Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive |
Titolo: | La normativa statale per la produzione di energia da fonti rinnovabili - Edizione aggiornata |
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 47 |
Data: | 01/08/2025 |
Organi della Camera: | X Attività produttive |
Servizio Studi |
Dipartimento Attività produttive
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File: AP0055.docx |
I N D I C E
Premessa................................................................................................................. 3
Le principali fonti normative.............................................................................. 13
Le procedure abilitative e autorizzative............................................................ 20
I. L’attività libera................................................................................................... 20
II. La procedura abilitativa semplificata................................................................ 27
III. Il procedimento di autorizzazione unica.......................................................... 39
IV. La valutazione di impatto ambientale e il procedimento autorizzatorio unico regionale 46
L’individuazione delle aree idonee e delle zone di accelerazione.................... 66
Le procedure applicabili per fonte di energia................................................... 79
I. Gli impianti fotovoltaici..................................................................................... 79
II. Gli impianti eolici............................................................................................. 94
III. Gli impianti a biomasse e biogas................................................................... 101
IV. Gli impianti geotermoelettrici....................................................................... 108
V. Gli impianti idroelettrici................................................................................. 118
I sistemi di accumulo......................................................................................... 125
Le procedure autorizzative per la realizzazione di pompaggi puri...................... 126
Le procedure autorizzative per la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimici 127
Le procedure autorizzative per la produzione di idrogeno.................................. 129
Per energia da fonti rinnovabili (o energia rinnovabile) si intende l’energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire[1]:
§ energia eolica;
§ energia solare (termico e fotovoltaico);
§ energia geotermica;
§ energia dell’ambiente;
§ energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina;
§ energia idraulica;
§ energia della biomassa, dei gas di discarica, dei gas residuati dai processi di depurazione e biogas.
Lo sviluppo delle fonti rinnovabili concorre agli obiettivi europei e nazionali di riduzione delle emissioni di CO2 e di decarbonizzazione dell’economia.
La produzione e il consumo di energia sono infatti responsabili – secondo le stime della Commissione europea – di oltre il 75% delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’Unione europea. Accelerare la diffusione degli impianti di energia rinnovabile viene pertanto considerato elemento essenziale per conseguire l’obiettivo vincolante dell’Unione di consumare una quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia di almeno il 42,5% entro il 2030. Obiettivo, quest’ultimo, a sua volta funzionale a conseguire la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030, fissato nella legge europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119).
Uno dei fattori che favoriscono la diffusione degli impianti di energia rinnovabile e, in particolare, l’aumento della capacità di generazione installata per la produzione di energia elettrica da FER, è la definizione di procedure amministrative semplificate per l’installazione di nuovi impianti, per il potenziamento (repowering) di quelli già esistenti, nonché per la costruzione delle relative infrastrutture di connessione, che garantisca – pur nel rispetto di valori di rilevanza costituzionale come il paesaggio – tempi celeri per l’ottenimento dei titoli necessari alla realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili o di potenziamento degli impianti esistenti.
In tale ottica, la direttiva RED II (direttiva (UE) 2018/2001), ha sancito il principio per cui le norme nazionali in materia di procedure amministrative di autorizzazione e di certificazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e delle relative reti debbano
§ essere proporzionate e funzionali all’attuazione del principio energy efficiency first (efficienza energetica al primo posto) (articolo 15);
§ concludersi entro il termine di due anni (prorogabile a tre anni in ragione di circostanze straordinarie), o nel termine di un anno (prorogabile a due) in caso di impianti di potenza inferiore a 150kW e di potenziamento di impianti esistenti (articolo 16).
Ne è seguita l’adozione, da parte della Commissione europea, di una raccomandazione (C (2022) 3219 final) sull’accelerazione delle procedure autorizzative per i progetti sull’energia rinnovabile sull’agevolazione degli accordi di compravendita di energia, con la quale gli Stati membri sono stati invitati a fissare termini vincolanti per la conclusione delle fasi in cui si articolano le procedure autorizzative ed è stata indicata in tre mesi la durata massima delle procedure autorizzative per l’installazione di apparecchiature per l’energia solare su strutture artificiali.
Il quadro sopra descritto è stato rivisto e implementato in modo consistente dalla direttiva RED III (direttiva (UE) 2023/2413), facente parte del pacchetto Fit for 55. La direttiva RED III rende più ambiziosi, in linea con il Piano RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da fonti rinnovabili, e, a tale fine, introduce un corpus organico di norme di armonizzazione, volte a dare un necessario, maggiore impulso alla produzione di energia da tali fonti.
Un deciso input viene dato alla semplificazione delle procedure amministrative per la costruzione degli impianti e delle infrastrutture, con l’indicazione di tempistiche obbligatorie, specifiche e dettagliate, che vengono pressoché dimezzate per impianti collocati nelle cd. zone di accelerazione (intese, ai sensi del considerando 11 della direttiva RED IIII, come “aree particolarmente idonee” all’installazione di impianti a FER). La mappatura delle zone (superficie terrestre, sottosuolo, acque interne e marine) per il conseguimento degli obiettivi in materia di FER al 2030 e, in questo ambito, l’individuazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili assume quindi una importanza essenziale. Inoltre, posto il limite temporale del 21 febbraio 2026 per l’adozione a livello nazionale di uno o più piani che designano le zone di accelerazione per uno o più tipi di FER, si prevede entro il 21 maggio 2024, gli Stati membri possono dichiarare, come zone di accelerazione, zone specifiche già designate a livello interno come idonee allo sviluppo accelerato di uno o più tipi di tecnologia rinnovabile, purché siano rispettati i requisiti ambientali indicati dalla direttiva, inclusa la valutazione ambientale strategica (nuovi articoli 15-ter e 15 quater, inseriti dalla direttiva RED III nella direttiva RED II). Sulle aree idonee e le zone di accelerazione si rinvia all’apposito paragrafo del presente dossier.
La direttiva RED III prevede che il recepimento a livello nazionale delle norme europee che prevedono questa tempistica procedurale ridotta avvenga entro il 1° luglio 2024. La data del 1° luglio 2024 deve essere rispettata per il recepimento dei seguenti nuovi articoli della direttiva RED II: articolo 15-sexies, articolo 16, articoli da 16-ter a 16 septies. Gli altri nuovi articoli, da 15-bis a 15-quinquies, pongono obblighi diretti in capo agli Stati membri.
In aggiunta alle modifiche strutturali apportate dalla direttiva RED III, si rammenta che il regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio aveva già introdotto alcune misure temporanee e mirate incentrate su tecnologie e tipi di progetti specifici. Alcune di tali misure sono state implementate e prorogate al 30 giugno 2025 dal regolamento (UE) 2024/223.
Si tratta, in particolare, delle norme che prevedono che la procedura autorizzativa per progetti di repowering (aumento della capacità) di impianti ubicati nella zona dedicata alle energie rinnovabili o per la relativa infrastruttura di rete, non debba essere superiore a sei mesi, incluse le valutazioni di impatto ambientale previste dalle norme vigenti (articolo 5).
Inoltre, possono essere esentati dalla valutazione dell’impatto ambientale e dalle valutazioni di protezione delle specie i progetti, ivi inclusi quelli di stoccaggio e di rete necessari per integrare l’energia rinnovabile nel sistema elettrico, se ubicati in una zona dedicata alle energie rinnovabili o alla rete oggetto di una valutazione ambientale strategica. L’autorità competente provvede affinché siano applicate misure di mitigazione ambientale adeguate e proporzionate, e se non disponibili, affinché l’operatore corrisponda una compensazione pecuniaria.
Alla direttiva RED III è poi seguita l’adozione di due raccomandazioni da parte della Commissione europea (pubblicate in GUUE serie L del 21 maggio 2024): la raccomandazione (UE) 2024/1343, sull’accelerazione delle procedure autorizzative per l’energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati e la raccomandazione (UE) 2024/1344, sulla progettazione delle aste per le energie rinnovabili.
Con la raccomandazione (UE) 2024/1343 sull’accelerazione delle procedure, la Commissione europea raccomanda agli Stati membri di:
Ø stabilire termini chiaramente definiti e quanto più brevi possibili per tutte le fasi necessarie per autorizzare la costruzione e l’esercizio dei progetti, con termini massimi vincolanti per le fasi della VIA;
Ø applicare procedure autorizzative semplificate per la revisione della potenza degli impianti, per progetti di impianti su piccola scala e gli autoconsumatori di energia rinnovabile;
Ø stimolare la partecipazione dei cittadini, comprese le famiglie a basso e medio reddito, e delle CER alla pianificazione e allo sviluppo dei progetti;
Ø designare i punti di contatto unici per il rilascio delle autorizzazioni;
Ø introdurre norme sulle conseguenze di eventuali ritardi o omissioni delle autorità amministrative;
Ø introdurre procedure autorizzative totalmente digitali e sistemi di comunicazione elettronica entro il 21 novembre 2025, anche impiegando sistemi di intelligenza artificiale.
Quanto alla pianificazione dei siti dei progetti, la Commissione europea raccomanda di limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non può essere sviluppata l’energia rinnovabile (le restrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti). Vengono incoraggiati anche spazi di sperimentazione normativa per consentire lo sviluppo di tecnologie, prodotti, servizi o approcci innovativi, con deroghe mirate dal quadro legislativo o regolamentare nazionale, regionale o locale.
Con la raccomandazione (UE) 2024/1344, si forniscono indicazioni in ordine alla necessità che i regimi di sostegno per l’energia elettrica da fonti rinnovabili prevedano incentivi basati su criteri di mercato non distorsivi della concorrenza e che ogniqualvolta il sostegno sia concesso mediante procedura di gara, gli Stati membri devono stabilire e pubblicare criteri non discriminatori e trasparenti per l’ammissibilità alle procedure al fine di assicurare un elevato tasso di realizzazione dei progetti. La raccomandazione è dunque volta a far sì che le aste siano progettate in maniera adeguata.
A livello nazionale, a fronte di una serie di interventi mirati alla semplificazione delle procedure amministrative, il quadro normativo è stato caratterizzato da un elevato grado di complessità.
Nel dicembre 2024 la normativa in materia è stata profondamente rivista con l’approvazione del d.lgs. n. 190/2024 (cd. Testo unico FER), il quale ha riordinato la materia e sul quale si tornerà a breve.
Prima dell’approvazione del decreto legislativo n. 190, le procedure amministrative di autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili avevano difatti trovato disciplina nei decreti legislativi adottati in attuazione delle direttive dell’Unione europea in materia, e in particolare nei seguenti:
§ decreto legislativo n. 387/2003, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità;
§ decreto legislativo n. 28/2011, recante attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, di modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE; l’applicazione dei regimi amministrativi per l’installazione degli impianti a FER viene basata – già ai sensi del d.lgs. n. 28/2011 – sui due principi di derivazione comunitaria: il principio di proporzionalità e il principio di adeguatezza alle caratteristiche tecnologiche dell’impianto e alla potenza dell’impianto;
§ decreto legislativo n. 199/2021, di attuazione della direttiva RED II; il decreto legislativo in parola è intervenuto, con finalità ulteriormente semplificatoria, sulla pregressa sistematizzazione dei regimi generali di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di impianti a fonti rinnovabili (articolo 18), ha inoltre previsto una disciplina per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’istallazione degli impianti a FER (articolo 20) e la riduzione dei tempi per i procedimenti autorizzativi relativi ad impianti ricadenti in aree idonee (articolo 22).
Con il passare del tempo, poi, svariati interventi legislativi hanno ampliato le maglie di applicabilità dei regimi amministrativi semplificati, introducendo norme speciali, legate alla localizzazione degli impianti (in aree idonee) o alla tipologia di fonte (il cui sviluppo è considerato da privilegiare secondo i documenti programmatori nazionali in materia di energia e clima, si pensi, ad esempio, all’agrovoltaico avanzato).
Il risultato è consistito nell’esistenza di un sistema legislativo complesso, composto da numerosissime norme o micro-norme, che talvolta difficilmente si coordinano tra loro.
Per un inquadramento preliminare della disciplina statale previgente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 190/2024 in materia di procedure autorizzative, attraverso una ricognizione delle principali fonti normative e delle semplificazioni introdotte nel corso degli ultimi anni, si rinvia al precedente dossier di documentazione e ricerche del Servizio Studi della Camera su La normativa statale per la realizzazione di impianti da fonti elettriche rinnovabili, del 30 luglio 2024.
Il processo di riordino della disciplina ha seguito un iter composto da diverse fasi, sia di normazione europea sia nazionale.
A maggio 2023, la Commissione europea ha auspicato una razionalizzazione delle modifiche in un unico testo normativo (COM(2023) 612 final).
Il Consiglio UE, a luglio 2023 (GUUE 1 settembre 2023), ha raccomandato al nostro Paese di prendere provvedimenti nel 2023 e 2024 per razionalizzare le procedure di rilascio per accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive e sviluppare interconnessioni delle reti elettriche per assorbirla.
In tale contesto, si inseriscono le riforme previste nel PNRR. Si richiama in particolare, nell’ambito della Missione 2, Componente 2, la Riforma M2C2 R. 1.1. “Semplificazione delle procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili onshore e offshore, nuovo quadro giuridico per sostenere la produzione da fonti rinnovabili e proroga dei tempi e dell’ammissibilità degli attuali regimi di sostegno”.
Con la revisione del PNRR, autorizzata dal Consiglio europeo da ultimo a giugno 2025, nell’ambito della Missione 7 “Repower EU”, vi è la riforma 1.1 “Semplificazione delle procedure autorizzative per le energie rinnovabili”, che, in linea con la direttiva RED III, prevede l’adozione di un Testo unico delle norme che disciplinano la realizzazione di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
La riforma si compone di tre traguardi:
§ T4 2024 (M7 1): entrata in vigore degli atti di diritto primario che definiscono il quadro giuridico per l’individuazione delle “zone di accelerazione per le energie rinnovabili”. Il quadro giuridico deve:
o richiedere la mappatura del potenziale di energia rinnovabile in tutto il Paese;
o sulla base della mappatura, stabilire una prima serie di zone, fissando una serie minima per la futura individuazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili;
o sulla base della serie minima di zone, imporre alle regioni e alle Province autonome di individuare le zone di accelerazione per le energie rinnovabili entro il 21 febbraio 2026;
o autorizzare l’amministrazione centrale a esercitare poteri sostitutivi nel caso in cui le regioni o le province autonome non individuino zone di accelerazione per le energie rinnovabili entro il 21 febbraio 2026;
o richiedere l’individuazione di zone offshore per la diffusione delle energie rinnovabili in linea con i piani di gestione dello spazio marittimo.
§ T2 2025 (M7 2): entrata in vigore del Testo unico;
§ T4 2025 (M7 3), creazione e messa in funzione dello sportello unico digitale per le autorizzazioni relative alle energie rinnovabili (SUER).
La problematica relativa alla complessità del quadro legislativo è stata affrontata dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 (legge n. 118/2022).
Nello specifico, l’articolo 26, comma 4 della legge n. 118/2022 (su cui si veda anche il dossier del Servizio Studi), delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riordino e semplificazione della normativa in materia di fonti rinnovabili entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della predetta legge sulla concorrenza, vale a dire entro il 25 agosto 2024 (termine così da ultimo prorogato dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 214/2023, legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022).
Il comma 5 dell’articolo 26 della legge n. 118/2022 elenca i seguenti principi e criteri direttivi:
a) ricognizione e riordino della normativa vigente in materia di fonti energetiche rinnovabili, al fine di conseguire una significativa riduzione e razionalizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari e di assicurare un maggior grado di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti, in considerazione degli aspetti peculiari della materia;
b) coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle disposizioni legislative vigenti in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche di attuazione della normativa dell’Unione europea, apportando le modificazioni necessarie a garantire o a migliorare la coerenza della normativa medesima sotto il profilo giuridico, logico e sistematico;
c) assicurare l’unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina in materia di fonti energetiche rinnovabili concernente ciascuna attività o ciascun gruppo di attività;
d) semplificazione dei procedimenti amministrativi nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, anche mediante la soppressione dei regimi autorizzatori, razionalizzazione e accelerazione dei procedimenti e previsione di termini certi per la conclusione dei procedimenti, con l’obiettivo di agevolare, in particolare, l’avvio dell’attività economica nonché l’installazione e il potenziamento degli impianti, anche a uso domestico;
e) aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione della digitalizzazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;
f) adeguamento dei livelli di regolazione ai livelli minimi richiesti dalla normativa dell’Unione europea.
La delega disposta dalla legge annuale sulla concorrenza 2021 è stata esercitata attraverso il seguente iter:
Il d.lgs. n. 190/2024 (cd. Testo unico FER[2]) prende dunque forma dalla consapevolezza della necessità di intervenire sul riordino, sulla riduzione e semplificazione, sulla razionalizzazione e sulla qualità della legislazione in materia di energie rinnovabili: “L’eccesso di produzione normativa, la sua complessità formale e spesso la sua difficile attuabilità sono più volte stati fonte di effetti paralizzanti rispetto a una efficace ed incisiva politica energetica, difficile da attuare non solo per il cittadino ma anche e soprattutto per le stesse imprese chiamate ad attuare la politica energetica”[3].
Ne è derivato un provvedimento che ha perseguito l’obiettivo di semplificazione amministrativa attraverso:
· la riduzione del numero di regimi amministrativi, ora riconducibili solamente a tre (attività libera, procedura abilitativa semplificata, autorizzazione unica);
· una revisione delle soglie previste per le valutazioni di impatto ambientale, in modo da rendere effettiva la snellezza intrinseca ai regimi dell’attività libera e della procedura abilitativa semplificata;
· l’integrazione dei procedimenti, conformemente alle previsioni della direttiva RED II, come modificata dalla direttiva RED III.
Secondo uno studio di Banca d’Italia, che analizza la portata del recente sviluppo delle rinnovabili in Italia, per favorire lo sviluppo delle FER e garantire il raggiungimento deli ambiziosi obiettivi stabili nel PNIEC sono necessari “ulteriori interventi di semplificazione normativa e di accelerazione delle procedure autorizzative”: l’identificazione di aree idonee e la razionalizzazione delle procedure attraverso un testo unico andranno quindi “valutati alla luce dell’efficacia nello snellire e velocizzare la costruzione e l’esercizio degli impianti e la costruzione di opere infrastrutturali connesse”[4].
Poste tali basi, il presente dossier intende tracciare il quadro della disciplina statale vigente in materia di procedure autorizzative, attraverso una ricognizione delle principali fonti normative e delle semplificazioni introdotte nel corso del 2024 e del 2025.
Nei prossimi capitoli si darà conto delle principali fonti normative nazionali di rango primario che – allo stato – disciplinano la materia.
Seguirà un riepilogo e la descrizione delle procedure autorizzative/abilitative disciplinate a livello statale e una ricognizione delle norme, per ciascuna tipologia di fonte rinnovabile, che sottopongono i progetti a diversi regimi autorizzativi previsti, sulla base di criteri vari, quali la potenza, la dimensione, le caratteristiche tecniche e la localizzazione degli impianti.
Infine, si illustreranno le norme che disciplinano l’autorizzazione degli impianti di accumulo dell’energia elettrica, utili all’integrazione nel sistema elettrico dell’energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili o intermittenti.
Pur essendo normati dal d.lgs. n. 190/2024, in questa sede non si darà conto dei regimi autorizzatori relativi a generatori di calore e pompe di calore, non potendo essere strettamente considerati come impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La produzione di energia rientra tra le materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni. Pertanto, allo Stato compete l’enunciazione dei principi fondamentali della materia, mentre le regioni possono approvare leggi di dettaglio, pur nel rispetto dei principi stabiliti con leggi statali[5].
Una giurisprudenza costituzionale consolidata ha, tuttavia, a più riprese, consentito un’interpretazione dell’articolo 117, comma 3 della Costituzione volta ad ammettere la definizione a livello statale di disposizioni con un maggior grado di dettaglio quando una materia di competenza esclusiva statale (es. la tutela dell’ambiente) interferisca, senza prevalere, con una materia a competenza concorrente, oppure quando, in ragione del principio di sussidiarietà ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, si ritenga che alcune funzioni amministrative (ad esempio autorizzative) possano essere più efficacemente esercitate a livello statale, con conseguente necessità, per disciplinarne l’espletamento, di avocare a livello statale anche la competenza legislativa (C. Cost. n. 303/2003).
Nel recepire norme di derivazione unionale, lo Stato può, per altro, adottare norme di dettaglio, per assicurare l’adeguamento dell’ordinamento interno a quello europeo entro i termini di recepimento, superabili con l’esercizio da parte delle regioni della propria competenza in materia (principio di cedevolezza).
In linea generale, il giudice costituzionale giustifica e legittima, con riferimento al settore energetico, la norma che attribuisce maggiori poteri amministrativi ad organi statali, in quanto ritenuti gli unici a cui non sfugge la valutazione complessiva del fabbisogno nazionale di energia e quindi idonei ad operare in modo adeguato per ridurre eventuali situazioni di gravi carenze a livello nazionale, seppure a determinate condizioni. Secondo costante giurisprudenza, infatti, la disciplina statale può conferire allo Stato il potere di emanare degli indirizzi ed anche di incidere indirettamente ed in modo significativo sul territorio e quindi sui relativi poteri regionali (C. Cost. n. 383/2005).
La “natura strategica” degli interventi “urgenti ed indifferibili” può soddisfare il principio di proporzionalità, se l’intervento statale è finalizzato a garantire l’effettività dell’attuazione e realizzazione “in modo unitario e coordinato” degli interventi individuati. Al riguardo, la Corte ha poi costantemente affermato il principio del doveroso coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nei processi decisionali di elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche (sent. 170 del 2017).
Posta la competenza concorrente in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, spetta comunque «allo Stato intervenire in via esclusiva sugli aspetti riconducibili agli ambiti della tutela della concorrenza, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) Cost. – come per le procedure di assegnazione delle concessioni (ad. es. idroelettriche e del gas), che rientrano nella tutela della concorrenza (C. Cost. sentenza n. 1 del 2008 e sentenza 117 del 2022).
Come già detto, le procedure amministrative di autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili trovavano disciplina in vari decreti legislativi adottati in attuazione delle direttive dell’Unione europea in materia.
L’articolo 26, comma 4 della legge sulla concorrenza 2021 (legge n. 118/2022) ha delegato il Governo ad adottare entro il 25 agosto 2024 uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche ai fini dell’adeguamento della normativa vigente al diritto dell’Unione europea, della razionalizzazione, del riordino e della semplificazione della medesima normativa.
Nelle more dell’esercizio della delega, come visto, è poi entrata in vigore la direttiva (UE) 2023/2413, cd. direttiva RED III che ha modificato la direttiva sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili, direttiva (UE) 2018/2001 (cd. direttiva RED II), rendendo più ambiziosi, in linea con il Piano RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da tali fonti, e, tale fine, ha introdotto un corpus organico, già descritto nel precedente paragrafo, di norme finalizzate alla ulteriore semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di progetti in materia di energia rinnovabile e di progetti riguardanti le relative infrastruttura di rete e di stoccaggio. La direttiva RED III ha previsto che il recepimento a livello nazionale di tali norme (specificamente, quelle di cui ai nuovi articoli 15-sexies, 16, 16-ter, da 16-quater a 16-septies inseriti nella direttiva RED II) avvenisse entro il 1° luglio 2024.
Con l’approvazione del d.lgs. n. 190/2024 la disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili ha subito una profonda innovazione, operata:
§ riconducendo i regimi autorizzatori all’interno del decreto stesso,
§ e abrogando le previgenti disposizioni settoriali di cui si è precedentemente dato conto.
Quanto alle abrogazioni, l’allegato D, alla lettera g) del d.lgs. n. 189 ha abrogato l’articolo 4 del d.lgs. n. 28/2011, che disciplinava i quattro regimi di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti a fonti rinnovabili: comunicazione per l’edilizia libera, dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA), procedura abilitativa semplificata (PAS) e autorizzazione unica. L’abrogazione si spiega col fatto che il decreto n. 1980, è intervenuto su tali regimi riducendoli a tre (attività libera, procedura abilitativa semplificata e autorizzazione unica), e riformandone le relative procedure.
Sempre l’allegato D, alle lettere c) e g), del d.lgs. n. 189 ha abrogato ulteriori disposizioni relative all’autorizzazione unica, rispettivamente:
Queste norme risultano ora sostituite dalla nuova disciplina contenuta nell’articolo 9 del d.lgs. n. 190/2024.
Inoltre, la lettera g), del medesimo allegato D ha abrogato anche l’articolo 6 del d.lgs. n. 28/2011, il quale disciplinava la procedura abilitativa semplificata e al comma 11 disciplinava la comunicazione in edilizia libera. Ha abrogato altresì, del d.lgs. n. 28/2011:
§ l’articolo 7-bis, che contemplava una serie di casistiche in edilizia libera;
§ l’articolo 6-bis, che recava la disciplina della DILA, regime non più previsto dal d.lgs. n. 190/2024;
§ l’articolo 8-bis, che prevedeva specifici regimi di autorizzazione per la produzione di biometano.
Le norme di settore che attualmente disciplinano le procedure autorizzative per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili rinviano a (o comunque vanno interpretate in combinato disposto con) le norme generali sul procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990.
Vengono in particolare rilievo, infine, le norme in materia ambientale e paesaggistica che disciplinano i principali atti di assenso cui talvolta è subordinato il rilascio dell’autorizzazione o comunque la realizzazione dell’impianto da fonti elettriche rinnovabili. Si fa quindi riferimento, principalmente:
§ al Codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006), in particolare per quel che riguarda le procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA);
§ al Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004) e, in particolare, alle norme sull’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146;
§ al Testo unico in materia edilizia (D.P.R. n. 380/2001) ai fini dell’acquisizione dei titoli edilizi necessari a realizzare gli interventi.
Ai sensi dell’articolo 1 del d.lgs. n. 190, la normativa così dettata è volta ad assicurare la massima diffusione degli impianti a FER, nel rispetto della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, dei beni culturali e del paesaggio.
Sempre ai sensi dell’articolo 1, le regioni e gli enti locali si adeguano ai principi del d.lgs. n. 190 entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore (dunque entro il 30 giugno 2025). Nelle more dell’adeguamento si applica la disciplina previgente, mentre qualora non si rispetti il termine previsto si applica il d.lgs. n. 190/2024. Vengono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che si adeguano al decreto ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione.
Viene inoltre fatta salva l’applicazione della disciplina previgente alle procedure in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 190 (30 dicembre 2024), a meno che il proponente non desideri optare per l’applicazione delle disposizioni del decreto.
Gli interventi sugli impianti a FER – precisa l’articolo 2 del d.lgs. n. 190/2024 – sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto in materia di aree idonee dall’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021 (su cui si veda l’apposito paragrafo del presente dossier). Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale.
Si dispone inoltre che i regimi amministrativi si informino ai principi di:
§ celerità;
§ omogeneità della disciplina su tutto il territorio;
§ non aggravamento degli oneri;
§ risultato;
§ fiducia, buona fede e affidamento;
§ equa ripartizione nella diffusione delle fonti rinnovabili sul territorio.:
§ pubblicità e trasparenza;
§ partecipazione dei soggetti interessati;
§ concorrenza fra gli operatori.
In attuazione del dettato dell’articolo 16-septies della direttiva RED II (inserito dalla direttiva RED III), l’articolo 3 del d.lgs. n. 190/2024 dispone che gli interventi per la costruzione e l’esercizio di impianti a FER siano considerati di interesse pubblico prevalente. Tale previsione non si applica in caso di giudizio negativo di compatibilità ambientale o prove evidenti che tali progetti abbiano effetti negativi significativi sull’ambiente, sulla tutela della biodiversità, sul paesaggio, sul patrimonio culturale e sul settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali. Viene inoltre fatta salva l’individuazione delle aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 16-septies della RED, “[…] fino al conseguimento della neutralità climatica, gli Stati membri provvedono affinché, nella procedura di rilascio delle autorizzazioni, la pianificazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia rinnovabile, la connessione di tali impianti alla rete, la rete stessa e gli impianti di stoccaggio siano considerati di interesse pubblico prevalente e nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi”, nonché “ai fini”:
§ di quanto previsto dalla cd. direttiva Habitat all’articolo 6, paragrafo 4 e all’articolo 16, paragrafo 1, lettera c)[6];
§ di quanto previsto dalla cd. direttiva Acque all’articolo 4, paragrafo 7[7],
§ e di quanto previsto dalla cd. direttiva Uccelli all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a)[8].
In circostanze specifiche e debitamente giustificate – prosegue l’articolo 16-septies della RED II – gli Stati membri possono limitare l’applicazione di questa previsione a determinate parti del loro territorio, a determinati tipi di tecnologia o a progetti con determinate caratteristiche tecniche, conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi PNIEC. In tal caso gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione tali limitazioni, assieme alle relative motivazioni.
Come visto sopra, l’articolo 2 del d.lgs. n. 190 dispone che gli interventi di cui all’articolo 1, comma 1 dello schema sono di “pubblica utilità, indifferibili e urgenti”. Tra le due dichiarazioni (“di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza” da un lato, e “di interesse pubblico prevalente” dall’altro) sussistono evidenti affinità, legate al favor che entrambe esprimono verso la produzione di energia da fonti rinnovabili. Sussistono tuttavia anche delle differenze. Di regola, la dichiarazione di pubblica utilità (che con l’aggiunta dell’indifferibilità e urgenza è prevista già dall’articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 387/2003, che il d.lgs. n. 190 abroga), è connessa all’avvio dell’eventuale procedimento espropriativo, quindi all’accelerazione dell’iter autorizzativo e realizzativo dell’impianto, ma non bypassa automaticamente altri vincoli o autorizzazioni necessarie. La dichiarazione di interesse pubblico prevalente, introdotta dalla normativa europea, è invece categoria che insiste più sull’attività discrezionale della pubblica amministrazione, e in particolare sul bilanciamento degli interessi contrapposti, mirando a consentire il superamento di alcune restrizioni ambientali, in particolare quelle previste dalle direttive Habitat, Acque e Uccelli dell’UE, con una portata quindi potenzialmente più ampia rispetto alla dichiarazione di pubblica utilità italiana. Soprattutto, stando alla lettera dell’articolo 16-septies della direttiva RED II, mentre la dichiarazione di pubblica utilità prevista dalla normativa italiana è qualifica attribuita automaticamente agli impianti FER che siano stati autorizzati, la dichiarazione “europea” di interesse pubblico prevalente sembra imporre una valutazione caso per caso da fare nel corso dell’iter autorizzatorio. Sul punto si ricorda che anche la Commissione europea ha riscontrato “una certa una certa confusione negli Stati membri riguardo all’ambito di applicazione e al funzionamento della presunzione di interesse pubblico prevalente” (COM(2023) 764 final).
Come detto, l’articolo 6 del d.lgs. n. 190/2024 individua i regimi amministrativi attualmente applicabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Tali regimi si applicano anche agli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale degli impianti stessi, nonché alla realizzazione delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili per la costruzione e l’esercizio degli impianti.
I regimi amministrativi previsti sono i seguenti:
Si analizzano di seguito.
Gli interventi di minore complessità ai sensi dell’articolo 7, comma 1 del d.lgs. n. 190/2024, non sono subordinati all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso. Per gli interventi elencati all’allegato A del d.lgs. n. 190/2024 il soggetto proponente non è tenuto alla presentazione di alcuna comunicazione, certificazione, segnalazione o dichiarazione alle amministrazioni pubbliche, salvo la presentazione del modello unico semplificato e fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, in merito all’acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi ai sensi del D.P.R. n. 380/2001 nonché quanto previsto dal Capo VI, Titolo IV, del medesimo D.P.R. in relazione alle norme per il contenimento del consumo di energia negli edifici.
Il secondo periodo del comma 1 specifica altresì che gli interventi devono essere realizzati nel rispetto del Codice della strada (d.lgs. n. 285/1992, di cui si v. in particolare l’articolo 15 sugli atti vietati) e del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (D.P.R. n. 495/1992). Il soggetto proponente deve inoltre avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, della superfice interessata dagli interventi prima dell’avvio dei lavori di realizzazione.
L’elenco degli interventi realizzati in attività libera sono contenuti nell’allegato A del d.lgs. n. 190/2024.
Ai sensi dei commi 2, 4, 5 e 8 dello stesso articolo 7, si applica la procedura abilitativa semplificata (PAS), al posto dell’attività libera, per gli interventi che pur ricadenti all’interno dell’allegato A riguardano:
§ beni culturali oggetto di tutela ai sensi della Parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004); l’articolo 14, comma 7 del d.lgs. n. 190/2024 tuttavia precisa che la sottoposizione a PAS vale solo per i casi in cui i beni siano già stati dichiarati di interesse culturale, poiché gli effetti derivanti dalla dichiarazione di interesse culturale o di notevole interesse pubblico disposta in virtù di un procedimento iniziato o conclusosi dopo la maturazione del titolo abilitativo, non si applicano agli interventi già autorizzati o abilitati, o che abbiano ricevuto un provvedimento favorevole di valutazione ambientale, se la dichiarazione è appunto intervenuta dopo la maturazione del titolo abilitativo;
§ effettuati in aree naturali protette di cui alla legge n. 394/1991 o dalle leggi regionali;
§ effettuati all’interno di siti della rete Natura 2000 (direttiva 92/43/CEE);
§ opere pubbliche o di interesse pubblico, che ricadono o producono interferenze nella fascia di rispetto stradale o comportano modifiche agli accessi esistenti oppure apertura di nuovi accessi.
Si applica la PAS anche qualora sussista uno dei vincoli di cui all’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990, ossia ove occorrano atti di assenso riguardanti l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, o se occorra l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, o nei casi in cui la legge qualifica il silenzio come rigetto dell’istanza, nonché per gli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
La legge n. 394/1991 (legge quadro sulle aree naturali protette) individua, classifica e disciplina le aree protette del territorio nazionale, prevedendo tra l’altro specifiche misure di tutela dei territori ad esse appartenenti. In particolare l’articolo 13, comma 1, prevede che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”.
Una disciplina specifica è invece prevista per i siti della c.d. rete Natura 2000, istituita dalla direttiva 92/43/CEE (cd. direttiva Habitat) relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.P.R. n. 357/1997. In particolare si ricorda che l’articolo 6 della citata direttiva dispone che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”. La valutazione di incidenza (VINCA) è disciplinata dettagliatamente dall’articolo 5 del D.P.R. 357/1997. Tale articolo precisa inoltre (al comma 4) che per i progetti assoggettati a VIA che interessano siti della rete “Natura 2000”, la VINCA è ricompresa nell’ambito della VIA. L’articolo 10, comma 3, del Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) ribadisce che “la VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d’incidenza”.
La parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio (artt. 10-100 d.lgs. n. 42/2004) disciplina i beni culturali. In questa sede si rileva che, ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del Codice, sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11 del medesimo provvedimento, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
La definizione è ulteriormente specificata dall’articolo 10 del Codice, richiamato dall’articolo 2. L’articolo 10, essenzialmente distingue tra beni di proprietà pubblica e di enti privati senza fine di lucro, e beni di proprietà privata:
- I beni di proprietà pubblica (Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali, nonché ogni altro ente ed istituto pubblico), o di proprietà di enti privati senza scopo di lucro, i quali, presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (commi 1 e 2).
In tal caso l’interesse culturale viene verificato, ai sensi dell’articolo 12 del Codice, con il procedimento di verifica di interesse culturale. In caso di accertamento positivo dell’interesse culturale (c.d. vincolo) i beni sono (definitivamente) soggetti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte II del Codice.
- I beni che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di proprietà di soggetti diversi (ovvero i beni di proprietà privata). Questi, per essere considerati beni culturali, devono presentare un interesse particolarmente importante (comma 3).
In tal caso, ai sensi dell’articolo 13 del Codice, opera la dichiarazione di interesse culturale, il cui accertamento positivo fa sì che il bene sia sottoposto ai “vincoli” di tutela. I beni rimangono sottoposti a tutela anche qualora i soggetti cui essi appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica.
Per maggiori approfondimenti si rinvia al focus sulla nozione di bene culturale, curato dal Servizio Studi della Camera.
Ai sensi dell’articolo 20, comma 1 del Codice, i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione. Ai sensi dell’articolo 21, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. L’articolo 22 disciplina il procedimento di autorizzazione per gli interventi edilizi. L’articolo 23 specifica che, qualora gli interventi autorizzati necessitino anche di titolo abilitativo in materia edilizia, è possibile il ricorso alla SCIA, nei casi previsti dalla legge. Si richiama poi l’articolo 25, ai sensi del quale, nei procedimenti relativi ad opere o lavori incidenti su beni culturali, ove si ricorra alla conferenza di servizi, l’assenso ivi espresso dal competente organo del Ministero con dichiarazione motivata, acquisita al verbale della conferenza e contenente le eventuali prescrizioni impartite per la realizzazione del progetto, sostituisce, a tutti gli effetti, l’autorizzazione.
Per quanto riguarda gli interventi che insistono sui beni sottoposti a vincolo paesaggistico di cui all’articolo 136, comma 1, lettera b) e c) del Codice dei beni culturali – ville, giardini, parchi di non comune bellezza o complessi immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici – individuati mediante apposito provvedimento amministrativo[9], i comma 4-5 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 190 prevedeno che la loro realizzazione sia possibile solo previo rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità competente per la tutela del vincolo paesaggistico, che deve pronunciarsi entro trenta giorni dalla ricezione dell’istanza, previo parere vincolante della Soprintendenza competente, che deve essere reso entro venti giorni secondo le modalità di cui all’articolo 146, comma 8, del Codice dei beni culturali[10].
Il termine di trenta giorni può essere sospeso una sola volta se, entro cinque giorni dalla data di ricezione dell’istanza, l’autorità preposta o la Soprintendenza manifestino in modo puntuale e motivato la necessità di effettuare approfondimenti istruttori o di ricevere integrazioni documentali, assegnando un termine non superiore a quindici giorni. In caso di sospensione, il termine di trenta giorni riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o dalla data di presentazione delle integrazioni richieste.
La mancata presentazione delle integrazioni entro il termine equivale a rinuncia all’intervento. Qualora l’autorità non si pronunci entro il termine di trenta giorni, l’autorizzazione si intende rilasciata favorevolmente e il provvedimento di diniego, se adottato successivamente, è inefficace, salvo che la Soprintendenza non abbia espresso parere negativo ai sensi dell’articolo 146, comma 8, del Codice dei beni culturali.
Il comma 6 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 190 prevede che non sia necessaria alcuna autorizzazione per gli interventi su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico individuati dall’articolo 136, comma 1, lettera c) del Codice dei beni culturali – complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici – qualora gli stessi interventi non siano visibili dagli spazi esterni e dai punti di vista panoramici degli immobili, o, per la sola installazione di impianti fotovoltaici, le coperture e manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.
Ai sensi del comma 7 del medesimo articolo 7, il proponente è tenuto a corrispondere una cauzione a garanzia dell’esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di ripristino, qualora gli interventi prevedano l’occupazione di suolo non ancora antropizzato. La cauzione è corrisposta mediante presentazione ai comuni territorialmente competenti di una garanzia bancaria o assicurativa.
Il comma 10 prevede che con decreto del MASE, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia esteso agli interventi in regime di attività libera il modello unico semplificato già previsto dalla normativa previgente per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di taluni impianti fotovoltaici sugli edifici.
In proposito si ricorda che col D.M. 19 maggio 2015 si è provveduto all’”approvazione del modello unico per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di piccoli impianti fotovoltaici integrati sui tetti degli edifici o su strutture o manufatti diversi dagli edifici o a terra”, assoggettati al regime dell’edilizia libera.
Successivamente, in virtù dell’estensione delle tipologie di interventi in edilizia libera, l’articolo 25, comma 3, lettera a) del d.lgs. 199/2021 ha esteso l’applicazione del modello unico semplificato agli impianti fotovoltaici di potenza fino a 50 kW.
Con un ulteriore intervento, contenuto nell’articolo 10, del D.L. n. 17/2022 (ora abrogato dal d.lgs. n. 190), è stato demandato all’allora Ministro della transizione ecologica (ora Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), di provvedere, con decreto, da adottare di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, all’individuazione delle condizioni e delle modalità per l’estensione del modello unico semplificato, agli impianti di potenza fino a 200 kW, realizzati ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del d.lgs. n. 28/2011 – anch’esso abrogato.
In attuazione del citato D.L., è stato adottato il D.M. 2 agosto 2022, che reca il modello unico per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di impianti fotovoltaici su edifici o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici.
Dal 30 maggio 2025 sono validi i nuovi template del modello unico per la realizzazione, la connessione e l’esercizio di impianti fotovoltaici sotto i 200 kW: modello che, come appena visto, il comma 10 dell’articolo 7 prevede che con decreto del MASE sia valido anche per gli interventi in regime di attività libera.
Si rinvia ai capitoli dedicati agli impianti alimentati da ciascuna fonte il dettaglio degli altri progetti sottoposti ad attività libera. Una norma comune a tutte le fonti, prevista all’articolo 1, comma 3, del d.lgs n. 190/2024 consente a regioni ed enti locali di stabilire regole particolari per l’ulteriore semplificazione dei regimi amministrativi, anche consistenti nell’innalzamento delle soglie di potenza previste per gli interventi in attività libera e procedura abilitativa semplificata, fermo restando quanto previsto in materia di valutazioni ambientali e di valutazione d’incidenza.
II. La procedura abilitativa semplificata
La procedura abilitativa semplificata (PAS) è ora disciplinata dall’articolo 8 del d.lgs. n. 190/2024.
L’elenco degli interventi realizzati tramite la procedura abilitativa semplificata è contenuto nell’allegato B al d.lgs. n. 190/2024.
La norma prevede che il soggetto proponente presenti al comune il progetto corredato:
a) delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni o dell’atto di notorietà rese ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000 in relazione a ogni stato, qualità personale e fatto pertinente alla realizzazione degli interventi;
b) della dichiarazione di legittima disponibilità, a qualunque titolo e per tutta la durata della vita utile dell’intervento, della superficie su cui realizzare l’impianto e, qualora occorra, della risorsa interessata dagli interventi nonché della correlata documentazione;
c) delle asseverazioni di tecnici abilitati che attestino che gli interventi siano compatibili:
§ con gli strumenti urbanistici approvati e con i regolamenti edilizi vigenti;
§ con le norme di sicurezza e igienico-sanitarie vigenti nonché;
§ per l’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, col rispetto di quanto previsto dall’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. 199/2021 (per un approfondimento sul tema degli impianti agri voltaici si rimanda al box contenuto nel paragrafo del presente dossier dedicato alle aree idonee);
d) degli elaborati tecnici per la connessione predisposti o approvati dal gestore della rete;
e) degli elaborati tecnici occorrenti all’adozione degli atti di assenso, qualora sussistano vincoli ai sensi dell’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990;
f) del cronoprogramma di realizzazione degli interventi, che tenga conto delle caratteristiche tecniche e dimensionali dell’impianto;
g) di una relazione relativa ai criteri progettuali utilizzati ai fini dell’osservanza del principio della minimizzazione dell’impatto territoriale o paesaggistico o alle misure di mitigazione adottate per l’integrazione del progetto all’interno del contesto ambientale di riferimento;
h) di una dichiarazione che attesti la percentuale di area occupata rispetto all’unità fondiaria di cui dispone il soggetto proponente stesso, avente la medesima destinazione urbanistica;
i) dell’impegno al ripristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto, unitamente al piano di ripristino. Prima dell’avvio della realizzazione dell’intervento, il soggetto proponente è tenuto alla presentazione della polizza fideiussoria a copertura dei costi previsti;
j) dell’impegno al ripristino di infrastrutture pubbliche o private interessate dalla costruzione dell’impianto o dal passaggio dei cavidotti ovvero di strutture complementari all’impianto medesimo;
k) solo nel caso in cui gli interventi comportino il raggiungimento di una soglia di potenza superiore a 1 MW:
§ della copia della quietanza di avvenuto pagamento, in favore del comune, degli oneri istruttori, se previsti;
§ di un programma di compensazioni territoriali al comune interessato non inferiore al 2 per cento e non superiore al 3 per cento dei proventi: in proposito si ricorda che è applicabile, in relazione alle amministrazioni territoriali, quanto previsto all’articolo 1, comma 5 della legge n. 239/2004 (come modificato dall’articolo 14 del d.lgs. n. 190/2024) ai sensi del quale gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale.
Restano fermi gli obblighi già previsti in materia di attività libera in merito all’acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione degli interventi ai sensi del D.P.R. n. 380/2001 nonché in ordine a quanto previsto dal Capo VI, Titolo IV, del medesimo D.P.R. sul contenimento del consumo di energia negli edifici.
Qualora il proponente non abbia la disponibilità delle superfici per l’installazione dell’impianto o se gli interventi non sono compatibili con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti, oppure in caso di contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, si applica la procedura di autorizzazione unica.
Se necessario, per le opere connesse il proponente può attivare le procedure previste dal D.P.R. n. 327/2001 recante disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità.
Il progetto è presentato al comune mediante lo sportello unico delle energie rinnovabili (cd. piattaforma SUER), e secondo il modello unico adottato dal MASE.
Nel caso di intervento che coinvolga più comuni, ai sensi dell’articolo 8, comma 5, – in linea con la disciplina previgente – si dispone che il comune procedente sia quello sul cui territorio insiste la maggior porzione dell’impianto da realizzare. Il tal caso, il comune procedente acquisisce le osservazioni degli altri comuni il cui territorio è interessato dagli interventi.
In base all’articolo 8, comma 6, qualora entro trenta giorni dalla data di presentazione del progetto il comune non comunichi al soggetto proponente un espresso provvedimento di diniego, il titolo abilitativo si intende perfezionato, salvo i casi previsti ai successivi commi 7 e 8. Tale termine è ridotto di un terzo (venti giorni) qualora gli interventi riguardino l’installazione o la sostituzione di pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 50 MW. Il termine di trenta giorni può essere sospeso una sola volta se, entro trenta giorni dalla data di ricezione del progetto, il comune rappresenti, con motivazione puntuale, la necessità di acquisire integrazioni documentali o approfondimenti istruttori, assegnando al proponente un termine non superiore a trenta giorni. Il termine viene sospeso e riprende a decorrere dal trentesimo giorno o, se anteriore, dalla data di presentazione della documentazione richiesta da parte del soggetto proponente. La mancata presentazione delle integrazioni richieste equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi.
Le predette tempistiche sono diversificate qualora, ai fini della realizzazione degli interventi, siano necessari uno o più atti di assenso nelle materie di cui al comma 4, lettera e), il quale a sua volta richiama l’articolo 20, comma 4 della legge n. 241/1990.
In particolare:
§ Se tali atti di assenso sono di competenza comunale, essi, ai sensi del comma 7 dell’articolo 8 vanno adottati dal comune entro quarantacinque giorni dalla presentazione del progetto, al decorso dei quali, in mancanza di un provvedimento espresso di diniego, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni. Tale termine è ridotto di un terzo (trenta giorni) qualora gli interventi riguardino l’installazione o la sostituzione di pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 50 MW. Il termine di quarantacinque giorni può essere sospeso una sola volta se, entro trenta giorni dalla data di ricezione del progetto, il comune rappresenti la necessità di acquisire integrazioni documentali o approfondimenti istruttori, assegnando un termine non superiore a quindici giorni. Il termine per la conclusione della PAS riprende a decorrere dal trentesimo giorno o dalla data di presentazione della documentazione richiesta, se anteriore. La mancata presentazione della documentazione ulteriore equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi.
§ Se gli atti di assenso sono di competenza di amministrazioni diverse da quella procedente, il comma 8 dispone che entro cinque giorni dalla data di presentazione del progetto il comune convochi la conferenza di servizi (si richiamano gli articoli 14 e seguenti della legge n. 241/1990), con le seguenti variazioni:
o il comune e, per suo tramite, ogni altra amministrazione interessata possono, entro i successivi dieci giorni, richiedere, motivandole, integrazioni e approfondimenti istruttori al soggetto proponente, assegnando un termine non superiore ai quindici giorni. Il termine per la conclusione della PAS viene quindi sospeso e riprende a decorrere dal quindicesimo giorno o dalla data di presentazione della documentazione, se anteriore; anche in questo caso, la mancata presentazione delle integrazioni richieste entro il termine assegnato equivale a rinuncia alla realizzazione degli interventi (lett. a));
o ogni amministrazione rilascia le proprie determinazioni entro quarantacinque giorni dalla data di convocazione della conferenza dei servizi[11]; anche in qui, il termine è ridotto di un terzo (trenta giorni) qualora gli interventi riguardino l’installazione o la sostituzione di pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 50 MW; oltre tale termine, se non è espresso un dissenso motivato congruamente, si intendono non sussistere motivi ostativi alla realizzazione del progetto; il dissenso deve essere puntualmente motivato (lett. b));
o decorso il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto senza una comunicazione al soggetto proponente da parte dell’amministrazione procedente di una conclusione negativa della conferenza e senza che sia stato espresso un dissenso motivato da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o della salute e della pubblica incolumità dei cittadini, che equivale a provvedimento di diniego dell’approvazione del progetto, il titolo abilitativo si intende perfezionato senza prescrizioni. Anche questo termine è ridotto di un terzo (quaranta giorni) qualora gli interventi riguardino l’installazione o la sostituzione di pompe di calore asservite a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 50 MW (lett. c)).
Ai sensi del comma 9 dell’articolo 8, decorsi i termini di cui ai commi 6, 7 e 8, lettera c), senza una comunicazione, da parte dell’amministrazione, di provvedimento espresso di diniego, il soggetto proponente richiede la pubblicazione dell’avviso di perfezionamento del titolo abilitativo sul bollettino ufficiale della regione interessata, indicando altresì la data di presentazione del progetto, la data di perfezionamento del titolo, la tipologia di intervento e la sua esatta localizzazione. Dalla data di pubblicazione, che avviene nel primo B.U.R. successivo alla ricezione della richiesta, il titolo abilitativo acquista efficacia, è opponibile ai terzi e decorrono i termini di impugnazione.
Ai sensi del comma 10, in caso di mancata comunicazione del diniego ai sensi dei commi 6, 7 e 8, lettera c), il comune è legittimato ad esercitare, entro il termine perentorio di sei mesi dal perfezionamento dell’abilitazione, i poteri di autotutela di cui all’articolo 21-nonies della L. n. 241/1990, con l’adozione di provvedimenti di annullamento d’ufficio.
Viene fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis del medesimo articolo 21-nonies, ai sensi del quale, i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati anche oltre il termine massimo (che l’articolo 21-nonies indica in dodici mesi) per l’esperimento del rimedio dell’annullamento d’ufficio.
Ai sensi del comma 11 dell’articolo 8, il titolo abilitativo decade qualora gli interventi non siano iniziati entro un anno dal perfezionamento della PAS o se non vengono conclusi entro tre anni dall’avvio della loro realizzazione. In quest’ultimo caso, sarà necessario effettuare una nuova procedura abilitativa semplificata per concludere l’intervento. Il proponente è comunque tenuto a comunicare al comune la data di ultimazione dei lavori.
Ai sensi del comma 12, qualora i progetti rientrino nel campo di applicazione della valutazione di incidenza (VIncA) prevista dall’articolo 5 del D.P.R. n. 357/1997, il proponente deve acquisire le relative determinazioni prima della presentazione del progetto al comune.
La cd. direttiva Habitat (direttiva 92/43/CEE), al fine di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri, ha previsto l’istituzione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata “Natura 2000”.
L’art. 6, paragrafo 3, di tale direttiva, dispone che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.
La valutazione di incidenza (VIncA) è quindi il procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre piani o progetti che possano avere incidenze significative su un sito, o proposto sito, della rete “Natura 2000”.
La procedura di VIncA è disciplinata dall’articolo 5 del D.P.R. n. 357/1997 (regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), come riscritto dall’art. 6 del D.P.R. n. 120/2003.
In particolare, tale articolo prevede che, ai fini della valutazione in questione, deve essere presentato uno studio (disciplinato dall’allegato G) volto ad individuare e valutare gli effetti che il piano o il progetto possono avere sul sito della rete “Natura 2000”. Viene altresì stabilito che per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) che interessano siti della citata rete, la VIncA è ricompresa nella procedura di VIA che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale, predisposto dal proponente nell’ambito della procedura di VIA, deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal D.P.R. 357/1997, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’allegato G al medesimo decreto.
Tale disposizione è confermata ed ampliata alla valutazione ambientale strategica (VAS) dall’art. 10, comma 3, del d.lgs. 152/2006, in base al quale la VAS e la VIA comprendono le procedure di VIncA e “a tal fine, il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all’allegato G dello stesso decreto n. 357 del 1997 e la valutazione dell’autorità competente si estende alle finalità di conservazione proprie della valutazione d’incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della valutazione di incidenza”.
Nella sezione dedicata alla valutazione di incidenza del sito internet del Ministero dell’ambiente viene evidenziato che “per quanto riguarda l’ambito geografico, le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 3 non si limitano ai piani e ai progetti che si verificano esclusivamente all’interno di un sito Natura 2000; essi hanno come obiettivo anche piani e progetti situati al di fuori del sito ma che potrebbero avere un effetto significativo su di esso, indipendentemente dalla loro distanza dal sito in questione (cause C-98/03, paragrafo 51, C-418/04, paragrafi 232, 233)” e che “attraverso l’art. 7 della direttiva Habitat, gli obblighi derivanti dall’art. 6, paragrafi 2, 3, e 4, sono estesi alle Zone di Protezione Speciale (ZPS) di cui alla Direttiva 2009/147/UE Uccelli”.
Nel manuale per l’applicazione delle procedure di VIncA nei siti marini, curato dall’ISPRA e pubblicato nel dicembre 2024, viene ricordato che le indicazioni tecnico-amministrativo-procedurali per l’applicazione della valutazione di Incidenza sono dettate nelle linee guida nazionali per la valutazione di incidenza (VIncA), adottate in Conferenza Stato-Regioni il 29 novembre 2019 e pubblicate nella G.U. n. 303 del 28 dicembre 2019, e “ad oggi recepite da tutte le regioni e province autonome (ad eccezione della Regione del Veneto, il cui iter di recepimento è ancora in corso)”.
Sull’istituto della PAS si sono manifestate talune incertezze in ordine alla sua natura giuridica. La questione riveste un preminente interesse, atteso che dalla diversa qualificazione giuridica (provvedimento amministrativo tacito oppure istituto di liberalizzazione riconducibile al genere SCIA-segnalazione certificata di inizio attività) discendono diverse conseguenze quanto agli strumenti di tutela dei terzi e alla corrispondente stabilità del titolo.
In termini generali si ricorda che la SCIA, in quanto non avente natura provvedimentale, non è impugnabile. Il terzo che voglia opporsi all’avvio dell’attività oggetto della SCIA può, secondo quanto disciplinato dall’articolo 19, comma 6-ter, della legge n. 241/1990, “sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, ossia l’azione contro il silenzio. La Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, ritendendo che “le verifiche cui è chiamata l’amministrazione ai sensi del comma 6-ter sono dunque quelle già puntualmente disciplinate dall’articolo 19, da esercitarsi entro i sessanta o trenta giorni dalla presentazione della SCIA (commi 3 e 6-bis), e poi entro i successivi diciotto mesi (comma 4, che rinvia all’articolo 21-novies). Decorsi questi termini, la situazione soggettiva del segnalante si consolida definitivamente nei confronti dell’amministrazione, ormai priva di poteri, e quindi anche del terzo. Questi, infatti, è titolare di un interesse legittimo pretensivo all’esercizio del controllo amministrativo, e quindi, venuta meno la possibilità di dialogo con il corrispondente potere, anche l’interesse si estingue” (Corte cost. 45/2019 e, nello stesso senso, 153/2020). La Corte, proseguendo nel ragionamento, ha rilevato che il terzo potrà, ove ne sussistano i presupposti, attivare i poteri di verifica dell’amministrazione in caso di dichiarazioni mendaci o false attestazioni, i poteri di vigilanza e repressivi di settore spettanti all’amministrazione, nonché agire in sede risarcitoria nei confronti della PA in caso di mancato esercizio del doveroso potere di verifica.
Diversa natura ha invece l’istituto del silenzio-assenso ex articolo 20 legge n. 241/1990, ai sensi del quale, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, il silenzio dell’amministrazione competente equivale a un provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di conclusione del procedimento, il provvedimento di diniego (ovvero non indice la conferenza dei servizi entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza). Il silenzio assenso ha quindi carattere provvedimentale e, come tale, può essere oggetto di impugnazione da parte del terzo controinteressato.
La normativa previgente sulla PAS disponeva che decorsi i trenta giorni, oltre i quali l’attività di costruzione deve considerarsi assentita, l’interessato trasmette la copia della dichiarazione presentata al comune, per la pubblicazione della stessa sul B.U.R. della regione sul cui territorio insiste l’intervento medesimo. Dal giorno della pubblicazione, decorrono i termini di impugnazione previsti dalla legge (art. 7-bis del d.lgs. n. 28/2011).
Tale previsione, è stato ritenuto anche in dottrina, parrebbe sottendere la natura provvedimentale della PAS e, quindi, la sua diretta impugnabilità.
La normativa attuale, il comma 9 dell’articolo 8 del d.lgs. n. 190/2024, come visto, dispone che decorso il termine senza una comunicazione di un provvedimento espresso di diniego da parte dell’amministrazione, il proponente richiede la pubblicazione dell’avviso di perfezionamento del titolo abilitativo sul B.U.R. Dalla data di pubblicazione il titolo abilitativo acquista efficacia è opponibile ai terzi e decorrono i termini di impugnazione.
Con riferimento alla giurisprudenza, bisogna rilevare che la questione rimane controversa. Secondo una linea interpretativa, la procedura abilitativa semplificata rientra nel novero dei provvedimenti amministrativi taciti, assimilabile in toto al silenzio-assenso di cui all’articolo 20 della legge n. 241/1990 (si ricordano, in tal senso, a titolo non esaustivo, le seguenti pronunce del Consiglio di Stato: sentenze n. 2526/2019 e n. 4383/2020, n. 1754/2022).
Al contrario, un diverso filone giurisprudenziale ritiene ascrivibile la PAS al genus della SCIA di cui all’articolo 19 della L. n. 241/1990, intendendola come un istituto di liberalizzazione, e non come una mera semplificazione procedimentale (aderenti a questa direzione ermeneutica si ricordano le seguenti sentenze del Consiglio di Stato: sentt. n. 5715/2018 e n. 130/2023).
Invero, anche assai recentemente, il supremo Consiglio, ha ribadito (Sez. IV, sent. n. 3990/2024) che la procedura abilitativa semplificata – nella sua disciplina attuale (n.d.r.) – “è ascrivibile al genus della DIA, ora SCIA, e conseguentemente va qualificato quale atto soggettivamente ed oggettivamente privato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 29 luglio 2011, n. 15). Al decorso del termine di legge di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, non si determina infatti il perfezionamento di una fattispecie legale tipica che, sul piano della produzione degli effetti, rende l’inerzia equivalente ad un vero e proprio provvedimento di accoglimento, come avviene per la fattispecie del silenzio assenso, bensì, più semplicemente, si determina l’effetto di rendere una determinata attività privata lecita, secondo il meccanismo proprio della SCIA; ciò in linea con la diversa natura dei due istituti, laddove il primo risponde ad una ratio di semplificazione amministrativa, mentre il secondo di vera e propria liberalizzazione, con conseguente fuoriuscita dell’attività privata dal regime amministrato a controllo preventivo. La ricostruzione che precede è stata confermata dalla Corte costituzionale che con sentenza n. 45 del 2019 ha ritenuto, in generale con riguardo alla SCIA, che: “Il dato di fondo è che si deve dare per acquisita la scelta del legislatore nel senso della liberalizzazione dell’attività oggetto di segnalazione, cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una – sia pur importante – parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi. Una dilatazione temporale dei poteri di verifica, per di più con modalità indeterminate, comporterebbe, invece, quel recupero dell’istituto all’area amministrativa tradizionale, che il legislatore ha inteso inequivocabilmente escludere”.
Infine, si ricorda che il comma 3 dell’articolo 8 prevede che nel rispetto degli obiettivi del PNIEC nonché della ripartizione relative alle cd. aree idonee (su cui v. apposito paragrafo del presente dossier), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano disciplinare l’effetto cumulo derivante dalla realizzazione di più impianti dello stesso tipo e contesto territoriale che determina l’applicazione del regime di autorizzazione unica. Per tali fini, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono regole per contrastare l’artato frazionamento dell’intervento. Resta fermo che ai fini della qualificazione dell’intervento e della disciplina amministrativa applicabile, rileva l’eventuale cumulo tra diverse istanze presentate (secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 3).
Anche in questa sede si ricorda che una norma comune a tutte le fonti, prevista all’articolo 1, comma 3, del d.lgs n. 190/2024 consente a Regioni ed enti locali di stabilire regole particolari per l’ulteriore semplificazione dei regimi amministrativi, anche consistenti nell’innalzamento delle soglie di potenza previste per gli interventi in attività libera e procedura abilitativa semplificata, fermo restando quanto previsto in materia di valutazioni ambientali e di valutazione d’incidenza.
Per una disamina degli interventi sottoposti a PAS si rinvia ai capitoli dedicati alle singole fonti rinnovabili.
III. Il procedimento di autorizzazione unica
Gli impianti con potenza maggiore o caratterizzati da una maggiore complessità (ad esempio per gli impatti potenziali sul territorio derivanti dalla loro localizzazione) sono realizzati previo procedimento di autorizzazione unica (AU) ai sensi dell’articolo 9 del d.lgs. n. 190/2024, unitamente alle opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
La normativa sul procedimento di autorizzazione unica, precedentemente regolata dall’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dall’articolo 5 del d.lgs. n. 28/2011 è stata superata con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 190/2024.
L’elenco degli interventi realizzati previo procedimento di autorizzazione unica è contenuto all’allegato C del d.lgs. n. 190/2024.
L’autorizzazione è rilasciata:
§ dalla regione[12] o dalle province delegate dalla regione, o,
§ per impianti con potenza termica superiore ai 300 MW, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE); fatta eccezione per gli impianti off-shore, il provvedimento autorizzatorio unico per questi interventi viene rilasciato previa intesa con la regione o le regioni interessate.
Si prevede inoltre, al comma 13, che:
§ per gli impianti off-shore, incluse le modifiche che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, si esprimono nell’ambito della Conferenza di servizi anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), nonché, per gli aspetti legati all’attività di pesca, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF); in tal caso il relativo provvedimento autorizzatorio unico è rilasciato sentita la regione costiera interessata;
§ il MIT è altresì coinvolto, insieme alla regione interessata, nella Conferenza di servizi per:
o interventi di competenza regionale, su impianti idroelettrici di potenza pari o superiore a 100 kW e fino a 300 MW, nonché di modifiche agli impianti che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla loro costruzione ed esercizio;
o interventi di competenza statale riguardanti interventi su impianti di produzione di energia elettrica a fonti rinnovabili di potenza superiore a 300 MW, nonché di modifiche agli impianti esistenti che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili;
o interventi relativi a impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro;
§ il Ministero della cultura (MiC) prende parte al procedimento autorizzatorio unico quando gli interventi interessano aree sottoposte a tutela, secondo quanto previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), anche qualora il procedimento sia ancora in corso. La partecipazione avviene solamente se tali interventi non siano già sottoposti a valutazioni ambientali[13].
Si applica in ogni caso l’articolo 14-quinquies della L. n. 241/1990 recante la disciplina della conferenza dei servizi.
Ai sensi del comma 10 dell’articolo 9, la determinazione motivata favorevole di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico e comprende:
§ se occorrenti, le valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del d.lgs. n. 152/2006 (verifica di assoggettabilità a VIA e valutazione di impatto ambientale - VIA); qualora gli interventi siano di competenza di regioni e province autonome di Trento e Bolzano, si applica il provvedimento autorizzatorio unico regionale (ai sensi dell’articolo 27-bis del d.lgs. n. 152/2006), salva la facoltà per le regioni e le province autonome di optare per il procedimento di autorizzazione unico di cui all’articolo 9 del d.lgs. n. 190/2024; nel caso di provvedimento autorizzatorio unico regionale, il termine per la conclusione dello stesso non può superare i due anni dal suo avvio o dall’avvio della verifica di assoggettabilità a VIA, se prevista;
§ tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati necessari alla costruzione e all’esercizio delle opere relative agli interventi;
Ai sensi del citato comma 10, il provvedimento autorizzatorio costituisce anche, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. In tal caso il parere del comune è rilasciato nell’ambito della conferenza di servizi, con possibilità di ricorrere al rimedio in opposizione in caso di motivato dissenso.
L’autorizzazione deve contenere, sempre ai sensi del comma 10, l’obbligo, a carico del soggetto esercente, di ripristinare lo stato dei luoghi al termine della vita utile dell’impianto. A tal fine, devono essere forniti:
§ una stima dettagliata dei costi di dismissione e di ripristino;
§ le garanzie finanziarie che il proponente è tenuto a presentare al momento del rilascio dell’autorizzazione unica;
§ le eventuali compensazioni ambientali in favore dei comuni, ritenute necessarie durante la conferenza di servizi per la realizzazione dell’intervento: in proposito si ricorda anche in questa sede che è applicabile, in relazione alle amministrazioni territoriali, quanto previsto all’articolo 1, comma 5 della legge n. 239/2004 ai sensi del quale gli enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale.
La procedura di autorizzazione unica prevede, secondo quanto dispone il comma 2 dell’articolo 9, che il soggetto proponente presenti, mediante la già citata piattaforma SUER, istanza secondo l’apposito modello per il procedimento di autorizzazione unica:
a) alla regione territorialmente competente, o all’ente delegato, per la realizzazione degli interventi di cui all’allegato C, sezione I (interventi di competenza regionale);
b) al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), per la realizzazione degli interventi di cui all’allegato C, sezione II (interventi di competenza statale).
L’istanza deve essere corredata – ai sensi del comma 3 dell’articolo 9 – da una serie di documenti e elaborati progettuali fondamentali, inclusi:
§ la documentazione necessaria per il rilascio di autorizzazioni, intese, licenze, pareri, nulla osta e assensi previsti dalle normative di settore;
§ documenti per la valutazione di impatto ambientale (VIA), paesaggistica e culturale, e per gli eventuali espropri;
§ l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la qualificazione dell’area idonea all’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021 (sugli impianti fotovoltaici si v. l’approfondimento all’interno dell’apposito paragrafo del presente dossier dedicato alle aree idonee);
§ un avviso al pubblico (per progetti soggetti a VIA) che indichi ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta o atto di assenso richiesto;
§ la documentazione che comprova la disponibilità dell’area su cui realizzare l’impianto e le opere connesse o, se necessaria, la richiesta di attivazione della procedura di esproprio. Per gli impianti a biomassa, inclusi gli impianti a biogas e per la produzione di biometano di nuova costruzione, per impianti fotovoltaici e solari termodinamici, la disponibilità dell’area dell’impianto principale deve essere già acquisita, mentre la richiesta di attivazione della procedura di esproprio è prevista solo per le aree interessate dalle opere connesse.
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 9 la documentazione ricevuta dall’amministrazione procedente è resa disponibile per via telematica ad ogni altra amministrazione interessata entro dieci giorni dalla data di ricezione dell’istanza. Queste ultime, nei successivi venti giorni, verificano la completezza della documentazione e comunicano eventuali integrazioni necessarie per i profili di propria competenza. Entro i successivi dieci giorni l’amministrazione procedente assegna al soggetto proponente un termine non superiore a trenta giorni per le integrazioni necessarie. Tale termine può essere prorogato dall’amministrazione procedente una sola volta e per non più di novanta giorni, su richiesta motivata del soggetto proponente in ragione della complessità dell’intervento. Qualora il soggetto proponente non presenti la documentazione integrativa entro il termine assegnato, l’amministrazione procedente adotta un provvedimento di improcedibilità dell’istanza secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1 della legge n. 241/1990.
Ai sensi del comma 5, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazioni ambientali, l’amministrazione procedente convoca la conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione unica entro dieci giorni dalla conclusione della verifica di completezza della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni alla stessa.
Se invece il progetto è sottoposto a valutazioni ambientali, ai sensi del comma 6, entro dieci giorni dalla conclusione della verifica di completezza della documentazione o dalla ricezione delle integrazioni alla stessa, l’autorità competente per le valutazioni ambientali pubblica il relativo avviso al pubblico. Della pubblicazione dell’avviso è data informazione dell’albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate e per trenta giorni il pubblico interessato può presentare osservazioni all’autorità competente per le valutazioni ambientali.
Se all’esito della consultazione si rende necessaria la modifica o l’integrazione della documentazione acquisita, il comma 7 prevede che l’autorità competente per le valutazioni ambientali deve comunicarlo tempestivamente all’amministrazione procedente, la quale può assegnare al soggetto proponente un termine non superiore a trenta giorni per trasmettere, in modalità telematica, la documentazione modificata o integrata. Qualora il soggetto proponente non depositi la documentazione entro il termine assegnato, l’amministrazione procedente adotta un provvedimento di diniego dell’autorizzazione unica senza applicazione della normativa sul preavviso di rigetto di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241/1990.
Ai sensi del comma 8 dell’articolo 9, la conferenza di servizi è convocata entro dieci giorni dall’esito della consultazione o dalla ricezione della documentazione integrata.
Ai sensi del comma 9, la conferenza deve concludersi entro centoventi giorni dalla data della prima riunione, con possibilità di sospensione per:
§ massimo sessanta giorni nel caso di progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA;
§ massimo novanta giorni nel caso di progetti sottoposti a VIA.
Si tratta di una sostanziale modifica rispetto alla disciplina previgente, che include nel procedimento anche le tempistiche della VIA. Secondo quanto disposto dall’abrogato articolo 12, comma 4, terzo periodo del d.lgs. n. 387/2003, infatti, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico era pari a: sessanta giorni, al netto dei tempi previsti per le eventuali procedure di valutazione ambientale (verifica di assoggettabilità a VIA e VIA); novanta giorni nel caso dei progetti localizzati in aree sottoposte a vincolo culturale o paesaggistico ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, non sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA. Ora il d.lgs. n. 190/2024 sembra includere le tempistiche della VIA dettando una apposita disciplina endoprocedimentale.
Ai sensi del comma 14, il proponente può anche richiedere che il provvedimento di VIA o di verifica di assoggettabilità a VIA sia rilasciato al di fuori del procedimento unico.
Ai sensi del comma 11 dell’articolo 9, il provvedimento autorizzatorio unico è pubblicato sul sito internet istituzionale dell’amministrazione procedente e ha l’efficacia temporale stabilita nella determinazione di conclusione della conferenza di servizi, comunque non inferiore a quattro anni, tenuto conto dei termini previsti per realizzare il progetto.
L’autorizzazione unica decade nel caso in cui non siano avviati i lavori di realizzazione degli impianti o se questi non entrino in servizio entro i termini stabiliti nel provvedimento autorizzatorio unico.
Ai sensi del comma 12, il soggetto proponente può presentare istanza di proroga dell’efficacia temporale dell’autorizzazione unica per cause di forza maggiore. L’amministrazione si esprime entro i successivi sessanta giorni e se la richiesta di proroga è presentata almeno 90 giorni prima della scadenza, il provvedimento rimane efficace fino alla decisione dell’amministrazione.
IV. La valutazione di impatto ambientale e il procedimento autorizzatorio unico regionale
La normativa in materia di valutazione di impatto ambientale di cui alla Parte Seconda del d.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), che recepisce la normativa europea in materia, si coniuga con quanto previsto dal d.lgs. n. 190/2024.
Più specificamente, l’articolo 12, comma 10, stabilisce che la realizzazione degli interventi in regime di attività libera (elencati nell’allegato A) e quelli sottoposti a procedura abilitativa semplificata (PAS) (elencati nell’allegato B), se insistono nelle cd. zone di accelerazione (su cui v. infra), non è subordinata all’acquisizione dell’autorizzazione dell’autorità competente in materia paesaggistica. Invece, per gli interventi di cui all’allegato C (sottoposti cioè ad autorizzazione unica) che insistono nelle zone di accelerazione, il comma 10, lettera b) dello stesso articolo 12 prevede che non si applicano le procedure di valutazione ambientale di cui al Titolo III della parte seconda del d.lgs. n. 152/2006, a condizione che il progetto contempli le misure di mitigazione stabilite in sede di valutazione ambientale strategica dei Piani.
L’articolo 13, comma 1, del d.lgs. n. 190/2024 stabilisce poi che i progetti relativi agli interventi in regime di attività libera (elencati nell’allegato A) e quelli sottoposti a procedura abilitativa semplificata (PAS) (elencati nell’allegato B) non sono sottoposti alle procedure di valutazione di impatto ambientale previste dal Titolo III, Parte II, del Codice dell’ambiente.
Il citato titolo III reca la disciplina della valutazione di impatto ambientale (VIA) e, in particolare, disciplina il procedimento di VIA (sia quello ordinario sia quello della cd. fast track prevista per i progetti PNRR-PNIEC), il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA (cd. screening di VIA), nonché (agli articoli 27, 27-bis e 27-ter):
§ il provvedimento unico in materia ambientale che, nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, su istanza del proponente, sostituisce il provvedimento di VIA integrandolo in un provvedimento comprensivo di una serie di altre autorizzazioni ambientali indicate dalla norma;
§ il provvedimento autorizzatorio unico regionale che, nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale, su istanza del proponente, consente di integrare in un unico documento il rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del progetto;
§ il procedimento autorizzatorio unico accelerato regionale (PAUAR) per settori di rilevanza strategica, finalizzato al rilascio di un provvedimento autorizzatorio unico accelerato regionale.
L’analisi della normativa regionale è rilevante poiché molti progetti, superando gli impianti o le opere connesse (quali le opere di connessione alla rete elettrica o altre opere civili[14]) le soglie previste dal d.lgs. n. 152/2006, sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA o a VIA. Il loro svolgimento determina, in genere, un significativo aumento della durata della procedura amministrativa.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 14, comma 4 della legge n. 241/1990, qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell’ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalità sincrona, in base alla disciplina del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) contenuta all’articolo 27-bis del decreto legislativo n. 152/2006. Ciò comporta, quindi, lo spostamento della competenza a rilasciare il provvedimento finale ad altra amministrazione e una sorta di inversione del carattere endoprocedimentale della VIA e dell’autorizzazione unica.
Gli allegati alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006 individuano i progetti da sottoporre a valutazione di impatto ambientale (VIA) secondo la competenza statale o regionale:
La verifica di assoggettabilità è finalizzata a stabilire, da parte dell’autorità competente, se è necessario avviare una valutazione di impatto ambientale per approfondirne gli impatti.
Ai sensi del punto 4.3 delle linee guida approvate con D.M. 30 marzo 2015, le soglie dimensionali previste dall’allegato IV sono ridotte del 50% qualora i progetti siano localizzati in aree sensibili, in rapporto alla capacità di carico dell’ambiente naturale. Tali aree includono, ad esempio: zone umide, costiere, montuose e forestali, riserve e parchi naturali, zone di protezione speciale, siti di importanza comunitaria, aree densamente popolate, nonché zone di valore storico, culturale o archeologico.
Ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 152/2006, sono sottoposti direttamente a VIA i progetti indicati negli allegati II-bis e IV che ricadano in aree protette o in siti della rete Natura 2000.
L’articolo 6, comma 6[15] prevede che i progetti di competenza regionale – indicati rispettivamente nell’allegato II-bis e nell’allegato IV del Codice – siano sottoposti alla verifica di assoggettabilità a VIA (ai sensi delle lettere c) e d) del citato comma 6), compatibilmente con quanto previsto dalle disposizioni del d.lgs. n. 190/2024 nonché con quanto previsto dall’eventuale normativa regionale di adeguamento.
Sono inoltre soggette a verifica di assoggettabilità a VIA anche le modifiche o estensioni dei progetti elencati negli allegati II, II-bis, III e IV, qualora possano generare impatti ambientali significativi e negativi. Sono invece escluse da tale verifica le modifiche o estensioni che rientrano nei limiti previsti dagli stessi allegati. Sono sottoposti direttamente a VIA le modifiche che comportano il superamento degli eventuali valori limite stabiliti dagli allegati II e III.
Per quanto riguarda la competenza statale, l’articolo 7-bis, comma 4, del Codice dell’ambiente stabilisce che l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), che opera in collaborazione con il Ministero della cultura per la fase istruttoria del procedimento di VIA. Il provvedimento conclusivo di verifica di assoggettabilità è adottato dal MASE.
Il supporto tecnico-scientifico al Ministero è assicurato, di norma, dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS (articolo 8, comma 1 del d.lgs. n. 152/2006). Tuttavia, per le valutazioni ambientali relative ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), a quelli finanziati con il fondo complementare e ai progetti attuativi del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC[16]) – inclusi i nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili – è stata istituita un’apposita Commissione tecnica PNRR–PNIEC, posta alle dipendenze funzionali del MASE (articolo 8, comma 2-bis, e allegato I-bis del d.lgs. n. 152/2006[17]).
In sede regionale, ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 5, del Codice dell’ambiente, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome.
Ove richiesta, la verifica di assoggettabilità a VIA è avviata, ai sensi dell’articolo 19 del d.lgs. n. 152/2006, con la trasmissione da parte del proponente di uno studio preliminare ambientale all’autorità competente, che entro cinque giorni verifica la completezza della documentazione. Essa può, una sola volta, chiedere chiarimenti e integrazioni, che il proponente deve trasmettere entro i successivi quindici giorni, pena l’archiviazione del procedimento (commi 1 e 2).
Segue la pubblicazione online da parte dell’autorità competente (sul proprio sito internet istituzionale) dello studio preliminare per trenta giorni, durante i quali chiunque può trasmettere proprie osservazioni (comma 4). L’autorità competente ne dà comunicazione alle amministrazioni territoriali potenzialmente interessate. Successivamente, una sola volta ed entro quindici giorni dalla scadenza del termine di 30 giorni di cui al comma 4, l’autorità competente può richiedere chiarimenti o integrazioni al proponente finalizzati alla non sottoposizione del progetto alla VIA, assegnando un termine massimo di 30 giorni. Qualora non vengano presentati i chiarimenti entro il termine assegnato, l’istanza si intende respinta ed è fatto obbligo di archiviarla (comma 6). L’autorità competente deve adottare il provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine previsto per le osservazioni del pubblico, ma nei casi in cui siano stati richiesti chiarimenti o integrazioni al proponente (come previsto dal comma 6 dello stesso articolo), il termine per l’adozione del provvedimento è di quarantacinque giorni dal ricevimento di tali chiarimenti o integrazioni (comma 6-bis). In casi eccezionali, legati alla natura, complessità, ubicazione o dimensioni del progetto, l’autorità competente può prorogare il termine per l’adozione del provvedimento di screening per una sola volta e per un periodo non superiore a venti giorni.
Se il progetto è sottoposto a valutazione di impatto ambientale perché supera le soglie di cui agli allegati II e III o perché così è stato stabilito a valle della verifica di assoggettabilità, il proponente predispone uno studio di impatto ambientale ai sensi dell’articolo 22 del d.lgs. n. 152/2006 e lo trasmette, ai sensi dell’articolo 23, all’autorità competente, unitamente al progetto, ad una sintesi non tecnica, alle informazioni sugli eventuali impatti transfrontalieri, ad un avviso pubblico, alla copia della ricevuta di avvenuto pagamento del contributo istruttorio, ai risultati della procedura di dibattito pubblico eventualmente svolta e alla relazione paesaggistica o alla relazione paesaggistica semplificata di cui al D.P.R. 31/2017[18].
È infine richiesta anche la dichiarazione relativa agli assetti proprietari della società proponente e della eventuale società controllante, nonché alla consistenza del capitale sociale della società proponente[19].
Appare opportuno evidenziare che, con il D.L. n. 13/2023, è stato soppresso il riferimento all’atto del soprintendente competente del Ministero della cultura relativo alla verifica preventiva di interesse archeologico, previamente introdotto con D.L. n. 50/2022[20].
L’autorità competente valuta, nei successivi 15 giorni, la completezza della documentazione presentata e può chiederne l’integrazione, che il proponente deve fornire entro un termine non superiore a trenta giorni, altrimenti la domanda si intende ritirata (articolo 23, comma 3 del Codice dell’ambiente). Verificatane la completezza, la documentazione, è pubblicata online, con modalità tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, nel sito web dell’autorità competente. L’Autorità competente comunica contestualmente per via telematica l’avvenuta pubblicazione al proponente nonché a tutte le amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto. L’articolo 23, comma 4 prevede che già con la pubblicazione della documentazione presentata, la Commissione PNIEC-PNRR avvii la propria attività istruttoria.
Ai sensi dell’articolo 24 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere dato specifico avviso al pubblico sul sito web della presentazione dell’istanza, della pubblicazione della documentazione, nonché delle comunicazioni sopra descritte. Dalla data di pubblicazione sul sito web dell’avviso, decorrono i termini per la consultazione, la valutazione e l’adozione del provvedimento di VIA. L’avviso al pubblico, predisposto dal proponente, è pubblicato a cura dell’autorità competente.
La consultazione pubblica, nel caso di progetti PNIEC-PNRR, quali i progetti di impianti da fonti rinnovabili, dura trenta, anziché sessanta giorni. Entro il medesimo termine sono acquisiti i pareri delle amministrazioni e degli enti pubblici interessati. Nei quindici giorni successivi, il proponente può presentare proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti (comma 3).
Qualora al termine della consultazione o dopo la presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente, si ritiene necessario modificare o integrare gli elaborati progettuali o la documentazione acquisita, la Commissione tecnica di verifica può, entro 20 giorni, e, per i progetti di propria competenza, la Commissione PNIEC–PNRR entro 10 giorni, fissare una sola volta un termine, non superiore a 20 giorni, per consentire al proponente di trasmettere in formato elettronico gli elaborati o la documentazione aggiornati.. Su richiesta motivata del proponente, la Commissione può concedere una sola sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa:
§ fino a 60 giorni, oppure
§ fino a 120 giorni, nel caso in cui siano necessari approfondimenti più complessi.
Se entro 7 giorni dalla richiesta di sospensione la Commissione non si pronuncia, la sospensione si considera accolta automaticamente, per il periodo indicato dal proponente.
Se il proponente non presenta la documentazione richiesta entro il termine perentorio stabilito, l’istanza si considera respinta (comma 4).
Si fa presente che il D.L. n. 153/2024 ha novellato l’articolo prevedendo che trascorsi sette giorni dalla richiesta di sospensione senza che la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale - VIA e VAS o la Commissione tecnica PNRR-PNIEC si siano espresse, la richiesta si intende accolta per il termine proposto.
Il D.L. n. 153/2024 ha altresì inserito il comma 4-bis all’articolo 24 del Codice dell’ambiente il quale dispone che, entro 30 giorni dall’esito della consultazione del pubblico o dalla presentazione delle controdeduzioni da parte del proponente ai sensi del comma 3, il Ministero della cultura provvede alla verifica dell’adeguatezza della relazione paesaggistica ai fini di cui all’articolo 25, comma 2-quinquies.
Entro i successivi 10 giorni, il Ministero della cultura ha, per una sola volta, la facoltà di assegnare al soggetto proponente un termine, non superiore a 30 giorni, per la presentazione, in formato elettronico, della documentazione integrativa.
Su richiesta del proponente, motivata in ragione della particolare complessità del progetto, il Ministero della cultura può prorogare, per una sola volta e per un periodo non superiore a ulteriori 30 giorni, il termine assegnato per le integrazioni.
Ricevuta la documentazione integrativa, il Ministero della cultura la trasmette tempestivamente all’autorità competente.
Il nuovo comma 4-bis, introdotto dal D.L. n. 153/2024, dispone altresì che l’istanza si intende respinta e il Ministero della cultura ne dà comunicazione al proponente e all’autorità competente, cui è fatto obbligo di procedere all’archiviazione, nei seguenti casi:
§ qualora, entro il termine assegnato, il proponente non presenti la documentazione integrativa;
§ o qualora, all’esito di una nuova verifica, da effettuarsi, da parte del Ministero della cultura, nel termine di 15 giorni dalla presentazione delle integrazioni richieste, la documentazione risulti nuovamente incompleta. In tale caso viene precisato che la succitata comunicazione, inviata al proponente e all’autorità competente, reca le motivazioni per le quali la documentazione medesima non consente la valutazione paesaggistica ai fini di cui all’articolo 25, comma 2-quinquies del Codice dell’ambiente, cioè al fine di consentire al direttore generale del Ministero della cultura (il cui concerto è necessario per l’adozione del provvedimento di VIA) di potersi esprimere in merito alla compatibilità paesaggistica del progetto[21]. Il D.L. n. 153/2024 è intervenuto anche sul predetto comma 2-quinquies che disciplina le relazioni tra il provvedimento di VIA e l’autorizzazione paesaggistica. Si ricorda che l’articolo 25, al comma 2, del Codice dell’ambiente dispone, tra l’altro, che l’adozione del provvedimento di VIA statale avviene “previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura”. Il comma 2-quinquies del medesimo articolo, come modificato, dispone poi che tale concerto comprende l’autorizzazione paesaggistica, ove la relazione paesaggistica consenta di esprimere una valutazione positiva di compatibilità paesaggistica del progetto.
L’autorità competente, ricevuta la documentazione integrativa, la pubblica immediatamente sul proprio sito web e, tramite proprio apposito avviso, avvia una nuova consultazione del pubblico in relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate. Nel caso di progetti PNIEC-PNRR, la seconda consultazione dura quindici, anziché trenta, giorni. Entro i dieci giorni successivi il proponente ha facoltà di presentare all’autorità competente le proprie controdeduzioni alle nuove osservazioni e ai pareri pervenuti (comma 5).
Ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, conclusa la fase di consultazione pubblica, entro il termine di sessanta giorni, il competente direttore generale del MASE adotta il provvedimento di VIA previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura[22] entro il termine di trenta giorni. Qualora sia necessario procedere ad accertamenti e indagini di particolare complessità, con atto motivato, può essere prolungata la fase di valutazione sino a ulteriori trenta giorni, dando tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e del termine entro cui il provvedimento sarà emanato.
Il comma 2-bis dell’articolo 25, relativamente ai procedimenti di competenza della Commissione PNIEC-PNRR, assegna a quest’ultima trenta giorni per predisporre, sulla base delle osservazioni, delle controdeduzioni e dei pareri raccolti, lo schema di provvedimento di VIA da sottoporre al direttore generale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Lo schema di provvedimento deve, in ogni caso, essere reso entro 130 giorni dalla pubblicazione della documentazione trasmessa con l’istanza. Nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura, che ha 20 giorni per renderlo. Rimane comunque fermo, secondo quanto introdotto dal D.L. n. 181/2023 (articolo 9, comma 9-novies), quanto dispone l’articolo 22, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 199/2021, relativamente ai progetti di impianti da fonti rinnovabili localizzati in aree idonee, per cui il Ministero della cultura, autorità competente ad esprimersi in materia paesaggistica, esprime parere obbligatorio ma non vincolante: decorso inutilmente il termine di venti giorni, il Ministero dell’ambiente provvede comunque sulla istanza di adozione della VIA.
L’articolo 25, comma 2-quater del d.lgs. n. 152/2006 prevede l’esercizio del potere sostitutivo nei successivi trenta giorni e l’espressione del parere dell’ISPRA, in caso di inerzia della Commissione.
Il provvedimento di VIA reca le condizioni per la realizzazione, l’esercizio e la dismissione del progetto, le misure previste per evitare, ridurre e, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi, nonché le misure per il monitoraggio degli impatti ambientali significativi e negativi (articolo 25, comma 4).
Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell’autorità competente e è valido per un periodo non inferiore a cinque anni definito nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell’eventuale proposta formulata dal proponente a corredo dell’istanza di VIA (articolo 25, comma 5).
Si fa inoltre presente che l’articolo 1, comma 2 del D.L. n. 153/2024 ha previsto che per i progetti di produzione energetica da fonte fotovoltaica, solare termodinamica, a biomassa o a biogas, nonché di produzione di biometano, il proponente del provvedimento di VIA deve allegare una dichiarazione sostitutiva di certificazioni o di atto di notorietà (ai sensi degli articoli 46 e 47 del DPR n. 445/2000) attestante la legittima disponibilità, a qualunque titolo, della superficie su cui realizzare l’impianto, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse.
Ai sensi dell’articolo 25, comma 5, decorso il periodo di efficacia del provvedimento senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga. L’istanza deve essere corredata di una relazione esplicativa. Fatto salvo il mutamento del contesto ambientale di riferimento, o di modifiche, anche progettuali, il provvedimento di proroga non deve contenere prescrizioni diverse e ulteriori rispetto a quelle già previste nel provvedimento di VIA originario.
Il D.L. n. 19/2024, all’articolo 12, comma 14, ha previsto che, se l’istanza di proroga è presentata almeno centoventi giorni prima della scadenza del termine di efficacia del provvedimento di VIA, il provvedimento continua ad avere efficacia fino all’adozione delle determinazioni in ordine alla proroga.
A tale riguardo, entro quindici giorni dalla presentazione dell’istanza di proroga, l’autorità competente deve verificare la completezza della documentazione. Se la documentazione risulta incompleta, l’autorità deve richiedere la documentazione integrativa, assegnando per la presentazione un termine perentorio non superiore a trenta giorni. Se l’istante non deposita la documentazione integrativa entro il termine o, all’esito di una nuova verifica, da effettuarsi entro quindici giorni, la documentazione risulti ancora incompleta, l’istanza si intende ritirata.
Ai sensi dell’articolo 26 del d.lgs. n. 152/2006, il provvedimento di VIA è sempre integrato nell’autorizzazione e in ogni altro titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti sottoposti a VIA, nonché nell’autorizzazione integrata ambientale, se prevista.
L’autorizzazione recepisce ed esplicita almeno le seguenti informazioni:
a) il provvedimento di VIA;
b) le eventuali condizioni ambientali del provvedimento di VIA, una descrizione delle caratteristiche del progetto e delle eventuali misure previste per evitare, prevenire o ridurre e se possibile compensare gli impatti ambientali negativi e significativi, nonché, ove opportuno, una descrizione delle misure di monitoraggio.
Si ricorda, infine, che il Consiglio dei Ministri può essere investito del potere di deliberare su questioni attinenti la conclusione dei procedimenti autorizzativi ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c-bis) della legge n. 400/1988 e dell’articolo 14-quinquies, commi 5 e 6 della legge n. 241/1990.
Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c-bis) della legge n. 400/1988, infatti, il Presidente del Consiglio può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti.
Il D.L. n. 153/2024 ha inoltre introdotto un nuovo articolo 7-bis all’articolo 25 del Codice dell’ambiente, disponendo che nel caso di progetti sottoposti a VIA statale, gli eventuali atti adottati dal Consiglio dei ministri (ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge n. 400 del 1988, v. supra) sostituiscono a ogni effetto il provvedimento di VIA.
Ai sensi dell’articolo 14-quinquies della legge n. 241/1990, inoltre, qualora un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili quali l’ambiente e il paesaggio si opponga all’adozione di una determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi - esprimendo in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza - esaurito il tentativo di addivenire ad un’intesa, la questione è rimessa al Consiglio dei Ministri.
L’articolo 7 del D.L. n. 50/2022 ha precisato che, nei procedimenti di autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, le deliberazioni del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c-bis) della legge n. 400/1988 sostituiscono ad ogni effetto il provvedimento di VIA. Inoltre, tali deliberazioni, così come quelle adottate in caso di opposizione alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi sensi dell’articolo 14-quinquies, comma 6 della L. n. 241/1990, confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico, da concludersi a cura dell’amministrazione competente entro i successivi sessanta giorni. Se il Consiglio dei ministri si esprime per il rilascio del provvedimento di VIA, decorso inutilmente il prescritto termine di sessanta giorni, l’autorizzazione si intende rilasciata.
Per quanto riguarda la fase preliminare al provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR), il comma 1 dell’articolo 26-bis del Codice dell’ambiente dispone che, per i progetti sottoposti a VIA regionale, il proponente può richiedere, prima della presentazione dell’istanza di avvio del procedimento finalizzato all’ottenimento del PAUR, l’avvio di una fase preliminare finalizzata alla definizione, tra l’altro, “delle informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale”. A tal fine, il proponente deve trasmettere all’autorità competente uno studio preliminare ambientale (o una relazione che, sulla base degli impatti ambientali attesi, illustra il piano di lavoro per l’elaborazione dello studio di impatto ambientale) e un progetto avente un livello di dettaglio equivalente al progetto di fattibilità tecnica ed economica.
Il successivo comma 2 prevede che, entro cinque giorni dalla trasmissione, la documentazione trasmessa è pubblicata e resa accessibile nel sito web dell’autorità competente che comunica, per via telematica, a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati e comunque competenti a esprimersi sulla realizzazione e sull’esercizio del progetto, l’avvenuta pubblicazione. Contestualmente l’autorità competente indice una conferenza di servizi preliminare con le medesime amministrazioni ed enti.
Il secondo periodo del comma 3 stabilisce che le amministrazioni e gli enti coinvolti ai sensi del comma 2 si esprimono in sede di conferenza, sulla base della documentazione prodotta dal proponente, relativamente “alla definizione delle informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale[23], del relativo livello di dettaglio e delle metodologie da adottare per la predisposizione dello studio nonché alla definizione delle condizioni per ottenere gli atti di assenso, comunque denominati, necessari alla realizzazione e all’esercizio del medesimo progetto”.
Nel caso di procedimenti di VIA di competenza statale, il proponente può chiedere all’autorità competente che il provvedimento di VIA sia rilasciato, ai sensi dell’articolo 27 d.lgs. n. 152/2006, nell’ambito di un provvedimento unico in materia ambientale comprensivo di altre autorizzazioni ambientali (autorizzazione paesaggistica, l’autorizzazione culturale o quella riguardante il vincolo idrogeologico). In tal caso, l’autorità competente ha dieci giorni di tempo dalla presentazione dell’istanza per verificare l’avvenuto pagamento del contributo amministrativo, pubblicare on line e trasmettere la documentazione ricevuta alle amministrazioni interessate. Queste hanno trenta giorni per chiedere eventualmente integrazioni documentali, da rendere entro i successivi trenta giorni. La consultazione pubblica si svolge, in questa ipotesi, per sessanta giorni anche nel caso di progetti di impianti da fonti rinnovabili. Entro i successivi quindici giorni l’autorità competente indice la conferenza di servizi decisoria. Contestualmente può chiedere eventuali integrazioni al proponente, da rendere entro i quindici giorni seguenti (salvo richiesta di sospensione per un periodo fino a novanta giorni), altrimenti il procedimento si intende archiviato. L’autorità competente pubblica, quindi, le integrazioni sul sito internet e dispone, entro cinque giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi dieci giorni, un nuovo avviso al pubblico, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito internet. La consultazione pubblica sulle modifiche o integrazioni apportate dura trenta giorni.
La conferenza di servizi è tenuta a concludere i lavori entro duecentodieci giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, che costituisce il provvedimento unico in materia ambientale, reca l’indicazione espressa del provvedimento di VIA ed elenca, altresì, i titoli autorizzativi compresi nel provvedimento unico.
Di seguito una tabella riassuntiva della tempistica con cui sono stati emanati i provvedimenti di VIA statale e i provvedimenti unici in materia ambientale su impianti alimentati da fonti rinnovabili o di accumulo idroelettrico adottati nel 2025 (ultimo aggiornamento al 2 luglio 2025).
Per tali provvedimenti è possibile rilevare una differenza significativa in termini di durata del procedimento in relazione all’esito dello stesso. I provvedimenti di VIA statale conclusi con esito positivo registrano difatti una durata media di 1032 giorni, mentre quelli con esito negativo durano mediamente 854 giorni. Per quanto riguarda i provvedimenti unici in materia ambientale la differenza è meno marcata. La durata media di quelli con esito positivo è pari a 1200 giorni, mentre per quelli con esito negativo la procedura si conclude mediamente in 1136 giorni.
Provvedimenti di VIA statale |
|||||
Proponente |
Data esito |
Numero |
Data avvio |
Durata |
Esito |
PVEXO VELE SRL |
30/06/25 |
MASE_VA_DEC_2025-0000378 |
08/08/24 |
326 |
Positivo |
CM SOLAR S.r.l. |
27/06/25 |
MASE_VA_DEC_2025-0000376 |
07/12/21 |
1298 |
Positivo |
IBVI 10 SRL |
25/06/25 |
DM-2025-0000370 |
27/10/21 |
1337 |
Positivo |
Exenergy S.r.l.s. |
24/06/25 |
MASE_2025-0120025 |
10/09/19 |
2114 |
Positivo |
HYDRA GROUP S.R.L. |
24/06/25 |
DEC-2025-0000364 |
09/11/22 |
958 |
Positivo |
R. POWER ITALY HELIOS S.R.L. |
23/06/25 |
DM_2025-0000358 |
29/02/24 |
480 |
Positivo |
INE Montoni Vecchio S.r.l. |
23/06/25 |
DM-2025-0000360 |
20/05/22 |
1130 |
Positivo |
Agrivolt Musignano s.r.l. |
23/06/25 |
DM_2025-0000361 |
19/12/22 |
917 |
Positivo |
GRAVINA S.R.L. |
19/06/25 |
MASE-VA-DEC-2025-0000355 |
07/10/22 |
986 |
Positivo |
AM Energy 2 S.r.l. |
19/06/25 |
MASE_VA_DEC_2025-0000353 |
04/04/23 |
807 |
Positivo |
PAVESI SOLAR S.R.L. |
18/06/2025 |
DM-2025-0000342 |
25/01/2024 |
510 |
Positivo |
Sorgenia Renewables S.r.l. |
16/06/2025 |
DM_2025-0000334 |
19/01/2022 |
1244 |
Positivo |
Trina Solar Giglio S.r.l. |
16/06/2025 |
DM-2025-0000335 |
21/12/2021 |
1273 |
Positivo |
BRINDISI SOLAR 3 S.r.l. |
16/06/2025 |
DM-2025-0000339 |
17/06/2022 |
1095 |
Positivo |
IBVI 24 S.r.l. |
09/06/2025 |
DM_2025-0000325 |
31/01/2022 |
1225 |
Positivo |
C.L. Solar srl |
06/06/2025 |
DEC-2025-0000319 |
19/07/2023 |
688 |
Positivo |
Hergo Solare Italia S.r.l. |
05/06/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000308 |
16/06/2022 |
1085 |
Positivo |
Marseglia - Amaranto Energia e Sviluppo S.r.l. |
05/06/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000314 |
11/04/2022 |
1151 |
Positivo |
Enel Green Power Italia S.r.l. |
27/05/2025 |
DM_2025-0000292 |
20/12/2021 |
1254 |
Positivo |
RWE Renewables Italia S.r.l. |
27/05/2025 |
DM_2025-0000291 |
05/06/2023 |
722 |
Positivo |
1-4-9 INVEST SICILY P4 DEV S.R.L. |
27/05/2025 |
DM-2025-0000293 |
20/10/2021 |
1315 |
Positivo |
GIT Nuvola di Italia S.r.l. |
26/05/2025 |
DM-2025-0000288 |
11/03/2022 |
1172 |
Negativo |
CVA EOS S.r.l. |
22/05/2025 |
DM-2025-0000287 |
26/11/2021 |
1273 |
Positivo |
Renantis Sicilia Srl |
22/05/2025 |
DM_2025-0000284 |
21/11/2023 |
548 |
Archiviato |
Barium Bay S.r.l. |
20/05/2025 |
DM_2025-0000281 |
14/08/2023 |
645 |
Positivo |
Lightsourse Renewable Energy Italy SPV 2 S.r.l. |
20/05/2025 |
MASE_2025-0095369 |
20/10/2021 |
1308 |
Positivo |
Solar Energy Ventiquattro S.r.l. |
20/05/2025 |
MASE_2025-0095391 |
16/11/2021 |
1281 |
Positivo |
SSE Renewables Italy S.r.l. (ex. Energia Levante S.r.l.) |
20/05/2025 |
MASE_2025-0095086 |
02/02/2022 |
1203 |
Positivo |
Red Energy S.r.l. |
20/05/2025 |
MASE_2025-0095086 |
18/08/2021 |
1371 |
Positivo |
AEP S.r.l. |
20/05/2025 |
MASE_2025-0095393 |
22/02/2021 |
1548 |
Positivo |
sinergia EWR1 S.r.l. |
20/05/2025 |
MASE_2025-0095082 |
07/09/2020 |
1716 |
Positivo |
APR ENERGY TWO S.r.l. |
19/05/2025 |
DM_2025-0000278 |
13/01/2023 |
857 |
Negativo |
EG MIRTO S.r.l. |
19/05/2025 |
DEC-2025-0000271 |
06/07/2022 |
1048 |
Positivo |
Casetta Solar S.r.l. |
19/05/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000276 |
13/02/2024 |
461 |
Positivo |
PLT RE S.r.l. |
19/05/2025 |
DM_2025-0000280 |
10/03/2023 |
801 |
Positivo |
Sertekh 1 S.r.l. |
19/05/2025 |
MASE_2025-0094677 |
04/01/2022 |
1231 |
Positivo |
San Giorgio Energia S.r.l. |
16/05/2025 |
DM-2025-0000269 |
18/03/2024 |
424 |
Negativo |
Pacifico Tanzanite S.r.l. |
15/05/2025 |
DEC-2025-0000266 |
08/03/2023 |
799 |
Positivo |
E-Solar 7 S.r.l. |
14/05/2025 |
DM_2025-0000259 |
27/07/2023 |
657 |
Negativo |
SKI 04 Srl |
14/05/2025 |
DM_2025-0000261 |
01/08/2022 |
1017 |
Positivo |
SF Lidia I S.r.l. |
14/05/2025 |
DM_2025-0000260 |
15/07/2022 |
1034 |
Negativo |
wpd Su Sassittu S.r.l. |
14/05/2025 |
DM_2025-0000263 |
22/02/2022 |
1177 |
Negativo |
ICA BES S.r.l. |
14/05/2025 |
DM_2025-0000262 |
19/04/2023 |
756 |
Negativo |
Palmadula Solar S.r.l. |
13/05/2025 |
DM_2025-0000256 |
12/12/2023 |
518 |
Negativo |
Tuscania San Lorenzo S.r.l. |
08/05/2025 |
DM_2025-0000242 |
21/07/2023 |
657 |
Negativo |
BAS ITALY DICIASSETTESIMA S.r.l. |
08/05/2025 |
DM_2025-0000244 |
10/05/2022 |
1094 |
Negativo |
Asja Castellana Polizzi S.r.l. |
07/05/2025 |
DM_2025-0000241 |
28/12/2022 |
861 |
Negativo |
Blusolar Mineo 1 S.r.l. |
06/05/2025 |
DM_2025-0000239 |
14/09/2022 |
965 |
Positivo |
SIRINO SOLAR ITALY S.r.l. |
02/05/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000233 |
14/06/2022 |
1053 |
Positivo |
BAS ITALY QUATTORDICESIMA S.r.l. |
29/04/2025 |
DM-2025-0000227 |
30/06/2022 |
1034 |
Negativo |
EG Stella S.r.l. |
29/04/2025 |
DM-2025-0000228 |
04/10/2022 |
938 |
Positivo |
Alfa Ariete S.r.l. |
28/04/2025 |
DM-2025-0000225 |
18/09/2023 |
588 |
Negativo |
Sardinia Energy S.r.l. |
28/04/2025 |
DM-2025-0000224 |
25/01/2023 |
824 |
Negativo |
Sardinia Energy S.r.l. |
28/04/2025 |
DM_2025-0000224 |
25/01/2023 |
824 |
Negativo |
Pacifico Dolomite S.r.l. |
28/04/2025 |
DM-2025-0000226 |
02/01/2023 |
847 |
Negativo |
EDISON Rinnovabili S.p.A. |
24/04/2025 |
DM-2025-0000222 |
13/10/2021 |
1289 |
Positivo |
CATENACCIO SOLAR PARK S.R.L. |
23/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000219 |
04/08/2022 |
993 |
Positivo |
SF SOUTH S.r.l. |
23/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000221 |
29/11/2021 |
1241 |
Positivo |
Solar Invest 3 S.r.l. |
22/04/2025 |
DEC-2025-0000218 |
22/05/2023 |
701 |
Positivo |
TEP RENEWABLES (Bessude PV) S.r.l. |
18/04/2025 |
DM_2025-0000217 |
16/03/2022 |
1129 |
Negativo |
LIMES 13 S.R.L. |
18/04/2025 |
DM-2025-0000216 |
21/03/2022 |
1124 |
Positivo |
Solar Energy Venti S.r.l. |
17/04/2025 |
DM-2025-0000214 |
10/01/2022 |
1193 |
Negativo |
C.L. Solar srl |
17/04/2025 |
DM-2025-0000215 |
19/07/2023 |
638 |
Positivo |
Vatt Energy s.r.l. |
15/04/2025 |
DM_2025-0000204 |
09/08/2021 |
1345 |
Positivo |
Concetto Green S.r.l. |
15/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000208 |
04/08/2023 |
620 |
Positivo |
HEPV 26 Srl |
15/04/2025 |
MASE-VA-DEC-2025-0000207 |
09/02/2022 |
1161 |
Positivo |
Whysol-E Sviluppo S.r.l. |
14/04/2025 |
DM_2025-0000203 |
16/02/2022 |
1153 |
Positivo |
GPE Licodia S.r.l. |
14/04/2025 |
DEC-2025-0000200 |
06/12/2021 |
1225 |
Positivo |
BAIONA SUN 1 SRL |
11/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000192 |
06/11/2023 |
522 |
Positivo |
Fimenergia S.r.l. |
11/04/2025 |
DM_2025-0000193 |
01/08/2023 |
619 |
Negativo |
GRV Wind Sardegna 7 S.r.l. |
09/04/2025 |
DM-2025-0000190 |
04/05/2022 |
1071 |
Negativo |
Solar Invictus S.r.l. |
09/04/2025 |
DM-2025-0000191 |
29/04/2022 |
1076 |
Negativo |
Sardeolica S.r.l. |
08/04/2025 |
DEC-2025-0000189 |
07/05/2020 |
1797 |
Parte negativo/parte positivo |
MAAG Ulivo S.r.l. |
07/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025 |
01/08/2023 |
615 |
Positivo |
Santeramo Wind S.r.l. |
04/04/2025 |
DM-2025-0000184 |
17/11/2023 |
504 |
Negativo |
PROGENERGY SOLAR PLANT 4 S.R.L. |
03/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000183 |
21/10/2021 |
1260 |
Positivo |
LILO SOLAR S.R.L. |
03/04/2025 |
DM-2025-0000181 |
03/01/2024 |
456 |
Negativo |
Lagosanto Solar srl |
03/04/2025 |
DM-2025-0000182 |
07/12/2022 |
848 |
Positivo |
IBERDROLA RENOVABLES ITALIA S.p.A |
02/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000176 |
30/05/2022 |
1038 |
Positivo |
Tommaso S.r.l. |
02/04/2025 |
DM-2025-0000180 |
23/11/2022 |
861 |
Negativo |
BAIONA SUN 2 SRL |
02/04/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000177 |
24/11/2023 |
495 |
Positivo |
GUARDA VENETA SRL |
01/04/2025 |
DM-2025-0000170 |
24/05/2023 |
678 |
Positivo |
DS Italia 5 s.r.l. |
28/03/2025 |
DM-2025-0000166 |
10/01/2022 |
1173 |
Negativo |
PR SOLAR S.r.l. |
27/03/2025 |
DM-2025-0000164 |
07/12/2021 |
1206 |
Positivo |
CASTELLANETA S.R.L. |
27/03/2025 |
DM-2025-0000163 |
12/09/2022 |
927 |
Negativo |
S&P 16 A S.r.l. |
27/03/2025 |
DM_2025-0000165 |
03/04/2023 |
724 |
Negativo |
B72 S.r.l. |
25/03/2025 |
DM_2025-0000155 |
15/06/2023 |
649 |
Negativo |
CVA EOS S.r.l. |
25/03/2025 |
DM-2025-0000159 |
24/01/2024 |
426 |
Negativo |
Eridano S.r.l. |
21/03/2025 |
DM_2025-0000152 |
28/12/2022 |
814 |
Archiviato |
ECOENERGIA S.R.L. |
18/03/2025 |
DM_2025-0000154 |
16/03/2022 |
1098 |
Negativo |
Maia sol S.r.l. |
21/03/2025 |
MASE_2025-0052674 |
05/08/2022 |
959 |
Positivo |
STM22 Srl |
18/03/2025 |
DM_2025-0000143 |
03/06/2022 |
1019 |
Positivo |
Taigete sol S.r.l. |
13/03/2025 |
DEC-2025-0000127 |
27/09/2022 |
898 |
Positivo |
EF AGRI Società Agricola a R. L. |
13/03/2025 |
DEC-2025-0000125 |
18/07/2023 |
604 |
Positivo |
EF AGRI Società Agricola a R. L. |
13/03/2025 |
DEC-2025-0000128 |
19/06/2023 |
633 |
Positivo |
VERDE 1 S.r.l. |
12/03/2025 |
DM_2025-0000122 |
19/07/2022 |
967 |
Negativo |
Baroni s.r.l. |
11/03/2025 |
MASE_2025-0045769 |
11/08/2021 |
1308 |
Positivo |
Regione Toscana |
10/03/2025 |
DM_2025-0000118 |
21/11/2022 |
840 |
Positivo |
GRV Wind Sardegna 5 S.r.l. |
10/03/2025 |
DM_2025-0000117 |
04/07/2022 |
980 |
Negativo |
PV ITALY 009 S.r.l. |
07/03/2025 |
DM-2025-0000109 |
17/09/2021 |
1267 |
Negativo |
AM FTV TUDIA S.r.l. |
07/03/2025 |
DM-2025-0000110 |
12/08/2022 |
938 |
Negativo |
X-ELIO ITALIA 5 S.r.l. |
07/03/2025 |
DEC-2025-0000114 |
24/06/2022 |
987 |
Positivo |
Stern PV 2 S.r.l. |
07/03/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000115 |
14/12/2021 |
1179 |
Positivo |
Blue Stone Renewable III S.r.l. |
06/03/2025 |
MASE_2025-0042801 |
20/05/2021 |
1386 |
Positivo |
EDISON Rinnovabili S.p.A. |
06/03/2025 |
MASE_2025-0042791 |
03/12/2021 |
1189 |
Positivo |
TS ENERGY 4 S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE-2025-0041833 |
07/12/2021 |
1184 |
Positivo |
Giglio Energy S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE-2025-0041811 |
12/03/2021 |
1454 |
Positivo |
Alpiq Wind Italia S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000106 |
07/12/2022 |
819 |
Positivo |
Luminora Barba S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE_2025-0041888 |
24/11/2021 |
1197 |
Positivo |
Pollon S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE-2025-0041880 |
27/12/2021 |
1164 |
Positivo |
TE GREEN DEV 1 S. r. l. |
05/03/2025 |
MASE-2025-0041870 |
10/11/2021 |
1211 |
Positivo |
Limes 25 S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE-2025-0041901 |
20/10/2021 |
1232 |
Positivo |
Green Genius Italy Utility 9 S.r.l. |
05/03/2025 |
MASE-2025-0041926 |
13/09/2021 |
1269 |
Positivo |
ENERGYGONNOSMAR1 S.r.l. |
05/03/2025 |
DM-2025-0000108 |
31/05/2022 |
1009 |
Negativo |
Nextpower Development Italia S.r.l. |
04/03/2025 |
DM_2025-0000105 |
10/02/2022 |
1118 |
Positivo |
Flynis PV 42 S.r.L |
04/03/2025 |
DM-2025-0000104 |
16/08/2023 |
566 |
Negativo |
Ergon20 S.r.l. |
03/03/2025 |
DM-2025-0000094 |
25/08/2021 |
1286 |
Negativo |
Energia Levante S.r.l. |
03/03/2025 |
DM-2025-0000095 |
12/12/2023 |
447 |
Negativo |
Lucania Energy S.r.l. |
03/03/2025 |
DM_2025-0000101 |
03/09/2021 |
1277 |
Negativo |
REPSOL VENOSA S.r.l. |
03/03/2025 |
DM_2025-0000102 |
02/09/2022 |
913 |
Negativo |
Marseglia Amaranto Green S.r.l. |
25/02/2025 |
DM-2025-0000085 |
11/05/2022 |
1021 |
Positivo |
Solar Energy TRE S.r.l. |
25/02/2025 |
DEC-2025-0000086 |
17/12/2021 |
1166 |
Positivo |
Luminora Candela S.r.l. |
24/02/2025 |
DM_2025-0000082 |
30/12/2021 |
1152 |
Negativo |
SOLAR ENERGY & PARTNERS S.R.L. |
21/02/2025 |
DM_2025-0000080 |
15/02/2024 |
372 |
Negativo |
EF AGRI Società Agricola a R. L. |
14/02/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000068 |
14/06/2023 |
611 |
Positivo |
Solar Energy Dieci S.r.l. |
13/02/2025 |
DM_2025-0000063 |
10/01/2022 |
1130 |
Negativo |
Pacifico Berillo S.r.l. |
13/02/2025 |
DM_2025-0000064 |
14/12/2021 |
1157 |
Positivo |
MYT SARDINIA 2 S.R.L. |
12/02/2025 |
DM-2025-0000062 |
05/03/2024 |
344 |
Negativo |
IBVI 23 S.R.L. |
05/02/2025 |
DM_2025-0000056 |
06/12/2022 |
792 |
Positivo |
APR ENERGY TWO S.r.l. |
30/01/2025 |
DM_2025-0000036 |
13/01/2023 |
748 |
Negativo |
Kingdom Solar 2 S.r.l |
29/01/2025 |
DM_2025-0000033 |
07/12/2021 |
1149 |
Positivo |
H2-ERA GREEN VALLEY SRL |
29/01/2025 |
DM_2025-0000034 |
31/07/2023 |
548 |
Positivo |
CVA EOS S.r.l. |
29/01/2025 |
DM_2025-0000035 |
04/04/2022 |
1031 |
Positivo |
CAVA ALFA S.R.L. |
28/01/2025 |
DM_2025-0000024 |
17/08/2022 |
895 |
Positivo |
Wind Italia s.r.l. |
27/01/2025 |
DM_2025-0000023 |
29/12/2022 |
760 |
Negativo |
TRINA SOLAR LOTO S.R.L. |
24/01/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000021 |
11/08/2021 |
1262 |
Positivo |
ALLEANS RENEWABLES PROGETTO 5 S.R.L. |
22/01/2025 |
DM_2025-0000020 |
04/11/2021 |
1175 |
Positivo |
Luminora Squinzano S.r.l. |
17/01/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000015 |
20/12/2021 |
1124 |
Positivo |
Columns Energy Spa |
17/01/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000016 |
15/11/2021 |
1159 |
Positivo |
APR ENERGY TWO S.r.l. |
16/01/2025 |
DM_2025-0000014 |
13/01/2023 |
734 |
Negativo |
SR PROJECT 5 S.r.l. |
16/01/2025 |
DM_2025-0000013 |
11/04/2022 |
1011 |
Negativo |
EG ULIVO S.r.l. |
15/01/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000012 |
05/07/2022 |
925 |
Positivo |
PV Italy 1 S.r.l. |
13/01/2025 |
DM_2025-0000007 |
30/01/2023 |
714 |
Negativo |
AMBRA SOLARE 20 S.r.l. |
13/01/2025 |
DM_2025-0000008 |
23/12/2021 |
1117 |
Positivo |
HEPV 04 S.r.l. |
13/01/2025 |
MASE_VA_DEC_2025-0000010 |
24/11/2021 |
1146 |
Positivo |
Svolta Geotermica S.r.l. |
08/01/2025 |
DM_2025-0000002 |
06/12/2023 |
399 |
Positivo |
|
|
|
|
Durata media |
Esiti positivi |
|
|
|
|
973 |
64% |
Provvedimenti unici in materia ambientale |
|||||
Proponente |
Data esito |
Numero |
Data avvio |
Durata (giorni) |
Esito |
Regione Toscana |
16/06/25 |
DEC?2025?0000333 |
21/11/22 |
938 |
Positivo |
Tuturano srl |
05/06/25 |
DEC?2025?0000310 |
27/09/21 |
1347 |
Positivo |
Baroni s.r.l. |
27/05/25 |
DEC?2025?0000295 |
11/08/21 |
1385 |
Positivo |
EFE s.r.l. |
19/05/25 |
DEC?2025?0000275 |
06/08/21 |
1382 |
Positivo |
Cherry Picking S.r.l. |
19/05/25 |
DEC?2025?0000274 |
10/02/22 |
1194 |
Positivo |
Blue Stone Renewable I S.r.l. |
14/04/25 |
DEC?2025?0000201 |
10/05/21 |
1435 |
Positivo |
SR PROJECT 5 SRL |
19/03/25 |
MASE_VA_DEC_2025?0000147 |
17/03/22 |
1098 |
Negativo |
HEPV?04 S.r.l. |
18/03/25 |
MASE_VA_DEC_2025?0000144 |
24/11/21 |
1210 |
Positivo |
Blue Stone Renewable VIII S.r.l. |
14/03/25 |
MASE?2025?0048767 |
14/07/21 |
1339 |
Positivo |
SR PROJECT?5?S.r.l. |
13/03/25 |
DEC?2025?0000136 |
11/04/22 |
1067 |
Negativo |
Cherry Picking S.r.l. |
07/03/25 |
DEC?2025?0000111 |
10/02/22 |
1121 |
Positivo |
Trend Energetico S.r.l. |
05/03/25 |
MASE_VA_DEC_2025?0000107 |
21/02/22 |
1108 |
Positivo |
Millek S.r.l. |
25/02/25 |
DEC?2025?0000088 |
21/12/20 |
1527 |
Negativo |
EFE s.r.l. |
06/02/25 |
MASE_VA_DEC_2025?0000057 |
06/08/21 |
1280 |
Positivo |
IVPC S.r.l. |
05/02/25 |
MASE_VA_DEC_2025?0000055 |
13/09/22 |
876 |
Positivo |
SR PROJECT?5?SRL |
30/01/25 |
DM_2025?0000037 |
17/03/22 |
1050 |
Negativo |
ALLEANS RENEWABLES PROGETTO?5 S.R.L. |
22/01/25 |
MASE_VA_DEC_2025?0000252 |
04/11/21 |
1175 |
Positivo |
Nova Energia S.r.l. |
08/01/25 |
EC?2025?0000004 |
30/03/22 |
1015 |
Positivo |
|
|
|
|
Durata media |
Esiti positivi |
1197 |
78% |
Come anzidetto, qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi richiesti vengono acquisiti nell’ambito di apposita conferenza di servizi in base alla disciplina del provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) contenuta all’articolo 27-bis del Codice dell’ambiente.
In tal caso, il proponente allega all’istanza la documentazione per il rilascio degli atti di assenso richiesti dalle normative di settore (comma 1). Entro dieci giorni, l’autorità competente verifica il pagamento del contributo amministrativo e comunica alle amministrazioni interessate l’avvenuta pubblicazione della domanda nel proprio sito web (comma 2). Entro trenta giorni dalla pubblicazione, le amministrazioni verificano la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine di massimo trenta giorni per le eventuali integrazioni (comma 3). Viene, quindi avviata la consultazione pubblica per la durata di trenta giorni (comma 4). Entro i successivi trenta giorni, l’autorità competente può chiedere al proponente integrazioni, assegnando un termine non superiore a trenta giorni per la loro trasmissione, salvo non chieda a tal fine la sospensione per un massimo di 180 giorni (decorsi inutilmente tali termini, l’istanza si intende ritirata. La richiesta di sospensione può essere avanzata dal proponente una sola volta). La documentazione integrativa è, quindi, pubblicata on line per una nuova consultazione della durata di quindici giorni. Entro dieci giorni dal termine per richiedere integrazioni o dal ricevimento delle integrazioni, l’autorità competente indice una conferenza di servizi in modalità sincrona, affinché le amministrazioni chiamate a rilasciare un atto di assenso si esprimano (comma 5). È previsto (comma 7) che i lavori della conferenza debbano concludersi nei successivi novanta giorni. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende, recandone l’indicazione esplicita, il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto. Nel caso in cui il rilascio di titoli abilitativi settoriali sia compreso nell’ambito di un’autorizzazione unica, le amministrazioni competenti per i singoli atti di assenso partecipano alla conferenza e l’autorizzazione unica confluisce nel provvedimento autorizzatorio unico regionale.
Le aree idonee
Il decreto legislativo n. 199/2021 – di recepimento della cd. direttiva RED II (direttiva UE 2018/2001) – reca, all’articolo 20, una disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili.
In particolare, il comma 1 rinvia ad uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione di principi e criteri omogenei per l’individuazione, con successive leggi regionali (comma 4), delle superfici e delle aree idonee e non all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili.
L’applicazione dei regimi amministrativi per l’installazione degli impianti a FER è basata – già ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2011 – sui due principi di derivazione comunitaria: il principio di proporzionalità e il principio di adeguatezza alle caratteristiche tecnologiche dell’impianto e alla potenza dell’impianto.
Le semplificazioni previste per l’autorizzazione di impianti localizzati in aree idonee dall’articolo 22 del decreto legislativo 199/2021 sono:
Dette semplificazioni si applicano anche:
La procedura di individuazione delle aree idonee non si è ancora conclusa. Il D.M. 21 giugno 2024 (cd. decreto “aree idonee”), pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 2 luglio 2024 ed entrato in vigore il giorno successivo, ha fissato i principi e criteri generali, ai fini della individuazione, entro sei mesi, da parte delle regioni e province autonome, con propria legge, delle aree idonee.
Oltre a quelle che dovranno individuare le regioni, il d.lgs. n. 199/2021 individua già – ope legis – alcune tipologie di aree da ritenere idonee all’installazione di impianti a FER: così ai sensi dell’articolo 20, commi 8 e 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021.
La classificazione dettata dal comma 8 acquisisce ora rilievo ai fini della successiva definizione delle aree idonee, giacché l’articolo 20, comma 1, come modificato dall’articolo 47 del D.L. n. 13/2023, prevede che i decreti recanti i criteri per l’individuazione delle aree idonee dovranno tener conto anche delle aree definite idonee ai sensi del successivo comma 8, nonché di quanto previsto al comma 1-bis, inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (cd. “D.L. Agricoltura”) per ciò che specificamente attiene agli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree classificate agricole, la cui collocazione è limitata solo ad alcune delle aree e ad alcuni dei siti indicati come idonei dal comma 8.
Nello specifico, il comma 8 dell’articolo 20, oggetto di numerose modifiche e integrazioni, prevede siano aree idonee, in via generale e ope legis:
§ siti con impianti esistenti oggetto di modifiche che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20 per cento.
§ siti oggetto di bonifica;
§ cave e miniere dismesse o loro porzioni non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
§ siti e impianti nella disponibilità delle Ferrovie dello Stato, dei gestori di infrastrutture ferroviarie e delle società concessionarie autostradali;
§ siti e impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali;
§ esclusivamente per gli impianti fotovoltaici e per la produzione di biometano, in assenza di vincoli a tutela dei beni culturali, sono idonee anche:
o le aree agricole entro 500 metri da zone industriali, commerciali o artigianali, comprese cave e miniere;
o le aree interne agli impianti industriali e stabilimenti, nonché le aree agricole entro 500 metri dal medesimo impianto/stabilimento;
o le aree comprese entro i 300 metri dalla rete autostradale;
§ aree non rientranti nel perimetro dei beni sottoposti a tutela culturale o paesaggistica, né ricadenti nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) o sottoposti a tutela poiché di notevole interesse pubblico.
Solo alcune delle aree indicate dal comma 8 sono idonee ad ospitare impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti. Ciò, ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 20 del d.lgs n. 199/2021 inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (L. n. 101/2024). Dunque, tali impianti, per motivi legati alla necessita di minimizzare il consumo del suolo, possono essere installati esclusivamente:
I limiti non si applicano agli impianti necessari alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile (CER) e in caso di progetti attuativi delle “altre misure” di investimento del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC). I limiti, inoltre, non si applicano ai progetti per i quali – al 16 maggio 2024 (data di entrata in vigore del D.L. n. 63/2024) – sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi.
Anche quella del comma 1-bis dell’articolo 20, così come quella del comma 8 dell’articolo 20, è una norma che opera “a regime” e non “nelle more” della definizione delle aree idonee.
In proposito si rileva che il TAR Lazio si è recentemente pronunciato in diverse sentenze (sentenza n. 9156/2025, sentenza n. 9157/2025 e sentenza n. 9158/2025) sulla legittimità dell’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021, che come visto ha precluso su tutto il territorio nazionale l’installazione di impianti fotovoltaici collocati a terra in zone classificate agricole. Tale divieto è stato considerato irragionevole e sproporzionato, nonché in contrasto con l’obiettivo europeo della massima diffusione degli impianti FER. Pertanto i giudici, dichiarando rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate dai diversi operatori del settore, hanno sospeso il giudizio trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale.
Il D.M. “aree idonee”
Il decreto “aree idonee” (D.M. 21 giugno 2024) provvede alla ripartizione fra le regioni e le province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi europei (Fit for 55 e Repower EU) (articolo 1 e 2).
Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con il supporto del Gestore dei servizi energetici (GSE) e di Ricerca sul sistema energetico(RSE), monitora e verifica gli adempimenti in carico alle regioni e province autonome (articolo 4). A tale fine, continua ad operare l’Osservatorio istituito dal D.M. cd. Burden Sharing (articolo 5, comma 5 del D.M. 15 maggio 2012) (articolo 5).
Tabella 1 - Ripartizione regionale degli obiettivi di potenza aggiuntiva [MW], per anno
Regione |
2021 |
2022 |
2023 |
2024 |
2025 |
2026 |
2027 |
2028 |
2029 |
2030 |
Abruzzo |
4 |
65 |
196 |
454 |
640 |
850 |
1.086 |
1.350 |
1.648 |
2.092 |
Basilicata |
145 |
204 |
329 |
543 |
748 |
973 |
1.218 |
1.486 |
1.779 |
2.105 |
Calabria |
45 |
95 |
210 |
549 |
857 |
1.206 |
1.603 |
2.055 |
2.568 |
3.173 |
Campania |
74 |
237 |
569 |
909 |
1.297 |
1.728 |
2.206 |
2.736 |
3.325 |
3.976 |
Emilia-Romagna |
100 |
343 |
860 |
1.288 |
1.851 |
2.504 |
3.263 |
4.143 |
5.164 |
6.330 |
Friuli-Venezia Giulia |
30 |
96 |
321 |
404 |
573 |
772 |
1.006 |
1.280 |
1.603 |
1.960 |
Lazio |
82 |
305 |
544 |
933 |
1.346 |
1.829 |
2.396 |
3.059 |
3.835 |
4.757 |
Liguria |
29 |
80 |
122 |
198 |
281 |
382 |
504 |
653 |
834 |
1.059 |
Lombardia |
184 |
622 |
1.521 |
1.963 |
2.714 |
3.592 |
4.616 |
5.812 |
7.208 |
8.766 |
Marche |
32 |
110 |
241 |
457 |
679 |
930 |
1.217 |
1.544 |
1.916 |
2.346 |
Molise |
2 |
38 |
59 |
175 |
273 |
383 |
509 |
651 |
812 |
1.003 |
Piemonte |
78 |
285 |
851 |
1.098 |
1.541 |
2.053 |
2.645 |
3.330 |
4.121 |
4.991 |
Puglia |
163 |
507 |
876 |
1.672 |
2.405 |
3.213 |
4.104 |
5.084 |
6.165 |
7.387 |
Sardegna |
34 |
175 |
468 |
998 |
1.553 |
2.207 |
2.980 |
3.892 |
4.969 |
6.264 |
Sicilia |
144 |
473 |
952 |
1.842 |
2.764 |
3.847 |
5.120 |
6.616 |
8.375 |
10.485 |
Toscana |
42 |
150 |
359 |
667 |
1.019 |
1.444 |
1.958 |
2.580 |
3.332 |
4.250 |
TrAA - Bolzano |
11 |
41 |
120 |
139 |
186 |
239 |
298 |
364 |
438 |
515 |
TrAA - Trento |
11 |
41 |
108 |
140 |
195 |
258 |
333 |
419 |
520 |
631 |
Umbria |
15 |
60 |
135 |
279 |
429 |
609 |
823 |
1.079 |
1.384 |
1.756 |
Valle d’Aosta |
1 |
4 |
10 |
27 |
47 |
75 |
112 |
162 |
231 |
328 |
Veneto |
125 |
413 |
1.088 |
1.373 |
1.889 |
2.483 |
3.164 |
3.947 |
4.847 |
5.828 |
Totale |
1.348 |
4.344 |
9.940 |
16.109 |
23.287 |
31.578 |
41.160 |
52.243 |
65.075 |
80.001 |
Nei casi di mancata adozione delle leggi regionali (o dei provvedimenti previsti nei rispettivi statuti, se si tratta di province autonome), il MASE propone al Presidente del Consiglio dei ministri degli schemi di atti normativi di natura sostitutiva da adottare in Consiglio (si rimanda all’art. 41, co. 1, L. n. 234/2012).
Invece, in caso di scostamento negativo dagli obiettivi previsti per l’anno 2026, il MASE invita l’ente a presentare le proprie osservazioni entro trenta giorni. In caso di accertata inerzia, decorsi sessanta giorni, il MASE informa il Presidente del Consiglio dei ministri affinché assegni all’ente un termine, non inferiore a sei mesi, per l’adozione dei provvedimenti necessari. In caso di inadempimento, il MASE adotta le opportune iniziative per l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Il decreto ministeriale stabilisce anche i principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non, in linea con il principio della neutralità tecnologica (art. 1 e 7).
Le regioni o le province autonome, con il coinvolgimento degli enti locali, dovranno quindi individuare sul loro territorio:
a) superfici e aree idonee ove è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti e delle infrastrutture connesse (ai sensi di quanto prevede l’art. 22 d.lgs n. 199/2021, che sarà illustrato di seguito);
b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti (si richiamano le linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010 par. 17 e all. 3 e ss. mod. e int);
c) superfici e aree ordinarie: superfici e aree diverse dalle precedenti, nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari;
d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Si tratta delle aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di tali impianti, ai sensi dell’art. 20, comma 1-bis, del d.lgs n. 199/2021, recentemente inserito dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024 (L. n. 101/2024, cfr. più diffusamente infra) (articolo 1).
Per l’individuazione delle aree idonee le regioni tengono conto di una serie di criteri (individuati nell’art. 7 in linea con quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021). In particolare, va privilegiato l’utilizzo di superfici di strutture già edificate (capannoni industriali e parcheggi, aree industriali, a destinazione artigianale, per servizi e logistica), e verificata l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi (superfici agricole non utilizzabili), compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica.
Si possono classificare le superfici o le aree idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto e possono essere fatte salve le aree considerate idonee “nelle more”, ai sensi dell’art. 20, comma 8 del d.lgs n. 199/2021 (cfr. infra).
Sono non idonee (articolo 7) le superfici e le aree comprese nel perimetro dei seguenti beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs n. 42/2004): i beni culturali (art. 10); i beni sottoposti a tutela paesaggistica, quali immobili con cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica (art. 136, comma 1, lett. a)); ville, giardini e parchi, non tutelati come bene culturale, che si distinguono per la loro non comune bellezza(art. 136, comma 1, lett. a)).
Possono essere individuate come non idonee le superfici e le aree nel perimetro degli altri beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice.
Le regioni possono stabilire una fascia di rispetto differenziata secondo la tipologia di impianto, proporzionata al bene tutelato, fino a 7 chilometri. La fascia di rispetto non opera per i rifacimenti degli impianti già in esercizio.
Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela anche in itinere (qualora non già sottoposti a valutazione ambiente ai sensi del Titolo III, parte II, del Codice dell’ambiente) (si richiama l’art. 12, co. 3-bis, d.lgs n. 387/2003).
Quando una regione ha devoluto agli enti locali la propria competenza al rilascio dell’autorizzazione unica, essa è tenuta a vigilare affinché questi ottemperino alla regolare applicazione del decreto e ad utilizzare poteri i sostitutivi in caso di inerzia accertata.
La normativa italiana sull’installazione di impianti per la produzione di energia rinnovabile, così delineata, ha generato un contenzioso giudiziario che è recentemente sfociato in numerose sentenze del giudice amministrativo.
In particolare, con la sentenza n. 9155 del 13 maggio 2025, il TAR Lazio ha disposto l’annullamento parziale del decreto ministeriale 21 giugno 2024 sulle aree idonee. Sono stati annullati i commi 2 e 3 articolo 7, che consentivano alle regioni di istituire fasce di rispetto fino a 7 km dai beni sottoposti a tutela, variabili a seconda della tipologia di impianto; è stata ritenuta illegittima la mancata previsione di una disciplina transitoria per tutelare i procedimenti autorizzativi in corso; è stata criticata l’assenza di un quadro unitario nazionale di principi e criteri per la definizione delle aree idonee.
Il TAR del Lazio ha conseguentemente ordinato alle amministrazioni ministeriali resistenti (MASE, MIC, MASAF) di rieditare i criteri per l’individuazione delle aree idonee e non idonee entro 60 giorni dalla notifica o comunicazione della sentenza, stabilendo altresì che le regioni non potranno introdurre restrizioni più severe rispetto a quanto previsto dalla normativa nazionale e dovranno recepire le aree considerate idonee per legge, come indicato all’art. 20, comma 8 del decreto legislativo 199/2021.
Inoltre, con ordinanza n. 9168 del 13 maggio 2025, il TAR del Lazio ha censurato le previsioni della la legge n. 20/2024 della Regione Sardegna, che vietavano la realizzazione di impianti a FER nelle aree considerate non idonee. La normativa, peraltro, classificava la quasi totalità del territorio regionale come area non idonea, includendo in tale classificazione anche le aree che risultavano essere idonee ai sensi dell’articolo 20, comma 8, del d.lgs. n. 199/2021. I giudici, sul punto, hanno stabilito che il carattere di non idoneità di un’area non preclude su detta superficie la realizzazione di impianti a FER. Anche in tal caso, il TAR ha rimesso la questione al giudizio della Corte costituzionale.
Si segnala infine che la Corte costituzionale con sentenza n. 28/2025 aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 3 della legge n. 5/2024 della Regione Sardegna per contrasto con gli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale, con l’articolo 117 della Costituzione, con l’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021 e coi principi di decarbonizzazione e di massima diffusione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili espressi dalla direttiva 2018/2001/UE e dal regolamento n. 2021/1119/UE. L’articolo 3 della legge regionale prevedeva difatti l’introduzione del divieto di realizzare impianti a FER per 18 mesi, nelle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee. Tale articolo aveva tuttavia cessato di produrre i suoi effetti in seguito all’approvazione della legge regionale n. 20/2024 che, come detto, è attualmente al vaglio della Corte costituzionale.
Le zone di accelerazione
Come visto, la direttiva RED III (direttiva UE 2023/2413) ha reso più ambiziosi, in linea con il RepowerEU, gli obiettivi 2030 in materia di consumo di energia da fonti rinnovabili, e, a tale fine, ha introdotto un corpus organico di norme di armonizzazione, finalizzate a dare un necessario, maggiore impulso alla produzione di energia da tali fonti.
In particolare, l’articolo 15-ter della direttiva RED II (come modificata dalla direttiva RED III) prevede che entro il 21 maggio 2025 gli stati membri procedano a una mappatura coordinata in vista della diffusione delle energie rinnovabili sul loro territorio al fine di individuare il potenziale nazionale e la superficie terrestre, il sottosuolo, le aree marine o delle acque interne disponibili necessari per l’installazione di impianti a FER.
L’articolo 15-quater della direttiva RED II (come modificata dalla direttiva RED III) prevede che entro il 21 febbraio 2026 gli Stati membri individuino zone di accelerazione come sottoinsieme delle zone individuate dalla mappatura coordinata.
Per quanto riguarda la durata delle procedure autorizzative, l’articolo 16-bis della direttiva RED II (come modificata dalla direttiva RED III) prevede le seguenti semplificazioni:
Si tratta di termini sostanzialmente dimezzati rispetto a quelli, pure dettagliati dalla direttiva, consentiti per i medesimi procedimenti amministrativi riguardanti progetti di impianti al di fuori delle zone di accelerazione, come si evince anche dalla seguente tabella riepilogativa:
PROCEDURE AUTORIZZATIVE |
DURATA MASSIMA |
|
In zone di accelerazione |
Al di fuori di zone di accelerazione |
|
Conferma della presentazione della domanda o richiesta di integrazione (senza indebito ritardo). NB: la data di conferma della completezza della domanda da parte dell’autorità competente segna l’inizio della procedura autorizzatoria. |
30 giorni |
45 giorni |
Durata della procedura
|
12 mesi |
24 mesi |
Durata della procedura per progetti off-shore |
24 mesi |
36 mesi (art. 16-ter, par. 1, RED II) |
Durata della procedura per progetti di revisione della potenza |
|
|
In caso di nuovi impianti di potenza <150kw, Impianti di stoccaggio co-ubicati, e relativa connessione alla rete |
6 mesi |
12 mesi (art. 16-ter, par. 2, co. 2, RED II) |
In caso di impianti off-shore |
|
24 mesi |
In caso di eolico off-shore |
12 mesi |
|
In caso di aumento della capacità non > 15% (fatta salva VIA), per connessioni |
3 mesi |
|
Durata della procedura per impianti solari e di stoccaggio co-ubicati (se lo scopo primario delle strutture artificiali di ubicazione non sia la produzione di energia solare o lo stoccaggio) |
3 mesi |
|
nel caso di impianto solare con capacità = o < a 100 kW |
1 mese |
|
Durata della procedura per pompe di calore |
|
|
con potenza <50 kW |
1 mese |
|
pompe geotermiche |
3 mesi |
|
connessioni alla rete per pompe di calore con potenza = o < 12kW |
2 settimane |
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connessioni alla rete per pompe di calore installate da autoconsumatore di energia rinnovabile con potenza = o < 50kW, se l’impianto di produzione di energia elettrica da FER dell’autoconsumatore ha potenza almeno del 60 % della capacità della pompa |
L’articolo 12 del decreto legislativo 190/2024 dà appunto attuazione alla predetta normativa europea.
Si rileva che la previsione di cui all’articolo 12, inizialmente assente nello schema di decreto presentato dal Governo ai fini dell’espressione dei pareri prescritti dalla legge delega, è stata successivamente inserita nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale anche in recepimento delle osservazioni e delle condizioni poste nei suddetti pareri (cfr. supra paragrafo delle premesse).
In particolare l’articolo 12 reca disposizioni relative alla mappatura nazionale per l’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile (FER) e alla definizione delle zone di accelerazione, sia terrestri che marine, in conformità con gli obiettivi del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) al 2030.
Stando al comma 1 dell’articolo 12, il GSE è incaricato di pubblicare, entro il 21 maggio 2025, una mappatura che individui il potenziale nazionale e le aree disponibili per l’installazione di impianti a FER, dandone comunicazione alla Conferenza unificata. Tale mappatura si basa su dati provenienti da piattaforme digitali come la piattaforma unica per gli impianti FER e il sistema GAUDÌ, che sarà implementato da ARERA per includere informazioni su concessioni di derivazione idroelettriche e di coltivazione geotermoelettriche (comma 2 dell’articolo 12).
Le attività del GSE necessarie alla mappatura sono disciplinate con convenzione sottoscritta con il MASE (comma 4).
Ai sensi del comma 3, periodicamente la mappatura sarà aggiornata per riflettere eventuali modifiche necessarie e sarà utilizzata come base per le regioni e le province autonome per adottare i piani di individuazione delle zone di accelerazione per impianti FER terrestri.
La disposizione di cui al comma 1 dell’articolo 12 attua quanto previsto dall’articolo 15-ter della direttiva RED II, che appunto prevede che entro il 21 maggio 2025 gli Stati membri procedano a una mappatura coordinata in vista della diffusione delle energie rinnovabili sul loro territorio al fine di individuare il potenziale nazionale e la superficie terrestre, il sottosuolo, le aree marine o delle acque interne disponibili necessari per l’installazione di impianti a FER.
E infatti, in data 21 maggio 2025, è stata comunicata dal GSE la pubblicazione della Piattaforma delle aree idonee e della Mappa delle zone di accelerazione. Si apprende in particolare che la Piattaforma delle aree idonee (PAI), la cui creazione era prevista dal D.M. 17 settembre 2024, è il nuovo strumento digitale per sostenere regioni e province autonome nella pianificazione territoriale legata allo sviluppo delle fonti rinnovabili: basata su una prima mappatura del potenziale nazionale, consente di individuare le aree potenzialmente disponibili per l’installazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili. Tale mappatura è stata elaborata a partire dai dati del CORINE Land Cover, il progetto che cura il rilevamento e il monitoraggio delle caratteristiche di copertura e uso del territorio, con particolare attenzione alle esigenze di tutela ambientale, e da altre informazioni disponibili al GSE aggiornate al 30 aprile 2025. I contenuti – si precisa – sono in costante aggiornamento per garantire il massimo allineamento con l’evoluzione normativa e territoriale.
Ai sensi del comma 5 dell’articolo 12 del TU FER, entro il 21 febbraio 2026 ciascuna regione dovrà elaborare il proprio piano di individuazione delle zone di accelerazione per impianti FER terrestri.
Nella definizione dei piani, le regioni e le province autonome danno priorità all’inclusione di:
Ai sensi del comma 6, il piano di individuazione delle zone di accelerazione marine per gli impianti a FER è invece adottato con DPCM, su proposta del MASE, di concerto con il MIT, entro il 21 febbraio 2026.
Ai sensi del comma 7, le zone di accelerazione, sia terrestri che off-shore, devono essere omogenee e non causare impatti ambientali significativi, rispettando i vincoli di tutela previsti da normative nazionali e internazionali.
Si prevede – al comma 8 – che i piani di individuazione, soggetti a valutazione ambientale strategica, debbano includere misure di mitigazione per ridurre eventuali effetti negativi.
Al comma 9 si dispone che i piani per l’individuazione delle zone di accelerazione siano riesaminati periodicamente e modificati per tenere conto degli aggiornamenti della mappatura e del PNIEC.
Infine, al comma 10, si prevede che gli interventi in attività libera e PAS non siano subordinati all’acquisizione dell’autorizzazione dell’autorità competente in materia paesaggistica, la quale si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Nel caso sia prevista l’autorizzazione unica, il parere dell’autorità competente rimane non vincolante e si prevedono una diminuzione di un terzo dei tempi della procedura, oltre alla non applicazione delle procedure di VIA, a condizione che siano state stabilite misure di mitigazione in sede di valutazione ambientale strategica.
L’articolo 12 del decreto legislativo n. 190/2024 è stato recentemente modificato per implementare ulteriormente il recepimento della normativa europea: modifica disposta dall’articolo 13 del decreto-legge n. 73/2025 (L. n. 105/2025).
Come visto, l’articolo 12, comma 5, del d.lgs. n. 190 prevede che ciascuna regione e provincia autonoma debba adottare un piano di individuazione delle zone di accelerazione terrestri per gli impianti a FER, gli impianti di stoccaggio e le loro opere connesse. Il piano deve essere adottato entro il 21 febbraio 2026, sulla base della mappatura effettuata dal GSE, come disposto dal comma 1 del medesimo articolo 12 e nell’ambito delle aree idonee individuate ai sensi del d.lgs. n. 199/2021.
A seguito della novella dell’articolo 12 del d.lgs. n. 190 da parte dell’articolo 13 del D.L. n. 73/2025 si dispone ora che le aree idonee, nell’ambito delle quali individuare le aree di accelerazione, siano quelle individuate ope legis dall’articolo 20, comma 8, del d.lgs. n. 199 del 2021, e non più quelle che le regioni con propria legislazione sono tenute ad adottare ai sensi comma 4 del medesimo articolo 20 (come inizialmente disposto dal testo previgente dell’articolo 12, comma 5).
Inoltre, sempre a seguito della novella dell’articolo 12 del d.lgs. n. 190 si dispone ora, tramite il nuovo comma 7-bis, che – per i progetti riguardanti gli interventi in attività libera e gli interventi in regime di procedura abilitativa semplificata (PAS) e sempre in coerenza con il potenziale nazionale individuato dal GSE mediante la mappatura del territorio nazionale – ogni piano di accelerazione regionale comprenda tra le zone di accelerazione anche le aree industriali, come definite dagli strumenti urbanistici regionali, sovracomunali o comunali comunque denominati, ricadenti nelle aree individuate da GSE con la predetta mappatura.
L’articolo 12 del d.lgs. n. 190/2024 – sempre a seguito della novella disposta dall’articolo 13 del D.L. n. 73/2025 – dispone inoltre la pubblicazione da parte del GSE della rappresentazione cartografica delle zone di accelerazione. E infatti, in data 21 maggio 2025, il GSE ha appunto pubblicato anche la Mappa delle zone di accelerazione. Le regioni e le province autonome comunicheranno a GSE eventuali disallineamenti cartografici delle aree industriali insistenti sui rispettivi territori, rispetto a quanto riportato nella mappatura pubblicata. Ciò deve avvenire entro trenta giorni dalla pubblicazione della rappresentazione di cui sopra, ed al fine esclusivo dell’aggiornamento cartografico delle zone di accelerazione.
Infine, la novella all’articolo 12 dispone che le zone di accelerazione così individuate – e cioè all’interno delle aree definite idonee ope legis dall’articolo 20, comma 8, del d.lgs. n. 199/2021 – e così definite – cioè le predette aree industriali – costituiscano il contenuto minimo inderogabile di ciascun piano regionale. Viene fatta salva la possibilità per le regioni e le province autonome di indicare nei propri piani ulteriori impianti a FER, nonché gli impianti di stoccaggio, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi.
Si prevede poi che le regioni e le province autonome debbano presentare le proposte di piano per la valutazione ambientale strategica (VAS) entro e non oltre il 31 agosto 2025, così da rispettare il termine complessivo per la conclusione del procedimento di adozione del documento, fissato al 21 febbraio 2026. In caso di inosservanza dei termini di cui sopra, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica propone al Presidente del Consiglio dei ministri l’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’articolo 12 del decreto legge n. 77/2021. Tale articolo disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato in caso di inadempienza di un soggetto attuatore di progetti o interventi del PNRR ove sia messo a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR.
Per approfondimenti e aggiornamenti su questa normativa, si rimanda al tema del Servizio studi della Camera dedicato alle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Il novero degli impianti fotovoltaici realizzabili mediante semplice comunicazione ha subito una profonda revisione in seguito all’adozione del d.lgs. n. 190/2024. Più specificamente, l’articolo 7, comma 1, dispone che la realizzazione degli interventi di cui all’allegato A non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati.
L’allegato A opera, in particolare, una ricognizione dei seguenti casi in cui l’ordinamento considera l’installazione di impianti solari fotovoltaici attività ad edilizia libera:
§ impianti solari fotovoltaici, di potenza inferiore a 12 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato;
§ impianti solari fotovoltaici a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) (dunque al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, di potenza:
o inferiore a 12 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;
o fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti;
§ impianti solari fotovoltaici di potenza inferiore a 5 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
§ impianti solari fotovoltaici ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza:
o inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;
o fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti; in proposito si segnala che una fonte di incertezza normativa può derivare dal fatto che l’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n. 50/2022[24] dispone che fino al 31 dicembre 2025 siano sottoposti a DILA (dichiarazione di inizio lavori asseverata) i progetti di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra o su coperture piane o falde di potenza non superiore a 1 MW ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture: tuttavia, si ricorda che il d.lgs. n. 190/2024 non prevede più il regime amministrativo della DILA, disponendo, anzi, l’abrogazione della relativa disciplina;
§ impianti agrivoltaici di potenza inferiore a 5 MW che consentono la continuità dell’attività agricola e pastorale (per ulteriori casistiche relative agli impianti agrivoltaici si veda il focus a pag. 74);
§ impianti solari termici a servizio di edifici, con potenza nominale utile fino a 10 MW, installati su strutture o edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti, purché al di fuori della zona A) di cui al citato articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, dunque al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale.
L’allegato A, sezione II, individua una serie di interventi di modifica rientranti nel regime di attività libera. In particolare, è consentita la realizzazione di interventi su impianti solari fotovoltaici esistenti, già abilitati o autorizzati — inclusi operazioni di potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, anche integrale — alle seguenti condizioni:
La sezione 2 dell’allegato A pone comunque dei limiti all’incremento di potenza complessiva risultante dall’intervento, a meno che la sezione non rechi disposizioni specifiche in relazione alla potenza. Si specifica difatti che la potenza complessiva non può superare le soglie stabilite negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152/2006). Tali allegati stabiliscono le tipologie di progetti da sottoporre a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) o di verifica di assoggettabilità a VIA, e in alcuni casi indicano soglie di potenza per determinare se un progetto vi rientra. Di seguito si elencano le soglie più rilevanti per gli impianti fotovoltaici. Per deroghe alla disciplina in materia di valutazioni ambientali si rinvia alle disposizioni commentate nell’apposito paragrafo del presente dossier.
allegato II (Progetti sottoposti a VIA in sede statale) d.lgs. n. 152/2006
§ Impianti termici: impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW.
§ Impianti fotovoltaici: impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il medesimo punto di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità ambientale[25].
allegato II-bis (Progetti sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede statale) d.lgs. n. 152/2006
§ Impianti termici: impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW.
§ Impianti fotovoltaici: impianti fotovoltaici di potenza superiore a 25 MW nelle aree idonee, nonché impianti fotovoltaici di potenza superiore a 30 MW installati a terra, ubicati in zone e aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati, ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento.
allegato III (Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano) d.lgs. n. 152/2006
Impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 10 MW collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici su aree pubbliche o demaniali, compresi gli invasi idrici nelle cave dismesse o in esercizio, o installati a copertura dei canali di irrigazione diversi da dighe.
allegato IV (Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle province autonome di Trento e Bolzano e delle regioni) d.lgs. n. 152/2006
§ Impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore e acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW.
§ Impianti fotovoltaici:
o impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 15 MW, installati su strutture o edifici esistenti, sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;
o impianti fotovoltaici o agrivoltaici di potenza pari o superiore a 12 MW in zone classificate agricole che consentano l’effettiva compatibilità e integrazione con le attività agricole;
o impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 12 MW nelle aree classificate idonee;
o impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 15 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento.
Secondo quanto previsto dall’articolo 8, comma 1 del d.lgs. n. 190/2024, per gli interventi di cui all’allegato B si applica la procedura abilitativa semplificata (PAS).
Per quanto riguarda gli interventi di nuova costruzione (allegato B, sezione I), rientrano nel regime di PAS:
§ impianti solari fotovoltaici su edifici di potenza inferiore a 10 MW, diversi da quelli rientranti nell’attività libera (allegato A, sezione I, lettere a) e b), numero 1)[26], i cui moduli sono collocati con qualsiasi modalità su edifici e la cui superficie complessiva dei moduli non supera quella del tetto dell’edificio su cui sono installati;
§ impianti solari fotovoltaici in aree idonee di potenza inferiore a 10 MW, diversi da quelli indicati per l’attività libera (allegato A, sezione I, lettere a), b), c) e d)[27]); le aree idonee sono quelle di cui all’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021, comprese le aree di cui al comma 8 del medesimo articolo 20 (per un approfondimento sulle aree idonee si rimanda a quanto già detto a pag. 59);
§ impianti solari fotovoltaici in sostituzione di coperture in eternit/amianto, di potenza inferiore a 10 MW;
§ impianti solari fotovoltaici a terra in aree industriali/commerciali, discariche o cave di potenza pari a 5 MW e fino a 15 MW. Gli impianti devono essere ubicati in zone e aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
§ impianti fotovoltaici flottanti di potenza inferiore a 10 MW collocati sullo specchio d’acqua di invasi e bacini idrici su aree pubbliche o demaniali (inclusi invasi idrici in cave dismesse o in esercizio) o installati a copertura di canali di irrigazione, purché diversi da quelli soggetti ad autorizzazione unica (allegato C, sezione I, lettera aa) e sezione II, lettera z)[28]);
§ impianti solari fotovoltaici di potenza fino a 1 MW, diversi da quelli indicati per l’attività libera (allegato A, sezione I, lettere a), b), c) e d)[29]) nonché di quelli citati dall’allegato B in regime di PAS;
§ impianti solari termici a servizio di edifici con potenza termica nominale utile fino a 10 MW. Gli impianti devono essere installati su strutture o edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, all’interno della zona A) (dunque al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968;
§ impianti solari termici, con potenza termica fino a 10 MW, asserviti a processi produttivi.
L’allegato B, sezione II, individua una serie di interventi di modifica rientranti nel regime di PAS. In particolare, è consentita la realizzazione di modifiche, inclusi potenziamenti, rifacimenti, riattivazioni e ricostruzioni (anche integrali), di impianti a fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica esistenti, abilitati o autorizzati, a condizione che non comportino un incremento dell’area occupata dall’impianto esistente superiore al 20 per cento. Inoltre, specificamente per gli impianti solari termici esistenti con potenza termica fino a 10 MW, si applica la PAS:
§ per impianti a servizio di edifici, installati su strutture e edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza, all’interno della zona A), dunque all’interno degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale, di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968;
§ per impianti asserviti a processi produttivi.
In entrambi i casi (nuova costruzione e modifiche su impianti esistenti), le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio di questi impianti, comprese le opere di connessione alla rete, rientrano anch’esse nel regime di PAS.
Anche in tal caso, se gli interventi di modifica comportano un incremento di potenza di impianti esistenti o autorizzati, la potenza complessiva risultante non può superare le soglie (viste supra) stabilite negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente, salvo disposizioni specifiche in relazione alla potenza.
Si ricorda inoltre che il d.lgs. n. 190/2024 stabilisce che se gli interventi che normalmente rientrerebbero nel regime di attività libera (allegato A) ricadono su beni oggetto di tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), o in aree naturali protette (legge n. 394/1991 o leggi regionali), o all’interno di siti della Rete Natura 2000, allora si applica il regime della procedura abilitativa semplificata (PAS).
Secondo l’articolo 9 del d.lgs. n. 190/2024, gli interventi relativi agli impianti solari che rientrano nel regime dell’autorizzazione unica sono specificati nell’allegato C. Tali interventi sono divisi in base alla competenza, che può essere regionale (sezione I) o statale (sezione II).
Di seguito sono elencati gli interventi su impianti solari termici e fotovoltaici che ricadono nel procedimento di autorizzazione unica, fatti salvi gli interventi sottoposti al regime di attività libera o PAS.
§ impianti fotovoltaici:
o impianti fotovoltaici di potenza pari o superiore a 1 MW e fino a 300 MW;
o impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe diverse da quelle di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994[30].
§ impianti solari termodinamici: impianti solari termodinamici di potenza fino a 300 MW;
§ impianti solari termici a servizio di edifici: impianti solari termici con potenza termica superiore a 10 MW e fino a 300 MW, a servizio di edifici installati su strutture o edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza;
§ impianti solari termici asserviti a processi produttivi: ompianti solari termici con potenza termica superiore a 10 MW e fino a 300 MW, asserviti a processi produttivi;
§ modifiche su impianti esistenti: modifiche (inclusi potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni) di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
Interventi di competenza statale
§ impianti di produzione di energia elettrica a FER di potenza superiore a 300 MW. Questa categoria include tutti gli impianti a FER che superano tale soglia di potenza;
§ impianti solari termici a servizio di edifici: impianti solari termici con potenza termica superiore a 300 MW, a servizio di edifici installati su strutture e edifici esistenti o sulle loro pertinenze o posti su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici o collocati a terra in adiacenza;
§ impianti solari termici asserviti a processi produttivi: impianti solari termici con potenza termica superiore a 300 MW, asserviti a processi produttivi;
§ impianti fotovoltaici flottanti su dighe specifiche: impianti solari fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994[31].
§ modifiche su impianti esistenti: modifiche (inclusi potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni) di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
Per la realizzazione di impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto e le opere connesse, ivi comprese le aree demaniali o, se necessaria, la richiesta di attivazione della procedura di esproprio per le aree interessate dalle opere connesse (articolo 9, comma 3 del d.lgs. n. 190/2024).
Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, l’autorizzazione unica è rilasciata nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione regionale (PAUR), salva la facoltà, per le stesse regioni e province autonome, di optare per il procedimento autorizzatorio unico di cui all’articolo 9 del d.lgs. n. 190/2024.
Con il D.L. n. 13/2023, all’articolo 47, comma 1-bis (come modificato dal dall’articolo 9, comma 9-quinquies del D.L. n. 181/2023) è stata disposta, in via transitoria, fino al 30 giugno 2025[32], in attuazione della normativa europea quadro per l’accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili (Reg. 2022/2577/UE, articolo 6 e 9), l’esenzione dalle valutazioni ambientali per:
§ i progetti di impianti fotovoltaici con potenza complessiva sino a 30 MW, anche comprensivi delle opere connesse, dei sistemi di accumulo e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti medesimi, ricadenti nelle aree idonee di cui all’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica;
§ i progetti di rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti fotovoltaici già esistenti, eventualmente comprensivi di sistemi di accumulo, che non prevedano variazione dell’area occupata e con potenza complessiva, a seguito dei predetti interventi, sino a 50 MW, sempre che ricadano nelle aree idonee, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica ai sensi del titolo II della parte seconda del d.lgs. n. 152/2006;
§ i progetti di impianti per lo stoccaggio dell’energia elettrica rinnovabili, anche comprensivi delle relative opere connesse e delle infrastrutture indispensabili, ricadenti nelle aree idonee, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica.
L’esenzione si applica anche ai progetti di infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia rinnovabile o di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, necessari a integrare l’energia nel sistema elettrico, ovvero ai progetti di impianti di stoccaggio di energia da fonti rinnovabili ricadenti nelle aree contemplate dal Piano di sviluppo della rete elettrica nazionale, già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica.
Dubbi interpretativi solleva la parte del dispositivo che menziona l’inclusione di detti progetti ricadenti in aree contemplate in piani e programmi sottoposti positivamente a VAS. Da una interpretazione letterale, parrebbe riferirsi alle aree idonee, che tuttavia sono definite dall’articolo 20, comma 8 del d.lgs. n. 199/2021, in via transitoria, e saranno stabilite a regime con leggi regionali, che non dovranno comunque essere sottoposte a VAS.
Nella seguente tabella si dà conto, in maniera semplificata, dei regimi applicabili all’installazione di impianti solari fotovoltaici e termici.
Tipologia di intervento / impianto |
Regime amministrativo |
Impianti fotovoltaici su coperture di edifici/pertinenze, <12 MW, con stessa inclinazione/orientamento, senza modifica della sagoma |
Attività libera |
Impianti fotovoltaici su edifici fuori zona A, <12 MW, su edifici esistenti |
Attività libera |
Impianti fotovoltaici a terra in adiacenza di edifici esistenti cui asserviti, fino a 1 MW |
Attività libera |
Impianti fotovoltaici a terra <5 MW in aree industriali, artigianali, commerciali, discariche, cave non sfruttabili |
Attività libera |
Impianti fotovoltaici in aree di strutture turistiche/termali, su edifici/pertinenze, <10 MW |
Attività libera |
Impianti fotovoltaici in aree di strutture turistiche/termali, a terra in adiacenza a edifici esistenti, fino a 1 MW |
Attività libera |
Impianti agrivoltaici che consentono attività agricola/pastorale, <5 MW |
Attività libera |
Impianti solari termici a servizio di edifici, su edifici/pertinenze, fuori da zona A, fino a 10 MW |
Attività libera |
Impianti fotovoltaici su edifici <10 MW (diversi da attività libera), moduli su tetto con superficie totale ? alla superficie del tetto |
PAS |
Impianti fotovoltaici in aree idonee <10 MW (diversi da attività libera) |
PAS |
Impianti fotovoltaici in sostituzione coperture in eternit/amianto <10 MW |
PAS |
Impianti fotovoltaici a terra in aree industriali/commerciali/discariche/cave, 5–15 MW |
PAS |
Impianti fotovoltaici flottanti <10 MW su invasi/bacini/canali (se diversi da quelli soggetti ad AU) |
PAS |
Impianti fotovoltaici fino a 1 MW (diversi da attività libera o da altri casi in PAS) |
PAS |
Impianti solari termici a servizio di edifici fino a 10 MW, su edifici/pertinenze, in zona A |
PAS |
Impianti solari termici fino a 10 MW asserviti a processi produttivi |
PAS |
Impianti fotovoltaici 1–300 MW |
AU regionale |
Impianti solari fotovoltaici flottanti su invasi da dighe diverse da quelle di cui all’art. 1 D.L. 507/1994 |
AU regionale |
Impianti solari termodinamici fino a 300 MW |
AU regionale |
Impianti solari termici a servizio di edifici >10 MW e ?300 MW |
AU regionale |
Impianti solari termici asserviti a processi produttivi >10 MW e ?300 MW |
AU regionale |
Impianti FER >300 MW |
AU statale |
Impianti solari termici a servizio di edifici >300 MW |
AU statale |
Impianti solari termici asserviti a processi produttivi >300 MW |
AU statale |
Impianti fotovoltaici flottanti su dighe di cui all’art. 1 D.L. 507/1994 |
AU statale |
Definizione di impianti agro-voltaici
Le linee guid 27 giugno 2022 adottate ai sensi del D.L. n. 1/2012, articolo 65, comma 1-quinquies, definiscono:
§ impianto fotovoltaico: insieme di componenti che producono e forniscono elettricità ottenuta per mezzo dell’effetto fotovoltaico; esso è composto dall’insieme di moduli fotovoltaici e dagli altri componenti (BOS), tali da consentire di produrre energia elettrica e fornirla alle utenze elettriche in corrente alternata o in corrente continua e/o di immetterla nella rete distribuzione o di trasmissione;
§ impianto agrivoltaico (o agro-voltaico, o agro-fotovoltaico): impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione;
§ impianto agro-voltaico avanzato: impianto agro-voltaico che, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater e 1-quinquies, del D.L. n. 1/2012:
o adotta soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione (articolo 65, comma 1-quater);
o prevede la contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate, il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici (articolo 65, comma 1-quinquies)[33].
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8029/2023, IV Sezione, intervenendo sulla individuazione del regime normativo da applicare al progetto di realizzazione di un impianto agro-voltaico, ha rimarcato la differenza tra impianti fotovoltaici e agro-voltaici, rilevando che “mentre nel caso di impianti fotovoltaici il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva) nell’agro-voltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola. Per effetto di tale tecnica, la superficie del terreno resta, infatti, permeabile e quindi raggiungibile dal sole e dalla pioggia, dunque pienamente utilizzabile per le normali esigenze della coltivazione agricola”. Lo stesso Consiglio per la definizione ha richiamato le succitate linee guida MASE. Alla luce di quanto osservato, il Consiglio afferma che gli impianti agrovoltaici costituiscono una documentata e specifica realtà nell’attuale quadro ordinamentale.
Proprio per preservare le esigenze della coltivazione, vari interventi legislativi hanno disposto limiti all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone agricole.
Ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021, introdotto dall’articolo 5 del D.L. n. 63/2024, l’installazione di impianti fotovoltaici a terra è consentita solo in alcune delle aree già qualificate come idonee ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 20, e, in particolare, esclusivamente:
- nei siti ove sono già installati impianti della stessa fonte, limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata,
- nelle cave e miniere cessate, o le porzioni di esse, non suscettibili di ulteriore sfruttamento; incluse le cave già ripristinate sul piano ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ma ancora non ripristinate, le discariche o i relativi lotti chiusi o ripristinati.
sui siti e gli impianti delle società del gruppo ferrovie e delle concessionarie autostradali;
- sui siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, inclusi quelli delle isole minori e previe verifiche tecniche da parte di ANAC;
- nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, e le aree agricole i cui punti perimetrali vi distino non più di 500 metri e aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri.
I limiti non si applicano agli impianti per la costituzione di una comunità energetica rinnovabile (CER) e in caso di progetti attuativi delle “altre misure” di investimento del PNRR e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC), o di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.
Si tratta di una norma– non del tutto chiara nelle sue eccezioni – che opera “a regime” e non “nelle more” della definizione delle aree idonee.
Sul punto si ricorda che il TAR Lazio si è recentemente pronunciato in diverse sentenze (sentenza n. 9156/2025, sentenza n. 9157/2025 e sentenza n. 9158/2025) sulla legittimità dell’articolo 20, comma 1-bis del d.lgs. n. 199/2021: il divieto su tutto il territorio nazionale di installare impianti fotovoltaici collocati a terra in zone classificate agricole è stato considerato irragionevole e sproporzionato, nonché in contrasto con l’obiettivo europeo della massima diffusione degli impianti FER. Pertanto i giudici, dichiarando rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate dai diversi operatori del settore, hanno sospeso il giudizio trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale.
Impianti agrovoltaici in aree individuate come idonee: libera installazione se realizzati da imprenditori agricoli e ad una altezza dal suolo almeno di due metri
Ai sensi dell’articolo 11, comma 1-bis del D.L. n. 17/2022[34], una volta definite le aree idonee (le regioni, come sopra detto, avrebbero dovuto provvedervi entro il 3 gennaio 2024[35], altrimenti può intervenire lo Stato in via sostitutiva), sono a libera installazione e considerati strumentali all’attività agricola gli impianti fotovoltaici sopraelevati dal suolo localizzati in aree agricole, se posti al di fuori di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000, e, nei limiti consentiti dalle eventuali prescrizioni, se posti in aree soggette a vincoli paesaggistici diretti o indiretti.
Tali manufatti devono comunque essere realizzati direttamente da imprenditori agricoli o da società a partecipazione congiunta con i produttori di energia elettrica alle quali è conferita l’azienda o il ramo di azienda da parte degli stessi imprenditori agricoli ai quali è riservata l’attività di gestione imprenditoriale salvo che per gli aspetti tecnici di funzionamento dell’impianto e di cessione dell’energia. Devono inoltre ricorrere le seguenti condizioni:
a) i pannelli solari sono posti sopra le piantagioni ad altezza pari o superiore a due metri dal suolo, senza fondazioni in cemento o difficilmente amovibili;
b) le modalità realizzative devono prevedere una loro effettiva compatibilità e integrazione con le attività agricole quale supporto per le piante ovvero per sistemi di irrigazione parcellizzata e di protezione o ombreggiatura parziale o mobile delle coltivazioni sottostanti ai fini della contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio, da attuare sulla base di linee guida adottate dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), in collaborazione con il Gestore dei servizi energetici (GSE). L’installazione è in ogni caso subordinata al previo assenso del proprietario e del conduttore, a qualsiasi titolo purché oneroso, del fondo.
Come già detto in relazione agli interventi su impianti fotovoltaici, l’articolo 7, comma 1 del d.lgs. n. 190/2024 ha disposto che la realizzazione degli interventi di cui all’allegato A non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati.
Questi comprendono, per quanto riguarda gli impianti eolici:
§ singoli generatori eolici installati su edifici esistenti con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro;
§ torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento per un periodo non superiore a 36 mesi, realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili, fermo restando l’obbligo alla rimozione delle stesse e al ripristino dello stato dei luoghi entro un mese dalla conclusione della rilevazione;
§ impianti eolici con potenza complessiva fino a 20 kW posti al di fuori delle zone A) e B) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968[36];
§ impianti eolici con potenza complessiva fino a 20 kW e altezza non superiore a 5 metri.
§ modifiche su impianti eolici esistenti, abilitati o autorizzati, incluse quelle relative alla soluzione tecnologica utilizzata, che, senza incremento dell’area occupata dall’impianto e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante, consistono nella sostituzione della tipologia di rotore che comporta una variazione in aumento delle dimensioni fisiche delle pale e delle volumetrie di servizio non superiore al 20 per cento;
§ modifiche su impianti eolici esistenti, abilitati o autorizzati, incluse quelle relative alla soluzione tecnologica utilizzata, che, senza incremento dell’area occupata dall’impianto e dalle opere connesse e a prescindere dalla potenza elettrica risultante, consistono in una riduzione di superficie o di volume, indipendentemente dalla sostituzione o meno degli aerogeneratori;
§ modifiche su impianti eolici esistenti, abilitati o autorizzati, che comportano una riduzione minima del numero degli aerogeneratori rispetto a quelli esistenti, abilitati o autorizzati, e sono realizzati nello stesso sito dell’impianto esistente. Per tali modifiche, sono previste condizioni specifiche relative alla conformazione dell’impianto (su unica direttrice o più direttrici), alle dimensioni (diametro e altezza massima) dei nuovi aerogeneratori e al loro numero[37].
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 190/2024, le regioni e gli enti locali possono stabilire regole particolari per l’ulteriore semplificazione dei regimi amministrativi, anche consistenti nell’innalzamento delle soglie di potenza previste per gli interventi in attività libera e in regime di PAS, ferma restando l’esenzione dalle valutazioni ambientali di cui al titolo III della parte seconda del Codice dell’ambiente per gli interventi che ricadono in una delle due categorie menzionate.
Come già rilevato, il comma 2 dell’allegato A pone comunque dei limiti all’incremento di potenza complessiva risultante dall’intervento, a meno che la sezione non rechi disposizioni specifiche in relazione alla potenza. Si specifica difatti che la potenza complessiva non può superare le soglie stabilite negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152/2006). Tali allegati stabiliscono le tipologie di progetti da sottoporre a procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) o di verifica di assoggettabilità a VIA, e in alcuni casi indicano soglie di potenza per determinare se un progetto vi rientra. Di seguito si elencano le soglie più rilevanti per gli impianti eolici.
allegato II (Progetti sottoposti a VIA in sede statale) d.lgs. n. 152/2006
Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW. Con modifica introdotta dall’articolo 10, comma 1 del D.L. n. 50/2022 è stato precisato che tale potenza viene calcolata basandosi solo sul progetto sottoposto a valutazione, escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che condividano lo stesso centro di interesse[38].
allegato III (Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano) d.lgs. n. 152/2006
Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora ciò sia disposto a seguito dell’esito della verifica di assoggettabilità stessa.
allegato IV (Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle province autonome di Trento e Bolzano e delle regioni) d.lgs. n. 152/2006
§ Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW.
§ Progetti di rifacimento ovvero di ripotenziamento di impianti eolici esistenti, abilitati o autorizzati, da realizzare nello stesso sito dell’impianto esistente, abilitato o autorizzato, e che comportano un incremento di potenza superiore a 30 MW[39].
L’allegato B al d.lgs. n. 190/2024 elenca i seguenti interventi relativi ad impianti eolici sottoposti a PAS.
§ impianti eolici con potenza superiore a 20 kW e inferiore a 60 kW, a condizione che siano posti al di fuori di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000[40];
§ torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento per un periodo superiore a 36 mesi, realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili, con l’obbligo alla rimozione delle stesse e al ripristino dello stato dei luoghi entro un mese dalla conclusione della rilevazione.
Sono soggette a PAS le modifiche su impianti a fonti rinnovabili esistenti, abilitati o autorizzati, inclusi il potenziamento, il ripotenziamento, il rifacimento, la riattivazione e la ricostruzione (anche integrale), a condizione generale che tali modifiche non comportino un incremento dell’area occupata dall’impianto esistente superiore al 20 per cento. Questa disposizione, avendo portata generale, si applica anche agli impianti eolici.
Anche in tal caso, se gli interventi di modifica comportano un incremento di potenza di impianti esistenti o autorizzati, la potenza complessiva risultante non può superare le soglie stabilite negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente, salvo disposizioni specifiche in relazione alla potenza (per una disamina delle quali si rinvia alla sezione precedente).
Di seguito sono elencati gli interventi su impianti eolici che ricadono nel procedimento di autorizzazione unica, fatti salvi gli interventi sottoposti al regime di attività libera o PAS.
§ impianti eolici con potenza pari o superiore a 60 kW e fino a 300 MW;
§ impianti eolici posti all’interno di aree protette o appartenenti a Rete Natura 2000, a prescindere dalla potenza; dunque anche impianti di potenza inferiore a 60 kW (che in altre aree potrebbero rientrare in attività libera o PAS) sono soggetti ad autorizzazione unica qualora si trovino in tali zone vincolate.
§ impianti di produzione di energia elettrica a fonti rinnovabili di potenza superiore a 300 MW: questa categoria, a portata generale, include gli impianti eolici che superano tale soglia;
§ impianti off-shore a mare;
§ modifiche, ivi incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
In entrambi i casi (competenza regionale o statale), le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti rientrano nel medesimo regime di Autorizzazione Unica. Queste includono le opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale, come risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete.
Per quanto riguarda gli impianti off-shore, si ricorda che il procedimento autorizzatorio unico vede il coinvolgimento nell’ambito della conferenza di servizi anche del Ministero delle infrastrutture e, per gli aspetti legati all’attività di pesca marittima, del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Si fa presente che in tali casi è necessario solamente sentire la regione interessata, mentre in tutti gli altri casi in cui la normativa prevede l’autorizzazione unica statale, essa è rilasciata previa intesa con la regione o le regioni interessate.
Vengono in rilievo, quindi, le soglie previste dagli allegati alla parte seconda del d.lgs. n.152/2006.
Si rileva inoltre che l’articolo 47, comma 1-bis del D.L. n. 13/2023, ha previsto in via transitoria, fino al 30 giugno 2025, in attuazione della normativa europea quadro per l’accelerazione della diffusione delle energie rinnovabili (Reg. 2022/2577/UE, articolo 6 e 9), l’esenzione dalle valutazioni ambientali per:
§ i progetti di impianti off-shore di potenza complessiva non superiore a 50 MW, che ricadano nelle aree individuate dal Piano di gestione dello spazio marittimo, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica;
§ i progetti di repowering che non prevedano variazione dell’area occupata e con potenza complessiva, a seguito dell’intervento medesimo, sino a 50 MW, che ricadano nelle aree idonee di cui all’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021, contemplate nell’ambito di piani o programmi già sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica.
Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili nelle ipotesi più comuni.
Tipo di intervento / impianto |
Regime applicato |
Singoli generatori eolici installati su edifici con altezza non superiore a 1,5 m e diametro non superiore a 1 m |
Attività libera |
Torri anemometriche temporanee (fino a 36 mesi) |
Attività libera |
Impianti di nuova costruzione con potenza fino a 20 kW, fuori dalle zone A) e B) |
Attività libera |
Impianti eolici con potenza fino a 20 kW e altezza non superiore a 5 m |
Attività libera |
Modifiche su impianti esistenti senza incremento dell’area e variazione delle pale fino al 20% |
Attività libera |
Modifiche su impianti esistenti che comportano riduzione di superficie o volume |
Attività libera |
Modifiche su impianti esistenti con riduzione minima del numero di aerogeneratori |
Attività libera |
Impianti eolici con potenza superiore a 20 kW e fino a 60 kW, fuori da aree protette o di Rete Natura 2000 |
PAS |
Torri anemometriche per periodi superiori a 36 mesi |
PAS |
Modifiche su impianti esistenti con incremento dell’area superiore al 20% |
PAS |
Impianti eolici con potenza pari o superiore a 60 kW e fino a 300 MW |
AU regionale |
Impianti eolici all’interno di aree protette o di Rete Natura 2000 |
AU regionale |
Impianti eolici con potenza superiore a 300 MW |
AU statale |
Impianti off-shore a mare |
AU statale |
Modifiche a impianti esistenti con potenza superiore a 300 MW |
AU statale |
III. Gli impianti a biomasse e biogas
L’allegato A del d.lgs. n. 190/2024 stabilisce che rientrino in attività libera:
§ gli impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas con potenza fino a 50 kW operanti in assetto cogenerativo;
§ gli impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza nominale utile fino a 200 kW;
§ unità di microcogenerazione, ossia unità di cogenerazione con una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe[41];
§ impianti di cogenerazione[42] a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza nominale utile fino a 200 kW;
Si fa presente che l’articolo 27, comma 20, della legge n. 99/2009 prevede che l’installazione e l’esercizio di unità di microgenerazione siano assoggettate alla sola comunicazione ai sensi del T.U edilizia (D.P.R. n. 380/2001), mentre per le unità di piccola cogenerazione[43] o di potenza termica nominale inferiore a 3 MW è prevista la disciplina della SCIA[44].
§ sostituzione di impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza termica utile nominale fino a 2 MW;
§ sostituzione di unità di microcogenerazione, ossia unità di cogenerazione con una capacità di generazione massima inferiore a 50 kWe[45];
§ sostituzione di impianti di cogenerazione[46] a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, con potenza nominale utile fino a 2 MW.
A meno che non si ricada nelle ipotesi per le quali è prevista l’attività semplice, sono sottoposti alla procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 8 del d.lgs. n. 190/2024:
§ impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione con potenza superiore a 50 kW e inferiore a 1 MW, operanti in assetto cogenerativo;
§ impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas non operanti in assetto cogenerativo e aventi capacità di generazione:
o inferiore a 200 kW, per impianti a biomassa;
o inferiore a 300 kW, per gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;
§ impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;
§ impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza nominale utile superiore a 200 kW e fino a 2 MW;
§ impianti di cogenerazione[47] a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 200 kW e inferiore a 2 MW;
§ impianti di cogenerazione[48], asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;
§ impianti a biometano di capacità produttiva fino a 500 standard metri cubi/ora.
Rientrano nel regime di PAS anche le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti, comprensive delle opere di connessione alla rete di distribuzione e alla rete di trasmissione nazionale necessarie all’immissione dell’energia prodotta dall’impianto, risultanti dalla soluzione di connessione rilasciata dal gestore di rete.
§ modifiche, ivi inclusi il potenziamento, il ripotenziamento, il rifacimento, la riattivazione e la ricostruzione, anche integrale, di impianti a fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica esistenti, abilitati o autorizzati, fatta eccezione per gli impianti di produzione di biometano, a condizione che non comportino un incremento dell’area occupata dall’impianto esistente superiore al 20 per cento;
§ sostituzione di impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;
§ sostituzione di impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza utile nominale superiore a 2 MW e fino a 10 MW;
§ sostituzione di impianti di cogenerazione[49], a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 2 MW e inferiore a 10 MW;
§ sostituzione di impianti di cogenerazione[50], asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale fino a 1 MW;
§ parziale o completa riconversione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas in impianti di produzione di biometano con capacità non superiore a 500 standard metri cubi/ora;
§ modifiche su impianti a biometano in esercizio, abilitati o autorizzati che non comportino un incremento dell’area già oggetto di abilitazione o autorizzazione né modifiche alle matrici già oggetto di abilitazione o autorizzazione, a condizione che:
o la targa del sistema di upgrading indichi il valore di capacità produttiva derivante dagli interventi;
o nel caso di impianti collegati alla rete, vi sia la disponibilità del gestore di rete a immettere i volumi aggiuntivi;
o l’eventuale aumento delle aree dedicate alla digestione anaerobica non sia superiore al 50 per cento.
Si specifica che qualora gli interventi comportino un incremento di potenza di impianti esistenti o già abilitati o comunque autorizzati, la potenza complessiva risultante dall’intervento non può superare le soglie stabilite negli allegati II, II-bis, III e IV alla parte seconda del Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152/2006), a meno che la sezione stessa non contenga disposizioni specifiche in relazione alla potenza.
Secondo il d.lgs. n. 190/2024, gli interventi relativi agli impianti a biomasse e a biogas che rientrano nel regime dell’autorizzazione unica sono specificati nell’allegato C. Tali interventi sono divisi in base alla competenza, che può essere regionale (sezione I) o statale (sezione II).
Di seguito sono elencati gli interventi su impianti a biomasse e a biogas che ricadono nel procedimento di autorizzazione unica, fatti salvi gli interventi sottoposti al regime di attività libera o PAS.
§ impianti a biometano con capacità produttiva superiore a 500 standard metri cubi/ora;
§ impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas operanti in assetto cogenerativo con potenza pari o superiore a 1 MW e fino a 300 MW;
§ impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas non operanti in assetto cogenerativo aventi capacità di generazione:
- pari o superiore a 200 kW e fino a 300 MW, per impianti a biomassa;
- pari o superiore a 300 kW e fino a 300 MW, per gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas;
§ impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 1 MW e fino a 300 MW;
§ impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza nominale utile superiore a 2 MW fino a 300 MW;
§ impianti di cogenerazione[51], a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 2 MW fino a 300 MW;
§ impianti di cogenerazione, asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 1 MW e fino a 300 MW;
§ modifiche, ivi incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
§ impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas operanti in assetto cogenerativo con potenza superiore a 300 MW;
§ impianti alimentati da biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas non operanti in assetto cogenerativo con potenza superiore a 300 MW;
§ impianti a biomassa per la produzione di energia termica asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;
§ impianti a biomassa per la produzione di energia termica a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, installati negli edifici esistenti e negli spazi liberi privati annessi, con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;
§ impianti di cogenerazione, a servizio di edifici per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;
§ impianti di cogenerazione, asserviti a processi produttivi con potenza termica utile nominale superiore a 300 MW;
§ modifiche, ivi incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, l’autorizzazione unica è rilasciata nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione regionale (PAUR), salva la facoltà, per le stesse regioni e province autonome, di optare per il procedimento autorizzatorio unico di cui all’articolo 9 del d.lgs. n. 190/2024.
Possono rilevare, a tal proposito, per determinate tipologie di impianto, alcune voci agli allegati III e IV per stabilire la necessità della VIA regionale o della verifica ad assoggettabilità a VIA regionale. Tra questi, in particolare, rilevano, rispettivamente, gli impianti di smaltimento di rifiuti di cui alle lettere da m) a q) dell’allegato III e di cui alle lettere za) e zb) dell’allegato IV alla parte seconda del d.lgs. n.152/2006.
Ai sensi del d.lgs.152/2006, inoltre:
§ sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA statale gli impianti termici per la produzione di energia elettrica con potenza termica complessiva superiore a 50 MW (allegato II-bis alla parte seconda, punto 1, lett. a)).
§ sono sottoposti a VIA statale gli impianti termici per la produzione di energia elettrica con potenza termica complessiva superiore a 150 MW (allegato II alla parte seconda, punto 2).
In alcune ipotesi è richiesto, inoltre, il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Essa è rilasciata dalla regione nel caso, ad esempio, di nuovi impianti o modifiche a impianti di combustione di combustibili in installazione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW (art. 6, comma 13 e allegato VIII del d.lgs. n.152/2006). È rilasciata, invece, dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in caso di centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW.
L’autorizzazione integrata ambientale (AIA) – disciplinata dalla parte II del Codice dell’ambiente (d.lgs.152/2006), in particolare dal titolo III-bis di tale parte, costituito dagli articoli da 29-bis a 29-quattuordecies – ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attività industriali elencate nell’allegato VIII alla parte seconda del Codice e prevede misure intese a evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente (articolo 4, comma 4, lett. c) del Codice dell’ambiente).
Sono soggette ad AIA le installazioni che svolgono attività rientranti tra quelle elencate dal citato allegato VIII, nonché le modifiche sostanziali degli impianti di tali installazioni (articolo 6, comma 13 del Codice).
L’articolo 7 del Codice dell’ambiente precisa che:
§ sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attività di cui all’allegato XII alla parte II del Codice e loro modifiche sostanziali. In tal caso l’autorità competente è il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (comma 4-bis);
§ sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all’allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell’allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali. In sede regionale, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome (comma 4-ter).
In base al disposto dell’art. 29-quater, comma 10, del Codice dell’ambiente, l’autorità competente esprime le proprie determinazioni sulla domanda di autorizzazione integrata ambientale entro 150 giorni dalla presentazione della domanda.
L’articolo 29-octies prevede che il riesame dell’AIA avvenga al verificarsi di alcuni eventi (per esempio, ai sensi del comma 4, lett. b), quando le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni) e, in ogni caso, quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del d.lgs. n.152/2006, nel caso di progetti per i quali è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA, l’autorizzazione integrata ambientale può essere rilasciata solo dopo che, ad esito della predetta procedura di verifica, l’autorità competente abbia valutato di non assoggettare i progetti a VIA.
Quando un progetto è sottoposto a VIA statale, infine, si rammenta che l’AIA rientra tra i titoli che possono essere richiesti nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 27 del d.lgs. n.152/2006, ai fini dell’adozione del provvedimento unico in materia ambientale.
IV. Gli impianti geotermoelettrici
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 6 del d.lgs. n. 22/2010[52] le risorse geotermiche sono risorse minerarie:
§ le risorse geotermiche di interesse nazionale sono patrimonio indisponibile dello Stato,
§ quelle di interesse locale sono patrimonio indisponibile regionale.
Lo stesso d.lgs. n. 190/2024, all’articolo 10, comma 7, ha previsto che resti fermo, per le concessioni di coltivazione di risorse geotermiche, quanto previsto dal d.lgs. n. 22/2010.
L’esercizio di un impianto geotermoelettrico richiede la previa concessione di coltivazione per risorse geotermiche.
Sono d’interesse nazionale, ai sensi dell’articolo 1, commi 3 e 3-bis del d.lgs. n. 22/2010:
§ le risorse geotermiche ad alta entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, tale da assicurare una potenza erogabile complessiva di almeno 20 MW termici, alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi (comma 3);
§ le risorse geotermiche economicamente utilizzabili rinvenute in aree marine (comma 3);
§ i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW; per ogni proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW (comma 3-bis). Il limite di 5 MW è determinato in funzione dell’energia immessa nel sistema elettrico, che non può in nessun caso essere superiore a 40.000 MWh elettrici annui (comma 3-bis.1).
Sono, invece, di interesse locale le risorse geotermiche a media e bassa entalpia, o quelle economicamente utilizzabili per la realizzazione di un progetto geotermico, riferito all’insieme degli impianti nell’ambito del titolo di legittimazione, di potenza inferiore a 20 MW ottenibili dal solo fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi (comma 4).
Le regioni o gli enti da esse delegati sono di norma competenti al rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione riguardanti le risorse geotermiche d’interesse nazionale e locale sulla terraferma (art. 1, comma 7 del d.lgs. n. 22/2010).
Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica è competente al rilascio dei permessi e delle concessioni di coltivazione di risorse geotermiche in mare previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), nonché, d’intesa con la regione interessata, in relazione agli impianti geotermici pilota (articolo 6, comma 3-bis, d.lgs. n. 22/2010).
Il permesso di ricerca, che ha carattere esclusivo, è rilasciato ai sensi dell’articolo 3 del d.lgs. n. 22/2010, dall’autorità competente contestualmente all’approvazione del programma dei lavori allegato alla domanda ed a seguito di un procedimento unico, cui partecipano, in relazione alle specificità dei lavori e dei siti, le amministrazioni interessate. Può coprire, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo, aree di terra o di mare con superficie massima di 300 chilometri quadrati ed ha una durata massima di quattro anni, prorogabile per non oltre un biennio. Possono essere accordati ad uno stesso soggetto, direttamente o indirettamente, più permessi di ricerca purché l’area complessiva non risulti superiore a 5.000 chilometri quadrati in terraferma ed in mare, fermo restando che l’area complessiva ricadente in una singola Regione non può superare i 1000 chilometri quadrati.
La domanda, ai sensi dell’articolo 3, è pubblicata nel Bollettino ufficiale regionale o in altro strumento di pubblicità degli atti indicato dalla Regione o, in caso di competenza statale, nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi.
Se nei successivi sessanta giorni pervengono domande concorrenti, riferite alla medesima area[53], l’autorità competente effettua una selezione sulla base di criteri di tipo ambientale, della competenza ed esperienza del proponente, della completezza e razionalità del programma dei lavori di ricerca proposto e degli altri criteri indicati dal citato articolo 3 del d.lgs. n.22/2010.
Il permesso di ricerca è rilasciato a seguito dell’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale, ove richiesta (comma 5).
L’articolo 1, comma 8-bis (introdotto dal D.L. n. 181/2023) consente la ricerca e la coltivazione delle risorse geotermiche per uso geotermoelettrico anche in aree termali. Le istanze per il rilascio del permesso di ricerca e per il rilascio della concessione di coltivazione devono essere corredate dai risultati forniti dalla modellizzazione idrogeologico-numerica, che dimostri l’assenza di qualsiasi interferenza (piezometrica e termica) tra i territori dell’area termale interessata e i pennacchi formati dai pozzi di prelievo e di restituzione delle acque geotermiche o di qualsiasi alterazione del chimismo delle acque nel sottosuolo.
L’attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali, ivi comprese le risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota, nonché – con modifica introdotta dal d.lgs. n. 190/2024 – delle sonde geotermiche a circuito chiuso con potenza termica complessiva pari o superiore a 100 kW e con profondità superiore a 3 metri dal piano di campagna, se orizzontali, e superiore a 170 metri dal piano di campagna, se verticali[54] è sottoposta a verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale regionale (punto 2, lett. a), dell’allegato IV alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006).
Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e – in esito alla verifica di assoggettabilità – a VIA regionale, la concessione è rilasciata nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione regionale di cui all’articolo 27 del d.lgs. n.152/2006.
Sono sottoposti, invece, a VIA statale le attività di ricerca di risorse geotermiche in mare, nonché gli impianti geotermici pilota.
Il titolare del permesso di ricerca che abbia individuato fluidi geotermici è tenuto a darne tempestiva comunicazione alla regione od ente da essa delegato, nel caso di rinvenimento sulla terraferma ed al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica nel caso di rinvenimento in mare (articolo 5, comma 1, d.lgs. n. 22/2010). L’autorità competente riconosce il carattere nazionale o locale delle risorse rinvenute e ne dà immediata comunicazione pubblica nel Bollettino Ufficiale regionale o in altro strumento di pubblicità degli atti indicato dalla regione stessa e nel BUIG (articolo 5, comma 2, d.lgs. n. 22/2010).
Entro sei mesi dal riconoscimento del carattere nazionale o locale delle risorse rinvenute, il titolare del permesso ha il diritto di presentare domanda di concessione di coltivazione all’autorità competente (articolo 8, comma 1, d.lgs. n. 22/2010). Trascorso inutilmente tale termine, la concessione può essere richiesta da altri operatori; in tal caso, è data pubblicazione della prima domanda nel BUR o del Bollettino ufficiale degli idrocarburi e sono ammesse le domande concorrenti pervenute nei successivi sessanta giorni (art. 8, comma 2, d.lgs. n.22/2010). L’autorità competente, acquisito l’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale per ciascun progetto, effettua la selezione sulla base del programma dei lavori proposto, delle modalità di svolgimento dei lavori, con particolare riferimento alla sicurezza, agli interventi di mitigazione e di salvaguardia ambientale, nonché al ripristino dei luoghi (deve essere prestata idonea garanzia finanziaria tramite anche fideiussione assicurativa o bancaria), e delle garanzie offerte in termini di competenza ed esperienza, nonché sulle conseguenze positive in relazione al soddisfacimento del fabbisogno energetico dei territori interessati dalla concessione di coltivazione (articolo 8, comma 5, d.lgs. n. 22/2010, come modificato dal D.L. n. 181/2023).
Meritevole di segnalazione è la novità introdotta dal D.L. n. 57/2023, il quale ha inserito nell’articolo 1 del d.lgs. n. 22/2010 il comma 3-bis.2. Il nuovo comma consente ai soggetti titolari di permessi di ricerca di risorse geotermiche per la realizzazione di impianti pilota, di presentare, nell’ambito della successiva richiesta di concessione di coltivazione, istanza di potenziamento con una variazione del programma dei lavori e agli stessi non si applica il limite di 5 MW di potenza nominale installata, né il limite di 40 GWh annui di energia immessa nel sistema elettrico previsto in via ordinaria per gli impianti pilota dalla normativa vigente.
La concessione per la coltivazione delle risorse geotermiche è rilasciata, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 22/2010, dall’autorità competente, con provvedimento che comprende l’approvazione del programma di lavoro e del progetto geotermico, a seguito dell’esito positivo di un procedimento unico cui partecipano, in relazione alle specificità dei lavori e dei siti, le amministrazioni interessate e dell’esito positivo della procedura di valutazione di impatto ambientale VIA, laddove prevista dalla normativa vigente.
Sono, infatti, sottoposti a VIA regionale le attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota.
Nel caso di progetti sottoposti ad autorizzazione e a VIA regionale, la concessione è rilasciata nell’ambito del procedimento unico di autorizzazione regionale di cui all’articolo 27 del d.lgs. n.152/2006.
È richiesta, invece, la VIA statale per le attività di coltivazione di risorse geotermiche in mare, nonché per gli impianti geotermici pilota.
La concessione di coltivazione costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico (articolo 6, comma 1, d.lgs. n. 22/2010).
Le opere necessarie per la ricerca e la coltivazione, nonché per il trasporto e la conversione delle risorse geotermiche in terraferma, con esclusione delle aree di demanio marittimo, sono dichiarate di pubblica utilità, nonché urgenti ed indifferibili e laddove necessario è apposto il vincolo preordinato all’esproprio con l’approvazione dei relativi programmi di lavoro da parte dell’autorità competente (articolo 15, comma 1, d.lgs. n. 22/2010).
Qualora l’esercizio di una concessione demaniale marittima, rilasciata per aree comunque ricadenti in un permesso di ricerca o di concessione per l’utilizzo di risorse geotermiche, anche successivamente a detti permessi, risulti incompatibile o ostacoli l’attività di prospezione, ricerca e coltivazione, l’autorità marittima, a richiesta del titolare del permesso o della concessione mineraria, procede alla revoca della concessione demaniale (art. 15, comma 4, d.lgs. n. 22/2010).
La concessione di coltivazione può essere accordata per la durata di trenta anni (articolo 8, comma 4, d.lgs. n. 22/2010).
Sulla durata delle concessioni di coltivazione riferite ad impianti per produzione di energia elettrica e le procedure di rinnovo delle stesse si sono però susseguiti una serie di interventi legislativi, che ne hanno disposto una proroga. Le scadenze di tali concessioni sono state dapprima allineate al 2024 (articolo 16, comma 10 del d.lgs. n. 22/2010). Successivamente, ai sensi dell’articolo 6, comma 2-septies del D.L. n.51/2023, il termine del 31 dicembre 2024 è stato prorogato per il tempo strettamente necessario al completamento del riordino della normativa di settore e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025 (articolo 16, comma 10-bis introdotto dal D.L. n. 51/2023)[55]. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2026 dall’articolo 3, comma 1, lett. a) n. 2 del D.L. n. 181/2023.
Il termine entro il quale indire la gara (per il nuovo affidamento) è fissato in due anni prima della scadenza delle concessioni medesime, ai sensi di quanto introdotto dall’articolo 3 del D.L. n. 181/2023 (che ha, a tal fine, integrato il comma 10 dell’articolo 16 del d.lgs. n. 22/2010).
Inoltre, con l’articolo 3 del D.L. n. 181/2023, si è introdotta la facoltà per l’autorità competente, di chiedere al concessionario uscente la presentazione di un piano pluriennale di investimenti e di valutarne i contenuti, al fine di procedere con la rimodulazione delle concessioni in scadenza anche in relazione alla loro durata, comunque non superiore a venti anni. In caso di mancata presentazione del piano o di una valutazione negativa dello stesso, l’Amministrazione competente procederà con l’indizione di una gara ad evidenza pubblica.
L’articolo 3, comma 1, lett. b) del D.L. n. 181/2023 ha a tale fine introdotto un nuovo articolo 16-bis nel d.lgs. n. 22/2010.
L’articolo 16-bis, specificamente, facoltizza l’autorità competente, di chiedere al concessionario uscente di presentare, entro un termine da essa stabilito, comunque non successivo al 30 giugno 2024, un piano pluriennale di investimenti, avente a oggetto:
a) interventi di manutenzione e di miglioramento tecnologico degli impianti in esercizio, anche volti alla riduzione delle emissioni;
b) interventi minerari per recuperare il declino naturale del campo geotermico;
c) interventi per la sostenibilità ambientale, comprensivi di misure volte alla tutela e al ripristino ambientale dei territori interessati dalla concessione di coltivazione;
d) interventi per la realizzazione di nuovi impianti di produzione e le attività minerarie a essi connesse ovvero per il potenziamento degli impianti esistenti;
e) misure per l’innalzamento dei livelli occupazionali nei territori interessati dalla concessione di coltivazione.
Qualora il concessionario uscente non presenti il piano o l’autorità competente non lo valuti positivamente (ai sensi del comma 2[56]), l’autorità procede alla riassegnazione della concessione di coltivazione con gara, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9 del d.lgs. n. 22/2010[57].
Sono definite piccole utilizzazioni locali di calore geotermico, ai sensi dell’articolo 10 del d.lgs. n.22/2010, quelle che soddisfano congiuntamente le seguenti condizioni:
§ consentono la realizzazione di impianti di potenza inferiore a 2 MW termici, ottenibili dal fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi;
§ sono ottenute mediante l’esecuzione di pozzi di profondità fino a 400 metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di fluidi geotermici o acque calde, comprese quelle sgorganti da sorgenti per potenza termica complessiva non superiore a 2.000 kW termici, anche per eventuale produzione di energia elettrica con impianti a ciclo binario ad emissione nulla.
Esse sono concesse dalle regioni territorialmente competenti.
Le piccole utilizzazioni locali sono assoggettate alla procedura abilitativa semplificata se il prelievo e la restituzione delle acque sotterranee restano confinati nell’ambito della falda superficiale, fermi restando gli oneri per l’utilizzo delle acque pubbliche stabiliti dalla normativa vigente, ove applicabili (articolo 10, comma 4-bis del d.lgs. n. 22/2010, inserito dall’articolo 51 del D.L. n. 104/2020).
Le piccole utilizzazioni locali assoggettabili alla PAS, nonché gli impianti di potenza inferiore a 1 MW ottenibile dal fluido geotermico alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi geotermico e le utilizzazioni tramite sonde geotermiche sono escluse dalle procedure regionali di verifica di assoggettabilità ambientale (articolo 10, comma 7 e 7-bis del d.lgs. n. 22/2010).
Anche la normativa in materia di impianti geotermici è stata recentemente riordinata e semplificata dal d.lgs. n. 190/2024, abrogando le disposizioni precedenti in contrasto con la nuova disciplina.
In particolare, secondo quanto previsto dall’allegato A al d.lgs. n. 190/2024 è in regime di attività libera l’installazione di sonde geotermiche a circuito chiuso a servizio di edifici esistenti per la climatizzazione e l’acqua calda sanitaria, nel rispetto delle seguenti condizioni:
§ gli impianti non devono alterare volumi e/o superfici, né comportare modifiche delle destinazioni d’uso, interventi su parti strutturali dell’edificio, aumento del numero delle unità immobiliari o incremento dei parametri urbanistici;
§ la loro potenza termica complessiva non deve superare i 50 kW, e la profondità non deve essere superiore a 2 metri dal piano di campagna se orizzontali, e 80 metri se verticali.
L’articolo 25, comma 6-bis del d.lgs. n. 199/2021[58], rinvia ad un decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica la definizione delle prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici e alla produzione di energia elettrica.
In attuazione dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021 è stato adottato il D.M. 30 settembre 2022[59]. Tale D.M., secondo quanto previsto dall’articolo 14, comma 6, del d.lgs. n. 190/2024, è adeguato alle disposizioni del decreto entro 120 giorni dall’entrata in vigore dello stesso (ossia entro il 30 aprile 2025[60]).
La procedura abilitativa semplificata si applica, secondo quanto previsto dall’allegato B al d.lgs. n. 190/2024, alle sonde geotermiche a circuito chiuso con potenza termica complessiva superiore a 50 kW e inferiore a 100 kW.
Per queste sonde, la profondità non deve superare i 3 metri dal piano di campagna se orizzontali, e 170 metri se verticali.
Sono soggette a PAS anche le modifiche su impianti a fonti rinnovabili esistenti, abilitati o autorizzati, inclusi il potenziamento, il ripotenziamento, il rifacimento, la riattivazione e la ricostruzione (anche integrale), a condizione generale che tali modifiche non comportino un incremento dell’area occupata dall’impianto esistente superiore al 20 per cento. Questa disposizione, avendo portata generale, si applica anche agli impianti geotermici.
Ai sensi dell’allegato C al d.lgs. n. 190/2024 sono sottoposti al regime di autorizzazione unica di competenza regionale gli impianti geotermoelettrici (esclusi gli impianti pilota) con potenza fino a 300 MW.
Sono invece sottoposti ad autorizzazione unica statale gli impianti geotermici pilota, così come definiti dal d.lgs. n. 22/2010, nonché attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare.
Per quanto riguarda il d.lgs. n. 152/2006, sono rilevanti le seguenti soglie:
allegato III (Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano) d.lgs. n. 152/2006
Come già detto, lo stesso d.lgs. 190/2024 ha modificato il Codice dell’ambiente per includere le sonde geotermiche a circuito chiuso con potenza termica complessiva pari o superiore a 100 kW e specifiche profondità (superiori a 3 metri se orizzontali, o superiori a 170 metri se verticali) tra i progetti soggetti a VIA regionale. Sono sottoposte a VIA regionale anche le attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota.
allegato IV (Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle province autonome di Trento e Bolzano e delle regioni) d.lgs. n. 152/2006
§ attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all’articolo 2, comma 2, del R.D. n. 1443/1927[61], ivi comprese le risorse geotermiche, con esclusione:
o degli impianti geotermici pilota, incluse le relative attività minerarie, fatta salva la disciplina delle acque minerali e termali di cui alla lettera b) dell’allegato III alla parte seconda;
o delle sonde geotermiche a circuito chiuso con potenza termica complessiva pari o superiore a 100 kW e con profondità superiore a 3 metri dal piano di campagna, se orizzontali, e superiore a 170 metri dal piano di campagna, se verticali[62].
Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili.
Tipo di intervento / impianto |
Regime applicato |
Sonde geotermiche a circuito chiuso ? 50 kW, profondità ? 2 m se orizzontale, ? 80 m se verticale, su edifici esistenti senza alterazione di volumi/superfici |
Attività libera |
Sonde geotermiche a circuito chiuso >50 kW e <100 kW, profondità ? 3 se orizzonatale, ? 170 m se verticale |
PAS |
Modifiche su impianti geotermici esistenti con incremento area < 20% |
PAS |
Impianti geotermoelettrici (non pilota) ? 300 MW |
AU regionale |
Impianti geotermici pilota |
AU statale |
Attività di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare |
AU statale |
L’uso della risorsa idrica a fini idroelettrici tramite il rilascio delle derivazioni di acque superficiali richiede il rilascio di un atto concessorio.
La disciplina in materia è innanzitutto contenuta nel testo unico sulle acque e gli impianti elettrici (R.D. n. 1775/1933).
Come nel caso delle concessioni di coltivazione di risorse geotermiche, l’articolo 10, comma 7, del d.lgs. n. 190/2024 dispone che in materia di concessioni idroelettriche resti fermo quanto previsto dal R.D. n. 1775/1933, nonché dall’articolo 12 del d.lgs. n. 79/1999.
L’articolo 6 del R.D. n. 1775/1933 distingue tra grandi e piccole derivazioni. Nel caso degli impianti idroelettrici, le grandi derivazioni sono quelle per produzione di forza motrice con potenza nominale annua > 3000 kW, mentre le piccole derivazioni sono quelle con potenza nominale annua < o = a 3000 kW.
Le competenze delle funzioni amministrative per il rilascio delle piccole derivazioni di acque superficiali sono state trasferite dallo Stato alle Regioni a Statuto ordinario nella prima fase di decentramento regionale avvenuta con il DPR n. 2 del 14 gennaio 1972 e il DPR n. 616 del 24 luglio 1977.
Successivamente, con il d.lgs. n. 112/1998 sono state conferite alle Regioni anche le funzioni inerenti il procedimento amministrativo per le grandi derivazioni. Con riferimento alle grandi derivazioni per uso idroelettrico, il d.lgs. n. 112/1998, all’articolo 88, ha stabilito che lo Stato avrebbe fissato criteri e indirizzi per la disciplina generale nell’uso delle acque destinate a questo scopo, e, all’articolo 29, che avrebbe anche specificamente disciplinato le concessioni di grandi derivazioni a fine idroelettrico in sede di recepimento della direttiva 96/1992/CE in materia di mercato interno per l’energia elettrica. Ciò è avvenuto con l’emanazione del d.lgs. n.79/1999, il cui articolo 12 disciplina la materia delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico. Il D.L. n.135/2018 e, da ultimo, la legge sulla concorrenza 2021 (L. n. 118/2022), hanno apportato profonde modifiche alla disciplina delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche[63].
In questa sede si descriveranno le sole procedure autorizzative per la costruzione degli impianti idroelettrici, nell’ambito delle quali è comunque richiesto il titolo concessorio allo sfruttamento delle acque (cfr. più nel dettaglio, infra).
Per ulteriori informazioni sul tema delle concessioni idroelettriche, si può fare riferimento al tema sulle concessioni idroelettriche curato dal Servizio studi della Camera dei deputati.
L’allegato A al d.lgs. n. 190/2024 dispone che siano eseguiti in attività libera gli interventi relativi ai seguenti tipi di impianti idroelettrici.
Impianti idroelettrici con capacità di generazione inferiore a 500 kW di potenza di concessione, a condizione che siano[64]:
§ realizzati su condotte esistenti senza incremento né della portata esistente né del periodo in cui ha luogo il prelievo;
§ realizzati su edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche alle destinazioni d’uso, non riguardino parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici.
Modifiche su impianti idroelettrici esistenti, abilitati o autorizzati, senza incremento della portata derivata e senza incremento dell’area occupata dall’impianto e dalle opere connesse, a prescindere dalla potenza elettrica risultante, a condizione che comportino una variazione delle dimensioni fisiche dei componenti e della volumetria delle strutture che li ospitano non superiore al 15 per cento.
Si ricorda che, nonostante il comma 2 dell’allegato A ponga comunque dei limiti all’incremento di potenza complessiva risultante dall’intervento. Tuttavia, tali limitazioni non si applicano qualora la sezione rechi disposizioni specifiche in relazione alla potenza, come nel caso di specie per il quale le modifiche sono concesse, ferme restando le altre condizioni, a prescindere dalla potenza elettrica risultante.
L’allegato B al d.lgs. n. 190/2024 per gli impianti di nuova costruzione dispone che siano sottoposti a PAS gli interventi relativi ad impianti idroelettrici con capacità di generazione inferiore a 100 kW di potenza di concessione.
Rientrano genericamente nel regime di PAS le modifiche, ivi inclusi il potenziamento, il ripotenziamento, il rifacimento, la riattivazione e la ricostruzione, anche integrale, di impianti a FER per la produzione di energia elettrica esistenti, abilitati o autorizzati, a condizione che non comportino un incremento dell’area occupata dall’impianto esistente superiore al 20 per cento. Questa disposizione si applica in generale a tutti gli impianti a fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, inclusi quelli idroelettrici.
Si noti dunque la relazione tra gli interventi di cui all’allegato A e di cui all’allegato B.
Per gli interventi di nuova realizzazione, l’allegato A include gli impianti idroelettrici con capacità di generazione inferiore a 500 kW, ma solo se realizzati su condotte esistenti senza incremento né della portata esistente né del periodo in cui ha luogo il prelievo, e su edifici esistenti a condizioni molto stringenti (senza alterare volumi e superfici, senza modifiche alle destinazioni d’uso, senza riguardare parti strutturali dell’edificio, senza aumento delle unità immobiliari e senza incremento dei parametri urbanistici). Se invece un impianto idroelettrico ha una potenza inferiore a 100 kW ma non rispetta tutte le condizioni restrittive previste dall’allegato A (ad esempio, non è su condotte esistenti o su edifici esistenti secondo i criteri specificati), ricade nel regime della PAS.
Per gli interventi su impianti esistenti, L’allegato A prevede come attività libera le modifiche su impianti idroelettrici esistenti che non comportino incremento della portata derivata e dell’area occupata, e che implichino una variazione delle dimensioni fisiche dei componenti e della volumetria delle strutture che li ospitano non superiore al 15 per cento. Di conseguenza, se le modifiche su un impianto idroelettrico esistente comportano una variazione delle dimensioni o delle volumetrie superiore al 15% (o un incremento dell’area occupata), o se le modifiche non rientrano nelle casistiche specifiche dell’allegato A, tali interventi rientrano nel regime della PAS, a condizione che l’incremento dell’area occupata dall’impianto esistente non superi il 20 per cento.
Secondo il d.lgs. n. 190/2024, gli interventi relativi agli impianti idroelettrici che rientrano nel regime dell’autorizzazione unica sono specificati nell’allegato C. Tali interventi sono divisi in base alla competenza, che può essere regionale (sezione I) o statale (sezione II).
Di seguito sono elencati gli interventi su impianti idroelettrici che ricadono nel procedimento di autorizzazione unica, fatti salvi gli interventi sottoposti al regime di attività libera o PAS.
§ impianti idroelettrici di potenza pari o superiore a 100 kW e fino a 300 MW;
§ modifiche, incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti oggetto di modifica, sostituzione o riconversione.
§ impianti a FER di potenza superiore a 300 MW;
§ impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro;
§ modifiche, incluse quelle consistenti in potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti oggetto di modifica, sostituzione o riconversione.
Inoltre, secondo quanto disposto dall’articolo 9, comma 13 del d.lgs. n. 190/2024, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione interessata si esprimono nell’ambito della conferenza di servizi per gli interventi relativi a impianti idroelettrici di competenza regionale[65] o statale[66].
L’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica – ai sensi del punto 13.1. delle linee guida, D.M. 10 settembre 2010 – deve essere corredata, tra l’altro, dalla concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico qualora sia stata già acquisita.
Il procedimento di autorizzazione unica consente al proponente di richiedere la dichiarazione di pubblica utilità e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio delle aree interessate dalla realizzazione dell’impianto e delle opere connesse.
Il punto 18.3 delle linee guida, al fine di ridurre i tempi ed evitare duplicazioni, ha consentito alle regioni di individuare le più opportune forme di semplificazione e coordinamento tra i procedimenti per il rilascio di concessioni e le valutazioni ambientali i cui esiti confluiscono nel procedimento autorizzatorio unico per la costruzione dell’impianto.
Ai sensi dell’articolo 14, comma 5, del d.lgs. n. 190/2024, il D.M. 10 settembre 2010 avrebbe dovuto essere aggiornato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ossia entro il 30 aprile 2025): alla data di pubblicazione del presente dossier tale previsione non risulta essere stata ancora attuata.
Resta fermo il rinnovo dell’autorizzazione unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi del Codice dell’ambiente.
Vengono in rilievo, quindi, le soglie previste dagli allegati alla parte seconda del d.lgs. n.152/2006.
Sono sottoposti a VIA statale, ai sensi del punto 2 dell’allegato II alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006 le “centrali per la produzione dell’energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti”.
Sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA di competenza delle regioni, ai sensi del d.lgs. n. 152/2006, allegato IV, punto 2, lett. h)[67]:
§ gli impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e
§ gli impianti idroelettrici realizzati da consorzi di bonifica (di cui all’articolo 166 del d.lgs. n.152[68]) realizzati su canali o condotte esistenti, senza incremento di portata derivata[69], con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW, ovvero – secondo quanto aggiunto dal D.L. n. 13/2023 – 1.000 kW per i soli impianti idroelettrici realizzati su condotte esistenti senza incremento né della portata esistente né del periodo in cui ha luogo il prelievo e realizzati su edifici esistenti, sempre che non alterino i volumi e le superfici, non comportino modifiche alle destinazioni d’uso, non riguardino parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici.
Sono anche sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA di competenza delle regioni, ai sensi del d.lgs. n. 152/2006, allegato IV, punto 7, lett. d), la derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonché le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo.
Si consideri, comunque, che, ai sensi del D.M. 30 marzo 2025 – linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e province autonome – qualora un impianto ricada anche parzialmente in aree protette, opera direttamente la VIA senza previa sottoposizione a verifica di assoggettabilità (punto 3).
Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili.
Tipo di intervento / impianto |
Regime applicato |
Impianti idroelettrici <500 kW su condotte esistenti, senza aumento portata/periodo, realizzati su edifici esistenti senza alterazione di volumi/superfici |
Attività libera |
Modifiche impianti esistenti con aumento dimensioni/volumetria <15% |
Attività libera |
Nuovi impianti idroelettrici <100 kW (non conformi al regime di attività libera) |
PAS |
Modifiche impianti esistenti con incremento area < 20% |
PAS |
Modifiche impianti esistenti con aumento area >20% |
AU regionale o statale in base alla potenza |
Nuovi impianti idroelettrici ? 100 kW e ? 300 MW |
AU regionale |
Modifiche impianti esistenti (potenza risultante ? 300 MW) |
AU regionale |
Impianti idroelettrici >300 MW |
AU statale |
Impianti di pompaggio puro |
AU statale |
Modifiche impianti esistenti con potenza risultante >300 MW |
AU statale |
Di seguito si riporta il riepilogo dei procedimenti di cui al rapporto del MASE del 30 aprile 2025 sull’andamento delle autorizzazioni concernenti la realizzazione o la modifica di centrali termoelettriche di potenza superiore a 300 MW[70] termici e di sistemi di accumulo elettrochimico in configurazione stand alone di competenza statale e di sistemi di accumulo mediante pompaggio idrico.
Stato procedimenti |
Nr. Procedimenti |
Centrali termoelettriche (riqualificazione/modifica) |
Impianti di accumulo tramite pompaggio |
Impianti di accumulo elettrochimico |
Potenza complessiva (MW) |
Conclusi: autorizzazione in rilascio |
25 |
2 |
- |
23 |
3.098 |
In corso |
277 |
2 |
2 |
273 |
30.216 |
Sospesi per valutazione ambientale / altro |
11 |
5 |
3 |
3 |
4.693 |
Da avviare |
152 |
1 |
- |
151 |
23.548 |
Totale |
465 |
8 |
7 |
450 |
61.555 |
Le due tipologie di impianti da fonti rinnovabili più diffuse dopo l’idroelettrico, e il cui contributo si prevede possa essere maggiore anche in vista del raggiungimento degli obiettivi energetico-ambientali indicati nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) sono quelli eolici e fotovoltaici, entrambi caratterizzate dalla natura intermittente del processo produttivo.
Lo scenario di policy elaborato dal PNIEC, aggiornato a giugno 2024, prevede che al 2030 siano installati complessivamente circa 131 GW di impianti a fonti rinnovabili (di cui circa 80 GW fotovoltaici e circa 28 GW eolici), con un incremento di capacità di circa 74 GW rispetto al 2021 (di cui circa +57 GW da fotovoltaico e circa +17 GW da eolico).
La non programmabilità di dette fonti richiede, per garantirne l’utilizzo massivo, la realizzazione di sistemi di accumulo capaci di assorbire l’energia prodotta in eccesso quando la domanda è più bassa e la sua immissione in rete quando la domanda è più alta. I sistemi di accumulo svolgono quindi due funzioni: contribuiscono alla sicurezza del sistema elettrico garantendo la continuità del servizio anche nelle ore in cui la richiesta di energia elettrica è più elevata e favoriscono l’integrazione delle rinnovabili nella rete elettrica, valorizzando l’energia prodotta in eccesso nei momenti in cui la domanda è bassa.
Fra le tecnologie di stoccaggio, gli impianti di pompaggio rappresentano ancora un’importante risorsa per l’adeguatezza oltre che per la sicurezza e flessibilità del sistema, essendo in grado di fornire nelle ore di più alto carico la massima capacità disponibile, assicurata dal riempimento degli invasi a monte, a seguito della programmazione in pompaggio di tali impianti nelle ore di basso carico.
Se tradizionalmente i pompaggi, connessi agli impianti idroelettrici, sono serviti soprattutto per valorizzare la risorsa idrica aumentando la produzione durante le ore diurne (caratterizzate da alti consumi e prezzi maggiori) e consumando energia elettrica nelle ore notturne, lo sviluppo delle rinnovabili non programmabili ha fatto emergere nuove esigenze che possono essere soddisfatte anche attraverso pompaggi “puri”. Per una disamina delle procedure autorizzative dei pompaggi puri si rinvia al paragrafo successivo.
Un’altra tecnologia maturata, in termini di efficienza, soprattutto in questi anni è offerta dalle batterie, sistemi di accumulo elettrochimico che possono essere utilizzati a servizio di specifici impianti o del sistema (stand alone) attraverso la loro connessione alla rete.
Una terza tecnologia impiegabile per l’accumulo dell’energia è l’idrogeno. Attraverso l’elettrolisi, si consuma energia elettrica per produrre idrogeno dall’acqua (le molecole di idrogeno vengono separate da quelle di ossigeno). Il processo è noto come “power to gas”. L’idrogeno, a quel punto, può essere utilizzato a sua volta per produrre energia elettrica, nel processo inverso denominato “gas to power”. La tecnologia, meno matura e ritenuta ancora meno efficiente rispetto alle due precedentemente descritte, ha il pregio di offrire una risorsa impiegabile in una pluralità di ambiti: può, infatti, essere immesso nella rete gas, essere impiegato anche in alcuni processi industriali e servire come fonte di energia non elettrica. Per questo, i documenti programmatici in materia di clima ed energia ritengono che l’idrogeno possa contribuire soprattutto all’abbattimento delle emissioni nei settori “hard to abate” (difficilmente elettrificabili) come alcuni comparti industriali e i trasporti pesanti (che richiederebbero la realizzazione di batterie di dimensioni incompatibili con l’uso). Benché al momento si consideri l’idrogeno una tecnologia più utilmente impiegata in detti settori anziché al servizio del sistema elettrico, si illustrano di seguito le procedure autorizzative previste, in considerazione degli impieghi comunque possibili per l’integrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico e dei possibili sviluppi che può avere, anche attraverso una sua maggiore maturazione.
Le procedure autorizzative per la realizzazione di pompaggi puri
La maggior parte degli impianti di pompaggio esistenti sono stati realizzati in abbinamento ad un impianto idroelettrico. In tal caso, le opere o le modifiche relative al sistema di accumulo costituiscono parti integranti e vengono autorizzate con il medesimo titolo rilasciato per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di generazione.
La normativa è stata anche in tal caso innovata dal d.lgs. n. 190/2024, che come sopra rilevato ha previsto il procedimento di autorizzazione unica di competenza statale per gli impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro[71].
Le procedure autorizzative per la realizzazione di impianti di accumulo elettrochimici
Al 2019, il PNIEC riportava l’avvenuta installazione di 75 MW di sistemi di accumulo elettrochimico da parte di Terna. Per il futuro, segnalava la necessità di tener conto delle nuove norme UE che prevedono lo sviluppo dei sistemi di accumulo secondo logiche di mercato, limitando il ruolo dei gestori delle reti di distribuzione e di trasmissione ai casi di fallimento del mercato.
Il d.lgs. n. 210/2021 ha, pertanto, abrogato l’articolo 36, comma 4 del d.lgs. n. 93/2011 che consentiva a Terna la realizzazione di sistemi di accumulo diffusi mediante batterie.
Il successivo D.L. n. 69/2023, articolo 22-bis, comma 1, lett. b) ha abrogato le disposizioni del d.lgs. n. 210/2021 (comma 4 e comma 7, lett. c) dell’art. 18) che consentivano a Terna di sottoporre all’approvazione del MASE un piano di realizzazione diretta dei sistemi di accumulo, previo parere favorevole e secondo le modalità definite da ARERA, per la capacità di stoccaggio dell’energia elettrica non assegnata a seguito dello svolgimento delle aste[72].
Infine, il d.lgs. n. 190/2024 ha abrogato la previgente normativa di cui all’articolo 1, commi 2-quater e 2-quinquies del D.L. n. 7/2002, disponendo che la realizzazione degli impianti di accumulo elettrochimico siano sottoposti alle seguenti procedure.
Per gli impianti di nuova realizzazione, è in attività libera la costruzione di impianti di accumulo elettrochimico con potenza fino a 10 MW.
Gli interventi su impianti esistenti, abilitati o autorizzati sono consentiti a condizione che le modifiche siano realizzate all’interno dell’area già occupata dall’impianto. Tali interventi devono rispettare specifiche limitazioni, non comportando:
§ aggravi degli impatti acustici ed elettromagnetici;
§ incrementi di potenza superiori al 20%;
§ incrementi dell’altezza dei manufatti superiori al 10%;
§ incrementi delle volumetrie superiori al 30%.
Per gli impianti di nuova realizzazione, rientrano nel regime di PAS gli impianti di accumulo elettrochimico o di accumulatori elettrici termomeccanici ubicati esclusivamente all’interno del perimetro di:
§ impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione;
§ impianti di produzione di energia elettrica esistenti;
§ aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione.
Tali interventi sono soggetti a PAS a condizione che la realizzazione dell’impianto di accumulo non comporti l’aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richieda variante agli strumenti urbanistici adottati.
Per quanto riguarda gli impianti di competenza regionale, l’allegato C al d.lgs. n. 190/2024 dispone che rientrino in tale categoria:
§ impianti di accumulo elettrochimico o di accumulatori elettrici termomeccanici connessi o asserviti a impianti di produzione di energia elettrica di potenza uguale o inferiore a 300 MW autorizzati ma non ancora realizzati;
§ impianti di accumulo elettrochimico o di accumulatori elettrici termomeccanici ubicati in aree diverse da quelle individuate alla lettera aa)[73] della sezione I dell’allegato B (PAS), ma in grado di erogare autonomamente servizi a beneficio della rete elettrica nazionale, con potenza inferiore o pari a 200 MW;
§ nodifiche, potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva fino a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
Per quanto riguarda gli impianti di competenza statale, rientrano in tale categoria:
§ impianti di accumulo elettrochimico o di accumulatori elettrici termomeccanici ubicati in aree diverse da quelle individuate alla lettera aa) della sezione I dell’allegato B (PAS), in grado di erogare autonomamente servizi a beneficio della rete elettrica nazionale, con potenza superiore a 200 MW;
§ impianti di accumulo elettrochimico o di accumulatori elettrici termomeccanici connessi o asserviti a impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW autorizzati ma non ancora realizzati;
§ modifiche, potenziamento, ripotenziamento, rifacimento, riattivazione e ricostruzione, sostituzioni o riconversioni di impianti esistenti o autorizzati che comportino una potenza complessiva superiore a 300 MW, unitamente alle opere connesse e alle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti.
Le procedure autorizzative per la produzione di idrogeno
Il riordino della disciplina compiuto dal d.lgs. n. 199/2021, che ha contestualmente abrogato l’articolo 38 del d.lgs. n. 199/2021, ha inciso anche sulle procedure autorizzative per la realizzazione di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno e per la realizzazione delle infrastrutture connesse, compresi compressori e depositi e eventuali infrastrutture di connessione a reti di distribuzione e trasporto.
§ elettrolizzatori, compresi compressori e depositi, con potenza fino a 10 MW;
§ modifiche su elettrolizzatori esistenti, abilitati o autorizzati, compresi compressori e depositi, con potenza fino a 10 MW, purché non comportino, rispetto a elettrolizzatori esistenti o a progetti di elettrolizzatori abilitati o autorizzati, un incremento dell’altezza dei manufatti superiore al 10 per cento né un incremento delle volumetrie superiore al 30 per cento;
§ elettrolizzatori, compresi compressori e depositi, con potenza superiore a 10 MW, se:
o ubicati all’interno di aree industriali o di aree ove sono situati impianti industriali anche a FER, ancorché non più operativi o in corso di dismissione;
o la realizzazione non comporta occupazione in estensione delle aree stesse, né aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente;
o non richiedono una variante agli strumenti urbanistici adottati.
Per quanto riguarda gli impianti di competenza regionale, l’allegato C al d.lgs. n. 190/2024 dispone che rientrino in tale categoria gli elettrolizzatori stand alone e le infrastrutture connesse, compresi compressori e depositi, da realizzare in connessione a impianti di produzione di energia elettrica per cui è prevista l’autorizzazione unica regionale.
Sono invece sottoposti al regime di autorizzazione unica di competenza statale gli elettrolizzatori stand alone, compresi compressori e depositi, diversi da quelli previsti in attività libera o PAS, da realizzare in connessione a impianti di produzione di energia elettrica per cui è prevista l’autorizzazione unica statale.
Ai sensi dell’allegato II alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006, come da ultimo integrato dal D.L. n. 13/2023 (L. n. 41/2023), sono ora sottoposti a valutazione di impatto ambientale di competenza statale:
§ gli impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto superiore, per l’idrogeno, 100 Gg/anno (milioni di chilogrammi) (punto 6);
§ gli impianti chimici integrati per la produzione di idrogeno verde ovvero rinnovabile, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di idrogeno verde ovvero rinnovabile, in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra loro (punto 6-bis, inserito dall’articolo 41, comma 1, lett. b) del D.L. n. 13/2023).
Gli impianti di produzione e le infrastrutture di trasporto e stoccaggio di idrogeno rientrano nell’allegato I-bis alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006, quindi tra le opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC, da sottoporre all’esame della Commissione tecnica PNIEC-PNRR quando soggetti a VIA statale.
Continuano ad essere sottoposti a VIA di competenza regionale gli altri impianti per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base.
Si riporta di seguito un quadro riepilogativo semplificato delle procedure autorizzative applicabili.
Tipo di intervento / impianto |
Regime applicato |
Nuovi impianti di accumulo elettrochimico fino a 10 MW |
Attività libera |
Modifiche su impianti di accumulo esistenti (entro stessa area, senza aumento >20% potenza, >10% altezza, >30% volumetria) |
Attività libera |
Nuovi impianti di accumulo (elettrochimico o termomeccanico) in aree industriali/di cava o impianti esistenti (senza aumento altezza o variante urbanistica) |
PAS |
Modifiche su impianti di accumulo esistenti con incremento area <20% |
PAS |
Impianti di accumulo (elettrochimico o termomeccanico) asserviti a impianti ? 300 MW autorizzati non ancora realizzati |
AU regionale |
Impianti di accumulo ?200 MW in aree diverse da quelle PAS, in grado di erogare autonomamente servizi di rete |
AU regionale |
Modifiche su impianti di accumulo esistenti con potenza finale ?300 MW |
AU regionale |
Impianti di accumulo >200 MW in aree non PAS, con servizi autonomi di rete |
AU statale |
Impianti di accumulo asserviti a impianti >300 MW autorizzati non ancora realizzati |
AU statale |
Modifiche su impianti di accumulo con potenza complessiva finale >300 MW |
AU statale |
Elettrolizzatori (con compressori e depositi) fino a 10 MW |
Attività libera |
Modifiche su elettrolizzatori esistenti fino a 10 MW, con aumento <10% altezza e <30% volumetria |
Attività libera |
Elettrolizzatori >10 MW in aree industriali o FER, senza aumento ingombri o variante urbanistica |
PAS |
Elettrolizzatori stand-alone connessi a impianti con AU regionale |
AU regionale |
Elettrolizzatori stand-alone (non in attività libera/PAS), connessi a impianti soggetti a AU statale |
AU statale |
[1]Secondo l’articolo 2 par. 1, comma 1, punto 1) della direttiva n. 2018/2001/UE, cd. RED II, come sostituito dalla direttiva, n. 2023/2413/UE, cd. RED III.
[2] Il riferimento allo strumento del “Testo unico” era invero contenuto nel solo PNRR, che come visto ne prevedeva l’adozione entro il secondo trimestre 2025 (T2 2025 - M7 2), mentre la delega disposta dalla legge sulla concorrenza 2021 prevede l’adozione entro il 24 agosto 2024 di “uno o più decreti legislativi in materia di fonti energetiche rinnovabili, anche ai fini dell’adeguamento della normativa vigente al diritto dell’Unione europea, della razionalizzazione, del riordino e della semplificazione della medesima normativa, della riduzione degli oneri regolatori a carico dei cittadini e delle imprese e della crescita di competitività del Paese”.
[3] Così nella relazione illustrativa con cui il Governo ha corredato lo schema di decreto legislativo (A.G. 187).
[4] M. Alpino, L. Brugnara, M.G. Cassinis, L. Citino, F. David, A. Frigo, G. Papini, P. Recchia, L. Sessa, Il recente sviluppo delle energie rinnovabili in Italia, in Questioni di Economia e Finanza n. 908, febbraio 2025.
[5] Per una disamina delle norme regionali in materia si rinvia al documento redatto dal GSE dal titolo “Regolazione regionale, generazione elettrica da fonti rinnovabili“.
[6] Ai sensi del quale, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):
[…] d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante.
[7] Ai sensi del quale, gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:
- il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o
- l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,
purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;
c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e
d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.
[8] Ai sensi del quale, sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:
a) - nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
- nell’interesse della sicurezza aerea,
- per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,
- per la protezione della flora e della fauna.
[9] Ai sensi dell’articolo 137 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le regioni istituiscono apposite commissioni con il compito di formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 136. Ai sensi dell’articolo 138 le commissioni, su iniziativa dei loro componenti, una volta acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati nonché, se opportuno, esperti della materia, valutano la sussistenza del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree per i quali è stata avviata l’iniziativa e propongono alla regione l’adozione della relativa dichiarazione. Su proposta del soprintendente e previo parere della regione interessata, il Ministero della cultura può sempre dichiarare il notevole interesse pubblico di immobili ed aree di cui all’articolo 136.
Ai sensi dell’articolo 139 alla proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico è data ampia pubblicità. Nel caso di immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 136, viene data comunicazione di avvio del procedimento al proprietario del bene che può presentare osservazioni o documenti entro i trenta giorni successivi alla comunicazione individuale. Gli stessi termini si applicano, a decorrere dal periodo di pubblicazione presso l’albo pretorio, per la possibilità di presentare osservazioni e documenti alla regione da parte di comuni, città metropolitane, province, associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, nonché di altri soggetti interessati. La regione, sulla base della proposta della commissione, ai sensi dell’articolo 140, emana il provvedimento relativo alla dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree indicati all’articolo 136. Qualora la dichiarazione di notevole interesse pubblico sia effettuata attraverso provvedimento ministeriale, ai sensi dell’articolo 141 si applicano le stesse disposizioni di cui agli articoli 139 e 140.
Rimangono ferme, ai sensi dell’articolo 157, le dichiarazioni di notevole interesse pubblico già disposte ex lege, ai sensi della normativa vigente al momento dell’entrata in vigore del Codice.
[10] L’articolo 146, comma 8, del Codice dispone che il Soprintendente rende il parere, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina contenuta nella dichiarazione di notevole interesse pubblico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo, ai sensi e per gli effetti previsti dall’articolo 10-bis della L. n. 241/1990 (cosicché gli interessati, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento, possano esercitare il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, con eventuali documenti e attivare gli strumenti di contraddittorio ivi previsti). Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità.
[11] L’articolo 14-bis, comma 2, lettera c) della legge n. 241/1990 prescrive tempistiche meno celeri (90 giorni) per la resa delle determinazioni delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini.
[12] Ai sensi delle linee guida approvate con D.M. 10 settembre 2010, qualora un progetto interessi il territorio di più regioni o di più province delegate, la richiesta di autorizzazione è inoltrata all’ente nel cui territorio:
§ sono installati il maggior numero di aerogeneratori, nel caso di impianti eolici;
§ sono installati il maggior numero di pannelli, nel caso di impianti fotovoltaici;
§ è effettuata la derivazione d’acqua di maggiore entità, nel caso di impianti idroelettrici;
§ sono presenti il maggior numero di pozzi di estrazione del calore, nel caso di impianti geotermoelettrici;
§ sono collocati i gruppi turbina alternatore, ovvero i sistemi di generazione di energia elettrica, negli altri casi.
L’ente in tal modo individuato provvede allo svolgimento del procedimento, cui partecipano gli altri enti interessati procede al rilascio dell’autorizzazione d’intesa con le altre Regioni o Province delegate interessate.
[13] Le Linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010 prevedono altresì la partecipazione del Ministero per i beni e le attività culturali (attuale Ministero della cultura) anche nell’ambito dell’istruttoria di valutazione di impatto ambientale per gli impianti eolici con potenza nominale superiore a 1 MW, anche se l’impianto non ricade in area tutelata. La partecipazione è prevista anche qualora la Soprintendenza verifichi che l’impianto ricade in aree interessate da procedimenti di tutela o da procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici in corso alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. Ai sensi del D.M. 10 settembre 2010 (Punto 13.3), nei casi in cui l’impianto non ricada in zona sottoposta a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. n. 42 del 2004, il proponente effettua una comunicazione alle competenti Soprintendenze per verificare la sussistenza di procedimenti di tutela ovvero di procedure di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in itinere alla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione unica. Entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, le soprintendenze informano l’amministrazione procedente circa l’eventuale esito positivo di detta verifica al fine di consentire alla stessa amministrazione di convocare alla conferenza di servizi le soprintendenze.
[14] Con riguardo alle opere di connessione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, si evidenzia che – di norma – sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA statale gli elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km (All. II-bis, Parte seconda, d.lgs. n. 152/2006,punto 1, lett. d)), mentre sono sempre assoggettati a VIA statale gli elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km (All. II, Parte seconda, d.lgs. n. 152/2006, punto 4-bis)). Con l’articolo 47, comma 1-ter del D.L. n. 13/2023, tuttavia, si era prevista (sino al 30 giugno 2025) l’esenzione dalla VIA per i progetti di infrastrutture elettriche di connessione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili o di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale, necessari a integrare l’energia rinnovabile nel sistema elettrico, ovvero ai progetti di impianti di stoccaggio di energia da fonti rinnovabili ricadenti nelle aree contemplate dal Piano di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale predisposta ogni due anni da Terna e sottoposti positivamente a valutazione ambientale strategica (VAS). Detti Piani di sviluppo, ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 28/2011 individuano, in apposite sezioni, le opere di sviluppo funzionali all’immissione e al ritiro dell’energia prodotta da una pluralità di impianti non inserite nei preventivi di connessione (comma 1) e gli interventi di potenziamento della rete di trasmissione nazionale che risultano necessari per assicurare l’immissione e il ritiro integrale dell’energia prodotta dagli impianti a fonte rinnovabile già in esercizio (comma 2).
[15] Come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 1, lett. 0.a) del D.L. n. 153/2024.
[16] Ai sensi dell’articolo 8, comma 2-septies del d.lgs. n. 152/2006, qualora lo richieda almeno una delle Commissioni parlamentari competenti a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, le tipologie dei progetti attuativi del PNIEC individuati nell’allegato I-bis possono essere modificate, con decreto del MASE, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti da rendere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.
[17] Detta Commissione, istituita inizialmente per l’esame dei progetti utili all’attuazione del PNIEC con D.L. n. 76/2020, ha assunto successivamente la competenza ad esaminare anche i progetti attuativi del PNRR (articolo 17 del D.L. n. 77/2021).
[18] Il D.P.R. n. 31/2017 contiene il regolamento che individua gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica nonché quelli soggetti a una procedura autorizzatoria semplificata. Si ricorda che l’articolo 21 della legge n. 214/2023 (legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022) e, successivamente, l’articolo 6, comma 4-bis del D.L. n. 202/2024, hanno disposto il rinvio dei termini previsti per la revisione di tale regolamento. La legge per la concorrenza 2021 (articolo 26, comma 13, della L. n. 118/2022) ha autorizzato la revisione del D.P.R. n. 31/2017 con l’obiettivo di introdurre ulteriori semplificazioni nei procedimenti autorizzativi in materia paesaggistica. Inizialmente, il termine per adottare la revisione era fissato in 180 giorni dall’entrata in vigore della legge n. 118/2022. Tale termine è stato prima prorogato a 24 mesi dall’entrata in vigore della legge, e successivamente ulteriormente differito a 48 mesi, con scadenza quindi al 27 agosto 2026.
[19] Quest’ultima previsione è stata aggiunta dall’articolo 1, comma 1, lett. b-bis), del D.L. n. 153/2024.
[20] È stato dunque eliminato l’obbligo, inizialmente previsto per i proponenti, di allegare all’istanza di valutazione di impatto ambientale (VIA), di cui all’articolo 23 del Codice dell’ambiente, l’atto del soprintendente relativo alla verifica preventiva dell’interesse archeologico (VPIA), prevista dall’articolo 25 del d.lgs. n. 50/2016 (ora trasfuso nell’articolo 41 del d.lgs. n. 36/2023). Rimane tuttavia obbligatoria la presentazione, tra i documenti da allegare all’istanza di VIA, degli elaborati progettuali indicati all’articolo 5, comma 1, lettera g), del Codice dell’ambiente. Si tratta del progetto di fattibilità tecnico-economica, così come definito dall’articolo 23, commi 5 e 6, del previgente Codice dei contratti pubblici (ora articolo 41 del nuovo Codice – d.lgs. n. 36/2023), il quale deve essere redatto tenendo conto, tra l’altro, delle verifiche preventive dell’interesse archeologico, nonché degli studi di fattibilità ambientale e paesaggistica.
Al riguardo giova, altresì, richiamare le disposizioni del cd. decreto Pnrr (D.L. n. 13/2023), secondo cui in ogni caso l’adozione del parere e del provvedimento di Via non è subordinata alla conclusione delle attività di VPIA o all’esecuzione dei saggi archeologici preventivi prevista dal Codice dei beni culturali (comma 2 sexies, articolo 25 del Codice dell’ambiente).
Ne deriva una particolare incertezza in merito alla piena applicabilità ai progetti sottoposti a VIA delle procedure di VPIA. A riguardo, si segnala che il MiC, con nota n. 820 del 19 gennaio 2024 (nell’ambito di un procedimento relativo ad un impianto fotovoltaico), ha sostenuto la necessaria applicabilità della VPIA a tutti i progetti sottoposti a VIA. Ciò in quanto, la VPIA è stata definita come “segmento procedimentale preliminare alla stessa VIA, in quanto necessaria a valutare compiutamente gli impatti significativi e negativi delle opere e dei lavori in progetto sulla componente ambientale e sul patrimonio archeologico. Di conseguenza, anche le opere di iniziativa privata assoggettabili a Via sono automaticamente assoggettate alla procedura di Vpia”.
L’applicazione della procedura di VPIA nell’ambito del procedimento di Via pare, quindi, essere comunque ritenuta dal MiC come elemento preliminare e necessario, nonostante la previsione del cd. decreto PNDRR, sopra riferita, secondo cui, il provvedimento di Via non è subordinato alla conclusione delle attività di VPIA.
Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha parzialmente chiarito e, in alcuni casi, ridimensionato questo approccio ministeriale: il TAR Puglia, sentenza n. 1429/2023 è chiaro sul fatto che il parere del MiC, anche se sfavorevole, non è vincolante per il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). In particolare, la sentenza ha disposto che, in presenza di conflitto tra un parere negativo del MiC e uno favorevole della Commissione tecnica PNRR–PNIEC, la decisione finale debba essere rimessa al Consiglio dei Ministri.
Si rileva inoltre che il D.L. n. 19/2024, all’articolo 12-bis, introduce deroghe importanti alle disposizioni del Codice dei beni culturali e del Codice dei contratti pubblici in materia di verifica preventiva dell’interesse archeologico (VPIA). In particolare, la citata verifica è esclusa: per gli interventi qualificabili come “di lieve entità”, se finalizzati alla realizzazione di infrastrutture di rete rientranti nei progetti finanziati dal PNRR; per gli interventi realizzati in aree già occupate da strade, opere o altri impianti di rete, a condizione che non comportino uno scavo che ecceda la quota di profondità già impegnata dagli impianti o delle opere presenti; per gli interventi necessari al ripristino dell’erogazione del servizio pubblico. In caso di interventi, riguardanti infrastrutture di rete qualificabili come “di media entità”, è prevista invece una modalità semplificata di effettuazione della citata verifica preventiva dell’interesse archeologico.
[21] Nell’analizzare le disposizioni di cui all’articolo 4-bis, la relazione illustrativa del D.L. 153/2024 ha sottolineato che le stesse mirano “a evitare l’avverarsi di casi in cui, solo dopo un lungo iter procedimentale, lo schema di provvedimento di VIA non venga concertato dal competente direttore generale della cultura per difetto degli elementi istruttori necessari al compimento delle valutazioni paesaggistiche. In tal senso, la disciplina stessa, in quanto utile a soddisfare un’esigenza di contenimento dei casi di contrasto al momento dell’adozione del provvedimento di VIA (non ammettendo che il concerto del MiC possa essere denegato per mancanza della documentazione occorrente; ciò che conduce, invece, alla archiviazione dell’istanza) persegue una finalità deflattiva delle ipotesi di rimessione della decisione al Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge n. 400 del 1988”.
[22] A tal proposito, il comma 2-quinquies, come novellato dal D.L. n. 153/2024, dispone che tale concerto comprenda l’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, precisando però che ciò avviene solo a condizione che “gli elaborati progettuali siano sviluppati a un livello che consenta la compiuta redazione della relazione paesaggistica”.
[23] Il D.L. n. 153/2024 ha corretto l’erroneo riferimento (presente nel secondo periodo del comma 3 testé illustrato) allo studio preliminare ambientale, sostituendolo con il corretto riferimento allo studio di impatto ambientale. Lo studio preliminare è infatti finalizzato alla definizione, tra l’altro, delle informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale; pertanto la conferenza di servizi dovrà definire le informazioni da inserire nello studio di impatto ambientale da presentare e non invece, come disposto dal testo previgente, nello studio preliminare che è già stato presentato.
[24] Come modificato dall’articolo 14, comma 2, del D.L. n. 202/2024.
[25] Si fa presente che l’articolo 47, comma 11-bis del D.L. n. 13/2023 aveva previsto l’innalzamento dei limiti del punto in esame a 25 MW, purché:
- l’impianto si trovasse in aree idonee ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199/2021;
- l’impianto si trovasse in aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, o in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati, o in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (ai sensi dell’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021);
- fuori dai casi precedenti, l’impianto non fosse situato in aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio ai sensi dell’allegato 3, lettera f) del D.M. 10 settembre 2010.
Sia l’articolo 47, comma 11-bis del D.L. n. 13/2023, sia l’articolo 22-bis del d.lgs. n. 199/2021 sono stati abrogati dal d.lgs. n. 190/2024.
[26] L’allegato A, sezione I, lettera a) e b) assoggetta ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici:
- di potenza inferiore a 12 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato;
- a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, di potenza inferiore a 12 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici;
[27] Le lettere a), b), c) e d) della sezione I, allegato A assoggettano ad attività libera gli impianti solari fotovoltaici:
· di potenza inferiore a 12 MW, integrati su coperture di strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda, senza modifiche della sagoma della struttura o dell’edificio e con superficie non superiore a quella della copertura su cui è realizzato;
· a servizio di edifici collocati al di fuori della zona A) di cui all’articolo 2 del D.M. n. 1444/1968, di potenza inferiore a 12 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici o fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti;
· di potenza inferiore a 5 MW installati a terra ubicati nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
· ubicati in aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali, finalizzati a utilizzare prioritariamente l’energia autoprodotta per i fabbisogni delle medesime strutture, di potenza inferiore a 10 MW, se installati su strutture o edifici esistenti o sulle relative pertinenze o posti su strutture o manufatti fuori terra diversi dagli edifici oppure fino a 1 MW, se collocati a terra in adiacenza agli edifici esistenti cui sono asserviti.
[28] L’allegato C, sezione I, lettera aa) assoggetta ad autorizzazione unica di competenza regionale gli impianti fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe diverse da quelle di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994 (dunque dighe diverse da quelle che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d’invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi).
L’allegato C, sezione II, lettera z) assoggetta ad autorizzazione unica di competenza statale gli impianti fotovoltaici collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi realizzati da dighe di cui all’articolo 1 del D.L. n. 507/1994.
[29] Cfr. nota 27.
[30] Dunque dighe diverse da quelle che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d’invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi).
[31] Ovvero dighe che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d’invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi.
[32] Termine così prorogato dal regolamento (UE) 2024/223.
[33] La definizione di impianto agro-voltaico avanzato è rilevante ai fini dell’attuazione della misura Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione ecologica), Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile), Investimento 1.1 “Sviluppo agro-voltaico” del PNRR. La misura prevede che siano definiti criteri e modalità per incentivare la realizzazione di impianti agro-voltaici attraverso la concessione di prestiti o contributi a fondo perduto, realizzati in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1-quater, del D.L. n. 1/2012. In recepimento di quanto previsto dall’articolo articolo 14, lettera c) del comma 1, del d.lgs. 199/2021 è stato adottato il D.M. 13 febbraio 2024, cd. D.M. agro-voltaico, che àncora il conferimento degli incentivi agli impianti agro-voltaici di natura sperimentale richiamando gli impianti di cui all’articolo 65, commi 1-quater nonché i requisiti di cui al comma 1-quinquies, del D.L. n. 1/2012. In sostanza, per usufruire dei benefici, gli impianti devono essere dotati anche di sistemi di monitoraggio per verificare l’impatto delle installazioni sulle colture.
[34] Introdotto dall’articolo 49, comma 3 del D.L. n. 13/2023, e recentemente modificato dall’articolo 41-bis, comma 1, del D.L. n. 19/2024.
[35] Sei mesi dalla data di entrata in vigore (3 luglio 2024) del D.M. 21 giugno 2024, di definizione dei criteri e dei principi che le medesime regioni devono osservare ai fini dell’individuazione delle aree idonee.
[36] Ovvero al di fuori degli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale (zona a)), nonché dalle parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A). Si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq.
[37] Più specificamente, nel caso di impianti su un’unica direttrice, il nuovo impianto deve essere realizzato sulla stessa direttrice con una deviazione massima di un angolo di 20°, mantenendo la stessa lunghezza più una tolleranza pari al 20 per cento della lunghezza dell’impianto esistente, abilitato o autorizzato, calcolata tra gli assi dei due aerogeneratori estremi, arrotondato per eccesso; nel caso di impianti dislocati su più direttrici, la superficie planimetrica complessiva del nuovo impianto deve essere al massimo pari alla superficie oggetto di abilitazione o autorizzazione, con una tolleranza complessiva del 20 per cento; vengono inoltre individuate regole sull’altezza massima dei nuovi aerogeneratori, stabilendo che se un nuovo aerogeneratore ha un diametro maggiore rispetto a uno esistente, la sua altezza massima deve essere proporzionale rispetto all’altezza massima dell’aerogeneratore esistente. La formula da usare è:, dove:
· h1 è l’altezza massima dell’aerogeneratore esistente;
· d1 è il diametro del rotore dell’aerogeneratore esistente;
· d2 è il diametro del rotore del nuovo aerogeneratore;
· h2 è l’altezza massima che il nuovo aerogeneratore può raggiungere;
Inoltre, qualora i vecchi aerogeneratori abbiano un diametro inferiore o uguale a 70 metri, il numero di nuovi aerogeneratori non può superare il valore minore fra , dove n1 è il numero di aerogeneratori esistenti, e
. Se invece i vecchi aerogeneratori hanno un diametro superiore a 70 metri, il numero di nuovi aerogeneratori non deve superare:
.
[38] Riguardo a tale precisazione, rispondendo ad un interpello (risposta prot. 65335 del 24 aprile 2023), il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha chiarito che la succitata “modifica normativa contenuta nell’articola 10 del DL n. 50/2022 andrà applicata, in un’ottica sistematica e di coordinamento, anche ai progetti ricadenti nella competenza regionale di cui all’allegato IV Parte II del d.lgs. n. 152/2006”.
[39] Previsione aggiunta dall’articolo 4-bis, comma 2 del D.L. n. 19/2025.
[40] La legge n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette) individua, classifica e disciplina le aree protette del territorio nazionale, prevedendo tra l’altro specifiche misure di tutela dei territori ad esse appartenenti. In particolare l’articolo 13, comma 1, prevede che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”.
Una disciplina specifica è invece prevista per i siti della cd. Rete Natura 2000, istituita dalla direttiva 92/43/CEE (cd. direttiva Habitat) relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.P.R. n. 357/1997. In particolare si ricorda che l’articolo 6 della citata direttiva dispone che “qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”. La valutazione di incidenza (VINCA) è disciplinata dettagliatamente dall’articolo 5 del D.P.R. 357/1997. Tale articolo precisa inoltre (al comma 4) che per i progetti assoggettati a VIA che interessano siti della rete “Natura 2000”, la VinCA è ricompresa nell’ambito della VIA. L’articolo 10, comma 3, del Codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2006) ribadisce che “la VAS e la VIA comprendono le procedure di valutazione d’incidenza”.
[41] Di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 20/2007.
[42] Di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007, ossia impianti in cui avvenga la generazione simultanea in un unico processo di energia termica ed elettrica o di energia termica e meccanica o di energia termica, elettrica e meccanica.
[43] Di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 20/2007, ossia unità di cogenerazione con una capacità di generazione installata inferiore a 1 MWe.
[44] Di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380/2001.
[45] Di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 20/2007.
[46] Di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 20/2007, ossia impianti in cui avvenga la generazione simultanea in un unico processo di energia termica ed elettrica o di energia termica e meccanica o di energia termica, elettrica e meccanica.
[47] Si veda nota sopra.
[48] Si veda nota 46.
[49] Si veda nota 46.
[50] Si veda nota 46.
[51] Si veda nota 46.
[52] d.lgs n. 22/2010, recante il riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell’articolo 27, comma 28, della legge n 99/2009. Si noti inoltre che la Corte costituzionale, con sentenza 4-7 aprile 2011, n. 112, ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del presente comma, nella parte in cui non prevede che la disposizione relativa all’appartenenza delle risorse geotermiche ad alta entalpia al patrimonio indisponibile dello Stato non si applica alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
[53] fatte salve le domande relative agli impianti sperimentali di potenza nominale non superiore a 5 MW.
[54] Di cui all’allegato III, lettera v-bis), lettera anch’essa aggiunta dal d.lgs. n. 190/2024.
[55] Una quota non superiore al 5 per cento degli importi dei canoni annui demaniali che devono essere corrisposti fino alla scadenza delle concessioni, come prorogata, può essere destinata dall’autorità competente alla copertura degli oneri derivanti dall’esecuzione, da parte dell’autorità medesima, delle attività di coltivazione previste dal capo III del d.lgs. n. 22/2010.
[56] Entro trenta giorni dalla presentazione del piano, l’autorità competente può richiedere al concessionario interessato modifiche o integrazioni del piano. In caso di valutazione positiva, da esprimersi entro trenta giorni dalla data di presentazione o entro quindici giorni dalla presentazione del piano modificato o integrato, l’autorità competente rimodula le condizioni di esercizio della concessione di coltivazione relativa agli impianti interessati dal piano stesso, anche sotto il profilo della durata, comunque non superiore a venti anni, secondo quanto previsto nel piano valutato positivamente.
[57] Si segnala che la Giunta della Regione Toscana, che ospita una parte consistente delle risorse geotermiche nazionali, con delibera n. 697/2024, ha deciso di avvalersi della facoltà di cui all’art. 16-bis del d.lgs. 22/2010, e quindi di richiedere ad Enel Green Power Italia Srl, Concessionario titolare delle 9 concessioni geotermoelettriche in scadenza sul territorio regionale, la presentazione di un piano pluriennale di investimenti, entro il 30 giugno 2024. Con Delibera di Giunta n. 167 del 17 febbraio 2025, la Regione Toscana ha approvato la rimodulazione delle concessioni geotermoelettriche affidate a Enel Green Power Italia Srl. Tale misura, prevista dall’art. 16-bis del d.lgs. 22/2010, consente la prosecuzione regolata delle attività per ulteriori venti anni a partire dal 31 dicembre 2026 subordinata all’attuazione di un piano pluriennale di investimenti di circa 3 miliardi di euro.
[58] Aggiunto dall’articolo 15, comma 1 del D.L. n. 17/2022. Si fa presente che il d.lgs. n. 190/2024 ha disposto l’abrogazione di tale articolo, con il quale è stato introdotto nell’ordinamento il comma 6-bis dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021. Il comma 6-bis dell’articolo 25 del d.lgs. n. 199/2021, purtuttavia, non è stato abrogato, ed è anzi stato disposto, all’articolo 14, comma 6, l’aggiornamento del sopra citato D.M. attuativo (D.M. 30 settembre 2022).
[59] Detto decreto, ritenuto che le semplificazioni previste per gli impianti geotermoelettrici dal D.M. 10 settembre 2010 potessero essere estese anche agli impianti finalizzati al solo scambio termico con il terreno senza produzione di energia elettrica, ha previsto:
§ l’equiparazione ad attività di edilizia libera della realizzazione di impianti che rispettano tutte le seguenti condizioni:
- le sonde geotermiche si estendono, se orizzontali, a profondità non superiore a 2 metri dal piano campagna e/o, se verticali, a profondità non superiore a 80 metri dal piano campagna;
- la potenza termica dell’impianto è inferiore a 50 kW;
- gli impianti sono realizzati a servizio di edifici già esistenti, senza alterarne volumi e superfici, né comportando modifiche delle destinazioni di uso, interventi su parti strutturali dell’edificio, o aumento del numero delle unità immobiliari e incremento dei parametri urbanistici.
§ la PAS per gli impianti che rispettano tutte le seguenti condizioni:
- le sonde geotermiche si estendono, se orizzontali, a profondità non superiore a 3 metri dal piano campagna e/o, se verticali, a profondità non superiore a 170 metri dal piano campagna;
- la potenza termica dell’impianto è inferiore a 100 kW.
[60] Alla data di pubblicazione del presente dossier il D.M. 30 settembre 2022 non risulta essere ancora stato aggiornato.
[61] Rientrano tra le sostanze minerali di miniera le seguenti:
a) minerali utilizzabili per l’estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, anche se detti minerali siano impiegati direttamente;
b) grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi, rocce asfaltiche e bituminose;
c) fosfati, sali alcalini e magnesiaci, allumite, miche, feldspati, caolino e bentonite, terre da sbianca, argille per porcellana e terraglia forte, terre con grado di refrattarietà superiore a 1630 gradi centigradi;
d) pietre preziose, granati, corindone, bauxite, leucite, magnesite, fluorina, minerali di bario e di stronzio, talco, asbesto, marna da cemento, pietre litografiche;
e) sostanze radioattive, acque minerali e termali, vapori e gas.
[62] Di cui all’allegato III, lettera v-bis).
[63] Si cita in questa premessa GSE, regolazione regionale, generazione elettrica da fonti rinnovabili, aggiornamento al 31 dicembre 2022. Il rapporto è stato pubblicato il 30 gennaio 2024.
[64] Tale previsione è stata introdotta dall’articolo 4-bis, comma 1, del D.L. n. 19/2025.
[65] Di cui all’allegato C, sezione I, lettere d) e z).
[66] Di cui all’allegato C, sezione II, lettere a), r) e v).
[67] Come modificata da ultimo dall’articolo 47, comma 11-quater del D.L. n. 13/2023.
[68] Ai sensi di tale norma, i consorzi di bonifica e irrigazione possono utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, compresi la produzione di energia idroelettrica e l’approvvigionamento di imprese produttive. L’Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione.
[69] Di cui all’articolo 4, comma 3, lettera b, punto i), del D.M. 6 luglio 2012.
[70] Ai sensi dell’articolo 1-quater, comma 8, del D.L. n. 239/2003.
[71] Si fa presente che l’articolo 4-bis, comma 1 del D.L. n. 19/2025 ha esteso la partecipazione delle regioni in sede di conferenza di servizi anche per interventi relativi a impianti di accumulo idroelettrico attraverso pompaggio puro.
[72] L’articolo 18 del d.lgs. n. 210/2021 prevede una ricognizione da parte del gestore della rete di trasmissione (Terna) del fabbisogno di capacità di stoccaggio dell’energia elettrica e disciplina il suo approvvigionamento mediante l’assegnazione della medesima capacità di stoccaggio tramite aste concorrenziali, trasparenti, non discriminatori, svolte dal medesimo gestore
[73] Ossia impianti di accumulo elettrochimico (o di accumulatori elettrici termomeccanici) ubicati esclusivamente all’interno del perimetro di impianti industriali di qualsiasi natura, anche non più operativi o in corso di dismissione, di impianti di produzione di energia elettrica esistenti, o all’interno di aree di cava o di produzione e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi in via di dismissione, per i quali la realizzazione dell’impianto di accumulo non comporta l’aumento degli ingombri in altezza rispetto alla situazione esistente, né richiede variante agli strumenti urbanistici adottati;