Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie |
Serie: | Progetti di legge Numero: 345 |
Data: | 18/09/2024 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali |
Misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie
A.S. n. 1192
Servizio Studi
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Dossier n. 345
Servizio Studi
Dipartimento istituzioni
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Progetti di legge n. 345
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Articolo 1 (La legge annuale di semplificazione)
Articolo 4 (Valutazione di impatto generazionale delle leggi)
Articolo 5 (Delega per la digitalizzazione della produzione normativa)
Articolo 6 (Disposizioni in materia di adozione in formato digitale dei regolamenti ministeriali)
Articolo 7 (Delega al Governo in materia di affari esteri e cooperazione internazionale)
Articolo 8 (Delega al Governo in materia di istruzione)
Articolo 9 (Delega al Governo in materia di disabilità)
Articolo 10 (Delega al Governo in materia di protezione civile
Articolo 11 (Delega al Governo in materia di formazione superiore e ricerca)
Articolo 12 (Clausola di invarianza finanziaria)
Articolo 1
(La legge annuale di semplificazione)
L’articolo 1 prevede che il Governo presenti, entro il 30 giugno di ciascun anno, un disegno di legge annuale di semplificazione.
In tal senso, la previsione va a sostituire quanto già previsto dall’articolo 20 della legge n. 59 del 1997 (cd. legge Bassanini 1) che infatti il comma 5 della disposizione in commento abroga (per approfondimenti v. infra).
Il comma 1 specifica che il disegno di legge sarà adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, del Ministro per la pubblica amministrazione e dei ministri competenti per materia. Esso potrà conferire deleghe legislative nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2 (sul punto si rinvia alla relativa scheda di lettura). Sul disegno di legge dovrà essere acquisito il parere della Conferenza unificata.
Il comma 1 individua come finalità del provvedimento “la semplificazione, il riordino e il riassetto di determinate materie della normativa vigente”. A tal fine il comma 2 prevede che, entro il 30 aprile di ciascun anno, il Ministro per le riforme costituzionali e il Ministro per la pubblica amministrazione acquisiscano dai ministri competenti proposte di semplificazione normativa, che tengano conto delle eventuali valutazioni di impatto della regolamentazione effettuate.
Si ricorda che l’articolo 12 del DPCM n. 169 del 2017 (il regolamento che disciplina l'analisi di impatto della regolamentazione – AIR - la verifica dell'impatto della regolamentazione – VIR - e la consultazione) prevede che ciascuna amministrazione predisponga un piano biennale, sentito il dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio, degli atti che intende sottoporre a VIR. Il successivo articolo 13 individua le fasi della VIR: analisi della situazione attuale e dei problemi; ricostruzione della logica dell'intervento; valutazione dell'intervento con riferimento all'efficacia, all'efficienza, alla perdurante utilità della regolazione e alla coerenza dell'insieme delle norme che disciplinano l'area di regolazione in esame.
È previsto anche, sempre al comma 2, che i medesimi ministri entro lo stesso termine svolgano consultazioni pubbliche ai fini della raccolta di proposte e suggerimenti di semplificazione normativa, in relazione ai profili di criticità della legislazione vigente in determinate materie.
Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 16 del richiamato DPCM n. 169 del 2017 prevede che nel corso dell’AIR, salvo casi straordinari di necessità e urgenza, nonché della VIR, l'Amministrazione competente all'iniziativa regolatoria consulti i destinatari dell'intervento. Nel comma 3 dello stesso articolo si stabilisce che la consultazione può essere aperta, se rivolta a chiunque abbia interesse a parteciparvi, o ristretta, se rivolta a soggetti predefiniti dall'Amministrazione sulla base degli interessi coinvolti. La direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2018 (“Guida all'analisi e alla verifica dell'impatto della regolamentazione, in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 settembre 2017, n. 169”), al punto 11.1, distingue le due tipologie di consultazione:
• consultazione aperta (o pubblica): si tratta della consultazione rivolta a chiunque abbia interesse a parteciparvi. Questa consultazione di regola richiede il ricorso a procedure di notice and comment, attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione di un documento di consultazione;
• consultazione ristretta: in questo caso, la consultazione è riservata a soggetti o gruppi (ad esempio, associazioni di categoria) portatori di un interesse specifico per l'intervento regolativo in esame, ovvero a soggetti che, per la propria attività, qualifica o esperienza, possiedono informazioni specifiche ritenute utili per la valutazione dell’intervento (ad esempio, esperti, testimoni privilegiati, ecc.).
Si prevede, inoltre, che la scelta dei soggetti da consultare dipenda dalla portata dell’intervento e dalle informazioni necessarie. In ogni caso l’amministrazione deve consultare almeno coloro sui quali ricadono i principali effetti delle norme oggetto di AIR. Con particolare riferimento alle consultazioni aperte, l'amministrazione deve cercare di assicurare la partecipazione di tutti i principali stakeholders, anche attraverso il ricorso a modalità ad hoc che incoraggino il coinvolgimento di soggetti meno strutturati. All’articolo 17, comma 3, del DPCM n. 169 del 2017, in materia di consultazione aperta nell’AIR, è previsto che “i contributi ricevuti dai soggetti che hanno partecipato alla consultazione sono pubblicati, salvo diversa richiesta degli autori e sempre che non sussistano ragioni di riservatezza, sul sito istituzionale dell'Amministrazione”
Il comma 3 indica la procedura di adozione dei decreti legislativi previsti dalla legge annuale di semplificazione. Tale procedura contempla:
· Che i decreti legislativi siano adottati su proposta del Presidente del Consiglio, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, del Ministro per la pubblica amministrazione e dei ministri competenti individuati dalle disposizioni di delega;
· Che la legge annuale di semplificazione indichi i casi in cui sugli schemi di decreto legislativo è prevista l’acquisizione del parere della Conferenza Stato-regioni o Unificata e i casi in cui invece si rende necessaria l’intesa.
Si ricorda che la forma più frequentemente utilizzata di intesa (manifestazione concorde di volontà tra lo Stato e gli enti territoriali) è quella prevista dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997. Tale norma prevede, al comma 3, che, se entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza, l’intesa non è raggiunta, il Consiglio dei ministri provvede con deliberazione motivata. Nell’ordinamento sono pure presenti – anche se meno utilizzate – le intese disciplinate dall’articolo 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, che prevede appunto la stipula di intese per favorire l’armonizzazione delle legislazioni di Stato e regioni; queste intese non presentano una norma di chiusura analoga a quella dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997 e si configurano quindi come una codecisione completamente paritaria tra Stato ed enti territoriali.
Ciò premesso, la giurisprudenza della Corte costituzionale (si veda in particolare la sentenza n. 7 del 2016) appare orientata a ritenere la previsione dell’intesa la forma più idonea di coinvolgimento regionale in presenza di prevalenza di una materia di legislazione concorrente o di residuale competenza regionale ovvero (sentenze n. 21 del 2016 e n. 56 e n. 72 del 2019) in presenza di un “nodo inestricabile” di competenze esclusive, concorrenti e residuali nel quale non sia possibile stabilire una competenza prevalente, potendosi quindi procedere, sembra desumersi, negli altri casi (come la prevalenza di una competenza esclusiva statale) alla previsione del parere.
· Che entro il termine di trenta giorni sia acquisito il parere del Consiglio di Stato sugli schemi di decreto legislativo recanti codici o testi unici, ai sensi dell’articolo 17, comma 25, della legge n. 127 del 1997 (cd. legge Bassanini 2);
La disposizione richiamata prevede che il parere del Consiglio di Stato debba essere obbligatoriamente richiesto, tra le altre cose, per l’adozione di testi unici.
· Che gli schemi di decreto legislativo siano trasmessi alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia da rendere entro il termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione, trascorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati;
· Che quando il termine per l’espressione della delega scada nei trenta giorni precedenti l’espressione del parere ovvero successivamente, il termine per l’esercizio della delega sia prorogato di sessanta giorni (cd. tecnica dello scorrimento).
In proposito si ricorda che la lettera dei Presidenti delle Camere al Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 1998 ha segnalato “l’esigenza che il testo trasmesso alle Camere abbia completato la fase procedimentale interna all’Esecutivo”; la formulazione adottata invece non appare idonea ad escludere che il parere delle Commissioni parlamentari possa giungere precedentemente agli altri pareri previsti, in quanto, a differenza di analoghi precedenti, non risulta specificato che gli schemi di decreto legislativo sono trasmessi alle Camere “successivamente” agli altri pareri previsti.
Al riguardo si valuti l’opportunità di un approfondimento.
Il comma 4 prevede la possibilità di adottare, con la medesima procedura del comma 3 ed entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, uno o più decreti legislativi modificativi, recanti disposizioni integrative e correttive.
Il comma 6 prevede infine che la legge annuale di semplificazione normativa indichi anche le materie di competenza esclusiva dello Stato per le quali il processo di semplificazione, riordino e riassetto sarà completato attraverso l’emanazione, anche contestualmente all’entrata in vigore del relativo decreto legislativo, di un teso unico delle disposizioni regolamentari che disciplinano la medesima materia.
L’art. 20 della L. 59/1997 (c.d. “legge Bassanini 1”) ha introdotto nell’ordinamento la previsione di una legge annuale di semplificazione, quale strumento periodico di semplificazione e razionalizzazione di procedimenti amministrativi, attraverso lo strumento giuridico della delegificazione delle norme di legge che disciplinavano i procedimenti amministrativi stessi. In estrema sintesi, il meccanismo ivi delineato prevedeva che annualmente il Governo individuasse un certo numero di procedimenti amministrativi da semplificare, le cui discipline legislative erano pertanto oggetto di delegificazione, autorizzandosi il Governo stesso all’emanazione di regolamenti ex art. 17, co. 2 della L. 400/1988[3]. Nell’adottare i regolamenti di delegificazione, il Governo doveva attenersi al rispetto dei princìpi e criteri indicati dallo stesso art. 20, nonché dagli altri criteri e princìpi eventualmente determinati dalla legge di semplificazione annuale.
La disposizione ha trovato attuazione con le delegificazioni previste dal medesimo art. 20 – che indicava esso stesso 112 procedimenti amministrativi (divenuti poi 122 per effetto della L. 191/1998) da semplificare “in sede di prima attuazione” – quindi con la legge di semplificazione 1998 (L. 50/1999), e con quella per il 1999 (L. 340/2000). Inoltre, con la L. 50/1999 – legge di semplificazione 1998 hanno preso le mosse, da un lato, il processo di riordino normativo attraverso la predisposizione di testi unici “misti” e, dall’altro, lo svolgimento di un’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) sulla nuova normativa di origine governativa. La L. 340/2000 (legge di semplificazione 1999), da questo punto di vista, completa ed amplia le previsioni della precedente.
L’art. 1 della L. 229/2003 ha modificato l’impianto complessivo della legge annuale di semplificazione, attraverso una “riscrittura” dell’art. 20 citato, che ne sposta l’asse dalla semplificazione dei procedimenti amministrativi attraverso la delegificazione delle norme di riferimento, alla semplificazione normativa attraverso il riassetto normativo e la codificazione.
Ulteriori modifiche al medesimo articolo sono state apportate ad opera della successiva L. 246/2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005), che ha tra l’altro integrato con nuovi princìpi e criteri direttivi sia il processo di riordino mediante codificazione sia l’aspetto relativo alla semplificazione delle procedure amministrative.
Si dà conto, nel prosieguo, dell’art. 20 della L. 59/1997 nel testo novellato dalle due leggi menzionate.
Il comma 1 dell’art. 20 mantiene in capo al Governo l’obbligo di presentare al Parlamento con cadenza annuale un disegno di legge il cui oggetto e finalità sono così ridefiniti: “per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l’anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell’area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all’assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali”.
Per quanto riguarda la fase della proposta, il successivo comma 9 prevede che ciascun ministero sia titolare del potere di iniziativa della semplificazione e del riassetto normativo nelle materie di propria competenza. In caso di inerzia delle amministrazioni competenti, la Presidenza del Consiglio dei ministri può tuttavia attivare specifiche iniziative di semplificazione e riordino normativo. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri spetta il potere di indirizzo e coordinamento al fine di garantire “anche” l’uniformità e l’omogeneità degli interventi di riassetto e semplificazione proposti dai vari ministeri.
Il Governo (co. 1), sulla base delle proposte formulate dai vari ministri e sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali entro il 30 aprile di ogni anno, mette a punto un programma di priorità di interventi.
Il disegno di legge annuale di semplificazione e riassetto è predisposto sulla base del programma medesimo ed è presentato al Parlamento entro il successivo 31 maggio. In allegato al disegno di legge Il Governo presenta una relazione sullo stato di attuazione della semplificazione e del riassetto.
Il comma 2 individua nei decreti legislativi e nei regolamenti governativi gli strumenti giuridici attraverso i quali si realizza la semplificazione ed il riassetto normativo.
Il comma 3 reca i criteri ed i princìpi direttivi “generali”, ossia intesi come destinati a valere per i decreti legislativi previsti dal presente disegno di legge come dai d.d.l. di semplificazione e riassetto normativo presentati in futuro dal Governo ogni anno
A questi princìpi e criteri generali sono destinati ad affiancarsi quelli “specifici” per ciascuna materia oggetto di semplificazione e riassetto normativo, indicati dall’annuale legge di semplificazione.
Tra i princìpi e criteri di cui al co. 3 merita richiamare:
· la definizione del riassetto normativo e la codificazione della normativa primaria regolante la materia (il che può dirsi costituisca il punto di arrivo del complessivo riassetto da operare in base alle lettere successive);
· l’acquisizione in via preventiva del parere del Consiglio di Stato, che deve esprimersi entro 90 giorni dal ricevimento della richiesta. Si tratta di un aggravamento procedurale del normale procedimento di adozione dei decreti legislativi;
· la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni (elencate all’art. 117, co. 3°, Cost.);
· il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
· l’indicazione espressa delle norme abrogate, criterio ormai “classico” delle disposizioni sulla produzione delle norme.
Il comma 5 dell’art. 20 disciplina la procedura di adozione dei decreti legislativi di riassetto normativo: questi sono emanati su proposta del ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei ministri o con il ministro per la funzione pubblica, con i ministri interessati e con il ministro dell’economia e delle finanze. È espressamente prevista la previa acquisizione dei pareri della Conferenza unificata e, successivamente, delle Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta. È altresì richiesto (co. 3) il parere del Consiglio di Stato.
Articoli 2 e 3, comma 1
(Princìpi e criteri direttivi generali per l’esercizio delle deleghe legislative conferite con la legge annuale di semplificazione normativa)
L’articolo 2 contiene i princìpi e i criteri direttivi generali per l’esercizio delle deleghe legislative conferite con la legge annuale di semplificazione normativa di cui all’articolo 1.
L’articolo 3, comma 1, dispone che i decreti legislativi previsti dalla legge annuale di semplificazione normativa siano adottati nel rispetto dei princìpi e i criteri direttivi generali indicati all’articolo 2, ove non espressamente modificati o derogati dalla stessa legge.
Più nel dettaglio, al fine (dichiarato nella relazione illustrativa di accompagnamento al disegno di legge in esame) di garantire la continuità dell’azione di governo e la certezza normativa, l’articolo 2 stabilisce che, fatti salvi i principi e i criteri direttivi specifici stabiliti per le singole materie, nell’esercizio delle deleghe conferite con la legge annuale di semplificazione normativa, il Governo deve attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi generali:
a) riordino delle disposizioni per settori omogenei, mediante la redazione o l’aggiornamento di codici di settore o testi unici, assicurando l’unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina;
In base alla relazione illustrativa, tale criterio è volto a guidare la redazione e l’aggiornamento di codici o testi unici aventi contenuto innovativo. I testi unici aventi valore meramente ricognitivo delle disposizioni vigenti – c.d. compilativi – restano, invece, disciplinati dall’articolo 17-bis della legge n. 400 del 1988. Tale articolo prevede infatti che il Governo provveda, mediante testi unici compilativi, a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge regolanti materie e settori omogenei, attenendosi ai criteri di: a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme; b) ricognizione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni; c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti in modo da garantire la coerenza logica e sistematica della normativa; d) ricognizione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore.
b) coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche opportune per garantire o migliorare la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
Come emerge dalla relazione illustrativa, tale criterio è volto a consentire non solo la piena e univoca conoscibilità di prescrizioni, oneri e adempimenti, ma anche, sul piano sostanziale, l’eliminazione delle sovrapposizioni e delle contraddizioni fra previsioni normative riconducibili a periodi o a settori diversi, ma suscettibili di trovare applicazione alle medesime fattispecie, scongiurando così il rischio di duplicare gli oneri e gli adempimenti a carico di cittadini e imprese.
c) previsione, ove possibile, di disposizioni di immediata applicazione, limitando il rinvio a successivi provvedimenti di attuazione;
Con tale criterio si intende limitare la necessità di ricorrere a provvedimenti successivi di attuazione dei decreti legislativi, attraverso l’adozione, ove possibile, di disposizioni di immediata applicazione, scongiurando in tal modo il rischio di incorrere in quello che la relazione illustrativa definisce come uno dei principali ostacoli all’effettiva applicazione di ogni nuova legge, costituito per l’appunto dalla ritardata e incompleta approvazione dei relativi provvedimenti attuativi.
d) riordino delle disposizioni legislative vigenti mediante abrogazione espressa delle norme che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete, fatta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;
Nel disciplinare l’abrogazione delle leggi, la disposizione da ultimo richiamata fa riferimento tanto all’abrogazione espressa, alla quale si dà luogo, per l’appunto, mediante l’adozione di un’esplicita disposizione abrogatrice da parte del legislatore, quanto all’abrogazione tacita, che si determina tanto a fronte dell’incompatibilità della disciplina di nuova introduzione con la precedente, quanto nel caso in cui le nuove disposizioni regolino per intero la materia già regolata dalla legge anteriore. In quest’ultimo caso, le norme antecedenti si intendono abrogate anche qualora non risultino difformi o in contrasto con la nuova disciplina.
e) semplificazione, riordino e riassetto della normativa vigente, anche avvalendosi delle tecnologie più avanzate, al fine di favorire l’efficacia dell’azione amministrativa, la certezza del diritto e la tutela dei diritti individuali, della libertà di impresa e della concorrenza attraverso la riduzione di oneri e di adempimenti non necessari;
f) semplificazione della normativa concernente i rapporti fra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, tenuto conto del criterio di tutela dell’affidamento e in armonia con il principio di sussidiarietà orizzontale, nonché favorendo l’autonoma iniziativa di cittadini, singoli o associati;
Il principio di tutela dell’affidamento – di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale – costituisce, oggi, uno dei canoni essenziali dell’azione amministrativa, qualificato dalla Corte costituzionale come un «elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto», che – in estrema sintesi – si sostanzia nell’interesse del privato a veder tutelate le situazioni definitesi nella realtà giuridica per effetto di atti e comportamenti della Pubblica Amministrazione.
Quanto al principio di sussidiarietà orizzontale, si ricorda che esso è enunciato (anche) dall’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione, il quale per l’appunto dispone che «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
g) limitazione e riduzione di vincoli, adempimenti e prescrizioni ritenuti non indispensabili, fatti salvi quelli imposti dalla normativa dell’Unione europea nelle materie da essa regolate.
Nella relazione illustrativa si legge che l’introduzione di tale criterio mira ad evitare che il recepimento degli obblighi previsti dal diritto dell’Unione europea «possa costituire il veicolo per conservare o addirittura per introdurre nell’ordinamento nazionale oneri e adempimenti ulteriori rispetto a quelli armonizzati, suscettibili di creare un regime giuridico deteriore rispetto [a quello cui sono sottoposti] [a]gli altri cittadini europei».
Nel prevedere i princìpi e criteri direttivi generali a cui il Governo deve conformarsi nell’esercizio delle deleghe legislative previste dalle leggi annuali di semplificazione normativa, l’articolo in esame riproduce il modello adottato dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234 (“Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”) che, all’articolo 32, fatti salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, stabilisce i princìpi e i criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea.
Al comma 1 dell’articolo 3 si prevede che i medesimi princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, ove non espressamente modificati o derogati, guidino l’adozione dei decreti legislativi previsti dalla legge annuale di semplificazione normativa.
Si osserva che la previsione in esame sembrerebbe costituire una duplicazione di quella di cui all’articolo 2, che, come sopra illustrato, vincola il Governo, nell’esercizio delle deleghe legislative conferite con la legge annuale di semplificazione normativa, ad osservare una serie di princìpi e i criteri direttivi generali.
Si osserva peraltro che, mentre la previsione di cui all’articolo 2 vincola il Governo all’osservanza dei citati princìpi e i criteri direttivi generali facendo salvi i princìpi e i criteri direttivi specifici stabiliti per le singole materie, quella di cui all’articolo 3, comma 1, pone al Governo un vincolo analogo facendo, però, salva la possibilità di modificare o derogare i princìpi e criteri direttivi generali medesimi.
Articolo 3, commi 2 e 3
(Rapporti di alcune norme di principio con la legislazione regionale e clausole di salvaguardia)
Il comma 2 dell’articolo 3 individua le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) e f), come principi fondamentali della legislazione statale nelle materie di legislazione concorrente.
Il comma 3 reca le clausole di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale, per le Province autonome di Trento e di Bolzano, facendo salve, inoltre, le forme e condizioni particolari di autonomia attribuite ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione (autonomia differenziata).
Il comma 2 dell’articolo 3 prevede che le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) e f), valgono quali principi fondamentali della legislazione statale nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
La richiamata lettera e) del comma 1 dell’articolo 2 (“Principi e criteri direttivi generali per l’esercizio delle deleghe legislative”) prevede il seguente principio generale, cui il Governo si attiene nell’esercizio delle deleghe conferite con la legge annuale di semplificazione normativa: “semplificazione, riordino e riassetto della normativa vigente, anche avvalendosi delle tecnologie più avanzate, al fine di favorire l’efficacia dell’azione amministrativa, la certezza del diritto e la tutela dei diritti individuali, della libertà di impresa e della concorrenza attraverso la riduzione di oneri e di adempimenti non necessari”.
La lettera f) contiene, invece, il seguente principio generale: “semplificazione della normativa concernente i rapporti fra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, tenuto conto del criterio di tutela dell’affidamento e in armonia con il principio di sussidiarietà orizzontale, nonché favorendo l’autonoma iniziativa di cittadini, singoli o associati”.
Si ricorda che il terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione elenca le materie[1] soggette a legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni. All’ultimo periodo del citato terzo comma è previsto che in tali materie spetti alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
In proposito si ricorda che la Corte costituzionale (da ultimo con la sentenza n. 78 del 2020) ha affermato che l’autoqualificazione di una disposizione da parte del legislatore statale come principio fondamentale non è decisiva ai fini dell’individuazione del titolo di competenza cui sia riconducibile la disposizione medesima. L’autoqualificazione, per la Corte, non ha carattere precettivo e vincolante al punto da porsi quale presupposto indiscusso per la valutazione della legittimità costituzionale della norma cui essa si riferisce (ex multis, sentenze n. 246 e n. 94 del 2018): la natura della stessa va, infatti, comunque verificata con riguardo “all’oggetto, alla ratio e alla finalità” (sentenza n. 164 del 2019) che ne costituiscono l’effettiva sostanza.
Il primo periodo del comma 3 pone la clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano.
In particolare, le disposizioni del disegno di legge e quelle dei decreti legislativi emanati in attuazione dello stesso sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
Come è noto, la legge costituzionale n. 3 del 2001 ha modificato il titolo V della parte seconda della Costituzione, prevedendo, con specifico riferimento al riparto delle competenze legislative:
· la potestà legislativa statale esclusiva nelle materie[2] di cui al secondo comma dell’articolo 117;
· la legislazione concorrente nelle materie di cui al terzo comma dell’articolo 117, riservando in tali ambiti la potestà legislativa alle Regioni e la legislazione nella determinazione dei princìpi fondamentali allo Stato;
· la potestà legislativa regionale residuale ex articolo 117, quarto comma.
Il sistema così delineato ha sostituito il precedente, il quale, invece, prevedeva in capo alle Regioni solo la competenza legislativa concorrente in alcune materie (nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non fossero in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni), nonché la potestà legislativa di attuazione delle leggi dello Stato, allorquando queste ultime lo disponessero.
Con riferimento, invece, alle Regioni a statuto speciale, sono previste tre tipologie di potestà legislativa: primaria, concorrente e di attuazione. Nella già richiamata legge costituzionale n. 3 del 2001 contenente la riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione, è stata inserita all’articolo 10 la cosiddetta clausola di maggior favore: “Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”.
Le clausole di salvaguardia, come quella in commento, hanno lo scopo di adattare l’applicabilità della legislazione statale in conformità agli statuti e alle relative norme di attuazione delle Regioni a statuto speciale e delle Province di Trento e di Bolzano, nel rispetto della loro autonomia.
È opportuno ricordare che, secondo quanto statuito dalla Corte costituzionale, la sola presenza di una clausola di salvaguardia non è idonea a rendere costituzionalmente legittima una norma indirizzata alle Regioni a statuto speciale o alle Province autonome. Sul punto, la Corte ha avuto modo di precisare che “l’illegittimità costituzionale di una previsione legislativa non è esclusa dalla presenza di una clausola di salvaguardia, laddove tale clausola entri in contraddizione con quanto affermato dalle norme impugnate, con esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome” (Corte cost. 154/2017).
Il secondo periodo del comma 2 in commento pone la clausola di salvaguardia anche con riferimento alle forme e alle condizioni particolari di autonomia attribuite ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
La disposizione da ultimo richiamata prevede che tali autonomie possono essere attribuite alle Regioni ordinarie, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119 della Costituzione. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
A norma del già richiamato terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, le materie in merito alle quali può essere attribuita l’autonomia cosiddetta “differenziata” sono quelle oggetto di legislazione concorrente, nonché l’organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull’istruzione, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Ai fini dell’attuazione delle norme appena ricordate è recentemente intervenuta la legge 86 del 2024 (“Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”), individuando i princìpi generali per l’attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e per la modifica e la revoca delle stesse, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione, nel rispetto delle prerogative e dei Regolamenti parlamentari.
Inoltre, si stabilisce che l’attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (LEP), ivi inclusi quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali, e nel rispetto dei principi sanciti dall’articolo 119 della Costituzione. Tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali, nonché per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali (articolo 1, comma 2, legge 86/2024).
Per approfondimenti si rinvia al dossier a cura dei Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Articolo 4
(Valutazione di impatto generazionale delle leggi)
L’articolo 4 promuove l’equità intergenerazionale prevedendo che i disegni di legge siano accompagnati da una analisi preventiva del Governo degli effetti ambientali o sociali ricadenti sui giovani e sulle generazioni future (Valutazione di impatto generazionale – VIG) da effettuarsi nell’ambito dell’analisi di impatto della regolamentazione.
Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che le leggi della Repubblica promuovono l’equità intergenerazionale anche nell’interesse delle generazioni future.
Nella relazione illustrativa, il Governo collega la norma contenuta nel comma 1 al principio di equità intergenerazionale nell’ambito della garanzia dei diritti inviolabili della persona di cui all’articolo 2 della Costituzione, nonché all’interesse delle future generazioni di cui all’articolo 9 della Costituzione.
In particolare, l’articolo 2 dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Ai sensi dell’articolo 9, invece, la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Il comma 2 definisce il concetto di valutazione di impatto generazionale (VIG) quale l’analisi preventiva dei disegni di legge del Governo in relazione agli effetti ambientali o sociali ricadenti sui giovani e sulle generazioni future, precisando che la VIG costituisce uno strumento informativo riguardante l’equità intergenerazionale degli effetti ambientali o sociali indotti dai provvedimenti.
Ai sensi del comma 3, la VIG dei disegni di legge del Governo dovrà essere effettuata nell’ambito dell’analisi di impatto della regolamentazione prevista dall’articolo 14 della legge n. 246 del 2005, secondo criteri e modalità individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 5 del medesimo articolo 14, adottato di concerto con l’Autorità politica delegata in materia di giovani, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Il menzionato articolo 14 della legge n. 246 del 2005 disciplina l’analisi e la verifica di impatto della regolamentazione.
Ai sensi del comma 1, l'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) consiste nella valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento normativo ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, mediante comparazione di opzioni alternative, mentre, ai sensi del comma 4, la verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR) consiste nella valutazione, anche periodica, del raggiungimento delle finalità e nella stima dei costi e degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, il menzionato comma 5 rinvia a dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, la definizione di:
a) i criteri generali e le procedure dell'AIR, da concludere con apposita relazione, nonché le relative fasi di consultazione;
b) le tipologie sostanziali, i casi e le modalità di esclusione dell'AIR;
c) i criteri generali e le procedure, nonché l'individuazione dei casi di effettuazione della VIR;
d) i criteri ed i contenuti generali della relazione al Parlamento di cui al comma 10.
Il comma 4 precisa che la VIG è, in ogni caso, necessaria se il disegno di legge determina effetti significativi di tipo ambientale o sociale, a carico delle generazioni future. In tali casi, restano fermi i criteri e le modalità individuate con il decreto di cui al comma 3.
Nella relazione illustrativa, il Governo rammenta che, di recente, anche il Comitato economico e sociale europeo, nel Parere riguardante la Cooperazione nel settore della gioventù (SOC/759) del 15/06/2023, ha ritenuto non solo che gli Stati membri dovrebbero rafforzare le misure intersettoriali che hanno un impatto positivo sui giovani, incidendo potenzialmente soprattutto sui giovani beneficiari e riducendo il divario generazionale, ma ha anche definito “essenziale” che tutte le leggi, gli atti aventi forza di legge, le politiche, le strategie, i programmi, le misure e gli investimenti pubblici degli Stati membri siano sottoposti a una consultazione per accertare l'impatto dell'UE sui giovani, a una valutazione d'impatto, a una definizione di politiche e a proposte di misure di mitigazione, e impediscano ogni azione di violazione dei diritti e di discriminazione nei confronti dei giovani.
Attraverso la valutazione di impatto generazionale delle leggi, che si introduce col presente disegno di legge, il Governo intende non solo accogliere tale prospettiva, ma allungarla nel tempo, valutando quelli che possono essere gli effetti nel lungo-periodo delle politiche pubbliche e, in particolar modo, di quelle che possono avere rilevanti costi di tipo ambientale o sociale.
Il Governo evidenzia inoltre che la tutela delle generazioni future è un’istanza che si sta affermando con sempre maggiore forza anche nella giurisprudenza costituzionale, come è avvenuto con i frequenti richiami della Corte costituzionale italiana alle future generazioni, e con i sempre più ricorrenti riferimenti che vengono fatti nella giurisprudenza costituzionale di altri Stati membri dell’Unione europea, tra i quali spicca la pronuncia del 24 marzo 2021 del Bundesverfassungsgericht.
Di recente, peraltro, ricorda sempre il Governo, il tema è stato anche oggetto di una riflessione svolta nel corso del IV incontro di studio quadrilaterale tra la Corte costituzionale italiana, il Consiglio costituzionale francese, i Tribunali costituzionali spagnolo e portoghese, a conferma di una sempre maggiore centralità della questione delle generazioni future anche da parte delle Corti costituzionali.
Con l’introduzione della VIG, il Governo intende peraltro elevare al rango legislativo il tentativo già esperito nella scorsa legislatura con le Linee guida elaborate dal “Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche” (COVIGE), di cui al DM 8 luglio 2022, con le quali si sono già definiti indicatori utili per la valutazione di impatto generazionale, anche con riferimento a modelli praticati in altri paesi UE e agli obiettivi di sviluppo sostenibile della Agenda 2030.
Articolo 5
(Delega per la digitalizzazione della produzione normativa)
L’articolo 5 reca delega al Governo per la digitalizzazione dell’attività e del procedimento di produzione normativa.
Insieme prevede l’emanazione di un regolamento unico, in cui confluiscano le disposizioni regolamentari vigenti in materia di produzione normativa.
È disposta delega al Governo per la disciplina delle modalità digitali di produzione normativa.
Si ha riguardo alla “formazione, sottoscrizione, trasmissione, promulgazione, emanazione, adozione, pubblicazione, conservazione e raccolta degli atti normativi”.
Quali principi e criteri direttivi, figurano:
ü disciplina della produzione normativa secondo modalità digitali, in coerenza con il Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005);
ü efficienza, speditezza e sicurezza del procedimento di formazione della normativa, assicurando l’autenticità e l’integrità degli atti normativi;
ü graduale superamento delle procedure e degli adempimenti analogici (inclusa “l’apposizione di nastrini e sigilli”), salvi i casi di impossibilità di utilizzo o malfunzionamento degli strumenti digitali;
ü individuazione delle modalità di conservazione e di raccolta degli atti normativi.
Il termine per l’esercizio della delega è di diciotto mesi.
Per il suo esercizio, si applica l’articolo 1, comma 3 del presente disegno di legge.
Pertanto la proposta è del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, del Ministro per la pubblica amministrazione – ovvero, è aggiunta in questo caso specificazione, del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro della cultura ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.
Gli schemi di decreto legislativo sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia di Camera e Senato per l’espressione dei pareri, da rendere entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali i decreti legislativi possono essere in ogni caso adottati.
Qualora il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono il termine di scadenza per l’esercizio della delega legislativa o successivamente, il termine è posticipato di sessanta giorni.
Invero, il richiamato articolo 1, comma 3 prevede il parere del Consiglio di Stato solo per gli schemi di decreto legislativo recanti codici o testi unici.
A corredo della delega ‘principale’ (il cui termine è di diciotto mesi, si è ricordata) è posta altra delega accessoria, per procedere in via integrativa e correttiva.
Per tal caso, il termine è di dodici mesi (decorrenti dalla data di entrata del decreto legislativo, o più, oggetto della integrazione e correzione).
Al contempo, il presente articolo prevede (al suo comma 4) la riunificazione in un regolamento unico, delle disposizioni regolamentari vigenti in materia di attività e procedimento di produzione normativa.
Il regolamento è emanato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, il quale deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta (cfr. art. 17, comma 1 della legge n. 400 del 1988).
Il regolamento ‘delegato’ può procedere ad una modifica delle norme secondarie in esso confluite, nella misura dell’“adeguamento” alla nuova disciplina di livello primario, posta mediante decreto legislativo secondo le modalità sopra ricordate.
Articolo 6
(Disposizioni in materia di adozione in formato digitale
dei regolamenti ministeriali)
L’articolo 6 concerne i regolamenti ministeriali.
Prevede che un decreto del Ministro della giustizia individui le modalità di loro conservazione e raccolta.
Entrato in vigore siffatto decreto, acquistano efficacia le disposizioni del presente articolo, le quali prevedono che i regolamenti ministeriali possano essere adottati con modalità digitale (e sottoscritti con firma digitale), secondo quanto previsto dal Codice dell’amministrazione digitale.
Si è ricordato come l’articolo 5 del presente disegno di legge rechi una delega al Governo per la digitalizzazione della produzione normativa.
In attesa si perfezioni il procedimento di delega, l’articolo 6 detta disposizioni per la digitalizzazione di una specifica categoria di atti, i regolamenti ministeriali.
Si viene a prevedere che essi possano essere adottati con modalità digitali, mediante documenti informatici.
In tal caso si applicano le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), riguardo alla formazione, trasmissione, sottoscrizione, gestione e conservazione degli atti.
Così come si applicano le correlative linee guida, contenenti le regole tecniche e di indirizzo. Esse sono assunte con determinazioni dell’Agenzia per l’Italia digitale (ai sensi dell’articolo 71 del Codice dell’amministrazione digitale).
Ancora, si viene a prevedere che la sottoscrizione dei regolamenti ministeriali con firma digitale integri e sostituisca l’apposizione di nastrini e sigilli e le altre procedure analogiche previste dalla normativa vigente per assicurarne l’autenticità e l’integrità.
L’individuazione delle modalità di conservazione e raccolta dei regolamenti ministeriali è demandata a decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere dell’Agenzia per l’Italia digitale.
Solo una volta pubblicato siffatto decreto del Ministro della giustizia, le disposizioni sopra ricordate del presente articolo acquistano efficacia (dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di quel decreto).
Articolo 7
(Delega al Governo in materia di affari esteri e cooperazione internazionale)
L’articolo 7 mira a codificare la disciplina di settore di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Il comma 1 prevede che il Governo sia delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riordino e il riassetto delle disposizioni vigenti negli ambiti di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Lo stesso comma 1 contiene anche i principi e criteri direttivi della delega, che sono i seguenti:
a) unificazione e razionalizzazione delle discipline settoriali di rango primario afferenti agli ambiti di competenza del ministero in un testo unico delle disposizioni legislative;
b) uniformazione della disciplina applicabile in casi simili, al fine di riordinare e semplificare i regimi vigenti e di superare irragionevoli disparità di trattamento;
c) indicazione dei criteri ai quali si attengono i regolamenti previsti dai commi 4 e 5, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il comma 2 prevede che i decreti legislativi in esame siano adottati, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, anche su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e, per la parte di competenza, con gli altri Ministri interessati, previo parere della Conferenza unificata.
Il comma 3 prevede che il governo possa adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, e nel rispetto dei principi e criteri direttivi ivi indicati, uno o più decreti legislativi modificativi, recanti disposizioni integrative o correttive.
Il comma 4 prevede che le disposizioni regolamentari di competenza dello Stato di esecuzione e di attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, siano riunite in un unico regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (cioè con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta).
Il comma 5, infine, prevede che le disposizioni regolamentari di competenza dello Stato adottate dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nelle materie disciplinate dai decreti legislativi di cui al comma 1, siano riunite in un unico regolamento, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Si ricorda che tale norma prevede che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
Articolo 8
(Delega al Governo in materia di istruzione)
L’articolo 8 reca la delega al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto delle disposizioni legislative in materia di istruzione. Il comma 1 contiene i principi e criteri direttivi specifici della delega: essa è volta alla redazione di un testo unico della normativa primaria relativa alle materie di competenza del Ministero dell'istruzione e del merito, al riordino della normativa in materia di personale scolastico, al riassetto degli adempimenti amministrativi delle scuole, degli organi consultivi e dei poteri di vigilanza del Ministero, nonché alla revisione della disciplina degli organi collegiali della scuola. Al comma 2 è disciplinata la procedura per l’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega e, al comma 3, si prevede la possibilità per il Governo di adottare uno o più decreti legislativi modificativi, recanti disposizioni integrative o correttive. Ai commi 4 e 5 è demandata al Governo, rispettivamente, l’adozione di unico regolamento governativo di esecuzione e di attuazione dei decreti legislativi attuativi della delega e la riunificazione in un testo unico delle disposizioni dei regolamenti ministeriali e interministeriali vigenti relativi alle materie in oggetto.
L’articolo 8 del disegno di legge in esame, composto da 5 commi, reca una delega al Governo in materia di istruzione.
Il comma 1, in particolare, delega il Governo ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente disegno di legge, uno o più decreti legislativi per la semplificazione, il riordino e il riassetto delle disposizioni legislative nelle materie di competenza del Ministero dell’istruzione e del merito di cui all’articolo 49 del decreto legislativo n. 300 del 1999, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2 del disegno di legge in esame, nonché dei princìpi e criteri direttivi specifici indicati dal comma in esame.
Si valuti l’opportunità di inserire un riferimento oltre che all’articolo 49, anche all’articolo 50 del decreto legislativo n. 300 del 1999, che reca l’elenco dettagliato delle aree in cui il Ministero dell’istruzione e del merito svolge le funzioni, di spettanza statale, ad esso attribuite.
Quanto ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2 del disegno di legge in esame, si rinvia alla relativa scheda di lettura, ricordando in questa sede che essi si riferiscono a tutte le deleghe legislative contenute nel provvedimento e recano indicazioni inerenti alla tecnica legislativa da utilizzare nella redazione dei testi.
La relazione di impatto della regolazione (AIR) predisposta dal Governo (alla pagina 32) chiarisce che, con riferimento alla delega in materia di istruzione di cui all’articolo in commento, l’obiettivo generale cui in particolare essa tende è quello di realizzare una maggiore coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa, operando le necessarie abrogazioni di disposizioni di legge.
Gli obiettivi settoriali sono, invece, declinati dal comma 1 dell’articolo in esame nei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
a) unificazione e razionalizzazione delle discipline di rango primario afferenti alle materie di competenza del Ministero dell’istruzione e del merito in un testo unico delle disposizioni legislative;
Si ricorda che il testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione attualmente vigente è recato dal decreto legislativo n. 297 del 1994, emanato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 121 del 1991, come modificata dalla legge n. 126 del 1993.
In proposito, l’AIR rileva (a pagina 17) che il ricordato testo unico non risulta più coerente con la legislazione vigente, a seguito dei numerosi interventi di riforma susseguitisi in materia di istruzione e di pubblico impiego, con la conseguenza che si registrano antinomie giuridiche dovute al mancato coordinamento con gli interventi, anche d’urgenza, che si sono succeduti nel tempo, a cui non è seguita un’armonizzazione della disciplina. Più in particolare, il testo unico non è in larga parte allineato né con l’introduzione dell’autonomia scolastica, a cui è conseguito un nuovo assetto istituzionale, ordinamentale e amministrativo, e con la sua costituzionalizzazione, né con la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni a seguito dell’approvazione della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione.
b) riassetto della normativa in materia di personale scolastico, anche mediante aggiornamento, accorpamento o soppressione di adempimenti e procedure ritenuti non più utili, nonché prevedendo interventi di deflazione del contenzioso in materia;
Al riguardo, l’AIR rileva (a pagina 15) come il testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994 non appaia più coerente con la legislazione vigente a seguito dei numerosi interventi di riforma susseguitisi nell’ultimo trentennio, oltreché in materia di istruzione, anche in materia di pubblico impiego.
c) riassetto, anche mediante aggiornamento, accorpamento o soppressione, degli adempimenti amministrativi delle scuole;
L’AIR sottolinea il notevole impatto che un riassetto degli adempimenti amministrativi non potrà che avere, evidenziando (a pagina 19) che i destinatari delle misure di semplificazione in esame ammonteranno a: 8.136 istituzioni scolastiche statali, 12.096 scuole paritarie, 7.150.237 alunni frequentanti le scuole statali e 817.413 alunni frequentanti scuole paritarie.
d) riordino e riassetto degli organi consultivi del Ministero dell’istruzione e del merito nonché razionalizzazione e concentrazione dei poteri di vigilanza sugli enti pubblici del Servizio nazionale di valutazione del Sistema educativo di istruzione e di formazione;
L’AIR chiarisce (a pagina 17) che si è ritenuto opportuno avviare un processo di revisione dell’attuale assetto normativo, attraverso interventi di semplificazione, con particolare riferimento alla razionalizzazione del potere di vigilanza sugli enti sottoposti al controllo del Ministero dell’istruzione e del merito
Il Ministero esercita poteri di controllo e vigilanza su diversi enti, agenzie e organismi. L’attuale assetto – come evidenziato dalla medesima AIR - rappresenta il risultato di trasformazioni succedutesi nel tempo che hanno inevitabilmente comportato la duplicazione di funzioni, la sovrapposizione di aree di intervento o, ancora, lo sviluppo di differenti sistemi e strumenti di gestione.
e) fermo restando il principio di autonomia scolastica, revisione della disciplina degli organi collegiali della scuola, in modo da definirne competenze e responsabilità, eliminando duplicazioni e sovrapposizione di funzioni, e ridefinendone il rapporto con il ruolo, le competenze e le responsabilità dei dirigenti scolastici, come disciplinati alla normativa vigente.
L’AIR evidenzia (a pagina 18) che l’esigenza di un intervento di codificazione normativa, volto a garantire una maggiore sistematicità e coerenza giuridica, è particolarmente sentita anche con riferimento alla disciplina degli organi collegiali territoriali della scuola, il cui assetto è rimasto inalterato, continuando a essere regolato dalle disposizioni rinvenibili nel testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994.
In particolare - prosegue l’AIR - secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 15, della legge n. 59 del 1997, il processo di trasformazione del sistema dell’istruzione avrebbe dovuto investire anche gli organi collegiali territoriali, favorendo l’armonizzazione degli stessi con l’assetto organizzativo dell’amministrazione centrale e periferica e con le nuove funzioni affidate alle istituzioni scolastiche e, al contempo, garantendo un collegamento efficiente con le comunità locali. La delega al Governo contenuta nel citato articolo 21, comma 15, sul punto, è stata attuata tramite il decreto legislativo n. 233 del 1999, che ha previsto l’istituzione di nuovi organi a livello centrale, regionale e locale: il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, i Consigli regionali dell’istruzione e i Consigli scolastici locali.
Successivamente, è intervenuto l’articolo 7 della legge n. 137 del 2002, che ha conferito una nuova delega ad adottare uno o più decreti legislativi, correttivi o modificativi dei decreti già emanati.
Nonostante tali interventi normativi, l’AIR sottolinea come, in sostanza, l’assetto degli organi collegiali territoriali sia rimasto immutato, rispetto a quanto previsto dalle disposizioni di cui al testo unico n. 297 del 1994. In particolare, con riferimento ai distretti scolastici, che sono enti dotati di autonomia amministrativa e gestionale, responsabili per la gestione di tutte le scuole in un determinato territorio regionale e la cui disciplina si rinviene nel Capo II del testo unico, sono stati, sostanzialmente, già soppressi dall’articolo 35, comma 4, della legge n. 289 del 2002. Infatti, tale legge ha previsto, a decorrere dall’anno scolastico 2003-2004, la restituzione ai compiti d’istituto del personale ATA del comparto scuola utilizzato presso gli stessi distretti scolastici senza tuttavia esplicitare la loro soppressione. Inoltre, finora, la mancata abrogazione espressa del Capo II del testo unico ha determinato il permanere di residue risorse finanziarie altrimenti inutilizzabili nelle disponibilità delle istituzioni scolastiche referenti.
Il comma 2 statuisce che i decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 sono adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del disegno di legge in esame, anche su proposta del Ministro dell’istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del disegno di legge in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia, i decreti legislativi in attuazione delle deleghe conferite dalla legge annuale di semplificazione normativa sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, del Ministro per la pubblica amministrazione e dei Ministri competenti per materia individuati dalle disposizioni di delega. Sugli schemi di decreto legislativo recanti codici o testi unici è acquisito il parere del Consiglio di Stato, che è reso nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si esprimono entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali i decreti legislativi possono comunque essere adottati.
Il comma 3 prevede, inoltre, che entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi ivi indicati, il Governo può adottare, con la procedura indicata al precedente comma 2, uno o più decreti legislativi modificativi, recanti disposizioni integrative o correttive.
Il comma 4 dispone che con un unico regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, siano adottate le disposizioni di esecuzione e di attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1.
La procedura prevista per l’adozione dei regolamenti governativi di cui all’articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988 consiste nell’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato, che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta.
Il comma 5 stabilisce che con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, le disposizioni dei regolamenti ministeriali e interministeriali relativi alle materie disciplinate dai decreti legislativi di cui al comma 1 sono riunite in un regolamento unico, adeguandole, ove necessario, alla nuova disciplina di livello primario.
L’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, prevede che con decreto ministeriale, o interministeriale, possano essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro, o di più ministri, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
Articolo 9
(Delega al Governo in materia di disabilità)
I commi da 1 a 3 dell’articolo 9 pongono una disciplina di delega al Governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto delle disposizioni legislative in materia di disabilità, ivi compresi gli istituti dell’interdizione, dell’inabilitazione e dell’amministrazione di sostegno. Il successivo comma 4 demanda al Governo l’adozione di un regolamento governativo recante la raccolta organica delle disposizioni di rango regolamentare nelle suddette materie.
Per l’esercizio della summenzionata delega legislativa, sono posti (lettere a) e b) del comma 1) alcuni princìpi e criteri direttivi specifici, ad integrazione di quelli generali di cui al precedente articolo 2. Tali princìpi e criteri direttivi specifici prevedono: il coordinamento delle nozioni e dell’accertamento, nell’ambito delle normative previdenziali e assistenziali, relativi ai soggetti con disabilità; il coordinamento testuale delle norme sulle agevolazioni lavorative relative ai medesimi soggetti con le nozioni giuridiche attuali inerenti alle disabilità; il riordino e la semplificazione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, nell'ottica del loro superamento in favore dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, e la semplificazione degli oneri gravanti sui rappresentanti delle persone interessate dai predetti istituti e delle quali i medesimi rappresentanti siano anche caregiver familiari.
La delega legislativa al Governo di cui ai commi da 1 a 3 del presente articolo 9 deve essere esercitata entro il 31 marzo 2025, ferma restando la fattispecie di differimento di 60 giorni del suddetto termine – ai sensi del precedente e richiamato articolo 1, comma 3 – in relazione al termine per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia. In merito alla procedura di esercizio della delega, il comma 3 dell’articolo 9 in esame: integra, con riferimento all’individuazione dei Ministri partecipanti – in fase di proposta o di concerto –, le disposizioni di cui al suddetto articolo 1, comma 3; richiede, sullo schema o sugli schemi di decreto legislativo in oggetto, l’intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali; prevede, per il caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il termine di 30 giorni dalla prima seduta della Conferenza unificata in cui il relativo oggetto sia stato posto all'ordine del giorno[3], l’adozione, da parte del Consiglio dei ministri, insieme con la deliberazione dello schema di decreto da inviare alle Camere, di una relazione (da trasmettere anch’essa alle Camere), recante l’indicazione degli specifici motivi alla base del mancato raggiungimento dell’intesa. Riguardo alla previsione del parere del Consiglio di Stato sugli schemi di decreto, cfr. infra.
Il comma 3 del presente articolo 9 prevede che, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi in oggetto, possano essere adottati decreti legislativi recanti disposizioni integrative o correttive, secondo le medesime procedure e in conformità agli stessi princìpi e criteri direttivi.
Tali princìpi e criteri direttivi, come accennato, sono costituiti da quelli generali di cui al precedente articolo 2 e da quelli specifici di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 9 in esame.
Riguardo ai princìpi e criteri direttivi generali, si ricorda che la lettera a) del suddetto articolo 2, comma 1, prevede il riordino delle disposizioni per settori omogenei, mediante la redazione o l'aggiornamento di codici di settore o testi unici, in modo che siano assicurate l'unicità, la contestualità, la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina. Si rileva che l’adozione, nell’ambito della procedura di cui al precedente articolo 1, comma 3 e di cui al comma 2 del presente articolo 9, di uno o più testi unici o codici comporta la sottoposizione dei relativi schemi al parere del Consiglio di Stato (tale fase è antecedente alla definizione dell’intesa nella suddetta sede di Conferenza unificata e all’invio alle Camere). Si ricorda altresì che il disegno di legge governativo A.C. n. 1640 (disegno di legge attualmente all’esame, in prima lettura, della Camera dei deputati) prevede, agli articoli 1 e 3, un’altra disciplina di delega al Governo in materia di persone con disabilità, concernente la semplificazione, la razionalizzazione e la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi relativi a tali soggetti. Si consideri l’opportunità di una valutazione del rapporto con la delega di cui all’articolo 9 in esame.
I summenzionati princìpi e criteri direttivi specifici sono posti dalle lettere a) e b) del comma 1 del presente articolo 9.
La suddetta lettera a) prevede, in primo luogo, il coordinamento delle nozioni e dell’accertamento, nell’ambito delle normative previdenziali e assistenziali, relativi ai soggetti con disabilità. La relazione tecnica allegata al disegno di legge[4] osserva che, nella disciplina attuale, i relativi accertamenti ai fini dei trattamenti, delle prestazioni e delle agevolazioni di natura assistenziale sono separati da quelli previsti ai fini dei trattamenti di natura previdenziale; benché entrambi gli accertamenti facciano capo all’INPS, le relative discipline e i relativi organi sono diversi e gli accertamenti possono avere esiti non pienamente coerenti tra di essi. Il coordinamento – osserva la medesima relazione tecnica – ha quindi anche la finalità di ridurre gli oneri amministrativi, con riferimento sia alle amministrazioni pubbliche sia ai cittadini (tale semplificazione deve essere improntata – sostiene la relazione – anche al criterio della validità senza limite di tempo dell’accertamento, nel caso di condizioni sanitarie gravi e irreversibili). Si ricorda che la disciplina della nozione e degli accertamenti di disabilità relativi all’area assistenziale – accertamenti validi anche al fine dell’applicazione della disciplina sul cosiddetto collocamento obbligatorio[5] – è stata ridefinita dal D.Lgs. 3 maggio 2024 n. 62, che prevede il riconoscimento della condizione di disabilità mediante il procedimento valutativo di base, facente capo all’INPS – cfr., tra le altre norme in merito di questo D.Lgs., quelle di cui all’articolo 5, all’articolo 9, commi da 1 a 5, e all’articolo 10, per le quali le date di decorrenza sono definite dal successivo articolo 40, comma 2[6] –. Gli accertamenti di disabilità previsti per i trattamenti di natura previdenziale, nonché gli accertamenti di idoneità e inabilità lavorativa previsti nell’ambito del pubblico impiego (ivi compresi quelli a fini previdenziali)[7], sono svolti dal medesimo INPS in via separata.
La lettera a) in esame prevede, inoltre, il coordinamento del sistema di agevolazioni lavorative in coerenza con le nozioni di condizione di disabilità, necessità e intensità dei sostegni introdotte dal citato D.Lgs. n. 62 del 2024. Al riguardo, la relazione illustrativa del presente disegno di legge[8] osserva che l’ambito in oggetto, essendo costituito dalle agevolazioni lavorative, non concerne la summenzionata disciplina sul collocamento obbligatorio[9]. Inoltre, la relazione tecnica ricorda che l’articolo 4 del citato D.Lgs. n. 62 del 2024 ha operato nell’ordinamento una sostituzione di alcune terminologie (ovunque esse ricorrano); i termini sostituiti sono quelli di handicap, di portatore di handicap, di portatore di handicap con connotazione di gravità e di disabile grave (nonché i termini simili ai suddetti), i quali sono sostituiti dal riferimento, rispettivamente, alla condizione di disabilità, alla persona con disabilità, alla persona con necessità di sostegno elevato o molto elevato e alla persona con necessità di sostegno intensivo. Come indicato nella relazione tecnica, il principio di delega in esame prevede una nuova forma redazionale di riallineamento della terminologia nelle norme relative alle agevolazioni lavorative (benché il riallineamento sia già operante ai sensi delle locuzioni “ovunque ricorre”, “ovunque ricorrono” e “ove ricorrono”, presenti nel suddetto articolo 4 del D.Lgs. n. 62 del 2024).
I princìpi e criteri direttivi di delega di cui alla lettera b) del presente articolo 9, comma 1, prevedono il riordino e la semplificazione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, nell'ottica del loro superamento in favore dell'istituto dell'amministrazione di sostegno, e la semplificazione degli oneri gravanti sui rappresentanti delle persone interessate dai predetti istituti e delle quali i medesimi rappresentanti siano anche caregiver familiari[10].
Si ricorda che l’interdizione e l’inabilitazione – disciplinate dagli articoli da 414 a 432 del codice civile – concernono rispettivamente[11]: i soggetti maggiorenni[12] che si trovino in condizioni di abituale infermità di mente – tali da renderli incapaci di provvedere ai propri interessi –, qualora l’interdizione risulti necessaria per assicurare l’adeguata protezione degli stessi; i soggetti maggiorenni[13] aventi uno stato di infermità mentale non talmente grave da far luogo all'interdizione, quelli che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongano sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici e quelli affetti da sordità o cecità dalla nascita o dalla prima infanzia che non abbiano ricevuto un'educazione sufficiente[14]. Sia l’interdizione sia l’inabilitazione sono disposte, con sentenza, dal giudice tutelare. All’interdizione, a cui è connessa la nomina di un tutore, consegue l’incapacità giuridica di agire; alcuni atti giuridici – individuati dall’articolo 374 del codice civile[15] – non possono essere compiuti dal tutore senza l’autorizzazione del giudice tutelare. Il soggetto inabilitato può agire in via autonoma per gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione, mentre per gli altri atti sono necessari il consenso del curatore (nominato in relazione all’inabilitazione) e l’autorizzazione del giudice tutelare[16].
L’istituto dell’amministrazione di sostegno è disciplinato dagli articoli da 404 a 413 del codice civile. Esso prevede l’assistenza, da parte di un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, ad una persona che, per effetto di un’infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi[17]. Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno individua l'oggetto dell'incarico, gli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario e quelli che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di sostegno[18]. Nello svolgimento dei suoi compiti, l'amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario[19]. Si ricorda che il ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno può riguardare anche una persona interdetta o inabilitata, con la necessaria presentazione contestuale di un’istanza di revoca dell'interdizione o dell'inabilitazione[20].
Riguardo alla figura del caregiver familiare, la norma di delega in esame richiama la definizione di cui all’articolo 1, comma 255, della L. 27 dicembre 2017, n. 205[21].
In merito alla portata e alle finalità dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente lettera b), la relazione tecnica e l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), allegate al presente disegno di legge[22], osservano in particolare che:
- nella prassi applicativa si assiste, da un lato, a un tendenziale superamento dell’istituto dell’interdizione, in ragione dell’utilizzo dell’istituto – il quale è modulabile a seconda dei casi specifici – dell’amministrazione di sostegno, e, dall’altro, al perdurante ricorso alla misura dell’interdizione per alcune valutazioni di opportunità giuridica (tra cui quella inerente all’applicabilità dell’istituto testamentario del fedecommesso o sostituzione fedecommissaria[23]);
- le osservazioni formulate all’Italia, nell’agosto del 2016, dal Comitato dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità hanno raccomandato il superamento dei meccanismi di sostituzione della persona – ivi comprese le forme di sostituzione operate mediante l’istituto dell’amministrazione di sostegno –. In relazione a tale passaggio dei suddetti due documenti governativi di accompagnamento del disegno di legge, si osserva che la norma di delega di cui alla lettera b) del presente articolo 9, comma 1, non sembrerebbe prevedere, almeno letteralmente, una revisione sostanziale dell’istituto dell’amministratore di sostegno. Si consideri l’opportunità di una valutazione di tale profilo;
- la semplificazione degli oneri, prevista in particolare per i rappresentanti che siano anche caregiver, può condurre anche al superamento dell’attuale formulazione del combinato disposto degli articoli 380 e 424 del codice civile. In base a tale combinato disposto, il tutore dell’interdetto deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare; tali obblighi – osservano i suddetti due documenti governativi – implicano una complessa documentazione contabile (basta anche su scontrini di spesa), con un conseguente onere di attività anche a carico degli uffici giudiziari.
Il comma 4 del presente articolo 9 demanda al Governo l’adozione di un regolamento governativo recante la raccolta organica delle disposizioni di rango regolamentare nelle materie oggetto della disciplina di delega legislativa di cui ai precedenti commi da 1 a 3. Il nuovo regolamento – la cui entrata in vigore, come specifica il presente comma 4, può essere anche contestuale all’entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione della suddetta delega – adegua, ove necessario, alla nuova disciplina di livello primario le disposizioni di rango regolamentare (nell’ambito del processo di semplificazione, riordino e riassetto normativi). Il comma 4 in esame non fa riferimento specifico ad alcuna delle tipologie di regolamento governativo di cui all’articolo 17 della L. 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni. Si consideri l’opportunità dell’indicazione esplicita della tipologia di regolamento. Si valuti inoltre l’opportunità di chiarire se il nuovo testo regolamentare debba ricomprendere anche le norme attualmente poste da regolamenti ministeriali. Si ricorda, a quest’ultimo riguardo, che diverse norme del citato D.Lgs. n. 62 del 2024 prevedono l’adozione di regolamenti ministeriali.
Articolo 10
(Delega al Governo in materia di protezione civile
L’articolo 10 contiene una delega finalizzata alla semplificazione, all’aggiornamento e all’integrazione delle disposizioni contenute nel Codice della protezione civile per la valorizzazione dei principi fondanti del Servizio nazionale della protezione civile, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, comma 1, del disegno di legge in commento, nonché degli specifici principi e i criteri direttivi, sanciti al comma 1 del presente articolo.
A tale proposito è utile evidenziare, come si evince anche dalla relazione illustrativa di accompagnamento del disegno di legge, che l’esigenza di una delega legislativa in materia di protezione civile nasce dall’accelerazione dello sviluppo tecnico-scientifico, sociale ed economico di questi anni, che ha richiesto al Legislatore un impegno sempre maggiore di adeguamento, allo scopo di perseguire la massima utilità e coerenza delle varie norme di settore alle esigenze della comunità nazionale, al suo sviluppo e ai cambiamenti che la caratterizzano, tra cui prevenire e fronteggiare le varie fattispecie di rischio, alcune delle quali segnate, in questi tempi, da cambiamenti profondi ed evidenti che necessitano di una vigile azione di previsione, prevenzione ed efficace contrasto.
Passando al merito dell’articolo in esame, si segnala che il comma 1 prevede che il Governo sia delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’aggiornamento e l’integrazione delle disposizioni legislative vigenti che disciplinano il Servizio nazionale della protezione civile e le relative funzioni, in base ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà, nel rispetto della Costituzione, del diritto dell'Unione europea, dei principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2 nonché di ulteriori principi e criteri direttivi specifici.
Per completezza si riportano di seguito i principi e i criteri direttivi contenuti nell’articolo 1:
a) valorizzazione dei seguenti principi fondanti del Servizio nazionale della protezione civile:
1) organizzazione di un sistema policentrico che operi a livello centrale, regionale e locale, promuovendo l’esercizio coordinato delle attività fra i diversi livelli di governo secondo il principio di sussidiarietà e garantendo l’unitarietà dell’ordinamento;
2) attribuzione delle funzioni in materia di protezione civile allo Stato, alle regioni, agli enti locali e alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, valutando l’opportunità di prevedere ulteriori livelli intermedi, secondo i principi di proporzionalità e adeguatezza e tenuto conto dell’esigenza di sostenibilità tecnico-economica degli stessi, anche ai fini del ricorso alle risorse disponibili a legislazione vigente;
3) partecipazione e responsabilità, in tutte le attività di protezione civile, dei cittadini, singoli e associati, con la consapevolezza dei diritti e dei doveri in materia di protezione civile, delle scelte di prevenzione da compiere e delle misure di autoprotezione da adottare in emergenza, anche mediante le formazioni di natura professionale, allo scopo di promuovere la resilienza delle comunità, con particolare attenzione alle persone in condizioni di fragilità sociale e con disabilità;
4) promozione del valore morale, civile e sociale del volontariato e sostegno delle organizzazioni di volontariato operanti nel settore della protezione civile, anche attraverso la formazione e l’addestramento dei volontari ad esse appartenenti, favorendone l’integrazione in tutte le attività di protezione civile;
5) partecipazione e collaborazione della comunità scientifica alle attività di protezione civile;
b) rafforzamento e ampliamento delle attività di previsione, prevenzione, strutturale e non strutturale, nonché mitigazione dei rischi connessi ad eventi calamitosi naturali o di origine antropica, fermo restando che non rientrano nell’azione di protezione civile gli interventi per eventi programmati o programmabili in tempo utile che possano determinare criticità organizzative, in occasione dei quali le componenti e le strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile possono assicurare il proprio supporto, limitatamente ad aspetti di natura organizzativa e di assistenza alla popolazione, su richiesta delle autorità di prote-zione civile competenti, anche ai fini dell’implementazione delle necessarie azioni in termini di tutela dei cittadini;
c) consolidamento della centralità della pianificazione ai vari livelli delle attività di protezione civile, promuovendo la condivisione di dati e informazioni da rendere fruibili a tutti i livelli operativi;
d) semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi di competenza del Servizio nazionale della protezione civile, anche mediante aggiornamento, accorpamento o soppressione di adempimenti e formalità ritenuti non più utili, distinguendo tra le funzioni di indirizzo politico e quelle di gestione amministrativa;
e) conservazione in capo all’autorità politica sia delle funzioni di indirizzo politico in qualità di autorità nazionale di protezione civile e titolare delle politiche in materia, nonché di indirizzo e coordinamento del Servizio nazionale della protezione civile e di unitaria rappresentanza nazionale presso l’Unione europea e gli organismi internazionali in materia di protezione civile, ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sia del potere di adottare direttive e decreti, di chiedere al Consiglio di Stato di esprimere il parere sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica secondo quanto previsto dagli articoli 11 e 12 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, nonché di determinare le politiche di protezione civile per la promozione e il coordinamento delle attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle città metropolitane, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione e organizzazione pubblica o privata presente sul territorio nazionale;
f) valorizzazione delle funzioni delegate alle province ai sensi di quanto previsto dall’articolo 11, comma 1, lettera o), del codice della protezione civile di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, anche mediante la previsione della disciplina di una funzione di coordinamento delle strutture tecniche, operative e amministrative ad esse afferenti, al fine di assicurare il più efficace concorso al coordinamento delle attività volte al superamento delle situazioni di emergenza;
g) conservazione in capo alle autorità territoriali di protezione civile, in base alle previsioni della normativa statale e delle normative concorrenti, delle funzioni di indirizzo politico, limitatamente alle articolazioni appartenenti o dipendenti dalle rispettive amministrazioni;
h) revisione del perimetro d’intervento del Servizio nazionale della protezione civile sulla base della valutazione della straordinarietà dell’impatto dei relativi eventi, garantendo, in caso di attivazione degli strumenti di protezione civile, coerenza e continuità operativa, funzionale alle effettive esigenze, nelle attività di protezione civile previste dall’articolo 2 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 1 del 2018;
i) rafforzamento della capacità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile in caso di emergenze di rilievo nazionale, mediante:
1) revisione e semplificazione delle disposizioni contenute negli articoli 23, 24, 25, 26, 27 e 28 del codice di cui al decreto legislativo n. 1 del 2018;
2) accelerazione delle procedure amministrative e contabili nonché delle procedure amministrative e degli adempimenti relativi al reclutamento del personale di adeguata qualificazione con contratti a tempo determinato o con forme di lavoro flessibile, allo scopo di favorire la più rapida ripresa delle condizioni di vita e di lavoro nei territori interessati da eventi calamitosi;
3) salva l’ipotesi in cui sia necessario provvedere ad una complessiva revisione dell’assetto urbanistico ed edilizio delle aree colpite da eventi calamitosi in conseguenza di un diffuso danneggiamento di edifici e infrastrutture, ripristino delle funzioni, delle strutture e delle infrastrutture pubbliche, anche mediante l’accelerazione degli interventi strutturali urgenti, strettamente necessari al superamento della fase di emergenza, ivi compresi quelli di prevenzione strutturale di protezione civile, nei limiti delle risorse allo scopo individuate, definendone l’ambito territoriale e temporale di esecuzione, in raccordo con gli strumenti di programmazione e pianificazione ordinari;
4) revisione e semplificazione delle procedure amministrative connesse alle misure di sostegno a favore dei soggetti danneggiati;
l) valorizzazione della centralità, del ruolo e delle funzioni delle sale operative, delle sale situazioni e dei centri funzionali, in particolare a livello statale e regionale, anche con riferimento alle attività di gestione dei sistemi di allertamento e di allarme pubblico, al fine di rafforzare l’integrazione tra le strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile e lo scambio di informazioni, assicurandone l’efficace trasmissione ai livelli decisionali responsabili;
m) potenziamento della capacità di mutuo sostegno tra gli enti locali, anche attraverso la colonna mobile degli enti locali da impiegare, altresì, per il supporto alle attività di continuità amministrativa, in occasione di situazioni di emergenza di rilievo nazionale, anche mediante l’efficientamento e la sistematizzazione degli strumenti e la semplificazione e standardizzazione delle procedure previste dalla legislazione vigente;
n) normazione e addestramento continuo degli operatori professionisti e volontari in relazione al contesto in cui operano e ai relativi rischi nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente;
o) diffusione della cultura di protezione civile tra la cittadinanza, mediante campagne di sensibilizzazione a partire dalle istituzioni scolastiche;
p) rafforzamento della capacità di intervento del volontariato organizzato alle attività
di protezione civile, anche mediante la semplificazione degli adempimenti previsti dagli strumenti amministrativi e gestionali esistenti, l’introduzione di nuove e specifiche modalità di sostegno, la valorizzazione del servizio civile universale nel settore di intervento della protezione civile e la semplificazione delle forme di coordinamento con la disciplina vigente in materia di Terzo settore;
q) rafforzamento della capacità di concorso alle attività di protezione civile da parte delle professioni e degli ordini professionali, nella qualità di soggetti concorrenti al Servizio nazionale della protezione civile, mediante definizione di modalità semplificate e specifiche finalizzate a rendere tempestivo ed effettivo tale concorso in occasione di situazioni di emergenza;
r) previsione di disposizioni che individuino, a regime, anche sulla base di apposite norme di protezione civile o di settore, specifiche modalità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile per consentire l’effettività delle relative misure e stabilirne l’efficacia limitata alla durata della situazione di emergenza, in ragione della gravità dell’evento calamitoso; nonché previsione, a tali fini, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, di trasparenti procedure di verifica delle singole fattispecie connesse a particolari esigenze, ivi comprese quelle riguardanti:
1) la gestione dei rifiuti, delle macerie, dei materiali vegetali e delle rocce e terre da scavo prodotti in condizioni di emergenza;
2) la gestione degli interventi a tutela del paesaggio, in aree protette, dei siti della rete Natura 2000, e del patrimonio artistico e culturale;
3) la realizzazione di strutture temporanee ad uso abitativo ed economico-produttivo finalizzate allo svolgimento di servizi e funzioni pubbliche e ad attività socio-culturali funzionali a sostenere la resilienza delle comunità, regolando anche le fattispecie di rimozione o di eventuale riuso delle strutture medesime;
4) la gestione dei dati personali;
s) definizione del ruolo e delle responsabilità del sistema e degli operatori di protezione civile e relative specifiche funzioni e professionalità, anche con riferimento alle attività di gestione dei sistemi di allerta-mento e di allarme pubblico e di allerta-mento, di monitoraggio e di presidio delle sale operative e della rete dei centri funzionali, nonché in ambito operativo, e alla relativa disciplina e regolamentazione, che tenga conto:
1) della soglia di incertezza scientifica e del contesto d’urgenza nei quali vengono effettuate le valutazioni e adottate le decisioni;
2) dei principi della «giusta cultura» in base ai quali le componenti e le strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile favoriscono la raccolta e lo scambio delle informazioni relative agli eventi e alle attività di protezione civile per utilizzarle ai fini della migliore organizzazione, gestione del rischio e analisi delle tendenze, anche mediante l’adozione di raccomandazioni o azioni in materia;
3) del coinvolgimento, in sede di accertamento dei fatti e di valutazione delle responsabilità, delle componenti tecnico-scientifiche del Servizio nazionale della protezione civile;
4) dell’esigenza di graduare la colpa in relazione al fatto che l’operatore abbia o meno contribuito a originare il rischio specifico;
5) dell’esistenza e osservanza di protocolli o linee guida di settore, così che l’operatore che si attiene ad essi non risponda per colpa lieve;
6) della previsione di fattispecie di estinzione del reato mediante l’adempimento di prescrizioni obbligatorie emanate dall’autorità di vigilanza per le contravvenzioni, contestate all’operatore nell’esercizio delle funzioni, che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno ai beni di cui all’articolo 1 del codice di cui al decreto legislativo n. 1 del 2018;
t) definizione di ulteriori specifici strumenti per garantire l’effettività della funzione di protezione civile in capo alle componenti del Servizio nazionale della protezione civile, con particolare riguardo agli aspetti organizzativi e relativi alla definizione del ruolo degli operatori, a livello centrale e territoriale e con specifico riferimento alle funzioni correlate all’allertamento del Servizio nazionale, anche tramite l’allinea-mento delle procedure previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, per il personale di protezione civile delle componenti del Servizio nazionale a quelle già previste per il personale in servizio presso il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri nella gestione delle emergenze;
u) verifica del rispetto dei principi contenuti nelle direttive dell’Unione europea in materia;
v) adeguamento alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali.
Il comma 2, da ultimo, dispone che i decreti legislativi, in attuazione della delega di cui al comma 1 siano adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 3, anche su proposta del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Articolo 11
(Delega al Governo in materia di formazione superiore e ricerca)
L’articolo 11, comma 1, conferisce la delega al Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, uno o più decreti legislativi per il riordino e il riassetto delle disposizioni legislative in materia di formazione superiore e ricerca, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, nonché di una serie di principi e criteri direttivi specifici. Il comma 2 disciplina la procedura di adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1. Il comma 3 stabilisce il termine e la procedura per l’eventuale adozione di uno o più decreti legislativi modificativi, recanti disposizioni integrative o correttive. Il comma 4 demanda a un unico regolamento governativo l’adozione delle disposizioni di esecuzione e di attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1. Il comma 5 prevede che con un regolamento ministeriale i regolamenti ministeriali e interministeriali relativi alle materie disciplinate dai decreti legislativi di cui all’articolo in esame sono riuniti in un testo unico, adeguandoli, ove necessario, alla nuova disciplina di livello primario.
Come sopra anticipato, il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, uno o più decreti legislativi per il riordino e il riassetto delle disposizioni legislative in materia di formazione superiore e ricerca, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, nonché dei seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) riordino e razionalizzazione delle disposizioni in materia di assetto organizzativo e governance interna delle università;
b) riordino e razionalizzazione delle procedure di reclutamento dei professori e dei ricercatori, ivi comprese le procedure di abilitazione scientifica nazionale e di valutazione dei prodotti della ricerca, nonché di mobilità all'interno del sistema nazionale della ricerca;
c) riordino e razionalizzazione della normativa in materia di promozione dell'internazionalizzazione del corpo docente e degli studenti e in favore della attrattività del sistema universitario italiano, con particolare attenzione alle procedure di chiamata diretta dall'estero di studiosi stabilmente impegnati all'estero o presso istituti universitari o di ricerca esteri, anche se ubicati nel territorio italiano, in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario;
d) riordino e razionalizzazione della normativa in materia di stato giuridico ed economico del personale universitario, con particolare riferimento all'individuazione degli obblighi didattici e di ricerca, nonché alle condizioni e alle modalità di svolgimento di attività esterne all'istituzione di appartenenza, fatto salvo il rispetto degli obblighi istituzionali;
e) riordino delle disposizioni relative all'individuazione dei principi generali a tutela dell'autonomia didattica degli atenei, anche al fine di promuovere l'interdisciplinarità dei corsi di studio e la formazione di profili professionali innovativi;
f) riordino e razionalizzazione degli strumenti a sostegno del diritto allo studio universitario, delle borse di studio e delle soluzioni di alloggio in favore degli studenti, con particolare riferimento a coloro che scelgono di intraprendere gli studi universitari in un comune diverso da quello di residenza;
g) riordino e razionalizzazione della normativa in materia di istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, con particolare riferimento agli assetti istituzionali, amministrativi e contabili, agli ordinamenti didattici, allo stato giuridico ed economico del personale, all'attività di ricerca, alla programmazione e valutazione della ricerca, della produzione artistica e scientifica e della didattica, alla qualificazione e al reclutamento del personale docente e non docente, nonché ai sistemi informativi, valorizzando l'autonomia delle istituzioni;
h) riordino e razionalizzazione della normativa in materia di enti pubblici di ricerca, con particolare riferimento allo stato giuridico ed economico del personale, all'attività di ricerca, alla programmazione e valutazione della stessa e alla qualificazione e al reclutamento del personale tecnico-amministrativo e della ricerca, nonché ricognizione e aggiornamento delle attività di vigilanza e di coordinamento strategico delle politiche della ricerca dei Ministeri vigilanti con riferimento agli enti pubblici di ricerca di cui al d.lgs. n. 218/2016.
L’articolo 1,comma 1, elenca i seguenti enti pubblici di ricerca: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia Spaziale Italiana - ASI; Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR; Italiano di Studi Germanici; Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF; Istituto Nazionale di Alta Matematica “Francesco Severi” - INDAM; Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS; Nazionale di Ricerca Metrologica - INRIM; Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche “Enrico Fermi”; Stazione Zoologica “Anton Dohrn”; Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - INVALSI; Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa - INDIRE; Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria - CREA; Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'energia e lo Sviluppo Sostenibile - ENEA; Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori - ISFOL (a decorrere dal 1° dicembre 2016 denominato Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche - INAPP); Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT; Istituto Superiore di Sanità - ISS; Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA.
Il comma 2 prevede che i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati ai sensi dell'articolo 1, comma 3, anche su proposta del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati. Sugli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, lettera f), è acquisita l'intesa in sede di Conferenza unificata. In mancanza dell'intesa nel termine di cui all'articolo 3 del d.lgs. n. 281/1997, il Consiglio dei ministri delibera, approvando una relazione, che è trasmessa alle Camere, nella quale sono indicati gli specifici motivi per cui l'intesa non è stata raggiunta.
Il comma 3 dell'articolo 3 del d.lgs. n. 281/1997 prevede che quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. Secondo il comma 4, in caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l'osservanza delle disposizioni dell’articolo 3 in questione. I provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.
Il comma 4 demanda a un unico regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della L. n. 400/1988[24], l’adozione delle disposizioni di esecuzione e di attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1.
Il comma 5 prevede che con un regolamento ministeriale adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della L. n. 400/1988[25], i regolamenti ministeriali e interministeriali relativi alle materie disciplinate dai decreti legislativi di cui all’articolo in esame sono riuniti in un testo unico, adeguandoli, ove necessario, alla nuova disciplina di livello primario.
Articolo 12
(Clausola di invarianza finanziaria)
L’articolo 12, comma 1, stabilisce che dall’attuazione del presente provvedimento non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il comma 2 prevede che gli schemi di decreto legislativo attuativi di deleghe contenute nel presente provvedimento siano corredati di relazione tecnica. Ove i medesimi schemi prevedano nuovi o maggiori oneri non compensati al loro interno, i corrispondenti decreti legislativi dovranno essere emanati successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi recanti gli stanziamenti necessari.
L’articolo 17 della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) prevede (al comma 3) che gli schemi di decreto legislativo che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica. Tale relazione è predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze. Essa riguarda la quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti.
Il comma 2 del medesimo art. 17 (espressamente richiamato dall’art. 12 in esame) stabilisce che le leggi di delega comportanti oneri debbano prevedere i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei decreti legislativi attuativi della delega medesima. Si prevede, tuttavia, che la quantificazione degli effetti finanziari dei decreti legislativi sia effettuata al momento dell'adozione dei medesimi decreti quando la complessità della materia trattata renda impossibile la determinazione di tali effetti finanziari in sede di conferimento della delega. L’art. 17, co. 2, della legge di contabilità in parola dispone che i decreti legislativi recanti nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, predisposta ai sensi del comma 3, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
L’art. 12, comma 2, del disegno di legge in esame riprende esplicitamente tale disciplina contenuta nella legge di contabilità.
Ottemperando a quanto previsto dall’art. 17, comma 3, della legge di contabilità, la relazione tecnica annessa al disegno di legge trasmesso dal Governo (A.S. n. 1192) contiene alcune considerazioni inerenti all’impatto finanziario delle deleghe contenute nel disegno di legge. La medesima RT, in particolare, rileva l’impossibilità di escludere eventuali nuovi o maggiori oneri in relazione alle deleghe contenute nell’articolo 5 (sulla digitalizzazione dell’attività di produzione normativa) e nell’articolo 11 (in materia di formazione superiore e ricerca) considerata la complessità delle materie in questione.
[1] Rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
[2] Nella formulazione attuale le materie sono le seguenti: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull’istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell’ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
[3] Riguardo a tale termine temporale, cfr. l’articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281; si ricorda che quest’ultimo comma è richiamato (nell’ambito della disciplina relativa alle intese nella suddetta sede della Conferenza unificata) dall’articolo 9, comma 2, lettera b), del medesimo D.Lgs. n. 281.
[4] La relazione tecnica è reperibile nell’A.S. n. 1192.
[5] Disciplina di cui alla L. 12 marzo 1999 n. 68. Si ricorda che tale disciplina è richiamata, ai fini in oggetto, dall’articolo 5, comma 1, lettera f), del D.Lgs. 3 maggio 2024 n. 62. Riguardo alla disciplina sul collocamento obbligatorio, cfr. anche infra (nell’ambito della presente scheda sulla lettera a) dell’articolo 9, comma 1).
[6] Riguardo ai profili transitori, cfr. anche gli articoli 33 e 35 dello stesso D.Lgs., e successive modificazioni.
[7] Per i trattamenti previdenziali, cfr., in particolare, la L. 12 giugno 1984, n. 222, e, con riferimento al pubblico impiego, l’articolo 2, comma 12, della L. 8 agosto 1995, n. 335 (per l’attuazione di quest’ultimo comma, cfr. il regolamento di cui al D.M. 8 maggio 1997, n. 187). Riguardo agli accertamenti nell’ambito del pubblico impiego, cfr. l’articolo 45, commi da 3-bis a 3-quater, del D.L. 21 giugno 2022, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2022, n. 122, e successive modificazioni, e il D.M. 31 maggio 2023.
[8] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1192.
[9] Riguardo a tale disciplina, cfr. supra, in nota.
[10] Riguardo alla nozione di caregiver familiare, cfr. infra.
[11] Cfr. gli articoli 414 e 415 del codice civile.
[12] Si ricorda che la capacità giuridica di agire si consegue con la maggiore età. L’istituto dell’interdizione è applicabile anche ai minorenni emancipati in seguito a matrimonio (emancipazione di cui all’articolo 390 del codice civile); si ricorda che, fatta salva l’ipotesi dell’interdizione, il regime di capacità giuridica parziale dei minorenni emancipati corrisponde a quello posto per gli inabilitati.
[13] Riguardo ai minorenni emancipati di diritto, cfr. supra, in nota.
[14] Riguardo a questa terza fattispecie, il citato articolo 415 del codice civile fa salva l'applicazione dell’istituto dell’interdizione qualora risulti che i soggetti siano del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.
[15] Cfr. la norma di rinvio di cui all’articolo 424 del codice civile.
[16] Cfr. l’articolo 394 del codice civile, nonché la norma di rinvio di cui al citato articolo 424 del codice civile. Per fattispecie specifiche, cfr. il secondo comma del suddetto articolo 394.
[17] L’istituto è applicabile esclusivamente ai soggetti maggiorenni. Per i minorenni emancipati di diritto, l’eventuale decreto di nomina di un amministratore di sostegno diventa esecutivo a decorrere dal momento di conseguimento della maggiore età (articolo 405, secondo comma, del codice civile).
[18] Cfr. l’articolo 405, quinto comma, del codice civile.
[19] Articolo 410, primo comma, del codice civile.
[20] Cfr., per il coordinamento tra i due procedimenti, l’articolo 405, terzo comma, e l’articolo 406, secondo comma, del codice civile.
[21] Quest’ultimo comma definisce “caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”.
[22] Esse sono reperibili nell’A.S. n. 1192.
[23] Riguardo a tale istituto, cfr. gli articoli da 692 a 699 del codice civile.
[24] L’articolo 17, comma 1, della L. 400/1988 prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi nonché dei regolamenti comunitari; l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
[25] L’articolo 17, comma 3, della L. 400/1988 prevede che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione