Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
|
---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese |
Serie: | Progetti di legge Numero: 344 |
Data: | 18/09/2024 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali |
Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese
A.S. n. 1184
Servizio Studi
Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi
Dossier n. 344
Servizio Studi
Tel. 066760-3855 st_istituzioni@camera.it - @CD_istituzioni
Progetti di legge n. 344
La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
Articolo 1 (Semplificazioni in materia di autotutela)
Articolo 2 (Interscambio di pallet)
Articolo 3 (Misure di semplificazione della disciplina della professione di guida alpina)
Articolo 5 (Esenzione dall’annotazione di imbarco e sbarco)
Articolo 6 (Forma del contratto di arruolamento del comandante per le navi in Italia e all’estero)
Articolo 7 (Arruolamento del comandante in luogo ove non si trova l’armatore)
Articolo 8 (Riordino della disciplina del servizio sanitario a bordo di navi mercantili nazionali)
Articolo 9 (Procedure per il rilascio di nulla osta al lavoro per stranieri)
Articolo 12 (Modifiche al codice civile in materia di dichiarazione e morte presunta)
Articolo 13 (Disposizioni in materia di traduzioni giurate)
Articolo 14 (Misure di semplificazione in materia di permesso di costruire per immobili vincolati)
Articolo 15 (Agevolazione della circolazione giuridica dei beni provenienti da donazioni)
Articolo 16 (Misure in materia di parità scolastica)
Articolo 17 (Misure di semplificazione in ambito scolastico per studenti e famiglie)
Articolo 20 (Semplificazione della procedura di riconoscimento dei Consorzi universitari)
Articolo 22 (Semplificazioni in materia di certificazione medica in telemedicina)
Articolo 23 (STRALCIATO) (Assunzioni a tempo determinato da parte del Ministero della salute)
Articolo 25 (Misure di semplificazione per promuovere l’erogazione dei servizi in farmacia)
Articolo 27 (Misura di semplificazione in materia di armi)
Articolo 29 (Disposizioni in materia di oggetti preziosi)
Articolo 31, comma 1, lettera d) (Memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi)
Articolo 31, comma 1, lettera f) (Osservatorio mercato del lavoro)
Articolo 31, comma 1, lettera i) (Abrogazione in materia di intercettazioni)
Articolo 31, comma 3 (Abrogazione di disposizioni in materia di spettacolo)
Articolo 32 (Disposizioni finanziarie)
Articolo 33 (Clausola di salvaguardia)
Articolo 1
(Semplificazioni in materia di autotutela)
L’articolo 1 riduce da dodici a sei mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possano procedere all’annullamento di ufficio dei provvedimenti amministrativi di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.
A tal fine, la disposizione modifica l’articolo 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che disciplina in via generale, nell’ambito dei procedimenti di autotutela della pubblica amministrazione, l’annullamento d’ufficio, con il quale l’amministrazione rimuove il provvedimento di primo grado. L’annullamento può essere disposto dallo stesso organo che ha emanato il provvedimento o da altro organo previsto dalla legge.
Secondo la giurisprudenza consolidata, che è stata recepita nella legge n. 241/1990 con la riforma del 2005, i presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, che ha effetti ex tunc, sono:
a) l’illegittimità originaria del provvedimento, ex art. 21-octies comma 1 della legge 241/1990, ossia nei casi classici di provvedimento illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza[1];
b) l’interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità;
c) l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari. Ne risulta che l’annullamento è provvedimento discrezionale, chiamato a ponderare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti.
L’esercizio di questo potere discrezionale non esime l’amministrazione dal dare conto della sussistenza dei menzionati presupposti.
Ai sensi dell’art. 21-nonies, co. 1, della L. 241 del 1990 l’annullamento d’ufficio va adottato «entro un termine ragionevole», decorso il quale l’amministrazione decade dal potere. Ciò a garanzia della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio.
Per eliminare incertezze nei rapporti giuridici rispetto alla valutazione discrezionale della ragionevolezza del termine, la legge n. 124 del 2015 (art. 6) aveva specificato che tale termine non fosse comunque superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione del provvedimento di primo grado per i casi di annullamento d’ufficio dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, anche ove si tratti di provvedimenti formatisi a seguito di silenzio-assenso.
Il legislatore è nuovamente intervenuto in materia con il D.L. n. 77 del 2021 (art. 63, co. 1) disponendo una riduzione del termine da diciotto a dodici mesi, al fine di “consentire un più efficace bilanciamento tra la tutela del legittimo affidamento del privato interessato e l’interesse pubblico”.
Con la disposizione in esame, il limite temporale massimo per procedere all’annullamento d’ufficio viene ulteriormente ridotto a sei mesi.
In base alla relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge l’ulteriore riduzione risponde all’esigenza di salvaguardare il legittimo affidamento ingenerato nei destinatari del provvedimento.
Conseguentemente, per ragioni di coerenza interna del testo normativo, si modifica il riferimento al termine, da dodici a sei mesi, anche al comma 2-bis dell’articolo 21-nonies, il quale dispone che l’esercizio del potere di autotutela potrà essere esercitato anche dopo la scadenza del termine di cui al comma 1, in caso di provvedimenti conseguiti sulla base di condotte costituenti reato che abbiano determinato un falso presupposto per l’adozione del provvedimento e siano state accertate con sentenze passate in giudicato.
Articolo 2
(Interscambio di pallet)
L’articolo 2, comma 1, modifica le norme concernenti l’interscambio di pallet. Tali norme obbligano i soggetti che ricevono “pallet interscambiabili” a qualunque titolo - fatta salva la compravendita o la cessione a titolo gratuito - a restituire un uguale numero di pallet, aventi le medesime caratteristiche di quelli ricevuti, al proprietario o al committente o ad altro soggetto da questi indicato. Le novelle incidono sulle modalità di calcolo del valore di mercato dei pallet interscambiabili, affidato, secondo la disciplina novellata, alle organizzazioni nazionali, europee o internazionali di riferimento, che costituiscono i cosiddetti “Sistemi-pallet”. Sono inoltre introdotte modifiche alla disciplina sul buono pallet (voucher nel testo vigente) emesso quando sia impossibile procedere immediatamente all’interscambio, nonché alla procedura da seguire per lo scambio.
Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.
L’articolo 2, comma 1, riscrive gli articoli 17-bis e 17-ter e abroga l’articolo 17-quater del decreto-legge n. 21 del 2022 (come convertito dalla legge n. 51 del 2022).
L’articolo 17-bis del citato d.l. n. 21 del 2022 fa riferimento ai pallet di cui alla norma UNI EN ISO 445:2013 e successivi aggiornamenti. Si tratta di piattaforme rigide utilizzate per la movimentazione di materiali mediante carrelli transpallet o carrelli elevatori a forche e altre attrezzature di movimentazione, anche costruite o equipaggiate con strutture superiori.
La lettera a) del comma 1 propone modifiche all’art. 17-bis del citato d.l. n. 21 del 2022.
La novella, in primo luogo, incide sul comma 1 dell’art. 17-bis in parola, specificando che il sistema di interscambio si applica ai pallet utilizzati nell’ambito del territorio nazionale e contraddistinti da marchi registrati come marchi collettivi o di certificazione, che li rendono riconoscibili e identificabile. Si prevede esplicitamente che sono esclusi dalla disciplina in esame i pallet non interscambiabili la cui proprietà in capo a un determinato soggetto giuridico sia inequivocabilmente indicata sul prodotto come specifica di capitolato tecnico di produzione.
Si prevede, altresì, che la presente disciplina sull’interscambio non si applica agli scambi commerciali con destinazione o provenienza al di fuori del territorio nazionale.
Sono modificate, in secondo luogo, sulle definizioni contenute nel comma 2 dell’art. 17-bis medesimo.
Viene introdotta la definizione di “pallet riutilizzabile” (destinato ad essere utilizzato per più cicli di utilizzo) e si definisce “interscambiabile” il pallet “standardizzato” e “riutilizzabile”.
Il testo vigente già contiene la definizione di "pallet standardizzato", ossia il pallet comprendente talune tipologie di tali piattaforme che rispondono alla necessità di armonizzazione e di riduzione dei costi. Si demanda la definizione delle caratteristiche di ciascuna tipologia di pallet a specifici capitolati tecnici che costituiscono dei documenti di riferimento su scala mondiale. La disposizione in esame propone l’integrazione della definizione di “pallet standardizzato”, specificando che esso comprende una serie di tipologie di pallet dotati di capitolati tecnici di produzione e riparazione, utilizzati per usi specifici.
Inoltre, il pallet interscambiabile non è ceduto al destinatario della merce né a titolo di vendita (come previsto nel testo vigente), né a titolo gratuito (secondo un’integrazione introdotta dalla novella in esame), ma viene scambiato con un altro pallet della stessa tipologia.
Viene introdotta, con ulteriore modifica, la nozione di “Sistemi-pallet”.
Si tratta delle organizzazioni nazionali, europee o internazionali di riferimento per i pallet interscambiabili.
Tali organizzazioni definiscono le caratteristiche tecniche di produzione e riparazione dei pallet.
La disposizione richiede che i Sistemi-pallet debbano essere titolari o gestori di marchi registrati, collettivi o di certificazione, riconoscibili e identificabili (EPAL, EUR-UIC, e altri) e avere capitolati e regolamenti tecnici di produzione e riparazione che costituiscono documenti di riferimento nel sistema di interscambio.
I Sistemi-pallet devono inoltre essere dotati di sistemi ispettivi permanenti di verifica e di controllo qualità condotti da enti terzi indipendenti di certificazione.
I documenti tecnici di riferimento, con le caratteristiche di qualità e l'eventuale classificazione dei pallet, devono essere disponibili sul sito internet ufficiale del sistema-pallet.
Il Sistema-pallet deve adottare una metodologia di calcolo del valore medio di mercato del pallet di appartenenza (EPAL, EUR-UIC, e altri). Inoltre, il valore del pallet risultante da tale calcolo deve essere reso pubblico e reperibile sul sito internet ufficiale del medesimo Sistema-pallet.
Secondo la relazione illustrativa, la proposta di modifica del sistema di interscambio trae origine da talune criticità riscontrate in fase di attuazione anche in relazione alla definizione del valore di mercato del pallet.
La norma vigente demanda il calcolo di tale valore ad un decreto ministeriale. La disposizione in esame prevede, come detto, che le organizzazioni di riferimento definiscano una metodologia per il calcolo del valore del pallet.
Sono inoltre introdotte le seguenti nuove definizioni:
§ tipologia di pallet, che identifica i marchi registrati del Sistema-pallet di appartenenza (EPAL, EUR-UIC, altri);
§ stato di conservazione, corrispondente al grado di usura del pallet;
§ conformità tecnica inerente al rispetto delle caratteristiche tecniche del pallet al capitolato di produzione o riparazione.
La lettera b) riscrive l’articolo 17-ter del citato d.l. n. 21 del 2022 che disciplina la procedura di scambio.
Il sistema di interscambio (secondo il comma 1 dell’art. 17-ter in parola) pone in capo al soggetto che riceve “i pallet di cui all’articolo 17-bis” (riferimento che appare suscettibile di ulteriore specificazione) l’obbligo di restituire, al proprietario o al committente nonché, secondo un’integrazione proposta dalla novella in esame, al diverso soggetto da questi indicato, di un uguale numero di pallet aventi caratteristiche tecnico-qualitative assimilabili o equiparabili a quelle dei pallet ricevuti. È fatta salva la compravendita e, secondo ulteriore integrazione proposta dalla disposizione in esame, la cessione a titolo gratuito.
La disposizione, come novellata, specifica che la restituzione dei pallet debba avvenire nel luogo in cui è avvenuta la consegna o in altro luogo concordato tra le parti e comunque ad una “distanza ragionevole”, la cui definizione è demandata alle linee guida previste dal nuovo comma 13 dell’articolo 17-ter in commento.
La tipologia, la quantità e - a discrezione del proprietario dei pallet - la qualità dei pallet interscambiabili sono indicate, secondo il testo novellato, nei relativi documenti di trasporto del mittente e non sono modificabili dai soggetti riceventi.
La novella mantiene ferme:
§ la disciplina in materia di imballaggi, contenuta nel Titolo II - parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006 (“codice ambientale”);
§ le disposizioni su imballaggi e unità di movimentazione contenute nell’articolo 11-bis del decreto legislativo n. 28 del 2005 (recante “Disposizioni per il riassetto normativo in materia di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasportatore”).
Il richiamato art. 11-bis stabilisce che l’impresa di autotrasporto (“vettore”) non è tenuta, al termine delle attività di trasporto, alla restituzione degli imballaggi o unità di movimentazione eventualmente utilizzati. Se il committente e il destinatario si sono accordati per la restituzione dei suddetti materiali, il vettore non è responsabile per il rifiuto da parte del destinatario di adempiere, in tutto o in parte, alla restituzione concordata. Il vettore ha comunque diritto ad un compenso per ogni prestazione accessoria eseguita.
Ai sensi del comma 2 dell’art. 17-ter, l'obbligo di restituzione dei pallet permane anche quando il soggetto tenuto alla restituzione si avvale di soggetti terzi ed indipendentemente dallo stato di conservazione e dalla conformità tecnica degli stessi pallet.
Il comma 3 dell’art. 17-ter, come modificato, dispone circa l’emissione del “buono pallet” (secondo la nuova dicitura che sostituisce l’espressione voucher) quando sia impossibile procedere immediatamente all’interscambio.
Come nel testo vigente, si prevede che il buono possa essere digitale o cartaceo e cedibile a terzi senza vincoli di forma. La novella stabilisce che per motivate ragioni organizzative e dimensionali (la cui specificazione è demandata alle linee guida previste dal nuovo comma 13 del medesimo art. 17-ter), il soggetto obbligato alla restituzione, previa sua richiesta, predispone un buono cartaceo parzialmente precompilato, da completare e sottoscrivere contestualmente alla consegna dei pallet, restituendone copia al proprietario o committente. Tale buono è allegato ai documenti di trasporto.
Si stabilisce, tuttavia, che decorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione rimanga valido il solo buono digitale.
Sono quindi specificati i contenuti del buono. Essi sono: data di emissione, numero progressivo, denominazione e dati identificativi del soggetto obbligato alla restituzione - compreso l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) o, in mancanza, altro indirizzo di posta elettronica - i dati identificativi del beneficiario del buono, tipologia, quantità e, ove applicabile, qualità dei pallet da restituire.
Il possesso del buono dà diritto alla restituzione dei pallet ivi indicati, ai sensi dell’articolo 1996 del codice civile.
Tale articolo 1996 disciplina i titoli rappresentativi di merci, ossia quei titoli che attribuiscono al possessore il diritto alla consegna delle merci che sono in essi specificate, il possesso delle medesime e il potere di disporne mediante trasferimento del titolo.
Qualora il buono non riporti tutte le informazioni richieste, il suo possessore ha diritto di richiedere al soggetto obbligato una somma pari al valore commerciale del pallet moltiplicato per il numero di pallet da restituire.
Riprendendo quanto stabilito a legislazione vigente, il comma 4 dell’art. 17-ter stabilisce che la mancata restituzione dei pallet entro sei mesi dalla data di emissione del buono comporta, per il soggetto obbligato, il pagamento del valore commerciale dei pallet non restituiti. Il possessore del buono è comunque tenuto a riconsegnarlo all’emittente, sia in caso di restituzione, sia in caso di pagamento del valore dei pallet stessi.
Il pagamento delle somme alla scadenza del buono (nuovo comma 5 dell’art. 17-ter) non può essere richiesto dal suo se questi non abbia dato seguito, entro sei mesi dalla data di emissione del buono medesimo, ad almeno una richiesta di recupero trasmessa dal soggetto obbligato con e-mail all’indirizzo ivi specificato, con adeguato preavviso. In tal caso, il possessore del buono procede ad una richiesta di recupero dei pallet al soggetto obbligato alla restituzione, il quale deve rendersi disponibile entro i trenta giorni successivi alla richiesta stessa. Nel caso in cui la restituzione non avvenga entro tale ultimo termine, il soggetto obbligato alla restituzione è tenuto al pagamento del valore dei pallet.
Il nuovo comma 6 dell’art. 17-ter prevede il pagamento immediato del valore commerciale dei pallet in caso di mancata riconsegna di uno o più pallet o mancata emissione del buono pallet.
Il nuovo comma 7 dell’art. 17-ter specifica che i soggetti coinvolti nell’interscambio di pallet debbano far riferimento a capitolati, regolamenti tecnici e classificazioni tecnico-qualitative dei marchi registrati EPAL, EUR-UIC disponibili sui siti istituzionali dei Sistemi-pallet.
Il comma 8, riproducendo il contenuto del comma 5 del medesimo art. 17-ter, stabilisce la nullità di ogni patto contrario alle presenti disposizioni.
I commi da 9 a 11 dell’art. 17-ter riguardano taluni compiti dei Sistemi-pallet.
Tali sistemi sono chiamati, come già detto, a determinare la metodologia per calcolo del valore di mercato dei pallet riconducibili al sistema medesimo. Entro il quindicesimo giorno dei mesi di gennaio, maggio e settembre ogni Sistema pallet provvede a pubblicare sul proprio sito internet ufficiale il valore calcolato. In caso si omessa tale pubblicazione, viene applicato l’ultimo valore pubblicato.
Le disposizioni dell’art. 17-ter in commento non si applicano ai Sistemi-pallet che non provvedono ad aggiornare il valore medio di mercato del pallet di riferimento entro i 12 mesi successivi all’ultimo dato pubblicato (nuovo comma 12).
Inoltre, i Sistemi-pallet svolgono compiti di monitoraggio e controllo, nonché di segnalazione di violazioni alle autorità competenti. Essi sono anche destinatari, come le autorità competenti, di segnalazioni da parte di tutti i soggetti coinvolti nel mercato dei pallet.
Il nuovo comma 13 dell’art. 17-ter demanda alle associazioni maggiormente rappresentative coinvolte nel sistema di interscambio dei pallet, d’intesa con i Sistemi-pallet, la redazione di linee guide operative per il sistema di interscambio. Tali linee guida sono redatte entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Si prevede che ad esse sia data adeguata pubblicità e che siano trasmesse al Ministero delle imprese e del made in Italy.
La lettera c) del comma 1 reca l’abrogazione dell’articolo 17-quater del d.l. n. 21 del 2022. Esso stabilisce che dall’attuazione delle disposizioni sull’interscambio contenute negli articoli 17-bis e 17-ter non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Tale clausola di invarianza finanziaria è trasposta nel comma 2 del presente articolo 2 del disegno di legge.
Articolo 3
(Misure di semplificazione della disciplina della professione di guida alpina)
L’articolo 3 sopprime l’obbligo per l’aspirante guida alpina di conseguire il grado di guida alpina entro 10 anni dal conseguimento dell’abilitazione, ed estende l’ambito operativo degli accompagnatori di media montagna ricomprendendo anche le zone rocciose e i terreni innevati, purché senza l’ausilio di corda, piccozza e ramponi.
Il comma 1 dell’articolo in esame modifica alcune disposizioni della legge n. 6 del 1989.
La legge 2 gennaio 1989, n. 6 stabilisce i principi fondamentali per la legislazione regionale in materia di ordinamento della professione di guida alpina, disciplinandone le modalità operative.
In particolare l’articolo 2 - dopo aver identificato la guida alpina in colui che svolge professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, le attività di accompagnamento di persone - suddivide, all’articolo 3, la professione nei due gradi di aspirante guida e di guida alpina-maestro di alpinismo.
L'esercizio stabile della professione di guida alpina, nei due gradi di aspirante guida e di guida alpina-maestro di alpinismo, è subordinato all'iscrizione in appositi albi professionali, articolati per regione e tenuti, sotto la vigilanza della regione, dal rispettivo collegio regionale delle guide (art. 4). I Collegi regionali sono coordinati dal Collegio nazionale delle guide (CONAGAI), vigilato dal Ministero del turismo (art. 15).
Ai sensi dell’articolo 5, sono condizioni per l'iscrizione all'albo i seguenti requisiti:
a) cittadinanza italiana o di altro Stato appartenente all’Unione europea;
b) età minima di 21 anni per le guide alpine-maestri di alpinismo, di 18 anni per gli aspiranti guida;
c) idoneità psico-fisica attestata da certificato rilasciato dalla unità sanitaria locale del comune di residenza;
d) possesso del diploma di scuola media inferiore;
e) non aver subito condanne penali che comportino l'interdizione dai pubblici uffici e per le quali non sia stata applicata la sospensione condizionale della pena, salvo avere ottenuto la riabilitazione;
f) residenza o domicilio o stabile recapito in un comune della regione.
Per quanto riguarda la figura dell’aspirante guida alpina, l’articolo 3 stabilisce che l'aspirante guida può svolgere le attività di cui all'articolo 2 con esclusione delle ascensioni di maggiore impegno, come definite dalle leggi regionali con riguardo alle caratteristiche delle zone montuose; il divieto di cui sopra non sussiste se l'aspirante guida faccia parte di comitive condotte da una guida alpina-maestro di alpinismo (comma 2). Inoltre l'aspirante guida può esercitare l'insegnamento sistematico delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche solo nell'ambito di una scuola di alpinismo o di sci-alpinismo (comma 3). Tuttavia l’aspirante guida deve conseguire il grado di guida alpina-maestro di alpinismo entro il decimo anno successivo a quello in cui ha conseguito l'abilitazione tecnica all'esercizio della professione come aspirante guida. In mancanza, egli decade di diritto dall'iscrizione nell'albo professionale (comma 4).
In particolare, la lettera a), abrogando il comma 4 dell’articolo 3, elimina la previsione per l'aspirante guida di dover conseguire il grado di guida alpina-maestro di alpinismo entro il decimo anno successivo a quello in cui ha conseguito l'abilitazione tecnica all'esercizio della professione come aspirante guida. In mancanza, l'aspirante guida decade di diritto dall'iscrizione nell'albo professionale.
Ne consegue che – venendo meno il limite di dieci anni entro il quale l’aspirante guida alpina deve conseguire il grado di guida alpina-maestro di alpinismo, con conseguente decadenza di diritto dall’iscrizione all’albo (art. 3, co. 4, ora abrogato) - l’aspirante guida alpina può rimanere con tale qualifica senza alcun limite temporale (trattandosi di tre anni rinnovabili), purché adempia agli obblighi di aggiornamento professionale.
La lettera b) del comma 1 modifica l’articolo 21 della legge n. 6 del 1989 relativamente alla figura degli accompagnatori di media montagna (AMM).
L'accompagnatore di media montagna svolge in una zona o regione determinata le attività di accompagnamento previste dal comma 1 dell'articolo 2, con esclusione delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni innevati e di quelli che richiedono comunque, per la progressione, l'uso di corda, piccozza e ramponi, e illustra alle persone accompagnate le caratteristiche dell'ambiente montano percorso.
Le regioni possono prevedere la formazione e l'abilitazione di accompagnatori di media montagna.
Il successivo articolo 22 dispone che nelle regioni che prevedono la figura professionale dell'accompagnatore di media montagna, l'esercizio di tale attività è subordinato all'iscrizione in apposito elenco speciale alla cui tenuta provvede il Collegio regionale delle guide.
L'iscrizione nell'elenco speciale è disposta nei confronti di coloro che siano in possesso della relativa abilitazione tecnica nonché dei requisiti indicati all'articolo 5.
Con la modifica disposta ‹‹chirurgicamente›› dalla lettera b) in esame viene concessa agli accompagnatori di media montagna la possibilità di svolgere attività di accompagnamento anche in zone rocciose e su terreni innevati, mantenendo tuttavia il divieto per le attività sui ghiacciai e sui terreni che richiedono comunque, per la progressione, l'uso di corda, piccozza e ramponi.
In particolare, ricomprendendo anche l’accompagnamento in zone rocciose e terreni innevati tra le attività ammesse per gli accompagnatori di media montagna (AMM), la modifica proposta permette di garantire ad essi quella parità di trattamento che, attualmente, risulta una prerogativa delle “guide ambientali escursionistiche” (GAE).
Le GAE sono figure turistiche non regolamentate, rientranti negli elenchi previsti dalla legge n. 4 del 2013 sulle professioni non organizzate, disciplinate da numerose leggi regionali e che, anche in considerazione anche in base alcune sentenze[2], possono svolgere la propria attività di accompagnamento anche su terreni innevati, purché non richiedano l’uso di attrezzature e tecniche alpinistiche, con utilizzo di corda, piccozza e ramponi.
Ordinamento della professione di guida alpina (Legge n. 6/1989) |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 3 dell’A.S. 1184 |
Art. 3 |
Art. 3 |
1. La professione si articola in due gradi: a) aspirante guida; b) guida alpina-maestro di alpinismo. |
1. La professione si articola in due gradi: a) aspirante guida; b) guida alpina-maestro di alpinismo. |
2. L'aspirante guida può svolgere le attività di cui all'articolo 2 con esclusione delle ascensioni di maggiore impegno, come definite dalle leggi regionali con riguardo alle caratteristiche delle zone montuose; il divieto di cui sopra non sussiste se l'aspirante guida faccia parte di comitive condotte da una guida alpina-maestro di alpinismo. |
2. L'aspirante guida può svolgere le attività di cui all'articolo 2 con esclusione delle ascensioni di maggiore impegno, come definite dalle leggi regionali con riguardo alle caratteristiche delle zone montuose; il divieto di cui sopra non sussiste se l'aspirante guida faccia parte di comitive condotte da una guida alpina-maestro di alpinismo. |
3. L'aspirante guida può esercitare l'insegnamento sistematico delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche solo nell'ambito di una scuola di alpinismo o di sci-alpinismo. |
3. L'aspirante guida può esercitare l'insegnamento sistematico delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche solo nell'ambito di una scuola di alpinismo o di sci-alpinismo. |
4. L'aspirante guida deve conseguire il grado di guida alpina-maestro di alpinismo entro il decimo anno successivo a quello in cui ha conseguito l'abilitazione tecnica all'esercizio della professione come aspirante guida. In mancanza, egli decade di diritto dall'iscrizione nell'albo professionale di cui all'articolo 4. |
Abrogato |
(…) |
(…) |
Art. 21 |
Art. 21 |
1. Le regioni possono prevedere la formazione e l'abilitazione di accompagnatori di media montagna. |
1. Le regioni possono prevedere la formazione e l'abilitazione di accompagnatori di media montagna. |
2. L'accompagnatore di media montagna svolge in una zona o regione determinata le attività di accompagnamento di cui al comma 1 dell'articolo 2, con esclusione delle zone rocciose, dei ghiacciai, dei terreni innevati e di quelli che richiedono comunque, per la progressione, l'uso di corda, piccozza e ramponi, e illustra alle persone accompagnate le caratteristiche dell'ambiente montano percorso. |
2. L'accompagnatore di media montagna svolge in una zona o regione determinata le attività di accompagnamento di cui al comma 1 dell'articolo 2, con esclusione dei ghiacciai e dei terreni che richiedono comunque, per la progressione, l'uso di corda, piccozza e ramponi, e illustra alle persone accompagnate le caratteristiche dell'ambiente montano percorso. |
3. Le guide alpine-maestri di alpinismo e gli aspiranti guida possono svolgere le attività di cui al presente articolo. |
3. Le guide alpine-maestri di alpinismo e gli aspiranti guida possono svolgere le attività di cui al presente articolo. |
Articolo 4
(Misure di semplificazione per l’istituzione di aree di parcheggio a servizio delle strutture alberghiere)
L’articolo 4, composto di un solo comma, modifica il Codice della strada al fine di introdurre la possibilità per le strutture alberghiere di ottenere la concessione, in via temporanea, di porzioni di sedimi stradali pubblici ad uso parcheggio e per il carico e lo scarico di bagagli, pur nel rispetto delle limitazioni generali previste dalla normativa sull’occupazione della sede stradale.
L’articolo 4 introduce il comma 1-bis all’articolo 20 del Codice della strada, di cui al d.lgs. n. 285 del 1992, al fine di permettere alle strutture alberghiere di ottenere in concessione, in via temporanea, porzioni di sedimi stradali pubblici ad uso parcheggio e per il carico e lo scarico di bagagli.
Tale disposizione è comunque sottoposta alle limitazioni di cui al comma 1 dell’articolo 20 del citato Codice, secondo cui:
· sulle autostrade, strade extraurbane principali e secondarie, strade urbane di scorrimento (rispettivamente strade di tipo A), B), C) e D)) è vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili;
· sulle strade urbane di quartiere e sulle strade locali (rispettivamente strade di tipo E) ed F)), l’occupazione della carreggiata può essere autorizzata a condizione che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione.
Articolo 5
(Esenzione dall’annotazione di imbarco e sbarco)
L’articolo 5 modifica l’art. 172-bis del codice della navigazione, al fine di semplificare le procedure di imbarco, sbarco e trasbordo dei lavoratori marittimi che sono sotto la competenza di autorità marittime diverse.
L’articolo 5, comma 1, lettere da a) a d), apre il Capo III del disegno di legge concernente le misure di semplificazione in materia di navigazione e introduce un’esenzione dall’obbligo di annotazione di imbarco e sbarco ove sussistano determinate condizioni.
In particolare l’articolo in commento apporta modifiche all’articolo 172-bis del Codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 dettando, in primo luogo, una nuova formulazione del comma 1.
La lettera a) introduce il nuovo comma 1, ai sensi del quale, i lavoratori marittimi arruolati secondo il patto di cui all’articolo 327, comma 2, del medesimo codice della navigazione (quello per cui il contratto di lavoro non afferisce a una nave determinata, ma a una qualsiasi della flotta dell’armatore) possono essere adibiti al servizio nell’ambito dei porti e delle rade o a servizi pubblici di linea o privati di carattere locale e nazionale in presenza dei seguenti requisiti e con le seguenti modalità:
Ø le navi e i galleggianti devono essere del medesimo tipo;
Ø vi sia la necessità di far ruotare il personale tra tali navi e galleggianti;
Ø in tali casi l’autorizzazione dell’autorità marittima può intervenire per il trasbordo senza l’annotazione di imbarco e sbarco sul ruolo dell’equipaggio o sulla licenza;
Ø l’autorizzazione così rilasciata è valida solo nell’ambito dei porti e delle rade nazionali, anche se ricompresi nella competenza di altre autorità marittime.
Orbene, la disposizione in esame mira a semplificare le procedure interessate attraverso la previsione di un’autorizzazione unica che possa essere valida in tutti i porti interessati dal servizio anche se di competenza di autorità marittime diverse. Come chiarito nella Relazione illustrativa “in tal modo, l’avvicendamento di personale da parte del medesimo armatore che opera servizi regolari negli stessi porti, non deve soggiacere al rilascio di plurime identiche autorizzazioni, eliminando inutili ripetizioni e riducendo significativamente le pratiche burocratiche per l’impiego dei marittimi che impegnano le imprese di navigazione”.
La norma fa, tuttavia, riferimento al solo personale che sia stato arruolato con il patto di cui all’art. 327, comma 2, del Codice della Navigazione, ovvero, come accennato, a coloro che con patto espresso contenuto nel contratto di arruolamento, si siano obbligati a prestare servizio su una nave non determinata fra quelle appartenenti all'armatore o su più di esse successivamente[3].
Si rileva inoltre che il rilascio dell’autorizzazione unica si configura come una mera facoltà e non un obbligo dell’autorità marittima competente che può esercitare soltanto se in considerazione dell’organizzazione del lavoro a bordo, vi sia necessita? di far ruotare il personale tra le navi e i galleggianti medesimi.
La lettera b) introduce una modifica al comma 2 dell’art. 172-bis al fine di precisare che l’armatore ha l’obbligo di comunicare giornalmente all’autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione la composizione effettiva dell’equipaggio di ciascuna nave o galleggiante e le successive variazioni.
La lettera c) apporta una modifica al comma 4 dell’art. 172-bis al fine di sostituire la modalità attraverso la quale l’armatore adempie all’obbligo di comunicazione giornaliera di cui al comma 2 del medesimo articolo. Ed invero, tenendo conto dei nuovi strumenti tecnologici l’utilizzo del telefax viene sostituito con quello della comunicazione in formato digitale.
La lettera d) introduce al comma 5 dell’art. 172-bis l’obbligo per l’armatore di comunicare all’autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione l’orario di lavoro effettivamente compiuto dai marittimi di cui al comma 1.
Per maggiore chiarezza si rimanda al seguente testo a fronte.
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 5 dell’A.S. 1184/2024 |
Art. 172-bis |
Art. 172-bis |
1. Per i marittimi, arruolati con il patto di cui al secondo comma dell'articolo 327, su navi e galleggianti dello stesso tipo, appartenenti al medesimo armatore e adibiti al servizio nell'ambito dei porti e delle rade, o a servizi pubblici di linea o privati di carattere locale, l'autorità marittima può autorizzare che, in caso di trasbordo, non si faccia luogo alla annotazione di imbarco e sbarco sul ruolo di equipaggio o sulla licenza, qualora, per la particolare organizzazione del lavoro a bordo, vi sia necessità di far ruotare il personale tra le navi e i galleggianti medesimi. |
1. Per i marittimi arruolati con il patto di cui all’articolo 327, secondo comma, su navi e galleggianti dello stesso tipo, appartenenti al medesimo armatore e adibiti al servizio nell’ambito dei porti e delle rade o a servizi pubblici di linea o privati di carattere locale e nazionale, l’autorità marittima competente per il porto di partenza o nel quale si svolge il servizio può autorizzare che, in caso di trasbordo, non si faccia luogo all’annotazione di imbarco e sbarco sul ruolo di equipaggio o sulla licenza, qualora, per la particolare organizzazione del lavoro a bordo, vi sia necessita? di far ruotare il personale tra le navi e i galleggianti medesimi. Tale autorizzazione e? valida nell’ambito dei porti e delle rade nazionali oggetto dei servizi sopra indicati anche se ricompresi nella competenza di altre autorità marittime. |
2. L'armatore deve comunque comunicare giornalmente all'autorità marittima, con apposita nota, la composizione effettiva dell'equipaggio di ciascuna nave o galleggiante e le successive variazioni. |
2. L'armatore deve comunque comunicare giornalmente all'autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione, con apposita nota, la composizione effettiva dell'equipaggio di ciascuna nave o galleggiante e le successive variazioni. |
3. L'autorizzazione di cui al comma 1 può essere concessa anche: |
Identico |
a) per i marittimi arruolati, a norma di contratto nazionale o con contratto cosiddetto alla parte e con il patto di cui al secondo comma dell'articolo 327, su navi o galleggianti appartenenti al medesimo armatore e adibiti alla pesca costiera locale o ravvicinata o agli impianti di acquacoltura; |
Identica |
b) per i proprietari armatori imbarcati su navi e galleggianti adibiti alla pesca costiera locale o ravvicinata o agli impianti di acquacoltura. |
Identica |
4. Nei casi previsti dal comma 3 la comunicazione di cui al comma 2 deve essere effettuata settimanalmente con apposita nota riepilogativa, previa comunicazione giornaliera scritta, anche tramite telefax, all'autorità marittima, dell'effettiva composizione dell'equipaggio di ciascuna nave o galleggiante. |
4. Nei casi previsti dal comma 3 la comunicazione di cui al comma 2 deve essere effettuata settimanalmente con apposita nota riepilogativa, previa comunicazione giornaliera scritta, anche in formato digitale, all'autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione, dell'effettiva composizione dell'equipaggio di ciascuna nave o galleggiante. |
5. L'armatore può essere autorizzato dall'istituto assicuratore a tenere un'unica posizione contributiva per tutte le navi ovvero più posizioni contributive per gruppi di navi interessate alla procedura di cui al presente articolo.
|
5. L'armatore può essere autorizzato dall'istituto assicuratore a tenere un'unica posizione contributiva per tutte le navi ovvero più posizioni contributive per gruppi di navi interessate alla procedura di cui al presente articolo, e comunica settimanalmente all’autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione l’orario di lavoro effettivamente compiuto dai marittimi di cui al comma 1. |
Articolo 6
(Forma del contratto di arruolamento del comandante per le navi in Italia e all’estero)
L’articolo 6 apporta le necessarie modifiche al Codice della navigazione al fine di uniformare la convenzione di arruolamento stipulata in Italia a quella stipulata all’estero, permettendo al comandante della nave di assumere quindi i lavoratori marittimi.
L’articolo 6, al comma 1, lettera a) modifica l’articolo 328 del Codice della navigazione, di cui al regio decreto n. 327 del 1942, sostituendone i primi due commi e aggiungendo il comma 2-bis, al fine di uniformare la convenzione di arruolamento stipulata in Italia a quella stipulata all’estero.
Le modiche al comma 1 dell’articolo 328 prevedono quindi, fatto salvo quanto previsto dall’art. 331, la disponibilità per il comandante, ovvero – per i contratti relativi a soggetti diversi dal comandante e del personale addetto ai servizi complementari di bordo - dall’armatore o da un suo procuratore, di stipulare contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio. Qualora il soggetto proponente sia diverso dal comandante, il contratto deve essere stipulato per iscritto alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione.
Si ricorda che, secondo l’articolo 331, l'armatore può procedere all'arruolamento del comandante anche mediante dichiarazione, resa al comandante del porto o all'autorità consolare del luogo dove egli si trova. La detta autorità trasmette telegraficamente, a spese dell'armatore, gli estremi della dichiarazione all'autorità marittima o consolare del porto dove si trova la nave sulla quale il comandante deve prendere imbarco. Con la dichiarazione di accettazione da parte del comandante, resa all'autorità del porto d'imbarco, si perfeziona il contratto di arruolamento. Si segnala che, l’articolo 7 del provvedimento in esame reca modifiche all’articolo 331 (v. infra).
In particolare, si dispone che il contratto di arruolamento del comandante deve essere stipulato con atto pubblico ricevuto dall’autorità marittima del porto dove si trova la nave o, se la nave è all’estero, dall’autorità consolare o dall’autorità marittima del porto di iscrizione della nave o del domicilio del comandante o dell’armatore.
Il novellato comma 1 dell’articolo prevede infine che il contratto è conservato tra i documenti di bordo.
Attraverso questa modifica, si rende strutturale la disposizione di cui all’articolo 103-bis del c.d. Decreto Cura Italia, di cui al decreto-legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020. Tale disposizione prevedeva, fino al 31 dicembre 2024, in deroga all’articolo 328 del Codice della navigazione, che tutti i contratti di arruolamento dei membri di bordo venissero stipulati dal comandante della nave, o dall’armatore, o da un suo procuratore.
Inoltre, il novellato comma 2 dell’articolo 328, inserisce la possibilità che il contratto possa essere annotato non solo dall’autorità marittima, come precedentemente previsto, ma anche da quella consolare. Una mancata annotazione comporta la nullità dello stesso.
Nei contratti di arruolamento del comandante, inoltre, si specifica che, quando la nave è all’estero e il contratto è stipulato per atto pubblico ricevuto dall’autorità marittima del porto di iscrizione della nave o del domicilio del comandante o dell’armatore, l’annotazione è effettuata dall’autorità marittima o consolare nel primo porto di approdo in cui ha sede tale autorità.
Infine, dopo il secondo comma, se ne inserisce uno ulteriore, che prevede che le citate disposizioni di cui ai primi due commi non si applicano nei casi previsti dall’articolo 330, quindi per le navi di stazza lorda non superiore alle cinque tonnellate. Per queste imbarcazioni, infatti, il contratto può essere fatto verbalmente.
L’articolo 6, al comma 1, lettera b) abroga l’articolo 329 del codice della navigazione contenente la disciplina per la stipulazione del contratto in località estera dove non sia autorità consolare.
La disciplina del citato articolo 329 prevedeva che nei casi in cui l'arruolamento avesse avuto luogo all'estero, in località che non è sede di autorità consolare, il contratto dovesse, a pena di nullità, essere stipulato per iscritto, alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione. Il contratto è conservato fra i documenti di bordo.
L’articolo 6, al comma 2, abroga parte del comma 1 dell’articolo 103-bis del c.d. Decreto Cura Italia, cui al D.L. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, relative ad un regime transitorio, valido fino al 31 dicembre 2024, per la stipula dei contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo.
Per ulteriori dettagli sulle modifiche testuali apportate al codice della navigazione, e al c.d. Decreto Cura Italia, si rimanda alle seguenti tabelle di testo a fronte.
Testo a fronte degli articoli 328 e 329 del codice della navigazione
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 6, comma 1, dell’A.S. 1184/2024 |
Art. 328 |
Art. 328 |
1. Salvo quanto è disposto nei successivi articoli, il contratto di arruolamento deve, a pena di nullità, essere fatto per atto pubblico ricevuto, nella Repubblica, dall'autorità marittima, e, all'estero, dall'autorità consolare. |
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 331, il contratto di arruolamento del comandante della nave deve essere stipulato per atto pubblico ricevuto dall’autorità marittima del porto dove si trova la nave o, se la nave è all’estero, dall’autorità consolare o dall’autorità marittima del porto di iscrizione della nave o del domicilio del comandante o dell’armatore. I contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio diversi dal comandante e del personale addetto ai servizi complementari di bordo devono, a pena di nullità, essere stipulati per iscritto dal comandante della nave ovvero dall’armatore o da un suo procuratore, alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione. Il contratto e? conservato fra i documenti di bordo. |
2. Il contratto deve, parimenti a pena di nullità, essere dalle autorità predette annotato sul ruolo di equipaggio o sulla licenza. |
2. Il contratto deve, a pena di nullità, essere annotato dall’autorità marittima o consolare sul ruolo di equipaggio o sulla licenza nei casi previsti dal primo periodo del primo comma e dal comandante della nave nei casi previsti dal secondo periodo del medesimo comma. Nei casi di cui al primo periodo del primo comma, quando la nave è all’estero e il contratto è stipulato per atto pubblico ricevuto dall’autorità marittima del porto di iscrizione della nave o del domicilio del comandante o dell’armatore, l’annotazione è effettuata dall’autorità marittima o consolare nel primo porto di approdo in cui ha sede una di tali autorità. |
|
2-bis. Le disposizioni di cui al primo e al secondo comma non si applicano nei casi previsti dall’articolo 330. |
3. Prima della sottoscrizione, il contratto deve essere letto e spiegato al marittimo; l'adempimento di tale formalità si deve far constare nel contratto stesso. |
Identico |
Art. 329 |
Art. 329 |
Se l'arruolamento ha luogo all'estero, in località che non è sede di autorità consolare, il contratto deve, a pena di nullità, essere stipulato per iscritto, alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione. Il contratto è conservato fra i documenti di bordo. |
Abrogato |
Testo a fronte dell’articolo 103-bis del D.L. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 6, comma 1, dell’A.S. 1184/2024 |
Art. 103-bis |
Art. 103-bis |
1.Tutte le certificazioni e i collaudi dei motopescherecci adibiti alla pesca professionale nonché delle unità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435, rilasciati dalle Amministrazioni statali e dagli organismi riconosciuti, in scadenza in data successiva al 30 gennaio 2020 e fino alla data del 30 settembre 2020, sono prorogati al 31 dicembre 2020; a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2024, in deroga all'articolo 328 del codice della navigazione, tutti i contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo vengono stipulati dal comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore nelle forme di cui all'articolo 329 del codice della navigazione, fermo restando l'obbligo di procedere alle annotazioni ed alle convalide previste dall'articolo 357, comma 3, del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (Navigazione marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328. |
1.Tutte le certificazioni e i collaudi dei motopescherecci adibiti alla pesca professionale nonché delle unità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435, rilasciati dalle Amministrazioni statali e dagli organismi riconosciuti, in scadenza in data successiva al 30 gennaio 2020 e fino alla data del 30 settembre 2020, sono prorogati al 31 dicembre 2020. |
Articolo 7
(Arruolamento del comandante in luogo ove non si trova l’armatore)
L’articolo 7 apporta ulteriori modifiche al Codice dalla navigazione, al fine di semplificare la procedura di accettazione al comando della nave da parte del comandante. In particolare, il comma 1 prevede la possibilità di effettuare la dichiarazione di accettazione anche in modalità digitale. Il comma 2 reca invece una modifica al D.P.R. n. 328 del 1952, eliminando, conseguentemente, le modalità telegrafiche previste attualmente dal citato Codice.
Il comma 1 dell’articolo 7 del provvedimento in esame apporta modifiche all’articolo 331 del Codice della navigazione, di cui al regio decreto n. 327 del 1942, contenente disposizioni sull’arruolamento del comandante in luogo ove non si trova l'armatore, al fine di effettuare la dichiarazione di accettazione in formato digitale. In particolare:
· al comma 2 del citato articolo è sostituita la parola “telegraficamente” con “in formato elettronico”, disponendo quindi che le autorità del porto o l’autorità consolari trasmettano in formato elettronico (e non più telegraficamente), gli estremi della dichiarazione di arruolamento del comandante all'autorità marittima o consolare del porto dove si trova la nave sulla quale il comandante deve prendere imbarco;
· al comma 3, si inserisce la disponibilità di rendere all’autorità del porto di imbarco la dichiarazione di accettazione da parte del comandante anche in formato digitale, perfezionando così il contratto di arruolamento.
Conseguentemente, il comma 2 dell’articolo 7 sopprime le parole “telegraficamente” e “telegrafica” dall’articolo 438, terzo comma, del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione (Navigazione marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 1952.
Per ulteriori approfondimenti in merito alle variazioni testuali apportate dall’articolo 7, si rimanda alle seguenti tabelle a fronte.
Testo a fronte dell’articolo 331 del codice della navigazione
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 7, comma 1, dell’A.S. 1184/2024 |
Art. 331 |
Art. 331 |
1. L'armatore può procedere all'arruolamento del comandante anche mediante dichiarazione, resa al comandante del porto o all'autorità consolare del luogo dove egli si trova [c.n. 294], e contenente gli estremi indicati nell'articolo seguente. |
Identico |
2. La detta autorità trasmette telegraficamente, a spese dell'armatore, gli estremi della dichiarazione all'autorità marittima o consolare del porto dove si trova la nave sulla quale il comandante deve prendere imbarco. |
2. La detta autorità trasmette in formato elettronico, a spese dell'armatore, gli estremi della dichiarazione all'autorità marittima o consolare del porto dove si trova la nave sulla quale il comandante deve prendere imbarco. |
3. Con la dichiarazione di accettazione da parte del comandante, resa all'autorità del porto d'imbarco, si perfeziona il contratto di arruolamento. |
3. Con la dichiarazione di accettazione da parte del comandante, resa all'autorità del porto d'imbarco, anche in formato digitale, si perfeziona il contratto di arruolamento. |
Testo a fronte dell’articolo 438 del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione (Navigazione Marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 7, comma 2, dell’A.S. 1184/2024 |
Art. 438 |
Art. 438 |
1. L'autorità che riceve la dichiarazione dell'armatore prevista dall'articolo 331 del codice la trasmette in originale al comandante del porto dove deve avvenire l'imbarco conservandone copia in archivio. |
Identico |
2. L'autorità che riceve la dichiarazione del comandante conserva l'originale in archivio, rimettendone copia al comandante del porto che ha trasmesso la dichiarazione dell'armatore. Copie conformi di ambedue le dichiarazioni, firmate dall'ufficiale rogante e con il bollo d'ufficio sono consegnate al comandante arruolato per essere conservate fra i documenti di bordo. |
Identico |
3. Quando, a norma del secondo comma dell'articolo 331 del codice, gli estremi della dichiarazione dell'armatore sono trasmessi telegraficamente al comandante del porto dove deve avvenire l'imbarco, l'autorità che ha effettuato la comunicazione telegrafica provvede successivamente alla trasmissione in originale della dichiarazione conservandone copia. |
3. Quando, a norma del secondo comma dell'articolo 331 del codice, gli estremi della dichiarazione dell'armatore sono trasmessi al comandante del porto dove deve avvenire l'imbarco, l'autorità che ha effettuato la comunicazione provvede successivamente alla trasmissione in originale della dichiarazione conservandone copia. |
Articolo 8
(Riordino della disciplina del servizio sanitario a bordo di navi mercantili nazionali)
L’articolo 8 demanda ad un regolamento governativo il riordino della disciplina del servizio sanitario reso a bordo delle navi mercantili nazionali, con abrogazione della disciplina regolamentare attualmente vigente in materia (commi 1 e 3). Inoltre, si affida ad un regolamento interministeriale l’individuazione delle tipologie di nave che devono dotarsi di cabine per quarantena o isolamento, di locali di medicazione e di un ospedale di bordo, e la definizione delle caratteristiche strutturali e tecniche dei locali all’uopo adibiti (comma 2).
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400[4], su proposta del Ministro della salute, di concerto con l'autorità politica delegata in materia di politiche del mare[5] e i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze e della pubblica amministrazione, si provveda alla definizione dei requisiti dei medici e degli infermieri che possono prestare assistenza sanitaria a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana, nonché alla disciplina dei modi di selezione, delle condizioni di imbarco, dei compiti e dei percorsi di formazione di tali figure professionali. Il fine indicato dal comma in esame è quello di riordinare e semplificare la disciplina del servizio sanitario reso a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana.
Si ricorda che, ai sensi del richiamato articolo 17, comma 1, della legge 400/1988, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi nonché dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.
In base al successivo comma 3 dell’articolo 17 succitato, con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
Sia i regolamenti governativi sia i regolamenti ministeriali ed interministeriali devono recare la denominazione di "regolamento" e sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale (comma 4 del ridetto art. 17).
Si ricorda, inoltre, che in base all’articolo 117, comma sesto, della Costituzione, lo Stato ha potestà regolamentare nelle materie ricadenti nel proprio ambito di legislazione esclusiva, mentre la potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia.
Si valuti l’opportunità di precisare a quale specifica tipologia di regolamento faccia riferimento il comma in esame.
Si ricorda che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, nei casi in cui al riordino di un determinato settore dell’ordinamento si provvede mediante delega legislativa, la necessità dell’indicazione di principi e di criteri direttivi idonei a circoscrivere le diverse scelte discrezionali dell’esecutivo riguarda i casi in cui la revisione e il riordino comportino l’introduzione di norme aventi contenuto innovativo rispetto alla disciplina previgente, mentre tale specifica indicazione può anche mancare allorché le nuove disposizioni abbiano carattere di sostanziale conferma delle precedenti (sentenze nn. 350/2007, 66/2005 e 354/1998).
Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che, con il regolamento di cui all’articolo 34, comma 1, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271[6], da adottarsi di concerto anche con l'autorità politica delegata in materia di politiche del mare, siano individuate le tipologie di nave che devono dotarsi di cabine per quarantena o isolamento, di locali di medicazione, di un ospedale di bordo e siano definite le caratteristiche strutturali e tecniche dei locali all’uopo adibiti.
Il richiamato articolo 34, comma 1, del d. lgs. 271/1999 stabilisce che con regolamento interministeriale è emanata la normativa tecnica per la costruzione e le sistemazioni relative all'ambiente di lavoro a bordo delle navi mercantili e da pesca nazionali, in conformità anche con le disposizioni di cui alle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n.109 e n.134, ratificate e rese esecutive con la legge 10 aprile 1981, n.157, nonché n.92 e n.133, ratificate e rese esecutive con la legge 10 aprile 1981, n.158. Con l’entrata in vigore del regolamento interministeriale in parola la vigente disciplina legislativa in materia di condizioni per l'igiene e l'abitabilità degli equipaggi a bordo delle navi mercantili nazionali - posta dalla legge 16 giugno 1939, n. 1045 - sarà abrogata (v. succitato art. 34 del d. lgs. 271/1999, co. 2).
Il comma 3 dell’articolo in esame dispone l’abrogazione del Capo IV del regolamento sulla sanità marittima di cui al regio decreto 29 settembre 1895, n. 636, con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1 del presente articolo (v. sopra).
La relazione illustrativa del disegno di legge in disamina afferma che tale abrogazione è disposta al fine di semplificare, armonizzare e rendere omogenea la normativa in materia di medici a bordo, nell’assunto che il predetto regio decreto contenga, al riguardo, disposizioni ormai obsolete.
Si ricorda[7] che la figura del medico di bordo è nata per far fronte alle esigenze che si verificavano durante le traversate oceaniche della prima metà del secolo scorso.
Con l'approvazione del citato regolamento sulla sanità marittima (regio decreto n. 636 del 29 settembre 1895, seguito dal regio decreto n. 178 del 20 maggio 1897[8]) si è dato il via in Italia al primo modello di struttura sanitaria a bordo di navi, in grado di funzionare da "posto di pronto soccorso", oltre che da infermeria con posti letto autonomi.
I regi decreti di cui sopra costituiscono ancor oggi la base normativa, seppur datata e in parte aggiornata ed integrata, che regolamenta il servizio medico di bordo sulle navi, italiane o straniere, che effettuano viaggi da o verso porti dello Stato.
Solo "I piroscafi nazionali o esteri destinati al trasporto dei passeggeri per viaggi di lunga navigazione, ove il numero degli imbarcati, fra equipaggio e passeggeri, superi i 150" dovevano in origine "avere un medico di bordo" (citato R.D. n.178/1897, art. 20[9]; al riguardo v. anche infra).
L’art. 1, tutt’ora vigente, del R.D. n. 636 del 1895, che individua le funzioni del servizio di sanità marittima, così recita:
“Il servizio di sanità marittima ha per oggetto di vigilare, per quanto riguarda l'igiene e la sanità pubblica, sui porti e sulle navi ancorate non che sugli arrivi e sulle partenze per la via di mare, e di eseguire e fare osservare quanto relativi, le ordinanze e i decreti delle autorità competenti. Forma anche parte di questo servizio tutto quanto riflette il regime di difesa contro la trasmissione delle malattie infettive diffusive per la via di mare, col mezzo delle stazioni sanitarie marittime allo stesso scopo istituite.
Dipende tale servizio dal Ministero dell'interno[10], col concorso del Ministero della marina, e ne curano il disimpegno i signori prefetti, a mezzo delle capitanerie ed uffici di porto, delle stazioni sanitarie marittime e del personale sanitario addettovi.”.
Le attività del medico di bordo sono disciplinate dalle previsioni contenute nel menzionato Capo IV del R.D. n. 636 del 29 settembre 1895, e, in particolare nell’articolo 33, novellato da ultimo nel 1972, che attualmente così dispone:
“I medici di bordo sono tenuti a prestare l'assistenza medica e chirurgica a tutte le persone imbarcate sulla nave. Tale assistenza è gratuita per le persone componenti l'equipaggio, per gli impiegati dello Stato che viaggino per ragioni di servizio, per i cittadini da considerarsi emigranti ai sensi delle norme sull'emigrazione ovvero che rimpatrino a spese dello Stato ovvero che siano indigenti, per gli apolidi e rifugiati emigranti, nonché per gli emigranti di cittadinanza straniera che prendano imbarco in un porto della Repubblica.
Per le prestazioni richieste dagli altri passeggeri i medici di bordo possono percepire l'onorario nella misura prevista dalla tariffa minima nazionale che all'epoca della percezione risulti, a norma dell'art. 1 della legge 21 febbraio 1963, n. 244, approvata con decreto del Presidente della Repubblica. Non danno comunque diritto alla percezione dell'onorario le prestazioni relative alle malattie, pertinenti alla navigazione ovvero infettive, soggette a denuncia, stabilite con successivo provvedimento del Ministro per la sanità di concerto con i Ministri per gli affari esteri e per la marina mercantile.
I medici di bordo hanno qualità e competenza di ufficiale sanitario governativo per la tutela dell'igiene e sanità di bordo, durante l'intera durata del viaggio, comprese le soste nei porti esteri di scalo e di destinazione “.
Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale 13 giugno 1986[11] il servizio medico di bordo è diventato obbligatorio anche sulle navi della marina mercantile italiana, addette alla navigazione nel mare Mediterraneo, che siano: 1) navi maggiori destinate al servizio pubblico di crociera; 2) navi traghetto, abilitate al trasporto di 500 o più passeggeri, in servizio pubblico di linea la cui durata, tra scalo e scalo, sia pari o superiore a 6 ore di navigazione.
Come ricorda la relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, i medici e gli infermieri di bordo non sono convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, ma sono contrattualizzati privatamente dagli armatori. I relativi corsi di formazione sono organizzati da strutture di formazione abilitate/autorizzate dal Ministero della Salute, che fa da garante sulla presenza dei requisiti e sulle materie di insegnamento affinché ci sia uniformità nell'erogazione dei corsi sul territorio nazionale. Tali corsi di formazione sono a carico delle strutture formative abilitate e i medici vi partecipano pagando una quota di iscrizione che copre le spese di erogazione dei corsi.
Articolo 9
(Procedure per il rilascio di nulla osta al lavoro per stranieri)
L’articolo 9 dispone che le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possano avvalersi anche delle rispettive articolazioni territoriali ai fini della presentazione dell’istanza per l’esclusione dell’asseverazione che, in via generale, viene rilasciata a seguito dell’esito positivo delle verifiche richieste per l’assunzione come lavoratori subordinati di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (nonché di apolidi). Resta ferma la necessità che le medesime organizzazioni abbiano sottoscritto un apposito protocollo di intesa con il Ministero del lavoro con il quale si impegnano a garantire il rispetto, da parte dei propri associati, dei requisiti richiesti.
Preliminarmente, va ricordato che la procedura per il rilascio del nulla osta al lavoro per cittadini non comunitari - il cui ingresso in Italia è regolato annualmente da appositi decreti (decreti flussi) - e per l’ottenimento della suddetta asseverazione è dettata dall’art. 24-bis del D.Lgs. 286/1998, il quale ha posto a regime una disciplina transitoria, già stabilita con riferimento alle quote di ingresso di lavoratori stranieri relative agli anni 2021-2023, dettata dall’art. 44 del D.L. 73/2022. Alla luce di quanto detto, si valuti di riferire la modifica operata dal presente articolo 9 anziché all’articolo 44, comma 5, del D.L. 73/2022, al richiamato articolo 24-bis, comma 3, del D.Lgs. 286/1998.
Tale disciplina affida la verifica dei requisiti richiesti dalla normativa vigente ai fini dell’assunzione di lavoratori stranieri e concernenti l’osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro e la congruità del numero delle richieste presentate per il medesimo periodo dal datore di lavoro, anche in relazione alla sua capacità economico-finanziaria e alle esigenze dell'impresa[12] (ai sensi dell’art. 30-bis, c. 8, del D.P.R. 394/1999[13]) – verifica in precedenza rimessa all’Ispettorato nazionale del lavoro - ad alcune categorie di professionisti (consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili) o alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (ai quali il datore di lavoro aderisca o conferisca mandato). In caso di esito positivo delle verifiche, è rilasciata apposita asseverazione, che il datore di lavoro trasmette allo sportello unico per l'immigrazione unitamente alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero.
La disciplina in oggetto esclude la necessità della suddetta asseverazione per le richieste di nulla osta presentate dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e sottoscrittrici con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un apposito protocollo di intesa con il quale le organizzazioni si impegnano a garantire il rispetto, da parte dei propri associati, dei requisiti in oggetto. La novella in esame specifica che tali organizzazioni datoriali possono avvalersi anche delle rispettive articolazioni territoriali ai fini della presentazione dell’istanza per l’esclusione della suddetta asseverazione.
Si ricorda che, ai sensi del richiamato art. 30-bis, c. 8, del D.P.R. 394/1999[14], la verifica della congruità in rapporto alla capacità economica del datore di lavoro non è richiesta per i soggetti che siano affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza e che intendano assumere, per la propria assistenza, un lavoratore straniero.
Viene altresì fatta salva la possibilità, per l'Ispettorato nazionale del lavoro, di effettuare, in collaborazione con l'Agenzia delle entrate, controlli a campione sul rispetto dei requisiti e delle procedure di cui alla suddetta disciplina.
Articolo 10
(Incentivi fiscali alla fusione di fondazioni - Modifiche alla disciplina del credito d’imposta di cui all’articolo 1, comma 396 della legge 29 dicembre 2022, n. 197)
L’articolo 10 propone di modificare la disciplina del credito di imposta concesso in favore delle fondazioni bancarie in caso di determinate operazioni di fusione al fine di sostituire, ai fini dell’effettiva assegnazione del beneficio, il criterio dell’ordine cronologico di presentazione delle delibere d’impegno attualmente previsto con l’ordine temporale di stipula dell’atto pubblico di fusione. La norma propone inoltre delle semplificazioni con riferimento alle modalità di comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate a ciascuna fondazione dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto annualmente, nonché delle modalità di compensazione del credito d’imposta medesimo.
L’unico comma dell’articolo in esame apporta una serie di modificazioni alla disciplina del credito di imposta concesso alle fondazioni bancarie in caso di determinate operazioni di fusione (di cui all’articolo 1, comma 396, della legge di bilancio 2023 - legge n. 197 del 2022).
Nello specifico, il suddetto comma 396 prevede che nel caso di operazioni di fusione poste in essere dalle fondazioni di origine bancaria (di cui al decreto legislativo n. 153 del 1999), alle fondazioni bancarie incorporanti è riconosciuto un credito d’imposta, pari al 75 per cento delle erogazioni in denaro previste nei relativi progetti di fusione per incorporazione e successivamente effettuate a beneficio dei territori di operatività delle fondazioni incorporate, le quali versino in gravi difficoltà in quanto non in grado di raggiungere, per le loro ridotte dimensioni patrimoniali, una capacità tecnica, erogativa e operativa adeguata, ai sensi dell’articolo 12 del Protocollo d’intesa del 22 aprile 2015, tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Associazione di fondazioni e casse di risparmio Spa (ACRI).
Le disposizioni, comma 397, qualificano più precisamente come “fondazioni bancarie in gravi difficoltà” le fondazioni aventi un patrimonio contabile, risultante dal bilancio approvato al 31 dicembre 2021, non superiore a 50 milioni di euro e che, sulla base dei bilanci di missione approvati nel quinquennio 2017-2021, abbiano subito, rispetto al quinquennio 2012-2016, presentino una riduzione di almeno il 30 per cento dell’importo delle erogazioni deliberate.
Il comma 398 chiarisce alcuni aspetti delle procedure e delle modalità di fruizione del credito d’imposta introdotto al comma 396.
Preliminarmente la norma stabilisce che il credito d’imposta è assegnato, fino a esaurimento delle risorse disponibili, pari a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, secondo l’ordine temporale con cui le fondazioni incorporanti comunicano ad ACRI le delibere di impegno a effettuare le erogazioni di cui al medesimo 396. Al fine di consentire la fruizione del credito d’imposta, ACRI trasmette all’Agenzia delle entrate, con modalità definite d'intesa, l’elenco delle fondazioni incorporanti per le quali sia stata riscontrata la corretta delibera di impegno, in ordine cronologico di presentazione.
Il comma 399 stabilisce che il credito d'imposta è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riconoscimento e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi in cui il credito è utilizzato. Il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, a decorrere dal periodo d'imposta nel quale lo stesso è stato riconosciuto. Il credito d'imposta è cedibile dalle fondazioni incorporanti, a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, secondo le modalità che verranno definite con il provvedimento di cui al comma 400.
Al credito d'imposta non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007), e all'articolo 34 della legge n. 388 del 2000, e successive modificazioni.
Pertanto non si applicano alcuni dei vigenti limiti e divieti alla compensazione e, in particolare:
· il limite annuale all'utilizzo della compensazione dei crediti d'imposta (di cui all’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007);
L’articolo 1, comma 53, della legge finanziaria 2008 prevede che i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, in quanto derivanti a agevolazioni concesse alle imprese, possano essere utilizzati nel limite annuale di 250.000 euro e che l'ammontare eccedente debba essere riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.
· il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale (di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000);
L’articolo 34 della legge finanziaria 2001 ha previsto un limite massimo di crediti imposta compensabili pari, a decorrere dal 1° gennaio 2022, a 2 milioni di euro, come da ultimo stabilito dall’articolo 1, comma 72 della legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021).
Il comma 400 dispone che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono definiti i termini, le modalità e le procedure applicative delle disposizioni sopra descritte, anche ai fini del rispetto del limite di spesa di cui al comma 398.
La norma propone inoltre delle semplificazioni con riferimento alle modalità di comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate a ciascuna fondazione, e per conoscenza all’ACRI, dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto annualmente per ciascuno degli anni indicati nelle rispettive delibere d’impegno (comma 1, lettera a), numeri 3) e 4) dell’articolo in esame).
Si precisa inoltre che la concessione del credito d’imposta avviene successivamente all’assunzione delle delibere di impegno da parte delle fondazioni incorporanti (comma 1, lettera a), numero 5) dell’articolo in esame).
Le modifiche al comma 399 mirano a semplificare le modalità di compensazione del credito d’imposta riconosciuto alle fondazioni incorporanti che hanno effettuato le erogazioni riducendo gli adempimenti dichiarativi precedentemente previsti.
Nella relazione illustrativa, il Governo, dopo aver rammentato che il credito di imposta introdotto dalla legge di bilancio 2022 rappresenta un incentivo utile a corroborare, e contribuire a determinare, la volontà di quelle fondazioni che, essendo potenzialmente in grado di incorporare consorelle in difficoltà, intendano, con spirito solidaristico, farsi carico pro futuro dei bisogni sociali delle comunità e dei territori di riferimento che, in caso contrario, potrebbero restare privi di sostegno, precisa che la norma in esame è volta a superare, in una prospettiva di semplificazione, alcune criticità derivanti dall’applicazione della disciplina in commento, il cui mancato superamento potrebbe pregiudicare il buon esito delle predette operazioni.
In particolare, le criticità attengono alla procedura di assegnazione del credito d’imposta in favore delle fondazioni incorporanti che, con i progetti di fusione, abbiano assunto un impegno pluriennale per il sostegno dei territori di operatività delle fondazioni incorporate.
Infatti, ai fini dell’effettiva assegnazione, annualmente, del credito d’imposta in favore delle Fondazioni incorporanti, il criterio dell’ordine cronologico di presentazione delle delibere d’impegno attualmente previsto dal comma 398 potrebbe determinare elementi di incertezza circa l’effettiva possibilità di beneficiare del credito d’imposta, a fronte, ed eventualmente a scapito, del preventivo impegno pluriennale di carattere erogativo sancito nel progetto di fusione autorizzato dall’Autorità di Vigilanza.
Tenuto conto che l’effettiva possibilità di fruire del credito d’imposta rappresenta un incentivo determinante nel processo valutativo e deliberativo di possibili operazioni di fusione, la modifica normativa proposta, attribuendo rilievo agli impegni pluriennali di carattere erogativo assunti con il progetto di fusione, risulta maggiormente coerente con la ratio della disciplina in esame e ne garantisce una maggiore efficacia.
La tabella seguente riporta il testo attualmente vigente dell’articolo 1, commi 398 e 399 della legge n. 197 del 2022 a fronte con le modificazioni proposte dall’articolo in esame.
Legge n. 197 del 2022 |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’articolo 10 dell’AS 1184 |
Art. 1 |
Art. 1 |
398. Il credito d'imposta di cui al comma 396 è assegnato fino a esaurimento delle risorse annue disponibili, pari a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027
Al fine di consentire la fruizione del credito d'imposta, l'ACRI trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità definite d'intesa, l'elenco delle fondazioni incorporanti per le quali sia stata riscontrata la corretta delibera di impegno, in ordine cronologico di presentazione.
L'Agenzia delle entrate, secondo l'ordine cronologico di presentazione delle delibere di impegno e nel limite massimo delle risorse annue disponibili, Entro i sessanta giorni successivi alla predetta comunicazione di riconoscimento del credito d'imposta, le fondazioni effettuano le erogazioni e trasmettono contestualmente copia della relativa documentazione bancaria all'ACRI.
L'ACRI trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d'intesa, l'elenco delle fondazioni che hanno effettuato i versamenti, con i relativi codici fiscali e importi, al fine di consentire la fruizione del credito d'imposta. Ove una fondazione non provveda al versamento, l'ACRI ne dà comunicazione all'Agenzia delle entrate, che provvede ad annullare il riconoscimento del credito d'imposta nei confronti della fondazione inadempiente e a riconoscere, nei limiti dell'importo resosi disponibile, il credito d'imposta alle fondazioni che, pur avendo adottato le delibere di impegno, siano rimaste eventualmente escluse dal riconoscimento dello stesso per esaurimento delle risorse. |
398. Il credito d'imposta di cui al comma 396 è assegnato fino a esaurimento delle risorse annue disponibili, pari a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027. Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, le fondazioni incorporanti trasmettono all’ACRI, entro il 31 dicembre di ciascuno degli anni dal 2024 al 2027, le delibere d’impegno a effettuare le erogazioni di cui al comma 396, in uno o più degli anni suindicati, unitamente al progetto di fusione e all’atto pubblico di fusione. Nei termini stabiliti nel provvedimento di cui al comma 400, l'ACRI trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità definite d'intesa, l'elenco delle fondazioni incorporanti per le quali sia stata riscontrata la corretta delibera di impegno, secondo l’ordine temporale di stipula dell’atto pubblico di fusione. L'Agenzia delle entrate, secondo l’ordine previsto dall’elenco delle fondazioni incorporanti trasmesso dall’ACRI e nel limite massimo delle risorse annue disponibili comunica a ciascuna fondazione e per conoscenza all'ACRI l'ammontare del credito d'imposta riconosciuto per ognuno degli anni indicati nelle delibere d’impegno annualmente, nei termini stabiliti nel provvedimento di cui al comma 400. Successivamente all’assunzione delle delibere d’impegno e comunque entro i sessanta giorni successivi alla predetta comunicazione di riconoscimento del credito d'imposta, le fondazioni effettuano le erogazioni e trasmettono contestualmente copia della relativa documentazione bancaria all'ACRI. L'ACRI trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche definite d'intesa, l'elenco delle fondazioni che hanno effettuato le erogazioni, con i relativi codici fiscali e importi, al fine di consentire la fruizione del credito d'imposta. Ove una fondazione non provveda all’erogazione, l'ACRI ne dà comunicazione all'Agenzia delle entrate, che provvede ad annullare il riconoscimento del credito d'imposta nei confronti della fondazione inadempiente e a riconoscere, nei limiti dell'importo resosi disponibile, il credito d'imposta alle fondazioni che, pur avendo adottato le delibere di impegno, siano rimaste eventualmente escluse dal riconoscimento dello stesso per esaurimento delle risorse. |
399. Il credito d'imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta nel quale lo stesso è stato riconosciuto.
Il credito d'imposta è cedibile dalle fondazioni incorporanti a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, secondo le modalità definite con il provvedimento di cui al comma 400. Al credito d'imposta non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Per quanto non espressamente disciplinato dai commi da 396 a 401, si applicano le disposizioni in materia di liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso previste ai fini delle imposte sui redditi. |
Il credito d'imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal giorno 10 del mese successivo a quello in cui l’ACRI ha trasmesso all’Agenzia delle entrate l’elenco delle fondazioni che hanno effettuato le erogazioni. Il credito d'imposta è cedibile dalle fondazioni incorporanti a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, secondo le modalità definite con il provvedimento di cui al comma 400. Al credito d'imposta non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Per quanto non espressamente disciplinato dai commi da 396 a 401, si applicano le disposizioni in materia di liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso previste ai fini delle imposte sui redditi.
|
Articolo 11
(Misure di semplificazione in materia di rilascio delle autorizzazioni all’inumazione, alla tumulazione, alla cremazione e all’affido o dispersione delle ceneri)
L’articolo in titolo reca misure di semplificazione per il rilascio delle autorizzazioni all’inumazione, alla tumulazione, alla cremazione e all’affido o dispersione delle ceneri. In particolare, al fine di semplificare le procedure connesse al rilascio delle autorizzazioni in materia, si prevede la digitalizzazione di varie fasi dei relativi processi.
Le innovazioni in questione sono introdotte nell’ordinamento giuridico attraverso modifiche testuali dell’articolo 3[15], comma 1, della legge 30 marzo 2001, n. 130[16].
In primo luogo, è modificata la lettera a) del comma 1 anzidetto, che nel testo vigente stabilisce che l'autorizzazione alla cremazione spetta all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso, che la rilascia acquisito un certificato in carta libera del medico necroscopo dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato ovvero, in caso di morte improvvisa o sospetta segnalata all'autorità giudiziaria, il nulla osta della stessa autorità giudiziaria, recante specifica indicazione che il cadavere può essere cremato. Le modifiche consistono nel prevedere che il rilascio dell'autorizzazione alla cremazione avvenga anche in modalità digitale, e che l’acquisizione del certificato del medico necroscopo avvenga in modalità digitale, in alternativa all’acquisizione del predetto certificato in forma cartacea (lettera a) dell’articolo in esame).
In secondo luogo, è inserita nel comma 1 oggetto di novella la nuova lettera a-bis), in base alla quale gli avvisi, le autorizzazioni e tutti i documenti necessari per la cremazione e l’affido o la dispersione delle ceneri vengono formati e inoltrati tempestivamente da parte del comune in cui è avvenuto il decesso agli aventi titolo ovvero all’impresa funebre incaricata, anche per via telematica (lettera b) dell’articolo in esame).
Infine, è inserita ivi la nuova lettera b-bis), secondo la quale sono rese con qualsiasi mezzo idoneo, anche in formato digitale, garantendo in ogni caso l'identità del dichiarante, e sono acquisite, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, anche per via telematica, le dichiarazioni dei familiari del defunto in tema di autorizzazione alla cremazione (lettera c) dell’articolo in esame). Si ricorda che tali dichiarazioni sono previste in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, e possono essere rilasciate dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi.
Nella relazione illustrativa, il Governo osserva che l’articolo in esame, in riferimento alle diverse fattispecie considerate, prevede la “possibilità di digitalizzare tutte le fasi dei relativi processi”.
Si ricorda che con la legge n. 130 del 2001 è stata disciplinata esclusivamente la materia della cremazione e dispersione delle ceneri, al fine di rimuovere gli ostacoli di natura culturale e burocratica che incontrava la diffusione della pratica della cremazione, che riveste notevole rilievo anche per il problema della carenza di spazio nei cimiteri. Tale legge legittima la dispersione delle ceneri - se autorizzata dall'ufficiale di stato civile su espressa volontà del defunto -, in precedenza configurata come reato (vedi art. 411 del codice penale). La nuova disciplina detta i principi informatori del previsto regolamento modificativo dell'attuale regolamento di polizia mortuaria sopra citato (modalità di autorizzazione alla cremazione da parte dell'ufficiale di stato civile, modalità di espressione della volontà del defunto e modalità relative alla dispersione o alla conservazione delle ceneri).
La disciplina fondamentale in tema di attività funerarie è contenuta nel T.U. delle leggi sanitarie (Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265), ed in particolare al titolo VI (Della polizia mortuaria). Tale normativa è volta a stabilire l'ubicazione e le caratteristiche dei cimiteri, affrontando prevalentemente i profili sanitari, con riflessi su quelli di natura urbanistica. Il summenzionato regolamento di polizia mortuaria contiene disposizioni, tra le altre, in materia di obitori (capo III), di trasporto dei cadaveri (capo IV), sui cimiteri (capo IX e X), sulle sepolture private nei cimiteri (capo XVIIII) e sui sepolcri privati fuori dei cimiteri (capo XXI).
Diverse regioni sono intervenute per disciplinare con proprie leggi la materia, introducendo norme di dettaglio rispetto alla richiamata normativa statale.
Articolo 12
(Modifiche al codice civile in materia di dichiarazione e morte presunta)
L’articolo 12 riduce da due ad un anno dalla scomparsa il termine per la proposizione della domanda giudiziale di dichiarazione di assenza, e da dieci a cinque anni il termine per la dichiarazione di morte presunta da parte del Tribunale.
La disposizione reca modifiche agli articoli 49 e 58 del codice civile in materia di dichiarazione di assenza e morte presunta[17].
L’ordinamento giuridico italiano prevede due istituti, disciplinati nel Titolo IV del Libro I del codice civile, riguardanti l'ipotesi di scomparsa di una persona, ovvero l'assenza e la morte presunta, finalizzati a consentire la regolazione dei rapporti giuridici che fanno capo alla persona scomparsa e che, in difetto di un pronunciamento da parte dell'autorità giudiziaria, si troverebbero in una condizione di sospensione e, conseguentemente, di incertezza. Entrambi gli istituti prevedono l'accertamento da parte del tribunale di una situazione di fatto, la scomparsa di un individuo, che si concretizza nella mancanza di notizie riguardanti la persona per un lasso temporale di due anni, per quanto concerne l'assenza, o di dieci anni, per quanto concerne la morte presunta. Da tale accertamento derivano una serie di effetti giuridici riguardanti il possesso ed il godimento dei beni dello scomparso. La dichiarazione d'assenza non è tuttavia propedeutica alla dichiarazione di morte presunta, che può essere in ogni caso richiesta dai soggetti legittimati, qualora ne ricorrano i presupposti, a prescindere dal fatto che sia stata o meno dichiarata l'assenza.
La lett. a) del comma 1 modifica l’articolo 49 del codice civile riducendo il periodo temporale intercorrente tra la scomparsa di una persona e la possibilità di presentare istanza al tribunale al fine di ottenere la dichiarazione di assenza della persona medesima. Attualmente la normativa richiede che siano trascorsi 2 anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia riguardante la persona scomparsa, l’articolo abbrevia ad un anno tale termine.
L'assenza è una situazione di diritto perché unisce al sostrato materiale della mancanza di notizie oltre il biennio l'elemento formale della sentenza che la dichiara. Con essa si cerca di attuare un equo contemperamento tra l'interesse dell'assente alla conservazione del patrimonio e l'interesse dei presunti successibili e dei terzi titolari di posizioni dipendenti dalla morte dello stesso ad ottenere immediatamente l'esercizio provvisorio dei diritti loro spettanti.
Se tra i presupposti per la sua dichiarazione rientra la giustificata incertezza sull'esistenza in vita dello scomparso non è invece richiesto che sia preceduta dalla nomina del curatore di quest'ultimo
Tra i soggetti che ragionevolmente ritengano di avere diritti sul patrimonio dello scomparso, la dottrina comprende i presunti eredi testamentari, coloro che sarebbero liberati dalle obbligazioni in dipendenza della morte dello scomparso, il nudo proprietario che si avvantaggerebbe della consolidazione dell'usufrutto alla nuda proprietà, il donante con patto di reversibilità, il co-usufruttuario, il titolare di un usufrutto congiuntivo o di diritto di accrescimento. Sono invece esclusi i creditori dei presunti eredi, i creditori dell'assente e il P.M..
Il procedimento per la dichiarazione di assenza e di morte presunta è attualmente disciplinato dagli articoli 473-bis.59 e ss della sezione IV, del Titolo IV-bis (Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie), del Libro II del Codice di procedura civile. Tali disposizioni – introdotte dal decreto legislativo n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia) riproducono, in larga parte, il testo dei previgenti artt. 726 e ss. contestualmente abrogati dalla riforma. La nuova disciplina si applica (ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022) ai procedimenti instaurati successivamente al 28.2.2023: ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.
Relativamente agli effetti occorre rammentare che la dichiarazione di assenza costituisce il presupposto necessario per chiedere i provvedimenti di cui agli articoli 50-55 ed in particolare l'immissione nel possesso dei beni che non può pertanto ritenersi effetto automatico. Costituiscono tuttavia effetti immediati lo scioglimento della comunione legale o convenzionale dei beni dei coniugi (art. 191) e la non impugnabilità del matrimonio contratto dal coniuge dell'assente (art. 117). Nessuna conseguenza la sentenza produce sullo stato e sulla capacità personale dell'assente, né sul suo patrimonio, pertanto egli è pienamente capace di disporre dei propri beni
La lett. b) del comma 1 dell’articolo 12 modifica invece l'articolo 58 del codice civile (Dichiarazione di morte presunta dell'assente), dimezzando (da dieci a cinque anni) il periodo temporale intercorrente tra la scomparsa di una persona e la possibilità di presentare istanza al tribunale al fine di ottenere la dichiarazione di morte presunta della persona medesima.
È opportuno sottolineare come la disposizione in esame riproduca in parte il contenuto dell’AS 626 in corso d’esame in Commissione giustizia del Senato.
Occorre altresì rilevare che la disposizione in commento non interviene sul secondo comma dell’articolo 58 c.c., nella parte in cui prevede che la sentenza dichiarativa di morte presunta non possa essere pronunziata se non sono trascorsi nove anni dal raggiungimento della maggiore età dell'assente.
Il fenomeno della morte assume particolare importanza in ambito civilistico per le rilevanti conseguenze connesse alla stessa con riguardo ai rapporti patrimoniali facenti capo al de cuius. L'evento morte determina, infatti, l'interruzione di rapporti fondati sull'elemento fiduciario che li caratterizzava (si veda a titolo esemplificativo l'art. 1722, c.c. per il quale il mandato si estingue con la morte del mandante o del mandatario), ovvero, ancora, relativi all'utilizzo personale del bene oggetto del contratto (si pensi al disposto dell'art. 1021 c.c. in tema di diritto d’uso), ovvero alle prestazioni di fare infungibili (si veda l'art. 2094 c.c. il quale fa espresso riferimento al lavoro intellettuale o manuale "proprio" del prestatore di lavoro subordinato), ovvero legittima, comunque, la risoluzione del rapporto ad opera dell'altro contraente (a mero titolo esemplificativo si vedano: l'articolo 1614 c.c., in materia di locazione, il quale, in caso di morte dell'inquilino, statuisce espressamente la possibilità per gli eredi di recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte; ovvero, l'art. 1627 c.c. che, in materia di affitto, in caso di morte dell'affittuario prevede esplicitamente, per il locatore e gli eredi dell'affittuario medesimo, la possibilità di recedere dal contratto entro tre mesi dalla morte di quest'ultimo; o ancora, in ambito di comodato, l'art. 1811 c.c., il quale, in caso di morte del comodatario, prevede la possibilità per il comodante di esigere dagli eredi l'immediata restituzione della cosa, benché sia stato convenuto un termine; nonché, da ultimo, con riferimento alla disciplina della società semplice, l'art. 2284 c.c. il quale afferma che, salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano).
Alla morte dell'individuo è, inoltre, connessa l'apertura del fenomeno successorio, con conseguente devoluzione del patrimonio ereditario a favore dei successori. Stante la rilevanza delle conseguenze connesse all'evento morte, il legislatore ha ritenuto opportuno apportare una tutela alle situazioni nelle quali l'evento potrebbe essersi anche solo presuntivamente realizzato. L'istituto della morte presunta, disciplinato dall'art. 58 c.c., è stato introdotto nel 1942 e modificato, in parte, in ragione di situazioni contingenti di rilevante portata (in merito, si pensi alle conseguenze discendenti dal conflitto mondiale, che ha indotto all'emanazione della L. 3.6.1949 n. 320, L. 13.3.1950 n. 109 e L. 14.2.1951, n. 103, ovvero al terremoto dell'Irpinia del novembre 1980, che ha portato all'emanazione della L. 22.12.1980, n. 875 che, per i comuni colpiti dagli eventi sismici, ha espressamente stabilito la possibilità di dichiarare la morte presunta delle persone scomparse per effetto del terremoto, senza che si avessero più loro notizie, quando fosse trascorso un anno dall'evento, ovverosia dal 23 novembre 1980).
La dichiarazione di morte presunta può essere richiesta quando il soggetto, ai sensi degli artt. 48 e 49 c.c., si sia allontanato dall'ultima residenza o dell'ultimo domicilio e non se ne abbiano più notizie, purché siano decorsi dieci anni dall'ultima notizia dello stesso. Può parimenti essere dichiarata la morte presunta, ai sensi dell'art. 60 c.c.:
· allorché il soggetto sia scomparso nel corso di operazioni belliche (alle quali egli abbia preso parte o alle quali si sia semplicemente trovato presente), decorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace o tre anni dalla fine dell'anno di cessazione delle ostilità;
· allorché il soggetto sia stato fatto prigioniero, internato o trasportato in un paese straniero, decorsi due anni dall'entrata in vigore del trattato di pace o tre anni dalla fine dell'anno di cessazione delle ostilità, senza che siano pervenute notizie successivamente alla cessazione delle ostilità o alla sottoscrizione del trattato di pace;
· quando la scomparsa sia dipesa da infortunio e siano decorsi due anni, senza notizie, dal giorno dell'infortunio, ovvero, nell'ipotesi in cui il giorno fosse sconosciuto, decorsi due anni dalla fine del mese ovvero, se anche questi fosse sconosciuto, decorsi due anni dalla fine dell'anno in cui l'infortunio si è verificato.
Il procedimento per la dichiarazione di assenza e di morte presunta è attualmente disciplinato dagli articoli 473-bis.59 e ss della sezione IV, del Titolo IV-bis (Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie), del Libro II del Codice di procedura civile. Tali disposizioni – introdotte dal decreto legislativo n. 149 del 2022 (c.d. riforma Cartabia) riproducono, in larga parte, il testo dei previgenti artt. 726 e ss. contestualmente abrogati dalla riforma. La nuova disciplina si applica (ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022) ai procedimenti instaurati successivamente al 28.2.2023: ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.
Legittimati attivi alla proposizione della domanda sono il Pubblico Ministero e i soggetti espressamente indicati nell'art. 50 c.c., ovverosia coloro che assumerebbero la veste di eredi testamentari (art. 592 c.c.) o legittimi (art. 565 c.c.), se l'assente fosse morto nel momento in cui è pervenuta l'ultima notizia afferente lo stesso, ovvero i loro rispettivi eredi. Analoga legittimazione è conferita ai legatari (art. 588 c.c.), ai donatari (art. 769 c.c.) ovvero a coloro ai quali spetterebbero diritti derivanti dalla morte del soggetto ovvero, ancora, a chiunque vi abbia interesse (art. 100 c.p.c.).
La domanda per dichiarazione di morte presunta si propone, ai sensi dell’articolo 473-bis.62 c.p.c., con ricorso, al tribunale dell'ultimo domicilio o dell'ultima residenza dello scomparso, ex art. 48 c.c. Nell'atto introduttivo devono essere riportate le generalità dei presunti successori legittimi del soggetto scomparso e devono essere fornite informazioni circa il fatto ed il tempo della scomparsa; al ricorso devono altresì essere allegati, ex art. 190 disp. att., i documenti attestanti lo stato di famiglia dello scomparso. Nel ricorso deve, inoltre, darsi atto dell'eventuale esistenza del procuratore o rappresentante legale dello scomparso e debbono essere indicati eventuali soggetti che, per quanto a conoscenza del ricorrente, in ragione della morte dello scomparso, perderebbero diritti o assumerebbero obbligazioni.
A seguito del deposito del ricorso, il presidente del tribunale nomina, ai sensi dell'art. 473 bis.60, sé stesso o altro giudice e dispone che la domanda, a cura del ricorrente ed entro il termine stabilito dallo stesso presidente, sia pubblicata, per estratto, per due volte consecutive a distanza di dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale e in due diversi giornali. Nella pubblicazione deve essere contenuto espresso invito, rivolto a chiunque sia a conoscenza di notizie concernenti lo scomparso, di fornire informazioni al tribunale, nel termine di sei mesi dall'ultima pubblicazione. Il presidente può comunque disporre che vengano utilizzati altri mezzi di pubblicità.
Decorsi sei mesi dall'ultima pubblicazione, su istanza del ricorrente, il giudice fissa con decreto l'udienza, assegnando termine per la notificazione del ricorso e del decreto. Il decreto deve altresì essere comunicato al pubblico ministero.
All'udienza, alla quale dovranno comparire il ricorrente ed i soggetti indicati nell’atto introduttivo, il giudice interroga i comparenti sugli aspetti e le circostanze che reputa rilevanti, disponendo, se del caso, che vengano assunte ulteriori informazioni.
Esaurita la fase istruttoria, il giudice riferisce in camera di consiglio al collegio che emette sentenza. Nei casi in cui la scomparsa sia avvenuta a seguito di operazioni belliche o infortunio, ex art. 60 n. 1 e 3 c.c., la sentenza deve indicare il giorno e possibilmente l'ora della scomparsa; nell'ipotesi di cui al punto 2 del medesimo art. 60, deve essere indicato il giorno a cui risale l'ultima notizia dello scomparso. Ove non possa essere indicata l'ora, la morte si presume avvenuta alla fine del giorno indicato.
Ai sensi dell’articolo 473-bis-63 c.p.c. la sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta deve essere inserita per estratto nella Gazzetta Ufficiale e pubblicata nel sito internet del Ministero della giustizia. Il tribunale può anche disporre altri mezzi di pubblicità. Le inserzioni possono essere eseguite a cura di qualsiasi interessato e valgono come notificazione. Ad avvenuta pubblicazione, copia della sentenza, unitamente alla copia dei giornali nei quali è avvenuta la pubblicazione, deve essere depositata nella cancelleria del tribunale che ha provveduto alla pronuncia della sentenza, sull'originale della quale devono essere annotate le formalità pubblicitarie eseguite. La sentenza che dichiara l'assenza o la morte presunta non può essere eseguita prima che sia passata in giudicato e che sia compiuta l'annotazione. Della sentenza è data comunicazione, a cura della cancelleria, al competente ufficiale di stato civile, per consentirne l'annotazione a margine dell'atto di nascita dello scomparso, nonché a margine dell'eventuale atto di matrimonio. La sentenza che dichiara la morte presunta può essere eseguita solo successivamente al suo passaggio in giudicato e solo in esito all'annotazione, sull'originale della sentenza, dell'adempimento delle formalità pubblicitarie prescritte.
Quando la sentenza diviene eseguibile e quindi, quando sia passata in giudicato e ne sia stata curata la pubblicazione, i soggetti immessi nel possesso temporaneo dei beni ex art. 49 c.c. o i loro successori possono disporre liberamente dei beni; i soggetti cui è stato conferito l'esercizio provvisorio dei diritti e la liberazione temporanea delle obbligazioni (ex art. 50 c.c.), ne acquisiscono l'esercizio definitivo e la definitiva liberazione. La sentenza comporta, parimenti, l'estinzione delle obbligazioni alimentari di cui all'art. 50, 4° co. c.c. La sentenza determina l'apertura della successione mortis causa, apertura che viene fatta risalire al momento in cui la sentenza presume (e dichiara) si sia verificata la morte; di contro, la delazione ereditaria si verifica nel momento in cui la sentenza diviene eseguibile, ovvero, successivamente al passaggio in giudicato della sentenza e all'adempimento delle prescritte formalità pubblicitarie. Qualora il soggetto di cui sia stata dichiarata la morte presunta ritorni o ne sia provata l'esistenza, giusta il disposto dell'art. 66 c.c., ha diritto di recuperare i beni nello stato in cui si trovano, ovvero di ottenere il prezzo dei beni che siano stati alienati, se ancora dovuto, ovvero ancora di ottenere i beni per l'acquisto dei quali il prezzo sia stato utilizzato.
Articolo 13
(Disposizioni in materia di traduzioni giurate)
L’articolo 13 modifica le disposizioni vigenti in materia di deposito presso il tribunale di perizie stragiudiziali (con particolare riguardo alle traduzioni giurate), stabilendo che queste possano essere formate, sottoscritte e trasmesse in via telematica e che, in tal caso, debbano contenere anche la formula di giuramento.
L’articolo in commento interviene sull’articolo 5 del regio decreto n. 1366 del 1922 recante “Semplificazione di taluni servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie”, sostituendolo integralmente, mantenendo tuttavia ferma la previsione originaria del primo periodo dell’articolo 5 medesimo ai sensi della quale gli atti notori e i verbali di giuramento di perizia stragiudiziali sono ricevuti dal cancelliere.
Le perizie stragiudiziali sono dei documenti contenenti la descrizione/valutazione di questioni tecniche redatti da professionisti in possesso di determinate cognizioni tecnico-scientifiche. Affinché acquistino valore legale tali documenti sono sottoposti ad una procedura di asseverazione che consiste nella prestazione di un giuramento davanti ad un notaio o al cancelliere di un qualsiasi tribunale o ufficio del giudice di pace situato sul territorio nazionale (senza riguardo alla residenza del tecnico o al luogo della perizia o all’eventuale albo di iscrizione). La falsa attestazione giurata dei fatti riportati in perizia costituisce reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ai sensi dell’art. 483 c.p., punito con la reclusione fino a due anni.
Le modifiche alla disciplina vigente sono contenute nei due periodi aggiunti al citato articolo 5 i quali, rispettivamente, prevedono che:
· è consentita la formazione, la sottoscrizione e la trasmissione digitali delle perizie stragiudiziali, comprese le traduzioni giurate, secondo le norme, anche di natura regolamentare, che regolano la materia nell’ambito del processo civile telematico (secondo periodo);
· l’atto formato, sottoscritto e trasmesso digitalmente deve includere la formula del giuramento con cui si attesta di avere bene e fedelmente adempiuto le funzioni affidate allo scopo di far conoscere la verità nonché, nel caso di traduzione giurata, l’attestazione di conformità del testo tradotto al testo originale (terzo periodo).
Come evidenziato nella relazione illustrativa, tali modifiche sono volte a semplificare e snellire le procedure richieste per l’asseverazione giurata delle perizie stragiudiziali ed in particolare delle traduzioni, in tal modo consentendo di conseguire dei risparmi in termini di tempo e di costi sia per i clienti sia per le cancellerie.
R.D. 9 ottobre 1922, n. 1366 |
|
Testo previgente |
Modificazioni apportate dall’art. 13 dell’AS n. 1184 |
Art. 5 |
Art. 5 |
Gli atti notori e i verbali di giuramento di perizia stragiudiziali, sono ricevuti dal cancelliere |
Gli atti notori e i verbali di giuramento di perizia stragiudiziali sono ricevuti dal cancelliere. Le perizie stragiudiziali, ivi comprese le traduzioni giurate, possono altresì essere formate, sottoscritte e trasmesse digitalmente nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici nel processo civile. In tal caso, l’atto contiene il giuramento di avere bene e fedelmente adempiuto le funzioni affidate allo scopo di far conoscere la verità e, se si tratta di traduzioni giurate, l’attestazione di conformità del testo tradotto al testo in lingua originale. |
Articolo 14
(Misure di semplificazione in materia di permesso di costruire per immobili vincolati)
L’articolo 14 introduce il meccanismo del silenzio-assenso per i permessi di costruire riguardanti immobili sottoposti a vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali siano ottenuti e validi i relativi provvedimenti di autorizzazione, nulla osta o assensi comunque denominati.
L’articolo 14 modifica l’articolo 20, comma 8, del D.P.R. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di seguito TU Edilizia) che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire.
L’articolo 20 TU Edilizia prevede che il procedimento, a istanza di parte, si concluda con una proposta di provvedimento finale entro 60 giorni dalla presentazione della domanda allo sportello unico. Entro i successivi 30 giorni, il responsabile dell’adozione del provvedimento finale adotta il provvedimento. Il procedimento può essere interrotto una sola volta e si applica, quando prevista, la disciplina sulla conferenza dei servizi.
Il comma 8 previgente alla novella dispone che, decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all'assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni sulla conferenza dei servizi.
In particolare, la lettera a) sopprime la parte del medesimo comma 8, primo periodo, che impedisce la formazione del silenzio-assenso in caso di sussistenza di vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali e assoggetta la domanda, in presenza di tali vincoli, alla conferenza dei servizi.
La lettera b) integra invece il medesimo comma 8, primo periodo, assoggettando la domanda di permesso di costruire per cui sussistano vincoli di assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali alle disposizioni sulla conferenza dei servizi previste agli articoli 14 e seguenti della Legge 241/1990, facendo tuttavia salva la formazione del silenzio-assenso sulla domanda stessa nel caso in cui per il medesimo intervento siano stati già acquisiti e siano in corso di validità i relativi provvedimenti formali di autorizzazione, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, previsti dalla normativa vigente e rilasciati dall’autorità preposta alla cura dei predetti interessi sugli elaborati progettuali oggetto della domanda di permesso di costruire.
Articolo 15
(Agevolazione della circolazione giuridica dei beni provenienti da donazioni)
L’articolo 15 modifica il regime di restituzioni relativo ai beni oggetto di donazioni, sostituendo l’attuale sistema che prevede la possibilità di esperire un’azione di riduzione del bene immobile donato (che a determinate condizioni può concludersi con la restituzione del bene immobile alla massa ereditaria), con un nuovo sistema basato sull’indennizzo economico dell’erede o del legatario leso.
A tal fine il comma 1 riforma numerosi articoli del codice civile dedicati all’azione di riduzione della donazione ed in particolare a quella riguardante i beni immobili.
L’azione di riduzione è lo strumento di cui dispongono gli eredi legittimari per ottenere la reintegrazione della quota legittima, che sia stata lesa per effetto di donazioni o disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre.
Per quanto riguarda specificamente le donazioni, l’art. 555 c.c. dispone che la donazione il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre è soggetta a riduzione nei limiti della suddetta quota. Le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori (art. 559 c.c.).
Qualora la donazione abbia ad oggetto un immobile, occorre, se possibile, separare dall'immobile la parte occorrente per integrare la quota riservata, altrimenti se ciò non è possibile, il legatario o il donatario che hanno nell'immobile una eccedenza maggiore del quarto della porzione disponibile sono tenuti al rilascio dell'immobile nell'eredità, salvo il diritto di conseguire il valore della porzione disponibile, mentre possono ritenerlo, se l'eccedenza non supera il quarto, compensando in danaro i legittimari (art. 560 c.c.).
La disciplina della restituzione degli immobili in conseguenza di riduzione della donazione e dell’azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione è contenuta, rispettivamente, negli artt. 561 e 563 c.c., che sono oggetto di modifica da parte dell’articolo in esame; si rinvia pertanto al commento relativo alle lettere a) e c).
L’alinea esplicita le finalità dell’intervento, ovvero dare uno stimolo al mercato immobiliare attraverso l’introduzione di norme che facilitino la circolazione dei beni provenienti da donazione e acquistati da terzi, al contempo conseguendo una maggiore certezza dei rapporti giuridici.
A supporto della suddetta impostazione, la relazione illustrativa fornisce una serie di dati che mettono in evidenza come in Italia vengano annualmente stipulate ogni anno oltre 200.000 donazioni aventi ad oggetto un bene immobile (213.000 nel 2022 e 221.000 nel 2021). Il nuovo sistema dovrebbe superare l’impasse del mercato immobiliare per quanto riguarda gli immobili acquisiti per donazione, consentendo di “sbloccare il mercato dei beni provenienti da donazione, oggi in larga parte bloccato per i timori degli acquirenti di essere destinatari di azioni da parte degli eredi legittimi”, con positive ricadute finanziarie per l’intero sistema, soprattutto in considerazione del fatto che “questi beni potrebbero essere costituiti in garanzia, tipicamente con accensione di ipoteca, così semplificando l'accesso al credito, particolarmente gravoso per giovani, soggetti con redditi intermittenti, imprenditori alle prese con le conseguenze della crisi provocata dall'emergenza epidemiologica”.
In dettaglio, le disposizioni del codice civile modificate sono quelle riguardanti:
o la restituzione degli immobili, ex art. 561 c.c. (lett. a);
o l’insolvenza del donatario soggetto a riduzione, ex art. 562 c.c. (lett. b);
o l’azione contro gli aventi causa dei donatari soggetti a riduzione ex art. 563 c.c. (lett. c);
o le domande riguardanti atti soggetti a trascrizione e i relativi effetti rispetto ai terzi ex art. 2652 c.c. (lett. d);
o le domande relative ad atti soggetti a trascrizione ex art. 2690 c.c. (lett. e).
Il primo intervento (lett. a)) è quello effettuato sull’art. 561, primo comma, primo e secondo periodo, c.c. al fine di modificare il regime applicabile ai beni immobili restituiti.
Attualmente, il primo periodo del primo comma dell’art. 561 c.c. prevede che a seguito di azione di riduzione della donazione i beni immobili sono per legge liberi da qualunque peso e/o ipoteca di cui il legatario o il donatario li abbia gravati (purché la domanda per la riduzione sia stata trascritta entro 10 anni dall’apertura della successione ai sensi dell’art. 2652, primo comma, n. 8, altrimenti, trascorso tale periodo, i diritti che terzi abbiano acquistato a titolo oneroso in base ad un atto trascritto prima della domanda di riduzione saranno salvaguardati anche a fronte di una sentenza di accoglimento della medesima domanda).
A seguito delle modifiche introdotte, il regime di cui al primo comma, primo periodo dell’art. 561 c.c. resta applicabile esclusivamente nel caso in cui sia stato il legatario a gravare gli immobili restituiti da pesi e/o ipoteche.
Con le modifiche apportate al secondo periodo del medesimo primo comma dell’art. 561 c.c., invece, si stabilisce che pesi e ipoteche di cui il donatario ha gravato gli immobili restano efficaci e che il donatario è obbligato a compensare in denaro gli eredi legittimari lesi in virtù del minor valore dei beni, entro il limite necessario per integrare la quota ad essi riservata, ferma restando, ai sensi dell’art. 2652, primo comma, n. 1), la tutela dei diritti acquistati da terzi in base ad un atto trascritto prima della domanda per la riduzione (v. lett. d).
Si introduce, quindi, un regime semplificato rispetto alla vigente disciplina di cui al citato secondo periodo del primo comma dell’art. 561 c.c., che attualmente prevede che i pesi e le ipoteche restano efficaci solo se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo l’obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in virtù del minor valore dei beni se la domanda di riduzione è proposta entro dieci anni dall’apertura della successione.
Infine, per effetto delle modifiche apportate al terzo periodo e l’aggiunta di un periodo finale, si prevede che il nuovo regime si applichi anche, rispettivamente, ai beni mobili registrati e ai beni mobili non iscritti in pubblici registri.
La lett. b) interviene sull’art. 562 c.c. al fine di introdurre disposizioni di coordinamento conseguenti alle modifiche apportate agli artt. 561 e 563 c.c. (rispettivamente dalle lettere a) e c) dell’articolo in commento). Si prevede quindi che, in caso di perimento della cosa donata imputabile al donatario o ai suoi aventi causa e contemporanea insolvenza totale o parziale del donatario, il valore della cosa donata, per la parte risultata non recuperabile, sia detratto dalla massa ereditaria, pur restando impregiudicato il credito vantato dai legittimari (ed eventualmente dai donatari antecedenti) nei confronti del donatario insolvente.
Maggiormente incisivo è l’intervento sull’art. 563 c.c. in materia di riduzione della donazione in caso di alienazione a terzi dell’immobile donato (lett. c)).
Secondo la normativa vigente il legittimario ha diritto, entro 20 anni dalla trascrizione della donazione, a richiedere la restituzione dell’immobile che il donatario abbia alienato a terzi (previa escussione dei beni del donatario).
In virtù della modifica introdotta non può essere richiesta la restituzione del bene immobile ai terzi acquirenti che abbiano trascritto l’atto di acquisto anteriormente alla trascrizione della domanda di riduzione.
In tale ipotesi, i legittimari avranno soltanto il diritto ad ottenere dal donatario una compensazione in denaro nel limite necessario per integrare la quota ad essi riservata o, nel caso in cui questi sia insolvente e abbia ceduto il bene a titolo gratuito, il diritto ad ottenere una compensazione in denaro dall’avente causa nei limiti del vantaggio che egli ha conseguito.
Le medesime disposizioni si applicano anche all’acquisto di beni mobili soggetti a trascrizione.
Le lettere d) ed e) modificano il sistema di trascrizione delle domande giudiziali relative, rispettivamente, a beni immobili e beni mobili registrati e gli effetti che ne derivano nei confronti dei terzi, coerentemente con le disposizioni di nuova introduzione sopra descritte.
La trascrizione è una forma di pubblicità che consente la conoscibilità di alcuni fatti, atti, negozi giuridici o provvedimenti dell’autorità giudiziaria. In particolare, per quanto riguarda i beni immobili e i beni mobili registrati, la trascrizione di atti consente la loro opponibilità ai terzi che vantano diritti sullo stesso bene in forza di un atto successivo (o successivamente trascritto).
La lett. d) interviene sull’art. 2652, primo comma, c.c. spostando dal n. 8 al n. 1 le domande concernenti la riduzione di donazioni, in tal modo facendo salvi i diritti che i terzi hanno acquistato in base ad un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda medesima (numero 1).
Il citato n. 1 stabilisce infatti che anche qualora venisse emanata una sentenza di accoglimento della domanda, i diritti dei terzi che abbiano tempestivamente agito trascrivendo il proprio atto prima della trascrizione della domanda di riduzione non ne saranno pregiudicati.
La lett. d) modifica inoltre lo stesso n. 8, non solo per espungervi il riferimento alle domande di riduzione delle donazioni, ma anche per ridurre da 10 a 3 anni il limite temporale dall’apertura della successione per trascrivere una domanda di riduzione di disposizioni testamentarie per lesione di legittima, equiparandolo a quanto già stabilito dall’art. 2690 c.c. per i beni mobili registrati. Anche in questo caso un’eventuale sentenza di accoglimento della domanda non pregiudicherebbe i diritti dei terzi, acquistati a titolo oneroso dall’erede o dal legatario (numero 2).
Allo stesso modo, la lett. e) opera alcune modifiche al regime della trascrizione di atti con riguardo ai beni mobili registrati di cui all’art. 2690, primo comma, n. 5:
· eliminando il riferimento alle domande di riduzione delle donazioni (che sono ora ricomprese nel n. 1 dell’art. 2690, primo comma, in virtù del richiamo ivi contenuto al n. 1 dell’art. 2652, primo comma);
· aggiungendo, in relazione al fatto che l’accoglimento della domanda di riduzione non pregiudica i diritti dei terzi acquirenti a titolo oneroso, la specifica che l’acquisto provenga dall’erede o dal legatario (considerato che il regime di cui al n. 5 si applicherà solamente alle domande di riduzione delle disposizioni testamentarie).
Il comma 2 detta un regime transitorio per l’applicazione delle modifiche al codice civile recate dal comma 1.
Tale regime prevede che:
§ le modifiche si applichino alle successioni aperte dopo l’entrata in vigore del disegno di legge in esame;
§ le disposizioni previgenti si applichino alle successioni aperte prima dell’entrata in vigore della legge se ricorre una delle seguenti condizioni:
- la domanda di riduzione della donazione è già stata notificata e trascritta;
- la domanda di riduzione della donazione è notificata e trascritta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge;
- i legittimari notificano e trascrivono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione nei confronti del donatario o dei suoi aventi causa.
Il terzo periodo del comma 2 specifica altresì che in tal caso restano sospesi, a favore del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano presentato un atto stragiudiziale di opposizione, i termini di 10 anni dall’apertura della successione per la proposizione della domanda di riduzione e di 20 anni per l’esercizio dell’azione di restituzione dell’immobile contro gli aventi causa del donatario previsti, rispettivamente, dall’art. 561 e dall’art. 563 c.c.
Ove non siano stati effettuati i suddetti adempimenti, decorsi sei mesi dell’entrata in vigore della legge le nuove disposizioni si applicheranno anche alle successioni aperte prima dell’entrata in vigore della legge.
Codice civile |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 15 dell’AS n. 1184 |
Art. 561 |
Art. 561 |
Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'articolo 2652. I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l'obbligo del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall'apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri. |
Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario |
I frutti sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale. |
Identico. |
Art. 562 |
Art. 562 |
Se la cosa donata è perita per causa imputabile al donatario o ai suoi aventi causa o se la restituzione della cosa donata non può essere richiesta contro l'acquirente, e il donatario è in tutto o in parte insolvente, il valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente. |
Se la cosa donata è perita per causa imputabile al donatario o ai suoi aventi causa o se ricorre uno dei casi di cui agli articoli 561, primo comma, secondo periodo, o 563, e il donatario è in tutto o in parte insolvente, il valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente. |
Art. 563 |
Art. 563 |
Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili. |
La riduzione della donazione, salvo il disposto del numero uno del primo comma dell’articolo 2652, non pregiudica i terzi ai quali il donatario ha alienato gli immobili donati, fermo l’obbligo del donatario medesimo di compensare in denaro i legittimari nei limiti in cui è necessario per integrare la quota ad essi riservata. Se il donatario è in tutto o in parte insolvente, l’avente causa a titolo gratuito è tenuto a compensare in denaro i legittimari nei limiti del vantaggio da lui conseguito. Le stesse disposizioni si applicano in caso di alienazione di beni mobili, salvo quanto previsto dal numero uno del primo comma dell’articolo 2690. |
L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede. |
|
Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro. |
|
Salvo il disposto del numero 8) dell'articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all'articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell'opponente è personale e rinunziabile. L'opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione. |
|
Art. 2652 |
Art. 2652 |
Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell'articolo 2643, le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti: |
Identica: |
1) le domande di risoluzione dei contratti e quelle indicate dal secondo comma dell'articolo 648 e dall'ultimo comma dell'articolo 793, le domande di rescissione, le domande di revocazione delle donazioni, nonché quelle indicate dall'articolo 524. Le sentenze che accolgono tali domande non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
1) le domande di risoluzione dei contratti e quelle indicate dal secondo comma dell'articolo 648 e dall'ultimo comma dell'articolo 793, le domande di rescissione, le domande di revocazione delle donazioni, le domande di riduzione delle donazioni nonché quelle indicate dall'articolo 524. Le sentenze che accolgono tali domande non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
2) le domande dirette a ottenere l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre. La trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda; |
2) identico; |
3) le domande dirette a ottenere l'accertamento giudiziale della sottoscrizione di scritture private in cui si contiene un atto soggetto a trascrizione o a iscrizione. La trascrizione o l'iscrizione dell'atto contenuto nella scrittura produce effetto dalla data in cui è stata trascritta la domanda; |
3) identico; |
4) le domande dirette all'accertamento della simulazione di atti soggetti a trascrizione. La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
4) identico; |
5) le domande di revoca degli atti soggetti a trascrizione, che siano stati compiuti in pregiudizio dei creditori. La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
5) identico; |
6) le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunziare l'annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la validità della trascrizione. Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda. Se però la domanda è diretta a far pronunziare l'annullamento per una causa diversa dall'incapacità legale, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, anche se questa è stata trascritta prima che siano decorsi cinque anni dalla data della trascrizione dell'atto impugnato, purché in questo caso i terzi abbiano acquistato a titolo oneroso; |
6) identico; |
7) le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte. Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'art. 534, se la trascrizione della domanda è eseguita dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell'acquisto, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario; |
7) identico; |
8) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima. Se la trascrizione è eseguita dopo dieci anni dall'apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
8) le domande di riduzione Se la trascrizione è eseguita dopo tre anni dall'apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti dall’erede o dal legatario in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
9) le domande di revocazione e quelle di opposizione di terzo contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395 del codice di procedura civile e dal secondo comma dell'art. 404 dello stesso codice. Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione della sentenza impugnata, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
9) identico; |
9-bis) le domande di revocazione contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dall'articolo 391-quater del codice di procedura civile. |
9-bis) identico; |
La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
identico; |
Alla domanda giudiziale è equiparato l'atto notificato con il quale la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria, dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. |
Identico. |
Art. 2690 |
Art. 2690 |
Devono essere trascritte, qualora si riferiscano ai diritti menzionati dall'articolo 2684: |
Identico: |
1) le domande indicate dai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 2652 per gli effetti ivi disposti; |
1) identico; |
2) le domande dirette all'accertamento di uno dei contratti indicati dai numeri 1 e 2 dell'articolo 2684. La trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda; |
2) identico; |
3) le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunziare l'annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la validità della trascrizione. La sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda medesima, se questa è stata resa pubblica dopo tre anni dalla data della trascrizione dell'atto che si impugna. Se però la domanda è diretta a far pronunziare l'annullamento per una causa diversa dall'incapacità legale, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, anche se questa è stata trascritta prima che siano decorsi tre anni dalla data della trascrizione dell'atto impugnato, purché in questo caso i terzi abbiano acquistato a titolo oneroso;
|
3) identico; |
4) le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte. Salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'articolo 534, se la domanda è trascritta dopo tre anni dalla data della trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario; |
4) identico; |
5) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima. Se la trascrizione è eseguita dopo tre anni dall'apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
5) le domande di riduzione Se la trascrizione è eseguita dopo tre anni dall'apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti dall’erede o dal legatario in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda; |
6) le domande di revocazione e quelle di opposizione di terzo contro le sentenze soggette a trascrizione per le cause previste dai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395 del codice di procedura civile e dal secondo comma dell'articolo 404 dello stesso codice. Se la domanda è trascritta dopo tre anni dalla trascrizione della sentenza impugnata, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda;
|
6) identico; |
6-bis) le domande indicate dal numero 9-bis dell'articolo 2652 per gli effetti ivi disposti. La trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda. |
6-bis) identico; |
Alla domanda giudiziale è equiparato l'atto notificato con il quale la parte, in presenza di compromesso o di clausola compromissoria, dichiara all'altra la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. |
Identico. |
Articolo 16
(Misure in materia di parità scolastica)
L’articolo 16, comma 1, stabilisce che non può essere autorizzata l'attivazione di più di una classe terminale collaterale per ciascun indirizzo di studi già funzionante in una scuola paritaria. L'attivazione della classe collaterale di cui al primo periodo è subordinata alla notifica del provvedimento di autorizzazione dell'ufficio scolastico regionale, previa motivata richiesta del soggetto gestore, da presentarsi entro il 31 luglio precedente all'anno scolastico di riferimento. Il comma 2 abroga una previsione che aveva fatto salve le disposizioni del testo unico in materia di istruzione facenti riferimento agli istituti tecnici e professionali, escludendole da un’abrogazione disposta in precedenza. Per effetto di tale previsione, si determina ora l’abrogazione totale anche di tali disposizioni. Il comma 3 introduce una specifica disciplina per lo svolgimento degli esami di idoneità che possono essere sostenuti dall'alunno o dallo studente nello stesso anno scolastico, presso una scuola del sistema nazionale di istruzione, per non più di due anni di corso successivi a quello per il quale ha conseguito l'ammissione per effetto di scrutinio finale. Il comma 4, lettera a), abroga la disposizione che aveva chiamato l’allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a predisporre un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie. La lettera b) rinvia a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge in esame l’applicazione alle scuole paritarie delle disposizioni, rispettivamente, sulla redazione della pagella elettronica degli alunni, sulla messa a disposizione della stessa le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale nonché sull’adozione dei registri on line e l’invio delle comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico. Tale lettera prevede altresì che le scuole paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione adottano il protocollo informatico, a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge in esame.
Ai fini anzidetti, il comma 1 novella l'articolo 1 della L. n. 62/2000, inserendovi il nuovo comma 6-bis. Tale disposizione stabilisce che non può essere autorizzata l'attivazione di più di una classe terminale collaterale per ciascun indirizzo di studi già funzionante in una scuola paritaria. L'attivazione della classe collaterale di cui al primo periodo è subordinata alla notifica del provvedimento di autorizzazione dell'ufficio scolastico regionale, previa motivata richiesta del soggetto gestore, da presentarsi entro il 31 luglio precedente all'anno scolastico di riferimento.
Sul punto, la relazione illustrativa evidenzia che la diposizione normativa in oggetto è volta a contrastare il fenomeno, anomalo e assai diffuso, della c.d. “piramide rovesciata” (vale a dire molti studenti iscritti nelle ultime classi, e pochi in quelle iniziali, con la conseguente presenza, per i diversi corsi di studi, di una classe per ciascun anno di corso, dal primo al quarto, e di tante classi quinte). A tale finalità concorre anche la determinazione, al 31 luglio precedente all’inizio dell’anno scolastico di riferimento, del limite temporale prescritto per la presentazione della richiesta di autorizzazione: tale termine consentirà agli Uffici scolastici regionali di istruire, in tempo utile, le istanze pervenute, e di adottare tempestivamente il successivo provvedimento, di riconoscimento o diniego.
Nei casi in cui non sia autorizzata l’estensione della parità a tali classi, non sarà più possibile, come attualmente avviene, consentire alle scuole paritarie di acquisire iscrizioni ancor prima di essere autorizzate, e di avviare l’attività didattica. Ed infatti, attualmente, nei casi in cui il gestore avvia le attività autonomamente - vale a dire in assenza del provvedimento di riconoscimento dell’estensione della parità alla classe collaterale, ovvero in assenza di esplicito diniego - ottiene dal giudice amministrativo un provvedimento cautelare che consente, comunque, la prosecuzione delle attività didattiche, e la partecipazione degli studenti iscritti a tali classi, in qualità di candidati interni, agli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione, facendo salvo il titolo di studio finale così conseguito. Tali pronunce giurisdizionali recano come motivazione la salvaguardia del diritto allo studio degli studenti, del legittimo affidamento loro ingenerato, e della continuità del servizio scolastico avviato.
Si ricorda che la L. 62/2000 detta norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione. L’articolo 1, al comma 1, stabilisce che il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita. Secondo il comma 2, si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6.
In particolare, uno dei requisiti il cui possesso è necessario per il riconoscimento della parità consiste nell'organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe (articolo 1, comma 4, lettera f)).
Il comma 2, mantenendo fermo il disposto di cui all'articolo 31, comma 2, del d.lgs. n. 226/2005, abroga l'articolo 13, comma 8-ter, del D.L. n. 7/2007 (L. n. 40/2007).
Il comma 8-ter di cui qui si dispone l’abrogazione aveva a sua volta fatto salve, escludendole dalle abrogazioni previste dall’articolo 31, comma 2, del d.lgs. n. 226/2005, le disposizioni del testo unico in materia di istruzione (d.lgs. n. 297/1994), che facevano riferimento agli istituti tecnici e professionali.
L’articolo 31, comma 2, del d.lgs. n. 226/2005 ha individuato un gruppo di disposizioni del predetto testo unico in materia di istruzione, le quali dovevano continuare ad applicarsi limitatamente alle classi di istituti e scuole di istruzione secondaria superiore ancora funzionanti secondo il precedente ordinamento, ed agli alunni ad essi iscritti, rinviandone la definitiva abrogazione a decorrere dall'anno scolastico successivo al completo esaurimento delle predette classi.
Le disposizioni in questione sono: l’articolo 82, esclusi i commi 3 e 4; l’articolo 191, escluso il comma 7; l’articolo 192, esclusi i commi 3, 4, 9, 10, e 11; gli articoli 193, 194, 195, 196, 198, 199 e 206.
Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, tra le norme di cui, per effetto della presente disposizione legislativa, si ripristina l’abrogazione totale, si rinvengono, in particolare, quelle recate ai commi 5 e 6 dell’articolo 192 del decreto legislativo 297 del 1994, che riguardano, rispettivamente: la possibilità di sostenere nello stesso anno, ma non nella stessa sessione, due diversi esami, anche in istituti di tipo diverso; la disciplina degli esami di idoneità. Stante l’esigenza di prevedere una nuova disciplina degli esami di idoneità valevole per qualsiasi istituzione scolastica del Sistema nazionale di istruzione (vedi il comma 3 del presente articolo), la disposizione normativa di cui al presente comma 2 ripristina l’efficacia abrogativa “totale” dell’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 226 del 2005, con la conseguente abrogazione anche delle norme di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 192.
Il comma 3 aggiunge tre ulteriori periodi al comma 4 dell'articolo 192 del testo unico in materia di istruzione (d.lgs. n. 297/1994), mediante i quali si stabilisce che l'alunno o lo studente può sostenere nello stesso anno scolastico, presso una scuola del sistema nazionale di istruzione, gli esami di idoneità per non più di due anni di corso successivi a quello per il quale ha conseguito l'ammissione per effetto di scrutinio finale. Se l'esame di idoneità si riferisce a due anni di corso, la commissione di esame è presieduta da un presidente esterno all'istituzione scolastica, nominato dall'ufficio scolastico regionale. Si demanda a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la definizione delle tempistiche e delle modalità di svolgimento degli esami di idoneità, nonché le misure di vigilanza per garantirne il corretto svolgimento.
Il comma 4 reca alcune novelle all'articolo 7 del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012).
La lettera a) abroga il comma 27.
Tale disposizione ha chiamato l’allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a predisporre entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in questione un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie.
La relazione illustrativa fa presente che tale finalità, tuttavia, non ha trovato attuazione in tutte le scuole, alcune delle quali continuano ad avvalersi ancora di strumenti cartacei, stante la mancata adozione, ad oggi, del suddetto Piano. Per tali motivazioni si rende necessario abrogare la disposizione in parola, rimuovendo in tal modo un presupposto, vale a dire la mancata adozione del Piano, che consente di fatto ad alcuni istituti scolastici di non adottare ancora la pagella elettronica, il registro on line e il protocollo informatico. Si precisa, infine, che da un punto di vista sistematico lo strumento del Piano risulta comunque superato dall’evoluzione della disciplina in materia di semplificazione e dematerializzazione delle procedure amministrative, contenute in plurime disposizioni di legge, aventi natura ormai ben più cogente di quella che potrebbe essere declinata dal Piano medesimo.
La lettera b) introduce i commi?31-bis e 31-ter.
Il comma 31-bis rinvia a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge in esame l’applicazione alle scuole paritarie delle disposizioni, rispettivamente, sulla redazione della pagella elettronica degli alunni, sulla messa a disposizione della stessa le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale nonché sull’adozione dei registri on line e l’invio delle comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico.
Si tratta in particolare delle seguenti disposizioni dell'articolo 7 del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012).
Il comma 29 prevede che a decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche ed educative redigono la pagella degli alunni in formato elettronico. Il comma 30 stabilisce che la pagella elettronica ha la medesima validità legale del documento cartaceo ed è resa disponibile per le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale. Resta comunque fermo il diritto dell'interessato di ottenere su richiesta gratuitamente copia cartacea del documento redatto in formato elettronico. Il comma 31 dispone che a decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico.
Il comma 31-ter prevede che le scuole paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione adottano il protocollo informatico, a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge in esame.
Articolo 17
(Misure di semplificazione in ambito scolastico per studenti e famiglie)
L’articolo 17, comma 1, prevede che le iscrizioni alle istituzioni scolastiche ed educative statali del primo e del secondo ciclo sono effettuate con modalità telematica mediante la piattaforma «Famiglie e studenti». Ai fini dell'iscrizione degli alunni al primo anno di corso delle istituzioni scolastiche statali secondarie di primo grado, le medesime istituzioni sono tenute ad acquisire l'attestazione di ammissione al successivo grado di istruzione obbligatoria dalla piattaforma «Famiglie e studenti». Ai fini dell'iscrizione degli studenti al primo anno di corso delle istituzioni scolastiche statali secondarie di secondo grado, le medesime istituzioni sono tenute ad acquisire l'attestazione di superamento dell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, comprensivo del voto finale, dalla piattaforma «Famiglie e studenti». La predetta attestazione è valida ai fini dell'ammissione all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d'istruzione. Il comma 2 interviene sulla disciplina relativa alle attività formative dei dirigenti scolastici da effettuare a seguito di conferma in ruolo stabilendo che i decreti ministeriali la cui adozione è stata all’uopo prevista non debbano più disciplinare i i contenuti dei moduli formativi relativi ai due anni successivi alla conferma in ruolo. Il comma 3 modifica lo strumento normativo e la procedura per l’adozione del Piano delle arti. Il comma 4 abroga le disposizioni (articoli da 16 a 19) contenute nel capo II Organi collegiali a livello distrettuale del titolo I, parte I, del testo unico in materia di istruzione. Il comma 5, lettera a), chiarisce le caratteristiche distintive dei servizi educativi per l'infanzia. Le lettere b), c) e d) disciplinano i diversi profili di coinvolgimento di Stato, Regioni, Province autonome ed Enti locali nel monitoraggio del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione. La lettera e), nel sostituire il comma 3 dell'articolo 8 disciplina una nuova procedura d’adozione dei Piani di azione nazionali pluriennali per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione successivi alla scadenza del Piano attualmente vigente. La lettera f), elimina la previsione per cui l'incarico può essere rinnovato allo stesso componente della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione per non più di una volta.
La lettera g) specifica che il Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione finanzia quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia pubblici e privati accreditati e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione, anche al fine di ridurre la partecipazione economica delle famiglie. La lettera h) introduce un’ulteriore norma transitoria relativamente all’individuazione dei titoli validi per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia.
Ai fini anzidetti, il comma 1 novella l'articolo 21, comma 4-ter, del D.L. n. 75/2023 (L. n. 112/2023), aggiungendovi quattro ulteriori periodi. Tali disposizioni prevedono che le iscrizioni alle istituzioni scolastiche ed educative statali del primo e del secondo ciclo sono effettuate con modalità telematica mediante la piattaforma «Famiglie e studenti». Ai fini dell'iscrizione degli alunni al primo anno di corso delle istituzioni scolastiche statali secondarie di primo grado, le medesime istituzioni sono tenute ad acquisire l'attestazione di ammissione al successivo grado di istruzione obbligatoria dalla piattaforma «Famiglie e studenti». Ai fini dell'iscrizione degli studenti al primo anno di corso delle istituzioni scolastiche statali secondarie di secondo grado, le medesime istituzioni sono tenute ad acquisire l'attestazione di superamento dell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, comprensivo del voto finale, dalla piattaforma «Famiglie e studenti». La predetta attestazione è valida ai fini dell'ammissione all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d'istruzione.
Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, le disposizioni di cui al comma 1 sono volte a semplificare le procedure di iscrizione degli alunni e degli studenti alle scuole statali del primo e del secondo ciclo di istruzione, vale a dire le scuole primarie e secondarie di primo e di secondo grado. Si prevede che le iscrizioni continuino ad essere effettuate con modalità on line, avvalendosi però non più di un applicativo reso disponibile di anno in anno dal Ministero, come è avvenuto sino ad ora, bensì della nuova piattaforma unica “Famiglie e studenti”. Tale piattaforma digitale è stata realizzata dal Ministero dell’istruzione e del merito per costituire un canale unificato di accesso alle informazioni detenute dallo stesso Ministero e dalle istituzioni scolastiche ed educative statali, proprio al fine di semplificare l’erogazione dei servizi educativi. Un ulteriore profilo di semplificazione, realizzato dalle presenti disposizioni normative, riguarda la copiosa quantità di documenti, spesso di non facile reperimento, richiesti dalle istituzioni scolastiche alle famiglie degli alunni e degli studenti, ai fini del perfezionamento della loro iscrizione a scuola. Al fine di sollevare le famiglie da tale gravoso onere di produzione documentale, il nuovo sistema di iscrizione realizzato sulla detta piattaforma consentirà alle istituzioni scolastiche statali di acquisire direttamente, dal medesimo sistema informatico, i dati e i documenti, necessari ai fini dell’iscrizione, che sono già in possesso dell’Amministrazione. In tal modo, le famiglie saranno esonerate da tali adempimenti, tra i quali, in particolare, quello relativo alla produzione in formato cartaceo delle certificazioni o dei titoli di studio già conseguiti, e che sono necessari ai fini delle iscrizioni nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado, nonché in quello dal primo al secondo ciclo di istruzione, sino al completamento di quest’ultimo con l’esame di Stato conclusivo della secondaria di secondo grado.
Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell'articolo 21, comma 4-ter, del D.L. n. 75/2023 (L. n. 112/2023), il Ministero dell'istruzione e del merito promuove la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione della Piattaforma famiglie e studenti, che rappresenta un canale unico di accesso al patrimonio informativo detenuto dal Ministero medesimo e dalle Istituzioni scolastiche ed educative statali. La Piattaforma è costituita da un'infrastruttura tecnica che rende possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi esistenti e funzionali alle attività del Ministero, al fine di semplificarne l'accesso e l'utilizzo. I servizi digitali della Piattaforma sono erogati nel rispetto dei principi e delle prescrizioni del Regolamento (UE) 2016/679 (relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati), del decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196 (recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali”) e del Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido. (recante il “Codice dell'amministrazione digitale”). Si prevede, inoltre, che il Ministero dell'istruzione e del merito e le Istituzioni scolastiche ed educative utilizzino i dati presenti sulla Piattaforma limitatamente ai trattamenti strettamente connessi agli scopi di quest'ultima e per il perseguimento delle rispettive finalità istituzionali e che l'accesso alla Piattaforma sia consentito con le modalità di cui al comma 2-quater dell'articolo 64 del citato decreto legislativo n. 82 del 2005 (il quale prevede, in particolare, che l'accesso ai servizi in rete erogati dalle pubbliche amministrazioni che richiedono identificazione informatica avviene tramite SPID, nonché tramite la carta di identità elettronica).
Il comma 2, nel novellare l'articolo 29, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, prevede la soppressione del riferimento ai contenuti dei moduli formativi relativi ai due anni successivi alla conferma in ruolo dei dirigenti scolastici.
L’ultimo periodo dell'articolo 29, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 ha demandato a uno o più decreti dell’allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità di svolgimento del concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici e dell'eventuale preselezione, le prove e i programmi concorsuali, la valutazione della preselezione, delle prove e dei titoli, la disciplina del periodo di formazione e prova e i contenuti dei moduli formativi relativi ai due anni successivi alla conferma in ruolo.
La relazione illustrativa motiva l’intervento facendo presente che, nelle more della definizione delle competenze della Scuola di alta formazione dell’istruzione (tra le quali figura anche l’attività di coordinamento e indirizzo delle attività formative dei dirigenti scolastici), tale aspetto non è stato disciplinato dal decreto del Ministro dell’istruzione 13 ottobre 2022, n. 194, recante il “Regolamento concernente la definizione delle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali per l’accesso ai ruoli della dirigenza scolastica”. Si evidenzia che, in occasione del parere n. 1287/2022 reso sul regolamento concorsuale, il Consiglio di Stato ha sottolineato che “La Sezione resta dunque in attesa della trasmissione di tale schema di regolamento, necessario per dare compiuta attuazione al disposto legislativo”. Al fine di evitare possibili sovrapposizioni di provvedimenti e interventi da parte del Ministero dell’istruzione e del merito e della menzionata Scuola di alta formazione dell’istruzione, si ritiene opportuno provvedere alla soppressione del riferimento ai contenuti dei moduli formativi destinati ai dirigenti scolastici.
Il comma 3, nel novellare l'articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 60/2017, di cui sostituisce il primo periodo, modifica lo strumento normativo e la procedura per l’adozione del Piano delle arti.
In particolare, rispetto alle previsioni vigenti:
- l’adozione del Piano deve aver luogo con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro della cultura e con il Ministro dell'università e della ricerca (la vigente formulazione prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo);
- è eliminata la previsione del termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 60/2017;
- è mantenuta la clausola d’invarianza finanziaria secondo cui il Piano è adottato nel limite delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, ma è espunto il riferimento alle risorse recate dal medesimo d.lgs. n. 60/2017.
Il comma 4 abroga le disposizioni (articoli da 16 a 19) contenute nel capo II Organi collegiali a livello distrettuale del titolo I, parte I, del testo unico in materia di istruzione (d.lgs. n. 297/1994).
Secondo la relazione illustrativa, i distretti scolastici sono degli enti con autonomia amministrativa e gestionale con cui è suddiviso il territorio di ogni Regione e possono ricomprendere uno o più Comuni in base ai criteri stabiliti dalla stessa legge. Sono responsabili per la gestione di tutte le scuole in un determinato territorio. La modifica di cui sopra si rende necessaria in quanto il Capo II ha ad oggetto la disciplina dei distretti scolastici, dei relativi organi e funzioni che sono stati, sostanzialmente, già soppressi dall’art. 35, comma 4, della Legge di bilancio n. 289 del 27 dicembre 2002. Infatti, la legge n. 289/2002 ha previsto, a decorrere dall’anno scolastico 2003-2004, la restituzione ai compiti d’istituto del personale Ata del comparto scuola utilizzato presso gli stessi distretti scolastici senza tuttavia esplicitare la loro soppressione. Inoltre, finora, la mancata abrogazione espressa del Capo II ha determinato il permanere di residue risorse finanziarie altrimenti inutilizzabili nelle disponibilità delle istituzioni scolastiche referenti. Pertanto, al fine di ovviare a tali criticità, si rende opportuna tale soppressione.
Il comma 5 reca una serie di novelle al d.lgs. n. 65/2017 (Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni).
La lettera a) inserisce il comma 4-bis all'articolo 2 (Organizzazione del Sistema integrato di educazione e di istruzione). In base alla nuova disposizione, i servizi educativi per l'infanzia sono caratterizzati da un progetto educativo in continuità con la scuola dell'infanzia e spazi, tempi e organizzazione coerenti con tale progetto. Nei servizi educativi per l'infanzia opera personale educativo qualificato in possesso del titolo di accesso di cui all'articolo 14, comma 3, del presente decreto. Non rientrano tra i servizi educativi per l'infanzia i servizi ludico-ricreativi o di mero accudimento.
Sul punto la relazione illustrativa si limita a rilevare che “la disposizione mira a chiarire le caratteristiche distintive del servizio educativo per l’infanzia (lettera a)”.
La lettera b) aggiunge la lettera f-bis) all'articolo 5 (Funzioni e compiti dello Stato), comma 1. Per effetto di tale novella, lo Stato è ora chiamato anche ad attivare azioni di monitoraggio, che coinvolgono le regioni e gli enti locali, in merito all'impiego delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione (di cui all'articolo 12), delle risorse regionali della programmazione dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia di cui all'articolo 12, comma 4, e delle risorse stanziate dagli enti locali per gli interventi previsti dal Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione (di cui articolo 8).
La lettera c) integra l'articolo 6 (Funzioni e compiti delle Regioni), comma 1, lettera e), aggiungendovi innanzitutto il riferimento alla lettera f-bis) dell’articolo 5. Per effetto della novella, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili nei propri bilanci, sono ora chiamate a concorrere al monitoraggio e alla valutazione del Sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d) e lettera f-bis). Alla lettera e) in questione si introduce inoltre anche l’espressa previsione, per cui, a tal fine, verificati i dati comunicati dagli enti locali in merito all'impiego delle risorse e alla coerenza degli stessi con la programmazione regionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano li convalidano e li trasmettono al Ministero dell'istruzione e del merito.
La lettera d) modifica l'articolo 7 (Funzioni e compiti degli Enti locali), comma 1, lettera c). Per effetto della modifica, gli Enti locali, singolarmente o in forma associata, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili nei propri bilanci, sono ora chiamati a trasmettere annualmente i dati relativi al monitoraggio statale e regionale in merito all'impiego delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 12. A tal fine, rendicontano l'utilizzo delle risorse statali, regionali e comunali per l'attuazione degli interventi previsti dal Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 8.
Secondo la relazione illustrativa, la disposizione mira a definire i ruoli di Stato, Regioni ed Enti locali nell’ambito del monitoraggio in merito alle risorse del Fondo nazionale zerosei. Attualmente tale ripartizione di competenze è prevista solo nel Piano di azione nazionale pluriennale (lettere b), c), d)).
La lettera e), nel sostituire il comma 3 dell'articolo 8 (Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione), disciplina la procedura d’adozione dei Piani di azione nazionale successivi alla scadenza del Piano di azione nazionale pluriennale vigente alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.
Rispetto alla procedura mediante la quale si è addivenuti all’adozione del Piano attualmente vigente (delibere del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2017 e 5 ottobre 2021), pur rimanendo ferma la previsione della previa intesa in sede di Conferenza unificata:
- si stabilisce ora che detto documento sia adottato dal Ministro dell'istruzione e del merito e non più con deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
- si prevede espressamente la durata quinquennale del Piano.
La lettera f), nel novellare l'articolo 10 (Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione), comma 5, ne sopprime il secondo periodo. Per effetto di tale intervento, si elimina la previsione per cui l'incarico può essere rinnovato allo stesso componente della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione per non più di una volta.
La lettera g), nel novellare l'articolo 12 (Finalità e criteri di riparto del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione), comma 2, lettera b), integra le spese e le finalità finanziabili dal Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione. Il Fondo è quindi chiamato a finanziare quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia pubblici e privati accreditati e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione, anche al fine di ridurre la partecipazione economica delle famiglie.
La relazione illustrativa osserva al riguardo che la disposizione mira a semplificare e velocizzare l’adozione del Piano pluriennale, attualmente adottato, previa intesa in Conferenza unificata, con deliberazione del Consiglio dei ministri (lettera e)), evitare che la quasi totalità dei componenti individuati dal Ministro (in particolare quelli interni al Ministero stesso) decadano dalla Commissione al prossimo rinnovo (lettera f)). L’eliminazione del vincolo non incide sulla possibilità del Ministro stesso di non rinnovare comunque l’incarico; indirizzare le risorse statali del Fondo nazionale per il sistema integrato ai servizi educativi per l’infanzia accreditati, che danno maggiori garanzie di qualità dell’offerta educativa rispetto ai servizi semplicemente autorizzati, e rafforzare la finalità di ridurre i costi di frequenza di servizi educativi e scuole dell’infanzia a carico dei genitori (lettera g)).
La lettera h) sostituisce il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 14 (Norme transitorie e finali).
Rispetto al testo vigente, si prevede che continuano ad avere validità per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia:
- la laurea triennale L-19 (in luogo dell’espressione “laurea in scienze dell'educazione e della formazione, classe L-19”);
- la laurea quinquennale LM-85bis (al posto del riferimento alla “laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria, classe LM-85 bis”).
Resta fermo che tali titoli debbono essere stati conseguiti entro l'anno accademico 2018/2019. Resta altresì fermo che continuano altresì ad avere validità per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia i titoli previsti dalle previgenti normative regionali, purché conseguiti entro gli specifici termini previsti dalle stesse e, comunque, non oltre l'anno scolastico o accademico 2018/2019. Viene dunque eliminato il limite temporale relativo, alle normative regionali vigenti prima della data di entrata in vigore del d.lgs. n. 65/2017.
La relazione illustrativa fa presente che la disposizione mira a chiarire la validità dei titoli d’accesso alla professione di educatore dei servizi educativi per l’infanzia acquisiti in relazione alla normativa previgente anche a seguito della nota interpretativa prot. 14176 del 2018, ampliando il termine ultimo di conseguimento che dalla formulazione precedente era previsto per “la data di entrata in vigore del presente decreto legislativo n. 65/2017”, vale a dire il 31 maggio 2017.
Si rammenta al riguardo che dall'art. 8-bis, comma 1, del D.L. n. 71/2024 (L. n. 106/2024), ha disposto, con norma transitoria, che continuano ad avere validità per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia, la laurea in scienze dell'educazione e della formazione, classe L-19 (senza indirizzo specifico), e la laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria (senza il corso di specializzazione integrativo), classe LM-85 bis, purché conseguite entro l'anno accademico 2018/2019. Al contempo, ha previsto che continuano ad avere validità per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia i titoli previsti dalle normative regionali vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 65 del 2017, purché conseguiti entro gli specifici termini previsti dalle stesse e, comunque, non oltre l'anno scolastico o accademico 2018/2019. L’articolo 8-bis in esame ha quindi novellato nei termini anzidetti l’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 65 del 2017, in materia di titoli per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia. In via preliminare, si evidenzia che l’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 65 del 2017, dettando norme in tema di sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, al primo periodo - non interessato dall’intervento normativo in esame – prevede che a decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, l'accesso ai posti di educatore di servizi educativi per l'infanzia è consentito esclusivamente a coloro che sono in possesso della laurea triennale in Scienze dell'educazione nella classe L19 a indirizzo specifico per educatori dei servizi educativi per l'infanzia o della laurea quinquennale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria, integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari.
Ora, l’articolo 8-bis in questione è intervenuto in primo luogo introducendo un nuovo secondo periodo all’interno del citato articolo 14, comma 3, il quale ha disposto che continuano ad avere validità per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia la laurea in scienze dell'educazione e della formazione, classe L-19 (anche se non a indirizzo specifico), e la laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria, classe LM-85 bis (anche se non integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari), purché conseguite entro l'anno accademico 2018/2019.
Articolo 18
(Semplificazione della procedura di conferimento del titolo di professore emerito delle università)
L’articolo 18 modifica la disciplina vigente per il conferimento del titolo di professore emerito e di professore onorario nelle università, prevedendo, tra l’altro, che tali titoli non siano più conferiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, bensì con decreto del rettore dell’università cui l’interessato apparteneva all’atto della cessazione dal servizio.
È disposta la sostituzione integrale, pertanto, dell’articolo 111 del regio decreto n. 1592 del 1933, recante il testo unico delle leggi sull'istruzione superiore (si veda in calce il testo a fronte).
Si ricorda che il testo vigente del suddetto articolo 111 del regio decreto n. 1592 del 1933 prevede, al primo comma, che ai professori ordinari, che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accettate le dimissioni, potrà essere conferito il titolo di «professore emerito», qualora abbiano prestato almeno venti anni di servizio in qualità di professori ordinario: il titolo di «professore onorario» qualora tale servizio abbia avuto la durata di almeno quindici anni. Il secondo comma del medesimo art. 111 prevede che detti titoli sono concessi con decreto Reale, su proposta del Ministro, previa deliberazione della Facoltà o Scuola cui l'interessato apparteneva all'atto della cessazione dal servizio (oggi, i titoli in questione sono concessi con decreto del Ministro). Il terzo comma, infine, dispone che ai professori emeriti ed onorari non competono particolari prerogative accademiche.
Ora, la disposizione in commento sostituisce il suddetto articolo 111 del R.D. 1592/1933, prevedendo, al suo comma 1, che ai professori ordinari, entro due anni dalla data di collocamento a riposo o di accettazione delle dimissioni, può essere conferito il titolo di professore emerito qualora abbiano prestato servizio nel ruolo di professore di prima fascia per almeno venti anni, il titolo di professore onorario qualora tale servizio abbia avuto la durata di almeno quindici anni.
Il comma 2 del medesimo (nuovo) articolo 111 prevede, poi, che il titolo è conferito con decreto del rettore, previa deliberazione della Facoltà o Scuola cui l’interessato apparteneva all’atto della cessazione dal servizio, tenuto conto della qualità e della continuità della produzione scientifica del professore.
Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 111 del R.D. 1592/1933, ai professori emeriti non compete alcuna prerogativa accademica (si segnala che la disposizione vigente prevede che ai “professori emeriti ed onorari non competono particolari prerogative accademiche”). L’elenco dei professori emeriti è pubblicato sul sito istituzionale dell’ateneo (si segnala che anche in questo caso non vi è riferimento ai professori onorari).
Il comma 4 del nuovo articolo 111, inoltre, prevede che il titolo di professore emerito non possa essere conferito a coloro che hanno subito provvedimenti disciplinari più gravi della censura o hanno riportato condanne penali passate in giudicato per delitti dolosi commessi nell’esercizio delle funzioni accademiche nonché a quanti hanno, in ogni caso, causato discredito all’Ateneo (si segnala che tale disposizione, del tutto nuova rispetto al testo vigente dell’articolo 111, non è applicabile alla procedura di conferimento del titolo di professore onorario).
Il comma 5, infine, dispone che, con successivo decreto del Ministro dell’università e della ricerca possono essere definiti ulteriori requisiti ai fini del conferimento del titolo.
In sintesi, come si evince anche da quanto esposto nella relazione illustrativa, le finalità che il Governo si prefigge con le sopra illustrate modificazioni all’articolo 111 sono pertanto le seguenti:
- semplificare la procedura di conferimento del titolo di professore emerito e di professore onorario, riducendone al contempo i tempi di evasione burocratica, tramite il trasferimento della relativa competenza dal Ministro al rettore dell’ultima università di appartenenza; a tal proposito, la relazione segnala che il Ministro procede oggi all’emanazione di circa 200 decreti ministeriali di conferimento dei titoli in oggetto ogni anno;
- modificare i requisiti per il conferimento del titolo, restringendone l’ambito applicativo al fine di “qualificarne maggiormente la rilevanza e il prestigio”; a tal proposito, si procede, da una parte all’inserimento di un termine limite per il conferimento dei titoli, che sarà possibile solo entro due anni dal collocamento a riposo del professore, e dall’altra si prevede che la deliberazione della facoltà o della scuola in ordine al conferimento debba tenere conto della qualità e della continuità della produzione scientifica del professore; infine, da una parte, è espressamente rinviata ad un successivo decreto ministeriale la possibilità di prevedere nuovi ed ulteriori requisiti per il conferimento, e dall’altra, il trasferimento della competenza in capo al rettore consentirà alle singole università, nei propri regolamenti, di prevederne anch’esse di ulteriori;
- confermare la natura onorifica del titolo di professore emerito, ribadendo che esso non attribuisce prerogative accademiche e che comporta l’inserimento in un elenco pubblicamente consultabile; in coerenza con tale concezione onorifica, è istituito anche un regime di inconferibilità del titolo, in ricorrenza di determinati presupposti;
- chiarire che l’anzianità richiesta per il conferimento si intende maturata nei ruoli di professore di prima fascia, risolvendo in tale modo anche taluni dubbi interpretativi sorti anche in sede giurisprudenziale.
Si valuti l’opportunità di modificare la rubrica dell’articolo in esame in ragione del fatto che una parte delle disposizioni in esso contenute riguardano anche la procedura di conferimento del titolo di professore onorario.
TESTO A FRONTE
Approvazione del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 18 dell’AS n. 1184 |
Art. 111 |
Art. 111 |
Ai professori ordinari, che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accettate le dimissioni, potrà essere conferito il titolo di «professore emerito», qualora abbiano prestato almeno venti anni di servizio in qualità di professori ordinario: il titolo di «professore onorario» qualora tale servizio abbia avuto la durata di almeno quindici anni. |
1. Ai professori ordinari, entro due anni dalla data di collocamento a riposo o di accettazione delle dimissioni, può essere conferito il titolo di professore emerito qualora abbiano prestato servizio nel ruolo di professore di prima fascia per almeno venti anni, il titolo di professore onorario qualora tale servizio abbia avuto la durata di almeno quindici anni. |
Detti titoli sono concessi con decreto Reale, su proposta del Ministro, previa deliberazione della Facoltà o Scuola cui l'interessato apparteneva all'atto della cessazione dal servizio. |
2. Il titolo è conferito con decreto del rettore, previa deliberazione della Facoltà o Scuola cui l’interessato apparteneva all’atto della cessazione dal servizio, tenuto conto della qualità e della continuità della produzione scientifica del professore. |
Ai professori emeriti ed onorari non competono particolari prerogative accademiche. |
3. Ai professori emeriti non compete alcuna prerogativa accademica. L’elenco dei professori emeriti è pubblicato sul sito internet istituzionale dell’ateneo. |
|
4. Il titolo di professore emerito non può essere conferito a coloro che hanno subito provvedimenti disciplinari più gravi della censura o hanno riportato condanne penali passate in giudicato per delitti dolosi commessi nell’esercizio delle funzioni accademiche nonché a quanti hanno, in ogni caso, causato discredito all’ateneo. |
|
5. Con successivo decreto del Ministro dell’università e della ricerca possono essere definiti ulteriori requisiti ai fini del conferimento del titolo. |
Articolo 19
(Semplificazione della procedura di approvazione degli statuti e dei regolamenti delle università)
L’articolo 19, composto di un unico comma, modifica la procedura di approvazione degli statuti e dei regolamenti delle università, prevedendo che essa sia in capo al Ministero (e non più al Ministro) dell’università e della ricerca, esplicitando quali siano i regolamenti da sottoporre alla citata approvazione, precisando che questi ultimi siano pubblicati sui siti istituzionali degli atenei, e modificando il quorum necessario per l’approvazione delle norme sulle quali il Ministero abbia richiesto il riesame per motivi di legittimità.
Ciò avviene novellando i commi 9, 10 e 11 dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989, in materia di autonomia delle università (si veda in calce il testo a fronte).
Si ricorda che il testo vigente dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989 prevede, al comma 1, che le università sono dotate di personalità giuridica e, in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, hanno autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile; esse si danno ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti. Il comma 2, poi, dispone che, nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dal medesimo articolo 33 della Costituzione e specificati dalla legge, le università sono disciplinate, oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti, esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento. È esclusa l'applicabilità di disposizioni emanate con circolare. Ai sensi del comma 3, le università svolgono attività didattica e organizzano le relative strutture nel rispetto della libertà di insegnamento dei docenti e dei principi generali fissati nella disciplina relativa agli ordinamenti didattici universitari. Nell'osservanza di questi principi gli statuti determinano i corsi di diploma, anche effettuati presso scuole dirette a fini speciali, di laurea e di specializzazione; definiscono e disciplinano i criteri per l'attivazione dei corsi di perfezionamento, di dottorato di ricerca e dei servizi didattici integrativi. Il comma 4 poi prevede che le università sono sedi primarie della ricerca scientifica e operano, per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali, nel rispetto della libertà di ricerca dei docenti e dei ricercatori nonché dell'autonomia di ricerca delle strutture scientifiche. I singoli docenti e ricercatori, secondo le norme del rispettivo stato giuridico, nonché le strutture di ricerca: a) accedono ai fondi destinati alla ricerca universitaria; b) possono partecipare a programmi di ricerca promossi da amministrazioni dello Stato, da enti pubblici o privati o da istituzioni internazionali, nel rispetto delle relative normative. Ai sensi del comma 5 le università, in osservanza delle norme di cui ai commi precedenti, provvedono all'istituzione, organizzazione e funzionamento delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio, anche per quanto concerne i connessi aspetti amministrativi, finanziari e di gestione. Il comma 6, inoltre, prevede che i regolamenti di ateneo e quelli interni di ciascuna struttura sono emanati con decreto del rettore nel rispetto dei principi e delle procedure stabiliti dallo statuto. Ai sensi del comma 7, l'autonomia finanziaria e contabile delle università si esercita ai sensi dell'articolo 7 della medesima legge n. 168 del 1989. Il comma 8, poi, prevede che la legge di attuazione dei principi di autonomia di cui al medesimo articolo 6 stabilisce termini e limiti dell'autonomia delle università, quanto all'assunzione e alla gestione del personale non docente.
Il comma 9 dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989 - inciso dalla disposizione in esame - prevede, a legislazione vigente, che gli statuti e i regolamenti di ateneo sono deliberati dagli organi competenti dell'università a maggioranza assoluta dei componenti. Essi sono trasmessi al Ministro che, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi essi sono emanati dal rettore.
Ora, la disposizione in commento, alla lettera a):
- sostituisce il suddetto riferimento (generico) ai “regolamenti di ateneo”, con quello (specifico) al regolamento generale di ateneo, al regolamento per il trasferimento e la mobilità interna dei docenti e al regolamento di amministrazione finanza e contabilità;
- prevede che gli statuti e i predetti regolamenti siano trasmessi al Ministero competente (ossia, attualmente, al Ministero dell’università e della ricerca) e non più al Ministro del medesimo dicastero.
Il comma 10 del medesimo articolo 6 della legge n. 168 del 1989, anch’esso modificato dalla disposizione in esame, prevede, a legislazione vigente, che il Ministro (dell’università e della ricerca) può per una sola volta, con proprio decreto, rinviare gli statuti e i regolamenti all'università, indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito. Gli organi competenti dell'università possono non conformarsi ai rilievi di legittimità con deliberazione adottata dalla maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, ovvero ai rilievi di merito con deliberazione adottata dalla maggioranza assoluta. In tal caso il Ministro può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate.
Ora, la disposizione in commento, alla lettera b), modifica in più parti il suddetto comma 10 dell’articolo 6, che, all’entrata in vigore della proposta in esame, verrebbe ad assumere la seguente formulazione:
“10. Il Ministero può, per una sola volta, con proprio provvedimento, rinviare gli statuti, e i regolamenti di cui al comma 9, all’università, indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito. In tal caso il Ministero competente può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate”.
Il comma 11 dello stesso articolo 6 della legge n. 168 del 1989, infine - inciso dalla disposizione in esame - prevede, a legislazione vigente, che gli statuti delle università sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e i regolamenti nel Bollettino Ufficiale del Ministero.
Ora, la disposizione in commento, alla lettera c), nel confermare la pubblicazione degli statuti delle università nella Gazzetta Ufficiale, prevede che i regolamenti (sembrerebbero, in questo caso, quelli specificati al precedente comma 9, ossia il regolamento generale di ateneo, il regolamento per il trasferimento e la mobilità interna dei docenti e il regolamento di amministrazione finanza e contabilità) sono pubblicati sul sito istituzionale delle università (e non più nel Bollettino Ufficiale del Ministero).
In sintesi, anche alla luce di quanto esposto dalla relazione illustrativa, le finalità che il Governo si prefigge nel modificare come sopra illustrato la procedura di approvazione degli statuti e dei regolamenti delle università sono le seguenti:
- contribuire alla riduzione del numero di atti da approvare con decreto ministeriale, tramite l’attribuzione della competenza in ordine all’approvazione degli statuti e dei regolamenti alla direzione generale competente che, meditante nota direttoriale, provvede a formulare osservazioni di legittimità e di merito;
- a chiarire precisamente quali siano i regolamenti da sottoporre all’approvazione del Ministero;
- a sopprimere la necessità di una maggioranza qualificata dei tre quinti per la deliberazione con cui gli organi competenti dell’università possono scegliere di non conformarsi ai rilievi di legittimità contestati dal Ministero, prevedendo che anche per tale caso, come per le contestazioni di merito, basti una seconda deliberazione a maggioranza assoluta (restando ferma, nel caso dei rilievi di legittimità, la possibilità per il Ministero competente di ricorrere contro l'atto emanato dal rettore in sede di giurisdizione amministrativa);
- ad evitare ambiguità in ordine alla forma di pubblicità degli atti, prevedendo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale degli statuti e la pubblicazione dei regolamenti solo sui siti istituzioni delle università.
TESTO A FRONTE
Istituzione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. (Legge n. 168 del 1989) |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 19 dell’AS n. 1184 |
Art. 6 |
Art. 6 |
Commi da 1 a 8 Omissis |
Identici. |
9. Gli statuti e i regolamenti di ateneo sono deliberati dagli organi competenti dell'università a maggioranza assoluta dei componenti. Essi sono trasmessi al Ministro che, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi essi sono emanati dal rettore. |
9. Gli statuti, il regolamento generale di ateneo, il regolamento per il trasferimento e la mobilità interna dei docenti e il regolamento di amministrazione finanza e contabilità, di ateneo sono deliberati dagli organi competenti dell'università a maggioranza assoluta dei componenti. Essi sono trasmessi al Ministero competente che, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi essi sono emanati dal rettore. |
10. Il Ministro può per una sola volta, con proprio decreto, rinviare gli statuti e i regolamenti all'università, indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito. Gli organi competenti dell'università possono non conformarsi ai rilievi di legittimità con deliberazione adottata dalla maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, ovvero ai rilievi di merito con deliberazione adottata dalla maggioranza assoluta. In tal caso il Ministro può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate. |
10. Il Ministero può, per una sola volta, con proprio provvedimento, rinviare gli statuti, e i regolamenti di cui al comma 9, all’università, indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito.
In tal caso il Ministero competente può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate. |
11. Gli statuti delle università sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, i regolamenti nel Bollettino Ufficiale del Ministero. |
11. Gli statuti delle università sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, i regolamenti sul sito istituzionale delle università. |
Articolo 20
(Semplificazione della procedura di riconoscimento dei Consorzi universitari)
L’articolo 20 chiarisce e semplifica la procedura di riconoscimento dei consorzi universitari, prevedendo che ad essi sia riconosciuta personalità giuridica di diritto pubblico con decreto del Ministro dell’università e della ricerca e che il loro statuto sia approvato dal Ministero, e non - come avviene oggi - dal Ministro, sia in sede di prima adozione che per le successive modifiche.
L’articolo in commento, composto da un unico comma, modifica l’articolo 61 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, in materia di procedura di riconoscimento dei consorzi universitari.
La materia dei consorzi universitari è disciplinata dagli articoli 60 e 61 del citato testo unico di cui al regio decreto n. 1592 del 1933.
L’articolo 60 dispone che sui rettori, oltreché il dovere di promuovere qualsiasi forma d'interessamento e di contribuzione finanziaria da parte di enti o di privati in favore delle università cui sono preposti, incombe l'obbligo di promuovere la formazione di consorzi allo scopo di coordinare le iniziative nel modo più utile ed efficace ai fini del mantenimento e funzionamento delle università.
L’articolo 61, composto da tre commi, prevede, al primo comma, che ai consorzi universitari sia riconosciuta personalità giuridica; al secondo comma, che ciascun consorzio sia costituito con la convenzione che determina i rapporti fra gli enti e i privati partecipanti, e che sia dotato di uno statuto che ne regoli l'ordinamento e il funzionamento; il terzo comma disciplina le modalità di riconoscimento della convenzione e dello statuto, prevedendo, con norma non più attuale, che essi siano approvati con decreto Reale emanato su proposta del Ministro dell'educazione nazionale, udito il Consiglio di Stato, e che siano pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del Regno (oggi, gli statuti dei consorzi universitari sono approvati con decreto del Ministro).
Le modifiche introdotte dall’articolo in commento all’articolo 61 del testo unico di cui al regio decreto n. 1592 del 1933, sono le seguenti:
- la lettera a) dispone che la personalità giuridica di cui sono dotati di consorzi sia “di diritto pubblico” e che sia riconosciuta con decreto del Ministro dell’università e della ricerca;
- la lettera b) prevede che lo statuto dei consorzi universitari sia approvato dal Ministero dell’università e della ricerca, e non più dal Ministro (come attualmente avviene, in applicazione, aggiornata, di quanto previsto dall’attuale terzo comma), sia in sede di prima adozione che per le successive modifiche.
- la lettera c) abroga il terzo comma dell’articolo 61, in coerenza con quanto disposto dalla modifica di cui alla lettera b). In tal modo viene meno anche la necessità che sia approvata dal Ministero, oltreché lo statuto, anche la convenzione istitutiva del consorzio.
La relazione illustrativa predisposta dal Governo precisa che la proposta di procedere al riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico del consorzio tramite decreto del Ministro, di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo in commento, si colloca “in conformità alla prassi invalsa fino al 2017”. Tale procedura “consente al MUR di esercitare un potere di “vigilanza” nei confronti dei consorzi universitari e interuniversitari, innanzitutto attraverso il controllo delle relative disposizioni statutarie e la conseguente designazione dei Revisori dei conti in rappresentanza del Ministero”. La relazione precisa altresì che “lo strumento del decreto ministeriale consente, inoltre, di attribuire certezza giuridica in merito all’applicabilità della disciplina normativa pubblica, ad esempio in materia di limiti di spesa, oltreché, come detto, certezza giuridica in relazione al possesso del requisito della personalità giuridica di diritto pubblico con riferimento a procedure selettive, nazionali o europee, che prescrivano tale requisito per poter accedere a eventuali finanziamenti”.
In ordine alle modifiche di cui alle lettere b) e c), esse sono volte a prevedere che gli statuti dei consorzi (e non più anche le convenzioni), in sede di prima adozione e per le successive modifiche, siano approvati, in conformità a quanto avviene per gli statuti degli atenei (si veda supra, la scheda di lettura dell’articolo 19), dal Ministero (e cioè dalla competente direzione generale) e non con decreto del Ministro.
TESTO A FRONTE
Approvazione del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore |
|
Testo vigente |
Modificazioni apportate dall’art. 20 dell’AS n. 1184 |
Art. 61 |
Art. 61 |
Ai Consorzi universitari è riconosciuta personalità, giuridica. |
Ai Consorzi universitari è riconosciuta personalità giuridica di diritto pubblico con decreto del Ministro. |
Ciascun Consorzio è costituito con la convenzione che determina i rapporti fra gli Enti e i privati partecipanti al Consorzio stesso, ed ha uno statuto che ne regola l'ordinamento e il funzionamento. |
Ciascun Consorzio è costituito con la convenzione che determina i rapporti fra gli Enti e i privati partecipanti al Consorzio stesso, ed ha uno statuto che ne regola l'ordinamento e il funzionamento, approvato dal Ministero, in sede di prima adozione e per le successive modifiche. |
La convenzione e lo statuto sono approvati con decreto Reale emanato su proposta del Ministro dell'educazione nazionale, udito il Consiglio di Stato, e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del Regno |
Abrogato. |
Articolo 21
(Semplificazione della procedura di designazione e nomina dei rappresentanti del MUR nei collegi dei revisori dei conti delle università, delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, dei consorzi universitari e interuniversitari e delle fondazioni universitarie)
L’articolo 21 prevede che i rappresentanti del Ministero dell’università e della ricerca nei collegi di revisione delle università, delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, dei consorzi universitari e interuniversitari e delle fondazioni universitarie, siano scelti tra gli iscritti in un elenco tenuto dal Ministero, e che siano in possesso di requisiti professionali adeguati per l’espletamento dell’incarico, stabiliti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca. Detta inoltre disposizioni transitorie, applicabili nelle more di adozione del citato decreto ministeriale.
L’articolo in commento, composto da un solo comma, prevede, al primo periodo, che, al fine di potenziare l’attività di controllo ministeriale sulle università, sulle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, sui consorzi universitari e interuniversitari e sulle fondazioni universitarie, i rappresentanti del Ministero dell’università e della ricerca nei collegi di revisione di tali istituti siano scelti tra gli iscritti in un elenco tenuto dal Ministero dell’università e della ricerca, che siano in possesso di requisiti professionali adeguati per l’espletamento dell’incarico e stabiliti, nel rispetto del diritto unionale, con decreto del Ministro.
Il secondo periodo del comma in esame prevede che, in sede di prima applicazione, nelle more dell’adozione del decreto ministeriale sopra citato, siano designati e nominati i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali presso il predetto Ministero nonché i dipendenti del Ministero che, alla data di entrata in vigore della legge, ricoprono incarichi di componente presso i citati collegi di revisione.
Il terzo periodo fa salve le designazioni e le nomine del Ministero dell’università e della ricerca effettuate antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge.
La relazione illustrativa precisa che l’intento della proposta normativa in esame è, in primo luogo, quello di ridurre ad unità le procedure di designazione dei rappresentanti del MUR all’interno dei collegi di revisione degli enti da esso vigilati, che sono oggi diversificate a seconda del tipo di ente.
In secondo luogo, la finalità che il Governo si prefigge di raggiungere tramite la creazione di un elenco tenuto dal MUR, è quella di consentire a quest’ultimo Ministero di meglio coniugare due necessità tra loro potenzialmente confliggenti: quella che i revisori di sua nomina siano dotati di adeguati requisiti professionali e quella che essi siano altresì dotati della necessaria conoscenza del sistema universitario e della normativa di settore. Coniugare tali necessità non è stato fino ad oggi possibile perché, come afferma la stessa relazione, “solamente cinque dipendenti del Ministero risultato attualmente iscritti al Registro dei revisori contabili”, e questo ha costretto il Ministero a procedere alla nomina di soggetti esterni ai suoi ruoli, privi della necessaria conoscenza della normativa di settore. Dalla relazione illustrativa si evince pertanto che tra i requisiti previsti per l’iscrizione all’elenco, che saranno definiti con decreto del Ministro di natura non regolamentare, non sarà prevista l’iscrizione al Registro dei revisori contabili.
La relazione prefigura anche che tramite il citato decreto di natura non regolamentare potranno essere individuate le modalità di valutazione dei requisiti per l’iscrizione all’elenco, una specifica disciplina in materia di trasparenza, rotazione degli incarichi e limiti al numero degli incarichi conferibili ad un singolo soggetto, l’aggiornamento periodico dell’elenco e i criteri per la permanenza dell’iscrizione all’elenco medesimo. Si specifica altresì che l’elenco potrà eventualmente contenere diverse sezioni, con requisiti diversificati, a seconda delle diverse istituzioni (università, AFAM, consorzi, fondazioni).
Articolo 22
(Semplificazioni in materia di certificazione medica in telemedicina)
L’articolo 22 in esame modifica la normativa vigente in tema di false attestazioni da parte di personale medico includendovi le certificazioni mediche in telemedicina.
In particolare, con due modifiche all’articolo 55-quinquies, comma 3, del D.Lgs n.165/2001[18] si prevede che:
- le sanzioni disciplinari applicate al medico nei casi di false attestazioni o certificazioni si estendono anche ai casi di certificazioni rilasciate attraverso sistemi di telemedicina, in relazione alla certificazione dell’assenza dal servizio, nel caso in cui vengano rilasciate certificazioni attestanti dati clinici non direttamente contestati né oggettivamente documentati;
- l’individuazione dei casi e della modalità di ricorso alla telecertificazione sia definita con Accordo in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, su proposta del Ministro della Salute.
Più in dettaglio, l’articolo 22, modifica l’articolo 55-quinquies, comma 3, del D.Lgs n.165/2001 includendo nella fattispecie di reato che determina l’applicazione di sanzioni disciplinari per il medico che rilascia false attestazioni o certificazioni, le certificazioni mediche in telemedicina.
Più nello specifico va ricordato che il comma 1 del richiamato articolo 55-quinquies punisce con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 400 a 1.600 euro, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesti falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio con certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia. La medesima pena si applica al medico e a chiunque concorre al delitto in questione.
Il comma 3 del medesimo articolo prevede che la sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati.
L’estensione è prevista per i casi in cui il medico, in relazione all'assenza dal servizio, rilasci certificazioni in modo indiretto attraverso sistemi di telemedicina, e quindi non solo nel caso in cui rilasci certificazioni che attestino dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati. La sanzione disciplinare prevista (ed estesa ai casi sopra descritti) è la radiazione dall'albo ed altresì, se il medico è dipendente di una struttura sanitaria pubblica ovvero convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa oppure la decadenza dalla convenzione.
Inoltre, al medesimo comma 3, viene aggiunto un secondo periodo che rimette ad un Accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, su proposta del Ministro della salute, la definizione dei casi e delle modalità di ricorso alla telecertificazione.
In relazione ai servizi di telemedicina, si rammenta che il PNRR ha previsto cospicui finanziamenti per la Missione 6 Salute in relazione all’informatizzazione del sistema sanitario ed i servizi di Telemedicina, in particolare nell’ambito della riforma di cui alla Componente 1, Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale, “Servizi sanitari di prossimità, strutture e standard per l’assistenza sul territorio”. A tale riforma, volta a definire standard organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza territoriale, è stata data attuazione con il DM. 77 del 23 maggio 2022 (qui l’approfondimento).
Giova ricordare che, da ultimo, in relazione al supporto dei pazienti cronici, sono state approvate alcune linee guida per i servizi di telemedicina, come indicato nella ricostruzione del Ministero della salute (qui il collegamento ipertestuale). Attraverso appositi decreti del Ministero della salute, sono state infatti approvate le seguenti linee guida:
· D.M. Salute 29 aprile 2022 - Approvazione delle linee guida organizzative contenenti il «Modello digitale per l'attuazione dell'assistenza domiciliare», ai fini del raggiungimento della Milestone EU M6C1-4, di cui all'Annex alla decisione di esecuzione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, recante l'approvazione della valutazione del Piano per la ripresa e resilienza dell'Italia:
· D. M. Salute 21 settembre 2022 - Approvazione delle linee guida per i servizi di telemedicina - Requisiti funzionali e livelli di servizio
· D. M. Salute 30 settembre 2022. Allegato B2 - Procedure di selezione delle soluzioni di telemedicina e diffusione sul territorio nazionale, nonché i meccanismi di valutazione delle proposte di fabbisogno regionale per i servizi minimi di telemedicina e l'adozione delle Linee di indirizzo per i servizi di telemedicina.
Con riferimento alle risorse programmate, il PNRR ha definito l’investimento “Casa come primo luogo di cura e telemedicina”, con tre subinvestimenti e le seguenti risorse assegnate: 2.720 milioni di euro per l’Assistenza domiciliare integrata (ADI), 280 milioni per le Centrali operative territoriali (COT) e 1.000 milioni per i servizi di Telemedicina[19].
Si segnala che con la proposta di revisione del PNRR, il Governo ha richiesto la rimodulazione di un totale di 750 milioni incrementando in particolare di 500 milioni l’investimento per la Telemedicina, precedentemente dotato di risorse pari ad 1.000 milione di euro, mentre nuove risorse per 250 milioni sono state destinate all’Assistenza domiciliare integrata (ADI), già dotata per 2.720 milioni di euro.
Articolo 23 (STRALCIATO)
(Assunzioni a tempo determinato da parte del Ministero della salute)
L’articolo 23 è stato stralciato ai sensi dell’articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento del Senato, per estraneità all’oggetto del presente disegno di legge (disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica).
L’articolo oggetto di stralcio autorizza il Ministero della salute ad assunzioni, con contratto a tempo determinato, avente scadenza non successiva al 31 dicembre 2025, di alcuni soggetti che abbiano già prestato servizio a tempo determinato presso il medesimo Ministero. La finalità delle nuove assunzioni è costituita dal potenziamento delle attività di vigilanza, controllo igienico-sanitario e profilassi, svolte presso i principali porti e aeroporti, e dal conseguimento di un tempestivo adeguamento dei servizi alle esigenze sanitarie derivanti dall'ingresso sul territorio nazionale dei pellegrini che parteciperanno al Giubileo della Chiesa cattolica per il 2025. L’articolo reca anche le autorizzazioni di spesa relative alle assunzioni in oggetto e la corrispondente copertura finanziaria.
Le assunzioni autorizzate dall’articolo 23 – articolo, come detto, ora oggetto di stralcio – concernono tre unità di personale con il profilo di dirigente sanitario medico e quindici unità di personale dell'area dei funzionari con il profilo di tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro. Le assunzioni in oggetto devono riguardare soggetti che abbiano già prestato servizio presso il Ministero medesimo, sino al 31 dicembre 2023 e per almeno quindici mesi, con contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni.
La relazione illustrativa allegata al presente disegno di legge[20] afferma che il personale in questione è stato assunto previo superamento di apposite procedure concorsuali, per titoli ed esame orale, su base regionale, che prevedevano, al termine del periodo di prova, il superamento di un ulteriore esame teorico-pratico, quale condizione per la conferma dell’assunzione. La relazione osserva altresì che la previsione delle nuove assunzioni è operata nel rispetto della durata complessiva triennale di cui al citato articolo 2, comma 1, del D.L. n. 18 del 2020. Tale limite, tuttavia, non è posto nella formulazione del disegno di legge; si valuti l’opportunità di un chiarimento.
Si ricorda che il citato articolo 2, comma 1, autorizzò il Ministero della salute ad assumere con contratto di lavoro a tempo determinato, con durata non superiore a tre anni, 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione, appartenenti all'area III, posizione economica F1, del comparto Funzioni centrali, da destinare agli uffici periferici. Le assunzioni potevano essere effettuate utilizzando graduatorie – sia del medesimo Ministero sia approvate da altre amministrazioni – per concorsi pubblici, anche a tempo indeterminato, ovvero mediante concorsi per titoli ed esame orale; al termine del periodo di prova, a cui erano soggetti anche coloro che lo avessero già superato in medesima qualifica e profilo professionale presso altra amministrazione pubblica, l’assunzione era subordinata alla valutazione con esito positivo di un esame teorico-pratico, scritto od orale, sulle materie individuate dai relativi bandi di concorso. La finalità delle assunzioni era costituita dal potenziamento – anche in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19 – delle attività di vigilanza, di controllo igienico-sanitario e profilassi, svolte presso i principali porti e aeroporti.
Le autorizzazioni di spesa poste dal presente articolo 23 sono distinte con riferimento agli emolumenti per il personale (ad esclusioni delle voci qui successive), all’erogazione dei buoni pasto e ai compensi per prestazioni di lavoro straordinario.
Alla copertura corrispondente alle suddette autorizzazioni di spesa si provvede mediante riduzione – negli importi complessivi annui indicati nel comma 2 – dell’autorizzazione di spesa relativa alle “transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti” (autorizzazione di cui all’articolo 2, comma 361, della L. 24 dicembre 2007, n. 244).
Articolo 24
(Modifiche alla disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in Fondazioni di cui all’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288)
L’articolo in titolo dispone circa le modalità di nomina del Presidente e degli altri componenti del consiglio di amministrazione dell’IRCCS “Giannina Gaslini” di Genova: si stabilisce che alla nomina del Presidente si provvede con decreto del Ministro della salute, su designazione della Fondazione “Gerolamo Gaslini”, e si conferma che alla nomina dei restanti componenti del consiglio di amministrazione si provvede del pari con decreto del Ministro della salute, sulla base della composizione prevista dallo Statuto.
Attualmente, alla nomina del Presidente del c.d.a. dell’IRCCS Gaslini si provvede mediante decreto del Presidente della Repubblica, mentre alla nomina dei restanti componenti del medesimo c.d.a. si provvede con decreto del Ministro della salute.
Fanno parte del predetto c.d.a., oltre al Presidente, quattro componenti designati dal Presidente della fondazione “Gerolamo Gaslini”, il Rettore dell’Università degli Studi di Genova, un componente designato dall’ASL 3 genovese, un componente designato dal Comune di Genova e un componente designato dalla Regione Liguria.
In sede di relazione illustrativa, il Governo osserva che la disposizione in esame “si rende necessaria ai fini di consentire la semplificazione e lo snellimento delle procedure di nomina del Consiglio di amministrazione e del relativo Presidente dell’IRCCS (..).” (riguardo alla relazione illustrativa v. anche infra).
Si ricorda che il 26 ottobre 2020 si è insediato il c.d.a. dell’Istituto Gaslini per gli anni 2020-2025, nominato con decreto del Ministro della salute 23 settembre 2020. Il c.d.a. in carica è presieduto dal dott. Edoardo Garrone, nominato con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 2020.
L’Istituto Gaslini è un IRCCS di diritto pubblico, specializzato nell’area di ricerca materno infantile. Per quanto riguarda l’attività assistenziale, l’Istituto Gaslini rappresenta un polo di riferimento nazionale ed internazionale per le patologie complesse e per le patologie rare e rarissime del periodo neonatale, dell’età pediatrica e adolescenziale che richiedono prestazioni di alta specialità.
La Fondazione Gerolamo Gaslini[21] ha come scopo quello di devolvere le proprie rendite ed occorrendo i propri beni, alla cura, difesa ed assistenza dell’infanzia e della fanciullezza ed in particolar modo al potenziamento dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Giannina Gaslini.
L’articolo in disamina è redatto in forma di novella all’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288[22]; l’articolo novellato dispone in ordine agli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in fondazioni.
Il predetto articolo oggetto di novella, nel testo vigente, stabilisce anzitutto che, con atto di intesa[23] in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono disciplinate le modalità di organizzazione, di gestione e di funzionamento degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in Fondazioni, nel rispetto del principio di separazione delle funzioni di indirizzo e controllo da quelle di gestione e di attuazione, nonché di salvaguardia delle specifiche esigenze riconducibili alla attività di ricerca e alla partecipazione alle reti nazionali dei centri di eccellenza assistenziale, prevedendo altresì che il direttore scientifico responsabile della ricerca sia nominato dal Ministro della salute, sentito il Presidente della Regione interessata. Stabilisce, inoltre, al comma 1-bis[24], che “Restano ferme le funzioni e la composizione del consiglio di amministrazione dell'istituto "Giannina Gaslini" di Genova, di cui all'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269”. È proprio l’anzidetto comma 1-bis a formare oggetto delle modifiche apportate dall’articolo in disamina.
Nella relazione illustrativa del presente provvedimento, riguardo alla novella in esame, il Governo, oltre a chiarirne la ratio di semplificazione e snellimento delle procedure (v. sopra), fa presente che:
“nell’ambito della disciplina normativa degli IRCCS, l’Istituto Gaslini di Genova si configura quale “unicum”, essendo stato nel tempo destinatario di apposite norme che ne hanno mantenuto le specificità. Infatti, diversamente da quanto previsto per gli altri IRCCS, per l’Istituto Gaslini, l’articolo 5, comma 1-bis del d.lgs. n. 288 del 2003, prevede una disposizione ad hoc, disponendo che: “Restano ferme le funzioni e la composizione del consiglio di amministrazione dell’istituto Giannina Gaslini di Genova di cui all’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1993 n. 269”.
L’articolo 7 del d.lgs. n. 269 del 1993, a sua volta, prevede che “Restano ferme le funzioni e la composizione del consiglio di amministrazione dell'istituto «G. Gaslini» di Genova di cui all'art. 3, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 617.”, disponendo
l’abrogazione, all’articolo 8, delle altre disposizioni del citato DPR n. 617 del 1980 ad eccezione dell’ultimo comma che stabilisce che: “L'attuale composizione del consiglio di amministrazione dell'istituto «G. Gaslini» di Genova è integrata con un rappresentante della regione e con uno dell'unità sanitaria locale nel cui territorio è ubicato lo stabilimento ospedaliero dell'istituto.”.
La suddetta procedura di nomina del consiglio di amministrazione, del suo Presidente, nonché la sua composizione non trova pertanto più applicazione, eccezion fatta per le disposizioni espressamente richiamate da disposizioni normative successive (come appunto l’art. 3, ultimo comma).
La presente proposta appare, pertanto, necessaria anche in considerazione del fatto che l'Accordo Stato-regioni del 2014, recante: «Organizzazione, gestione e funzionamento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in fondazioni», di cui all'art. 5 del d.lgs. 16 ottobre
2003, n. 288, prevede, quali organi degli Istituti non trasformati: il consiglio di indirizzo e verifica, il direttore generale, il direttore scientifico e il collegio sindacale e non il consiglio d’amministrazione.”
Si ricorda che gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) sono enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e personalità giuridica che, secondo standard di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico ed in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità. Ferme restando le funzioni di vigilanza spettanti al Ministero della salute, alle Regioni competono le funzioni legislative e regolamentari connesse alle attività di assistenza e di ricerca svolte dagli Istituti, da esercitarsi nell'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalla normativa vigente in materia di ricerca biomedica e tutela della salute (art. 1 del D.Lgs 288/2003). La natura giuridica degli IRCCS può essere pubblica o privata. Dal 2003 gli IRCCS di diritto pubblico, su istanza della Regione in cui l'Istituto ha la sede prevalente di attività clinica e di ricerca, possono essere trasformati in Fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze. Gli IRCCS pubblici si caratterizzano per la maggiore ingerenza dello Stato sull'andamento della loro gestione (al Ministro della salute spetta la nomina del direttore scientifico).
Si ricorda, inoltre, che nell’ambito della Missione 6 (Salute) del PNRR è stata prevista una riforma degli IRCCS, finalizzata a rafforzare il rapporto tra ricerca, innovazione e cure sanitarie, attraverso la revisione e l’aggiornamento dell’assetto regolamentare e del regime giuridico degli Istituti in questione e delle politiche di ricerca di competenza del Ministero della salute. La riforma mira a rendere gli IRCCS sempre più in grado di portare l’innovazione terapeutica ai pazienti, facilitare lo scambio di competenze specialistiche tra gli IRCCS stessi e con le altre strutture del SSN. L'attuazione della riforma anzidetta è avvenuta con la legge delega n. 129 del 3 agosto 2022[25], cui ha fatto seguito il decreto legislativo n. 200 del 23 dicembre 2022, recante “Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico”.
Come evidenziato dalla Corte costituzionale (v. da ultimo sentenza n. 76 del 2024, dalla quale è tratto il seguente brano virgolettato), “Fin dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), gli IRCCS sono stati oggetto di normativa speciale rispetto a quella dettata in via generale per l’organizzazione e il funzionamento degli enti del SSN, e ciò in ragione delle caratteristiche peculiari degli Istituti, tanto sotto il profilo della duplicità delle funzioni svolte, quanto per le forme organizzative appositamente prescelte. L’attuale disciplina degli IRCSS da ricondurre in prevalenza alle materie di potestà legislativa concorrente della «tutela della salute» e della «ricerca scientifica» (per tutte, sentenza n. 270 del 2005) – a livello statale è contenuta nel d.lgs. n. 288 del 2003, oggetto di recente modifiche da parte del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 200 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) il quale, con differenti misure di raccordo tra le attività scientifica e di assistenza, ha perseguito l’obiettivo del potenziamento del rapporto fra ricerca, innovazione e cure sanitarie posto dalla relativa legge delega (art. 1, comma 1, primo capoverso, lettere a, b e h, della legge 3 agosto 2022, n. 129, recante «Delega al Governo per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288»). Secondo la predetta normativa, gli Istituti si suddividono in due categorie, a seconda del tipo di personalità giuridica: quelli di diritto privato («gli Istituti di diritto privato»), cui è garantita l’autonomia giuridico-amministrativa, e quelli di diritto pubblico, che sono enti del Servizio sanitario nazionale e che possono avere la forma di ente pubblico («gli Istituti non trasformati») o di fondazione («Fondazioni IRCCS»).
Articolo 25
(Misure di semplificazione per promuovere l’erogazione dei servizi in farmacia)
L’articolo 25, introducendo alcune modifiche al D.Lgs 3 ottobre 2009, n. 153[26], è finalizzato ad ampliare la gamma di servizi erogabili dalle farmacie ai sensi del citato provvedimento.
In tal senso il comma 1 dispone una serie di modifiche al comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs n. 153/2009, consentendo alle farmacie ed ai farmacisti: di dispensare per conto delle strutture sanitarie non solo i farmaci, ma anche i dispositivi medici necessari al trattamento dei pazienti (lett. a); di eseguire le prestazioni analitiche di prima istanza anche se non rientranti nell’ambito dell’autocontrollo (lett. b); di somministrare nei confronti dei soggetti di età non inferiore a dodici anni i vaccini rientranti nel Piano di prevenzione vaccinale (non soltanto quindi, come a normativa vigente, quelli antiinfluenzali e anti SARS-COV 2), oltre che di effettuare (come già attualmente previsto) test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo (lett.c); di effettuare test diagnostici per il contrasto all’antibiotico-resistenza ai fini dell’appropriatezza prescrittiva; di effettuare servizi di telemedicina nel rispetto dei criteri indicati nelle linee guida nazionali (lettera d). Viene infine consentito ai cittadini di operare in farmacia la scelta del medico di medicina generale e del pediatra di libera tra quelli convenzionati con il Servizio sanitario regionale (lettera e).
Il comma 2 specifica che sono a carico degli utenti le prestazioni erogate dalle farmacie riguardanti la somministrazione di vaccini, l’effettuazione di test per il contrasto all’antibiotico-resistenza e l’effettuazione di servizi di telemedicina (lettere da e-quater ad e-sexies dell’articolo 1, comma 2, del citato D.Lgs. n. 153/2009).
Ai titolari di farmacia è consentito l’utilizzazione di locali separati da quelli in cui è ubicata la farmacia medesima per l’erogazione dei servizi sanitari di cui all’articolo 1 del citato D.Lgs. n. 153/2009: in ogni caso in tali locali è vietato il ritiro delle prescrizioni mediche e qualsiasi dispensazione o vendita di farmaci o di altri prodotti (comma 3).
L’erogazione in locali separati dei servizi sanitari è soggetta alla previa autorizzazione da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, nonché all’accertamento dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali. L’amministrazione, in particolare, verifica che i locali ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica e che siano situati a una distanza non inferiore a duecento metri dalle altre farmacie e dai locali ove sono svolti i servizi sanitari di pertinenza di altre farmacie. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia (comma 4).
Per consentire ai cittadini un’immediata identificazione dei servizi sanitari offerti nei locali di cui al comma 2, i titolari di farmacia appongono presso i locali stessi, oltre alla croce verde identificativa della farmacia, un’insegna riportante la denominazione «Farmacia dei servizi» e forniscono idonea informazione sulla esatta identificazione dei soggetti titolari di farmacia che offrono i servizi medesimi (comma 5).
Viene poi previsto che due o più farmacie, di proprietà di soggetti diversi, possono esercitare in comune i servizi sanitari di cui all’articolo 1 decreto legislativo n. 153 del 2009, anche utilizzando i medesimi locali separati di cui al comma 2, previa stipula del contratto di rete[27]. L’autorizzazione all’utilizzo dei locali di cui al comma 2 da parte delle farmacie che hanno stipulato il contratto di rete è rilasciata al rappresentante di rete (comma 6).
Viene infine prevista la clausola di invarianza degli oneri finanziari (comma 7).
L’articolo 25, introducendo alcune modifiche al D.Lgs 3 ottobre 2009, n. 153, recante Individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nonchè disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali, - emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69[28] -, è finalizzato ad ampliare la gamma di servizi erogabili dalle farmacie ai sensi del citato provvedimento ed a dettare ulteriori misure complementari all’erogazione dei citati servizi aggiuntivi.
L'introduzione in Italia del modello della Farmacia dei servizi è avvenuta con la legge n. 69 del 18 giugno 2009, che, all'articolo 11 ha delegato il Governo all
'emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati all'individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. Successivamente, il decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, e i successivi decreti ministeriali attuativi, hanno indicato la tipologia di prestazioni e le attività delle Farmacie di comunità, poi configurate come "strutture di servizio".
In sostanza, il D. Lgs. 153/2009 ha formalizzato e rafforzato un nuovo ruolo della farmacia, intesa non solo come luogo specifico e privilegiato di erogazione dei farmaci, ma anche come centro socio-sanitario polifunzionale di prestazioni al servizio della comunità dei cittadini, sia per favorire la deospedalizzazione della sanità, sia per ampliare il ruolo che le farmacie devono assolvere nell’ambito del SSN: a completare ed integrare tale quadro normativo sono poi successivamente intervenuti alcuni decreti ministeriali, più in particolare: il Decreto del 16 dicembre 2010 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 10 marzo 2011), che fa riferimento ai test "autodiagnostici", test gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo a domicilio, o che possono, in caso di condizioni di fragilità di non completa autosufficienza, essere utilizzati mediante il supporto di un operatore sanitario, presso le farmacie territoriali pubbliche e private, il Decreto del 16 dicembre 2010 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 19 aprile 2011), che regolamenta l'attività degli operatori sanitari in farmacia e il Decreto dell'8 luglio 2011 che disciplina le prenotazioni delle prestazioni specialistiche da parte delle farmacie.
Peraltro le prestazioni sanitarie erogabili dalle farmacie hanno subìto una improvvisa e sostanziale accelerazione – con la conseguente integrazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 del citato D.Lgs - con la pandemia Covid-19, durante la quale le farmacie hanno operato come fondamentale presidio sanitario sul territorio per la fornitura di servizi sanitari essenziali per la diagnosi del Covid-19 e la sua prevenzione.
Sinteticamente può qui ricordarsi che ai sensi dell’articolo 1 del citato D.Lgs n. 153/2009 (e dei successivi d.m.) i nuovi compiti e le funzioni assistenziali previsti per le Farmacie di comunità sono rappresentati da:
a) la partecipazione delle Farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata (ADI) a supporto delle attività del medico di medicina generale (MMG) o del pediatra di famiglia (PdF) attraverso: la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici; la preparazione nonché dispensazione a domicilio delle miscele per la nutrizione artificiale e dei medicinali antidolorifici; la dispensazione per conto delle Strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta ; la collaborazione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per l'effettuazione a domicilio di specifiche prestazioni professionali richieste dal MMG o dal PdF e per l'effettuazione di ulteriori prestazioni presso la Farmacia[29].
Su tale linea il Decreto del 16 dicembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90 del 19 aprile 2011, regolamenta l'attività degli operatori sanitari in farmacia, pervedendo che le attività erogate presso le farmacie e a domicilio del paziente, previste dal Decreto, devono essere effettuate esclusivamente da infermieri e da fisioterapisti, in possesso di titolo abilitante ed iscritti al relativo Collegio professionale laddove esistente. Il farmacista titolare o direttore è tenuto ad accertare, sotto la propria responsabilità, il possesso di tali requisiti.
b) la collaborazione delle Farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio nonché l'aderenza alle terapie anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di Farmacovigilanza;
c) l'erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le Farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione per le principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano;
d) l'erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, su prescrizione dei MMG e dei PdF, secondo Linee guida e Percorsi diagnostico-terapeutici, avvalendosi anche di personale infermieristico e prevedendo l'inserimento delle Farmacie tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici.
I servizi di secondo livello erogabili in farmacia tramite dispositivi strumentali per la misurazione (art. 3 del decreto 16 dicembre 2010) sono: le misurazioni della pressione arteriosa; della capacità polmonare tramite auto - spirometria; della saturazione percentuale dell'ossigeno; della pressione arteriosa e dell'attività cardiaca; l'effettuazione di elettrocardiogrammi con modalità di Telecardiologia da effettuarsi in collegamento con Centri di cardiologia accreditati dalla Regione. Gli accertamenti effettuati in Farmacia possono essere un utile supporto all'attività dei medici di medicina generale nelle situazioni in cui l'esecuzione degli stessi accertamenti negli studi dei medici di assistenza primaria e di pediatria di libera scelta non risulti possibile dal punto di vista organizzativo. Ai fini dell'effettuazione delle prestazioni e dell'assistenza ai pazienti che fruiscono di tali servizi, la Farmacia (art. 4 decreto 16 dicembre 2010) deve mettere a disposizione spazi dedicati separati dagli altri ambienti, adeguatamente attrezzati, idonei sotto il profilo igienico-sanitario, che permettano l'utilizzo, la manutenzione e la conservazione degli apparecchi, degli strumenti e degli eventuali reagenti impiegati in condizioni di sicurezza. Per quanto riguarda i defibrillatori, il decreto ministeriale 18 marzo 2011 "Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defibrillatori automatici di cui all'articolo 2, comma 46, della Legge n. 191/2009" cita le Farmacie tra i luoghi e le strutture nelle quali è possibile collocare i defibrillatori semiautomatici esterni, di cui è già in atto una diffusione negli stadi, negli aeroporti, nei grandi magazzini e in altri luoghi di aggregazione;
e) l'effettuazione, presso le Farmacie, tra i servizi di secondo livello, di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo.
I test di autodiagnostica/autocontrollo (decreto 16 dicembre 2010), che possono essere effettuati presso tutte le Farmacie di comunità, comprese quelle comunali, sono: la misurazione della glicemia, del colesterolo, dei trigliceridi, dell'emoglobina, dell'emoglobina glicata, della creatinina, delle transaminasi e dell'ematocrito; la misurazione di componenti delle urine; il test di ovulazione, di gravidanza, di menopausa e il test per la rilevazione del sangue occulto nelle feci. Sono test che "in via ordinaria sono gestibili direttamente dai pazienti in funzione di autocontrollo, ovvero in caso di condizioni di fragilità, di non completa autosufficienza";
e-bis) in attuazione del piano nazionale della cronicità[30] al fine di favorire la presa in cura dei pazienti cronici e di concorrere all'efficientamento della rete dei servizi, la possibilità di usufruire presso le farmacie, in collaborazione con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta e comunque nel rispetto di prescrizioni mediche, di un servizio di accesso personalizzato ai farmaci;
e-ter) l'effettuazione presso le farmacie da parte di un farmacista di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare;
e-quater) la somministrazione, con oneri a carico degli assistiti, presso le farmacie, da parte di farmacisti opportunamente formati, di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali nei confronti dei soggetti di età non inferiore a diciotto anni, previa presentazione di documentazione comprovante la pregressa somministrazione di analoga tipologia di vaccini, nonché l'effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, da effettuare in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza. Le aree, i locali o le strutture esterne alla farmacia devono essere compresi nella circoscrizione farmaceutica prevista nella pianta organica di pertinenza della farmacia stessa;
f) prenotazione delle prestazioni specialistiche, pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino e ritiro dei referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale (in tal senso il decreto 8 luglio 2011 prevede che le farmacie, attraverso una postazione dedicata, possono operare anche come canali di accesso al Sistema CUP per prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, provvedere al pagamento dei ticket a carico del cittadino e ritirare i relativi referti).
Viene poi disposto che l'adesione delle farmacie pubbliche ai servizi indicati è subordinata all'osservanza di criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, in base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità dirette agli enti locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e senza incrementi di personale: in attuazione di tale previsione è stato emanato il D.M. 11 dicembre 2012, recante Criteri in base ai quali subordinare l'adesione delle farmacie pubbliche ai nuovi servizi, di cui all'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 153/2009.
Il rapporto delle farmacie con il Servizio sanitario nazionale per lo svolgimento dei nuovi servizi è disciplinato dalle medesime convenzioni di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[31], e successive modificazioni, conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati a norma dell'articolo 4, comma 9[32], della legge 30 dicembre 1991, n. 412[33], ed ai correlati accordi di livello regionale. Gli accordi nazionali e gli accordi di livello regionale fissano altresì i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività sopra elencate.
Attualmente tali rapporti sono regolati da una Convenzione Nazionale stipulata tra Federfarma e le Regioni. Il testo della Convenzione, è stato reso esecutivo con il D.P.R. 8 luglio 1998, n. 371. La Convenzione è scaduta nel 2001 ed è in regime di prorogatio.
E’ poi disposto che il Servizio sanitario nazionale promuove la collaborazione interprofessionale dei farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, in riferimento ai nuovi servizi sopra descritti.
Venendo alle modifiche recate dalla disposizione in commento, il comma 1 (lettere da a) ad e)) dispone una serie di modifiche al comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs n. 153/2009, consentendo alle farmacie ed ai farmacisti:
· di dispensare per conto delle strutture sanitarie non solo i farmaci, ma anche i dispositivi medici necessari al trattamento dei pazienti (lettera a), che sostituisce il n. 3 della lettera a) del comma 2 dell’articolo 1 del citato D.Lgs n. 153/2009);
In funzione della loro dispensazione ed utilizzazione in ambito sia territoriale che ospedaliero, la normativa nazionale sul regime di fornitura dei farmaci individua diverse modalità di erogazione dei medicinali a carico del SSN. In particolare, il consumo di medicinali in ambito territoriale attraverso le farmacie convenzionate, pubbliche e private, diffuse sul territorio (regime di dispensazione convenzionale) si realizza a seguito della prescrizione da parte dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei medici specialisti. In ambito ospedaliero, la dispensazione dei medicinali viene effettuata direttamente dalle strutture sanitarie (distribuzione diretta) o, in alternativa, per il tramite delle farmacie convenzionate (distribuzione per conto). La distribuzione per conto delle ASL da parte delle farmacie convenzionate avviene sulla base di specifici accordi stipulati dalle Regioni e Province Autonome con le Associazioni delle farmacie convenzionate. Tale modalità distributiva consente agli assistiti affetti da patologie croniche, che richiedono una assistenza farmaceutica continua, di rifornirsi presso le farmacie territoriali. In genere, la remunerazione del servizio di distribuzione è operata sulla base di una percentuale sul prezzo al pubblico del farmaco o di una commissione per confezione o ricetta[34].
· di effettuare, nell'ambito dei servizi di secondo livello le prestazioni analitiche di prima istanza anche se non rientranti nell’ambito dell’autocontrollo (cfr. supra) – lettera b) che modifica la lettera e) del comma 2 del citato articolo 1 -;
· di somministrare nei confronti dei soggetti di età non inferiore a dodici anni – e non a 18 anni come previsto a normativa vigente - i vaccini rientranti nel Piano di prevenzione vaccinale (non soltanto quindi, come a normstiva vigente, quelli antiinfluenzali e anti SARS-COV 2), oltre che di effettuare (come già attualmente previsto) test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo – lettera c) che sostituisce la lettera e-quater del comma 2 del citato art. 1 -;
· di effettuare test diagnostici per il contrasto all’antibiotico-resistenza, a supporto del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta, ai fini dell’appropriatezza prescrittiva - lettera d) che inserisce la nuova lettera e) quinquies al comma 2 del citato art. 1-;
· di effettuare, nei limiti delle competenze professionali, servizi di telemedicina (cfr. supra art. 24) nel rispetto dei requisiti funzionali e dei livelli di servizio indicati nelle linee guida nazionali - lettera d) che inserisce la nuova lettera e) sexies al comma 2 del citato art. 1-;
· di permettere ai cittadini di operare in farmacia la scelta del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta tra quelli convenzionati con il Servizio sanitario regionale – lettera e) che integra la lettera f) del comma 2 del citato art. 1-.
Il comma 2 specifica che le prestazioni erogate dalle farmacie ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettere da e-quater) a e-sexies) (riguardanti, rispettivamente, la somministrazione di vaccini, l’effettuazione di test per il contrasto all’antibiotico-resistenza e l’effettuazione di servizi di telemedicina, cfr. supra) del citato D.Lgs. n. 153/2009, sono a carico degli utenti.
Il comma 3 prevede che per l’erogazione dei servizi sanitari di cui all’articolo 1 del citato D.Lgs. n. 153/2009 ai soggetti titolari di farmacia è consentito l’utlizzazione di locali separati da quelli in cui è ubicata la farmacia medesima: ogni caso in tali locali è vietato il ritiro delle prescrizioni mediche e qualsiasi dispensazione o vendita di farmaci o di altri prodotti.
L’erogazione in locali separati dei servizi sanitari è soggetta alla previa autorizzazione da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, nonché all’accertamento dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali. L’amministrazione, in particolare, verifica che i locali ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica e che siano situati a una distanza non inferiore a duecento metri dalle altre farmacie e dai locali ove sono svolti i servizi sanitari di pertinenza di altre farmacie. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia (comma 4).
Per consentire ai cittadini un’immediata identificazione dei servizi sanitari offerti nei locali di cui al comma 2, i titolari di farmacia appongono presso i locali stessi, oltre alla croce verde identificativa della farmacia, un’insegna riportante la denominazione «Farmacia dei servizi» e forniscono idonea informazione sulla esatta identificazione dei soggetti titolari di farmacia che offrono i servizi medesimi (comma 5).
Viene poi previsto che due o più farmacie, di proprietà di soggetti diversi, possono esercitare in comune i servizi sanitari di cui all’articolo 1 decreto legislativo n. 153 del 2009, anche utilizzando i medesimi locali separati di cui al comma 2, previa stipula del contratto di rete[35]. L’autorizzazione all’utilizzo dei locali di cui al comma 2 da parte delle farmacie che hanno stipulato il contratto di rete è rilasciata al rappresentante di rete (comma 6).
La disciplina del contratto di rete è stata introdotta nel nostro ordinamento con il Decreto-legge n. 5/2009 (convertito, con modificazioni, in L. n. 33/2009) articolo 3, commi 4-ter e ss.. Tali norme hanno subito successive modifiche ed integrazioni (cfr. in particolare, l’art. 45 del D.L. n. 83/2012, convertito con mod. in L. n. 134/2012, l’articolo 36 del D.L. n. 179/2012, nonché l’articolo 12 della Legge n. 81/2017[36]).
Secondo quanto dispone l’articolo 3, comma 4-ter del D.L. n. 5/2009, con il contratto di rete, “due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato e a tal fine esse si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a:
1) collaborare in ambiti predeterminati attinenti l’esercizio delle proprie imprese, ovvero;
2) a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica e tecnologica, ovvero ancora;
3) a svolgere in comune una o più attività rientranti nell’oggetto delle rispettive imprese.
Si tratta, quindi, di una figura in parte differente e, in un certo qual senso, evoluta, rispetto al modello primigenio dei distretti industriali, i quali invece sono stati qualificati come sottospecie dei sistemi produttivi locali, o dei distretti produttivi intesi quali aggregazioni libere di imprese articolate su un piano territoriale e piano funzionale.
Ai contratti di rete si applicano attualmente, come si dirà di seguito, una serie di norme incentivanti di particolare riscontro presso il tessuto produttivo e di particolare rilievo per lo sviluppo economico del Paese.
Il contratto di rete è uno strumento utile, perché grazie ad esso, anche realtà imprenditoriali piccole possono avere accesso, insieme, in quanto sottoscrittrici del contratto, alla realizzazione di programmi di sviluppo di grandi dimensioni.
Il contratto di rete, ai sensi del comma 4-ter dell’articolo 3 del D.L. n. 5/2009, può prevede la costituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso (cd. elementi facoltativi del contratto di rete).
Il contratto di rete che prevede l'organo comune e il fondo patrimoniale non è dotato di soggettività giuridica, ma è fatta salva la facoltà di acquisto della stessa soggettività ai sensi di quanto dispone in via generale il comma 4-quater, ultima parte, dell’articolo 3. Secondo tale disposizione, per acquistare soggettività giuridica, il contratto deve essere stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente.
Quanto al regime di pubblicità – ai sensi del citato comma 4-quater - il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.
Nel caso invece di contratto di rete con autonoma soggettività si prevede l’iscrizione autonoma della rete al registro delle imprese, e non già della posizione dei singoli imprenditori “retisti”. Se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede. Sull’apposita pagina del sito istituzionale registroimprese.it, vi sono le statistiche relative ai contratti di rete, nonché, in forma di info-grafica, l’iter da seguire.
Il sostegno alle reti di impresa è stato, comunque, via via riconosciuto da singoli, diversi interventi legislativi. Alcuni di essi, di limitata portata applicativa temporale, si sono esauriti (es. il voucher innovation manager di cui all’art. 1, co. 228 della legge di bilancio 2019 riconosciuto fino all’anno 2021 alle micro, piccole e medie imprese e, in via prioritaria con riserva di risorse, a quelle organizzate in reti).
Altri interventi, invece, sono ancora vigenti e ammettono le reti di impresa a beneficiare di strumenti di sostegno di particolare riscontro presso il tessuto produttivo e di particolare rilievo per lo sviluppo economico del Paese.
Le reti d’impresa possono essere ammesse a beneficiare della:
· disciplina agevolativa dei contratti di sviluppo, per progetti di grandi dimensioni, uno degli strumenti più rilevanti per lo sviluppo industriale del Paese;
· disciplina agevolativa per progetti di ricerca e sviluppo realizzati nell’ambito di Accordi per l’innovazione
· disciplina agevolativa per la realizzazione di programmi di investimento finalizzati alla riqualificazione delle aree di crisi industriale, complessa e non complessa, ai sensi dell’articolo 27, commi 8 e 8-bis, del D.L. n. 83 del 2012 e ss. mod. e int. (cfr. art. 4 del D.M. 4 marzo 2022, che ha fissato nuove modalità di accesso e funzionamento degli interventi per il rilancio delle aree di crisi industriale ai sensi della legge n. 181/89).
Viene infine prevista la clausola di invarianza degli oneri finanziari (comma 7).
Articolo 26
(Modifiche alla legge 24 giugno 2010, n. 107 in materia di inclusione sociale delle persone con sordocecità)
L’articolo 26 in esame apporta diverse e specifiche modifiche alle disposizioni della legge n. 107 del 2010 in materia di inclusione sociale delle persone con sordocecità, in attuazione degli indirizzi approvati con la dichiarazione del Parlamento europeo del 12 aprile 2004, allo scopo di riconoscere la condizione di invalidità civile alla somma delle due condizioni di sordità e cecità, specificando, tra l’altro, che le indennità previste dalla normativa vigente in materia di sordità civile e di cecità civile devono essere percepite in forma unificata.
Più in dettaglio, le novelle alla citata L. n. 107/2010 recante misure per il riconoscimento dei diritti delle persone sordocieche sono le seguenti:
- lett. a) all’articolo 1, comma 1, viene precisato che la specifica unica deve essere distinta dalla somma delle disabilità uditiva e visiva;
- lett. b) all’articolo 2 si modifica:
· il comma 1, in materia di definizione delle persone sordocieche, sostituendo l’intero comma come segue, riformulando più dettagliatamente la definizione di “persone sordocieche”:
Testo vigente articolo 2, comma 1, L. n. 107/2010 |
Modificazioni apportate dall’art. 26 dell’AS n. 1184 |
Ai fini di cui all'articolo 1, si definiscono sordocieche le persone cui siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in materia di sordità civile e di cecità civile. |
«1. Ai fini della presente legge, si definiscono sordocieche le persone con durature compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell’udito, congenite o acquisite, che in interazione con barriere di diversa natura comportano difficoltà nell’orientamento e nella mobilità, nell’accesso all’informazione e alla comunicazione, ostacolando la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri. |
La nuova definizione, pertanto, non intende rinviare alla normativa vigente, bensì detta direttamente la definizione di persone sordocieche come persone con durature compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell’udito, a carattere congenito o acquisito, che in interazione con barriere di diversa natura comportano non solo difficoltà nell’orientamento e nella mobilità, ma anche nell’accesso all’informazione e alla comunicazione, ostacolando la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri;
· il primo periodo del comma 2, sostituendo la disposizione in modo da indicare che le indennità previste dalla normativa vigente in materia di sordità civile e di cecità civile - distinguendo le due forme di disabilità - a beneficio delle persone sordocieche (definite tali e non più come “affette da sordocecità”) devono essere percepite in forma unificata. Al secondo periodo si evidenzia che alle due forme di disabilità si aggiunge quella dell’indennità civile.
Testo vigente articolo 2, comma 2, primo periodo |
Modificazioni apportate dall’art. 26 dell’AS n. 1184 |
2. Le persone affette da sordocecità, così come definite dal comma 1, percepiscono in forma unificata le indennità loro spettanti ai sensi della normativa vigente in materia di sordità civile e di cecità civile. Percepiscono altresì in forma unificata anche le eventuali altre prestazioni conseguite rispettivamente per la condizione di sordità civile e cecità civile, erogate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS). |
2. Le persone sordocieche che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dalla normativa vigente in materia di sordità civile e di cecità civile percepiscono le medesime indennità in forma unificata. Le persone sordocieche percepiscono altresì in forma unificata anche le eventuali altre prestazioni conseguite rispettivamente per la condizione di sordità civile, di cecità civile e di invalidità civile, erogate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS). |
- lett c) all’articolo 3, si modifica:
· il comma 1, primo periodo, coerentemente alle modifiche apportate al precedente comma 2 della L. n. 107/2010, in modo da indicare che le condizioni di cecità civile e di sordità civile si sommano a quella complessiva di invalidità civile.
Testo vigente articolo 3, comma 1, primo e terzo periodo |
Modificazioni apportate dall’art. 26 dell’AS n. 1184 |
1. L'accertamento della sordocecità, come definita ai sensi dell'articolo 2, è effettuato dall'azienda sanitaria locale competente per territorio mediante la commissione medica di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che procede alla valutazione di entrambe le disabilità sulla base della documentazione clinica presentata dall'interessato. (omissis) Esso viene espletato tenendo conto dei requisiti sanitari previsti dalla vigente normativa per il rispettivo riconoscimento della condizione di cecità civile e di sordità civile. |
1. L'accertamento della sordocecità, come definita ai sensi dell'articolo 2, è effettuato dall'azienda sanitaria locale competente per territorio mediante la commissione medica di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che procede alla valutazione delle disabilità sulla base della documentazione clinica presentata dall'interessato. (omissis) Esso viene espletato tenendo conto dei requisiti sanitari previsti dalla vigente normativa per il rispettivo riconoscimento della condizione di cecità civile, di sordità civile e di invalidità civile. |
· al comma 2, dopo il primo periodo viene aggiunta la seguente disposizione, al fine di riconoscere la condizione di invalidità civile ai soggetti nei cui confronti vengano accertate la condizione di cecità civile, in conseguenza di una duratura compromissione dell’udito acquisita anche in seguito all’età evolutiva:
Testo vigente articolo 3, comma 2, L. n. 107/2010 |
Modificazioni apportate dall’art. 26 dell’AS n. 1184 |
2. La condizione di sordocieco viene riconosciuta al soggetto che dall'accertamento risulti in possesso dei requisiti già previsti dalla legislazione vigente rispettivamente in materia di sordità civile e di cecità civile ai fini dell'ottenimento delle indennità già definite in base alle vigenti normative relative alle due distinte minorazioni. |
2. La condizione di sordocieco viene riconosciuta al soggetto che dall'accertamento risulti in possesso dei requisiti già previsti dalla legislazione vigente rispettivamente in materia di sordità civile e di cecità civile ai fini dell'ottenimento delle indennità già definite in base alle vigenti normative relative alle due distinte minorazioni. La condizione di sordocieco è altresì riconosciuta ai soggetti nei cui confronti vengano accertate la condizione di cecità civile e, in conseguenza di una duratura compromissione dell’udito acquisita anche in seguito all’età evolutiva, la condizione di invalidità civile. |
Articolo 27
(Misura di semplificazione in materia di armi)
L’articolo 27 trasferisce al prefetto la competenza del Ministro dell’interno in ordine al rilascio della licenza necessaria per la fabbricazione, detenzione, vendita delle armi da guerra.
La disposizione modifica in via legislativa la titolarità del rilascio della licenza relativa alle armi da guerra (nonché ad alcune altre dotazioni, ad esse assimilate).
Il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – recato dal regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 – distingue dalle armi le armi da guerra, quanto all’autorità competente al rilascio della prescritta licenza.
Per le armi, competente è il questore; per le armi da guerra, il Ministro dell’interno.
Quest’ultimo è, ai sensi dell’articolo 28 del citato Testo unico, competente al rilascio della licenza prescritta – oltre che nei casi preveduti dal codice penale – per la fabbricazione (con le connesse attività commerciali e di riparazione), l'assemblaggio, la raccolta, la detenzione e la vendita, di:
Ø armi da guerra ed armi analoghe, nazionali o straniere, o parti di esse;
Ø munizioni, uniformi militari od altri oggetti destinati all'armamento e all'equipaggiamento di forze armate nazionali o straniere.
Analoga licenza è prescritta per l'importazione e l'esportazione di armi da fuoco diverse dalle armi comuni da sparo non comprese nei materiali di armamento.
Così come è prescritta per la fabbricazione, l'importazione e l'esportazione, la raccolta, la detenzione e la vendita di strumenti di autodifesa specificamente destinati all'armamento dei Corpi armati o di polizia.
Ed è prescritta per la fabbricazione e la detenzione delle tessere di riconoscimento e degli altri contrassegni di identificazione degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria (fatte salve le produzioni dell'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato).
Ebbene, questo novero di autorizzazioni mediante licenza, poste in capo al Ministro dell’interno dal dettato della disposizione del Testo unico, è traslato dalla disposizione in esame al prefetto competente per territorio.
Siffatta disposizione ‘legifica’ un’attribuzione prefettizia invero invalsa, per talune armi e dotazioni, in via di prassi amministrativa (si legge nella relazione illustrativa).
Essa risulta compatibile con la previsione del decreto legislativo n. 165 del 2001 (recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), secondo cui (cfr. suo art. 4, comma 2) ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno.
La licenza di cui qui si tratta ha – ai sensi dell’articolo 28 del Testo unico di pubblica sicurezza – validità biennale.
La disposizione in esame incide esclusivamente sulla titolarità della competenza al rilascio della licenza, non già su altri profili procedimentali.
In particolare, prevede espressamente che rimangano ferme le disposizioni, anche di natura regolamentare, concernenti l’attività delle Commissioni tecniche di cui all’articolo 9 del decreto-legge n. 119 del 2014 (cui ha dato attuazione il decreto ministeriale del 19 novembre 2014).
Quelle così richiamate sono la Commissione consultiva centrale in materia di sostanze esplodenti (operante presso il Ministero dell’interno) e le Commissioni tecniche territoriali (operanti presso le Prefetture).
Articolo 28
(Misure di semplificazione in materia di procedimenti amministrativi di pubblica sicurezza)
L’articolo 28 introduce delle misure volte a semplificare alcuni procedimenti in materia di armi e prodotti esplodenti, prevedendo il trasferimento al prefetto della competenza al rilascio delle licenze di cui agli articoli 46 e 54 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), attualmente attribuita al Ministro dell’Interno.
Più specificamente, al comma 1 l’articolo 28 prevede che, per quanto riguarda le richieste successive alla data di entrata in vigore della legge in esame, la competenza al rilascio della licenza prevista dall’articolo 46 del T.U.L.P.S. è trasferita al prefetto competente per territorio.
Secondo l’articolo 46 del T.U.L.P.S. (R.D. n. 773 del 1931), senza la licenza del Ministro dell'interno è vietato:
- fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare dinamite e prodotti affini negli effetti esplosivi, fulminati, picrati, artifici contenenti miscele detonanti, ovvero elementi solidi e liquidi destinati alla composizione di esplosivi nel momento dell'impiego;
- fabbricare polveri contenenti nitrocellulosa o nitroglicerina.
Al medesimo comma si precisa che restano ferme le disposizioni, anche di natura regolamentare, concernenti l’attività delle Commissioni tecniche di cui all’articolo 9 del decreto-legge n. 119 del 2014.
Secondo tale disposizione, ai fini dell'esercizio delle funzioni consultive in materia di sostanze esplodenti previste dalla legislazione vigente, presso il Ministero dell'interno opera una Commissione consultiva centrale, mentre a livello territoriale operano delle Commissioni tecniche che esercitano le funzioni anche prescrittive previste in materia. In attuazione di quanto disposto dalla medesima disposizione, è stato emanato dal Ministero dell’interno il D.M. 19 novembre 2014, che detta la composizione della Commissione consultiva centrale e della Commissione tecnica territoriale
Ai sensi del comma 2, sempre con riguardo alle richieste successive alla data di entrata in vigore della legge in esame, la competenza al rilascio della licenza di cui all’articolo 54, primo comma, del T.U.L.P.S. è trasferita al prefetto della provincia di destinazione dei prodotti esplodenti.
Ai sensi dell’articolo 54, primo comma, del T.U.L.P.S., senza la licenza del Ministro dell'interno, da rilasciarsi volta per volta, non possono introdursi nello Stato prodotti esplodenti di qualsiasi specie (salvo quanto disposto dall’articolo 28 con specifico riguardo alle le munizioni da guerra).
Al secondo comma si prevede che la licenza non può essere concessa se l'esplosivo non sia stato già riconosciuto e classificato.
L’elenco dei prodotti esplodenti e la relativa classificazione sono contenuti nell'allegato A al regolamento per l'esecuzione del testo unico (R,D. n. 635 del 1940).
Il terzo comma precisa che tali previsioni non si applicano rispetto agli esplosivi di transito, per i quali è sufficiente la licenza del prefetto della provincia per cui i prodotti entrano nello Stato.
Come si legge dalla relazione illustrativa che accompagna la proposta, la ratio dell’intervento è improntata a esigenze di celerità e di snellimento dei procedimenti di cui agli articoli 46 e 54 del T.U.L.P.S., nell’ottica più ampia di determinare un allineamento di tali disposizioni a quelle previste in materia di indirizzo politico-amministrativo dall’articolo 4 del d.lgs. n. 165 del 2001, che attribuisce ai dirigenti la competenza ad adottare gli atti e i provvedimenti amministrativi che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno.
La medesima relazione puntualizza che la semplificazione in tal modo operata non va ad incidere in modo pregiudizievole sulle esigenze di ordine e sicurezza pubblica sottese alle licenze in argomento, in quanto lascia inalterata l’istruttoria condotta a livello territoriale e mantiene ferme le disposizioni vigenti in ordine alle attività della Commissione consultiva centrale in materia di sostanze esplodenti e delle Commissioni tecniche territoriali.
Viene rilevato, peraltro, che si tratta di provvedimenti che, per larga parte, vengono già delegati ai Prefetti. In particolare si segnala che, per quanto riguarda l’art. 46 del T.U.L.P.S., con la circolare del 2 febbraio 1983, anzitutto, sono state delegate ai prefetti le competenze relative al trasporto all’interno dello Stato degli esplosivi di II e III categoria e alla vendita, nei depositi, dei suddetti esplosivi di II e III categoria, essendosi peraltro fatto riserva di delegargli, di volta in volta con apposito specifico atto, ogni altra attribuzione in materia di armi ed esplosivi.
Con riguardo all’art. 54 del T.U.L.P.S. nella relazione si osserva, infine, che l’intervento normativo in esame persegue anche la finalità di coordinare la disposizione in parola con quanto previsto dall’articolo 10 del d. lgs. n. 81 del 2016 che, con riguardo ai trasferimenti intracomunitari da Paesi membri, prevede che l’autorizzazione sia rilasciata, per l’appunto, “dal prefetto territorialmente competente per il luogo di destinazione”.
Articolo 29
(Disposizioni in materia di oggetti preziosi)
L’articolo 29 suggella la inapplicabilità del silenzio assenso nei procedimenti autorizzatori mediante licenza, per la fabbricazione, il commercio, la mediazione di oggetti preziosi.
La disposizione interviene su una vicenda normativa che registra la ‘compresenza’ di discordanti disposizioni, in materia di attività relative agli oggetti preziosi.
Preliminarmente va ricordato che il Testo unico di pubblica sicurezza (ossia il regio decreto n. 773 del 1931) dispone, all’articolo 127, che i fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, hanno l'obbligo di munirsi di licenza, rilasciata dal questore[37].
Si tratta dunque di un atto di pubblica sicurezza.
Ed agli atti e procedimenti di pubblica sicurezza, non si applica la disciplina del silenzio assenso. Così dispone l’articolo 20 (che quella disciplina pone), comma 4, della legge n. 241 del 1990 la quale detta la disciplina generale in materia di procedimento amministrativo.
Per contro, il decreto legislativo n. 222 del 2016 – nell’individuare gli specifici procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività ovvero di silenzio assenso – ammette l’applicazione del silenzio assenso quanto alla vendita di oggetti preziosi (fuori del caso di esercizio di vicinato, il quale è oggetto di SCIA condizionata).
Siffatta previsione è desumibile dal regime amministrativo quale configurato da quel medesimo decreto legislativo in un’apposita tabella ad esso allegata, alla sezione I (attività commerciali e assimilabili), sottosezione 1.10 (casistiche relative alla vendita di specifici prodotti), numero 35 (vendita di oggetti preziosi).
La disposizione in commento modifica il dettato di questa specifica ‘voce’ della tabella allegata al decreto legislativo n. 222 del 2016, espungendo ogni riferimento al silenzio assenso.
Si intende che in tal modo venga meno un elemento normativo collidente con la generale previsione (posta dall’articolo 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990, si è ricordato) relativa alle autorizzazioni di pubblica sicurezza, quali insuscettibili di applicazione del silenzio assenso.
In tali autorizzazioni di pubblica sicurezza rientrano quelle alla vendita di oggetti preziosi (ai sensi dell’articolo 127 del Testo unico di pubblica sicurezza).
Pertanto la novella ‘scolpisce’ la inapplicabilità del silenzio assenso alle autorizzazioni alla vendita di oggetti preziosi.
Articolo 30
(Modifiche alla disciplina sulla promozione dell’economia circolare di cui all’articolo 4 della legge 17 maggio 2022, n. 60)
L’articolo 30 prevede che, anche per i rifiuti accidentalmente pescati e per i rifiuti volontariamente raccolti nelle acque marine e interne, l’individuazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste) avvenga in base alle ordinarie procedure previste dal Codice dell’ambiente e non – come stabilisce il testo vigente della c.d. legge salvamare – sulla base di uno specifico decreto del Ministro dell’ambiente.
L’articolo in esame riscrive il testo del primo ed unico comma dell’articolo 4 della legge 60/2022, recante “Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare (legge «SalvaMare»)”.
Il testo attualmente vigente prevede l’emanazione di uno specifico decreto del Ministro della transizione ecologica (oggi dell’ambiente e della sicurezza energetica, in seguito alla ridenominazione e riorganizzazione operata dal D.L. 173/2022) finalizzato a stabilire i criteri e le modalità con cui i rifiuti accidentalmente pescati (RAP) e i rifiuti volontariamente raccolti (RVR) cessano di essere qualificati come rifiuti.
In base alle definizioni recate dall’art. 1, comma 2, lettere a) e b), della legge 60/2022, con l’espressione «rifiuti accidentalmente pescati» (RAP) si intendono “i rifiuti raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca e quelli raccolti occasionalmente in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune con qualunque mezzo”, mentre i «rifiuti volontariamente raccolti» (RVR) sono “i rifiuti raccolti mediante sistemi di cattura degli stessi, purché non interferiscano con le funzioni eco-sistemiche dei corpi idrici, e nel corso delle campagne di pulizia del mare, dei laghi, dei fiumi e delle lagune”.
Il testo vigente dell’art. 4 della legge “salvamare” contiene quindi una disposizione che, in deroga alla disciplina di carattere generale in materia di cessazione della qualifica di rifiuto recata dall’art. 184-ter del d.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente), prevede un “binario” separato per l’individuazione dei criteri di end of waste di RAP e RVR.
In particolare si richiama il disposto del comma 2 dell’art. 184-ter del d.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) che prevede che i criteri di end of waste “sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente” e che tali criteri “includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto”. L’elenco dei decreti attuativi di tale disposizione, nonché il testo completo degli stessi, è disponibile nella sezione “End of waste” del sito web del Ministero dell’ambiente.
La relazione illustrativa al disegno di legge in esame sottolinea che la norma vigente (art. 4 della legge 60/2022) presenta alcune criticità relativamente all’eterogeneità, in termini merceologici e di pericolosità, dei rifiuti potenzialmente interessati dalla stessa, e pertanto “risulta al momento di difficile attuazione la previsione di adottare un unico regolamento”.
In altre parole, mentre la disciplina generale di end of waste recata dall’art. 184-ter del Codice dell’ambiente è finalizzata all’emanazione di decreti ognuno dei quali relativo a categorie merceologiche omogenee, l’art. 4 della legge “salvamare” prevede l’emanazione di un unico decreto per tutti gli oggetti pescati o raccolti nelle acque marine e interne, quindi oggetti che possono essere merceologicamente e dal punto di vista del loro potenziale inquinante molto diversi tra loro.
Per tali motivi la riscrittura operata dall’articolo in esame prevede che i criteri specifici e le modalità per la cessazione della qualifica di rifiuto per i RAP e RVR in plastica e in altri materiali, non compatibili con l’ecosistema marino e delle acque interne, sono stabiliti ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Viene quindi eliminato il diverso “binario” introdotto dalla c.d. legge “salvamare” e fatto rinvio, anche per i RAP e i RVR, alla procedura ordinaria di end of waste prevista dall’art. 184-ter del Codice dell’ambiente.
Articolo 31, comma 1, lettera a)
(Semplificazione in materia di determinazione di base imponibile per alcune imprese marittime)
L’articolo 31, comma 1, lettera a), reca una norma di semplificazione della disciplina prevista per la determinazione del regime del reddito imponibile di alcune imprese marittime (cd. tonnage tax).
L’articolo 6 comma 1 del decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 221, modificando l’articolo 155, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che istituisce la disciplina del tonnage tax, dispone che l’opzione per il regime di determinazione del reddito imponibile delle imprese marittime si intende tacitamente rinnovata per un altro decennio, a meno che al termine di ciascun decennio di permanenza nel regime non sia revocata secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell'opzione.
Si ricorda che la disciplina (opzionale) per la determinazione della base imponibile di alcune imprese marittime consente la determinazione forfetaria della base imponibile delle navi. Tale regime si caratterizza per essere opzionale e commisurato al tonnellaggio delle navi.
In particolare, l’articolo 155 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, prevede che le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e di mutua assicurazione, le società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato e che operano nel settore marittimo possono usufruire del particolare regime previsto dal tonnage tax. Il reddito, determinato a forfait, si riferisce alle navi che:
§ esercitano le attività di trasporto merci, trasporto passeggeri, soccorso, rimorchio, realizzazione e posa in opera di impianti e altre attività di assistenza marittima da svolgersi in alto mare o altre attività direttamente connesse, strumentali e complementari a quelle sopra indicate;
§ sono iscritte al Registro internazionale (decreto-legge n.457 del 1997)
§ hanno un tonnellaggio superiore alle 100 tonnellate di stazza netta.
Possono esercitare l’opzione anche le società e gli enti non residenti, ma dotati di stabile organizzazione in Italia.
Il reddito imponibile, determinato in via forfetaria ed unitaria sulla base del reddito giornaliero di ciascuna nave con i requisiti predetti, è calcolato sulla base degli importi in cifra fissa previsti per i seguenti scaglioni di tonnellaggio netto:
a) da 0 a 1.000 tonnellate di stazza netta: 0,0090 euro per tonnellata;
b) da 1.001 a 10.000 tonnellate di stazza netta: 0,0070 euro per tonnellata;
c) da 10.001 a 25.000 tonnellate di stazza netta: 0,0040 euro per tonnellata;
d) da 25.001 tonnellate di stazza netta: 0,0020 euro per tonnellata (articolo 155 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).
Il comma 2 del citato articolo 6 del decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 221, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, adegui le vigenti disposizioni ministeriali alle modificazioni introdotte dal comma 1 dal medesimo articolo.
La norma in esame abroga il suddetto comma 2, in quanto, come anche rilevato nella relazione illustrativa, la previsione contenuta nel comma 1 ha un contenuto precettivo completo; non si ravvisa, quindi, la necessità di procedere alla predisposizione di un decreto ministeriale che adegui in maniera espressa e puntuale le disposizioni già contenute nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 23 giugno 2005, recante disposizioni applicative del regime di determinazione della base imponibile delle imprese marittime.
Articolo 31, comma 1, lettera b)
(Abrogazione di norma in materia di regime tributario dei prodotti pensionistici individuali paneuropei)
La lettera b) dell’articolo 31, comma 1, abroga la norma che demanda a uno o più decreti del Ministero dell’economia e delle finanze la disciplina di dettaglio relativa al regime tributario dei rendimenti dei prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP). La relazione illustrativa del presente disegno di legge[38] osserva che l’abrogazione è proposta in base alla considerazione che, in materia, la disciplina di rango legislativo risulta completamente applicabile e che, quindi, quest’ultima non richiede l’adozione di disposizioni di rango secondario.
La norma oggetto dell’abrogazione in esame è posta dall’articolo 14, comma 5, del D.Lgs. 3 agosto 2022, n. 114. Il regime tributario dei rendimenti dei suddetti prodotti pensionistici è stabilito dal medesimo articolo 14.
Si ricorda che il citato D.Lgs. n. 114 ha definito la disciplina per l’attuazione del regolamento (UE) 2019/1238 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sul prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP).
Il suddetto regolamento europeo ha istituito un nuovo tipo di prodotto pensionistico individuale ad adesione volontaria, con caratteristiche armonizzate nell’ambito dell’Unione europea.
I prodotti che rientrano nel PEPP possono essere offerti da compagnie di assicurazione, banche, fondi pensione professionali, imprese di investimento e gestori di attivi, che beneficiano di un passaporto europeo in base al quale possono vendere tali prodotti finanziari in diversi Stati membri dell'Unione europea.
Il regolamento europeo disciplina in dettaglio gli obblighi pre-contrattuali di fornitori e distributori, la documentazione a supporto delle scelte di investimento, il regime di responsabilità civile, la possibilità di trasferire le risorse accumulate da un fornitore a un altro, la possibilità di continuare a versare sul proprio PEPP in caso di trasferimento della propria residenza da uno Stato membro a un altro, nonché la cosiddetta fase di decumulo, nella quale il capitale accumulato negli anni viene trasformato in prestazione pensionistica complementare.
Il citato articolo 14 del D.Lgs. n. 114 disciplina il regime fiscale dei rendimenti conseguiti nella fase di investimento di ogni sottoconto italiano di un prodotto PEPP. Tale regime – che prevede, come criterio di base, l’assoggettamento ad un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, mediante un'aliquota del 20 per cento, applicata sul risultato netto maturato in ciascun periodo d'imposta – è analogo quello previsto per le forme pensionistiche complementari.
Il comma 5 del medesimo articolo 14 – comma, come detto, oggetto di abrogazione da parte del presente comma 1, lettera b) – demanda a uno o più decreti del Ministero dell’economia e delle finanze la definizione di disposizioni di rango secondario, relative al regime tributario dei rendimenti in oggetto.
Articolo 31, comma 1, lettera c)
(Abrogazione dell’articolo 1, comma 265, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, in materia di microcredito)
L’articolo 31, comma 1, lettera c) abroga la disposizione (di cui all’articolo 1, comma 265 della legge n. 178 del 2020) che consente agli operatori di finanza mutualistica e solidale, se adeguatamente patrimonializzati, di erogare credito alle imprese che presentino specifici requisiti in termini di occupati, attivo patrimoniale, ricavi lordi e indebitamento, in ragione del suo superamento per effetto della più favorevole disciplina c1ntenuta nella legge di bilancio 2022 e delle relative norme attuative.
L’articolo 1, comma 265 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha introdotto una disposizione volta a consentire agli operatori di microcredito costituiti in forma di cooperativa a mutualità prevalente (operatori di finanza mutualistica e solidale), se adeguatamente patrimonializzati, di includere nell'ambito dei beneficiari dei propri finanziamenti le imprese che hanno meno di 10 occupati e un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro (definite "microimprese" dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea, e dal D.M. n. 238 del 18 aprile 2005) che rispettino i seguenti ulteriori requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi precedenti o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a 600.000 euro;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi precedenti o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a 400.000 euro;
c) un livello di indebitamento non superiore a 200.000 euro.
I requisiti dimensionali di cui alle precedenti lettere a) e b) sono riferiti all'attivo patrimoniale e ai ricavi lordi (che non devono risultare superiori al doppio di quelli previsti dall’articolo 1, secondo comma, lettere a) e b), del regio decreto n. 267 del 1942, cosiddetta "legge fallimentare") e hanno dunque l'effetto di restringere l'insieme delle microimprese rientranti fra i potenziali beneficiari della norma.
Si ricorda che l'articolo 111 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB), in deroga all'articolo 106 del medesimo testo unico, che disciplina l'albo degli intermediari finanziari, stabilisce che i soggetti iscritti in un apposito elenco, possono concedere finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa.
Gli operatori del microcredito possono concedere tali finanziamenti a condizione che essi siano di ammontare non superiore a 40.000 euro e non siano assistiti da garanzie reali; siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro e siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati. L'iscrizione nell'elenco è subordinata a specifiche condizioni relative alla forma giuridica dell'operatore, all'ammontare del capitale versato, al rispetto di requisiti di onorabilità e professionalità applicabili ai soci (i primi) e agli esponenti aziendali (entrambi), alla limitazione dell'oggetto sociale e alla presentazione di un programma di attività. Gli operatori del microcredito possono erogare in via non prevalente finanziamenti anche a favore di persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché i finanziamenti concessi siano di importo massimo di 10.000 euro, non siano assistiti da garanzie reali, siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare, abbiano lo scopo di consentire l'inclusione sociale e finanziaria del beneficiario e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato.
Le disposizioni attuative della disciplina sono state dettate dal MEF, sentita la Banca d'Italia, con regolamento di cui al decreto n. 176 del 17 ottobre 2014.
Al riguardo, il comma 265 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, apporti a tale atto le modifiche necessarie ad adeguarlo a quanto disposto dalla norma in esame.
L'articolo 16 del regolamento attuativo vigente ha stabilito che, nell'ambito degli operatori del microcredito, sono operatori di finanza mutualistica e solidale i soggetti, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 111 del TUB, costituiti in forma di cooperativa a mutualità prevalente, il cui statuto preveda che:
a) partecipanti al capitale, dipendenti e collaboratori siano esclusivamente soci;
b) l'assemblea dei soci abbia la competenza esclusiva di deliberare in ordine alle scelte strategiche e gestionali;
c) siano resi pubblici i nominativi dei partecipanti al capitale, l'ammontare dei finanziamenti concessi e la natura dei beneficiari;
d) la società non abbia scopo di lucro e non possano essere distribuiti dividendi in misura superiore al tasso di inflazione dell'anno di riferimento;
e) per ogni finanziamento sia condotta un'istruttoria socio-ambientale alla quale è attribuito lo stesso valore di quella economica ai fini dell'erogazione.
Per quanto riguarda i beneficiari dei finanziamenti, l'articolo 1 del decreto n. 176 del 17 ottobre 2014 stabilisce che rientra nel microcredito l'attività di finanziamento finalizzata a sostenere l'avvio o lo sviluppo di un'attività di lavoro autonomo o di microimpresa, organizzata in forma individuale, di associazione, di società di persone, di società a responsabilità limitata semplificata o di società cooperativa, ovvero a promuovere l'inserimento di persone fisiche nel mercato del lavoro. Sono esclusi i finanziamenti ai seguenti soggetti:
a) lavoratori autonomi o imprese titolari di partita IVA da più di cinque anni;
b) lavoratori autonomi o imprese individuali con un numero di dipendenti superiore alle 5 unità;
c) società di persone, società a responsabilità limitata semplificata, o società cooperative con un numero di dipendenti non soci superiore alle 10 unità;
d) imprese che al momento della richiesta presentino, anche disgiuntamente, requisiti dimensionali superiori a quelli previsti dall'articolo 1, secondo comma, lettere a) e b) della legge fallimentare, ed un livello di indebitamento superiore a 100.000 euro. Tali requisiti vengono raddoppiati per effetto della norma in esame.
Ai sensi dell'articolo 5 del medesimo decreto attuativo, rientra nell'attività di microcredito anche l'attività di finanziamento finalizzata a promuovere progetti di inclusione sociale e finanziaria destinati a persone fisiche che si trovino in una delle seguenti condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale:
a) stato di disoccupazione;
b) sospensione o riduzione dell'orario di lavoro per cause non dipendenti dalla propria volontà;
c) sopraggiungere di condizioni di non autosufficienza propria o di un componente il nucleo familiare;
d) significativa contrazione del reddito o aumento delle spese non derogabili per il nucleo familiare.
Sulla disciplina del microcredito è successivamente intervenuto l’articolo 1, comma 914 della successiva legge di bilancio 2022 (legge n. 234 del 2021) che:
· ha elevato da 40.000 a 75.000 euro l’importo massimo di credito concedibile per le operazioni di lavoro autonomo e di microimprenditorialità;
· ha consentito agli intermediari di microcredito di concedere finanziamenti a società a responsabilità limitata senza l’obbligo di assistenza di garanzie reali, nell’importo massimo di 100.000 euro;
· ha previsto che le disposizioni di rango secondario individuino una durata ai finanziamenti fino a 15 anni e che nella concessione del microcredito siano escluse le limitazioni riguardante i ricavi, il livello di indebitamento e l’attivo patrimoniale dei soggetti finanziati.
In attuazione di tale ultima disciplina è stato emanato il DM 20 novembre 2023 n. 211, che tra l’altro ha modificato il richiamato articolo 16 del regolamento n. 1762014 in materia di operatori di finanza mutualistica e solidale.
In particolare, per effetto delle modifiche apportate dal predetto D.M. n. 211 del 2023, è stata abrogata la lettera a) del comma 2 dell'articolo 16, che consentiva agli operatori di finanza mutualistica di concedere finanziamenti ai propri soci fino ad un ammontare massimo di euro 75.000 e per una durata massima di dieci anni, stabilendo altresì che il tasso effettivo globale applicato a tali finanziamenti non potesse eccedere la somma dei costi di gestione della struttura e del costo di remunerazione del capitale in misura superiore al tasso d'inflazione.
Come chiarisce pertanto il Governo, l’abrogazione in parola dipende dal venir meno delle condizioni per l’adozione del decreto di cui all’articolo 1, comma 265, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, previsione originariamente volta – in contesto pandemico - ad introdurre per tali operatori un più favorevole regime derogatorio rispetto alla disciplina del microcredito in materia di erogazione del credito, del quale si chiede l’abrogazione.
Il Governo chiarisce inoltre che il più ampio perimetro introdotto per tutto il microcredito dall’articolo 1, comma 914 della legge n. 234 del 2021 ha reso superata tale previsione, la cui attuazione sottoporrebbe agli operatori di finanza mutualistica e solidale al paradosso di un regime meno favorevole rispetto a quello ordinario del microcredito oggi vigente.
Articolo 31, comma 1, lettera d)
(Memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi)
L’articolo 31, comma 1, lettera d), reca una norma di semplificazione della disciplina prevista per assolvere all'obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi, a cui sono tenuti i soggetti che effettuano le operazioni di commercio al minuto attraverso sistemi evoluti di incasso.
Il comma 5-bis dell’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, stabilisce che i commercianti al minuto che incassano i corrispettivi attraverso sistemi evoluti in grado di garantire la memorizzazione, l’inalterabilità e la sicurezza dei dati (carte di debito, di credito e altre forme di pagamento elettronico), possono assolvere all’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati giornalieri tramite questi medesimi strumenti.
La decorrenza di tale misura è stata più volte differita. Ciò, come rappresentato anche nella relazione illustrativa, in conseguenza del fatto che l’attuazione della richiamata disposizione si è rivelata complessa sotto il profilo operativo, in particolare per gli operatori economici che avrebbero dovuto sostenere anche costi rilevanti per adeguare i sistemi utilizzati e consentire l’integrazione tra il registratore telematico e i sistemi di pagamento elettronico utilizzati.
Il citato articolo 2 dispone che dal 1° luglio 2022 i soggetti che effettuano le operazioni qualificate come commercio al minuto o attività assimilate (articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633-DPR IVA) memorizzino elettronicamente e trasmettano telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri (cd. scontrino elettronico). Il comma 6-ter del medesimo articolo dispone in linea generale che i dati relativi ai corrispettivi giornalieri dei commercianti al minuto e assimilati siano trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate entro dodici giorni dall’effettuazione della relativa operazione (determinata ai sensi delle regole generali in tema di IVA, ossia ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633). Rimangono fermi la memorizzazione giornaliera dei dati relativi ai corrispettivi nonché i termini di effettuazione delle liquidazioni periodiche IVA (articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100).
Sul punto, successivamente, l’articolo 24 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1 (rubricato: Memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi mediante apposite procedure software), in attuazione della legge di delega fiscale, legge 9 agosto 2023, n.111, ha stabilito che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dell'importo complessivo dei corrispettivi giornalieri anonimi, di cui all'articolo 2 richiamato, può essere effettuata mediante soluzioni software che garantiscono la sicurezza e l'inalterabilità dei dati.
L’atto del Governo n. 170, all’esame parlamentare al momento della redazione del presente dossier, ha previsto all’articolo 2, comma 6, lettera c), di sopprimere il riferimento all’importo complessivo dei corrispettivi giornalieri anonimi. La relazione illustrativa del citato atto del Governo precisa che la norma in questione elimina dall’articolo 24, comma 1, le parole «dell’importo complessivo», prevedendo che per i soggetti che effettuano attività di commercio al minuto e assimilate, la memorizzazione e l’invio dei corrispettivi giornalieri anonimi possa avvenire anche senza ricorrere ai registratori telematici o alla procedura web messa a disposizione dall’Agenzia delle entrate ma, al ricorrere delle condizioni previste, anche utilizzando soluzioni software installate su qualsiasi dispositivo che garantiscano la sicurezza e l’inalterabilità dei dati memorizzati e trasmessi, nonché la piena integrazione e interazione del processo di registrazione dei corrispettivi con il processo di pagamento elettronico, nel caso in cui l’operazione commerciale sia regolata mediante detta modalità di pagamento. Tenuto conto che allo stato attuale nei registratori telematici viene effettuata la memorizzazione dei singoli scontrini, mentre la trasmissione all’Agenzia delle entrate riguarda il solo totale dei corrispettivi giornalieri, al fine di evitare dubbi applicativi, con la proposta normativa in esame si prevede l’eliminazione delle parole “importo complessivo.
Si prevede che con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, verranno definite le specifiche tecniche per la realizzazione, omologazione e rilascio delle soluzioni software).
L’articolo 24, pertanto, al fine di superare la difficoltà di adeguare i sistemi utilizzati per l’incasso dei corrispettivi all’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei medesimi, permette di perseguire le stesse finalità della norma, prevedendo però soluzione più semplici dal punto di vista tecnico.
Nella relazione illustrativa si ricorda che nell’ambito dei lavori di attuazione della legge di delega fiscale sono state, a tale proposito, valutate ulteriori modalità di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi meno complesse sotto il profilo tecnico, mediante soluzioni software che potessero essere installate tanto sugli attuali cd. Smart-POS, quanto su un qualsiasi altro tipo di device (PC, smartphone, tablet).
Tutto ciò premesso, al fine di semplificare e rendere meno oneroso l’adempimento dell'obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi, la norma in esame abroga l’articolo 2, comma 5-bis, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
Articolo 31, comma 1, lettera e)
(Abrogazione dell’articolo 7-quater del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, in materia di credito d’imposta per start-up innovative operanti in specifici settori)
L’articolo 31, comma 1, lettera e) abroga la disposizione (contenuta nell’articolo 7-quater del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34) che attribuisce un credito d'imposta per le start-up innovative operanti nei settori dell'ambiente, dell'energia da fonti rinnovabili e della sanità.
La disposizione che si intende abrogare concede alle start-up innovative, costituite a partire dal 1° gennaio 2020, operanti nei settori dell'ambiente, delle energie rinnovabili e della sanità, nel limite complessivo di 2 milioni di euro per l'anno 2023, un contributo, sotto forma di credito d'imposta, fino ad un importo massimo di 200.000 euro, in misura non superiore al 20 per cento delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo.
Tali attività, nello specifico, devono essere volte alla creazione di soluzioni innovative per la realizzazione di strumentazioni e servizi tecnologici avanzati al fine di garantire la sostenibilità ambientale e la riduzione dei consumi energetici. Il secondo, il terzo e il quarto periodo della disposizione chiariscono le modalità di utilizzo del suddetto credito. Il contributo è riconosciuto nel rispetto delle condizioni e dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis».
Si chiarisce, infine, che con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro ministero dell'economia e delle finanze, sono adottate le disposizioni di attuazione necessarie, anche al fine del rispetto del limite di spesa autorizzato, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione del credito d'imposta fruito indebitamente.
Tale provvedimento non risulta essere stato emanato.
Articolo 31, comma 1, lettera f)
(Osservatorio mercato del lavoro)
L’articolo 31, comma 1, lettera f) abroga l’articolo 99, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.
Tale disposizione fa riferimento a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, volto ad individuare i dati e le amministrazioni titolari del trattamento, da mettere a disposizione del Ministero del lavoro, ai fini di elaborazioni statistiche per le finalità perseguite dall’Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro.
La disposizione in commento è volta all’abrogazione del comma 5 dell’articolo 99 del decreto-legge n. 34 del 2020.
Giova preliminarmente ricordare che l’articolo 99 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 concerne l’istituzione - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - dell’Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro, al fine di monitorare gli effetti sul mercato del lavoro dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e delle misure di contenimento adottate, in maniera da programmare efficacemente adeguate strategie occupazionali (comma 1).
La disposizione passa poi a specificare gli obiettivi che l’Osservatorio persegue, consistenti nello studio ed elaborazione dei dati relativi all'occupazione con particolare riferimento all'analisi per competenze, caratteristiche settoriali, territoriali, sociali, demografiche e di genere; nell’individuazione e definizione dei fabbisogni generati dalle trasformazioni del mercato del lavoro, anche per effetto dei mutamenti conseguenti all'emergenza epidemiologica; nell’individuazione di aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per il superamento degli squilibri tra domanda ed offerta di lavoro e prevenzione e contrasto al lavoro irregolare; nel supporto all'individuazione dell'offerta formativa, tecnica e scolastica professionale in base alle richieste dei nuovi profili professionali emergenti; nell’analisi di impatto e valutazione delle politiche occupazionali e di sostegno al reddito attivate (comma 2).
Si dispone altresì che l'Osservatorio promuove la costituzione di Osservatori regionali aventi analoghe finalità, ove non già costituiti, assicurando indirizzi comuni e funzioni di coordinamento, al fine di formare una rete nazionale degli osservatori del mercato del lavoro (comma 3).
La norma prevede inoltre che, per le finalità dell'Osservatorio, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali possa avvalersi di un Comitato scientifico, istituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, presieduto dal rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e composto da rappresentanti dell'ISTAT, dell'INPS, dell'INAIL, dell'ANPAL[39], dell'INAPP, delle regioni e province autonome e da esperti indipendenti (comma 4).
Il Comitato scientifico è stato istituito con DM 21 dicembre 2021, n. 250, e i suoi componenti sono stati definiti con DM 23 febbraio 2022, n. 30.
Deve altresì farsi presente che il DPCM 22 novembre 2023, n. 230 - recante regolamento di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – ha espressamente previsto, ai sensi dell’articolo 33, che la funzione di coordinamento dell’Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro sia svolta, all’interno del Ministero medesimo, dalla Direzione generale per l’innovazione e l’organizzazione digitale, la statistica e la ricerca, in raccordo con le competenti direzioni regionali.
Passando ad esaminare la norma qui in commento, la disposizione che si intende abrogare è il comma 5 del richiamato articolo 99 del decreto-legge n. 34 del 2020.
Tale comma prevede che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Garante per la protezione dei dati personal, siano individuati i dati, anche individuali, e le amministrazioni titolari del trattamento, che li mettono a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al solo fine di elaborazione statistica per le finalità – sopra indicate – dell’Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro.
La relazione illustrativa si limita a specificare che il comma 5 “prevedeva l’adozione di un decreto attuativo recante individuazione dei dati e delle amministrazioni titolari del trattamento dei dati da fornire, ai fini delle elaborazioni statistiche, al Ministero del lavoro - Osservatorio del mercato del lavoro”.
Si desume quindi che il richiamato decreto attuativo non sia stato adottato e che ciò motivi l’abrogazione.
La relazione tecnica precisa, infine, che la disposizione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 31, comma 1, lettera g)
(Abrogazione dell’attivazione di modalità ulteriori per l'accesso ai percorsi di inclusione sociale e lavorativa)
L’articolo 31, comma 1, lettera g) del presente disegno di legge dispone l’abrogazione dell’art. 13, comma 7 D.L. 48/2023, il quale prevede, nell’ambito della riforma degli strumenti di politica attiva, l’attivazione, attraverso l’adozione di un successivo decreto ministeriale, di modalità ulteriori per l'accesso ai percorsi di inclusione sociale e lavorativa, rispetto a quelle già previste per i beneficiari del reddito di cittadinanza.
La norma interviene sul D.L. n. 48 del 04 maggio 2023 (convertito con L. n. 25 del 03 luglio 2023), il quale ha riformato la materia degli strumenti di politica attiva volti al reinserimento nel mondo del lavoro ed a favorire l’inclusione sociale.
In particolare, la predetta normativa ha introdotto le misure[40] dell’Assegno di inclusione (cfr. art. 1 D.L. 48/2023) e del Supporto per la formazione ed il lavoro (cfr. art. 12 D.L. 48/2023), quali nuovi strumenti assistenziali di sostegno al reddito, in sostituzione del Reddito di cittadinanza e della Pensione di cittadinanza.
Nel riformare le misure di politica attiva, il D.L. 48/2023, all’articolo 13, detta anche una disciplina transitoria volta a regolamentare gli ultimi periodi di fruizione del Reddito di cittadinanza da parte dei beneficiari[41].
Nello specifico, l’art. 31, co. 1 lett. g), oggetto di disamina in questa sede, abroga il comma 7 del suddetto articolo 13. Quest’ultima disposizione prevede, “in fase di prima applicazione” del D.L. 48/2023, una disciplina transitoria concernente l’introduzione di modalità di attivazione ai percorsi di inclusione sociale e lavorativa, ulteriori rispetto a quelle già previste per i percettori del Reddito di cittadinanza.
La concreta attuazione di tali modalità di accesso veniva attribuita ad un decreto ministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi, previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 48/2023 (ossia la L. n. 25 del 03 luglio 2023).
La disposizione, oggetto di abrogazione, inoltre, sanziona la mancata osservanza delle nuove modalità di attivazione da parte dei percettori del reddito di cittadinanza, mediante l’irrogazione delle sanzioni già previste nel D.L. 4/2019 (recante la disciplina in materia di reddito di cittadinanza).
Articolo 31, comma 1, lettera h)
(Abrogazione del comma 560 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, in materia di edilizia scolastica)
L’articolo 31, comma 1, lettera h) abroga il comma 560 dell’articolo 1 della legge n. 197 del 2022, che stanziava, per il solo anno 2023, la somma di 1 milione di euro per avviare l’attività di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione da destinare allo svolgimento delle attività scolastiche per l'anno scolastico 2023/2024. Il medesimo comma attribuiva ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, previa intesa in sede di Conferenza unificata, il compito di definire i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse in questione.
La lettera h) del comma 1 dell’articolo 31 abroga il comma 560 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023).
Il comma di cui si propone l’abrogazione ha stanziato, per il solo anno 2023, la somma di 1 milione di euro per avviare l’attività di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione, dotate di apposito certificato di agibilità, presenti su tutto il territorio nazionale, da destinare allo svolgimento delle attività scolastiche per l'anno scolastico 2023/2024. Il medesimo comma prevedeva inoltre che, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2023, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, previa intesa in sede di Conferenza unificata, venissero definiti i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse in questione.
Si segnala che il citato comma 560, nel suo testo originario, non prevedeva che sul decreto di definizione di criteri e modalità di ripartizione delle risorse stanziate dovesse essere sancita l’intesa in sede di Conferenza unificata. Tale inciso è stato inserito dall’articolo 21, comma 4-septies, del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75 (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, di agricoltura, di sport, di lavoro e per l'organizzazione del Giubileo della Chiesa cattolica per l'anno 2025), convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Sulla questione specifica era stato presentato, il 27 febbraio 2023, un ricorso dinanzi alla Corte costituzionale da parte della Regione Emilia-Romagna, a difesa delle competenze legislative regionali in materia di edilizia scolastica. In ragione dell’entrata in vigore, il 17 agosto 2023, della novella citata e del fatto che, medio tempore, la norma impugnata non aveva trovato attuazione, la Corte, con la sentenza 22 dicembre 2023, n. 223, ha dichiarato cessata la materia del contendere sul punto.
Il decreto attuativo non è però intervenuto nemmeno nei mesi successivi.
Nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione e del merito allegato alla legge di bilancio per il 2023, la cifra di 1 milione, per il solo 2023, stanziata dal comma 560 della medesima legge di bilancio era appostata al capitolo 4185. Tale capitolo non figura più nello stato di previsione del Ministero allegato alla legge di bilancio per il 2024.
Articolo 31, comma 1, lettera i)
(Abrogazione in materia di intercettazioni)
L’articolo 31, comma 1, lettera i) abroga l’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, (conv. legge n. 7 del 2020), che prevede l’adozione di un decreto del Ministro della giustizia per la definizione della modalità e dei termini del deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni in modalità telematica.
La lettera i) dispone l’abrogazione del comma 6 dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161 (conv. legge n. 7 del 2020) il quale demanda ad un decreto ministeriale (da adottarsi previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione) la definizione delle modalità e dei termini a decorrere dai quali il deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni è eseguito esclusivamente in forma telematica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.
Tale disposizione – come precisa la relazione illustrativa - è da intendersi superata dall’art. 111- bis c.p.p. inserito dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 e dall’articolo 87, comma 3, del medesimo decreto legislativo.
L'art. 111-bis - introdotto dal D.Lgs. 10.10.2022, n. 150 - concorre con l'art. 110 e l'art. 111 a costruire l'architrave del nuovo processo penale telematico. L’articolo prevede l'obbligatorietà e l'esclusività del deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie, stabilendo che debbano essere adottate modalità tecniche tali da assicurare la certezza, anche temporale, dell'avvenuta trasmissione e ricezione degli atti, nonché l'identità del mittente e del destinatario.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 87 del decreto legislativo n. 150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia) è rimesso ad un successivo decreto ministeriale[42] da adottarsi sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, l’individuazione degli uffici giudiziari e delle tipologie di atti per cui possano essere adottate anche modalità non telematiche di deposito, comunicazione o notificazione, nonché dei termini di transizione al nuovo regime di deposito, comunicazione e notificazione.
Articolo 31, comma 1, lettera l)
(Abrogazione di disposizioni in materia di qualità dei comprensori sciistici)
L’articolo 31, comma 1, lettera l) abroga l’articolo 32 del decreto legislativo n. 40 del 2021, che prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la definizione dei parametri per la valutazione della qualità dei comprensori sciistici.
L’articolo 31, comma 1, lettera l) interviene sul decreto legislativo 40 del 2021, recante misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali, disponendo l’abrogazione dell’articolo 32, che attribuisce a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di definire i parametri per la valutazione della qualità dei comprensori sciistici.
In particolare, la diposizione oggetto di abrogazione, al comma 1, stabilisce che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'autorità politica da esso delegata in materia di sport, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, siano definiti i parametri per la valutazione della qualità dei comprensori sciistici da parte delle regioni e province autonome.
Il comma 2, anch’esso oggetto di abrogazione, con l'obiettivo di qualificare sempre più l'offerta turistica nel campo degli sporti invernali, prevede che i suddetti parametri debbano considerare le condizioni generali degli impianti e delle piste e la loro sostenibilità ambientale, nonché che la griglia di valutazione dovrà prevedere cinque categorie di qualità, da un «fiocco bianco» fino a cinque «fiocchi bianchi».
La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione di cui si propone l’abrogazione con la lettera l) in esame è rimasta inattuata ed è ritenuta inattuabile.
Articolo 31, comma 2
(Organizzazione del Comitato tecnico di raccordo presso l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale)
L’articolo 31, comma 2, sopprime il quarto periodo dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 65 del 2018, che prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l’organizzazione del comitato tecnico di raccordo istituito nell’ambito dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale.
L’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 65 del 2018 – recante attuazione della c.d. direttiva NIS 1 – prevede che le autorità di settore (che sono, per i rispettivi ambiti di competenza, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero della salute e il Ministero della transizione ecologica) collaborino con l'autorità nazionale competente NIS (vale a dire con L'Agenzia per la cybersicurezza nazionale) per l'adempimento degli obblighi di cui al medesimo decreto.
A tal fine, presso l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale è istituito un Comitato tecnico di raccordo, presieduto dall'autorità nazionale competente NIS e composto dai rappresentanti delle amministrazioni statali individuate quali autorità di settore e da rappresentanti delle regioni e province autonome in numero non superiore a due, designati in sede di Conferenza Stato-regioni.
Mediante la disposizione in commento è abrogata la previsione che rimette la definizione dell’organizzazione del Comitato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi sentita la Conferenza unificata.
Si segnala che il Governo ha, nel frattempo, approvato lo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva (UE) 2022/2555, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell'Unione, c.d. direttiva NIS 2 (AG 164).
Lo schema di decreto legislativo in questione dispone l’abrogazione integrale del D.Lgs. n. 65 del 2018 di recepimento della prima direttiva NIS, a sua volta abrogata dalla direttiva NIS 2 a decorrere dal 18 ottobre 2024.
Articolo 31, comma 3
(Abrogazione di disposizioni in materia di spettacolo)
L’articolo 31, comma 3, abroga talune norme della legge 15 luglio 2022, n. 106, recante delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo, accumunate dal fatto di attribuire al Ministro della cultura il compito di attuare con proprio decreto talune disposizioni della citata legge.
L’articolo 31, comma 3, dispone l’abrogazione di quattro norme contenute in quattro diversi articoli della legge 15 luglio 2022, n. 106, recante delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo.
Le norme di cui si dispone l’abrogazione sono tutte volte ad attribuire al Ministro della cultura il compito di attuare con proprio decreto talune disposizioni contenute nella citata legge.
In particolare:
- la lettera a) abroga il comma 2 dell’articolo 3 della legge n. 106 del 2022, che attribuisce ad un decreto del Ministro della cultura, da adottare di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e sentite la Conferenza Stato-regioni e le associazioni professionali dei lavoratori e degli operatori del settore, il compito di stabilire i requisiti e di definire le modalità per l'iscrizione al Registro nazionale dei professionisti operanti nel settore dello spettacolo;
- la lettera b) abroga il comma 5 dell’articolo 4 della legge n. 106 del 2022, che attribuisce ad un decreto del Ministro della cultura, da adottare di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e sentite la Conferenza Stato-regioni e le associazioni professionali dei lavoratori e degli operatori del settore, il compito di stabilire i requisiti e di definire le modalità per l'iscrizione al Registro nazionale degli agenti o rappresentanti per lo spettacolo dal vivo;
- la lettera c) abroga il comma 2 dell’articolo 6 della legge n. 106 del 2022, che attribuisce ad un decreto del Ministro della cultura, da adottare previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, il compito di definire le modalità di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo;
- la lettera d) sopprime il primo periodo del comma 3 dell’articolo 9 della legge n. 106 del 2022, che attribuisce ad un decreto del Ministro della cultura, da adottare di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il compito di determinare la composizione e le modalità di funzionamento del Tavolo permanente per lo spettacolo.
Articolo 32
(Disposizioni finanziarie)
L’articolo 32 reca la clausola di invarianza finanziaria.
L’unico comma dell’articolo in esame stabilisce che, fermo rimanendo quanto previsto dall’articolo 23 ? il quale reca una autorizzazione di spesa per assunzioni a tempo determinato da parte del Ministero della salute insieme con la corrispondente copertura finanziaria ? , dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e fina
Articolo 33
(Clausola di salvaguardia)
L’articolo 33 stabilisce che le disposizioni del decreto legge in esame sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, solo se non in contrasto con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Le disposizioni del provvedimento in esame, in sostanza, non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti.
Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibili alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale.
Tuttavia, la presenza di tale clausola, non esclude a priori la possibilità che una o più norme del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale. In diverse occasioni, specialmente in presenza di provvedimenti intersettoriali, quali ad esempio la legge di bilancio, la Corte costituzionale ha ritenuto che quando vi siano norme con “un contenuto precettivo prevalente” non opera la “generale clausola di salvaguardia” (si vedano, tra le altre, le sentenze n. 27 del 2024, n. 78 del 2020).
[1] In un secondo momento è stata infatti esclusa esplicitamente la possibilità di procedere ad annullamento di ufficio nei casi di cui all’articolo 21-octies, co. 2, della legge 241/1990, ossia dei provvedimenti che presentino vizi cd. formali o relativi alla mancata comunicazione di avvio del procedimento (tale modifica è stata introdotta dall’art. 25, co. 1, lett. b-quater, D.L. 133/2014).
[2] La Corte costituzionale, con sentenza n. 459 del 2005 ha osservato che la “guida-ambientale escursionistica” è figura comunque avente un profilo professionale alquanto differenziato dall'“accompagnatore di media montagna”, perché essenzialmente finalizzata ad illustrare “gli aspetti ambientali e naturalistici” dei diversi territori (montani, collinari, di pianura ed acquatici) e con esplicita esclusione “di percorsi di particolare difficoltà, posti su terreni innevati e rocciosi di elevata acclività, ed in ogni caso di quelli che richiedono l'uso di attrezzature e tecniche alpinistiche, con utilizzo di corda, piccozza e ramponi”. Conseguentemente ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale priva di fondamento dal momento che “non si erode l'area della figura professionale della guida alpina, ma si opera nell'area lasciata alla discrezionalità del legislatore regionale dalla vigente legislazione di cornice in materia turistica”.
Tali principi sono stati richiamati dalla magistratura amministrativa e ordinaria in sede penale nel caso di ricorsi ad essa sottoposti.
[3] Per giurisprudenza in materia vedi la Cassazione, sezione lavoro, 13 settembre 1991, n. 9562 e 8 settembre 2006, n. 19280.
[4] Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
[5] Si ricorda che, in base al D.P.C.M. 10 novembre 2022, l’incarico di Ministro per la protezione civile e le politiche del mare è conferito al Ministro senza portafoglio, Sen. Sebastiano Musumeci. Il successivo D.P.C.M. 12 novembre 2022 ha conferito al predetto Ministro la delega di funzioni in materia di coordinamento delle politiche del mare.
[6] Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485.
[7] V. sito istituzionale del Ministero della salute, https://www.salute.gov.it/portale/mediciBordo/dettaglioContenutiMediciBordo.jsp?lingua=italiano&id=2635&area=mediciBordo&menu=vuoto.
[8] Regolamento che stabilisce le condizioni speciali richieste nelle navi addette al trasporto dei passeggeri.
[9] Detto articolo stabilisce anche che: “Si dovrà in ogni caso imbarcare fra il personale di equipaggio un infermiere ed un'infermiera, giudicati abili dai medici di porto. Nel caso che siano due i medici a bordo, tanto gli infermieri quanto le infermiere dovranno essere due. La Commissione di visita si accerterà che fra i componenti l'equipaggio si trovino altre persone capaci di coadiuvare e sostituire gl'infermieri in caso di insufficienza o d'impedimento durante il viaggio.”.
[10] Nell’attuale quadro legislativo il Ministero dell'interno deve intendersi sostituito dal Ministero della salute.
[11] Decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro della Marina mercantile, recante istituzione del servizio medico di bordo su navi della Marina mercantile italiana addette alla navigazione nel mare Mediterraneo.
[12] Riguardo ai criteri specifici relativi alla verifica in oggetto, cfr. la nota dell'Ispettorato nazionale del lavoro del 21 marzo 2023, prot. n. 2066.
[13] Il richiamato art. 30-bis del D.P.R. 394/1999 disciplina la procedura per la richiesta di assunzione dei lavoratori stranieri, in base alla quale il datore di lavoro, italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, presenta la documentazione necessaria per la concessione del nulla osta al lavoro subordinato allo Sportello unico per l’immigrazione che, come disposto in via generale dal comma 8, ne verifica la regolarità e acquisisce dall’Ispettorato del lavoro, anche in via telematica, la verifica dell'osservanza delle suddette prescrizioni contrattuali, con riferimento alla capacità economica del datore di lavoro e alle esigenze dell'impresa, anche in relazione agli impegni retributivi ed assicurativi previsti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria applicabili.
[14] "Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286". L’applicabilità della norma in oggetto è ricordata anche dalla citata nota dell'Ispettorato nazionale del lavoro del 21 marzo 2023, prot. n. 2066.
[15] Tale articolo non reca disposizioni immediatamente applicabili, ma princìpi informatori propedeutici alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285.
[16] Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri.
[17] Per i dati relativi alle persone scomparse si rinvia all’ultima Relazione annuale (anno 2023) predisposta dal Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse.
[18] Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[19] Con specifico riferimento a questo terzo subinvestimento, “Piattaforma nazionale di Telemedicina (Subinv. 1.2.3), da ultimo il DM Salute del 28 settembre 2023 ha disposto il riparto delle risorse per i Servizi di Telemedicina, con l’obiettivo di assistere i pazienti con malattie croniche per un numero, entro il 2025, di almeno 200.000 persone sfruttando strumenti di telemedicina. Per approfondimenti sezione dedicata del sito Agenas.
[20] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1184.
[21] Fondazione costituita da Gerolamo Gaslini con atto notarile del 28 novembre 1949, a completamento del progetto ideato dallo stesso fondatore e iniziato con la costruzione dell’Istituto Pediatrico Giannina Gaslini di Genova, inaugurato nel 1938 (fonte: sito internet della Fondazione).
[22] Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3.
[23] In materia è intervenuto l'Accordo 1° luglio 2004, Atto di intesa recante: «Organizzazione, gestione e funzionamento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in fondazioni», di cui all'art. 5 del D.Lgs. 16 ottobre 2003, n. 288. Intesa ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 16 ottobre 2003, n. 288 e dell'art. 8, comma 6 della L. 5 giugno 2003, n. 131.
[24] Comma aggiunto dall'art. 1, comma 4, lett. b), D.L. 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2008, n. 189.
[25] Delega al Governo per il riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, di cui al decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288.
[26] Individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché disposizioni in materia di indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
[27] Di cui all’articolo 3, comma 4-quater, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonchè disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
[28] Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonchè in materia di processo civile.
[29] Questo tipo di attività risulta di notevole importanza nella gestione di pazienti disabili o anziani non autosufficienti, in particolare attraverso la consegna a domicilio dei farmaci, il noleggio di apparecchiature elettromedicali e protesiche, lo scadenzario delle forniture integrative (avviso ai cittadini, con 2-3 giorni di anticipo, della data di scadenza dei prodotti), i messaggi per avvisare i pazienti in politerapia dell'orario di assunzione dei farmaci.
[30] Di cui all'intesa del 15 settembre 2016 sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
[31] Tale disposizione prevede che il rapporto con le farmacie pubbliche e private è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati a norma dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. Detti accordi devono tener conto dei seguenti principi:
[32] La citata disposizione istituisce la struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. Tale struttura, che rappresenta la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale, è costituita da rappresentanti regionali nominati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Della predetta delegazione fanno parte, limitatamente alle materie di rispettiva competenza, i rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, e della salute, designati dai rispettivi Ministri. Con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è disciplinato il procedimento di contrattazione collettiva relativo ai predetti accordi.
[33] Disposizioni in materia di finanza pubblica.
[34] Nel tempo, la distribuzione diretta ha presentato numerose criticità collegate a:
• ristretto orario di apertura al pubblico dei servizi farmaceutici delle Aziende sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere;
• difficoltà per il paziente o per i familiari di accedere alle strutture distributive dei farmaci;
• costi legati alla logistica della distribuzione, al personale interno all'Azienda sanitaria, allo stoccaggio e alla distribuzione dei farmaci in distribuzione diretta.
D'altra parte, la distribuzione per conto ha mostrato vantaggi riferibili a:
• facilità di accesso dell'utente grazie alla capillarità delle Farmacie di comunità soprattutto nelle zone rurali;
• diretta comunicazione e informazione al paziente, e/o a chi se ne prende cura, circa la gestione di farmaci e delle altre terapie in atto;
• risparmio sui costi di personale, magazzino e gestione.
[35] Di cui all’articolo 3, comma 4-quater, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonchè disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
[36] L’espressa previsione normativa che limitava ai soli imprenditori la possibilità di costituire e partecipare a contratti di rete è stata superata con la L. n. 81/2017, che all’articolo 12, comma 3 dispone: « Al fine di consentire la partecipazione ai bandi e concorrere all'assegnazione di incarichi e appalti privati, è riconosciuta ai soggetti che svolgono attività professionale, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, la possibilità: a) di costituire reti di esercenti la professione e consentire agli stessi di partecipare alle reti di imprese, in forma di reti miste, di cui all'articolo 3, commi 4-ter e ss del D.L. n. 5/2009, con accesso alle relative provvidenze in materia». Cfr. sul punto, Parere MISE 28 gennaio 2020 - prot. 23331.
[37] Tale licenza è valida (fino al 31 dicembre dell’anno in cui è richiesta) per tutti gli esercizi di vendita di oggetti preziosi appartenenti alla medesima persona o alla medesima ditta, anche se si trovino in località diverse. L'obbligo della licenza spetta, oltreché ai commercianti, fabbricanti ed esercenti stranieri, che intendano fare commercio nel territorio dello Stato degli oggetti preziosi da essi importati, anche ai loro agenti, rappresentanti, commessi viaggiatori e piazzisti.
[38] La relazione illustrativa è reperibile nell’A.S. n. 1184.
[39] Si ricorda che l’ANPAL è stata soppressa con decorrenza dal 1° marzo 2024, data di entrata in vigore del DPCM 22 novembre 2023, n. 230, di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
[40] Nello specifico si ricorda che con Messaggio n. 2632 del 12 luglio 2023 l’Inps ha chiarito che l’ADI “si configura quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro”. Il beneficio è riconosciuto su richiesta di uno dei componenti del nucleo familiare “a garanzia delle necessità di inclusione dei componenti di nuclei familiari con disabilità, come definita ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159, nonché dei componenti minorenni o con almeno sessant’anni di età, ovvero dei componenti in condizioni di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla pubblica Amministrazione”. Peraltro, la concessione dell’ADI, oltre ad essere subordinata alla presenza di determinati requisiti socioeconomici, è condizionata alla sottoscrizione di un patto di attivazione digitale (PAD) ed “all'adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa” (cfr. artt. 1 e 6 del D.L. 48/2023). Invece, per quanto concerne il SFL, l’Inps chiarisce che tale misura ha lo scopo di “di favorire l’attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa mediante la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive del lavoro comunque denominate. Tale misura è utilizzabile dai componenti dei nuclei familiari di età compresa tra 18 e 59 anni, con un valore dell’ISEE familiare, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro annui e che non hanno i requisiti per accedere all’ADI. Inoltre, il Supporto per la formazione e il lavoro può essere utilizzato anche dai componenti dei nuclei che percepiscono l’ADI che decidono di partecipare ai percorsi di inclusione sociale e professionale (…), purché non siano calcolati nella scala di equivalenza applicata ai nuclei che beneficiano dell’ADI e non siano obbligati alle attività individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa previsto dall’articolo 6 del decreto-legge n. 48/2023.
[41] A tal proposito il messaggio dell’Inps del 2632 del 12 luglio 2023 chiarisce la portata normativa dei commi 5 e 6 dell’art. 13 D.L. 48/2023, i quali stabiliscono prescrizioni puntuali in merito al regime transitorio di fruizione della misura del Reddito di cittadinanza. L’ente previdenziale afferma che “pur rimanendo confermata la previsione generale relativa al riconoscimento del Reddito di cittadinanza nel limite massimo di sette mensilità e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2023, l’articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 48/2023, modificando l’articolo 1, comma 313, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, dispone che tale limite temporale non si applica per i percettori del Reddito di cittadinanza per i quali venga comunicata all’INPS la presa in carico da parte dei servizi sociali entro il suddetto termine di sette mesi, e comunque non oltre il 31 ottobre 2023. Conseguentemente, tali percettori potranno continuare a fruire del Reddito di cittadinanza fino al 31 dicembre 2023. Pertanto, decorso il termine di sette mesi di fruizione della misura, in assenza della suddetta comunicazione all’Istituto da parte dei servizi sociali, tramite la piattaforma GePI del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, entro il termine sopra indicato e comunque non oltre il 31 ottobre 2023, l’erogazione della prestazione è sospesa e può essere riattivata, ricomprendendo le mensilità sospese, solo in esito all’avvenuta comunicazione. Inoltre, ai sensi del comma 6 del citato articolo 13, che modifica l’articolo 1, comma 314, della legge n. 197/2022, non si applica il limite massimo delle sette mensilità di fruizione della misura, fermo restando il limite di fruizione del beneficio entro il 31 dicembre 2023, per i nuclei familiari al cui interno siano presenti persone con disabilità, come definite ai sensi del regolamento in materia di ISEE, di cui al D.P.C.M. n. 159/2013, minorenni o persone con almeno sessanta anni di età”.
[42] Si veda D.M. 29 dicembre 2023, n. 217 - Regolamento recante: «Decreto ai sensi dell'articolo 87, commi 1 e 3 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 e dell'articolo 4, comma 1 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, recante modifiche al decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione 21 febbraio 2011, n. 44».