Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili - Edizione aggiornata
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 47
Data: 30/07/2024
Organi della Camera: X Attività produttive

 

Camera dei deputati

XIX LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

 

 

 

La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili

 

Edizione aggiornata

 

 

 

 

 

 

 

n. 47

 

 

 

30 luglio 2024


 

Servizio Studi

Dipartimento Attività produttive

 

( 066760-3403 * st_attprod@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_attProd

 

 

 

 

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File: AP0055.docx


I N D I C E

 

 

Premessa. 3

Le principali fonti normative. 10

Le procedure abilitative ed autorizzative. 13

I. La comunicazione delle attività in edilizia libera. 13

II. La dichiarazione di inizio lavori asseverata. 14

III. La procedura abilitativa semplificata. 15

IV. Il procedimento di autorizzazione unica. 17

V. La valutazione di impatto ambientale e il procedimento autorizzatorio unico regionale  21

L’individuazione delle aree idonee e le semplificazioni previste per gli impianti ivi localizzati 34

Le procedure applicabili per fonte di energia. 42

I. Gli impianti fotovoltaici 42

II. Gli impianti eolici 59

III. Gli impianti a biomasse e biogas. 66

IV. Gli impianti geotermoelettrici 70

V. Gli impianti idroelettrici 78

I sistemi di accumulo. 84

Appendice 1: La disciplina della conferenza di servizi contenuta nella legge n. 241/1990  91

 

 


Premessa

Lo sviluppo delle rinnovabili concorre agli obiettivi europei e nazionali di riduzione delle emissioni di CO2 e di decarbonizzazione dell’economia.

La produzione e il consumo di energia sono responsabili – secondo le stime della Commissione europea[1] – di  oltre il 75% delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’Unione. Accelerare la diffusione degli impianti di energia rinnovabile viene pertanto considerato elemento essenziale per conseguire l’obiettivo vincolante dell’Unione, fissato nella direttiva RED III - a cui ciascuno Stato membro deve concorrere - di consumare una quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia di almeno il 42,5% entro il 2030. Obiettivo, quest’ultimo, a sua volta funzionale a conseguire la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030, fissato nella c.d. legge europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119).

 

Uno dei fattori che favoriscono la diffusione degli impianti di energia rinnovabile e, in particolare, l’aumento della capacità di generazione installata per la produzione di energia elettrica da FER, è la definizione di procedure amministrative semplificate per l’installazione di nuovi impianti, per il potenziamento (c.d. repowering) di quelli già esistenti, nonché per la costruzione delle relative infrastrutture di connessione, che garantisca, pur nel rispetto di valori di rilevanza costituzionale come il paesaggio, tempi celeri per l’ottenimento dei titoli necessari alla realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili o di potenziamento degli impianti esistenti.

 

In tale ottica, la direttiva RED II (direttiva (UE) 2018/2001), ha sancito il principio per cui le norme nazionali in materia di procedure amministrative di autorizzazione e di certificazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e delle relative reti debbano essere proporzionate e necessarie e contribuire all’attuazione del principio “energy efficiency first” (efficienza energetica al primo posto) (articolo 15) e ha fissato in un due anni (prorogabile a tre anni in ragione di circostanze straordinarie) il termine massimo per la conclusione delle procedure autorizzative. Tale termine è stato ridotto ad un anno (prorogabile a due) in caso di impianti di potenza inferiore a 150kW e di potenziamento di impianti esistenti (articolo 16). Ne è seguita l’adozione, da parte della Commissione europea, di una raccomandazione (C (2022) 3219 final) sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti sull’energia rinnovabile sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia, con la quale gli Stati membri sono stati invitati a fissare termini vincolanti per la conclusione delle fasi in cui si articolano le procedure autorizzative ed è stata indicata in tre mesi la durata massima delle procedure autorizzative per l’installazione di apparecchiature per l’energia solare su strutture artificiali.

Il quadro sopra descritto è stato rivisto e implementato in modo consistente dalla direttiva RED III (direttiva (UE) 2023/2413), facente parte del Pacchetto “Fit for 55”. La direttiva RED III rende più ambiziosi, in linea con il Piano RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da fonti rinnovabili, e, a tale fine, introduce un corpus organico di norme di armonizzazione, finalizzate a dare un necessario, maggiore impulso alla produzione di energia da tali fonti. Entro il 21 febbraio 2024, fino al conseguimento della neutralità climatica, gli Stati membri devono considerare gli impianti di produzione di energia rinnovabile, la relativa infrastruttura di rete, e gli impianti di stoccaggio, d’interesse pubblico prevalente e d’interesse per la salute e la sicurezza pubblica (salvo che circostanze specifiche e debitamente giustificate).

Un deciso input viene dato alla semplificazione delle procedure amministrative per la costruzione degli impianti e delle infrastrutture, con l’indicazione di tempistiche obbligatorie, specifiche e dettagliate, che vengono pressoché dimezzate per impianti collocati in zone di accelerazione (intese come “aree particolarmente idonee”[2], sottoinsieme delle zone mappate a livello nazionale per l’installazione degli impianti ai fini del raggiungimento degli obiettivi 2030).

La mappatura[3] delle zone (superficie terrestre, sottosuolo, acque interne e marine) per il conseguimento degli obiettivi in materia di FER al 2030 e, in questo ambito, l’individuazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili assume quindi una importanza essenziale. Dicasi in questa sede, rinviando più diffusamente agli approfondimenti nei paragrafi che seguono, che - posto il limite temporale del 21 febbraio 2026 per l’adozione a livello nazionale di uno o più piani che designano le zone di accelerazione per uno o più tipi di FER - entro il 21 maggio 2024, gli Stati membri possono dichiarare, come zone di accelerazione, zone specifiche già designate a livello interno come idonee allo sviluppo accelerato di uno o più tipi di tecnologia rinnovabile, purché siano rispettati i requisiti ambientali indicati dalla direttiva, inclusa la valutazione ambientale strategica (nuovi articoli 15-ter e 15 quater, inseriti dalla direttiva RED III nella direttiva RED II).

Ai singoli progetti ricadenti in tali zone di accelerazione, devono essere garantiti, a livello nazionale, termini procedurali di esame, assai ridotti, indicati in modo specifico dalla direttiva a seconda della fonte rinnovabile ivi considerata (vedasi nuovo articolo 16-bis inserito dalla direttiva RED III nella direttiva RED II). Si tratta di termini sostanzialmente dimezzati rispetto a quelli, pure dettagliati dalla Direttiva, consentiti per i medesimi procedimenti amministrativi riguardanti progetti di impianti al di fuori delle zone di accelerazione (vedasi nuovo articolo 16-ter inserito dalla direttiva RED III nella direttiva RED II). Tempistiche specifiche devono essere anche garantite per le procedure amministrative relative ai progetti di repowering degli impianti entro una certa soglia (articolo 16-quater), ai progetti di impianti solari (articolo 16-quinquies) e di pompe di calore (articolo 16-sexies).

Di seguito, una Tabella riepilogativa, con i relativi richiami normativi alla direttiva RED II, come modificata dalla direttiva RED III:

 

PROCEDURE AUTORIZZATIVE

DURATA MASSIMA

In zone di accelerazione

Al di fuori di zone di accelerazione

Conferma della presentazione della domanda o richiesta di integrazione (senza indebito ritardo).

NB: la data di conferma della completezza della domanda da parte dell’autorità competente segna l’inizio della procedura autorizzatoria.

30 giorni
dal ricevimento
(art. 16, Dir. RED II)

45 giorni
dal ricevimento
(art. 16, Dir. RED II)

Durata della procedura

 

12 mesi
prorogabili di 6 mesi
(art. 16-bis, par. 1, RED II)

24 mesi
prorogabili di 6 mesi
(art. 16-ter, par. 1, RED II)

Durata della procedura per progetti Off-Shore

24 mesi
prorogabili di 6 mesi
(art. 16-bis, par. 1, RED II)

36 mesi
prorogabili di 6 mesi

(art. 16-ter, par. 1, RED II)

Durata della procedura per  progetti di revisione della potenza

 

 

In caso di nuovi impianti di potenza <150kw, Impianti di stoccaggio co-ubicati, e relativa connessione alla rete

6 mesi
prorogabili di 3 mesi
(art. 16-bis, par. 2, RED II)

12 mesi
prorogabili di 3 mesi

(art. 16-ter, par. 2, co. 2, RED II)

In caso di impianti off-shore

 

24 mesi
prorogabili  di 3 mesi
(art. 16-ter, par. 2, co. 2, RED II)

In caso di eolico off-shore

12 mesi
prorogabili di 6 mesi
(art. 16-bis, par. 1, Dir. RED II)

 

In caso di aumento della capacità non > 15% (fatta salva VIA), per connessioni

3 mesi
salvi problemi di incompatibilità tecnica
(art. 16-quater, par. 1, Dir. RED II)

Durata della procedura per impianti solari e di stoccaggio co-ubicati (se lo scopo primario delle strutture artificiali di ubicazione non sia la produzione di energia solare o lo stoccaggio)

3 mesi
(art. 16-quinquies, par. 1, Dir. RED II)

nel caso di impianto solare con capacità = o < a 100 kW
anche per CER e autoconsumatori

1 mese
(art. 16-quinquies, par. 2, Dir. RED II)

Durata della procedura per pompe di calore

 

con potenza <50 kW

1 mese
(art. 16-sexies, par. 1, Dir. RED II)

pompe geotermiche

3 mesi
(art. 16-sexies, par. 1, Dir. RED II)

connessioni alla rete per pompe di calore con potenza = o < 12kW

2 settimane
(art. 16-sexies, par. 2, Dir. RED II)

connessioni alla rete per pompe di calore installate da autoconsumatore di energia rinnovabile con potenza = o < 50kW, se l’impianto di produzione di energia elettrica da FER dell’autoconsumatore ha potenza almeno del 60 % della capacità della pompa

 

La direttiva prevede che il recepimento a livello nazionale delle norme europee che prevedono questa tempistica procedurale ridotta[4] avvenga entro il 1° luglio 2024.

In aggiunta alle modifiche strutturali apportate dalla direttiva RED III, si rammenta che il regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio aveva già introdotto alcune misure temporanee e mirate incentrate su tecnologie e tipi di progetti specifici. Alcune di tali misure sono state implementate e prorogate al 30 giugno 2025 dal recente regolamento (UE) 2024/223.

Si tratta, in particolare, delle norme che prevedono che la procedura autorizzativa per progetti di repowering (aumento della capacità) di impianti ubicati nella zona dedicata alle energie rinnovabili o per la relativa infrastruttura di rete, non debba essere superiore a sei mesi, incluse le valutazioni di impatto ambientale previste dalle norme vigenti (articolo 5).

Inoltre, possono essere esentati dalla valutazione dell’impatto ambientale e dalle valutazioni di protezione delle specie i progetti, ivi inclusi quelli di stoccaggio e di rete necessari per integrare l’energia rinnovabile nel sistema elettrico, se ubicati in una zona dedicata alle energie rinnovabili o alla rete oggetto di una valutazione ambientale strategica. L’autorità competente provvede affinché siano applicate misure di mitigazione ambientale adeguate e proporzionate, e se non disponibili, affinché l’operatore corrisponda una compensazione pecuniaria.

È poi seguita, alla direttiva RED III, l’adozione di due raccomandazioni da parte della Commissione europea (pubblicate in GUUE serie L del 21 maggio 2024): la raccomandazione (UE) 2024/1343, sull’accelerazione delle procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati e la raccomandazione (UE) 2024/1344, sulla progettazione delle aste per le energie rinnovabili[5].

Con la raccomandazione (UE) 2024/1343, la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di stabilire termini chiaramente definiti e quanto più brevi possibili per tutte le fasi necessarie per autorizzare la costruzione e l’esercizio dei progetti, con termini massimi vincolanti per le fasi della VIA; di applicare procedure autorizzative semplificate per la revisione della potenza degli impianti, per progetti di impianti su piccola scala e gli autoconsumatori di energia rinnovabile; di stimolare la partecipazione dei cittadini, comprese le famiglie a basso e medio reddito, e delle CER alla pianificazione e allo sviluppo dei progetti; di designare i punti di contatto unici per il rilascio delle autorizzazioni; di introdurre norme sulle conseguenze di eventuali ritardi o omissioni delle autorità amministrative; di introdurre procedure autorizzative totalmente digitali e sistemi di comunicazione elettronica entro il 21 novembre 2025, anche impiegando sistemi di intelligenza artificiale. Quanto alla pianificazione dei siti dei progetti, la Commissione raccomanda di limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non può essere sviluppata l’energia rinnovabile (le restrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti). Vengono incoraggiati anche spazi di sperimentazione normativa per consentire lo sviluppo di tecnologie, prodotti, servizi o approcci innovativi, con deroghe mirate dal quadro legislativo o regolamentare nazionale, regionale o locale.

Con la raccomandazione (UE) 2024/1344, si forniscono indicazioni operative per garantire quanto previsto dalla direttiva RED, in ordine alla necessità che i regimi di sostegno per l’energia elettrica da fonti rinnovabili prevedano incentivi basati su criteri di mercato non distorsivi della concorrenza e che ogniqualvolta il sostegno sia concesso mediante procedura di gara, gli Stati membri devono stabilire e pubblicare criteri non discriminatori e trasparenti per l’ammissibilità alle procedure al fine di assicurare un elevato tasso di realizzazione dei progetti. La raccomandazione è dunque volta a far sì che le aste siano progettate in maniera adeguata.

 

 

A livello nazionale, a fronte di una serie di interventi mirati alla semplificazione delle procedure amministrative, il quadro normativo mantiene un certo grado di complessità.

Il D.lgs. n. 199/2021 – di recepimento della direttiva RED IIè intervenuto, con finalità ulteriormente semplificatoria, sulla pregressa sistematizzazione dei regimi generali di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di impianti a fonti rinnovabili (articolo 18 che ha introdotto modifiche e integrazioni al D.lgs. n. 28/2011), ha inoltre previsto una disciplina per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’istallazione degli impianti a FER (articolo 20) e la riduzione dei tempi per i procedimenti autorizzativi relativi ad impianti ricadenti in aree idonee (articolo 22).

Dicasi che l’applicazione dei regimi amministrativi per l’installazione degli impianti a FER è basata – già ai sensi del D.lgs. n. 28 del 2011 - sui due principi di derivazione comunitaria: il principio di proporzionalità e il principio di adeguatezza alle caratteristiche tecnologiche dell’impianto e alla potenza dell’impianto.

Con il passare del tempo, poi, svariati interventi legislativi hanno ampliato le maglie di applicabilità dei regimi amministrativi semplificati, introducendo norme speciali, legate alla localizzazione degli impianti (in aree idonee) o alla tipologia di fonte (il cui sviluppo è considerato da privilegiare secondo i Documenti programmatori nazionali in materia di energia e clima, si pensi, ad esempio, all’agrovoltaico avanzato).

Il risultato è l’esistenza di un sistema legislativo complesso, quasi pulviscolare, composto da numerosissime norme o micro norme, che talvolta difficilmente si coordinano tra loro.

 

La procedura di individuazione delle aree idonee non si è ancora conclusa. Il D.M. 21 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 2024 ed entrato in vigore il giorno successivo, ha fissato i principi e criteri generali, ai fini della individuazione, entro sei mesi, da parte delle regioni e province autonome, con propria legge, delle aree idonee[6].

Nelle more dell’individuazione delle aree idonee, il legislatore ha provveduto ad indicare, all’articolo 20 comma 8 e comma 1-bis, una serie di aree come idonee ope legis. Per questa tipologia di aree, via via considerevolmente estesa da una serie di interventi normativi adottati, è stata prevista vieppiù l’applicazione di regimi amministrativi semplificati.

 

La problematica relativa alla complessità del quadro legislativo è stata affrontata, in primis, dalla legge sulla concorrenza 2021. A tal proposito, è utile sin qui ricordare che l’articolo 26, comma 4 della legge n. 118/2022, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riordino e semplificazione della normativa in materia di fonti rinnovabili entro il 25 agosto 2024.

A maggio 2023, la Commissione europea ha auspicato una razionalizzazione delle modifiche in un unico testo normativo[7]. Il Consiglio UE, a luglio 2023[8], ha raccomandato al nostro Paese di prendere provvedimenti nel 2023 e 2024 per razionalizzare le procedure di rilascio per accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive e sviluppare interconnessioni delle reti elettriche per assorbirla.

In tale contesto, vi sono le riforme previste nel PNRR. Si richiama, nell’ambito della Missione 2, Componente 2, la Riforma M2C2 R. 1.1. “Semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore, nuovo quadro giuridico per sostenere la produzione da fonti rinnovabili e proroga dei tempi e dell’ammissibilità degli attuali regimi di sostegno”. L’attuazione di tale riforma, si connette peraltro all’individuazione delle aree idonee[9].

Con la revisione del PNRR, autorizzata dal Consiglio europeo a dicembre scorso, nell’ambito della nuova Missione 7Repower EU”, vi è la Riforma 1.1 “Semplificazione delle procedure autorizzative per le energie rinnovabili”, che, in linea con la Direttiva RED III, consiste prevede l’adozione di un Testo unico delle norme che disciplinano la realizzazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili. La riforma si compone di tre traguardi: T4 2024 (M7 1) entrata in vigore degli atti di diritto primario che individuano le zone di accelerazione per le energie rinnovabili nelle unità amministrative subnazionali; T2 2025 (M7 2) entrata in vigore del Testo unico; T4 2025 (M7 3), messa in funzione lo sportello unico digitale per ottenere tutte le autorizzazioni relative alla realizzazione e alla messa in esercizio di impianti.

 

Ciò detto, il presente documento – nella prospettiva dell’esercizio della delega legislativa prevista dalla legge sulla concorrenza 2021 - intende tracciare il quadro attuale della disciplina statale vigente in materia di procedure autorizzative, attraverso una ricognizione delle principali fonti normative e delle semplificazioni introdotte nel corso degli ultimi anni.

Nei prossimi capitoli si darà conto delle principali fonti normative nazionali di rango primario che – allo stato- disciplinano la materia.

Seguirà un riepilogo e la descrizione delle procedure autorizzative/abilitative disciplinate a livello statale e una ricognizione delle norme, per ciascuna tipologia di fonte rinnovabile, che sottopongono i progetti a diversi regimi autorizzativi previsti, sulla base di criteri vari, quali la potenza, la dimensione, le caratteristiche tecniche e la localizzazione degli impianti.

Infine, si illustreranno le norme che disciplinano l’autorizzazione degli impianti di accumulo dell’energia elettrica, utili all’integrazione nel sistema elettrico dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili o intermittenti.


Le principali fonti normative

La produzione di energia rientra tra le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Pertanto, allo Stato compete l’enunciazione dei principi fondamentali della materia, mentre le regioni possono approvare leggi di dettaglio, pur nel rispetto dei principi stabiliti con leggi statali[10].

Una giurisprudenza costituzionale consolidata ha, tuttavia, a più riprese, consentito un’interpretazione dell’articolo 117, comma 3 della Costituzione volta ad ammettere la definizione a livello statale di disposizioni con un maggior grado di dettaglio quando una materia di competenza esclusiva statale (es. la tutela dell’ambiente) interferisca, senza prevalere, con una materia a competenza concorrente, oppure quando, in ragione del principio di sussidiarietà ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, si ritenga che alcune funzioni amministrative (ad esempio autorizzative) possano essere più efficacemente esercitate a livello statale, con conseguente necessità, per disciplinarne l’espletamento, di avocare a livello statale anche la competenza legislativa (sentenza C. Cost. n. 303/2003). Nel recepire norme di derivazione unionale, lo Stato può, per altro, adottare norme di dettaglio, per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento interno a quello europeo entro i termini di recepimento, superabili con l’esercizio da parte delle Regioni della propria competenza in materia (principio di cedevolezza).

 

Le procedure amministrative di autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili trovano disciplina nei decreti adottati in attuazione delle direttive dell’Unione europea in materia:

§  il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità;

§  il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, di modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE;

§  Il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

Il quadro normativo, già stratificato con la successione dei decreti legislativi di recepimento delle diverse direttive dell’UE approvate in materia, è stato oggetto di numerosi interventi legislativi, meno organici, che nella maggior parte dei casi, ma non sempre, hanno modificato le sopra citate fonti normative.

L’articolo 26, comma 4 della legge sulla concorrenza 2021 (legge n. 118/2022) ha delegato il Governo ad adottare entro il 25 agosto 2024 uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche ai fini dell’adeguamento della normativa vigente al diritto dell’Unione europea, della razionalizzazione, del riordino e della semplificazione della medesima normativa[11].

Nelle more dell’esercizio della delega, è poi entrata in vigore la direttiva (UE) 2023/2413, c.d. direttiva RED III che ha modificato la Direttiva sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili, direttiva (UE) 2018/2001 (cd. direttiva RED II), rendendo più ambiziosi, in linea con il Piano RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da tali fonti, e, tale fine, ha introdotto un corpus organico, già descritto nel precedente paragrafo, di norme finalizzate alla ulteriore semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di progetti in materia di energia rinnovabile e di progetti riguardanti le relative infrastruttura di rete e di stoccaggio.

La direttiva prevede che il recepimento a livello nazionale di tali norme (specificamente, quelle di cui ai nuovi articoli 15-sexies, 16, 16-ter, da 16-quater a 16-septies inseriti dal medesimo provvedimento nella direttiva RED II) avvenga entro il 1° luglio 2024.

Le norme di settore che attualmente disciplinano le procedure autorizzative per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili rinviano o comunque vanno interpretate in combinato disposto con le norme generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

Vengono in particolare rilievo, infine, le norme in materia ambientale e paesaggistica che disciplinano i principali atti di assenso cui talvolta è subordinato il rilascio dell’autorizzazione o comunque la realizzazione dell’impianto da fonti elettriche rinnovabili. Si fa quindi riferimento, principalmente:

§  alle norme ambientali di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che disciplinano, in particolare, le procedure per la valutazione di impatto ambientale;

§  al codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e, in particolare, alle norme sull’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146.

Prima di passare ad un esame delle procedure amministrative a cui è sottoposta la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, è utile ricordare che, ai sensi del D.lgs. n. 199/2021, per energia da fonti rinnovabili o di energia rinnovabile si intende l’energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, termico e fotovoltaico, e geotermica, energia dell’ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.

È poi l’articolo 4, comma 2 del D.lgs n. 28/2011, come modificato dal D.lgs. n. 199/2021, ad elencare i regimi amministrativi per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili attualmente vigenti:

§  comunicazione relativa alle attività in edilizia libera (CAEL);

§  dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA);

§  procedura abilitativa semplificata (PAS);

§  autorizzazione unica (AU).


Le procedure abilitative ed autorizzative

I. La comunicazione delle attività in edilizia libera

Gli interventi di minore complessità sono soggetti, ai sensi dell’articolo 6, comma 11 del D.lgs. n. 28/2011, alla sola comunicazione al Comune, nelle modalità già previste ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili adottate con D.M. 10 settembre 2010 ai sensi dell’articolo 12, comma 10 del D.lgs. n. 387/2003.

 

L’articolo 12, comma 10 del D.lgs. n. 387/2003 prevedeva, in particolare, l’approvazione, in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, di linee guida per lo svolgimento del procedimento unico di autorizzazione disciplinato dal medesimo articolo 12.

Le linee guida, oltre a dettare una disciplina uniforme sul territorio nazionale del procedimento unico, hanno stabilito anche le modalità con cui devono essere comunicati alle amministrazioni comunali gli interventi non soggetti ad autorizzazione o ad altra procedura amministrativa..

L’articolo 18 comma 3 del D.lgs. n. 199/2021 dispone che - a seguito dell’entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l’individuazione di superfici e aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del medesimo D.lgs. n. 199- le linee guida per l’autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili vengano aggiornate - con decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, da adottare di concerto con il Ministero della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

L’articolo 7-bis del D.lgs n. 28/2011 prevede l’adozione da parte del Ministro dello sviluppo economico (ora del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ed il sistema idrico, ora Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), di modelli unici per l’effettuazione della comunicazione oltre che ai Comuni anche ai gestori di rete e al GSE, in luogo dei modelli eventualmente da questi predisposti. Con riferimento alle comunicazioni di competenza del Comune, la norma prevede che il modulo contenga esclusivamente:

§  i dati anagrafici del proprietario o di chi abbia titolo per presentare la comunicazione, l’indirizzo dell’immobile e la descrizione sommaria dell’intervento;

§  la dichiarazione del proprietario di essere in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la conformità dell’intervento alla regola d’arte e alle normative di settore.

Qualora sia necessario acquisire atti amministrativi di assenso, l’articolo 7-bis del D.lgs. n. 28/2011 prevede che l’interessato possa allegarli alla comunicazione o richiedere allo sportello unico per l’edilizia di acquisirli d’ufficio, allegando la documentazione necessaria allo scopo. Il Comune provvede, in tal caso, entro i successivi quarantacinque giorni. Decorso il termine, la norma prevede l’applicazione dell’articolo 20, comma 5-bis del DPR n. 380/2001, nel frattempo abrogato con D.lgs. n. 127/2016, a mente del quale era prevista l’indizione da parte dello sportello unico di una conferenza di servizi (vedi appendice) per l’espressione dei pareri da parte delle amministrazioni interessate e l’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sulla base di essi.

In attuazione dell’articolo 7-bis del D.lgs. n. 28/2011, sono stati approvati modelli unici impiegabili rispettivamente:

§  per gli impianti fotovoltaici integrati su edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici (D.M. 15 maggio 2015 e, successivamente, D.M. 2 agosto 2022);

§  per gli impianti di micro generazione ad alto rendimento o alimentati da fonti rinnovabili, eventualmente dotati di sistemi di accumulo (D.M. 6 marzo 2017).

In base all’articolo 27, comma 20 della legge n. 99/2009, infatti, l’installazione e l’esercizio di unità di micro generazione (unità di cogenerazione con una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe) sono assoggettate alla sola comunicazione.

 

Si rinvia ai capitoli dedicati agli impianti alimentati da ciascuna fonte il dettaglio degli altri progetti sottoposti a semplice comunicazione. Una norma comune a tutte le fonti, prevista all’articolo 6, comma 11, secondo periodo, del D.lgs n. 28/2011 consente a Regioni e Province autonome di estendere il regime della comunicazione ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW, nonché agli impianti fotovoltaici di qualsivoglia potenza da realizzare sugli edifici, fatta salva la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche, ferma restando la disciplina specifica in materia di piccoli impianti su edifici (prevista dall’articolo 7-bis, comma 5 del medesimo D.lgs. n. 28/2011).

 

II. La dichiarazione di inizio lavori asseverata

Alcuni impianti da fonti rinnovabili e determinate modifiche agli impianti esistenti sono realizzabili previa dichiarazione di inizio lavori asseverata, ai sensi dell’articolo 6-bis del D.lgs. n. 28/2011.

In tal caso, il comma 4 dell’articolo indica nel proprietario dell’immobile o in chi abbia la disponibilità degli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse il soggetto titolato a presentare al Comune, in formato cartaceo o in via telematica, una dichiarazione accompagnata da una relazione sottoscritta da un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti il rispetto delle norme di sicurezza, antisismiche e igienico-sanitarie.

L’articolo 6-bis, al comma 1, individua gli interventi su impianti esistenti e le modifiche di progetti autorizzati, inclusi quelli consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata non sottoposti a valutazioni ambientali e paesaggistiche, né all’acquisizione di altri atti di assenso, ma realizzabili mediante DILA.

Qualora, nel corso del procedimento di autorizzazione di un impianto, siano proposte varianti consistenti in interventi sottoponibili a DILA, il proponente presenta all’autorità competente per la medesima autorizzazione la comunicazione di cui sopra. La dichiarazione non comporta alcuna variazione dei tempi e delle modalità di svolgimento del procedimento autorizzativo e di ogni altra valutazione già avviata sul progetto originariamente presentato, ivi incluse quelle ambientali.

L’articolo 5, comma 3, primo periodo, del D.lgs. n. 28/2011 prevede poi che con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, siano individuate le modifiche sostanziali agli impianti esistenti o ai progetti autorizzati che richiedono lo svolgimento del procedimento di autorizzazione e quelle sottoponibili a PAS, fatto salvo quanto disposto sulla DILA dall’articolo 6-bis.

 

III. La procedura abilitativa semplificata

La procedura abilitativa semplificata (PAS) è disciplinata dall’articolo 6, commi da 1 a 10 del D.lgs. n. 28/2011. La norma prevede che il proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse presenti al Comune, mediante mezzo cartaceo o in via telematica, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. Alla dichiarazione sono allegati gli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete.

Nel caso di intervento che coinvolga più Comuni, ai sensi dell’articolo 6, comma 9-ter, l’istanza è presentata a tutti i Comuni interessati dall’impianto e dalle relative opere connesse. L’amministrazione competente è individuata nel Comune sul cui territorio insiste la maggior porzione dell’impianto da realizzare, che acquisisce le eventuali osservazioni degli altri Comuni interessati dall’impianto e dalle relative opere connesse.

Il Comune, in base all’articolo 6, comma 4, ove entro trenta giorni sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Altrimenti, decorso il termine di trenta giorni, l’attività di costruzione deve ritenersi assentita. In tal caso, l’articolo 6, comma 7-bis, introdotto con D.L. n. 13/2023, prevede che l’interessato alla realizzazione dell’intervento trasmetta la copia della dichiarazione trasmessa per la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale alla Regione sul cui territorio insiste l’intervento medesimo, che vi provvede entro i successivi dieci giorni. Dal giorno della pubblicazione ai sensi del primo periodo decorrono i termini di impugnazione previsti dalla legge.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, nel caso in cui siano richiesti atti di assenso riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, la salute e la pubblica incolumità, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, devono essere allegati gli elaborati tecnici richiesti dalle norme di settore per il loro rilascio. Il Comune vi provvede direttamente, entro i termini previsti per il loro rilascio, se rientrano nella propria competenza[12].

Qualora, invece, l’attività di costruzione e di esercizio degli impianti sia sottoposta ad atti di assenso di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, e tali atti non siano allegati alla dichiarazione, l’amministrazione comunale, ai sensi del comma 5, provvede ad acquisirli d’ufficio ovvero convoca, entro venti giorni dalla presentazione della dichiarazione, una conferenza di servizi (vedi appendice).

Il termine di trenta giorni di cui sopra è sospeso fino alla acquisizione degli atti di assenso o fino all’adozione della determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi.

La sussistenza del titolo è provata con la copia della dichiarazione da cui risulta la data di ricevimento della dichiarazione stessa, l’elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l’attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari (art. 6, comma 7).

La realizzazione dell’intervento deve essere completata, in base all’articolo 6, comma 6, entro tre anni dal perfezionamento della procedura abilitativa semplificata. La realizzazione della parte non ultimata dell’intervento è subordinata a nuova dichiarazione. L’interessato è comunque tenuto a comunicare al Comune la data di ultimazione dei lavori.

Il successivo comma 8 stabilisce che, ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che deve essere trasmesso al Comune, con il quale si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato con la dichiarazione, nonché ricevuta dell’avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento catastale.

Per una disamina degli interventi sottoposti a PAS si rinvia ai capitoli dedicati alle singole fonti rinnovabili. Una norma comune a tutte le fonti rinnovabili, prevista all’articolo 6, comma 9, primo periodo, consente alle Regioni e alle Province autonome l’estensione della soglia di applicazione della procedura agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

 

IV. Il procedimento di autorizzazione unica

Gli impianti con potenza maggiore o caratterizzati da una maggiore complessità (ad esempio per gli impatti potenziali sul territorio derivanti dalla loro localizzazione) sono realizzati previo procedimento di autorizzazione unica ai sensi dell’articolo 5 del D.lgs. n. 28/2011, unitamente alle opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti. Sono soggette ad autorizzazione unica anche le modifiche sostanziali agli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Il procedimento di autorizzazione è organicamente disciplinato dall’articolo 12 del D.lgs. n. 387/2003 - a cui il citato articolo 5 del D.lgs. n. 28/11 rinvia - e dalle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con D.M 10 settembre 2010, adottate in attuazione del medesimo articolo 12, comma 10.

La disciplina del procedimento di autorizzazione unica è stata modificata dall’articolo 47 del D.L. n. 13/2023 e, da ultimo, dall’articolo 9 del D.L. 181/2023.

Con il medesimo titolo, sono autorizzati:

§  la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica;

§  le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi

§  gli interventi, anche consistenti in demolizione di manufatti o in interventi di ripristino ambientale, occorrenti per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti (articolo 12, comma 3, primo periodo, del D.lgs. n. 387/2003).

L’autorizzazione è rilasciata:

§  dalla regione[13] o

§  dalle province delegate dalla regione[14], ovvero,

§  per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

§  per gli impianti off-shore, incluse le opere di connessione alla rete, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito, per gli aspetti legati all’attività di pesca, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste;

§  per gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e d’intesa con la regione interessata.

L’autorizzazione comprende:

§  le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del D.lgs. n. 152/2006 (verifica di assoggettabilità a VIA e Valutazione di impatto ambientale-VIA);

§  il rilascio della concessione d’uso del demanio marittimo, nel caso di impianti off-shore;

§  il rilascio della concessione ai fini dell’uso delle acque, in caso di impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro (articolo 12, comma 3, D.lgs. n. 387/2003).

L’autorizzazione inoltre:

§  costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico (articolo 12, comma 3 del D.lgs. n. 387/2003);

§  può essere chiesta unitamente alla dichiarazione di pubblica utilità e all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, salvo che nel caso di impianti alimentati a biomassa, inclusi gli impianti a biogas, di produzione di biometano di nuova costruzione, e di impianti fotovoltaici. In relazione a questi ultimi, il proponente deve, invece, dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto (articolo 12, comma 4-bis del D.lgs. n. 387/2003).

Gli impianti di produzione di energia elettrica – precisa l’articolo 12, comma 7 del D.lgs. n. 387/2003 – possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.

 

L’autorizzazione deve contenere, ai sensi dell’articolo 12, comma 4, l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo all’esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

 

Ai sensi dell’articolo 12, comma 3, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione, l’amministrazione procedente convoca la conferenza di servizi (vedi appendice) a cui sono convocate tutte le amministrazioni interessate.

Ai sensi del D.M. 10 settembre 2010 (Punto 13.3), nei casi in cui l’impianto non ricada in zona sottoposta a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, D.lgs. n. 42 del 2004, il proponente effettua una comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, le soprintendenze informano l’amministrazione procedente circa l’eventuale esito positivo di detta verifica al fine di consentire alla stessa amministrazione di convocare alla conferenza di servizi (vedi appendice) le soprintendenze.

 

Ai sensi dell’articolo 12, comma 3-bis, Il Ministero della cultura partecipa al procedimento unico in relazione ai progetti localizzati in aree sottoposte a tutela, anche in itinere, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, qualora non sottoposti alle valutazioni ambientali.

Inoltre, ai sensi del medesimo comma, gli effetti delle nuove dichiarazioni di notevole interesse pubblico per i beni paesaggistici tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali (si richiama l’art. 140 del Codice), non trovano applicazione alle opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili i cui procedimenti autorizzativi abbiano già ottenuto, prima dell’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, il provvedimento di valutazione ambientale, ovvero altro titolo abilitativo previsto dalle norme vigenti. Il secondo periodo si applica, ai sensi di quanto da ultimo previsto dall’articolo 9, comma 9-decies del D.L. n. 181/2023, anche nel caso di dichiarazioni di interesse culturale per i beni soggetti a tutela ai sensi del medesimo Codice (se ne richiamano gli articoli 12 e13).

Il termine massimo per la conclusione del procedimento unico è pari a:

§  sessanta giorni, al netto dei tempi previsti per le eventuali procedure di valutazione ambientale (verifica di assoggettabilità a VIA e VIA)

§  novanta giorni nel caso dei progetti localizzati in aree sottoposte a vincolo culturale o paesaggistico ai sensi del D.lgs. n. 42/2004, non sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA.

L’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province (art. 12, comma 6 del D.lgs. n. 387/2003). Tuttavia, è applicabile, in relazione alle altre amministrazioni territoriali, quanto previsto all’articolo 1, comma 5 della legge n. 239/2004, ai sensi del quale gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale.

V. La valutazione di impatto ambientale e il procedimento autorizzatorio unico regionale

La normativa in materia di valutazione di impatto ambientale di cui alla Parte Seconda del D.lgs. n. 152/2006, che recepisce la normativa europea in materia[15], è di particolare rilievo per due ordini di motivi.

In primo luogo, perché molti progetti, a prescindere da quale delle procedure previste dal D.lgs. n. 28/2011 si applichi, superando gli impianti o le opere connesse (quali le opere di connessione alla rete elettrica o altre opere civili[16]) le soglie previste dal D.lgs. n. 152/2006, sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA. Il loro svolgimento determina, in genere, un significativo aumento della durata della procedura amministrativa.

In secondo luogo, perché, ai sensi dell’articolo 14, comma 4 della legge n. 241/1990, qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell’ambito di apposita conferenza di servizi (vedi appendice), convocata in modalità sincrona, in base alla disciplina del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) contenuta all’articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Ciò comporta, quindi, lo spostamento della competenza a rilasciare il provvedimento finale ad altra amministrazione e una sorta di inversione del carattere endoprocedimentale della VIA e dell’autorizzazione unica.

 

Gli allegati alla Parte Seconda del D.lgs. n. 152/2006 indicano i progetti da sottoporre direttamente a VIA statale (Allegato II) o regionale (Allegato III), nonché i progetti da sottoporre a previa verifica di assoggettabilità statale (Allegato II-bis) o regionale (Allegato IV), in esito alla quale l’autorità competente determina se è necessario avviare una valutazione di impatto ambientale per approfondirne gli impatti.

Le soglie previste all’allegato IV sono ridotte, ai sensi del punto 4.3 delle Linee guida di cui al D.M. 30 marzo 2015, del 50 per cento qualora i progetti siano localizzati in aree sensibili in relazione alla capacità di carico dell’ambiente naturale (zone umide, zone costiere, zone montuose e forestali, riserve e parchi naturali, zone di protezione speciale, siti di importanza comunitaria, zone a forte densità demografica, zone di importanza storica, culturale o archeologica). Ai sensi dell’articolo 6 del D.lgs. n. 152/2006, ono sottoposti direttamente a VIA i progetti indicati negli allegati II-bis e IV che ricadano in aree protette o in siti della rete Natura 2000.

Sono inoltre sottoposte a verifica di assoggettabilità a VIA le modifiche o le estensioni dei progetti elencati negli allegati (II, II-bis, III e IV) alla parte seconda del D.lgs. n. 152, la cui realizzazione potenzialmente possa produrre impatti ambientali significativi e negativi, ad eccezione delle modifiche o estensioni che risultino conformi agli eventuali valori limite stabiliti nei medesimi allegati. Sono sottoposti direttamente a VIA le modifiche che comportano il superamento degli eventuali valori limite stabiliti dagli allegati II e III.

Ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 4, del D.lgs. n. 152/2006, in sede statale, l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero della cultura per le attività istruttorie relative al procedimento di VIA. Il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA è adottato dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Il supporto tecnico-scientifico al Ministero è assicurato, di norma, dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS (art. 8, comma 1 del D.lgs. n. 152/2006); tuttavia, per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti compresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), di quelli finanziati a valere sul fondo complementare nonché dei progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC)[17], tra cui i nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili, è stato istituito un organo apposito: la Commissione tecnica PNRR-PNIEC posta alle dipendenze funzionali del MASE (art. 8, comma 2-bis e Allegato I-bis del D.lgs. n. 152/2006)[18].

 

In sede regionale, ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome.

 

Ove richiesta, la verifica di assoggettabilità a VIA è avviata, ai sensi dell’articolo 19 del D.lgs. n. 152/2006, con la trasmissione da parte del proponente di uno studio preliminare ambientale all’autorità competente, che entro cinque giorni verifica la completezza della documentazione. Essa può, una sola volta, chiedere chiarimenti e integrazioni, che il proponente deve trasmettere entro i successivi quindici giorni, pena l’archiviazione del procedimento (commi 1 e 2).

Segue la pubblicazione online da parte dell’autorità competente (sul proprio sito internet istituzionale) dello studio preliminare per trenta giorni, durante i quali chiunque può trasmettere proprie osservazioni (comma 4). L’autorità competente ne dà comunicazione alle amministrazioni territoriali potenzialmente interessate. Successivamente, l’autorità competente ha quarantacinque giorni, prorogabili di ulteriori venti giorni, per deliberare se il progetto richiede lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale. Entro tale termine, l’autorità può richiedere integrazioni documentali al proponente, determinando così la sospensione del procedimento. Il proponente ha quarantacinque giorni per trasmettere la documentazione richiesta, altrimenti la domanda si intende respinta (comma 6).

 

Se il progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale perché supera le soglie di cui agli allegati II e III o perché così è stato stabilito a valle della verifica di assoggettabilità, il proponente predispone uno studio di impatto ambientale ai sensi dell’articolo 22 del D.lgs. n. 152/2006 e lo trasmette, ai sensi dell’articolo 23, all’autorità competente, unitamente al progetto, ad una sintesi non tecnica, alle informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri, ad un avviso pubblico, alla copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo istruttorio, ai risultati della procedura di dibattito pubblico eventualmente svolta e alla relazione paesaggistica o alla relazione paesaggistica semplificata di cui al D.P.R. 31/2017[19].

Appare opportuno evidenziare che, con il D.L. n. 13/2023, è stato soppresso il riferimento all’atto del soprintendente competente del Ministero della cultura relativo alla verifica preventiva di interesse archeologico, previamente introdotto con D.L. n. 50/2022.

L’autorità competente valuta, nei successivi 15 giorni, la completezza della documentazione presentata e può chiederne l’integrazione, che il proponente deve fornire entro un termine non superiore a trenta giorni, altrimenti la domanda si intende ritirata (articolo 23, comma 3). Verificatane la completezza, la documentazione, è pubblicata online, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, nel sito web dell’autorità competente. L’Autorità competente comunica contestualmente per via telematica l’avvenuta pubblicazione a tutte le amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto. L’articolo 23, comma 4, così come da ultimo modificato dal D.L. n. 77/2021, prevede che già con la pubblicazione della documentazione presentata, la Commissione PNIEC-PNRR avvii la propria attività istruttoria.

 

Ai sensi dell’articolo 24 del D.lgs. n. 152/2006, della presentazione dell’istanza, della pubblicazione della documentazione, nonché delle comunicazioni sopra descritte deve essere dato contestualmente specifico avviso al pubblico sul sito web. Dalla data di pubblicazione sul sito web dell’avviso, decorrono i termini per la consultazione, la valutazione e l’adozione del provvedimento di VIA. L’avviso al pubblico, predisposto dal proponente, è pubblicato a cura dell’autorità competente.

La consultazione pubblica, nel caso di progetti PNIEC-PNRR, quali i progetti di impianti da fonti rinnovabili, dura trenta, anziché sessanta giorni. Entro il medesimo termine sono acquisiti i pareri delle amministrazioni e degli enti pubblici interessati. Nei quindici giorni successivi, il proponente può presentare proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti (comma 3).

Qualora all’esito della consultazione ovvero della presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente si renda necessaria la modifica o l’integrazione degli elaborati progettuali o della documentazione acquisita, la Commissione tecnica di verifica entro i 20 giorni successivi, e (per i progetti di competenza) la Commissione PNIEC-PNRR entro i dieci giorni successivi, può, per una sola volta, stabilire un termine non superiore ad ulteriori venti giorni, per la trasmissione, in formato elettronico, degli elaborati progettuali o della documentazione modificati o integrati. Su richiesta motivata del proponente la Commissione può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a sessanta giorni ovvero a centoventi giorni nei casi di integrazioni che richiedono maggiori approfondimenti. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alla richiesta entro il termine perentorio stabilito, l’istanza si intende respinta (comma 4).

L’autorità competente, ricevuta la documentazione integrativa, la pubblica immediatamente sul proprio sito web e, tramite proprio apposito avviso, avvia una nuova consultazione del pubblico in relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate. Nel caso di progetti PNIEC-PNRR, la seconda consultazione dura quindici, anziché trenta, giorni. Entro i dieci giorni successivi il proponente ha facoltà di presentare all’autorità competente le proprie controdeduzioni alle nuove osservazioni e ai pareri pervenuti (comma 5).

Ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del D.lgs. n. 152/2006, conclusa la fase di consultazione pubblica, entro il termine di sessanta giorni, l’autorità competente adotta il provvedimento di VIA previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di trenta giorni. Qualora sia necessario procedere ad accertamenti e indagini di particolare complessità, con atto motivato, può essere prolungata la fase di valutazione sino a ulteriori trenta giorni, dando tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e del termine entro cui il provvedimento sarà emanato.

Il comma 2-bis, relativamente ai procedimenti di competenza della Commissione PNIEC-PNRR, assegna a quest’ultima trenta giorni per predisporre, sulla base delle osservazioni, delle controdeduzioni e dei pareri raccolti, lo schema di provvedimento di VIA da sottoporre al direttore generale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Lo schema di provvedimento deve, in ogni caso, essere reso entro 130 giorni dalla pubblicazione della documentazione trasmessa con l’istanza. Nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura, che ha 20 giorni per renderlo. Rimane comunque fermo, secondo quanto recentemente introdotto dal D.L. n. 181/2023 (articolo 9, comma 9-novies), quanto dispone l’articolo 22, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 199/2021, relativamente ai progetti di impianti da fonti rinnovabili localizzati in aree idonee, per cui il Ministero della cultura, autorità competente ad esprimersi in materia paesaggistica, esprime parere obbligatorio ma non vincolante: decorso inutilmente il termine di venti giorni, il Ministero dell’ambiente provvede comunque sulla istanza di adozione della VIA.

130 gg

 

 

L’articolo 25, comma 2-quater del D.lgs. n. 152/2006 prevede l’esercizio del potere sostitutivo nei successivi trenta giorni e l’espressione del parere dell’ISPRA, in caso di inerzia della Commissione.

Il provvedimento di VIA reca le condizioni per la realizzazione, l’esercizio e la dismissione del progetto, le misure previste per evitare, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi, nonché le misure per il monitoraggio degli impatti ambientali significativi e negativi (comma 4).

Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell’autorità competente e è valido per un periodo non inferiore a cinque anni definito nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell’eventuale proposta formulata dal proponente a corredo dell’istanza di VIA (comma 5).

 

Ai sensi dell’articolo 25, comma 5, decorso il periodo di efficacia del provvedimento senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga. L’istanza deve essere corredata di una relazione esplicativa. Fatto salvo il mutamento del contesto ambientale di riferimento, il provvedimento di proroga non deve contenere prescrizioni diverse e ulteriori rispetto a quelle già previste nel provvedimento di VIA originario.

Il recente D.L. n. 19/2024, all’articolo 12, comma 14, ha previsto che - se l’istanza di proroga è presentata almeno centoventi giorni prima della scadenza del termine di efficacia del provvedimento di VIA, il provvedimento continua ad avere efficacia fino all’adozione delle determinazioni in ordine alla proroga.

A tale riguardo, entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza di proroga, l’autorità competente deve verificare la completezza della documentazione. Se la documentazione risulta incompleta, l’autorità deve richiedere la documentazione integrativa, assegnando per la presentazione un termine perentorio non superiore a trenta giorni. Se l’istante non deposita la documentazione integrativa entro il termine o, all’esito di una nuova verifica, da effettuarsi entro quindici giorni, la documentazione risulti ancora incompleta, l’istanza si intende ritirata.

 

Ai sensi dell’articolo 26 del D.lgs. n. 152/2006, il provvedimento di VIA è sempre integrato nell’autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti sottoposti a VIA, nonché nell’autorizzazione integrata ambientale, se prevista.

L’autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni:

a)      il provvedimento di VIA;

b)     le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonché, ove opportuno, una descrizione delle misure di monitoraggio.

 

Si ricorda, infine, che il Consiglio dei Ministri può essere investito del potere di deliberare su questioni attinenti la conclusione dei procedimenti autorizzativi ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c-bis) della legge n. 400/1988 e dell’articolo 14-quinquies, commi 5 e 6 della legge n. 241/1990.

Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c-bis) della legge n. 400/1988, infatti, il Presidente del Consiglio può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti.

Ai sensi dell’articolo 14-quinquies della legge n. 241/1990, inoltre, qualora un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili quali l’ambiente e il paesaggio si opponga all’adozione di una determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi - esprimendo in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza - esaurito il tentativo di addivenire ad un’intesa, la questione è rimessa al Consiglio dei Ministri.

 

L’articolo 7 del D.L. n. 50/2022 ha precisato che, nei procedimenti di autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, le deliberazioni del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c-bis) della legge n. 400/1988 sostituiscono ad ogni effetto il provvedimento di VIA. Inoltre, tali deliberazioni, così come quelle adottate in caso di opposizione alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi sensi dell’articolo 14-quinquies, comma 6 della L. n. 241/1990, confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico, da concludersi a cura dell’amministrazione competente entro i successivi sessanta giorni. Se il Consiglio dei ministri si esprime per il rilascio del provvedimento di VIA, decorso inutilmente il prescritto termine di sessanta giorni, l’autorizzazione si intende rilasciata.

 

Nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, il proponente può chiedere all’autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato, ai sensi dell’articolo 27 D.lgs. n. 152/2006, nell’ambito di un provvedimento unico in materia ambientale comprensivo di altre autorizzazioni ambientali (autorizzazione paesaggistica, l’autorizzazione culturale o quella riguardante il vincolo idrogeologico).  In tal caso, l’autorità competente ha dieci giorni di tempo dalla presentazione dell’istanza per verificare l’avvenuto pagamento del contributo amministrativo, pubblicare on line e trasmettere la documentazione ricevuta alle amministrazioni interessate. Queste hanno trenta giorni per chiedere eventualmente integrazioni documentali, da rendere entro i successivi trenta giorni. La consultazione pubblica si svolge, in questa ipotesi, per sessanta giorni anche nel caso di progetti di impianti da fonti rinnovabili. Entro i successivi quindici giorni l’autorità competente indice la conferenza di servizi decisoria. Contestualmente può chiedere eventuali integrazioni al proponente, da rendere entro i quindici giorni seguenti (salvo richiesta di sospensione per un periodo fino a novanta giorni), altrimenti il procedimento si intende archiviato. L’autorità competente pubblica, quindi, le integrazioni sul sito internet e dispone, entro cinque giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi dieci giorni, un nuovo avviso al pubblico, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito internet. La consultazione pubblica sulle modifiche o integrazioni apportate dura trenta giorni.

La conferenza di servizi è tenuta a concludere i lavori entro duecentodieci giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, che costituisce il provvedimento unico in materia ambientale, reca l’indicazione espressa del provvedimento di VIA ed elenca, altresì, i titoli autorizzativi compresi nel provvedimento unico.

 

Di seguito una tabella riassuntiva della tempistica con cui sono stati emanati i provvedimenti di VIA statale e i provvedimenti unici in materia ambientale su impianti alimentati da fonti rinnovabili o di accumulo idroelettrico adottati nel 2024.


 

Provvedimenti di VIA statale

 

Data e numero del provvedimento

Tipo di atto

Progetto

Esito

Data avvio

Durata della procedura (giorni)

11/07/2024
DM_2024-0000221

DM**

Hub energetico: impianto eolico offshore (200 MWp), impianto eolico offshore (400 MWp); impianto fotovoltaico offshore ( 100 MWp) + sistema di stoccaggio di elettricità onshore (200 MWh) + impianto elettrolisi onshore per produzione idrogeno (60MWp) +opere dI connessione

positivo

17/02/2023

510

11/07/2024
DM_2024-0000218

DM**

Impianto eolico composto da 13 aerogeneratori (72,8 MW complessivi)

negativo

14/12/2020

1305

10/07/2024
DM_2024-0000219

DM**

Impianto agrovoltaico(43MW)+opere di connessione alla RTN

positivo

10/08/2021

1065

10/07/2024
DM_2024-0000220

DM**

Centrale eolica offshore (330 MW)

positivo

31/05/2022

771

09/07/2024
MASE_VA_DEC_2024-0000216

DM**

Impianto fotovoltaico (16,48 MW)+ opere di connessione alla RTN, integrato con impianto di produzione di idrogeno verde

positivo

21/3/2023

476

08/07/2024
MASE_VA_DEC_2024-0000215

D. Dir

Rifacimento di un parco eolico composto da (61,00 MW) + opere connesse e infrastrutture indispensabili

positivo

15/09/2022

662

05/07/2024
MASE_2024-0124983

DPCM

Impianto agrovoltaico(40,926 MWp) + opere di connessione alla RTN

positivo

17/03/2022

841

21/06/2024
MASE_VA-2024-0000188

D. Dir.

Impianto fotovoltaico (30 MW) +opere connessione rete e altri interventi di recupero nell’area dell’impianto

positivo

11/08/2021

1045

11/06/2024
MASE_VA-2024-0000180

D. Dir.

Impianto agrovoltaico(22 MW) + opere connesse e infrastrutture di connessione alla RTN

positivo

04/01/2022

889

07/06/2024
MASE-2024-0105638

DPCM

Parco Eolico (42MW)

positivo

04/04/2019

1891

06/06/2024
MASE-2024-0105161

DPCM

Parco Eolico (61,60 MW)

positivo

12/08/2019

1760

06/06/2024
MASE-2024-0105161

DPCM*

Parco eolico (50,4 MW)

positivo

27/12/2018

1988

06/06/2024
DEC-2024-0000175

D. Dir

Rifacimento Parco eolico (129,6 MW)

positivo

24/05/2023

379

06/06/2024
DEC-2024-0000176

D. Dir

Repowering (totale ricostruzione) di impianto eolico (42 MW) + opere connessione alla RTN

positivo

05/05/2023

398

31/05/2024
MASE_VA_DEC_2024-0000172

D. Dir

Impianto eolico (33,60 MW)

positivo

05/08/2022

300

28/05/2024
MASE_VA_DEC_2024-0000161

D. Dir

Rifacimento e potenziamento di un impianto eolico (146,40 MW) + opere connessione alla RTN

positivo

19/01/2022

860

22/05/2024
DM_2024-0000158

DM**

Parco agrovoltaico(78 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

10/03/2022

804

16/05/2024
DM_2024-0000146

DM

Impianto agrovoltaico+ opere connesse e infrastrutture indispensabili (59.276,55 kWp - 40.000 kW in immissione)

negativo

02/02/2022

834

02/05/2024
DM-2024-0000132

DM**

Impianto agrovoltaico(40,07 MW), e opere di connessione alla RTN

positivo

10/01/2022

843

22/04/2024
DM-2024-0000125

DM*

**

Impianto eolico (50 MW) + opere connessione alla RTN

negativo

14/04/2021

1104

22/04/2024
DM-2024-0000126

D.M**

Impianto agrovoltaico(60 MW) + opere connessione alla RTN

positivo

20/06/2022

672

19/04/2024
MASE_2024-0069167

DPCM

Parco eolico (60 MW)

positivo

19/08/2020

1339

18/04/2024
MASE_2024-0069139

DPCM

Impianto agrovoltaico(61,8 MW)+ opere di connessione alla RTN

positivo

27/12/2021

843

18/04/2024
MASE_2024-0072259

DPCM

Impianto eolico (42 MW)

positivo

09/11/2020

1256

18/04/2024
MASE_2024-0069144

DPCM

Impianto agrovoltaico(61,8 MW)+ opere connessione RTN

positivo

27/12/2021

843

15/04/2024
DM_2024-0000113

D.M**

Impianto fotovoltaico (19,3 MW) +opere di connessione alla rete elettrica e RTN

positivo

10/01/2022

826

15/04/2024
DM_2024-0000114

D.M**

Impianto agrovoltaico(30.756 GWh/anno potenziali)

positivo

06/12/2021

861

12/04/2024
DM_2024-0000112

D.M**

Impianto fotovoltaico (19 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

11/01/2022

488

12/04/2024
MASE-2024-0068985

DPCM

Impianto eolico (48 MW) + opere connessione e sottostazione elettrica

positivo

10/08/2021

976

11/04/2024
DM_2024-0000111

D.M**

Impianto fotovoltaico(38,50 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

08/07/2022

643

11/04/2024
DM_2024-0000110

D.M**

Impianto fotovoltaico (92,7 MWp) integrato ad un sistema accumulo (7,875)

positivo

28/09/2022

561

10/04/2024
DM_2024-0000106

D.M

Impianto agrovoltaico(110,52 MWp) + opere di connessione

positivo

11/11/2021

881

10/04/2024
DM-2024-0000105

D.Dir

Impianto fotovoltaico (96,8 MW) + opere di connessione RTN

positivo

20/10/2021

903

05/04/2024
DM-2024-0000102

D.M**

Impianto fotovoltaico (22 MW) integrato da un sistema di accumulo  +opere di connessione alla rete

positivo

05/01/2022

821

03/04/2024
DM-2024-0000099

D. Dir

Impianto agrovoltaico(45,4779 MW) + opere connesse

positivo

18/10/2021

898

21/03/2024
DM_2024-0000089

D.M**

Impianto eolico offshore “floating” (250 MW) + opere connessione RTN

positivo

21/01/2022

790

14/03/2024
MASE_2024-0049057

DPCM

Impianto eolico (78 MW) + sistema di accumulo integrato (35 MW)

positivo

24/12/2020

1176

13/03/2024
DM_2024-0000082

D.M*

Impianto eolico (57,6 MW)

positivo

07/11/2022

492

11/03/2024
DEC-2024-0000080

D. Dir.

Impianto eolico (50,4 MW)

positivo

30/05/2022

651

29/02/2024
MASE_2024-0038803

DPCM

Parco eolico (144 MW)

positivo

14/06/2021

990

29/02/2024
MASE-2024-0038867

DPCM

Impianto agrovoltaico(67,275 MW) + opere connesse

positivo

17/12/2021

807

29/02/2024
MASE-2024-003886

DPCM

Impianto agro-energetico integrato fotovoltaico-olivicolo con sistema di accumulo (46,078 MWp)

positivo

09/02/2022

750

29/02/2024
DM_2024-0000070

D. Dir

Impianto fotovoltaico (27,1 MW)+opere di connessione

positivo

05/11/2021

846

26/02/2024
MASE-2024-0036341

DPCM

Parco eolico (42 MW)

positivo

31/12/2019

1518

26/02/2024
MASE_2024-0036357

DPCM

Parco Eolico (34,5 MW)+ opere accessorie di connessione alla RTN

positivo

07/08/2017

2394

26/02/2024
MASE_2024-0036043

DPCM

Impianto eolico (56 MW)

positivo

14/08/2020

1291

26/02/2024
MASE-2024-0036360

DPCM

Impianto fotovoltaico (27,3 mw) + impianto accumulo (50 MW) + opere connessione alla rete

negativo

03/08/2021

937

26/02/2024
MASE_2024-0035719

DPCM

Impianto eolico (63 MW) + opere accessorie

positivo

18/02/2020

1469

16/02/2024
DM_2024-0000061

D.M**

Impianto fotovoltaico (15,24 MW) + opere di connessione

positivo

26/11/2021

812

15/02/2024
DM_2024-0000057

D. Dir

Impianto fotovoltaico (47,848 MWp)

positivo

03/12/2021

804

15/02/2024
DM_2024-0000058

D. Dir

Impianto agrovoltaico(30 MW) + opere di connessione

positivo

27/10/2021

841

15/02/2024
DM_2024-0000059

D. Dir

Impianto integrato agrovoltaico(66 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

03/11/2021

834

15/02/2024
DM_2024-0000060

D. Dir

impianto agrovoltaico (50,62 MW) + accumulo (10 MW)+ impianti di utenza + Sottostazione Elettrica Utente + opere connessione alla RTN

positivo

20/10/2021

848

14/02/2024
DM_2024-0000055

D. Dir

Impianto fotovoltaico (27,32 MW) + opere connessione

positivo

06/10/2021

861

14/02/2024
DM_2024-0000056

D. Dir

Impianto integrato agrovoltaico (40 MW) + opere connesse e con connessione alla RTN

positivo

12/08/2021

916

07/02/2024
DM_2024-0000052

D.M**

Impianto di accumulo idroelettrico

positivo

01/08/2022

555

01/02/2024
MASE_2024-0018905

DPCM

Impianto agrovoltaico (30 MW) + opere di connessione

positivo

18/11/2021

805

01/02/2024
MASE_2024-0018921

DPCM

Impianto agrovoltaico (39,5 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

04/01/2022

1123

01/02/2024
MASE_2024-0019224

DPCM

Impianto agrovoltaico (42,27 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

09/02/2022

722

22/01/2024
MASE-2024-0011031

DPCM

Impianto agrovoltaico integrato (62,148 MWp)

positivo

04/11/2021

809

22/01/2024
MASE-2024-0011102 

DPCM

Impianto eolico (55 MW) + opere connesse

positivo

21/11/2019

1523

19/01/2024
MASE-2024-0010636

DPCM

Impianto fotovoltaico (19,73 MWp) + opere di connessione alla RTN

positivo

29/11/2021

781

19/01/2024
MASE_2024-0010621

DPCM

Impianto eolico (43 MW) + opere connesse

positivo

27/04/2020

1362

16/01/2024
DM_2024-0000015

D.M**

Impianto eolico (44,8 MW)

parte negativo/
parte positivo

07/05/2020

1349

15/01/2024
DM_2024-0000012

D.M**

Impianto agrovoltaico (18,01 MW)+ opere di connessione alla RTN

positivo

10/02/2022

704

15/01/2024
DM_2024-0000011

D.M**

Impianto eolico (39,1 MW)

negativo

05/08/2019

1624

11/01/2024
DM_2024-0000003

D.M**

Impianto fotovoltaico (41,758 MW)

negativo

18/10/2021

815

11/01/2024
DM_2024-0000004

D.M**

Impianto agrovoltaico (31 MW)

negativo

20/10/2021

813

10/01/2024
DM-2024-0000002

 

impianto fotovoltaico (47,5 MW) + impianto accumulo(90 MW)+opere connessione alla rete

positivo

02/08/2021

891

Durata media

 

948

*Istruttoria a cura della Commissione tecnica VIA-VAS

** DM MASE di concerto del MIC

 

Provvedimenti unici in materia ambientale

 

Data e numero del provvedimento

Tipo di atto

Progetto

Esito

Data avvio

Durata procedura (giorni)

11/07/2024

D. Dir.

Impianto integrato agrovoltaico + opere e infrastrutture connesse (70 MW)

positivo
(VIA conclusa-PUA in corso)

09/08/2021

1067

11/06/2024 MASE_VA_DEC_2024-0000181

D.Dir.

Impianto integrato agrovoltaico(66 MW) + opere di connessione alla RTN

positivo

03/11/2021

981

21/05/2024 MASE_VA_DEC_2024-0000157

D.M**

Impianto agrovoltaico (41,12 MW)+opere connessione

positivo

23/12/2021

880

23/04/2024
DEC-2024-0000127

D. Dir (Pua)

Impianto agrovoltaico (8.120 kw) + opere connessione

positivo

17/12/2021

857

12/04/2024 MASE_2024-0069132

DPCM

Impianto eolico (48 MW) + opere infrastrutturali e di connessione alla RTN

positivo

14/07/2021

1003

28/03/2024 MASE_VA_DEC_2024-0000093

D. Dir

Impianto agrovoltaico (28,454 MW)+opere connessione alla RTN

positivo
(VIA conclusa-PUA in corso)

09/08/2021

962

01/03/2024
DM_2024-0000071

D. Dir

Impianto agrovoltaico (41,12 MW)+opere connessione

positivo

23/12/2021

799

22/02/2024
DM_2024-0000063

D.M**

Unità Cogenerativa (da 87 MWt) Centrale Teleriscaldamento

Positivo

in predisposizione provvedimento

13/09/2021

892

Durata media

 

930

 

Come anzidetto, qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi richiesti vengono acquisiti nell’ambito di apposita conferenza di servizi in base alla disciplina del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) contenuta all’articolo 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

In tal caso, il proponente allega all’istanza la documentazione per il rilascio degli atti di assenso richiesti dalle normative di settore (comma 1). Entro dieci giorni, l’autorità competente verifica il pagamento del contributo amministrativo e comunica alle amministrazioni interessate l’avvenuta pubblicazione della domanda nel proprio sito web (comma 2). Entro trenta giorni dalla pubblicazione, le amministrazioni verificano la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine di massimo trenta giorni per le eventuali integrazioni (comma 3). Viene, quindi avviata la consultazione pubblica per la durata di trenta giorni (comma 4). Entro i successivi trenta giorni, l’autorità competente può chiedere al proponente integrazioni, assegnando un termine non superiore a trenta giorni per la loro trasmissione, salvo non chieda a tal fine la sospensione per un massimo di 180 giorni (decorsi inutilmente tali termini, l’istanza si intende ritirata. La richiesta di sospensione può essere avanzata dal proponente una sola volta). La documentazione integrativa è, quindi, pubblicata on line per una nuova consultazione della durata di quindici giorni. Entro dieci giorni dal termine per richiedere integrazioni o dal ricevimento delle integrazioni, l’autorità competente indice una conferenza di servizi in modalità sincrona, affinché le amministrazioni chiamate a rilasciare un atto di assenso si esprimano (comma 5). È previsto (comma 7) che i lavori della conferenza debbano concludersi nei successivi novanta giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende, recandone l’indicazione esplicita, il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto. Nel caso in cui il rilascio di titoli abilitativi settoriali sia compreso nell’ambito di un’autorizzazione unica, le amministrazioni competenti per i singoli atti di assenso partecipano alla conferenza e l’autorizzazione unica confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico regionale.


L’individuazione delle aree idonee e le semplificazioni previste per gli impianti ivi localizzati

Il D.lgs. n. 199/2021 reca, all’articolo 20, una disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili; prevede poi, all’articolo 22, semplificazioni amministrative in relazione agli impianti ivi localizzati.

In particolare, il comma 1 rinvia ad uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione di principi e criteri omogenei per l’individuazione, con successive leggi regionali (comma 4), delle superfici e delle aree idonee e non all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili[20].

 

Obiettivi di crescita della potenza da fonte rinnovabile al 2030 da PNIEC- giugno 2024

(in MW)

Il procedimento di individuazione delle aree idonee, allo stato, non si è ancora concluso.

Il D.M. 21 giugno 2024, c.d. “decreto ministeriale aree idonee“ è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2024 dopo un lungo iter.

Le regioni dovranno ora provvedere, con legge, all’individuazione delle aree entro sei mesi dalla pubblicazione.

 

Il “D.M. aree idonee”

Il D.M. 21 giugno 2024 provvede alla ripartizione fra le regioni e le province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi europei (Fit for 55 e Repower EU) (articolo 1 e 2). Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica - MASE, con il supporto del Gestore dei servizi energetici - GSE S.p.a. e Ricerca sul sistema energetico - RSE S.p.a., al monitora e verificagli adempimenti in carico alle regioni e province autonome (articolo 4). A tale fine, continua ad operare l’Osservatorio istituito dal D.M. cd. Burden Sharing (articolo 5, comma 5 del D.M. 15 maggio 2012) (articolo 5)[21].

 

Tabella 1 - Ripartizione regionale di potenza, per anno

Regione

Obiettivi di potenza aggiuntiva [MW]

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

Abruzzo

4

65

196

454

640

850

1.086

1.350

1.648

2.092

Basilicata

145

204

329

543

748

973

1.218

1.486

1.779

2.105

Calabria

45

95

210

549

857

1.206

1.603

2.055

2.568

3.173

Campania

74

237

569

909

1.297

1.728

2.206

2.736

3.325

3.976

Emilia-Romagna

100

343

860

1.288

1.851

2.504

3.263

4.143

5.164

6.330

Friuli-Venezia Giulia

30

96

321

404

573

772

1.006

1.280

1.603

1.960

Lazio

82

305

544

933

1.346

1.829

2.396

3.059

3.835

4.757

Liguria

29

80

122

198

281

382

504

653

834

1.059

Lombardia

184

622

1.521

1.963

2.714

3.592

4.616

5.812

7.208

8.766

Marche

32

110

241

457

679

930

1.217

1.544

1.916

2.346

Molise

2

38

59

175

273

383

509

651

812

1.003

Piemonte

78

285

851

1.098

1.541

2.053

2.645

3.330

4.121

4.991

Puglia

163

507

876

1.672

2.405

3.213

4.104

5.084

6.165

7.387

Sardegna

34

175

468

998

1.553

2.207

2.980

3.892

4.969

6.264

Sicilia

144

473

952

1.842

2.764

3.847

5.120

6.616

8.375

10.485

Toscana

42

150

359

667

1.019

1.444

1.958

2.580

3.332

4.250

TrAA - Bolzano

11

41

120

139

186

239

298

364

438

515

TrAA - Trento

11

41

108

140

195

258

333

419

520

631

Umbria

15

60

135

279

429

609

823

1.079

1.384

1.756

Valle d’ Aosta

1

4

10

27

47

75

112

162

231

328

Veneto

125

413

1.088

1.373

1.889

2.483

3.164

3.947

4.847

5.828

Totale

1.348

4.344

9.940

16.109

23.287

31.578

41.160

52.243

65.075

80.001

Nei casi di mancata adozione delle leggi regionali (o dei provvedimenti previsti nei rispettivi statuti, se si tratta di province autonome), il MASE propone al Presidente del Consiglio dei ministri degli schemi di atti normativi di natura sostitutiva da adottare in Consiglio (si rimanda all’art. 41, co. 1, L. n. 234/2012).

Invece, in caso di scostamento negativo dagli obiettivi previsti per l’anno 2026, il MASE invita l’ente a presentare le proprie osservazioni entro trenta giorni. In caso di accertata inerzia, decorsi sessanta giorni, il MASE informa il Presidente del Consiglio dei ministri affinché assegni all’ente un termine, non inferiore a sei mesi, per l’adozione dei provvedimenti necessari. In caso di inadempimento, il MASE adotta le opportune iniziative per l’esercizio dei poteri sostitutivi.

Il Decreto stabilisce anche i principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non, in linea con il principio della neutralità tecnologica (art. 1 e 7).

Le regioni o le province autonome, con il coinvolgimento degli enti locali, dovranno quindi individuare sul loro territorio:

a) superfici e aree idonee ove è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti e delle infrastrutture connesse (ai sensi di quanto prevede l’art. 22 D.lgs. n. 199/2021, che sarà illustrato di seguito);

b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti (si richiamano le linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010 par. 17 e all. 3 e ss. mod. e int);

c) superfici e aree ordinarie: superfici e aree diverse dalle precedenti, nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari;

d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Si tratta delle aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di tali impianti, ai sensi dell’art. 20, comma 1-bis, del D.lgs. n. 199/2021, recentemente inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (L. n. 101/2024, cfr. più diffusamente infra) (articolo 1).

Per l’individuazione delle aree idonee le regioni tengono conto di una serie di criteri (individuati nell’art. 7 in linea con quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021). In particolare, va privilegiato l’utilizzo di superfici di strutture già edificate (capannoni industriali e parcheggi, aree industriali, a destinazione artigianale, per servizi e logistica), e verificata l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi (superfici agricole non utilizzabili), compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica.

Si possono classificare le superfici o le aree idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto e possono essere fatte salve le aree considerate idonee “nelle more”, ai sensi dell’art. 20, comma 8 del D.lgs. n. 199/2021 (cfr. infra).

Sono non idonee (articolo 7) le superfici e le aree comprese nel perimetro dei seguenti beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004): i beni culturali (art. 10); i beni sottoposti a tutela paesaggistica, quali immobili con cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica (art. 136, comma 1, lett. a)); ville, giardini e parchi, non tutelati come bene culturale, che si distinguono per la loro non comune bellezza(art. 136, comma 1, lett. a)).

Possono essere individuate come non idonee le superfici e le aree nel perimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice. ù

Le regioni possono stabilire una fascia di rispetto differenziata secondo la tipologia di impianto, proporzionata al bene tutelato, fino a 7 chilometri. La fascia di rispetto non opera per i rifacimenti degli impianti già in esercizio.

Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela anche in itinere (qualora non già sottoposti a valutazione ambiente ai sensi del Titolo III, parte II, del Codice dell’ambiente) (si richiama l’art. 12, co. 3-bis, D.lgs. n. 387/2003).

Quando una regione ha devoluto agli enti locali la propria competenza al rilascio dell’autorizzazione unica, essa è tenuta a vigilare affinché questi ottemperino alla regolare applicazione del decreto e ad utilizzare poteri i sostitutivi in caso di inerzia accertata.

 

Nelle more della definizione da parte delle regioni delle aree idonee, il comma 8 individua alcune aree da considerarsi idonee ai fini dell’applicazione delle semplificazioni previste dalla normativa di settore.

La classificazione data dal comma 8 acquisisce ora rilievo ai fini della successiva definizione delle aree idonee, giacché l’articolo 20, comma 1, come modificato dall’articolo 47 del D.L. n. 13/2023, prevede che i decreti recanti i criteri per l’individuazione delle aree idonee dovranno tener conto anche delle aree definite idonee ai sensi del successivo comma 8, nonché di quanto previsto al comma 1-bis, recentemente inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (c.d. “D.L. Agricoltura”, convertito, con modificazioni, in L. n. 101/2024)) per ciò che specificamente attiene agli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree classificate agricole, la cui collocazione è limitata solo ad alcune delle aree e ad alcuni dei siti indicati come idonei dal comma 8.

 

Il comma 8, oggetto di numerose modifiche e integrazioni, prevede siano aree idonee, in via generale:

-       lett. a) i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20 per cento. Il limite non si applica per gli impianti fotovoltaici in relazione ai quali la variazione dell’area occupata è soggetta al limite di cui alla successiva lettera c-ter), n. 1), del medesimo comma 8. Il n. 1), tuttavia, non pare indicare un limite alla variazione dell’area occupata, perché richiama “le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere”.

-       lett. b), le aree dei siti oggetto di bonifica

-       lett. c), le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento;

-       lett. c-bis) i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali;

-       lett. c-bis. 1), i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli all’interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori, ferme le necessarie verifiche tecniche da parte dell’ENAC;

-       lett. c-ter)     esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli a tutela dei beni culturali (Parte II, D.lgs. n. 42/2004), sono idonee le seguenti aree:

o   le aree classificate agricole, i cui punti perimetrali distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale (SIN), nonché le cave e le miniere

o   le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonché le aree classificate agricole i cui punti perimetrali distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento;

o   le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri;

-       lett. c-quater)  le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela in quanto beni culturali o paesaggistici, incluse le zone gravate da usi civici, né che ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte II del D.lgs. n. 42/2004, o sottoposti a tutela in quanto immobili ed aree di notevole interesse pubblico[22]. La fascia di rispetto è 3 chilometri per gli impianti eolici e di 500 metri per gli impianti fotovoltaici rispetto ai predetti beni. Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi sui soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela (ai sensi dell’art. 12, comma 3-bis, D.lgs. n. 387/2003).

Come sopra accennato, solo alcune delle aree indicate dal comma 8 sono idonee ad ospitare impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti. Ciò, ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021 inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (L. n. 101/2024). Dunque, tali impianti, per motivi legati alla necessita di minimizzare il consumo del suolo, possono essere installati esclusivamente:

-       nei siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata,

-       nelle cave e miniere cessate, o le porzioni di esse, non suscettibili di ulteriore sfruttamento; incluse le cave già ripristinate sul piano ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ma ancora non ripristinate, le discariche o i relativi lotti chiusi o ripristinati.

-       sui siti e gli impianti delle società del gruppo ferrovie e delle concessionarie autostradali;

-       sui siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli delle isole minori e previe verifiche tecniche da parte di ANAC;

-       nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, e le aree agricole i cui punti perimetrali vi distino non più di 500 metri e aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.

I limiti non si applicano agli impianti per la costituzione di una comunità energetica rinnovabile (CER) e in caso di progetti attuativi delle “altre misuredi investimento del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC), o di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.

I limiti, inoltre, non si applicano ai progetti per i quali - al 16 maggio 2024 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63/2024) - sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi.

Si tratta di una norma – non del tutto chiara nelle sue eccezioni – che opera a “a regime” e non “nelle more” della definizione delle aree idonee (cfr. più in dettaglio, il box di approfondimento sul fotovoltaico agricolo e agrovoltaico riportato a pagina 53).

 

Le semplificazioni previste per l’autorizzazione di impianti localizzati in aree idonee dall’articolo 22 sono:

§  il carattere obbligatorio e non vincolante del parere dell’autorità competente in materia paesaggistica, anche ai fini della VIA. Decorso inutilmente il termine per l’espressione del parere, l’amministrazione provvede comunque sulla domanda di autorizzazione (art. 22, comma 1, let. a);

§  la riduzione di un terzo dei termini delle procedure di autorizzazione (art. 22, comma 1, let. b).

Dette semplificazioni si applicano anche:

§  alle infrastrutture elettriche interrate di connessione degli impianti, a prescindere dalla loro ubicazione (art. 22, comma 1-ter);

§  alle altre infrastrutture elettriche di connessione (linee aree e, eventualmente, stazioni o cabine o loro porzioni), nonché a quelle necessarie per lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale strettamente funzionale all’incremento dell’energia producibile da fonti rinnovabili, purché ricadenti in aree idonee (art. 22, comma 1-bis).

Da ultimo, quale ulteriore misura agevolatrice, il D.L. n. 63/2024, all’articolo 5, comma 2-bis, ha previsto che durata dei contratti, anche preliminari, di concessione del diritto di superficie su terreni ricadenti nelle aree che individuate come idonee (ai sensi dell’articolo 20, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 199/2022) all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica non può essere inferiore a sei anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori sei anni[23]. Se le parti abbiano determinato una durata inferiore o abbiano convenuto il diritto di superficie senza determinazione di tempo, la durata si intende convenuta per sei anni.

 

Una disciplina a parte è prevista per l’individuazione delle aree idonee all’installazione di impianti off-shore, demandata dall’articolo 23, comma 2 ai Piani di gestione dello spazio marittimo redatti ai sensi del D.lgs. n. 201/2016 e del DPCM 1° dicembre 2017 da un Comitato tecnico cui partecipano rappresentanti del Governo e della Regione interessata ed approvati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (a dicembre 2022, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato il report della consultazione pubblica ai fini dell’adozione dei piani, chiusasi ad ottobre 2022. Il report è disponibile qui. Il 23 maggio 2024, la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia (INFR(2021)2223) alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver correttamente recepito la direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo (Direttiva 2014/89/UE), posta la mancata elaborazione e comunicazione dei suoi piani di gestione dello spazio marittimo (qui il comunicato stampa).

Nelle more dell’adozione di tali piani, il successivo comma 3 dispone siano considerate idonee:

§  le piattaforme petrolifere in disuso e l’area distante 2 miglia nautiche da ciascuna piattaforma;

§  i porti, per impianti eolici fino a 100 MW di potenza istallata, previa eventuale variante del Piano regolatore portuale, ove necessaria, da adottarsi entro 6 mesi dalla presentazione della richiesta.

Nei procedimenti di autorizzazione di impianti off-shore in aree idonee o comunque in aree non sottoposte a vincoli incompatibili con l’insediamento di impianti off-shore, si applica la riduzione di un terzo dei termini procedurali e l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante, individuando, ove necessario, prescrizioni specifiche finalizzate al miglior inserimento nel paesaggio e alla tutela di beni di interesse archeologico.


Le procedure applicabili per fonte di energia

I. Gli impianti fotovoltaici

Interventi sottoposti a semplice comunicazione

Il novero degli impianti fotovoltaici realizzabili mediante semplice comunicazione è stato ampliato dalle disposizioni succedutesi e stratificatesi in materia.

Impianti fotovoltaici su edifici e manufatti e facoltà delle regioni di estendere il regime della comunicazione a tutti gli impianti fino a 50 kW

L’articolo 6, comma 11 del D.lgs. n. 28/2011, infatti, rinvia ai paragrafi 11 e 12 delle Linee guida approvate con D.M. 10 settembre 2010 disponendo che la comunicazione relativa alle attività in edilizia libera continua ad applicarsi, alle stesse condizioni e modalità, agli impianti ivi previsti e contestualmente attribuisce alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di estendere il regime della comunicazione agli impianti fino a 50kW e agli impianti fotovoltaici di qualsiasi potenza da realizzare sugli edifici (fatta salva la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche, e ferme restando le disposizioni specifiche per taluni impianti contenute nell’articolo 7-bis, comma 5 e 6-bis).

 

Il punto 12.1 delle Linee guida opera, in particolare, una ricognizione dei seguenti casi in cui l’ordinamento considera l’installazione di impianti solari fotovoltaici attività ad edilizia libera:

a)      impianti solari fotovoltaici aventi tutte le seguenti caratteristiche (indicate all’articolo 11, comma 3, D.lgs. n. 115/2008):

                 i.            impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi;

               ii.            la superficie dell’impianto non è superiore a quella del tetto su cui viene realizzato;

            iii.            gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio;

b)     impianti solari fotovoltaici realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze; aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto; e realizzati al di fuori della zona A) di cui al D.M. n. 1444/1968, dunque al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale.

La previsione di cui alla lettera b) del punto 12.1 delle Linee guida è da considerarsi superata da interventi legislativi successivi che, a date condizioni, hanno anche considerato attività in edilizia libera l’installazione di impianti fotovoltaici nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali.

 

Infatti, la lettera e-quater del comma 1 dell’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001 - aggiunta dal cd. D.lgs. n.222/2016 e successivamente modificata dal D.L. n. 77/2021- prevede che possano essere installati senza alcun titolo abilitativo i pannelli fotovoltaici, a servizio di edifici o impianti radioelettrici, posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, purché al di fuori della zona A), comprese le aree circostanti.

Il comma 5 nell’articolo 7-bis del D.lgs. n. 28/2011come da ultimo modificato dall’articolo 47, comma 6 del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), prevede che l’installazione - anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali - di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all’interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Per gli impianti installati su determinati beni a vincolo paesaggistico individuati con provvedimento amministrativo apposito (precisamente ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza o complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici[24]) è però richiesto il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’amministrazione competente, da rendere entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di ricezione dell’istanza, decorso il quale senza che siano stati comunicati i motivi ostativi, l’autorizzazione si intende rilasciata ed è immediatamente efficace. Il termine può essere sospeso per un massimo di trenta giorni (ma entro quindici giorni dalla data di ricezione dell’istanza) qualora la Soprintendenza rappresenti la necessità di effettuare approfondimenti istruttori ovvero di apportare modifiche al progetto. Nei centri e nuclei storici sottoposti a vincolo paesaggistico[25] per essere considerato intervento di manutenzione ordinaria, i pannelli integrati nelle coperture non devono però essere visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.

Impianti fotovoltaici in zone a destinazione industriale, commerciale, artigianale e in cave e discariche chiuse o esaurite

L’articolo 22-bis del D.lgs. n. 199/2021, inserito dall’articolo 47, comma 1 del D.L. n. 13/2023 prevede che l’installazione, con qualunque modalità, di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste. Se l’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il relativo progetto è previamente comunicato alla competente soprintendenza che, accertata la carenza dei requisiti di compatibilità, adotta, entro trenta giorni, un provvedimento motivato di diniego alla realizzazione degli interventi.

Modifiche all’impianto senza variazioni di dimensioni

È richiesta la semplice comunicazione anche per la realizzazione di alcune modifiche a impianti esistenti. Ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, in particolare, sono sottoposti alla disciplina di cui all’articolo 6, comma 11 gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti fotovoltaici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento. Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale di cui al Codice dell’ambiente.

Interventi sottoposti a DILA

Ai sensi dell’ articolo 6-bis, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, al di fuori delle zone A (agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale) e ad esclusione degli immobili tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sono realizzabili mediante DILA i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati sulle coperture di fabbricati rurali, di edifici a uso produttivo e di edifici residenziali, nonché i progetti di nuovi impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di fabbricati rurali e di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto.

Questa norma appare ormai superata dal comma 5 nell’articolo 7-bis commentato nel precedente paragrafo, relativo agli impianti fotovoltaici sugli edifici in edilizia libera.

Impianti fotovoltaici di potenza fino ad 1 MW

Con la legge di conversione 27 aprile 2022, n. 34 del D.L. n. 17/2022 sono state introdotte due disposizioni, quasi identiche nel loro contenuto dispositivo, che prevedono la realizzabilità mediante DILA per gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 1 MW e delle opere connesse localizzati in aree idonee.

 

L’art. 12, comma 1-bis del D.L. n. 17/2022 (che inserisce l’articolo 4, comma 2-bis, nel testo del D.lgs. n. 28/2011), dispone che - nelle aree idonee, incluse quelle individuate come tali ex lege “nelle more” dall’articolo 20, comma 8 del D.lgs. n. 199/2021 – per la costruzione di impianti fotovoltaici realizzati su terreni nella disponibilità del proponente, si applica la DILA. Tale regime si applica anche nell’ipotesi di potenziamento, rifacimento e integrale ricostruzione degli impianti fotovoltaici esistenti (senza variazione dell’area occupata) e delle opere connesse.

 

L’art. 9, comma 1-quinquies del D.L. n. 17/2022, dispone l’applicazione della DILA per la costruzione di impianti fotovoltaici con moduli a terra di potenza elettrica inferiore a 1 MW, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili per gli impianti stessi. Si deve trattare di impianti fotovoltaici collocati in aree idonee (non viene specificato se si tratta anche delle aree idonee di cui al comma 8 dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021) non sottoposte a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e al di fuori delle zone A (agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale).

La DILA è da escludersi, inoltre, se sono necessarie procedure di esproprio.

 

Fino al 30 dicembre 2024, ai sensi dell’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n. 50/2022, come modificato da ultimo dall’articolo 12, comma 2-bis del D.L. n. 215/2023, sono inoltre sottoposti a DILA i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra o su coperture piane o falde di potenza non superiore a 1 MWp ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture. Ove detti impianti siano ubicati in aree situate nei centri storici o siano soggette a tutela paesaggistica, la dichiarazione di inizio lavori asseverata è accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del progettista abilitato che attesti che gli impianti non sono visibili dagli spazi pubblici esterni limitrofi e che i manti delle coperture non sono realizzati con prodotti che hanno l’aspetto dei materiali della tradizione locale.

 

Quanto alle modifiche sottoponibili a DILA, l’articolo 6-bis, comma 1, del D.lgs. n. 28/2011 prevede non siano sottoposti a valutazioni ambientali e paesaggistiche, né sottoposti all’acquisizione di atti di assenso comunque denominati, e sono realizzabili a seguito del solo deposito della dichiarazione di inizio lavori asseverata, gli interventi su impianti esistenti e le modifiche di progetti autorizzati, ivi inclusi quelli consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, che, senza incremento di area occupata dagli impianti e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento, ricadono nelle seguenti categorie:

§  impianti fotovoltaici a terra: interventi che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, mediante la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e mediante la modifica del layout dell’impianto, comportano una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento;

§  impianti fotovoltaici con moduli su edifici: interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonché, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell’angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati.

Si consideri, infine, che le modifiche non sostanziali degli impianti, diverse a quelle assoggettate a mera comunicazione e da quelle assoggettate a DILA, sono assoggettate alla procedura abilitativa semplificata-PAS.

Ciò ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, il quale demanda l’individuazione degli interventi di modifica qualificabili come sostanziali ad un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, mantenendo peraltro fermi gli interventi già qualificabili come sostanziali ai sensi del Codice dell’ambiente. Gli interventi di modifica sostanziale sono assoggettati al più regolamentato regime dell’autorizzazione unica.

Interventi sottoposti a PAS

A meno che non si ricada nelle ipotesi per le quali è prevista la semplice comunicazione o la disciplina della dichiarazione di inizio lavori asseverata, gli impianti fotovoltaici con potenza fino a 50 kW sono sottoposti alla Procedura Abilitativa Semplificata di cui all’articolo 6 del D.lgs. n. 28/2011. Tale soglia è indicata alla tabella A allegata al D.lgs. n. 387/2003 a cui l’articolo 12 rinvia per individuare i progetti da sottoporre ad autorizzazione unica o ad altra procedura, è stata da ultimo modificata con D.L. n. 77/2021 (L. n. 108/2021).

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9, del D.lgs. n. 28/2011, le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della PAS agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

 

Nelle aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021, ivi incluse quelle idonee ex lege “nelle more” ai sensi del comma 8 del medesimo articolo, la soglia per l’assoggettabilità a PAS degli impianti fotovoltaici è elevata a 12 MW. Ciò è previsto dall’articolo 4, comma 2-bis dall’articolo 6, comma 9-bis del D.lgs. n. 28/2011, come da ultimo modificato dall’articolo 9, comma 9-septies, lett. a) e b) del D.L. n. 181/2023.

Il comma 9-septies dell’articolo 9 del D.L. n. 181/2023 ha innalzato a 12 MW la soglia per l’assoggettabilità a PAS precedentemente fissata a 10 MW. Il comma 9-octies ha disposto che tale innalzamento trovi applicazione ai procedimenti avviati successivamente all’8 febbraio 2024, data di entrata in vigore della L. n. 11/2024, di conversione del decreto-legge.

 

La PAS si applica anche in caso di costruzione e esercizio di impianti agrovoltaici avanzati, volti a non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, di cui all’articolo 65, comma 1-quater del D.L. n. 1/2012 che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale. Si tratta degli impianti agrovoltaici con moduli elevati da terra, anche rotabili, e in modo da consentire l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione. Si osserva che in tal caso non sono previste soglie di potenza (cfr. infra il focus sul fotovoltaico in aree agricole e sull’agrovoltaico, in calce al presente capitolo).

 

Purché non localizzati in aree soggette a vincolo paesaggistico[26], in aree protette o siti della rete Natura 2000, sono sottoposti a PAS gli impianti fotovoltaici con potenza fino a 10 MW, unitamente alle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica, collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione (art. 9-ter, comma 3, D.L. n. 17/2022).

Il D.L. n. 17/2022, come da ultimo sostituito dall’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023 (L. n. 68/2023), rinvia ad un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, da adottare – entro l’11 dicembre 2023 - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione dei criteri per l’inserimento e l’integrazione degli impianti fotovoltaici flottanti sotto il profilo ambientale, anche al fine di assicurare un’adeguata superficie di soleggiamento dello specchio d’acqua e una corretta posizione dell’impianto rispetto alle sponde e alla profondità del bacino, nonché i criteri connessi alla sicurezza delle dighe e degli invasi.

L’installazione di impianti fotovoltaici in modalità flottante su specchi d’acqua su aree pubbliche o demaniali è sottoposta al preventivo rilascio di una concessione. La relativa istanza è trasmessa all’ente concedente e da questo pubblicata on line per consentire la presentazione di istanze concorrenti nei successivi trenta giorni. La concessione è rilasciata al soggetto che ha presentato l’unica istanza o quella selezionata tra più istanze concorrenti; è, tuttavia, sottoposta alla condizione sospensiva dell’abilitazione o dell’autorizzazione alla costruzione. Il titolare della concessione presenta istanza di PAS o di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto nei successivi sessanta giorni.

 

Con riguardo agli interventi di modifica di impianti esistenti o progetti autorizzati, l’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n 28/2011 rinvia a successivi decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, d’intesa con la Conferenza unificata, l’individuazione delle modifiche non sostanziali da assoggettare a PAS anziché ad autorizzazione unica, fermo quanto previsto dal medesimo articolo 5 e dall’articolo 6-bis per le modifiche minori sottoposte a semplice comunicazione o a DILA.

Interventi sottoposti ad autorizzazione unica e a procedimento di autorizzazione unica regionale

Gli impianti di potenza superiore a 50 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) non ricadenti in nessuna delle ipotesi sopra esposte nelle quali sono applicabili le disposizioni in materia di comunicazione, DILA, e PAS, sono sottoposti ad autorizzazione unica rilasciata dalla regione.

Per la realizzazione di impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto (articolo 12, comma 4-bis del D.lgs. n. 387/2003).

 

Sono inoltre sottoposte ad autorizzazione le modifiche sostanziali di progetti autorizzati o impianti esistenti, ossia le modifiche per le quali non è prevista la semplice comunicazione o la DILA, né siano definite non sostanziali e soggette a PAS dai decreti attuativi dell’articolo 5 del D.lgs. n. 28/2011. Resta fermo il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, l’autorizzazione unica è rilasciata nell’ambio del procedimento unico di autorizzazione regionale (PAUR).

 

Vengono in rilievo, quindi, le soglie previste dagli allegati alla Parte II del D.lgs. n. 152/2006.

 

Ai sensi del D.lgs. n. 152/2006:

§  sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW (Allegato IV alla parte seconda, punto 2, lettera b));

§  sono sottoposti a VIA statale gli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW(Allegato II alla parte seconda, punto 2)[27].

Tuttavia, dette soglie sono state elevata da 1 a 12 MW e da 10 a 25 MW ai sensi dell’articolo 47, comma 11-bis del D.L. n. 13/2023 come da ultimo modificato dall’articolo 9, comma 9-sexies del D.L. n. 181/2023[28], purché:

§  l’impianto si trovi in aree idonee, ai sensi dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021, vi incluse le aree idonee ex lege “nelle more” ai sensi del comma 8;

§  l’impianto nelle zone e nelle aree (di cui all’articolo 22-bis del D.lgs. n. 199/2021) a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, o comunque,

§  l’impianto non sia situato al di fuori delle aree sensibili e vulnerabili individuate alla lettera f) dell’allegato 3 del D.M. 10 settembre 2010. Queste includono i siti Unesco, le aree soggette a vincolo culturale o paesaggistico, le aree naturali protette, le zone umide di importanza internazionale, i siti Rete Natura 2000, le Important Bird Areas, le aree agricole IGP, DOC, STG, DOCG, le aree caratterizzate da dissesto o rischio idrogeologico secondo i Piani di Assetto Idrogeologico.

Quanto alla valutazione ambientale di competenza delle regioni e delle province autonome, l’articolo 31, comma 7-bis del D.L. n. 77/2021 già aveva previsto che la soglia di 1 MW per la verifica di assoggettabilità a VIA regionale fosse elevata a 10 MW per la costruzione e l’esercizio di impianti fotovoltaici nonché delle opere connesse indispensabili alla costruzione e all’esercizio di tali impianti all’interno delle aree dei siti di interesse nazionale, in aree interessate da impianti industriali per la produzione di energia da fonti convenzionali ovvero in aree classificate come industriali.

 

Successivamente, con il D.L. n. 13/2023, all’articolo 47, comma 1-bis, modificato dall’articolo 9, comma 9-quinquies del D.L. n. 181/2023, ha disposto, in via transitoria, fino al 30 giugno 2025, in attuazione della normativa europea quadro per l’accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili (Reg. 2022/2577/UE, articolo 6 e 9), l’esenzione dalle valutazioni ambientali per:

·        i “progetti di impianti fotovoltaici con potenza complessiva sino a 30 MW, anche comprensivi delle opere connesse, dei sistemi di accumulo e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti medesimi, ricadenti nelle aree idonee di cui all’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica”.

·        i progetti di rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti fotovoltaici già esistenti, eventualmente comprensivi di sistemi di accumulo, che non prevedano variazione dell’area occupata e con potenza complessiva, a seguito dei predetti interventi, sino a 50 MW, sempre che ricadano nelle aree idonee, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica ai sensi del titolo II della parte seconda del D.lgs. n. 152/2006;

·        i progetti di impianti per lo stoccaggio dell’energia elettrica rinnovabili, anche comprensivi delle relative opere connesse e delle infrastrutture indispensabili, ricadenti nelle aree idonee, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica.

L’esenzione si applica anche ai progetti di infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia rinnovabile o di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, necessari a integrare l’energia nel sistema elettrico, ovvero ai progetti di impianti di stoccaggio di energia da fonti rinnovabili ricadenti nelle aree contemplate dal Piano di sviluppo della rete elettrica nazionale, già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica.

 

Dubbi interpretativi solleva la parte del dispositivo che menziona l’inclusione di detti progetti ricadenti in aree contemplate in piani e programmi sottoposti positivamente a VAS. Da una interpretazione letterale, parrebbe riferirsi alle aree idonee, che tuttavia sono definite dall’articolo 20, comma 8 del D.lgs. n. 199/2021, in via transitoria, e saranno stabilite a regime con leggi regionali, che non dovranno comunque essere sottoposte a VAS.

 

Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili nelle ipotesi più comuni.

 

NUOVI IMPIANTI

PROCEDURA PREVISTA

Impianti integrati su edifici e manufatti

Comunicazione

Impianti a terra e relative opere connesse realizzati in aree industriali, commerciali e artigianali, in cave o discariche

Comunicazione

Altri impianti con potenza fino a 50kW, se previsto dagli ordinamenti regionali

Comunicazione

Impianti fotovoltaici di potenza fino a 1 MW e opere connesse localizzati in aree idonee. Le opere sono da realizzare su aree nella disponibilità del proponente

DILA

Altri impianti fotovoltaici con potenza fino a 50 kW (o 1 MW se previsto dagli ordinamenti regionali)

PAS

Impianti fotovoltaici con potenza fino a 12 MW localizzati in aree idonee

PAS

Impianti fotovoltaici con potenza fino a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici

PAS

Impianti agro-voltaici avanzati volti a non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale che distino non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale

PAS

Altri impianti di potenza superiore a 1 MW sottoposti a VIA regionale

PAUR

Altri impianti di potenza superiore a 50 KW non sottoposti a VIA regionale o a VIA statale

Autorizzazione unica regionale

 

MODIFICHE

PROCEDURA PREVISTA

Interventi su impianti fotovoltaici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitarli, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica dall’intervento

Comunicazione

Interventi di sostituzione dei moduli fotovoltaici su edifici a uso produttivo, nonché, per gli edifici a uso residenziale, interventi che non comportano variazioni o comportano variazioni in diminuzione dell’angolo tra il piano dei moduli e il piano della superficie su cui i moduli sono collocati

DILA

Interventi su impianti a terra che comportano una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento

DILA

Altre modifiche non sostanziali

PAS

Modifiche sostanziali

Autorizzazione unica (PAUR se soggetti a VIA regionale)


 

FOCUS: GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI IN AREE AGRICOLE E GLI IMPIANTI AGROVOLTAICI

In questo approfondimento ci si focalizza sulla disciplina speciale applicabile agli impianti agrovoltaici o agrofotovoltaici e agli impianti agrovoltaici avanzati, partendo dal quadro definitorio degli stessi, al momento rimesso ad un documento prodotto nell’ambito di un gruppo di lavoro coordinato dal Ministero della transizione ecologica – Dipartimento Energia, e composto da: CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria; GSE - Gestore dei servizi energetici S.p.A.; ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile e RSE - Ricerca sul sistema energetico S.p.A. Si tratta di norme di carattere speciale, parzialmente già descritte nel paragrafo precedente ma qui meglio estrapolate e sistematizzate, vista l’importanza di tale tipologia di impianti.

Definizione di impianti agro-voltaici

Le Linee guida del Ministero della transizione ecologica (ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica – MASE) del 27 giugno 2022 adottate ai sensi del D.L. n. 1/2012, articolo 65, comma 1-quinquies, inserito dal D.L. n. 77/2021 (articolo 31, comma 5) e successivamente modificato dal D.L. n. 17/2022 (articolo 11, comma 1, lett. a)) definiscono:

·         Impianto fotovoltaico: insieme di componenti che producono e forniscono elettricità ottenuta per mezzo dell’effetto fotovoltaico; esso è composto dall’insieme di moduli fotovoltaici e dagli altri componenti (BOS), tali da consentire di produrre energia elettrica e fornirla alle utenze elettriche in corrente alternata o in corrente continua e/o di immetterla nella rete distribuzione o di trasmissione;

·         Impianto agrivoltaico (o agro-voltaico, o agro-fotovoltaico): impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione;

·         Impianto agro-voltaico avanzato: impianto agro-voltaico che, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater e 1-quinquies, del D.L. n. 1/2012:

o  adotta soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione (articolo 65, comma 1-quater);

o  prevede la contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate, il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici (articolo 65, comma 1-quinquies)[29].

Il Consiglio di Stato, con sentenza 30 agosto 2023 n. 8029, IV Sezione, intervenendo sulla individuazione del regime normativo da applicare al progetto di realizzazione di un impianto agro-voltaico, ha rimarcato la differenza tra impianti fotovoltaici e agro-voltaici, rilevando che “mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva) nell’agro-voltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola”. Lo stesso Consiglio per la definizione ha richiamato le succitate Linee guida MASE. Alla luce di quanto osservato, il Consiglio afferma che gli impianti agrovoltaici costituiscono una documentata e specifica realtà nell’attuale quadro ordinamentale.

 

Proprio per preservare le esigenze della coltivazione, recenti interventi legislativi hanno disposto limiti all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone agricole. Ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis del D.lgs. n. 199/2021, introdotto dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024, l’installazione di impianti fotovoltaici a terra è consentita solo in alcune delle aree già qualificate come idonee ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 20, e, in particolare, esclusivamente:

- nei siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata,

- nelle cave e miniere cessate, o le porzioni di esse, non suscettibili di ulteriore sfruttamento; incluse le cave già ripristinate sul piano ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ma ancora non ripristinate, le discariche o i relativi lotti chiusi o ripristinati.

sui siti e gli impianti delle società del gruppo ferrovie e delle concessionarie autostradali;

- sui siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli delle isole minori e previe verifiche tecniche da parte di ANAC;

- nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, e le aree agricole i cui punti perimetrali vi distino non più di 500 metri e aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.

I limiti non si applicano agli impianti per la costituzione di una comunità energetica rinnovabile (CER) e in caso di progetti attuativi delle “altre misuredi investimento del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC), o di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.

Si tratta di una norma– non del tutto chiara nelle sue eccezioni – che opera a “a regime” e non “nelle more” della definizione delle aree idonee.

 

Impianti agrovoltaici in aree individuate come idonee: libera installazione se realizzati da imprenditori agricoli e ad una altezza dal suolo almeno di due metri

Ai sensi dell’articolo 11, comma 1-bis del D.L. n. 17/2022 - introdotto dall’articolo 49, comma 3 del D.L. n. 13/2023, e recentemente modificato dall’articolo 41-bis, comma 1, del D.L. n. 19/2024, una volta definite le aree idonee (le regioni, come sopra detto, dovranno provvedervi entro il 3 gennaio 2024[30], altrimenti interviene lo Stato in via sostitutiva), sono a libera installazione e considerati strumentali all’attività agricola gli impianti fotovoltaici sopraelevati dal suolo localizzati in aree agricole, se posti al di fuori di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000, e, nei limiti consentiti dalle eventuali prescrizioni, se posti in aree soggette a vincoli paesaggistici diretti o indiretti.

Tali manufatti devono comunque essere realizzati direttamente da imprenditori agricoli o da società a partecipazione congiunta con i produttori di energia elettrica alle quali è conferita l’azienda o il ramo di azienda da parte degli stessi imprenditori agricoli ai quali è riservata l’attività di gestione imprenditoriale salvo che per gli aspetti tecnici di funzionamento dell’impianto e di cessione dell’energia. Devono inoltre ricorrere le seguenti condizioni:

a) i pannelli solari sono posti sopra le piantagioni ad altezza pari o superiore a due metri dal suolo, senza fondazioni in cemento o difficilmente amovibili;

b) le modalità realizzative devono prevedere una loro effettiva compatibilità e integrazione con le attività agricole quale supporto per le piante ovvero per sistemi di irrigazione parcellizzata e di protezione o ombreggiatura parziale o mobile delle coltivazioni sottostanti ai fini della contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio, da attuare sulla base di linee guida adottate dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), in collaborazione con il Gestore dei servizi energetici (GSE). L’installazione è in ogni caso subordinata al previo assenso del proprietario e del conduttore, a qualsiasi titolo purché oneroso, del fondo.

 

Impianti “agro-voltaici avanzati”: anche per gli impianti di maggiore potenza, si applica la PAS

Un particolare favor è riconosciuto agli impianti agro-voltaici avanzati di cui al succitato articolo 65, comma 1-quater del D.L. n. 1/2012, in termini di procedure autorizzatorie per l’installazione, posta anche la loro connessione con il PNRR. Ai sensi dell’articolo 6, comma 9-bis del D.lgs. n. 28/2011, non sono previsti limiti massimi di potenza ai fini dell’applicazione della PAS per tali impianti. Essi devono però essere limitrofi ad aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale (distanti da esse non più di 3 km). Ai sensi dell’articolo 6, comma 9-ter, nel caso l’intervento (impianto e opere connesse) coinvolga più Comuni, l’istanza di PAS è presentata a tutti i Comuni interessati. L’amministrazione competente è il Comune sul cui territorio insiste la maggior porzione dell’impianto da realizzare, che acquisisce le eventuali osservazioni degli altri Comuni interessati dall’impianto e dalle relative opere connesse. Inoltre, l’articolo 65 del D.L. n. 1/2012, al comma 1-octies, inserito dall’articolo 11, comma 1, lett. b) del D.L. n. 17/2022, prevede che le particelle su cui insistono gli impianti fotovoltaici di cui ai commi da 1-quater a 1-sexies dello stesso articolo 65, anche a seguito di frazionamento o trasferimento a qualsiasi titolo dei terreni, non possano essere oggetto di ulteriori richieste di installazione di impianti fotovoltaici per dieci anni successivi al rilascio degli incentivi statali per le fonti rinnovabili di cui al D.lgs. n. 28/2011.

 

Impianti fotovoltaici con moduli su fabbricati rurali e fotovoltaici a terra di potenza inferiore a 1 MW: si applica la DILA

Sono assoggettati a DILA, ai sensi l’articolo 6-bis, comma 3, D.lgs. n. 28/2011, i progetti di impianti fotovoltaici con moduli collocati sulle coperture di fabbricati rurali (..) nonché i progetti di impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di fabbricati rurali e di edifici su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto. Gli impianti devono essere realizzati al di fuori delle zone A (parti del territorio con agglomerati urbani di carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale) e ad esclusione delle zone tutelate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004).

Questa norma appare ormai superata dal comma 5 nell’articolo 7-bis del D.lgs. n. 28/2011, relativo agli impianti fotovoltaici sugli edifici in edilizia libera.

 

Ai sensi dell’articolo 9, comma 1-quinquies del medesimo D.L. n. 17/2022, si applica la DILA per la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra di potenza elettrica inferiore a 1 MW, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili. Le aree, tuttavia, non devono essere sottoposte alle norme di tutela, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e devono trovarsi al di fuori delle zone A. La DILA è da escludersi, inoltre, se sono necessarie procedure di esproprio.

Ai sensi dell’articolo 6-bis, comma 1, lett. b)) del D.lgs. n. 28/2011, la DILA si applica gli interventi di modifica di impianti fotovoltaici a terra, che comportano una variazione dell’altezza massima dal suolo non superiore al 50 per cento, anche se consistenti nella variazione della soluzione tecnologica utilizzata, con la sostituzione dei moduli e degli altri componenti e la modifica del layout dell’impianto. L’area occupata dagli impianti e dalle opere connesse non deve subire un incremento. Non rileva comunque la potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento.

 

Fotovoltaici flottanti su canali di irrigazione: fino a 10 MW, si applica la PAS

L’articolo 9-ter, comma 3, D.L. n. 17/2022, come da ultimo sostituito dall’articolo 4, comma 4-bis del D.L. n. 39/2023, pone una norma speciale riguardante gli impianti fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione.

Per la costruzione di tali impianti e delle opere funzionali di connessione alla rete elettrica, si applica, se di potenza fino a 10 MW, la PAS, fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche.

La PAS non si applica se gli impianti sono ubicati all’interno delle aree soggette a vincolo paesaggistico[31], delle aree naturali protette o di siti della rete Natura 2000. Per gli impianti di potenza superiore a 10 MW si applica la procedura di autorizzazione unica.

Si rinvia ad un decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, da adottare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata la definizione dei criteri per l’inserimento e l’integrazione degli impianti fotovoltaici flottanti sotto il profilo ambientale, anche al fine di assicurare un’adeguata superficie di soleggiamento dello specchio d’acqua e una corretta posizione dell’impianto rispetto alle sponde e alla profondità del bacino, nonché i criteri connessi alla sicurezza delle dighe e degli invasi.

L’installazione di impianti fotovoltaici in modalità flottante su specchi d’acqua su aree pubbliche o demaniali è sottoposta al preventivo rilascio di una concessione.

La relativa istanza è trasmessa all’ente concedente e da questo pubblicata on line per consentire la presentazione di istanze concorrenti nei successivi trenta giorni. La concessione è rilasciata al soggetto che ha presentato l’unica istanza o quella selezionata tra più istanze concorrenti; è, tuttavia, sottoposta alla condizione sospensiva dell’abilitazione o dell’autorizzazione alla costruzione. Il titolare della concessione presenta istanza di PAS o di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto nei successivi sessanta.

 

Fotovoltaici su terra in discariche chiuse e in cave non più sfruttabili: sono in edilizia libera, salve valutazioni ambientali

L’articolo 22-bis del D.lgs. n. 199/2021, inserito dall’articolo 47, comma 1 del D.L. n. 13/2023, prevede, inoltre, che l’installazione con qualunque modalità di impianti fotovoltaici su terra e delle relative opere connesse e infrastrutture necessarie, ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati, fatte salve le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ove previste. Se l’intervento ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il relativo progetto è previamente comunicato alla competente soprintendenza che, accertata la carenza dei requisiti di compatibilità, adotta, entro trenta giorni, un provvedimento motivato di diniego alla realizzazione degli interventi di cui al presente articolo.

 

Disciplina generale (residuale) per gli impianti fotovoltaici in aree idonee

Per aree idonee si intendono quelle individuate ai sensi dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021, incluse quelle di cui al comma 1-bis, se trattasi di fotovoltaici collocati a terra in aree agricole, e al comma 8 del medesimo articolo, se trattasi di impianti diversi, dunque: impianti in aree agricole non collocati a terra (ma per gli agrovoltaici avanzati, si veda paragrafo supra) e impianti collocati in aree non agricole (o non più agricole).

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9-bis e dell’art. 4, comma 2-bis, del D.lgs. n. 28/2011, come da ultimo modificati dall’articolo 9, comma 9-septies, lett. a), n. 2 e b) del D.L. n. 181/2023, per i progetti di impianti fotovoltaici collocati nelle aree idonee e per le relative opere connesse:

- si applica l’autorizzazione unica-AU se di potenza superiore a 12 MW,

- si applica la PAS se di potenza fino a 12 MW

 - si applica la DILA se di potenza fino a 1 MW. L’articolo 4, comma 2-bis, del D.lgs. n. 28/2011 specifica che si deve trattare di impianti realizzati su terreni nella disponibilità del proponente.

Queste soglie si applicano anche in caso di progetti variazione dell’area interessata, per il potenziamento, il rifacimento e l’integrale ricostruzione degli impianti fotovoltaici esistenti e delle opere connesse.

 

Disciplina generale (residuale) per le modifiche agli impianti fotovoltaici

Ai sensi dell’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, sono in edilizia libera e sottoposti a mera comunicazione gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti fotovoltaici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento[32].


 

II. Gli impianti eolici

Interventi sottoposti a semplice comunicazione

L’articolo 6, comma 11 del D.lgs. n. 28/2011 rinvia ai paragrafi 11 e 12 delle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili per l’individuazione dei progetti realizzabili previa comunicazione relativa alle attività in edilizia libera.

Questi comprendono, per quanto riguarda gli impianti eolici (cfr. paragrafo 12.5 delle Linee guida), quelli già indicati all’articolo 11, comma 3 del D.lgs. n. 115/2008, ossia:

§  i singoli generatori eolici installati sui tetti degli edifici esistenti con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a un metro, in aree non vincolate ai sensi del D.lgs. n. 42/2004;

§  le torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento (fino a tre anni, con obbligo di ripristino dello stato dei luoghi entro il mese successivo) realizzate mediante strutture amovibili, in aree non soggette a vincolo o a tutela, con il consenso del proprietario del fondo.

Si ricorda che le Regioni e le Province autonome possono estendere il regime della comunicazione ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW (art. 6, comma 11 del D.lgs. n. 28/2011).

 

L’articolo 49, comma 1, lett. b) del D.L. n. 13/2023 ha, infine, equiparato ad interventi di manutenzione ordinaria, non subordinati all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal Codice dei beni culturali e paesaggistici, gli interventi di installazione, con qualunque modalità, di impianti eolici con potenza complessiva fino a 20 kW, posti al di fuori di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000.

Qualora gli impianti ricadano in centri urbani di interesse storico artistico, ambientale o aree totalmente o parzialmente edificate (trattasi delle zone territoriali omogenee A) e B) di cui all’articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444[33], essi non possono avere un’altezza superiore a cinque metri.

Nelle ville, nei giardini, nei parchi, nei complessi di cose immobili (es. centri e nuclei storici) soggetti a vincolo paesaggistico[34] individuati sulla base di apposito provvedimento amministrativo[35], l’installazione richiede comunque il rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità paesaggistica competente entro quarantacinque giorni dalla ricezione della domanda, decorsi i quali l’autorizzazione si intende rilasciata ed è immediatamente efficace. Il termine di quarantacinque giorni può essere sospeso una sola volta e per un massimo di trenta giorni qualora, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell’istanza, l’autorità paesaggistica competente rappresenti la necessità di effettuare approfondimenti istruttori ovvero di apportare modifiche al progetto di installazione.

Nei complessi di cose immobili (es. centri e nuclei storici) sottoposte a vincolo paesaggistico[36], gli impianti non possono essere visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici.

 

Con riguardo alle modifiche a progetti o impianti esistenti, l’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011 afferma che sono realizzabili previa semplice comunicazione gli interventi che, a prescindere dalla potenza nominale risultante, vengono realizzati nello stesso sito dell’impianto eolico[37] e che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori[38] rispetto a quelli già esistenti o autorizzati. Fermi restando il rispetto della normativa vigente in materia di distanze minime di ciascun aerogeneratore da unità abitative munite di abitabilità, regolarmente censite e stabilmente abitate, e dai centri abitati individuati dagli strumenti urbanistici vigenti, nonché il rispetto della normativa in materia di smaltimento e recupero degli aerogeneratori, i nuovi aerogeneratori, a fronte di un incremento del loro diametro, dovranno avere un’altezza massima, intesa come altezza dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale[39], non superiore all’altezza massima dal suolo raggiungibile dalla estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente moltiplicata per il rapporto fra il diametro del rotore del nuovo aerogeneratore e il diametro dell’aerogeneratore già esistente.

Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale di cui al Codice dell’ambiente.

Interventi sottoposti a DILA

L’articolo 6-bis del D.lgs. n.28/2011 assoggetta a dichiarazione di inizio lavori asseverata e prevede l’esenzione dalle valutazioni ambientali e paesaggistiche per alcune modifiche a impianti esistenti e progetti autorizzati. Trattasi in particolare:

§  degli interventi consistenti nella sostituzione della tipologia di rotore che comportano una variazione in aumento delle dimensioni fisiche delle pale e delle volumetrie di servizio non superiore in ciascun caso al 20 per cento e

§  degli interventi che comportano una riduzione di superficie o di volume, anche quando non vi sia sostituzione di aerogeneratori.

L’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011 prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, siano individuate le modifiche sostanziali agli impianti esistenti o ai progetti autorizzati che richiedono lo svolgimento del procedimento di autorizzazione e quelle sottoponibili a PAS. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta a DILA.

Impianti sottoposti a PAS

A meno che non si ricada nelle ipotesi per le quali è prevista la semplice comunicazione o la disciplina della dichiarazione di inizio lavori asseverata, gli impianti eolici con potenza fino a 60 kW sono sottoposti – ai sensi dell’articolo 12 e della Tabella A del D.lgs. n. 387/2003 - alla Procedura Abilitativa Semplificata.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.lgs. n.28/2011, le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

Con riguardo agli interventi di modifica di impianti esistenti o progetti autorizzati, l’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n 28/2011 rinvia a successivi decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, d’intesa con l Conferenza unificata, l’individuazione delle modifiche non sostanziali da assoggettare a PAS anziché ad autorizzazione unica, fermo quanto previsto per gli interventi già sottoposti dal medesimo articolo 5 e dall’articolo 6-bis a semplice comunicazione o a DILA.

 

Impianti sottoposti ad autorizzazione unica e a procedimento di autorizzazione unica regionale

Gli impianti su terraferma di potenza superiore a 60 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) non ricadenti nelle ipotesi sopra esposte nelle quali sono applicabili le disposizioni in materia di comunicazione, DILA, e PAS, sono sottoposti ad autorizzazione unica rilasciata dalla regione.

Ai sensi dell’articolo 12, comma 3 del D.lgs. n. 387/2003, tutti gli impianti off-shore, incluse le opere per la connessione alla rete, sono autorizzati dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministro dei trasporti e delle infrastrutture e sentito, per gli aspetti legati all’attività di pesca marittima, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. L’autorizzazione degli impianti off-shore comprende anche il rilascio della concessione d’uso del demanio marittimo.

Il procedimento di autorizzazione unica consente al proponente di richiedere la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse.

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, l’autorizzazione unica è rilasciata nell’ambio del procedimento unico di autorizzazione regionale.

Vengono in rilievo, quindi, le soglie previste dagli allegati alla parte seconda del D.lgs. n.152/2006.

 

Ai sensi del D.lgs.152/2006:

§  sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA regionale gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW (Allegato IV alla parte seconda, punto 2, lettera d));

§  sono sottoposti a VIA statale:

·      gli Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare (Allegato II alla parte seconda, punto 7-bis));

·      gli impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW (Allegato II alla parte seconda, punto 2)[40].

L’articolo 47, comma 1-bis del D.L. n. 13/2023, da ultimo modificato dall’articolo 9, comma 9-quinquies del D.L. n. 181/2023, prevede in via transitoria, fino al 30 giugno 2025, in attuazione della normativa europea quadro per l’accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili (Reg. 2022/2577/UE, articolo 6 e 9), l’esenzione dalle valutazioni ambientali per:

§  i progetti di impianti off-shore di potenza complessiva non superiore a 50 MW, che ricadano nelle aree individuate dal Piano di gestione dello spazio marittimo, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica;

§  i progetti di repowering che non prevedano variazione dell’area occupata e con potenza complessiva, a seguito dell’intervento medesimo, sino a 50 MW, che ricadano nelle aree idonee di cui all’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica.

Sono inoltre sottoposte ad autorizzazione le modifiche sostanziali di progetti autorizzati o impianti esistenti, ossia le modifiche per le quali non è prevista la semplice comunicazione o la DILA, né siano definite non sostanziali e soggette a PAS dai decreti attuativi dell’articolo 5 del D.lgs. n.28/2011. Resta fermo il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili nelle ipotesi più comuni.

 

NUOVI IMPIANTI

PROCEDURA APPLICABILE

Singoli generatori installati sui tetti di altezza fino a 1,5 metro e diametro fino a un metro

 

Comunicazione

Torri anemometriche per la misurazione del vento temporanea (fino a 36 mesi) realizzate mediante strutture amovibili

 

Comunicazione

Impianti con potenza fino a 20 kW, al di fuori di aree protette o Rete Natura 2000

 

Comunicazione

Impianti con potenza fino a 50 kW (ove le leggi regionali lo prevedano)

 

Comunicazione

Impianti con potenza fino a 60 Kw (1 MW se previsto con legge regionale)

 

PAS

Impianti eolici con potenza fino a 1 MW (ove le leggi regionali non prevedano la PAS)

 

Autorizzazione unica regionale

Impianti con potenza da 1 a 30 MW per i quali la verifica di assoggettabilità a VIA regionale ha esito positivo (dunque è richiesta la VIA)

 

PAUR

Impianti con potenza da 1 a 30 MW per i quali la verifica di assoggettabilità a VIA regionale ha esito negativo

 

Autorizzazione unica regionale

Impianti con potenza superiore a 30 MW

 

Autorizzazione unica regionale e VIA statale

Impianti off-shore

Autorizzazione unica statale

 

MODIFICHE AD IMPIANTI

PROCEDURA APPLICABILE

Interventi che, a prescindere dalla potenza risultante, vengono realizzati nello stesso sito dell’impianto eolico e che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli già esistenti o autorizzati

 

Comunicazione

Sostituzione della tipologia di rotore che comportano una variazione in aumento delle dimensioni fisiche delle pale e delle volumetrie di servizio non superiore in ciascun caso al 20 per cento

 

DILA

Riduzione di superficie o di volume, anche quando non vi sia sostituzione di aerogeneratori

 

DILA

Interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata

 

DILA

Altre modifiche non sostanziali

 

PAS

Modifiche sostanziali

Autorizzazione unica o PAUR (specularmente a quanto previsto per i nuovi impianti)


 

III. Gli impianti a biomasse e biogas

Impianti sottoposti a semplice comunicazione

L’articolo 6, comma 11 del D.lgs. n. 28/2011 rinvia ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili per l’individuazione dei progetti realizzabili previa comunicazione relativa alle attività in edilizia libera.

 

Ai sensi del paragrafo 12.3 delle linee guida (di cui al D.M. 10 settembre 2010) sono in edilizia libera e assoggettati solo a previa comunicazione gli impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas:

§  operanti in assetto cogenerativo e aventi una capacità di generazione massima inferiore a 50kWe (micro-cogenerazione), come già previsto dall’articolo 27, comma 20 della legge n. 99/2009, oppure

§  impianti non ricadenti fra quelli di cui al punto precedente, realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici e aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto.

Si ricorda che le Regioni e le Province autonome possono estendere il regime della comunicazione a tutti i progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW (art. 6, comma 11 del D.lgs. n.28/2011).

 

Impianti sottoposti a DILA

L’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n.28/2011 prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, siano individuate le modifiche sostanziali agli impianti esistenti o ai progetti autorizzati che richiedono lo svolgimento del procedimento di autorizzazione e quelle non sostanziali sottoponibili a PAS. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta a DILA.

 

Impianti sottoposti a PAS

A meno che non si ricada nelle ipotesi per le quali è prevista la semplice comunicazione o la disciplina della dichiarazione di inizio lavori asseverata, sono sottoposti alla Procedura Abilitativa Semplificata gli impianti alimentati da biomasse con potenza fino a 200 kW e gli impianti alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas con potenza fino a 300 kW (allegato II al D.L. n. 77/2021, recante la nuova Tabella A allegata all’art. 12 del D.lgs. n.387/2003).

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.lgs. n. 28/2011, le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica.

Come anzidetto, riguardo agli interventi di modifica di impianti esistenti o progetti autorizzati, l’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n 28/2011 rinvia a successivi decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, d’intesa con la Conferenza unificata, l’individuazione delle modifiche non sostanziali da assoggettare a PAS anziché ad autorizzazione unica, fermo quanto previsto per gli interventi sottoposti a DILA.

 

Impianti sottoposti ad autorizzazione unica e a procedimento di autorizzazione unica regionale

Gli impianti alimentati da biomasse di potenza superiore a 200 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) e gli impianti alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e da biogas di potenza superiore a 300 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) sono sottoposti ad autorizzazione unica rilasciata dalla regione o, per gli impianti di potenza termica installata pari o superiore a 300 MW, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto (articolo 12, commi 3 e 4-bis del D.lgs. n. 387/2003).

Sono inoltre sottoposte ad autorizzazione le modifiche sostanziali di progetti autorizzati o impianti esistenti, ossia le modifiche per le quali non è prevista la semplice comunicazione o la DILA, né siano definite non sostanziali e soggette a PAS dai decreti attuativi dell’articolo 5 del D.lgs. n.28/2011. Resta fermo il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione ed a VIA regionale, l’autorizzazione unica è rilasciata nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione regionale (PAUR).

 

Possono rilevare, a tal proposito, per determinate tipologie di impianto, alcune voci agli allegati III e IV per stabilire la necessità della VIA regionale o della verifica ad assoggettabilità a VIA regionale. Tra questi, in particolare, rilevano, rispettivamente, gli impianti di smaltimento di rifiuti di cui alle lettere da m) a q) dell’allegato III e di cui alle lettere za) e zb) dell’allegato IV alla parte seconda del D.lgs. n.152/2006.

 

Ai sensi del D.lgs.152/2006, inoltre:

§  sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA statale gli impianti termici per la produzione di energia elettrica con potenza termica complessiva superiore a 50 MW (allegato II-bis alla parte seconda, punto 1, lett. a)).

§  sono sottoposti a VIA statale gli impianti termici per la produzione di energia elettrica con potenza termica complessiva superiore a 150 MW (allegato II alla parte seconda, punto 2).

In alcune ipotesi è richiesto, inoltre, il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Essa è rilasciata dalla regione nel caso, ad esempio, di nuovi impianti o modifiche a impianti di combustione di combustibili in installazione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW (art. 6, comma 13 e allegato VIII del D.lgs. n.152/2006). È rilasciata, invece, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in caso di centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW.

 

L’autorizzazione integrata ambientale (AIA) – disciplinata dalla parte II del Codice dell’ambiente (D.lgs.152/2006), in particolare dal titolo III-bis di tale parte, costituito dagli articoli da 29-bis a 29-quattuordecies – ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attività industriali elencate nell’allegato VIII alla parte seconda del Codice e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente (articolo 4, comma 4, lett. c) del Codice).

Sono soggette ad AIA le installazioni che svolgono attività rientranti tra quelle elencate dal citato Allegato VIII, nonché le modifiche sostanziali degli impianti di tali installazioni (articolo 6, comma 13 del Codice).

L’art. 7 del Codice precisa che:

§  sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all’allegato XII alla parte II del Codice e loro modifiche sostanziali. In tal caso l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (comma 4-bis);

§  sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all’allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell’allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali. In sede regionale, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome (comma 4-ter).

In base al disposto dell’art. 29-quater, comma 10, del Codice, l’autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale entro 150 giorni dalla presentazione della domanda.

L’art. 29-octies prevede che il riesame dell’AIA avvenga al verificarsi di alcuni eventi (per esempio, ai sensi del comma 4, lett. b), quando le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni) e, in ogni caso, quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del D.lgs. n.152/2006, nel caso di progetti per i quali è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, l’autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della predetta procedura di verifica, l’autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA.

Quando un progetto è sottoposto a VIA statale, infine, si rammenta che l’AIA rientra tra i titoli che possono essere richiesti nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 27 del D.lgs. n.152/2006, ai fini dell’adozione del Provvedimento unico in materia ambientale.


 

IV. Gli impianti geotermoelettrici

I permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione per risorse geotermiche di interesse nazionale e locale

Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 6 del D.lgs. n. 22/2010 [41] e risorse geotermiche sono risorse minerarie: le risorse geotermiche di interesse nazionale sono patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di interesse locale sono patrimonio indisponibile regionale.

 

L’esercizio di un impianto geotermoelettrico richiede la previa concessione di coltivazione per risorse geotermiche.

 

Sono d’interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 1, commi 3 e 3-bis del D.lgs. n. 22/2010:

§  le risorse geotermiche ad alta entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, tale da assicurare una potenza erogabile complessiva di almeno 20 MW termici, alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi (comma 3);

§  le risorse geotermiche economicamente utilizzabili rinvenute in aree marine (comma 3);

§  i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW (comma 3-bis). Il limite di 5 MW è determinato in funzione dell’energia immessa nel sistema elettrico, che non può in nessun caso essere superiore a 40.000 MWh elettrici annui (comma 3-bis.1).

Sono, invece, di interesse locale le risorse geotermiche a media e bassa entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, di potenza inferiore a 20 MW ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi (comma 4).

 

Le regioni o gli enti da esse delegati sono di norma competenti al rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione riguardanti le risorse geotermiche d’interesse nazionale e locale sulla terraferma (art. 1, comma 7 del D.lgs. n. 22/2010).

 

Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica è competente al rilascio dei permessi e delle concessioni di coltivazione di risorse geotermiche in mare previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), nonché, d’intesa con la regione interessata, in relazione agli impianti geotermici pilota (art. 6, comma 3-bis, D.lgs. n.22/2010).

 

Il permesso di ricerca, che ha carattere esclusivo, è rilasciato ai sensi dell’articolo 3 del D.lgs. n. 22/2010, dall’autorità competente contestualmente all’approvazione del programma dei lavori allegato alla domanda ed a seguito di un procedimento unico, cui partecipano, in relazione alle specificità dei lavori e dei siti, le amministrazioni interessate. Può coprire, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo, aree di terra o di mare con superficie massima di 300 chilometri quadrati ed ha una durata massima di quattro anni, prorogabile per non oltre un biennio. Possono essere accordati ad uno stesso soggetto, direttamente o indirettamente, più permessi di ricerca purché l’area complessiva non risulti superiore a 5.000 chilometri quadrati in terraferma ed in mare, fermo restando che l’area complessiva ricadente in una singola Regione non può superare i 1000 chilometri quadrati.

La domanda, ai sensi dell’articolo 3, è pubblicata nel Bollettino ufficiale regionale o in altro strumento di pubblicità degli atti indicato dalla Regione o, in caso di competenza statale, nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi.

Se nei successivi sessanta giorni pervengono domande concorrenti, riferite alla medesima area[42], l’autorità competente effettua una selezione sulla base di criteri di tipo ambientale, della competenza ed esperienza del proponente, della completezza e razionalità del programma dei lavori di ricerca proposto e degli altri criteri indicati dal citato articolo 3 del D.lgs. n.22/2010.

Il permesso di ricerca è rilasciato a seguito dell’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale, ove richiesta (comma 5).

L’articolo 1, comma 8-bis - introdotto dal D.L. n. 181/2023 - consente la ricerca e la coltivazione delle risorse geotermiche per uso geotermoelettrico anche in aree termali. Le istanze per il rilascio del permesso di ricerca e per il rilascio della concessione di coltivazione devono essere corredate dai risultati forniti dalla modellizzazione idrogeologico-numerica, che dimostri l’assenza di qualsiasi interferenza (piezometrica e termica) tra i territori dell’area termale interessata e i pennacchi formati dai pozzi di prelievo e di restituzione delle acque geotermiche o di qualsiasi alterazione del chimismo delle acque nel sottosuolo.

 

L’attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali, ivi comprese le risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota, è – infatti – sottoposta a verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale regionale (punto 2, lett. a), dell’Allegato IV alla parte seconda del D.lgs. n. 152/2006).

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e – in esisto alla verifica di assoggettabilità – a VIA regionale, la concessione è rilasciata nell’ambio del procedimento unico di autorizzazione regionale di cui all’articolo 27 del D.lgs. n.152/2006.

Sono sottoposti, invece, a VIA statale le attività di ricerca di risorse geotermiche in mare, nonché gli impianti geotermici pilota.

Il titolare del permesso di ricerca che abbia individuato fluidi geotermici è tenuto a darne tempestiva comunicazione alla Regione od ente da essa delegato, nel caso di rinvenimento sulla terraferma ed al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica nel caso di rinvenimento in mare (art. 5, comma 1, D.lgs. n.22/2010). L’autorità competente riconosce il carattere nazionale o locale delle risorse rinvenute e ne dà immediata comunicazione pubblica nel Bollettino Ufficiale regionale o in altro strumento di pubblicità degli atti indicato dalla regione stessa e nel BUIG (art. 5, comma 2, D.lgs. n.22/2010).

Entro sei mesi dal riconoscimento del carattere nazionale o locale delle risorse rinvenute, il titolare del permesso ha il diritto di presentare domanda di concessione di coltivazione all’autorità competente (art. 8, comma 1, D.lgs. n.22/2010). Trascorso inutilmente tale termine, la concessione può essere richiesta da altri operatori; in tal caso, è data pubblicazione della prima domanda nel BUR o del Bollettino ufficiale degli idrocarburi e sono ammesse le domande concorrenti pervenute nei successivi sessanta giorni (art. 8, comma 2, D.lgs. n.22/2010). L’autorità competente, acquisito l’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale per ciascun progetto, effettua la selezione sulla base del programma dei lavori proposto, delle modalità di svolgimento dei lavori, con particolare riferimento alla sicurezza, agli interventi di mitigazione e di salvaguardia ambientale, nonché al ripristino dei luoghi (deve essere prestata idonea garanzia finanziaria tramite anche fideiussione assicurativa o bancaria), e delle garanzie offerte in termini di competenza ed esperienza, nonché sulle conseguenze positive in relazione al soddisfacimento del fabbisogno energetico dei territori interessati dalla concessione di coltivazione (art. 8, comma 5, D.lgs. n.22/2010, come da ultimo integrato dall’articolo 3, comma 1, lett. 0c) del D.L. n. 181/2023).

Meritevole di segnalazione è la novità introdotta dal D.L. n. 57/2023, il quale ha inserito nell’articolo 1 del D.lgs. n. 22/2010 il comma 3-bis.2. Il nuovo comma consente ai soggetti titolari di permessi di ricerca di risorse geotermiche per la realizzazione di impianti pilota, di presentare, nell’ambito della successiva richiesta di concessione di coltivazione, istanza di potenziamento con una variazione del programma dei lavori e agli stessi non si applica il limite di 5 MW di potenza nominare installata, né il limite di 40 GWh annui di energia immessa nel sistema elettrico previsto in via ordinaria per gli impianti pilota dalla normativa vigente.

 

La concessione per la coltivazione delle risorse geotermiche è rilasciata, ai sensi dell’articolo 6 del D.lgs. n.22/2010, dall’autorità competente, con provvedimento che comprende l’approvazione del programma di lavoro e del progetto geotermico, a seguito dell’esito positivo di un procedimento unico cui partecipano, in relazione alle specificità dei lavori e dei siti, le amministrazioni interessate e dell’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale VIA, laddove prevista dalla normativa vigente.

Sono, infatti, sottoposti a VIA regionale le attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota.

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, la concessione è rilasciata nell’ambio del procedimento unico di autorizzazione regionale di cui all’articolo 27 del D.lgs. n.152/2006.

È richiesta, invece, la VIA statale per le attività di coltivazione di risorse geotermiche in mare, nonché per gli impianti geotermici pilota.

La concessione di coltivazione costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico (art. 6, comma 1, D.lgs. n. 22/2010).

 

Le opere necessarie per la ricerca e la coltivazione, nonché per il trasporto e la conversione delle risorse geotermiche in terraferma, con esclusione delle aree di demanio marittimo, sono dichiarate di pubblica utilità, nonché urgenti ed indifferibili e laddove necessario è apposto il vincolo preordinato all’esproprio con l’approvazione dei relativi programmi di lavoro da parte dell’autorità competente (art. 15, comma 1, D.lgs. n.22/2010).

Qualora l’esercizio di una concessione demaniale marittima, rilasciata per aree comunque ricadenti in un permesso di ricerca o di concessione per l’utilizzo di risorse geotermiche, anche successivamente a detti permessi, risulti incompatibile o ostacoli l’attività di prospezione, ricerca e coltivazione, l’autorità marittima, a richiesta del titolare del permesso o della concessione mineraria, procede alla revoca della concessione demaniale (art. 15, comma 4, D.lgs. n.22/2010).

 

La concessione di coltivazione può essere accordata per la durata di trenta anni (art. 8, comma 4, D.lgs. n.22/2010).

Sulla durata delle concessioni di coltivazione riferite ad impianti per produzione di energia elettrica e le procedure di rinnovo delle stesse si sono però susseguiti una serie di interventi legislativi, che ne hanno disposto una proroga. Le scadenze di tali concessioni sono state dapprima allineate al 2024 (articolo 16, comma 10 del D.lgs. n. 22/2010). Successivamente, ai sensi dell’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n.51/2023, il termine del 31 dicembre 2024 è stato prorogato per il tempo strettamente necessario al completamento del riordino della normativa di settore e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025 (articolo 16, comma 10-bis introdotto dal D.L. n. 51/2023)[43]. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2026 dall’articolo 3, comma 1, lett. a) n. 2 del D.L. n. 181/2023.

Il termine entro il quale indire la gara (per il nuovo affidamento) è fissato in due anni prima della scadenza delle concessioni medesime, ai sensi di quanto introdotto dall’articolo 3 del D.L. n. 181/2023 (che ha, a tal fine, integrato il comma 10 dell’articolo 16 del D.lgs. n. 22/2010).

·        Inoltre, con l’articolo 3 del D.L. n. 181/2023, si è introdotta la facoltà per l’autorità competente, di chiedere al concessionario uscente la presentazione di un piano pluriennale di investimenti e di valutarne i contenuti, al fine di procedere con la rimodulazione delle concessioni in scadenza anche in relazione alla loro durata, comunque non superiore a venti anni. In caso di mancata presentazione del piano o di una valutazione negativa dello stesso, l’Amministrazione competente procederà con l’indizione di una gara ad evidenza pubblica. L’articolo 3, comma 1, lett. b) del D.L. n. 181/2023 ha a tale fine introdotto un nuovo articolo 16-bis nel D.lgs. n. 22/2010.

L’articolo 16-bis, specificamente, facoltizza l’autorità competente, di chiedere al concessionario uscente di presentare, entro un termine da essa stabilito, comunque non successivo al 30 giugno 2024, un piano pluriennale di investimenti, avente a oggetto:

a)      interventi di manutenzione e di miglioramento tecnologico degli impianti in esercizio, anche volti alla riduzione delle emissioni;

b)      interventi minerari per recuperare il declino naturale del campo geotermico;

c)      interventi per la sostenibilità ambientale, comprensivi di misure volte alla tutela e al ripristino ambientale dei territori interessati dalla concessione di coltivazione;

d)      interventi per la realizzazione di nuovi impianti di produzione e le attività minerarie a essi connesse ovvero per il potenziamento degli impianti esistenti;

e)       misure per l’innalzamento dei livelli occupazionali nei territori interessati dalla concessione di coltivazione.

Qualora il Concessionario uscente non presenti il piano o l’autorità competente non lo valuti positivamente (ai sensi del comma 2[44]), l’autorità procede alla riassegnazione della concessione di coltivazione con gara, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9 del d.lgs. n. 22/2010[45].

Le piccole utilizzazioni locali

Sono definite piccole utilizzazioni locali di calore geotermico, ai sensi dell’articolo 10 del D.lgs. n.22/2010, quelle che soddisfano congiuntamente le seguenti condizioni:

§  consentono la realizzazione di impianti di potenza inferiore a 2 MW termici, ottenibili dal fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi;

§  sono ottenute mediante l’esecuzione di pozzi di profondità fino a 400 metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di fluidi geotermici o acque calde, comprese quelle sgorganti da sorgenti per potenza termica complessiva non superiore a 2.000 kW termici, anche per eventuale produzione di energia elettrica con impianti a ciclo binario ad emissione nulla.

Esse sono concesse dalle regioni territorialmente competenti.

Le piccole utilizzazioni locali sono assoggettate alla procedura abilitativa semplificata se il prelievo e la restituzione delle acque sotterranee restano confinati nell’ambito della falda superficiale, fermi restando gli oneri per l’utilizzo delle acque pubbliche stabiliti dalla normativa vigente, ove applicabili (art. 10, comma 4-bis del D.lgs. n.22/2010, inserito dall’articolo 51 del D.L. n. 104/2020).

Le piccole utilizzazioni locali assoggettabili alla PAS, nonché gli impianti di potenza inferiore a 1 MW ottenibile dal fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi geotermico e le utilizzazioni tramite sonde geotermiche sono escluse dalle procedure regionali di verifica di assoggettabilità ambientale (art. 10, comma 7 e 7-bis del D.lgs. n.22/2010).

Impianti sottoposti a semplice comunicazione

L’articolo 6, comma 11 del D.lgs. n. 28/2011 rinvia ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili per l’individuazione dei progetti realizzabili previa comunicazione relativa alle attività in edilizia libera.

Questi comprendono gli impianti geotermoelettrici aventi tutte le seguenti caratteristiche:

§  realizzati in edifici esistenti sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

§  aventi una capacità di generazione non superiore a 500 kW di potenza di concessione.

L’articolo 25, comma 6-bis del D.lgs. n.199/2021, aggiunto dall’articolo 15 del D.L. n. 17/2022, rinvia ad un decreto del Ministro della transizione ecologica – ora Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica - la definizione delle prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e alla produzione di energia elettrica.

In attuazione dell’articolo 25 del D.lgs. n.199/2021 è stato adottato il D.M. 30 settembre 2022[46].

Impianti sottoposti a DILA

L’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n.28/2011 prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, siano individuate le modifiche sostanziali agli impianti esistenti o ai progetti autorizzati che richiedono lo svolgimento del procedimento di autorizzazione e quelle sottoponibili a PAS. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta a DILA.

Impianti sottoposti a PAS

Come anzidetto, riguardo agli interventi di modifica di impianti esistenti o progetti autorizzati, l’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n 28/2011 rinvia a successivi decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, d’intesa con la Conferenza unificata, l’individuazione delle modifiche non sostanziali da assoggettare a PAS anziché ad autorizzazione unica, fermo quanto previsto per gli interventi sottoposti a DILA.

 

Impianti sottoposti ad autorizzazione unica e a procedimento di autorizzazione unica regionale

Gli impianti geotermoelettrici di potenza superiore a 200 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) e gli impianti alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e da biogas di potenza superiore a 300 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) sono sottoposti ad autorizzazione unica rilasciata dalla regione o, per gli impianti di potenza termica istallata pari o superiore a 300 MW, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Sono inoltre sottoposte ad autorizzazione le modifiche sostanziali di progetti autorizzati o impianti esistenti, ossia le modifiche per le quali non è prevista la semplice comunicazione o la DILA, né siano definite non sostanziali e soggette a PAS dai decreti attuativi dell’articolo 5 del D.lgs. n.28/2011. Resta fermo il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.


 

V. Gli impianti idroelettrici

L’uso della risorsa idrica a fini idroelettrici tramite il rilascio delle derivazioni di acque superficiali richiede il rilascio di un atto concessorio.

La disciplina in materia è innanzitutto contenuta nel testo unico sulle acque e gli impianti elettrici (R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775).

L’articolo 6 del R.D. 11/12/1933, n. 1775 distingue tra grandi e piccole derivazioni. Nel caso degli impianti idroelettrici, le grandi derivazioni sono quelle per produzione di forza motrice con potenza nominale annua > 3000 kW, mentre le piccole derivazioni sono quelle con potenza nominale annua < o = a 3000 kW.

Le competenze delle funzioni amministrative per il rilascio delle piccole derivazioni di acque superficiali sono state trasferite dallo Stato alle Regioni a Statuto ordinario nella prima fase di decentramento regionale avvenuta con il DPR n. 2 del 14 gennaio 1972 e il DPR n. 616 del 24 luglio 1977.

Successivamente, con il D.lgs. n. 112/1998 sono state conferite alle Regioni anche le funzioni inerenti il procedimento amministrativo per le grandi derivazioni. Con riferimento alle grandi derivazioni per uso idroelettrico, il D.lgs. n.112/1998, all’articolo 88, ha stabilito che lo Stato avrebbe fissato criteri e indirizzi per la disciplina generale nell’uso delle acque destinate a questo scopo, e, all’articolo 29, che avrebbe anche specificamente disciplinato le concessioni di grandi derivazioni a fine idroelettrico in sede di recepimento della direttiva 96/1992/CE in materia di mercato interno per l’energia elettrica. Ciò è avvenuto con l’emanazione del D.lgs. n.79 del 16 marzo 1999, il cui articolo 12 disciplina la materia delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico. Il D.L. n.135/2018 e, da ultimo, la legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022), hanno apportato profonde modifiche alla disciplina delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche[47].

In questa sede si descriveranno le sole procedure autorizzative per la costruzione degli impianti idroelettrici, nell’ambito delle quali è comunque richiesto il titolo concessorio allo sfruttamento delle acque (cfr. più nel dettaglio, infra).

 

Interventi sottoposti a semplice comunicazione

Il punto 12.7 delle Linee Guida di cui al D.M. 10 settembre 2010 – come modificato dall’articolo 32-bis del D.L. n. 77/2021 – sottopone alla sola comunicazione, come attività in edilizia libera, la realizzazione di impianti aventi le seguenti caratteristiche:

§  realizzati in edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

§  aventi una capacità di generazione non superiore a 500 kW di potenza di concessione.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 11, del D.lgs. n. 28/2011, è poi nella generale facoltà delle regioni e delle province autonome applicare il regime della comunicazione, e dunque qualificare come attività in edilizia libera, i progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW fatta sempre salva la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche. Circa gli enti territoriali che hanno fatto ricorso a questa facoltà si rinvia a GSE, Regolazione Regionale, Generazione elettrica da fonti rinnovabili, aggiornamento al 31 dicembre 2022, pag. 158.

Quanto alle modifiche degli impianti, il D.L. n. 77/2021 (art. 32, comma 1, lett. a)) ha integrato l’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n.28/2011 prevedendo che siano equiparati ad interventi in edilizia libera e assoggettati a comunicazione gli interventi di revamping e repowering, da realizzare sui progetti e sugli impianti idroelettrici che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento.

Restano ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale.

 

Il D.L. n. 76/2020 (articolo 56, comma 1, lett. b)) aveva peraltro già introdotto la comunicazione per gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti idroelettrici che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse, lasciando ferme, laddove previste, le procedure di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale.

 

Interventi sottoposti a DILA

L’articolo 6-bis, comma 1, lett. d) del D.lgs. n.28/2011 assoggetta a dichiarazione di inizio lavori asseverata e prevede l’esenzione dalle valutazioni ambientali e paesaggistiche per alcune modifiche a impianti esistenti e progetti autorizzati. Trattasi in particolare degli interventi che, senza incremento della portata derivata, comportano una variazione delle dimensioni fisiche dei componenti e della volumetria delle strutture che li ospitano non superiore al 15 per cento.

L’articolo 5, comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, come anzidetto, prevede che con decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa con la Conferenza unificata, siano individuate le modifiche sostanziali agli impianti esistenti o ai progetti autorizzati che richiedono lo svolgimento del procedimento di autorizzazione e quelle sottoponibili a PAS. Nel caso di interventi di modifica non sostanziale che determinino un incremento della potenza installata e la necessità di ulteriori opere connesse senza incremento dell’area occupata, la realizzazione delle medesime opere connesse è soggetta a DILA.

Interventi sottoposti a PAS

In via generale, al di sotto della soglia dei 100 KW, il regime autorizzativo è della Procedura Abilitativa Semplificata PAS.

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.lgs. n.28/2011, le regioni e le province autonome possono comunque applicare la PAS agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune (essendo questo l’ente competente per la PAS), la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono assoggettate all’autorizzazione unica. Circa gli enti territoriali che hanno fatto ricorso a questa facoltà si rinvia a GSE, Regolazione Regionale, Generazione elettrica da fonti rinnovabili, aggiornamento al 31 dicembre 2022, pag. 158.

Ai sensi di quanto introdotto nell’articolo 5 comma 3 del D.lgs. n. 28/2011, dal D.L. n. 77/2021 (articolo 32, comma 1, lett. a) gli interventi di modifica non sostanziale degli impianti, anche relativi a progetti autorizzati e non ancora realizzati, sono assoggettati - sempre che non ricadano nei casi assoggettati a comunicazione -  alla procedura abilitativa semplificata – PAS.

Interventi sottoposti ad autorizzazione unica (AU)

Ai sensi del combinato disposto articolo 12, comma 5 e Tabella A del D.lgs. n.387/2003, gli impianti di potenza superiore a 100 kW (o superiore, fino a 1 MW, se previsto da norme regionali) non ricadenti nelle ipotesi sopra esposte nelle quali sono applicabili le disposizioni in materia di comunicazione, sono sottoposti ad autorizzazione unica rilasciata dalla regione.

L’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica – ai sensi del punto 13.1. delle Linee Guida, D.M. 10 settembre 2010 - deve essere corredata, tra l’altro, dalla concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico qualora sia stata già acquisita.

Il procedimento di autorizzazione unica consente al proponente di richiedere la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse.

Il punto 18.3 delle Linee guida, al fine di ridurre i tempi ed evitare duplicazioni, ha consentito alle Regioni di individuare le più opportune forme di semplificazione e coordinamento tra i procedimenti per il rilascio di concessioni e le valutazioni ambientali i cui esiti confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico per la costruzione dell’impianto.

Sono inoltre sottoposte ad autorizzazione le modifiche sostanziali di progetti autorizzati o impianti esistenti, ossia le modifiche per le quali non è prevista la semplice comunicazione o la DILA, né siano definite non sostanziali e soggette a PAS dai decreti attuativi dell’articolo 5 del D.lgs. n.28/2011.

Resta fermo il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione ed a VIA regionale, l’autorizzazione unica è rilasciata nell’ambio del procedimento unico di autorizzazione regionale.

 

Vengono in rilievo, quindi, le soglie previste dagli allegati alla parte seconda del D.lgs. n.152/2006.

 

Sono sottoposti a VIA statale, ai sensi del punto 2 dell’allegato II alla parte seconda del D.lgs. n. 152/2006 le “centrali per la produzione dell’energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti”.

 

Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA di competenza delle regioni, ai sensi del D.lgs. n. 152/2006, allegato IV, punto 2, lett. h), come modificata da ultimo dall’articolo 47, comma 11-quater del D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2013):

§  gli impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e

§  gli impianti idroelettrici realizzati da consorzi di bonifica (di cui all’articolo 166 del D.lgs. n.152[48]) realizzati su canali o condotte esistenti, senza incremento di portata derivata (di cui all’articolo 4, comma 3, lettera b, punto i), del D.M. 6 luglio 2012), con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW, ovvero – secondo quanto aggiunto dal D.L. n. 13/2023 - 1.000 kW per i soli impianti idroelettrici realizzati su condotte esistenti senza incremento né della portata esistente né del periodo in cui ha luogo il prelievo e realizzati su edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche alle destinazioni d’uso, non riguardino parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici.

Sono anche sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA di competenza delle regioni, ai sensi del D.lgs. n. 152/2006, allegato IV, punto 7, lett. d), la derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonché le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo.

 

Si consideri, comunque, che, ai sensi del D.M. 30 marzo 2025[49] Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e province autonome - qualora un impianto ricada anche parzialmente in aree protette, opera direttamente la VIA senza previa sottoposizione a verifica di assoggettabilità (punto 3).

 

Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili.

 

NUOVI IMPIANTI

PROCEDURA PREVISTA

Impianti aventi le seguenti caratteristiche:

§  realizzati in edifici esistenti sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche delle destinazioni di uso, non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

§  aventi una capacità di generazione non superiore a 500 kW di potenza di concessione

 

Comunicazione

Impianti alimentati da FER con potenza fino a 50 kW impianti (se previsto da Regioni e Province autonome)

Comunicazione

NUOVI IMPIANTI

PROCEDURA PREVISTA

Impianti di potenza inferiore a 100 KW (fino a 1 MW se previsto da Regioni e Province autonome)

 

PAS

Impianti di potenza superiore a 100 KW non sottoposti a VIA regionale (vedi infra)

 

AU regionale

Qualora sottoposti a VIA regionale in esito alla verifica di assoggettabilità, impianti di potenza inferiore o pari a 30 MW e impianti

§  di potenza > 100 kW ovvero

§  di potenza > 250 KW realizzati da consorzi di bonifica realizzati su canali o condotte esistenti, senza incremento di portata derivata

§  di potenza > di 1.000 kW realizzati su condotte esistenti senza incremento né della portata esistente né del periodo in cui ha luogo il prelievo e realizzati su edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche alle destinazioni d’uso, non riguardino parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici

PAUR

 

MODIFICHE AD IMPIANTI

PROCEDURA APPLICABILE

Interventi di revamping e repowering che, anche se consistenti nella modifica della soluzione tecnologica utilizzata, non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse a prescindere dalla potenza elettrica risultante a seguito dell’intervento.

 

Comunicazione

MODIFICHE AD IMPIANTI

PROCEDURA APPLICABILE

Interventi che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse

 

Comunicazione

Interventi che, senza incremento della portata derivata, comportano una variazione delle dimensioni fisiche dei componenti e della volumetria delle strutture che li ospitano non superiore al 15 per cento

 

DILA

Interventi di modifica non sostanziale degli impianti, anche relativi a progetti autorizzati e non ancora realizzati

 

PAS

Modifiche degli impianti qualificate come sostanziali ai sensi del D.lgs. n.152/2006

Autorizzazione unica o PAUR (specularmente a quanto previsto per i nuovi impianti)


I sistemi di accumulo

Le due tipologie di impianti da fonti rinnovabili più diffuse dopo l’idroelettrico, e il cui contributo si prevede possa essere maggiore anche in vista del raggiungimento degli obiettivi energetico-ambientali indicati nel PNIEC sono quelli eolici e fotovoltaici, entrambi caratterizzate dalla natura intermittente del processo produttivo.

 

Lo scenario di policy elaborato dal PNIEC aggiornato, inviato alle Istituzioni europee a fine giugno 2024, prevede che al 2030 siano installati complessivamente circa 131 GW di impianti a fonti rinnovabili (di cui circa 80 GW fotovoltaici e circa 28 GW eolici), con un incremento di capacità di circa 74 GW rispetto al 2021 (di cui circa +57 GW da fotovoltaico e circa +17 GW da eolico) (cfr. pag. 49).

 

La non programmabilità di dette fonti richiede, per garantirne l’utilizzo massivo, la realizzazione di sistemi di accumulo capaci di assorbire l’energia prodotta in eccesso quando la domanda è più bassa e la sua immissione in rete quando la domanda è più alta. I sistemi di accumulo svolgono quindi due funzioni: contribuiscono alla sicurezza del sistema elettrico garantendo la continuità del servizio anche nelle ore in cui la richiesta di energia elettrica è più elevata e favoriscono l’integrazione delle rinnovabili nella rete elettrica, valorizzando l’energia prodotta in eccesso nei momenti in cui la domanda è bassa.

Fra le tecnologie di stoccaggio, gli impianti di pompaggio rappresentano ancora un’importante risorsa per l’adeguatezza oltre che per la sicurezza e flessibilità del sistema, essendo in grado di fornire nelle ore di più alto carico la massima capacità disponibile, assicurata dal riempimento degli invasi a monte, a seguito della programmazione in pompaggio di tali impianti nelle ore di basso carico.

Se tradizionalmente i pompaggi, connessi agli impianti idroelettrici, sono serviti soprattutto per valorizzare la risorsa idrica aumentando la produzione durante le ore diurne (caratterizzate da alti consumi e prezzi maggiori) e consumando energia elettrica nelle ore notturne, lo sviluppo delle rinnovabili non programmabili ha fatto emergere nuove esigenze che possono essere soddisfatte anche attraverso pompaggi “puri”. Per una disamina delle procedure autorizzative dei pompaggi puri si rinvia al paragrafo successivo.

Un’altra tecnologia maturata, in termini di efficienza, soprattutto in questi anni è offerta dalle batterie, sistemi di accumulo elettrochimico che possono essere utilizzati a servizio di specifici impianti o del sistema (stand alone) attraverso la loro connessione alla rete.

Una terza tecnologia impiegabile per l’accumulo dell’energia è l’idrogeno. Attraverso l’elettrolisi, si consuma energia elettrica per produrre idrogeno dall’acqua (le molecole di idrogeno vengono separate da quelle di ossigeno). Il processo è noto come “power to gas”. L’idrogeno, a quel punto, può essere utilizzato a sua volta per produrre energia elettrica, nel processo inverso denominato “gas to power”. La tecnologia, meno matura e ritenuta ancora meno efficiente rispetto alle due precedentemente descritte, ha il pregio di offrire una risorsa impiegabile in una pluralità di ambiti: può, infatti, essere immesso nella rete gas, essere impiegato anche in alcuni processi industriali e servire come fonte di energia non elettrica. Per questo, i documenti programmatici in materia di clima ed energia ritengono che l’idrogeno possa contribuire soprattutto all’abbattimento delle emissioni nei settori “hard to abate” (difficilmente elettrificabili) come alcuni comparti industriali e i trasporti pesanti (che richiederebbero la realizzazione di batterie di dimensioni incompatibili con l’uso). Benché al momento si consideri l’idrogeno una tecnologia più utilmente impiegata in detti settori anziché al servizio del sistema elettrico, si illustrano di seguito le procedure autorizzative previste, in considerazione degli impieghi comunque possibili per l’integrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico e dei possibili sviluppi che può avere, anche attraverso una sua maggiore maturazione.

Le procedure autorizzative per la realizzazione di pompaggi puri

La più parte degli impianti di pompaggio esistenti sono stati realizzati in abbinamento ad un impianto idroelettrico. In tal caso, le opere o le modifiche relative al sistema di accumulo costituiscono parti integranti e vengono autorizzate con il medesimo titolo rilasciato per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di generazione.

Solo di recente sono state introdotte disposizioni ad hoc per disciplinare l’autonoma realizzazione di pompaggi “puri”. Secondo quanto previsto dall’articolo 31-quater, comma 1, lett. b) del D.L. n. 77/2021 e dall’articolo13, comma 1 del D.L. 17/2022, gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro sono sottoposti ad autorizzazione unica rilasciata ai sensi del D.lgs. n.387/2003 non dalla regione, bensì dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e d’intesa con la regione interessata, nell’ambito del provvedimento adottato a seguito del procedimento unico, comprensivo del rilascio della concessione ai fini dell’uso delle acque.

 

Le procedure autorizzative per la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimici

Al 2019, il PNIEC riportava l’avvenuta installazione di 75 MW di sistemi di accumulo elettrochimico da parte di Terna. Per il futuro, segnalava la necessità di tener conto delle nuove norme UE che prevedono lo sviluppo dei sistemi di accumulo secondo logiche di mercato, limitando il ruolo dei gestori delle reti di distribuzione e di trasmissione ai casi di fallimento del mercato.

Il D.lgs. n. 210/2021 ha, pertanto, abrogato l’articolo 36, comma 4 del D.lgs. n. 93/2011 che consentiva a Terna la realizzazione di sistemi di accumulo diffusi mediante batterie.

Il successivo D.L. n. 69/2023, articolo 22-bis, comma 1, lett. b) ha abrogato le disposizioni del D.lgs. n. 210/2021 (comma 4 e comma 7, lett. c) dell’art. 18) che consentivano a Terna di sottoporre all’approvazione del MASE un piano di realizzazione diretta dei sistemi di accumulo, previo parere favorevole e secondo le modalità definite da ARERA, per la capacità di stoccaggio dell’energia elettrica non assegnata a seguito dello svolgimento delle aste[50].

 

Attualmente, ai sensi dell’articolo 1, commi 2-quater e 2-quinquies del D.L. n. 7/2002, introdotti dall’articolo 62 del D.L. n. 76/2020 e più volte modificati, da ultimo con il D.L. n. 13/2023, la realizzazione degli impianti di accumulo elettrochimico funzionali alle esigenze del settore elettrico, inclusi i sistemi di conversione di energia, i collegamenti alla rete elettrica e ogni opera connessa e accessoria, è autorizzata in base alle seguenti procedure:

a) gli impianti di accumulo elettrochimico ubicati all’interno di aree ove sono situati impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione, o ubicati all’interno di aree ove sono situati impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte rinnovabile o da fonte fossile che abbiano potenza inferiore ai 300 MW termici in servizio, o ubicati presso aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione, i quali non comportino estensione delle aree stesse, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richiedano variante agli strumenti urbanistici adottati, sono autorizzati mediante la procedura abilitativa semplificata-PAS comunale. In assenza di una delle condizioni sopra citate, si applica la procedura di cui alla lettera b);

b) gli impianti di accumulo elettrochimico ubicati all’interno di aree già occupate da impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte fossile di potenza maggiore o uguale a 300 MW termici in servizio, nonché gli impianti “stand-alone ubicati in aree non industriali e le eventuali connessioni alla rete, sono autorizzati mediante autorizzazione unica rilasciata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ai sensi dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Nel caso di impianti ubicati all’interno di aree ove sono presenti impianti per la produzione o il trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, l’autorizzazione è rilasciata ai sensi della disciplina vigente;

c) gli impianti di accumulo elettrochimico da esercire in combinato con impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono considerati opere connesse ai predetti impianti, ai sensi della normativa vigente, e sono autorizzati mediante:

§  autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalle province delegate o, per impianti con potenza termica installata superiore a 300 MW termici, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12 del D.lgs. n. 387/2003, ove l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili sia da realizzare;

§  procedura di modifica ai sensi dell’articolo 12, comma 3, del D.lgs. n. 387/2003, dunque secondo la disciplina dell’autorizzazione unica prevista per le modifiche sostanziali agli impianti da fonti rinnovabili, ove l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili sia già realizzato e l’impianto di accumulo elettrochimico comporti l’occupazione di nuove aree rispetto all’impianto esistente;

§  procedura abilitativa semplificata-PAS, se l’impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili è in esercizio ovvero autorizzato ma non ancora in esercizio.

d) la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimico inferiori alla soglia di 10 MW, ovunque ubicati, è tuttavia, attività libera e non richiede il rilascio di un titolo abilitativo, fatta salva l’acquisizione degli atti di assenso previsti in caso di vincolo culturale o paesaggistico, nonché dei pareri, autorizzazioni o nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti, derivanti da specifiche previsioni di legge vigenti in materia ambientale, di sicurezza e di prevenzione degli incendi, e del nulla osta alla connessione da parte del gestore del sistema di trasmissione nazionale o da parte del gestore del sistema di distribuzione elettrica di riferimento. I soggetti che intendono realizzare gli stessi impianti sono tenuti a inviare copia del relativo progetto al Gestore del sistema di trasmissione nazionale che, entro trenta giorni, può formulare osservazioni nel caso in cui sia richiesta una connessione alla rete elettrica nazionale, inviandole anche agli enti individuati per il rilascio delle autorizzazioni, che devono essere comunicate allo stesso gestore, ai fini del monitoraggio del grado di raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di accumuli di energia previsti dal PNIEC.

Gli impianti di accumulo elettrochimico di tipo “stand-alone” e le relative connessioni alla rete elettrica non sono sottoposti alle procedure di valutazione di impatto ambientale e di verifica di assoggettabilità a VIA, salvo che le opere di connessione non superino le soglie previste agli allegati II e II-bis.

Le procedure autorizzative per la produzione di idrogeno

L’art. 38 del D.lgs. n.199/2021 ha disciplinato le procedure autorizzative per la realizzazione di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno e per la realizzazione delle infrastrutture connesse, compresi compressori e depositi e eventuali infrastrutture di connessione a reti di distribuzione e trasporto. L’articolo prevede quattro procedure diverse, distinguendo tra:

1)     Elettrolizzatori di potenza inferiore o uguale a 10 MW ovunque ubicati. La realizzazione di tale tipologia costituisce attività di edilizia libera e non richiede il rilascio di uno specifico titolo abilitativo, anche nel caso in cui siano connessi ad impianti alimentati da fonti rinnovabili esistenti, autorizzati o in corso di autorizzazione. È comunque fatta salva l’acquisizione di atti di assenso, pareri, autorizzazioni e nulla osta da parte degli enti territorialmente competenti in materia paesaggistica, ambientale, di sicurezza, di prevenzione incendi e di connessione alla rete elettrica o alla rete del gas naturale (art. 38, comma 1), let. a).

2)     Elettrolizzatori e infrastrutture connesse ubicati in aree industriali o in aree ove sono situati impianti industriali anche per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ancorché non più operativi o in corso di dismissione. è prevista la Procedura Abilitativa Semplificata (PAS), se tale realizzazione

§  non comporta occupazione in estensione di tali aree, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente; e se

§  non richiede una variante agli strumenti urbanistici.

3) Elettrolizzatori stand-alone e infrastrutture connesse che non ricadono nelle ipotesi sub 1) e 2). Per essi è prevista l’Autorizzazione Unica rilasciata:

§  dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica tramite procedimento unico ambientale (PUA) di cui all’articolo 27 del D.lgs. n.152/2006 quando i progetti sono sottoposti a VIA di competenza statale sulla base delle soglie previste dall’Allegato II alla Parte II del D.lgs. n.152/2006.

§  dalle Regioni o Province Autonome in tutti gli altri casi.

4) Elettrolizzatori e infrastrutture connesse da realizzare in connessione impianti di produzione di energia elettrica da FER. Essi sono autorizzati mediante Autorizzazione Unica (AU) di cui all‘art. 12 del D.lgs. n. 387/2003. Tale AU viene rilasciata:

§  dal MASE quando gli elettrolizzatori sono funzionali a impianti con potenza superiore a 300MW termici o a impianti di produzione di energia elettrica off-shore.

§  dalle Regioni o Province Autonome in tutti gli altri casi (tramite provvedimento autorizzativo unico regionale ai sensi dell’articolo 27-bis quando sottoposti a VIA regionale).

Ai sensi dell’Allegato II alla Parte Seconda del D.lgs. n. 152/2006, come da ultimo integrato dal D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023, cd. D.L. “PNRR 2”), sono ora sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale:

§  gli impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto superiore, per l’idrogeno, 100 Gg/anno (milioni di chilogrammi) (punto 6);

§  gli impianti chimici integrati per la produzione di idrogeno verde ovvero rinnovabile, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di idrogeno verde ovvero rinnovabile, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra loro (punto 6-bis, inserito dall’articolo 41, comma 1, lett. b) del D.L. n. 13/2023).

Gli impianti di produzione e le infrastrutture di trasporto e stoccaggio di idrogeno rientrano nell’Allegato I-bis del D.lgs. n. 152/2006, quindi tra le opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC, da sottoporre all’esame della Commissione tecnica PNIEC-PNRR quando soggetti a VIA statale.

Continuano ad essere sottoposti a VIA di competenza regionale gli altri impianti per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base.


Appendice 1: La disciplina della conferenza di servizi contenuta nella legge n. 241/1990

Le norme che disciplinano le procedure autorizzative applicabili per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili rinviano, laddove sia necessaria l’acquisizione di più atti di assenso da parte di amministrazioni pubbliche, alle disposizioni di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della legge n. 241/1990 che regolano il funzionamento della conferenza di servizi decisoria. Tali disposizioni sono state interamente rinnovate per effetto delle previsioni del D.Lgs. n. 127/2016, adottato in attuazione della legge delega n. 124/2015 (c.d. legge Madia). Occorre inoltre considerare che esiste una procedura straordinaria di conferenza decisoria, vigente sulla base di una norma transitoria (art. 13, D.L. n. 76/2020), al momento in vigore fino al 31 dicembre 2024, di cui si dirà in calce all’analisi della disciplina ordinaria stabilita nella L. n. 241/1990.

La conferenza decisoria, in base alla legge sul procedimento amministrativo (art. 14, co. 2), è sempre indetta dall’amministrazione procedente:

§  quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all’acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza di diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici, ovvero

§  quando lo svolgimento di un’attività privata sia subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti, di competenza di diverse amministrazioni pubbliche. In tal caso, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell’interessato, da una delle amministrazioni procedenti.

 

La conferenza semplificata o ‘asincrona’

Con la riforma introdotta con il D.Lgs. 127/2016, la conferenza di servizi decisoria si svolge di norma in forma semplificata e in modalità “asincrona”, ossia senza riunione, mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni e delle determinazioni.

Il relativo procedimento è delineato dall’articolo 14-bis, della L. 241/1990, in base al quale:

-         la conferenza è indetta dall’amministrazione procedente entro 5 giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o, se il procedimento è a iniziativa di parte, dal ricevimento della domanda. L’amministrazione procedente è tenuta a comunicare l’oggetto della determinazione, corredata dalla relativa documentazione o le credenziali informatiche per accedervi in via telematica, nonché tutti i termini del procedimento;

-         le amministrazioni coinvolte possono richiedere integrazioni documentali e chiarimenti non acquisibili tramite documenti in possesso di pubbliche amministrazioni, entro un termine perentorio stabilito dall’amministrazione procedente, e comunque non superiore a 15 giorni;

-         entro il termine perentorio stabilito dall’amministrazione procedente, e comunque non superiore a 45 giorni, le amministrazioni coinvolte sono tenute a rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza. Resta fermo l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento ai sensi dell’art. 2, L. 241/1990. Tali determinazioni sono formulate in termini di assenso o dissenso congruamente motivato e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell’assenso. Quando tra le amministrazioni coinvolte nella conferenza vi sono quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute, il termine per le determinazioni è di 90 giorni, sempre che norme di legge o regolamenti non stabiliscono un termine diverso;

-         la mancata comunicazione delle determinazioni di cui sopra entro il termine perentorio previsto, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti indicati, equivalgono ad assenso senza condizioni, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’UE richiedono l’adozione dei provvedimenti espressi;

-         scaduto il termine per la comunicazione delle determinazioni, l’amministrazione procedente, entro 5 giorni lavorativi, adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza. La determinazione di conclusione è positiva nel caso siano pervenuti atti di assenso non condizionati, o qualora le condizioni indicate possono essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza: in tali ipotesi, la determinazione sostituisce ad ogni effetto tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni coinvolte. La determinazione di conclusione della conferenza sarà negativa in presenza di atti di dissenso non ritenuti superabili ed, in tal caso, avrà l’effetto di rigetto della domanda

 

La conferenza simultanea o ‘sincrona’

Fuori dalle ipotesi considerate, è prevista la conferenza in forma simultanea ed in modalità sincrona, con riunione in presenza delle diverse amministrazioni coinvolte (ossia la conferenza di servizi nel senso tradizionale in cui finora è stata intesa). Tale modalità, disciplinata dall’articolo 14-ter della L. n. 241/1990, opera:

§  nei casi di particolare complessità della decisione da assumere, su iniziativa dell’amministrazione procedente che indice la conferenza entro 5 giorni lavorativi dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda e convoca la riunione entro i successivi 45 giorni. L’amministrazione può avviare la conferenza in forma simultanea anche su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato, avanzata entro 15 giorni dall’indizione di quella semplificata: in tal caso, la riunione ha luogo nei successivi 45 giorni (art. 14-bis, co. 7);

§  qualora, in sede di conferenza semplificata, l’amministrazione procedente ha acquisito atti di dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale che la stessa ritiene possibile superare mediante esame contestuale degli interessi coinvolti. In tal caso, la riunione in modalità sincrona si svolge in una data - preventivamente fissata dall’amministrazione procedente - che cade tra il 45° giorno ed il 55° giorno dall’indizione della conferenza semplificata (art. 14-bis, co. 6).

 

In caso di conferenza simultanea, la nuova disciplina prevede che, ove alla conferenza siano coinvolte amministrazioni dello Stato e di altri enti territoriali, a ciascun livello le amministrazioni convocate alla riunione sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione delle amministrazioni stesse (cd. rappresentante unico). Il rappresentante unico delle amministrazioni statali è nominato dal Presidente del Consiglio o, in caso di amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico delle amministrazioni riconducibili a quella regione o a quell’ente (art. 14-ter, co. 4-5).

I lavori della conferenza simultanea si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione (90 giorni nel caso in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o della tutela della salute). Anche in questo caso, sono introdotti meccanismi di silenzio assenso: infatti, si considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

Entro il termine predetto, l’amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti.

Il riferimento alle “amministrazioni” e non “ai rappresentanti” chiarisce che le posizioni delle amministrazioni si sommano ai fini del computo, senza ridursi a unità in ragione della figura del “rappresentante unico”.

 

La determinazione motivata di conclusione del procedimento

L’articolo 14-quater della L. 241/1990 ribadisce il contenuto decisorio ed il valore provvedimentale della determinazione motivata di conclusione del procedimento. Pertanto la determinazione di conclusione della conferenza sostituisce ad ogni effetto tutti gli atti di assenso di competenza delle amministrazioni, nonchè dei gestori di beni e servizi interessati (comma 1).

L’efficacia della determinazione motivata è immediata in caso di approvazione unanime. Ove l’approvazione invece segua alla valutazione delle posizioni prevalenti, l’efficacia è sospesa ove siano stati espressi dissensi qualificati per tutto il tempo necessario all’esperimento della procedura di opposizione disciplinata dall’art. 14-quinquies (comma 3).

Le amministrazioni, i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza, possono sollecitare, dando congrua motivazione, l’amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di un’altra conferenza, determinazioni di via di autotutela (revoca od annullamento d’ufficio). Per poter fare richiesta di revoca è tuttavia necessario che l’amministrazione richiedente abbia partecipato alla conferenza o si sia espressa nei termini (comma 2). 

La legge precisa che i termini di efficacia di tutti i pareri, autorizzazioni, concessioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati acquisiti nell’ambito della conferenza decorrono dalla data di comunicazione della determinazione motivata di conclusione della conferenza (comma 4).

 

La procedura di superamento del dissenso qualificato

L’articolo 14-quinquies della L. n. 241 disciplina il meccanismo per il superamento dei dissensi delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi cd. qualificati (ossia la tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, nonché la tutela della salute e della pubblica incolumità), nonchè di regioni e o province autonome, abbreviando anche in tal caso i termini.

Innanzitutto, l’opposizione può essere proposta, dalle amministrazioni portatrici di interessi qualificati, solo a condizione di avere espresso “in modo inequivoco” il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. In caso di regioni o province autonome è necessario che il rappresentante, intervenendo in materia spettante alla rispettiva competenza, abbia manifestato un dissenso motivato in seno alla conferenza (comma 2). Si stabilisce, inoltre, che per le amministrazioni statali l’opposizione deve essere proposta dal Ministro.

L’opposizione è indirizzata al Presidente del Consiglio e sospende l’efficacia della determinazione motivata di conclusione della conferenza (comma 3). Il Presidente del Consiglio dà impulso alla composizione degli interessi. Infatti, entro quindici giorni dalla ricezione dell’opposizione, la Presidenza del Consiglio indice una riunione cui partecipano tutte le amministrazioni coinvolte nella precedente conferenza. Nel principio di leale collaborazione, i partecipanti formulano proposte per individuare una soluzione condivisa. Se si raggiunge l’accordo, la soluzione rinvenuta sostituisce a tutti gli effetti la determinazione motivata di conclusione della conferenza (comma 4). Questo supplemento di comune vaglio e confronto di interessi può avere a sua volta una ulteriore ‘coda’, allorché un accordo non sia raggiunto nella prima riunione, e nell’antecedente conferenza abbiano partecipato amministrazioni regionali o provinciali autonome. Ebbene, in tal caso può essere indetta - entro i successivi quindici giorni - una seconda riunione (comma 5). Nel caso la o le riunioni conducano ad una intesa, essa forma il contenuto di una nuova determinazione motivata di conclusione della conferenza, da parte dell’amministrazione procedente.

Qualora, invece, all’esito di tali riunioni e, comunque non oltre quindici giorni dallo svolgimento della riunione, l’intesa non si consegua, si apre una seconda fase. Infatti, entro i successivi quindici giorni, la questione è rimessa al Consiglio dei ministri, il quale delibera con la partecipazione del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata. Ove il Consiglio dei ministri respinga l’opposizione, la determinazione motivata di conclusione della conferenza (che era rimasta sospesa nella sua efficacia, a seguito dell’opposizione) acquista efficacia in via definitiva, a decorrere dal momento in cui è comunicato il rigetto dell’opposizione.

Il Consiglio dei ministri può accogliere parzialmente l’opposizione, modificando in tale caso il contenuto della determinazione di conclusione della conferenza (comma 6).

 

Accelerazione del procedimento in conferenza di servizi

Rispetto al quadro normativo definito dalla legge n. 241 del 1990, occorre considerare che fino al 31 dicembre 2024, in tutti i casi in cui debba essere indetta una conferenza di servizi decisoria, le amministrazioni procedenti adottano lo strumento della conferenza semplificata in modalità asincrona, con le modalità speciali previste dall’art. 13, D.L. 76/2020. La disposizione citata prevede una serie di correttivi al modello disciplinato dall’art. 14-bis, L. n. 241/1990, volti ad accelerare ulteriormente il procedimento. Inizialmente delineato come facoltà per le amministrazioni, dal 2023 è obbligatorio utilizzare le modalità speciali previste dal citato articolo 13 (per il contenuto si rinvia, infra, al box), mentre il D.L. n. 19/2024 (art. 12, co. 7) ne ha esteso ulteriormente il campo di applicazione, stabilendo che tali disposizioni si applicano, se più favorevoli, anche alle conferenze di servizi decisorie in modalità semplificata previste dal D.L. n. 77/2021, dal D.L. n. 13/2023 e, più in generale, dalle singole norme speciali tese a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR e dal PNC.

 

La conferenza di servizi accelerata ex art. 13, D.L. 76/2020

 

La procedura accelerata di conferenza di servizi di cui all’art. 13 del D.L. 76/2020, più volte modificato (da ultimo con l’art. 12, co. 6 e 7 del D.L. n. 19/2024), prevede i seguenti correttivi al modello di conferenza di servizi semplificata o asincrona definito dalla L. 241 del 1990 (art. 14-bis).

Con il primo (comma 1, lett. a)), si stabilisce che tutte le amministrazioni coinvolte rilasciano le determinazioni di competenza entro il termine perentorio di trenta giorni (in origine era di sessanta giorni). La disciplina ordinaria prevede invece che il termine perentorio per le determinazioni sia stabilito dall’amministrazione procedente e comunque non sia superiore a quarantacinque giorni, Inoltre, il D.L. 76 prevede che per le determinazioni delle amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, tutela della salute e della pubblica incolumità), è previsto un termine di quarantacinque giorni, mentre la disciplina ordinaria stabilisce per tali amministrazioni un termine più lungo, pari a novanta giorni (art. 14-bis, co. 2, lett. c)).

In secondo luogo (comma 1, lett. b)), rispetto alla disciplina ordinaria si stabiliscono alcune semplificazioni per i casi diversi dalle ipotesi di cui all’articolo 14-bis, comma 5, ossia quei casi in cui, in sede di conferenza semplificata, l’amministrazione procedente ha acquisito atti di dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale che la stessa ritiene possibile superare mediante esame contestuale degli interessi coinvolti.

In base alla L. n. 241/1990, in tali casi, l’amministrazione procedente svolge una riunione in modalità sincrona, che si svolge in una data che cade tra il 45° giorno ed il 55° giorno dall’indizione della conferenza semplificata (art. 14-bis, co. 6) e segue la disciplina di cui all’art. 14-ter per la conferenza simultanea.

In via temporanea, fino al 31 dicembre 2024, invece, l’art. 13 D.L. 76/2020 stabilisce che in tali casi l’amministrazione procedente svolge, entro quindici giorni (in origine era trenta) decorrenti dalla scadenza del termine per il rilascio delle determinazioni di competenza delle singole amministrazioni, una riunione telematica di tutte le amministrazioni coinvolte nella quale prende atto delle rispettive posizioni e procede senza ritardo alla stesura della determinazione motivata conclusiva della conferenza di servizi.

In secondo luogo (comma 1, lett. b-bis)), si prevede che sia in caso di dissenso sia in caso di assenso non completo, le amministrazioni procedenti sono obbligate (mentre a disciplina vigente si tratta di una facoltà) ad indicare le misure necessarie per l’assenso, aggiungendo altresì l’onere in capo all’amministrazione della quantificazione dei relativi costi. La disposizione aggiunge inoltre che le prescrizioni sono determinate nel rispetto dei principi di proporzionalità, efficacia e sostenibilità finanziaria dell’intervento risultante dal progetto originariamente presentato. Da ultimo, si precisa che le disposizioni introdotte si applicano a tutte le amministrazioni partecipanti alla conferenza, incluse quelle titolari di competenza in materia urbanistica, paesaggistica, archeologica e del patrimonio culturale.



[1]     Cfr. raccomandazione della Commissione 2024/1344/UE, 13 maggio 2024, considerando n. 1.

[2]     Cfr. considerando n. 11) della raccomandazione 2024/1343/UE della Commissione del 13 maggio 2024 sull’accelerazione delle procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati

[3]     A tal fine, gli Stati possono utilizzare i documenti di pianificazione dello spazio esistenti, compresi i piani di gestione dello spazio marittimo, o basarsi su di essi e devono garantire il coordinamento tra tutte le autorità e gli enti pertinenti a livello nazionale, regionale e locale, compresi gli operatori di rete.

[4]     La data del 1° luglio 2024 deve essere rispettata per il recepimento dei seguenti nuovi articoli della direttiva RED II: articolo 15-sexies, articolo 16, articoli da 16-ter a 16 septies. Dicasi anche che gli altri nuovi articoli, gli articoli da 15-bis a 15-quinquies pongono obblighi diretti in capo agli Stati Membri.

 

[6]     Nel caso di mancata adozione della legge, interviene lo Stato, in via sostitutiva.

[7]     Raccomandazione di Raccomandazione del Consiglio sul Programma Nazionale di Riforma 2023 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2023 dell’Italia (COM(2023) 612 final).

[8] Raccomandazione del Consiglio, del 14 luglio 2023, relativa al Programma Nazionale di Riforma 2023 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2023 dell’Italia (in GUUE 1 settembre 2023). Cfr. punto 3 della Raccomandazione.

[9]     Tra le diverse azioni, si prevede prevede l’entrata in vigore, entro il 31 marzo 2024, di un quadro normativo volto a definire i criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti rinnovabili di potenza complessiva superiore a 50 GW, conformemente al PNIEC e agli obiettivi del Green Deal.

[10]   Per una disamina delle norme regionali in materia si rinvia al documento redatto dal GSE dal titolo “Regolazione Regionale, Generazione elettrica da fonti rinnovabili“.

[11]   I decreti legislativi saranno adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

§  ricognizione e riordino della normativa vigente in materia di fonti energetiche rinnovabili, al fine di conseguire una significativa riduzione e razionalizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari e di assicurare un maggior grado di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti;

§  coordinamento delle disposizioni legislative vigenti in materia di fonti energetiche rinnovabili, apportando le modificazioni necessarie a garantire o a migliorare la coerenza della normativa medesima;

§  assicurare l’unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina in materia di fonti energetiche rinnovabili concernente ciascuna attività o ciascun gruppo di attività;

§  semplificazione dei procedimenti amministrativi, anche mediante la soppressione dei regimi autorizzatori, razionalizzazione e accelerazione dei procedimenti e previsione di termini certi per la conclusione dei procedimenti;

§  aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione della digitalizzazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;

§  adeguamento dei livelli di regolazione ai livelli minimi richiesti dalla normativa dell’Unione europea.

      I decreti saranno adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per la pubblica amministrazione e del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata e acquisizione del parere del Consiglio di Stato, che è reso nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per l’espressione dei pareri da parte della Commissione parlamentare per la semplificazione e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di novanta giorni.

[12] Se gli atti di assenso non sono resi entro il termine, l’interessato può ricorrere avverso il silenzio ex art. 117, del Codice del processo Amministrativo.

[13]   Ai sensi delle Linee guida approvate con D.M. 10 settembre 2010, qualora un progetto interessi il territorio di più Regioni o di più Province delegate, la richiesta di autorizzazione è inoltrata all’ente nel cui territorio:

§  sono installati il maggior numero di aerogeneratori, nel caso di impianti eolici;

§  sono installati il maggior numero di pannelli, nel caso di impianti fotovoltaici;

§  è effettuata la derivazione d’acqua di maggiore entità, nel caso di impianti idroelettrici;

§  sono presenti il maggior numero di pozzi di estrazione del calore, nel caso di impianti geotermoelettrici;

§  sono collocati i gruppi turbina alternatore, ovvero i sistemi di generazione di energia elettrica, negli altri casi.

      L’ente in tal modo individuato provvede allo svolgimento del procedimento, cui partecipano gli altri enti interessati procede al rilascio dell’autorizzazione d’intesa con le altre Regioni o Province delegate interessate.

[14]   Qualora il procedimento sia delegato alle Province, queste ultime trasmettono alle Regioni, secondo modalità stabilite dalle stesse, le informazioni e i dati sulle autorizzazioni rilasciate (art. 5, comma 4 del D.lgs. n. 28/2011).

[15]   La disciplina europea è contenuta attualmente nella direttiva n. 2011/92/UE. In base all’articolo 2 della citata direttiva, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto sull’ambiente. Detti progetti sono indicati all’articolo 4 e agli allegati I e II alla medesima direttiva.

[16]   Con riguardo alle opere di connessione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, si evidenzia che – di norma - sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA statale gli elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km (All. II-bis, Parte seconda, D.lgs. n. 152/2006,punto 1, lett. d)), mentre sono sempre assoggettati ai VIA statale gli elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km (All. II, Parte seconda, D.lgs. n. 152/2006, punto 4-bis)). Con l’articolo 47, comma 1-ter del D.L. n. 13/2023, tuttavia, si è prevista (sino al 30 giugno 2025) l’esenzione dalla VIA per i progetti di infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili o di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, necessari a integrare l’energia rinnovabile nel sistema elettrico, ovvero ai progetti di impianti di stoccaggio di energia da fonti rinnovabili ricadenti nelle aree contemplate dal Piano di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale predisposta ogni due anni da Terna e sottoposti positivamente a Valutazione Ambientale Strategica. Detti Piani di sviluppo, ai sensi dell’articolo 17 del D.lgs. n. 28/2011 individuano, in apposite sezioni, le opere di sviluppo funzionali all’immissione e al ritiro dell’energia prodotta da una pluralità di impianti non inserite nei preventivi di connessione (comma 1) e gli interventi di potenziamento della rete di trasmissione nazionale che risultano necessari per assicurare l’immissione e il ritiro integrale dell’energia prodotta dagli impianti a fonte rinnovabile già in esercizio (comma 2).

[17] Ai sensi dell’articolo 8, comma 2-septies del D.lgs. n. 152/2006, qualora lo richieda almeno una delle Commissioni parlamentari competenti a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, le tipologie dei progetti attuativi del PNIEC individuati nell’allegato I-bis possono essere modificate, con decreto del MASE, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti da rendere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.

[18] Detta Commissione, istituita inizialmente per l’esame dei progetti utili all’attuazione del PNIEC con D.L. n. 76/2020, ha assunto successivamente la competenza ad esaminare anche i progetti attuativi del PNRR (art. 17 del D.L. n. 77/2021).

[19] D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata. Si rammenta che l’articolo 21 della legge n. 214/2023, legge per il mercato e la concorrenza 2022, reca il differimento dei termini per la revisione del D.P.R. n. 31/2017. La revisione di tale regolamento – al fine di introdurvi altre semplificazioni procedimentali - è stata autorizzata dalla legge sulla concorrenza 2021 (articolo 26, comma 13 della L. n. 118/2022). Il termine per la revisione, originariamente fissato entro i centottanta giorni, dall’entrata in vigore della L. n. 118/2022, è stato differito, e portato entro i ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della medesima legge (27 agosto 2024).

[20] tenuto conto delle aree già qualificate “nelle more” idonee ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 20.

Il comma 1 dell’articolo 20 ha demandato, prima di tutto, al decreto di:

a)   dettare i criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalità per minimizzare l’impatto ambientale e il suolo occupabile;

b)   indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili.

Ai fini del concreto raggiungimento degli obiettivi PNIEC, il comma 2 dell’articolo 20 ha demandato alla normazione secondaria di stabilire anche la ripartizione della potenza installata fra Regioni e Province autonome, prevedendo sistemi di monitoraggio e criteri per il trasferimento statistico fra i medesimi enti. Il comma 3 dell’articolo 20 ha poi dettato specifici criteri da tenere in conto per l’individuazione delle aree idonee.

L’atto di natura secondaria avrebbe dovuto essere adottato entro il 15 giugno 2022 (180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.lgs. n. 199/2021, intervenuta il 15 dicembre 2021).

[21] Per il calcolo del raggiungimento degli obiettivi, si tiene conto:

•     della potenza nominale degli impianti di nuova costruzione e derivante da interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento o riattivazione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento realizzati sul territorio della regione o provincia autonoma

•     della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della regione o provincia autonoma.

Il D.M. dettaglia poi anche le metodologie di calcolo nel caso in cui un impianto ricada in più enti territoriali

[22] È fatto salvo quanto previsto alle lettere da a) a c-bis) e c-ter).

[23] Si stabilisce, inoltre che, alla seconda scadenza del contratto, salva diversa pattuizione delle parti, ciascuna parte ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all’altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione, con raccomandata. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione. La disciplina si applica anche ai contratti non ancora scaduti, fatta salva la facoltà di recesso da esercitarsi entro il 12 settembre (sessanta giorni dall’entrata in vigore, il 14 luglio 2024, della L. n. 112/2024, di conversione del D.L. n. 63/2024).

 

[24] di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del D.lgs. n. 42 del 2004.

[25]   Ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lett. c) del D.lgs. n. 42/2004.

[26] Ai sensi dell’articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004).

[27]   Detta soglia è stata inserita dall’articolo 31, comma 6 del D.L. n. 77/2021. La potenza è calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il medesimo punto di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità ambientale.

[28]   L’articolo 9, comma 9-octies del D.L. n. 13/2023 ha disposto che tale innalzamento trovi applicazione ai procedimenti avviati successivamente all’8 febbraio 2024, data di entrata in vigore della L. n. 11/2024, di conversione del decreto-legge.

[29] La definizione di impianto agro-voltaico avanzato è rilevante ai fini dell’attuazione della misura Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione ecologica), Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile), Investimento 1.1 “Sviluppo agro-voltaico”. La misura prevede che siano definiti criteri e modalità per incentivare la realizzazione di impianti agro-voltaici attraverso la concessione di prestiti o contributi a fondo perduto, realizzati in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater, del D.L. n. 1/2012. In recepimento di quanto previsto dall’articolo articolo 14, lettera c) del comma 1, del D.lgs. 199/2021 è stato adottato il D.M. 13 febbraio 2024, cd. D.M. agro-voltaico, che àncora il conferimento degli incentivi agli impianti agro-voltaici di natura sperimentale richiamando gli impianti di cui all’articolo 65, commi 1-quater nonché i requisiti di cui al comma 1-quinquies, del D.L. n. 1/2012. In sostanza, per usufruire dei benefici, gli impianti devono essere dotati anche di sistemi di monitoraggio per verificare l’impatto delle installazioni sulle colture.

 

[30] Sei mesi dalla data di entrata in vigore (3 luglio 2024) del D.M. 21 giugno 2024, di definizione dei criteri e dei principi che le medesime regioni devono osservare ai fini dell’individuazione delle aree idonee.

[31] previste all’articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. n. 42/2004).

[32]   Si riporta qui quanto previsto dal quarto periodo del comma 3, in quanto comprende e precisa quanto previsto dal precedente periodo.

[33]   Le zone territoriali A) sono le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi. Le zone territoriali B) sono le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq.

[34]   aree ovvero immobili di cui all’articolo 136, comma 1, lett. b) e c), D.lgs. n. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio.

[35]   ai sensi degli articoli da 138 a 141 del D.lgs. n. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio.

[36]   aree ovvero immobili di cui all’articolo 136, comma 1, lett. c), D.lgs. n. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio.

[37]   Per ‘sito dell’impianto eolico’ si intende, ai sensi dell’articolo 5, comma 3-bis del D.lgs. n. 28/2011:

§  nel caso di impianti su un’unica direttrice, il nuovo impianto è realizzato sulla stessa direttrice con una deviazione massima di un angolo di 20°, utilizzando la stessa lunghezza più una tolleranza pari al 20 per cento della lunghezza dell’impianto autorizzato, calcolata tra gli assi dei due aerogeneratori estremi, arrotondato per eccesso;

§  nel caso di impianti dislocati su più direttrici, la superficie planimetrica complessiva del nuovo impianto è al massimo pari alla superficie autorizzata più una tolleranza complessiva del 20 per cento; la superficie autorizzata è definita dal perimetro individuato, planimetricamente, dalla linea che unisce, formando sempre angoli convessi, i punti corrispondenti agli assi degli aerogeneratori autorizzati più esterni.

[38]   Per “riduzione minima del numero di aerogeneratori” si intende, ai sensi dell’articolo 5, comma 3-ter del D.lgs. n. 28/2011:

§  nel caso in cui gli aerogeneratori esistenti o autorizzati abbiano un diametro d1 inferiore o uguale a 70 metri, il numero dei nuovi aerogeneratori non deve superare il minore fra n1*2/3 e n1*d1/(d2-d1);

§  nel caso in cui gli aerogeneratori esistenti o autorizzati abbiano un diametro d1 superiore a 70 metri, il numero dei nuovi aerogeneratori non deve superare n1*d1/d2 arrotondato per eccesso dove:

·       d1: diametro rotori già esistenti o autorizzati;

·       n1: numero aerogeneratori già esistenti o autorizzati;

·       d2: diametro nuovi rotori;

·       h1: altezza raggiungibile dalla estremità delle pale rispetto al suolo (TIP) dell’aerogeneratore già esistente o autorizzato.

[39]   Per ‘altezza massima dei nuovi aerogeneratori’ (h2) raggiungibile dall’estremità delle pale si intende, ai sensi dell’articolo 5, comma 3-quater del D.lgs. n. 28/2011, il prodotto tra l’altezza massima dal suolo (h1) raggiungibile dall’estremità delle pale dell’aerogeneratore già esistente e il rapporto tra i diametri del rotore del nuovo aerogeneratore (d2) e dell’aerogeneratore esistente (d1): h2=h1*(d2/d1).

[40]   La potenza è calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il medesimo punto di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità ambientale

[41] D.lgs. n. 22 dell’11 febbraio 2010, recante il Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99.

[42] fatte salve le domande relative agli impianti sperimentali di potenza nominale non superiore a 5 MW.

[43] Una quota non superiore al 5 per cento degli importi dei canoni annui demaniali che devono essere corrisposti fino alla scadenza delle concessioni, come prorogata, può essere destinata dall’autorità competente alla copertura degli oneri derivanti dall’esecuzione, da parte dell’autorità medesima, delle attività di coltivazione previste dal capo III del D.lgs. n. 22/2010.

[44] Entro trenta giorni dalla presentazione del piano, l’autorità competente può richiedere al concessionario interessato modifiche o integrazioni del piano. In caso di valutazione positiva, da esprimersi entro trenta giorni dalla data di presentazione o entro quindici giorni dalla presentazione del piano modificato o integrato, l’autorità competente rimodula le condizioni di esercizio della concessione di coltivazione relativa agli impianti interessati dal piano stesso, anche sotto il profilo della durata, comunque non superiore a venti anni, secondo quanto previsto nel piano valutato positivamente.

[45] Si segnala che la Giunta della Regione Toscana, che ospita una parte consistente delle risorse geotermiche nazionali, con delibera n. 697/2024, ha deciso di avvalersi della facoltà di cui all’art. 16-bis del D.lgs.22/2010, e quindi di richiedere ad Enel Green Power Italia Srl, Concessionario titolare delle 8 concessioni geotermoelettriche in scadenza sul territorio regionale, la presentazione di un piano pluriennale di investimenti, entro il 30 giugno 2024.

[46]   Detto decreto, ritenuto che le semplificazioni previste per gli impianti geotermoelettrici dal D.M. 10 settembre 2010 potessero essere estese anche agli impianti finalizzati al solo scambio termico con il terreno senza produzione di energia elettrica, ha previsto:

§  L’equiparazione ad attività di edilizia libera della realizzazione di impianti che rispettano tutte le seguenti condizioni:

·       le sonde geotermiche si estendono, se orizzontali, a profondità non superiore a 2 metri dal piano campagna e/o, se verticali, a profondità non superiore a 80 metri dal piano campagna;

·       la potenza termica dell’impianto è inferiore a 50 kW;

·       gli impianti sono realizzati a servizio di edifici già esistenti, senza alterarne volumi e superfici, né comportando modifiche delle destinazioni di uso, interventi su parti strutturali dell’edificio, o aumento del numero delle unità immobiliari e incremento dei parametri urbanistici.

§  La PAS per gli impianti che rispettano tutte le seguenti condizioni:

·       le sonde geotermiche si estendono, se orizzontali, a profondità non superiore a 3 metri dal piano campagna e/o, se verticali, a profondità non superiore a 170 metri dal piano campagna;

·       la potenza termica dell’impianto è inferiore a 100 kW.

[47]   Si cita in questa premessa GSE, Regolazione Regionale, Generazione elettrica da fonti rinnovabili, aggiornamento al 31 dicembre 2022. Il rapporto è stato pubblicato il 30 gennaio 2024.

[48]   Ai sensi di tale norma, i consorzi di bonifica e irrigazione possono utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, compresi la produzione di energia idroelettrica e l’approvvigionamento di imprese produttive. L’Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione.

[49] Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e province autonome, previsto dall’articolo 15 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

[50] l’articolo 18 de D.lgs. n. 210/2021 prevede una ricognizione da parte del gestore della rete di trasmissione (Terna) del fabbisogno di capacità di stoccaggio dell’energia elettrica e disciplina il suo approvvigionamento mediante l’assegnazione della medesima capacità di stoccaggio tramite aste concorrenziali, trasparenti, non discriminatori, svolte dal medesimo gestore