Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura
Titolo: Conferimento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano della facoltà di adottare, per la fauna carnivora, le misure di deroga previste dalla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche
Riferimenti: AC N.167/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 108
Data: 17/05/2023
Organi della Camera: XIII Agricoltura


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Conferimento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano della facoltà di adottare, per la fauna carnivora, le misure di deroga previste dalla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche

17 maggio 2023
Schede di lettura


Indice

Premessa|Contenuto|Relazioni allegate o richieste|


Premessa

La proposta di legge A.C. 167 ha ad oggetto il conferimento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano della facoltà di adottare, autonomamente, misure di deroga - relativamente alla fauna carnivora - previste dalla direttiva europea 92/43/CEE in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

 Si segnala che la proposta di legge in esame ha un contenuto analogo a quello delle proposte di legge  A.C. 689 e A.C. 1561, i cui iter legislativi, iniziati nel corso della XVIII legislatura, non sono stati conclusi.
La normativa vigente:
a) ambito sovranazionale

La direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Direttiva habitat) impone agli Stati membri la conservazione di determinati ambienti ed ecosistemi e reca un elenco di specie di fauna selvatica particolarmente protette. Tra queste si ricordano, in particolare quelle incluse nella lettera a) dell'Allegato IV (comprendente le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa) tra le quali sono inclusi, tra gli altri, il canis lupus (salve alcune specifiche eccezioni) e l'ursus arctos. In relazione alle specie di cui all'Allegato IV, gli Stati membri, ai sensi dell'art. 12 della richiamata Direttiva, sono tenuti ad adottare i provvedimenti necessari ad istituire un regime di "rigorosa tutela" nella propria area di ripartizione naturale che comprende, tra l'altro, anche il divieto di qualsiasi forma di cattura o uccisione. Al suddetto regime di tutela sono previste le  apposite deroghe descritte dall'art. 16 della stessa Direttiva, che operano soltanto nelle ipotesi in cui non ci sia altra soluzione valida e sempre che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno "stato di conservazione soddisfacente", delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale e, in ogni caso, al fine di tutelare uno degli interessi elencati.

Lo stato di conservazione di una specie è considerato soddisfacente quando: 1) i dati relativi all'andamento delle popolazioni della specie in causa indicano che tale specie continua e può continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene; 2) l'area di ripartizione naturale di tale specie non è in declino; 3) esiste e continuerà ad esistere un habitat sufficiente affinchè le sue popolazioni si mantengano a lungo termine (art. 1, lett. e) Direttiva habitat).
L'interpretazione dei sopra citati art. 12 e 16 della direttiva habitat ed, in particolare, della nozione di stato di conservazione soddisfacente sono stati oggetto della sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. II, del 10 ottobre 2019 che ha riconosciuto il carattere "eccezionale" del potere di abbattimento del canis lupus nell'ambito di una controversia insorta tra la Commissione europea e la Finlandia. Nel caso di specie la Corte ha ritenuto, in contrasto con la direttiva sopra richiamata la prassi amministrativa finlandese di autorizzare, in via preventiva, la possibilità di cacciare alcuni esemplari senza previa verifica dello stato di conservazione della specie e senza fornire precise motivazioni in ordine alla possibilità di adottare soluzione alternative. Più in generale, la Corte ha riconosciuto che affinchè la deroga al regime di massima protezione sia legittima devono essere rispettati i seguenti criteri: analisi puntuale della popolazione faunistica interessata, valutazione delle misure alternative, dimostrazione della necessarietà ed efficacia della soluzione adottata, valutazione preventiva degli effetti della cattura/abbattimento sulla dinamiche della stessa specie faunistica interessata.

Di recente è intervenuta la Comunicazione della Commissione 2021/C 496/01, "Documento di orientamento sulla rigorosa tutela delle specie animali di interesse comunitario ai sensi della direttiva Habitat" che, oltre a chiarire i vincoli discendenti dalla direttiva, contiene uno studio proprio sulla gestione della popolazione di alcune specie carnivore nei diversi Stati europei. Per un approfondimento sui suoi contenuti si veda il dossier redatto a cura del Servizio Sudi della Camera inerente il "Controllo e contenimento della fauna selvatica in Italia e nei Paesi europe con riferimento al lupo e al cinghiale".

La protezione delle specie faunistiche sopra ricordate è prevista anche livello internazionale dalla Convenzione di Berna " Convenzione sulla conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali europei" siglata nel 1979 alla quale aderiscono 49 Paesi e, dal 2011, anche l'Unione Europea e ratificata dall'Italia con legge. n. 503/1981. Essa ha come obiettivi la conservazione della flora e della fauna selvatica e degli habitat naturali nonchè la promozione della cooperazione tra gli Stati. La Convenzione si compone di IV Allegati: l'Allegato I include le "specie vegetali strettamente protette", l'Allegato II riguarda le "specie animali strettamente protette" (tra queste si annovera il lupo e si prevede a sua tutela una speciale protezione per questa specie animale proibendosi, in particolare, la cattura, l'uccisione, la detenzione e il commercio), l'Allegato III riguarda le "specie animali protette", mentre l'Allegato IV si riferisce agli "strumenti e ai metodi di uccisione cattura o altro tipo di sfruttamento vietati".Si ricorda, in proposito, che il Comitato permanente della Convenzione di Berna, riunitosi lo scorso 22 dicembre a Strasburgo, ha respinto a maggioranza la proposta – avanzata dal Dipartimento federale dell'Ambiente della Svizzera – di declassare il canis lupus da "specie strettamente protetta" a "specie protetta". Il suddetto declassamento, se accolto, avrebbe comportato lo spostamento di tale specie dall'Allegato II all'Allegato III e ad un conseguente allentamento della sua protezione. Rileva, inoltre, anche la Convenzione di Washington sul " Commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione"( CITES) siglata nel 1973 da diversi Stati e ratificata in Italia con la legge n. 874 del 1975. Il canis lupus è inserito nell'Appendice II della richiamata Convenzione che vieta l'acquisto, l'offerta di acquisto, l'esposizione a fini commerciali, l'uso a scopo di lucro, l'alienazione, nonché la detenzione, l'offerta o il trasporto di esemplari della specie. Il Regolamento CEE di applicazione della CITES (Reg. 338/1997 del 9 dicembre 1996) include il canis lupus nell'Allegato A, che vieta il commercio e la detenzione delle specie inserite.
 

 b) ambito nazionale

L'art. 9 della Costituzione - così come modificato dall'art. 1 della legge costituzionale  n. 1 del 2022 - statuisce che la Repubblica italiana "tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali", l'art. 117, comma 2, lettera s) della stessa Carta Costituzionale attribusce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

In proposito, si fa presente che la Corte Costituzionale, con riferimento aIla questione del controllo della fauna selvatica - demandato alle Regioni ai sensi dell'art. 19 della legge n. 157 del 1992 -, è più volte intervenuta ritenendo che esso deve essere espletato mediante il ricorso a metodi ecologici e, solo allorché l'ISPRA ne abbia verificato l'inefficacia, le Regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Secondo costante giurisprudenza costituzionale, la ratio del suddetto art. 19 è riconducibile alle prescrizioni in materia di tutela ambientale in considerazione del fatto che l'abbattimento di fauna nociva non avviene a fini venatori, ma per tutelare l'ecosistema, tanto che lo strumento è preso in considerazione quale extrema ratio, quando i metodi ecologici sono risultati inefficaci (si vedano, in proposito, le sentenze n.116 del 2021, n. 44 del 2019 e n. 217 del 2018). La stessa Corte ha ritenuto che la norma in questione "deriva da un'attenta ponderazione del legislatore statale tesa ad evitare che la tutela degli interessi (sanitari, di protezione delle produzioni zootecniche, agricole, eccetera) perseguiti con i piani di abbattimento trasmodi nella compromissione della sopravvivenza di alcune specie faunistiche ancorché nocive (sentenza n. 392 del 2005), ed è per questo che l'elenco dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 è stato, in precedenza, considerato tassativo e non integrabile da parte delle Regioni (sentenze n. 217 del 2018, n. 174 e n. 139 del 2017 e n. 107 del 2014)".

Per completezza, si rappresenta che, con riferimento alle province autonome, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 215 del 2019, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti delle leggi n. 9 del 2018 e n. 11 del 2018 delle Province autonome di Trento e Bolzano che prevedono la possibilità per il Presidente della Provincia, previo parere dell'Ispra, di autorizzare il prelievo, la cattura o l'uccisione di esemplari di lupi (e orsi) in presenza delle stesse condizioni indicate dall'art. 11 del DPR sopra richiamato ossia l'inesistenza di valida soluzioni alternative e il mantenimento dello stato di conservazione soddisfacente della specie interessata. La Corte ha osservato, in proposito, che in tali ipotesi, "il potere delle province autonome di dare applicazione all'art. 16 della citata direttiva, trova la sua legittimazione nello statuto speciale", "in quanto la finalità di tale potere - protezione della fauna e della flora selvatiche e conservazione degli habitat naturali - attiene in misura rilevante alle materie di competenza  provinciale primaria".

Il quadro normativo interno in materia di tutela della fauna selvatica prevede, coerentemente con quello sovranazionale, un peculiare sistema di protezione di alcune specie selvatiche (come il canis lupus e l'ursus arctos) dando priorità alla conservazione delle suddette specie animali come "popolazione" rispetto alla tutela dei singoli individui. Tale sistema di protezione, analogamente a quello sopra descritto, si completa con la previsione di specifiche deroghe che richiedono il coinvolgimento dell'amministrazione statale.

Il legislatore italiano riconosce la fauna selvatica come patrimonio faunistico dello Stato e demanda alle Regioni e alle Province autonome una larga parte delle competenze in materia di monitoraggio, gestione e riqualificazione faunistica, repressione degli illeciti, realizzazione di piani di controllo. In proposito, la legge n. 157 del 1992 recante "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio" statuisce, art. 1, che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale e che le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla normativa statale, unionale ed internazionale, mentre le regioni a statuto speciale e le province autonome provvedono, in base alle competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti (art. 1 legge 157 del 1992). L'art. 2 indica, tra le specie di mammiferi particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, diverse tipologie di mammiferi tra i quali l'ursus arctos e il canis lupus

Il D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche", successivamente modificato ed integrato dal D.P.R. n. 120 del 2003, ha dato attuazione alla sopra ricordata direttiva habitat ed ha inserito il canis lupus e l'ursus arctos nell'Allegato D tra le specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa.

L'art. 8 del suddetto DPR stabilisce specifici divieti a tutela delle specie animali di cui al sopra citata Allegato D riguardanti: a) la cattura o l'uccisione degli esemplari di tali specie nell'ambiente naturale; b) il disturbo di tali specie animali, in particolare durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo o durante l'ibernazione, lo svernamento e la migrazione; c) il possesso, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione di esemplari prelevati dall'ambiente naturale.La stessa disposizione, ai successivi commi 4 e 5, attribuisce alle Regioni e alle Province autonome il compito di effettuare un sistema di monitoraggio continuo delle catture o delle uccisioni accidentali  delle specie faunistiche elencate nell'allegato D, lettera a), al fine di trasmettere un rapporto annuale al Ministero dell'ambiente. In base alle informazioni raccolte il Ministero dell'ambiente promuove ricerche ed indica le misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un significativo impatto negativo sulle specie in questione. Il successivo art. 11 disciplina le deroghe al regime di protezione. Secondo tale disposizione il Ministero dell'ambiente, sentiti il Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e l'ISPRA (Istituto nazionale per la fauna selvatica), può autorizzare le deroghe al sistema di protezione sopra indicato "a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di distribuzione naturale, per le seguenti finalità:

a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;

b) per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque ed alla proprietà;

c) nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, o tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente;

d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante

e) per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva e in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato D.

Il Ministero dell'ambiente, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 11, è tenuto a trasmettere alla Commissione europea, ogni due anni, una relazione sulle deroghe concesse, che dovrà indicare le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l'indicazione eventuale delle soluzioni alternative.

Ulteriori disposizioni in materia di fauna selvatica riguardano il rilascio di specifiche autorizzazioni da parte del Ministero dell'Ambiente nelle ipotesi di immissioni in natura (art. 12 del sopra citato DPR n. 357 del 1997; la previsione di fondi regionali destinati alla prevenzione e ai risarcimenti dei danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e ai pascolo dalla fauna selvatica (art. 26 della legge sopra citata n. 157 del 1992) lo svolgimento di funzioni di controllo sulla fauna selvatica da parte di Regioni e Province autonome (art. 19 e ss. della legge n. 157 del 1992 sopra citato); l'attribuzione agli Ente Parco nazionali della competenza a provvedere alla conservazione e alla gestione della fauna e, in particolare, ad indennizzare i danni causati dalla fauna del Parco (art. 15, comma 3, della legge 394 del 1991 "Legge quadro sulle aree protette").
Con riferimento ai lupi, la questione delle deroghe al sistema di protezione delle citate specie carnivore e al conflitto tra la sua presenza sul territorio e lo svolgimento di  attività antropiche è affrontato nel " Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia" del 2019  redatto dal Ministero dell'ambiente e della Sicurezza Energetica con la collaborazione delle Regioni, delle Province autonome e dell'ISPRA. Obiettivo del richiamato piano è quello di guidare la gestione e la conservazione del lupo in Italia attraverso il coordinamento delle azioni da intraprendere ai diversi livelli istituzionali (unionale, nazionale e regionale) e di individuare soluzioni e misure volte a minimizzare l'impatto della specie sulle attività umane. In tale studio si è evidenziato che i danni arrecati del canis lupus hanno essenzialmente ad oggetto le attività zootecniche e che tali danni, monitorati dalle Regioni, sono considerevolmente differenti nelle diverse zone del Paese in relazione a svariati fattori quali la densità e la specie degli animali allevati, i sistemi di custodia del bestiame e la diversità degli stessi sistemi di monitoraggio, che non risultano essere uniformati su scala nazionale. Nel suddetto documento si fa presente anche che nonostante i danni economici causati dal lupo sono, in assoluto, notevolmente inferiori a quelli causati da altre specie selvatiche come il cinghiale, essi tendono a concentrarsi localmente e ad aumentare in assenza di predisposizione di efficaci misure di contrasto, arrecando agli allevatori perdite di bestiame talvolta molto consistenti.  
Si ricorda che, di recente, la legge di bilancio 2023 (art. 1, comma 447, della legge n. 197 del 2022) è intervenuta sull'art 19 della sopra citata legge n. 157 del 1992, in materia di controllo della fauna selvatica, attribuendo ampi poteri alle Regioni e alle province autonome. Tale disposizione prevede che le regioni e le province autonome possono vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.Inoltre, le stesse regioni e province per perseguire diverse finalità tra le quali, la tutela della biodiversità, la migliore gestione del patrimonio zootecnico, la tutela del suolo, motivi sanitari, di selezione biologica, nonchè per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche e per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Qualora i metodi di controllo impiegati si rivelino inefficaci, l e Regioni e le province autonome possono autorizzare, sentito l'ISPRA, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura. E' poi specificato che tali attività di controllo non costituiscono attività venatoria. L'art. 19-ter, introdotto dalla sopra citata legge di bilancio per il 2023, regola, inoltre, il piano straordinario nazionale per la gestione ed il contenimento della fauna selvatica di durata quinquiennale che costituisce lo strumento programmatico, di coordinamento e di attuazione dell'attività di gestione e contenimento numerico della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura. L'attuazione del predetto piano e'demandato alle Regioni e alle Province autonome.

Contenuto

La proposta di legge A.C. 167  in commento, come indicato nella premessa, riguarda il conferimento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano della facoltà di adottare, in deroga a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 misure di deroga previste dalla direttiva 92/42 relativamente alla fauna selvatica.

L'art. 1, comma 1 attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano - in deroga alle disposizioni sopra indicate -  la competenza a disciplinare in modo autonomo le modalità di adozione, nel proprio territorio, delle disposizioni previste dalla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, con riferimento, in particolare, alle specie animali indicate alla lettera a), voce «carnivora», degli allegati II, IV e V della medesima direttiva. Tale conferimento è finalizzato, a garantire la conservazione dei relativi habitat naturali e seminaturali, a salvaguardia della biodiversità delle zone frequentate da tali animali, in considerazione delle specifiche esigenze di natura economica, sociale e culturale oltrechè di pubblica sicurezza e dalle peculiarità connesse ai contesti regionali e locali.

Con riferimento alle specie animali individuate dalla disposizione in commento, si fa presente che l'allegato II comprende le specie animali e vegetali d'interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione; l'allegato IV riguarda le specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa; l'allegato V si riferisce alle specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione. Alla lettera A), sono indicati, nell'ambito dei carnivori, tra i canidi l'alopex lagopus e il canis lupus (tranne specifiche eccezioni), mentre l'allegato V comprende, tra i canidi, il canis aureus e il canis lupus.

Come si legge nella Relazione illustrativa che accompagna la proposta di legge in esame, essa nasce dall'esigenza - a fronte di un aumento, nell'intero territorio nazionale, della presenza di lupi e orsi e dell'incremento  di episodi di aggressioni e danni ad allevamenti e colture "di agire dal punto di vista legislativo con misure di carattere strutturale volte a monitorare, controllare e contenere un aumento delle specie animali che comporterebbe non solo un problema di equilibrio ambientale ma anche un problema di sicurezza pubblica".


Il comma 2 specifica le misure da attribuirsi alle regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione di quanto disposto dal comma 1. Esse sono volte a garantire la gestione, la salvaguardia e il monitoraggio dello stato di conservazione delle specie di cui al medesimo comma 1 e dei relativi habitat di interesse europeo, con particolare attenzione a quelli prioritari, e regolamentano i prelievi degli esemplari delle medesime specie e le relative deroghe, anche con riferimento all'autorizzazione delle deroghe previste dall'articolo 11, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357.

 Con riferimento a tale disposizione, nel richiamare quanto previsto dal quadro normativo interno, si ricorda anche che l'art. 7 del D.P.R. 357 del 1997, statuisce che il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, con proprio decreto, sentiti il Ministero del'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e la Conferenza permanente Stato-regioni, definisce le linee guida per il monitoraggio, per i prelievi e per le deroghe relativi alle specie faunistiche e vegetali protette. Le regioni e le province autonome, sulla base delle predette linee guida, disciplinano l'adozione delle misure idonee a garantire la salvaguardia e il monitoraggio dello stato di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario. Inoltre, l'art. 10, in materia di prelievi, prevede che le regioni (e gli Enti parco nazionali) stabiliscono, in conformità alle linee guida di cui all'art. 7, comma 1, adeguate misure per rendere il prelievo nell'ambiente naturale degli  esemplari delle specie di fauna e flora selvatiche di cui all'allegato E.


Il comma 3 individua ulteriori competenze in capo alle regioni e alle province autonome. Esse si sostanziano:

   a) nella redazione di un periodico censimento dei grandi carnivori presenti nel proprio territorio;

   b) nella determinazione, sulla base di un'apposita relazione tecnico-scientifica, dei livelli minimi di presenza dei grandi carnivori, necessari alla salvaguardia delle specie;

   c) nella predisposizione di piani d'intervento per il contenimento del numero di esemplari presenti nei rispettivi territori;

   d) nell'individuazione delle ipotesi in cui è necessario procedere all'abbattimento degli esemplari più pericolosi.

Il comma 4 attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di trasmettere ogni due anni, al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, una relazione sulle deroghe concesse ai sensi del comma 2 del presente art. 1, finalizzata alla predisposizione, da parte del medesimo Ministero, della relazione alla Commissione europea prevista dall'articolo 11, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357.

Come esposto nella premessa, il terzo comma dell'art. 11 del DPR n. 357 del 1997 attribuisce al Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica il compito di trasmettere alla Commissione europea, ogni due anni, una apposita relazione relativa alle deroghe concesse, che deve indicare: 1) le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l'indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte e dei dati scientifici utilizzati; 2) i mezzi, i sistemi o i metodi di cattura o di uccisione di specie animali autorizzati ed i motivi della loro autorizzazione; 3) le circostanze di tempo e di luogo che devono regolare le deroghe; 4) l'autorità competente a dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, strutture o metodi possono essere utilizzati, i loro limiti, nonché i servizi e gli addetti all'esecuzione; 5) le misure di controllo attuate ed i risultati ottenuti.


 Il comma 5 riconosce alle regioni e alle province autonome il compito di adottare, con riferimento alle specie di cui al comma 1, nelle aree della rete Natura 2000, misure volte ad evitare il degrado degli habitat di specie, nonché l'eventuale perturbazione delle specie per le quali le citate aree sono state perimetrate, in relazione alle possibili conseguenze di tale perturbazione rispetto alle finalità della più volte citata direttiva 92/43/CEE.

In proposito, l'art.3 del D.P.R. 357 del 1997, statuisce, con riferimento alle "Zone speciali di conservazione", che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano, i siti in cui si trovano tipi di habitat elencati nell'allegato A ed habitat di specie di cui all'allegato B e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, ai fini della formulazione alla Commissione europea, da parte dello stesso Ministero, dell'elenco dei proposti siti di importanza comunitaria (pSic) per la costituzione della rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione denominata «Natura 2000».

Si ricorda, inoltre, che Rete Natura 2000, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario, è il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione. Essa è costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), identificati dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva Habitat, che vengono successivamente designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC), e comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE "Uccelli" concernente la conservazione degli uccelli selvatici.


  Il comma 6 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano linee guida per la gestione delle specie di cui al comma 1 e dei relativi habitat, con particolare attenzione alle aree della rete Natura 2000, e, se necessario, piani di gestione specifici o integrati con altri piani di sviluppo, nonché opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali, conformi alle esigenze ecologiche delle citate specie.

Si valuti l'opportunità di verificare il contenuto dell'art. 1 della proposta di legge in esame alla luce della competenza legislativa statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema nonchè della riserva di legge statale in materia di tutela degli animali prevista dagli art. 9  e 117, comma 2, lett s) della Costituzione.

L'art. 2 prevede al comma 1, che sono fatte salve le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, compatibili con le disposizioni della proposta di legge in esame. E' inoltre disposto che il Governo, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, apporta al citato regolamento di cui al D.P.R. n. 357 del 1997 le modifiche necessarie al fine di adeguarlo a quanto disposto dalla presente proposta di legge.

Si osserva, in proposito, che il D.P.R. n. 357 del 1997 è stato adottato ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988 (regolamento di attuazione); si valuti l'opportunità di individuare uno strumento normativo diverso da quello indicato nella disposizione in commento (cd. regolamento di delegificazione di cui all'art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988)

L'art. 3 sancisce che le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'attuazione della proposta di legge in esame nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge in esame è corredata da una apposita Relazione Illustrativa.