| Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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| Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
| Titolo: | Disciplina dell'attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi |
| Riferimenti: | AC N.308/XIX AC N.983/XIX AC N.1700/XIX AC N.1894/XIX AC N.2336/XIX |
| Serie: | Progetti di legge Numero: 456 |
| Data: | 11/06/2025 |
| Organi della Camera: | I Affari costituzionali |
Servizio Studi
Dipartimento Istituzioni
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Progetti di legge n. 456
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AC0363.docx
I N D I C E
§ Premessa
§ Oggetto, finalità ed ambito di applicazione
§ Strumenti per la regolamentazione
§ Sanzioni
§ Appendice 1: La rappresentanza di interessi nelle regioni
§ Appendice 2: La rappresentanza di interessi in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti
La I Commissione Affari costituzionali avvia l’esame in sede referente delle proposte di legge A.C. 308, A.C. 983, A.C. 1700, A.C. 1894 e A.C. 2336 in materia di disciplina delle attività di rappresentanza di interessi.
Si tratta di un tema già oggetto, nella legislatura in corso, di un’indagine conoscitiva da parte della I Commissione Affari costituzionali nonché, nelle passate legislature, di altre proposte di legge, in qualche caso giunte ad uno stadio avanzato di esame ma mai pervenute all’approvazione definitiva.
Inoltre, la Camera dei deputati si è dotata, a partire dal 2017, di una sua specifica disciplina interna in materia.
Su questi aspetti ci si soffermerà di seguito.
L’indagine conoscitiva sull’attività di rappresentanza degli interessi è stara deliberata nella seduta dell’8 marzo 2023. Il programma dell’indagine, predisposto in quella occasione, indicava in particolare quali oggetto di approfondimento quattro aspetti:
• l'ambito soggettivo dell’eventuale normativa in materia sia con riferimento all'individuazione del «decisore pubblico» sia in riferimento all'individuazione del «soggetto portatore di interessi»;
• le diverse possibili modalità di regolazione del fenomeno, con particolare riferimento all’istituzione di un registro di rappresentanti di interessi e alla regolazione di un’agenda pubblica degli incontri che i rappresentanti di interessi dovrebbero tenere;
• l'individuazione dell'autorità di vigilanza;
• l’apparato sanzionatorio da prevedere per la violazione della normativa.
Le audizioni svolte hanno coinvolto principalmente professori universitari di diritto costituzionale e di diritto pubblico ed esperti della materia.
Il 19 settembre 2024 la Commissione ha approvato all’unanimità il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva.
Il documento approvato dà in primo luogo conto di come nel corso dell’indagine conoscitiva sia emersa l’esigenza di una regolazione legislativa in materia.
Tale regolazione dovrebbe in primo luogo, al fine di individuare l’ambito soggettivo di applicazione e chiarire le definizioni di “decisore pubblico”, da un lato, e di “portatore di interessi” dall’altro lato.
Per quanto riguarda la definizione di “decisore pubblico”, in essa possono rientrare, per il documento conclusivo, innanzitutto i decisori politici e cioè “i componenti del Governo, i parlamentari, i presidenti e i componenti delle giunte regionali e delle province autonome, i sindaci, i componenti delle giunte e dei consigli dei comuni di maggiori dimensioni (ad esempio quelli capoluogo di regione, ovvero quelli con popolazione superiore a 100.000 abitanti).”. Il documento individua poi altri decisori pubblici da sottoporre alla disciplina in quanto “titolari di autonomi poteri di regolazione, quali, ad esempio, i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti, gli organi di vertice di Agenzie e di altri enti pubblici”. Soggetti alla disciplina dovrebbero infine essere, per il documento, anche “i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei decisori fin qui richiamati”.
Sul punto il documento precisa anche che “il modello che sembra maggiormente condiviso appare quello di una legge che per un verso determini norme direttamente applicabili a livello di amministrazioni centrali e di enti locali e per l’altro valga da legge-quadro per le regioni a statuto ordinario e da legge di principio per le regioni a statuto speciale”. Inoltre, prosegue il documento “per il necessario rispetto dell’autonomia delle Camere, la legge dovrebbe poi stabilire che le Camere si adegueranno ai principi da essa stabiliti nell’ambito appunto della propria autonomia regolamentare”.
Per quanto riguarda la definizione di “portatore di interessi” il documento conclusivo individua i portatori di interessi in “qualunque soggetto privato che intenda promuovere interessi diffusi, categoriali o collettivi, di qualunque genere, con l’esclusione di alcune figure caratterizzate da peculiarità o da autonomi circuiti di dialogo e concertazione con il decisore pubblico quali confessioni religiose, partiti o movimenti politici, organizzazioni sindacali o degli imprenditori”. Sul punto il documento affronta anche lo specifico tema degli ex decisori pubblici che intendano svolgere attività di rappresentanza di interessi e sull’eventualità di prevedere, e per quanto tempo, un periodo di “raffreddamento” dalla cessazione dell’incarico nel quale queste attività non possano essere svolte: il documento ritiene ragionevole che questo periodo sia di “un anno, come già previsto dalla disciplina interna della Camera dei deputati e in analogia a quanto previsto dalla legge n. 215 del 2004 in materia di incompatibilità di determinati incarichi successivamente alla cessazione degli incarichi di governo”.
Con riferimento alle modalità di regolazione del fenomeno, per il documento è “essenziale l’istituzione di un registro di portatori di interessi privati”. Il documento ricorda anche che “numerosi auditi hanno optato per la previsione di un’iscrizione su base volontaria, ma in questo caso la mancata iscrizione dovrebbe precludere l’accesso al decisore pubblico nel rispetto della nuova disciplina.
Per quanto riguarda l’individuazione dell’autorità di vigilanza, il documento conclusivo propone di affidare questa funzione al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) e propone quindi che presso tale organo sia istituito il registro dei portatori di interessi. Il documento specifica anche che “le Camere dovrebbero poi valutare, nella loro autonomia, l’opportunità di aggiornamenti della propria disciplina interna, apportando eventualmente, con riferimento ad esempio alla Camera dei deputati, gli adeguamenti e i coordinamenti che si riterranno opportuni alla disciplina già esistente in materia a partire dal 2017”.
Con riferimento infine all’apparato sanzionatorio, il documento conclusivo approvato rileva che questo dovrebbe essere “snello” e che “potrebbe essere utilmente affiancato, ancorché non interamente sostituito da adeguati incentivi”.
I lavori nelle precedenti legislature
Con riferimento ai lavori parlamentari delle passate legislatura in materia di disciplina della rappresentanza di interessi, si richiamano le seguenti proposte di legge:
· nella XIII legislatura la proposta di legge A.C. 244-ter, frutto dello stralcio (nella seduta del 21 gennaio 1998) in Assemblea dal progetto di legge A.C. 244 e abb.-A recante misure per la prevenzione dei fenomeni di corruzione elaborato dalla Commissione speciale anticorruzione;
· nella XIV legislatura la proposta di legge A.C. 1567 elaborata dalla I Commissione Affari costituzionali e trasmessa, nella seduta del 30 novembre 2005 ai pareri delle commissioni competenti in sede consultiva, ma poi non esaminata dall’Assemblea;
· nella XVII legislatura il disegno di legge A.S. 1522 adottato come testo base dalla 1ª Commissione Affari costituzionali del Senato nella seduta dell’8 aprile 2015 ma poi non approvato dall’Assemblea;
· nella XVIII legislatura la proposta di legge A.S. 2495 approvata dalla Camera in prima lettura nella seduta del 12 gennaio 2022 ma poi non approvata definitivamente dal Senato.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione, la proposta di legge A.C. 244-ter della XIII legislatura prevedeva un obbligo di iscrizione nei registri istituiti presso gli uffici di Presidenza del Senato e della Camera e presso l’istituendo Garante della legalità e della trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione per le persone, le associazioni e le società che svolgono, per fini non istituzionali o di interesse generale, attività di relazione con i membri delle assemblee legislative e con i responsabili degli organismi amministrativi, attraverso proposte, suggerimenti, richieste intesi a perseguire, con l'attività legislativa o amministrativa, interessi di gruppi, categorie e imprese.
Nella XIV legislatura, invece, la proposta A.C. 1567 definiva attività di relazione istituzionale ogni attività svolta da persone, associazioni, enti e società attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta anche per via elettronica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi nei confronti dei membri e dei funzionari del Parlamento, del Governo, dei dirigenti, dei funzionari dei ruoli direttivi, del personale inquadrato nelle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri e posizioni corrispondenti degli altri comparti, della pubblica amministrazione, e di membri delle assemblee elettive regionali, provinciali e comunali. Per rientrare nell’ambito di applicazione della legge queste attività dovevano qualificarsi come attività professionali svolte continuativamente e in modo prevalente nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato.
Nella XVII legislatura la proposta di legge A.S. 1522 forniva non soltanto la definizione di attività di rappresentanza degli interessi (ogni attività diretta a orientare la formazione della decisione pubblica, svolta anche attraverso la presentazione di proposte, documenti, osservazioni, suggerimenti, richieste di incontri) e rappresentante di interessi (chiunque svolga professionalmente tale attività), ma introduceva anche la definizione di decisore pubblico. Rientravano in tale definizione i membri del Parlamento e del Governo, i commissari delle autorità indipendenti, i vertici, i consiglieri, i consulenti degli uffici di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri, dei Viceministri e dei Sottosegretari di Stato, nonché i vertici degli enti pubblici statali, i titolari di incarichi di funzione dirigenziale generale e i titolari degli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi della normativa vigente.
Da ultimo, nella XVIII legislatura, la proposta di legge A.S. 2495, approvata dalla Camera in prima lettura, individuava per portatori di interessi persone, enti, società o associazioni che, per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi, incaricano rappresentanti di interessi, nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto lo svolgimento della di rappresentanza di interessi. Per decisori pubblici si intendevano, invece, i membri del Parlamento e del Governo; i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali, i presidenti delle province e delle città metropolitane, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo di regione, i presidenti e gli assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni capoluogo di regione; i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti; gli organi di vertice degli enti pubblici statali; i titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli altri enti pubblici. Erano inoltre equiparati ai decisori pubblici anche i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei suddetti organi. Erano inoltre elencati una serie di soggetti (giornalisti, funzionari pubblici, rappresentanti di governi e partiti stranieri, rappresentanti sindacali, delle confessioni religiose ecc.) che, in relazione all’esercizio di specifiche funzioni connesse alla loro carica, erano esclusi dall’ambito soggettivo di applicazione della disciplina.
Con riferimento alle modalità di regolazione del fenomeno, nella XIII legislatura, la proposta di legge A.C. 244-ter prevedeva, come già si è accennato, un obbligo di iscrizione dei rappresentanti di interessi nei registri istituiti presso gli uffici di presidenza del Senato e della Camera e presso l’istituendo garante della legalità e della trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione.
Anche nella XIV legislatura, la proposta di legge A.C. 1567 istituiva presso gli Uffici di Presidenza del Senato e della Camera i registri dell’attività di relazione istituzionale nei confronti dei componenti delle assemblee legislative. In aggiunta, veniva altresì istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il registro dell’attività di relazione istituzionale nei confronti dei titolari di pubbliche funzioni. Si prevedeva, inoltre, facoltà di istituire con leggi regionali, presso i consigli regionali, provinciali e comunali, i registri delle attività di relazione istituzionale nei confronti delle rispettive assemblee elettive.
Nella XVII legislatura, la proposta di legge A.S. 1522 disponeva l’obbligo di iscrizione in un Registro pubblico dei rappresentanti di interesse tenuto presso l’istituendo Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi (che a sua volta avrebbe dovuto operare presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio) per i soggetti che intendessero svolgere l'attività di rappresentanza di interessi, nonché delle società con uno o più dipendenti preposti a tenere i rapporti con i decisori pubblici.
Nella XVIII legislatura, la proposta di legge A.S. 2495, approvata dalla Camera in prima lettura, istituiva presso l’AGCM-Antitrust un Registro pubblico per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi in formato digitale e consultabile dal pubblico attraverso i sistemi di identificazione informatica. I soggetti che intendevano svolgere l’attività di rappresentanza di interessi erano soggetti all’obbligo di iscrizione nel Registro. Era inoltre introdotto l’obbligo da parte di ciascun rappresentante di interessi di tenere ed aggiornare con cadenza settimanale una propria agenda degli incontri con i decisori pubblici.
Per quanto riguarda l’individuazione dell’autorità di vigilanza, nella XIII legislatura la proposta di legge A.C. 244-bis-A, dalla quale era stata poi stralciata la proposta di legge A.C. 244-ter, prevedeva l’istituzione di un Garante della legalità e della trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione in attuazione dell'articolo 97 della Costituzione. Si trattava di un organo collegiale costituito dal presidente e da sei componenti, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta formulata d'intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, tra esperti in discipline sociali, giuridiche, fiscali, economiche e aziendali. Il presidente e i componenti dovevano durare in carica cinque anni e non potevano essere confermati. Il Garante doveva raccogliere ed elaborare le informazioni e i dati provenienti dalle amministrazioni pubbliche e da privati identificati, eseguire accertamenti sull'adempimento degli obblighi di servizio e dei doveri di ufficio e verificare l’osservanza delle leggi e dei regolamenti da parte dei dirigenti o del personale equiparato.
Nella XIV legislatura, la proposta di legge A.C. 1567 prevedeva che fossero gli stessi uffici competenti alla tenuta dei registri (i.e. gli Uffici di Presidenza del Senato e della Camera, nonché la Presidenza del Consiglio) a disporre verifiche sulle relazioni e sui documenti presentati dai soggetti esercenti l’attività di relazione istituzionale iscritti nei medesimi registri, richiedendo, se necessario, la produzione di ulteriori dati e informazioni in merito.
Nella XVII legislatura, la proposta di legge A.S. 1522 istituiva, come già si è accennato, presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Comitato per il monitoraggio della rappresentanza di interessi, presso il quale era istituito il Registro pubblico dei rappresentanti di interessi.
Nella XVIII legislatura, proposta di legge A.S. 2495, approvata dalla Camera in prima lettura, istituiva presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato un Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici. Il Comitato di sorveglianza, nominato con decreto del Presidente della Repubblica doveva essere composto: a) da un magistrato della Corte di cassazione, designato dal Primo Presidente della medesima; b) da un magistrato della Corte dei conti, designato dal Presidente della medesima; c) da un membro del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, designato dal Presidente del medesimo, con funzioni di presidente. Il Comitato di sorveglianza era chiamato a svolgere funzioni di controllo volte ad assicurare la trasparenza dei processi decisionali pubblici e del rapporto tra i portatori di interessi, i rappresentanti di interessi e i decisori pubblici.
Con riferimento all’apparato sanzionatorio, nella XIII legislatura, la proposta A,C. 244-ter, in caso di omessa iscrizione nel registro applicava una sanzione amministrativa pecuniaria (da 5 a 100 milioni di lire). In caso di deposito di relazioni incomplete era prevista una sanzione (fino a 50 milioni di lire). In entrambi i casi, nei confronti dei soggetti responsabili delle violazioni, era dichiarata l’inabilitazione all’esercizio delle attività di relazione.
Nella XIV legislatura, la proposta A.C. 1567, in caso di omessa iscrizione nei suddetti registri applicava una sanzione amministrativa pecuniaria (da 10 a 100 milioni di lire). Anche in caso mancato deposito delle relazioni era prevista una sanzione pecuniaria (da 5 a 50 milioni di lire). Le sanzioni erano applicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale gli Uffici di Presidenza del Senato e della Camera dovevano trasmettere gli atti.
Nella XVII legislatura, la proposta A.S. 1522 prevedeva delle sanzioni per i casi di violazione degli obblighi previsti dal codice di condotta, di mancato deposito della relazione sull’attività svolta nell’anno precedente. Si trattava di condotte punibili con la censura oppure la sospensione o, nei casi di particolare gravità, con la cancellazione dal Registro. Per lo svolgimento di attività di rappresentanza di interessi in assenza di iscrizione nel Registro era inoltre prevista una sanzione pecuniaria (da euro 20.000 a euro 200.000).
Nella XVIII legislatura, la proposta A.S. 2495, approvata dalla Camera in prima lettura, prevedeva che, a carico del rappresentante di interessi che non osservasse le modalità di partecipazione alla consultazione pubblica, potessero essere disposte le seguenti sanzioni: a) ammonizione; b) censura; c) sospensione dall’iscrizione nel Registro per massimo un anno; d) cancellazione dal Registro. Per la violazione degli obblighi previsti dal codice deontologico si applicavano le seguenti sanzioni: a) censura; b) sospensione dall’iscrizione nel Registro per massimo un anno; c) cancellazione dal Registro (nei casi di particolare gravità). Erano infine previste sanzioni pecuniarie (da 5.000 a 15.000 euro) nei casi in cui il rappresentante di interessi fornisse false informazioni od omettesse di fornire informazioni alla cui comunicazione era tenuto, all’atto dell’iscrizione nel Registro o nei successivi aggiornamenti, nella relazione annuale o nella predisposizione e pubblicazione dell’agenda degli incontri, ovvero nei casi in cui non ottemperasse alla richiesta di integrazione da parte del Comitato di sorveglianza. Le sanzioni potevano essere irrogate dal Comitato di sorveglianza al termine di un procedimento in cui fossero garantiti il contraddittorio, l’effettivo diritto di difesa e la pubblicità degli atti.
La disciplina interna della Camera dei deputati
Nella XVII legislatura, la Giunta per il regolamento della Camera, a pochi giorni di distanza uno dall'altro, ha approvato il Codice di condotta dei deputati (12 aprile 2016) e un provvedimento di Regolamentazione dell'attività di rappresentanza di interessi nelle sedi della Camera dei deputati (26 aprile 2016).
In particolare, il provvedimento prevede:
§ l'istituzione presso l'Ufficio di Presidenza della Camera, di un registro dei soggetti che svolgono professionalmente attività di relazione istituzionale nei confronti dei membri della Camera dei deputati presso le sue sedi;
§ l'iscrizione nel registro di chiunque intenda svolgere attività di relazione istituzionale, rappresentando o promuovendo presso la Camera dei deputati interessi leciti;
§ l'obbligo da parte degli iscritti al registro di presentare una relazione a cadenza annuale alla Camera che dia conto dei contatti posti in essere, degli obiettivi conseguiti e dei soggetti interessati;
§ l'applicazione di sanzioni in caso di violazioni consistenti nella sospensione o cancellazione dal registro.
Nel febbraio 2017 è stato materialmente istituito il Registro dei soggetti che svolgono professionalmente attività di rappresentanza di interessi nei confronti dei deputati presso le sedi della Camera, con la Deliberazione dell'Ufficio di Presidenza dell'8 febbraio 2017.
È possibile richiedere l'iscrizione al Registro attraverso una apposita sezione del sito della Camera.
Oggetto e finalità
Le proposte di legge in esame, all’articolo 1, individuano l’oggetto dell’intervento legislativo, pur con formulazioni diverse, nella disciplina dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi – qualificati come particolari dalle proposte di legge A.C. 308 e A.C. 983 – intesa come contributo alla formazione delle decisioni pubbliche (l’unica eccezione è rappresentata dall’A.C. 308, la quale definisce l’attività di rappresentanza come “concorrente” alla formazione delle decisioni pubbliche), nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni (comma 1; commi 1 e 2 nella proposta di legge A.C. 1700).
Si ricorda in proposito che la Relazione sullo stato di diritto 2024 della Commissione europea ha affrontato anche il tema della rappresentanza d’interessi nel contesto della lotta alla corruzione, evidenziando l’importanza della trasparenza nel settore. A tale proposito, la Relazione raccomanda di introdurre una normativa in materia di lobbying e per l'istituzione di un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi.
I princìpi che ispirano la disciplina introdotta dalle proposte di legge sono quelli di trasparenza, pubblicità, partecipazione democratica[1] dei processi decisionali. Le proposte A.C. 308, A.C. 1700 e A.C. 1894 prevedono anche il principio di conoscibilità dei processi decisionali, mentre l’A.C. 2336 cita anche il principio del pluralismo e della valorizzazione delle competenze tecniche.
Tra le finalità esplicitate dalle proposte di legge si segnalano quelle di:
· garantire la trasparenza dei processi decisionali (tutte le proposte di legge in commento, la proposta di legge A.C. 983 specifica che “la trasparenza dei processi decisionali” deve essere garantita “con particolare riferimento all’identità dei soggetti che influenzano o tentano di influenzare tali processi in qualità di interessi particolari propri della società civile”);
· assicurare la conoscibilità dei soggetti che influenzano i processi decisionali e agevolare l’individuazione delle responsabilità delle decisioni (tutte le proposte di legge in commento ad eccezione della proposta di legge A.C. 983 ma al riguardo cfr. il punto precedente);
· assicurare ai decisori pubblici una ampia base informativa sulla quale fondare le proprie scelte (tutte le proposte di legge; la proposta di legge A.C. 983 specifica che l’”ampia base informativa” deve essere il risultato di un “procedimento inclusivo”; la proposta di legge A.C. 2336 finalizza l’acquisizione di un’ampia base informativa a “una migliore valutazione dell’impatto sociale, economico e amministrativo della decisione pubblica”);
· favorire la partecipazione ai processi decisionali sia dei cittadini, sia dei rappresentanti di interessi (tutte le proposte di legge in commento; in particolare la proposta di legge A.C. 983 fa riferimento alla rimozione di “ogni forma di ostacolo alla partecipazione paritaria, nel processo decisionale, della società civile e della rappresentanza degli interessi socialmente legittimati” mentre la proposta di legge A.C. 2336 fa riferimento alla “ordinata partecipazione ai processi decisionali”);
Ambito di applicazione: i “decisori pubblici”
Le proposte di legge individuano diverse categorie di “decisori pubblici” presso i quali i rappresentanti di interessi svolgono l’attività di relazione oggetto di disciplina dell’intervento normativo.
In proposito, si ricorda che il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla rappresentanza di interessi svolto dalla I Commissione Affari costituzionali, approvato all’unanimità nella seduta del 19 settembre 2024, rileva che possono rientrare nella definizione di “decisore pubblico”, innanzitutto i decisori politici e cioè “i componenti del Governo, i parlamentari, i presidenti e i componenti delle giunte regionali e delle province autonome, i sindaci, i componenti delle giunte e dei consigli dei comuni di maggiori dimensioni (ad esempio quelli capoluogo di regione, ovvero quelli con popolazione superiore a 100000 abitanti).”. Il documento individua poi altri decisori pubblici da sottoporre alla disciplina in quanto “titolari di autonomi poteri di regolazione, quali, ad esempio, i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti, gli organi di vertice di Agenzie e di altri enti pubblici”. Soggetti alla disciplina dovrebbero infine essere, per il documento, anche “i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei decisori fin qui richiamati”.
Sul punto il documento precisa anche che “il modello che sembra maggiormente condiviso appare quello di una legge che per un verso determini norme direttamente applicabili a livello di amministrazioni centrali e di enti locali e per l’altro valga da legge-quadro per le regioni a statuto ordinario e da legge di principio per le regioni a statuto speciale”. Inoltre, prosegue il documento “per il necessario rispetto dell’autonomia delle Camere, la legge dovrebbe poi stabilire che le Camere si adegueranno ai principi da essa stabiliti nell’ambito appunto della propria autonomia regolamentare”.
Con riferimento ai lavori delle passate legislatura in materia, nella XVIII legislatura la proposta di legge A.S. 2495, approvata dalla Camera in prima lettura, individuava quali decisori pubblici i membri del Parlamento e del Governo; i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali, i presidenti delle province e delle città metropolitane, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo di regione, i presidenti e gli assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni capoluogo di regione; i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti; gli organi di vertice degli enti pubblici statali; i titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli altri enti pubblici. Erano inoltre equiparati ai decisori pubblici anche i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei suddetti organi. Erano inoltre elencati una serie di soggetti (giornalisti, funzionari pubblici, rappresentanti di governi e partiti stranieri, rappresentanti sindacali, delle confessioni religiose ecc.) che, in relazione all’esercizio di specifiche funzioni connesse alla loro carica, erano esclusi dall’ambito soggettivo di applicazione della disciplina. Si rinvia alla premessa per i lavori parlamentari in materia delle precedenti legislature.
Tutte le proposte di legge in commento recano all’articolo 2 una serie di definizioni tra cui anche quella di decisori pubblici.
La proposta di legge A.C. 983 utilizza una definizione generale di “decisore pubblico” alla quale accompagna poi l’indicazione di alcune specifiche figure. In questo si differenzia dalle altre proposte di legge, le quali invece contengono tutte un elenco tassativo di soggetti identificati come “decisori pubblici”.
In particolare, in base all’articolo 2, comma 1, lettera c) della proposta di legge A.C. 983 per “decisori pubblici” si intendono “coloro che, in ragione del proprio ufficio pubblico, concorrono alle decisioni pubbliche, e altresì il Presidente del Consiglio dei ministri, i ministri, i viceministri, i sottosegretari di Stato, i vertici degli uffici di diretta collaborazione dei ministri, dei viceministri e dei sottosegretari di Stato, i titolari degli incarichi di funzione dirigenziale generale conferiti ai sensi dell’articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché i membri del Parlamento.
Si ricorda che l’articolo 19, comma 3 del Testo unico sulle pubbliche amministrazioni (decreto legislativo n. 165 del 2001), dispone che gli incarichi di Segretario generale di ministeri, così come quelli relativi alla direzione di strutture complesse al loro interno siano conferiti a dirigenti della prima fascia di ruolo o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso di specifiche qualità professionali. Il conferimento avviene con decreto del Presidente della repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente.
L’articolo 19, comma 4, prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale siano conferiti a dirigenti della prima fascia di ruolo o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso di specifiche qualità professionali. In tal caso il conferimento avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente.
Le proposte di legge A.C. 308, A.C. 1700, A.C. 894 e A.C. 2336 concordano nell'includere nella definizione di "decisori pubblici" i seguenti soggetti:
· i membri del Parlamento e del Governo;
· i presidenti, gli assessori e i consiglieri regionali;
· i presidenti e i componenti delle autorità indipendenti;
Si ricorda che l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico individuate dall’ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel classificare le diverse amministrazioni, individua anche le “autorità indipendenti”. In molti casi è invece direttamente la disposizione di legge che, al fine di evitare incertezze in sede attuativa, provvede ad individuare le autorità indipendenti che rientrano nel proprio ambito di applicazione (si veda come ad esempio, l'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014). L’elenco delle amministrazioni pubbliche individuate dall’ISTAT e da ultimo aggiornato al 30 settembre 2024 prevede che rientrino tra le autorità indipendenti:
§ Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca – ANVUR;
§ Autorità di Regolazione dei Trasporti – ART;
§ Autorità di regolazione per energia reti e ambiente – ARERA;
§ Autorità garante della concorrenza e del mercato – AGCM;
§ Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza – AGIA;
§ Autorità nazionale anticorruzione – ANAC;
§ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – AGCOM;
§ Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
§ Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
§ Garante per la protezione dei dati personali – GPDP.
· gli organi di vertice degli enti pubblici statali;
Le principali differenze tra le quattro proposte di legge richiamate nella definizione di "decisori pubblici" riguardano la copertura degli enti territoriali locali (province, città metropolitane, comuni) e l'inclusione di altre specifiche figure:
· rappresentanti di province, città metropolitane e comuni: la proposta A.C. 1700 include i presidenti delle province e delle città metropolitane, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo di regione, i presidenti e gli assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni capoluogo di regione; la proposta A.C. 308 include anche i consiglieri delle province e delle città metropolitane, nonché i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e i presidenti e gli assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti; l’A.C. 1894 include esplicitamente i presidenti e i consiglieri delle province e delle città metropolitane, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni con popolazione pari o superiore a 500.000 abitanti; infine, l’A.C. 2336 include i presidenti e i consiglieri delle province, i sindaci e i consiglieri delle città metropolitane, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali dei comuni capoluogo di regione e i presidenti e gli assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni capoluogo di regione;
· altre figure: la proposta A.C. 1700 equipara ai decisori pubblici anche i responsabili degli uffici di diretta collaborazione degli organi indicati (Parlamento, Governo, Presidenti e sindaci di enti territoriali, Presidenti delle autorità indipendenti, organi di vertice degli enti pubblici statali). Include inoltre gli organi di vertice delle società e imprese pubbliche o a partecipazione pubblica e i titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli altri enti pubblici. La proposta A.C. 2336 invece include gli organi di vertice degli enti pubblici statali, regionali e locali. La proposta A.C. 983 include anche i titolari degli incarichi di funzione dirigenziale generale. Infine, la proposta A.C. 308 include gli organi di vertice, i componenti e i consulenti degli uffici di diretta collaborazione dei membri del Governo, dei presidenti delle regioni e delle province, dei sindaci delle città metropolitane e dei comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti, nonché dei membri delle rispettive giunte. Include anche i titolari di incarichi di funzione dirigenziale generale e i titolari degli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi della normativa vigente.
Le proposte A.C. 1700 (articolo 8, comma 3) e A.C. 2336 (articolo 2, comma 2) specificano che nell’ambito della propria autonomia, gli organi costituzionali tra cui Camera e Senato adottano le disposizioni necessarie a dare attuazione ai principi della legge con riferimento alla propria attività istituzionale. Tale specificazione non risulta presente nelle altre proposte di legge.
Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Come già ricordato in premessa, si fa presente che la Giunta per il regolamento della Camera ha approvato il Codice di condotta dei deputati (12 aprile 2016) e la Regolamentazione dell'attività di rappresentanza di interessi nelle sedi della Camera dei deputati (26 aprile 2016).
Tutte le proposte di legge, salvo l’A.C. 983, recano la clausola di salvaguardia per le autonomie territoriali. Secondo quanto stabilito dalle pdl A.C. 308 (art. 11, comma 2), A.C. 1700 (art. 13, comma 3), A.C. 1894 (art. 12, comma 4) e A.C. 2336 (art. 12, comma 3), infatti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti in commento, adeguano i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute negli stessi.
Alla luce del quadro normativo vigente andrebbe valutata l’opportunità di approfondire le modalità di adeguamento da parte delle regioni e delle province autonome al provvedimento, con particolare riguardo all'individuazione, all'interno dello stesso, delle “norme fondamentali” cui regioni e province autonome si dovranno adeguare.
Si rinvia inoltre alle considerazioni che saranno svolte in sede di commento degli articoli richiamati.
Nella tabella sottostante sono messi a confronto i decisori pubblici come definiti dalle proposte di legge A.C. 308, A.C. 1700, A.C. 894 e A.C. 2336; per la proposta di legge A.C. 983 si rinvia a quanto esposto sopra.
| Soggetti |
A.C. 308 |
A.C. 1700 |
A.C. 1894 |
A.C. 2336 |
| Membri del Parlamento e del Governo |
? |
? |
? |
? |
| Presidenti, assessori e consiglieri regionali |
? |
? |
? |
? |
| Presidenti di province e città metropolitane |
? |
? |
? |
? |
| Consiglieri di province e città metropolitane |
? |
X |
? |
? |
| Sindaci, assessori e consiglieri comunali |
? (? 100.000 ab.) |
? (se capoluogo di regione) |
? (? 500.000 ab.) |
? (se capoluogo di regione) |
| Presidenti e assessori di municipi o circoscrizioni |
? (? 100.000 ab.) |
? (se capoluogo di regione) |
X |
? (se capoluogo di regione) |
| Presidenti e componenti delle autorità indipendenti |
? |
? |
? |
? |
| Organi di vertice di enti pubblici statali |
? |
? |
? |
? |
| Organi di vertice di enti territoriali e altri enti pubblici |
X |
? |
? |
? |
| Titolari di incarichi dirigenziali generali |
? |
X |
X |
X |
| Membri di uffici di diretta collaborazione |
? |
? |
X |
X |
| Organi di vertice di società e imprese pubbliche / partecipate |
X |
? |
X |
X |
| Organi di vertice di enti pubblici regionali e locali |
X |
X |
X |
? |
Ambito di applicazione: i “rappresentanti di interessi”
Le proposte di legge recano all’articolo 2 ulteriori definizioni per indicare i soggetti che esercitano la rappresentanza di interessi e i connotati dell’attività di lobbying.
In proposito, si ricorda che il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla rappresentanza di interessi svolto dalla I Commissione Affari costituzionali, approvato all’unanimità nella seduta del 19 settembre 2024, rileva che possono rientrare nella definizione di “rappresentante di interessi” “qualunque soggetto privato che intenda promuovere interessi diffusi, categoriali o collettivi, di qualunque genere, con l’esclusione di alcune figure caratterizzate da peculiarità o da autonomi circuiti di dialogo e concertazione con il decisore pubblico quali confessioni religiose, partiti o movimenti politici, organizzazioni sindacali o degli imprenditori”. Sul punto il documento affronta anche lo specifico tema degli ex decisori pubblici che intendano svolgere attività di rappresentanza di interessi e sull’eventualità di prevedere, e per quanto tempo, un periodo di “raffreddamento” dalla cessazione dell’incarico nel quale queste attività non possano essere svolte: il documento ritiene ragionevole che questo periodo sia di “un anno, come già previsto dalla disciplina interna della Camera dei deputati e in analogia a quanto previsto dalla legge n. 215 del 2004 in materia di incompatibilità di determinati incarichi successivamente alla cessazione degli incarichi di governo”.
Con riferimento ai lavori delle passate legislatura in materia, nella XVIII legislatura la proposta di legge S. 2495, approvata dalla Camera in prima lettura, individuava per portatori di interessi persone, enti, società o associazioni che, per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi, incaricano rappresentanti di interessi, nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi uno o più incarichi professionali aventi ad oggetto lo svolgimento della di rappresentanza di interessi. Si rinvia alla premessa per i lavori parlamentari in materia delle precedenti legislature.
I rappresentanti di interessi (la sola proposta di legge A.C. 983 aggiunge alla definizione l’attributo “particolari”) sono coloro che rappresentano presso i decisori pubblici interessi; tutti i testi concordano di includere nella nozione di interessi anche interessi non economici; la proposta di legge A.C. 308 specifica che gli interessi sono “non generali” le proposte di legge A.C. 1700 e A.C. 2336 fanno riferimento alla circostanza che gli interessi possono essere “anche non generali”; la proposta di legge A.C. 983 qualifica gli interessi anche come “socialmente legittimati”. L’ A.C. 308 e l’A.C. 1894 precisano inoltre che tali interessi devono essere leciti.
Tutte le proposte concordano sul fatto che i rappresentanti di interessi agiscano per promuovere l’avvio di processi decisionali pubblici o di incidere su processi decisionali pubblici in corso (A.C. 308, A.C. 1894). L’A.C. 1700 e l’A.C. 2336 usano anche il verbo “contribuire” ai processi decisionali in corso, mentre l’A.C. 983 utilizza la formulazione “incidere ed orientare i processi decisionali pubblici in atto”.
Tutti i testi includono tra i rappresentanti di interessi i soggetti che svolgono per conto dell’organizzazione di appartenenza l’attività di rappresentanza di interessi; l’A.C. 1700 e l’A.C. 2336 specificano inoltre che tale rappresentanza avviene in base ad un mandato. Tutti i testi considerano legittima anche l’attività svolta da organizzazioni senza scopo di lucro o il cui scopo sociale principale non sia la rappresentanza di interessi. L’A.C. 983 menziona esplicitamente tra i soggetti legittimati i sindacati e le associazioni d’impresa.
Ambito di applicazione: i “portatori di interessi”
Tutte le proposte di legge eccetto l’A.C. 308 recano all’articolo 2 anche una definizione di “portatori di interessi”.
La A.C. 983 identifica come portatori di interessi (specificando che si tratta di interessi “particolari”) i datori di lavoro che hanno un rapporto di lavoro con rappresentanti di interessi particolari, oppure i committenti che affidano incarichi professionali a tali rappresentanti per svolgere attività di rappresentanza.
Le proposte A.C. 1700 e A.C. 1894 ampliano la platea dei soggetti, includendo non solo i committenti, ma anche persone fisiche, enti, società e associazioni che incaricano rappresentanti di interessi.
Infine, la A.C. 2336 considera portatori di interessi tutti i soggetti che affidano incarichi professionali per l’attività di rappresentanza di interessi, senza ulteriori specificazioni sulla natura giuridica dei soggetti o sulla tipologia di interesse.
Ambito di applicazione: le “esclusioni”
Tutte le proposte di legge in esame individuano categorie di soggetti e attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa in materia di rappresentanza d’interessi.
Le proposte A.C. 308, A.C. 1700, A.C. 1894 e A.C. 2336 presentano una struttura molto simile, elencando all’articolo 3 le attività e i soggetti esclusi, mentre la A.C. 983 si differenzia, poiché non elenca esclusioni generali ma individua specifiche categorie di soggetti che non possono iscriversi al registro dei rappresentanti di interessi né esercitare tale attività durante e subito dopo il loro mandato (articolo 4, comma 6).
· giornalisti e funzionari pubblici: tutte le proposte (tranne l’A.C. 983) escludono i giornalisti e i funzionari pubblici per i rapporti con i decisori pubblici inerenti alla loro professione o funzione; la proposta di legge A.C. 1894 precisa “giornalisti professionisti”;
· rapporti per raccolta di dichiarazioni destinate alla pubblicazione: tutte le proposte (tranne l’A.C. 983) escludono chi intrattiene rapporti con i decisori pubblici per raccogliere dichiarazioni destinate alla pubblicazione. La proposta di legge A.C. 2336 amplia l’esclusione anche a chi collabora con i decisori pubblici per attività di segreteria, legislativa o comunicazione, includendo il personale dei gruppi parlamentari;
I rapporti tra lo Stato italiano e le confessioni religiose sono curati dal ministero dell'Interno, che attraverso il riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici, la stipula di intese (che devono essere poi approvate, ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, con legge) e la vigilanza assicura il rispetto delle garanzie costituzionali.
L'articolo 7 della Costituzione riconosce lo Stato e la Chiesa come enti indipendenti e sovrani e 'costituzionalizza' i Patti lateranensi. In questo quadro, il ministero dell'Interno ha il compito di riconoscere la personalità giuridica agli enti ecclesiastici cattolici che ne fanno richiesta e possiedono i requisiti previsti dalla legge.
Le confessioni religiose non cattoliche possono chiedere il riconoscimento della personalità giuridica alla prefettura della provincia nella quale hanno sede le loro istituzioni (ad esempio associazioni o fondazioni), allegando alla richiesta il proprio statuto. L’articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159 (c.d. legge sui culti ammessi) dispone che gli istituti di culti (oggi più diffusamente si parla di “enti di culto”) diversi dalla religione cattolica possono essere eretti in ente morale. Il riconoscimento della personalità giuridica degli istituti dei culti (enti, associazioni o fondazioni) è condizionato al fatto che si tratti di confessioni religiose i cui prìncipi e le cui manifestazioni esteriori non siano in contrasto con l’ordinamento giuridico dello Stato, e comporta la possibilità per l’ente di culto di divenire soggetto di diritto ed anche di avanzare istanza per stipulare l’intesa. Il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica degli enti di culto diversi dal cattolico è regolato dalla legge 24 giugno 1929, n. 1159, e dal regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289.
Al di fuori di questa procedura, il riconoscimento come “religiosa” di un’associazione è stato desunto per via giurisprudenziale. La Corte costituzionale ha difatti sottolineato l’assenza, nell’ordinamento, di criteri legali precisi per definire cosa sia una “confessione religiosa”, lasciando spazio a valutazioni basate su riconoscimenti pubblici, statuti e considerazione comune (sentenza n. 346/2002).
| Soggetti Esclusi |
A.C. 308 |
A.C. 983 |
A.C. 1700 |
A.C. 1894 |
A.C. 2336 |
| Giornalisti e funzionari pubblici |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
| Rapporti per raccolta di dichiarazioni destinate alla pubblicazione |
?? |
X |
?? |
?? |
?? (ampliato ad attività di segreteria, legislativa, comunicazione, e personale dei gruppi parlamentari) |
| Rappresentanti di governi e partiti stranieri |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
| Confessioni religiose |
X |
X |
?? (riconosciute) |
?? (riconosciute e non, Chiesa cattolica, Confessioni acattoliche con Intesa) |
?? (riconosciute) |
| Partiti, movimenti e gruppi politici |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
· Segreto di Stato e altre forme di segreto: le proposte A.C. 308, A.C. 1700 e A.C. 1894 escludono rapporti, oggetti e notizie la cui pubblicità costituisce violazione delle norme sul segreto di Stato, d'ufficio, professionale o confessionale, mentre l’A.C. 2336 non menziona eccezioni basate sul segreto.
In relazione al segreto confessionale, l’articolo 4, comma 4 dell’accordo tra la Santa Sede e l’Italia del 18 febbraio 1984 dispone che gli ecclesiastici non siano tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero. L’articolo 200 del Codice di procedura penale, in materia di segreto professionale, prevede altresì che, tra gli altri, non possano essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria, i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
· La proposta A.C. 983, nell’articolo 11 sulle disposizioni finali esclude dall’applicazione delle disposizioni della proposta di legge per i processi decisionali aventi carattere di urgenza o volti all’adozione di atti coperti da segreto di Stato.
· Comunicazione istituzionale: le proposte A.C. 308, A.C. 1700 e A.C. 1894 escludono l’attività di comunicazione istituzionale come definita dalla normativa vigente.
La normativa italiana definisce l’attività di comunicazione istituzionale principalmente attraverso la L. 150/2000. Ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della citata legge sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all’estero dalle pubbliche amministrazioni e volte a conseguire:
§ l’informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;
§ la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;
§ la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascun ente.
· Comunicazioni in sede istituzionale: tutte le proposte (tranne l’A.C. 983) escludono le comunicazioni rese in sedute e audizioni di commissioni parlamentari o consultazioni indette da amministrazioni o enti pubblici statali, regionali e locali;
· Processi decisionali con protocolli d’intesa: tutte le proposte (tranne l’A.C. 983) escludono l’attività di rappresentanza svolta in processi decisionali che si concludono con protocolli d’intesa o altri strumenti di concertazione.
· Enti pubblici, sindacati e associazioni imprenditoriali: l’A.C. 308 e l’A.C. 1894 escludono l’attività di rappresentanza svolta da enti pubblici, anche territoriali, o da associazioni o altri soggetti rappresentativi di enti pubblici, nonché dai partiti o movimenti politici, né alle attività svolte da esponenti di organizzazioni sindacali e imprenditoriali nell’ambito dei processi decisionali connessi alla contrattazione. L’A.C. 1700 ricalca la medesima impostazione, ma senza specificare la connessione con la contrattazione., mentre l’A.C. 2336 esclude genericamente le organizzazioni sindacali dall’ambito di applicazione della normativa.
| Attività Escluse |
A.C. 308 |
A.C. 983 |
A.C. 1700 |
A.C. 1894 |
A.C. 2336 |
| Segreto di Stato e altre forme di segreto |
?? |
?? |
?? |
?? |
X |
| Comunicazione istituzionale |
?? |
X |
?? |
?? |
X |
| Comunicazioni in sede istituzionale |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
| Processi decisionali con protocolli d’intesa |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
| Enti pubblici, sindacati e associazioni imprenditoriali |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
| ANAC |
?? |
X |
X |
X |
X |
Tutte le proposte di legge all’articolo 4 evidenziano le cause di esclusione o di incompatibilità per l’iscrizione nel registro pubblico per la trasparenza dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi:
· Minorenni: tutte le proposte prevedono l’incompatibilità per i minori di diciotto anni;
· Decisori pubblici: tutte le proposte prevedono l’incompatibilità per i decisori pubblici, ma con durata e tempistiche diverse. L’A.C. 308 stabilisce che non possono iscriversi al Registro i membri del Parlamento, il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i consiglieri regionali, provinciali, comunali e municipali, sia durante il mandato sia nei due anni successivi; non si fa invece menzione ad altri decisori pubblici individuati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), della proposta, vale a dire i presidenti di regione e di provincia e i sindaci ed assessori dei comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti; i presidenti e gli assessori dei municipi e delle circoscrizioni dei medesimi comuni; inoltre mancando il rinvio alla definizione dell’articolo 2, comma 1, lettera b), il divieto di iscrizione al registro varrebbe nei confronti di tutti i consiglieri provinciali comunali e municipali, anche di quelli che non rientrano nella definizione di decisori pubblici; sul punto si valuti l’opportunità di un approfondimento; l’A.C. 983 e l’A.C. 2336 prevedono l’incompatibilità per i decisori pubblici come definiti dalle medesime proposte durante il mandato e per l’anno successivo alla sua conclusione. L’A.C. 1700 dispone l’incompatibilità per i decisori pubblici come definiti dalla proposta durante il mandato e per i due anni successivi se ricoprono incarichi di governo nazionale o regionale, mentre in tutti gli altri casi (ovvero per presidenti delle province e delle città metropolitane, sindaci, assessori e consiglieri comunali dei comuni capoluogo di regione, presidenti e assessori dei municipi o delle circoscrizioni dei comuni capoluogo di regione; presidenti e componenti delle autorità indipendenti; organi di vertice degli enti pubblici statali, delle società e imprese pubbliche o a partecipazione pubblica, titolari degli incarichi di vertice degli enti territoriali e degli altri enti pubblici; responsabili degli uffici di diretta collaborazione degli organi di governo) l’incompatibilità vale solo per la durata del mandato. Infine, l’A.C. 1894 prevede l’incompatibilità durante il mandato e per i tre anni successivi alla sua cessazione.
· Titolari di incarichi individuali: Tutte le proposte prevedono l'incompatibilità per i titolari di incarichi individuali come esperti (art. 7, comma 6, D.Lgs n. 165/2001) o personale estraneo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 9, comma 2, D.Lgs n. 303/1999), con tempistiche variabili: l’A.C. 983 per i soggetti con incarichi individuali estranei alla pubblica amministrazione che lavorano presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in ruoli non dirigenziali prevede l’incompatibilità per tutta la durata dell’incarico e per un anno dalla sua cessazione; l’A.C. 308 prevede l’incompatibilità sia per gli esperti sia per i soggetti estranei con incarichi individuali presso la Presidenza del Consiglio per la durata dell’incarico e per i due anni successivi; l’A.C. 1700, l’A.C. 1894 e l’A.C. 2336 prevedono invece l’incompatibilità per queste due categorie solamente per la durata dell’incarico.
· Iscritti all’ordine dei giornalisti: tutte le proposte, salvo l’A.C. 983, prevedono l’incompatibilità per gli iscritti all’Ordine dei giornalisti (le proposte A.C. 308, A.C. 1700 e A.C. 2336, facendo riferimento in generale agli iscritti all’Ordine dei giornalisti appaiono includere sia i giornalisti professionisti sia quelli pubblicisti; l’A.C. 1894 fa invece esplicito riferimento ai soli iscritti nell’elenco professionisti dell’ordine dei giornalisti).
· Dirigenti di partiti o movimenti politici: tutte le proposte prevedono l’incompatibilità per i dirigenti di partiti o movimenti politici. L’A.C. 308 la prevede durante l’incarico e per i due anni successivi, l’A.C. 983 durante l’incarico e per l’anno successivo, mentre l’A.C. 1700, l’A.C. 1894 e l’A.C. 2336 per la sola durata dell’incarico.
· Coloro che non godono dei diritti civili e politici o sono interdetti dai pubblici uffici: tutte le proposte prevedono questa incompatibilità. L’A.C. 983 menziona il requisito ai fini dell’iscrizione al registro, insieme alla maggiore età.
· Condannati in via definitiva: tutte le proposte prevedono l'incompatibilità per coloro che hanno riportato condanne definitive per determinati reati, con variazioni nei tipi di reati e nella gravità della pena. L’A.C. 308 menziona coloro che hanno subito condanne per reati contro la pubblica amministrazione (Titolo II del libro secondo del codice penale); l’A.C. 983 tra i requisiti per l’iscrizione al registro menziona il non aver subito condanne in giudicato per reati contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, l’economia pubblica, il patrimonio, la pubblica fede e la persona e non essere mai stato interdetto, anche temporaneamente, dai pubblici uffici; l’A.C. 1700 prevede l’incompatibilità per coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a sei mesi di reclusione per reati contro la pubblica amministrazione, il patrimonio, la personalità dello Stato e l’amministrazione della giustizia; la stessa prescrizione è prevista dall’A.C. 2336, ma aumentando l’incompatibilità solo per le pene superiori ai due anni di reclusione, mentre l’A.C. 1894, facendo riferimento alle medesime fattispecie di reato, non reca alcun parametro di durata della condanna ai fini dell’incompatibilità.
· Coloro che esercitano funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso enti pubblici economici e società partecipate: Le proposte A.C. 1700 e A.C. 2336 prevedono questa incompatibilità per la durata dell’incarico. Ai fini della definizione di società partecipate si fa riferimento al D.Lgs. 175/2016 (c.d. T.U. in materia di società a partecipazione pubblica). La proposta A.C. 308 estende l’incompatibilità anche a chi ha esercitato tali funzioni nei quattro anni precedenti in enti finanziati da amministrazioni pubbliche o ha svolto attività professionali regolate, finanziate o comunque retribuite da amministrazioni o enti pubblici. La proposta A.C. 2336 estende inoltre l'incompatibilità anche a coloro che esercitano funzioni di amministrazione, direzione o controllo in enti privati di cui all'articolo 2-bis, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 33/2013, ossia alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell'ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell'organo d'amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni. Le proposte A.C. 1894 e A.C. 983 non menzionano tale incompatibilità.
· Titolari di incarichi di funzione dirigenziale: l’A.C. 1700 e l’A.C. 2336 prevedono l’incompatibilità per i titolari di incarichi di funzione dirigenziale conferiti da amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 19, comma 6 del D.Lgs. 165/2001 per tutta la durata del loro incarico.
L’A.C. 1894 prevede infine tre ulteriori cause di incompatibilità: non possono iscriversi al Registro gli iscritti ad altri albi professionali che non risultino sospesi; i legali rappresentanti, i lavoratori subordinati o chi svolge funzioni di direzione per uno dei soggetti portatori di interesse; chi è legato a una pubblica amministrazione da un rapporto di lavoro o di servizio.
| Cause di Esclusione o Incompatibilità |
A.C. 308 |
A.C. 983 |
A.C. 1700 |
A.C. 1894 |
A.C. 2336 |
| Minorenni |
?? |
?? |
?? |
?? |
?? |
| Decisori pubblici (Membri del Parlamento; Presidente del Consiglio; Ministri; Consiglieri regionali, provinciali, comunali e municipali) |
?? |
?? |
?? |
?? |
?? |
| Titolari di incarichi individuali |
?? |
?? |
?? |
?? |
?? |
| Iscritti all’ordine dei giornalisti |
?? |
X |
?? |
?? |
?? |
| Dirigenti di partiti o movimenti politici |
?? |
?? |
?? |
?? |
?? |
| Coloro che non godono dei diritti civili e politici o sono interdetti dai pubblici uffici |
?? |
?? |
?? |
?? |
?? |
| Condannati in via definitiva |
?? |
?? |
?? |
?? |
?? |
| Coloro che esercitano funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso enti pubblici economici e società partecipate |
?? |
X |
?? |
X |
?? |
| Titolari di incarichi di funzione dirigenziale |
X |
X |
?? |
X |
?? |
| Iscritti ad altri albi professionali che non risultino sospesi |
X |
X |
X |
?? |
X |
| Legali rappresentanti, i lavoratori subordinati o chi svolge funzioni di direzione per uno dei soggetti portatori di interesse |
X |
X |
X |
?? |
X |
| Chi è legato a una pubblica amministrazione da un rapporto di lavoro o di servizio |
X |
X |
X |
?? |
X |
Tutte le proposte di legge in esame prevedono l’istituzione di un registro dei soggetti che svolgono attività di rappresentanza di interessi[3].
In proposito, si ricorda che il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulla rappresentanza di interessi svolto dalla I Commissione Affari costituzionali, approvato all’unanimità nella seduta del 19 settembre 2024, rileva che “essenziale l’istituzione di un registro di portatori di interessi privati”. Il documento ricorda anche che “numerosi auditi hanno optato per la previsione di un’iscrizione su base volontaria, ma in questo caso la mancata iscrizione dovrebbe precludere l’accesso al decisore pubblico nel rispetto della nuova disciplina”. Il documento propone di istituire tale registro presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL).
Si ricorda che già l’A.S 2495, approvato dalla sola Camera dei deputati nel corso della XVIII legislatura, all’articolo 4, istituiva presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato un Registro per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi disciplinandone le modalità di iscrizione, di accesso e i dati da inserire. Per i lavori parlamentari delle legislature precedenti si rinvia a quanto esposto in premessa.
La pdl A.C. 2336, all’art. 4, indica il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) come organismo competente alla tenuta del registro mentre le altre proposte di legge in commento, nei rispettivi art. 4, attribuiscono tale compito all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Le pdl A.C. 308, A.C. 1700 e A.C. 1894 stabiliscono, inoltre, che il registro sia diviso in due sezioni di cui la prima riservata ai soggetti iscritti e alle amministrazioni pubbliche e la seconda, consultabile telematicamente, ad accesso pubblico previa registrazione, fornendo i dati necessari all’identificazione.
Le pdl A.C. 1700, art. 4, comma 2, e A.C. 2336, art. 4, comma 2, prevedono altresì che l’istituendo registro sostituisce ogni altro registro per l’iscrizione di rappresentanti di interessi.
Nel disporre ciò, la richiamata norma della proposta di legge A.C. 2336 mantiene fermo quanto previsto dall’articolo 4, comma 2, e cioè il richiamo all’autonomia degli organi costituzionali in materia (cfr. supra il paragrafo relativo all’ambito di applicazione). Questa specificazione non è invece presente nella proposta di legge A.C. 1700, circostanza che andrebbe quindi valutata alla luce dell’autonomia riconosciuta agli organi costituzionali.
Nelle proposte si possono, poi, individuare alcuni tratti comuni nella disciplina del registro quali:
· l’obbligatorietà dell’iscrizione da parte dei rappresentanti di interessi (nell’A.C. 2336, art, 4, comma 4, è precisato che tale obbligo è valido qualora l’attività sia svolta professionalmente e in maniera continuativa, diversamente, disciplina il comma 5, è comunque possibile l’iscrizione volontaria);
· l’articolazione del registro in sezioni distinte per categorie omogenee di interessi e per categorie di decisori (assente nelle pdl A.C. 983 nella quale, però, è comunque previsto l’obbligo di comunicare gli interessi che si intendono rappresentare e i potenziali destinatari dell’attività di rappresentanza e A.C. 2336);
· l’indicazione dei dati riportati sul registro, ossia:
- i dati identificativi del soggetto (persona fisica o giuridica) che svolge l’attività di rappresentanza di interessi;
- i dati identificativi del soggetto per conto del quale si svolge l’attività di rappresentanza di interessi;
- le risorse umane e economiche destinate dal rappresentante di interessi allo svolgimento della propria attività (non previsto dalle pdl A.C. 1894 e A.C. 2336).
Le proposte contengono disposizioni analoghe anche per quel che concerne l’individuazione di una serie di categorie di persone che non possono iscriversi al registro. Sul punto si rinvia a quanto esposto sopra nel paragrafo relativo all’ambito di applicazione.
Le pdl A.C. 308, A.C. 983, A.C. 1700, A.C. 1894 e A.C. 2336, prevedono che l’organismo competente provvede all’organizzazione del registro e alla sua pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale (C. 983) ovvero in quello del Comitato di sorveglianza istituito dalle altre proposte (si v. infra) secondo le modalità stabilite con proprio regolamento, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e previa comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti (tale ultima disposizione non è contenuta negli A.A.C.C. 308 e 983 ). Le pdl A.C. 1700 e A.C. 2336 prevedono che si ottemperi a tali adempimenti entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in commento mentre le pdl A.C. 308 e A.C. 1894 dispongono un termine di sei mesi. La data di inizio del funzionamento del registro è comunicata dall’organismo competente con la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale.
Le pdl A.C. 1700 e A.C. 2336 stabiliscono altresì che il registro sia pubblicato e reso consultabile anche nei siti internet istituzionali degli enti o organismi cui appartengono i soggetti pubblici, ovvero i decisori pubblici di cui nei rispettivi articoli 2, comma 1, lettera d), all’interno della sezione “Amministrazione trasparente” di cui all’articolo 9, comma 1, del d.lgs. 33/2013.
Le proposte di legge A.C. 308, A.C. 1700 e A.C. 2336 istituiscono una agenda degli incontri tra decisori pubblici e rappresentanti di interessi iscritti al registro.
Tali pdl recuperano sostanzialmente quanto disciplinato dalla già citata pdl A.S. 2495, il cui articolo 5 introduceva l’Agenda degli incontri disciplinandone le modalità di aggiornamento e i contenuti.
Le tre proposte di legge, nei rispettivi articoli 5, pongono in capo a ciascun rappresentante di interessi l’obbligo di tenere ed aggiornare con cadenza periodica (quotidianamente ai sensi dell’A.C. 308 e settimanalmente come previsto invece negli A.C. 1700 e A.C. 2336) una propria agenda degli incontri con i decisori pubblici. I dati dell'agenda sono inseriti, in formato aperto e riutilizzabile, nella parte del Registro aperta alla pubblica consultazione (l’A.C. 1700 prevede che tale pubblicazione avvenga entro venti giorni dall’inserimento). Nell’agenda, per ciascun incontro, è riportata la sintesi degli argomenti trattati e del contenuto dell'incontro. L’agenda è pubblicata entro quarantacinque giorni dalla data dell'incontro.
Per ciascun evento sono indicati i seguenti elementi:
· luogo, data, ora e durata dell'incontro;
· modalità di richiesta dell'incontro e soggetto che ha formulato la richiesta;
· oggetto dell'incontro;
· partecipanti all'incontro.
Entro lo stesso termine di quarantacinque giorni, la pdl A.C. 1700, all’articolo 5, comma 2, prevede che sia pubblicata la documentazione contenente ricerche, analisi e proposte e trasmessa in occasione dell’incontro.
Le proposte A.C. 1700 e A.C. 2336 dispongono altresì, rispettivamente all’articolo 5, comma 3, e all’articolo 6, che l’organismo competente comunichi ai decisori pubblici l’inserimento delle informazioni sugli incontri che li riguardino. Tali soggetti hanno infatti diritto di presentare al Comitato di sorveglianza (v. infra) un’istanza di opposizione alla pubblicazione delle informazioni che ritengono anche parzialmente non veritiere. Nelle more della decisione l’inserimento delle informazioni rimane sospeso.
I decisori pubblici possono presentare comunque istanza di rimozione a seguito della pubblicazione.
Tutte le proposte di legge in commento prevedono l’adozione di un Codice deontologico dei rappresentanti di interessi da parte del soggetto cui è attribuito il compito di controllo dell’attività di rappresentanza di interessi, ossia il AGCM, per quanto riguarda l’A.C. 983 (articolo 9, comma 1) ovvero il Comitato di sorveglianza istituito presso l’AGCM per gli A.A.C.C. 308 (articolo 6), 1700 (articolo 6) e 1894 (articolo 5) e in seno al CNEL, per l’A.C. 2336 (articolo 5).
Si ricorda che anche l’articolo 6 della pdl A.S. 2495 prevedeva l’adozione del Codice da parte del Comitato di sorveglianza istituito presso l’AGCM.
Il codice stabilisce le modalità di comportamento cui devono attenersi coloro che svolgono l’attività di rappresentanza di interessi.
In tutte le pdl l’impegno a rispettare il codice è condizione indispensabile per l’iscrizione al registro. L’A.C. 1700 dispone inoltre, all’articolo 6, comma 2, ultimo periodo, che in caso di inosservanza l’autorità dispone d’ufficio la cancellazione dal registro.
Il codice è adottato entro quattro mesi (per gli A.A.C.C. 308, 1700 e 2336), entro tre mesi (per l’A.C. 983) ovvero entro due mesi (per l’A.C. 1894) dalla data di entrata in vigore delle rispettive proposte.
La pdl A.C. 1700 prevede una disciplina più ampia elencando, all’articolo 6, comma 4, ulteriori obblighi in capo al portatore e ai rappresentanti di interessi. In particolare, si tratta di:
- rispettare i principi di correttezza, onestà, riservatezza, trasparenza e professionalità;
- vietare lo scambio di regali, prebende o altre utilità con i decisori pubblici e che questi siano previsti per un valore non eccedente i 100 euro;
- identificarsi preventivamente e dichiarare gli interessi che si rappresentano e gli obiettivi promossi;
- garantire che le dichiarazioni rese ai fini dell’iscrizione nel registro e dei successivi aggiornamenti siano veritiere;
- indicare i propri dati identificativi e quelli dell’eventuale committente in tutti i documenti consegnati o trasmessi al decisore pubblico.
Tutte le proposte di legge individuano alcuni obblighi e diritti in capo agli iscritti al registro.
Si segnala che anche in questo caso la disciplina è sostanzialmente quella già prevista nella pdl A.S. 2495 così come disciplinata negli articoli 8 e 9.
Per quel che concerne gli obblighi la pdl A.C. 983 specifica all’articolo 4, comma 7, che il rappresentante di interessi si impegni al rispetto “per iscritto”.
Le altre proposte di legge vietano, invece, per i rappresentanti di interessi di corrispondere, a titolo di liberalità, alcuna somma di denaro o altre rilevanti utilità a rappresentanti del Governo né ai partiti, movimenti e gruppi politici o a loro esponenti (A.C. 308 articolo 8, comma 1; A.C. 1894 articolo 8, comma 1,) ovvero ai decisori pubblici (A.C. 1700, articolo 9, comma 1 e A.C. 2336 articolo 10, comma 1).
È altresì stabilito da tutte le pdl in esame l’obbligo per ciascun rappresentante di interessi di predisporre – entro il 31 dicembre di ogni anno per gli A.C. 308, entro il 30 gennaio per l’A.C. 983, ovvero entro il 31 gennaio per gli A.A.C.C. 1700, 1894 e 2336 – una relazione sull'attività dell’anno precedente, indicando, in particolare, le attività svolte, le risorse umane ed economiche impegnate, i decisori contattati ed eventuali criticità rilevate.
La relazione deve essere inviata all’autorità di controllo sul registro – cioè l’AGCM per l’A.C. 983 e il Comitato di sorveglianza in seno all’AGCM per gli A.A.C.C. 308, 1700 e 1894 o presso il CNEL, per l’A.C. 2336– e deve essere pubblicata entro quindici giorni dalla trasmissione. Alcune pdl dispongono inoltre che l’autorità può chiedere agli iscritti, se necessario e con richiesta adeguatamente motivata, la trasmissione di dati integrativi (A.C. 983, articolo 5, comma 2, A.C. 1700, articolo 9, comma 5 e A.C. 2336, articolo 10, comma 5,).
La pdl A.C. 983 dispone altresì, all’articolo 5, comma 3, che qualora dall’attività di verifica emergano elementi che interessino le attribuzioni dell’Autorità nazionale anticorruzione l’AGCM provveda alla trasmissione di tali elementi.
Anche l’autorità di controllo è tenuta a redigere, entro il 30 giugno di ogni anno, un rapporto sull'attività di rappresentanza, nel quale possono essere segnalate eventuali criticità e formulate proposte. In particolare, ai sensi dei rispettivi articoli 7, comma 3, lettera c) degli A.A.C.C.1894 e 308 e dell’articolo 6, comma 3, lettera c) dell’A.C. 983, la relazione è trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e alle Camere.
Sotto il profilo della formulazione del testo, la rubrica degli articoli 8 delle pdl A.A.C.C. 1894 e 308 non appare pienamente coincidente con il contenuto delle disposizioni, in quanto fa riferimento, oltre che agli “obblighi degli iscritti nel Registro” anche alle ‘cause di esclusione e incompatibilità’.
Per quanto riguarda i diritti, tutte proposte di legge in esame, ad esclusione dell’A.C. 308, dettagliano in una norma le facoltà riconosciute ai rappresentanti di interessi iscritti nel Registro:
· presentare ai decisori pubblici proposte, richieste, studi, ricerche e documenti, suggerimenti e altro per concorrere alla formazione della decisione pubblica,
· accedere alle sedi istituzionali dei decisori pubblici e acquisire documenti relativi a processi decisionali su atti normativi e regolamentari;
· contribuire alle attività di analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e di verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR) riguardante gli atti normativi del governo, compresi gli atti adottati dai singoli Ministri, i provvedimenti interministeriali, i disegni di legge di iniziativa governativa (non previsto dall’A.C. 1700);
· presentare informative o chiedere di essere sentito dal decisore pubblico, il quale in caso non intenda intraprendere il confronto ha l’obbligo di comunicare la motivazione del proprio rifiuto (disposto nel solo A.C. 1894, articolo 7, comma 1, lettera c);
· partecipazioni alle consultazioni pubbliche disposte dalle autorità indipendenti e accesso alla documentazione indispensabile per la partecipazione alla consultazione (nel solo A.C. 983, articolo 6, comma 1, lettera d).
L’A.C. 2336 precisa, all’articolo 9, comma 2, che ai rappresentanti di interessi iscritti nel registro ma che svolgono l’attività in forma non professionale hanno diritto esclusivamente alla presentazione ai decisori di proposte o documentazione al fine di concorrere alla decisione pubblica.
Infine, l’A.C. 983 prevede che il rappresentante di interessi iscritto nel registro può accedere ad una sezione dedicata del sito internet istituzionale dell’AGCM in cui è comunicata l’apertura di consultazioni riguardanti l’elaborazione di politiche pubbliche (articolo 6, comma 2). Inoltre, il rappresentante di interessi può comunicare all’AGCM qualsivoglia comportamento del decisore pubblico ritenuto in contrasto con la disposizione della proposta di legge (articolo 6, comma 3).
Le forme e le modalità di esercizio di tali facoltà sono rimesse a provvedimenti delle singole amministrazioni dello stato, delle regioni e delle province autonome, nonché delle autorità indipendenti, limitatamente alle attività di regolazione. Tali provvedimenti sono adottati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
La pdl A.C. 1700 specifica, all’articolo 8 comma 3, che nell’ambito della propria autonomia, anche gli organi costituzionali adottano le disposizioni necessarie a dare attuazione ai principi della legge con riferimento alla propria attività istituzionale. Tale precisazione è altresì disposta dalla pdl A.C. 2236 all’articolo 2, comma 2 (per approfondimenti v. supra il paragrafo relativo all’ambito di applicazione).
La sola pdl A.C. 983, all’articolo 7, contiene una disciplina espressa relativa agli obblighi in capo ai decisori pubblici.
In particolare, è stabilito che l’AGCM con proprio regolamento individui i decisori pubblici che entro il 30 gennaio di ogni anno devono presentare una relazione concernente gli incontri avuti con gli iscritti nel registro descrivendone il tema e gli argomenti, fatti salvi quelli coperti dal segreto commerciale ai sensi del codice della proprietà industriale. Il decisore pubblico ha altresì il dovere di garantire l’accesso a chiunque ne faccia richiesta della documentazione trasmessa in occasione dell’incontro. Infine, il decisore ha l’obbligo di dare immediata comunicazione all’Autorità qualora ritenga violate le disposizioni previste nella proposta di legge.
Le pdl A.C.308 (articolo 9), A.C. 1700 (articolo 10) e A.C. 1894 (articolo 9) inseriscono, invece, nella disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi una disposizione che regolamenta in modo unitario la procedura di consultazione che ciascun decisore pubblico può indire qualora intenda proporre o adottare un atto normativo o regolatorio di carattere generale.
In base a tale disciplina la notizia della procedura di consultazione deve essere pubblicata nel registro, in particolare nella parte aperta alla pubblica consultazione e inserendo lo schema dell'atto o l'indicazione dell'oggetto di esso nella parte ad accesso riservato del medesimo registro.
I rappresentanti di interessi possono partecipare alla consultazione esclusivamente tramite accesso alla parte riservata del Registro e la partecipazione si realizza mediante l'invio di valutazioni o proposte sullo schema dell'atto.
La consultazione rimane aperta per venti giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di inserimento dello schema dell'atto. Può essere stabilito un termine più breve, in caso di motivata urgenza, comunque non inferiore a cinque giorni. Al fine di integrare gli esiti della consultazione, i rappresentanti di interessi che hanno partecipato alla procedura possono anche essere ascoltati.
Il decisore pubblico dà conto dei risultati della consultazione, mediante la pubblicazione, nella parte del Registro aperta alla pubblica consultazione, di un avviso indicante le modalità seguite per il suo svolgimento, i soggetti partecipanti e la sintesi degli esiti della medesima.
Tale disciplina riprende sostanzialmente quella prevista dall’articolo 10 della pdl A.S. 2495 più volte citata.
La pdl A.C. 983 diverge parzialmente dalle altre proposte di legge in materia di consultazione. L’articolo 8, comma 1, prevede, analogamente a quanto disposto nelle altre pdl, la partecipazione da parte dei rappresentanti di interessi iscritti al registro alle consultazioni inerenti la elaborazione di atti normativi. Il comma 2 precisa che tali consultazioni sono obbligatorie per i decisori pubblici e che hanno la durata minima di venti giorni dalla data di presentazione dello schema di atto normativo. A differenza delle altre pdl si precisa, invece, al comma 3, che le modalità di consultazione sono definite da ciascuna amministrazione con proprio regolamento da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge e previo parere dell’AGCM. Il comma 4 dispone infine che deve essere dato conto dei risultati e delle modalità della consultazione effettuata all’interno dell’AIR allegata allo schema di atto normativo.
Si segnala, invece, che la pdl A.C. 2336 non prevede una disciplina specifica relativa alla procedura di consultazione.
Tutte le proposte di legge in esame disciplinano specificatamente il controllo sull’attività di rappresentanza di interessi.
Questa per la maggior parte delle proposte di legge è svolta dall’Autorità garante della concorrenza del mercato, o direttamente (A.C. 983, art. 3) o attraverso un organismo ad hoc, il Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici, istituito presso la medesima autorità (A.C. 308, art. 7; A.C. 1700, art. 7; A.C. 1894, art. 6).
La sola proposta di legge A.C. 2336 (art. 8) affida l’attività di controllo ad un comitato di sorveglianza incardinato presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).
Nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dalla I Commissione della Camera (si veda la premessa al presente dossier) è emersa “la proposta di attribuire le funzioni di vigilanza a una autorità indipendente già istituita, non fosse altro perché alcune di queste, come ad esempio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ma anche l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), hanno proprio il compito di rendere le relazioni istituzionali e le relazioni pubbliche trasparenti”.
Ampia convergenza si è registrata sulla ipotesi di attribuire le funzioni di vigilanza al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Sulla necessità di una legge costituzionale per poter attribuire al CNEL le funzioni di controllo sulla tenuta del registro e dell’agenda, da un lato si è sottolineato che “per il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, in quanto organo a rilevanza costituzionale, la Costituzione devolve al legislatore il compito di disciplinare in via prevalente quelli che sono i meccanismi costitutivi e le attribuzioni dell’organo”, dall’altro sono state avanzate alcune perplessità, in quanto l’articolo 99 della Costituzione affida al CNEL funzioni di consulenza e di iniziativa legislativa, e non funzioni di controllo.
Nel paragrafo finale il documento conclusivo si esprime comunque per l’affidamento delle funzioni di vigilanza e controllo al CNEL. Il documento specifica anche che “le Camere dovrebbero poi valutare, nella loro autonomia, l’opportunità di aggiornamenti della propria disciplina interna, apportando eventualmente, con riferimento ad esempio alla Camera dei deputati, gli adeguamenti e i coordinamenti che si riterranno opportuni alla disciplina già esistente in materia a partire dal 2017” (si veda il documento conclusivo approvato nella seduta del 19 settembre 2024, pag. 25-27).
Si ricorda che il progetto di legge in materia di disciplina dell’attività di interessi approvato dalla Camera nella XVIII legislatura (si veda la premessa al dossier) istituiva un comitato di sorveglianza incardinato presso l’Autorità antitrust, composto da un magistrato della Corte di cassazione, designato dal Primo Presidente della medesima; da un magistrato della Corte dei conti, designato dal Presidente della medesima; da un membro del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, designato dal Presidente del medesimo, che svolge le funzioni di presidente (art. 7).
Il CNEL è un organo di rilievo costituzionale, previsto dall’articolo 99 della Costituzione, essenzialmente con compiti di iniziativa legislativa e di consulenza a Parlamento e Governo nelle materie economiche e sociali (si veda il box di approfondimento qui di seguito); al CNEL non sono allo stato invece attribuite competenze di amministrazione attiva, quali l’applicazione di sanzioni, come invece previsto dalla proposta di legge A.C. 2336.
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La previsione del CNEL nella Costituzione del 1948 ha risposto alla opportunità di consentire l’apporto di un organo con particolari requisiti di competenza alla formulazione delle politiche economiche e sociali. Pertanto, in base al dettato costituzionale, è stata prevista una composizione del CNEL formata da esperti e da rappresentanti delle categorie produttive, in modo da tener conto dell’importanza numerica e qualitativa di queste ultime (art. 99 Cost.).
Il CNEL è organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni attribuite dalla legge.
Riguardo alle funzioni, le norme costituzionali attribuiscono al CNEL la facoltà di presentare disegni di legge alle Camere ed il compito di contribuire - mediante le funzioni di consulenza - all’elaborazione “della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”.
La composizione, le attribuzioni ed il funzionamento del CNEL sono disciplinate dalla legge 30 dicembre 1986, n. 936, che ha sostituito ed abrogato la precedente disciplina, posta dalla legge 5 gennaio 1957, n. 33.
Attualmente il CNEL è composto da 64 membri. Fino al 2011 erano 121. La riduzione è stata disposta dapprima con l’art. 17 del D.L. n. 138/2011 e, poi, con l’articolo 23, co. 8-13, del D.L. n. 201/2011, n. 201.
Essi sono: 10 esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, dei quali otto nominati dal Presidente della Repubblica e due proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri; 48 rappresentanti delle categorie produttive, dei quali: 22 in rappresentanza del lavoro dipendente, di cui 3 in rappresentanza dei dirigenti e quadri pubblici e privati, 9 in rappresentanza del lavoro autonomo, 17 in rappresentanza delle imprese; 6, designati dal Consiglio nazionale del terzo Settore (D.Lgs. 117/2017, art. 60), in rappresentanza del volontariato.
Relativamente alle sue funzioni, il CNEL, oltre ad avere il potere di iniziativa legislativa:
- esprime, su richiesta del Governo, valutazioni e proposte sui più importanti documenti ed atti di politica e di programmazione economica e sociale, anche con riferimento alle politiche comunitarie;
- esamina il Documento di economia e finanza che il Governo presenta alle Camere;
- approva, su richiesta delle Camere o del Governo, rapporti sull’andamento del mercato del lavoro e sugli assetti normativi e retributivi espressi dalla contrattazione collettiva al fine di agevolare l'elaborazione di risultati univoci sui singoli fenomeni;
- esprime valutazioni sull'andamento della congiuntura;
- esamina, sulla base dei rapporti predisposti dal Governo, le politiche comunitarie e la loro attuazione;
- contribuisce all'elaborazione della legislazione che comporta indirizzi di politica economica e sociale esprimendo pareri e compiendo studi e indagini su richiesta delle Camere, del Governo o delle regioni;
- può formulare osservazioni e proposte e compiere studi di propria iniziativa sulle materie di cui ai punti precedenti;
- redige una relazione annuale al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini;
- raccoglie e aggiorna l'Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nel settore pubblico, predisponendo una relazione annuale sullo stato della contrattazione collettiva nelle pubbliche amministrazioni con riferimento alle esigenze della vita economica e sociale;
- promuove e organizza lo svolgimento di una conferenza annuale sull'attività compiuta dalle amministrazioni pubbliche.
Una norma di chiusura prevede che il CNEL esercita tutte le altre funzioni ad esso attribuite dalla legge. Infatti, nella legislazione vigente, altre disposizioni fanno riferimento al CNEL:
- la legge 44/1999, n. 44 che consente ad una delle associazioni nazionali di categoria rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previo consenso dell’interessato, di presentare domanda di elargizione alle vittime delle richieste estorsive (art. 13, comma 2);
- la legge 44/1999, cha affida al CNEL la designazione di tre dei membri del Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura (l’organismo che esamina e delibera sulle domande di accesso ai benefici del Fondo di solidarietà) assicurando la rotazione tra le diverse categorie, su indicazione delle associazioni nazionali di categoria in esso rappresentate (art. 19);
- la legge 234/2012 (articolo 28) che prevede la possibilità che il CNEL faccia pervenire alle Camere e al Governo le valutazioni e i contributi che ritiene opportuni in merito ai progetti di atti dell'Unione europea, gli atti preordinati alla formulazione degli stessi;
- il decreto legislativo 286/1998 (testo unico immigrazione, articolo 42, comma 3) che istituisce presso il CNEL un Organismo nazionale di coordinamento delle politiche di integrazione degli immigrati allo scopo di individuare le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero. Si prevede, inoltre, che il CNEL, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolga compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sulla applicazione del testo unico immigrazione;
- il D.L. 76/2020 secondo il quale il CNEL attribuisce il codice alfanumerico unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro (art. 16-quater);
- la legge76/2025 che ha istituito presso il CNEL la Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori con compiti consultivi (art. 13).
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L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), istituita dalla legge n. 287 del 10 ottobre 1990, interviene principalmente nei seguenti ambiti:
a) garanzia della tutela della concorrenza e del mercato (ai sensi della L. 87/1990);
b) contrasto alle pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori e delle microimprese, tutela delle imprese dalla pubblicità ingannevole e comparativa, nonché controllo nei rapporti contrattuali tra aziende e consumatori sulla presenza clausole vessatorie (ai sensi del D.Lgs. 206/2005 e del D.Lgs. 145/2007);
c) vigilanza sui conflitti di interesse in cui possono incorrere i titolari di cariche di Governo (ai sensi della L. 215/2004);
d) attribuzione alle imprese che ne facciano richiesta il rating di legalità (ai sensi del D.L. 1/2012).
Tra le competenze dell’Autorità sono ricomprese altresì: la repressione degli abusi di dipendenza economica che abbiano rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato; la vigilanza sui rapporti contrattuali nella filiera agro-alimentare; l’applicazione della normativa nazionale relativa al ritardo nei pagamenti; il potere di vigilanza sulla commercializzazione dei diritti sportivi; i poteri consultivi previsti dal Codice delle comunicazioni elettroniche in materia di trasferimento delle radiofrequenze e di analisi dei mercati rilevanti dei prodotti e servizi relativi alle comunicazioni elettroniche.
AGCM e tutela della concorrenza
L’AGCM è l’istituzione preposta a vigilare sull’applicazione delle regole sulla concorrenza in Italia, in modo da assicurare che i consumatori non siano danneggiati dalle possibili derive anticoncorrenziali delle imprese. Ciò avviene, ad esempio, se le imprese si accordano per ripartirsi il mercato, aumentare i prezzi e/o per ridurre la possibilità di ingresso di nuove imprese, invece di competere tra loro e di offrire ai consumatori prodotti e servizi sempre migliori. Dotata di poteri investigativi e sanzionatori, può avviare procedimenti istruttori sia su segnalazione sia d’ufficio. L’Autorità può imporre sanzioni pecuniarie, fino a percentuali significative del fatturato delle imprese coinvolte, e prescrivere misure correttive per ripristinare condizioni di mercato competitive.
L’AGCM svolge altresì il controllo preventivo delle concentrazioni, valutando se le operazioni proposte possono danneggiare la concorrenza, autorizzandole, condizionandole o vietandole.
AGCM e tutela del consumatore
L’AGCM svolge una funzione cruciale nell’applicazione e nella tutela effettiva dei diritti dei consumatori. Nello specifico, l’Autorità è dotata di poteri di indagine, può intervenire d’ufficio o su segnalazione per reprimere: pubblicità ingannevole, pratiche scorrette, clausole abusive e altre violazioni. Negli ultimi anni, ha ottenuto poteri più incisivi, con la possibilità di imporre sanzioni pecuniarie fino a 10 milioni di euro e di adottare provvedimenti cautelari immediati.
Fra le attività dell’Autorità rientra altresì la promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione, con il fine di diffondere una cultura della consapevolezza e del rispetto dei diritti del consumatore.
Per ripercorrere brevemente il ruolo dell’AGCM in questo campo, è importante sottolineare che, fin da subito, l’Autorità è stata chiamata dal legislatore a reprimere la pubblicità ingannevole, diffusa con qualsiasi mezzo (tv, giornali, volantini, manifesti, televendite), nonché, a partire dagli anni 2000, anche la pubblicità comparativa. Dal 2005 è stato riconosciuto all’Autorità il potere di imporre sanzioni.
Per dare attuazione della direttiva europea 29/2005/CE, a partire dal 2007, l’AGCM ha acquisito ulteriori competenze: essa può intervenire per la protezione del consumatore da tutte le pratiche commerciali scorrette messe in atto dalle imprese nei confronti degli utenti, imponendo misure cautelari e applicando sanzioni.
La tutela contro le pratiche scorrette è estesa anche alle microimprese, che sono definite come entità, società o associazioni che, indipendentemente dalla forma giuridica, esercitano attività economica (anche a livello individuale o familiare), occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato o un bilancio annuale non superiore ai due milioni di euro, per effetto della legge di conversione del decreto legge 1/2012.
L'Autorità ha anche la facoltà di accertare la presenza di clausole vessatorie inserite nei contratti con i consumatori.
L’Autorità vigila altresì sul rispetto delle norme sui diritti dei consumatori previste dalla direttiva 83/2011/UE, nonché in materia di divieto di discriminazione dei consumatori e delle micro-imprese in base alla nazionalità o al luogo di residenza, come previsto dalla legge 161/2014, che ha modificato il decreto legislativo 59/2010, attuativo della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno.
Rientrano nelle sue competenze anche la tutela dei diritti dei viaggiatori in relazione ai contratti per pacchetti turistici e servizi collegati, ai sensi del decreto legislativo 79/2011, e l'applicazione dei divieti di blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione legate alla nazionalità, al luogo di residenza o di stabilimento dei clienti, come stabilito dal regolamento 2018/302/UE.
L'Autorità vigila anche sui servizi di pagamento e credito, in conformità al decreto legislativo 11/2010, ed è competente ad applicare le sanzioni previste dal regolamento 2021/1230/UE sui pagamenti transfrontalieri.
Infine, a partire da ottobre 2023, l’Autorità è competente anche in materia di divieto di utilizzo di procedure automatizzate di determinazione delle tariffe basate su attività di profilazione web dell’utente o sulla tipologia di dispositivi elettronici utilizzati per le prenotazioni, come previsto dalla legge 136/2023.
Due delle proposte di legge (A.C. 1700 e A.C. 1894) prevedono che, con riferimento all’attività parlamentare, le funzioni del comitato di sorveglianza siano svolte da una Commissione bicamerale, composta da cinque deputati e cinque senatori, nominati entro trenta giorni dall’inizio di ogni legislatura dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, d’intesa tra loro, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle opposizioni.
Peraltro, in base all’art. 8, comma 3, della pdl A.C. 1700, gli organi costituzionali, ciascuno nell’ambito della propria autonomia, adeguano i propri ordinamenti alle previsioni della legge.
Anche il progetto di legge in materia di disciplina dell’attività di interessi approvato dalla Camera nella XVIII legislatura (si veda la premessa al dossier) prevedeva l’istituzione di una Commissione parlamentare bicamerale per la vigilanza con riferimento all’attività parlamentare.
Si ricorda in proposito che sia la Camera, sia il Senato hanno adottato disposizioni interne per la disciplina dell’attività di interessi svolta presso le sedi parlamentari (vedi Premessa).
Le proposte di legge che istituiscono il comitato di sorveglianza presso l’Autorità antitrust ne disciplinano variamente la composizione.
Per la pdl A.C. 308, il comitato è composto da tre membri:
§ un magistrato della Corte di cassazione, scelto dal Primo Presidente della medesima;
§ un magistrato della Corte dei conti, scelto dal Presidente della medesima;
§ un professore ordinario di materie giuridiche, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.
Analoga la composizione prevista dal pdl A.C. 1700, con la differenza che il terzo componente è individuato, in luogo di un professore ordinario, nel Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che svolge anche le funzioni di presidente del comitato.
Più ampio il numero dei membri (sette) previsti dalla pdl 1894:
§ un esperto nella materia delle relazioni istituzionali designato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato che svolge le funzioni di presidente;
§ un componente designato dall’Autorità nazionale anticorruzione, che svolge le funzioni di vicepresidente;
§ un magistrato del Consiglio di Stato, designato dal Presidente del medesimo;
§ un professore ordinario di materie giuridiche, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;
§ un rappresentante delle associazioni maggiormente rappresentative della categoria dei rappresentanti di interessi, designato d’intesa tra il Presidente della Camera e il Presidente del Senato tra una rosa di candidati proposta dalle associazioni medesime;
§ un rappresentante designato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;
§ un rappresentante designato dall’Associazione nazionale comuni italiani.
Dieci infine i componenti del comitato di sorveglianza presso il CNEL previsto dalla pdl A.C. 2336:
§ il presidente del CNEL, che svolge le funzioni di presidente;
§ tre membri designati dal presidente stesso attingendo dalla dotazione dell’ente;
§ sei estratti a sorte da un elenco di trenta soggetti, rinnovato ogni due anni, composto per metà da professori ordinari di università in materie giuridiche e per metà da avvocati con almeno venti anni di esercizio della professione; con riferimento a tale ultimo aspetto si valuti l’opportunità di specificare l’organo responsabile alla predisposizione e all’aggiornamento dell’elenco.
Le proposte di legge che prevedono l’istituzione del comitato di sorveglianza ne disciplinano in modo analogo lo status dei componenti.
In particolare si prevede quanto segue.
Il Comitato si avvale del personale messo a disposizione dall'Autorità antitrust (per la pdl A.C. 2336 dal CNEL) e ai suoi componenti si applicano le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità previste per gli incarichi presso le amministrazioni pubbliche dal D.Lgs. 39/2013.
Il decreto legislativo 39/2013 ha attuato la delega stabilita dai commi 49 e 50 dell’art. 1 della legge 190/2012 prevedendo fattispecie di:
- inconferibilità, cioè di preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, nonché a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. g);
- incompatibilità, da cui consegue l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico (art. 1, comma 2, lett. h).
Si ricorda che il richiamato D.Lgs. 39/2013, in sede di definizione delle categorie giuridiche utilizzate, indica esplicitamente tra i soggetti da ritenere compresi tra le “pubbliche amministrazioni” anche le autorità indipendenti (art. 1, comma 2, lett. a).
Inoltre, ai componenti del Comitato di sorveglianza, nell'esercizio delle proprie funzioni, è fatto divieto di avere qualsiasi relazione economica con i rappresentanti di interessi o le società da loro rappresentate.
Il mandato dei membri del comitato dura 5 anni (3 anni per la pdl A.C. 2336) e non è immediatamente rinnovabile.
Il mandato è svolto a titolo gratuito. Tale ultima previsione non è contenuta nella pdl A.C. 2336.
La medesima pdl A.C. 2336 rinvia poi ad un regolamento del CNEL il funzionamento del comitato di sorveglianza nonché le modalità e i termini per garantire alle parti interessate il diritto al contraddittorio.
Le proposte di legge in esame individuano diversi specifici compiti di competenza dell’organismo di controllo, quali:
§ la tenuta del registro per la rappresentanza di interessi, l’adozione delle disposizioni necessarie per il suo funzionamento e la vigilanza sull'esattezza e sull'aggiornamento dei dati (la pdl A.C. 983 fa riferimento al solo controllo periodico del registro);
§ la pubblicazione delle relazioni annuali ricevute dai rappresentanti di interessi nel registro sul sito istituzionale del Comitato, oppure (per la pdl A.C. 983) in una sezione del sito internet dell’Antitrust;
§ la redazione di una relazione annuale sull'attività dei rappresentanti di interessi e la trasmette al Presidente del Consiglio e alle Camere; la sola pdl A.C. 983 specifica che l’Antitrust redige e la trasmette al Parlamento, entro il 30 maggio di ogni anno, un rapporto sulla verifica dell’attività degli iscritti nel registro svolta nell’anno precedente. Il rapporto è trasmesso inoltre alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, “per la valutazione dei profili di correttezza della pubblica amministrazione”;
§ la vigilanza sull'osservanza delle disposizioni della legge e del codice deontologico da parte dei rappresentanti di interessi e l’irrogazione delle sanzioni nel rispetto del principio del contraddittorio; per la pdl A.C. 983 si fa riferimento, anziché alla vigilanza, alla “gestione del contradittorio”.
La pdl A.C. 983 individua i seguenti ulteriori compiti in capo all’organismo di controllo, individuato come si è detto nell’Autorità antitrust:
§ la garanzia e la tutela della partecipazione dei rappresentanti di interessi particolari ai processi decisionali e alle consultazioni previste all’articolo 8 della medesima pdl;
§ la comunicazione ai soggetti iscritti nel registro dell’apertura delle consultazioni di cui all’articolo 8 riguardanti l’elaborazione di politiche pubbliche nei settori di loro interesse;
§ la trasmissione ai decisori pubblici dell’elenco dei soggetti iscritti nel registro in relazione alle categorie di interessi di rispettiva competenza.
La pdl A.C. 1700 e A.C. 1894 prevedono misure di rafforzamento dell’organico dell’Autorità antitrust per far fronte alle nuove competenze attribuite dal provvedimento in esame (si vedano rispettivamente gli articoli 12 e 11).
In particolare, si dispone, con formulazione identica, l’incremento della pianta organica della Autorità per un massimo di trenta unità. La misura dell’incremento è determinata con DPCM, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Ai relativi oneri si provvede mediante incremento dell’aliquota del contributo delle società di capitale dovuto all’Autorità per il proprio finanziamento, come stabilito dall’articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge istitutiva dell’Autorità (L. 10 ottobre 1990, n. 287); l’incremento deve essere in misura tale da garantire la copertura integrale delle nuove spese.
La citata legge 287/1990 ha previsto che, a partire dal 2013, l’Autorità sia finanziata dalle società di capitale con ricavi superiori a 50 milioni di euro. Il contributo per il 2024 è stato fissato nella misura dello 0,059 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato con delibera n. 31092 del 5 marzo 2024.
L’Autorità potrà negli anni successivi modificare tale percentuale che non potrà superare in ogni caso lo 0,5 per mille.
Lo schema di DPCM di cui sopra, corredato di relazione tecnica, è trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere comunque adottato.
Le pdl A.C. 1700 (art. 13, co. 1) e A.C. 1894 (art. 12, co. 1) escludono dalla clausola di neutralità finanziaria (per a quale si veda oltre) l’adeguamento della pianta organica dell’Autorità garante della concorrenza e mercato (prevista dalle proposte, rispettivamente, all’art. 12 e all’art. 11).
Nel documento conclusivo (al paragrafo 4 dedicato alle conclusioni) approvato in data 19 settembre 2024 dalla Commissione I della Camera dei deputati al termine dell’indagine conoscitiva di cui si è dato conto in premessa, era stata suggerita l’opportunità, così come osservato dagli auditi, di un apparato sanzionatorio snello e affiancato, ancorché non interamente sostituito, da adeguati incentivi.
Tutte le proposte in esame recano una disciplina sanzionatoria, modulando diversamente le singole fattispecie sanzionabili.
In particolare sono previste le seguenti tipologie di sanzioni:
· sanzioni per la violazione degli obblighi di consultazione (proposte di legge A.C. 308, art. 10, comma 1; A.C. 983, art. 10, comma 2; A.C. 1700, art. 11, comma 1);
· sanzioni per la violazione del codice deontologico (proposte di legge A.C. 308, art. 10, comma 2; A.C. 983, art. 10, comma 3; A.C. 1700, art. 11, comma 2; A.C. 1894, art. 10, comma 2; A.C. 2336, art. 11, comma 1).
· sanzioni per false informazioni (proposte di legge A.C. 308, art. 10, comma 3; A.C. 983, art. 10, comma 3; A.C. 1700, art. 11, comma 3; A.C.1894, art. 10, comma 3; A.C. 2336, art. 11, comma 2);
· sanzioni generali per la violazione della legge (proposte di legge A.C. 1894, art. 10, comma 1; A.C. 2336, art. 11, comma 1);
· sanzioni per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi senza iscrizione nel Registro (proposte di legge A.C. 308, art. 10, comma 8; A.C. 983, art. 10, comma 1; A.C. 1894, art. 10, comma 8).
Per la violazione degli obblighi di consultazione:
· la proposta di legge A.C. 308 (art. 10, comma 1) prevede: ammonizione; censura; sospensione dall'iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi due anni dalla data del provvedimento di cancellazione);
· la proposta di legge A.C. 983 (art. 10, comma 2) prevede: ammonizione; censura; sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; la cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi tre anni dalla data del provvedimento di cancellazione);
· la proposta di legge A.C. 1700 (art. 11, comma 1) prevede: l’ammonizione, la censura, la sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a diciotto mesi; la cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi due anni dalla data del provvedimento di cancellazione).
Per la violazione del codice deontologico:
· la proposta di legge A.C. 308 (art. 10, comma 2) prevede: la censura, la sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; la cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi due anni dalla data del provvedimento di cancellazione);
· la proposta di legge A.C. 983 (art. 10, comma 3) prevede: la censura; la sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; la cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi tre anni dalla data del provvedimento di cancellazione);
· la proposta di legge A.C. 1894 (art. 10, comma 2) prevede: la censura; la sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; la cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi due anni dalla data del provvedimento di cancellazione);
· la proposta di legge A.C. 2336 (art. 11, comma 1) prevede: l’ammonizione; la censura; la sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; la cancellazione dal registro (in tal caso il rappresentante di interessi non può chiedere una nuova iscrizione nel Registro prima che siano decorsi due anni dalla data del provvedimento di cancellazione).
Per la falsità delle informazioni o l’omissione delle stesse da fornire all’atto dell’iscrizione nel Registro o nei successivi aggiornamenti, nella relazione annuale, o la mancata ottemperanza alla richiesta di integrazioni:
· la proposta di legge A.C. 308 (art. 10, comma 3) prevede la sanzione pecuniaria da euro 1.0000 a euro 10.000. La proposta estende la sanzione all’ipotesi di falsità od omissione di informazioni nella predisposizione e pubblicazione dell’agenda degli incontri;
· la proposta di legge A.C. 983 (art. 10, comma 3) prevede le sanzioni della censura, della sospensione o, nei casi di particolare gravità, della cancellazione dal registro;
· la proposta di legge A.C. 1700 (art. 11, comma 3) prevede la sanzione pecuniaria da euro 15.000 a euro 50.000. La proposta estende la sanzione all’ipotesi di falsità od omissione di informazioni nella predisposizione e pubblicazione dell’agenda degli incontri;
· la proposta di legge A.C. 1894 (art. 10, comma 3) prevede la sanzione pecuniaria da euro 1.000 a euro 10.000.
·
Più genericamente, la pdl A.C. 2336 dispone la sanzione pecuniaria da euro 1.000 a euro 5.000 nei confronti del rappresentante di interessi che fornisca false informazioni ed ometta di fornire informazioni alla cui comunicazione è tenuto (art. 11, comma 2).
Con riferimento alle sanzioni generali per la violazione della legge le proposte di legge A.C. 1894 (art. 10, comma 1) e A.C. 2336 (art. 11, comma 1) prevedono le seguenti sanzioni: ammonizione; censura; sospensione dall’iscrizione nel registro per una durata non superiore a un anno; cancellazione dal registro.
Per lo svolgimento delle attività di rappresentanza di interessi senza iscrizione nel Registro:
· la proposta di legge A.C. 308 (art. 10, comma 8), in caso di condotte illecite, prevede che il Comitato di sorveglianza ammonisca il responsabile e, in caso di reiterazione della condotta, segnali la condotta all’autorità giudiziaria competente;
· la proposta di legge A.C. 983 (art. 10, comma 1) dispone una sanzione pecuniaria da euro 20.000 a euro 100.000;
· la proposta di legge A.C. 1894 (art. 10, comma 8), in caso di condotte illecite, prevede che il Comitato di sorveglianza ammonisca il responsabile e, in caso di reiterazione della condotta, segnali la condotta all’autorità giudiziaria competente.
Le sanzioni sono irrogate dal Comitato di sorveglianza istituito presso l’AGCM (art. 10, comma 4, A.C. 308; art. 11, comma 4, A.C. 1700; art. 10, comma 4, A.C. 1894), dalla stessa AGCM (art. 10, commi 2 e 4, A.C. 983), dal Comitato di sorveglianza istituito presso il CNEL (art.10, comma 3, A.C. 2336).
Dal punto di vista del procedimento sanzionatorio, le pdl A.C. 308, A.C. 1700, A.C. 1894 e A.C. 2336 prevedono che debbano essere garantiti il contraddittorio, l’effettivo diritto di difesa e la pubblicità degli atti. Tali proposte prevedono, inoltre, l’adozione, da parte dell’organo che irroga le sanzioni, di un regolamento che rechi le disposizioni necessarie per la disciplina del procedimento sanzionatorio. Si segnala, in particolare, che la pdl A.C. 1894, dopo aver previsto, al secondo periodo del comma 4 dell’articolo 10, che “il comitato di sorveglianza adotta, con proprio regolamento, le disposizioni necessarie per la disciplina del procedimento sanzionatorio”, al successivo comma 9, statuisce che lo stesso organo, con proprio regolamento, disciplini le modalità e i termini per garantire il diritto al contraddittorio a tutte le parti interessate.
La pdl A.C. 983 richiama il contraddittorio con gli interessati solo nelle ipotesi di mancato rispetto delle modalità di partecipazione alle consultazioni oppure per il caso di mancato o incompleto invio della relazione di cui all’articolo 5 della medesima proposta.
All’esito del procedimento sanzionatorio, il provvedimento che applica le sanzioni è pubblicato sul sito internet istituzionale dell’organo che lo ha emanato e nella scheda personale del rappresentante di interessi destinatario della sanzione (art. 10, comma 5, A.C. 308; art. 11, comma 5, A.C. 1700; art. 10, comma 5, A.C. 1894; art. 11, comma 4, A.C. 2336).
La pdl A.C. 983 limita la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio sul sito internet dell’AGCM solo all’ipotesi in cui esso preveda la sospensione o la cancellazione dal registro.
Il provvedimento è inoltre pubblicato per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione, a cura e spese del responsabile della violazione, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico (art. 10, comma 5, A.C. 308; art. 11, comma 5, A.C. 1700; art. 10, comma 5, A.C. 1894).
Tutte le proposte, ad eccezione di A.C. 983 (che nulla prevede al riguardo), attribuiscono le controversie relative alle sanzioni di cui si è dato conto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 10, comma 7, A.C. 308; art. 11, comma 7, A.C. 1700; art. 10, comma 7, A.C. 1894; art. 11, comma 6, A.C. 2336).
Per giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si intende quel tipo di giurisdizione in cui il giudice amministrativo conosce, in relazione a determinate materie indicate dalla legge, oltre che di interessi legittimi, anche di diritti soggettivi (art. 103, comma 1, Cost.; artt. 7 e 133, D. Lgs. 104/2010). Tale forma di giurisdizione deroga al tradizionale criterio di riparto delle giurisdizioni fondato sulla natura della situazione giuridica dedotta in giudizio (interesse legittimo o diritto soggettivo). La Corte costituzionale, nella sentenza n. 204 del 2004, ha chiarito che può essere prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materie determinate nei cui ambiti l’amministrazione agisca come autorità e in cui il diritto soggettivo e l’interesse legittimo siano intimamente connessi. In particolare, secondo la Consulta, “è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice “della” pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102, secondo comma, Cost.) e, dall'altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo”.
Si segnala che il ddl A.S. 2495 (“disciplina dell’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi”) della XVIII legislatura, già approvato in testo unificato alla Camera dei deputati (A.C. 196, A.C.721 e A.C. 1827), prevedeva una disciplina sanzionatoria modulata, come per le pdl oggetto del presente commento, in base alle singole fattispecie e alla gravità della condotta. In particolare, in caso di inosservanza delle modalità di partecipazione alla consultazione e nelle ipotesi di violazione degli obblighi previsti dal codice deontologico, erano previste le sanzioni dell’ammonizione (solo per il primo caso), della censura, della sospensione e della cancellazione dal registro. Era inoltre prevista una sanzione amministrativa pecuniaria (da euro 5.000 a euro 15.000) per la falsità od omissione delle informazioni. Secondo quel disegno di legge, le sanzioni erano irrogate dal Comitato di sorveglianza presso l’AGCM a seguito di un procedimento sanzionatorio disciplinato da un regolamento da adottare da parte dell’autorità di controllo, il quale doveva garantire il contraddittorio, l’effettivo diritto di difesa e la pubblicità degli atti. Anche il ddl A.S. 2495 attribuiva le controversie relative all’applicazione delle sanzioni alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Tutte le proposte di legge, ad eccezione della pdl A.C. 983, prevedono la c.d. clausola di neutralità finanziaria, per cui le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (art. 11, comma 1, pdl A.C. 308; art. 12, comma 1, A.C. 2336).
Le pdl A.C. 1700 (art. 13, comma 1) e A.C. 1894 (art. 12, comma 1) escludono dalla clausola di neutralità finanziaria l’adeguamento della pianta organica dell’Autorità garante della concorrenza e mercato (prevista dalle proposte, rispettivamente, all’art. 12 e all’art. 11).
Le pdl A.C. 1700 (art. 13, comma 2), A.C. 1894 (art. 12, comma 3), A.C. 2336 (art. 12, comma 2) dispongono che l’Istituto nazionale di statistica, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, provveda a integrare la classificazione delle attività economiche ATECO, prevedendo un codice specifico per l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi.
Il codice ATECO è una combinazione alfanumerica che identifica un'attività economica. Le lettere individuano il macro-settore economico mentre i numeri (da due fino a sei cifre) rappresentano, con diversi gradi di dettaglio, le specifiche articolazioni e sottocategorie dei settori stessi.
Si segnala che nell’ATECO vigente (ATECO 2025) si fa riferimento al codice 73.30.01 “Attività di rappresentanza di interessi”, specificato come attività di rappresentanza di interessi e prestazione di servizi di consulenza, orientamento e assistenza operativa a imprese e altre organizzazioni in materia di pubbliche
relazioni e comunicazione (ad esempio: comunicazione politica e comunicazione pubblica e istituzionale).
Secondo quanto stabilito dalle pdl A.C. 308 (art. 11, comma 2), A.C. 1700 (art. 13, comma 3), A.C. 1894 (art. 12, comma 4) e A.C. 2336 (art. 12, comma 3) le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti in commento, adeguano i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute negli stessi.
Si valuti l’opportunità di approfondire le modalità di adeguamento da parte delle regioni e delle province autonome al provvedimento, con particolare riguardo all'individuazione, all'interno dello stesso, delle “norme fondamentali” cui regioni e province autonome si dovranno adeguare.
In proposito è comunque opportuno ricordare che la Corte costituzionale (si veda, tra le altre, la sentenza n. 78 del 2020) ha affermato che l’autoqualificazione di una disposizione da parte del legislatore statale come principio fondamentale non è decisiva ai fini dell’individuazione del titolo di competenza cui sia riconducibile la disposizione medesima. L’autoqualificazione, per la Corte, non ha carattere precettivo e vincolante al punto da porsi quale presupposto indiscusso per la valutazione della legittimità costituzionale della norma cui essa si riferisce (ex multis, sentenze n. 246 e n. 94 del 2018): la natura della stessa va, infatti, comunque verificata con riguardo “all’oggetto, alla ratio e alla finalità” (sentenza n. 164 del 2019) che ne costituiscono l’effettiva sostanza.
Le stesse proposte richiamate poc’anzi prevedono che la legge entri in vigore il trentesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (A.C. 308, art. 11, comma 3; A.C. 1700, art. 13, comma 4; A.C. 1894, art. 12, comma 5, A.C. 2336, art. 12, comma 4).
Si ricorda che, secondo quanto stabilito all’articolo 73, comma terzo, della Costituzione, le leggi “entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso” (come in questo caso).
L’articolo 12, comma 2, della pdl A.C. 1894, prevede che il Registro (intendendosi il “Registro pubblico per la trasparenza dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi” ex art. 4 della stessa proposta) sostituisca ogni altro registro per l’iscrizione di rappresentanti di interessi già istituito alla data di entrata in vigore del provvedimento (ossia il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ex art. 12, co. 5, della proposta medesima).
Nel disporre ciò, la disposizione non fa riferimento alla salvaguardia dell’autonomia degli organi costituzionali e quindi potrebbe coinvolgere anche le determinazioni in materia assunte dalle Camere; al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Si segnala, infine, che l’unica disposizione contenuta all’articolo 11 della pdl A.C. 983, rubricato “disposizioni finali”, esclude l’applicabilità delle disposizioni del provvedimento ai processi decisionali aventi carattere di urgenza o volti all’adozione di atti coperti da segreto di Stato.
Le normative regionali in materia di attività di rappresentanza di interessi – o lobbying – sono nella quasi totalità dei casi contenute all’interno di leggi regionali. La Regione Sicilia rappresenta un’eccezione disciplinando la materia attraverso l’articolo 12 dello Statuto del 1946 e gli articoli 71, 72 e 73 del Regolamento dell’Assemblea Regionale.
La prima Regione, al di là del caso siciliano, a dotarsi di una normativa specifica è stata la Toscana con la L.R. 18 gennaio 2002, n. 5 (Norme per la trasparenza dell'attività politica e amministrativa del Consiglio regionale della Toscana) sul cui modello è stata poi approvata dal Consiglio Regionale del Molise l’identica L.R. 22 ottobre 2004, n. 24 (Norme per la trasparenza dell’attività politica ed amministrativa del consiglio regionale del Molise.). In seguito, anche la Regione Abruzzo si è dotata di una normativa in materia con la L.R. 22 dicembre 2010, n. 61 (Disciplina sulla trasparenza dell’attività politica e amministrativa e sull’attività di rappresentanza di interessi particolari).
Le normative successivamente adottate dalle altre Regioni hanno introdotto fattori innovativi. Si tratta, in particolare: della Calabria con L.R. 12 febbraio 2016, n. 4 (Disciplina sulla trasparenza dell’attività politica e amministrativa della Regione Calabria e dei suoi enti strumentali sull’attività di rappresentanza di interessi particolari); della Lombardia con la L.R. 20 luglio 2016, n. 17 (Disciplina per la trasparenza dell'attività di rappresentanza di interessi nei processi decisionali pubblici presso il Consiglio regionale); della Puglia con la L.R. luglio 2017, n. 30 (Disciplina dell’attività di lobbying presso i decisori pubblici); e dell’Emilia-Romagna con L.R. 29 novembre 2019, n. 27 (Norme per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi nel processo legislativo e amministrativo). L’Emilia-Romagna contiene, in realtà, anche alcune disposizioni statutarie in materia di partecipazione delle associazioni richiedenti alla fase istruttoria del procedimento decisionale di atti normativi o amministrativi generali.
Le leggi più recenti hanno considerevolmente aumentato la platea dei soggetti definibili come decisori pubblici. Questo punto è di particolare rilevanza considerando che le nuove forme di governo regionali, adottate a seguito della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni), tendono a spostare il baricentro decisionale verso il ramo esecutivo-amministrativo rendendo, dunque, essenziale regolamentare la partecipazione dei portatori o gruppi di interessi non soltanto all’interno degli organi legislativi.
Inoltre, tra i decisori politici sono stati inseriti anche quei soggetti deputati ad attività della c.d. alta amministrazione o di gestione strategica delle attività regionali tenendo conto del mutato contesto istituzionale e della rilevanza da questi acquisita nell’ambito della decisione pubblica.
In alcune Regioni – Molise, Calabria ed Emilia-Romagna – la normativa risulta sostanzialmente inattuata dal momento in cui i registri previsti non sono mai stati pubblicati.
I primi articoli delle leggi regionali in materia di attività di rappresentanza di interessi recano disposizioni relative alle finalità, ai principi e all’oggetto della norma.
I principi riportati sono, nella quasi totalità dei casi, quelli di eguaglianza, non discriminazione, proporzionalità delle decisioni pubbliche mentre la finalità è essenzialmente quella di garantire trasparenza e partecipazione democratica ai processi di formazione delle stesse decisioni pubbliche.
La L.R. n. 17 del 20 luglio 2016 della Regione Lombardia ricollega la normativa anche all’attuazione del principio di sussidiarietà. Il comma 2 di tale articolo specifica che in attuazione di tale principio la Regione riconosce e valorizza il ruolo delle organizzazioni rappresentative di interessi collettivi.
Nell’articolo 1 della L.R. toscana, così come ripreso anche dalla identica legge molisana, è inoltre specificato che tra le finalità della norma vi è anche quella di favorire, attraverso l’attività dei portatori di interesse, lo svolgimento del mandato dei consiglieri regionali.
La maggior parte delle leggi regionali, ad esclusione di quelle identiche di Toscana e Molise, prosegue poi con un articolo dedicato alle definizioni.
In particolare, si tratta di:
a) attività di rappresentanza di interessi particolari;
b) gruppi (o portatori) di interessi particolari;
c) rappresentante di interessi;
d) processi decisionali;
e) decisori pubblici;
f) registro, inserito tra le definizioni dalla sola legge regionale calabrese all’articolo 2, comma 1, lettera f).
Le Regioni italiane hanno adottato strumenti diversi per regolare le attività di rappresentanza di interessi, come registri, codici etici, forme di accreditamento e, più raramente, agende. Le regole per l’iscrizione nei registri sono in gran parte omogenee: prevedono la presentazione di dati identificativi del rappresentante e del gruppo, l’atto di conferimento dell’incarico, lo statuto, l’attività svolta e, in alcuni casi, le risorse umane ed economiche. La Calabria richiede anche la sottoscrizione di un codice etico.
Per quel che concerne, invece, gli organi e gli atti con cui vengono pubblicati i registri e i soggetti titolari della gestione e del mantenimento le normative regionali riportano alcune differenze.
La legge regionale della Puglia, come reca l’articolo 4, comma 1, della L.R. n. 30 del 2017, attribuisce alla della Giunta Regionale, per mezzo di una sua delibera, il compito di pubblicare il registro mentre incaricata a detenerlo è la Segreteria generale della Presidenza della Giunta. È poi il Responsabile regionale della trasparenza e della prevenzione della corruzione ad individuare all’interno della propria struttura organizzativa un nucleo operativo per la sua gestione.
Analogamente anche la Giunta dell’Emilia-Romagna, ai sensi dell’articolo 3 della L.R. n. 27 del 2019 istituisce presso il Gabinetto del presidente della Giunta il Registro dei portatori di interesse pubblicato sul sito internet della Regione. Il medesimo articolo precisa che anche l’Assemblea legislativa istituisce un proprio Registro.
La legge abruzzese istituisce all’articolo 3 il Registro – diviso in sezioni distinte per categorie omogenee di interessi come dispone l’articolo 3, comma 2 – presso il Consiglio regionale e attribuisce ad una deliberazione da parte dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale il compito di stabilire le modalità di gestione del registro e il relativo controllo, nonché le regole per l’aggiornamento e la pubblicazione dei dati comunicati dai rappresentanti di interessi – che vengono pubblicati sul sito internet istituzionale – e le modalità per la verifica della persistenza dei requisiti dei rappresentanti accreditati.
Anche la legge adottata dal Consiglio regionale della Lombardia prevede all’articolo 3 l’istituzione presso il Consiglio Regionale di un Elenco, pubblicato sul sito del Consiglio e puntualmente aggiornato come dispone il comma 5, attraverso il quale i portatori di interesse possono accreditare i propri dipendenti o collaboratori preposti in via esclusiva alle relazioni con i decisori pubblici, come reca il comma 3. Le modalità di gestione sono stabilite da un provvedimento dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale da emanarsi entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa come disciplina il comma 4 dell’articolo 3.
Il Registro della Regione Toscana e quello della Regione Molise vengono istituiti dagli identici articoli 2 delle rispettive leggi. Anche in questi due casi l’organizzazione del Registro è per settori e le modalità di gestione sono affidate all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale che stabilisce anche le modalità per la periodica verifica di persistenza dei requisiti degli iscritti.
Il registro previsto dalla normativa calabrese all’articolo 3 è, invece, istituito presso la Regione ed è suddiviso in due sezioni gestite rispettivamente dal Presidente della Giunta e dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale e articolate in ulteriori sottosezioni omogenee per settori di interesse.
La struttura burocratica di supporto per il mantenimento e l’aggiornamento del registro è individuata dall’Ufficio della Presidenza del Consiglio regionale e dalla Giunta per quanto rispettivamente di competenza. Analogamente la pubblicazione avverrà su entrambi i siti istituzionali.
Altri strumenti per la regolazione dell’attività dei rappresentanti di interessi particolari sono quelli del Codice di Condotta e dell’agenda.
Per quanto riguarda il primo, la legge regionale della Puglia dispone all’articolo 6 che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la Giunta regionale su proposta del responsabile regionale per la trasparenza e la prevenzione della corruzione sottoponga alla commissione consiliare competente la proposta di deliberazione di un codice di condotta per i rappresentanti di gruppi di interesse particolare.
La Regione Puglia si è dotata anche di un’agenda, disciplinata dall’articolo 7 della medesima legge regionale, consultabile in una sezione apposita del sito della Regione. L’agenda riporta la data, i temi discussi e la documentazione prodotta negli incontri tra i rappresentanti di interessi e i decisori politici.
Analogamente l’articolo 5, comma 3 della legge regionale dell’Emilia-Romagna prevede un’agenda degli incontri tra rappresentanti di interessi e decisori politici resa pubblica nel sito istituzionale della Regione.
La leggi regionali di Abruzzo, all’articolo 4, Lombardia, all’articolo 5, Puglia, all’articolo 5, ed Emilia-Romagna all’articolo 3, comma 4, riportano i requisiti di iscrizione in un elenco. In particolare il rappresentante:
a) deve aver compiuto il diciottesimo anno di età e – a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge regionale lombarda – godere dei diritti civili;
b) non deve aver riportato condanne passate in giudicato per reati contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, l'ordine pubblico, l’incolumità pubblica, l'economia pubblica, il patrimonio, la pubblica fede e la persona, e non essere mai stato interdetto, anche temporaneamente, dai pubblici uffici salvo – nel caso della legge regionale lombarda, all’articolo 5, comma 1, lettera b) – che il reato sia stato dichiarato estinto o sia intervenuta riabilitazione;
c) non deve essere stato dichiarato fallito, salvo che sia stato riabilitato – come previsto dalle sole leggi regionali pugliese e abruzzese.
Quanto riportato alla lettera b) dell’elenco di cui sopra, fatto salvo per quel che concerne l’estinzione e la riabilitazione, è previsto anche dalla legge regionale dell’Emilia-Romagna all’articolo 3, comma 4.
La legge lombarda aggiunge poi tra i requisiti, all’articolo 5, comma 1, lettera c), che il rappresentante non deve essere stato sottoposto a misure di prevenzione personali ai sensi del decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), salvo che sia stato riabilitato.
Secondo il legislatore regionale abruzzese, inoltre, il rappresentante di interesse per essere accreditato non deve aver ricoperto la carica di consigliere o assessore regionale nei due anni precedenti la domanda di iscrizione nel Registro come reca l’articolo 4, comma 1, lettera d).
Analogamente dispone l’articolo 4, comma 4, lettera d) della legge regionale della Calabria. La medesima disposizione alla lettera e) aggiunge che il rappresentante di interessi particolari non deve essere stato dipendente della Regione Calabria o degli altri enti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), ovvero di aziende, agenzie, istituzioni, associazioni, fondazioni ed enti strumentali o ausiliari della Regione, anche di natura privata, compresi quelli del comparto sanitario, nei due anni precedenti alla domanda di iscrizione né esserlo all'atto della stessa. Inoltre, non deve godere, in ragione della professione o di prerogative speciali, di accesso privilegiato alle sedi istituzionali e delle pubbliche amministrazioni, a meno che non rinunci espressamente a tali prerogative. Infine, non deve avere ricevuto interdittive antimafia.
Diversamente, l’articolo 3, comma 2, della legge regionale dell’Emilia-Romagna attribuisce alla Giunta, tramite delibera e previa intesa con l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa, il compito di stabilire le modalità di iscrizione e cancellazione, i requisiti e la documentazione da allegare alla richiesta di accreditamento nel rispetto di due presupposti essenziali ovvero l’esistenza di un rapporto di rappresentanza o di incarico dell’iscritto con il portatore di interessi e che venga allegato lo Statuto o il regolamento o altra documentazione che dimostri natura e scopo del soggetto avente diritto.
Le disposizioni contenute nei rispettivi articoli 2 delle leggi regionali di Toscana e Molise richiedono come requisiti, in particolare, che l’organizzazione interna del gruppo di rappresentanza di interessi rispetti il principio democratico e che i gruppi stessi perseguano interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico e che si siano costituiti almeno sei mesi prima dalla richiesta di iscrizione.
Per quanto riguarda le incompatibilità, la legge lombarda, all’articolo 6, e quella dell’Emilia-Romagna, all’articolo 3, comma 5, espressamente disciplinano che non può iscriversi al registro:
a) chi ricopre la carica di consigliere regionale, di assessore, di sottosegretario o di presidente della Regione ovvero ha ricoperto una di tali cariche negli ultimi dodici mesi, purché riferiti alla stessa legislatura in cui ha svolto il mandato;
b) chi ricopre la carica di componente del Governo nazionale ovvero di una delle Camere del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo;
c) chi ricopre cariche dirigenziali e svolge attività di alta amministrazione presso enti o agenzie strumentali alla decisione pubblica.
A tale elenco la legge regionale della Puglia, all’articolo 10, aggiunge alcune categorie legate ad incarichi individuali che durante il loro mandato o nei due anni successivi non possono essere iscritti al registro dei rappresentanti. In particolare, si tratta dei:
a) decisori pubblici così come definiti dall’art. 3, comma 1, lett, d);
b) dipendenti della Regione Puglia;
c) i soggetti titolari di incarichi individuali presso le pubbliche amministrazioni, le società controllate e gli enti partecipati dalla Regione, in qualità di personale esterno agli stessi;
d) i soggetti titolari, in qualità di esperti di comprovata esperienza, di incarichi individuali conferiti da parte delle pubbliche amministrazioni con contratti di lavoro autonomo come reca l’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche);
e) i giornalisti, pubblicisti e professionisti, iscritti all’Ordine.
Inoltre, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 10, i rappresentanti di gruppi di interesse particolare non possono in ogni caso svolgere funzioni di amministrazione, direzione e controllo all’interno di società a partecipazione pubblica totale o di controllo.
Infine, alcune leggi regionali prevedono l’accreditamento automatico presso i decisori pubblici per alcune categorie.
La legge regionale dell’Abruzzo all’articolo 5, comma 6, le identiche leggi regionali di Toscana e Molise ai rispettivi articoli 2 e la legge regionale della Lombardia all’articolo 4 prevedono che le disposizioni relative ai diritti dei rappresentanti di interessi trovano applicazione nei confronti delle categorie economiche, sociali e del terzo settore maggiormente rappresentative a livello regionale e delle loro articolazioni provinciali.
Al contrario la legge regionale calabrese, invece, all’articolo 4 precisa che tali categorie e le loro articolazioni provinciali sono comunque tenute ad accreditarsi presso una od entrambe le sezioni del registro.
In Emilia-Romagna vige una disposizione peculiare che fa riferimento ad una norma statutaria. In particolare, la legge regionale all’articolo 3 comma 6 precisa che quanto disposto dalla stessa fa salva l’istituzione dell’Albo delle associazioni previsto all’articolo 19 dello Statuto al fine di rendere effettivo il diritto alla partecipazione delle associazioni richiedenti, nel rispetto dell’articolo 17, perseguendo la parità di condizioni nella rappresentanza di interessi nelle questioni di carattere generale.
In realtà, dunque, la Sicilia non è l’unico esempio a contenere delle disposizioni in materia di rappresentanza di interessi nel proprio Statuto poiché anche l’Emilia-Romagna – con la L.R. Stat. 31/03/2005, n. 13 – interviene nella materia a livello statutario con due articoli che sono stati anche oggetto di sindacato da parte della Corte Costituzionale. Si tratta, in particolare, dell’articolo 17 che prevede per procedimenti riguardanti la formazione di atti normativi o amministrativi di carattere generale la possibilità di un’istruttoria pubblica da svolgersi in contraddittorio e a cui possono partecipare associazioni, comitati e gruppi di cittadini portatori di un interesse a carattere non individuale. Inoltre, l’atto finale deve essere motivato sulla base delle risultanze dell’istruttoria. Rileva, inoltre, l’articolo 19 nella parte in cui istituisce un Albo generale, articolato per singole Commissioni assembleari, di tutte le associazioni che richiedano di partecipare e le cui finalità siano improntate all’interesse generale al fine di renderne effettivo il diritto alla partecipazione al procedimento legislativo ed alla definizione degli indirizzi politico-programmatici più generali.
Tali disposizioni sono stati oggetti di un ricorso promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dinnanzi la Corte Costituzionale che si è espressa con la sentenza n. 379 del 2004. Secondo il ricorrente, in particolare, l’articolo 17 dello Statuto dell’Emilia-Romagna avrebbe violato l’articolo 97 della Costituzione comportando aggravi procedurali non coerenti con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Inoltre, la disposizione statutaria, richiedendo la motivazione per atti normativi o amministrativi di carattere generale, avrebbe contrastato con l'art. 3, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
L’articolo 19 è stato, invece, ritenuto dal ricorrente in contrasto con l’articolo 121 in riferimento alla previsione con cui si attribuisce un diritto di partecipazione al procedimento legislativo per tutte le associazioni che ne facciano richiesta.
Secondo la Corte le censure di incostituzionalità sono infondate in primo luogo perché l’introduzione di un procedimento istruttorio rientra tra quegli istituti già inseriti e funzionate nei circuiti decisionali di altri ordinamenti democratici e sono tesi non ad ostacolare i processi nei quali sono inseriti ma, al contrario, a renderli più trasparenti. Inoltre, come ricorda la Corte, il comma 4 dell’articolo 17 attribuisce ad una legge regionale il compito di stabilire i termini per la conclusione di ogni fase procedimentale. Per quel che concerne l’obbligo di motivazione, viene ricordato nella sentenza che la citata disposizione della legge n. 241 del 1990 non pone un divieto ma semplicemente non la impone per gli atti normativi e quelli generali.
Infine, non è incostituzionale neppure l’articolo 19 poiché prevede esclusivamente la regolamentazione delle modalità di consultazione di alcune frazioni della c.d. società civile senza limitare l’autonomia degli altri organi regionali.
Riguardo ai diritti e alle attività poste in essere dai rappresentanti dei portatori o dei gruppi di interesse la normativa regionale è sostanzialmente omogenea.
In particolare, le attività di rappresentanza di interessi vengono individuate a seconda che riguardino atti proposti o da proporre al Consiglio.
In particolare per gli atti già in presentati e in discussione i rappresentanti di interessi hanno il diritto a partecipare alle sedute delle commissioni consiliari incaricate dell’istruttoria dell’atto e il diritto ad essere ascoltati e a chiedere chiarimenti alle commissioni.
Relativamente agli atti ancora da proporre i rappresentanti di interessi hanno:
· possibilità di trasmettere richieste e documentazione (studi, ricerche, analisi, memorie scritte) a tutti i gruppi politici;
· accesso alle sedi istituzionali;
· possibilità di essere auditi presso le commissioni consiliari con priorità se i loro interessi sono pertinenti all’oggetto in esame e in tal caso il Presidente della commissione può accogliere la richiesta salvo esigenze di celerità.
La disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi presso la Giunta regionale e presso gli enti del sistema regionale della Lombardia è contenuta, invece, in un regolamento regionale da emanarsi entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge regionale come previsto dall’articolo 10 della stessa. Tale regolamento non si applica però alle attività svolte dai singoli componenti nei tavoli tecnici, osservatori, nelle consulte o in altri organismi di rappresentanza e consultazione di cui fanno parte e regolati da leggi, regolamenti o deliberazioni della Giunta.
Per quel che concerne gli obblighi in capo ai rappresentanti dei portatori o gruppi di interesse, alcune normative regionali – come ad esempio quella dell’Emilia-Romagna all’articolo 4, commi 2 e 3 – li individuano nel rispetto dei principi di trasparenza, legalità e correttezza istituzionale e – a norma dell’articolo 7, comma 1, lettera a), della legge regionale lombarda – di tracciabilità. Tali soggetti devono attenersi, per ogni informazione ricevuta, al rispetto delle norme in materia di privacy. Non possono elargire o promettere doni, beni o prestazioni anche indirettamente né ai decisori pubblici né ai loro familiari.
I rappresentanti di interessi hanno, inoltre, il dovere di rispondere tempestivamente alle richieste di chiarimenti tecnici provenienti dalla Presidenza della Regione o dall’Ufficio della presidenza dell’Assemblea legislativa. Devono, poi, rendersi disponibili a fornire una relazione, se richiesta dalla Regione, sulle attività svolte in un dato periodo e che contengano riferimenti alle modalità e agli interlocutori.
La Regione Lombardia rende obbligatoria tale relazione, prevista dall’articolo 7, commi da 3 a 8, della legge regionale in materia.
Anche la Regione Calabria prevede all’articolo 6, comma 1, lettera e), la trasmissione di una relazione annuale per mezzo di posta certificata contenente l’elenco delle attività, dei decisori incontrati e anche delle risorse economiche e umane utilizzate per le attività di rappresentanza di interessi.
Infine, non devono essere esercitate da parte del rappresentante dei portatori di interesse forme di pressioni che possano influire sul libero giudizio del decisore – su questo punto anche l’articolo 4, comma 1, delle leggi regionali identiche di Toscana e Molise e l’articolo 6, comma 3 della legge regionale calabrese.
La legge regionale della Lombardia aggiunge all’articolo 7, comma 1, lettera b) l’obbligo di fornire al decisore pubblico informazioni corrette e non fuorvianti.
Tutte le leggi regionali prevedono obblighi per i decisori pubblici e sanzioni per i rappresentanti di interessi in caso di violazioni. I decisori devono tener conto dell’attività di rappresentanza nei processi decisionali e menzionarla negli atti normativi e amministrativi (es. Calabria, Puglia, Emilia-Romagna).
Se un rappresentante viola il codice di condotta o la legge regionale, il decisore deve segnalarlo agli organismi competenti (es. responsabile della trasparenza o capo di Gabinetto). Le sanzioni possono includere:
· censura formale;
· sospensione o revoca dell'iscrizione/accreditamento;
· divieto di reiscrizione per due anni (Calabria, Lombardia, Abruzzo);
· pubblicazione delle sanzioni sul sito istituzionale (Abruzzo, Calabria).
In alcune regioni (es. Emilia-Romagna, Toscana, Molise), la valutazione delle violazioni spetta agli organi di vertice del Consiglio o della Giunta, che possono proporre la cancellazione dal registro. Inoltre, si promuovono buone pratiche affinché le attività dei rappresentanti siano documentate nelle relazioni illustrative dei provvedimenti legislativi.
Alcune leggi regionali prevedono meccanismi di verifica sull’attuazione della normativa. In Calabria, dopo diciotto mesi, Consiglio e Giunta valutano lo stato di applicazione per proporre eventuali correttivi. In Puglia, dal secondo anno e poi ogni 30 giugno, viene trasmessa una relazione annuale con dati su registro, agenda pubblica e iscritti. L’Emilia-Romagna affida ad Assemblea e Giunta la redazione di una relazione con dati e criticità emerse.
Solo la legge calabrese, invece, prevede un esplicito coordinamento con il Programma triennale della trasparenza e il Piano anticorruzione, consentendo anche la stipula di protocolli con le autorità competenti per rafforzarne l’attuazione.
In Sicilia la regolamentazione dei rapporti tra rappresentanti di interessi e decisori pubblici nell’ambito del processo decisionale si differenzia da quella delle altre Regioni italiane sia per le fonti che lo disciplinano, ovvero lo Statuto e il Regolamento dell’Assemblea regionale siciliana, sia per la portata innovativa essendo stata introdotta con l’entrata in vigore dello Statuto stesso nel 1946 che è andata però esaurendosi soprattutto a fronte della già citata legge costituzionale n.1 del 1999 e degli effetti sull’accentramento e rafforzamento del ramo esecutivo-amministrativo.
La norma statutaria che contiene la disciplina è l’articolo 12 secondo il quale all’elaborazione dei progetti di legge da parte delle commissioni dell'Assemblea regionale possono partecipare i rappresentanti degli interessi professionali e degli organi tecnici regionali. Il Regolamento dell’Assemblea regionale siciliana (artt. 71-73) specifica poi che tali rappresentanti sono selezionati da elenchi aggiornati annualmente, comprendenti soprattutto sindacati, datori di lavoro e ordini professionali. Gli organi tecnici devono appartenere alla pubblica amministrazione regionale o al corpo docente universitario.
La partecipazione è obbligatoria per le leggi su temi sindacali o economici, senza diritto di voto, mentre per gli altri casi è discrezionale. Anche i portatori di interessi generali o diffusi possono intervenire, su decisione del Presidente della commissione. Le commissioni possono inoltre avvalersi di esperti esterni.
L’ambito soggettivo
In Francia, in base alla Loi n. 2016-1691 du 9 décembre 2016 relative à la transparence, à la lutte contre la corruption et à la modernisation de la vie économique, sono rappresentanti di interessi le persone giuridiche di diritto privato, gli enti pubblici o gruppi pubblici che esercitano un’attività industriale e commerciale, gli organismi di cui al capitolo I del titolo I del libro VII del codice del commercio (vale a dire le camere di commercio e dell’industria territoriali e dipartimentali), al titolo II del codice dell’artigianato (vale a dire le camere dei mestieri e dell’artigianato) e al titolo I del libro V del codice rurale e della pesca marittima (camere dell’agricoltura), di cui un dirigente, un impiegato o un membro ha per attività principale o regolare quella di influenzare la decisione pubblica, soprattutto in merito al contenuto di una legge o di un atto regolamentare; sono ugualmente rappresentanti di interessi le persone fisiche che non sono dipendenti dalle citate persone giuridiche e che esercitano a titolo individuale un’attività professionale alle medesime condizioni.
Non sono rappresentanti di interessi a) gli amministratori eletti, nell’esercizio del loro mandato; b) i partiti e i gruppi politici, nell’ambito della loro missione prevista dall’articolo 4 della Costituzione; c) le organizzazioni sindacali dei dipendenti pubblici e, nell'ambito della negoziazione prevista dall’articolo L. 1 del codice del lavoro, le organizzazioni sindacali dei dipendenti e le organizzazioni professionali dei datori di lavoro; d) le associazioni culturali; e) le associazioni che rappresentano gli eletti nell’esercizio delle missioni previste dai loro statuti (articolo 18-2 della legge 2013-907, cosi come modificata da ultimo dalla legge 2022-217).
Il fatto che l’attività principale consista nell’influenzare la decisione pubblica (che è elemento necessario per l’individuazione dei rappresentanti di interessi) si configura quando i soggetti richiamati entrano in contatto con i seguenti decisori pubblici: un membro del Governo o del gabinetto ministeriale; un deputato, un senatore, un collaboratore del Presidente dell’Assemblea nazionale o del Presidente del Senato, di un deputato, di un senatore o di un gruppo parlamentare, così come con i dipendenti dei servizi delle assemblee parlamentari; un collaboratore del Presidente della Repubblica; il direttore generale, il segretario generale, o il loro vice, o un membro del collegio o di una commissione investita del potere di sanzione di un’autorità amministrativa indipendente o di un’autorità pubblica indipendente; una persona titolare di un impiego o di una funzione conferiti dal Governo con nomina decisa in Consiglio dei Ministri; una persona titolare di una funzione o di un mandato previsto dalla legge, tra cui: presidente di consiglio regionale, presidente di consiglio dipartimentale, sindaco di un comune con più di 20.000 abitanti; consiglieri regionali, consiglieri dipartimentali; direttori, direttori aggiunti e capi di gabinetto di autorità territoriali con soglia di applicazione fissata a più di 100.000 abitanti per i comuni e gli enti pubblici di cooperazione intercomunale a fiscalità propria; un dipendente pubblico avente un impiego deciso da un decreto ministeriale, previo parere del Consiglio di Stato.
In Germania il 1° gennaio 2022 è entrata in vigore la Legge federale che introduce un registro delle lobby per i rappresentanti di interessi nei confronti del Bundestag e del Governo federale (Gesetz zur Einführung eines Lobbyregisters für die Interessenvertretung gegenüber dem Deutschen Bundestag und gegenüber der Bundesregierung – Lobbyregistergesetz, LobbyRG) del 16 aprile 2021.
La legge definisce “rappresentanza di interessi” qualsiasi contatto finalizzato a influenzare direttamente o indirettamente il processo decisionale degli organi, dei membri e dei gruppi del Bundestag o a influenzare direttamente o indirettamente il processo decisionale del Governo federale. Per “rappresentanti di interessi” (cd. lobbisti) si intendono tutte le persone fisiche o giuridiche, le società di persone o altre organizzazioni, anche sotto forma di reti, piattaforme o altre attività collettive, che svolgono o commissionano un’attività di lobbying (§ 1, commi 3 e 4 LobbyRG).
Nel Regno Unito il Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014 definisce consultant lobbyist la persona - fisica o giuridica – che, nell’esercizio di un’attività professionale, per conto di terzi e dietro remunerazione, effettui comunicazioni, in forma scritta od orale, personalmente ad un membro del Governo del Regno Unito (o ai titolari di posizioni equivalenti, questi sono quindi i decisori pubblici rilevanti per la normativa) in materia di politiche del Governo, legislazione, conclusione di contratti pubblici, rilascio di autorizzazioni e concessioni, o relativamente all’adozione di ogni altro atto da parte della pubblica amministrazione (art. 2; Schedule 1). Alcune esenzioni dall’obbligo di registrazione sono previste dal testo normativo (oltre che per i funzionari o rappresentanti di Stati esteri) in relazione all’ipotesi in cui il lobbying, benché svolto in forma professionale, abbia carattere residuale o incidentale nel quadro di attività professionali considerate nel loro complesso.
Negli Stati Uniti il Lobbying Disclosure Act del 1995, modificando la precedente legge del 1946, prevede un obbligo di registrazione posto su qualunque soggetto eserciti attività di lobbying dietro remunerazione, indipendentemente dal fatto che la svolga all’interno o all’esterno delle istituzioni interessate, nei confronti non solo del Congresso e dei suoi membri (già previsti dalla legge del 1946) ma anche dell’Esecutivo. La legge del 1995 ha inoltre superato l’indeterminatezza definitoria della disciplina precedente con riguardo ai comportamenti qualificabili come lobbying. Volendo accennare ad alcune definizioni normative, viene in rilievo innanzitutto quella di lobbista, qualificato come colui che è impiegato da un cliente, dietro compenso pecuniario o di altro genere, per lo svolgimento di attività che comprendono più di un singolo contatto con determinate istituzioni.
Viene stabilita, inoltre, la rilevante distinzione tra le lobbying firms e le lobbying organizations: le prime costituite sia da persone fisiche che svolgono direttamente l’attività, sia da persone fisiche o giuridiche che impiegano altri soggetti per prestare il servizio a un cliente terzo; le seconde costituite da enti o persone giuridiche (società, associazioni) che si avvalgono dell’attività di altri soggetti che effettuano attività di lobbying per conto dell’ente medesimo. Il cliente che si avvale dell’opera del lobbista, in base alla legge, è la persona o l’ente che impieghi persone dietro compenso pecuniario o di altro genere per svolgere attività di lobbying per proprio conto. Una volta individuati i profili soggettivi dell’attività, la legge ne definisce la natura e l’oggetto: integra l’attività di lobbying sia la comunicazione orale o scritta (lobbying contact) diretta ad un executive or legislative branch official e posta in essere nell’interesse di un cliente in riferimento a determinate attività istituzionali, sia ogni attività di preparazione, ricerca e, in generale, predisposizione di strumenti preordinata all’esecuzione di attività lobbistiche proprie o altrui (lobbying activity). Destinatari del contatto lobbistico possono essere, nell’Esecutivo, il Presidente e il Vicepresidente, i membri riferibili al suo staff e altri soggetti che ricoprano posizioni di una certa rilevanza nell’Amministrazione secondo le normative del settore; nel Legislativo, ovviamente, i membri del Congresso e ogni altro soggetto che per la posizione ricoperta si trovi con essi in diretto contatto. Le attività istituzionali in riferimento alle quali il contatto o la comunicazione assumono la qualificazione di lobbying sono individuabili, utilizzando categorie proprie del nostro sistema, nell’attività legislativa, negli atti di indirizzo politico, nell’attività amministrativa, nei poteri di nomina a cariche che richiedano la ratifica del Senato.
Le modalità di regolazione
In Francia la Loi n. 2016-1691 du 9 décembre 2016 relative à la transparence, à la lutte contre la corruption et à la modernisation de la vie économique ha conferito all’Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica (Haute Autorité pour la transparence de la vie publique - HATVP) il compito di istituire un repertorio digitale nazionale dei rappresentanti di interessi (répertoire numérique national des représentants d’intérêts)[4], al fine di assicurare l’informazione dei cittadini sulle relazioni tra i rappresentanti di interessi e i poteri pubblici.
In Germania, il § 2 della legge federale che introduce un registro delle lobby dispone per i rappresentanti di interessi l’iscrizione obbligatoria (Registrierungspflicht) in un registro pubblico (öffentliches Verzeichnis), c.d. Registro delle lobby (Lobbyregister). La registrazione va effettuata qualora: l’attività di lobbying sia esercitata su base regolare, sia di natura permanente, sia svolta a livello professionale per conto di terzi oppure siano stati stabiliti più di 30 contatti di rappresentanza di interessi negli ultimi tre mesi. Nel medesimo articolo sono elencati nel dettaglio tutti i casi di esenzione dalla registrazione, come ad esempio i sindacati, le associazioni dei datori di lavoro, i partiti politici e le fondazioni politiche, le chiese e le comunità religiose, le organizzazioni culturali e le minoranze etniche riconosciute. Sono invece obbligati a registrarsi gli studi legali e le società di consulenza. I rappresentanti di interessi esenti dall’obbligo di registrazione possono comunque registrarsi volontariamente.
Ai sensi del § 3 LobbyRG i rappresentanti di interessi devono inserire nel Lobbyregister una serie di informazioni dettagliate, tra cui dati relativi alle fonti di finanziamento e all’ammontare della spesa annua, oltre che il campo di interesse e il progetto, unitamente alla descrizione dell’attività.
Nel Regno Unito, il Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014 un registro degli esercenti professionali di attività di lobbying (consultant lobbyists) e ne disciplina le forme di pubblicità, con riguardo, tra l’altro, ai rapporti con i committenti e ai limiti di spesa per le campagne elettorali che si applicano ai candidati e alle organizzazioni non appartenenti a partiti politici registrati, questi ultimi altrimenti soggetti a particolari regole di trasparenza e contabilità. Si prevede un aggiornamento del registro su base trimestrale.
Negli Stati Uniti il Lobbying Disclosure Act del 1995 prevede, come già si è accennato, l’obbligo di registrazione posto su qualunque soggetto eserciti attività di lobbying dietro remunerazione, indipendentemente dal fatto che la svolga all’interno o all’esterno delle istituzioni interessate. Sono stati inoltre tipizzati i contenuti della registrazione e dell’obbligo di rendiconto periodico, per introdurvi la puntuale indicazione delle generalità del cliente del lobbista, dell’eventuale esistenza di finanziamenti versati da altri soggetti, del concorso di enti stranieri in qualche modo collegati al cliente o in posizione di controllo sullo stesso, dell’ammontare delle somme guadagnate dal lobbista e delle spese da questo sostenute nell’attività prestata per il cliente. Le stesse modalità di registrazione e di disclosure sono state riformulate in modo da fare riferimento al cliente interessato, comprendendo tutti i lobbisti impiegati per la prestazione del servizio; le modalità della registrazione e le conseguenze dell’inottemperanza a tale obbligo sono oggetto di disposizioni assai specifiche e minuziosamente articolate.
L’autorità di regolazione
Come già ricordato, in Francia l’art. 25 della legge n. 2016-1691 ha affidato la tenuta del repertorio digitale dei rappresentanti di interessi presso i poteri pubblici, all’Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica (HATVP). L’Alta autorità è composta da un presidente scelto dal Presidente della Repubblica previo parere delle competenti commissioni parlamentari; da due componenti eletti dal Consiglio di Stato, due componenti eletti dalla Corte di Cassazione, da due componenti eletti dalla Corte dei conti, da due componenti eletti dal Presidente dell’Assemblea Nazionale, previo parere della competente commissione parlamentare, da due componenti eletti dal Senato, previo parere della competente commissione parlamentare e da membri nominati dal Governo.
L’HATVP assicura il rispetto degli obblighi posti a carico dei rappresentanti di interessi e può farsi comunicare dai rappresentanti di interessi ogni informazione o documento necessario all’esercizio della sua missione, senza che le possa essere opposto il segreto professionale. Può anche effettuare sopralluoghi nei locali professionali dei rappresentanti di interessi, con l'autorizzazione del giudice delle libertà e detenzione del tribunale giudiziario di Parigi, alle condizioni fissate con decreto dal Consiglio di Stato.
In Germania il Registro delle lobby istituito con la legge federale del 2022 è gestito elettronicamente dal Bundestag il quale stipula un accordo amministrativo con il Governo federale sulle modalità di tenuta. I rappresentanti di interessi effettuano l’iscrizione utilizzando l’accesso disponibile su Internet (https://www.lobbyregister.bundestag.de/startseite). Nella tenuta del registro, la riservatezza delle informazioni non pubbliche è garantita da adeguate misure tecniche e organizzative. Come si vedrà anche nel prossimo paragrafo, l’autorità amministrativa competente in tale ambito è il Segretario generale (Direktor) del Bundestag.
Il § 5 della legge federale del 2022 prevede inoltre che il Bundestag e il Governo federale, con la partecipazione della società civile, stabiliscano un Codice di condotta (Verhaltenskodex) recante le linee guida per l’esercizio dell’attività di lobbying. L’iscrizione nel Lobbyregister comporta l’accettazione vincolante del Codice di condotta da parte dei rappresentanti di interessi.
Nel Regno Unito, il Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014 ha previsto che la tenuta del registro degli esercenti professionali di attività di lobbying sia affidata a un organo monocratico di nuova istituzione e posto in condizione di autonomia dal Governo e dal settore industriale di riferimento, il Registrar of Consultant Lobbyists, un’autorità indipendente monocratica di nomina governativa previo parere della competente commissione parlamentare, il cui Ufficio vigila sul possesso dei requisiti da parte degli operatori che vi sono iscritti, nonché sull’osservanza degli obblighi di trasparenza relativamente alla pubblicazione dei dati dei loro clienti.
Negli Stati Uniti, in base alla legge del 1995, vigilano sulle attività di lobbying il Secretary (segretario generale) del Senato e il Clerk (segretario generale) della Camera dei rappresentanti. É comunque riservata all’autorità giudiziaria (nella figura dell’Attorney, il procuratore, del Distretto di Columbia) il compito di perseguire le eventuali infrazioni.
Le sanzioni
In Francia l’iscrizione al repertorio digitale dei rappresentanti di interessi presso i poteri pubblici, la cui tenuta è affidata all’Alta autorità per la trasparenza della vita pubblica (HATVP), implica un certo numero di esigenze deontologiche per i rappresentanti, allo scopo di assicurare la trasparenza delle loro relazioni con gli attori pubblici, la cui inosservanza può comportare una sanzione pecuniaria da parte dell’Alta autorità.
In particolare, la mancata comunicazione, da parte di un rappresentante di interessi, di propria iniziativa o su richiesta dell'Alta Autorità, delle informazioni che è tenuto a comunicare a quest'ultima (articolo 18-3 della legge 2013-907, cosi come modificata da ultimo dalla legge 2022-217) è punibile con un anno di reclusione e con una multa di 15.000 euro (articolo 18-9).
In Germania la Lobbyregistergesetz contiene al § 7 una serie di disposizioni sanzionatorie (Bußgeldvorschriften) che prevedono, a seconda dei casi, pene pecuniarie fino a 20.000 o a 50.000 euro nei confronti di chi non effettui una registrazione corretta, completa o nei tempi stabiliti o non aggiorni le informazioni richieste. L’autorità amministrativa competente in tale ambito è il Segretario generale (Direktor) del Bundestag.
Nel Regno Unito in base al Transparency of Lobbying, Non-Party Campaigning and Trade Union Administration Act 2014, l’esercizio dell’attività di lobbying senza previa registrazione, oppure la comunicazione a tal fine di dati incompleti o inaccurati, costituiscono comportamenti dalla legge qualificati come reati (art. 12); il Registrar è tuttavia abilitato, nei casi meno gravi, a irrogare sanzioni pecuniarie (a titolo di civil penalty, fino a 7.500 sterline) anziché a deferire gli interessati all’autorità giudiziaria (artt. 14, 16).
Negli Stati Uniti, come già si è accennato, le violazioni della normativa del 1995 sono perseguite penalmente dall’Attorney del Distretto di Columbia.
Il progetto di legge in discussione in Spagna
Nei precedenti paragrafi non è stata presa in considerazione la Spagna perché non esiste allo stato, in quel paese, una disciplina legislativa nazionale in materia; hanno però legiferato in materia le Comunità autonome di Catalogna, Castiglia e Mancia, Asturie, Madrid e Valencia. Per informazioni al riguardo si rinvia al dossier del Servizio Studi della Camera, serie documentazione e ricerche, Disciplina della rappresentanza di interessi (23 marzo 2023).
Si segnala comunque che alla fine di gennaio 2025 il Governo ha presentato al Congresso dei deputati un progetto di legge sulla trasparenza e integrità delle attività dei gruppi di interesse, attualmente all’esame in sede legislativa da parte della Commissione finanze e funzione pubblica (121/00046).
Sulla base del dossier di documentazione preparato sul progetto dal Dipartimento di documentazione della Biblioteca del Congresso dei deputati, il progetto si pone l’obiettivo di stabilire uno standard di trasparenza e integrità applicabile ai comportamenti dei gruppi di interesse. Il progetto inoltre:
· Introduce una definizione legislativa di “gruppo di interesse”, indicando anche alcuni soggetti che sono esclusi da tale definizione;
· Crea un registro pubblico obbligatorio dei gruppi di interesse attribuendo la sua gestione all’Ufficio dei conflitti di interesse;
· Stabilisce un codice di condotta per i gruppi di interesse;
· Definisce il regime sanzionatorio applicabile ai gruppi di interesse che violano la legge.
Il progetto inoltre rafforza le garanzie di indipendenza e autonomia dell’Ufficio per i conflitti di interesse.
Le norme nei Trattati
L’articolo 11, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea (TUE), dispone che le istituzioni dell’Unione diano ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione. Inoltre, l’articolo 11, paragrafo 2, dispone che le istituzioni dell’Unione mantengano un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile.
L’articolo 15, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede che, al fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione debbano operare nel modo più trasparente possibile.
Ai sensi dell’articolo 298 TFUE, nell’assolvere i loro compiti le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione si basano su un’amministrazione europea aperta, efficace ed indipendente.
L’accordo interistituzionale sul registro per la trasparenza
Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea hanno firmato, il 20 maggio 2021, l’accordo interistituzionale su un registro per la trasparenza obbligatorio, che è accompagnato da una dichiarazione politica delle tre Istituzioni dell’UE.
L’accordo, oltre a rendere obbligatorio il registro per la trasparenza, ne amplia l'ambito di applicazione anche al Consiglio dell’UE e prevede la registrazione dei rappresentanti di interessi nel registro per la trasparenza quale condizione preliminare per lo svolgimento di determinate attività volte a influenzare le politiche, la legislazione e i processi decisionali nelle relazioni con una delle tre istituzioni (v. art. 3 dell’accordo):
· l’organizzazione di riunioni, conferenze o eventi, la partecipazione agli stessi nonché l’instaurazione di contatti analoghi con le istituzioni dell’Unione;
· i contributi a consultazioni, audizioni o altre iniziative simili, o la partecipazione alle stesse;
· l’organizzazione di campagne di comunicazione, piattaforme, reti e iniziative a livello locale;
· la preparazione di documenti orientativi e di sintesi, emendamenti, sondaggi di opinione, indagini, lettere aperte e altro materiale di comunicazione o informazione, come pure lo svolgimento di ricerche.
Sono, invece, esclusi dall’obbligo di registrazione (v. art. 4, paragrafo 2, dell’accordo interistituzionale) i seguenti organi:
· le pubbliche autorità degli Stati membri, incluse le loro rappresentanze permanenti e ambasciate, a livello nazionale e subnazionale;
· le associazioni e reti di pubbliche autorità a livello dell’Unione, nazionale o subnazionale, a condizione che operino esclusivamente a nome degli enti pubblici interessati;
· le organizzazioni intergovernative, inclusi le agenzie e gli organi che emanano dalle stesse;
· le pubbliche autorità di paesi terzi, incluse le loro missioni diplomatiche e ambasciate, salvo laddove tali autorità siano rappresentate da soggetti giuridici, uffici o reti senza status diplomatico, o da un intermediario;
· i partiti politici, ad eccezione di qualsiasi organizzazione creata da partiti politici o ad essi affiliata;
· le chiese e associazioni o comunità religiose, nonché le organizzazioni filosofiche e non confessionali di cui all’articolo 17 TFUE, ad eccezione degli uffici, delle persone giuridiche o delle reti creati per rappresentare chiese, comunità religiose od organizzazioni filosofiche e non confessionali nelle loro relazioni con le istituzioni dell’Unione, come pure le loro associazioni.
L’accordo prevede che le tre istituzioni possano adottare decisioni individuali, sulla base dei loro poteri di organizzazione interna, misure di condizionalità volte a subordinare determinate attività di rappresentanza di interessi alla previa iscrizione nel registro per la trasparenza.
Le misure di condizionalità sono pubblicate sul sito web del registro.
Le principali caratteristiche del registro per la trasparenza sono:
Il codice di condotta prevede una serie di principi ed obblighi a carico delle persone registrate nel registro per la trasparenza, tra cui: obbligo di identificarsi sempre con il proprio nome, facendo riferimento all’organismo per cui si lavora o rappresentato; obbligo di dichiarare gli interessi, gli obiettivi e le finalità promosse e i clienti rappresentati; divieto di ottenere o cercare di ottenere informazioni o decisioni in maniera disonesta, esercitando pressioni indebite o comportandosi in modo inadeguato; divieto di utilizzare indebitamente la registrazione a fini di lucro, falsando o snaturando l’effetto della registrazione; divieto di indurre i membri delle istituzioni dell’Unione europea a contravvenire alle disposizioni e alle norme di comportamento a essi applicabili; in caso di assunzione di ex deputati al Parlamento europeo, membri della Commissione o funzionari delle istituzioni dell’Unione, obblighi di riservatezza e delle norme applicabili a tali persone dopo che esse hanno lasciato l’istituzione in questione, al fine di evitare conflitti di interesse; se impegnati in un rapporto cliente-intermediario, obbligo di garantire che le parti di tale rapporto siano registrate, e in veste di clienti o di intermediari, assicurare che siano pubblicate le pertinenti informazioni concernenti tale rapporto inserite nel registro;
Il registro è gestito da un segretariato composto da personale del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, che presenta una relazione annuale sulle attività del registro.
Ciascuna delle istituzioni firmatarie si è impegnata ad applicare il quadro comune definito nell'accordo interistituzionale, tenendo conto del suo ruolo specifico e potrà adottare misure complementari in materia di trasparenza.
La disciplina interna al Parlamento europeo: le modifiche introdotte in attuazione del cd. Piano Metsola
L’articolo 11 regolamento del Parlamento europeo e il codice di condotta ad esso allegato recano le principali disposizioni in materia di trasparenza e di rappresentanza di interessi per i membri del PE.
In particolare l’articolo 11 (Interessi finanziari dei deputati e registro per la trasparenza), come riformato da ultimo nel settembre del 2023 in attuazione di alcune tra le indicazioni del Piano Metsola (vedi infra), prevede che:
1. il Parlamento stabilisce norme di trasparenza relative agli interessi finanziari dei propri membri, sotto forma di un codice di condotta approvato a maggioranza dei suoi membri;
2. i deputati dovrebbero adottare la pratica sistematica di incontrare esclusivamente i rappresentanti di interessi iscritti nel registro per la trasparenza introdotto dall'accordo tra il Parlamento europeo e la Commissione europea;
3. i deputati dovrebbero pubblicare online tutte le riunioni programmate con i rappresentanti di interessi rientranti nell'ambito di applicazione del registro per la trasparenza. Fatte salve alcune fattispecie, i relatori, i relatori ombra e i presidenti di commissione devono pubblicare online, per ciascuna relazione, tutte le riunioni programmate con i rappresentanti di interessi rientranti nell'ambito di applicazione del registro per la trasparenza. L'Ufficio di presidenza mette a disposizione l'infrastruttura necessaria sul sito web del Parlamento;
4. l'Ufficio di Presidenza mette a disposizione l'infrastruttura necessaria sulla pagina online dei deputati sul sito web del Parlamento per i deputati che intendono pubblicare un audit volontario o una conferma, secondo quanto previsto dalle disposizioni applicabili dello statuto dei deputati e dalle relative misure di attuazione, del fatto che il loro utilizzo dell'indennità per spese generali è conforme alle norme applicabili dello statuto dei deputati e delle relative misure di attuazione;
5. tali norme (comprese quelle stabilite nel codice di condotta) non possono comunque perturbare o limitare l'esercizio del mandato da parte dei deputati, né dell'attività politica o di altra natura a esso connessa.
6. le norme di comportamento, i diritti e i privilegi degli ex deputati sono stabiliti con decisione dell'Ufficio di presidenza. Non si effettua alcuna distinzione nel trattamento degli ex deputati.
Il codice di condotta è entrato in vigore il 1º gennaio 2012 ed è stato rivisto da ultimo nel 2023 in attuazione del Piano Metsola (vedi infra). I principi guida in esso enunciati stabiliscono che i deputati agiscono unicamente nell'interesse generale ed esercitano le loro funzioni con disinteresse, integrità, trasparenza, diligenza, onestà, responsabilità e per tutelare la dignità e il buon nome del Parlamento europeo.
Il codice definisce i conflitti di interessi e il modo in cui i deputati devono porvi rimedio e comprende varie norme sugli obblighi di informativa, sulle attività degli ex deputati e sul comitato consultivo (vedi infra) sulla condotta dei deputati.
Impone inoltre ai deputati l'obbligo di presentare una dichiarazione dettagliata dei loro interessi privati, una dichiarazione patrimoniale e, se del caso, una dichiarazione di conoscenza di eventuali conflitti di interessi.
Il 14 settembre 2023 il Parlamento europeo ha approvato modifiche al proprio Regolamento, volte a dare attuazione al Piano per la trasparenza delle attività dei membri del PE e per il contrasto dei fenomeni di corruzione presentato, il 12 gennaio 2023, dalla Presidente Metsola alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi politici. Le modifiche sono entrate in vigore il 1° novembre 2023.
Il Piano include una serie di misure, articolate in 14 punti, per rafforzare la trasparenza, la responsabilità e l’integrità delle attività dei membri ed ex membri del Parlamento europeo, in risposta alle indagini sui casi di corruzione (cosiddetto “scandalo Qatargate”).
Gran parte delle modifiche regolamentari hanno inciso sul citato Codice di condotta dei deputati.
In particolare, si stabilisce che esso concerne “l’integrità e la trasparenza” dei deputati e non soltanto, come nella formulazione previgente, “norme di trasparenza relative agli interessi finanziari dei propri membri”.
Il titolo stesso del Codice è stato conseguente modificato, precisando che esso concerne l’”integrità e la trasparenza” mentre in precedenza esso era riferito agli “interessi finanziari e conflitti di interessi”.
Ai principi direttivi, cui i deputati si attengono nell'esercizio delle loro funzioni (art. 1 del Codice), viene aggiunta la tutela della dignità del PE (accanto a quelli di condotta disinteressata, integrità, trasparenza, diligenza, onestà, responsabilità e tutela del buon nome del PE); si precisa inoltre che i deputati non ottengono alcun vantaggio diretto o indiretto a prescindere dalla sua natura finanziaria, come invece attualmente previsto.
Numerose innovazioni concernono le procedure di applicazione del Codice e le sanzioni per la sua violazione. Di seguito si riporta una rassegna sintetica delle misure di attuazione del Piano concernente direttamente o indirettamente la rappresentanza di interessi.
I deputati appena cessati dalla carica non possono esercitare attività di rappresentanza di interessi per un periodo di 6 mesi. Decorso tale periodo, possono iscriversi al Registro per la trasparenza (v. infra).
Disposizioni in tal senso sono state adottate dall’Ufficio di Presidenza il 17 aprile 2023 e sono entrate in vigore il 1° maggio 2023.
A complemento di tale disposizione, le modifiche al Regolamento interno del PE approvate il 14 settembre 2023 hanno introdotto (modificando l’art. 6 del Codice di condotta) il divieto per i deputati in carica di coinvolgere gli ex parlamentari, il cui mandato sia terminato da meno di sei mesi e che siano rappresentanti di interessi o di pubbliche autorità di Paesi terzi, in attività che potrebbero consentire loro di influenzare l’elaborazione o l’attuazione delle politiche e della legislazione o i processi decisionali del PE.
Al fine di mettere a disposizione del pubblico, in un'unica pagina di accesso, maggiori e più chiare informazioni sulle attività di ogni deputato, sulla home page del sito web del PE è stata introdotta una sezione dedicata alla "integrità". Essa include, in particolare, informazioni su: sanzioni; dichiarazioni di doni; partecipazioni a eventi non pagati dal PE; dichiarazioni di riunioni programmate; informazioni sul Codice di condotta dei deputati al PE e sul relativo Comitato consultivo; informazioni e collegamento al Registro della trasparenza.
La nuova sezione “Trasparenza ed etica” è stata pubblicata sul sito del PE a luglio 2023.
L'iscrizione al Registro per la trasparenza condiviso tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea è divenuta obbligatoria ai fini della partecipazione di rappresentanti di gruppi di interesse o della società civile ad audizioni e scambi di opinione presso le commissioni parlamentari e per partecipare a eventi organizzati da organi o servizi del Parlamento europeo che si svolgono nei suoi locali, quando partecipano come ospiti attivi invitati e/o co-organizzatori di eventi. Il PE può inoltre svolgere verifiche ad hoc ed approfondite sulle organizzazioni iscritte al registro nonché sulla accuratezza delle informazioni ivi riportate, anche con riferimento ai loro collegamenti con Paesi terzi e ai flussi di finanziamento.
Le nuove disposizioni in materia sono state adottate dall’Ufficio di Presidenza il 12 giugno 2023 e sono entrate in vigore il 12 luglio 2023.
Il nuovo art. 5 bis del Codice di condotta, introdotto con le modifiche regolamentari dello scorso 14 settembre, introduce l’obbligo per i deputati di incontrare unicamente i rappresentanti di interessi iscritti nel richiamato registro per la trasparenza.
I deputati sono inoltre tenuti a rendere pubbliche online le riunioni programmate, riguardanti i lavori parlamentari, con rappresentanti di interesse, iscritti al registro, e rappresentanti di Paesi terzi, incluse le loro missioni diplomatiche e ambasciate.
L’obbligo concerne le riunioni cui partecipano personalmente i deputati o, per loro contro, gli assistenti; non si applica nel caso sia richiesta confidenzialità a protezione della vita o dell’integrità del singolo individuo o per motivi imperativi di riservatezza. Queste ultime riunioni sono comunque comunicate al Presidente del PE, che mantiene riservata tale dichiarazione, oppure predispone la pubblicazione in forma anonima o ritardata.
Inoltre, sempre sulla base delle modifiche al Regolamento, si prevede (art. 5 ter del Codice di condotta) che i relatori elenchino, in un allegato alla loro relazione o al loro parere, le entità o le persone dalle quali hanno ricevuto contributi su questioni attinenti all'oggetto del fascicolo.
Anche per gli autori dei contributi non si procede alla pubblicazione ove essa rischia di mettere a repentaglio la vita, l'integrità fisica o la libertà di un individuo o in presenza di motivi imperativi di riservatezza.
Con le modifiche al Regolamento approvate il 14 settembre 2023 è stata altresì introdotta una disciplina specifica per i raggruppamenti non ufficiali di deputati (nuovo art. 35 bis), che in precedenza erano oggetto in larga misura delle disposizioni applicabili agli intergruppi (art. 35).
Si ribadisce anzitutto, come previsto dal vigente art. 35, che i singoli deputati possono costituire raggruppamenti non ufficiali “al fine di svolgere scambi informali di opinioni su argomenti specifici tra diversi gruppi politici, con la partecipazione di membri di commissioni parlamentari diverse, e per promuovere i contatti fra i deputati e la società civile”.
I raggruppamenti:
- devono agire in modo pienamente trasparente e non devono svolgere attività suscettibili di dare adito a confusione con le attività ufficiali del Parlamento o dei suoi organi;
- non possono organizzare eventi in Paesi terzi che coincidono con una missione di un organo ufficiale del Parlamento, incluse quelle di osservazione elettorale;
- se relativi a Paesi terzi per i quali esiste una delegazione interparlamentare permanente del PE, non beneficiano delle infrastrutture del Parlamento stesso per le proprie attività;
- sono tenuti a dichiarare, entro la fine del mese successivo, ogni sostegno, in contanti o in natura. I questori tengono un registro pubblico di tali dichiarazioni e dei raggruppamenti non ufficiali che le hanno presentate.
Inoltre, i deputati che aderiscono ai raggruppamenti comunicano proattivamente agli interlocutori esterni che stanno agendo a titolo individuale.
Solo i rappresentanti di interessi che sono iscritti nel registro per la trasparenza possono partecipare ad attività di raggruppamenti non ufficiali organizzate presso i locali del Parlamento, ad esempio partecipando a riunioni o eventi, offrendo il proprio sostegno o co-organizzando tali eventi.
Le nuove disposizioni generali relative all’accesso alle sedi del PE, adottate dall’Ufficio di Presidenza l’8 maggio 2023 ed entrate in vigore l’8 giugno 2023, hanno adottato un nuovo registro d'ingresso: tutte le persone, maggiori di 18 anni, che entrano nei locali del Parlamento europeo, compresi i rappresentanti di Paesi terzi, devono fornire informazioni indicando la data, l'ora e lo scopo della visita. Tale obbligo non si applica ai giornalisti accreditati e ai rappresentanti di altre Istituzioni, organi o agenzie dell’UE, che hanno un differente regime di accesso al Parlamento.
Gli ospiti, muniti di badge di visita, devono essere sempre accompagnati dalla persona responsabile per il loro accesso alle sedi del Parlamento europeo.
I badge di accesso permanenti, in precedenza concessi agli ex membri del Parlamento europeo e agli ex assistenti o staff, sono stati sostituiti da un apposito badge di accesso giornaliero (rilasciato da un desk dedicato e con una corsia preferenziale per l'accreditamento). Inoltre gli ex deputati e gli ex assistenti o staff non hanno più il diritto di concedere l'ingresso a qualunque altro soggetto.
Le nuove disposizioni relative all’accesso dei deputati cessati dalla carica alle sedi del PE sono state adottate dall’Ufficio di Presidenza il 17 aprile 2023 e sono entrate in vigore il 1° maggio 2023. Le norme relative agli assistenti o staff sono state, invece, introdotte nell’ambito della nuova disciplina generale relativa all’accesso alle sedi del PE, adottata dall’Ufficio di Presidenza con la richiamata delibera dell’8 maggio 2023.
Le modifiche al Regolamento approvate il 14 settembre 2023 hanno apportato diverse innovazioni alla disciplina del conflitto di interesse, a partire dalla definizione di cui all’art. 3 del Codice di condotta: la fattispecie ora si configura “…qualora l'esercizio del mandato di un deputato al Parlamento europeo nell'interesse pubblico possa essere indebitamente influenzato da motivi familiari o affettivi, da interesse economico o da qualsiasi altro interesse privato diretto o indiretto.” In base al dettato precedente il conflitto di interesse sussisteva in presenza di un generico interesse personale in grado di influenzare l’esercizio delle funzioni di deputato.
Ulteriori modifiche agli artt. 3 e 4 del Codice di condotta intervengono sugli obblighi del deputato in situazione di conflitto e su altri effetti di tale situazione.
Specifici obblighi di dichiarazione sono previsti in capo al deputato proposto alla nomina a relatore, relatore ombra, componente di una delegazione ufficiale o partecipante negoziati interistituzionali.
Le modifiche al Regolamento approvate il 14 settembre 2023 sostituiscono (all’art. 4 del Codice di condotta) la dichiarazione sugli interessi finanziari dei deputati, da presentare ad inizio legislatura, con una “dichiarazione di interessi privati”, la quale deve contenere in aggiunta, rispetto a quanto già previsto dalla prima:
- l’indicazione di qualsiasi attività retribuita, svolta parallelamente all'esercizio del mandato del deputato, compresi il nome dell'entità nonché il settore e la natura dell'attività, laddove la retribuzione complessiva per tutte le attività esterne del deputato superi i 5 000 euro lordi in un anno civile;
- il riferimento a qualsiasi interesse privato (non soltanto finanziario come previsto nella norma previgente), diretto o indiretto, che possa influenzare l’esercizio delle funzioni del deputato;
La presentazione della dichiarazione di interessi privati è precondizione non soltanto, come già previsto, per la designazione del deputato a una carica negli organi del Parlamento e per fare parte di una delegazione ufficiale o partecipare a negoziati interistituzionale, ma anche per la designazione a relatore ombra.
Modificando l’art. 5 del Codice di condotta, si ribadisce che il divieto già previsto per i deputati di accettare doni nell’esercizio delle loro funzioni, salvo quelli del valore inferiore a 150 euro, non si applica ai rimborsi di spese di viaggio, alloggio e soggiorno, o ai pagamenti diretti, completi o parziali, di dette spese da parte di terzi quando i deputati partecipino, sulla base di un invito e nell’esercizio delle loro funzioni, a eventi organizzati da terzi; tuttavia è introdotto l’obbligo di comunicare al Presidente del PE la partecipazione a tali eventi e le eventuali altre informazioni richieste al riguardo.
Il Parlamento europeo deve prevedere regolarmente, nel corso di ciascuna legislatura, una formazione per tutti i deputati in merito alle disposizioni relative alla loro integrità e indipendenza.
È, inoltre, prevista una formazione obbligatoria per tutti i funzionari del PE che potrebbero ricevere le segnalazioni di possibili violazioni o illeciti.
Le modifiche al Regolamento approvate il 14 settembre 2023 prevedono in particolare (art. 9 del Codice di condotta) che spetti all’ufficio di Presidenza adottare le modalità di applicazione del Codice di condotta, anche con riferimento alla procedura di controllo della formazione dei deputati.
Il comitato consultivo sulla condotta dei deputati è l'organo incaricato di fornire ai deputati orientamenti sull'interpretazione e l'attuazione del codice di condotta.
Il ruolo del Comitato consultivo del Codice di condotta è stato rafforzato dalle modifiche al Regolamento approvate il 14 settembre 2023 (art. 7 del Codice).
Il nuovo testo articolo 8 del Codice di condotta prevede che il Comitato consultivo, dopo aver esaminato le circostanze della presunta violazione del Codice di condotta formuli una raccomandazione al Presidente, contenente se del caso l’indicazione di una sanzione ai sensi dell’art. 176 del Regolamento del PE (secondo il testo precedente il Comitato formulava una raccomandazione senza l’indicazione della possibile sanzione nei confronti del deputato).
Sempre all’articolo 8 del Codice di condotta è stata introdotta la previsione per la quale il Presidente sottopone al Comitato consultivo anche le inosservanze sistematiche, gravi o ripetute degli obblighi di comunicazioni previsti dal Codice di condotta.
È previsto il rafforzamento della cooperazione del PE con le autorità giudiziarie e di polizia nazionali degli Stati membri per garantire che l'Istituzione sia in grado di rispondere al meglio e di aiutare le vittime con qualsiasi indagine su presunte attività criminali dei deputati o del personale del PE.
Le modifiche al Regolamento approvate il 14 settembre 2023 intervengono altresì sull’art. 176, introducendo diverse innovazioni nella disciplina generale delle sanzioni irrogabili nei confronti dei deputati che violino le norme di comportamento.
Organismo interistituzionale per le norme etiche
Con risoluzione del settembre 2021 (2020/213(INI)), il Parlamento ha proposto di creare un organismo europeo indipendente responsabile delle questioni di etica per il Parlamento e la Commissione. In particolare Il Parlamento ha proposto l'istituzione di un organismo efficace, dotato di poteri investigativi e consultivi, con il mandato di vigilare sul rispetto delle norme etiche da parte dei deputati al Parlamento e dei membri della Commissione, nonché del loro personale e dei loro funzionari.
Pur non condividendo tutti gli aspetti dell’iniziativa del PE, la Commissione ne ha dato seguito presentando, l'8 giugno 2023, una proposta volta a creare un organismo etico interistituzionale inteso a stabilire norme etiche comuni, nonché incaricato del coordinamento e dello scambio di opinioni tra le istituzioni dell'UE su questioni etiche.
Il Parlamento europeo, con risoluzione del 12 luglio 2023, ha definito insoddisfacente e non sufficientemente ambiziosa la proposta della Commissione europea sottolineando che il nuovo soggetto, come prefigurato nella proposta, non sarebbe stato un vero e proprio organismo indipendente responsabile delle questioni di etica.
Tuttavia, a seguito di negoziati interistituzionali basati sulla proposta della Commissione, il 15 maggio 2024 otto tra Istituzioni e organismi dell’UE hanno sottoscritto l’accordo per l’istituzione dell’organismo per le norme etiche. In particolare, hanno partecipato all’accordo: il Parlamento europeo; il Consiglio dell'UE; la Commissione europea; la Corte di giustizia dell'UE; la Banca centrale europea; la Corte dei conti europea; il Comitato economico e sociale europeo; il Comitato europeo delle regioni.
Da ultimo, il 25 maggio 2025, la Commissione parlamentare Affari costituzionali (AFCO) del PE non ha approvato gli emendamenti al regolamento del Parlamento europeo che si rendono necessari per la realizzazione dell’organismo.
Il voto sulla modifica del regolamento ai fini dell’istituzione dell’organismo è stato inserito nell’ordine del giorno dell’Assemblea Plenaria del prossimo 17 giugno.
In base all’accordo interistituzionale l'organismo etico avrebbe tre compiti principali:
· elaborare norme minime comuni per consenso, applicabili a tutte le parti e ai loro membri
· tenere scambi di opinioni sull'allineamento delle norme interne alle norme comuni
· promuovere la cooperazione su questioni relative alla condotta dei suoi membri
I membri delle parti che devono conformarsi all'organismo etico dell'UE dovrebbero essere le seguenti persone di nomina politica delle Istituzioni dell'UE:
· i membri del Parlamento europeo;
· l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, anche nella sua qualità di presidente del Consiglio "Affari esteri";
· i membri della Commissione europea;
· i membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea e i membri del consiglio direttivo e del consiglio di vigilanza;
· i membri della Corte dei conti europea;
· i membri del Comitato economico e sociale europeo in relazione all'esercizio del loro mandato nell'Unione europea;
· i membri o i supplenti del Comitato europeo delle regioni, tranne per l'esercizio del loro mandato locale o regionale.
Proposta di regolamento sulla trasparenza della rappresentanza d’interessi esercitata per conto di Paesi terzi
Il 12 dicembre 2023, nel contesto di un complesso di iniziative a difesa della democrazia europea, anche in vista delle elezioni del Parlamento europeo che si sono svolte il 6-9 giugno 2024, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento volta a stabilire requisiti armonizzati nel mercato interno sulla trasparenza della rappresentanza d'interessi esercitata per conto di paesi terzi e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937.
La disciplina delinea un sistema completo di garanzie, compreso un ricorso giurisdizionale effettivo, un regime sanzionatorio armonizzato limitato alle sanzioni amministrative, e autorità di controllo indipendenti.
In particolare, la proposta impone agli Stati membri di:
· creare e tenere registri nazionali che garantiscano la trasparenza delle attività di rappresentanza d'interessi svolte da determinati soggetti e di designare le autorità responsabili di tali registri;
· designare autorità di controllo incaricate di vigilare sul rispetto degli obblighi stabiliti dalla direttiva e di farli eseguire;
· scambiare informazioni con le autorità di controllo di altri Stati membri e con la Commissione.
La proposta si applica ai soggetti che esercitano la rappresentanza d'interessi per conto di paesi terzi come servizio o attività analoghe e impone loro obblighi di registrazione e iscrizione nei registri nazionali, nonché di divulgazione dei dati registrati quando si rivolgono a funzionari pubblici.
Le attività ausiliarie, la consulenza legale professionale, le relazioni diplomatiche sono esclusi, in linea di principio, ove non collegati a un'attività di rappresentanza d'interessi.
Al fine di garantire la proporzionalità delle sanzioni, la proposta prevede che le sanzioni imposte dalle autorità di controllo per le violazioni dei requisiti proposti possano essere unicamente di carattere amministrativo e al di sotto di un certo massimale basato sulla capacità economica del soggetto.
Le sanzioni penali o di scioglimento sono esplicitamente escluse.
La proposta prevede, inoltre, una serie standardizzata di dati da raccogliere, nonché requisiti relativi a una serie specifica di dati da mettere a disposizione del pubblico, singolarmente o a livello aggregato e prevede che la Commissione, mediante atti delegati, possa modificare i dati da raccogliere o le informazioni da rendere pubbliche a livello aggregato.
La proposta è tuttora in corso di esame presso le Istituzioni europee. In particolare, al Consiglio, sono tuttora in fase di svolgimento i lavori presso il gruppo di lavoro, in vista dell’adozione di un orientamento generale.
Al Parlamento europeo, la proposta è all’esame della Commissione parlamentare per il mercato interno (IMCO). Secondo quanto riportato sul sito della IMCO, la bozza di relazione sulla proposta e i relativi emendamenti (la cui scadenza era stabilita al 24 aprile scorso) dovrebbero essere oggetto di votazione nella seduta del 15 luglio 2025, mentre il successivo esame da parte dell’Assemblea plenaria è orientativamente previsto nel mese di settembre 2025.
Sulla proposta, il 13 marzo 2024, la XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea), nell’ambito della verifica di sussidiarietà di cui all’articolo 6 del Protocollo N. 2 allegato al Trattato di Lisbona, ha approvato un documento di valutazione conforme a tale principio.
[1] La proposta di legge A.C. 983 omette l’attributo “democratica” dopo la parola “partecipazione”.
[2] Attualmente, le Confessioni che hanno stipulato un’intesa con lo Stato Italiano sono: Tavola valdese, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno, Unione Comunità Ebraiche in Italia (UCEI), Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia (UCEBI), Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI), Sacra Arcidiocesi ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale, Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, Chiesa Apostolica in Italia, Unione Buddista italiana (UBI), Unione Induista Italiana, Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (IBISG) e Associazione "Chiesa d'Inghilterra".
[3] Le proposte di legge denominano il registro in maniera differente: Registro per la trasparenza dell’attività di rappresentanza di interessi (l’A.C. 2336 e A.C. 1700); Registro pubblico per la trasparenza dell’attività di relazione per la rappresentanza di interessi (A.C. 1894 e A.C. 308); Registro dei rappresentanti di interessi particolari (A.C. 983).
[4] L’art. 25 della legge n. 2016-1691 opera attraverso novelle, in particolare alla legge n. 2013-907 (Loi n° 2013-907 du 11 octobre 2013 relative à la transparence de la vie publique).