Qualità delle acque destinate al consumo umano 9 gennaio 2023 |
Indice |
Contenuto|Relazioni e pareri allegati|Conformità con la norma di delega|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Compatibilità con la normativa dell'Unione europea| |
ContenutoLo schema di decreto legislativo in esame è stato adottato in attuazione della Direttiva (UE) 2020/2184 , concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, e della delega contenuta nella legge n. 127/2022 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021), e, in particolare, in conformità ai princìpi e criteri direttivi specifici recati dall'articolo 21 della legge citata, riguardanti il recepimento della citata direttiva (cfr. infra). Esso è finalizzato a: - rivedere e introdurre norme intese a proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone "salubrità e pulizia", anche attraverso una revisione dei parametri e dei valori parametrici di rilevanza sanitaria; - stabilire i requisiti di igiene per i materiali che entrano in contatto con le acque potabili nonché per i reagenti chimici e i materiali filtranti attivi o passivi da impiegare nel loro trattamento; - introdurre un approccio di valutazione e gestione del rischio che sia più efficace ai fini della prevenzione sanitaria, della protezione dell'ambiente e del controllo delle acque destinate al consumo umano, anche sotto il profilo dei costi e della allocazione delle risorse istituzionali; - migliorare l'accesso equo per tutti all'acqua potabile sicura; - assicurare la comunicazione tra le autorità competenti e i fornitori di acqua e fornire una informazione adeguata e aggiornata al pubblico sulle acque destinate al consumo umano. Il provvedimento (AG 15) si compone di 26 articoli. Al decreto sono acclusi 9 Allegati, che ne sono parte integrante, recanti i requisiti igienico-sanitari, ambientali, tecnici e dei sistemi gestionali, che si devono soddisfare per la qualità delle acque destinate al consumo umano.
Come specificato dalla Relazione illustrativa al provvedimento (RI), nella definizione della rifusione della Direttiva (UE) 2020/2184 è stato fondamentale l'apporto tecnico-scientifico del gruppo di lavoro inter-istituzionale nazionale coordinato dal Ministero della Salute - Direzione generale della prevenzione sanitaria (DGPRE) - con il supporto dell'
Istituto Superiore di Sanità (ISS) - che ha condiviso le esperienze maturate nell'ambito della valutazione e gestione del rischio delle filiere idro-potabili (Piani di sicurezza dell'acqua) - la cui introduzione in Italia con carattere di obbligo è stata anticipata (rispetto alle prescrizioni della Direttiva (UE) 2020/2184) dal
DM 14 giugno 2017 di recepimento della
Direttiva 2015/1787/UE in materia di controllo e analisi delle acque destinate al consumo umano.
La RI inoltre rappresenta che lo schema di decreto in esame è stato predisposto dalla DGPRE (Amministrazione capofila), che in collaborazione con l'ISS, ha valorizzato le osservazioni ricevute durante la fase di consultazione dagli altri Ministeri e Amministrazioni coinvolte (Ministero della transizione ecologica, Ministero dello sviluppo economico, Coordinamento Interregionale della Prevenzione di cui fanno parte i responsabili dell'area della Prevenzione delle Regioni e Province Autonome, Commissione Salute, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome) e dagli altri Enti e Parti interessate (l'
Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente - ARERA, l'
Associazione delle imprese idriche - UTILITALIA, il
Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente - SNPA, l'
Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA, l'
Associazione nazionale degli Enti di Governo d'Ambito per l'idrico - ANEA, Confindustria).
L'articolo 1 dello schema in esame individua gli obiettivi del provvedimento in coerenza con le finalità stabilite dall'art. 1 della Direttiva (UE) 2020/2184, di cui viene quasi integralmente riprodotto il testo. L'articolo 2, che contiene le definizioni rilevanti ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al decreto in esame, comprende tutte le definizioni enunciate dall'art. 2 della Direttiva (UE) 2020/2184, integrate con le ulteriori definizioni di interesse nazionale. L'articolo 3 reca il campo di applicazione e le esenzioni e rinvia per ulteriori precisazioni agli allegati I e V. Si ricorda che nell'Allegato V sono indicate come acque non oggetto di regolamentazione tutte le acque destinate a usi diversi da quello potabile (uso agricolo, civile, idroelettrico, industriale, estrattivo e produzione di beni e servizi) per le quali non sono ravvisati rilevanti rischi igienico- sanitari associati ad inalazione, contatto od ingestione, o perché si applicano norme specifiche che regolano i rischi per la salute umana correlati al loro utilizzo. Inoltre, la RI al provvedimento chiarisce che nella definizione di "acqua destinata al consumo umano" è inclusa l'acqua calda sanitaria fornita dal sistema di distribuzione interno nei locali pubblici e privati e resa disponibile ai punti d'utenza per il consumo umano; conseguentemente, per maggiore chiarezza, nell'Allegato V, che identifica le acque non potabili e dunque non oggetto di regolamentazione, sono state espressamente comprese le "acque utilizzate in impianti termici, circuiti di riscaldamento e condizionamento degli edifici" – tecnicamente segregate dai circuiti delle acque potabili. Ciò per escludere l'applicazione di trattamenti di condizionamento all'acqua calda sanitaria (acqua destinata al consumo umano) - non consentiti se non in conformità al decreto in esame –, trattamenti di condizionamento che invece potrebbero essere applicati in seguito alla lettura del Decreto 26 giugno 2015 e in particolare dalle disposizioni indicate nell'accluso Allegato I, Sezione 2, par. 2.3, comma 5, che per l'acqua calda (sia destinata ad impianti termici che sanitaria – per il consumo umano) "...rendono sempre obbligatorio un trattamento di condizionamento chimico." Pertanto la RI al provvedimento suggerisce che gli elementi di contraddizione che potrebbero derivare dalla emanazione del decreto in esame e il vigente DM 26 giugno 2015, possano essere risolti indicando in un atto emendativo di quest'ultimo decreto o in una Circolare interministeriale che l'applicazione delle disposizioni indicate in Allegato I, Sezione 2, par. 2.3, comma 5, del DM 26 giugno 2015 per l'acqua calda deve essere intesa "[…], quando necessario, in base alle caratteristiche chimiche e chimico-fisiche dell'acqua dell'impianto e delle destinazioni d'uso dell'acqua, devono essere attuati trattamenti mediante materiali filtranti e reagenti chimici, assicurando in ogni caso la qualità delle acque destinate al consumo umano in conformità al decreto sulla qualità delle acque destinate al consumo umano." Tornando all'articolo 3, vengono escluse dal campo di applicazione dello schema di decreto in esame:
Per quanto riguarda le esenzioni, l'articolo in commento prevede che:
L'articolo 4 pone gli obblighi generali da rispettare affinché le acque destinate al consumo umano siano salubri e pulite, rinviando, per tali finalità, ai "requisiti minimi" elencati nell'Allegato I, basati sul principio di precauzione e in grado di impedire, direttamente o indirettamente, sia un deterioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano, che l'aumento dell'inquinamento delle acque destinate alla produzione di acque finalizzate all'uso potabile. Più precisamente, ai fini dell'osservanza dei requisiti minimi previsti dal decreto in commento, le acque destinate al consumo umano sono salubri e pulite se soddisfano tutte le seguenti condizioni: a) non devono contenere microrganismi, virus e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana; b) devono soddisfare i requisiti minimi stabiliti nell'Allegato I, Parti A "Parametri microbiologici", B "Parametri chimici" e D "Parametri pertinenti per la valutazione e gestione del risachio dei sistemi di distribuzione domestici"; c) devono essere conformi ai valori per parametri supplementari non riportati nell'Allegato I e fissati ai sensi dell'articolo 12, comma 13 (controlli supplementari - assicurati dall'autorità sanitaria territorialmente competente - delle singole sostanze e dei singoli microrganismi non compresi nell'Allegato I e per cui sono fissati valori di parametro supplementari, qualora vi sia motivo di sospettarne una presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana); d) sono sottoposte alle misure necessarie previste dagli articoli da 6 a 14. L'articolo 5 definisce i punti in cui devono essere rispettati i valori dei parametri elencati nell'Allegato I, Parti A e B. Più precisamente: a) una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque destinate al consumo umano (art. 7); b) una valutazione e gestione del rischio di ciascun sistema di fornitura idro-potabile inclusi il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano fino al punto di consegna, effettuata dai gestori idro-potabili (art. 8); c) una valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni per gli edifici e i locali prioritari, ovvero strutture sanitarie, ricettive, scuole e pubblici esercizi (art. 9). - le regioni e province autonome sono tenute ad effettuare ed approvare una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo - coordinata ed aggiornata con quanto previsto dal D. Lgs. n. 152 del 2006 (T.U. Ambiente), che, all'art. 94, disciplina le aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano - mettondola a disposizione delle Autorità ambientali regionali, delle Autorità sanitarie regionali e locali, delle Autorità di bacino distrettuali, del Ministero della salute, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica nonché dei gestori idro-potabili operanti nei territori di propria competenza attraverso l'interoperabilità dei sistemi informativi SINTAI (per la divulgazione e consultazione dei dati nazionali in materia di acque) e Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili - AnTeA (da istituirsi presso l'ISS, ai sensi dell'art. 19 del decreto in commento, entro il 12 gennaio 2024). Tale attività di valutazione e gestione del rischio è effettuata per la prima volta entro il 12 luglio 2027, riesaminata a intervalli periodici non superiori a sei anni, e, se necessario, aggiornata; - i gestori idro-potabili sono tenuti ad effettuare per la prima volta attività di valutazione e gestione del rischio relativa alla filiera idro-potabile entro il 12 gennaio 2029, riesaminata a intervalli periodici non superiori a sei anni e, se necessario, aggiornata. Con riguardo a tale valutazione e gestione del rischio, sono inoltre tenuti ad elaborare Piani di Sicurezza dell'Acqua (PSA) per ogni sistema di fornitura idro-potabile, e a sottoporli all'approvazione del Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque - CeNSiA, istituito presso l'ISS ai sensi dell'art. 19 del decreto in esame, assicurando al contempo che i documenti e le registrazioni relative ai PSA per il sistema di fornitura idro-potabile siano costantemente conservati, aggiornati e resi disponibili alle autorità sanitarie territorialmente competenti, mediante condivisione degli stessi con il sistema AnTeA, secondo quanto indicato in Allegato VI. La tracciabilità di tali dati dovrà essere garantita almeno per gli ultimi sei anni a partire dalla prima valutazione (12 gennaio 2029). Allo scopo di poter procedere all'istruttoria necessaria alle attività di approvazione dei PSA della filiera idro-potabile, l'articolo in commento istituisce la "Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell'acqua", costituita da membri designati all'uopo dai Ministeri della salute, della transizione ecologica e dello sviluppo economico, dell'ISS, del Coordinamento interregionale della prevenzione, del Sistema nazionale protezione ambiente - SNPA e di ARERA. L'articolo 7 disciplina la valutazione e gestione del rischio nelle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque destinate al consumo umano; attività assicurate attraverso l'interoperabilità dei dati di SINTAI e AnTeA, per mezzo di accordi e protocolli specifici che l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA e CeNSiA stabiliscono, di concerto con i rispettivi Ministeri vigilanti. L'articolo si integra con le norme in materia ambientale (informazioni necessarie alla valutazione e gestione del rischio, previste ai sensi della parte III del D. Lgs. n. 152 del 2006, che riguardano i requisiti per l'identificazione e il controllo dei corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acqua potabile e per la designazione delle aree protette che contengono tali corpi idrici, comprese quelle relative all'applicazione dell'articolo 94 dello stesso decreto), e impone di stabilire programmi di misure volte a proteggere le zone di estrazione di acqua potabile. Allo scopo, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome sulla base delle informazioni rese disponibili dall'ISPRA, attraverso il SINTAI, e di quelle rese disponibili dall'Ente di governo dell'ambito territoriale ottimale - EGATO e dal gestore idro-potabile, nonché delle altre informazioni necessarie alla valutazione e gestione del rischio, provvedono ad effettuare una valutazione e gestione del rischio nelle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque destinate al consumo umano. Al fine di rendere più efficace l'azione tecnico-amministrativa, nel caso della presenza di più punti di prelievo in una stessa area di alimentazione, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome possono attuare la valutazione e gestione del rischio in forma aggregata, avendo cura di rappresentare le eventuali differenze locali. Gli adempimenti di cui all'articolo in commento sono principalmente a carico del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. Nello specifico, l'articolo regolamenta la procedura per la valutazione del rischio, elencando gli elementi che devono esservi necessariamente compresi, vale a dire: - una caratterizzazione delle aree di alimentazione per i punti di prelievo che includa: una specificazione e mappatura delle aree di alimentazione per i punti di prelievo; una mappatura delle aree protette di cui al D. Lgs. n. 152 del 2006; le coordinate geo-referenziate di tutti i punti di prelievo delle aree di alimentazione (dati sensibili in termini di salute pubblica); una descrizione dell'uso del suolo, del dilavamento e dei processi di ravvenamento delle aree di alimentazione per i punti di prelievo; - l'individuazione dei pericoli e degli eventi pericolosi nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo e la valutazione del rischio che essi potrebbero rappresentare per la qualità delle acque destinate al consumo umano; - un adeguato monitoraggio nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee o in entrambe per i punti di prelievo e nelle acque non trattate, di pertinenti parametri, sostanze o inquinanti indicati in maniera puntuale dalla norma in commento. Inoltre, sulla base dei risultati della valutazione del rischio, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono affinché siano adottate le opportune misure di gestione del rischio intese a prevenire o controllare i rischi individuati, partendo dalle seguenti misure di prevenzione:
Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono affinché l'efficacia delle misure sia riesaminata ogni sei anni e garantiscono che i gestori idro-potabili abbiano accesso alle informazioni sulla valutazione del rischio. Inoltre, sulla base di tali informazioni, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome possono: a) imporre ai gestori idro-potabili di effettuare ulteriori monitoraggi o trattamenti per alcuni parametri, tenendo conto della disponibilità di adeguati approcci metodologici e metodiche analitiche; b) consentire ai gestori idro-potabili di ridurre la frequenza del monitoraggio di un parametro, o di rimuovere un parametro dall'elenco dei parametri che il gestore di acqua deve monitorare , senza dover effettuare una valutazione del rischio del sistema di fornitura, a condizione che: non si tratti di un parametro fondamentale ai sensi dell'Allegato II, Parte B, punto 1; nessun elemento possa provocare un deterioramento della qualità delle acque destinate all'uso umano. Per quanto riguarda gli obblighi informativi, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome, che a vario titolo, o avvalendosi di altri enti operativi o dei gestori idropotabili, effettuano il monitoraggio nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo e nelle acque non trattate sono tenute ad informare tempestivamente le competenti autorità sanitarie delle Regioni e Province autonome delle tendenze, delle quantità e delle concentrazioni anomale, di parametri, sostanze o inquinanti monitorati e sono altresì tenute a definire le procedure operative interne e ad approvare la valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque destinate al consumo umano: le valutazioni approvate sono messe a disposizione del SINTAI e trasmesse alle corrispondenti Direzioni regionali e alle competenti Autorità sanitarie delle regioni e province autonome. In ultimo, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome e le Agenzie del SNPA, trasmettono ad ISPRA attraverso il SINTAI, ed aggiornano, le informazioni di cui all'Allegato VII, riguardanti: a) la mappatura delle aree di salvaguardia e le stazioni di monitoraggio delle acque destinate al consumo umano; b) l'individuazione delle pressioni significative e dei parametri monitorati sui corpi idrici dove sono ubicate le stazioni di monitoraggio per le acque da destinare a consumo umano; c) i dati SOE-WISE di cui al regolamento 401/2009 (CE). Le informazioni , sono condivise con AnTeA e sono rese disponibili ai gestori idro-potabili per le finalità di implementazione del piano di sicurezza dell'acqua del sistema di fornitura idro-potabile. L'articolo 8 impone l'adozione da parte di tutti i gestori del servizio idrico integrato, dell'approccio alla sicurezza dell'acqua basato sulla valutazione e gestione del rischio nei sistemi di fornitura idro-potabili, perseguibile attraverso l'elaborazione e l'implementazione dei PSA, elaborati secondo i criteri minimi e procedurali descritti nell'Allegato VI, per la loro approvazione da parte del CeNSiA. Al fine di ridurre i possibili oneri amministrativi a loro carico, l'articolo 8 esenta dall'esecuzione di una valutazione del rischio i fornitori di acqua che forniscono, in media, tra i 10 m3 e i 100 m3 di acqua al giorno o servono tra 50 e 500 persone, purché sia accertato dalle autorità sanitarie competenti per territorio che tale esenzione non compromette la qualità delle acque destinate al consumo umano. Inoltre, come chiarito dalla RI, la norma in commento consente ai gestori idropotabili una certa "flessibilità" per quanto riguarda i parametri di monitoraggio per la valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura: ai gestori è concesso di poter diminuire la frequenza di monitoraggio di un determinato parametro o eliminare del tutto i controlli su quel parametro, se non rilevato o valutato non rilevante ai fini della qualità dell'acqua; parimenti, ai gestori è concesso di poter aumentare la frequenza dei monitoraggi o ampliare l'elenco dei parametri da sottoporre a controllo, a seguito della valutazione del rischio eseguito o in caso di riscontro di un parametro in acqua non trattata. Sulla base dei risultati della valutazione del rischio per il sistema di fornitura idro-potabile effettuata conformemente a quanto supra illustrato, il gestore idro-potabile definisce infatti la frequenza dei controlli interni di verifica della conformità sulle acque destinate a consumo umano, secondo le prescrizioni generali di cui all'art. 14 e tenendo conto di specifiche condizioni elencate nel corpo della norma in commento. - includere una verifica della conformità di materiali a contatto con le acque destinate al consumo umano e di reagenti chimici e materiali filtranti attivi o passivi impiegati per il loro trattamento, secondo i criteri stabiliti rispettivamente agli artt. 10 e 11. L'articolo 9 dispone sulla valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni alle strutture prioritarie individuate all'Allegato VIII (Strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali, Strutture ricettive alberghiere, Istituti penitenziari, Campeggi, Palestre e Centri sportivi, fitness e benessere (SPA e Wellness), Navi impiegate per desalinizzare l'acqua e trasportare passeggeri e che operano in veste di gestori idropotabili, Stazioni, Aeroporti, Ristorazione pubblica e collettiva, incluse mense aziendali e scolastiche sia pubbliche che private, Istituti di istruzione dotati di strutture sportive, Altre strutture ad uso collettivo, es. stabilimenti balneari). I gestori della distribuzione idrica (GDI) effettuano le attività di valutazione e gestione del rischio con particolare riferimento a Legionella e Piombo (parametri elencati nell'Allegato I, Parte D), adottando le necessarie misure preventive e correttive, proporzionate al rischio, per ripristinare la qualità delle acque nei casi in cui si evidenzi un rischio per la salute umana. La RI al provvedimento chiarisce che tra tutti i patogeni presenti nell'acqua, la Legionella è quello che desta maggiore preoccupazione, trasmettendosi attraverso i sistemi di acqua calda mediante inalazione, ad es. durante la doccia, mentre i rischi sanitari legati al piombo, presente in tubazioni, leghe e saldature degli edifici, sono associati, tra l'altro, a danni dello sviluppo neurologico e cognitivo nei bambini e all'aumento della pressione sanguigna negli adulti. Per i criteri di valutazione e gestione del rischio da applicare ai sistemi di distribuzione interni, l'articolo rimanda alle "Linee Guida per la valutazione e gestione del rischio per la sicurezza dell'acqua nei sistemi di distribuzione interni degli edifici prioritari e non prioritari e di talune navi", ai sensi della direttiva (UE) 2020/2184, Rapporto ISTISAN 22/32. L'articolo sottolinea, altresì, la necessità di considerare anche i potenziali rischi derivanti da prodotti e materiali che entrano in contatto con le acque potabili, e di responsabilizzare i gestori dei sistemi di distribuzione idrica interni, poiché di norma tali sistemi, secondo la pertinente legislazione nazionale, non sono sotto il controllo dei gestori idro-potabili. Infine, l'articolo dispone che le Regioni e Province autonome,in coordinamento con il Ministero della salute e il CeNSiA, promuovano una formazione adeguata agli scopi e aggiornata per gli idraulici e gli altri professionisti che operano a vario titolo nei settori dei sistemi di distribuzione interni e dell'installazione di oggetti e materiali che entrano in contatto con l'acqua destinata al consumo umano. L'articolo 10 reca i requisiti minimi di igiene per i materiali destinati a essere utilizzati in impianti nuovi o, in caso di riparazione o di totale o parziale sostituzione, in impianti esistenti per il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano. Più precisamente tali materiali non devono, nel tempo: compromettere direttamente o indirettamente la tutela della salute umana; alterare il colore, l'odore o il sapore dell'acqua; favorire la crescita microbica; causare il rilascio in acqua di contaminanti a livelli superiori a quelli accettabili per il raggiungimento delle finalità previste per il loro utilizzo. Tali materiali inoltre non devono, nel tempo, modificare le caratteristiche degli scarichi derivanti dall'acqua con cui essi vengono posti a contatto, in modo tale da non consentire il rispetto dei valori limite di emissione degli scarichi idrici previsti nell'Allegato 5, Parte terza accluso al D. Lgs. n. 152 del 2006 (T.U. Ambiente), e, in ogni caso, da non pregiudicare il rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici previsti all'articolo 101, commi 1 e 2, del medesimo decreto. Come sottolineato dalla RI al provvedimento, la presenza di diversi sistemi nazionali di omologazione dei materiali, con requisiti diversi da uno Stato membro all'altro, pone ostacoli al normale funzionamento del mercato interno all'Unione europea, con conseguenti difficoltà per produttori, consumatori e fornitori d'acqua connesse alla commercializzazione e alla conoscenza dei reali requisiti sanitari di tali prodotti. Per questo, la Commissione ritene necessario introdurre requisiti minimi armonizzati di igiene e qualità dei prodotti a contatto con acque destinate al consumo umano per conseguire un livello uniforme di tutela della salute in tutta l'Unione, come pure un migliore funzionamento del mercato interno. Nelle more dell'adozione e della relativa applicazione degli atti di esecuzione che verranno adottati dalla Commissione europea per stabilire requisiti minimi armonizzati, ai materiali contemplati dall'articolo in commento si applicano le disposizioni nazionali stabilite nel decreto del Ministero della salute n. 174 del 2004, Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano. Ai fini della tutela della salute umana, nel caso in cui sia necessario recepire evidenze scientifiche in letteratura, indicazioni fornite da organismi scientifici nazionali e internazionali oatti dell'UE, il Ministro della salute, in cooperazione con l'ISS, può adottare criteri aggiuntivi di idoneità per i materiali che entrano a contatto con l'acqua destinata al consumo umano. L'articolo 11 regolamenta, successivamente al 12 gennaio 2036, i requisiti minimi per i reagenti chimici e i materiali filtranti attivi o passivi (in prosieguo denominati "ReMaF") immessi sul mercato nazionale per potabilizzare le acque non trattate nei processi tecnologici di trattamento, preparazione e distribuzione delle acque da destinare e destinate al consumo umano. Come chiarito dalla RI al provvedimento, a differenza dei materiali di cui al precedente art. 10, per i ReMaF, la Commissione europea ha lasciato agli Stati membri il compito di normarne l'uso, conseguentemente la normativa introdotta dall'articolo in commento tiene in considerazione i necessari tempi di adeguamento alle nuove disposizioni, stabilisce i requisiti minimi dei ReMaF e ne regolamenta i procedimenti volti al rilascio delle autorizzazioni per l'immissione sul territorio nazionale ai fini del loro utilizzo, le attestazioni di idoneità al contatto con l'acqua potabile, la registrazione in una banca dati nazionale, e la vigilanza sul territorio nazionale e all'importazione, meglio dettagliando nell'accluso Allegato IX al decreto in esame i requisiti tecnici per la valutazione di idoneità e l'iter procedurale di autorizzazione, etichettatura e registrazione.
L'allegato IX, sezione E, specifica che l'autorizzazione è rilasciata dal CeNSiA entro 180 giorni dalla data di ricezione della relativa domanda, fatta salva la rispondenza della documentazione allegata ai requisiti richiesti. Relativamente alle caratteristiche dei ReMaF, la disposizione in commento stabilisce che debba essere garantita la loro compatibilità con le caratteristiche dell'acqua con cui vengono posti a contatto e, che, nel tempo: non compromettano, direttamente o indirettamente, la sicurezza dell'acqua o la sua idoneità al consumo umano; non alterino il colore, l'odore o il sapore dell'acqua; non favoriscano indirettamente la crescita microbica; non rilascino in acqua contaminanti a livelli superiori a quelli accettabili per il raggiungimento delle finalità previste con il trattamento. Inoltre, i ReMaF non devono, nel tempo, in analogia con quanto stabilito dall'art. 10 per i materiali utilizzati negli impianti, modificare le caratteristiche degli scarichi derivanti dall'acqua (si veda
supra).
L'autorizzazione concessa a un ReMaF, può essere rifiutata ovvero, se già concessa, rivista o revocata dal CeNSiA alla luce dei progressi delle conoscenze scientifiche e tecnologiche che possano far emergere una compromissione dei requisiti minimi di cui alle sezioni B, C e D dell'Allegato IX, oppure a seguito della valutazione di eventuali modifiche intervenute sul medesimo ReMaF, incluse quelle riguardanti il processo di produzione, o anche in caso di accertate irregolarità da parte delle competenti autorità sanitarie preposte alla vigilanza sul territorio nazionale e all'importazione. L'autorizzazione di un ReMaF ha una durata di cinque anni e, alla scadenza, è automaticamente rinnovabile per altri cinque anni su richiesta dell'Operatore economico, previa domanda di rinnovo da presentare al CeNSiA almeno 90 giorni prima. L'autorizzazione di un ReMaF è sospesa dal CeNSiA nel caso in cui siano intervenute modifiche o qualora l'Organismo di certificazione ne abbia revocato o sospeso il certificato di conformità o anche in caso di accertate irregolarità da parte delle competenti autorità sanitarie preposte alla vigilanza sul territorio nazionale e all'importazione.
L'elenco aggiornato dei ReMaF autorizzati è pubblicato in una apposita sezione del sistema informativo centralizzato AnTeA. Per quanto riguarda l'immissione nel territorio nazionale da parte di operatori esteri, la disposizione stabilisce che un ReMaF in possesso di un'autorizzazione concessa da un altro Stato membro dell'Ue o facente parte dell'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) o dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), può essere immesso sul mercato nazionale in base al principio del "mutuo riconoscimento", mentre è consentita l'importazione per l'immissione sul mercato nazionale dei ReMaF non unionali o provenienti da Stati non appartenenti allo Spazio economico europeo o all'Accordo europeo di libero scambio, solo se conformi alle disposizioni del presente articolo, autorizzati e registrati secondo le modalità riportate nell'Allegato IX, sezione E, previa obbligatoria certificazione di conformità ai requisiti tecnici di idoneità di cui alle sezioni B, C e D del medesimo allegato. In caso immissione sul mercato nazionale di ReMaF senza o in difformità dell'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'articolo, sono previste sanzioni amministrative, a prescindere dall'origine dei prodotti.
Rispetto la vigilanza, l'Allegato IX, sezione F, chiarisce che le ASL effettuano un controllo di tipo documentale attraverso l'esame delle attestazioni di rispondenza ai requisiti stabiliti dal decreto in commento, riservandosi la possibilità di campionamento e analisi dei campioni per eventuali ulteriori accertamenti qualora vi sia motivo di sospettare un potenziale pericolo per la salute umana associato al ReMaF. Il personale dell'ASL incaricato della vigilanza, può procedere ai controlli senza preavviso e ovunque si utilizzino, producano e/o commercializzino i ReMaF. In caso di assenza o di accertata irregolarità dell'autorizzazione di un ReMaF, l'ASL territorialmente competente, fatta salva l'adozione di provvedimenti urgenti a tutela della salute pubblica, informa la corrispondente autorità sanitaria territorialmente competente, che ne dà immediata comunicazione al Ministero della salute e al CeNSiA, ai fini della sospensione o revoca dell'autorizzazione irregolare, del divieto di commercializzazione sul territorio nazionale e/o del ritiro dal mercato. Per i ReMaF importati, la stessa procedura è messa in atto dall'USMAF territorialmente competente.
L'articolo 12 regolamenta i controlli di verifica della qualità delle acque destinate al consumo umano, ovvero l'insieme di attività effettuate regolarmente e in conformità all'articolo in commento e all'Allegato II Controllo e monitoraggio, Parte A e B. Per tale finalità, le autorità sanitarie delle Regioni e Province autonome adottano opportuni programmi di controllo relativi alle filiere idro-potabili che insistono sul territorio di propria competenza avvalendosi delle autorità sanitarie locali territorialmente competenti e delle Agenzie del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente SNPA, coordinandosi con i gestori idro-potabili e tenendo conto dei risultati della valutazione del rischio nelle forniture idro-potabili, laddove prevista, e delle aree di alimentazione dei punti di prelievo. a) si basano sulla "zona di fornitura idro-potabile"; b) si articolano in controlli esterni e controlli interni (specificati nei successivi articoli 13 e 14), pianificati in modo coordinato nel rispetto di specifici principi elencati dall'articolo in commento, e distribuiti uniformemente nel corso dell'anno in modo da garantire che i valori ottenuti siano rappresentativi della qualità dell'acqua fornita o utilizzata nel corso dell'anno. Il programma di controllo garantisce comunque un'adeguata flessibilità in relazione a possibili evidenti circostanze contingenti o emergenziali che richiedano modifiche puntuali rispetto alla pianificazione generale. Successivamente, l'articolo, al comma 4, lettere da a) a g), elenca gli elementi che devono essere compresi nei programmi di controllo; elementi che le Regioni e Province autonome, entro dodici mesi dalla data di messa in operatività del sistema informativo AnTeA, provvedono ad inserire nel sistema delle informazioni sui programmi di controllo di cui alle lettere da a) a g) del comma 4, nonché di ogni eventuale integrazione o emendamento ai programmi entro 30 giorni dai cambiamenti intervenuti. Dalla data di entrata in vigore del decreto in commento e fino al 12 gennaio 2024, le autorità sanitarie delle regioni e Province autonome provvedono affinché il numero minimo di campioni annui previsto dalla Tabella 1 dell'Allegato II, sia assicurato mediante controlli esterni, e a che i controlli interni, sia rispetto ai punti di prelievo che alla frequenza, possano essere concordati con l'azienda unità sanitaria locale. Il comma 7 dispone in materia di controllo dei parametri elencati nell'Allegato I, controllo definito e effettuato in conformità alle specifiche relative all'analisi dei parametri indicati nell'Allegato III, nel rispetto di ulteriori specifici principi elencati nel medesimo comma 7. Valori per parametri supplementari non riportati nell'Allegato I sono fissati, a tutela della salute umana in una parte od in tutto il territorio nazionale, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, su proposta dell'ISS e previo parere del Consiglio Superiore di Sanità (CSS). Qualora vi sia motivo di sospettare una presenza in quantità o concentrazioni tali delle singole sostanze e dei singoli microrganismi non compresi nell'Allegato I e per cui sono fissati valori di parametro supplementari da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana, l'autorità sanitaria territorialmente competente assicura controlli supplementari; tali controlli sono effettuati mediante controlli esterni o, in alternativa o ad integrazione di questi, tramite controlli interni, nell'ambito o al di fuori del piano di sicurezza dell'acqua del sistema di fornitura idropotabile Ai fini dei controlli di cui al presente articolo, i metodi di analisi utilizzati e i laboratori, o i terzi che ottengono appalti dai laboratori, che eseguono le analisi, sono conformi alle specifiche indicate nell'Allegato III. Preme qui ricordare che la Direttiva 2020/2184 stabilisce la necessità di sviluppare strategie di monitoraggio e prevenzione incentrate sull'analisi di rischio sito-specifica, al fine di garantire la salubrità delle risorse idriche e, simultaneamente, prevenire e controllare un potenziale stato di inquinamento originato da parametri relativi a contaminanti emergenti, come le microplastiche, non attualmente regolamentati. La Commissione Europea, a tal fine, intende individuare entro il 2024 una metodologia per il monitoraggio delle microplastiche in acque destinate al consumo umano, che permetta l'inserimento di quest'ultime nella "Watch List", l'elenco di Controllo in cui vengono riportate sostanze emergenti che, potenzialmente, possono rappresentare un rischio per il consumatore, se presenti nelle acque destinate al consumo umano (qui un approfondimento a cura dell'ISS sulle microplastiche). Conseguentemente, il comma 8 stabilisce che, ove necessario, il CeNSiA recepisca e renda disponibile sul territorio la metodologia per misurare le microplastiche in vista di includerle nell'"elenco di controllo", che la Commissione europea prevede di stabilire con atto delegato entro il 12 gennaio 2024. Inoltre, la medesima Direttiva 2020/2184 fissa valori di parametro per nuovi elementi ovvero per il Bisfenolo A, il Clorato e il Clorito, gli Acidi Aloacetici, la Microcistina-LR, i PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) totale e somma di PFAS e l'Uranio. Conseguentemente, il comma 9 dell'articolo in commento stabilisce che, ove necessario, il CeNSiA recepisce e rende disponibili sul territorio le Linee guida tecniche sui metodi analitici per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze per- e polifluoroalchiliche comprese nei parametri «PFAS-totale» e «somma di PFAS», compresi i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento, che la Commissione europea prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024. Gli atti di esecuzione adottati dalla Commissione europea per stabilire e aggiornare un "elenco di controllo" riguardante sostanze o composti che destano preoccupazioni per la salute presso l'opinione pubblica o la comunità scientifica, quali ad esempio i prodotti farmaceutici, i composti interferenti endocrini e le microplastiche vengono recepiti, ove necessario, con decreto del Ministro della salute, se del caso di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica. Il comma 11 chiarisce poi quali elementi costituiscono l'"elenco di controllo":a) sostanze e composti di cui è probabile la presenza nelle acque destinate al consumo umano e che potrebbero presentare un potenziale rischio per la salute umana; b) conseguente valore indicativo per ciascuna sostanza o composto e, se necessario, possibile metodo di analisi che non comporti costi eccessivi; c) primo elenco di controllo stabilito con decisione di esecuzione (UE) 2022/679 della Commissione del 19 gennaio 2022, e che include il 17-betaestradiolo e il nonilfenolo. L'articolo 13 riguarda i controlli esterni che devono essere effettuati sulla qualità delle acque per il consumo umano ad opera delle Aziende sanitarie locali territorialmente competenti, i quali sono volti a verificare la qualità delle acque potabili erogate in particolare dagli impianti di fornitura nei territori di propria competenza, come disposto dal precedente articolo 12 (v. ante). Al riguardo, sotto il coordinamento delle regioni e province autonome di appartenenza, la norma stabilisce le modalità di esecuzione di tali controlli esterni, definendo le aree di competenza territoriale, i laboratori per le attività analitiche, nonché la trasmissione e condivisione dei risultati dei controlli. Le attività di controllo in esame rientrano tra quelle già assegnate alle ASL dalla vigente legislazione e non differiscono dall'attuale operatività delle strutture ai sensi del D.Lgs. 31/2001 (v. qui l'approfondimento), che, come precedentemente indicato, ha dato attuazione alla precedente direttiva (98/83/CE) relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. I controlli devono garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino, nei punti di rispetto della conformità i requisiti previsti per la salubrità delle acque del decreto 31/2001 e devono essere effettuati ai punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee da destinare al consumo umano, tenendo conto anche dei dati di monitoraggio ambientale sulle acque e altre informazioni sulle risorse idriche acquisite; agli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione; alle reti di distribuzione; agli impianti di confezionamento di acqua in bottiglia o in contenitori; sulle acque confezionate; sulle acque utilizzate nelle imprese alimentari; sulle acque fornite mediante cisterna, fissa e mobile ma, in questo caso, i controlli sono estesi all'idoneità del mezzo di trasporto. Viene fissata la data del 12 gennaio 2024 a partire dalla quale gli enti territoriali interessati devono provvedere all'inserimento dei risultati dei controlli esterni nel sistema operativo centralizzato AnTeA (il sistema dell'Anagrafe territoriale dinamica delle acque potabili). Viene disposto che i risultati dei controlli esterni debbano essere integrati da ogni altra informazione rilevante sulla qualità delle acque, in particolare sui risultati dei controlli funzionali al "giudizio di idoneità" definito al comma 7, e su eventuali provvedimenti e limitazioni d'uso. Esso si fonda sulle caratteristiche qualitative delle acque da destinare al consumo umano, sull'adeguatezza degli eventuali trattamenti di potabilizzazione adottati, sulle risultanze delle valutazioni e gestione del rischio precedentemente esposte, oltre che sulla conformità dei risultati dei controlli stabiliti per specifiche fattispecie, come nei casi di acque provenienti da nuovi approvvigionamenti ovvero di acque già distribuite per uso umano. L'articolo in esame dispone anche sul giudizio di idoneità d'uso sulle acque destinate al consumo umano, integrando nel decreto in oggetto quanto inizialmente disposto dal decreto del Ministero della Sanità del 26 marzo 1991, che ha finora definito le norme tecniche di prima attuazione del decreto DPR 24 maggio 1988, n. 236, relativo all'attuazione della precedente direttiva CEE n. 80/778 sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. Il giudizio di idoneità in questione deve fondarsi sulle caratteristiche qualitative delle acque da destinare al consumo umano e sull'adeguatezza degli eventuali trattamenti di potabilizzazione adottati, oltre che sulle risultanze delle valutazioni e gestione del rischio (cfr.ante art. 6 e 9) e sulla conformità dei risultati dei controlli. Se gli impianti del sistema di fornitura dell'acqua ricadono nell'area di competenza territoriale di più ASL, è facoltà della regione o provincia autonoma riuscire ad individuare l'Azienda alla quale attribuire la competenza in materia di controlli esterni, mentre per gli impianti del sistema di fornitura dell'acqua interregionali, l'organo sanitario di controllo è individuato d'intesa fra le regioni e provincie autonome interessate. L'ASL interessata inoltre può avvalersi di propri laboratori ovvero di quelli del Sistema regionale per la prevenzione della salute dai rischi ambientali e climatici o anche degli uffici dell'ARPA, Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. Si rammenta che tale agenziale è disciplinata dall'articolo 7 della legge n. 132 del 2016 di Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ove si prevedono tali Agenzie regionali per lo svolgimento delle attività istituzionali obbligatorie con il compito di svolgere le attività di controllo necessarie a garantire il raggiungimento dei LEPTA (livelli essenziali delle prestazioni ambientali). Si prevede che regioni e province autonome provvedano all'inserimento dei risultati dei controlli esterni nel predetto sistema operativo centralizzato AnTeA. Insieme al successivo articolo 14, l'articolo 13 in esame non ha una esatta corrispondenza nell'ambito della direttiva UE 2020/2184 di cui lo schema in esame prevede l'attuazione, in quanto la tipologia di controlli in esame è propriamente peculiare al sistema nazionale italiano.
L'articolo 14 riguarda invece i controlli che sono svolti dai gestori idro-potabili, con oneri a loro carico, per verificare la qualità delle acque potabili erogate dai propri impianti di fornitura, in ordine a quanto stabilito all'articolo 12, stabilendone le modalità di esecuzione (laboratori per le attività analitiche, trasmissione e condivisione dei risultati dei controlli). L'articolo impone altresì l'onere a tali gestori, a decorrere dal 12 gennaio 2024, di comunicare i risultati dei controlli interni alle Aziende sanitarie locali e alle regioni e province competenti, inserendoli nel sistema operativo centralizzato AnTeA. Si sottolinea la previsione della incompatibilità, nel caso in cui il gestore idro-potabile intenda avvalersi di altri gestori del servizio idrico integrato o anche di laboratori terzi per l'esecuzione dei controlli interni, che gli stessi non possono essere effettuati dai laboratori di analisi che già operano i controlli esterni. E' prevista l'accessibilità dei risultati dei controlli interni registrati nell'Anagrafe AnTeA da parte del CeNSiA, il Centro nazionale per la sicurezza delle acque, all' Egato di competenza (vale a dire l'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale di riferimento) e, per le sue competenze, all'ARERA, l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente. Gli stessi controlli interni devono essere altresì resi disponibili dal Centro nazionale all'ISTAT per adempiere agli obblighi di informazione previsti ed assicurare la disponibilità delle informazioni a livello di Commissione europea e Agenzia europea per l'ambiente.
L'articolo 15, in materia di provvedimenti correttivi e limitazioni d'uso, prevede gli obblighi di intervento da parte delle competenti autorità e dei gestori nei casi di mancata conformità ai requisiti igienico-sanitari stabiliti dal decreto in esame dell'acqua erogata dai sistemi di fornitura idro-potabili e/o dai sistemi di distribuzione idrica interni agli edifici. L'articolo in esame corrisponde all'articolo 14 della direttiva UE 2020/2184 di cui lo schema in esame prevede l'attuazione, relativo ai provvedimenti correttivi e limitazioni dell'uso delle acque idro-potabili. Nei casi in cui l'erogazione di acqua rappresenti un potenziale pericolo per la salute umana per mancata conformità ai requisiti minimi per i valori relativi ai parametri microbiologici e chimici, la fornitura di tale acqua deve essere vietata o l'uso ella stessa limitato, tranne nel caso in cui l'inosservanza sia giudicata trascurabile. In tali casi se l'ASL territorialmente competente considera l'inosservanza dei valori di parametro come un pericolo per la salute umana, deve comunicare al gestore e all'EGATO l'avvenuto superamento dei valori e proporre al Sindaco l'adozione di provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica, in ogni caso proporzionati al rischio, ivi compresi divieti e limitazioni d'uso e tenendo presente i pericoli per la salute umana potenzialmente derivanti da un'interruzione della fornitura o da una limitazione di uso delle acque erogate. Il gestore deve individuare conseguentemente le cause della non conformità, sentendo sia ASL, sia EGATO, ed attuare i correttivi gestionali per il ripristino immediato della qualità delle acque. Se l'ASL stabilisce che non sussiste più alcun pericolo potenziale per la salute umana, propone la richiesta di revoca dei provvedimenti cautelativi al Sindaco. Pertanto, autorità sanitarie e i gestori, nell'ambito delle rispettive competenze, sono obbligati a determinare immediatamente la causa di non conformità dell'acqua erogata dai sistemi di distribuzione idrica e garantire l'adozione dei correttivi per ripristinarne la qualità, nonché di procedure informative dirette ai consumatori, in particolare per le condizioni di uso e consumo dell'acqua, compresi divieti, limitazioni dell'uso o altri provvedimenti.
L'articolo 16 (relativo alle deroghe e corrispondente all'articolo 15 della direttiva UE 2020/2184) disciplina la concessione di deroghe (per un massimo di tre anni, con possibile rinnovo della deroga per un periodo inferiore ai tre anni) alle disposizioni previste dallo schema di decreto in esame, ad opera di regioni o province autonome rispetto ai valori di parametro fissati nell'Allegato I, Parte B, riferiti ai parametri chimici, fino a valori massimi ammissibili definiti dagli stessi enti territoriali, agganciati a decreti del Ministero della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, su motivata richiesta regionale trasmessa al primo Ministero. In ogni caso, nessuna deroga deve costituire un pericolo potenziale per la salute umana e a condizione che la fornitura di acqua destinata al consumo umano nella zona interessata non possa essere garantita in nessun altro modo congruo. Vengono in particolare stabilite le condizioni alla base della richiesta di deroga, debitamente giustificate e documentate, e definito l'iter procedurale che regioni e province autonome devono seguire per la richiesta e la concessione della deroga. Sono inoltre previste specifiche disposizioni al fine di provvedere agli obblighi informativi a beneficio della popolazione interessata, in modo tempestivo ed adeguato, disponendo inoltre la possibilità di fornire raccomandazioni a gruppi specifici della popolazione per i quali la deroga possa costituire un rischio particolare. Nella disciplina derogatoria non rientrano le acque fornite mediante cisterna e quelle confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano.
Con l'articolo 17 (corrispondente all'articolo 16 della direttiva UE 2020/2184 in materia di accesso all'acqua destinata al consumo umano), dando anche attuazione alla lettera e) dell'unico comma dell'articolo 21 della "Legge di delegazione europea 2021",vengono definite le modalità di intervento sul territorio nazionale volte a migliorare l'accesso equo a quantità adeguate di acqua potabile sicura a tutti i gruppi della popolazione, in particolare a quelli in situazione svantaggiata o che soffrono di esclusione sociale ("gruppi vulnerabili ed emarginati"), migliorandone l'accesso per chi già ne beneficia e promuovendo l'uso di acque di rubinetto. L'articolo mira a correggere l'inadeguatezza e l'inefficacia della previgente direttiva 98/83/CE in materia di integrazione delle politiche sull'acqua, soprattutto a seguito dell'iniziativa dei cittadini europei relativa al diritto umano universale all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari (iniziativa Right2Water). L'articolo è volto a garantire l'accesso a un livello minimo di erogazione idrica all'intera popolazione, in linea con l'impegno assunto dalle Nazioni Unite nell'Agenda 2030 per lo sviluppo ai sensi dell'obiettivo 6 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG-6) e il relativo traguardo, vale a dire ottenere l'accesso universale ed equo all'acqua potabile che sia sicura ed economica per tutti, e a promuovere la protezione della salute mediante un approccio olistico e preventivo, incentrandosi sulla sicurezza e sulla gestione sostenibile delle risorse idriche e sull'equità. L'articolo, più in dettaglio, individua le azioni che le regioni e le province autonome devono adottare per migliorare l'accesso di tutti alle acque per consumo umano, in particolare di quelli che vivono in situazioni svantaggiate o che soffrono di esclusione sociale (tra cui disagiati, senzatetto, rifugiati, culture minoritarie stanziali o nomadi), e promuovere l'utilizzo di acqua di rubinetto, ad esempio creando dispositivi all'esterno e all'interno degli spazi pubblici, ove tecnicamente possibile, e incoraggiando la messa a disposizione gratuita di acqua destinata al consumo umano nelle pubbliche amministrazioni e quantomeno negli edifici prioritari, o a titolo gratuito o a prezzi modici ai clienti di ristoranti, mense e servizi di ristorazione. Si tratta di un obbligo cui regioni e province autonome devono sottostare dovendo fornire le informazioni relative alle misure adottate per migliorare l'accesso e promuovere l'uso delle acque destinate al consumo, incluse le informazioni sulla percentuale della popolazione che ne ha l'accesso. Tali enti territoriali, negli ambiti di loro competenza, sono chiamate ad esercitare poteri sostitutivi in casi di inerzia delle autorità locali competenti nell'adozione dei provvedimenti necessari alla tutela della salute umana e all'accesso all'acqua.
L'articolo 18 (corrispondente all'articolo 17 della direttiva UE 2020/2184 in materia di informazioni al pubblico) riguarda le informazioni al pubblico, prescrivendo per i gestori idro-potabili l'obbligo di assicurare agli utenti informazioni adeguate ed aggiornate sulla produzione, gestione e qualità dell'acqua potabile fornita, conformemente all'Allegato IV, punto A concernente per l'appunto le informazioni da parte del gestore idro-potabile, nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati. Tale attività deve essere svolta ad invarianza di spesa pubblica e senza nuovi o maggiori oneri a carico del SSN. Vengono stabilite le modalità con cui i consumatori possono avere un agevole accesso ad informazioni trasparenti ed aggiornate sulla produzione, gestione e qualità dell'acqua potabile fornita, ivi compreso l'accesso su richiesta dei consumatori ai dati storici disponibili in materia di risultati dei monitoraggi e di superamenti dei valori di parametro pertinenti per la salute umana. L'articolo dispone per i gestori idro-potabili l'obbligo di fornire ai cittadini, attraverso la bolletta o con applicazioni digitali, informazioni sulla gestione e sulle caratteristiche dell'acqua erogata, su come ridurre il consumo idrico, sul confronto con il consumo medio delle famiglie, sul prezzo per litro in modo da consentire un confronto con il prezzo dell'acqua in bottiglia, ecc., al fine di renderli più consapevoli delle implicazioni del consumo di acqua, rafforzare la loro fiducia nell'acqua loro fornita e nei servizi idrici. Lo scopo è quello di un incremento dell'utilizzo di acqua del rubinetto come acqua destinata al consumo umano, soprattutto per contribuire alla riduzione dei rifiuti dell'utilizzo di plastica e delle emissioni di gas a effetto serra, e avere un impatto positivo sull'attenuazione dei cambiamenti climatici e sull'ambiente nel suo complesso.
L'articolo 19 (corrispondente all'articolo 18 della direttiva UE 2020/2184 in materia di informazioni relative al controllo dell'attuazione) detta le norme per l'istituzione del Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSia) e del sistema AnTeA, l'Anagrafe territoriale dinamica delle Acque potabili, al fine di rendere disponibili le informazioni relative al controllo dell'attuazione degli effetti nel tempo della direttiva (UE) 2020/2184 sulla qualità delle acque ad uso umano. Finalità della norma è garantire lo scambio di informazioni e di comunicazioni tra le Autorità competenti nazionali e degli Stati membri, oltre che dare anche attuazione alle lettere a) e d) dell'unico comma dell'articolo 21 della "Legge di delegazione europea 2021" (L. n. 127 del 4 agosto 2022), che ha sancito alcuni criteri direttivi per l'attuazione della citata Direttiva (UE) 2020/2184 tra cui: - lett. a) disporre l'adeguamento ed il coordinamento dei sistemi informatici nazionali ai sistemi informatici istituiti a livello di Unione europea, al fine di garantire lo scambio di informazioni e di comunicazioni tra le autorità competenti nazionali e degli Stati membri, in coerenza con il generale assetto ed il riparto delle competenze previste a livello nazionale. Tale previsione esplicitamente menziona l'istituzione di un sistema informativo centralizzato, denominato Anagrafe territoriale dinamica delle acque potabili (AnTeA), contenente dati sanitari e ambientali con lo scopo di acquisire informazioni relative al controllo dell'attuazione delle nuove prescrizioni e di garantire un idoneo accesso al pubblico nonché la comunicazione e la condivisione dei dati tra le autorità pubbliche e tra queste e gli operatori del settore idropotabile; - lett. d) attribuire all'Istituto superiore di sanità le funzioni di Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA), ai fini dell'approvazione dei Piani di sicurezza delle acque (PSA), nell'ambito della valutazione della qualità tecnica dell'acqua e del servizio idrico di competenza dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), del rilascio delle approvazioni per l'impiego di reagenti chimici, mezzi di filtrazione e mezzi di trattamento (ReMM) a contatto con acqua potabile, nonché della gestione del sistema informativo centralizzato AnTeA. In particolare, l'istituzione dovrà avvenire presso l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), entro i seguenti termini: - entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, il Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA), che dovrà essere articolato in quattro aree funzionali (1. rischio microbiologico e virologico; 2. rischio chimico; 3. coordinamento, gestione e accesso ai dati; 4. valutazione e approvazione di piani di sicurezza delle acque), con un direttore scelto tra i dirigenti di ricerca del'ISS oppure tra le professionalità di comprovata esperienza nel settore e con personale del medesimo Istituto. Tra le funzioni individuate dalla norma si elencano l'approvazione dei Piani di sicurezza delle acque (PSA), anche nell'ambito della valutazione della qualità tecnica dell'acqua e del servizio idrico integrato di competenza di ARERA, il rilascio delle autorizzazioni per l'immissione sul mercato nazionale dei ReMaF per il filtraggio delle acque; la gestione del sistema informativo centralizzato AnTeA, sulla base degli indirizzi del Ministero della salute e delle indicazioni fornite dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica con il supporto di ISPRA. L'acronimo ReMaF indica i requisiti dei reagenti chimici e i materiali filtranti attivi o passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano, come definiti dall' Allegato IX, sezione A, utilizzati nei processi tecnologici di trattamento, preparazione e distribuzione delle acque da destinare e destinate al consumo umano, immessi sul mercato nazionale. - l'Anagrafe territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA) dovrà essere istituita presso l'ISS entro il 12 gennaio 2024. Tale sistema deve contenere in particolare una serie di dati sulle informazioni al pubblico riguardanti le misure adottate per migliorare l'accesso all'acqua, oltre che una serie di dati sulle valutazioni e gestioni del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo delle acque idro-potabili, in conformità a quanto previsto dal D. Lgs. n. 32 del 2010 che ha attuato la direttiva 2007/2/CE per l'istituzione dell'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), per gli scopi delle politiche ambientali comunitarie e delle politiche o delle attività che possono avere ripercussioni sull'ambiente. Esso deve essere allineato con i sistemi informativi istituiti a livello di Unione europea e con il riparto delle competenze delle Autorità nazionali sanitarie e ambientali preposte alla protezione e alla vigilanza sui corpi idrici da destinare al consumo umano e sulle acque destinate al consumo umano, con le finalità, tra l'altro: - di assicurare l'acquisizione, l'elaborazione, l'analisi e la condivisione di dati di monitoraggio e controllo relativi alla qualità delle acque da destinare e destinate a consumo umano; - assicurare la comunicazione, l'integrazione e la condivisione dei dati tra le Autorità ambientali e sanitarie competenti e lo scambio di informazioni per le finalità di competenza di ARERA, ISTAT e altre istituzioni nazionali ed internazionali come l'OMS. Riguardo ai Piani di Sicurezza dell'acqua si ricorda che con DM Salute 14 giugno 2017 di recepimento della direttiva (UE) 2015/1787 che modifica alcuni allegati delle precedente direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, è stato introdotto l'obbligo di adozione di tali Piani di sicurezza per i sistemi di gestione idropotabile. L'articolo in esame, attribuendo le funzioni ad AnTeA e al CeNSiA e modalità e tempistiche per la raccolta e la condivisione della serie di dati e informazioni sull'attuazione in Italia delle disposizioni della direttiva UE oggetto di recepimento, ne stabilisce gli oneri relativi.
L'articolo 20, che innova l'ordinamento nazionale indipendentemente dalla direttiva UE 2020/2184, stabilisce l'istituzione della Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell'acqua, composta da un gruppo interdisciplinare di esperti di diverse Amministrazioni e Enti, per le attività di approvazione da parte del CeNSiA delle valutazioni e gestioni del rischio PSA, relative alla filiera idro-potabile. La Commissione dovrà essere composta come segue: - due rappresentanti del Ministero della salute, di cui uno con funzione di Presidente della Commissione; - due rappresentanti dell'ISS, di cui uno referente del CeNSiA; - un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica; - un rappresentante del Ministero delle imprese e del made in Italy; - un rappresentante del Coordinamento Interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, Conferenza delle regioni e delle Province Autonome; - un rappresentante di SNPA, il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente; - un rappresentante dell'ARERA, l'Autorità di regolazione per Energia, Reti e Ambiente; - un rappresentante degli EGATO, gli enti di governo degli ambiti territoriali ottimali, gli organismi istituiti dalle regioni e province autonome per ciascun Ambito Territoriale Ottimale (ATO) ai quali partecipano obbligatoriamente tutti i Comuni ricadenti nell'ambito, con il compito di organizzare i servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, compresi quelli del ciclo dei rifiuti urbani, oltre che di determinare le tariffe all'utenza.
L'articolo 21 (corrispondente all'omologo articolo 20 della direttiva UE 2020/2184) prevede che le revisioni e le modifiche tecniche dell'Allegato III sulle specifiche per l'analisi dei parametri, ove necessario, e del valore di parametro del bisfenolo-A nell'Allegato I, che la Commissione può apportare attraverso l'adozione di atti delegati al fine di adeguarli alle nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche. Le suddette previsioni saranno recepite con decreto del Ministro della salute, di concerto on il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica.
L'articolo 22 garantisce la competenza legislativa ed i particolari poteri d'intervento nelle materie oggetto del decreto in esame, facendo salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
L'articolo 23, dando attuazione alla lett. f) dell'articolo 21 della sopracitata Legge di delegazione europea 2021, vale a dire ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni della direttiva (UE) 2020/2184 attraverso la previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni, è volto a definire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del decreto in esame, fatti salvi i casi di reato, tra cui le più gravi: - la fornitura di acqua destinata al consumo umano non a norma, da parte del gestore idro-potabile (sanzione amministrativa pecuniaria da 16 mila a 92 mila euro); - la violazione delle norme, da parte del gestore della distribuzione idrica interna, per la fornitura di acque attraverso sistemi di distribuzione interni (sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 46.000 euro); - utilizzo in un'impresa alimentare di acqua non conforme, con conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finali ed effetti sulla salute dei consumatori (sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 46.000 euro); - l'inosservanza dell'obbligo di implementazione di valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura idro-potabile (sanzione amministrativa pecuniaria da 12.000 a 70.000 euro); - l'inosservanza dell'obbligo di implementazione dei controlli interni (sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 46.000 euro); - l'inosservanza dei provvedimenti imposti dalle competenti Autorità per ripristinare la qualità delle acque destinate al consumo umano a tutela della salute umana, nel caso specifico che i provvedimenti riguardino i sistemi di fornitura idro-potabile (sanzione amministrativa pecuniaria da 16.000 a 92.000 euro); - violazione dei criteri aggiuntivi di idoneità per materiali che entrano a contatto con acqua destinata al consumo umano (sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 80.000 euro). Sanzioni amministrative pecuniarie differenziate sono ancora previste con riferimento ai ReMaF (sistemi di filtraggio delle acque), immessi sul in assenza o in difformità delle autorizzazioni richieste ovvero per non conformità ai requisiti tecnici di idoneità per l'uso convenuto o per inottemperanza degli obblighi di informazioni dall'Organismo di certificazione sui ReMaF. All'accertamento e alla contestazione delle violazioni e all'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al presente articolo, provvedono le autorità sanitarie locali territorialmente competenti.
L'articolo 24 definisce le norme transitorie necessarie al passaggio dalle disposizioni precedenti a quelle di attuazione disposte dal decreto in oggetto, al fine di provvedere all'adeguamento tecnico e scientifico e per rendere graduale tale passaggio. Si prevede in particolare un periodo di transizione fino al 12 gennaio 2026, a decorrere dal quale il controllo dei parametri previsti per i valori di riferimento delle acque ad uso umano diventa obbligatorio, per l'adozione tempestiva, da parte delle autorità ambientali e sanitarie e dei gestori idro-potabili, degli specifici parametri di riferimento previsti dal decreto in esame. Devono essere più in particolare soddisfatti i valori di parametro di cui all'Allegato I, Parte B, per quanto riguarda: bisfenolo-A, clorato, acidi aloacetici, microcistina-LR, PFAS-totale, somma di PFAS e uranio.
L'articolo 25 individua il D. Lgs. n. 31 del 2 febbraio 2001 quale normativa vigente da abrogare a seguito dell'entrata n vigore del decreto in questione, facendo salvi i rinvii operati dalla normativa vigente a tale decreto legislativo che devono intendersi riferiti alle corrispondenti disposizioni del decreto in esame.
L'articolo 26 reca infine la clausola di invarianza finanziaria chiarendo che le attività previste dal decreto in esame devono essere svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. |
Relazioni e pareri allegatiLo schema di decreto è corredato dalla relazione illustrativa - che comprende anche una tavola di concordanza tra la direttiva (UE) e il decreto legislativo di recepimento -, dalla relazione tecnico-finanziaria e dell'analisi tecnico-normativa. |
Conformità con la norma di delegaCome ricordato in precedenza lo schema di decreto legislativo in esame, in attuazione della Direttiva (UE) 2020/2184, è diretto a: - rivedere e introdurre norme intese a proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone "salubrità e pulizia", anche attraverso una revisione dei parametri e dei valori parametrici di rilevanza sanitaria; - stabilire i requisiti di igiene per i materiali che entrano in contatto con le acque potabili nonché per i reagenti chimici e i materiali filtranti attivi o passivi da impiegare nel loro trattamento; - introdurre un approccio di valutazione e gestione del rischio che sia più efficace ai fini della prevenzione sanitaria, della protezione dell'ambiente e del controllo delle acque destinate al consumo umano, anche sotto il profilo dei costi e della allocazione delle risorse istituzionali; - migliorare l'accesso equo per tutti all'acqua potabile sicura; - assicurare la comunicazione tra le autorità competenti e i fornitori di acqua e fornire una informazione adeguata e aggiornata al pubblico sulle acque destinate al consumo umano. Il provvedimento è stato adottato in attuazione delle delega contenuta nella legge n. 127/2022 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021), e, in particolare, in conformità ai princìpi e criteri direttivi specifici recati dall'articolo 21 della legge citata, riguardanti il recepimento della citata Direttiva (UE) 2020/2184 , concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (sul contenuto della direttiva cfr.infra). L'articolo 21, infatti, dispone che nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 - Principi e criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea - della legge n. 234/2012 ( Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea) anche alcuni principi e criteri direttivi specifici riguardanti:
Alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame viene abrogato il D.Lgs n. 31/2001 (Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualita' delle acque destinate al consumo umano) che ha dato attuazione alla direttiva 98/83/CE, abrogata dalla citata direttiva 2020/2184, ed i rinvii operati dalla normativa vigente a tale decreto si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del decreto in esame (art. 25 dello schema). |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteLo schema di decreto legislativo in esame è diretto a recepire, in attuazione della delega di cui alla legge n. 127/2022 (Legge di delegazione europea 2021), la Direttiva (UE) 2020/218 del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano. La materia trattata attiene quindi alla "tutela della salute", che rientra nella potestà legislativa concorrente ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione. |
Compatibilità con la normativa dell'Unione europeaLa Direttiva (UE) 2020/2184 del 16 dicembre 2020 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, in vigore dal 12 gennaio 2021, rifonde e abroga la direttiva 98/83/CE e le successive modifiche. Preme ricordare che la Direttiva è stata adottata in seguito a Right2Water la prima iniziativa di cittadinanza europea (ICE, lo strumento di democrazia partecipativa dell'UE), lanciata nel 2012. Gli Stati membri sono tenuti, entro il 12 gennaio 2023, a recepire le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 18 e all'articolo 23 e agli Allegati da I a V della Direttiva. Ove necessario, e al fine di proteggere la salute umana nei rispettivi territori, gli Stati membri possono fissare valori per parametri supplementari non compresi nell'Allegato I, basandosi sul principio di precauzione. Entro il 12 gennaio 2026 gli Stati membri sono invece impegnati a mettere in atto le misure necessarie a garantire l'aggiornamento degli standard qualitativi dell'acqua potabile, sia dal punto di vista chimico che microbiologico, garantndo che le acque destinate al consumo umano soddisfino i valori di parametro di cui all'allegato I, parte B (bisfenolo A, clorato, clorite, acidi aloacetici, microcistina-LR, PFAS — totale, somma di PFAS e uranio). La Direttiva non trova applicazione per le acque minerali naturali e per le acque considerate medicinali, e gli Stati membri dell'UE possono prevedere esenzioni per le acque destinate esclusivamente ad usi per i quali le autorità nazionali ritengano che la qualità delle acque non abbia incidenze dirette o indirette, sulla salute dei consumatori finali e per le acque destinate al consumo umano provenienti da una singola fonte che eroghi in media meno di 10 metri/cubi al giorno o che fornisca meno di 50 persone, ad esclusione delle acque fornite nell'ambito di un'attività commerciale o pubblica. La Direttiva intende proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone «la salubrità e la pulizia», introducendo al contempo requisiti di igiene per i materiali che entrano in contatto con le acque potabili (ad es. le condutture), con l'ulteriore finalità di migliorare l'accesso alle acque destinate al consumo umano proponendo un approccio basato sul rischio che copra l'intera catena di approvvigionamento, dal bacino idrografico all'estrazione, al trattamento, allo stoccaggio e alla distribuzione dell'acqua. Tale approccio peraltro conferma e segue i principi promossi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità relativamente alla valutazione preventiva del rischio su tutta la filiera idropotabile attraverso lo strumento dei Piani di gestione della sicurezza dell'acqua (Water Safety Plans. Sul punto si rinvia al Rapporto Istisan 14/21). La Direttiva pone inoltre scadenze temporali per la valutazione e gestione del rischio di: bacini idrografici per i punti di estrazione di acque destinate al consumo umano (da effettuarsi per la prima volta entro il 12 luglio 2027); sistema di fornitura (da effettuarsi per la prima volta entro il 12 gennaio 2029); sistemi di distribuzione domestici (da effettuarsi per la prima volta entro il 12 gennaio 2029). Sono anche previste misure di notevole portata innovativa sul piano delle informazioni ai consumatori, a partire dai risultati dell'analisi di rischio – dall'ambiente dove è insediato l'acquifero alle acque rese disponibili al rubinetto –, fino ai risultati dei programmi di monitoraggio e ai procedimenti di trattamento e disinfezione; le informazioni comprendono anche suggerimenti su come ridurre il consumo idrico ed evitare i rischi per la salute causati da stagnazione delle acque, indicazioni sul contenuto di taluni elementi minerali, come anche dati sulle prestazioni complessive del sistema idrico in termini di efficienza, inclusi i tassi di perdite. Tra le disposizioni contenute nella Direttiva si segnalano: Inoltre è previsto che tutti gli utenti riforniti con acqua destinata al consumo umano ricevano dettagliate informazioni periodicamente e almeno una volta all'anno, senza doverne fare richiesta e nella forma più appropriata e facilmente accessibile (per esempio nella bolletta o con mezzi digitali quali applicazioni intelligenti) relative alla qualità dell'acqua, al prezzo, al volume consumato (art. 17 e Allegato IV). Si ricorda infine che l'articolo 13, par. 8, della Direttiva ha previsto la redazione di un elenco di controllo (watch list) riguardante sostanze o composti che possono destare preoccupazioni per la salute se presenti nelle acque destinate al consumo umano, quali i prodotti farmaceutici, i composti interferenti endocrini e le microplastiche. Ai sensi della disposizione citata, il betaestradiolo e il nonilfenolo devono essere inclusi nel primo elenco di controllo in considerazione delle loro proprietà di interferenti endocrini e del rischio che pongono per la salute umana. La Decisione di esecuzione (UE) 2022/679 della Commissione del 19 gennaio 2022 ha infatti istituito il primo elenco di controllo, confermando i valori guida inizialmente proposti, pari a 1 ng/l per il 17-beta-estradiolo e di 300 ng/l per il nonilfenolo, uniche due sostanze ad oggi contenute nella watch list. Si rinvia in ultimo alla Tavola di concordanza tra la Direttiva (UE) 2020/2184 e lo schema di decreto legislativo di recepimento quale utile strumento di confronto. |
Procedure di contenziosoSi ricorda che è ancora aperta nei confronti dell'Italia la procedura d'infrazione n. 2014/2125 per il mancato rispetto della direttiva sull'acqua potabile (direttiva 98/83/CE) che impone agli Stati membri di garantire la pulizia e salubrità delle acque destinate al consumo umano, che devono essere prive di microrganismi, parassiti, o sostanze che potrebbero rappresentare un pericolo per la salute umana. In particolare sono contestati all'Italia i livelli da tempo superiori ai limiti stabiliti dalla direttiva sull'acqua di arsenico e fluoruro in alcune zone della provincia di Viterbo, nel Lazio. Nell'ambito di tale procedura il 9 giugno 2021 la Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia. All'epoca di tale deferimento il superamento dei valori limite interessava le zone di: Bagnoregio, Civitella d'Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania. La procedura d'infrazione era stata avviata con una lettera di costituzione in mora nel luglio 2014, seguita nel gennaio 2019 da un parere motivato riguardante 16 zone di approvvigionamento idrico della provincia di Viterbo.
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Documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europeaIl 19 gennaio 2022, con decisione di esecuzione n. 2022/679, la Commissione europea ha adottato il primo elenco di controllo delle sostanze e dei composti che destano preoccupazione per le acque destinate al consumo umano, previsto dalla direttiva UE 2020/2184. Tale primo elenco si riferisce a due composti che alterano il sistema endocrino (beta-estradiolo e nonilfenolo). Il 19 dicembre 2022 la Commissione ha adottato un atto delegato (C(2022) 9383) che, a norma del regolamento n. 1272/2008 sulla classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio delle sostanze e delle miscele (c.d. regolamento CLP) introduce nuove classi di pericolo per gli interferenti endocrini e per le sostanze chimiche che non si scompongono nell'ambiente, che possono accumularsi negli organismi viventi o penetrare nel ciclo dell'acqua e diffondersi anche nell'acqua potabile.
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