Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Minori stranieri non accompagnati - Quadro giuridico europeo e nazionale
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 73
Data: 19/10/2023
Organi della Camera: I Affari costituzionali

19 ottobre 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

Minori stranieri non accompagnati

Quadro giuridico europeo e nazionale

 

 

 

 

 

 


 

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Dossier n. 171

 

 

 

 

 

 

 

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Documentazione e ricerche n. 73

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Normativa dell’Unione europea in materia di minori stranieri non accompagnati 5

Direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. 9

Direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale. 14

Quadro normativo nazionale. 21

 


Normativa dell’Unione europea in materia di minori stranieri non accompagnati

 

Le istituzioni europee hanno più volte richiamato l’attenzione sulla necessità, per i minori non accompagnati migranti, di una protezione specifica e adeguata.

Nella comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio “La protezione dei minori migranti”, del 12 aprile 2017, la Commissione europea rileva come i minori vivano una serie di esperienze legate alla migrazione, spesso traumatiche, e si trovino in una situazione di particolare vulnerabilità, dovuta all'età, alla lontananza da casa, e spesso alla separazione dai genitori o dai responsabili della loro cura. I minori migranti, di entrambi i sessi, sono inoltre esposti a rischi e spesso subiscono forme estreme di violenza e sfruttamento, sono vittime della tratta di esseri umani e di abusi di tipo fisico, psicologico e sessuale, prima e/o dopo il loro arrivo sul territorio dell'Ue. Possono essere emarginati e coinvolti in attività criminali o di radicalizzazione, scomparire o essere separati dalle loro famiglie. Le bambine e le ragazze sono esposte al rischio di matrimoni forzati. Tali rischi si accentuano – osserva la Commissione – quando i minori viaggiano senza essere accompagnati o sono obbligati a condividere strutture sovraffollate con adulti estranei[1].

La comunicazione evidenzia che i minori migranti necessitano pertanto di una specifica e adeguata protezione, anche attraverso la formulazione di politiche e di programmi di sostegno.

Gli Stati membri sono dunque ‘incoraggiati’ a:

§  garantire che all’arrivo dei minori siano effettuate valutazioni individuali delle vulnerabilità e delle esigenze in funzione del genere e dell’età e che in tutte le procedure successive si tenga conto di tali valutazioni;

§  garantire che tutti i minori abbiano accesso tempestivo all’assistenza sanitaria (compresa la prevenzione) e al sostegno psico-sociale nonché a un’istruzione formale inclusiva, a prescindere dal loro status;

§  garantire che ai minori non accompagnati sia offerta una serie di opzioni di assistenza alternativa, compreso l’affidamento/l’assistenza su base familiare;

§  integrare le politiche per la tutela dei minori in tutte le strutture di accoglienza che li ospitano, anche nominando una persona responsabile per la protezione dei minori;

§  garantire che vi sia un adeguato ed efficace sistema di monitoraggio relativo all’accoglienza dei minori migranti.

Nel Piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione 2021-2027, adottato il 24 novembre 2020, la Commissione ha inteso compiere un ulteriore passo avanti rispetto al piano d'azione del 2016, presentando nuove azioni volte a promuovere l'integrazione e l'inclusione. Il piano si incentra sugli elementi ritenuti fondamentali per una riuscita integrazione e inclusione nelle società di accoglienza: istruzione e formazione, lavoro e qualificazione, sanità e alloggio. La Commissione sottolinea che, se da un lato le politiche sociali generali dovrebbero essere inclusive per tutti e attente alle esigenze di una società diversificata, dall'altro alcuni gruppi e alcune aree dei Paesi ospitanti avranno bisogno di un sostegno mirato per superare sfide specifiche. Viene evidenziato che “per i migranti appena arrivati, l'integrazione nelle società europee comporta spesso una serie di difficoltà che dipendono dal modo in cui sono giunti, dal loro livello di competenze, dalla loro conoscenza della lingua e dalla loro provenienza. I responsabili politici dovrebbero prevedere, nell'ambito di ogni settore politico, meccanismi di sostegno mirati e personalizzati”. In tale contesto, “i minori avranno bisogno di un sostegno e una protezione aggiuntivi che ne garantiscano sempre l'interesse superiore, soprattutto quando non sono accompagnati

Secondo la Commissione, “le scuole hanno il potenziale per essere veri e propri poli di integrazione per i minori”. L’ambiente scolastico dovrebbe coinvolgere le comunità e i servizi di assistenza, mentre gli insegnanti dovrebbero essere dotati delle competenze e delle risorse necessarie per insegnare in classi multiculturali e multilingue e per sostenere i bambini provenienti da un contesto migratorio durante tutta la loro formazione. Altrettanto importante si ritiene l’accesso ai servizi sanitari, che dovrà essere supportato fornendo agli operatori sanitari una formazione sulla gestione della diversità e sulle esigenze di specifici gruppi di migranti, fra cui i minori non accompagnati.

Infine, nel 2021 la Commissione ha presentato la Strategia dell'Ue sui diritti dei minori, cui ha fatto seguito la Raccomandazione del Consiglio che istituisce una garanzia europea per l'infanzia, iniziative il cui obiettivo è tutelare i minori, aiutarli a far rispettare i loro diritti e collocarli al centro dell'elaborazione delle politiche dell'Ue.

La strategia richiama quanto già esposto nella comunicazione del 2017 e sottolinea come i minori migranti soffrano spesso di problemi di salute mentale in ragione di situazioni vissute nel Paese di origine e/o lungo la rotta migratoria, dell'incertezza o di trattamenti degradanti nel Paese di arrivo. Viene inoltre ancora una volta ribadito che il principio dell'interesse superiore del minore deve costituire un criterio fondamentale in tutte le azioni e le decisioni riguardanti minori migranti. Si rileva tuttavia che, malgrado i progressi compiuti, i minori non ricevono sempre informazioni adeguate alla loro età sulle procedure, né una guida e un sostegno efficaci nel corso delle procedure di asilo o rimpatrio.

Viene dunque rivolto un invito agli Stati membri affinché questi:

§  promuovano strategie e programmi nazionali destinati ad accelerare la deistituzionalizzazione e la transizione verso servizi di assistenza di qualità, basati sulle famiglie o sulle comunità;

§  rafforzino i sistemi di tutela a disposizione di tutti i minori non accompagnati, anche attraverso la partecipazione alle attività della rete europea per la tutela.

La strategia sottolinea inoltre che il nuovo Fondo Asilo, migrazione e integrazione, istituito con il regolamento (UE) 2021/1147 e valido per il periodo dal 1o gennaio 2021 al 31 dicembre 2027 (ossia per la durata dell’attuale quadro finanziario pluriennale), è inteso a rafforzare la protezione dei minori migranti non accompagnati riconoscendo e fornendo sostegno finanziario e incentivi per l'accoglienza, l'alloggio e altre esigenze speciali di tali minori, con un tasso di cofinanziamento fino al 75 percento, che può raggiungere il 90 percento per i progetti attuati nel quadro di azioni specifiche.

Anche il Consiglio dell’Unione europea si è pronunciato in materia. Si segnalano in particolare:

§  le conclusioni sulla promozione e tutela dei diritti del minore, del 3 aprile 2017, in cui viene ribadito che tutti i minori rifugiati e migranti hanno il diritto di essere protetti, in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell’Ue e con il diritto internazionale sui diritti del minore;

§  le conclusioni relative alla strategia dell'Unione europea sui diritti dei minori, del 9 giugno 2022, che riservano una particolare attenzione alla tutela dei diritti dei minori in situazioni di crisi o di emergenza. Il Consiglio invita gli Stati membri a elaborare politiche e misure per garantire i diritti di tutti i minori senza discriminazioni, anche:

ü  adottando strategie nazionali globali o altre politiche integrate equivalenti in materia di diritti dei minori che siano dotate di risorse adeguate e sostenute da quadri di capacità sufficienti;

ü  rafforzando la cooperazione e il coordinamento fra tutte le autorità e i portatori di interessi;

ü  sfruttando al meglio i finanziamenti nazionali e dell'Ue disponibili per la promozione e la protezione dei diritti dei minori;

ü  migliorando la raccolta di dati legati all'età e disaggregati per genere in modo comparabile in tutta l'Ue, rispettando le circostanze nazionali e promuovendo la ricerca specifica per i minori, in particolare relativamente ai settori tematici trattati dalla sopra citata strategia dell'Ue sui diritti dei minori, affinché vengano elaborate e attuate politiche sensibili e basate su dati concreti;

ü  rafforzando le attività di sensibilizzazione e formazione sui diritti dei minori, anche destinate ai minori stessi, ai professionisti che lavorano con e per loro, ai responsabili politici, ai funzionari pubblici e alle autorità pubbliche, ai giudici, ai procuratori e ad altri operatori della giustizia, al personale civile e militare nelle missioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc), nonché alle istituzioni nazionali per i diritti umani, alle organizzazioni della società civile e ai difensori dei diritti umani;

ü  attuando la raccomandazione (UE) 2021/1004 del Consiglio che istituisce una garanzia europea per l'infanzia, finalizzata a prevenire e combattere l'esclusione sociale dei minori bisognosi garantendo l'accesso effettivo a una serie di servizi fondamentali.

Il Consiglio invita inoltre gli Stati membri ad attuare le garanzie giuridiche dell'Ue per la tutela senza discriminazioni dei diritti fondamentali dei minori in situazioni di crisi o di emergenza, ascoltando e prendendo in considerazione il parere dei minori, in funzione dell'età e del grado di maturità, nel debito rispetto dell'interesse superiore del minore, in particolare:

ü  collaborando per affrontare meglio le esigenze di protezione dei minori che insorgono nelle situazioni di emergenza e sviluppando efficaci e praticabili alternative alla detenzione dei minori nei processi migratori ricordando che, in linea con l'acquis dell'Ue, la detenzione di minori migranti è prevista solo come misura di ultima istanza, qualora non siano possibili alternative, in ogni caso per il più breve tempo possibile e offrendo un alloggio adeguato;

ü  istituendo procedure di accoglienza che garantiscano alloggi protettivi adeguati alle esigenze dei minori, ne tutelino la salute fisica e mentale e assicurino loro l'accesso ai servizi di base;

ü  fornendo assistenza ai minori non accompagnati, in particolare attraverso la rapida designazione di un tutore legale o un'adeguata rappresentanza, favorendo la loro scolarizzazione e formazione professionale;

ü  potenziando le politiche di lotta contro la tratta di minori, definendo strategie per individuare le vittime della tratta e sensibilizzando i minori e le loro famiglie ai rischi di sfruttamento;

ü  garantendo che le emergenze non siano strumentalizzate in termini di tutela dei minori e, in particolare, che siano sospese le adozioni durante i conflitti armati.

 

La normativa di riferimento dell’Unione europea relativamente alle condizioni e procedure di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, fra cui sono anche i minori stranieri non accompagnati, comprende:

§  la direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione);

§  la direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione).

 

Direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale

 

La direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, reca le norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, con l’obiettivo di garantire un livello di vita dignitoso e condizioni di vita analoghe in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

Essa trova applicazione in tutte le fasi e in tutti i tipi di “procedure relative alla domanda di protezione internazionale, in tutti i luoghi e i centri di accoglienza dei richiedenti e purché essi siano autorizzati a soggiornare nel territorio degli Stati membri in qualità di richiedenti”[2].

La direttiva riserva una particolare attenzione ai principi dell’interesse superiore del minore e dell’unità familiare, principi che, si sottolinea, dovranno essere rispettati ‘pienamente’ dagli Stati, in conformità con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea[3], la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989[4] e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Viene definito “minore non accompagnato” il minore che entri nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile per legge o per prassi dello Stato membro interessato, fino a quando non sia effettivamente affidato a un tale adulto. Il termine include inoltre il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri.

Sono di particolare rilievo in materia gli articoli della direttiva di seguito illustrati.

L’articolo 7 prevede che gli Stati membri provvedano affinché gli “organismi appropriati” di cui all’articolo 10 della direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, abbiano il diritto di presentare domanda di protezione internazionale a nome di un minore non accompagnato se, sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del minore, ritengono che questi necessiti di protezione ai sensi della direttiva 2011/95/UE (recante norme sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta).

 

L’articolo 10 della direttiva 2008/115/CE contiene disposizioni relative al rimpatrio e all’allontanamento dei minori non accompagnati. Prevede al riguardo che:

1) prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato venga fornita un'assistenza da parte di “organismi appropriati” diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio “tenendo nel debito conto l'interesse superiore del bambino”;

2) prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro devono accertarsi che questi sarà ricondotto a un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.

 

L’articolo 11 dispone che:

§  i minori non accompagnati siano trattenuti solo in circostanze eccezionali;

§  deve essere fatto il possibile affinché i minori non accompagnati trattenuti siano rilasciati il più rapidamente possibile;

§  i minori non accompagnati non devono mai essere trattenuti in istituti penitenziari e, per quanto possibile, deve essere fornita una sistemazione in istituti dotati di personale e strutture consoni a soddisfare le esigenze di persone della loro età;

§  qualora siano trattenuti, gli Stati membri devono garantire loro una sistemazione separata dagli adulti.

In base all’articolo 14 gli Stati membri devono consentire ai richiedenti minori di accedere al sistema educativo a condizioni simili a quelle dei propri cittadini, finché non sia concretamente eseguito un provvedimento di espulsione. Tale istruzione può essere impartita nei centri di accoglienza.

L’articolo 21 stabilisce che, nelle misure nazionali di attuazione, gli Stati membri devono tener conto della specifica situazione di persone vulnerabili quali sono i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta degli esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, quali le vittime di mutilazioni genitali femminili.

L’articolo 22 prevede che, valutate le particolari esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili, gli Stati membri tengano conto di tali esigenze durante l’intera procedura di asilo e provvedano a un appropriato controllo della loro situazione.

L’articolo 23 mira a garantire che l’interesse superiore del minore costituisca un criterio fondamentale. Prevede a tal fine che gli Stati membri assicurino un livello di vita adeguato allo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del minore. Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri dovranno, in particolare, tenere debito conto dei seguenti fattori:

§  la possibilità di ricongiungimento familiare;

§  il benessere e lo sviluppo sociale del minore;

§  le considerazioni in ordine all’incolumità e alla sicurezza, in particolare se sussiste il rischio che il minore sia vittima della tratta di esseri umani;

§  l’opinione del minore, secondo la sua età e maturità;

L’articolo 24 stabilisce norme specifiche per l’accoglienza e il trattamento dei minori non accompagnati. In particolare, al paragrafo 2 di tale articolo si prevede che i minori non accompagnati che presentino domanda di protezione internazionale, dal momento in cui entrano nel territorio dello Stato membro in cui la domanda di protezione internazionale è stata presentata o è esaminata fino al momento in cui ne debbano uscire, siano alloggiati:

§  presso familiari adulti;

§  presso una famiglia affidataria;

§  in centri di accoglienza che dispongano di specifiche strutture per i minori;

§  in altri alloggi idonei per i minori.

La possibilità di alloggiare i minori non accompagnati in centri di accoglienza per adulti richiedenti è ammessa solo per i minori che abbiano compiuto i 16 anni e solo se, come prescritto dall’articolo 23, paragrafo 2, della medesima direttiva, tale decisione è assunta dagli Stati membri nell’interesse superiore del minore. Per quanto possibile i fratelli sono alloggiati insieme, tenendo conto dell’interesse superiore del minore in questione e, in particolare, della sua età e del grado di maturità. I cambi di residenza devono essere limitati al minimo.

L’articolo 24 dispone inoltre che gli Stati membri inizino a rintracciare quanto prima i familiari del minore non accompagnato, se necessario con l’assistenza di organizzazioni internazionali o altre organizzazioni competenti, non appena sia manifestata la volontà di chiedere la protezione internazionale, sempre tutelandone l’interesse superiore. Nei casi in cui sussistano rischi per la vita o l’integrità del minore o dei suoi parenti stretti, in particolare se questi sono rimasti nel Paese di origine, la raccolta, il trattamento e la diffusione delle informazioni relative a queste persone devono essere effettuate in via confidenziale, in modo da non mettere in pericolo la loro sicurezza.

Precisa infine che le persone che si occupano di minori non accompagnati devono aver ricevuto una specifica formazione in merito alle particolari esigenze degli stessi e sono soggette, conformemente a quanto stabilito dal diritto nazionale, all’obbligo di riservatezza relativamente alle informazioni di cui dovessero venire a conoscenza durante l’attività da loro svolta.

 

L’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (European Asylum Support Office - EASO) ha pubblicato una “Guida alle condizioni di accoglienza per minori non accompagnati: norme operative e indicatori”.

L’obiettivo generale della guida è sostenere gli Stati membri dell’Ue nell’attuazione delle disposizioni chiave della sopra citata direttiva 2013/33/UE e assicurare a tutti i minori non accompagnati un livello di vita adeguato che tenga conto delle loro particolari esigenze di accoglienza.

La guida è stata concepita per soddisfare molteplici finalità:

1. a livello politico, dovrebbe essere utile come strumento per sostenere le riforme o lo sviluppo ed essere impiegata come quadro per la definizione/l’ulteriore elaborazione di norme di accoglienza;

2. a livello operativo, può essere utilizzata dalle autorità/dagli operatori responsabili dell’accoglienza e, in particolare, dalle persone che operano con i minori non accompagnati per sostenere la pianificazione/il funzionamento delle strutture di accoglienza, provvedere a un’assistenza adeguata in funzione delle esigenze particolari e/o sostenere il personale e la sua formazione.

I destinatari della guida alle condizioni di accoglienza dei minori non accompagnati viene precisato nell’Introduzione – sono le persone che operano con tali minori nonché i responsabili politici. La guida si rivolge quindi alle autorità di accoglienza e in particolare al personale addetto all’accoglienza. Include tuttavia elementi che si ritengono utili per varie categorie di personale, indipendentemente dalla posizione ricoperta, “ossia Stato o comuni, organizzazioni intergovernative, organizzazioni non governative (Ong, contraenti privati ecc.). In questa categoria rientrano, in particolare, gli assistenti sociali, il personale incaricato dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria, i responsabili della registrazione, gli interpreti, i gestori delle strutture, il personale amministrativo/di coordinamento nonché i rappresentanti”.

La guida sottolinea innanzitutto che i minori non accompagnati migranti richiedono una protezione specifica e adeguata e che, a prescindere dal loro status di migranti o rifugiati, i minori non accompagnati sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla sopra citata Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

Oltre al principio dell’interesse superiore del minore, la guida evidenzia che dovrebbero essere osservati nella fornitura delle condizioni di accoglienza nell’ambito del sistema nazionale i seguenti principi:

1. trasparenza e responsabilità. La fornitura di condizioni di accoglienza dovrebbe avvenire sulla base di norme e procedure decisionali trasparenti ed eque. Fatta salva l’importanza di coinvolgere ulteriori soggetti nell’attuazione di funzioni specifiche nei sistemi nazionali di accoglienza (ad esempio, Ong, settore privato ecc.), l’onere generale di raggiungere livelli più elevati di trasparenza e responsabilità ricade sulla rispettiva autorità preposta all’accoglienza;

2. riservatezza. Nell’applicazione delle norme e degli indicatori contenuti nella guida, devono essere rispettate le norme in materia di riservatezza previste dal diritto nazionale e internazionale in relazione a qualsiasi informazione ottenuta da coloro che operano con i minori non accompagnati nel corso della loro attività;

3. partecipazione. In linea con l’articolo 18, paragrafo 8, della direttiva 2013/33/UE[5], e al fine di rispettare i diritti di partecipazione dei minori a norma della Carta dell’Ue e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, le autorità di accoglienza sono fortemente incoraggiate ad agevolare la partecipazione e l’impegno di tutti i minori non accompagnati nella gestione degli aspetti materiali e immateriali delle condizioni di accoglienza;

4. non discriminazione. La parità di accesso alle condizioni di accoglienza deve essere garantita senza discriminazione a tutti i minori non accompagnati.

 

Nel 2016 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale COM(2016) 465), di rifusione della vigente direttiva 2013/33/UE.

Nel dicembre 2022 il Consiglio ha concordato il mandato per i negoziati con il Parlamento europeo sulla proposta. Gli accordi si basano sui negoziati fra il Parlamento europeo e il Consiglio che si sono svolti dal 2016 al 2018.

Nella relazione illustrativa della proposta, si evidenzia che, “nonostante gli importanti sviluppi del sistema europeo comune di asilo, sussistono ancora notevoli disparità tra gli Stati membri per quanto riguarda i tipi di procedure usate, le condizioni di accoglienza disposte per i richiedenti, i tassi di riconoscimento e il tipo di protezione concessa ai beneficiari di protezione internazionale”. La Commissione rileva infatti che, sebbene la vigente direttiva sulle condizioni di accoglienza stabilisce un livello minimo di armonizzazione delle norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale nell’Ue, le condizioni di accoglienza “variano tuttora considerevolmente tra gli Stati membri, sia in termini di organizzazione del sistema di accoglienza che in termini di standard offerti ai richiedenti”.

La proposta mira pertanto a:

§  perseguire un’ulteriore armonizzazione delle condizioni di accoglienza nell’Unione;

§  ridurre gli incentivi ai movimenti secondari;

§  aumentare l’autosufficienza dei richiedenti e le possibili prospettive di integrazione. 

Per quanto concerne in particolare i minori non accompagnati, le principali modifiche comprendono;

§  l’introduzione di un termine più breve (cinque giorni lavorativi dal momento in cui è chiesta la protezione) entro il quale gli Stati membri devono designare un tutore incaricato di assistere e rappresentare un minore non accompagnato;

§  il numero di minori non accompagnati di cui i tutori possono essere responsabili non deve essere tale da impedire loro di assolvere ai propri compiti;

§  gli Stati membri devono controllare che i tutori svolgano adeguatamente i loro compiti ed esaminare le denunce presentate da minori non accompagnati nei confronti del loro tutore.

 

Direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale

 

La direttiva 2013/32/UE (cd. direttiva ‘procedure’) reca disposizioni relative alle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Queste riguardano la presentazione della domanda, l’individuazione delle autorità competenti a ricevere e ad esaminare le domande, le procedure di esame, le garanzie e gli obblighi dei richiedenti, nonché le procedure di revoca, cessazione e rinuncia della protezione e le modalità di impugnazione delle decisioni.

La direttiva procedure, così come la sopra citata direttiva 2013/33/UE, è finalizzata ad armonizzare le prassi applicative vigenti negli Stati membri, per le quali erano state riscontrate divergenze. A tal fine, viene in primo luogo stabilito un termine certo di 6 mesi per la decisione sulla domanda di protezione, derogabile solo in determinate circostanze (per un totale, al massimo, di 21 mesi). Inoltre, vengono ridefiniti e, in alcuni casi, rafforzati, gli istituti di garanzia che devono essere assicurati ai richiedenti nel corso della procedura, con particolare attenzione alla tutela dei minori e delle altre categorie di persone vulnerabili.

Le garanzie di base contemplate dalla direttiva prevedono che:

§  le richieste dei richiedenti siano esaminate individualmente, in maniera obiettiva e imparziale;

§  i richiedenti siano informati - in una lingua che comprendono - del processo seguito, dei loro diritti e della decisione presa. Deve essere affiancato loro un interprete per aiutarli durante il procedimento, se necessario;

§  sia garantita ai richiedenti la consulenza di un legale, a loro spese;

§  i richiedenti abbiano diritto a un appello effettivo davanti a una corte o a un tribunale e ricevano assistenza legale gratuita durante l’appello.

La direttiva stabilisce inoltre che gli Stati membri non possono tenere in custodia una persona per la sola ragione di essere un/a richiedente asilo.

Per quanto riguarda la procedura di esame delle richieste, si dispone che:

§  prima della decisione definitiva da parte dell’autorità competente, i richiedenti abbiano diritto a un colloquio personale durante il quale dovrebbero avere l’opportunità di provare le ragioni della loro richiesta;

§  le persone che conducono i colloqui personali con i richiedenti abbiano acquisito una conoscenza generale dei problemi che potrebbero compromettere la capacità dei richiedenti di sostenere il colloquio, quali indicazioni che il richiedente potrebbe essere stato torturato nel passato;

§  gli Stati membri dell’Ue garantiscano che le informazioni relative alle singole richieste restino riservate.

La direttiva contempla garanzie specifiche per le persone vulnerabili. Alle persone con bisogni procedurali speciali, ad esempio dovuti a età, disabilità, malattia o orientamento sessuale, oppure causati da un trauma o per qualsiasi altra ragione, deve essere garantito il sostegno opportuno, fra cui tempo sufficiente, per aiutarle nel loro processo di richiesta.

L’articolo 25 stabilisce inoltre quali debbano essere le garanzie per i minori non accompagnati in relazione a tutte le procedure previste dalla direttiva.

Viene stabilito innanzitutto che gli Stati membri, non appena possibile, devono adottare misure atte a garantire che “un rappresentante rappresenti e assista il minore non accompagnato” per consentirgli di godere dei diritti e adempiere gli obblighi previsti dalla direttiva. Il minore non accompagnato deve essere immediatamente informato della nomina del rappresentante. Tale rappresentante deve svolgere i suoi doveri in conformità del principio dell’interesse superiore del minore e deve avere la competenza necessaria a tal fine (questi può anche essere il rappresentante cui si fa riferimento nella sopra citata direttiva 2013/33/UE). La persona che funge da rappresentante può essere sostituita solo in caso di necessità. Le organizzazioni o gli individui i cui interessi contrastano o possono potenzialmente contrastare con quelli del minore non accompagnato non sono ammissibili ad assumere il ruolo di rappresentanti.

Gli Stati membri devono inoltre provvedere:

§  affinché al rappresentante sia data la possibilità di informare il minore non accompagnato sul significato e le eventuali conseguenze del colloquio personale e di informarlo su come prepararvisi;

§  qualora il minore non accompagnato sia convocato a un colloquio personale sulla sua domanda di protezione internazionale, tale colloquio sia condotto da una persona con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori;

§  la decisione sulla domanda di asilo di un minore non accompagnato, presa dall’autorità accertante, sia preparata da un funzionario con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori;

§  i minori non accompagnati e i loro rappresentanti ricevano gratuitamente le informazioni giuridiche e procedurali di cui all’articolo 19 (relativo alle procedure di primo grado) anche nelle procedure di revoca della protezione internazionale.

Agli Stati membri è consentito effettuare visite mediche per accertare l’età del minore non accompagnato nel quadro dell’esame di una domanda di protezione internazionale, laddove, in base a sue dichiarazioni generali o altre indicazioni pertinenti, gli Stati membri nutrano dubbi circa l’età. Se in seguito gli Stati membri continuano a nutrire dubbi circa l’età del richiedente, dovranno considerare il richiedente un minore. La direttiva precisa che le visite mediche devono essere effettuate nel “pieno rispetto della dignità della persona con l’esame meno invasivo possibile e da professionisti nel settore medico qualificati”.

Al medesimo articolo 25 viene ribadito che l’interesse superiore del minore costituisce un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, della direttiva.

Per quanto riguarda l’applicabilità delle procedure di frontiera ai minori non accompagnati, queste potranno essere messe in atto solo se:

§  il richiedente viene da un Paese che soddisfa i criteri per essere considerato un Paese d’origine sicuro;

§  il richiedente ha introdotto una domanda reiterata di protezione internazionale;

§  il richiedente può per gravi motivi essere considerato un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico dello Stato membro oppure il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza o di ordine pubblico a norma del diritto nazionale;

§  sussistono fondati motivi per ritenere un Paese che non è uno Stato membro Paese terzo sicuro per il richiedente;

§  il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando documenti falsi;

§  in malafede, il richiedente ha distrutto o fatto sparire un documento d’identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l’identità o la cittadinanza.

Nel 2020 la Commissione ha presentato una proposta modificata di regolamento (COM(2020) 611) che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione e che abroga la direttiva 2013/32/UE.

La proposta intende sostituire le varie procedure attualmente applicate negli Stati membri con un'unica procedura semplificata; prevede inoltre l’ampliamento dei casi ai quali si applicherebbe la procedura di esame delle domande di asilo, ed eventualmente di rimpatrio, alla frontiera. Tale tipologia di iter per la concessione della protezione internazionale verrebbe applicata ai richiedenti asilo provenienti da Paesi terzi con tassi di riconoscimento del diritto di asilo pari o inferiori al 20 per cento.

Sulla proposta di regolamento è stato raggiunto un orientamento generale in occasione del Consiglio Giustizia e affari interni (Gai) nella sessione dell'8 e 9 giugno 2023.

Le garanzie particolari per i minori non accompagnati sono contemplate all’articolo 22 della proposta.

Per quanto concerne in particolare la procedura di frontiera, la proposta esclude di norma la sua applicazione per i minori non accompagnati e per le famiglie con minori di età inferiore a 12 anni, a meno che tali minori siano considerati un pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico di uno Stato membro ovvero siano stati espulsi con efficacia esecutiva per gravi motivi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico a norma del diritto nazionale.

In caso di dubbio sull'età del richiedente, la proposta prevede che le autorità competenti accertino se il richiedente è un minore, sulla base di dichiarazioni del richiedente o di altre indicazioni pertinenti, “anche non di carattere medico” (cfr. l’orientamento generale del 13 giugno 2023). Saranno effettuate visite mediche per accertare l'età come extrema ratio laddove, in base alle dichiarazioni del richiedente, dei genitori, dell'adulto responsabile o del rappresentante, o altre indicazioni pertinenti, permangano dubbi sul fatto che il richiedente sia effettivamente un minore.

 

Secondo i dati forniti dal Ministero degli Interniin Italia a decorrere dal 1° gennaio al 19 ottobre 2023 sono sbarcati 140.898 migranti, la maggioranza dei quali proveniente da Guinea, Costa D’Avorio, Tunisia, Egitto e Bangladesh. Di questi, 14.449 sono minori stranieri non accompagnati, un numero in crescita rapportato ai dati dello scorso anno.


Quadro normativo nazionale

 

 

Negli ultimi anni sono state introdotte significative modifiche al complesso della normativa vigente sui minori stranieri non accompagnati, la cui presenza risulta aumentata in rapporto percentuale al totale dei migranti giunti nel nostro paese.

In particolare, è stata approvata la legge n. 47 del 2017 (c.d. legge Zampa), con l'obiettivo principale di rafforzare gli strumenti di tutela garantiti dall'ordinamento in favore dei minori stranieri. Ulteriori interventi normativi sono stati definiti con il D.L. n. 17/2017, con il D.Lgs. n. 220 del 2017, correttivo del D.Lgs. n. 142/2015 (cd. decreto accoglienza), nonché con i successivi decreti in materia di immigrazione, ossia il D.L. n. 113/2018, il D.L. n. 130 del 2020, e nella legislatura in corso, il D.L. n. 20 del 2023 e il D.L. n. 133 del 2023.

 

Con l'espressione "minore non accompagnato", in ambito europeo e nazionale, si fa riferimento allo straniero (cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea e apolide), di età inferiore ai diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale (art. 2, D.Lgs. n. 142/2015 e art. 2, L. n. 47/2017).

Nel nostro ordinamento le disposizioni in materia di minori stranieri non accompagnati sono contenute principalmente negli articoli 32 e 33 del Testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998).

Specifiche disposizioni sull'accoglienza dei minori non accompagnati sono state introdotte dal D.Lgs. n. 142/2015 (c.d. decreto accoglienza), con cui è stata recepita la direttiva 2013/33/UE relativa all'accoglienza dei richiedenti asilo. Con riferimento particolare ai minori non accompagnati " richiedenti protezione internazionale", oltre al menzionato decreto, si applicano alcune disposizioni del D.Lgs. n. 25 del 2008 sulle procedure per la domanda di protezione internazionale (art. 19; art. 6, co. 2 e 3; art. 26, co. 5 e 6), e del D.Lgs. n. 251/2007 (art. 28).

Per quanto riguarda la normativa regolamentare, le disposizioni principali sono contenute nel Regolamento di attuazione del TU immigrazione (D.P.R. n. 394/1999), da ultimo modificato dal DPR n. 191/2022, con particolare riguardo alla disciplina dei permessi di soggiorno per minori.

Si segnala infine che nel corso della legislatura è stato trasmesso alle Camere per il parere uno schema di regolamento concernente i compiti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di minori stranieri non accompagnati (A.G. 63), ora in attesa di pubblicazione.

 

Per quanto riguarda le dimensioni del fenomeno, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali pubblica con cadenza semestrale report statistici relativi ai dati sui minori stranieri non accompagnati segnalati in Italia. Inoltre, sullo stesso sito, con cadenza mensile, sono pubblicati Report statistici sintetici relativi ai dati sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati raccolti e censiti dalla Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del medesimo ministero.

Secondo i dati del Ministero del lavoro, i minori stranieri non accompagnati (MNSA) censiti al 31 agosto 2023 in Italia sono 22.599, sono in maggioranza maschi (87,6%) e hanno per la maggior parte 17 (44%), 16 (26,21%) e 15 anni (12,35%); arrivano soprattutto da Egitto (5.002 minori), Ucraina (4.326), Tunisia (2.157), Guinea (1.835) e Gambia (1.474), mentre le Regioni che ne accolgono di più sono la Sicilia (5.653 minori, il 25,2% del totale), la Lombardia (2.736, il 12,2%), l'Emilia-Romagna (1.795, l'8%) e la Calabria (1.498, il 6,7%).

 

Il divieto di respingimento alla frontiera e di espulsione

 

La legge n. 47/2017 introduce esplicitamente il divieto assoluto di respingimento alla frontiera dei minori stranieri non accompagnati, respingimento che non può essere disposto in alcun caso (art. 19, co. 1-bis, D.Lgs. 286/1998, recante TU immigrazione).

Dall'altro, modifica la disciplina relativa al divieto di espulsione dei minori stranieri che, in base alla normativa vigente (art. 19, co. 2, TU immigrazione), può essere derogato esclusivamente per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, stabilendo ulteriormente che, in ogni caso, il provvedimento di espulsione può essere adottato a condizione che non comporti "un rischio di danni gravi per il minore". È altresì specificato che la decisione del tribunale per i minorenni, che ha la competenza in materia, su richiesta del questore, deve essere assunta tempestivamente e comunque nel termine di 30 giorni (art. 31, co. 4, TU immigrazione).

 

L’articolo 8 della medesima legge n. 47/2017 prevede tuttavia la possibilità di adottare, nei confronti del minore straniero non accompagnato, un provvedimento di rimpatrio assistito e volontario, ma solo nel caso in cui il ricongiungimento con i suoi familiari nel Paese di origine o in un Paese terzo corrisponda al superiore interesse del minore, dopo aver sentito il minore e il tutore e tenuto conto dei risultati delle indagini familiari, nonché della relazione dei servizi sociali competenti circa la situazione del minore in Italia.

La legge del 2017 ha modificato la competenza dell'organo deputato ad adottare i provvedimenti di rimpatrio assistito, trasferendola dal Ministero del lavoro al Tribunale per i minorenni, che decide anche in merito ai provvedimenti di espulsione (articolo 33, co. 2-bis, TU immigrazione).

 

La segnalazione alle autorità competenti e la nomina del tutore

 

In base alla normativa vigente (art. 19, co. 5, D.Lgs. 142/2015), la presenza di un minore non accompagnato deve essere immediatamente segnalata:

§  alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale per i minorenni per l’apertura della tutela e la nomina del tutore i sensi degli art. 343 ss. c.c., e per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte;

§  alla Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro delle Politiche sociali, per il censimento e il monitoraggio della presenza dei minori non accompagnati (si v. infra, il box dedicato).

 

Tali segnalazioni devono essere effettuate dall’autorità di pubblica sicurezza e in generale dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblico servizio che vengano a conoscenza della presenza di un minore non accompagnato.

 

La legge stabilisce che debba essere nominato un tutore per ogni minore presente sul territorio italiano privo di genitori che possano esercitare la responsabilità genitoriale. Il tutore ha la rappresentanza legale del minore, cioè agisce in nome e per conto del tutelato compiendo per suo conto atti giuridici, ha la cura della persona del minore ed, eventualmente, ne amministra i beni. Nel caso di minore richiedente asilo, la legge prevede che il tutore debba essere nominato nelle 48 successive alla comunicazione della Questura al Tribunale per i minorenni e alla Procura (D.Lgs. 25/2008, art. 26, co. 5)[6].

 

La legge n. 47/2017 (art. 11) ha introdotto la figura dei tutori volontari, ossia privati cittadini disponibili ad assumere la tutela di un minore non accompagnato o di più minori, nel numero massimo di tre, salvo che sussistano specifiche e rilevanti ragioni. Gli aspiranti tutori volontari, sono selezionati e adeguatamente formati dai Garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza (o, in mancanza, dall’autorità garante nazionale), vengono inseriti in un apposito elenco istituito presso il Tribunale per i minorenni. Per monitorare l'attuazione i garanti regionali collaborano costantemente con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza alla quale presentano, con cadenza bimestrale, una relazione sulle attività realizzate.

 

 

Il sistema informativo nazionale dei MSNA - SIM

 

Per implementare le attività di censimento e monitoraggio, la legge n. 47 del 2017 ha previsto l'istituzione del Sistema informativo nazionale dei minori stranieri non accompagnati (SIM), presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. All'interno del SIM sono registrati i dati relativi all'anagrafica dei minori stranieri e al loro collocamento in accoglienza. I medesimi dati, elaborati in forma aggregata, costituiscono i report pubblicati a cadenza mensile e di approfondimento semestrale sul sito del Ministero del lavoro

Le informazioni ottenute in sede di colloquio con il minore nelle strutture di prima accoglienza sono invece raccolte nelle c.d. cartelle sociali dei minori non accompagnati, compilate dal personale qualificato che svolge il colloquio con il minore ai fini della trasmissione ai servizi sociali del comune competente alla presa in carico del minore e alla Procura presso il Tribunale per i minorenni. La cartella include tutti gli elementi utili alla determinazione della soluzione di lungo periodo per il minore, nel suo superiore interesse (art. 9, L. n. 47/2017).

Lo schema di regolamento concernente i compiti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di minori stranieri non accompagnati, trasmesso alle Camere per il parere (A.G. 63) e in attesa di pubblicazione, disciplina il trattamento dei dati personali contenuti nel SIM.

 

 

Per potenziare l'efficacia delle tutele nei confronti dei minori non accompagnati, la legge n. 47/2017 rende più celere l'attivazione delle indagini familiari del minore (art. 6) e introduce un criterio di preferenza dell'affidamento ai familiari rispetto al collocamento in comunità di accoglienza (art. 7)[7].

 

L'articolo 19, comma 7, del D.Lgs. n. 142 del 2015, come modificato dalla legge n. 47/2017, stabilisce il tempestivo avvio di ogni iniziativa per l'individuazione dei familiari del minore non accompagnato, al fine di garantire il diritto all'unità familiare. Il Ministero dell'interno, sentiti il Ministero della Giustizia e il Ministero degli Affari esteri, stipula a tal fine convenzioni, sulla base delle risorse disponibili, con organizzazioni internazionali, intergovernative e associazioni umanitarie, per l'attuazione di programmi diretti a rintracciare i familiari dei minori non accompagnati. Le ricerche ed i programmi diretti a rintracciare i familiari sono svolti nel superiore interesse dei minori e con l'obbligo della assoluta riservatezza, in modo da tutelare la sicurezza del richiedente e dei familiari.

I successivi commi 7-bis, 7-ter e 7-quater, introdotti dalla L. n. 47/2017, definiscono gli ulteriori passaggi nell'ambito dello svolgimento delle indagini. Viene in particolare disposto (co. 7-bis) che nei 5 giorni successivi al colloquio con il minore nelle strutture di prima accoglienza, appena il minore è entrato in contatto con le autorità di polizia, se non sussiste un rischio per il minore o per i suoi familiari, previo consenso informato dello stesso minore ed esclusivamente nel suo superiore interesse, l'esercente la potestà genitoriale, anche in via temporanea, invia una relazione all'ente convenzionato che attiva immediatamente le indagini. Il risultato delle indagini è trasmesso al Ministero dell'interno, che è tenuto ad informare tempestivamente il minore, l'esercente la responsabilità genitoriale, nonché il personale qualificato che ha svolto il suddetto colloquio (co. 7-ter). È altresì previsto (co. 7-quater) un criterio di preferenza, in base al quale, qualora siano individuati familiari idonei a prendersi cura del minore straniero non accompagnato, tale soluzione deve essere sempre preferita al collocamento in comunità. In tal modo, viene introdotto nella legge un criterio specifico alla luce del quale valutare, una volta concluse le indagini familiari, se procedere al rimpatrio assistito o procedere con gli altri strumenti di protezione e tutela dei minori non accompagnati, ossia l'affidamento a una famiglia o a una comunità.

 

L'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati 

 

Il decreto legislativo n. 142 del 2015 (cd. decreto accoglienza) ha dettato per la prima volta specifiche disposizioni sull'accoglienza dei minori non accompagnati, ai quali fino ad allora si erano applicate le norme generali riferite ai minori in stato di abbandono, con l'obiettivo di rafforzare gli strumenti di tutela garantiti dall'ordinamento. Tali disposizioni, come modificate ed implementate dalla quasi coeva legge n. 47 del 2017, rappresentano il quadro normativo di riferimento per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (si cfr. art. 18, 19, 19-bis e 21 del D.Lgs. n. 142/2015).

Il sistema che ne risulta distingue tra una prima e una seconda accoglienza e stabilisce il principio in base al quale il minore non accompagnato non può in nessun caso essere trattenuto o accolto presso i centri di permanenza per i rimpatri (CPR) e i centri governativi di prima accoglienza.

L'accoglienza dei minori si fonda innanzitutto sull'istituzione di strutture governative di prima accoglienza per le esigenze di soccorso e di protezione immediata di tutti i minori non accompagnati (c.d. centri FAMI). Come specificato dalla legge n. 47 del 2017, si tratta di strutture specificamente destinate ai minori. Si tratta dunque di centri attivati dal Ministero dell'interno, in accordo con l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura, gestiti dal Ministero, anche in convenzione con gli enti locali, finanziati a valere sul Fondo asilo Migrazione e Integrazione (FAMI).

 

Il decreto del Ministro dell'interno 1° settembre 2016, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per i profili finanziari, stabilisce le modalità di accoglienza, gli standard strutturali e i servizi da erogare, in modo da assicurare un'accoglienza adeguata alla minore età.

 

Nelle strutture di prima accoglienza i minori sono accolti, dal momento della presa in carico, per il tempo strettamente necessario alla identificazione e all'eventuale accertamento dell'età, nonché a ricevere tutte le informazioni sui diritti del minore, compreso quello di chiedere la protezione internazionale. Con le modifiche introdotte dalla legge n. 47 del 2017, si stabilisce che le operazioni di identificazione del minore devono concludersi entro dieci giorni e devono essere svolte sulla base di una procedura unica sull'intero territorio nazionale disciplinata dalla legge (art. 19-bis, D.Lgs. 142 del 2015).

In ogni caso, i minori possono restare nelle strutture di prima accoglienza non oltre trenta giorni (il termine originario era di sessanta, ulteriormente ridotto dalla L. 47/2017). All'interno delle strutture è garantito un colloquio con uno psicologo dell'età evolutiva, accompagnato se necessario da un mediatore culturale.

La procedura di accertamento dell’età e le modifiche
introdotte dal D.L. 133/2023

 

La materia è regolata dall’articolo 19-bis del D.Lgs. n. 142/2015, che è stato introdotto dalla legge n. 47/2017 (art. 5) al fine di definire una procedura unica per l’intero territorio nazionale.

Tale regolamentazione è analoga alle prescrizioni già previste del d.P.C.M. n. 234 del 2016 (adottato in attuazione del D.Lgs. n. 24 del 2014, art. 4, comma 2), che definisce i meccanismi per la determinazione dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta.

La procedura di identificazione prevede innanzitutto un colloquio del minore con personale qualificato, sotto la direzione dei servizi dell'ente locale, ove necessario in presenza di un mediatore culturale, per accertare la situazione personale del minore, i motivi e le circostanze della partenza dal suo Paese di origine e del viaggio effettuato, nonché le sue aspettative future (art. 19-bis, comma 1). Le modalità di svolgimento del colloquio del minore nelle strutture di prima accoglienza sono oggetto di uno specifico d.P.C.M. di cui si attende l'emanazione (lo schema è stato presentato al Consiglio di Stato per il parere, espresso nell'adunanza del 24 maggio 2022).

Qualora sussista un dubbio circa l’età dichiarata, questa è accertata in via principale attraverso un documento anagrafico, anche avvalendosi della collaborazione delle autorità diplomatico-consolari. Per verificare l’età dichiarata le autorità consultano il Sistema informativo nazionale dei minori non accompagnati istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (art. 19-bis, commi 3 e 3-bis). L'intervento della rappresentanza diplomatico-consolare non deve essere richiesto nei casi in cui il presunto minore abbia espresso la volontà di chiedere protezione internazionale ovvero quando una possibile esigenza di protezione internazionale emerga. Sul punto, il D.L. n. 133 del 2023, attualmente in corso di conversione, prevede che qualora il presunto minore venga condannato, ai sensi dell’articolo 495 c.p., per false dichiarazioni o attestazioni a pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o altrui, in relazione all’età dichiarata o accertata mediante documento anagrafico, la pena prevista per tale reato dal codice penale può essere sostituita con l’espulsione dal territorio nazionale

Qualora permangano dubbi fondati in merito all’età dichiarata dal presunto minore, è previsto che l’accertamento dell’età venga disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni mediante esami socio-sanitari (art. 19-bis, comma 4). L’articolo 19-bis stabilisce che l’accertamento socio-sanitario è condotto da professionisti adeguatamente formati, alla presenza di un mediatore culturale, con modalità meno invasive possibili e rispettose dell’età presunta, del genere e del sesso, dell’integrità fisica e psichica della persona, e con garanzie per il presunto minore di informativa sulla procedura, anche con l’ausilio del mediatore culturale, e possibilità di impugnativa. Con disposizione del D.L. n. 133/2023 (art. 5, comma 1, lettera b), n. 2)) si stabilisce che la procedura di accertamento socio-sanitario dell’età debba concludersi entro il termine di sessanta giorni a decorrere dalla data in cui tale accertamento è stato disposto dalla Procura della Repubblica.

L’accertamento è effettuato ai sensi del “Protocollo multidisciplinare per la determinazione dell’età dei minori stranieri non accompagnati” approvato il 9 luglio 2020 dalla Conferenza unificata.

Tale accordo ha stabilito che gli accertamenti socio-sanitari siano effettuati da équipe multidisciplinari e multiprofessionali appositamente individuate e formate, sono composte da; un pediatra, con competenze auxologiche, in servizio presso il SSN; uno psicologo dell’età evolutiva o un neuropsichiatra infantile, in servizio presso il SSN; un mediatore culturale; un assistente sociale, in servizio presso il SSN o l’ente locale incardinati nei settori relativi alla materia. L’accordo prevede che la distribuzione geografica e il numero delle équipe deve essere individuata dalle regioni in base alle caratteristiche e all’incidenza del fenomeno dell’afflusso di MSNA nel territorio regionale. Il decreto-legge n. 133/2023 (art. 5, comma 1, lettera b), n. 3)) ha previsto che tali équipe devono essere costituite entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (ossia a decorrere dal 6 ottobre 2023).

Qualora, anche dopo l’accertamento permangano dubbi sulla minore età, questa è presunta ad ogni effetto di legge (art. 19-bis, comma 8).

Il provvedimento di attribuzione dell'età è emesso dal tribunale per i minorenni.

Il recente decreto-legge n. 133/2023 (art. 5, comma 1, lettera b), n. 3) ha introdotto la possibilità per l'autorità di pubblica sicurezza, in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati, di disporre con immediatezza l'effettuazione di misurazioni antropometriche o di altri esami sanitari, inclusi quelli radiografici, al fine di determinare l’età, informando immediatamente la Procura della Repubblica presso il tribunale per la persona, la famiglia ed i minorenni, che ne autorizza l'attuazione in forma scritta ovvero, in casi di particolare urgenza, oralmente con successiva conferma scritta (nuovo comma 6-ter dell’art. 19-bis, D.lgs. n. 142/2015). La novella prevede, altresì, la redazione di un verbale delle attività poste in essere, che reca anche l’esito delle operazioni compiute con indicazione del margine di errore, e che deve essere notificato all’interessato (e al tutore ove nominato) e trasmesso all’autorità giudiziaria nelle quarantotto ore successive. Il verbale può essere impugnato davanti al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie entro cinque giorni dalla notificazione.

 

Per la prosecuzione dell'accoglienza del minore, si prevede che tutti i minori non accompagnati siano accolti nell'ambito del Sistema di accoglienza e integrazione - SAI, la cui capienza deve essere pertanto commisurata alle effettive presenze di minori stranieri nel territorio nazionale e comunque, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo. A tal fine, gli enti locali che partecipano alla ripartizione del Fondo prevedono specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati.

Nella scelta del posto in cui collocare il minore, tra quelli disponibili, si deve tenere conto delle esigenze e delle caratteristiche dello stesso minore, in relazione alla tipologia dei servizi offerti dalla struttura di accoglienza. Le strutture nelle quali sono accolti i minori stranieri non accompagnati devono soddisfare gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza forniti dalle strutture residenziali per minorenni ed essere autorizzate o accreditate ai sensi della normativa nazionale e regionale in materia. I richiedenti asilo che sono stati inseriti nel SAI durante la minore età, al compimento dei diciotto anni, restano in accoglienza fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.

Nel caso in cui le strutture della rete SAI risultino indisponibili, l'assistenza e l'accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dal comune dove si trova il minore, secondo gli indirizzi stabiliti dal Tavolo di coordinamento nazionale istituito ai sensi dell'articolo 15 del D.Lgs. n. 142/2015 presso il Ministero dell'interno, che ha il compito di programmare gli interventi del sistema di accoglienza, compresi i criteri di ripartizione regionale dei posti disponibili. È fatta salva la possibilità di trasferire il minore in altro comune, tendendo in considerazione prioritariamente il superiore interesse del minore. I comuni che assicurano l'attività di accoglienza accedono ai contributi disposti dal Ministero dell'interno a valere sul Fondo nazionale per i minori non accompagnati.

 

In materia l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) promuove ogni due anni un'indagine nazionale che coinvolge tutti i Comuni italiani ai quali spetta la tutela e l'accoglienza dei minori non accompagnati presenti nel territorio. I dati quantitativi e qualitativi raccolti sul fenomeno sono disponibili nell'ultimo rapporto pubblicato (2023).

 

La legge stabilisce altresì che qualora i comuni non riescano a garantire l’accoglienza nelle forme già previste dalla legge (si v., supra, strutture di prima e seconda accoglienza), in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati, i Prefetti possono attivare strutture di accoglienza temporanee esclusivamente dedicate ai minori (c.d. CAS minori, su cui art. 19, co. 3-bis, D.Lgs. n. 142/2015, introdotto da art. 1-ter, D.L. n. 113/2016).  

In proposito, il decreto-legge n. 133 del 2023 (art. 5, co. 1, lett. a)), attualmente all’esame del Parlamento per la conversione, dispone che nella ulteriore possibilità che anche tali strutture temporanee non risultino momentaneamente disponibili, il prefetto può decidere di disporre l’accoglienza dei minori nei centri governativi ordinari e straordinari di accoglienza di cui agli articoli 9 e 11 del medesimo decreto accoglienza, sostanzialmente riservati agli adulti, ma in una “sezione” appositamente dedicata ai minori.

La disposizione limita la possibilità di accoglienza in tali centri ai minorenni di età almeno pari a sedici anni e per un periodo comunque non superiore a novanta giorni.

 

La norma introdotta nel 2016 stabilisce che le strutture ricettive temporanee così attivate possono avere una capienza massima di 50 posti per ciascuna struttura. In tali strutture possono essere accolti solo i minori di età inferiore agli anni quattordici e per il tempo strettamente necessario al trasferimento nelle strutture di seconda accoglienza. Sul punto, è intervenuto il decreto-legge n. 133 del 2023 (articolo 7, co. 1, lett. c)) a consentire che, in casi di estrema urgenza connessi ad arrivi consistenti e ravvicinati di minori stranieri non accompagnati nel territorio nazionale, i prefetti possano realizzare o ampliare i c.d. CAS minori anche in deroga al limite di capienza previsto, nella misura massima del 50 per cento.

In base agli ultimi dati ufficiali disponibili, al 31 dicembre 2021 erano 25 le strutture temporanee di prima accoglienza, attivate dai Prefetti ai sensi dell’art. 19, comma 3 bis, D.lgs. 142/2015, per un totale di 571 posti disponibili (Ministero dell’Interno, Relazione sul funzionamento del sistema di accoglienza, Doc. LI, n. 2, tramessa il 29 novembre 2022).

 

 

 

I permessi di soggiorno per minori stranieri non accompagnati

 

Oltre alla possibilità di ricevere un permesso per protezione internazionale (art. 4, D.Lgs. n. 142/2015), la legge n. 47/2017 (art. 10) stabilisce che ai minori stranieri non accompagnati possano essere rilasciati, quando la legge dispone il divieto di respingimento o di espulsione, due tipi di permesso di soggiorno: il permesso per minore età e il permesso per motivi familiari.

Il permesso per minore età è rilasciato al minore non accompagnato in quanto soggetto nei confronti del quale sono in generale vietati l'espulsione e il respingimento e dunque, tale permesso si può richiedere per il solo fatto di essere minorenni. Per espressa previsione della legge, il permesso per minore età può essere rilasciato su richiesta dello stesso minore, anche direttamente e anche prima della nomina del tutore (art. 10, lett. a)).

In base alla legge, il permesso di soggiorno per motivi familiari (art. 10, lett. b)) può essere rilasciato:

-        al minore di quattordici anni affidato, anche solo ‘di fatto'[8], o sottoposto alla tutela di un cittadino italiano con lo stesso convivente;

-        al minore ultraquattordicenne affidato, anche solo ‘di fatto', o sottoposto alla tutela di uno straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale o di un cittadino italiano con lo stesso convivente.

 

Entrambi i permessi di soggiorno sono validi fino al compimento della maggiore età.

 

In attuazione di tali disposizioni, è stato adottato il d.P.R. n. 191/2022, che ha aggiornato la disciplina di rango regolamentare in materia di permessi di soggiorno per i MSNA e conversione dei permessi al raggiungimento della maggiore età (modificando a tal fine il d.P.R. 394/1999, regolamento di esecuzione del TU immigrazione).

La disciplina regolamentare ha chiarito in particolare che ai minori titolari di un permesso di soggiorno per minore età ovvero per motivi familiari, pur nel rispetto delle previsioni in materia di lavoro minorile, può essere consentito lo svolgimento di attività lavorativa e formativa finalizzata all'accesso al lavoro.

 

Inoltre, la legge n. 47 del 2017 (articolo 13, co. 2) ha previsto che qualora un minore straniero non accompagnato, al compimento della maggiore età, pur avendo intrapreso un percorso di inserimento sociale, necessita di un supporto prolungato volto al buon esito di tale percorso finalizzato all'autonomia, il tribunale per i minorenni può disporre, anche su richiesta dei servizi sociali, con decreto motivato, l'affidamento ai servizi sociali, comunque non oltre il compimento del ventunesimo anno di età (c.d. prosieguo amministrativo). In attuazione di tale disposizione, il d.P.R. n. 191/2022 ha previsto il rilascio del permesso di soggiorno per integrazione in presenza di un decreto del tribunale per i minorenni di affidamento ai servizi sociali, per la durata fissata dall'autorità giudiziaria e comunque non oltre il compimento del ventunesimo anno di età.

 

In base alle disposizioni del TU immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, co. 1-bis e 1-ter), al compimento dei diciotto anni, i minori stranieri non accompagnati possono ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, ovvero di lavoro subordinato o autonomo (c.d. conversione del permesso di soggiorno).

Il decreto-legge n. 20/2023 (art. 4-bis) ha specificato che tale permesso può essere rilasciato “previo accertamento dell'effettiva sussistenza dei presupposti e requisiti previsti dalla normativa vigente”, nonché ha limitato ad un anno il periodo massimo di validità del permesso che può essere concesso. Il successivo decreto-legge n. 133 del 2023 (art. 6), attualmente all’esame del Parlamento per la conversione in legge, prevede che la verifica dei requisiti è demandata ai professionisti iscritti negli albi dei consulenti del lavoro, o degli avvocati e procuratori legali, o dei dottori commercialisti o dei ragionieri e periti commerciali (di cui all’art. 1 della L. 12/1979), ovvero alle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale alle quali il datore di lavoro aderisce o conferisce mandato.

Stabilisce inoltre, che il sopravvenuto accertamento dell’assenza dei requisiti determina la revoca del permesso di soggiorno e la conseguente comunicazione di ciò al pubblico ministero competente.

 

In base al TU, il permesso di soggiorno può essere rilasciato a condizione che i minori siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (ai sensi dell'articolo 52 del d.P.R. n. 394 del 1999). In tale caso, l’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero, che l'interessato (art. 32, comma 1-ter):

§  si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni;

§  ha seguito il progetto per non meno di due anni;

§  ha la disponibilità di un alloggio;

§  frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.

Con riferimento ai minori affidati o sottoposti a tutela, il rilascio del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età è subordinato al parere positivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione.

I casi per i quali la richiesta di parere alla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione non deve essere inviata (Fonte: Linee guida DG Immigrazione 24 febbraio 2017):

- per minori stranieri non accompagnati che risultino presenti in Italia da almeno tre anni, ammessi ad un progetto di integrazione sociale e civile per un periodo non inferiore a due anni;

- per minori stranieri affidati a parenti entro il 4° grado, anche se in possesso del permesso di soggiorno per minore età;

- per minori stranieri non accompagnati per i quali il Tribunale per i minorenni abbia ordinato il prosieguo amministrativo delle misure di protezione e di assistenza oltre il compimento del 18esimo anno di età;

- per minori stranieri non accompagnati che al compimento del 18esimo anno di età siano in possesso di un permesso di soggiorno per asilo, per protezione sussidiaria o per motivi umanitari.

La legge n. 47/2017 (art. 13) aveva disposto che il mancato rilascio del parere positivo da parte della Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero del Lavoro per la conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri al compimento del diciottesimo anno di età, non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso. E viene altresì previsto che il decorso del termine del procedimento sia considerato come silenzio assenso ai sensi della legge n. 241/1990 (articolo 20, commi 1, 2 e 3). Entrambe queste novità sono state dapprima abrogate dal D.L. n. 113/2018, successivamente ripristinate dal D.L. n. 130/2020 e di nuovo abrogate dal D.L. 20/2023 (art. 4-bis).

 

Diritti dei minori stranieri non accompagnati

 

Con l’intervento di sistema attuato con la legge n. 47 del 2017 si è inteso garantire la parità di trattamento dei MSNA con i minori italiani e comunitari, fissando alcuni principi, tesi a rafforzare singoli diritti in capo ai minori non accompagnati.

In particolare è riaffermato ed applicato nelle misure di accoglienza il principio del superiore interesse del minore (articolo 3 della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 1989) secondo il quale i responsabili delle decisioni che lo riguardano devono valutare i bisogni del minorenne in modo complessivo e tener conto di tali bisogni assegnando il giusto peso a ciascuno di essi quando prendono decisioni nel suo interesse. Per la valutazione dell’interesse superiore del minore occorre procedere all’ascolto del minore, tenendo conto della sua età, del suo grado di maturità e di sviluppo personale (art. 18, D.Lgs. n. 142/2015).

 

Viene inoltre estesa la piena garanzia dell'assistenza sanitaria ai minori non accompagnati, prevedendo la loro iscrizione al Servizio sanitario nazionale, che la normativa previgente considerava obbligatoria solo per i minori in possesso di un permesso di soggiorno, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, dopo il ritrovamento a seguito della segnalazione (art. 14, co. 1, L. n. 47/2017).

 

Resta comunque garantita a tutti i minori la tutela della salute, Pertanto, fino a quando non sono iscritti al SSN, i MSNA hanno comunque diritto, come gli adulti irregolarmente soggiornanti, alle cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio e ai programmi di medicina preventiva (TU immigrazione, art. 35, co. 3).

 

La legge n. 47 incentiva altresì l'adozione di specifiche misure da parte delle istituzioni scolastiche e delle istituzioni formative accreditate dalle regioni idonee a favorire l'assolvimento dell'obbligo scolastico e formativo da parte dei minori (art. 14).

 

Tutti i minori stranieri sono soggetti all’obbligo scolastico e hanno il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al soggiorno e dal possesso di documentazione anagrafica. Ai MSNA si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica (TU immigrazione, art. 38, co. 1).

 

Inoltre sono state implementate le garanzie processuali e procedimentali a tutela del minore straniero, mediante la garanzia di assistenza affettiva e psicologica dei minori stranieri non accompagnati in ogni stato e grado del procedimento (art. 15, L. n. 47/2017) e il riconoscimento del diritto del minore di essere informato dell'opportunità di nominare un legale di fiducia, anche attraverso il tutore nominato o i legali rappresentanti delle comunità di accoglienza, e di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato in ogni stato e grado del procedimento (art. 16).

La legge n. 47 del 2017 ha infine previsto una particolare tutela per i minori non accompagnati vittime di tratta (art. 17).

 

 



[1] Cfr. la comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo “La protezione dei minori migranti” (COM(2017) 211).

[2]     Considerando 8 della direttiva.

[3]     L’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali stabilisce il diritto dei minori: alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere; a esprimere liberamente la propria opinione e a che questa venga presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità; a intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al loro interesse.

[4]     L’articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo stabilisce che “in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia ha emanato commenti generali al fine di fornire una guida sull’interpretazione e l’attuazione della Convenzione. I commenti generali pertinenti del Comitato sui diritti dell’infanzia in relazione ai minori non accompagnati per quanto riguarda il principio dell’interesse superiore del minore sono, fra gli altri: il commento generale n. 12 (2009) sul diritto del bambino di essere ascoltato; il commento generale n. 14 (2013) sull’interesse superiore del minore; il commento generale n. 22 (2017) sui principi generali relativi ai diritti umani dei minori nel contesto della migrazione internazionale.

[5]     Articolo 18, paragrafo 8, “Gli Stati membri possono coinvolgere i richiedenti nella gestione delle risorse materiali e degli aspetti non materiali della vita nei centri attraverso comitati o consigli consultivi rappresentativi delle persone residenti”.

[6]     Il D.Lgs. n. 220/2017 ha spostato dal giudice tutelare al Tribunale per i minorenni la competenza ad aprire la tutela e a nominare il tutore, in modo da concentrare tutte le fasi procedimentali giurisdizionali relative ai minori stranieri non accompagnati presso uno stesso giudice.

[7]     Ai MSNA si applica la normativa generale in materia di affidamento familiare, che prevede che il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo sia affidato a una famiglia, preferibilmente con figli minori, o a una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno, in via prioritaria rispetto al collocamento in comunità o altra struttura di accoglienza (L. n. 184/1983, art. 2, co. 1 e 2).

[8]     S’intende affidato ‘di fatto' a parente entro il quarto grado (fratello/sorella, nonno/a, zio/zia, cugino/a) ai sensi dell'art. 9, co. 4 della legge 184/1983.