unità speciali di polizia da parte e di scontri nel corso dei quali militari della Kfor, la forza Nato incaricata di mantenere nella regione.
Il 2 giugno 2023, il Primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, ha annunciato lo svolgimento di nuove elezioni nel nord del Kosovo.
Il 3 giugno 2023, l’Alto Rappresentante ha rilasciato una dichiarazione a nome dell’UE nella quale in particolare si: invita il Kosovo a sospendere immediatamente le operazioni di polizia in prossimità degli edifici municipali nel nord del Kosovo. I sindaci dovrebbero svolgere temporaneamente le loro funzioni in locali diversi dagli edifici comunali. Le elezioni anticipate dovrebbero essere annunciate il prima possibile in tutti e quattro i comuni e organizzate in modo pienamente inclusivo, auspicando che i serbi del Kosovo vi prendano parte; si chiede che sia il Kosovo che la Serbia agiscano in modo responsabile e si impegnino immediatamente nel dialogo agevolato dall'UE per trovare una soluzione sostenibile alla situazione nel nord del Kosovo che garantisca la sicurezza e la democrazia partecipativa per tutti i cittadini e apra la strada alla attuazione dell'accordo sulla via della normalizzazione e del suo allegato e che ciò include l'avvio senza ulteriori ritardi o precondizioni dei lavori per la costituzione dell'Associazione/Comunità dei comuni a maggioranza serba.
Il 26 giugno 2023, a seguito del Consiglio affari esteri dell’UE, l'Alto Rappresentante, Josep Borell, ha annunciato che il Consiglio potrebbe prendere misure "politiche e finanziarie" nei confronti di Serbia e Kosovo nel caso in cui le due parti non riescono a porre fine alle tensioni e alle violenze nel nord del Kosovo.
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe sostenere la presenza rafforzata dell'Unione africana nei consessi internazionali, in particolare nel G20. |
Secondo il progetto di conclusioni il Consiglio europeo dovrebbe ribadire l’impegno dell'Unione europea a favore di una soluzione globale del problema di Cipro in conformità delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e in linea con i principi sui quali si fonda l’UE e chieda una rapida ripresa del processo negoziale delle Nazioni Unite, per il quale è pronta a svolgere un ruolo attivo di sostegno.
Nelle conclusioni adottate dal Consiglio il 13 dicembre 2022 su allargamento e processo di associazione, con particolare riferimento alla questione di Cipro, il Consiglio:
· ha invitato la Turchia ad impegnarsi in maniera inequivocabile a intrattenere relazioni di buon vicinato, a rispettare gli accordi internazionali e a risolvere pacificamente le controversie ricorrendo, se necessario, alla Corte internazionale di giustizia;
· chiede alla Turchia di attuare in maniera completa e non discriminatoria, nei confronti di tutti gli Stati membri, il Protocollo addizionale all'accordo di associazione UE-Turchia (cosiddetto Protocollo di Ankara). Il Consiglio ribadisce che il riconoscimento di tutti gli Stati membri è essenziale. La Turchia deve cessare qualsiasi minaccia o azione che danneggi le relazioni di buon vicinato, normalizzare le sue relazioni con la Repubblica di Cipro e rispettare la sovranità di tutti gli Stati membri dell'UE sulle loro acque territoriali e sul loro spazio aereo, nonché tutti i loro diritti sovrani, compreso tra l'altro il diritto di esplorare e sfruttare le risorse naturali, conformemente al diritto dell'UE e al diritto internazionale, inclusa la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare;
La Commissione europea ha più volte invitato la Turchia ad applicare il Protocollo di Ankara integralmente e in maniera non discriminatoria e a eliminare tutti gli ostacoli alla libera circolazione delle merci, comprese le restrizioni sui mezzi di trasporto nei confronti di Cipro, indicando che applicazione integrale del Protocollo è una condizione per il buon proseguimento dei negoziati di adesione della Turchia.
· richiamando le precedenti conclusioni del Consiglio europeo, ribadisce che l'UE mantiene il suo pieno impegno a favore di una soluzione globale del problema di Cipro, impegnando la Turchia a contribuire a giungere a una soluzione pacifica, compresi gli aspetti esterni, nel quadro delle Nazioni Unite, sulla base di una federazione bicomunitaria e bizonale caratterizzata dall'uguaglianza politica, in conformità di tutte le pertinenti risoluzioni dell'UNSC, nonché in linea con i principi su cui si fonda l'UE e con l'acquis. Il Consiglio invita la Turchia ad astenersi da azioni contrarie alle risoluzioni 541 e 550 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Si ricorda che nel febbraio 2014, il Presidente della Repubblica di Cipro, Nicos Anastasiades, e l’allora Presidente di Cipro del Nord, Dervis Eroglu, alla presenza della responsabile delle Nazioni Unite a Cipro, Lisa Buttenheim., avevano approvato una tabella di marcia per i negoziati, secondo la quale la "nuova" Cipro avrebbe dovuto configurarsi come "una federazione bi-comunale e bi-zonale", nel cui ambito il paese sarebbe stato "un'entità legale unificata sul piano internazionale e con un'unica sovranità". L'accordo avrebbe dovuto poi essere sottoposto a due referendum simultanei nelle due comunità. I negoziati erano stati poi sospesi nell’ottobre 2014 in seguito ai rilevamenti marittimi avviati dalla Turchia, mirati a compromettere le trivellazioni e la ricerca di idrocarburi nella zona economica di competenza cipriota. I negoziati erano stati riavviati nel maggio 2015 e nel corso del 2016 erano stati conseguiti progressi sostanziali che avrebbero potuto condurre ad una riunificazione di Cipro sulla base di un accordo consensuale. Nel luglio del 2017 la conferenza per i negoziati sulla questione cipriota si sono conclusi senza che sia stato possibile raggiungere un accordo.
Sulla base del progetto di conclusioni, il Consiglio europeo dovrebbe riconoscere le sfide poste dalle crisi transettoriali e transfrontaliere, molte delle quali sono esacerbate dai cambiamenti climatici e dall'evoluzione del panorama della sicurezza in Europa e nel mondo. Il Consiglio dovrebbe altresì sottolineare l'importanza di rafforzare la resilienza in settori strategici nel quadro di un approccio orizzontale e multirischio alla preparazione, nonché di rispondere usando i rilevanti meccanismi di risposta, in particolare il meccanismo di protezione civile dell’UE.
Il meccanismo di protezione civile dell'UE coordina la risposta alle catastrofi naturali e provocate dall'uomo a livello dell'UE e mira a:
· promuovere la cooperazione tra le autorità nazionali di protezione civile;
· rafforzare la consapevolezza e la preparazione del pubblico riguardo alle catastrofi;
· attivare un'assistenza rapida, efficace e coordinata alle popolazioni colpite.
Oltre ai 27 paesi dell'UE, partecipano al meccanismo nove paesi terzi: Albania, Bosnia-Erzegovina, Islanda, Macedonia del Nord, Montenegro, Norvegia, Serbia, Turchia e Ucraina (dall'aprile 2023).
Il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell'UE (ERCC) è il cuore operativo del meccanismo di protezione civile dell'UE: monitora gli eventi in tutto il mondo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e coordina gli sforzi dell'UE di risposta alle catastrofi.
Nel 2019 l'UE ha istituito la riserva rescEU, che comprende: una flotta di aerei ed elicotteri antincendio; aerei per l'evacuazione medica; squadre mediche di emergenza e ospedali da campo; una scorta di attrezzature mediche e di risorse per laboratori mobili; capacità di rilevamento, decontaminazione e costituzione di scorte per rispondere a incidenti chimici, biologici, radiologici e nucleari; ricoveri temporanei; trasporti e logistica.
[1] Per approfondimenti, si veda il dossier pubblicato dagli uffici di Camera e Senato in occasione della Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'UE del 12 ottobre 2020.
[2] Per approfondimenti, si veda il dossier pubblicato dall'Ufficio Rapporti dell'UE della Camera dei deputati.
[3] Per approfondimenti, si rinvia al Dossier n. 5/1 dei Servizi affari internazionali e Studi del Senato e al dossier “Gli orientamenti della Commissione europea per la riforma della governance economica dell'UE” dell’Ufficio Rapporti con l’UE della Camera dei deputati.
[4] Per approfondimenti, si veda il dossier n. 20 del 6 aprile 2023 “La riforma della governance economica dell'UE” a cura dell'Ufficio RUE della Camera dei deputati.
[5] L’8 marzo 2023 negli orientamenti sulle politiche di bilancio per il 2024 della Commissione europea.