Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Affari Sociali |
Titolo: | Disposizioni in materia di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi |
Riferimenti: | AC N.1324/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 105/2 |
Data: | 25/07/2023 |
Organi della Camera: | XII Affari sociali, XIII Agricoltura |
25 luglio 2023
Disposizioni in materia di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi
A.C. 1324
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 95/2
Servizio Studi
Dipartimento Affari Sociali
Tel. 06 6760-3266 - st_affarisociali@camera.it - @CD_affarisociali
Dipartimento Agricoltura
Tel. 06 6760-3610 - st_agricoltura@camera.it - @CD_agricoltura
Progetti di legge n. 105/2
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
AG0018b.docx
INDICE
Schede di lettura
§ Articolo 1 (Finalità e definizioni).................................................................. 5
§ Articolo 2 (Divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati)........................................................ 11
§ Articolo 3 (Divieto di utilizzo della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali)..................................................... 15
§ Articolo 4 (Autorità per i controlli e modalità di applicazione delle sanzioni)....................................................................................................... 17
§ Articolo 5 (Sanzioni).................................................................................... 21
§ Articolo 6 (Rinvio alla legge n. 689 del 1981 e modalità di aggiornamento delle sanzioni)............................................................................................... 24
§ Articolo 7 (Clausola di invarianza finanziaria)........................................... 25
Articolo 1
(Finalità e definizioni)
L’articolo 1 enuncia le finalità perseguite dal disegno di legge in esame, diretto ad assicurare la tutela della salute umana e la preservazione del patrimonio agroalimentare, prevedendo altresì un rinvio alle definizioni richiamate dalla legislazione generale comunitaria.
L’articolo 1 del disegno di legge enuncia le finalità del provvedimento, recante disposizioni dirette ad assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini, oltre che a preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti che sono espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia. Il valore di tale processo è riconosciuto di rilevanza strategica per l’interesse nazionale (comma 1).
Il patrimonio agroalimentare italiano costituisce dunque uno dei punti di forza del nostro Paese; esso si compone di prodotti qualitativamente molto competitivi che soddisfano le aspettative di tipicità e reputazione raggiungendo i più svariati mercati internazionali e registrando ottimi successi commerciali. Esso, come specificato nella disposizione in commento, ha assunto quindi una valenza sociale e culturale oltre che economica.
Il sostegno dei prodotti, delle tradizioni e delle pratiche agroalimentari è riconosciuto a livello internazionale dall’Unesco nell’ambito della tutela del patrimonio immateriale dell’umanità ai sensi della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e ratificata con la legge 27 settembre 2007, n. 167.
L’art. 1 della Convenzione prevede, tra gli scopi della stessa, la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale nonché il rispetto del patrimonio culturale immateriale delle comunità, dei gruppi e degli individui interessati. L’art. 2 contiene la definizione di “patrimonio culturale immateriale” da intendersi come l’insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, know-how che le comunità riconoscono in quanto parte del proprio patrimonio culturale. Tale patrimonio culturale immateriale, ai sensi della stessa disposizione, è costantemente ricreato dalle comunità in risposta al proprio ambiente, alla propria storia dando, alle stesse comunità, un senso d’identità e di continuità. L’art. 16 della stessa Convenzione stabilisce che il Comitato intergovernativo per la salvaguardia per il patrimonio culturale immateriale (uno degli organi istituiti dalla Convenzione ai sensi dell’art. 5) istituisce una lista rappresentativa del patrimonio immateriale dell’umanità al fine di garantire una migliore visibilità del patrimonio culturale immateriale e di acquisire la consapevolezza del suo significato ed incoraggiare un dialogo che rispetti la diversità culturale. Ai sensi dell’art. 12 della citata Convenzione, ciascuno Stato è chiamato, al fine di salvaguardare il proprio patrimonio culturale immateriale, a redigere uno o più inventari.
In Italia, con DM n. 3424 del 2017 è stato istituito presso l’attuale Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), l’Inventario nazionale del patrimonio agroalimentare italiano (INPAI) con lo scopo di “individuare, catalogare e documentare gli elementi culturali afferenti le tradizioni agroalimentari tipiche italiane”. Il predetto decreto definisce come “elemento culturale agroalimentare” l’insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni e conoscenze relativi alla cultura del cibo e dell’alimentazione la cui persistenza è documentata da almeno vent’anni che le comunità riconoscono come parte del loro patrimonio culturale immateriale agroalimentare. Sono, inoltre, descritte la procedura di iscrizione al suddetto inventario, nonché quella volta all’individuazione del “Patrimonio agroalimentare dell’anno” ossia dell’elemento culturale agroalimentare designato quale particolarmente rappresentativo ed emblematico del contesto rurale e agro-alimentare e del patrimonio culturale immateriale ad esso connesso. Si ricorda, in proposito, che l’Italia detiene il primato mondiale dei riconoscimenti UNESCO nel settore agroalimentare avendo ottenuto il riconoscimento di cinque di essi.
Per un approfondimento sul patrimonio immateriale e sull’indicazione degli elementi italiani iscritti nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale si veda l’apposita sezione nel sito web del MASAF. Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, comma 582) ha, inoltre, previsto l'istituzione, con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, dell'Osservatorio nazionale per il patrimonio immateriale dell'UNESCO cui è affidato il compito di individuare i beni immateriali del nostro Paese e diffonderne la conoscenza, promuovere ricerche e raccolte dati a riguardo e favorire i rapporti con gli enti territoriali ed internazionali, sostenere lo sviluppo del dialogo interculturale tenendo conto dell’imprescindibile legame tra patrimonio culturale immateriale, patrimonio culturale materiale e beni naturali.
La salvaguardia del patrimonio agroalimentare italiano è perseguita attraverso la tutela della qualità dei prodotti agroalimentari che rappresenta per l'Italia uno dei principali obiettivi della politica agroalimentare, considerato che il nostro Paese si distingue in Europa per il maggior numero di prodotti a marchio registrato, oggetto di numerosi tentativi di contraffazione. A livello nazionale, ai fini della tutela della qualità e dell'autenticità del prodotto stesso, il nostro legislatore ha da sempre attribuito grande rilievo alla possibilità di indicare obbligatoriamente l'origine nazionale della produzione agroalimentare. La legge n. 4 del 3 febbraio 2011, recante "Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari", poi modificata dall'art. 3-bis del decreto legge n. 135 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge di 11 febbraio 2019 n. 12, ha disposto l'obbligo agli art. 4 e 5 per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati parzialmente trasformati o non trasformati di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza.
La tutela del patrimonio agroalimentare italiano è attuata attraverso un sistema di controlli posto in essere da una molteplicità di organi ufficiali di controllo che fanno capo a diverse Amministrazioni statali (Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Ministero della Salute e Ministero dell'Economia e delle Finanze), alle Regioni, alle Provincie e ai Comuni. Un ruolo di crescente importanza è quello assunto dal Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela dei prodotti agroalimentari e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) che opera presso il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ed è uno dei principali organismi europei di controllo del settore agroalimentare. Tra i compiti esercitati, a livello nazionale, del suddetto dipartimento si ricordano: a) la prevenzione e la repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l'agricoltura; b) la vigilanza sulle produzioni di qualità registrata; c) il contrasto dell'irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi.
Recentemente è stato pubblicato il Report dell'ICQRF sulla tutela della qualità dei prodotti agroalimentari e la repressione delle frodi nel settore per l'anno 2022. Dal suddetto Report emerge che nel 2022 il settore agroalimentare costituisce circa un quarto del PIL italiano, il numero degli occupati raggiunge 1,4 milioni e le esportazioni si avviano a superare la soglia dei 60 miliardi di euro mostrando un trend di crescita.
Con riferimento ai singoli comparti agroalimentari risulta che: 19.099 controlli hanno interessato il settore vitivinicolo, 8.417 quello oleario, 5.070 il lattiero caseario, 3927 l'ortofrutta, 3.222 i cereali e derivati e 2.644 il settore della carne. L'ICQRF ha attivato, inoltre, 451 procedure di contrasto a usurpazioni ed evocazioni che hanno riguardato non solo prodotti italiani (449 casi) ma anche indicazioni geografiche non italiane (2 casi).
Il MASAF si avvale, inoltre, del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri che svolge i compiti di cui agli articoli 7 e 8, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177. Nell'ambito del Comando unità opera il Reparto dei carabinieri per la tutela agroalimentare che svolge controlli straordinari sulla erogazione e percezione di aiuti comunitari nel settore agroalimentare e della pesca e acquacoltura, sulle operazioni di ritiro e vendita di prodotti agroalimentari, ivi compresi gli aiuti a Paesi in via di sviluppo e indigenti ed esercita controlli specifici sulla regolare applicazione di regolamenti comunitari e concorre, coordinandosi con ICQRF, nell'attività di prevenzione e repressione delle frodi nel settore agroalimentare.
Il patrimonio agroalimentare italiano è stato oggetto di recenti misure di carattere legislativo volte alla sua tutela.
Tra esse si ricorda la recente istituzione - articolo 1, commi 424-425, della legge di bilancio 2023, L. n. 197 del 2022 - del Fondo per la sovranità alimentare, con una dotazione di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023-2026. Tale Fondo ha il compito di rafforzare il sistema agricolo e agroalimentare nazionale, anche attraverso interventi finalizzati alla tutela e alla valorizzazione del cibo italiano di qualita', alla riduzione dei costi di produzione per le imprese agricole, al sostegno delle filiere agricole, alla gestione delle crisi di mercato, garantendo la sicurezza delle scorte e degli approvvigionamenti alimentari. Inoltre, l’art. 24, comma 4, del D.L. n. 34 del 2023, attualmente in corso di conversione in sede parlamentare, ha disposto l’incremento di 200 mila euro per l’anno 2023 del Fondo per il sostegno delle eccellenze nella gastronomia e dell’agroalimentare italiano istituito dall’art. 1, comma 868, della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) nello stato di previsione del Ministero dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF). La finalità perseguita dalla disposizione in esame consiste nel promuovere e sostenere le eccellenze della ristorazione e della pasticceria italiana, nel valorizzare il patrimonio agroalimentare ed enogastronomico italiano, anche attraverso interventi che incentivino la valorizzazione dei prodotti a denominazione d'origine e indicazione geografica e le eccellenze agroalimentari italiane, gli investimenti in macchinari professionali e altri beni strumentali durevoli, nonché in interventi in favore dei giovani diplomati nei servizi dell'enogastronomia e dell'ospitalità alberghiera.
Il comma 2 dispone che, ai fini della presente legge, si applicano le definizioni di cui agli articoli 2 (definizione di “alimento”) e 3 (altre definizioni) del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002 riguardante i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e che istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, fissando idonee procedure in materia, oltre che le disposizioni europee nazionali in materia di denominazione degli alimenti e dei mangimi e di etichettatura degli stessi.
In particolare per “alimento” (o “prodotto alimentare” o “derrata alimentare”) si intende qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.
Riguardo le altre definizioni, si stabilisce, tra le altre cose, che cosa si intende per “legislazione alimentare”[1] e “rischio”[2], “analisi, valutazione, gestione e comunicazione del rischio”.
Il Regolamento (CE) n. 178/2022, in vigore dal 21 febbraio 2022, reca le norme generali europee in materia di legislazione alimentare e consolida le norme sulla sicurezza di alimenti e mangimi nell’UE, tema che rappresenta un caposaldo della politica comune (qui il collegamento).
Esso ha istituito l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (di seguito EFSA), agenzia di coordinamento essenzialmente per la valutazione e la consulenza in materia alimentare che presta assistenza per fornire prove scientifiche e valutazioni di alimenti e mangimi (come per esempio nel caso di rischio di adulterazione). Dal regolamento in questione sono escluse le tematiche riguardanti la produzione per uso privato o la trasformazione di alimenti destinati al consumo domestico.
Il Regolamento, recentemente modificato dal regolamento (UE) 2019/1381, a partire dal 27 marzo 2021, ha disposto innanzitutto il divieto di mettere in vendita alimenti pericolosi per la salute o non adatti al consumo umano, in base ai criteri di valutazione riguardanti, tra l’altro, le condizioni d’uso normali degli alimenti da parte del consumatore; le informazioni fornite al consumatore; l’effetto sulla salute, a breve e a lungo termine; gli effetti tossici cumulativi; la particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l’alimento sia destinato ad essa.
Esso stabilisce il principio in base al quale si presume che se un alimento o mangime a rischio rientra in una partita, l’intera partita è a rischio. La legislazione si applica a tutte le fasi della catena alimentare, dalla produzione alla trasformazione e al trasporto, fino alla distribuzione e alla fornitura. Più in dettaglio, le aziende alimentari sono chiamate a: 1) garantire la tracciabilità degli alimenti, dei mangimi e degli animali destinati alla produzione alimentare in tutte le fasi della produzione e della distribuzione; 2) ritirare immediatamente gli alimenti e i mangimi dal mercato o richiamare i prodotti già forniti, nel caso in cui vengano considerati dannosi per la salute; 3) informare le autorità preposte e i consumatori, se necessario.
Se da un’analisi del rischio sanitario si evidenzi un rischio, i paesi dell’Unione e la Commissione possono adottare misure cautelari provvisorie – che devono essere rese pubbliche - tali da garantire un elevato livello di tutela della salute. Il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF) che coinvolge i paesi dell’Unione, la Commissione e l’EFSA, si occupa della condivisione delle informazioni relative a: 1) le misure atte a limitare la circolazione degli alimenti o a procedere al ritiro di questi ultimi dal mercato; 2) azioni intraprese per prevenire, limitare o imporre condizioni specifiche all’immissione sul mercato o all’eventuale uso di alimenti o mangimi; 3)il respingimento di una partita di alimenti importati.
Gli Stati membri, la Commissione deve elaborare un piano generale per la gestione della crisi riguardante le situazioni in cui le tradizionali misure cautelari di emergenza risultano insufficienti. Qualora venga identificato un caso simile, la Commissione dovrà formare immediatamente un’unità di crisi incaricata di identificare tutte le opzioni per proteggere la salute umana.
Il regolamento (UE) 2019/1381 sulla trasparenza e la sostenibilità dell’analisi del rischio dell’Unione nella filiera alimentare ha modificato il regolamento (CE) n. 178/2002, per i seguenti obiettivi: 1) garanzia di maggiore trasparenza, con accesso automatico pubblico a studi ed informazioni a sostegno di richieste indirizzate all’EFSA (studi a sostegno di una richiesta di autorizzazione da parte di un operatore del settore alimentare, all’inizio del processo di analisi del rischio); 2) aumento dell’indipendenza e solidità degli studi scientifici presentati, per aumentare il grado di pertinenza delle informazioni trasmesse dalle aziende; 3) richiesta di studi supplementari da parte della Commissione europea ai fini di verifica in circostanze eccezionali di controversie gravi o risultati contrastanti; 4) rafforzamento della governance e la cooperazione scientifica, tramite progetti comuni e condivisione delle migliori pratiche, intraprendendo attività di promozione per la selezione dei migliori esperti indipendenti; 5) sviluppo di una comunicazione globale del rischio, tramite un piano generale per la comunicazione del rischio mediante un atto di esecuzione per garantire un quadro globale di comunicazione del rischio durante l’intero processo di analisi del rischio.
Articolo 2
(Divieto di produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati)
L’articolo 2 introduce il divieto di produzione, promozione e commercializzazione di alimenti e mangimi isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.
L’articolo 2, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede il divieto per gli operatori del settore alimentare e per gli operatori del settore dei mangimi di impiegare nella preparazione di alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare o distribuire per il consumo alimentare, ovvero promuovere ai suddetti fini alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati.
Viene in tal modo introdotta una definizione normativa di alimenti e mangimi sintetici.
Il divieto viene istituito sulla base del principio di precauzione di cui all'articolo 7 del regolamento n. (CE) 178/2002. Tale atto stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
Il citato articolo 7 prevede la possibilità di adottare delle misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire un livello elevato di tutela della salute, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio, qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d'incertezza sul piano scientifico.
Le misure adottate sulla base del principio di precauzione devono essere proporzionate e prevedere le sole restrizioni al commercio che siano necessarie per raggiungere il livello elevato di tutela della salute perseguito nell’Unione europea, tenendo conto della realizzabilità tecnica ed economica e di altri aspetti, se pertinenti. Tali misure devono essere riesaminate entro un periodo di tempo ragionevole a seconda della natura del rischio per la vita o per la salute individuato e del tipo di informazioni scientifiche necessarie per risolvere la situazione di incertezza scientifica e per realizzare una valutazione del rischio più esauriente.
Al riguardo, in sede di relazione illustrativa, il Governo osserva che “da numerosi studi condotti da esperti e pubblicati su riviste di levatura internazionale, emerge come solo poche ricerche abbiano affrontato, brevemente, gli aspetti di sicurezza della carne coltivata e, più in generale, del cibo cosiddetto sintetico”.
Il regime sanzionatorio per le violazioni del divieto istituito dall’articolo in esame è disposto dall’articolo 5, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.
Si ricorda che il Regolamento (UE) 2015/2283 relativo ai nuovi alimenti, stabilisce norme per l'immissione di nuovi alimenti sul mercato dell'Unione, con il fine di garantire l'efficace funzionamento del mercato interno e assicurare nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori. L’articolo 3, comma 2, lettera a), punto vi) del regolamento include nella definizione di “nuovo alimento” gli alimenti costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o “di” tessuti derivanti da animali, piante, microorganismi, funghi o alghe. La Commissione europea istituisce e aggiorna un “elenco dell'Unione” che indica i nuovi alimenti autorizzati ad essere immessi sul mercato dell'Unione a norma degli articoli 7, 8 e 9 del regolamento 2015/2283. La Commissione autorizza e inserisce un nuovo alimento nell'elenco dell'Unione esclusivamente se esso soddisfa le seguenti condizioni: a) in base alle prove scientifiche disponibili, l'alimento non presenta un rischio di sicurezza per la salute umana; b) l'uso previsto dell'alimento non induce in errore i consumatori, in particolare nel caso in cui l'alimento è destinato a sostituire un altro alimento e vi è un cambiamento significativo nel suo valore nutritivo; c) se l'alimento è destinato a sostituire un altro alimento, non ne differisce in maniera tale da rendere il suo consumo normale svantaggioso per il consumatore sul piano nutrizionale. Gli articoli da 10 a 20 del regolamento europeo recano le procedure di autorizzazione di un nuovo alimento
Alimenti “non convenzionali” e alimenti “sintetici”
Il termine “alimento non convenzionale” è entrato in uso nel periodo della grande espansione della ricerca di nuove fonti proteiche, che ha caratterizzato tutti gli anni Settanta del secolo scorso. L'espressione, quindi, più che a un alimento in senso stretto, era rivolta a un suo componente principale (le proteine) che alla fine degli anni Sessanta sembravano costituire a livello mondiale il problema alimentare più importante. La successiva constatazione che “la fame nel mondo” come problema politico denominava in modo sintetico la carenza globale di alimenti, dovuta anche a una loro iniqua distribuzione e utilizzazione, ha dato l'avvio a una serie di ricerche sugli alimenti non convenzionali, il cui fine primario era quello di eliminare la poco efficiente conversione di proteine vegetali in proteine animali, con conseguente aumento della disponibilità di alimenti nel loro complesso (il cosiddetto “circuito corto”).
In via provvisoria, si può classificare un a. come non convenzionale in rapporto: a) alla materia prima; b) al prodotto finito; c) alla tecnologia di preparazione.
Alimenti non convenzionali per la materia prima.
Le principali materie prime non convenzionali, finora impiegate quasi esclusivamente per ottenere alimenti proteici ma che in avvenire potranno fornire anche altri tipi di molecole d'interesse nutrizionale, comprendono lieviti e batteri; miceli fungini; alghe (in particolare Spirulina); foglie verdi di diverse specie.
Alimenti non convenzionali in quanto prodotto finito.
Con un significato ampio può essere considerato non convenzionale anche un alimento che deriva da una materia prima convenzionale, ma di cui è nuovo il modo di presentazione.
Fonti di alimenti tradizionali come semi oleaginosi e legumi, trattati con tecnologie innovative, sono alla base di nuove formulazioni alimentari, la cui maggiore o minor fortuna sul mercato dipende, oltre che dalle caratteristiche intrinseche, dall'immagine che viene loro associata. La grande maggioranza dei prodotti in commercio di questa categoria è a base di soia, ma ci sono tentativi per sviluppare prodotti anche da piselli, fave, girasoli, ecc.
Tralasciando i prodotti da forno e le paste alimentari, che rientrano in un mercato tradizionale, la proposta più ambiziosa finora è stata quella relativa ai cosiddetti prodotti di imitazione-sostituzione.
Il simbolo delle proteine vegetali di sostituzione è l'isolato filato che è un prodotto molto purificato, testurizzato con un procedimento direttamente trasferito dall'industria tessile. I filamenti che si ottengono con questo procedimento dopo aggregazione con un legante coagulabile al calore, vengono colorati e aromatizzati, dando origine alla fine a prodotti che riproducono l'aspetto e la consistenza di carni, pesci, crostacei, bacon.
Questi alimenti vegetali d'imitazione, lanciati inizialmente dagli Stati Uniti con grandi speranze, non hanno risposto alle aspettative di un mercato al di fuori di quello vegetariano.
Alimenti non convenzionali per la tecnologia di preparazione.
Nuove tecnologie, in parte mutuate da altri settori produttivi, come la filatura, l'ultrafiltrazione, l'ingegneria genetica, l'estrazione-frazionamento con gas supercritici, in parte conseguenza della ottimizzazione di tecnologie già convenzionali per l'industria alimentare, quali cristallizzazione, frazionamento, fermentazione, estrazione, surgelazione, ecc., consentono una maggior diversificazione, estensione e rinnovamento della gamma di prodotti, una loro maggiore conservabilità, una maggiore convenienza, nuove occasioni di consumo, nuovi gruppi di consumatori.
Le grandi commodities alimentari (in particolare latte, cereali, oleaginose) sono ormai oggetto di complesse procedure di frazionamento e modificazione che consentono di ottenere una straordinaria diversificazione di ingredienti i quali, opportunamente miscelati e strutturati, danno luogo a una più ampia gamma di prodotti complessi di seconda trasformazione.
Questo progressivo passaggio da una produzione essenzialmente legata all'agricoltura a una sempre più industriale porta alla sostituzione graduale di una produzione dispersa e fluttuante con una standardizzata e costante. A sua volta la produzione industriale va evolvendosi verso una strutturazione bipolare nella quale un polo altamente sofisticato, inserito in circuiti transnazionali, che utilizza tecniche d'avanguardia non convenzionali, fornisce componenti e ingredienti a un secondo polo impegnato nelle trasformazioni convenzionali dei prodotti alimentari.
Non necessariamente il prodotto finale offerto al consumatore apparirà come prodotto non convenzionale, anche se ha a monte una tecnologia altamente sofisticata. Per fare solo due esempi: un caffè dal quale la caffeina è stata estratta con anidride carbonica supercritica, apparirà come un normale caffè decaffeinato con il sistema tradizionale anche se offrirà una maggiore garanzia perché sicuramente privo di residui di solventi organici; un insaccato trattato con microrganismi ingegnerizzati avrà caratteristiche organolettiche mirate e costanti, ma si presenterà come un prodotto convenzionale.
In questo quadro si inserisce la produzione di alimenti e mangimi “sintetici”, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati. Il principale riferimento riguarda la carne coltivata in laboratorio a partire da cellule staminali estratte da cellule di animali vivi o da carne fresca e fatte sviluppare in bioreattori, oltre che il pesce prodotto allo stesso modo. Più in particolare, la produzione di carne coltivata in laboratorio, cosiddetta “carne sintetica”, è un processo biotecnologico che ha inizio estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali. Tale estrazione può essere sperimentata con qualunque specie vivente ma per ora è stata condotta solo con pesci, tacchini, polli, anatre e soprattutto bovini. Il processo di produzione prevede, dopo l’estrazione delle staminali, il trasferimento in un’apparecchiatura in grado di fornire un ambiente adeguato alla crescita di organismi biologici (bioreattore) che deve riprodurre le condizioni ottimali naturalmente presenti nel corpo degli animali (nutrienti, ormoni e fattori di crescita, cioè proteine cruciali per stimolare la crescita e la proliferazione cellulare, una adeguata aerazione e temperatura controllata). Il processo prevede che le cellule staminali vengano fatte proliferare fino alla fase di differenziazione in cui si formano vere e proprie fibre muscolari che continuano a crescere formando un tessuto analogo al tessuto muscolo scheletrico. Al fine di ottenere carne commestibile, oltre a quanto sopra, è necessario un elemento di supporto, una sorta di “impalcatura” sulla quale far orientare la crescita delle cellule e dar loro una struttura tridimensionale. L’impalcatura (scaffold in inglese) su cui far crescere le cellule è in genere di materiale commestibile, ad esempio a base di amido.
Articolo 3
(Divieto di utilizzo della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali)
L’articolo 3, inserito nel corso dell’esame al Senato, introduce il divieto di utilizzo, per la produzione e la commercializzazione di prodotti trasformati contenenti proteine vegetali, della denominazione di “carne”, di riferimenti alle “specie animali”, di terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria, nonché di nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
L’articolo in esame, al comma 1, reca una serie di divieti legati alla produzione e alla commercializzazione sul territorio nazionale di prodotti trasformati contenenti esclusivamente proteine vegetali.
Tali divieti sono volti a tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini che consumano e il loro diritto all'informazione.
A tali fini, per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali è dunque vietato l'uso di:
a) denominazioni legali, usuali e descrittive, riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
b) riferimenti alle specie animali o gruppi di specie animale o a una morfologia animale o un'anatomia animale;
c) terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
d) nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
I successivi commi dell’articolo precisano che:
· tali divieti non precludono l'aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale (comma 2);
· le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano quando le proteine animali sono prevalentemente presenti nel prodotto contenente proteine vegetali e purché non si induca in errore il consumatore circa la composizione dell'alimento (comma 3);
· le disposizioni in esame non si applicano alle combinazioni di prodotti alimentari di origine animale con altri tipi di prodotti alimentari che non sostituiscono né sono alternativi a quelli di origine animale, ma sono aggiunti ad essi nell'ambito di tali combinazioni (comma 4).
Il comma 5, infine, stabilisce che con decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, è adottato un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che se ricondotte a prodotti vegetali possono indurre il cittadino che consuma in errore rispetto alla composizione dell’alimento.
Il regime sanzionatorio per le violazioni del divieto istituito dall’articolo in esame è disposto dall’articolo 5, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.
Articolo 4
(Autorità per i controlli e modalità di applicazione delle sanzioni)
Il comma 1 dell’articolo 4 individua le Autorità competenti per i controlli sull’applicazione del provvedimento in esame.
I successivi commi 2 e 3 dispongono in ordine all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni.
In base al comma 1 dell’articolo in epigrafe, per lo svolgimento dei controlli sull’applicazione del provvedimento in esame sono competenti, ognuno per i profili di rispettiva competenza: il Ministero della salute; le regioni; le Province autonome di Trento e di Bolzano; le aziende sanitarie locali; il Comando carabinieri per la tutela della salute[3], attraverso i Nuclei Antisofisticazione dipendenti; il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri (C.U.F.A)[4], attraverso i Comandi dipendenti; il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF)[5] del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste; il Corpo della Guardia di Finanza; l’Agenzia delle dogane e dei monopoli; il Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera (quest’ultimo con specifico riferimento ai prodotti della filiera ittica). Come specificato dal Senato, le autorità anzidette svolgono le verifiche di rispettiva competenza con il supporto, ove necessario, del personale specializzato del Ministero della salute, del Comando carabinieri per la tutela della salute e delle aziende sanitarie locali in possesso di specifiche attribuzioni in tema di controlli qualitativi e tecnico-biologici di natura sanitaria, in relazione ai potenziali rischi per la salute umana, sulla base del principio di precauzione di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 (cfr. ante art. 2) .
Il successivo comma 2 stabilisce che, per l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni, si applicano le disposizioni di cui al Capo I, Sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689[6]. Le Sezioni menzionate riguardano, rispettivamente, i principi generali (artt. 1-12) e le modalità di applicazione (artt. 13-31) delle sanzioni.
Il comma in esame esclude, peraltro, la possibilità del pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge succitata. Quanto alla ragione di tale esclusione, dalla relazione illustrativa, allegata al provvedimento in esame, si desume che il Governo considera le violazioni, nella materia de qua, come “lesive di interessi particolarmente delicati e importanti”.
Si ricorda che, in base al citato art. 16 della legge 689/1981, è ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
Si ricorda altresì, qui di seguito, la disciplina recata dall’art. 1, co. 3 e 4, del d.l. 24 giugno 2014, n. 91[7], in tema di violazioni delle norme in materia agroalimentare e di sicurezza alimentare.
Per le suddette violazioni, per le quali è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, l'organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerti per la prima volta l'esistenza di violazioni sanabili, diffida l'interessato ad adempiere alle prescrizioni violate entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione dell'atto di diffida e ad elidere le conseguenze dannose o pericolose dell'illecito amministrativo. Per violazioni sanabili si intendono errori e omissioni formali che comportano una mera operazione di regolarizzazione, ovvero violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. In caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella diffida entro il termine indicato, l'organo di controllo effettua la contestazione ai sensi dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In tale ipotesi è esclusa l'applicazione dell'articolo 16 della citata legge n. 689 del 1981. I termini concessi per adempiere alla diffida sono sospensivi dei termini previsti per la notificazione degli estremi della violazione. Il procedimento di diffida non si applica nel caso in cui i prodotti non conformi siano stati già immessi in commercio, anche solo in parte. Per le violazioni alle norme in materia agroalimentare per le quali è prevista l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, se già consentito il pagamento in misura ridotta, la somma, determinata ai sensi dell'articolo 16, primo comma, della citata legge n. 689 del 1981, è ridotta del trenta per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione.
In base al comma 3 dell’articolo in commento, in riferimento ai divieti posti dal provvedimento in esame, sono competenti a ricevere il rapporto concernente l’accertamento della violazione[8], secondo i rispettivi profili di competenza territoriale e per materia, il Ministero della salute, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, le regioni, le Provincie autonome di Trento e Bolzano, le Aziende sanitarie locali.
In proposito, si ricorda che, secondo quanto stabilito dal richiamato articolo 2, commi 1 e 3, del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27[9], il Ministero della salute, le regioni, le Provincie autonome di Trento e Bolzano, le Aziende sanitarie locali sono competenti nei settori: a) alimenti, inclusi i nuovi alimenti, e la sicurezza alimentare, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione di alimenti comprese le norme relative alle indicazioni nutrizionali e il loro coinvolgimento nel mantenimento dello stato di salute fornite sui prodotti alimentari, anche con riferimento ad alimenti contenenti allergeni e alimenti costituiti, contenenti o derivati da OGM, nonché la fabbricazione e l'uso di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti; b) mangimi e sicurezza dei mangimi in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione e dell'uso, anche con riferimento a mangimi costituiti, contenenti o derivati da OGM; c) salute animale; d) sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati ai fini della prevenzione e della riduzione al minimo dei rischi sanitari per l'uomo e per gli animali; e) benessere degli animali; f) prescrizioni per l'immissione in commercio e l'uso di prodotti fitosanitari, dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi, ad eccezione dell'attrezzatura per l'applicazione dei pesticidi.
Il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste è invece competente nei settori: a) alimenti, relativamente alle norme volte a garantire pratiche commerciali leali e a tutelare gli interessi e l'informazione dei consumatori, comprese le norme di etichettatura, per i profili privi di impatto sulla sicurezza degli alimenti, e per i controlli effettuati a norma dell'articolo 89 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013[10]; b) mangimi, relativamente alle norme volte a tutelare gli aspetti qualitativi e merceologici, compresa l'etichettatura, per i profili privi di impatto sulla sicurezza dei mangimi, ma che possono incidere sulla correttezza e trasparenza delle transazioni commerciali; c) misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante; d) produzione biologica ed etichettatura dei prodotti biologici; e) uso ed etichettatura delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite.
Si ricorda, altresì, che secondo l’art. 17 della legge 689/1981, del pari richiamato, nelle materie di competenza delle regioni il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente, ossia a quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.
L’articolo 5 delinea il trattamento sanzionatorio - consistente in vari tipi di sanzioni amministrative - per la violazione dei divieti introdotti dal presente provvedimento.
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede anzitutto che, salvo che il fatto costituisca reato, gli operatori del settore alimentare e gli operatori del settore dei mangimi che vìolino le disposizioni di cui all’articolo 2 e all’articolo 3 sono soggetti a una sanzione amministrativa pecuniaria. Quest’ultima va da un minimo di euro 10.000 fino ad un massimo di euro 60.000 o del 10 per cento del fatturato totale annuo realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente all’accertamento della violazione, quando tale importo è superiore a euro 60.000.
Viene precisato che la sanzione pecuniaria massima non può eccedere comunque euro 150.000.
Si ricorda che, in base all’articolo 10 della già citata legge n. 689 del 1981, la sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000. Le sanzioni proporzionali non hanno limite massimo. Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione, superare il decuplo del minimo.
Il precedente articolo 6 della legge 689/1981, al comma terzo, stabilisce che se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore, nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.
In base al comma in esame, la violazione comporta, inoltre, l’applicazione congiunta delle seguenti ulteriori sanzioni:
- la confisca del prodotto illecito[11];
- il divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di un anno e fino al massimo di tre anni;
- la chiusura dello stabilimento di produzione, “per lo stesso periodo”.
In sede di relazione illustrativa, il Governo precisa che anche per la sanzione della chiusura dello stabilimento di produzione vale la forchetta edittale un anno - tre anni.
Si valuti l’opportunità di introdurre tale chiarimento anche nel testo del provvedimento in esame.
Il comma stabilisce, infine, all’ultimo periodo, che “alle medesime sanzioni” - in virtù di una modifica apportata nel corso dell’esame al Senato - è soggetto chiunque abbia finanziato, promosso, agevolato in qualunque modo le condotte vietate dagli articoli 2 e 3.
In sede di relazione illustrativa, il Governo afferma che questa parte della disposizione “estende l'applicazione delle sanzioni” ai finanziatori, promotori e agevolatori delle condotte illecite. Dunque s’intende fare riferimento all’intero trattamento sanzionatorio delineato nei precedenti periodi del comma, malgrado il testo originario del provvedimento si riferisca “alla medesima sanzione”. La predetta modifica in sede referente ha conformato la lettera della disposizione alla volontà manifestata in sede di relazione illustrativa, anche alla luce di un’osservazione contenuta nel parere della Commissione giustizia.
Si ricorda che, in base all’art. 5 della legge 689/1981, quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge.
Secondo quanto disposto dal comma 2 dell’articolo in commento, per la determinazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, l’autorità competente tiene conto della gravità del fatto, della durata della violazione, dell’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché delle condizioni economiche dello stesso. Non si fa riferimento, in questa sede, alla personalità dell’autore della violazione.
Si ricorda che, in base all’art. 11 della legge 689/1981, nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.
Si ricorda inoltre che, secondo quanto stabilito dall’art. 4, co. 2 del provvedimento in esame, per l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni si applicano le disposizioni di cui al Capo I, Sezioni I e II, della legge 689/1981, con la sola esclusione del pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 della legge stessa. Le Sezioni menzionate riguardano, rispettivamente, i principi generali (artt. 1-12) e le modalità di applicazione (artt. 13-31) delle sanzioni.
Il successivo articolo 6, al comma 1, prevede che, per quanto non previsto dal presente provvedimento, si applicano le disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981 (v. infra).
Si valuti l’opportunità di un coordinamento tra l’articolo in esame e il precedente comma 2 dell’art. 4, quanto all’applicabilità delle disposizioni della legge 689/1981 concernenti le modalità di applicazione delle sanzioni.
Articolo 6
(Rinvio alla legge n. 689 del 1981 e modalità di aggiornamento delle sanzioni)
Il comma 1 dell’articolo in titolo opera un rinvio alle disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981[12], per quanto non previsto dal presente provvedimento.
Il successivo comma 2 dispone in ordine alle modalità di aggiornamento dell’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie.
L’articolo in epigrafe, al comma 1, prevede che, per quanto non previsto dal presente provvedimento, si applichino le disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981.
Si ricorda che una forma di raccordo tra il disegno di legge in esame e la predetta legge 689/1981 è stabilita anche dal comma 2 dell’articolo 3, che a tale legge rinvia per quanto attiene all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni, escludendo al contempo l’applicabilità dell’istituto del pagamento in misura ridotta.
Si valuti l’opportunità di un coordinamento tra le diverse disposizioni del presente provvedimento concernenti il raccordo con la legge 689/1981.
Il comma 2 demanda l’aggiornamento dell’entità delle sanzioni previste dal disegno di legge in esame – da effettuarsi ogni due anni, sulla base delle variazioni dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività rilevato dall’ISTAT – a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della salute e dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Articolo 7
(Clausola di invarianza finanziaria)
L’articolo in titolo reca la clausola d'invarianza finanziaria.
Si stabilisce, al comma 1, che dall'attuazione del provvedimento in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In base al comma 2, le amministrazioni interessate devono svolgere le attività previste nel presente provvedimento con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
[1] Le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale, e la sicurezza degli alimenti in particolare, sia nella Comunità che a livello nazionale; sono incluse tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti e anche dei mangimi prodotti per gli animali destinati alla produzione alimentare o ad essi somministrati
[2] Funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo.
[3] Il Comando carabinieri per la tutela della salute dipende funzionalmente dal Ministero della salute; i militari appartenenti al reparto hanno la qualifica dei Tecnici della Prevenzione e sono abilitati ad operare ispezioni, nell'arco diurno e notturno, in tutti quei luoghi ove vi è produzione, somministrazione, deposito o vendita di prodotti destinati all'alimentazione umana.
[4] Il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dei Carabinieri, dal quale dipendono reparti dedicati all’espletamento di compiti particolari e di elevata specializzazione in materia di tutela dell’ambiente, del territorio e delle acque, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, dipende funzionalmente dal Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste per le materie afferenti alla sicurezza e tutela agroalimentare e forestale.
[5] Il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari - ICQRF - ha 29 uffici sul territorio italiano. Tra i suoi compiti a livello nazionale rientrano: prevenzione e repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l'agricoltura; vigilanza sugli organismi di controllo e certificazione operanti nell'ambito dei regimi di produzione agroalimentare di qualità regolamentata; contrasto dell'irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri o Paesi terzi e i fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale tra gli operatori e sanzioni per il corretto funzionamento degli accordi interprofessionali. Al riguardo v. anche scheda su art. 1 del presente disegno di legge.
[6] Modifiche al sistema penale.
[7] Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
[8] Rapporto di cui al richiamato articolo 17 della legge n. 689 del 1981.
[9] Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 ai sensi dell'articolo 12, lettere a), b), c), d) ed e) della legge 4 ottobre 2019, n. 117.
[10] Regolamento sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008.
[11] Si ricorda che, in base alla legge 689/1981, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, salvo che la cosa appartenga a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possano essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa (art. 20).
[12] In precedenza più volte citata, v. supra.