Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: Schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili
Riferimenti: SCH.DEC N.187/XIX
Serie: Atti del Governo   Numero: 187
Data: 18/09/2024
Organi della Camera: X Attività produttive, VIII Ambiente

Schema di decreto legislativo recante disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da
fonti rinnovabili

 

Atto del Governo n. 187

 

 

18 settembre 2024

 

Ai sensi dell’articolo 26, commi 4, 5, 6 e 7,
della legge 5 agosto 2022, n. 118

 

 

 

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Dossier n. 347

 

 

 

 

 

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Atti del Governo n. 187

 

 

 

La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Premessa.. 3

Articolo 1 (Oggetto e finalità). 13

Articolo 2 (Principi generali). 17

Articolo 3 (Interesse pubblico prevalente) 23

Articolo 4 (Definizioni). 35

Articolo 5 (Digitalizzazione delle procedure amministrative e modelli unici). 37

Articolo 6 (Regimi amministrativi). 40

Articolo 7 (Attività libera). 42

Articolo 8 (Procedura abilitativa semplificata). 69

Articolo 9 (Autorizzazione unica) 96

Articolo 10 (Coordinamento del regime concessorio). 116

Articolo 11 (Sanzioni amministrative in materia di costruzione ed esercizio di impianti)  119

Articolo 12 (Coordinamento con la disciplina in materia di valutazioni ambientali)  121

Articolo 13 (Disposizioni di coordinamento). 126

Articolo 14 (Abrogazioni e disposizioni transitorie) 132

Articolo 15 (Clausola di invarianza finanziaria) 136


Schede di lettura


Premessa

 

Lo sviluppo delle rinnovabili concorre agli obiettivi europei e nazionali di riduzione delle emissioni di CO2 e di decarbonizzazione dell’economia.

La produzione e il consumo di energia sono responsabili – secondo le stime della Commissione europea – di oltre il 75% delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’Unione europea. Accelerare la diffusione degli impianti di energia rinnovabile viene pertanto considerato elemento essenziale per conseguire l’obiettivo vincolante dell’Unione europea – a cui ciascuno Stato membro deve concorrere – di consumare una quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia di almeno il 42,5% entro il 2030. Obiettivo, quest’ultimo, a sua volta funzionale a conseguire la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030, fissato nella c.d. legge europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119).

 

Uno dei fattori che favoriscono la diffusione degli impianti di energia rinnovabile e, in particolare, l’aumento della capacità di generazione installata per la produzione di energia elettrica da FER, è la definizione di procedure amministrative semplificate per l’installazione di nuovi impianti, per il potenziamento (repowering) di quelli già esistenti, nonché per la costruzione delle relative infrastrutture di connessione, che garantisca, pur nel rispetto di valori di rilevanza costituzionale come il paesaggio e la salute, tempi celeri per l’ottenimento dei titoli necessari alla realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili o di potenziamento degli impianti esistenti.

 

In tale ottica, la direttiva RED II (direttiva (UE) 2018/2001), ha sancito il principio per cui le norme nazionali in materia di procedure amministrative di autorizzazione e di certificazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e delle relative reti debbano essere proporzionate e necessarie e contribuire all’attuazione del principio “energy efficiency first” (efficienza energetica al primo posto) (articolo 15) e ha fissato in un due anni (prorogabile a tre anni in ragione di circostanze straordinarie) il termine massimo per la conclusione delle procedure autorizzative. Tale termine è stato ridotto ad un anno (prorogabile a due) in caso di impianti di potenza inferiore a 150kW e di potenziamento di impianti esistenti (articolo 16).

Ne è seguita l’adozione, da parte della Commissione europea, di una raccomandazione (C (2022) 3219 final) sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti sull’energia rinnovabile sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia, con la quale gli Stati membri sono stati invitati a fissare termini vincolanti per la conclusione delle fasi in cui si articolano le procedure autorizzative ed è stata indicata in tre mesi la durata massima delle procedure autorizzative per l’installazione di apparecchiature per l’energia solare su strutture artificiali.

Il quadro sopra descritto è stato rivisto e implementato in modo consistente dalla direttiva RED III (direttiva (UE) 2023/2413), facente parte del Pacchetto “Fit for 55”. La direttiva RED III rende più ambiziosi, in linea con il Piano RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da fonti rinnovabili, e, a tale fine, introduce un corpus organico di norme di armonizzazione, finalizzate a dare un necessario, maggiore impulso alla produzione di energia da tali fonti. Fino al conseguimento della neutralità climatica, gli Stati membri devono considerare gli impianti di produzione di energia rinnovabile, la relativa infrastruttura di rete, e gli impianti di stoccaggio, d’interesse pubblico prevalente e d’interesse per la salute e la sicurezza pubblica (salvo che circostanze specifiche e debitamente giustificate).

Un deciso input viene dato alla semplificazione delle procedure amministrative per la costruzione degli impianti e delle infrastrutture, con l’indicazione di tempistiche obbligatorie, specifiche e dettagliate, che vengono pressoché dimezzate per impianti collocati in zone di accelerazione (intese come “aree particolarmente idonee”[1], sottoinsieme delle zone mappate a livello nazionale per l’installazione degli impianti ai fini del raggiungimento degli obiettivi 2030).

 

In aggiunta alle modifiche strutturali apportate dalla direttiva RED III, che verranno più analiticamente descritte a commento dell’articolo 3 del presente provvedimento, si rammenta che il regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio aveva già introdotto alcune misure temporanee e mirate incentrate su tecnologie e tipi di progetti specifici. Alcune di tali misure sono state implementate e prorogate al 30 giugno 2025 dal recente regolamento (UE) 2024/223.

Si tratta, in particolare, delle norme che prevedono che la procedura autorizzativa per progetti di repowering (aumento della capacità) di impianti ubicati nella zona dedicata alle energie rinnovabili o per la relativa infrastruttura di rete, non debba essere superiore a sei mesi, incluse le valutazioni di impatto ambientale previste dalle norme vigenti.

Inoltre, possono essere esentati dalla valutazione dell’impatto ambientale e dalle valutazioni di protezione delle specie i progetti, ivi inclusi quelli di stoccaggio e di rete necessari per integrare l’energia rinnovabile nel sistema elettrico, se ubicati in una zona dedicata alle energie rinnovabili o alla rete oggetto di una valutazione ambientale strategica. L’autorità competente provvede affinché siano applicate misure di mitigazione ambientale adeguate e proporzionate, e se non disponibili, affinché l’operatore corrisponda una compensazione pecuniaria.

 

Alla direttiva RED III è poi seguita l’adozione di due raccomandazioni da parte della Commissione europea (pubblicate in GUUE serie L del 21 maggio 2024): la raccomandazione (UE) 2024/1343, sull’accelerazione delle procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati e la raccomandazione (UE) 2024/1344, sulla progettazione delle aste per le energie rinnovabili.

 

Con la raccomandazione (UE) 2024/1343 sull’accelerazione delle procedure, la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di:

Ø  stabilire termini chiaramente definiti e quanto più brevi possibili per tutte le fasi necessarie per autorizzare la costruzione e l’esercizio dei progetti, con termini massimi vincolanti per le fasi della VIA;

Ø  applicare procedure autorizzative semplificate per la revisione della potenza degli impianti, per progetti di impianti su piccola scala e gli autoconsumatori di energia rinnovabile;

Ø  stimolare la partecipazione dei cittadini, comprese le famiglie a basso e medio reddito, e delle CER alla pianificazione e allo sviluppo dei progetti;

Ø  designare i punti di contatto unici per il rilascio delle autorizzazioni;

Ø  introdurre norme sulle conseguenze di eventuali ritardi o omissioni delle autorità amministrative;

Ø  introdurre procedure autorizzative totalmente digitali e sistemi di comunicazione elettronica entro il 21 novembre 2025, anche impiegando sistemi di intelligenza artificiale.

Quanto alla pianificazione dei siti dei progetti, la Commissione europea raccomanda di limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non può essere sviluppata l’energia rinnovabile (le restrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti). Vengono incoraggiati anche spazi di sperimentazione normativa per consentire lo sviluppo di tecnologie, prodotti, servizi o approcci innovativi, con deroghe mirate dal quadro legislativo o regolamentare nazionale, regionale o locale.

 

Con la raccomandazione (UE) 2024/1344, si forniscono indicazioni operative per garantire quanto previsto dalla direttiva RED, in ordine alla necessità che i regimi di sostegno per l’energia elettrica da fonti rinnovabili prevedano incentivi basati su criteri di mercato non distorsivi della concorrenza e che ogniqualvolta il sostegno sia concesso mediante procedura di gara, gli Stati membri devono stabilire e pubblicare criteri non discriminatori e trasparenti per l’ammissibilità alle procedure al fine di assicurare un elevato tasso di realizzazione dei progetti. La raccomandazione è dunque volta a far sì che le aste siano progettate in maniera adeguata.

 

livello nazionale, a fronte di una serie di interventi mirati alla semplificazione delle procedure amministrative, il quadro normativo è caratterizzato da un elevato grado di complessità.

Le procedure amministrative di autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili hanno finora trovato disciplina nei decreti legislativi adottati in attuazione delle direttive dell’Unione europea in materia, in particolare nei seguenti:

·        Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

·        Decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, di modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. L’applicazione dei regimi amministrativi per l’installazione degli impianti a FER viene basata – già ai sensi del d.lgs. n. 28/2011 – sui due principi di derivazione comunitaria: il principio di proporzionalità e il principio di adeguatezza alle caratteristiche tecnologiche dell’impianto e alla potenza dell’impianto.

·        Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Il decreto legislativo in parola è intervenuto, con finalità ulteriormente semplificatoria, sulla pregressa sistematizzazione dei regimi generali di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di impianti a fonti rinnovabili (articolo 18), ha inoltre previsto una disciplina per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’istallazione degli impianti a FER (articolo 20) e la riduzione dei tempi per i procedimenti autorizzativi relativi ad impianti ricadenti in aree idonee (articolo 22).

 

Con il passare del tempo, poi, svariati interventi legislativi hanno ampliato le maglie di applicabilità dei regimi amministrativi semplificati, introducendo norme speciali, legate alla localizzazione degli impianti (in aree idonee) o alla tipologia di fonte (il cui sviluppo è considerato da privilegiare secondo i Documenti programmatori nazionali in materia di energia e clima, si pensi, ad esempio, all’agrovoltaico avanzato).

Il risultato è l’esistenza di un sistema legislativo complesso, composto da numerosissime norme o micro-norme, che talvolta difficilmente si coordinano tra loro.

  

A maggio 2023, la Commissione europea ha auspicato una razionalizzazione delle modifiche in un unico testo normativo (COM(2023) 612 final).

Il Consiglio UE, a luglio 2023 (GUUE 1 settembre 2023), ha raccomandato al nostro Paese di prendere provvedimenti nel 2023 e 2024 per razionalizzare le procedure di rilascio per accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive e sviluppare interconnessioni delle reti elettriche per assorbirla.

 

In tale contesto, si inseriscono le riforme previste nel PNRR. Si richiama in particolare, nell’ambito della Missione 2, Componente 2, la Riforma M2C2 R. 1.1“Semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore, nuovo quadro giuridico per sostenere la produzione da fonti rinnovabili e proroga dei tempi e dell’ammissibilità degli attuali regimi di sostegno”.

Con la revisione del PNRR, autorizzata dal Consiglio europeo a dicembre 2023, nell’ambito della nuova Missione 7 ”Repower EU”, vi è la Riforma 1.1 “Semplificazione delle procedure autorizzative per le energie rinnovabili”, che, in linea con la direttiva RED III, consiste prevede l’adozione di un Testo unico delle norme che disciplinano la realizzazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.

La riforma si compone di tre traguardi:

§  T4 2024 (M7 1): entrata in vigore degli atti di diritto primario che individuano le zone di accelerazione per le energie rinnovabili nelle unità amministrative subnazionali; 

§  T2 2025 (M7 2): entrata in vigore del Testo unico;

§  T4 2025 (M7 3), messa in funzione lo sportello unico digitale per ottenere tutte le autorizzazioni relative alla realizzazione e alla messa in esercizio di impianti.

 

La problematica relativa alla complessità del quadro legislativo è stata affrontata dalla legge sulla concorrenza 2021 (legge n. 118/2022).

Nello specifico, l’articolo 26, comma 4 della legge n. 118/2022 (su cui si veda anche il dossier del Servizio Studi), delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riordino e semplificazione della normativa in materia di fonti rinnovabili entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della predetta legge sulla concorrenza, vale a dire entro il 25 agosto 2024 (termine così da ultimo prorogato dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 214/2023, c.d. legge sulla concorrenza 2022)

Ai sensi del comma 7 dello stesso articolo 26, lo schema di decreto legislativo è trasmesso alle Camere per l’espressione dei pareri da parte della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. La stessa previsione precisa tuttavia che, qualora il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di novanta giorni.

Nel caso del provvedimento in esame (A.G. 187) si è verificata appunto quest’ultima fattispecie, essendo lo schema stato trasmesso alle Camere con lettera del 12 agosto 2024.

 

Quanto alla legge delega, si ricorda che il comma 5 dell’articolo 26 della legge n. 118/2022 elenca i seguenti principi e criteri direttivi:

a) ricognizione e riordino della normativa vigente in materia di fonti energetiche rinnovabili, al fine di conseguire una significativa riduzione e razionalizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari e di assicurare un maggior grado di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti, in considerazione degli aspetti peculiari della materia;

b) coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle disposizioni legislative vigenti in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche di attuazione della normativa dell’Unione europea, apportando le modificazioni necessarie a garantire o a migliorare la coerenza della normativa medesima sotto il profilo giuridico, logico e sistematico;

c) assicurare l’unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina in materia di fonti energetiche rinnovabili concernente ciascuna attività o ciascun gruppo di attività;

d) semplificazione dei procedimenti amministrativi nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, anche mediante la soppressione dei regimi autorizzatori, razionalizzazione e accelerazione dei procedimenti e previsione di termini certi per la conclusione dei procedimenti, con l’obiettivo di agevolare, in particolare, l’avvio dell’attività economica nonché l’installazione e il potenziamento degli impianti, anche a uso domestico;

e) aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione della digitalizzazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;

f) adeguamento dei livelli di regolazione ai livelli minimi richiesti dalla normativa dell’Unione europea.

 

Stando al preambolo e al titolo del provvedimento, lo schema di decreto legislativo in esame esercita la delega sulla base dei principi e criteri direttivi espressi dalle lettere b) e d) del predetto comma 5. Si veda tuttavia quanto si dirà, infra, in merito al dettato dell’articolo 1, comma 1, dello schema in esame.

 

Si rappresenta infine che l’iter di attuazione della delega dispone – articolo 26, comma 7, della legge n. 118/2022 – che il decreto legislativo sia adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa e del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, che è reso nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere.

 

Il Consiglio di Stato si è espresso con parere n. 01216/2024, emesso nell’adunanza del 10 settembre e pubblicato il 12 settembre 2024.

In data 17 settembre 2024 il Governo ha trasmesso alle Commissioni parlamentari l’analisi di impatto della regolazione (AIR) e l’analisi tecnico-normativa (ATN).

All’avvio dell’esame parlamentare dello schema di decreto legislativo (18 settembre 2024) non risulta raggiunta la “previa intesa” in sede di Conferenza unificata prescritta dalla legge delega.

 

Nella relazione illustrativa con cui il Governo accompagna il provvedimento in esame si muove dalla consapevolezza della necessità di intervenire sul riordino, sulla riduzione e semplificazione, sulla razionalizzazione e sulla qualità della legislazione in materia di energie rinnovabili:  “L’eccesso di produzione normativa, la sua complessità formale e spesso la sua difficile attuabilità sono più volte stati fonte di effetti paralizzanti rispetto a una efficace ed incisiva politica energetica, difficile da attuare non solo per il cittadino ma anche e soprattutto per le stesse imprese chiamate ad attuare la politica energetica”.

Ne è derivato, stando sempre alla relazione illustrativa, un provvedimento che ha perseguito l’obiettivo di semplificazione amministrativa attraverso:

·      la riduzione del numero di regimi amministrativi, ora riconducibili solamente a tre (attività libera, procedura abilitativa semplificata, autorizzazione unica);

·      una revisione delle soglie previste per le valutazioni di impatto ambientale, in modo da rendere effettiva la snellezza intrinseca ai regimi dell’attività libera e della procedura abilitativa semplificata;

·      l’integrazione dei procedimenti, conformemente alle previsioni della direttiva RED II, come modificata dalla direttiva RED III.

 

Dal parere del Consiglio di Stato si evincono una serie di criticità legate all’esercizio delle delega qui in commento, riguardanti tanto l’iter di formazione quanto il contenuto del provvedimento in esame.

Sul primo versante, viene stigmatizzato il procedimento che ha portato alla presentazione dello schema di decreto legislativo. Stando alla legge delega, il testo doveva essere frutto dell’esercizio di “potere di proposta” da parte di tutti i soggetti istituzionali individuati dalla legge delega (v. supra articolo 26, comma 7, della legge n. 118/2022): Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro per la pubblica amministrazione, Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa e Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. Il Consiglio di Stato rileva (par. 2.1) come lo schema risulti invece “carente delle proposte del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa e del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, al di là del formale richiamo ad esse contenuto nel preambolo dell’atto”, risultando “non perfezionata la formazione di una comune e concorrente manifestazione di volontà costitutiva del nuovo assetto della materia oggetto di delega”. Il Consiglio di Stato richiama in proposito la propria giurisprudenza secondo cui “la mancata partecipazione, nella fase formativa, delle Amministrazioni settorialmente competenti”, comporta un sostanziale svuotamento de “l’ordito normativo” del testo, sicché “il mancato concorso alla elaborazione e formulazione della proposta equivale ad una attribuzione non esercitata” e comporta “la genesi non adeguata dell’iniziativa normativa”.

Stesse problematiche vengono rilevate con riguardo all’attività concertativa pur prescritta dalla legge delega (par. 2.2): i concerti del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della cultura risultano infatti espressi successivamente all’approvazione in via preliminare dello schema di decreto avvenuta nella seduta del Consiglio dei Ministri del 7 agosto 2024.

Si è già detto della perdurante assenza di intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata. La relazione illustrativa dà conto dell’istituzione di “un tavolo di lavoro” per affrontare le molteplici questioni concernenti la redazione del provvedimento, un tavolo nel quale “sono stati coinvolti molteplici soggetti istituzionali e della società civile al fine della completa valutazione di tutti gli interessi sottesi alla tutela dell’ambiente come da ultimo declinato dall’articolo 9 della Costituzione”. Il Consiglio di Stato, tuttavia, rileva (par. 3) che “il Ministero per la pubblica amministrazione ha trasmesso solo documentazione proveniente da alcune categorie economiche, mentre non risulta alcun elemento informativo in merito al coinvolgimento di ‘molteplici soggetti istituzionali’, né di ulteriori soggetti della società civile”.

Quanto al contenuto dello schema di decreto legislativo in esame, il Consiglio di Stato ritiene sostanzialmente non valutabile l’impatto della proposta normativa, ciò sia in termini del rapporto tra le procedure di accelerazione vigenti e quelle ora proposte, che in termini di attuazione di strumenti diversi dalle accelerazioni che pure concorrono agli obiettivi europee di efficienza energetica. In particolare, il Consiglio di Stato ha rilevato (par. 5) come non risultino “elementi informativi in merito agli effetti attesi dai regimi amministrativi previsti dallo schema in termini di contributo anche alla garanzia di una capacità di stoccaggio o, comunque, di una disponibilità di energia adeguata alla domanda energetica delle diverse categorie di consumatori e agli oneri attesi per ciascuna di esse”. Secondo il Consiglio di Stato, inoltre, il Governo non fornisce “elementi in merito allo stato di attuazione degli strumenti, diversi dall’accelerazione delle procedure che, nella prospettiva europea, concorrono alla realizzazione degli obiettivi quantitativi ricondotti al principio dell’efficienza energetica al primo posto (‘energy efficiency first’)”. 

Con specifico riferimento poi all’accelerazione delle procedure, il Consiglio di Stato rileva che (par. 7) “la documentazione in atti non offre uno raffronto specifico, anzitutto sotto il profilo dell’accelerazione delle procedure tra i regimi vigenti (tra i quali le procedure di autorizzazione, secondo stime di un’associazione di categoria riportate nella relazione AIR, ‘si discostano in media di 66 mesi dai massimi teorici’) e quelli che si intende introdurre, né, soprattutto, elementi specifici in merito alla coerenza dei tempi per il conseguimento dei titoli che risultano necessari ai sensi degli artt. 7, 8 e 9 con gli obiettivi temporali della direttiva 2023/2413.”.

In merito a questa più generale osservazione del Consiglio di Stato, si rimanda a quelle più specifiche formulate nel presente dossier a commento, in particolare, delle previsioni di cui agli articoli 7 e 8 dello schema in esame, dove si è tentato – non proponendolo né la relazione illustrativa né l’AIR – di ricondurre gli interventi elencati negli allegati ai vari regimi autorizzatori delineati dalla disciplina vigente. Un intricato raffronto dal quale peraltro sembra evincersi come in taluni casi sia stata operata anche una limitazione delle casistiche in edilizia libera rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, così come parrebbe che alcuni interventi attualmente considerati manutenzione ordinaria siano stati ricondotti alla PAS, con aumenti delle soglie di applicazione della PAS per altri interventi.

 

Si ricorda, in conclusione, che, ai sensi dell’articolo 26, comma 9, della legge n. 118/2022, eventuali correttivi saranno adottabili entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo il cui schema è ora all’esame parlamentare.

 

Per un parziale inquadramento preliminare della disciplina statale vigente in materia di procedure autorizzative prima dell’esercizio della delega in questione, attraverso una ricognizione delle principali fonti normative e delle semplificazioni introdotte nel corso degli ultimi anni, si rinvia al dossier di documentazione e ricerche del Servizio Studi della Camera su La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024. In tale dossier si dà conto delle principali fonti normative nazionali di rango primario che – allo stato attuale – disciplinano la materia; si riepilogano le procedure autorizzative/abilitative disciplinate a livello statale, con una ricognizione delle norme, per ciascuna tipologia di fonte rinnovabile, che sottopongono i progetti a diversi regimi autorizzativi previsti, sulla base di criteri vari, quali la potenza, la dimensione, le caratteristiche tecniche e la localizzazione degli impianti; infine, si illustrano le norme che disciplinano l’autorizzazione degli impianti di accumulo dell’energia elettrica, utili all’integrazione nel sistema elettrico dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili o intermittenti.

 


 

Articolo 1
(
Oggetto e finalità)

 

 

L’articolo 1 indica l’oggetto e la finalità del provvedimento. Il comma 1 dispone che il decreto legislativo – in attuazione della delega prevista dalla legge sulla concorrenza 2021 – definisce i regimi amministrativi per la costruzione ovvero l’esercizio di impianti di produzione e accumulo di energia da fonti rinnovabili, nonché per interventi modificativi degli stessi e per le opere connesse alla loro costruzione ed esercizio.

Lo schema in esame si pone la finalità di assicurare la massima diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili anche nell’interesse delle future generazioni, nel rispetto della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, nonché dei beni culturali, del paesaggio e della concorrenza tra operatori.

Regioni ed enti locali hanno quattro mesi per adeguarsi alle disposizioni del decreto, fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

 

In particolare, il comma 1, dispone che il decreto legislativo, in attuazione della delega prevista dall’articolo 26, commi 4 e 5, lettera d) della L. n. 118/2022 (legge sulla concorrenza 2021), definisce i regimi amministrativi per la costruzione ovvero per l’esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale degli stessi impianti, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei medesimi impianti.

Si ricordano (rinviando supra alle premesse per una descrizione della legge delega) i principi e criteri direttivi espressi dalla lettera d) della legge n. 118/2022: “semplificazione dei procedimenti amministrativi nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, anche mediante la soppressione dei regimi autorizzatori, razionalizzazione e accelerazione dei procedimenti e previsione di termini certi per la conclusione dei procedimenti, con l’obiettivo di agevolare, in particolare, l’avvio dell’attività economica nonché l’installazione e il potenziamento degli impianti, anche a uso domestico”.

Si rileva tuttavia come sia nel titolo che nel preambolo del provvedimento, così come all’interno della relazione illustrativa, il riferimento sia anche ai principi e criteri direttivi di cui alla lettera b) della legge delega, i quali sono così formulati: “coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle disposizioni legislative vigenti in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche di attuazione della normativa dell’Unione europea, apportando le modificazioni necessarie a garantire o a migliorare la coerenza della normativa medesima sotto il profilo giuridico, logico e sistematico”. Alla luce di quanto previsto in particolare dagli articoli 12 e 13 dello schema di decreto legislativo in esame, sembra in effetti che l’intenzione del legislatore sia quella di dar seguito anche alla delega anche sotto questo profilo.

Inoltre, come rilevato dal parere del Consiglio di Stato (n. 01216/2024, par. 6), il Governo “non chiarisce le ragioni per cui con lo schema in esame si sia inteso dare parziale attuazione ai principi e criteri direttivi” di cui alla legge delega. Stando alla relazione illustrativa del Governo, infatti, “Il presente decreto intende affrontare tutti i profili di disciplina degli interventi di produzione di energia da fonti rinnovabili semplificando radicalmente una normativa complessa e frammentaria”. Tuttavia, rileva il Consiglio di Stato, “a tale obiettivo concorre più di un principio e criterio direttivo: basti considerare che il principio e criterio direttivo di cui alla lettera a) concerne anche la ‘semplificazione dei procedimenti’ e quello di cui alla lettera c) è diretto ad ‘assicurare l’unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina in materia di fonti energetiche rinnovabili concernente ciascuna attività o ciascun gruppo di attività’; ancora, la stessa relazione illustrativa pare attribuire natura residuale ai principi e criteri direttivi di cui alle lettera b) e d)”.

Si valuti quindi l’opportunità di meglio individuare i principi e criteri direttivi di cui al comma 5 dell’articolo 26 della legge n. 118/2022, sulla base dei quali si intende esercitare la delega.

 

Il secondo periodo del comma 1 precisa che ai fini dell’acquisizione del titolo edilizio necessario a realizzare gli interventi, restano ferme le disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/2001.

 

Il D.P.R. 380/2001 (testo unico in materia edilizia) definisce le varie tipologie di intervento edilizio e disciplina i titoli abilitativi necessari per la loro realizzazione. In particolare si ricorda che l’articolo 3, comma 1, lettera e.3), include tra gli interventi di nuova costruzione la “realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato”. Gli interventi di nuova costruzione, in base al disposto degli articoli 10 e 23, sono subordinati a permesso di costruire o (nei casi previsti) alla SCIA alternativa a tale permesso (c.d. super SCIA).

 

Il comma 2 dispone che il decreto legislativo assicura la massima diffusione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili anche nell’interesse delle future generazioni, tramite la razionalizzazione, il riordino e la semplificazione delle procedure in materia di energie rinnovabili e il loro adeguamento alla disciplina eurounitaria. È altresì disposto che tali finalità siano assicurate nel rispetto della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, nonché dei beni culturali, del paesaggio e della concorrenza tra operatori.

 

Il comma 3 dispone che le regioni e gli enti locali si adeguino alle disposizioni del decreto entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore, prevedendo che, in caso di mancato rispetto di tale termine, si applichi il decreto.

 

Si ricorda che la produzione di energia rientra tra le materie di competenza concorrente tra Stato e regioni. Pertanto, allo Stato compete l’enunciazione dei principi fondamentali della materia, mentre le regioni possono approvare leggi di dettaglio, pur nel rispetto dei principi stabiliti con leggi statali[2].

Una giurisprudenza costituzionale consolidata ha, tuttavia, a più riprese, consentito un’interpretazione dell’articolo 117, comma 3 della Costituzione volta ad ammettere la definizione a livello statale di disposizioni con un maggior grado di dettaglio quando una materia di competenza esclusiva statale (es. la tutela dell’ambiente) interferisca, senza prevalere, con una materia a competenza concorrente, oppure quando, in ragione del principio di sussidiarietà ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, si ritenga che alcune funzioni amministrative (ad esempio autorizzative) possano essere più efficacemente esercitate a livello statale, con conseguente necessita?, per disciplinarne l’espletamento, di avocare a livello statale anche la competenza legislativa (C. Cost. sent. n. 303/2003). La giurisprudenza della Corte costituzionale, infatti, riconosce in astratto sempre ammissibile l’avocazione sussidiaria da parte dello Stato di funzioni amministrative e legislative concernenti l’individuazione (e anche la realizzazione) degli interventi in materia di produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia, ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione. In concreto, però, al fine di valutare la legittimità dell’attrazione in sussidiarietà, deve essere effettuato un giudizio sulla proporzionalità degli interventi stessi.

Nel recepire norme di derivazione unionale, lo Stato può, peraltro, adottare norme di dettaglio, per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento interno a quello europeo entro i termini di recepimento, superabili con l’esercizio da parte delle regioni della propria competenza in materia (principio di cedevolezza).

In linea generale, il giudice costituzionale giustifica e legittima, con riferimento al settore energetico, la norma che attribuisce maggiori poteri amministrativi ad organi statali, in quanto ritenuti gli unici a cui non sfugge la valutazione complessiva del fabbisogno nazionale di energia e quindi idonei ad operare in modo adeguato per ridurre eventuali situazioni di gravi carenze a livello nazionale, seppure a determinate condizioni. Secondo costante giurisprudenza, infatti, la disciplina statale può conferire allo Stato il potere di emanare degli indirizzi ed anche di incidere indirettamente ed in modo significativo sul territorio e quindi sui relativi poteri regionali (C. Cost. sent. n. 383 del 2005).

La “natura strategica” degli interventi “urgenti ed indifferibili” può soddisfare il principio di proporzionalità, se l’intervento statale è finalizzato a garantire l’effettività dell’attuazione e realizzazione «in modo unitario e coordinato» degli interventi individuati. Al riguardo, la Corte ha poi costantemente affermato il principio del doveroso coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nei processi decisionali di elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche (sent. 170 del 2017).

Posta la competenza concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», spetta comunque «allo Stato intervenire in via esclusiva sugli aspetti riconducibili agli ambiti di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) Cost. – come per le procedure di assegnazione delle concessioni (ad. es. idroelettriche e del gas), che rientrano nella tutela della concorrenza (C. Cost. sentenza n. 1 del 2008 e sentenza 117 del 2022).

 

Si ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame deve essere adottato – ai sensi della legge delega, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281/1997. All’avvio dell’esame parlamentare dello schema in esame (18 settembre 2024) tale intesa non risulta acquisita.

 

Il comma 4 fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, che si adeguano al decreto nel rispetto dei rispettivi statuti e relative norme attuative.


 

Articolo 2
(Principi generali)

 

 

L’articolo 2 prevede, al comma 1, che gli interventi di costruzione, modifica, rifacimento, potenziamento o di esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili siano soggetti al regime di autorizzazione nei soli casi previsti dal decreto legislativo, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza e proporzionalità.

Il comma 2 dispone che gli interventi sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

Il comma 3 sancisce, inoltre, i principi generali di celerità, uniformità procedimentale sul territorio nazionale e non aggravamento degli oneri, nonché i principi del risultato, di fiducia, buona fede e affidamento. Si richiamano altresì i principi di pubblicità, trasparenza e partecipazione dei soggetti interessati, nonché di concorrenza fra gli operatori.

Il comma 4 vieta alle amministrazioni e ai gestori dei pubblici servizi di richiedere dichiarazioni o attestazioni relative all’idoneità del regime amministrativo per la realizzazione dell’intervento e dichiarazioni o autorizzazioni già in possesso della P.A.

 

L’articolo 2 fissa i principi generali guida nella disciplina della materia.

 

In particolare, il comma 1 dispone che gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1 – dunque, gli interventi di costruzione, modifica, rifacimento, potenziamento o di esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili e delle relative opere connesse e infrastrutture indispensabili – siano soggetti al regime di autorizzazione nei soli casi previsti dal decreto legislativo, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza e proporzionalità.

Lo schema di decreto legislativo reca, nell’allegato C, gli interventi sottoposti a regime di autorizzazione unica. La formulazione dell’articolo 2, comma 1, sembrerebbe quindi attribuire a tale elenco carattere di tassatività, posto peraltro l’intento legislativo, che sembra volto a limitare l’obbligo di autorizzazione preliminare ai casi in cui essa è indispensabile. Si valuti comunque l’opportunità di esplicitare il carattere, tassativo o meno, degli elenchi riportati negli allegati A, B e C dello schema di decreto legislativo in esame.

 

Il comma 1, così come i successivi commi 3 e 4, dell’articolo 2 qui in commento, appaiono ispirarsi ai principi generali di semplificazione dei regimi autorizzatori all’esercizio di attività economiche enunciati, in sede europea, dalla direttiva 2006/123/CE “direttiva sui servizi del mercato interno”, c.d. direttiva Servizi o direttiva Bolkenstein. La direttiva ha sancito principi quadro comuni per tutti gli Stati membri, a partire dalla limitazione dell’obbligo di autorizzazione preliminare ai casi in cui essa è indispensabile, alla luce del principio di proporzionalità, di non discriminazione, e di necessità, e dall’introduzione del principio generale (cui può essere fatta eccezione solo in casistiche determinate, in virtù delle quali il regime amministrativo dell’autorizzazione costituisce una “extrema ratio) della tacita autorizzazione da parte delle autorità competenti allo scadere di un determinato termine.

In particolare, la c.d. direttiva Servizi, contiene una disciplina finalizzata a:

•   la semplificazione delle procedure autorizzatorie e delle formalità/requisiti relativi all’accesso e all’esercizio ad un’attività di servizi, imponendo agli Stati membri di prendere in esame la propria legislazione in materia e di semplificarla. La semplificazione richiesta agli Stati membri dalla direttiva riguarda sia l’avvio di attività economica in forma stabile, nel proprio Paese o in un altro Stato membro dell’Unione europea, sia lo svolgimento di attività economica, in modalità transfrontaliera, in regime di libera prestazione dei servizi.

•   l’attivazione di sportelli unici presso i quali il prestatore possa avere le informazioni ed espletare tutte le formalità necessarie per esercitare la propria attività,

•   l’obbligo di rendere possibile l’espletamento delle procedure e le formalità relative all’accesso ad un’attività di servizio e al suo esercizio per via elettronica (articolo 8).

La direttiva prevede che:

•   gli Stati membri possano subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

-    il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

-    la necessità di una autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

-    l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia (articolo 9);

•   devono essere rispettati taluni principi quanto alle condizioni e procedure di rilascio dei titoli autorizzatori. I regimi di autorizzazione – secondo la direttiva - devono in particolare basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario. Tali criteri devono essere non discriminatori; giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; proporzionati all’obiettivo di interesse generale; chiari e inequivocabili; oggettivi; resi pubblici preventivamente; trasparenti e accessibili.

Inoltre, opera un sostanziale divieto del bis in idem, o principio del “once only, in quanto, secondo la direttiva, le condizioni di rilascio dell’autorizzazione non devono rappresentare un doppione di requisiti e controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili, quanto a finalità, a quelli ai quali il prestatore è già assoggettato in un altro Stato membro o nello stesso Stato membro (articolo 10).

 

I principi generali di semplificazione sanciti nella c.d. direttiva Servizi sono non solo ribaditi nella normativa di settore relativa alle fonti rinnovabili, bensì anche declinati in una puntuale disciplina acceleratoria per l’installazione degli impianti alimentati con tali fonti, da ultimo dalla direttiva RED III (direttiva (UE) 2023/2413) e dalla raccomandazione (UE) 2024/1343 (cfr. infra). Per un esame della stessa, si rinvia al dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024, pag. 4 e ss.

 

Il comma 2 dell’articolo 2 prevede che gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1, siano considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.

Si osserva, al riguardo, che l’articolo 3, comma 1, dello schema di decreto legislativo in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), dispone che gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1, siano considerati di interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 16-septies della direttiva (UE) 2018/2001.

Anche alla luce di quanto si dirà infra nella scheda di lettura relativa all’articolo 3, comma 1, dello schema di decreto legislativo in esame, si valuti l’opportunità di un coordinamento tra le due previsioni.

 

Il comma 3 dispone che i regimi amministrativi previsti rispettino i principi di celerità, uniformità procedimentale sull’intero territorio nazionale e non aggravamento degli oneri, nonché ai principi del risultato, di fiducia, buona fede e affidamento. Deve parimenti essere garantita la pubblicità, la trasparenza e la partecipazione dei soggetti interessati oltreché la concorrenza tra operatori.

 

Infine, il comma 4 dispone che, al fine di assicurare una effettiva riduzione degli oneri amministrativi, le amministrazioni e i gestori dei pubblici servizi non possano richiedere:

§  dichiarazioni o attestazioni relative all’idoneità del regime amministrativo per la realizzazione dell’intervento;

§  dichiarazioni, segnalazioni, comunicazioni o autorizzazioni già in possesso della pubblica amministrazione.

La norma in questione, oltre a ribadire le regole sulla c.d. decertificazione (su cui v. box ricostruttivo che segue), sembra voler anche deresponsabilizzare i titolari di tali interventi circa l’idoneità del modello utilizzato. In proposito si osserva che la previsione in parola ha rilievo sicuramente con riguardo agli interventi non totalmente liberi (quelli sottostanti ai regimi di cui agli articoli 8 e 9 dello schema), per i quali un’interlocuzione con la pubblica amministrazione e un conseguente controllo di quest’ultima sono evidentemente configurabili; non sembra potersi applicare invece al caso dell’erroneo ricorso al regime dell’attività libera ex articolo 7 dello schema in esame, per il quale non è previsto alcun tipo di comunicazione e sarebbe quindi comunque a rischio di configurazione come illecita realizzazione di intervento sine titulo.

Alla luce di quanto sopra, si valuti l’opportunità di precisare la portata applicativa del comma 4, con specifico riguardo agli interventi avviati in regime di attività libera ai sensi dell’articolo 7 dello schema in esame.

 

Con riferimento alle attestazioni che il privato deve produrre alla pubblica amministrazione, si rammenta, in primis, come l’articolo 18 della L. n. 241/1990, al comma 1, imponga alle amministrazioni di adottare le misure organizzative idonee a garantire l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini alle PA (D.P.R. 445/2000[3]) e prescriva, al comma 2, che i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, debbano essere acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.

Ai sensi del comma 3, sono parimenti accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare.

Il comma 3-bis prescrive poi che nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni, da parte di PA, ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del Testo unico di cui al D.P.R. n. 445/2000, ovvero l’acquisizione di dati e documenti di cui sopra, sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

Quanto specificamente all’istituto della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), l’articolo 19, comma 1 della medesima legge 241, riconosce un ruolo centrale alle dichiarazioni sostitutive, disponendo che la segnalazione certificata sia corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del TU n. 445/2000, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’articolo 38, comma 4 del D.L. n. 112/2008, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti (per il ricorso alla SCIA) di cui al primo periodo del medesimo articolo 19[4]. Tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione.  Nei casi in cui la normativa prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, o l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

Quanto poi al c.d. silenzio-assenso, disciplinato dall’articolo 20 della L. n. 241/1990, il comma 2-bis, dispone che, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione del decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’attestazione è sostituita da una dichiarazione del privato ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. 445/2000.

Con riguardo a tali previsioni, il primo comma dell’articolo 21 della l. n. 241/1990, al primo periodo, dispone che con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti (rispettivamente, per il valido utilizzo della SCIA e per l’accoglimento, anche tacito, dell’istanza) e che in caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con sanzione penale (articolo 483 c.p.), salvo che il fatto costituisca più grave reato.

Infine, l’articolo 21-nonies, al comma 2-bis, dispone che i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del D.P.R.. 445/2000[5].

Articolo 3
(Interesse pubblico prevalente)

 

 

L’articolo 3 prevede che siano considerati di interesse pubblico prevalente – ai sensi della disciplina europea – gli interventi di costruzione, modifica, rifacimento, potenziamento o di esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, delle opere connesse e relative infrastrutture indispensabili. È prevista la possibilità di derogare a tale disciplina nel rispetto delle priorità stabilite nel PNIEC, facendo inoltre salva la procedura di individuazione delle aree idonee prevista dal d.lgs. n. 199/2021.

 

Nello specifico, il comma 1 prevede che gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1, ossia di costruzione, modifica, rifacimento, potenziamento o di esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, delle opere connesse e relative infrastrutture indispensabili, siano considerati di interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 16-septies della direttiva (UE) 2018/2001 (c.d. direttiva RED II).

L’articolo 16-septies è stato introdotto nel corpo della RED II da parte della direttiva (UE) 2023/2413 (c.d. RED III) (v. più avanti box ricostruttivo del rapporto tra le due direttive). Ai sensi di questo articolo, “[…] fino al conseguimento della neutralità climatica, gli Stati membri provvedono affinché, nella procedura di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali impianti alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio siano considerati di interesse pubblico prevalente e nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi”, nonché “ai fini”:

-         di quanto previsto dalla c.d. direttiva Habitat  all’articolo 6, paragrafo 4 e all’articolo 16, paragrafo 1, lettera c)[6];

-         di quanto previsto dalla c.d. direttiva Acque all’articolo 4, paragrafo 7[7],

-         e di quanto previsto dalla c.d. direttiva Uccelli all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a)[8].

In circostanze specifiche e debitamente giustificate – prosegue l’articolo 16-septies della RED II – gli Stati membri possono limitare l’applicazione di questa previsione a determinate parti del loro territorio, a determinati tipi di tecnologia o a progetti con determinate caratteristiche tecniche, conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi PNIEC. In tal caso gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione tali limitazioni, assieme alle relative motivazioni.

Ciò posto, come rilevato dal Consiglio di Stato (parere n. 01216/2024, par. 8), il Governo “non chiarisce il motivo per cui il recepimento dell’articolo 16-septies non comprende la disposizione di tale articolo secondo la quale gli stessi interventi sono considerati, oltre che di interesse pubblico prevalente, anche nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica”, come prevede la direttiva RED II.

Si ricorda inoltre che l’articolo 2 comma 2 dello schema di decreto legislativo in esame, nell’ambito dei principi generali di regolamentazione della materia, dispone che gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1 dello schema sono di “pubblica utilità, indifferibili e urgenti”.

Tra le due dichiarazioni (“di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza” da un lato, e “di interesse pubblico prevalente” dall’altro) sussistono evidenti affinità, legate al favor che entrambe esprimono verso la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sussistono tuttavia anche delle differenze. Di regola, la dichiarazione di pubblica utilità (che con l’aggiunta dell’indifferibilità e urgenza è prevista già dall’articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 387/2003, che lo schema in esame contestualmente abroga), è connessa all’avvio dell’eventuale procedimento espropriativo, quindi all’accelerazione dell’iter autorizzativo e realizzativo dell’impianto, ma non bypassa automaticamente altri vincoli o autorizzazioni necessarie. La dichiarazione di interesse pubblico prevalente, introdotta dalla normativa europea, è invece categoria che insiste più sull’attività discrezionale della pubblica amministrazione, e in particolare sul bilanciamento degli interessi contrapposti, mirando a consentire il superamento di alcune restrizioni ambientali, in particolare quelle previste dalle direttive Habitat, Acque e Uccelli dell’UE, con una portata quindi potenzialmente più ampia rispetto alla dichiarazione di pubblica utilità italiana. Soprattutto, stando alla lettera dell’articolo 16-septies della direttiva RED II, mentre la dichiarazione di pubblica utilità prevista dalla normativa italiana è qualifica attribuita automaticamente agli impianti FER che siano stati autorizzati, la dichiarazione “europea” di interesse pubblico prevalente sembra imporre una valutazione caso per caso da fare nel corso dell’iter autorizzatorio. La scelta del legislatore italiano, con l’articolo 3 dello schema di decreto legislativo in esame, sembra invece andare nella direzione di un automatismo anche della dichiarazione “europea” di interesse pubblico prevalente.

Sul punto si ricorda che anche la Commissione europea ha riscontrato “una certa una certa confusione negli Stati membri riguardo all’ambito di applicazione e al funzionamento della presunzione di interesse pubblico prevalente” (COM(2023) 764 final).

Alla luce di quanto sopra, si valuti l’opportunità di un chiarimento sulla portata di quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 3 qui in commento, nonché di un coordinamento tra questa previsione e quella di cui all’articolo 2 comma 2.

 

Il comma 2 dell’articolo 3 specifica che, con DPCM, adottato su proposta dei Ministri interessati e previa intesa in sede di Conferenza unificata, possano essere individuati casi in cui, per determinate parti del territorio o per determinati tipi di tecnologia o di progetti con specifiche caratteristiche tecniche, il comma 1 non si applichi, tenuto conto delle priorità stabilite nel PNIEC.

Si rileva che non è previsto un termine per l’adozione del predetto DPCM, da cui discenderebbe la configurazione a regime della disposizione del comma 1.

 

 

La direttiva (UE) 2023/2413, c.d. direttiva RED III, ha modificato e integrato la direttiva sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili, direttiva (UE) 2018/2001 (c.d. direttiva RED II), rendendo più ambiziosi, in linea con il Piano RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da tali fonti, e, tale fine, ha introdotto un corpus organico, di norme finalizzate alla ulteriore semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di progetti in materia di impianti ad energia rinnovabile e di progetti riguardanti le relative infrastrutture di rete e di stoccaggio.

La direttiva ha previsto che il recepimento a livello nazionale di tali norme – specificamente, quelle di cui ai nuovi articoli 15-sexies, 16, 16-ter, da 16-quater a 16-septies inseriti dal medesimo provvedimento nella direttiva RED II – dovesse avvenire entro il 1° luglio 2024, nonché l’obbligo di informare del recepimento la Commissione.

 

Nel rinviare più diffusamente al dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024, si descrivono di seguito le norme semplificatorie introdotte dalla direttiva RED III, parte delle quali – come detto, nuovi articoli 15-sexies, 16, 16-ter, da 16-quater a 16-septies – avrebbero dovuto essere recepite entro il 1° luglio 2024.

 

Un deciso input alla semplificazione delle procedure amministrative per la costruzione degli impianti e delle infrastrutture, viene dato dalla direttiva RED III, con l’indicazione di tempistiche obbligatorie, specifiche e dettagliate, che vengono pressoché dimezzate per impianti collocati in zone di accelerazione (intese come “aree particolarmente idonee”, sottoinsieme delle zone mappate a livello nazionale per l’installazione degli impianti ai fini del raggiungimento degli obiettivi 2030). La direttiva RED III è intervenuta sotto forma di modifiche e integrazioni alla direttiva RED II.

La mappatura delle zone (superficie terrestre, sottosuolo, acque interne e marine) per il conseguimento degli obiettivi in materia di FER al 2030 e, in questo ambito, l’individuazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili assume una importanza essenziale. Posto il limite temporale del 21 febbraio 2026 per l’adozione a livello nazionale di uno o più piani che designano le zone di accelerazione per uno o più tipi di FER - entro il 21 maggio 2024, gli Stati membri sono stati facoltizzati a dichiarare, come zone di accelerazione, zone specifiche già designate a livello interno come idonee allo sviluppo accelerato di uno o più tipi di tecnologia rinnovabile, purché nel rispetto dei requisiti ambientali indicati dalla direttiva, inclusa la valutazione ambientale strategica (nuovi articoli 15-ter e 15 quater, inseriti dalla direttiva RED III nella direttiva RED II).

Ai singoli progetti ricadenti in tali zone di accelerazione, devono essere garantiti, a livello nazionale, termini procedurali di esame, assai ridotti, indicati in modo specifico dalla direttiva a seconda della fonte rinnovabile ivi considerata (vedasi nuovo articolo 16-bis inserito nella direttiva RED II). Si tratta di termini sostanzialmente dimezzati rispetto a quelli, pure dettagliati dalla Direttiva, consentiti per i medesimi procedimenti amministrativi riguardanti progetti di impianti al di fuori delle zone di accelerazione (vedasi nuovo articolo 16-ter nella direttiva RED II). Tempistiche specifiche devono essere anche garantite per le procedure amministrative relative ai progetti di repowering degli impianti entro una certa soglia (articolo 16-quater), ai progetti di impianti solari (articolo 16-quinquies) e di pompe di calore (articolo 16-sexies).

 

Di seguito, una tabella riepilogativa, con i relativi richiami normativi alla direttiva RED II, come modificata dalla direttiva RED III:

 

PROCEDURE AUTORIZZATIVE

DURATA MASSIMA

Direttiva RED II, come modificata e integrata dalla Direttiva RED III

In zone di accelerazione

Al di fuori di zone di accelerazione

Conferma della presentazione della domanda o richiesta di integrazione (senza indebito ritardo).

NB: la data di conferma della completezza della domanda da parte dell’autorità competente segna l’inizio della procedura autorizzatoria.

30 giorni
dal ricevimento
(articolo 16)

45 giorni
dal ricevimento
(articolo 16)

Durata della procedura

12 mesi
prorogabili di 6 mesi
(articolo16-bis, par. 1)

24 mesi
prorogabili di 6 mesi
(articolo16-ter, par. 1,)

Durata della procedura per progetti Off-Shore

24 mesi
prorogabili di 6 mesi
(articolo16-bis, par. 1)

36 mesi
prorogabili di 6 mesi

(articolo16-ter, par. 1)

Durata della procedura per progetti di revisione della potenza

 

 

In caso di nuovi impianti di potenza <150kw, Impianti di stoccaggio co-ubicati, e relativa connessione alla rete

6 mesi
prorogabili di 3 mesi
(articolo16-bis, par. 2)

12 mesi
prorogabili di 3 mesi

(articolo16-ter, par. 2, co. 2)

In caso di impianti off-shore

 

24 mesi
prorogabili  di 3 mesi
(articolo16-ter, par. 2, co. 2)

In caso di eolico off-shore

12 mesi
prorogabili di 6 mesi
(articolo16-bis, par. 1)

 

In caso di aumento della capacità non > 15% (fatta salva VIA), per connessioni

3 mesi
salvi problemi di incompatibilità tecnica
(articolo16-quater, par. 1)

Durata della procedura per impianti solari e di stoccaggio co-ubicati (se lo scopo primario delle strutture artificiali di ubicazione non sia la produzione di energia solare o lo stoccaggio)

3 mesi
(articolo16-quinquies, par. 1)

nel caso di impianto solare con capacità = o < a 100 kW
anche per CER e autoconsumatori

1 mese
(articolo16-quinquies, par. 2)

Durata della procedura per pompe di calore

 

con potenza <50 kW

1 mese
(articolo16-sexies, par. 1)

pompe geotermiche

3 mesi
(articolo16-sexies, par. 1)

connessioni alla rete per pompe di calore con potenza = o < 12kW

2 settimane
(articolo16-sexies, par. 2)

connessioni alla rete per pompe di calore installate da autoconsumatore di energia rinnovabile con potenza = o < 50kW, se l’impianto di produzione di energia elettrica da FER dell’autoconsumatore ha potenza almeno del 60 % della capacità della pompa

 

 

Il comma 3 dell’articolo 3 fa salva l’individuazione delle aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021.

 

Il d.lgs. n. 199/2021 reca, all’articolo 20, una disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC 80 GW rispetto al 31 dicembre 2020 – per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili.

 

Il decreto legislativo n. 199 prevede poi, all’articolo 22, semplificazioni amministrative in relazione agli impianti ivi localizzati.

In particolare, ai sensi dell’articolo 22 tali semplificazioni sono:

- il carattere obbligatorio e non vincolante del parere dell’autorità competente in materia paesaggistica, anche ai fini della VIA. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere, l’amministrazione provvede comunque sulla domanda di autorizzazione (articolo 22, comma 1, lettera a);

- la riduzione di un terzo dei termini delle procedure di autorizzazione (articolo 22, comma 1, lettera b).

Dette semplificazioni si applicano anche:

- alle infrastrutture elettriche interrate di connessione degli impianti, a prescindere dalla loro ubicazione (articolo 22, comma 1-ter);

- alle altre infrastrutture elettriche di connessione (linee aree e, eventualmente, stazioni o cabine o loro porzioni), nonché a quelle necessarie per lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale strettamente funzionale all’incremento dell’energia producibile da fonti rinnovabili, purché ricadenti in aree idonee (articolo 22, comma 1-bis).

 

Il comma 1 del citato articolo 20 rinvia ad uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione di principi e criteri omogenei per l’individuazione, con successive leggi regionali (comma 4), delle superfici e delle aree idonee e non all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili[9], tenuto conto delle aree già qualificate “nelle more” idonee ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 20.

 

Obiettivi di crescita della potenza da fonte rinnovabile al 2030 da PNIEC- giugno 2024

(in MW)

 

L’articolo 20, comma 1, del d.lgs. 199/2021, come modificato dall’articolo 47 del D.L. n. 13/2023, prevede infatti che i decreti recanti i criteri per l’individuazione delle aree idonee dovranno tener conto anche delle aree già definite idonee ai sensi del successivo comma 8, nonché di quanto previsto al comma 1-bis, recentemente inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (c.d. “D.L. Agricoltura”, convertito, con modificazioni, in L. n. 101/2024) per ciò che specificamente attiene agli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree classificate agricole, la cui collocazione è limitata solo ad alcune delle aree e ad alcuni dei siti indicati come idonei dal comma 8.

Tali impianti, per motivi legati alla necessita di minimizzare il consumo del suolo, possono essere installati esclusivamente:

·         nei siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata,

·         nelle cave e miniere cessate, o le porzioni di esse, non suscettibili di ulteriore sfruttamento; incluse le cave già ripristinate sul piano ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ma ancora non ripristinate, le discariche o i relativi lotti chiusi o ripristinati.

·         sui siti e gli impianti delle società del gruppo ferrovie e delle concessionarie autostradali;

·         sui siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli delle isole minori e previe verifiche tecniche da parte di ANAC;

·         nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, e le aree agricole i cui punti perimetrali vi distino non più di 500 metri e aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.

I limiti non si applicano agli impianti per la costituzione di una comunità energetica rinnovabile (CER) e in caso di progetti attuativi delle “altre misure” di investimento del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC), o di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.

I limiti, inoltre, non si applicano ai progetti per i quali – al 16 maggio 2024 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63/2024) – sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi.

Si tratta di una norma – non del tutto chiara nelle sue eccezioni – che opera a “a regime” e non “nelle more” della definizione delle aree idonee (per ulteriori approfondimenti si rinvia al box sugli impianti fotovoltaici agricoli e agro-voltaici del dossier “La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili”.

Con riguardo allo schema di decreto legislativo in esame, si rileva che l’articolo 11, comma 5, dello schema delinea un apparato sanzionatorio qualora siano violate le disposizioni in materia di installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole (prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 100.000 euro).

 

Il procedimento di individuazione delle aree idonee, allo stato, non si è ancora concluso.

 

Il D.M. 21 giugno 2024, c.d. “decreto aree idonee” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2024 dopo un lungo iter.

Le regioni dovranno ora provvedere, con legge, all’individuazione delle aree entro sei mesi dalla pubblicazione.

Il D.M. aree idonee provvede alla ripartizione fra le regioni e le province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi europei (Fit for 55 e Repower EU) (articolo 1 e 2). Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), con il supporto del Gestore dei servizi energetici (GSE s.p.a.) e Ricerca sul sistema energetico (RSE s.p.a.), monitora e verifica gli adempimenti in carico alle regioni e province autonome (articolo 4). A tale fine, continua ad operare l’Osservatorio istituito dal D.M. c.d. Burden Sharing (articolo 5, comma 5 del D.M. 15 maggio 2012) (articolo 5)[10].


 

 

Regione

Obiettivi di potenza aggiuntiva [MW]

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

Abruzzo

4

65

196

454

640

850

1.086

1.350

1.648

2.092

Basilicata

145

204

329

543

748

973

1.218

1.486

1.779

2.105

Calabria

45

95

210

549

857

1.206

1.603

2.055

2.568

3.173

Campania

74

237

569

909

1.297

1.728

2.206

2.736

3.325

3.976

Emilia-Romagna

100

343

860

1.288

1.851

2.504

3.263

4.143

5.164

6.330

Friuli-Venezia Giulia

30

96

321

404

573

772

1.006

1.280

1.603

1.960

Lazio

82

305

544

933

1.346

1.829

2.396

3.059

3.835

4.757

Liguria

29

80

122

198

281

382

504

653

834

1.059

Lombardia

184

622

1.521

1.963

2.714

3.592

4.616

5.812

7.208

8.766

Marche

32

110

241

457

679

930

1.217

1.544

1.916

2.346

Molise

2

38

59

175

273

383

509

651

812

1.003

Piemonte

78

285

851

1.098

1.541

2.053

2.645

3.330

4.121

4.991

Puglia

163

507

876

1.672

2.405

3.213

4.104

5.084

6.165

7.387

Sardegna

34

175

468

998

1.553

2.207

2.980

3.892

4.969

6.264

Sicilia

144

473

952

1.842

2.764

3.847

5.120

6.616

8.375

10.485

Toscana

42

150

359

667

1.019

1.444

1.958

2.580

3.332

4.250

TrAA - Bolzano

11

41

120

139

186

239

298

364

438

515

TrAA - Trento

11

41

108

140

195

258

333

419

520

631

Umbria

15

60

135

279

429

609

823

1.079

1.384

1.756

Valle d’ Aosta

1

4

10

27

47

75

112

162

231

328

Veneto

125

413

1.088

1.373

1.889

2.483

3.164

3.947

4.847

5.828

Totale

1.348

4.344

9.940

16.109

23.287

31.578

41.160

52.243

65.075

80.001

 

Nei casi di mancata adozione delle leggi regionali (o dei provvedimenti previsti nei rispettivi statuti, se si tratta di province autonome), il MASE propone al Presidente del Consiglio dei Ministri degli schemi di atti normativi di natura sostitutiva da adottare in Consiglio (si rimanda all’articolo 41, comma 1, L. n. 234/2012).

Invece, in caso di scostamento negativo dagli obiettivi previsti per l’anno 2026, il MASE invita l’ente a presentare le proprie osservazioni entro trenta giorni. In caso di accertata inerzia, decorsi sessanta giorni, il MASE informa il Presidente del Consiglio dei ministri affinché assegni all’ente un termine, non inferiore a sei mesi, per l’adozione dei provvedimenti necessari. In caso di inadempimento, il MASE adotta le opportune iniziative per l’esercizio dei poteri sostitutivi.

Il D.M. stabilisce anche i principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non, in linea con il principio della neutralità tecnologica (articolo1 e 7).

Le regioni o le province autonome, con il coinvolgimento degli enti locali, dovranno quindi individuare sul loro territorio:

a) superfici e aree idonee ove è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti e delle infrastrutture connesse (ai sensi di quanto prevede l’articolo22 d.lgs. n. 199/2021);

b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti (si richiamano le linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010 par. 17 e all. 3 e ss. mod. e int);

c) superfici e aree ordinarie: superfici e aree diverse dalle precedenti, nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari;

d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Si tratta delle aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di tali impianti, ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199/2021, recentemente inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (L. n. 101/2024, articolo 1).

Per l’individuazione delle aree idonee le regioni tengono conto di una serie di criteri (individuati nell’articolo 7 in linea con quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021). In particolare, va privilegiato l’utilizzo di superfici di strutture già edificate (capannoni industriali e parcheggi, aree industriali, a destinazione artigianale, per servizi e logistica), e verificata l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi (superfici agricole non utilizzabili), compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica.

Si possono classificare le superfici o le aree idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto e possono essere fatte salve le aree considerate idonee “nelle more”, ai sensi dell’articolo 20, comma 8 del d.lgs. n. 199/2021.

Sono non idonee (articolo 7) le superfici e le aree comprese nel perimetro dei seguenti beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004):

-       i beni culturali (articolo 10 del predetto Codice);

-       i beni sottoposti a tutela paesaggistica, quali immobili con cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica (articolo 136, comma 1, lettera a) del Codice);

-       ville, giardini e parchi, non tutelati come bene culturale, che si distinguono per la loro non comune bellezza (articolo136, comma 1, lettera b)).

Possono essere individuate come non idonee le superfici e le aree nel perimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali.

Le regioni possono stabilire una fascia di rispetto differenziata secondo la tipologia di impianto, proporzionata al bene tutelato, fino a 7 chilometri. La fascia di rispetto non opera per i rifacimenti degli impianti già in esercizio.

Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela anche in itinere (qualora non già sottoposti a valutazione ambiente ai sensi del Titolo III, parte II, del Codice dell’ambiente) (si richiama l’articolo12, co. 3-bis, d.lgs. n. 387/2003).

Quando una regione ha devoluto agli enti locali la propria competenza al rilascio dell’autorizzazione unica, essa è tenuta a vigilare affinché questi ottemperino alla regolare applicazione del decreto e ad utilizzare poteri i sostitutivi in caso di inerzia accertata.


 

Articolo 4
(Definizioni)

 

 

L’articolo 4 reca la definizione, agli effetti del decreto legislativo, di: a) realizzazione degli interventi, b) soggetto proponente, c) amministrazione procedente e d) piattaforma SUER.

 

Il comma 1 dell’articolo reca le definizioni applicabili agli effetti del decreto, disponendo:

·      alla lettera a), che si intendano come “realizzazione degli interventi” le attività di cui all’articolo 1, comma 1, dunque, la costruzione e l’esercizio, la modifica, il potenziamento, il rifacimento totale o parziale degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili;

·      alla lettera b) che “soggetto proponente” è il soggetto pubblico o privato interessato alla realizzazione degli interventi che disponga legittimamente della superficie a qualsiasi titolo e, qualora occorra, anche delle risorse necessarie alla realizzazione per gli impianti;

·      alla lettera c) che amministrazione procedente sia il comune territorialmente competente in caso di procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 8 del decreto legge (cfr. relativa scheda di lettura) e il MASE o la regione territorialmente competente, o la provincia da quest’ultima delegata, nel caso del procedimento di autorizzazione unica di cui all’articolo 9 (alla cui scheda di lettura si rimanda);

·      alla lettera d), che per “piattaforma SUER” si intende la piattaforma unica digitale istituita ai sensi dell’articolo 19, comma 1 del d.lgs. n. 199/2021. Come chiarito dalla relazione illustrativa, “SUER” sta per Sportello unico delle energie rinnovabili.

 

L’articolo 19, comma 1 del d.lgs. n. 199/2021 ha previsto l’istituzione, con decreto del Ministro della transizione ecologica (ora Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), da adottare d’intesa con la Conferenza unificata, di una piattaforma unica digitale, realizzata e gestita dal GSE, per la presentazione delle istanze di cui all’articolo 4, comma 2 del d.lgs. n. 28/2011, dunque della:

a) comunicazione relativa alle attività in edilizia libera;

b) dichiarazione di inizio lavori asseverata;

c) procedura abilitativa semplificata;

d) autorizzazione unica.

In fase di prima applicazione, la piattaforma è funzionale alla presentazione di istanze per l’autorizzazione unica.

Il comma 3 dell’articolo 19 del d.lgs. n. 199/2021 demanda ad un ulteriore decreto ministeriale, d’intesa con la Conferenza unificata, dei modelli unici per le procedure di autorizzazione.

Ai sensi di quanto previsto più avanti dallo schema di decreto legislativo in esame (v. in particolare schede di lettura relative all’articolo 13, comma 1, lettera b), e all’articolo 14), l’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011, viene ora abrogato e al suo posto viene definito il modello per il procedimento di autorizzazione unica previsto dall’articolo 9 comma 2 dello schema di decreto legislativo in esame.

 

L’articolo 5 dello schema di decreto legislativo in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia, contiene disposizioni per la digitalizzazione delle procedure amministrative, attraverso l’impiego della piattaforma SUER.

 

Si osserva che lo schema di decreto legislativo in esame, recante la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, non reca, nell’articolo qui in commento, la definizione delle fonti rinnovabili, neppure operando un richiamo alla disciplina europea che le qualifica.

Ai sensi dell’articolo 2, par. 1, comma 1, punto 1) della direttiva n. 2018/2001/UE, c.d. RED II, come sostituito dalla direttiva, n. 2023/2413/UE, c.d. RED III, «energia da fonti rinnovabili» o «energia rinnovabile» è l’energia da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia osmotica, energia dell’ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, energia della biomassa, dei gas di discarica, dei gas residuati dai processi di depurazione e biogas.

Si valuti l’opportunità di operare un richiamo all’articolo 2, par. 1, comma 1, punto 1) della direttiva n. 2018/2001/UE.

 


 

Articolo 5
(Digitalizzazione delle procedure amministrative e modelli unici)

 

 

L’articolo 5 dispone, al comma 1, che i modelli unici semplificati, previsti per gli interventi in edilizia libera siano resi disponibili dai gestori di rete allo Sportello unico delle energie rinnovabili (c.d. piattaforma SUER), telematicamente ed entro cinque giorni dalla relativa presentazione.

Ai sensi del comma 2, nelle more dell’operatività della piattaforma digitale, la presentazione dei progetti relativi agli interventi assoggettati alla PAS e alla autorizzazione unica (di cui agli allegati, rispettivamente, B e C) avviene tramite utilizzo degli strumenti informatici operativi nell’ambito delle amministrazioni statali o territoriali interessate.

 

Nello specifico, il comma 1 prevede che i modelli unici semplificati per la realizzazione degli impianti in interventi in edilizia libera di cui all’articolo 7, comma 7 dello schema di decreto legislativo, siano resi disponibili dai gestori di rete allo Sportello unico delle energie rinnovabili (piattaforma SUER, per il cui approfondimento si rimanda alla scheda relativa all’articolo 4), in modalità telematica ed entro cinque giorni dalla relativa presentazione.

L’articolo 7, comma 7, dello schema in esame, come si vedrà, estende agli interventi in edilizia libera previsti dal medesimo articolo, l’applicazione del modello unico semplificato già previsto dalla normativa vigente (articolo 25, comma 3, lettera f) del d.lgs. n. 199/2021) per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di piccoli impianti fotovoltaici integrati sui tetti degli edifici.

 

Il comma 2 dispone che, nelle more dell’operatività della piattaforma SUER, per la presentazione di progetti, istanze e documentazione relativa agli interventi in regime di procedura abilitativa semplificata (PAS, allegato B) e di autorizzazione unica (allegato C) vengano utilizzati gli strumenti informativi operativi in ambito statale, regionale, provinciale o comunale.

 

Per gli interventi in regime di PAS resta fermo quanto previsto dall’articolo 8, comma 2 del presente decreto, ossia la necessità, per il soggetto proponente, di presentare il progetto corredato:

a)   delle dichiarazioni rese ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000 in relazione a ogni stato, qualità personale e fatto pertinente alla realizzazione degli interventi;

b)   della dichiarazione di legittima disponibilità, a qualunque titolo, della superficie e, qualora occorra, della risorsa interessata dagli interventi;

c)    delle asseverazioni di tecnici abilitati che attestino la compatibilità degli interventi con la normativa urbanistica, coi regolamenti edilizi, con le norme di sicurezza e igienico-sanitarie vigenti nonché, per l’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti del rispetto di quanto previsto dall’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. 199/2021;

d)   degli elaborati tecnici per la connessione predisposti dal gestore della rete;

e)   degli elaborati tecnici occorrenti all’adozione degli atti di assenso, qualora sussistano vincoli che escludano l’applicazione del silenzio assenso da parte dell’amministrazione come previsto dall’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990;

f)    del cronoprogramma di realizzazione degli interventi.

 

Per quanto riguarda gli interventi in regime di autorizzazione unica, resta fermo quanto previsto dall’articolo 9, comma 2 dello schema di decreto legislativo in esame, ossia la necessità per il soggetto proponente di presentare l’istanza di autorizzazione unica:

a)   alla regione territorialmente competente, o alla provincia delegata dalla regione, per la realizzazione degli interventi di competenza regionale (di cui all’allegato C, sezione I);

b)   al MASE per la realizzazione degli interventi di competenza statale (di cui all’allegato C, sezione II).

 

Come osservato dal Consiglio di Stato nel parere reso sul provvedimento in esame (parere n. 01216/2024, par. 9), il Governo “non fornisce adeguati elementi informativi in merito ai tempi necessari per l’attuazione dell’obiettivo” di digitalizzare le procedure amministrative come indicato dalla rubrica dell’articolo 5, ciò anche alle luce di quanto previsto dall’articolo 16, par. 3, della direttiva RED II che stabilisce che “Entro e non oltre il 21 novembre 2025 gli Stati membri provvedono affinché tutte le procedure di rilascio delle autorizzazioni siano svolte in formato elettronico”, nonché dalla raccomandazione (UE) 2024/1343 della Commissione europea in merito all’introduzione di procedure autorizzative completamente digitali e di sistemi di comunicazione elettronica entro la stessa data del 21 novembre 2025.

In proposito si ricorda (v. supra scheda relativa all’articolo 4) che l’articolo 19, comma 1 del d.lgs. n. 199/2021 ha previsto l’istituzione, con decreto MASE, di tale piattaforma. Il decreto del MASE avrebbe dovuto essere emanato entro il 15 giugno 2022, ma tale prescrizione non risulta essere stata ancora ottemperata.

Secondo la relazione illustrativa del Governo, il MASE ha predisposto il decreto di istituzione della piattaforma, che è stato sottoposto all’esame della Conferenza unificata.

Si valuti quindi l’opportunità di meglio chiarire le tempistiche legate alla realizzazione dello Sportello unico delle energie rinnovabili (c.d. piattaforma SUER).

 

Circa il coordinamento della previsione appena commentata con l’articolo 19 del d.lgs. n. 199/2021 si veda anche infra l’osservazione contenuta nella scheda relativa all’articolo 13 del provvedimento in esame.

 

Si rileva infine che tanto il citato parere del Consiglio di Stato quanto il dossier del Servizio Bilancio dello Stato segnalano l’opportunità di chiarire la coerenza della disposizione di cui all’articolo 5 qui in commento con la clausola di invarianza finanziaria prevista dall’articolo 15 dello schema di decreto legislativo, non risultando “elementi diretti a confermare la sostenibilità delle procedure amministrative previste per le amministrazioni statali, regionali, provinciali e comunali a carico delle sole risorse già disponibili a legislazione vigente”.


 

Articolo 6
(Regimi amministrativi)

 

 

L’articolo 6 individua i regimi amministrativi per la realizzazione degli interventi riducendoli da quattro a tre: a) attività libera, b) procedura abilitativa semplificata (PAS) e c) autorizzazione unica.

Il regime amministrativo della dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA) non è più previsto e la relativa disciplina (contenuta nell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011) viene contestualmente abrogata dall’articolo 13 e allegato D), lettera g) dello schema di decreto legislativo.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo, per la realizzazione degli interventi, individua i seguenti tre tipi di regimi amministrativi, secondo principi di proporzionalità e adeguatezza:

a)   attività libera,

b)   procedura abilitativa semplificata,

c)   autorizzazione unica.

 

Con riferimento alla formulazione del comma 1, si valuti l’opportunità di specificare che gli interventi – ivi genericamente richiamati – sono quelli di cui all’articolo 1, comma 1 – dunque, gli interventi di costruzione, modifica, rifacimento, potenziamento o di esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili e delle relative opere connesse e infrastrutture indispensabili.

 

Rispetto alla normativa vigente, il regime amministrativo della dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA) non è più previsto e la relativa disciplina – contenuta nell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011) –viene contestualmente abrogata dall’articolo 13 e allegato D), lettera g) dello schema di decreto legislativo in esame.

 

Secondo la vigente normativa, alcuni impianti da fonti rinnovabili e determinate modifiche agli impianti esistenti sono realizzabili previa dichiarazione di inizio lavori asseverata, ai sensi dell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011.

Il comma 4 dell’articolo 6-bis indica nel proprietario dell’immobile o in chi abbia la disponibilità degli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse il soggetto titolato a presentare al comune, in formato cartaceo o in via telematica, una dichiarazione accompagnata da una relazione sottoscritta da un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti il rispetto delle norme di sicurezza, antisismiche e igienico-sanitarie.

L’articolo 6-bis individua, al comma 1, le modifiche a progetti autorizzati e impianti esistenti realizzabili mediante DILA in relazione ai quali non sono sottoposti a valutazioni ambientali e paesaggistiche, né all’acquisizione di altri atti di assenso. Qualora, nel corso del procedimento di autorizzazione di un impianto, siano proposte varianti consistenti in interventi sottoponibili a DILA, il proponente presenta all’autorità competente per la medesima autorizzazione la comunicazione di cui sopra. La dichiarazione non comporta alcuna variazione dei tempi e delle modalità di svolgimento del procedimento autorizzativo e di ogni altra valutazione già avviata sul progetto originariamente presentato, ivi incluse quelle ambientali.

L’articolo 5, comma 3 del d.lgs. n. 28/2011 anch’esso abrogato dall’articolo 13 e dall’allegato D) lettera g) dello schema di decreto legislativo in esame – prevede poi che con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, siano individuate le modifiche sostanziali agli impianti esistenti o ai progetti autorizzati che richiedono lo svolgimento del procedimento di autorizzazione e quelle sottoponibili a PAS. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta a DILA.

 

Il comma 2 dispone che gli allegati A, B e C – che costituiscono parte integrante del decreto – individuano gli interventi realizzabili, rispettivamente, secondo il regime dell’attività libera, della procedura abilitativa semplificata e dell’autorizzazione unica.

 

 

 


 

Articolo 7
(Attività libera)

 

 

L’articolo 7, comma 1, dispone l’applicazione del regime dell’attività libera per gli interventi di cui all’allegato A (comma 1).

Il comma 2 dispone che il regime non si applica agli interventi ricadenti su beni culturali tutelati, o su aree naturali protette o all’interno di siti della rete Natura 2000. Qualora gli interventi elencati nell’allegato A ricadano su tali beni o aree, ad essi si applica il regime della procedura abilitativa semplificata.

Ai sensi del comma 3, qualora gli interventi elencati in allegato A insistano su determinate aree o immobili sottoposti a vincolo paesaggistico individuati mediante apposito provvedimento, la realizzazione è consentita previo rilascio dell’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, secondo la procedura e i termini previsti al comma 4 del presente articolo.

Ai sensi del comma 5, tale autorizzazione non è richiesta e dunque vengono ricondotti ad edilizia libera, gli interventi, ricadenti su centri e nuclei storici soggetti a vincolo paesaggistico, non visibili da spazi esterni e dai punti vista panoramici oppure, per la sola installazione di impianti fotovoltaici, le cui coperture e i manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.

Ai sensi del comma 6, il regime della PAS è previsto qualora sussistano vincoli che escludono l’applicazione del regime procedimentale del silenzio-assenso da parte dell’amministrazione.

Infine, il comma 7 dispone che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il modello unico semplificato – già previsto dalla normativa vigente per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di taluni impianti fotovoltaici sugli edifici – sia esteso a tutti gli interventi in attività libera di cui all’articolo in commento.

 

Nello specifico, il comma 1 dispone che la realizzazione degli interventi di cui all’allegato A non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque. Il soggetto proponente non è tenuto a presentare alcuna comunicazione, certificazione, segnalazione o dichiarazione alle amministrazioni pubbliche, rimanendo fermo quanto previsto:

·      dall’articolo 1, in materia di acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi ai sensi del D.P.R. n. 380/2001 e

·      dai commi dal 2 al 6 del presente articolo, i quali, come meglio si descriverà di seguito, contengono talune eccezioni all’applicazione del regime dell’attività libera e talune condizioni per l’applicazione del medesimo regime.

Il secondo periodo del comma 1 specifica altresì che gli interventi sono da effettuarsi nel rispetto del Codice della strada (d.lgs. n. 285/1992) e del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. n. 495/1992)[11].

 

Con riferimento alla formulazione del comma 1, laddove è previsto che il soggetto proponente, per gli interventi in attività libera “non è tenuto alla presentazione di alcuna comunicazione alle amministrazioni pubbliche”, si valuti l’opportunità di coordinare il dettato di tale previsione con quello del comma 7 dell’articolo, nonché con l’articolo 5, comma 1, i quali prevedono l’invio allo Sportello unico delle energie rinnovabili (piattaforma SUER) – per le attività in edilizia libera – di modelli unici semplificati.

 

La relazione illustrativa al provvedimento afferma che l’assoggettamento al regime dell’attività libera delle fattispecie di cui all’allegato A è stato operato muovendo da una analitica ricognizione del quadro normativo vigente, con l’intento di ricondurre nell’alveo di una categoria unitaria interventi attualmente ascrivibili ai regimi della manutenzione ordinaria, dell’edilizia libera, della comunicazione e, in alcuni casi residuali, della dichiarazione di inizio lavori asseverata e della denunzia di inizio lavori.

Né la relazione illustrativa né l’analisi di impatto della regolazione (AIR) presentate del Governo indicano quali siano le specifiche riconduzioni all’attività libera, rispetto alla normativa vigente.

Si è pertanto operata in questa sede una specifica analisi dei singoli interventi prescritti dall’allegato A, effettuando una comparazione con la normativa di legge vigente in materia. Da tale comparazione, sembrerebbe potersi rilevare che, per alcuni interventi, lo schema di decreto legislativo opera una limitazione delle casistiche in edilizia libera rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente. Di tali casistiche si darà conto, con osservazioni in corsivo, all’interno della tabella seguente.

 

Allegato A – Sezione I
Interventi di nuova realizzazione in attività libera

Disciplina vigente

a) impianti solari fotovoltaici, di potenza inferiore a 10 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato.

L’articolo 6, comma 11 d.lgs. n. 28/2011 e le linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, par. 12.1, assoggettano ad attività ad edilizia libera impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (indicate all’articolo 11, comma 3, d.lgs. n. 115/2008):

i.      impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi;

ii.      la superficie dell’impianto non è superiore a quella del tetto su cui viene realizzato;

iii.      gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

La disciplina vigente non fa riferimento alla potenza, per tali impianti.

 

L’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 viene abrogato dall’allegato D, lettera g) dello schema. L’articolo 11, comma 3 del d.lgs. n. 115/2008 non viene invece abrogato.

b) impianti solari fotovoltaici a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) di cui al D.M. n. 1444/1968 (dunque al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), di potenza:

1) inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;

L’articolo 6, comma 11 d.lgs. n. 28/2011 e le linee guida di cui D.M. 10 settembre 2010, par. 12.1, assoggettano ad attività ad edilizia libera gli impianti solari fotovoltaici:

1) realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze; aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto; e

2) realizzati al di fuori della zona A) di cui al D.M. n. 1444/1968. La norma appena descritta - e, in qualche misura ripresa nello schema di decreto (cfr. colonna accanto) – è da considerarsi superata da interventi legislativi successivi che, a date condizioni, hanno considerato attività libera l’installazione di impianti fotovoltaici, anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali.

Infatti, la lettera e-quater del comma 1 dell’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001 - aggiunta dal cd. d.lgs. n.222/2016 e successivamente modificata dal D.L. n. 77/2021- prevede che possano essere installati senza alcun titolo abilitativo i pannelli fotovoltaici, a servizio di edifici o impianti radioelettrici, posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, purché al di fuori della zona A), comprese le aree circostanti.

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011 – come da ultimo modificato dall’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), prevede che l’installazione - anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali - di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per gli impianti installati su determinati beni a vincolo paesaggistico individuati con provvedimento amministrativo apposito (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici[12]) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

 

Sia l’articolo 6, sia l’articolo 7-bis, del d.lgs. n. 28/2011, sia l’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e t) dello schema in esame.

2) fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti;

c) impianti solari fotovoltaici di potenza inferiore a 10 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento

L’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, inserito dall’articolo 47, comma 1, lettera b) del D.L. n. 13/2023 prevede che l’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste. Se l’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il relativo progetto è previamente comunicato alla competente soprintendenza che, accertata la carenza dei requisiti di compatibilità, adotta, entro trenta giorni, un provvedimento motivato di diniego alla realizzazione degli interventi.

L’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021 non fa quindi riferimento a limiti di potenza, per il relativo regime autorizzativo di edilizia libera.

Si consideri che l’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, nonché l’articolo 47, comma 1, lettera b) del D.L. n. 13/2023 che l’ha introdotto, vengono abrogati dall’articolo 14, allegato D, lettera o) e t) dello schema di decreto.

d) impianti solari fotovoltaici ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza:

1) inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su

strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;

2) fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti;

L’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n. 50/2022 come modificato da ultimo dall’articolo 12, comma 2-bis del D.L. n. 215/2023, prevede che fino al 30 dicembre 2024, siano sottoposti a DILA i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra o su coperture piane o falde di potenza non superiore a 1 MWp ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture. Ove detti impianti siano ubicati in aree situate nei centri storici o siano soggette a tutela paesaggistica, la dichiarazione di inizio lavori asseverata è accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del progettista abilitato che attesti che gli impianti non sono visibili dagli spazi pubblici esterni limitrofi e che i manti delle coperture non sono realizzati con prodotti che hanno l’aspetto dei materiali della tradizione locale.

Né l’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n. 50/2022, né l’articolo 12, comma 2-bis del D.L. n. 215/2023 sono oggetto di abrogazione da parte dello schema di decreto in esame.

e) impianti agrivoltaici di potenza inferiore a 10 MW che consentono la continuità dell’attività agricola e pastorale

L’ articolo 6, comma 9-bis, del d.lgs. n. 28/2011, prevede l’applicazione della PAS per gli impianti agrivoltaici avanzati di cui all’articolo 65, comma 1-quater del D.L. n. 1/2012[13], che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale.

 

L’articolo 6, d.lgs. n. 28/2011 è oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) dello schema in esame.

f) singoli generatori eolici installati su edifici esistenti con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro

L’articolo 6, comma 11 d.lgs. n. 28/2011 e le linee guida di cui D.M. 10 settembre 2010, par. 12.5, assoggettano ad attività ad edilizia libera i singoli generatori eolici installati sui tetti degli edifici esistenti con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a un metro, in aree non vincolate ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 (già indicati all’articolo 11, comma 3 del d.lgs. n. 115/2008).

 

L’articolo 6, d.lgs. n. 28/2011, è oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) dello schema in esame.

g) torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento per un periodo non superiore a 36 mesi, realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili, fermo restando l’obbligo alla rimozione delle stesse e al ripristino dello stato dei luoghi entro un mese dalla conclusione della rilevazione

L’articolo 6, comma 11 d.lgs. n. 28/2011 e le linee guida di cui D.M. 10 settembre 2010, par. 12.5, assoggettano ad attività ad edilizia libera le torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento aventi tutte le seguenti caratteristiche:

i. realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili;

ii. installate in aree non soggette a vincolo o a tutela, a condizione che vi sia il consenso del proprietario del fondo;

iii. sia previsto che la rilevazione non duri più di 36 mesi;

iv. entro un mese dalla conclusione della rilevazione il soggetto titolare rimuove le predette apparecchiature ripristinando lo stato dei luoghi.

 

L’articolo 6, d.lgs. n. 28/2011, è oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) dello schema in esame.

h) impianti eolici con potenza complessiva fino a 20 kW posti al di fuori delle zone A) e B) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968

L’articolo 7-bis, comma 5-bis, del d.lgs. 28/2011, come introdotto dall’articolo 49, comma 1, lettera b) del D.L. n. 13/2023 dispone che gli impianti eolici con potenza complessiva fino a 20 kW, posti al di fuori di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000 sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d.lgs. n. 42/2004, a eccezione degli impianti installati in aree o immobili soggette a tutela paesaggistica di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del citato codice, individuati mediante apposito provvedimento amministrativo. Qualora gli impianti ricadano nelle zone territoriali omogenee A) e B) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, si applica il medesimo regime, a condizione che gli impianti medesimi abbiano potenza complessiva fino a 20 kW e altezza non superiore a 5 metri.

Lo schema di decreto legislativo in esame (cfr. lettera h) e i) della colonna a fronte) impone, ai fini dell’applicazione dell’edilizia libera per gli impianti eolici, il limite dei 20 KW e la condizione che essi si trovino al di fuori delle zone territoriali omogenee A) e B) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968. La lettera i) apparirebbe avere un carattere residuale.

La normativa vigente, invece, non subordina all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati gli impianti che ricadono nelle zone territoriali omogenee A) e B) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, a condizione che gli stessi abbiano potenza complessiva fino a 20 kW e altezza non superiore a 5 metri.

L’articolo 7-bis viene abrogato dall’allegato D, lettera g) dello schema di decreto legislativo

i) impianti eolici con potenza complessiva fino a 20 kW e altezza non superiore a 5 metri

l) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas con potenza fino a 50 kW operanti in assetto cogenerativo

Ai sensi dell’articolo 6, comma 11, d.lgs. n. 28/2011 e delle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, paragrafo 12.3, sono considerate attività ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione:

a) Impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas aventi tutte le seguenti caratteristiche, di quanto già previsto dall’articolo 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009:

i. operanti in assetto cogenerativo;

ii. aventi una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe (micro-generazione).

m) impianti solari termici a servizio di edifici, con potenza nominale utile fino a 10 MW, installati su strutture o edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti, purché al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, dunque al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011, come da ultimo modificato dall’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), prevede che l’installazione – anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali – di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per gli impianti installati su determinati beni a vincolo paesaggistico individuati con provvedimento amministrativo apposito (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici[14]) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Si osserva che la normativa vigente testé citata considera interventi di manutenzione ordinaria anche quelli all’interno delle zone A e non fa alcun riferimento alla potenza dell’impianto.

L’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011 e l’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), vengono abrogati dall’allegato D, lettera g) e t) e dello schema di decreto legislativo.

n) pompe di calore a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria

L’articolo 25, commi 1 e 2, e l’allegato II del d.lgs. n. 199/2021, trovano applicazione per la nuova installazione e/o sostituzione di impianti tecnologici destinati ai servizi di climatizzazione invernale e/o estiva e/o produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato[15]. Gli interventi di installazione e sostituzione di pompe di calore:

a) sono considerati attività di edilizia libera e sono eseguiti senza comunicazione da parte dell’interessato all’amministrazione comunale né titolo abilitativo quando:

i) riguardano pompe di calore con potenza termica utile nominale inferiore a 40 kW;

ii) sono ascrivibili al novero di interventi di manutenzione ordinaria di cui al D.P.R. 380/2001;

b) sono eseguiti con CILA nei casi diversi da quelli di cui alla lettera a).

Ove l’intervento ricada su un immobile sottoposto a vincoli culturali e paesaggistici, resta ferma la disciplina autorizzatoria prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio (..).

L’installazione di pompe di calore destinate alla sola produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell’impianto idrico-sanitario già in opera.

 

Lo schema di d.lgs. in esame, allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 25, commi 1 2, del relativo allegato II del d.lgs. n. 199/2021.

o) impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza nominale utile fino a 200 kW

Ai sensi dell’articolo 12 e della tabella A allo schema di d.lgs. n. 387/2003, come sostituita dall’articolo 31, comma 7 e allegato del II del D.L. n. 77/2021, e delle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, prevedono il regime di PAS per impianti con potenza fino a 200 kW.

 

L’allegato D, lettera c) e n) dello schema di d.lgs. prevedono l’abrogazione dell’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e la relativa tabella A, nonché dell’articolo 31, comma 7 e relativo allegato II del D.L. n. 77/2021.

p) unità di microcogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 20/2007[16]

Ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, d.lgs. 28/2011 dal 1° ottobre 2014, la comunicazione per l’esercizio di unità di microcogenerazione, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 20/2007, disciplinata dal comma 20 dell’articolo 27 della L. n. 99/2009, è effettuata utilizzando un modello unico (…).

 

L’allegato D, lettera g) dello schema di d.lgs. prevede l’abrogazione dell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011.

q) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007[17] a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza nominale utile fino a 200 kW

Ai sensi dell’articolo 6, comma 11 del d.lgs. n. 28/2011 e del paragrafo 12.3 delle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, sono in edilizia libera e assoggettati solo a previa comunicazione gli impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas:

·       operanti in assetto cogenerativo e aventi una capacità di generazione massima inferiore a 50kWe (micro-cogenerazione), come già previsto dall’articolo 27, comma 20 della legge n. 99/2009, oppure

·       impianti non ricadenti fra quelli di cui al punto precedente, realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici e aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto.

r) generatori di calore a servizio di edifici, diversi da quelli di cui alle lettere m), n), o), p), q), per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria

Ai sensi dell’articolo 25, commi 1 e 2 e allegato II del d.lgs. n. 199/2021, gli interventi di installazione e sostituzione di generatori di calore:

a) sono considerati attività di edilizia libera e sono eseguiti senza comunicazione da parte dell’interessato all’amministrazione comunale né titolo abilitativo quando sono ascrivibili al novero di interventi di manutenzione ordinaria di cui al D.P.R. 380 del 2001;

b) sono eseguiti previa CILA, nei casi diversi Ove l’intervento ricada su un immobile sottoposto a vincoli culturali e paesaggistici, resta ferma la disciplina autorizzatoria prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio e dal D.P.R. n. 31/2017.

 

Lo schema di d.lgs. in esame, allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 25, commi 1 e 2, del relativo allegato II del d.lgs. n. 199/2021.

s) sonde geotermiche a circuito chiuso a servizio di edifici esistenti, che non alterano volumi e/o superfici, né comportano modifiche delle destinazioni di uso, interventi su parti strutturali dell’edificio, aumento del numero delle unità immobiliari o incremento dei parametri urbanistici, con potenza termica complessiva fino a 50 kW e con profondità non superiore a 2 metri dal piano di campagna, se orizzontali, e non superiore a 80 metri dal piano di campagna, se verticali

Ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del D.M. 30 settembre 2022, attuativo del comma 6-bis dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021, sono attività in edilizia libera ai sensi del D.P.R. 380/2001 la realizzazione di impianti che rispettano tutte le seguenti condizioni:

a) le sonde geotermiche si estendono, se orizzontali, a profondità non superiore a 2 metri dal piano campagna e/o, se verticali, a profondità non superiore a 80 metri dal piano campagna;

b) la potenza termica dell’impianto è inferiore a 50 kW;

c) gli impianti sono realizzati a servizio di edifici già esistenti, senza alterarne volumi e superfici, né comportando modifiche delle destinazioni di uso, interventi su parti strutturali dell’edificio, o aumento del numero delle unità immobiliari e incremento dei parametri urbanistici.

 

L’articolo 13, comma 6 dello schema di d.lgs. prevede un aggiornamento del citato D.M. 30 settembre alle nuove norme ivi contenute.

t) impianti di accumulo elettrochimico con potenza fino a 10 MW

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2-quater, lettera d) del D.L. n. 7/2002, la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimico inferiori alla soglia di 10 MW, ovunque ubicati, attività libera e non richiede il rilascio di un titolo abilitativo, fatta salva l’acquisizione degli atti di assenso previsti in caso di vincolo culturale o paesaggistico, nonché dei pareri, autorizzazioni o nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti, derivanti da specifiche previsioni di legge vigenti in materia ambientale, di sicurezza e di prevenzione degli incendi, e del nulla osta alla connessione da parte del gestore del sistema di trasmissione nazionale o da parte del gestore del sistema di distribuzione elettrica di riferimento. I soggetti che intendono realizzare gli stessi impianti sono tenuti a inviare copia del relativo progetto al Gestore del sistema di trasmissione nazionale.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera b) dispone l’abrogazione dell’articolo 1, comma 2-quater del D.L. n. 7/2002[18].

u) elettrolizzatori, compresi compressori e depositi, con potenza fino a 10 MW

L’articolo 38, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 199/2021, dispone che la realizzazione di elettrolizzatori di potenza inferiore o uguale a 10 MW ovunque ubicati costituisce attività di edilizia libera e non richiede il rilascio di uno specifico titolo abilitativo, anche nel caso in cui siano connessi ad impianti alimentati da fonti rinnovabili esistenti, autorizzati o in corso di autorizzazione. È comunque fatta salva l’acquisizione di atti di assenso, pareri, autorizzazioni e nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti in materia paesaggistica, ambientale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di connessione alla rete elettrica o alla rete del gas naturale.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 38, del d.lgs. n. 199/2021[19].

v) le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti di cui alle precedenti lettere, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dall’impianto, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete.

Cfr. supra, la normativa già descritta.

 


 

Allegato A – Sezione II
Interventi su impianti esistenti

Procedura vigente

a) modifiche di impianti solari fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, ivi inclusi il potenziamento, il ripotenziamento, il rifacimento e la ricostruzione, anche integrale, a condizione che:

1)    nel caso di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, non incrementino l’area occupata e comportino una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento, anche qualora consistenti nella sostituzione della soluzione tecnologica utilizzata, mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e/o la modifica del layout dell’impianto;

2)    nel caso di impianti fotovoltaici installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, non comportino un incremento dell’altezza mediana dei moduli superiore a quella della balaustra perimetrale;

3)    nel caso di impianti fotovoltaici integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, a condizione che venga mantenuta l’integrazione architettonica

l’articolo 6-bis, comma 1, d.lgs. n. 28/2011 prevede non siano sottoposti a valutazioni ambientali e paesaggistiche, né all’acquisizione di atti di assenso, e sono realizzabili a seguito del solo deposito della DILA, gli interventi su impianti esistenti e le modifiche di progetti autorizzati, ivi inclusi quelli consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, che, senza incremento di area occupata dagli impianti e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento, ricadono nelle seguenti categorie:

§  impianti fotovoltaici a terra: interventi che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell’impianto, comportano una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento;

§  impianti fotovoltaici con moduli su edifici: interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonché, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell’angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera g) dispone l’abrogazione dell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011.

b) modifiche su impianti eolici che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli esistenti, abilitati o autorizzati e sono realizzati nello stesso sito dell’impianto esistente.

Ai sensi dell’articolo 5, comma 3 quinto periodo del d.lgs. n. 28/2011 sono realizzabili previa semplice comunicazione gli interventi che, a prescindere dalla potenza nominale risultante, vengono realizzati nello stesso sito dell’impianto eolico e che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli già esistenti o autorizzati. Fermi restando il rispetto della normativa vigente in materia di distanze minime di ciascun aerogeneratore da unità abitative munite di abitabilità, regolarmente censite e stabilmente abitate, e dai centri abitati individuati dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di smaltimento e recupero degli aerogeneratori, i nuovi aerogeneratori, a fronte di un incremento del loro diametro, dovranno avere un’altezza massima, intesa come altezza dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale, non superiore all’altezza massima dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente moltiplicata per il rapporto fra il diametro del rotore del nuovo aerogeneratore e il diametro dell’aerogeneratore già esistente. Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e VIA di cui al d.lgs. n. 152/2006. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta alla DILA (…)

Ai fini della presente lettera:

1)    nel caso di impianti su un’unica direttrice, il nuovo impianto è realizzato sulla stessa direttrice con una deviazione massima di un angolo di 20°, mantenendo la stessa lunghezza più una tolleranza pari al 20 per cento della lunghezza dell’impianto esistente, abilitato o autorizzato, calcolata tra gli assi dei due aerogeneratori estremi, arrotondato per eccesso;

2)    nel caso di impianti dislocati su più direttrici, la superficie planimetrica complessiva del nuovo impianto è al massimo pari alla superficie oggetto di abilitazione o autorizzazione, con una tolleranza complessiva del 20 per cento; la superficie oggetto di abilitazione o autorizzazione è definita dal perimetro individuato, planimetricamente, dalla linea che unisce, formando sempre angoli convessi, i punti corrispondenti agli assi degli aerogeneratori autorizzati più esterni;

3)    i nuovi aerogeneratori, a fronte di un incremento del diametro, presentano un’altezza massima, da intendersi come il prodotto tra l’altezza massima dal suolo (h1) raggiungibile dall’estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente e il rapporto tra i diametri del rotore del nuovo aerogeneratore (d2) e dell’aerogeneratore esistente (d1): h2 = h1*(d2/d1), non superiore all’altezza massima dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale dell’aerogeneratore esistente, moltiplicata per il rapporto fra il diametro del rotore del nuovo aerogeneratore e il diametro dell’aerogeneratore esistente, il prodotto tra l’altezza massima dal suolo (h1) raggiungibile dall’estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente e il rapporto tra i diametri del rotore del nuovo aerogeneratore (d2) e dell’aerogeneratore esistente (d1): h2 = h1*(d2/d1);

4)    nel caso in cui gli aerogeneratori esistenti, abilitati o autorizzati abbiano un diametro d1 inferiore o uguale a 70 metri, il numero dei nuovi aerogeneratori non supera il minore fra n1*2/3 e n1*d1/(d2-d1);

5)    nel caso in cui gli aerogeneratori esistenti o autorizzati abbiano un diametro d1 superiore a 70 metri, il numero dei nuovi aerogeneratori non deve superare n1*d1/d2 arrotondato per eccesso dove:

5.1) d1: diametro rotori già esistenti o autorizzati;

5.2) n1: numero aerogeneratori già esistenti o autorizzati;

5.3) d2: diametro nuovi rotori;

5.4) h1: altezza raggiungibile dalla estremità delle pale rispetto al suolo (TIP) dell’aerogeneratore già esistente o autorizzato.

Ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 – come sostituito dall’articolo 9, comma 01, lettera b) del D.L. n. 17/2022, per ‘sito dell’impianto eolico’ si intende:

a)     nel caso di impianti su un’unica direttrice, il nuovo impianto è realizzato sulla stessa direttrice con una deviazione massima di un angolo di 20°, utilizzando la stessa lunghezza più una tolleranza pari al 20 per cento della lunghezza dell’impianto autorizzato, calcolata tra gli assi dei due aerogeneratori estremi, arrotondato per eccesso;

b)    nel caso di impianti dislocati su più direttrici, la superficie planimetrica complessiva del nuovo impianto è al massimo pari alla superficie autorizzata più una tolleranza complessiva del 20 per cento; la superficie autorizzata è definita dal perimetro individuato, planimetricamente, dalla linea che unisce, formando sempre angoli convessi, i punti corrispondenti agli assi degli aerogeneratori autorizzati più esterni.

Ai sensi del comma 3-ter dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 – inserito dall’articolo 32, comma 1, lettera b) del D.L. n. 77/2021 per “riduzione minima del numero di aerogeneratori” si intende:

1.     nel caso in cui gli aerogeneratori esistenti o autorizzati abbiano un diametro d1 inferiore o uguale a 70 metri, il numero dei nuovi aerogeneratori non deve superare il minore fra n1*2/3 e n1*d1/(d2-d1);

2.     nel caso in cui gli aerogeneratori esistenti o autorizzati abbiano un diametro d1 superiore a 70 metri, il numero dei nuovi aerogeneratori non deve superare n1*d1/d2 arrotondato per eccesso dove:

1.          d1: diametro rotori già esistenti o autorizzati;

2.          n1: numero aerogeneratori già esistenti o autorizzati;

3.          d2: diametro nuovi rotori;

4.          h1: altezza raggiungibile dalla estremità delle pale rispetto al suolo (TIP) dell’aerogeneratore già esistente o autorizzato.

Ai sensi del comma 3-quater dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 – inserito dall’articolo 32, comma 1, lettera b) del D.L. n. 77/2021 per ‘altezza massima dei nuovi aerogeneratori’ (h2) raggiungibile dall’estremità delle pale si intende il prodotto tra l’altezza massima dal suolo (h1) raggiungibile dall’estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente e il rapporto tra i diametri del rotore del nuovo aerogeneratore (d2) e dell’aerogeneratore esistente (d1): h2=h1*(d2/d1).

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera g), n) e p) dispone l’abrogazione rispettivamente dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011, dell’articolo 32 del D.L. n. 77/2021 e dell’articolo 9, comma 01 del D.L. n. 17/2022.

c) modifiche su impianti idroelettrici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni in aumento delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area occupata dall’impianto esistente, della potenza nominale di concessione né delle opere connesse;

Ai sensi dell’articolo 5, comma 3, terzo periodo, del d.lgs. n. 28/2011, sono realizzabili previa semplice comunicazione gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti (..) idroelettrici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera g) dispone l’abrogazione dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011.

d) sostituzione di impianti solari termici, con potenza nominale utile fino a 10 MW, a servizio di edifici installati su strutture o edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, purché al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 1968;

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011 – come da ultimo modificato dall’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), prevede che l’installazione - anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali - di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per gli impianti installati su determinati beni a vincolo paesaggistico individuati con provvedimento amministrativo apposito (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici[20]) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Si osserva che la normativa vigente testé citata considera interventi di manutenzione ordinaria anche quelli all’interno delle zone A e non fa alcun riferimento alla potenza dell’impianto.

 

L’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011 e l’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), vengono abrogati dall’allegato D, lettera g) e t) e dello schema di decreto legislativo.

e) sostituzione di pompe di calore a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria;

L’articolo 25, commi 1 e 2, e l’allegato II del d.lgs. n. 199/2021, trovano applicazione per la nuova installazione e/o sostituzione di impianti tecnologici destinati ai servizi di climatizzazione invernale e/o estiva e/o produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato[21]. Gli interventi di installazione e sostituzione di pompe di calore:

a) sono considerati attività di edilizia libera e sono eseguiti senza comunicazione da parte dell’interessato all’amministrazione comunale né titolo abilitativo quando:

i) riguardano pompe di calore con potenza termica utile nominale inferiore a 40 kW;

ii) sono ascrivibili al novero di interventi di manutenzione ordinaria di cui al D.P.R. 380/2001;

b) sono eseguiti con CILA nei casi diversi da quelli di cui alla lettera a).

Ove l’intervento ricada su un immobile sottoposto a vincoli culturali e paesaggistici, resta ferma la disciplina autorizzatoria prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio (..).

L’installazione di pompe di calore destinate alla sola produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell’impianto idrico-sanitario già in opera.

 

Lo schema di d.lgs. in esame, allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 25, commi 1 e 2, del relativo allegato II del d.lgs. n. 199/2021.

f) sostituzione di impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza termica utile nominale fino a 2 MW;

g) sostituzione di unità di microcogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 20/2007;

Ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, d.lgs. 28/2011 dal 1° ottobre 2014, la comunicazione per l’esercizio di unità di microcogenerazione, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 20/2007, disciplinata dal comma 20 dell’articolo 27 della L. n. 99/2009, è effettuata utilizzando un modello unico (…).

 

L’allegato D, lettera g) dello schema di d.lgs. prevede l’abrogazione dell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011.

h) sostituzione di impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007 a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, con potenza nominale utile fino a 2 MW;

Ai sensi dell’articolo 6, comma 11 del d.lgs. n. 28/2011 e del paragrafo 12.3 delle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, sono in edilizia libera e assoggettati solo a previa comunicazione gli impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas:

·       operanti in assetto cogenerativo e aventi una capacità di generazione massima inferiore a 50kWe (micro-cogenerazione), come già previsto dall’articolo 27, comma 20 della legge n. 99/2009, oppure

impianti non ricadenti fra quelli di cui al punto precedente, realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici e aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto.

i) sostituzione di generatori di calore a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria;

Ai sensi dell’articolo 25, commi 1 e 2 e allegato II del d.lgs. n. 199/2021, gli interventi di installazione e sostituzione di generatori di calore:

a) sono considerati attività di edilizia libera e sono eseguiti senza comunicazione da parte dell’interessato all’amministrazione comunale né titolo abilitativo quando sono ascrivibili al novero di interventi di manutenzione ordinaria di cui al D.P.R. 380 del 2001;

b) sono eseguiti previa CILA, nei casi diversi Ove l’intervento ricada su un immobile sottoposto a vincoli culturali e paesaggistici, resta ferma la disciplina autorizzatoria prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio e dal D.P.R. n. 31/2017.

 

Lo schema di d.lgs. in esame, allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 25, commi 1 e 2, del relativo allegato II del d.lgs. n. 199/2021.

l) modifiche su sistemi di accumulo elettrochimico da realizzare all’interno dell’area occupata dal correlato impianto esistente, che non comportino, rispetto ai sistemi di accumulo esistenti o a progetti di sistemi di accumulo abilitati o autorizzati, aggravi degli impatti acustici ed elettromagnetici, incrementi di potenza superiori al 20%, incrementi dell’altezza dei manufatti superiori al 10 %, né incrementi delle volumetrie superiori al 30%;

Ai sensi dell’articolo 1, commi 2-quater, lettera c) del D.L. n. 7/2002, la realizzazione degli impianti di accumulo elettrochimico funzionali alle esigenze del settore elettrico, ivi inclusi i sistemi di conversione di energia, i collegamenti alla rete elettrica e ogni opera connessa e accessoria, è autorizzata in base alle seguenti procedure:

lettera c) n. 2) procedura di modifica ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 (Autorizzazione unica), ove l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili sia già realizzato e l’impianto di accumulo elettrochimico comporti l’occupazione di nuove aree rispetto all’impianto esistente.

 

L’allegato D, lettera c) e b) dello schema di d.lgs. prevede l’abrogazione, rispettivamente, dell’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e la relativa tabella A. nonché dell’articolo 1, comma 2-quater del D.L. n. 7/2002.

m) modifiche su elettrolizzatori, compresi compressori e depositi, con potenza fino a 10 MW, purché non comportino, rispetto a elettrolizzatori esistenti o a progetti di elettrolizzatori abilitati o autorizzati, un incremento dell’altezza dei manufatti superiore al 10 % né un incremento delle volumetrie superiore al 30%;

L’articolo 38, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 199/2021, dispone che la realizzazione di elettrolizzatori di potenza inferiore o uguale a 10 MW ovunque ubicati costituisce attività di edilizia libera e non richiede il rilascio di uno specifico titolo abilitativo, anche nel caso in cui siano connessi ad impianti alimentati da fonti rinnovabili esistenti, autorizzati o in corso di autorizzazione. È comunque fatta salva l’acquisizione di atti di assenso, pareri, autorizzazioni e nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti in materia paesaggistica, ambientale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di connessione alla rete elettrica o alla rete del gas naturale.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 38, del d.lgs. n. 199/2021[22].

 

Il comma 2 specifica che sono esclusi dall’applicazione del regime di attività libera gli interventi:

§  ricadenti su beni culturali oggetto di tutela ai sensi della Parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004),

§  effettuati in aree naturali protette di cui alla L. n. 394/1991,

§  effettuati all’interno di siti della rete Natura 2000 (direttiva 92/43/CEE).

Qualora gli interventi elencati nell’allegato A, ricadano su tali beni o aree, ad essi si applica il regime della procedura abilitativa semplificata.

 

La legge n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette) individua, classifica e disciplina le aree protette del territorio nazionale, prevedendo tra l’altro specifiche misure di tutela dei territori ad esse appartenenti. In particolare l’articolo 13, comma 1, prevede che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”.

Una disciplina specifica è invece prevista per i siti della c.d. rete Natura 2000, istituita dalla direttiva 92/43/CEE (c.d. direttiva Habitat) relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357. In particolare si ricorda che l’articolo 6 della citata direttiva dispone che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”. La valutazione di incidenza (VINCA) è disciplinata dettagliatamente dall’articolo 5 del D.P.R. 357/1997. Tale articolo precisa inoltre (al comma 4) che per i progetti assoggettati a VIA che interessano siti della rete “Natura 2000”, la VINCA è ricompresa nell’ambito della VIA. L’articolo 10, comma 3, del Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) ribadisce che “la VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d’incidenza”.

La Parte II del d.lgs. n. 42/2004 (artt. 10-100), Codice dei beni culturali e del paesaggio, disciplina i beni culturali. In questa sede si rileva che, ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del Codice, sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11 del medesimo provvedimento, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.

La definizione è ulteriormente specificata dall’articolo 10 del Codice, richiamato dall’articolo 2. L’articolo 10, essenzialmente distingue tra beni di proprietà pubblica e di enti privati senza fine di lucro, e beni di proprietà privata:

-          I beni di proprietà pubblica (Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali, nonché ogni altro ente ed istituto pubblico), o di proprietà di enti privati senza scopo di lucro, i quali, presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (commi 1 e 2).
In tal caso l’interesse culturale viene verificato, ai sensi dell’articolo 12 del Codice, con il procedimento di verifica di interesse culturale. In caso di accertamento positivo dell’interesse culturale (c.d. vincolo) i beni sono (definitivamente) soggetti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte II del Codice.

-          I beni che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di proprietà di soggetti diversi (ovvero i beni di proprietà privata). Questi, per essere considerati beni culturali, devono presentare un interesse particolarmente importante (comma 3).
In tal caso, ai sensi dell’articolo 13 del Codice, opera la dichiarazione di interesse culturale, il cui accertamento positivo fa sì che il bene sia sottoposto ai “vincoli” di tutela. I beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica.

 

Per maggiori approfondimenti, si rinvia al focus dell’attività parlamentare sulla “nozione di bene culturale“.

Ai sensi dell’articolo 20, comma 1 del Codice, i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione. Ai sensi dell’articolo 21, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. L’articolo 22 disciplina il procedimento di autorizzazione per gli interventi edilizi. L’articolo 23 specifica che, qualora gli interventi autorizzati necessitino anche di titolo abilitativo in materia edilizia, è possibile il ricorso alla SCIA, nei casi previsti dalla legge. Si richiama poi l’articolo 25, ai sensi del quale, nei procedimenti relativi ad opere o lavori incidenti su beni culturali, ove si ricorra alla conferenza di servizi, l’assenso ivi espresso dal competente organo del Ministero con dichiarazione motivata, acquisita al verbale della conferenza e contenente le eventuali prescrizioni impartite per la realizzazione del progetto, sostituisce, a tutti gli effetti, l’autorizzazione[23].

In relazione a quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 7 qui in commento, si rammenta che questa previsione riguarda interventi che insistono su beni che risultino, prima dell’abilitazione agli interventi ex articolo 7, già dichiarati di interesse culturale. Sul punto si rinvia a quanto si dirà infra nella scheda di lettura relativa all’articolo 13, comma 7 dello schema di decreto legislativo in esame (norme di coordinamento), laddove si dispone, corrispettivamente, che agli interventi che risultino invece già abilitati ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7 non si applicano gli effetti derivanti dalla dichiarazione di interesse culturale o di notevole interesse pubblico disposta in virtù di un procedimento, disciplinato dagli articoli 12, 13 e 140 del Codice dei beni culturali, iniziato o conclusosi dopo la maturazione del titolo abilitativo.

Il comma 3 dell’articolo 7 prende in considerazione gli interventi che insistono sui beni sottoposti a vincolo paesaggistico di cui all’articolo 136, comma 1, lettera b) e c) del Codice dei beni culturali – ville, giardini, parchi di non comune bellezza o complessi immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici – individuati mediante apposito provvedimento amministrativo[24].

Il comma prevede che per tali interventi si applichino le disposizioni di cui al successivo comma 4, e, dunque, la loro realizzazione viene consentita previo rilascio dell’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. L’autorità deve esprimersi entro trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza di autorizzazione, previo parere vincolante della Soprintendenza competente, da rendere entro venti giorni ai sensi (recte: secondo le modalità) dell’articolo 146, comma 8 del Codice dei beni culturali[25].

Il termine di trenta giorni può essere sospeso una sola volta se, entro cinque giorni dalla data di ricezione dell’istanza, l’autorità preposta o la Soprintendenza manifestino in modo puntuale e motivato la necessità di effettuare approfondimenti istruttori o di ricevere integrazioni documentali, assegnando un termine non superiore a quindici giorni. In caso di sospensione, il termine di trenta giorni riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o dalla data di presentazione delle integrazioni richieste.

L’omessa presentazione degli approfondimenti o integrazioni entro il termine, equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi. È inoltre disposto che, qualora l’autorità non si esprima entro trenta giorni, l’autorizzazione si intenda rilasciata in senso favorevole ed il provvedimento di diniego adottato dopo la scadenza del termine sia inefficace, salvo che la Soprintendenza competente non abbia reso parere negativo ai sensi del già citato articolo 146, comma 8 del Codice dei beni culturali.

Il comma 5 esclude l’acquisizione dell’autorizzazione e dunque riconduce all’attività libera gli interventi da realizzare su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico individuati dall’articolo 136, comma 1, lettera c) del Codice dei beni culturali – complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici – qualora gli stessi interventi non siano visibili dagli spazi esterni e dai punti di vista panoramici degli immobili, o, per la sola installazione di impianti fotovoltaici, le coperture e manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.

 

Si osserva che i commi da 3 a 5 dell’articolo in esame ricalcano in buona sostanza, attribuendovi invero portata generale, quanto già previsto dalla disciplina vigente – all’articolo 7-bis, comma 5 del d.lgs. n. 28/2011 – relativamente a taluni impianti a fonti rinnovabili installati su determinati beni sottoposti a vincolo paesaggistico. L’articolo 7-bis comma 5 viene, per coordinamento, abrogato dall’articolo 14 e allegato D, lettera g) dello schema di decreto legislativo in esame.

 

L’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011, da ultimo modificato dagli articoli 47 e 49 del D.L. n. 13/2013, l’installazione, anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti in comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione e eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti.

Per gli impianti di tale tipo installati su determinati beni a vincolo paesaggistico, di cui all’articolo 136, comma 1, lettera b) e c) del Codice dei beni culturali, individuati con apposito provvedimento amministrativo (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’amministrazione competente, da rendere entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di ricezione dell’istanza, decorso il quale senza che siano stati comunicati i motivi ostativi, l’autorizzazione si intende rilasciata. Il termine può essere sospeso per un massimo di trenta giorni qualora la Soprintendenza rappresenti la necessità di effettuare approfondimenti istruttori ovvero di apportare modifiche al progetto. Nei centri e nuclei storici sottoposti a vincolo paesaggistico, per essere considerato intervento di manutenzione ordinaria, i pannelli integrati nelle coperture non devono però essere visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.

 

Ai sensi del comma 6 dell’articolo 7, al di fuori dei casi previsti dal comma 3, si applica invece il regime della procedura abilitativa semplificata (PAS) qualora sussista uno dei vincoli di cui all’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990. In sostanza, si applica la PAS ove occorrano atti di assenso riguardanti l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ovvero occorra l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ovvero nei casi in cui la legge qualifica il silenzio come rigetto dell’istanza, nonché per gli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

L’articolo 20, comma 4 della legge 241/1990 dispone che la disciplina sul c.d. silenzio-assenso non si applicano:

§  agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali,

§  ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza;

§  agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica (ora Ministro per la pubblica amministrazione), di concerto con i Ministri competenti.

I casi elencati all’articolo 20, dunque, escludono l’applicabilità del silenzio assenso. Gli stessi vincoli, ove presenti con riferimento agli interventi di cui all’allegato A, impongono la procedura abilitativa semplificata (PAS), la cui natura, sebbene oggetto di dibattito, presenta quanto meno diversi profili di affinità con lo stesso istituto del silenzio assenso (cfr, sul punto, la scheda dell’articolo 8).

 

Sono altresì sottoposti a PAS gli interventi che ricadono o producono interferenze nella fascia di rispetto stradale o comportano modifiche agli accessi esistenti oppure apertura di nuovi accessi.

 

Si ricorda in proposito che il Codice della strada (d.lgs. n. 285/1992) prevede all’articolo 16 la disciplina delle “fasce di rispetto in rettilineo ed aree di visibilità nelle intersezioni fuori dei centri abitati”, disponendo , ai commi 1 e 2, l’obbligo di rispetto delle fasce in cui è vietato costruire o aprire varchi e scavi, nonché di visibilità sufficiente in corrispondenza delle intersezioni stradali a raso e, al comma 3, il divieto di costruzione di ogni genere di manufatti in elevazione in corrispondenza e all’interno degli svincoli.

Il successivo articolo 18 reca la disciplina delle “fasce di rispetto ed aree di visibilità nei centri abitati” stabilendo che nei centri abitati, per le nuove costruzioni, ricostruzioni ed ampliamenti, le fasce di rispetto a tutela delle strade, misurate dal confine stradale, non possono avere dimensioni inferiori a quelle indicate nel regolamento di attuazione del Codice, in relazione alla tipologia delle strade. In corrispondenza di intersezioni stradali a livelli sfalsati è, anche in questo caso, vietata la costruzione di ogni genere di manufatti in elevazione all’interno dell’area di intersezione che pregiudichino, a giudizio dell’ente proprietario, la funzionalità dell’intersezione stessa e le fasce di rispetto da associare alle rampe esterne devono essere quelle relative alla categoria di strada di minore importanza tra quelle che si intersecano.

Per quanto riguarda gli accessi, l’articolo 22 del Codice reca il divieto di nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, né nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato senza la preventiva autorizzazione dell’ente proprietario della strada. Sono altresì vietate trasformazioni di accessi o di diramazioni già esistenti e variazioni nell’uso di questi, salvo preventiva autorizzazione dell’ente proprietario della strada.

 

Infine, il comma 7 dispone che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il modello unico semplificatogià previsto dalla normativa vigente per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di taluni impianti fotovoltaici sugli edifici – sia esteso agli interventi in attività libera di cui all’articolo in commento.

Si rammenta che, con il decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 maggio 2015 si è provveduto all’”approvazione del modello unico per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di piccoli impianti fotovoltaici integrati sui tetti degli edifici o su strutture o manufatti diversi dagli edifici o a terra”, assoggettati al regime dell’edilizia libera.

Successivamente, in virtù dell’estensione delle tipologie di interventi in edilizia libera, l’articolo 25, comma 3, lettera a) del d.lgs. 199/2021 – citato nel testo del comma 7 in commento - ha esteso l’applicazione del modello unico semplificato agli impianti fotovoltaici di potenza fino a 50 kW.

Con un ulteriore intervento, contenuto nell’articolo 10, del D.L. n. 17/2022, è stato demandato all’allora Ministro della transizione ecologica (ora Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), di provvedere, con decreto, da adottare di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, all’ individuazione delle condizioni e delle modalità per l’estensione del modello unico semplificato, agli impianti di potenza fino a 200 kW, realizzati ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del d.lgs. n. 28/2011, come modificato dall’articolo 9 dello stesso decreto legge. L’articolo 7-bis comma 5 è stato successivamente ulteriormente modificato al fine di estendere ulteriormente le fattispecie di impianti fotovoltaici in edilizia libera. Per una descrizione di tale norma si rinvia, supra.

In attuazione del citato D.L., è stato adottato il D.M. 2 agosto 2022 n. 297, che reca il (nuovo) modello unico per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di impianti fotovoltaici su edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici.

Si segnala che l’articolo 10 del D.L. n. 17/2022 viene abrogato dall’allegato D, lettera p) dello schema di decreto legislativo in esame. Il medesimo allegato, alla lettera n), abroga altresì le modifiche apportate al D.M. 19 maggio 2015 dall’articolo 31, comma 2-quater, del D.L. n. 77/2021.

Si osserva che il comma 7 dell’articolo 7 qui in esame non dispone in ordine alle modalità di aggiornamento del modello unico semplificato per una estensione dello stesso alle attività di cui all’articolo in esame.

Si valuti quindi l’opportunità di introdurre una disposizione analoga a quella già introdotta dal legislatore – articolo 10 del D.L. n. 17/2022 – per l’aggiornamento del modello in questione.

 

Appare opportuno segnalare che l’allegato D dello schema di decreto legislativo in esame dispone, alla lettera n) l’abrogazione dell’articolo 31, comma 2-ter del D.L. n. 77/2021, il quale, a suo volta, novella l’articolo 6, lettera e-quater) del D.P.R. n. 380/2001 (TU Edilizia).

L’articolo 6, lettera e-quater) del D.P.R. n. 380/2001 – come novellato - dispone che sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, come definiti alla voce 32 dell’allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, o degli impianti di cui all’articolo 87 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.


 

L’articolo 6, lettera e-quater) del D.P.R. n. 380/2001, per la quale è indicata in neretto la novella apportata dall’articolo 31, comma 2-ter del D.L. n. 77/2021, non viene invece direttamente modificata dallo schema di d.lgs. in esame. Si valuti l’opportunità di un coordinamento al riguardo, anche alla luce delle casistiche indicate in allegato A.


 

Articolo 8
(Procedura abilitativa semplificata)

 

 

L’articolo 8, comma 1, dispone che il regime della procedura abilitativa semplificata (PAS) sia applichi agli interventi di cui all’allegato B.

La procedura, disciplinata dai commi da 2 a 9, prevede, al comma 2, che il soggetto proponente presenti al comune il progetto, secondo un modello unico e mediante lo Sportello unico delle energie rinnovabili (piattaforma SUER), corredato delle dichiarazioni sostitutive di cui al D.P.R. n. 445/2000, della dichiarazione di legittima disponibilità delle superficie, delle asseverazioni tecniche di attestazione della compatibilità degli interventi con la normativa vigente, degli elaborati tecnici per la connessione e, qualora necessari, per l’adozione degli atti di assenso, nonché del cronoprogramma di realizzazione degli interventi. Qualora gli interventi non siano realizzati o qualora l’impianto non sia entrato in esercizio entro i termini previsti dal cronoprogramma, il comma 9 prevede la decadenza del titolo abilitativo

Il comune procedente, ai sensi del comma 4, ha trenta giorni dalla data di presentazione del progetto per comunicare un espresso provvedimento di diniego, allo scadere di quali il titolo abilitativo è da intendersi perfezionato. Il termine può essere sospeso una sola volta se vi è la necessità di acquisire integrazioni documentali o effettuare approfondimenti istruttori. Sono previste estensioni dei termini (commi 5 e 6), qualora siano necessari atti di assenso nelle materie di cui all’articolo 20, comma 4, dalla legge n. 241/1990.

Alla decorrenza dei termini, il soggetto proponente richiede la pubblicazione dell’avviso di perfezionamento del titolo abilitativo sul B.U.R. della regione interessata. Dalla data di pubblicazione, che avviene nel primo B.U.R. successivo alla ricezione della richiesta, il titolo abilitativo acquista efficacia, è opponibile ai terzi e decorrono i termini di impugnazione (comma 7).

Resta ferma la possibilità per il comune di procedere ad annullamento d’ufficio in autotutela entro sei mesi dal perfezionamento dell’abilitazione (comma 8).

 

Nello specifico, il comma 1 dispone che gli interventi di cui all’allegato B siano da effettuarsi attraverso il regime di procedura abilitativa semplificata (PAS), fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 in materia di acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi ai sensi del D.P.R. n. 380/2001.

 

Anche in questo caso la relazione illustrativa, così come l’AIR, non indicano quali siano le specifiche riconduzioni al regime della PAS rispetto alla normativa vigente.

Si è pertanto operata in questa sede una specifica analisi dei singoli interventi prescritti dall’allegato B, effettuando una comparazione con la normativa di legge vigente in materia. Si precisa che taluni interventi sono indicati in allegato B “per differenza” rispetto all’allegato A, facendosi riferimento a tipologie di impianti diversi da quelli indicati in allegato A purché al di sotto di una data soglia. In nota viene dunque operato un richiamo, laddove necessario, all’allegato A.

Da tale comparazione sembra potersi rilevare come alcuni interventi attualmente considerati manutenzione ordinaria risultino ora ricondotti alla PAS, e che alcune soglie di applicazione della PAS per altri interventi parrebbero aumentate. Di tali casi si darà conto con osservazioni in corsivo, all’interno della tabella.

 

Allegato B – Sezione I
Interventi di nuova realizzazione in regime di PAS

Procedura vigente

a) impianti solari fotovoltaici, di potenza inferiore a 10 MW, diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), numero 1, della Sezione I dell’allegato A[26], i cui moduli sono collocati con qualsiasi modalità su edifici e per i quali la superficie complessiva dei moduli fotovoltaici dell’impianto non sia superiore a quella del tetto dell’edificio sul quale i moduli sono collocati;

La lettera e-quater del comma 1 dell’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001 - aggiunta dal cd. d.lgs. n.222/2016 e successivamente modificata dal D.L. n. 77/2021- prevede che possano essere installati senza alcun titolo abilitativo i pannelli fotovoltaici, a servizio di edifici o impianti radioelettrici, posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, purché al di fuori della zona A), comprese le aree circostanti.

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011, come da ultimo modificato dall’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), prevede che l’installazione – anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali – di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinati all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per gli impianti installati su determinati beni a vincolo paesaggistico individuati con provvedimento amministrativo apposito (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici[27]) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011 prevedere il regime dell’edilizia libera per gli impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, non indicando limiti di potenza.

L’articolo 7-bis, del d.lgs. n. 28/2011, nonché l’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e t) dello schema in esame.

b) impianti solari fotovoltaici, diversi da quelli di cui alle lettere a), b), c) e d) della Sezione I dell’allegato A[28] e da quelli di cui alla presente Sezione, di potenza inferiore a 10 MW nelle aree classificate idonee ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, ivi comprese le aree di cui al comma 8 del medesimo articolo 20;

L’articolo 4, comma 2-bis e l’articolo 6, comma 9-bis del D. Lgs. n. 28/2011, come da ultimo modificato dall’articolo 9, comma 9-septies, lettera a) e b) del D.L. n. 181/2023, dispone che nelle aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021, ivi incluse quelle idonee ex lege “nelle more” ai sensi del comma 8 del medesimo articolo, la soglia per l’assoggettabilità a PAS degli impianti fotovoltaici sia di 12 MW. Il comma 9-septies dell’articolo 9 del D.L. n. 181/2023 ha innalzato a 12 MW la soglia per l’assoggettabilità a PAS precedentemente fissata a 10 MW. Il comma 9-octies ha disposto che tale innalzamento trovi applicazione ai procedimenti avviati successivamente all’8 febbraio 2024, data di entrata in vigore della L. n. 11/2024, di conversione del decreto-legge.

Lo schema di decreto in esame sembra dunque arretrare rispetto alla normativa vigente.

Si consideri che sia l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011, sia l’articolo 9, commi 9-septies e 9-octies sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e aa) dello schema in esame.

c) impianti solari fotovoltaici di potenza inferiore a 10 MW i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto;

L’articolo 6-bis, comma 3 del d.lgs. n. 28/2011, introdotto dall’articolo 56, comma 1 del D.L. n. 76/2020, dispone che siano realizzabili mediante DILA i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocate sulle coperture di fabbricati rurali, di edifici a uso produttivo e di edifici residenziali, nonché i progetti di nuovi impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di fabbricati rurali e di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto. Gli impianti devono essere realizzati al di fuori delle zone A (parti del territorio con agglomerati urbani di carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale) e ad esclusione delle zone tutelate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004).

Quest’ultima normativa è tuttavia da considerarsi superata dal comma 5 dell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011, che prescrive per gli impianti fotovoltaici sugli edifici l’edilizia libera.

 

Si consideri che sia gli articoli 6-bis e 7-bis del d.lgs. n. 28/2011, sia gli articoli 30, comma 1 del D.L. n. 91/2014 e 56, comma 1 del D.L. n. 76/2020 e sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g), l) m) dello schema in esame.

d) impianti solari fotovoltaici di potenza pari a 10 MW e fino a 12 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento;

L’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, inserito dall’articolo 47, comma 1, lettera b) del D.L. n. 13/2023 prevede che l’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste. Se l’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il relativo progetto è previamente comunicato alla competente soprintendenza che, accertata la carenza dei requisiti di compatibilità, adotta, entro trenta giorni, un provvedimento motivato di diniego alla realizzazione degli interventi.

L’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021 non fa quindi riferimento a limiti di potenza, per il relativo regime autorizzativo di edilizia libera (cfr. supra).

 

L’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, nonché l’articolo 47, comma 1, lettera b) del D.L. n. 13/2023 che l’ha introdotto, vengono abrogati dall’articolo 14, allegato D, lettera o) e t) dello schema di decreto.

e) impianti fotovoltaici di potenza inferiore a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche o demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione, diversi da quelli (in autorizzazione unica) di cui all’allegato C, Sezione I, lettera v) e Sezione II, lettera v)[29]»;

L’articolo 9-ter, comma 3, del D.L. n. 17/2022 – come modificato dall’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023 – dispone l’applicazione del regime della PAS ai fini dell’installazione di impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche o demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione. La PAS non si applica se gli impianti sono ubicati all’interno delle aree soggette a vincolo paesaggistico, delle aree naturali protette o di siti della rete Natura 2000.

Sia l’articolo 9-ter del D.L. n. 17/2022, sia l’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023 risultano abrogati dall’allegato D, lettere p) e u) dello schema di decreto.

f) impianti solari fotovoltaici o agrivoltaici, diversi da quelli (in edilizia libera) di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) della Sezione I dell’allegato A[30] nonché da quelli di cui alla presente Sezione, di potenza fino a 1 MW;

 

Si valuti l’opportunità di sostituire la locuzione “di cui alla presente Sezione” con una indicazione dettagliata delle lettere di cui alla medesima “presente Sezione” si intende fare riferimento.

L’articolo 9, comma 1-quinquies del D.L. n. 17/2022 dispone l’applicazione della DILA per la costruzione di impianti fotovoltaici con moduli a terra la cui potenza elettrica risulta inferiore a 1 MW, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti situati in aree idonee, non sottoposte alle norme di tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e al di fuori delle zone A (agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), per la cui realizzazione non sono previste procedure di esproprio.

 

Si consideri che l’articolo 9, comma 1-quinquies, del D.L. n. 17/2022 è abrogato dall’allegato D, lettera p) dello schema di decreto.

g) impianti eolici con potenza superiore a 20 kW e inferiore a 60 kW, posti al di fuori di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000;

L’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e la relativa tabella A dispongono che, per gli impianti eolici di potenza inferiore a 60 kW, si applichi la disciplina della PAS. Le regioni inoltre, ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del d.lgs. n. 28/2011 possono estendere estendere la soglia agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

 

Si consideri che sia l’articolo 12 e la relativa tabella A del d.lgs. n. 387/2003, sia l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 risultano abrogati dall’allegato D, lettere c) e g) dello schema di decreto.

h) torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento per un periodo superiore a 36 mesi, realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili, fermo restando l’obbligo alla rimozione delle stesse e al ripristino dello stato dei luoghi entro un mese dalla conclusione della rilevazione[31].

L’articolo 6, comma 11 del d.lgs. n. 28/2011 rinvia ai paragrafi 11 e 12 delle Linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010. Le linee guida (par 12.5), assoggetta a comunicazione le torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento fino a tre anni, con obbligo di ripristino dello stato dei luoghi entro il mese successivo, realizzate mediante strutture amovibili, in aree non soggette a vincolo o a tutela, con il consenso del proprietario del fondo.

Il punto 12.6 delle linee guida dispone che siano realizzabili mediante DIA (ora SCIA) le torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento per un periodo superiore a 36 mesi.

Si ricorda, peraltro, che le regioni e le province autonome possono estendere il regime della comunicazione ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW (articolo 6, comma 11 del d.lgs. n. 28/2011).

 

L’articolo 12 e la relativa tabella A del d.lgs. n. 387/2003, sia l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 risultano abrogati dall’allegato D, lettere c) e g) dello schema di decreto.

i) impianti idroelettrici con capacità di generazione inferiore a 100 kW di potenza di concessione;

L’articolo 12, comma 5 del d.lgs. n. 387/2003 e la relativa tabella A dispongono la procedura della PAS per gli impianti idroelettrici di potenza inferiore a 100 kW. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del d.lgs. n. 28/2011, le regioni e le province autonome possono comunque applicare la PAS agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune (essendo questo l’ente competente per la PAS), la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica[32].

L’articolo 12 e la relativa tabella A del d.lgs. n. 387/2003 e l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 risultano abrogati dall’allegato D, lettere c) e g) dello schema di decreto.

l) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione con potenza superiore a 50 kW e inferiore a 1 MW, operanti in assetto cogenerativo;

Ai sensi dell’articolo 12, comma 5 e relativa tabella A del d.lgs. n. 387/2003, come sostituito dall’articolo 31, comma 7 e allegato II al D.L. n. 77/2021, è sottoposta a PAS la costruzione e l’esercizio di gli impianti alimentati da biomasse con potenza fino a 200 kW e gli impianti alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas con potenza fino a 300 kW. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del d.lgs. n. 28/2011, le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

 

L’articolo 12 e relativa tabella A del d.lgs. n. 387/2003, l’articolo 31, comma 7 e tabella del D.L. n. 77/2021, nonché l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 risultano abrogati dall’allegato D, lettere c), n) e g) dello schema di decreto.

m) impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas non operanti in assetto cogenerativo e aventi capacità di generazione:

1) inferiore a 200 kW, per impianti a biomassa;

2) inferiore a 300 kW, per gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;

n) sonde geotermiche a circuito chiuso con potenza termica complessiva superiore a 50 kW e inferiore a 100 kW, con profondità non superiore a 3 metri dal piano di campagna, se orizzontali, e non superiore a 170 metri dal piano di campagna, se verticali;

Ai sensi dell’articolo 25, comma 6-bis del d.lgs. n.199/2021, aggiunto dall’articolo 15 del D.L. n. 17/2022, è stato adottato il D.M. 30 settembre 2022, il quale ha definito le prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e alla produzione di energia elettrica. L’articolo 3 del D.M. 30 settembre 2022 dispone che siano assoggettabili a PAS gli impianti con potenza termica inferiore a 100 kW e le cui sonde geotermiche si estendono, se orizzontali, a profondità non superiore a 3 metri dal piano campagna e/o se verticali, a profondità non superiore a 170 metri dal piano campagna.

L’allegato D, lettera p), dello schema in esame dispone l’abrogazione dell’articolo 15, comma 1, del D.L. n. 17/2022, con il quale è stato introdotto nell’ordinamento il comma 6-bis dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021.

Il comma 6-bis dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021, purtuttavia, non viene abrogato dallo schema di decreto in esame, il quale anzi dispone, all’articolo 13, comma 6, l’aggiornamento del sopra citato D.M. attuativo (D.M. 30 settembre 2022).

Si valuti dunque l’opportunità di un coordinamento tra la lettera p) dell’allegato D e l’articolo 13, comma 6 dello schema.

o) impianti solari termici, con potenza termica nominale utile fino a 10 MW, a servizio di edifici installati su strutture o edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, all’interno della zona A) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 1968;

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del d.lgs. n. 28/2011 – come da ultimo modificato dall’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), prevede che l’installazione - anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali - di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinati all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per gli impianti installati su determinati beni a vincolo paesaggistico individuati con provvedimento amministrativo apposito (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici[33]) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

La normativa vigente prevede il regime dell’edilizia libera per gli impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, non indicando limiti di potenza.

L’articolo 7-bis, del d.lgs. n. 28/2011, nonché l’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e t) dello schema in esame.

p) impianti solari termici, con potenza termica fino a 10 MW, asserviti a processi produttivi;

L’articolo 25, commi 1 e 2, e l’allegato II del d.lgs. n. 199/2021, trovano applicazione per la nuova installazione e/o sostituzione di impianti tecnologici destinati ai servizi di climatizzazione invernale e/o estiva e/o produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato[34]. Gli interventi di installazione e sostituzione di pompe di calore sono considerati attività di edilizia libera solo se di potenza termica utile nominale inferiore a 40 kW o sono ascrivibili al novero di interventi di manutenzione ordinaria di cui al D.P.R. 380/2001.

Sono eseguiti con CILA nei casi diversi da quelli di cui alla lettera a).

Ove l’intervento ricada su un immobile sottoposto a vincoli culturali e paesaggistici, resta ferma la disciplina autorizzatoria prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio (..).

L’installazione di pompe di calore destinate alla sola produzione di acqua calda e di aria negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, è considerata estensione dell’impianto idrico-sanitario già in opera.

 

Lo schema di d.lgs. in esame, allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 25, commi 1 2, del relativo allegato II del d.lgs. n. 199/2021.

q) pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

r) impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

Ai sensi dell’articolo 6, comma 11 del d.lgs. n. 28/2011 e del paragrafo 12.3 delle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, sono in edilizia libera (comunicazione) gli impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas solo se operanti in assetto cogenerativo e con una capacità di generazione massima inferiore a 50kWe (micro-cogenerazione), come già previsto dall’articolo 27, comma 20 della legge n. 99/2009.

s) impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza nominale utile superiore a 200 kW e fino a 2 MW;

t) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 20 del 2007, a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 200 kW e inferiore a 2 MW;

u) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 20 del 2007[35], asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

v) generatori di calore, diversi da quelli di cui alle lettere o), p), q), r), s), t), u), asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

Ai sensi dell’articolo 25, commi 1 e 2 e allegato II del d.lgs. n. 199/2021, gli interventi di installazione e sostituzione di generatori di calore:

a) sono considerati attività di edilizia libera e sono eseguiti senza comunicazione da parte dell’interessato all’amministrazione comunale né titolo abilitativo quando sono ascrivibili al novero di interventi di manutenzione ordinaria di cui al D.P.R. 380 del 2001;

b) sono eseguiti previa CILA, nei casi diversi ove l’intervento ricada su un immobile sottoposto a vincoli culturali e paesaggistici, resta ferma la disciplina autorizzatoria prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio e dal D.P.R. n. 31/2017.

 

Lo schema di d.lgs. in esame, allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 25, commi 1 e 2, del relativo allegato II del d.lgs. n. 199/2021.

z) impianti a biometano di capacità produttiva fino a 500 standard metri cubi/ora;

Ai sensi dell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 28/2011, introdotto dall’articolo 30, comma 2, del D.L. n. 91/2014, è prevista la PAS per i nuovi impianti di produzione di biometano di capacità produttiva non superiore a 500 standard metri cubi/ora.

 

Sia l’articolo 8-bis del d.lgs. n. 28/2011, sia l’articolo 30, comma 2 del D.L. n. 91/2014 sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e l) dello schema in esame

aa) impianti di accumulo elettrochimico ubicati all’interno di aree ove sono situati impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione, o ubicati all’interno di aree ove siano presenti, o risultino autorizzati, impianti di produzione di energia elettrica che abbiano potenza fino a 300 MW, o ubicati presso aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione, i quali non comportino estensione delle aree stesse ovvero aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richiedano variante agli strumenti urbanistici adottati;

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2-quater, lettera a) del D.L. n. 7/2002, è sottoposta al regime di PAS la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimico ubicati all’interno di aree ove sono situati impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione, o ubicati all’interno di aree ove siano presenti, o risultino autorizzati, impianti di produzione di energia elettrica che abbiano potenza fino a 300 MW, o ubicati presso aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione, i quali non comportino estensione delle aree stesse ovvero aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richiedano variante agli strumenti urbanistici adottati.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera b) dispone l’abrogazione dell’articolo 1, comma 2-quater del D.L. n. 7/2002[36].

bb) elettrolizzatori, compresi compressori e depositi, con potenza superiore a 10 MW ubicati all’interno di aree industriali ovvero di aree ove sono situati impianti industriali anche per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ancorché non più operativi o in corso di dismissione, la cui realizzazione non comporti occupazione in estensione delle aree stesse, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente e che non richiedano una variante agli strumenti urbanistici adottati;

L’articolo 38, comma 1, lettera b) del d.lgs. n. 199/2021, dispone che sia effettuata tramite PAS la realizzazione di elettrolizzatori ubicati all’interno di aree industriali ovvero di aree ove sono situati impianti industriali anche per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ancorché non più operativi o in corso di dismissione, la cui realizzazione non comporti occupazione in estensione delle aree stesse, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente e che non richiedano una variante agli strumenti urbanistici adottati.

 

Lo schema di d.lgs., allegato D, lettera o) dispone l’abrogazione dell’articolo 38, del d.lgs. n. 199/2021[37].

cc) le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti di cui alle precedenti lettere, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dall’impianto, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete.

Cfr. supra, la normativa già descritta.

 

Allegato B – Sezione II
Interventi su impianti esistenti

Procedura vigente

a) modifiche, ivi inclusi il potenziamento, il ripotenziamento, il rifacimento e la ricostruzione, anche integrale, di impianti a fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, fatta eccezione per gli impianti di produzione di biometano, a condizione che non comportino un incremento dell’area occupata dall’impianto esistente superiore al 20 %;

L’articolo 5, comma 3 del d.lgs. n. 28/2011, demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata (il decreto non è stato mai adottato), l’individuazione, per ciascuna tipologia di impianto e di fonte, degli interventi di modifica sostanziale degli impianti da assoggettare ad autorizzazione unica, fermo restando il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del Codice dell’ambiente. Gli interventi di modifica diversi dalla modifica sostanziale, anche relativi a progetti autorizzati e non ancora realizzati, sono assoggettati alla PAS, fatto salvo quanto disposto per specifiche tipologie di modifiche, assoggettate a DILA ai sensi dell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011 (cfr. infra).

Ai sensi del medesimo articolo 5, comma 3 del d.lgs. n. 28/2011, non sono considerati sostanziali e sono sottoposti a mera comunicazione di cui all’articolo 6, comma 11 del medesimo d.lgs., gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti fotovoltaici ed idroelettrici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento. Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale. Non sono considerati sostanziali e sono sottoposti alla disciplina della comunicazione, gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti eolici, nonché sulle relative opere connesse, che a prescindere dalla potenza nominale risultante dalle modifiche, vengono realizzati nello stesso sito dell’impianto eolico e che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli già esistenti o autorizzati. Fermi restando il rispetto della normativa vigente in materia di distanze minime di ciascun aerogeneratore da unità abitative munite di abitabilità, regolarmente censite e stabilmente abitate, e dai centri abitati individuati dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di smaltimento e recupero degli aerogeneratori, i nuovi aerogeneratori, a fronte di un incremento del loro diametro, dovranno avere un’altezza massima, intesa come altezza dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale, non superiore all’altezza massima dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente moltiplicata per il rapporto fra il diametro del rotore del nuovo aerogeneratore e il diametro dell’aerogeneratore già esistente. Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta alla PAS.

Ai sensi dell’articolo 6-bis del d.lgs. n. 28/2011, Non sono sottoposti a valutazioni ambientali e paesaggistiche, né sottoposti all’acquisizione di atti di assenso comunque denominati, e sono realizzabili a seguito del solo deposito della DILA, gli interventi su impianti esistenti e le modifiche di progetti autorizzati, ivi inclusi quelli consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, che, senza incremento di area occupata dagli impianti e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento, ricadono nelle seguenti categorie:

a)     impianti eolici: interventi consistenti nella sostituzione della tipologia di rotore che comportano una variazione in aumento delle dimensioni fisiche delle pale e delle volumetrie di servizio non superiore in ciascun caso al 20 per cento e interventi che comportano una riduzione di superficie o di volume, anche quando non vi sia sostituzione di aerogeneratori;

b)    impianti fotovoltaici a terra: interventi che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell’impianto, comportano una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento;

c)     impianti fotovoltaici con moduli su edifici: interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonché, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell’angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati;

d)    impianti idroelettrici: interventi che, senza incremento della portata derivata, comportano una variazione delle dimensioni fisiche dei componenti e della volumetria delle strutture che li ospitano non superiore al 15 per cento.

b) sostituzione di impianti solari termici, con potenza termica fino a 10 MW, a servizio di edifici installati su strutture e edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, all’interno della zona A) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 1968;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera o) di cui alla Sez. 1

c) sostituzione di impianti solari termici, con potenza termica fino a 10 MW, asserviti a processi produttivi;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera p) di cui alla Sez. 1

d) sostituzione di pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera p) di cui alla Sez. 1

e) sostituzione di impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera r) di cui alla Sez. 1

f) sostituzione di impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza utile nominale superiore a 2 MW e fino a 10 MW;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera s) di cui alla Sez. 1

g) sostituzione di impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 20 del 2007, a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 2 MW e inferiore a 10 MW;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera t) di cui alla Sez. 1

h) sostituzione di impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 20 del 2007, asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera u) di cui alla Sez. 1

i) sostituzione di generatori di calore, diversi da quelli di cui alle lettere b), c), d), e), f), g) e h), asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;

Si rinvia alla ricostruzione di cui alla lettera v) di cui alla Sez. 1

l) parziale o completa riconversione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas in impianti di produzione di biometano con capacità non superiore a 500 standard metri cubi/ora;

Ai sensi del comma 1, lett a-bis) dell’articolo 8-bis, del d.lgs. n. 28/2011, introdotta dall’articolo 24, comma 1, del d.lgs. n. 199/2021, è prevista la PAS per gli interventi di parziale o completa riconversione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, gas di discarica o gas residuati dai processi di depurazione.

Sia l’articolo 8-bis del d.lgs. n. 28/2011, sia l’articolo 24, comma 1, del d.lgs. n. 199/2021 sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e o) dello schema in esame.

m) modifiche su impianti a biometano in esercizio che non comportino un incremento dell’area già oggetto di abilitazione o autorizzazione né modifiche alle matrici già oggetto di abilitazione o autorizzazione, a condizione che:
1) la targa del sistema di upgrading indichi il valore di capacità produttiva derivante dalla realizzazione degli interventi;
2) nel caso di impianti collegati alla rete, vi sia la disponibilità del gestore di rete a immettere i volumi aggiuntivi derivanti dalla realizzazione degli interventi;

3) l’eventuale aumento delle aree dedicate alla digestione anaerobica non sia superiore al 50%;

Ai sensi del comma 1, lettera a-ter) dell’articolo 8-bis, del d.lgs. n. 28/2011, introdotta dall’articolo 3-quinquies, comma 1, lettera a) n. 2) del D.L. n. 57/2023, è prevista la PAS per gli interventi su impianti per la produzione di biometano in esercizio che non comportino un incremento dell’area già oggetto di autorizzazione, a prescindere dalla quantità risultante di biometano immesso in rete a seguito degli interventi medesimi, nel rispetto delle seguenti condizioni:

1) nel caso di impianti collegati alla rete, vi sia la disponibilità del gestore di rete a immettere i volume aggiuntivi derivanti dalla realizzazione degli interventi;

2) gli interventi non comportino alcuna modifica delle tipologie di matrici già autorizzate;

3) la targa del sistema di upgrading indichi il valore di capacità produttiva derivante dalla realizzazione degli interventi;
4) l’eventuale aumento delle aree dedicate alla digestion anaerobica non sia superior al 50 per cento di quelle già autorizzate.

 

Sia l’articolo 8-bis del d.lgs. n. 28/2011, sia l’articolo 3-quinquies, comma 1 del D.L. n. 57/2023 sono oggetto di abrogazione ad opera dell’allegato D, lettera g) e v) dello schema in esame.

n) realizzazione delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti come modificati, sostituiti o riconvertiti ai sensi delle precedenti lettere, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dagli impianti medesimi, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete.

Cfr. supra, la normativa già descritta.

 

La relazione illustrativa evidenzia come la PAS sia un istituto “tutto tipico” del settore energetico, che ha riscontrato negli anni il favore dei soggetti interessati. La disciplina dell’istituto è attualmente contenuta nell’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 (cfr. infra, box ricostruttivo e, più analiticamente, il dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024).

 

L’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011, viene abrogato dall’articolo 14 e allegato D, lettera g) dello schema di decreto legislativo in esame e, in suo luogo, viene introdotta dai commi da 2 a 9 dell’articolo qui in commento una nuova disciplina, che solo in parte, come si descriverà, ricalca l’attuale.

 

 

Ai sensi della disciplina vigente, la procedura abilitativa semplificata (PAS) è disciplinata dall’articolo 6, commi da 2 a 10 del d.lgs. n. 28/2011. In particolare, si prevede che il proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse presenti al comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Alla dichiarazione sono allegati gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete.

Nel caso di intervento che coinvolga più comuni, ai sensi dell’articolo 6, comma 9-ter, l’istanza è presentata a tutti i comuni interessati dall’impianto e dalle relative opere connesse. L’amministrazione competente è individuata nel comune sul cui territorio insiste la maggior porzione dell’impianto da realizzare, che acquisisce le eventuali osservazioni degli altri comuni interessati dall’impianto e dalle relative opere connesse.

Il comune, in base all’articolo 6, comma 4, ove entro trenta giorni sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Altrimenti, decorso il termine di trenta giorni, l’attività di costruzione deve ritenersi assentita. In tal caso, l’articolo 6, comma 7-bis, introdotto con D.L. n. 13/2023, prevede che l’interessato alla realizzazione dell’intervento trasmetta la copia della dichiarazione trasmessa per la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale alla Regione sul cui territorio insiste l’intervento medesimo, che vi provvede entro i successivi dieci giorni. Dal giorno della pubblicazione ai sensi del primo periodo decorrono i termini di impugnazione previsti dalla legge.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 2, nel caso in cui siano richiesti atti di assenso riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, la salute e la pubblica incolumità, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, devono essere allegati gli elaborati tecnici richiesti dalle norme di settore per il loro rilascio. Il comune vi provvede direttamente, ai sensi del comma 5, entro i termini previsti per il loro rilascio, se rientrano nella propria competenza[38].

Qualora, invece, l’attività di costruzione e di esercizio degli impianti sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l’amministrazione comunale, ai sensi del comma 5, provvede ad acquisirli d’ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi.

Il termine di trenta giorni di cui sopra è sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso o fino all’adozione della determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi.

La sussistenza del titolo è provata con la copia della dichiarazione da cui risulta la data di ricevimento della dichiarazione stessa, l’elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l’attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari (articolo 6, comma 7).

La realizzazione dell’intervento deve essere completata, in base all’articolo 6, comma 6, entro tre anni dal perfezionamento della procedura abilitativa semplificata. La realizzazione della parte non ultimata dell’intervento è subordinata a nuova dichiarazione. L’interessato è comunque tenuto a comunicare al comune la data di ultimazione dei lavori.

Il successivo comma 8 stabilisce che, ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che deve essere trasmesso al comune, con il quale si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato con la dichiarazione, nonché ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento catastale.

Per una disamina degli interventi sottoposti a PAS si rinvia ai capitoli dedicati alle singole fonti rinnovabili.

Una norma comune a tutte le fonti rinnovabili, prevista all’articolo 6, comma 9, primo periodo, consente alle Regioni e alle Province autonome l’estensione della soglia di applicazione della procedura agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

 

Segnatamente, ai sensi del comma 2, il soggetto proponente presenta al comune il progetto, mediante lo Sportello unico energie rinnovabili (piattaforma SUER, per ulteriori approfondimento sulla quale si rimanda agli articoli 4 e 5 del presente schema di decreto legislativo), secondo un modello unico adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

Rispetto alla disciplina vigente, la modalità telematica è ora la sola modalità di presentazione del progetto.

Si rileva che la norma non indica le tempistiche e le modalità di adozione del decreto ministeriale.

 

Ai sensi del comma 2 il progetto deve essere corredato:

g)     delle dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000 in relazione a ogni stato, qualità personale e fatto pertinente alla realizzazione degli interventi;

h)     della dichiarazione di legittima disponibilità, a qualunque titolo, della superficie e, qualora occorra, della risorsa interessata dagli interventi;

i)        delle asseverazioni di tecnici abilitati che attestino la compatibilità degli interventi con gli strumenti urbanistici approvati e con i regolamenti edilizi vigenti, con le norme di sicurezza e igienico-sanitarie vigenti nonché, per l’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti del rispetto di quanto previsto dall’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. 199/2021 (per una illustrazione di questa norma si rimanda alla scheda relativa all’articolo 11 dello schema di decreto legislativo qui in esame);

j)       degli elaborati tecnici per la connessione predisposti dal gestore della rete;

k)     degli elaborati tecnici occorrenti all’adozione degli atti di assenso, qualora sussistano vincoli ai sensi dell’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990[39];

l)       del cronoprogramma di realizzazione degli interventi.

La presentazione del cronoprogramma prevista dalla lettera f) costituisce una novità nella disciplina della PAS. Il mancato rispetto delle tempistiche del cronoprogramma determina la decadenza del titolo abilitativo. Il comma 9 dell’articolo in esame, infatti prescrive che il titolo abilitativo decada in caso di mancato avvio della realizzazione degli interventi o di mancata entrata in esercizio dell’impianto entro i termini previsti dal cronoprogramma.

 

Attualmente, invece, l’articolo 6, comma 6 del d.lgs. n. 28/2011, dispone che la realizzazione dell’intervento debba essere completata entro tre anni dal perfezionamento della procedura abilitativa semplificata. La realizzazione della parte non ultimata dell’intervento è subordinata a nuova dichiarazione. L’interessato è comunque tenuto a comunicare al Comune la data di ultimazione dei lavori.

 

Il comma 3 – in linea con la disciplina vigente – dispone che nel caso in cui gli interventi coinvolgano più comuni, il comune procedente sia quello sul cui territorio insiste la maggior porzione dell’impianto da realizzare. Il tal caso, il comune procedente acquisisce le osservazioni degli altri comuni il cui territorio è interessato dagli interventi.

 

Ai sensi del comma 4, qualora entro trenta giorni dalla data di presentazione del progetto non sia comunicato al soggetto proponente un espresso provvedimento di diniego, il titolo abilitativo si intende perfezionato, salvo i casi previsti ai successivi commi 5 e 6. Il termine di trenta giorni può essere sospeso una sola volta se, entro dieci giorni dalla data di ricezione del progetto, il comune rappresenti, con motivazione puntuale, la necessità di acquisire integrazioni documentali o approfondimenti istruttori, assegnando al proponente un termine non superiore a quindici giorni. Il termine viene sospeso e riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o dalla data di presentazione della documentazione richiesta da parte del soggetto proponente. La mancata presentazione delle integrazioni richieste equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi.

 

Le predette tempistiche sono diversificate qualora, ai fini della realizzazione degli interventi, siano necessari uno o più atti di assenso nelle materie di cui al comma 2, lettera e), il quale a sua volta richiama l’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990 (per le casistiche v. supra nota a piè di pagina n. 24).

In particolare, se tali atti di assenso:

§  sono di competenza comunale, essi, ai sensi del comma 5 vanno adottati dal comune entro quarantacinque giorni dalla presentazione del progetto, al decorso dei quali, in mancanza di un provvedimento espresso di diniego, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni. Il termine di quarantacinque giorni può essere sospeso una sola volta se, entro dieci giorni dalla data di ricezione del progetto, il comune rappresenti, con motivazione puntuale, la necessità di acquisire integrazioni documentali o approfondimenti istruttori, assegnando un termine non superiore a quindici giorni. Il termine per la conclusione della PAS riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o dalla data di presentazione della documentazione richiesta, se anteriore. La mancata presentazione della documentazione ulteriore equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi.

 

La disposizione di cui al comma 5 appena commentata appare presentare delle novità rispetto alla disciplina attualmente contenuta nell’articolo 5, comma 5 primo periodo del d.lgs. n. 28/2011. Il comma 5 prevede che, in caso di atti di assenso di competenza comunale non allegati alla dichiarazione, il comune vi provveda direttamente, entro i termini previsti per il loro rilascio. Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine, l’interessato può ricorrere avverso il silenzio ex articolo 117, del Codice del processo amministrativo.

 

§  sono di competenza di amministrazioni diverse da quella procedente, il comma 6 dispone che entro cinque giorni dalla data di presentazione del progetto il comune convochi la conferenza di servizi (si richiamano gli articoli 14 e seguenti della legge n. 241/1990), con le seguenti variazioni:

a)      il comune e, per suo tramite, ogni altra amministrazione interessata possono, entro i successivi dieci giorni, richiedere, motivandole, integrazioni e approfondimenti istruttori al soggetto proponente, assegnando un termine non superiore ai quindici giorni. Il termine per la conclusione della PAS viene quindi sospeso e riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o dalla data di presentazione della documentazione, se anteriore. La mancata presentazione delle integrazioni richieste entro il termine assegnato equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi.

b)     ogni amministrazione rilascia le proprie determinazioni entro quarantacinque giorni dalla data di convocazione della conferenza dei servizi[40]. Oltre tale termine, se non è espresso un dissenso motivato congruamente, si intendono non sussistere motivi ostativi alla realizzazione del progetto. Il dissenso deve essere puntualmente motivato;

c)      decorso il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto senza una comunicazione al soggetto proponente da parte dell’amministrazione procedente di una conclusione negativa della conferenza e senza che sia stato espresso un dissenso motivato da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o della salute e della pubblica incolumità dei cittadini, che equivale a provvedimento di diniego dell’approvazione del progetto, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni.

 

La disposizione di cui al comma 6 appena commentata appare presentare delle novità rispetto alla disciplina attualmente contenuta nell’articolo 5, comma 5 secondo e terzo periodo del d.lgs. n. 28/2011, ai sensi dei quali - qualora l’attività di costruzione e di esercizio degli impianti sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione - l’amministrazione comunale provvede ad acquisirli d’ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi.

Il termine di trenta giorni (per la conclusione del procedimento di PAS) è sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso ovvero fino all’adozione della determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi o all’esercizio del potere sostitutivo (da parte del Consiglio dei ministri), nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa in sede di conferenza.

 

Ai sensi del comma 7 dell’articolo 8, decorso il termine di cui ai commi 4, 5 e 6, lettera c), senza una comunicazione, da parte dell’amministrazione, di provvedimento espresso di diniego, il soggetto proponente richiede la pubblicazione dell’avviso di perfezionamento del titolo abilitativo sul bollettino ufficiale della regione interessata, indicando altresì la data di presentazione del progetto, la data di perfezionamento del titolo, la tipologia di intervento e la sua esatta localizzazione. Dalla data di pubblicazione, che avviene nel primo B.U.R. successivo alla ricezione della richiesta, il titolo abilitativo acquista efficacia, è opponibile ai terzi e decorrono i termini di impugnazione.

 

Ai sensi del comma 8, in caso di mancata comunicazione del diniego ai sensi dei commi 4, 5 e 6, lettera c), il comune è legittimato ad esercitare, entro il termine perentorio di sei mesi dal perfezionamento dell’abilitazione, i poteri di autotutela di cui all’articolo 21-nonies della L. n. 241/1990, con l’adozione di provvedimenti di annullamento d’ufficio.

Viene fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis del medesimo articolo 21-nonies, ai sensi del quale, i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati anche oltre il termine massimo (che l’articolo 21-nonies indica in dodici mesi) per l’esperimento del rimedio dell’annullamento d’ufficio.

Nella valutazione delle ragioni di interesse pubblico previste dall’articolo 21-nonies, il comune si deve conformare al principio della massima diffusione delle energie rinnovabili e del preminente interesse di cui agli articoli 1 e 3 del presente schema di decreto legislativo[41].

 

La relazione illustrativa al provvedimento in esame evidenzia come sull’istituto della PAS – istituto “tutto tipico” del settore energetico – si siano manifestate talune incertezze in ordine alla sua natura giuridica, che neanche l’AIR presentata dal Governo (p. 10) sembra fugare.

A tale ultimo riguardo e, in ispecie, a fronte di recenti interventi normativi, la relazione afferma che la giurisprudenza del Consiglio di Stato è pervenuta a una definizione della PAS quale procedura che conduce all’ottenimento di un “atto autorizzativo che si forma tacitamente”.

La questione riveste un preminente interesse, atteso che dalla diversa qualificazione giuridica (provvedimento amministrativo tacito oppure istituto di liberalizzazione riconducibile al genere SCIA-segnalazione certificata di inizio attività) discendono diverse conseguenze quanto agli strumenti di tutela dei terzi e alla corrispondente stabilità del titolo.

 

In termini generali si ricorda che la SCIA, in quanto non avente natura provvedimentale, non è impugnabile. Il terzo che voglia opporsi all’avvio dell’attività oggetto della SCIA può, secondo quanto disciplinato dall’articolo 19, comma 6-ter, l. 241/1990, “sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, ossia l’azione contro il silenzio. La Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, ritendendo che “le verifiche cui è chiamata l’amministrazione ai sensi del comma 6-ter sono dunque quelle già puntualmente disciplinate dall’articolo 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all’articolo 21-novies). Decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo. Questi, infatti, è titolare di un interesse legittimo pretensivo all’esercizio del controllo amministrativo, e quindi, venuta meno la possibilità di dialogo con il corrispondente potere, anche l’interesse si estingue” (Corte cost. 45/2019 e, nello stesso senso, 153/2020). La Corte, proseguendo nel ragionamento, ha rilevato che il terzo potrà, ove ne sussistano i presupposti, attivare i poteri di verifica dell’amministrazione in caso di dichiarazioni mendaci o false attestazioni, i poteri di vigilanza e repressivi di settore spettanti all’amministrazione, nonché agire in sede risarcitoria nei confronti della PA in caso di mancato esercizio del doveroso potere di verifica.

Diversa natura ha invece l’istituto del silenzio-assenso ex articolo 20 l. 241/1990, ai sensi del quale, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi[42], il silenzio dell’amministrazione competente equivale a un provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di conclusione del procedimento, il provvedimento di diniego (ovvero non indice la conferenza dei servizi entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza). Il silenzio assenso ha quindi carattere provvedimentale e, come tale, può essere oggetto di impugnazione da parte del terzo controinteressato.

 

La relazione illustrativa richiama, in particolare, il D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), il quale, all’articolo 49 (non 47, come erroneamente ivi citato), ha integrato la disciplina della PAS, introducendo il comma 7-bis nell’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011. Ai sensi del comma 7-bis, decorsi i trenta giorni, oltre i quali l’attività di costruzione deve considerarsi assentita, l’interessato trasmette la copia della dichiarazione presentata al comune, per la pubblicazione della stessa sul B.U.R. della regione sul cui territorio insiste l’intervento medesimo. Dal giorno della pubblicazione, decorrono i termini di impugnazione previsti dalla legge.

Tale previsione, è stato ritenuto anche in dottrina[43], parrebbe sottendere la natura provvedimentale della PAS e, quindi, la sua diretta impugnabilità.

La previsione appena sopra ricordata viene ora abrogata (l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 è infatti nell’elenco D dello schema) e il comma 7 dell’articolo in esame introduce, in suo luogo, una nuova formulazione, che appare essere orientata nel senso indicato dalla relazione illustrativa.

Il comma 7, infatti, dispone che, decorso il termine (…) senza una comunicazione di un provvedimento espresso di diniego da parte dell’amministrazione, il proponente richiede la pubblicazione dell’avviso di perfezionamento del titolo abilitativo sul B.U.R.. Dalla data di pubblicazione (…) il titolo abilitativo acquista efficacia è opponibile ai terzi e decorrono i termini di impugnazione.

Con riferimento alla giurisprudenza, richiamata dalla relazione illustrativa, bisogna rilevare che la questione rimane controversa. Secondo una linea interpretativa, la procedura abilitativa semplificata rientra nel novero dei provvedimenti amministrativi taciti, assimilabile in toto al silenzio-assenso di cui all’articolo 20 della L. n. 241/1990 (si ricordano, in tal senso, a titolo non esaustivo, le seguenti pronunce del Consiglio di Stato: sentenze n. 2526/2019 e 4383/2020, 1754/2022).

Al contrario, un diverso filone giurisprudenziale ritiene ascrivibile la PAS al genus della SCIA di cui all’articolo 19 della L. n. 241/1990, intendendola come un istituto di liberalizzazione, e non come una mera semplificazione procedimentale (aderenti a questa direzione ermeneutica si ricordano le seguenti sentenze del Consiglio di Stato: sentt. nn. 5715/2018 e 130/2023).

Invero, anche assai recentemente, il supremo Consiglio, ha ribadito (Sez. IV, sent. n. 3990 del 2 maggio 2024) che la procedura abilitativa semplificata – nella sua disciplina attuale (n.d.r.) – “è ascrivibile al genus della DIA, ora SCIA, e conseguentemente va qualificato quale atto soggettivamente ed oggettivamente privato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2011, n. 15). Al decorso del termine di legge di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, non si determina infatti il perfezionamento di una fattispecie legale tipica che, sul piano della produzione degli effetti, rende l’inerzia equivalente ad un vero e proprio provvedimento di accoglimento, come avviene per la fattispecie del silenzio assenso, bensì, più semplicemente, si determina l’effetto di rendere una determinata attività privata lecita, secondo il meccanismo proprio della SCIA; ciò in linea con la diversa natura dei due istituti, laddove il primo risponde ad una ratio di semplificazione amministrativa, mentre il secondo di vera e propria liberalizzazione, con conseguente fuoriuscita dell’attività privata dal regime amministrato a controllo preventivo. La ricostruzione che precede è stata confermata dalla Corte costituzionale che con sentenza n. 45 del 2019 ha ritenuto, in generale con riguardo alla SCIA, che: “Il dato di fondo è che si deve dare per acquisita la scelta del legislatore nel senso della liberalizzazione dell’attività oggetto di segnalazione, cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una – sia pur importante – parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi. Una dilatazione temporale dei poteri di verifica, per di più con modalità indeterminate, comporterebbe, invece, quel recupero dell’istituto all’area amministrativa tradizionale, che il legislatore ha inteso inequivocabilmente escludere”.


 

Articolo 9
(Autorizzazione unica)

 

 

L’articolo 9 dispone che il regime di autorizzazione unica si applichi agli interventi di cui all’allegato C del presente decreto. L’allegato C è suddiviso in una sezione I, relativa agli interventi assoggettati ad autorizzazione unica di competenza regionale, e in una sezione II, relativa agli interventi assoggettati ad autorizzazione unica di competenza statale.

L’articolo prevede, al comma 2, che il soggetto proponente presenti, mediante la piattaforma SUER, l’istanza di autorizzazione unica. A seconda dell’intervento, quest’ultima è presentata alla regione interessata o al MASE.

Il comma 3 indica la documentazione che deve essere allegata all’istanza.

Il comma 4 specifica le tempistiche della procedura autorizzatoria, prevedendo che l’amministrazione procedente renda disponibile a ogni amministrazione interessata la documentazione entro dieci giorni dalla ricezione dell’istanza al fine di verificarne, nei successivi venti giorni, i requisiti di completezza. Qualora siano necessarie integrazioni da parte del soggetto proponente, il comma specifica le relative tempistiche. In caso di mancata presentazione della documentazione integrativa entro i tempi fissati, l’amministrazione adotta un provvedimento di improcedibilità dell’istanza.

Ai sensi del comma 5, qualora i progetti non siano sottoposti a valutazioni ambientali, l’amministrazione convoca la conferenza di servizi entro dieci giorni dalla conclusione della verifica della completezza della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni alla documentazione.

Nel caso di sottoposizione a valutazioni ambientali, il comma 6 dispone che l’autorità competente pubblichi il relativo avviso al pubblico entro dieci giorni dalla citata verifica di completezza o ricezione delle integrazioni. Per trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso, il pubblico interessato può presentare osservazioni all’autorità competente per le valutazioni ambientali.

Il comma 7 prevede che qualora, all’esito della consultazione suddetta, vi sia necessità di modifiche o integrazioni documentali, l’autorità competente avvisa l’autorità procedente, che può assegnare al soggetto proponente un termine di non più di trenta giorni per la trasmissione telematica della documentazione richiesta. Il mancato deposito della documentazione porta all’adozione di un provvedimento di diniego dell’autorizzazione unica. Entro dieci giorni dall’esito della consultazione o dalla ricezione della documentazione, è convocata, ai sensi del comma 8, la conferenza di servizi. Ai sensi del comma 9, la conferenza di servizi decisoria è convocata in modalità sincrona e deve concludersi entro centoventi giorni dalla prima riunione, con possibilità di sospensione per massimo sessanta giorni nel caso di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA e massimo novanta giorni nel caso di progetti sottoposti a VIA.

Il comma 10 dispone che la determinazione motivata favorevole di conclusione della conferenza costituisce il provvedimento autorizzatorio unico e, recandone indicazione esplicita, comprende il provvedimento di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA e, se occorrente, ogni titolo abilitativo; costituisce inoltre, se occorre, variante allo strumento urbanistico; infine reca l’obbligo al ripristino dello stato dei luoghi.

Ai sensi del comma 11, il provvedimento autorizzatorio unico è pubblicato sul sito istituzionale dell’amministrazione procedente e ha efficacia temporale non inferiore a cinque anni. L’autorizzazione unica decade nel caso in cui non siano avviati i lavori di realizzazione degli impianti o se questi non entrino in servizio entro i termini previsti dal progetto esecutivo.

Ai sensi del comma 12, è espressamente previsto il coinvolgimento, nella conferenza dei servizi, del Ministero della cultura nel caso di interventi in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma non a valutazioni ambientali, nonché il coinvolgimento di altri Ministeri, in casistiche specifiche ivi indicate.

Infine, il comma 13 fa salva la possibilità per il soggetto proponente di richiedere all’autorità competente il rilascio della VIA o della verifica di assoggettabilità a VIA al di fuori del procedimento autorizzatorio unico.

 

Il comma 1 dispone che agli interventi di cui all’allegato C si applica il procedimento autorizzatorio unico, comprensivo, se necessario, delle valutazioni ambientali previste dal titolo III, parte seconda, del d.lgs. n. 152/2006, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1 del presente schema di decreto in materia di acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi ai sensi del D.P.R. n. 380/2001.

                                                

La relazione illustrativa rileva come, col provvedimento in parola, si intenda limitare l’applicazione del procedimento autorizzatorio unico solo a progetti di particolare complessità.

Al riguardo, si rammenta quanto dispone l’articolo 2, comma 1, dello schema di decreto legislativo in esame, ai sensi del quale la realizzazione degli interventi di costruzione, esercizio, modifica, repowering, totale rifacimento, degli impianti a fonti rinnovabili, delle relative opere connesse e delle infrastrutture indispensabili, è soggetta al regime di autorizzazione unica nei soli casi previsti dal decreto legislativo in esame, in conformità ai principi di sussidiarietà, ragionevolezza e proporzionalità (cfr. scheda di lettura relativa all’articolo 2).

 

La relazione illustrativa evidenzia poi come il procedimento autorizzatorio unico, disciplinato dall’articolo qui in commento, integri effettivamente al proprio interno, la valutazione di impatto ambientale, qualora necessaria (cfr. infra e articolo 12 dello schema), fissando termini certi e congrui, tenuto conto della complessità del progetto in rapporto all’esigenza del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

 

Il procedimento di autorizzazione unica è attualmente disciplinato ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 e dell’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dalle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con D.M. 10 settembre 2010, adottate in attuazione del medesimo articolo 12, comma 10 (cfr. infra, box ricostruttivo e, più analiticamente, il dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024).

L’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 e l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 (con annessa tabella A), vengono abrogati dall’articolo 14 e allegato D dello schema in esame, rispettivamente, alla lettera c) e alla lettera g).

In loro luogo, viene ora introdotta, dai commi da 2 a 13 dell’articolo qui in commento, una nuova disciplina, maggiormente dettagliata e caratterizzata da elementi di rilievo che di seguito si esporranno.

 

Anche secondo la disciplina vigente, gli impianti con potenza maggiore o caratterizzati da una maggiore complessità (ad esempio per gli impatti potenziali sul territorio derivanti dalla loro localizzazione) sono realizzati previo procedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011, unitamente alle opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti. Sono soggette ad autorizzazione unica anche le modifiche sostanziali agli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Il procedimento di autorizzazione è disciplinato dall’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 – a cui il citato articolo 5 del d.lgs. n. 28/11 rinvia – e dalle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con D.M. 10 settembre 2010, adottate in attuazione del medesimo articolo 12, comma 10.

La disciplina del procedimento di autorizzazione unica è stata modificata dall’articolo 47 del D.L. n. 13/2023 e, da ultimo, dall’articolo 9 del D.L. 181/2023. Con il medesimo titolo, sono autorizzati:

§  la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica;

§  le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi

§  gli interventi, anche consistenti in demolizione di manufatti o in interventi di ripristino ambientale, occorrenti per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti (articolo 12, comma 3, primo periodo, del d.lgs. n. 387/2003).

 

L’autorizzazione è rilasciata:

§  dalla regione[44] o

§  dalle province delegate dalla regione[45], ovvero,

§  per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

§  per gli impianti off-shore, incluse le opere di connessione alla rete, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito, per gli aspetti legati all’attività di pesca, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;

§  per gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e d’intesa con la regione interessata.

 

L’autorizzazione comprende:

§  le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del d.lgs. n. 152/2006 (verifica di assoggettabilità a VIA e Valutazione di impatto ambientale-VIA);

§  il rilascio della concessione d’uso del demanio marittimo, nel caso di impianti off-shore;

§  il rilascio della concessione ai fini dell’uso delle acque, in caso di impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro (articolo 12, comma 3, d.lgs. n. 387/2003).

 

L’autorizzazione inoltre:

§  costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico (articolo 12, comma 3 del d.lgs. n. 387/2003);

§  può essere chiesta unitamente alla dichiarazione di pubblica utilità e all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, salvo che nel caso di impianti alimentati a biomassa, inclusi gli impianti a biogas, di produzione di biometano di nuova costruzione, e di impianti fotovoltaici. In relazione a questi ultimi, il proponente deve, invece, dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto (articolo 12, comma 4-bis del d.lgs. n. 387/2003).

 

Gli impianti di produzione di energia elettrica – precisa l’articolo 12, comma 7 del d.lgs. n. 387/2003 – possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.

L’autorizzazione deve contenere, ai sensi dell’articolo 12, comma 4, l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo all’esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 3, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione, l’amministrazione procedente convoca la conferenza di servizi (vedi infra) a cui sono convocate tutte le amministrazioni interessate.

Ai sensi del D.M. 10 settembre 2010 (Punto 13.3), nei casi in cui l’impianto non ricada in zona sottoposta a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. n. 42 del 2004, il proponente effettua una comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, le soprintendenze informano l’amministrazione procedente circa l’eventuale esito positivo di detta verifica al fine di consentire alla stessa amministrazione di convocare alla conferenza di servizi le soprintendenze.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 3-bis, Il Ministero della cultura partecipa al procedimento unico in relazione ai progetti localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, qualora non sottoposti alle valutazioni ambientali.

Inoltre, ai sensi del medesimo comma, gli effetti delle nuove dichiarazioni di notevole interesse pubblico per i beni paesaggistici tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali (si richiama l’articolo 140 del Codice), non trovano applicazione alle opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili i cui procedimenti autorizzativi abbiano già ottenuto, prima dell’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, il provvedimento di valutazione ambientale, ovvero altro titolo abilitativo previsto dalle norme vigenti. Il secondo periodo si applica, ai sensi di quanto da ultimo previsto dall’articolo 9, comma 9-decies del D.L. n. 181/2023, anche nel caso di dichiarazioni di interesse culturale per i beni soggetti a tutela ai sensi del medesimo Codice (se ne richiamano gli articoli 12 e13).

Il termine massimo per la conclusione del procedimento unico è pari a:

§  sessanta giorni, al netto dei tempi previsti per le eventuali procedure di valutazione ambientale (verifica di assoggettabilità a VIA e VIA)

§  novanta giorni nel caso dei progetti localizzati in aree sottoposte a vincolo culturale o paesaggistico ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, non sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA.

 

L’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province (articolo 12, comma 6 del d.lgs. n. 387/2003). Tuttavia, è applicabile, in relazione alle altre amministrazioni territoriali, quanto previsto all’articolo 1, comma 5 della legge n. 239/2004, ai sensi del quale gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale.

 

La procedura di autorizzazione unica prevede, secondo quanto dispone il comma 2 dell’articolo 9 qui in esame, che il soggetto proponente presenti, mediante la piattaforma SUER (per il cui approfondimento si rimanda alla scheda di lettura degli articoli 4 e 5 dello schema in esame), istanza di autorizzazione unica secondo l’apposito modello per il procedimento di autorizzazione unica, ora previsto dall’articolo 19, comma 3, del d.lgs. n. 199/2021, come modificato dall’articolo 13, comma 1, lettera b) del presente schema di decreto legislativo.

Il comma 2 dispone che l’autorizzazione unica sia da presentarsi:

a)   alla regione territorialmente competente, o alla provincia delegata, per la realizzazione degli interventi di cui all’allegato C, sezione I (Interventi di competenza regionale) (lettera a));

b)   al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), per la realizzazione degli interventi di cui all’allegato C, sezione II (lettera b)).

 

Nel rinviare alle tabelle successive, quanto alla descrizione degli interventi contenuti in allegato C, appare opportuno evidenziare in questa sede le principali differenze rispetto alla disciplina vigente.

Tra gli interventi assoggettati, ai sensi della sezione II dell’allegato C, all’autorizzazione unica di competenza statale, figurano ora:

Ø Gli impianti a FER, le connesse opere e infrastrutture indispensabili, di potenza superiore a 300 MW, anziché di potenza termica pari o superiore ai 300 MW, come invece previsto dalla normativa vigente.

Ø Gli impianti off-shore a mare. Secondo la normativa vigente, per gli tutti gli impianti off-shore, incluse le opere di connessione alla rete, la competenza al rilascio dell’AU è del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito, per gli aspetti legati all’attività di pesca, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. L’articolo in esame, mantiene, al riguardo, al comma 12, l’intervento di tali dicasteri nell’ambito della Conferenza dei servizi (cfr. infra).

Ø Gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro, per i quali rimane la competenza del MASE. Si noti che, invece, secondo la disciplina vigente, deve essere esercitata di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e d’intesa con la regione interessata.

Ø Gli impianti geotermici pilota. Al riguardo si osserva che l’articolo 6, comma 3-bis, d.lgs. n. 22/2010, dispone che il MASE rilasci l’autorizzazione unica d’intesa con la regione interessata.

Si valuti l’opportunità di operare un coordinamento con tale previsione, anche alla luce di quanto previsto dall’articolo 10, comma 7, dello schema di decreto legislativo in esame, che fa salve le disposizioni in materia di concessioni di coltivazione geotermiche contenute nel d.lgs. n. 22/2010.

Ø Gli impianti di accumulo elettrochimico abbinati a impianti di produzione di energia elettrica esistenti, di potenza pari o superiore a 300 MW.

Ø Gli elettrolizzatori stand alone, compresi compressori e depositi, non ricadenti nelle tipologie in edilizia libera e in PAS, di cui, rispettivamente, allegati A e B, da realizzare in connessione a impianti di produzione di energia elettrica di cui alla stessa sezione II. Al riguardo si osserva che la disciplina vigente (invero assai complessa e articolata), contenuta nell’articolo 1, comma 2-quater del D.L. n. 7/2002, prevede l’autorizzazione unica rilasciata dal MASE per gli impianti di accumulo elettrochimico dotati di certe caratteristiche (v. di seguito box ricostruttivo della normativa vigente). Il comma 2-quater dell’articolo 1 del D.L. n. 7/2002 viene abrogato dall’articolo 14, allegato D), lettera b) dello schema di decreto legislativo in commento, unitamente alle norme che, al medesimo comma 2-quater hanno apportato modifiche e integrazioni[46].

Si valuti l’opportunità di prevedere l’abrogazione anche del comma 2-quinquies del medesimo articolo 1 del D.L. n. 7/2002, e non solo, come previsto dall’allegato D, lettera n), dello schema in esame, l’abrogazione della norma che ha introdotto il medesimo comma 2-quinquies (articolo 31, comma 1, lettera a) del D.L. n. 77/2021).

 

Guardando alla normativa attualmente vigente sugli impianti di accumulo elettrochimico, si rileva che, ai sensi dell’articolo 1, commi 2-quater e 2-quinquies del D.L. n. 7/2002, introdotto dall’articolo 62 del D.L. n. 76/2020 e più volte modificati, da ultimo con il D.L. n. 13/2023, la realizzazione degli impianti di accumulo elettrochimico funzionali alle esigenze del settore elettrico, inclusi i sistemi di conversione di energia, i collegamenti alla rete elettrica e ogni opera connessa e accessoria, è autorizzata in base alle seguenti procedure:

a)    gli impianti di accumulo elettrochimico ubicati all’interno di aree ove sono situati impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione, o ubicati all’interno di aree ove sono situati impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte rinnovabile o da fonte fossile che abbiano potenza inferiore ai 300 MW termici in servizio, o ubicati presso aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione, i quali non comportino estensione delle aree stesse, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richiedano variante agli strumenti urbanistici adottati, sono autorizzati mediante la procedura abilitativa semplificata-PAS comunale. In assenza di una delle condizioni sopra citate, si applica la procedura di cui alla lettera b);

b)   gli impianti di accumulo elettrochimico ubicati all’interno di aree già occupate da impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte fossile di potenza maggiore o uguale a 300 MW termici in servizio, nonché gli impianti “stand-alone ubicati in aree non industriali e le eventuali connessioni alla rete, sono autorizzati mediante autorizzazione unica rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Nel caso di impianti ubicati all’interno di aree ove sono presenti impianti per la produzione o il trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, l’autorizzazione è rilasciata ai sensi della disciplina vigente;

c)    gli impianti di accumulo elettrochimico da esercire in combinato con impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono considerati opere connesse ai predetti impianti, ai sensi della normativa vigente, e sono autorizzati mediante:

·      autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalle province delegate o, per impianti con potenza termica installata superiore a 300 MW termici, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003, ove l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili sia da realizzare;

·      autorizzazione unica prevista per le modifiche sostanziali agli impianti da fonti rinnovabili, ove l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili sia già realizzato e l’impianto di accumulo elettrochimico comporti l’occupazione di nuove aree rispetto all’impianto esistente;

·      procedura abilitativa semplificata-PAS, se l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili è in esercizio ovvero autorizzato ma non ancora in esercizio.

d)    La realizzazione di impianti di accumulo elettrochimico inferiori alla soglia di 10 MW, ovunque ubicati, è tuttavia, attività libera e non richiede il rilascio di un titolo abilitativo, fatta salva l’acquisizione degli atti di assenso previsti in caso di vincolo culturale o paesaggistico, nonché dei pareri, autorizzazioni o nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti, derivanti da specifiche previsioni di legge vigenti in materia ambientale, di sicurezza e di prevenzione degli incendi, e del nulla osta alla connessione da parte del gestore del sistema di trasmissione nazionale o da parte del gestore del sistema di distribuzione elettrica di riferimento.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2-quinquies, gli impianti di accumulo elettrochimico di tipo “stand-alone” e le relative connessioni alla rete elettrica non sono sottoposti alle procedure di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA, salvo che le opere di connessione non superino le soglie previste agli allegati II e II-bis del d.lgs. n. 152/2006.

 

Ø Gli impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994, dunque dighe di ritenuta o traverse, che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d’invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi (cfr. allegato C, sez. II, lett v) dello schema in esame). Nel caso di dighe diverse, gli impianti in questione sono assoggettati all’AU regionale.

Si segnala che lo schema di d.lgs. in esame assoggetta a PAS (cfr. allegato B, sez. I lettera e) dello schema) gli impianti fotovoltaici di potenza inferiore a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche o demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione, diversi da quelli di cui all’allegato C, sez. I, lettera v) e sez. II, lettera v) dello schema di decreto legislativo in esame.

 

La disciplina vigente, contenuta nell’articolo 9-ter, comma 3, del D.L. n. 17/2022, come da ultimo sostituito dall’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023, assoggetta ad AU gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione[47].

L’articolo 9-ter del D.L. n. 17/2022 e le norme di esso modificative, ivi incluso l’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023, vengono abrogati dall’articolo 14 e allegato D, rispettivamente dalle lettera p) q)[48] e u), dello schema di decreto legislativo in esame.

 

Di seguito si dà conto di tutti gli interventi indicati nell’allegato C, sezione I e nella sezione II.

 

Allegato C – Sezione I
Interventi di competenza regionale

a) impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 1 MW e fino a 300 MW;

b) impianti eolici di potenza pari o superiore a 60 kW e fino a 300 MW, nonché quelli posti all’interno di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000;

c) impianti idroelettrici di potenza pari o superiore a 100 kW e fino a 300 MW;

d) impianti geotermoelettrici di potenza fino a 300 MW, esclusi gli impianti pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 22/2010;

e) impianti a biometano di capacità produttiva superiore a 500 standard metri cubi/ora;

f) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas operanti in assetto cogenerativo di potenza pari o superiore a 1 MW e fino a 300 MW;

g) impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas non operanti in assetto cogenerativo aventi capacità di generazione:

1) pari o superiore a 200 kW e fino a 300 MW, per impianti a biomassa;

2) pari o superiore a 300 kW e fino a 300 MW, per gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;

h) pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 1 MW e fino a 300 MW;

i) impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 1 MW e fino a 300 MW;

l) impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza nominale utile superiore a 2 MW fino a 300 MW;

m) impianti solari termici, con potenza termica superiore a 10 MW e fino a 300 MW, a servizio di edifici installati su strutture e edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza;

n) impianti solari termici, con potenza termica con potenza termica superiore a 10 MW e fino a 300 MW, asserviti a processi produttivi;

o) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007, a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 2 MW fino a 300 MW;

p) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007 asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 1 MW e fino a 300 MW;

q) generatori di calore, asserviti a processi produttivi, con potenza termica utile superiore a 1 MW e fino a 300 MW;

r) elettrolizzatori stand alone e le infrastrutture connesse, compresi compressori e depositi, da realizzare in connessione a impianti di produzione di energia elettrica di cui alla presente Sezione;

s) impianti di accumulo elettrochimico abbinati a impianti di produzione di energia elettrica esistenti di potenza fino a 300 MW;

t) opere connesse e infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti di cui alle precedenti lettere, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dall’impianto, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete;

u) modifiche, ivi incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti oggetto di modifica, sostituzione o riconversione, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dagli impianti medesimi, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete;

v) impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe diverse da quelle di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994.

 

Allegato C – Sezione II
Interventi di competenza statale

a) impianti di produzione di energia elettrica a fonti rinnovabili di potenza superiore a 300 MW;

b) impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas operanti in assetto cogenerativo di potenza superiore a 300 MW;

c) impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas di potenza superiore a 300 MW, non operanti in assetto cogenerativo;

d) pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;

e) impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con

potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;

f) impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;

g) impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi, con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;

h) impianti solari termici, con potenza termica superiore a 300 MW, a servizio di edifici installati su strutture e edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza;

i) impianti solari termici, con potenza termica superiore a 300 MW, asserviti a processi produttivi;

l) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007 a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;

m) impianti di cogenerazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007 asserviti a processi produttivi, con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;

n) generatori di calore, asserviti a processi produttivi, con potenza termica utile superiore a 300 MW;

o) impianti geotermici pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 22/2010;

p) impianti di accumulo elettrochimico abbinati a impianti di produzione di energia elettrica esistenti, di potenza pari o superiore a 300 MW;

q) impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro;

r) elettrolizzatori stand alone, compresi compressori e depositi, non ricadenti nelle tipologie di cui agli Allegati A e B, da realizzare in connessione a impianti di produzione di energia elettrica di cui alla presente Sezione;

s) impianti off-shore a mare;

t) opere connesse e infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti di cui alle precedenti lettere, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dall’impianto, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete;

u) modifiche, ivi incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti oggetto di modifica, sostituzione o riconversione, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dagli impianti medesimi, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete;

v) impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994.

 

Ai sensi del comma 3, all’istanza di autorizzazione unica il proponente deve allegare la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per il rilascio delle autorizzazioni e di ogni altro atto di assenso comunque denominato, inclusi quelli di compatibilità ambientale, paesaggistica e culturale, necessari alla realizzazione degli interventi, nonché l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti il rispetto delle previsioni di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 199/2021 (sul quale si veda supra la ricostruzione contenuta nel box sulle c.d. aree idonee nella scheda relativa all’articolo 3).

Inoltre, se i progetti sono sottoposti a valutazioni ambientali, l’istanza deve contenere anche l’avviso al pubblico di cui all’articolo 23, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 152/2006, indicando ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta o atto di assenso richiesto.

 

Secondo quanto previsto dal comma 4, la documentazione ricevuta dall’amministrazione procedente è resa disponibile per via telematica ad ogni altra amministrazione interessata entro dieci giorni dalla data di ricezione dell’istanza. Le amministrazioni verificano la completezza della documentazione entro i successivi venti giorni. Entro lo stesso termine, le amministrazioni interessate comunicano all’amministrazione procedente le integrazioni necessarie per i profili di propria competenza e, entro i successivi dieci giorni l’amministrazione procedente assegna al soggetto proponente un termine non superiore a trenta giorni per le integrazioni necessarie. Tale termine può essere prorogato dall’amministrazione procedente, sentite le amministrazioni interessate, una sola volta e per non più di novanta giorni, su richiesta motivata del soggetto proponente in ragione della complessità dell’intervento. Qualora il soggetto proponente non presenti la documentazione integrativa entro il termine assegnato, l’amministrazione procedente adotta un provvedimento o di improcedibilità dell’istanza secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1 della legge n. 241/1990[49].

 

Ai sensi del comma 5, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazioni ambientali, l’amministrazione procedente convoca la conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione unica entro dieci giorni dalla conclusione della verifica di completezza della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni alla stessa. Sulla conferenza dei servizi, si rinvia al comma 9.

 

Se il progetto è sottoposto a valutazioni ambientali, il comma 6 prevede che entro dieci giorni dalla conclusione della verifica di completezza della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni alla stessa, l’autorità competente per le valutazioni ambientali pubblichi il relativo avviso al pubblico. Della pubblicazione dell’avviso è data informazione dell’albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate e per trenta giorni il pubblico interessato può presentare osservazioni all’autorità competente per le valutazioni ambientali.

 

Ai sensi del comma 7, se al l’esito della consultazione si rende necessaria la modifica o l’integrazione della documentazione acquisita, l’autorità competente per le valutazioni ambientali deve comunicarlo tempestivamente all’amministrazione procedente, la quale può assegnare al soggetto proponente un termine non superiore a trenta giorni per trasmettere, in modalità telematica, la documentazione modificata o integrata. Qualora il soggetto proponente non depositi la documentazione entro il termine assegnato, l’amministrazione procedente adotta un provvedimento di diniego dell’autorizzazione unica senza applicazione della normativa sul preavviso di rigetto di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241/1990[50].

Il comma 8 dispone che l’amministrazione – entro dieci giorni dall’esito della consultazione o dalla data di ricezione della documentazione prevista dal precedente comma – convochi la conferenza di servizi.

 

Ai sensi del comma 9, la conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione unica è convocata in modalità sincrona e si svolge ai sensi degli articoli dal 14-ter a 14-quinquies della legge n. 241/1990.

 

Le norme vigenti che disciplinano le procedure autorizzative applicabili per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili rinviano, laddove sia necessaria l’acquisizione di più atti di assenso da parte di amministrazioni pubbliche, alle disposizioni di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge n. 241/1990, che regolano il funzionamento della conferenza di servizi decisoria. Per un esame analitico della conferenza dei servizi in modalità sincrona, si rinvia all’apposita appendice del dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024, pag. 91 e ss.

In questa sede si ricorda, in particolare, che l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 dispone che l’autorizzazione unica è rilasciata a seguito di un procedimento unico, comprensivo, ove previste, delle valutazioni ambientali, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

Lo stesso articolo dispone (comma 3) che entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione unica, l’amministrazione procedente convoca la conferenza di servizi a cui sono chiamate tutte le amministrazioni interessate.

Ai sensi del D.M. 10 settembre 2010 (Punto 13.3), nei casi in cui l’impianto non ricada in zona sottoposta a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. n. 42/2004, il proponente effettua una comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, le soprintendenze informano l’amministrazione procedente circa l’eventuale esito positivo di detta verifica al fine di consentire alla stessa amministrazione di convocare alla conferenza di servizi le soprintendenze.

 

Ai sensi del comma 9, la conferenza deve concludersi entro centoventi giorni dalla data della prima riunione, con possibilità di sospensione per:

§  massimo sessanta giorni nel caso di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA;

§  massimo novanta giorni nel caso di progetti sottoposti a VIA.

Si tratta di una sostanziale modifica rispetto alla disciplina vigente, che nettizza le tempistiche della VIA. Secondo quanto disposto dall’articolo 12, comma 4, terzo periodo del d.lgs. n. 387/2003, infatti, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico è pari a: sessanta giorni, al netto dei tempi previsti per le eventuali procedure di valutazione ambientale (verifica di assoggettabilità a VIA e VIA); novanta giorni nel caso dei progetti localizzati in aree sottoposte a vincolo culturale o paesaggistico ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, non sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA. Ora lo schema sembra includere le tempistiche della VIA dettando una apposita disciplina endoprocedimentale (si veda anche AIR presentata dal Governo, p. 13)

 

Il comma 10 dell’articolo qui in commento dispone che la determinazione motivata favorevole di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico e, recandone indicazione esplicita:

a)   comprende il provvedimento di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA, se occorrente;

b)   comprende ogni titolo abilitativo necessario alla costruzione e all’esercizio delle opere relative agli interventi soggetti al procedimento autorizzatorio unico;

c)   costituisce, se occorre, variante allo strumento urbanistico;

d)   reca l’obbligo al ripristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto.

 

Quanto sopra sembra confermare ed estendere quanto previsto dall’articolo 12, comma 3, d.lgs. n. 387/2003, ai sensi del quale l’autorizzazione unica comprende:

·      le valutazioni ambientali (verifica di assoggettabilità a VIA e Valutazione di impatto ambientale-VIA);

·      il rilascio della concessione d’uso del demanio marittimo, nel caso di impianti off-shore;

·      il rilascio della concessione ai fini dell’uso delle acque, in caso di impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro.

L’autorizzazione inoltre costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e, ai sensi del comma 4-bis, può essere chiesta unitamente alla dichiarazione di pubblica utilità e all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, salvo che nel caso di impianti alimentati a biomassa, inclusi gli impianti a biogas, di produzione di biometano di nuova costruzione, e di impianti fotovoltaici. In relazione a questi ultimi, il proponente deve, invece, dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.

L’autorizzazione deve contenere, ai sensi dell’articolo 12, comma 4, del d.lgs. n. 387/2003, l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo all’esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

 

Il comma 11 prevede che il provvedimento autorizzatorio unico è pubblicato sul sito internet istituzionale dell’amministrazione procedente e ha l’efficacia temporale stabilita nella determinazione di conclusione della conferenza di servizi, comunque non inferiore a cinque anni, tenuto conto dei termini previsti per realizzare il progetto. L’autorizzazione unica decade nel caso in cui non siano avviati i lavori di realizzazione degli impianti o se questi non entrino in servizio entro i termini previsti dal progetto esecutivo.

 

Il comma 12 prevede che il Ministero della cultura partecipi al procedimento autorizzatorio unico per gli interventi di cui all’allegato C dello schema in esame, del nel caso in cui gli interventi siano localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) e non siano sottoposti a valutazioni ambientali.

 

Ciò ricalca la disciplina vigente. Il già citato articolo 12, comma 3-bis, dispone che il Ministero della cultura partecipa al procedimento unico in relazione ai progetti localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n. 42/2004, qualora non sottoposti alle valutazioni ambientali. Inoltre, ai sensi del medesimo comma, gli effetti delle nuove dichiarazioni di notevole interesse pubblico per i beni paesaggistici tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali (si richiama l’articolo 140 del Codice), non trovano applicazione alle opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili i cui procedimenti autorizzativi abbiano già ottenuto, prima dell’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, il provvedimento di valutazione ambientale, ovvero altro titolo abilitativo previsto dalle norme vigenti.

 

Il comma 12 prevede che si esprimano, nell’ambito della conferenza di servizi, anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e, per gli aspetti legati all’attività di pesca marittima, il Ministero dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF) qualora gli interventi riguardino impianti off-shore a mare, nonché riguardino le modifiche di degli impianti che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili (si richiama l’allegato C, sezione II, lettere s) e u), si tratta di interventi soggetti ad AU statale).

Il MIT è chiamato ad esprimersi, insieme alla regione interessata, in sede di conferenza dei servizi, nel caso:

§  di interventi, su impianti idroelettrici di potenza pari o superiore a 100 kW e fino a 300 MW, nonché di modifiche agli impianti che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla loro costruzione ed esercizio (si richiama l’allegato C, sezione I, lettere c) e u), si tratta di interventi soggetti ad AU regionale);

§  di interventi su impianti di produzione di energia elettrica a fonti rinnovabili di potenza superiore a 300 MW, nonché di modifiche agli impianti esistenti che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili (si richiama l’allegato C, sezione II, lettere a) e u), si tratta di interventi soggetti ad AU statale).

Resta ferma l’applicazione del potere sostitutivo, di cui all’articolo 14-quinquies della legge n. 241/1990[51].

 

Infine, il comma 13 prevede che, qualora il progetto sia sottoposto a valutazioni ambientali, il soggetto proponente può richiedere all’autorità competente per le valutazioni ambientali che il provvedimento di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA venga rilasciato al di fuori del procedimento unico di autorizzazione.

 

Secondo la relazione illustrativa, il nuovo procedimento unico, applicabile sia agli impianti on-shore che off-shore, consente di integrare i tempi della procedura amministrativa con quelli di valutazione di impatto ambientale, evitando le odierne eccessive lungaggini e complicazioni.

Circa la durata media delle valutazioni ambientali e l’attuale connessione di esse con il procedimento unico, si rinvia al dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024, pag. 18 e ss.

In questa sede si rileva che la normativa in materia di valutazione di impatto ambientale è di particolare rilievo per due ordini di motivi.

In primo luogo, perché molti progetti, a prescindere da quale delle procedure previste dal d.lgs. n. 28/2011 attualmente si applichi, superando gli impianti o le opere connesse (quali le opere di connessione alla rete elettrica o altre opere civili) le soglie previste dal d.lgs. n. 152/2006, sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA. Il loro svolgimento determina, in genere, un significativo aumento della durata della procedura amministrativa.

In secondo luogo, perché, ai sensi dell’articolo 14, comma 4 della legge n. 241/1990, qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell’ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalità sincrona, in base alla disciplina del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) contenuta all’articolo 27-bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Ciò comporta, quindi, lo spostamento della competenza a rilasciare il provvedimento finale ad altra amministrazione.

Gli allegati alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006 indicano i progetti da sottoporre direttamente a VIA statale (allegato II) o regionale (allegato III), nonché i progetti da sottoporre a previa verifica di assoggettabilità statale (allegato II-bis) o regionale (allegato IV), in esito alla quale l’autorità competente determina se è necessario avviare una valutazione di impatto ambientale per approfondirne gli impatti. L’articolo 12 dello schema in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia, apporta ai citati allegati modifiche e integrazioni.


 

Articolo 10
(Coordinamento del regime concessorio)

 

 

L’articolo 10 reca norme di coordinamento per i regimi della PAS e dell’autorizzazione unica con il vigente procedimento per il rilascio della concessione demaniale, qualora necessaria ai fini della realizzazione dell’impianto. Ai sensi del comma 5, la concessione decade se non si avviano i lavori o l’impianto non entra in esercizio nei termini previsti ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 dello schema in esame.

Ai sensi del comma 2, il proponente presenta l’istanza di concessione all’ente concedente, che la pubblica per 30 giorni online e sulla Gazzetta Ufficiale. Se non ci sono istanze concorrenti o, in caso di istanze concorrenti, viene selezionato un soggetto, l’ente rilascia la concessione entro 60 giorni, valutando la sostenibilità economico-finanziaria.

Ai sensi del comma 3, per interventi soggetti a regimi ex articolo 8 e 9, la concessione è subordinata all’abilitazione o autorizzazione unica. Il titolare della concessione deve presentare la PAS o l’istanza di autorizzazione entro 30 giorni, pena la decadenza. Durante il procedimento, non sono consentiti interventi incompatibili nelle aree concesse. In tali casi, ai sensi del comma 4, il proponente stipula una convenzione con l’ente concedente dopo il rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio.

Ai sensi del comma 6, le suddette previsioni non si applicano alle istanze di concessione già presentate prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo.

Si dispone infine che restano valide le disposizioni specifiche per le concessioni geotermiche e idroelettriche (comma 7).

 

Il comma 1 dispone che, qualora ai fini della realizzazione degli interventi sia necessaria la concessione di superfici e, se occorre, di risorse pubbliche, si applichino le disposizioni previste dal presente articolo.

 

Anche con riferimento alla formulazione del comma 1 dell’articolo 10, si valuti l’opportunità di specificare che gli interventi – ivi genericamente richiamati – sono quelli di cui all’articolo 1, comma 1,  dunque, gli interventi di costruzione, modifica, rifacimento, potenziamento o di esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili e delle relative opere connesse e infrastrutture indispensabili.

 

Ai sensi del comma 2 il soggetto proponente presenta istanza di concessione della superficie e, se occorre, della risorsa pubblica, all’ente concedente. Quest’ultimo, entro i successivi cinque giorni, provvede alla pubblicazione sul sito internet istituzionale, per un periodo di trenta giorni, nonché per estratto sulla G.U., con modalità che tutelino la segretezza di eventuali informazioni industriali o commerciali. Al termine dei trenta giorni, se non sono state presentate istanze concorrenti o, in caso di istanze concorrenti, sia stato scelto il soggetto proponente o un altro soggetto con lo scopo di realizzare uno degli interventi previsti dal presente decreto, l’ente concedente rilascia la concessione entro i successivi sessanta giorni, dopo aver valutato la sostenibilità economico-finanziaria del progetto e aver accettato la soluzione tecnica minima generale per la connessione.

Il comma 3 specifica che per gli interventi di cui agli articoli 8 o 9, la concessione è subordinata all’ottenimento della PAS o dell’autorizzazione unica. Il titolare della concessione deve presentare la PAS o l’istanza di autorizzazione unica entro 30 giorni dal rilascio della concessione, pena la decadenza della stessa. Durante il periodo di durata della PAS o del procedimento autorizzatorio unico, e comunque per un massimo di sei mesi (nel caso della PAS) o diciotto mesi (nel caso dell’autorizzazione unica), sulle aree interessate non possono essere realizzati interventi incompatibili con quelli oggetto della concessione.

Secondo quanto disposto dal comma 4, nel caso di interventi sottoposti a PAS o ad autorizzazione unica, il soggetto proponente stipula con l’ente concedente una convenzione a seguito del rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio. Da tale momento, sono dovuti i relativi oneri.

Il comma 5 dispone la decadenza della concessione in caso di mancato avvio della realizzazione degli interventi o di mancata entrata in esercizio dell’impianto entro i termini previsti dal progetto approvato ai sensi degli articoli 7, 8 e 9.

Ai sensi del comma 6 vengono fatte salve le istanze di concessione già presentate alla data di entrata in vigore del decreto, per le quali tale articolo non trova applicazione.

Infine, ai sensi del comma 7, resta fermo quanto previsto dal d.lgs. n. 22/2010 per quanto riguarda le concessioni di coltivazione di risorse geotermiche, e quanto previsto dall’articolo 12 del d.lgs. n. 79/1999 per quanto riguarda le concessioni idroelettriche.

 

La concessione per la coltivazione delle risorse geotermiche è rilasciata, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 22/2010, dall’autorità competente, con provvedimento che comprende l’approvazione del programma di lavoro e del progetto geotermico, a seguito dell’esito positivo di un procedimento unico cui partecipano, in relazione alle specificità dei lavori e dei siti, le amministrazioni interessate e dell’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale VIA, laddove prevista dalla normativa vigente.

Sono, infatti, sottoposti a VIA regionale le attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota.

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, la concessione è rilasciata nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione regionale di cui all’articolo 27 del d.lgs. n.152/2006.

È richiesta, invece, la VIA statale per le attività di coltivazione di risorse geotermiche in mare, nonché per gli impianti geotermici pilota.

La concessione di coltivazione costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico (articolo 6, comma 1, d.lgs. n. 22/2010).

Per ulteriori approfondimenti sulla normativa relativa alla concessione per la coltivazione di risorse geotermiche si rinvia al dossier di documentazione e ricerche La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, n. 47 del 30 luglio 2024).

Per quanto attiene al regime delle concessioni idroelettriche si rinvia al  dossier “Le concessioni idroelettriche“ del 1° agosto 2024.

 


 

Articolo 11
(Sanzioni amministrative in materia di
costruzione ed esercizio di impianti)

 

 

L’articolo 11 dispone, al comma 1, l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti del proprietario dell’impianto, dell’esecutore delle opere e del direttore dei lavori in caso di costruzione ed esercizio di opere ed impianti in assenza dell’autorizzazione unica. L’entità delle sanzioni è determinata sulla base della potenza dell’impianto non autorizzata. Il comma 2 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria per gli stessi soggetti di cui al comma 1 in caso di esecuzione di interventi in assenza o in difformità rispetto alla PAS. Sono inoltre previste sanzioni – in misura ridotta di un terzo rispetto ai casi precedenti – per la violazione delle prescrizioni stabilite con l’autorizzazione unica o con gli atti di assenso che accompagnano la PAS (comma 3). Sono fatte salve le altre sanzioni previste dalla normativa vigente ed è previsto un regime sanzionatorio anche in caso di violazione delle disposizioni in materia di installazione di impianti con moduli collocati a terra in zone agricole (commi 4 e 5).

 

Nello specifico, il comma 1 identifica i soggetti e quantifica la sanzione amministrativa pecuniaria nel caso di costruzione ed esercizio delle opere e impianti in assenza dell’autorizzazione unica di cui all’articolo 9 del presente schema di decreto.

Fatto salvo il ripristino dello stato dei luoghi, il proprietario dell’impianto, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori sono tenuti in solido al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 150.000 euro. L’entità della sanzione è determinata con riferimento alla parte dell’impianto non autorizzata:

a)   nel caso di impianti termici di produzione di energia, nella misura da 40 a 240 euro per chilowatt termico di potenza nominale;

b)   nel caso di impianti non termici di produzione di energia, nella misura da 60 a 360 euro per ogni chilowatt elettrico di potenza nominale.

Il comma 2 dispone, per gli stessi soggetti di cui al comma 1 e fermo restando il ripristino dello stato dei luoghi, una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 30.000 euro nel caso di esecuzione di interventi di cui all’articolo 8 in assenza della procedura abilitativa semplificata (PAS) o in difformità dalla stessa.

Ai sensi del comma 3, fatto salvo l’obbligo di conformazione al titolo abilitativo ed il ripristino dello stato dei luoghi, la violazione delle prescrizioni stabilite con l’autorizzazione unica o con gli atti di assenso che accompagnano la PAS, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria di un terzo dei valori minimo e massimo previsti dai commi 1 e 2, e comunque non inferiore a 300 euro. I soggetti sanzionati sono gli stessi di cui ai commi 1 e 2, ossia il proprietario dell’impianto, l’esecutore delle opere e il direttore dei lavori.

Il comma 4 fa salve le altre sanzioni previste dalla normativa vigente, tra cui:

§  le sanzioni previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (artt. 160-181);

§  le sanzioni e oblazioni disciplinate dal D.P.R. n. 380/2001 (artt. 30 e ss.) in relazione alle fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3 e per gli interventi realizzati in attività libera in violazione della disciplina edilizia e urbanistica;

§  la potestà sanzionatoria, diversa da quella dell’articolo in esame, in capo alle regioni, alle province autonome e agli enti locali.

 

Infine, il comma 5 prevede che, al di fuori dei casi previsti dai commi 1, 2 e 3, qualora siano violate le disposizioni in materia di installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole, di cui all’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021, ai soggetti di cui al comma 1 sia irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 100.000 euro. Su tali impianti si rinvia a quanto detto supra nel box ricostruttivo delle c.d. aeree idonei (v. scheda di lettura relativo all’articolo 3 della schema di decreto).

 

Differentemente da quanto previsto al comma 1, ai commi 2 e 5 non è individuato il metodo di quantificazione dell’entità della sanzione. Si valuti se eseguire un richiamo normativo ai criteri di cui al comma 1 o ad altri criteri di quantificazione della sanzione.


 

Articolo 12
(
Coordinamento con la disciplina in materia di
valutazioni ambientali
)

 

 

L’articolo 12, al comma 1, dispone che i progetti relativi agli interventi in attività libera e quelli sottoposti alla procedura abilitativa semplificata (PAS), previsti, rispettivamente, agli allegati A e B del presente schema di decreto legislativo, non siano sottoposti alle procedure di valutazione ambientale di cui al Titolo III, Parte II, del d.lgs. n. 152/2006. Il comma 2 dispone – ai fini di cui al comma 1 – diverse modifiche agli allegati II, II-bis, III e IV alla Parte II del d.lgs. n. 152/2006.

 

Nello specifico, il comma 1 dell’articolo in esame dispone che i progetti relativi agli interventi in attività libera (di cui all’allegato A) e in regime di procedura abilitativa semplificata (di cui all’allegato B) non sono sottoposti alle valutazioni di impatto ambientale previste dal titolo III della parte seconda del Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152/2006).

Il citato titolo III reca la disciplina della valutazione di impatto ambientale (VIA) e, in particolare, disciplina il procedimento di VIA (sia quello ordinario sia quello della c.d. fast track prevista per i progetti PNRR-PNIEC), il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA (c.d. screening di VIA), nonché (agli articoli 27, 27-bis e 27-ter):

§  il provvedimento unico in materia ambientale che, nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, su istanza del proponente, sostituisce il provvedimento di VIA integrandolo in un provvedimento comprensivo di una serie di altre autorizzazioni ambientali indicate dalla norma;

§  il provvedimento autorizzatorio unico regionale che, nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale, su istanza del proponente, consente di integrare in un unico documento il rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del progetto;

§  il procedimento autorizzatorio unico accelerato regionale per settori di rilevanza strategica, finalizzato al rilascio di un provvedimento autorizzatorio unico accelerato regionale (PAUAR).

 

Il comma 2, ai fini del comma 1, apporta alcune modificazioni agli allegati alla Parte II del d.lgs. n. 152/2006.

Si rammenta anche in questa sede che gli allegati alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006 indicano i progetti da sottoporre direttamente a VIA statale (allegato II) o regionale (allegato III), nonché i progetti da sottoporre a previa verifica di assoggettabilità statale (allegato II-bis) o regionale (allegato IV) in esito alla quale l’autorità competente determina se è necessario avviare una valutazione di impatto ambientale per approfondirne gli impatti.

 

La lettera a) integra l’allegato II, numero 2, del d.lgs. n. 152/2006, relativo ai progetti sottoposti a VIA statale, aggiungendovi gli impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994, dunque dighe di ritenuta o traverse, che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d’invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi.

Tali progetti sono inseriti nell’allegato C, sezione II, lettera v) dello schema di decreto legislativo in esame, tra i progetti in regime di autorizzazione unica di competenza statale.

 

Parallelamente, la lettera c), n. 1, integra l’allegato III, del d.lgs. n. 152/2006, relativo ai progetti sottoposti a VIA di competenza regionale aggiungendovi:

·      gli impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe diverse da quelle di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994 (nuova lettera c-ter)).

Tali progetti sono inseriti nell’allegato C, sezione I, lettera v), dello schema di decreto legislativo in esame tra i progetti in regime di autorizzazione unica di competenza regionale;

·      gli impianti fotovoltaici di potenza inferiore a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche o demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione, diversi da quelli indicati nei punti precedenti (di cui all’allegato C, Sezione I, lettera v) e Sezione II, lettera v)) (nuova lettera c-quater).

Tali progetti sono inseriti nell’ allegato B, Sez. I, lettera e) dello schema in esame tra i progetti assoggettati a PAS.

 

La lettera b) inserisce nell’allegato II-bis, del d.lgs. n. 152/2006, relativo ai progetti da sottoporre a previa verifica di assoggettabilità a VIA di competenza statale:

§  gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 25 MW nelle aree classificate idonee ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021, ivi comprese le aree che, nelle more della procedura di individuazione delle stesse, sono ex lege idonee ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 20 (nuova lettera a-bis));

§  impianti fotovoltaici di potenza superiore a 30 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (nuova lettera a-ter)).

 

Parallelamente, la lettera d), n. 2) – integrando l’allegato IV del d.lgs. n. 152/2006 – sottopone alla verifica di assoggettabilità di competenza regionale:

§  impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 15 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (nuova lettera d-quinquies).
Lo schema di decreto legislativo in esame assoggetta ad attività libera (allegato A, sez. I, lettera c) dello schema) gli impianti solari fotovoltaici di potenza inferiore a 10 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento. Se tali impianti sono di potenza pari a 10 MW e fino a 12 MW, si applica la PAS (allegato B, sez. 1, lettera d)).
Con riferimento a quelli di potenza superiore, essi sembrano rientrare, ai sensi della formulazione di cui all’allegato C, negli interventi in regime di autorizzazione unica di competenza regionale, se fino a 300 MW (sez. I, punto I, lettera a)) e di competenza statale se superiore a 300 MW (sez. II, punto I, lettera a)).

 

Si rammenta che l’attuale articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, inserito dall’articolo 47, comma 1 del D.L. n. 13/2023, prevede che l’installazione con qualunque modalità di impianti fotovoltaici su terra e l’installazione delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, sia considerata attività di manutenzione ordinaria e non sia subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste. Se l’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il relativo progetto è previamente comunicato alla competente soprintendenza. La soprintendenza competente, accertata la carenza dei requisiti di compatibilità, adotta, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, un provvedimento motivato di diniego alla realizzazione degli interventi.

L’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, nonché l’articolo 47, comma 1, lettera b) del D.L. n. 13/2023 che l’ha introdotto, vengono abrogati dall’articolo 14, allegato D, lettera o) e t) dello schema di decreto legislativo in esame.

 

La lettera d), n. 1) modifica l’allegato IV del d.lgs. n. 152/2006, relativo a progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza regionale, sostituendone la lettera a).

Si rileva che l’allegato IV è composto da numerosi punti, a loro volta costituiti, da varie lettere. La lettera a) è prevista in più punti. È presumibile che la norma qui in commento intenda sostituire la lettera a) del punto 2 dell’allegato, nonché integrare il medesimo punto di ulteriori voci (cfr. infra). L’attuale punto 2, lettera a) dell’allegato sottopone a verifica di assoggettabilità di competenza regionale l’attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’articolo 2, comma 2 del RD 1443/1927, comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota, incluse le relative attività minerarie, fatta salva la disciplina delle acque minerali e termali (i quali sono assoggettati a VIA di competenza regionale, ai sensi dell’allegato III lettera b) alla Parte II, del d.lgs. n. 152/2006).

Con riferimento alla lettera d) qui in commento si valuti quindi l’opportunità di specificare quale sia il punto dell’allegato IV del d.lgs. n. 152/2006, sul quale essa intende intervenire.

La lettera a) del menzionato allegato IV viene sostituita con la seguente:

·      attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’articolo 2, comma 2, del R.D. n. 1443/1927 comprese le risorse geotermiche, con esclusione:

1) degli impianti geotermici pilota di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 22/2010, incluse le relative attività minerarie, fatta salva la disciplina delle acque minerali e termali, di cui alla lettera b) dell’allegato III alla parte seconda;

2) delle sonde geotermiche, a circuito chiuso con potenza termica complessiva pari o superiore a 100 kW e con profondità superiore a 3 metri dal piano di campagna, se orizzontali, e superiore a 170 metri dal piano di campagna, se verticali, le quali vengono ora assoggettate a VIA di competenza regionale.

 

Infatti, la lettera c), n. 2, integra l’allegato III del d.lgs. n. 152/2006, relativo ai progetti sottoposti a VIA di competenza regionale aggiungendovi le predette sonde (la lettera v-bis))

 

La lettera d), n. 2) integra il medesimo allegato IV del d.lgs. n. 152/2006, e dunque sottopone alla verifica di assoggettabilità di competenza regionale:

§  gli impianti fotovoltaici, di potenza pari o superiore a 12 MW, installati su strutture o edifici esistenti, sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici (nuova lettera d-bis));

§  gli impianti fotovoltaici o agri-voltaici di potenza pari o superiore a 12 MW in zone classificate agricole che consentano l’effettiva compatibilità e integrazione con le attività agricole (nuova lettera d-ter);

§  impianti fotovoltaici di potenza superiore a 12 MW nelle aree classificate idonee ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021, ivi comprese le aree di cui al comma 8 del medesimo articolo 20 (nuova lettera d-quater).

 

Secondo la relazione illustrativa del Governo, con l’articolo 12 in esame, si è provveduto ad una rimodulazione delle soglie che determinano la sottoposizione a valutazioni ambientali dei progetti di cui all’allegato II della direttiva 2011/92/UE, in modo da rendere effettiva la semplificazione dei regimi di PAS ed autorizzazione unica che spesso richiedono l’esperimento delle valutazioni ambientali.


 

Articolo 13
(Disposizioni di coordinamento)

 

 

L’articolo 13 opera varie modifiche al quadro legislativo in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il comma 1 interviene sul d.lgs. n. 199/2021, aggiornando il riferimento normativo alle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentanti da fonti rinnovabili, introducendo un unico modello per il procedimento di autorizzazione unica ai fini della presentazione delle istanze di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e specificando che la riduzione dei termini di un terzo per il procedimento di autorizzazione unica sia effettuata con arrotondamento per difetto al numero intero, qualora necessario.

Il comma 2, il comma 3 e il comma 4 operano una soppressione del riferimento normativo al d.lgs. n. 387/2003 per quanto riguarda, rispettivamente: i procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili nel caso in cui il progetto sia sottoposto a VIA di competenza statale (D.L. n. 50/2022); nell’operare un rimando all’autorità competente per l’avvio del procedimento di realizzazione degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili e dei sistemi di accumulo elettrochimico (D.L. n. 181/2023); nel fare salvo quanto previsto in materia di accordi tra regioni ed enti locali interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche e soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale.

Il comma 5 e il comma 6 prevedono l’adeguamento, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, dei decreti ministeriali contenenti le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili nonché delle prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinata al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e misure di semplificazione per l’installazione dei predetti impianti. 

Il comma 7 prevede che gli effetti delle nuove dichiarazioni e verifiche effettuate ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio non si applichino agli interventi previsti dal decreto che siano stati abilitati o autorizzati prima dell’avvio del procedimento di dichiarazione o verifica.

Infine, il comma 8 specifica che è consentita l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame apporta varie modificazioni al d.lgs. n. 199/2021, al fine di un loro coordinamento con la disciplina recata dallo schema in esame.

 

La lettera a) del comma 1 apporta modifiche all’articolo 18, comma 3 del d.lgs. n. 199/2021, sostituendo il riferimento normativo all’articolo 12, comma 10, del d.lgs. n. 387/2003, con un rimando diretto al provvedimento – emanato in attuazione del medesimo comma 10 – ovvero il D.M. 10 settembre 2010, recante linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Il comma 5 dell’articolo 13 qui in commento, contestualmente, prevede che – entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura e previa intesa con la Conferenza unificata – le citate Linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010 siano adeguate alle disposizioni del decreto legislativo qui in esame.

La modifica della lettera a) del comma 1 è resa necessaria in ragione della soppressione dell’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003, operata dallo schema di decreto legislativo qui in esame, articolo 14 e allegato D, lettera C (cfr. infra).

 

La lettera b) del comma 1 interviene sull’articolo 19, comma 3 del d.lgs. n. 199/2021, il quale demanda ad un decreto ministeriale, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata, l’adozione dei modelli unici per le procedure autorizzative per l’installazione e l’esercizio di impianti a fonti rinnovabili previste dall’articolo 4, comma 2 del medesimo d.lgs. n. 28/2011 (su tale normativa v. supra ricostruzione contenuta nella scheda di lettura dell’articolo 4).

In virtù di quanto previsto dalla novella, il decreto ministeriale dovrà ora definire non più i modelli unici per le procedure di cui al citato articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011, abrogato dallo schema di decreto legislativo in esame (allegato D, lettera g)), bensì il modello per il procedimento di autorizzazione unica previsto dall’articolo 9 comma 2 del medesimo schema.

Si segnala che la disciplina dei modelli relativi agli ulteriori regimi amministrativi contemplati dallo schema di decreto legislativo (attività libera e PAS) per l’installazione e l’esercizio di impianti a FER è contenuta nell’articolo 5, nell’articolo 7, comma 7 e nell’articolo 8, comma 2 dello schema di decreto legislativo in esame.

Lo schema di decreto legislativo in esame, all’articolo 5, contiene disposizioni per la digitalizzazione delle procedure amministrative, attraverso l’impiego della piattaforma SUER. Inoltre, come visto, lo schema in esame, all’articolo 6 riduce da quattro a tre i regimi amministrativi per la, per la realizzazione degli interventi: a) attività libera, b) procedura abilitativa semplificata (PAS) e c) autorizzazione unica, e, contestualmente abroga, all’articolo 14, allegato D, lettera g), l’articolo 4 del d.lgs. 28/2011.

Si rileva che l’articolo 19, comma 1 del d.lgs. n. 199/2021 contiene, al primo e al secondo periodo, un richiamo normativo agli articoli 4 e 5 del d.lgs. n. 28/2011, i quali, entrambi, risultano abrogati dall’allegato D, lettera g) del presente schema di decreto legislativo.

Inoltre, con specifico riferimento al secondo periodo del comma 1 del citato articolo 19, si osserva che lo stesso – nel prevedere che, in sede di prima applicazione, la piattaforma SUER è funzionale alla presentazione delle istanze per l’autorizzazione unica di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 28 – risulta superato dall’articolo 5, comma 2 dello schema di decreto legislativo in esame.

Si valuti quindi l’opportunità di coordinare anche l’articolo 19, comma 1 del d.lgs. n. 199/2021 con il disposto dello schema di decreto legislativo in esame.

 

La lettera c) del comma 1 interviene sull’articolo 22, comma 1, lettera b) del d.lgs. n. 199/2021, il quale prevede la riduzione di un terzo dei termini delle procedure di autorizzazione.

La lettera c) vi aggiunge un ulteriore periodo, ai sensi del quale la riduzione di un terzo dei termini per il procedimento di autorizzazione unica avviene con arrotondamento per difetto al numero intero, qualora necessario.

 

Il comma 2 dell’articolo 13 reca modifiche all’articolo 7, comma 1 del D.L. n. 50/2022 (L. 91/2022), al fine di sopprimere il richiamo all’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003, abrogato dall’articolo 14 e allegato D, lettera c) dello schema di decreto legislativo in esame.

 

L’articolo 7, comma 1, del D.L. n. 50/2022 precisa che, nei procedimenti di autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, qualora il progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza statale, le deliberazioni del Consiglio dei Ministri – adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis) della legge n. 400/1988 – in caso di valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione del procedimento, sostituiscono ad ogni effetto il provvedimento di VIA.

Inoltre, ai sensi del comma 2, tali deliberazioni, così come quelle adottate in caso di opposizione alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi sensi dell’articolo 14-quinquies, comma 6 della L. n. 241/1990, confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico, da concludersi a cura dell’amministrazione competente entro i successivi sessanta giorni. Se il Consiglio dei ministri si esprime per il rilascio del provvedimento di VIA, decorso inutilmente il prescritto termine di sessanta giorni, l’autorizzazione si intende rilasciata.

 

Anche il successivo comma 3 opera una soppressione del riferimento normativo all’articolo 12 d.lgs. n. 387/2003, modificando l’articolo 9, comma 9-undecies del D.L. n. 181/2023 (L. 11/2024).

 

L’articolo 9, comma 9-undecies del D.L. n. 181/2003, rubricato Misure in materia di infrastrutture di rete elettrica dispone, al fine di garantire la realizzazione degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili e dei sistemi di accumulo elettrochimico, ivi comprese le relative opere connesse, che l’autorità competente ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, avvii il relativo procedimento su istanza del proponente, corredata del progetto delle opere di connessione, suddiviso tra impianti di utenza e impianti di rete ai sensi del testo integrato delle connessioni attive (TICA), di cui alla deliberazione dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente 23 luglio 2008, ARG/elt 99/08, redatto in coerenza con il preventivo per la connessione predisposto dal gestore di rete e accettato dal proponente, anche in assenza del parere di conformità tecnica sulle soluzioni progettuali degli impianti di rete per la connessione da parte del gestore medesimo, che è comunque acquisito nel corso del procedimento di autorizzazione ai fini dell’adozione del provvedimento finale.

 

Parimenti, il comma 4 opera un’ulteriore soppressione del riferimento normativo all’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003, operando una modifica all’articolo 1, comma 5, della legge n. 239/2004.

 

L’articolo 1, comma 5 della L. n. 239/2004 dispone che le regioni, gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

 

Il comma 6 prevede che entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia adeguato il decreto ministeriale 30 settembre 2022 recante prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinata al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e misure di semplificazione per l’installazione dei predetti impianti.

Il decreto ministeriale 30 settembre 2022 è stato adottato ai sensi dell’articolo 25, comma 6-bis del d.lgs. n. 199/2021, con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Si valuti l’opportunità di chiarire quali siano le modalità procedimentali – ad esempio, se con ulteriore decreto ministeriale – per l’adeguamento del decreto suindicato.

Si rileva inoltre che, ai sensi dell’allegato D, lettera p) dello schema di decreto legislativo in esame, viene abrogato l’articolo 15, comma 1, del D.L. n. 17/2022, il quale ha introdotto nell’ordinamento il comma 6-bis dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021. L’articolo 25, comma 6-bis del d.lgs. n. 199/2021 non risulta tuttavia abrogato.

Si valuti quindi l’opportunità di coordinare la normativa alla luce della disciplina vigente.

 

Il comma 7 prevede che gli effetti delle nuove dichiarazioni e delle verifiche effettuate ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) per quanto riguarda la verifica dell’interesse culturale (articolo 12), la dichiarazione dell’interesse culturale (articolo 13) o la dichiarazione di notevole interesse pubblico (articolo 140) non si applichino agli interventi previsti dal presente decreto che, prima dell’avvio del procedimento di dichiarazione o verifica:

a)      siano abilitati o autorizzati ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 del provvedimento in esame;

b)     abbiano ottenuto, nel caso di progetti sottoposti a valutazioni ambientali, il provvedimento favorevole di valutazione ambientale, di cui all’articolo 9, comma 15.

La previsione di cui al comma 7 esclude quindi gli effetti che dovessero derivare qualora le verifiche e le dichiarazioni di interesse culturale o di notevole interesse pubblico dovessero intervenire successivamente alla maturazione delle abilitazioni o delle autorizzazioni di cui agli articoli 7, 8 e 9 dello schema di decreto legislativo in esame. Se le dichiarazioni e verifiche sono già intervenute (o sono in itinere) nel momento in cui la procedura di abilitativa/autorizzatoria di cui agli articoli 7, 8 e 9 viene avviata, vale quanto disposto in tali articoli dello schema in esame. Nell’articolo 7, in particolare si prevede espressamente un regime particolare per i beni culturali e paesaggistici (commi 2 e seguenti); negli articoli 8 e 9 non è previsto un regime specifico ma il Ministero della cultura potrà certamente essere attore in sede nella conferenza dei servizi previste nei procedimenti autorizzativi ivi disciplinati.

Si rileva, al riguardo, che l’articolo 9 dello schema di decreto legislativo in esame non reca un comma 15: si valuti l’opportunità di una riformulazione del rimando normativo.

 

Infine, il comma 8 ribadisce che l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti è consentita nei limiti di cui all’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021 (sul tema si rimanda a quanto detto supra nel box sulle c.d. aree idonee contenuto nella scheda di lettura relativa all’articolo 3).

Si rileva che nessun coordinamento viene proposto dall’articolo in commento con quanto previsto dal decreto legislativo n. 222/2016, (c.d. decreto SCIA 2) che in allegato (sezione II, n. 3, punti da 95 a 105) aveva avviato, ma non completato, un programma di codificazione soft[52] dei regimi autorizzazioni per la costruzione, l’esercizio e modifica di impianti alimentati da fonti rinnovabili. La normativa, peraltro in parte superata da successivi interventi legislativi, oltre a non risultare coordinata con quella proposta dallo schema di decreto legislativo in esame, non risulta neanche oggetto di abrogazione ai sensi dell’allegato D dello schema stesso, rimanendo quindi in vigore.

Si valuti quindi un intervento di coordinamento anche con il c.d. decreto SCIA 2.

 


 

Articolo 14
(
Abrogazioni e disposizioni transitorie)

 

 

L’articolo 14 dispone l’abrogazione delle norme raccolte nell’allegato D dello schema di decreto legislativo in esame.

 

Il comma 1 dell’articolo 14 abroga le disposizioni di cui all’allegato D del presente schema, e dispone che eventuali richiami ad altre disposizioni riguardanti la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili si intendono riferite al presente decreto.

 

In primo luogo, appare opportuno evidenziare che l’allegato D, dispone l’abrogazione della vigente normativa sulle procedure autorizzatorie per la costruzione e l’esercizio di impianti a fonti rinnovabili, in conseguenza delle nuove disposizioni in materia contenute nello schema di d.lgs.

 

In particolare, l’allegato D, alla lettera g) abroga l’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011, che enuncia gli attuali regimi di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili: comunicazione per l’edilizia libera, dichiarazione di inizio lavori asseverata, procedura abilitativa semplificata e autorizzazione unica.

L’abrogazione trova la sua motivazione nel fatto che lo schema di decreto, interviene su tali regimi, riducendoli a tre (attività libera, procedura abilitativa semplificata e autorizzazione unica) all’articolo 6, e riformandone le relative procedure, agli articoli da 5 a 9.

 

·      L’allegato D), alle lettere lettera c) e g), dispone quindi l’abrogazione della vigente disciplina sull’autorizzazione unicaarticolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 (lettera g)) e articolo 12 e la relativa tabella A del d.lgs. 387/2003 (lettera c)) – in quanto ora sostituita da una nuova disciplina contenuta nell’articolo 9 dello schema di decreto legislativo. L’allegato D, contestualmente, abroga le seguenti norme che hanno apportato modifiche, integrazioni o interpretazioni autentiche ai suddetti articoli:

·        lettera d) articolo 2, commi 158 e 161 della L. n. 244/2007[53];

·        lettera e) articolo 27, commi 42 e 44 della L. n. 99/2009[54]

·        lettera f) articolo 1-octies del D.L. n. 105/2010[55];

·        lettera h) articolo 65, comma 5, D.L. n. 1/2012[56]

·        lettera i) articolo 31 del d.lgs. n. 46/2014[57];

·        lettera m) articolo 56, comma 1, lettera b)[58] e commi 2 e 2-bis[59] del D.L. n. 76/2020;

·         lettera n) articolo 30 e 31, comma 7, 31-bis e 31-quater[60] e 32, comma 1[61] del D.L. n. 77/2021;

·        lettera o) articolo 23 del d.lgs. n. 199/2021[62];

·        lettera p) articolo 9, comma 01[63] e articolo 13, comma 1[64] del D.L. n. 17/2022

·        lettera q) articolo 7, comma 3-bis del D.L. n. 50/2022[65]

·        lettera t) articolo 47, comma 3 del D.L. n. 13/2023[66]

·        lettera z) articolo 12-ter del D.L. n. 104/2023[67]

·        lettera aa) articolo 9-decies del D.L. n. 181/2023[68].

 

L’allegato D, lettera g), abroga poi l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011, il quale attualmente, ai commi 1-10 disciplina la procedura abilitativa semplificata e al comma 11 disciplina la comunicazione in edilizia libera. Abroga altresì, del d.lgs. n. 28/2011:

·        l’articolo 7-bis che contempla una serie di casistiche in edilizia libera;

·        l’articolo 6-bis che reca la disciplina della DILA, regime non più previsto dallo schema di d.lgs. in esame;

·        l’articolo 8-bis, che prevede specifici regimi di autorizzazione per la produzione di biometano.

 

L’allegato D, contestualmente, abroga le seguenti norme che hanno introdotto nel d.lgs. n. 28/2011 i predetti articoli, ovvero che hanno apportato modifiche e/o integrazioni agli stessi:

·        lettera l) articolo 30, commi 01, 1 e 2 del D.L. n. 91/2014[69];

·        lettera m) articolo 56, comma 1 del D.L. 76/2020[70];

·        lettera n) articolo 31, commi 2 e 2-bis del D.L. 77/2021[71];

·        lettera o) articolo 18, commi 1 e 2[72] e articolo 24, comma 1[73] del d.lgs. n. 199/2021;

·        lettera p) articolo 9, commi 1e 1-bis[74] e articolo 36, comma 1-ter[75] del D.L. n. 17/2022

·        lettera q) articolo 11, comma 1-bis del D.L. n. 50/2022[76]; articolo 7, comma 3-ter e articolo 11, comma 1-bis del D.L. n. 50/2022[77];

·        lettera r) articoli 7-bis e 7-quinquies del D.L. n. 21/2022[78]

·        lettera s) articolo 23, comma 5-ter del D.L. n. 36/2022[79];

·        lett t) articolo 47, commi 3-ter e 11-ter[80] e articolo 49, comma 1[81] del D.L. n. 13/2023;

·        lettera v) articolo 3-quinquies, comma 1 del D.L. n. 57/2023[82];

·        lettera aa) articolo 9, comma 9-septies e 9-octies del D.L. n. 181/2023[83];

 

Vi sono poi una serie di ulteriori interventi, tesi ad abrogare norme già superate dalla normativa vigente. Si rinvia, in particolare alla:

·        lettera a), che interviene sull’articolo 26, comma 1, primo e secondo periodo della L. n. 10/1991, il quale prescrive l’applicazione di una normativa già abrogata;

·        lettera e) che dispone l’abrogazione dei commi 16 e 39 dell’articolo 27 della L. n. 99/2009, i quali, rispettivamente, demandavano ad atti normativi di natura secondaria la definizione di criteri per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle diverse tipologie di impianti a FER e la definizione di prescrizioni relative alla posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica. Tali atti secondari non risultano peraltro mai adottati.

 

Di ulteriori abrogazioni, si dà conto all’interno delle schede di lettura relative agli articoli dello schema di decreto legislativo in esame (cfr. in particolare articolo 6, articolo 7, articolo 9).

 

Si ricorda che il Consiglio di Stato, nel parere reso sul provvedimento in esame (parere n. 01216/2024, par. 10), ha rilevato che il secondo periodo dell’unico comma di cui si compone l’articolo 14 (secondo cui “Eventuali richiami ad altre disposizioni concernenti la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili si intendono riferiti al presente decreto”) “suscita perplessità alla luce delle disposizioni di delega, in particolare dell’articolo 26, comma 6, l. n. 118/2022”, che ha invece stabilito “il principio dell’abrogazione espressa delle disposizioni riordinate con la disciplina in esame o con essa incompatibili”. Ne deriva, ad avviso del Consiglio di Stato, “una tecnica normativa lacunosa, non solo non puntualmente correlata alle specifiche previsioni delle fonti dell’Unione europea, ma anche sostanzialmente antitetica, laddove adotta il metodo delle abrogazioni aspecifiche, all’obiettivo della semplificazione del quadro normativo nazionale”. Sul punto si rimanda alle più minute osservazioni formulate nel presente dossier, in particolare all’interno delle tabelle comparative contenute nelle schede di lettura relative agli articoli 7 e 8.

 

 


 

Articolo 15
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

 

L’articolo 15 contiene la clausola di invarianza finanziaria.

 

L’articolo 15, composto da due commi, prevede – al comma 1 – che dall’attuazione del presente schema di decreto non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il comma 2 dispone che le amministrazioni interessate provvedano agli adempimenti previsti dal presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]     Cfr. considerando n. 11) della raccomandazione 2024/1343/UE della Commissione del 13 maggio 2024 sull’accelerazione delle procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati

[2]     Per una disamina delle norme regionali in materia si rinvia al documento redatto dal GSE dal titolo “Regolazione Regionale, Generazione elettrica da fonti rinnovabili”.

[3]     Il D.P.R. elenca, all’articolo 46, le “dichiarazioni sostitutive di certificazioni”, precisando che esse possono essere rese anche contestualmente all’istanza per comprovare “in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualità personali e fatti: a) data e il luogo di nascita; b) residenza; c) cittadinanza; d) godimento dei diritti civili e politici; e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero; f) stato di famiglia; g) esistenza in vita; h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell’ascendente o discendente; i) iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni; l) appartenenza a ordini professionali; m) titolo di studio, esami sostenuti; n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica; o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefìci di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali; p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto; q) possesso e numero del codice fiscale, della partita I.V.A. e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria; r) stato di disoccupazione; s) qualità di pensionato e categoria di pensione; t) qualità di studente; u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili; v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo; z) tutte le situazioni relative all’adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio; aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa; bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali; cc) qualità di vivenza a carico; dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile; ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di liquidazione giudiziale e di non aver presentato domanda di concordato”. L’articolo 47 dispone, a sua volta, ai commi 1 e 2, che “l’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con l’osservanza delle modalità di cui all’articolo 38”, che regola, in termini generali, le modalità di invio, anche per fax e via telematica, e sottoscrizione, anche digitale, delle istanze e delle dichiarazioni da presentare alle pubbliche amministrazioni o ai gestori o esercenti di pubblici servizi (disciplina che deve essere pertanto integrata dalle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale). Il comma 3 prevede che, salvo espresse preclusioni di legge, nei rapporti con gli enti pubblici e i concessionari di pubblici servizi “tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46” (ovvero che non sono oggetto di certificazione) “possono essere comprovati dall’interessato mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà”. L’articolo 19 dello stesso D.P.R. ammette inoltre l’utilizzo della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà anche per attestare la conformità di una copia di un atto o di un documento al suo originale. L’articolo 49 precisa che, salvo diverse disposizioni speciali, “i certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento”. L’articolo 48 dispone che le dichiarazioni sostitutive “hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono” e prescrive alle singole amministrazioni di predisporre “i moduli necessari per la redazione delle dichiarazioni sostitutive, che gli interessati hanno facoltà di utilizzare” e di inserire la relativa formula nei moduli per le istanze.

[4]     Il primo periodo dell’articolo 19 della L. n. 241/1990 dispone che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitari.

[5]     Per consolidato orientamento giurisprudenziale, nell’ipotesi in cui sia accertata una falsa rappresentazione dei fatti negli elaborati grafici presentati a corredo della SCIA, l’Amministrazione può procedere all’annullamento in autotutela di quest’ultima anche oltre il termine di dodici mesi di cui all’articolo 21-nonies della Legge n. 241/1990 (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 8 novembre 2018, n. 6308).

      La giurisprudenza amministrativa ha da tempo affermato, infatti, che il comma 2 bis dell’articolo 21 nonies della Legge n. 241/1990 va interpretato nel senso che “la falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato (configurabile anche in presenza del solo silenzio su circostanze rilevanti) comporta l’inapplicabilità del termine di diciotto mesi per l’annullamento d’ufficio introdotto, nell’articolo 21-nonies, l. n. 241 cit., dall’articolo 6, l. 7 agosto 2015 n. 124, e perciò senza neppure richiedere alcun accertamento processuale penale” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 8 novembre 2018, n. 6308; sent. 18 luglio 2018, n. 4374; sez. V, sent. 27 giugno 2018, n. 3940; conforme TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 14 gennaio 2022, n. 300)

[6] Ai sensi del quale, “A condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):

[…] d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante”.

[7] Ai sensi del quale, “Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:

- il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

- l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.”

[8] Ai sensi del quale, “Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:

a)       - nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,

- nell’interesse della sicurezza aerea,

- per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,

- per la protezione della flora e della fauna”.

[9] Il comma 1 dell’articolo 20 ha demandato, prima di tutto, al decreto di:

a)   dettare i criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalità per minimizzare l’impatto ambientale e il suolo occupabile;

b)   indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Ai fini del concreto raggiungimento degli obiettivi PNIEC, il comma 2 dell’articolo 20 ha demandato alla normazione secondaria di stabilire anche la ripartizione della potenza installata fra regioni e province autonome, prevedendo sistemi di monitoraggio e criteri per il trasferimento statistico fra i medesimi enti. Il comma 3 dell’articolo 20 ha poi dettato specifici criteri da tenere in conto per l’individuazione delle aree idonee.

L’atto di natura secondaria avrebbe dovuto essere adottato entro il 15 giugno 2022 (180 giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 199/2021, intervenuta il 15 dicembre 2021).

[10] Per il calcolo del raggiungimento degli obiettivi, si tiene conto:

•     della potenza nominale degli impianti di nuova costruzione e derivante da interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento o riattivazione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento realizzati sul territorio della regione o provincia autonoma

•     della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della regione o provincia autonoma.

Il D.M. specifica poi anche le metodologie di calcolo nel caso in cui un impianto ricada in più enti territoriali

[11] Il Codice della strada elenca, all’articolo 15, gli atti che sono vietati su tutte le strade e loro pertinenze. Tra questi, in particolare, è vietato:

a)       danneggiare in qualsiasi modo le opere, le piantagioni e gli impianti che ad esse appartengono, alterarne la forma ed invadere od occupare la piattaforma e le pertinenz e o creare comunque stati di pericolo per la circolazione;

b)       danneggiare, spostare, rimuovere o imbrattare la segnaletica stradale ed ogni altro manufatto ad essa attinente;

c)       impedire il libero deflusso delle acque nei fossi laterali e nelle relative opere di raccolta e di scarico e impedire il libero deflusso delle acque che si scaricano sui terreni sottostanti.

Inoltre, in base all’articolo 16, ai proprietari o aventi diritto dei fondi confinanti con le proprietà stradali fuori dei centri abitati è vietato:

a)       aprire canali, fossi ed eseguire qualunque escavazione nei terreni laterali alle strade;

b)       costruire, ricostruire o ampliare, lateralmente alle strade, edificazioni di qualsiasi tipo e materiale.

Il regolamento di attuazione del Codice della strada (D.P.R. n. 495/1992), in relazione alla tipologia dei divieti indicati, determina le distanze dal confine stradale entro le quali vigono i divieti di cui sopra, prevedendo, altresì, una particolare disciplina per le aree fuori dai centri abitati ma entro le zone previste come edificabili o trasformabili dagli strumenti urbanistici.

[12]   di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. n. 42 del 2004.

[13]   Si richiama gli impianti di cui all’articolo 65, comma 1-quater del D.L. n. 1/2012, dunque gli impianti agro-voltaici che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione.

[14]   di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. n. 42 del 2004.

[15]   in funzione anche delle tipologie di lavori individuate dal decreto interministeriale del 26 giugno 2015.

[16]   Ai sensi della citata norma, è unità di micro-cogenerazione: un’unità di cogenerazione con una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe;

[17]   Ai sensi della lettera a) citata, è cogenerazione: la generazione simultanea in un unico processo di energia termica ed elettrica o di energia termica e meccanica o di energia termica, elettrica e meccanica;

[18]   Circa l’abrogazione di tale articolo, si rinvia anche alle schede di lettura relative all’articolo 8 e 9 dello schema.

[19]   Circa l’abrogazione di tale articolo, si rinvia anche alle schede di lettura relative all’articolo 8 e 9 dello schema.

[20]   di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. n. 42 del 2004.

[21]   in funzione anche delle tipologie di lavori individuate dal decreto interministeriale del 26 giugno 2015.

[22]   Circa l’abrogazione di tale articolo, si rinvia anche alle schede di lettura relative all’articolo 8 e 9 dello schema.

[23]   Qualora l’organo ministeriale esprima motivato dissenso, la decisione conclusiva è assunta ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo. Il destinatario della determinazione conclusiva favorevole adottata in conferenza di servizi informa il Ministero dell’avvenuto adempimento delle prescrizioni da quest’ultimo impartite.

[24]   Si rammenta il procedimento amministrativo di individuazione di tali beni. Ai sensi dell’articolo 137 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le regioni istituiscono apposite commissioni con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 136. Ai sensi dell’articolo 138 le commissioni, su iniziativa dei loro componenti, una volta acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati nonché, se opportuno, esperti della materia, valutano la sussistenza del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree per i quali è stata avviata l’iniziativa e propongono alla regione l’adozione della relativa dichiarazione. Su proposta del soprintendente e previo parere della regione interessata, il Ministero della cultura può sempre dichiarare il notevole interesse pubblico di immobili ed aree di cui all’articolo 136.

      Ai sensi dell’articolo 139 alla proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico è data ampia pubblicità. Nel caso di immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 136, viene data comunicazione di avvio del procedimento al proprietario del bene che può presentare osservazioni o documenti entro i trenta giorni successivi alla comunicazione individuale. Gli stessi termini si applicano, a decorrere dal periodo di pubblicazione presso l’albo pretorio, per la possibilità di presentare osservazioni e documenti alla regione da parte di comuni, città metropolitane, province, associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, nonché di altri soggetti interessati. La regione, sulla base della proposta della commissione, ai sensi dell’articolo 140, emana il provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree indicati all’articolo 136. Qualora la dichiarazione di notevole interesse pubblico sia effettuata attraverso provvedimento ministeriale, ai sensi dell’articolo 141 si applicano le stesse disposizioni di cui agli articoli 139 e 140.

      Rimangono ferme, ai sensi dell’articolo 157, le dichiarazioni di notevole interesse pubblico già disposte ex lege, ai sensi della normativa vigente al momento dell’entrata in vigore del Codice.

[25]   Si rammenta che l’articolo 146, comma 8, del Codice dispone che il Soprintendente rende il parere, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina contenuta nella dichiarazione di notevole interesse pubblico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo, ai sensi e per gli effetti previsti dall’articolo 10-bis della L. n. 241/1990 (cosicché gli interessati, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento, possano esercitare il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, con eventuali documenti e attivare gli strumenti di contraddittorio ivi previsti). Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità.

[26]   L’allegato A, sezione I, lettera a) e b) assoggetta ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici:

·       di potenza inferiore a 10 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato (lett a), allegato A, sezione I);

·       a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, di potenza inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici, e fino ad 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti (lett b), n. 1, allegato A, sezione I);

[27]   di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. n. 42 del 2004.

[28]   Le lettere a), b), c) e d) della Sezione I, allegato A assoggetta ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici:

·       di potenza inferiore a 10 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato (lettera a), allegato A, sezione I);

·       a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, di potenza inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici o fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti (lettera b), allegato A, sezione I);

·       di potenza inferiore a 10 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (lett c), allegato A, sezione I);

·       ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici oppure fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti (lettera d), allegato A, sezione I).

[29]   L’allegato C, sezione I, lettera v) assoggetta ad autorizzazione unica di competenza regionale gli impianti fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe diverse da quelle di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994 (dunque dighe diverse da quelle che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d’invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi).

      L’allegato C, sezione II, lettera v) assoggetta ad autorizzazione unica di competenza statale gli impianti fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994.

[30]   Le lettere a), b), c) e d) della sezione I, allegato A assoggetta ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici:

·       di potenza inferiore a 10 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato (lettera a),);

·       a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, di potenza inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici o fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti (lettera b));

·       di potenza inferiore a 10 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (lett c));

·       ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici oppure fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti (lettera d));

·       agrivoltaici, di potenza inferiore a 10 MW che consentono la continuazione dell’attività agricola e pastorale (lettera e)).

[31]   La lettera g) Sez. I dell’allegato A assoggetta ad edilizia libera le torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento per un periodo non superiore a 36 mesi.

[32]   Circa gli enti territoriali che hanno fatto ricorso a questa facoltà si rinvia a GSE, Regolazione Regionale, Generazione elettrica da fonti rinnovabili, pag. 158.

[33]   di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs. n. 42 del 2004.

[34]   in funzione anche delle tipologie di lavori individuate dal decreto interministeriale del 26 giugno 2015.

[35]   Ai sensi della lettera a) citata, è cogenerazione: la generazione simultanea in un unico processo di energia termica ed elettrica o di energia termica e meccanica o di energia termica, elettrica e meccanica;

[36]   Circa l’abrogazione di tale articolo, si rinvia anche alle schede di lettura relative all’articolo 7 e 9 dello schema.

[37]   Circa l’abrogazione di tale articolo, si rinvia anche alle schede di lettura relative all’articolo 8 e 9 dello schema.

[38]   Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine, l’interessato può ricorrere avverso il silenzio ex articolo 117, del Codice del processo amministrativo.

[39]   Si ricorda che l’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990 dispone che il regime del c.d. silenzio-assenso non si applica agli atti e procedimenti riguardanti:

-          il patrimonio culturale e paesaggistico,

-          l’ambiente,

-          la tutela dal rischio idrogeologico,

-          la difesa nazionale,

-          la pubblica sicurezza,

-          l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza,

-          la salute e la pubblica incolumità,

      Il silenzio-assenso non si applica altresì:

-          ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali,

-          ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza,

-          agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica (ora Ministro per la pubblica amministrazione), di concerto con i Ministri competenti.

[40]   L’articolo 14-bis, comma 2, lettera c) della legge n. 241/1990 prescrive tempistiche meno celeri (90 giorni) per la resa delle determinazioni delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini.

[41]   Ai sensi dell’articolo 21-nonies, comma 1 della L. n. 241/1990, il provvedimento amministrativo illegittimo (adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza[41]), può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, dunque, con il silenzio assenso dell’amministrazione, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. Il comma 2 consente la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.

      L’articolo 21-nonies, al comma 2-bis, dispone che i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del D.P.R.. 445/2000.

      Per consolidato orientamento giurisprudenziale, nell’ipotesi in cui sia accertata una falsa rappresentazione dei fatti negli elaborati grafici presentati a corredo della SCIA, l’Amministrazione può procedere all’annullamento in autotutela di quest’ultima anche oltre il termine di dodici mesi di cui all’articolo 21-nonies della Legge n. 241/1990 (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 8 novembre 2018, n. 6308).

      La giurisprudenza amministrativa ha da tempo affermato, infatti, che il comma 2 bis dell’articolo 21 nonies della Legge n. 241/1990 va interpretato nel senso che “la falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato (configurabile anche in presenza del solo silenzio su circostanze rilevanti) comporta l’inapplicabilità del termine di diciotto mesi per l’annullamento d’ufficio introdotto, nell’articolo 21-nonies, l. n. 241 cit., dall’articolo 6, l. 7 agosto 2015 n. 124, e perciò senza neppure richiedere alcun accertamento processuale penale” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 8 novembre 2018, n. 6308; sent. 18 luglio 2018, n. 4374; sez. V, sent. 27 giugno 2018, n. 3940; conforme TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 14 gennaio 2022, n. 300).

[42]   Ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 della l. 241/1990, il silenzio-assenso non si applica “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti”.

[43]   Cfr. G. La Rosa, “La procedura abilitativa semplificata per impianti FER: dalle esigenze di semplificazione ai dubbi applicativi“, in Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it, Fascicolo n. 3/2023, pag. 10 e ss. L’autore, tuttavia, dopo aver riferito tale prospettazione, ritiene che la PAS rappresenti una forma di liberalizzazione, riconducibile alla SCIA, non già di semplificazione.

[44]   Ai sensi delle linee guida approvate con D.M. 10 settembre 2010, qualora un progetto interessi il territorio di più regioni o di più province delegate, la richiesta di autorizzazione è inoltrata all’ente nel cui territorio:

§  sono installati il maggior numero di aerogeneratori, nel caso di impianti eolici;

§  sono installati il maggior numero di pannelli, nel caso di impianti fotovoltaici;

§  è effettuata la derivazione d’acqua di maggiore entità, nel caso di impianti idroelettrici;

§  sono presenti il maggior numero di pozzi di estrazione del calore, nel caso di impianti geotermoelettrici;

§  sono collocati i gruppi turbina alternatore, ovvero i sistemi di generazione di energia elettrica, negli altri casi.

      L’ente in tal modo individuato provvede allo svolgimento del procedimento, cui partecipano gli altri enti interessati procede al rilascio dell’autorizzazione d’intesa con le altre regioni o province delegate interessate.

[45]   Qualora il procedimento sia delegato alle province, queste ultime trasmettono alle regioni, secondo modalità stabilite dalle stesse, le informazioni e i dati sulle autorizzazioni rilasciate (articolo 5, comma 4 del d.lgs. n. 28/2011).

[46]   Cfr. allegato D, lettera n), che abroga l’articolo 31, comma 1 del D.L. n. 77/2021 modificativo del comma 2-quater e introduttivo del comma 2-quinquies nell’articolo 1 del D.L. n. 7/2002; lettera p), che abroga l’articolo 9, comma 1-sexies del D.L. n. 17/2022, modificativo del comma 2-quater, lettera t), che abroga l’articolo 47, comma 3-bis, modificativo anch’esso del comma 2-quater.

[47]   L’articolo 9-ter, comma 3, D.L. n. 17/2022, come da ultimo sostituito dall’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023, pone una norma speciale riguardante gli impianti fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione.

      Per la costruzione di tali impianti e delle opere funzionali di connessione alla rete elettrica, si applica, se di potenza fino a 10 MW, la PAS, fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche.

      La PAS non si applica se gli impianti sono ubicati all’interno delle aree soggette a vincolo paesaggistico, delle aree naturali protette o di siti della rete Natura 2000. Per gli impianti di potenza superiore a 10 MW si applica la procedura di autorizzazione unica.

[48]   L’allegato D, lettera q) abroga, in particolare, l’articolo 7, comma 3-quinquies del D.L. n. 50/2022, modificativo dell’articolo 9-ter del D.L. n. 17/2022,

[49]   Tale norma prevede che, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

[50]   Ai sensi dell’articolo 10-bis, della L. n. 241/1990, nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine. Se gli istanti hanno presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni. In caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all’accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione.

[51]   Ai sensi dell’articolo 14-quinquies della legge n. 241/1990, qualora un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili quali l’ambiente e il paesaggio si opponga all’adozione di una determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi - esprimendo in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza - esaurito il tentativo di addivenire ad un’intesa, la questione è rimessa al Consiglio dei Ministri.

[52]   Secondo il Cons. di Stato il d.lgs. n. 222 del 2016 può essere definito una forma di “codificazione soft”, poiché realizza “un riordino normativo, ancorché parziale (…) ossia una raccolta organica e semplificata (…) di tutte le discipline vigenti dell’attività privata nei settori interessati” (Ad. Comm. Spec. n. 1784 del 2016).

[53]   modificativi e integrativi dell’articolo 12 e tabella A del d.lgs. n. 387/2003.

[54]   che integrano e sopprimono commi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003.

[55] il quale apporta una modifica implicita all’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003, disponendo che le opere connesse e le infrastrutture indispensabili di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, comprendono le opere di connessione alla rete elettrica di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dall’impianto come risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete.

[56] Il quale reca una norma di interpretazione del comma 4-bis dell’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003.

[57] Modificativo dell’articolo 12, comma 3 del d.lgs. n. 387/2003.

[58] Sostitutivo dell’articolo 5, comma 3 del d.lgs. n. 28/2011.

[59] Modificativi in modo implicito ed esplicito dell’articolo 12, comma 3 del d.lgs. n. 387/2003.

[60] Le norme citate, rispettivamente, aggiungono il comma 3 bis nell’articolo 12, del d.lgs. n. 387/2003 e sostituiscono la tabella A del d.lgs. n. 387/2003, interpretano le disposizioni del medesimo articolo 12 e modificano il comma 3 dello stesso articolo.

[61] Che modifica l’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011.

[62] Che modifica l’articolo 12, comma 3 del d.lgs. 387/2003.

[63] Che modifica l’articolo 5, comma 3 e 3-bis del d.lgs. 28/2011.

[64] Che modifica l’articolo 12, comma 3 del d.lgs. 387/2003.

[65] Che modifica l’articolo 12, comma 4-bis del d.lgs. 387/2003.

[66] Che modifica l’articolo 12, comma 3, 3-bis e sostituisce il comma 4 del d.lgs. 387/2003.

[67] Che modifica l’articolo 12, comma 3-bis del d.lgs. 387/2003.

[68] Che modifica l’articolo 12, comma 3-bis del d.lgs. 387/2003.

[69] Che modificano l’articolo 7 e introducono gli articoli 7-bis e 8-bis del d.lgs. n. 28/2011.

[70] Che modifica l’articolo 4 e 6 e aggiunge l’articolo 6-bis al d.lgs. n. 28/2011.

[71] Che modificano rispettivamente l’articolo 6 e 7-bis del d.lgs. n. 28/2011.

[72] Che modifica l’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011.

[73] Che modifica l’articolo 8-bis del d.lgs. n. 28/2011.

[74] Che rispettivamente modificano l’articolo 7-bis e l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011.

[75] Che modifica l’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011.

[76] Che modifica l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011.

[77] Che modifica l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011.

[78] Che modificano rispettivamente l’articolo 6-bis e 6 del d.lgs. n. 28/2011.

[79] Che modifica l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011.

[80] Che modifica l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011.

[81] Che modifica gli articoli 6 e 7-bis del d.lgs. n. 28/2011.

[82] Che modifica l’articolo 8-bis del d.lgs. n. 28/2011.

[83] Che reca una modifica implicita all’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011 estendendone l’applicazione.