Modifiche allo Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia 28 giugno 2023 |
Indice |
Contenuto| |
ContenutoLa proposta di legge costituzionale (C. 976), di iniziativa del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, introduce alcune modifiche allo Statuto speciale della regione autonoma, adottato con legge costituzionale n. 1 del 1963.
L'
Procedimento modifiche statutarie
art. 116, primo comma, della Costituzione prevede che gli
statuti delle cinque Regioni ad autonomia speciale siano adottati con legge costituzionale. Ai sensi dell'art. 63 dello Statuto del Friuli-Venezia Giulia, come modificato dall'art. 5 della L. cost. 2/2001, per la modifica dello statuto speciale si applica la procedura prevista dalla Costituzione per le leggi costituzionali (art. 138 Cost.); le modificazioni allo Statuto approvate dalle Camere non sono tuttavia sottoposte a referendum nazionale, anche nell'ipotesi in cui vengano approvate a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera in seconda deliberazione. L'iniziativa, oltre che al Governo e ai parlamentari, appartiene anche al Consiglio regionale. Le suddette norme dispongono inoltre che le proposte di modificazione di iniziativa governativa o parlamentare sono trasmesse dal Governo al Consiglio regionale, che esprime il suo parere entro due mesi.
L'oggetto principale delle modifiche proposte riguarda la (re-)introduzione nello Statuto regionale della previsione di enti di area vasta, titolari di funzioni amministrative proprie e con organi ad elezione diretta, accanto ai comuni o città metropolitane e alla regione (articoli 1-2, 4-5 e 7). La disciplina di tali enti è demandata alla legge regionale. Tali proposte segnano un superamento della riforma degli enti locali attuata nel corso della XVII legislatura e culminata con l'approvazione della legge costituzionale 28 luglio 2016, n. 1, che ha modificato lo statuto della regione Friuli-Venezia Giulia sopprimendo il livello di governo delle province e delineando un assetto istituzionale che contempla solo due livelli di governo: la regione ed i comuni. Quest'ultima riforma ha introdotto nello statuto altresì il nuovo ente della Città metropolitana, equiparata al livello di governo comunale. Oltre a ciò, la proposta di legge in esame prevede:
La riforma del 2016 dello Statuto del Friuli Venezia-Giulia è stata approvata a ridosso ed in relazione all'adozione della
normativa statale di riforma degli enti di area vasta contenuta
nella legge n. 56/2014 (c.d. legge Delrio), che ha previsto l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane e ridefinito il sistema delle province, che sono diventate enti amministrativi di secondo livello ed hanno conosciuto una riduzione delle funzioni fondamentali loro attribuite (per approfondimenti si rinvia al
tema web dedicato). L'attuazione di questa nuova architettura istituzionale era legata alla approvazione del disegno di riforma costituzionale nel corso della XVII legislatura, che eliminava ogni riferimento costituzionale alle province quali enti costitutivi della Repubblica, dotati di funzioni loro proprie. Con la mancata approvazione della riforma, all'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, è restata immutata la collocazione costituzionale delle province, così come riordinate dalla legge n. 56/2014. Al contempo, il mancato perfezionamento dell'iter di riforma ha aperto
il dibattito sull'opportunità di un nuovo intervento legislativo in materia di ordinamento delle province e città metropolitane, per il quale nella scorsa legislatura è stato dapprima istituito un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 1, comma 2-ter, decreto legge n. 91 del 2018) e successivamente costituito un gruppo di studio presso il Ministero dell'interno
in vista della elaborazione di uno specifico disegno di legge in materia. Pur tuttavia, nessuna proposta di riforma è ancora giunta all'esame del Parlamento.
Come evidenziato nella relazione illustrativa, la
scelta di rivedere il sistema istituzionale delle autonomie locali in modo da fondarlo nuovamente su tre livelli di governo politico (regione, enti di area vasta e comuni) è motivato dal Consiglio regionale in relazione alla palese "necessità di mantenere un livello di decentramento delle funzioni territoriali, al fine di creare un sistema coordinato di politiche regionali e nazionale, creando articolazioni sub-regionali". Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza la proposta di legge costituzionale.
|
Le modifiche in materia di enti di area vastaCome accennato, la Enti di area vastaproposta intende delineare un nuovo assetto istituzionale che prevede tre livelli di governo in luogo degli attuali due: la regione, gli enti di area vasta ed i comuni. A tal fine, disciplina nello Statuto gli enti di area vasta, laddove la riforma costituzionale del 2016 aveva soppresso ogni riferimento alle province. Si ricorda che l'espressione "enti territoriali di area vasta" è stata utilizzata per la prima volta dalla citata legge n. 56 del 2014. Pur in mancanza di una esplicita definizione normativa, l'ente di area vasta può essere inteso quale livello di governo intermedio tra il comune e la regione, corrispondente all'ambito territoriale ritenuto ottimale per lo svolgimento di funzioni che, per il loro esercizio unitario, necessitano di una dimensione sufficientemente estesa.
In proposito è utile ricordare che la
modifica dello Statuto della regione Friuli-Venezia Giulia del 2016 rientrava nel programma di riordino del sistema delle autonomie locali della regione, già avviato nell'ottobre 2013, i cui punti qualificanti erano la soppressione delle province, la revisione delle forme associative dei comuni e la riforma della finanza locale. Per quanto riguarda la soppressione delle province, si ricorda che con la legge regionale 14 febbraio 2014, n. 2 la regione ha disciplinato l'elezione indiretta degli organi delle province. S
uccessivamente, la legge regionale 12 dicembre 2014, n. 26, poi modificata, ha riordinato il sistema Regione-Autonomie locali e disciplinato le Unioni territoriali intercomunali e la riallocazione di funzioni amministrative.
Infine la
legge costituzionale 28 luglio 2016, n. 1, di modifica dello statuto, ha soppresso il livello di governo delle province e delineato un assetto istituzionale che contempla solo due livelli di governo: la regione ed i comuni. Con la medesima riforma è stato introdotto nello statuto il nuovo ente della Città metropolitana, equiparata al livello di governo comunale. Il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità la proposta di legge costituzionale. A tal fine la legge costituzionale è intervenuta in tutti gli articoli dello statuto in cui erano presenti le province quali enti titolari di funzioni sopprimendo il termine ‘province' e, nello stesso tempo, ha affiancato alla dicitura comuni, quella della città metropolitana.
In attuazione dell'articolo 12 della legge costituzionale, con
legge regionale n. 20 del 2016 è stato regolato il procedimento di soppressione delle province (
avviato il giorno successivo alla scadenza del mandato o alla cessazione anticipata dei rispettivi organi), il trasferimento delle loro funzioni alla Regione e ai Comuni, con le corrispondenti risorse umane, finanziarie e strumentali, e la successione nei rapporti giuridici.
Riguardo alla definizione del territorio, si ricorda che in attuazione della riforma statutaria del 2016, le province, in quanto enti amministrativi, sono state soppresse, ma le rispettive circoscrizioni territoriali sono state inserite nello statuto quale elemento costitutivo della Regione ("delle attuali province di Gorizia, di Udine, di Pordenone e di Trieste"). Nel testo dello statuto del 1963 (non modificato fino al 2016) la regione Friuli-Venezia Giulia "comprende[va] i territori delle province di Gorizia e di Udine e dei comuni di Trieste, Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorlígo della Valle e Sgònico"; per ragioni storiche e amministrative, infatti, non veniva menzionata la provincia di Pordenone, istituita successivamente nel 1968, né quella di Trieste, i cui confini con il territorio della Jugoslavia vennero definiti solo con il Trattato di Osimo nel 1975.
L'Potestà legislativa regionalearticolo 1 della proposta in esame modifica l'articolo 7 dello Statuto in materia di potestà legislativa della regione. La regione, infatti, può, con legge, istituire nuovi comuni, anche nella forma di Città metropolitana e modificarne circoscrizione e denominazione, "intese le popolazioni interessate". La norma in esame aggiunge, tra gli ambiti di potestà legislativa regionale, l'istituzione di nuovi enti di area vasta e la modificazione della loro circoscrizione e denominazione, anche in questo caso "intese le popolazioni interessate".
Si ricorda che la Regione Friuli-Venezia Giulia – al pari delle altre regioni a statuto speciale - ha competenza legislativa esclusiva in materia di
ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni, così come stabilito dallo statuto all'articolo 4, lettera 1-
bis). Le norme di attuazione adottate con il decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, disciplinano la competenza regionale in merito all'ordinamento degli enti locali, le circoscrizioni, il sistema elettorale, nonché la materia della finanza locale. La regione Friuli-Venezia Giulia, infatti (come la regione Valle d'Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano) provvede interamente alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio e senza alcun apporto da parte dello Stato.
L'Funzioni amministrativearticolo 2 modifica l'articolo 11 dello Statuto, concernente l'esercizio delle funzioni amministrative da parte della regione. Il testo vigente stabilisce che i comuni, anche nella forma di città metropolitane, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge dallo Stato o dalla Regione. La regione disciplina le forme, anche obbligatorie, di esercizio associato delle funzioni in attuazione dei principi di adeguatezza, sussidiarietà e differenziazione ed assicura i finanziamenti per l'esercizio delle funzioni conferite. La modifica che si propone aggiunge al comma 1 della citata disposizione la previsione in base alla quale gli enti di area vasta sono titolari di funzioni amministrative proprie, individuate con legge regionale, e di quelle conferite con legge regionale. La disposizione riprende quanto previsto dall'articolo 118, secondo comma, della Costituzione, in base al quale le Province, insieme con i comuni e le Città metropolitane, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
L'Quota delle risorse regionaliarticolo 4 della proposta interviene sull'articolo 54 dello Statuto reintroducendo la possibilità per la Regione di assegnare agli enti di area vasta (prima della riforma del 2016, province) una quota delle entrate regionali al fine di adeguare le loro finanze al raggiungimento delle finalità e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi. La disposizione vigente già prevede tale possibilità in relazione ai comuni.
L'Ordinamento degli enti localiarticolo 5 sostituisce l'articolo 59 dello Statuto che definisce l'ordinamento degli enti locali. Il testo vigente, come modificato dalla riforma del 2016, stabilisce che sono i "comuni, anche nella forma di città metropolitane" la base dell'ordinamento degli enti locali della Regione. Essi sono enti autonomi obbligatori con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione e dallo Statuto. Il nuovo testo, secondo quanto previsto dalla proposta di legge in commento:
Riguardo le modifiche in commento, si ricorda inoltre che, per ciascuna autonomia speciale, lo statuto stabilisce funzioni e competenze della regione, delineando in tal modo i confini e i contenuti della autonomia stessa, come previsto dall'articolo 116, primo comma, della Costituzione. La definizione del territorio e la competenza legislativa primaria nell'ordinamento degli enti locali sono elementi costitutivi della autonomia, presenti nello statuto fin dalla sua prima approvazione. Sono inoltre presenti in tutti gli altri statuti delle regioni a statuto speciale. Risulterebbe invece essere la prima volta che nello statuto di una regione ad autonomia speciale viene stabilita l'elezione diretta o indiretta degli organi di un ente locale. Nel caso in esame si prevede l'elezione diretta solo degli organi di area vasta e non anche dei comuni, pertanto differenziando tra tipologie di enti locali.
In relazione al Sistema elettorale degli enti di area vastasistema elettorale degli enti di area vasta, si ricorda che la legge n. 56/2014 ha stabilito per città metropolitane e province un meccanismo elettorale di secondo grado. E' stabilito, inoltre, solo per le città metropolitane, che lo statuto possa prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano, sulla base di un sistema elettorale da disciplinarsi con legge statale, ma non ancora determinato. Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, la legge n. 56 si applica nel rispetto dell'autonomia statutaria. Pertanto, i princìpi della legge valgono come princìpi di grande riforma economica e sociale, in conformità ai rispettivi statuti, per la disciplina di città e aree metropolitane, nelle regioni Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia (art. 1, comma 5, della L. n. 56/2014). Ai principi della legge tali regioni sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti interni mentre le disposizioni sulle province non si applicano alle province autonome di Trento e di Bolzano e alla regione Valle d'Aosta (art. 1, comma 145, L. n. 56/2014).
In relazione all'applicazione della legge n. 56/2014, si ricorda che con la
sentenza n. 168 del 2018, la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire che nei principi di grande riforma economica e sociale rientrano le disposizioni sulla elezione indiretta degli organi territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014 e altre previsioni correlate. Secondo la Corte «i previsti meccanismi di elezione indiretta degli organi di vertice dei nuovi "enti di area vasta" sono, infatti, funzionali al perseguito obiettivo di semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali, nel quadro della ridisegnata geografia istituzionale, e contestualmente rispondono ad un fisiologico fine di risparmio dei costi connessi all'elezione diretta». Con la conseguenza che le regioni a statuto speciale, pur nel rispetto della loro autonomia, non possono derogarvi.
Con la citata sentenza n. 168 del 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge ordinaria della Regione Siciliana n. 17 del 2017, nella parte in cui prevedeva, tra gli altri, il suffragio universale e diretto per l'elezione del Presidente e del Consiglio del Libero Consorzio comunale (ente di area vasta con territorio corrispondente a quello di una ex circoscrizione provinciale), nonché del Sindaco e del Consiglio metropolitano.
Sempre in relazione agli orientamenti della Corte, occorre segnalare che, nella più recente
sentenza n. 240 del 2021, la Corte ha rivolto un monito al legislatore statale in merito alla designazione
ope legis del Sindaco metropolitano (che, non è una carica elettiva poiché si identifica automaticamente con il sindaco del Comune capoluogo) a differenza di quanto previsto per il presidente della Provincia, eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali del territorio. Più in generale, in tale occasione la Corte ha evidenziato la necessità di un riassetto normativo del settore, dovuta anche al fatto che la mancata abolizione delle Province, a seguito del fallimento del referendum costituzionale del 2016, ha reso «del tutto ingiustificato» il trattamento attualmente riservato agli elettori residenti nella Città metropolitana.
In relazione ai lavori legislativi in corso, si segnala infine che la Commissione Affari costituzionali del
Senato
ha avviato l'esame di alcuni
disegni di legge sul sistema di elezione nelle province (A.S. nn. 57, 203, 367, 417, 443, 459, 490 e 556). Per la gran parte, le proposte all'esame prevedono il ripristino dell'elezione a suffragio universale diretto per le province nonché l'introduzione dell'elezione diretta anche per le città metropolitane, abrogando la disciplina dell'elezione di secondo grado per gli organi provinciali e metropolitani, quale introdotta dalla legge n. 56 del 2014.
Da ultimo, l'Coordinamento con la normativa vigentearticolo 7 della proposta, con una disposizione di coordinamento finale, prevede che agli enti di area vasta, come previsti nella riforma statutaria, si applichino, in quanto compatibili, le norme di attuazione statutaria previste per gli enti locali. |
Le modifiche al numero dei consiglieri regionaliL'articolo 3 della proposta di legge interviene sull'articolo 13 dello Statuto e, analogamente a quanto previsto dalle leggi regolatrici dell'assetto istituzionale di altre regioni, stabilisce che il Consiglio regionale si componga di un numero fisso di quarantanove consiglieri, in luogo dell'attuale previsione in base alla quale il numero dei consiglieri è determinato in base alla popolazione. Come evidenziato nella relazione illustrativa, l'intenzione del Consiglio regionale è evitare che, anche alla luce del progressivo calo demografico registrato nella regione, la composizione del Consiglio regionale sia esposta al rischio di subire costanti variazioni. Il numero dei componenti del Consiglio regionale della regione Friuli-Venezia Giulia è stabilito sulla base dell'articolo 13 dello Statuto della Regione (L. cost. 1/1963, modificato con L.cost. 1/2013) in relazione alla popolazione, nella misura di un consigliere ogni 25.000 abitanti o frazioni superiori a 10.000 abitanti. Nel numero di componenti il Consiglio regionale così determinato, sono compresi il Presidente della Giunta regionale, eletto contestualmente al Consiglio e il candidato Presidente che ha ottenuto un numero di voti immediatamente inferiore a quello del candidato eletto (legge regionale n. 17 del 2007, art. 19) La popolazione di riferimento è quella risultante dall'ultima rilevazione ufficiale dell'ISTAT, "Movimento e calcolo della popolazione residente annuale", antecedente il decreto di convocazione dei comizi elettorali; in occasione delle elezioni regionali del 2 e 3 aprile 2023, la popolazione della regione considerata è stata quella al 1° gennaio 2022, pari a 1.194.647 abitanti (che coincide, in questo caso, con la popolazione legale risultante dal censimento del 2021). Applicato il calcolo prescritto nello statuto, il numero dei consiglieri è risultato essere 48, uno in meno rispetto alla consistenza del precedente Consiglio regionale, eletto nel 2018. In quella occasione infatti, la popolazione residente era pari a 1.219.191 e, conseguentemente, sono stati 49 i componenti del Consiglio regionale. Come detto la modifica proposta fissa il numero di componenti del Consiglio regionale a 49. Al fine di evitare incertezze in sede di applicazione, si valuti l'opportunità di specificare la decorrenza della modifica introdotta. Nelle altre regioni a statuto speciale ed anche nelle regioni a statuto ordinario, il numero di consiglieri è determinato in numero fisso. La sola regione Veneto ha previsto un numero di consiglieri variabile (da 19 a 60) in relazione a 5 fasce di popolazione molto ampie, da meno di 1 milione a più di 6 milioni di abitanti. Proprio per l'ampiezza del range, tuttavia, risulta difficile che si possano determinare cambiamenti nel numero di consiglieri (la popolazione risultante dal censimento 2011 era pari a 4.855.904, quella risultante dal censimento 2021 è pari a 4.847.745).
La regione Veneto, con la legge statutaria n. 1 del 2012, ha stabilito che il Consiglio regionale è composto da un numero di consiglieri determinato con un parametro di riferimento di uno ogni centomila abitanti, secondo modalità stabilite dalla legge regionale, e comunque non oltre un massimo di sessanta consiglieri (art. 34). In attuazione della disposizione statutaria, l'articolo 2 della legge elettorale regionale (L.R. n. 5 del 2012) prevede un numero di componenti del Consiglio variabile sulla base di fasce di popolazione residente risultante dall'ultimo censimento: 19 consiglieri nel caso di popolazione inferiore a 1 milione di abitanti; 29 consiglieri nel caso di popolazione inferiore a 2 milioni di abitanti; 39 consiglieri nel caso di popolazione inferiore a 4 milioni di abitanti; 49 consiglieri nel caso di popolazione inferiore a 6 milioni di abitanti; 60 consiglieri nel caso di popolazione superiore a 6 milioni di abitanti. Considerato che nel censimento 2011 (rilevante per le ultime elezioni regionali che si sono tenute nel settembre 2020) la popolazione residente nella regione è compresa fra i quattro e i sei milioni di abitanti (4.855.904), nell'attuale legislatura il Consiglio regionale del Veneto è costituito da 51 componenti (49 consiglieri, il Presidente della Giunta regionale eletto e il candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore al Presidente eletto).
La tabella a seguire mostra il rapporto tra la popolazione legale (risultante dal censimento 2021) e il numero di componenti del Consiglio regionale. Per la regione Friuli Venezia Giulia, con il numero di componenti il Consiglio pari a 49, il rapporto è pari 24.380. |
Le abrogazioniL'articolo 6 della proposta di legge costituzionale in esame mira, infine, ad espungere dallo Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia alcune norme che, secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa, risultano superate in attuazione della clausola di maggior favore di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del titolo V della parte II della Costituzione.
In proposito di ricorda che in base alla c.d.
clausola di maggior favore (art. 10, L. cost. 3/2001), per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite, le previsioni di cui alla medesima legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, sino all'adeguamento dei rispettivi statuti.
Sono, in particolare, oggetto di abrogazione l'articolo 5, numero 4), e gli articoli 29, 30 e 60 dello Statuto speciale, i quali rispettivamente prevedono:
Si ricorda che la legge costituzionale n. 3 del 2001, con l'intento di riformare i rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali secondo un principio di pari dignità, ha disposto, fra l'altro, l'abrogazione degli articoli 125, comma 1, e 130 della Costituzione, i quali disciplinavano i controlli esterni sulle regioni e gli enti locali. Tali controlli – che avevano ad oggetto gli atti amministrativi dei richiamati enti con il fine di vagliarne la legittimità nonché il merito – erano intestati, secondo una logica di tipo gerarchico, ad un "organo dello Stato", con riferimento ai controlli sugli atti regionali (articolo 125, comma 1, Cost.), e ad un "organo della regione", con riguardo a quelli sugli atti degli Enti locali (articolo 130 Cost.).
Nello specifico, l'articolo 125, comma 1, Cost. attribuiva ad un organo dello Stato (la Commissione statale di controllo) il potere di esercitare in forma decentrata il controllo di legittimità sugli atti amministrativi delle Regioni; l'articolo 130 Cost., invece, attribuiva tale potere ad un organo della Regione (il Comitato regionale di controllo) nei confronti degli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali. Entrambe le disposizioni rimettevano, infine, alla legge ordinaria la possibilità di introdurre, in casi determinati, il controllo di merito mediante richiesta motivata di riesame rivolta agli enti deliberanti.
Nella medesima ottica di valorizzazione e di parificazione dei vari livelli territoriali di governo, la citata riforma è intervenuta anche sull'articolo 127 Cost., il quale prevedeva che le leggi regionali potessero essere sottoposte a controlli di legittimità (davanti la Corte Costituzionale) o di merito (davanti il Parlamento) anteriormente alla loro pubblicazione. Secondo la sua nuova formulazione, l'articolo 127 Cost. prevede invece che, al pari di quanto stabilito per le leggi statali, anche le leggi regionali possano essere sottoposte al controllo di legittimità costituzionale solo successivamente alla loro pubblicazione, eliminando ogni riferimento ai controlli di merito. |