Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione
Riferimenti: AC N.1665/XIX
Serie: Progetti di legge   Numero: 101/3
Data: 27/04/2024
Organi della Camera: I Affari costituzionali, Assemblea

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 85/3

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 101/3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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AC0130c.docx

 


INDICE

 

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Finalità)....................................................................................... 5

§  Articolo 2 (Procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regione) 14

§  Articolo 3 (Determinazione dei LEP ai fini dell’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione)................................................................................................. 20

§  Articolo 4 (Trasferimento delle funzioni).................................................... 38

§  Articolo 5 (Princìpi relativi all'attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento)................................. 40

§  Articolo 6 (Ulteriore attribuzione di funzioni amministrative a enti locali) 44

§  Articolo 7 (Durata delle intese e successione di leggi nel tempo)............... 47

§  Articolo 8, commi 1 e 2 (Monitoraggio)...................................................... 50

§  Articolo 8, comma 3 (Corte dei conti)......................................................... 52

§  Articolo 9 (Clausole finanziarie)................................................................. 53

§  Articolo 10 (Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale).............................................................................. 56

§  Articolo 11 (Disposizioni transitorie e finali).............................................. 61

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Finalità)

 

 

L’articolo 1, comma 1, indica le finalità del disegno di legge, precisando come lo stesso sia volto a definire i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e le singole regioni previste dal medesimo terzo comma.

Il successivo comma 2 stabilisce che l’attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (LEP).

 

Più in particolare, il comma 1 dell’articolo 1 in commento stabilisce che la nuova legge - nel rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, indivisibilità e autonomia e in attuazione del principio di decentramento amministrativo e per favorire la semplificazione delle procedure, l’accelerazione procedimentale, la sburocratizzazione, la distribuzione delle competenze che meglio si conformi ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza - definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione. A seguito dell’esame al Senato,  tra le finalità rientrano anche il riferimento al rispetto dell'unità nazionale ed alla finalità di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio, nonché il riferimento al rispetto dei principi di coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all'insularità[1]. Si è poi riformulato il riferimento alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure inserendo anche quello ai principi di responsabilità e trasparenza.

Si è quindi previsto che la nuova distribuzione delle competenze dovrà essere idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussi­diarietà, differenziazione e adeguatezza (esplicitandosi in relazione a questi il rinvio all’articolo 118 della Costituzione) ed è stato, agli stessi fini, introdotto in via aggiuntiva il richiamo al principio solidaristico di cui agli articoli 2 e 5 della Costituzione. Il comma in commento è stato inoltre modificato precisando che i principi fissati dalla nuova legge riguarderanno non solo l’attribuzione ma anche la modifica e la revoca delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e che la legge medesima disciplinerà le moda­lità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione nel rispetto delle prerogative e dei regolamenti parlamentari.

Il successivo comma 2 prevede poi che l’attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, concernenti materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione, nella normativa vigente alla data di entrata in vigore della nuova legge o sulla base della procedura di cui all’articolo 3 della medesima, dei relativi livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. La disposizione precisa in via ulteriore che tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali, nonché per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali. Il comma 2, a seguito delle integrazioni del Senato, precisa anche che i diritti civili e sociali devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale “equamente”, specificando che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazione include quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali nel rispetto dell'articolo 1, comma 793, lettera d), della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (su cui si rinvia alla scheda relativa all’articolo 4) e introducendo, sempre ai fini della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, il riferimento anche all’articolo 119 della Costituzione. Si è poi esplicitato, nel secondo periodo del comma in commento, il legame fra il contenuto dei LEP e l’effettività dei predetti diritti su tutto il territorio nazionale.

 

La scelta di intervenire con legge al fine di definire i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, pur in assenza di un’espressa previsione che autorizzi tale intervento nel terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, non sembra, in linea di principio, potersi ritenere preclusa al legislatore, ferma restando ovviamente l’esigenza di valutare in modo specifico la compatibilità con il quadro costituzionale delle singole disposizioni di volta in volta considerate. Infatti, se in numerosi casi (si vedano, a titolo esemplificativo gli articoli 75, 95, 97, 111 e 137 della Costituzione) l’intervento del legislatore al fine di dare attuazione a norme costituzionali trova il suo fondamento nell’esplicito rinvio alla legge contenuto nelle medesime, ciò però non esclude che, ove lo ritenga necessario o comunque utile, il legislatore possa intervenire a tal fine anche in assenza di una specifica ed espressa previsione costituzionale in tal senso. Depone a favore di una simile conclusione il carattere generale della funzione legislativa, che abilita il legislatore ad intervenire con legge su qualsiasi ambito materiale, fatta eccezione per quelli che disposizioni costituzionali in modo tassativo riservano ad altre fonti di rango primario, secondo un’impostazione che sembrerebbe conforme alle indicazioni desumibili dalla giurisprudenza costituzionale[2].

Tale impostazione parrebbe, peraltro, sottesa anche alle considerazioni contenute nell’analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge in commento, laddove si rileva che “l'intervento normativo proposto è specificamente volto a costruire percorsi costanti e organici attorno ai processi di accesso all'autonomia differenziata di cui alle citate disposizioni costituzionali dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione … in ogni caso attestandosi sui soli segmenti della complessa procedura esulanti dalla sfera di competenza riservata all'autonomia regolamentare del Parlamento ai sensi dell'articolo 64 della Costituzione”, fermo restando che quanto rilevato con riferimento all’autonomia regolamentare delle Camere garantita dagli articoli 64 e 72[3] della Costituzione vale per qualsiasi ambito materiale riservato dalla Costituzione o da norme di rango costituzionale ad atti normativi diversi dalla legge ordinaria[4]. Del resto è in coerenza con questa ricostruzione che i commi 1 e 5 dell’articolo 2 del disegno di legge stabiliscono che sia l’iniziativa relativa all’attribuzione delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, sia l’approvazione dello schema di intesa definitivo sono deliberate da ciascuna regione secondo le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria, così da escludere l’applicabilità delle disposizioni del disegno di legge in esame anche nella sfera costituzionalmente riservata a quest’ultima. In proposito la sopra richiamata analisi tecnico normativa ribadisce, infatti, che in questo modo “è espressamente mantenuta salva, nei limiti di quanto vi competa secondo la Costituzione stessa, l'autonomia statutaria delle Regioni ai fini della definizione della posizione da rappresentare alla controparte dell'intesa, il Governo”.

Le considerazioni sopra esposte in ordine all’ammissibilità, in via generale, dell’intervento del legislatore per le finalità in questione parrebbero trovare ulteriore conferma anche in alcuni precedenti (si vedano, a titolo esemplificativo, la legge n. 219 del 1989, recante nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'articolo 90 della Costituzione,  la legge n. 140 del 2003, recante disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione, e, limitatamente ad alcuni profili oggetto della medesima, la legge n. 131 del 2003, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla riforma del titolo V della Parte seconda della Costituzione), con i quali sono state dettate con legge disposizioni di attuazione di norme costituzionali, pur in assenza di specifiche previsioni costituzionali che autorizzassero tali interventi o – è questo il caso della citata legge n. 131 del 2003 - che comunque autorizzassero tutte le misure con gli stessi adottate (si vedano in particolare gli articoli 9 e 11 della citata legge n. 131).

Per quanto attiene poi, in modo più specifico, al ricorso alla legge statale, ai fini in esame, vengono in rilievo molteplici profili attinenti alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, investendo le disposizioni del disegno di legge in commento, tra l’altro, la disciplina dell’attività di organi costituzionali dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera f)), l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera g)), la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m)[5]), le tematiche della perequazione delle risorse finanziarie (articolo 117, secondo comma, lettera e)), nonché l'organizzazione della giustizia di pace e le materie di cui alle lettere n) ed s) del secondo comma dell’articolo 117 (norme generali sull’istruzione e tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali) in quanto potenzialmente interessate dall’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi del terzo comma dell’articolo 116. Per quanto concerne poi le materie di legislazione concorrente, anch’esse tutte potenzialmente interessate dall’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, l’intervento della legge dello Stato appare comunque giustificato alla luce delle competenze a quest’ultima riconosciute, pur nei limiti di cui al terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione. Ugualmente rilevanti ai fini in esame devono inoltre ritenersi le competenze statali di cui all’articolo 119 della Costituzione[6].

Passando ad una valutazione d’insieme delle disposizioni del disegno di legge in commento, le stesse in parte risultano volte a organizzare l’esercizio di specifiche funzioni amministrative all’interno dell’apparato di governo nella fase di predisposizione ovvero in quella di attuazione delle intese (rientrando in tal modo anche nell’ambito di applicazione di alcune riserve di legge, quali in particolare quelle di cui all’articolo 97, secondo e terzo comma, e 95, terzo comma, della Costituzione), in parte rivestono carattere procedurale[7], in parte ancora sono volte a stabilire principi e limiti per la definizione del contenuto delle intese sulla base delle quali saranno adottate le leggi attributive di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Anche per quanto concerne quest’ultimo aspetto, resta fermo – in applicazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico, con riferimento innanzitutto alle disposizioni dell’articolo 15 delle preleggi[8] - che le disposizioni della futura legge di attuazione potranno essere derogate dalle singole leggi adottate successivamente ai sensi del terzo comma del citato articolo 116 sulla base delle intese concluse con le singole regioni[9]. Tale circostanza non sembra peraltro escludere che anche le previsioni volte a definire i contenuti delle intese sulla base delle quali saranno adottate le leggi predette conservino comunque un’effettiva, seppur ridotta, portata giuridica sia sul piano della valenza che le stesse rivestono ai fini della disciplina dell’attività dei soggetti che, all’interno dell’apparato di governo, partecipano alla predisposizione delle intese, sia più in generale sul piano interpretativo. Da questo punto di vista le disposizioni del disegno di legge in esame volte a definire contenuti e limiti delle leggi adottate ai sensi del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione potrebbero ritenersi assimilabili ad altre norme rinvenibili nell’ordinamento ed aventi caratteristiche analoghe (si vedano ad esempio gli articoli 13-bis, 14 e 17 della legge n. 400 del 1988, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, e gli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge n. 212 del 2000, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente). Nei casi da ultimo richiamati si è in presenza di norme disciplinanti i contenuti di leggi o atti aventi forza di legge che – in quanto adottate con legge ordinaria – possono essere derogate da leggi o atti aventi forza di legge successivi (cosa in concreto più volte avvenuta), dovendosi la loro portata giuridica ricostruire pertanto nei termini circoscritti sopra illustrati.

Restano ovviamente sottratti alle considerazioni da ultimo esposte i casi in cui la disposizione contenuta nella legge ordinaria deve intendersi riproduttiva di limiti e previsioni costituzionali, poiché in tali ipotesi la portata giuridica della disposizione discende direttamente dalla previsione costituzionale e non da quella, meramente riproduttiva, contenuta nella legge ordinaria.

 

Per quanto concerne, infine, la formulazione del comma 2 dell’articolo in commento, la stessa, nel ribadire in termini sostanziali quanto già disposto dal comma 791[10] dell’articolo 1 della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023), fissa il principio generale sulla base del quale sono, nel dettaglio, costruite le previsioni dei successivi articoli 3 e 4 e correlativamente presuppone le disposizioni concernenti il procedimento per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi da 791 a 801 dell’articolo 1 della citata legge n. 197 del 2022. Il disposto del secondo periodo del comma 2 dell’articolo – per cui i LEP “indicano la soglia costituzional­mente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi tali diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali e per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali” – rappresenta poi la trasposizione a livello legislativo di elementi contenutistici e definitori elaborati dalla giurisprudenza costituzionale[11].

Come evidenziato nell’analisi tecnico-normativa che accompagna il disegno di legge in esame, per quanto attiene alle problematiche afferenti alla determinazione dei LEP, “il quadro normativo nazionale assunto a riferimento include la legge 5 maggio 2009, n. 42 ("Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione"), e le relative disposizioni di attuazione delle numerose deleghe legislative ivi contenute, con particolare riferimento a quelle dei decreti legislativi 6 maggio 2011, n. 68 ("Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario") e 31 maggio 2011, n. 88 ("Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42")”. La richiamata analisi tecnico-normativa rileva in proposito che “… nella parte in cui conferma che l'apertura dei percorsi per la stipulazione delle intese presuppone la determinazione dei LEP nelle materie indicate dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, secondo l' articolo 1, commi da 791 a 801, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, e completa la citata disciplina, l'intervento normativo rende possibile un'alterazione degli atti già vigenti cui risulta affidata, in talune materie, la determinazione dei LEP”[12].

 

Si segnala infine che la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge rileva che dall’articolo in commento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 2
(Procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regione)

 

 

L’articolo 2 disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regione.

 

Il comma 1 prevede che sia la Regione, sentiti gli enti locali e secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria, a deliberare la richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

 

Questa previsione si pone in linea con la formulazione testuale della disposizione costituzionale citata, che per l’appunto identifica nella regione interessata l’unico soggetto titolato ad avviare il procedimento per il regionalismo differenziato, subordinatamente alla consultazione degli enti locali. Nell'ambito della propria autonomia statutaria e potestà legislativa, sarà poi la Regione stessa a individuare l'organo competente ad assumere l'iniziativa. Sulle modalità con le quali si è proceduto nei negoziati in corso con le regioni si rinvia al box nella scheda relativa all’articolo 10.

 

Tale richiesta è trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al quale compete di avviare il negoziato con la Regione interessata ai fini dell’approvazione dell’intesa. All’avvio del negoziato si procede dopo che sia stata acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell'individuazione delle necessarie risorse finanziarie da assegnare ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 42 del 2009. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta (anziché trenta, come il disegno di legge disponeva nella sua formulazione originaria), il negoziato viene comunque avviato.

 

L’articolo 14 della legge n. 42 del 2009 (recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) stabilisce infatti che, con la legge con cui si attribuiscono, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, forme e condizioni particolari di autonomia a una o più regioni, si provvede altresì all'assegnazione delle necessarie risorse finanziarie, in conformità all'articolo 119 della Costituzione e ai princìpi dalla medesima legge enunciati.

 

Con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP di cui al successivo articolo 3, il negoziato è svolto, a seguito di una modifica apportata al Senato, per ciascuna singola materia o ambito di materia e, ai fini del suo avvio, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie debbono tenere conto del quadro finanziario della Regione interessata. Prima dell'avvio del negoziato il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie da lui delegato devono informare le Camere, nonché la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dell'atto di iniziativa.

 

Il comma 2 specifica che l'atto o gli atti d’iniziativa di ciascuna Regione possono concernere una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni.

Al fine di tutelare l'unità giuridica o economica, nonché quella di indirizzo rispetto a politiche pubbliche prioritarie, il Presidente del Consiglio dei ministri, anche su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie o dei Ministri competenti per materia, a seguito di una modifica apportata al Senato, può limitare l'oggetto del negoziato ad alcune materie o ambiti di materie individuate dalla Regione nell'atto d'iniziativa.

 

Il comma 3 dispone che spetti al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di approvare lo schema di intesa preliminare negoziato tra Stato e Regione, il quale deve essere corredato da una relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009, anche ai fini di cui all’articolo 8. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessata.

 

L’articolo 17 della legge n. 196 del 2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce, al comma 3, che i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti. Alla relazione tecnica deve essere allegato un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari di ciascuna disposizione ai fini del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, del saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e dell'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 4 prevede che tale schema di intesa preliminare venga immediatamente trasmesso alla Conferenza unificata per l’espressione del parere, da rendersi entro sessanta giorni (anziché trenta, come originariamente previsto) dalla data di trasmissione.

 

L’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997 definisce la Conferenza unificata come unificazione della Conferenza Stato-città e autonomie locali e della Conferenza Stato-regioni che si riunisce, su convocazione del Presidente del Consiglio, per le materie di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane. La Conferenza è presieduta dal Presidente del Consiglio o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se l’incarico non è conferito, dal Ministro dell’interno.

 

Dopo che la Conferenza unificata abbia reso il parere e comunque una volta decorso il relativo termine, lo schema di intesa preliminare è immediatamente trasmesso alle Camere per l’esame “da parte dei competenti organi parlamentari”. Questi ultimi si esprimono al riguardo “con atti di indirizzo”, secondo i rispettivi regolamenti, entro novanta giorni (anziché sessanta, come originariamente previsto) dalla data di trasmissione dello schema di intesa preliminare, udito il Presidente della Giunta regionale interessata.

 

In proposito, si ricorda che la formulazione prevalente, quando si voglia disporre da parte di una legge il parere su uno schema di atto del Governo da parte delle commissioni parlamentari, è quella che prevede la trasmissione dello schema alle Camere “ai fini dell’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia” (in alcuni casi con l’aggiunta: “e per i profili finanziari”; si veda ad esempio, da ultimo, l’articolo 1, comma 4, della legge n 78 del 2022 concernente la delega al Governo in materia di contratti pubblici). Altre disposizioni legislative prevedono formulazioni diverse: ad esempio, la legge n. 196 del 2009 prevede che il Documento di economia e finanza (DEF) sia presentato alle Camere “entro il 10 aprile di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari” (articolo 7, comma 2, lettera a); la legge n. 234 del 2012 prevede che “prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, il Governo illustra alle Camere la posizione che intende assumere, la quale tiene conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati” (articolo 4, comma 1); la legge n. 145 del 2016 prevede che le deliberazioni del Governo sulla partecipazione dell’Italia a missioni internazionali siano “trasmesse dal Governo alle Camere che tempestivamente le discutono e, con appositi atti di indirizzo, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, autorizzano per  ciascun  anno  la  partecipazione  dell'Italia   alle   missioni internazionali,  eventualmente  definendo  impegni  per  il  Governo, ovvero ne negano l'autorizzazione” (articolo 2, comma 2). Sulla base di queste previsioni legislative sono state poste in essere procedure parlamentari che vedono una fase di esame da parte delle commissioni parlamentari seguito da una discussione in Assemblea che si conclude con l’approvazione di atti di indirizzo (per il DEF e per le deliberazioni sulle missioni internazionali) ovvero la sola discussione in Assemblea che si conclude l’approvazione di atti di indirizzo (per le comunicazioni del Governo in vista delle riunioni del Consiglio europeo).

Una formulazione invece analoga a quella adottata risulta essere quella prevista dall’articolo 7 della legge n. 234 del 2012 che prevede che sui progetti di atti dell’Unione europea nonché su ogni altra questione portata alla loro attenzione ai sensi della presente legge, i competenti organi parlamentari (e qui il riferimento appare essere alle commissioni parlamentari) possono adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo secondo le disposizioni dei regolamenti delle Camere.

 

Il comma 5 stabilisce che, valutato il parere della Conferenza unificata e sulla base degli atti di indirizzo resi dai competenti organi parlamentari – e, in ogni caso, decorsi novanta giorni –, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie predispongano lo schema di intesa definitivo, eventualmente al termine di un ulteriore negoziato con la Regione interessata, ove necessario.

L’analisi tecnico normativa sottolinea, a tale proposito, che “la norma prefigura, a sostegno della sostanza delle indicazioni provenienti da parte parlamentare, una riapertura, a cura del Governo, del negoziato con la Regione interessata, prima della deliberazione definitiva del Consiglio dei ministri e sottoscrizione del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Giunta regionale”.

Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto che, laddove il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga di non conformarsi, in tutto o in parte, agli atti di indirizzo di cui al comma 4, riferisce alle Camere con apposita relazione, nella quale fornisce adeguata motivazione della scelta effettuata.

 

Tale procedura appare richiamare quella di cui alla legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, nella quale si prevede che, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari resi sugli schemi di decreto legislativo adottati, ne ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera.

A tale riguardo merita segnalare che, mentre la presentazione di comunicazioni da parte del Governo è suscettibile di aprire un dibattito che si conclude con un voto di strumenti di indirizzo, lo stesso esito non è previsto in circostanze quali quella – di cui al disegno di legge in esame – che prevede che il Governo riferisca alle Camere con apposita relazione.

 

La formulazione della disposizione non specifica quindi, come segnalato anche dal Comitato per la legislazione, nel parere espresso nella seduta del 23 aprile 2024, se l’eventuale ulteriore negoziato avrà ad oggetto unicamente i rilievi formulati nel corso dell'esame da parte delle Camere o della Conferenza unificata ovvero potrà coinvolgere anche ulteriori aspetti e se, in questo caso, esso dovrà dar luogo ad una nuova fase di esame parlamentare.

 

Tale schema è trasmesso alla Regione interessata, che lo approva secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria, assicurando la consultazione degli enti locali.

 

Entro quarantacinque giorni (anziché trenta, come originariamente previsto) dalla comunicazione dell’approvazione da parte della Regione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, delibera lo schema di intesa definitivo e la relazione tecnica redatta ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 196 del 2009, anche ai fini del rispetto dell’articolo 8, comma 1.

 

Il comma 6 dispone che, insieme allo schema di intesa definitivo, e sempre su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Consiglio dei Ministri delibera un disegno di legge di approvazione dell’intesa, della quale quest’ultima costituisce un allegato. Alla seduta del Consiglio dei Ministri per l’esame dello schema di disegno di legge e dello schema di intesa definitivo partecipa il Presidente della Giunta regionale.

 

Il comma 7 prevede che, dopo essere stata approvata dal Consiglio dei ministri, l’intesa definitiva è immediatamente sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Giunta regionale.

 

Il comma 8 stabilisce che il disegno di legge di approvazione dell’intesa e la medesima intesa allegata sono immediatamente trasmessi alle Camere per la deliberazione, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il quale configura quella in questione come un a legge rinforzata, prescrivendo che ciascuna Camera la approvi a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

 

Quanto all’individuazione dell’ambito di intervento della legge di approvazione dell’intesa, occorre ricordare che, in virtù di quanto previsto dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, tale legge è approvata «sulla base di intese fra lo Stato e la regione interessata». Gli ampi margini interpretativi che questa formulazione presenta consentono di escludere soltanto che il disegno di legge possa prescindere dalla sottoscrizione delle intese, mentre hanno determinato incertezze sulla possibilità o meno per il Parlamento di modificare la legge di approvazione dell’intesa.

In una prima fase, alcuni hanno ritenuto che la disposizione citata debba essere interpretata nel senso che alla legge spetti il mero recepimento dei contenuti dell'intesa. Si tratta, in particolare, di un orientamento che è stato recepito dagli accordi preliminari sottoscritti tra il Governo e le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il 28 febbraio 2018, i quali operano un espresso richiamo alla procedura di approvazione della legge di disciplina dei rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose acattoliche che, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, deve avvenire, per l’appunto, «sulla base di intese», le quali non possono essere emendate dal Parlamento.

Anche il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva «sull'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, con particolare riferimento alle recenti iniziative delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna», condotta dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali nella XVII legislatura e approvato all'unanimità nella seduta del 6 febbraio 2018, nel dar conto dei contributi della dottrina forniti in quella procedura informativa, aveva inquadrato la legge attributiva della maggiore autonomia come «legge in senso formale, vincolata all'intesa precedentemente raggiunta tra Governo e Regione».

Successivamente le posizioni sono divenute maggiormente articolate, come dimostra il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva svolta nella XVIII legislatura dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali, documento approvato all’unanimità nella seduta del 12 luglio 2022.

Le diverse posizioni in materia sono state confermate anche nei cicli di audizioni svolti al Senato e alla Camera sul disegno di legge in esame.

Articolo 3
(Determinazione dei LEP ai fini dell’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione)

 

 

L’articolo 3, sostituito nel corso dell’esame in Senato, delinea la procedura per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, la quale ruota intorno al potere del Governo di adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, uno o più decreti legislativi, i cui schemi sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materie, nonché di quelle competenti per i profili finanziari.

La nuova formulazione dell’articolo 3 specifica, altresì, quali sono, tra le materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, quelle in riferimento alle quali i predetti decreti legislativi provvederanno alla determinazione dei LEP.

L’articolo demanda a tali decreti legislativi, inoltre, la determinazione delle procedure e delle modalità operative per il monitoraggio dell’effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni.

L’articolo prevede, altresì, che i LEP siano periodicamente aggiornati con D.P.C.M., sui cui relativi schemi sono acquisiti i pareri della Conferenza unificata, nonché delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

Nelle more dell’entrata in vigore dei suddetti decreti legislativi, si prevede che continuino ad applicarsi, ai fini della determinazione dei LEP nelle materie suscettibili di autonomia differenziata, le disposizioni previste dalla legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 791 a 801-bis). È fatta comunque salva la determinazione dei LEP operata ai sensi della procedura prevista dalla legge di bilancio 2023 (che prevede che la determinazione dei LEP sia effettuata con D.P.C.M.) alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall’articolo in esame.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, modificato nel corso dell’esame in Senato, stabilisce, in particolare, che, ai fini dell’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – il quale delinea le coordinate fondamentali della procedura per l’accesso delle Regioni ordinarie a ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di legislazione concorrente e alcune materie attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato – per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (LEP) il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, sulla base dei principi e criteri direttivi stabiliti dall’articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023).

 

La procedura che contempla il conferimento al Governo del potere di adottare uno o più decreti legislativi per l’individuazione dei LEP, ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione, è frutto delle modifiche intervenute al Senato.

La formulazione originaria della disposizione prevedeva, invece, che i livelli essenziali delle prestazioni, nonché i relativi costi e fabbisogni standard – questi ultimi non più contemplati nella formulazione emendata del comma 1 – fossero determinati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 791 a 801, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023), nelle materie o negli ambiti di materie indicati con legge.

 

I LEP e l’autonomia differenziata: il procedimento delineato dalla legge di bilancio 2023, articolo 1, commi 791-801-bis

 

La legge di bilancio 2023 (commi 791-801 della legge n. 197 del 2022) ha delineato un procedimento per l'approvazione in tempi ravvicinati dei LEP concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale nelle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nel tentativo di instaurare un collegamento finalistico diretto tra la determinazione dei LEP e l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata. Tale procedura è stata espressamente finalizzata, infatti, all'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario, al superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni, alla garanzia di uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, nonché all'equa ed efficiente allocazione delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

L’attribuzione alle Regioni ordinarie di tali ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, nelle materie di cui all’art. 116, comma 3, Cost., è stata espressamente subordinata alla previa determinazione dei relativi LEP, la cui opera di definizione si configura, pertanto, quale passaggio necessario affinché si possa procedere alla stipula delle intese tra lo Stato e le singole Regioni per la realizzazione della loro autonomia differenziata.

A tal fine la legge di bilancio 2023 ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia per la determinazione dei LEP, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituita dai Ministri coinvolti nel percorso di realizzazione dei LEP per i profili di competenza, dai Ministri competenti nelle materie volta per volta chiamate in causa, dai Presidenti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'UPI e dell'ANCI.

Sono stabiliti, altresì, i compiti e gli obiettivi che la Cabina di regia è chiamata a conseguire, nonché le tempistiche di svolgimento delle attività ad essa affidate, le procedure di realizzazione di tali attività e le forme e modalità di interazione con le amministrazioni competenti nelle materie coinvolte e con la Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Si prevede, in particolare, che la Cabina di regia, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2023, effettui, per ciascuna delle materie di cui all’art. 116, comma 3, Cost.: una ricognizione della normativa statale vigente; una ricognizione della spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio; l’individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai LEP; la determinazione dei LEP sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

Successivamente, entro sei mesi dalla conclusione di tali attività, la Cabina di regia è tenuta a predisporre uno o più schemi di D.P.C.M. con cui sono determinati i LEP e i correlati costi e fabbisogni standard nelle materie suscettibili di autonomia differenziata. Ciascun D.P.C.M. è adottato su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Sullo schema di decreto è inoltre acquisita l’intesa della Conferenza unificata.

Per l'ipotesi in cui la Cabina di regia non riesca a concludere le proprie attività nei termini stabiliti, si prevede la nomina di un Commissario, per il completamento delle attività non perfezionate. Sulla base dell’istruttoria e delle proposte del Commissario, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie propone l’adozione di uno o più schemi di D.P.C.M., conformemente alla procedura sopra richiamata.

La legge di bilancio 2023 ha previsto, infine, una Segreteria tecnica presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, quale struttura di supporto alla Cabina di regia per la determinazione dei LEP. All’attività della segreteria tecnica partecipano un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni competenti per le materie di cui all’art. 116, terzo comma, Cost., nonché un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, uno dell’UPI e uno dell’ANCI. La Segreteria tecnica è stata istituita con decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie del 28 marzo 2023.

La Cabina di regia – e, se nominato, il Commissario – possono comunque avvalersi del Nucleo PNRR Stato-Regioni, previsto dall’art. 33 del decreto-legge n. 152 del 2021.

 

Il Comitato tecnico scientifico con funzioni istruttorie per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni

 

A seguito dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2023 e dell’entrata in funzione della Cabina di regia istituita ai sensi dell’art. 1, commi 791 ss. di tale legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2023 si è proceduto all’istituzione del Comitato tecnico scientifico con funzioni istruttorie per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (CLEP), incaricato di fornire supporto alla Cabina di regia per le esigenze di studio e approfondimento tecnico delle questioni relative all’attività volta alla determinazione dei LEP.

La composizione del CLEP è stata stabilita dall’articolo 3 del citato D.P.C.M., il quale ha conferito l’incarico di Presidente del Comitato al Prof. Sabino Cassese e ha previsto 61 componenti (l’elenco iniziale dei membri del CLEP è disponibile a questo link). Nel corso dei lavori del Comitato si sono dimessi 11 suoi componenti e ne sono stati nominati 6 nuovi.

Il CLEP si è insediato in data 9 maggio 2023. Nel corso della prima seduta del Comitato si è proceduto alla costituzione, al suo interno, di 10 sottogruppi, ciascuno dei quali incaricato di funzioni di studio e istruttorie riferite alla individuazione dei LEP in alcune materie tra quelle suscettibili di autonomia differenziata ai sensi dell’art. 116, terzo comma, Cost.

Successivamente, si è proceduto all’istituzione di un undicesimo sottogruppo, al quale è stato attribuito il compito di analizzare – sempre ai fini dell’eventuale individuazione dei LEP – tutte le materie ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 116, terzo comma, Cost.

I sottogruppi hanno proceduto, anzitutto, all’individuazione delle materie o degli ambiti di materie e delle correlate funzioni riferibili ai LEP, nel perimetro delle materie potenzialmente oggetto di attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni ordinarie. Sulla base di questa attività, svolta dai sottogruppi, sono state escluse le materie per le quali non è emersa la necessità di determinare i LEP. Si tratta delle materie non configurabili come prestazioni in favore dei cittadini; delle materie non associabili alla tutela dei diritti civili e sociali; delle materie che non contemplano spazi di autonomia legislativa e funzioni amministrative tali da esigere la determinazione di LEP.

Successivamente, il Comitato ha stabilito i criteri e gli indirizzi sulla base dei quali individuare e redigere i livelli essenziali delle prestazioni.

In particolare, il Comitato ha individuato, nel corso dei suoi lavori, tre tipologie principali di LEP:

 

-       a beneficio individuale (es. interventi per gli alunni delle scuole con disabilità);

-       a beneficio collettivo (es. qualità dell’aria);

-       relativi a regole e vincoli nazionali (es. piani paesaggistici).

All’esito dell’attività di quasi tutti i sottogruppi, il CLEP ha redatto un Rapporto finale, trasmesso al Ministro per gli affari regionali e le autonomie e successivamente presentato dal Presidente del Comitato, Prof. Cassese, nel corso della sua audizione presso la Commissione Affari costituzionali del Senato svoltasi in data 14 novembre 2023.

Il Rapporto finale risulta articolato in tre parti.

La prima parte, di carattere introduttivo:

-       illustra metodi e i criteri dei lavori svolti in materia di individuazione dei LEP nelle materie di cui all’art. 116, terzo comma, Cost.;

-       ricostruisce la nozione di “livelli essenziali delle prestazioni”, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale sviluppatasi in materia;

-       ricostruisce il complesso degli atti (normativi di rango primario, normativi di rango secondario e amministrativi generali) che già oggi provvedono alla determinazione o alla ricognizione dei livelli essenziali delle prestazioni in alcune delle materie o degli ambiti di materie interessati;

-       analizza alcuni dei principali problemi posti dall’attività di determinazione dei LEP, con particolare riguardo al problema della loro misurabilità, su cui l’orientamento del Comitato è stato nel senso di non limitarsi alla individuazione dei LEP misurabili attraverso la determinazione di parametri quantitativo-numerici, ma di indicare, altresì, quei LEP che non risultano attualmente provvisti di un criterio di misura.

La seconda parte contiene le relazioni relative alle proposte di LEP elaborate e analizzate da alcuni dei sottogruppi in cui il Comitato si è articolato, con la formulazione di osservazioni ed eventuali soluzioni alternative da sottoporre alla valutazione del decisore politico. A queste relazioni si abbinano, inoltre, tavole sinottiche allegate che, in relazione a ciascuna materia, espongono analiticamente le proposte di LEP formulate dai sottogruppi del Comitato.

La terza parte, infine, raccoglie tutti i documenti preparatori e i contributi di singoli membri del CLEP, al fine di esporre gli strumenti istruttori di cui il Comitato si è avvalso.

 

Si rileva che, per effetto di quanto previsto dalla formulazione del comma 1 come modificata al Senato, i commi da 791 a 801-bis della legge di bilancio 2023 vengono qualificati ex post, da una norma di pari grado, come disposizioni recanti principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega legislativa, cui il Governo dovrà conformarsi in sede di adozione dei predetti decreti legislativi.

Viene quindi in rilievo una delega per relationem, in cui la norma di legge che delega il Governo all’esercizio della funzione legislativa rimanda ad un altro atto normativo primario per la determinazione dei principi e criteri direttivi. Al riguardo, si rileva, come segnalato anche dal Comitato per la legislazione, nel parere reso sul provvedimento nella seduta del 23 aprile 2024, che i commi da 791 a 801-bis dell’art. 1 della legge di bilancio 2023 hanno un contenuto prevalentemente organizzativo e procedurale, in quanto delineano la procedura per l’emanazione di una fonte secondaria – i D.P.C.M. – presentati da una Cabina di regia a tale scopo istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, oppure, nel caso in cui la Cabina di regia non riesca a concludere la sua attività nei tempi stabiliti, da un Commissario appositamente nominato. Al tempo stesso, nell’ambito di questa procedura si prevede, al comma 793, che tra i compiti della Cabina di regia sia ricompreso:

·        effettuare, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, con riferimento alle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione una ricognizione della normativa statale e delle funzioni esercitate dallo Stato e dalle regioni a statuto ordinario nonché una ricognizione della spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio;

·        individuare le materie o gli ambiti di materie che sono riferibili ai LEP, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard;

·        determinare i medesimi LEP nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente e sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard ed elaborate con l’ausilio della società SOSE Spa in collaborazione con l’ISTAT e con il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO).

 

In proposito si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 158 del 1985, ha chiarito che "le direttive, i principi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della delega, sì da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalità che l'hanno determinata, ma, dall'altro, devono consentire al potere delegato la possibilità di valutare le particolari situazioni giuridiche da regolamentare. In particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalità, inidonee o insufficienti ad indirizzare l'attività normativa del legislatore delegato". La più recente sentenza n. 166 del 2023 ha poi rilevato che “la legge delega è dunque fondamento e limite del potere legislativo delegato; essa, se, da una parte, non deve contenere enunciazioni troppo generali o comunque non idonee ad indirizzarne l’attività, dall’altra, può essere abbastanza ampia da preservare un margine di discrezionalità, e un corrispondente spazio entro il quale il Governo possa agevolmente svolgere la propria attività di “riempimento” normativo, la quale è pur sempre esercizio delegato di una funzione “legislativa” essendo il legislatore delegato chiamato «a sviluppare, e non solo ad eseguire, le previsioni della legge di delega”. Al tempo stesso, in linea generale, la Corte ammette che i principi e criteri direttivi possano essere ricavati per implicito (sentenza n. 48 del 1986) o essere enucleati, per relationem ad altri atti normativi purché sufficientemente specifici (sentenze nn.156 del 1987 e 87 del 1989).

 

Il nuovo comma 2, inserito durante l’esame al Senato, delinea il procedimento di adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, il quale si articola nei seguenti passaggi, qui sintetizzati in forma schematica:

a)     gli schemi di ciascun decreto legislativo sono presentati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie;

b)     su tali schemi di d. lgs. è acquisito il concerto dei Ministri competenti, in base alle materie rispetto alle quali ciascuno schema provvede alla determinazione dei LEP;

c)      sui medesimi schemi è acquisito, altresì, il previo parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d. lgs. n. 281 del 1997;

d)     gli schemi di d. lgs. sono quindi trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, nonché di quelle competenti per i profili finanziari; queste si pronunciano entro il termine di 45 giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato, se il parere non è reso;

e)      nel caso in cui il parere approvato dalle suddette Commissioni parlamentari indichi specificamente talune disposizioni come non conformi ai principi e criteri direttivi previsti dal presente articolo, il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. La nuova formulazione del comma 2, terzo periodo, a seguito delle modifiche intervenute in Senato, fa dunque riferimento ai “principi e criteri direttivi di cui al presente articolo”, nel quale rientra il predetto comma 1, il quale stabilisce a sua volta che i decreti legislativi sono adottati dal Governo “sulla base dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”;

f)      le Commissioni competenti per materia – nonché quelle competenti per i profili finanziari, a seguito dell’approvazione, al Senato, di una modifica volta a coordinare quest’ultima fase procedurale con quella descritta alla precedente lettera d) – possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro 20 giorni dall’assegnazione di queste ultime;

g)     decorso tale ultimo termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.

 

Si rammenta che la precedente formulazione del comma 2, integrando il procedimento definito dai commi da 791 a 801-bis della legge di bilancio 2023, prevedeva che, dopo l’acquisizione dell’intesa della Conferenza unificata sugli schemi di D.P.C.M. di determinazione dei LEP (art. 1, comma 796, legge n. 197 del 2022, ora non più previsti), e comunque decorso il termine di trenta giorni per tale acquisizione, ciascuno schema di D.P.C.M. fosse trasmesso alle Camere per l’espressione del parere entro 45 giorni dalla data di trasmissione. Su questo punto, l’originario comma 2 contemplava, pertanto, un coinvolgimento delle Camere nel procedimento di adozione dei D.P.C.M. ai quali era affidata inizialmente la determinazione dei LEP; coinvolgimento non previsto, invece, dai commi precedentemente menzionati della legge di bilancio 2023.

Si prevedeva, altresì, che il Presidente del Consiglio dei ministri, valutato il contenuto dell’intesa della Conferenza unificata e del parere delle Camere, e comunque una volta decorso il termine di 45 giorni per l’espressione del parere dei due rami del Parlamento, potesse procedere all’adozione del D.P.C.M., previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

 

Il nuovo comma 3, inserito nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che nelle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – vale a dire, le materie suscettibili di attribuzione alle Regioni in attuazione della autonomia differenziata, mediante il procedimento contemplato dal medesimo art. 116 – i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale sono determinati nelle seguenti materie o ambiti di materie:

-   Norme generali sull'istruzione;

-   Tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali;

-   Tutela e sicurezza del lavoro;

-   Istruzione;

-   Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;

-   Tutela della salute;

-   Alimentazione;

-   Ordinamento sportivo;

-   Governo del territorio;

-   Porti e aeroporti civili;

-   Grandi reti di trasporto e di navigazione;

-   Ordinamento della comunicazione;

-   Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;

-   Valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.

 

Delle materie o ambiti di materie sopra elencati, le prime due (norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali) sono attribuite dall’articolo 117, comma 2 della Costituzione alla legislazione esclusiva dello Stato (si tratta, rispettivamente, delle lettere n) e s)) e costituiscono 2 delle 3 materie di competenza legislativa esclusiva statale che possono essere attribuite alle Regioni ai sensi dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione.

Si segnala, al riguardo, che la materia “organizzazione della giustizia di pace”, attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.) e anch’essa suscettibile di attribuzione all’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, era stata inserita nell’elenco di cui al comma 3 nel corso dell’esame al Senato, per poi essere espunta a seguito dell’approvazione di un emendamento soppressivo durante l’esame in Assemblea.

Tutte le successive materie rientrano, invece, tra le materie attribuite dall’articolo 117, comma 3 della Costituzione alla legislazione concorrente, nelle quali la potestà legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Si precisa, peraltro, che non tutte le materie di legislazione concorrente sono state incluse, nel comma 3 in esame, tra le materie o gli ambiti di materie rispetto alle quali deve procedersi alla determinazione dei LEP. Rimangono infatti escluse dall’opera di determinazione dei LEP affidata ai decreti legislativi di cui al comma 1, in particolare, le seguenti materie di legislazione concorrente:

-         rapporti internazionali e con l’Unione europea;

-         commercio con l’estero;

-         professioni;

-         protezione civile;

-         previdenza complementare e integrativa;

-         coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

-         casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;

-         enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

 

Potrebbe quindi desumersi che la mancata inclusione delle suddette materie tra quelle richiamate al comma 3 sia dovuta ad una valutazione relativa alla mancanza di necessità di procedere, con riguardo ad esse, alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.

In secondo luogo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 791, ultimo periodo, della legge di bilancio 2023, “l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, relative a materie o ambiti di materie riferibili, ai sensi del comma 793, lettera c), del presente articolo, ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni”.

L’esclusione delle suddette materie dalla procedura di determinazione dei LEP potrebbe astrattamente comportare la possibilità di procedere, limitatamente a queste, all’avvio dei negoziati tra ciascuna Regione interessata e lo Stato, senza attendere – come prescritto dalla legge di bilancio 2023 – la previa determinazione dei LEP medesimi. Trattandosi di norme contenute in fonti di pari grado, opererebbe l’ordinario criterio della successione delle leggi nel tempo, in base al quale la lex posterior derogat priori.

La possibilità di procedere sin da subito all’avvio dei negoziati, limitatamente alle materie di competenza concorrente non incluse nel comma 3, andrebbe valutata anche alla luce della nuova versione dell’articolo 2 del disegno di legge in esame – “Procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regione”, alla cui scheda di lettura si rinvia per maggiori dettagli – la quale prevede espressamente che il negoziato tra lo Stato e la Regione interessata sia “svolto per ciascuna singola materia o ambito di materia”, ma “con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP di cui all’articolo 3”. Requisito, quest’ultimo, che non ricorrerebbe per le materie di competenza concorrente escluse dall’elenco di cui all’articolo 3.

 

Il nuovo comma 4, inserito al Senato, stabilisce che i decreti legislativi di cui all’articolo in esame definiscono le procedure e le modalità operative per monitorare l'effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione. Per ciascuna delle Regioni che hanno sottoscritto intese ai sensi dell’articolo 2 del disegno di legge in esame, in relazione alle materie o ambiti di materie oggetto di intesa, l’attività di monitoraggio è svolta dalla Commissione paritetica di cui all’articolo 5, comma 1 – alla cui scheda di lettura si rinvia per un approfondimento – sulla base di quanto previsto dalle rispettive intese. La Commissione paritetica riferisce annualmente sugli esiti del monitoraggio alla Conferenza unificata.

 

Il nuovo comma 5, anch’esso inserito al Senato, prevede che la Conferenza unificata, sulla base degli esiti della suddetta attività di monitoraggio dell’effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei LEP, adotta, sentito il Presidente della regione interessata, le necessarie raccomandazioni rivolte alle Regioni interessate, al fine di superare le criticità riscontrate nel corso del monitoraggio.

Si fa salvo, in ogni caso, l’esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il quale prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.

 

Il nuovo comma 6, introdotto al Senato, prevede che il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie trasmetta una relazione annuale alle Camere sull’esito delle procedure di monitoraggio previste dall’articolo in esame.

 

Il nuovo comma 7, introdotto nel corso dell’esame in Senato, prevede che i LEP possano essere periodicamente aggiornati, in coerenza e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, anche al fine di tenere conto della necessità di adeguamenti tecnici conseguenti al mutamento del contesto socioeconomico o dell’evoluzione della tecnologia.

L’aggiornamento periodico dei LEP è demandato a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati su proposta dei Ministri competenti, di concerto il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie e il Ministro dell’economia e delle finanze.

Si prevede espressamente che tali D.P.C.M. possano essere adottati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

Sugli schemi di D.P.C.M. è acquisito il parere della Conferenza unificata, da rendere entro 20 giorni, decorsi i quali gli stessi schemi di decreto sono trasmessi alle Camere per il relativo parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che deve essere espresso nel termine di 30 giorni, decorso il quale i decreti possono essere adottati.

 

Il comma in esame prevede, dunque, per il successivo aggiornamento periodico dei LEP precedentemente determinati con i decreti legislativi di cui al comma 1, l’intervento della fonte secondaria del D.P.C.M., configurando, in tal modo, una delegificazione implicita della disciplina dei LEP nelle materie elencate al precedente comma 3, la quale si attiverebbe una volta che tali livelli essenziali fossero determinati una prima volta dai suddetti decreti legislativi.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 17 della legge n. 400 del 1988, norma cardine in materia di disciplina del potere regolamentare del Governo e di definizione delle diverse tipologie di regolamenti governativi, stabilisce, al comma 2, che per la disciplina delle materie non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, le leggi della Repubblica possano autorizzare l’esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinando le norme generali regolatrici della materia e disponendo l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dalla entrata in vigore delle predette norme regolamentari.

Tali regolamenti (cd. di “delegificazione”) sono emanati, sempre ai sensi del citato art. 17, comma 2:

-         con decreto del Presidente della Repubblica (il quale emana i regolamenti, ai sensi dell’art. 87, comma 5, della Costituzione);

-         previa deliberazione del Consiglio dei ministri;

-         sentito il Consiglio di Stato;

-         previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, chiamate a pronunciarsi entro 30 giorni dalla richiesta.

La disposizione appare prefigurare quindi, come segnalato anche dal Comitato per la legislazione, nel parere espresso sul provvedimento nella seduta del 24 aprile 2024, una forma di delegificazione diversa da quella prevista dall’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988.

 

Il procedimento delineato dal comma 7 si differenzia, inoltre, da quello previsto dai commi 791 e seguenti della legge di bilancio 2023, il quale, pur simile, prevede la deliberazione del Consiglio dei ministri sugli schemi di D.P.C.M. predisposti dalla Cabina di regia per i LEP.

 

Il nuovo comma 8, introdotto al Senato, stabilisce che, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, secondo le modalità di cui all’articolo 1, commi 793 e 796, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023), i costi e i fabbisogni standard sono determinati e aggiornati con cadenza almeno triennale con uno o più D.P.C.M.

 

Il nuovo comma 9 precisa che, nelle more dell’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dall’articolo in esame, continuano ad applicarsi, ai fini della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nelle materie suscettibili di autonomia differenziata, le citate disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge di bilancio 2023.

 

Il nuovo comma 10 stabilisce che è fatta salva la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, svolta ai sensi del menzionato articolo 1, commi da 791 a 801-bis, della legge di bilancio 2023, alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dal presente articolo.

 

Il comma 11 – corrispondente al comma 3 della versione originaria dell’articolo come modificato al Senato, prevede, infine, che qualora, successivamente alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa tra lo Stato e la singola Regione, in materie oggetto della medesima, i LEP, con il relativo finanziamento, siano modificati o ne siano determinati ulteriori, la Regione e gli enti locali interessati sono tenuti all’osservanza di tali livelli essenziali nel rispetto dell’articolo 119, quarto comma, della Costituzione, ai sensi del quale le risorse derivanti dai commi precedenti del medesimo art. 119 della Costituzione – vale a dire: tributi ed entrate propri; compartecipazioni al gettito dei tributi erariali riferibili al rispettivo territorio; risorse erogate, dal fondo perequativo istituito con legge dello Stato e senza vincoli di destinazione, ai territori con minore capacità fiscale per abitante – consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

Il richiamo al rispetto dell’art. 119, quarto comma, della Costituzione, introdotto nel corso dell’esame nell’Assemblea del Senato, ha sostituito la precedente formulazione dell’ultimo inciso del comma 11, la quale subordinava l’osservanza, da parte delle Regioni e degli enti locali, dei nuovi LEP, in caso di modifica o integrazione di questi ultimi, alla corrispondente revisione delle risorse relative ai suddetti LEP, secondo le modalità stabilite dal successivo articolo 5 del disegno di legge in esame.

 

La Relazione illustrativa al disegno di legge A.S. 615, presentato in Senato, precisava che il riferimento agli enti locali nella norma di cui al comma 3 è stato inserito in accoglimento di proposte contenute nel parere espresso dalla Conferenza unificata sul disegno di legge in esame, nella seduta del 2 marzo 2023.

 

Al fine di meglio inquadrare l’articolo 3, si riporta di seguito un approfondimento sulla disciplina dei LEP nel quadro costituzionale, legislativo e amministrativo italiano, con riguardo anche al tema della connessione della determinazione dei LEP e dei costi e fabbisogni standard con il processo di attuazione del cd. “federalismo fiscale”, nonché al tema del rilievo del processo di definizione dei LEP nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

 

I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali

 

I livelli essenziali delle prestazioni (LEP) costituiscono il nucleo di prestazioni da erogare in modo uniforme sul territorio nazionale al fine di garantire la tutela dei diritti civili e sociali. Tale esigenza di uniformità ha indotto, in sede di riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, ad attribuire espressamente la potestà legislativa relativamente alla loro definizione alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera m) Cost.).

La giurisprudenza costituzionale ha chiarito (v., recentemente, la sentenza n. 220 del 2021) che i LEP indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivi tali diritti (nello stesso senso anche le sentenze n. 142 del 2021 e n. 62 del 2020).

L’art. 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) ha demandato alla legge statale la determinazione dei LEP. Fino a tale nuova determinazione, si sarebbero considerati i LEP già fissati in base alla legislazione statale.

L’art. 13 del d. lgs. n. 68 del 2011 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) ha delineato, inoltre, un procedimento per la definizione, il finanziamento e l’attuazione dei LEP, basato sulle seguenti fasi:

 

§   indicazione, da parte della legge statale, delle modalità di determinazione dei LEP da garantirsi su tutto il territorio nazionale e contestuale determinazione delle macroaree di intervento, ciascuna delle quali omogenea per tipologia di servizi offerti, indipendentemente dal livello di governo erogatore;

§   determinazione, per ciascuna macroarea di intervento, dei costi e dei fabbisogni standard, nonché delle metodologie di monitoraggio e valutazione dell’efficienza e appropriatezza dei servizi offerti;

§   proposizione da parte del Governo, nell’ambito del disegno di legge di stabilità (oggi confluito nella legge di bilancio) o con apposito disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, previo parere della Conferenza unificata, di norme volte a realizzare l’obiettivo della convergenza verso i LEP dei costi e fabbisogni standard dei livelli di governo, nonché degli obiettivi di servizio;

§   ricognizione con DPCM, d’intesa con la Conferenza unificata e previo parere delle Commissioni di Camera e Senato competenti per i profili di carattere finanziario, dei LEP nelle materie dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale, nonché la ricognizione dei livelli adeguati del servizio di trasporto pubblico locale.

 

Numerose norme statali hanno provveduto, nel tempo, all’individuazione dei LEP nelle materie di competenza concorrente e in quelle di competenza esclusiva che potrebbero rientrare nelle intese Stato-Regione per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Alcune di queste norme sono state adottate anche al di fuori dell’iter di cui all’art. 13 del d. lgs. n. 68 del 2011. Si possono distinguere, a tal riguardo:

 

§   Norme che hanno determinato direttamente i LEP, senza necessità di ulteriori interventi attuativi da parte di fonti normative. Si tratta spesso di norme di carattere procedimentale, quali, ad esempio, quelle individuate dall’art. 29, commi 2-bis e 2-ter della legge n. 241 del 1990 – introdotti dall’art. 10 della legge n. 69 del 2009 – in materia di obblighi della pubblica amministrazione relativamente ad alcuni istituti e diritti dei soggetti interessati nell’ambito del procedimento amministrativo;

§   Norme che hanno rinviato ad altre fonti, in particolare a decreti legislativi, a DPCM o a decreti ministeriali. In linea generale, si ricorre ai decreti legislativi quando si intende conferire valore di norma di rango primario a LEP la cui definizione non richiede disposizioni di carattere eccessivamente tecnico; è il caso, ad esempio, dei LEP in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale (individuati con i d. lgs. n. 59 del 2004, nn. 76 e 77 del 2005, n. 226 del 2005), o del reddito di inclusione (ReI), introdotto come LEP da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale dal d. lgs. n. 147 del 2017, in attuazione della delega di cui alla legge n. 33 del 2017. Il ricorso alla fonte secondaria prevale, invece, quando occorre procedere a un’individuazione dettagliata e puntuale delle prestazioni da erogare. È il caso, ad esempio, dei livelli essenziali di assistenza (LEA) in materia sanitaria, individuati dal DPCM 29 novembre 2001, aggiornato, da ultimo, con DPCM 12 gennaio 2017;

§   Norme che hanno previsto prestazioni non espressamente configurate dal legislatore come LEP, ma individuate ex post come tali in sede interpretativa. Si tratta, ad esempio, del caso dei criteri di assegnazione delle case popolari, definite dalla Corte costituzionale come LEP nella sentenza n. 121 del 2010.

 

Più recentemente, l’art. 1, comma 159, della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) ha fornito una definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) – sottoinsieme della più ampia categoria dei LEP, analogamente ai menzionati LEA – come gli interventi, i servizi, le attività e le prestazioni integrate che la Repubblica assicura con carattere di universalità su tutto il territorio nazionale per garantire qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione, prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di svantaggio e di vulnerabilità. Il successivo comma 160 ha previsto che, al fine di garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell’offerta integrata dei LEPS sul territorio, nonché di concorrere all’attuazione degli interventi previsti dal PNRR nell’ambito delle politiche per l’inclusione e la coesione sociale, i LEPS sono realizzati dagli ambiti territoriali sociali (ATS) di cui all’art. 8, comma 3, lettera a) della legge n. 328 del 2000 (legge non attuata che all’art. 22 definiva le aree delle prestazioni sociali che costituiscono LEP).

I successivi commi 167 e 169 della legge di bilancio 2022 hanno stabilito, infine, che rispettivamente con DPCM e con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali siano, nel primo caso, determinate le modalità attuative dei LEPS per le persone anziane non autosufficienti e, nel secondo caso, definiti i LEPS negli altri ambiti del sociale individuati dall’art. 22 della legge n. 328 del 2000.

 

Determinazione dei LEP, attuazione del federalismo fiscale, definizione dei fabbisogni e costi standard

 

Uno dei principali fattori di criticità riscontrati nel percorso attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale è consistito proprio nell’assenza di una precisa individuazione dei LEP. In proposito, si è osservato che la determinazione dei LEP richiede un’assunzione di responsabilità politica circa gli effetti prodotti sugli equilibri di bilancio, anche per quanto concerne l’individuazione degli obiettivi e degli ambiti di riduzione delle risorse impiegate, a parità di obiettivo.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 220 del 2021, ha richiamato il legislatore a superare il perdurante ritardo nella definizione dei LEP, che rappresentano un elemento imprescindibile dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali.

A regime, in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009, la spesa relativa ai LEP dovrà essere finanziata integralmente mediante compartecipazione all’IVA (art. 15 d. lgs. n. 68 del 2011) e, in caso di insufficienza del gettito tributario, attraverso l’attribuzione agli enti locali di quote di risorse perequative finanziate dalla fiscalità generale, dedicate alla perequazione integrale delle funzioni fondamentali dei Comuni.

Come stabilito dalla legge n. 42 del 2009, vi è un rapporto diretto tra il processo di definizione e finanziamento dei LEP e la determinazione dei fabbisogni e dei costi standard da riconoscere agli enti territoriali – vale a dire, l’ammontare di risorse necessarie all’erogazione delle prestazioni e i relativi costi. Attraverso la loro definizione, infatti, è possibile individuare l’impatto sulla finanza regionale derivante dall’erogazione dei LEP che siano già stati individuati; si accerta l’adeguatezza delle risorse a disposizione delle Regioni per il finanziamento dei LEP; si consente una integrazione di tali risorse, ove insufficienti, mediante il fondo perequativo statale; è possibile operare successive integrazioni delle stesse prestazioni da includere nel novero dei LEP.

In assenza di un’opera organica di determinazione dei LEP, tuttavia, la definizione dei fabbisogni standard si è finora basata sostanzialmente sui livelli storici di copertura dei servizi, sebbene, per alcune funzioni, il livello storico non sempre risulti coerente con la tutela dei diritti civili e sociali. L’attività di definizione dei fabbisogni e dei costi standard è finalizzata, infatti, a superare il più semplice criterio della spesa storica, che riflettendo, inevitabilmente, i preesistenti squilibri tra le diverse Regioni, può rivelarsi meno equo in un’ottica di garanzia uniforme dei diritti civili e sociali.

Allo stato attuale – come è stato recentemente sottolineato dalla Commissione tecnica sui fabbisogni standard – i fabbisogni standard nelle materie diverse da quella sanitaria non sono stati ancora delineati, in ragione, soprattutto, delle notevoli difficoltà tecniche e pratiche legate all’attività di raccolta e analisi delle informazioni sulle prestazioni erogate e sulle spese sostenute nelle varie Regioni, oltre alla circostanza che l’attuazione del federalismo fiscale in ambito regionale si trova ancora a uno stadio iniziale.

 

Un percorso di graduale avvicinamento ai LEP: gli Obiettivi di servizio

 

Al fine di individuare un percorso di convergenza ai livelli essenziali delle prestazioni e dei costi e fabbisogni standard dei vari livelli di governo, la legge n. 42 del 2009 e il citato art. 13 del d. lgs. n. 68 del 2011 hanno tracciato un percorso di graduale avvicinamento ai LEP, con la fissazione di obiettivi intermedi, denominati obiettivi di servizio. Tale approccio attenua le tensioni sugli equilibri di bilancio inevitabilmente prodotte dalla definizione dei LEP, garantendo un assorbimento più graduale delle maggiori esigenze di spesa, laddove emergano.

Un intervento in questo senso è stato compiuto con la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) che, incrementando la dotazione del Fondo di solidarietà comunale al fine di finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali e il numero di posti disponibili negli asili nido, ha integrato i criteri e le modalità di riparto delle quote incrementali del Fondo per servizi sociali e asili nido. La legge ha previsto, in particolare, l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione degli obiettivi di servizio, dando luogo, per la prima volta dall'introduzione dei fabbisogni standard, a un superamento del vincolo della spesa storica complessiva della funzione sociale, stanziando risorse aggiuntive vincolate al raggiungimento degli obiettivi di servizio e compiendo un passo in avanti nel percorso di avvicinamento ai livelli essenziali delle prestazioni. Gli obiettivi di servizio in materia di servizi sociali sono stati individuati con la nota metodologica della Commissione tecnica sui fabbisogni standard del 16 giugno 2021 e adottati con DPCM 1° luglio 2021.

 

Il rilievo del processo di definizione dei LEP nel PNRR

 

Da ultimo, la centralità dell’opera di determinazione dei LEP in determinati settori, ai fini della piena attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è stata recentemente evidenziata dalla stessa Corte costituzionale, la quale, proprio nella citata sentenza n. 220 del 2021, ha sottolineato come tale adempimento, da parte del legislatore, appaia “particolarmente urgente anche in vista di un’equa ed efficiente allocazione delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.

Il PNRR contempla la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per alcuni dei principali servizi alla persona, a partire dagli asili nido in modo da aumentare l'offerta delle prestazioni di educazione e cura della prima infanzia. Al riguardo nella Missione 4, Componente 1, Investimento 1.1, sono stanziati 4,6 miliardi di euro fino al 2026 per finanziare il Piano per asili nido e scuole dell'infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia.

Si ricorda, infine, che il PNRR italiano prevede, nell’ambito della Missione 1, Componente 1, la “riforma del quadro fiscale subnazionale” (Riforma 1.14), la quale consiste nel completamento del federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009, con l’obiettivo di migliorare la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo, assegnare le risorse alle amministrazioni subnazionali sulla base di criteri oggettivi e incentivare un uso efficiente delle risorse medesime. La riforma, da completare entro il primo trimestre del 2026 (M1C1-119), dovrà definire in particolare i parametri applicabili e attuare il federalismo fiscale per le regioni a statuto ordinario e per le province e le città metropolitane. Pertanto, la determinazione dei LEP e dei relativi fabbisogni e costi standard dovrà avvenire necessariamente entro tale termine.

 

Sul punto, si rinvia, per approfondimenti, al tema web curato dal Servizio Studi della Camera dei deputati.

 


 

Articolo 4
(Trasferimento delle funzioni)

 

 

L’articolo 4, modificato nel corso dell’esame al Senato, stabilisce i princìpi per il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, attinenti a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP, che può avvenire soltanto dopo la determinazione dei LEP medesimi e dei relativi costi e fabbisogni standard e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio – precisazione quest’ultima inserita nel corso dell’esame al Senato.

Qualora dalla determinazione dei LEP derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è previsto che possa procedersi al trasferimento delle funzioni solo dopo l’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie. Tali risorse – dispone la norma a seguito di una modifica introdotta dal Senato – sono volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale, ivi comprese le regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra regioni, coerentemente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio.

Per le funzioni relative a materie o ambiti di materie diverse da quelle riferibili ai LEP, il trasferimento può essere effettuato nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.

 

In particolare, il comma 1 disciplina il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP, stabilendo che a tale trasferimento si può procedere soltanto successivamente alla determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, ai sensi del precedente articolo 3 (alla cui scheda si rinvia), e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio – precisazione quest’ultima inserita nel corso dell’esame al Senato.

Il trasferimento è effettuato secondo le modalità e le procedure di quantificazione individuate dalle singole intese. L’operazione è finanziariamente neutrale, in quanto il trasferimento delle funzioni è operato con riferimento alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili al momento dell’atto di conferimento delle funzioni dalle Amministrazioni centrali interessate per materia alle Regioni con cui è stata conclusa l’intesa.

Qualora dalla determinazione dei LEP dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il comma 1 precisa che al trasferimento delle funzioni si potrà procedere soltanto successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle necessarie risorse finanziarie. Le suddette risorse, come specificato al Senato, sono volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale, ivi comprese le regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra regioni, coerentemente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio, nel rispetto dell’articolo 9 del disegno di legge in esame (recante le clausole finanziarie del disegno di legge, per un approfondimento delle quali si rinvia alla relativa scheda di lettura) e dell’articolo 1, comma 793, lettera d), della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio 2023).

La norma da ultimo richiamata ha stabilito che la Cabina di regia per la determinazione dei LEP, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, determina i LEP, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, dell’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009), in materia di copertura finanziaria delle leggi, e, comunque, nell'ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, predisposte secondo il procedimento e le metodologie di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b), c), e) ed f) del decreto legislativo n. 216 del 2010 ed elaborate con l'ausilio della società Soluzioni per il sistema economico – SOSE Spa, in collaborazione con l'Istituto nazionale di statistica e con la struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle regioni e delle province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) delle regioni.

 

Riguardo al trasferimento delle funzioni relative a materie o ambiti di materie diversi da quelli riferibili ai LEP, il comma 2 stabilisce, infine, che questo può essere effettuato – con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie – nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente, secondo le modalità, le procedure e i tempi indicati nelle singole intese, a partire dalla data di entrata in vigore della legge.


 

Articolo 5
(Princìpi relativi all'attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento)

 

 

L’articolo 5, modificato al Senato, disciplina la istituzione di una Commissione paritetica Stato–Regione-Autonomie locali, con il compito di formulare proposte per l’individuazione dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l'esercizio da parte della Regione delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia oggetto di conferimento. I criteri di determinazione di tali beni e risorse, così come le modalità di finanziamento delle suddette funzioni dovranno essere definiti nell’ambito dell’intesa tra Stato e Regione disciplinata dall’articolo 2 del disegno di legge. Il finanziamento dovrà, comunque, essere basato sulla compartecipazione regionale ad uno o più tributi erariali.

 

In particolare il comma 1, modificato nel corso dell’esame al Senato, stabilisce, in primo luogo, che i criteri per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l'esercizio da parte della Regione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono stabiliti nell’intesa Stato-Regione di cui all’articolo 2 del disegno di legge in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia per un approfondimento).

La concreta determinazione dei suddetti beni e risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative è operata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e i Ministri interessati per materia.

 

La proposta di determinazione dei beni e delle risorse necessari è definita nell’ambito di una Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali sulla base dei predetti criteri stabiliti dall’intesa.

La norma in esame determina la composizione della Commissione paritetica, così definita a seguito delle modifiche introdotte al Senato, che hanno integrato la composizione della Commissione con i rappresentanti degli enti locali.

Per lo Stato, la Commissione paritetica è composta da:

-         un rappresentante del Ministro per gli affari regionali e le autonomie

-         un rappresentante del Ministro dell'economia e delle finanze

-         un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni competenti.

Per la Regione, fanno parte della Commissione i corrispondenti rappresentanti regionali.

Per gli enti locali, fanno parte della Commissione un rappresentante dell’ANCI per i comuni e un rappresentante dell’UPI per le province e le città metropolitane.

Viene, inoltre, stabilito che in tutti i casi in cui si debba procedere alla determinazione delle risorse umane, la Commissione paritetica sente i rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

 

Gli ultimi due periodi del comma 1 specificano, infine, che ai membri della Commissione non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati, e che per il funzionamento della stessa si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Si ricorda che, nell’ambito degli ordinamenti delle Regioni a statuto speciale individuate dall’art. 116, primo comma della Costituzione, ciascuno statuto speciale disciplina oggetto e procedimento di formazione delle norme di attuazione, in riferimento al quale un ruolo fondamentale è rivestito dalla Commissione paritetica.

Le differenze tra una regione e l'altra concernono quasi esclusivamente la composizione della Commissione paritetica e i poteri della Commissione in ordine alla formazione del testo della norma di attuazione. Al di là delle differenze formali, di fatto le commissioni paritetiche sono l'organo collegiale nel quale il testo della norma di attuazione si forma attraverso una concertazione continua su tutti gli aspetti di rilievo.

La disciplina statutaria di riferimento è costituita:

per la Regione Valle d'Aosta, dalla legge cost. n. 4 del 1948, articolo 48-bis;

per la Regione Trentino-Alto Adige, dal d.P.R. n. 670 del 1972, articoli 107, 108, 109;

per la Regione Friuli-Venezia Giulia, dalla legge cost. n. 1 del 1963, articolo 65;

per la Regione siciliana, dal R.D.Lgs. n. 455 del 1946, articolo 43;

per la Regione Sardegna, dalla legge cost. n. 3 del 1948, articolo 56.

 

Il comma 2 riguarda le modalità di finanziamento delle funzioni conferite.

La norma indica come fonte di finanziamento la compartecipazione regionale ad uno o più tributi erariali maturati nel territorio della regione; mentre per l’individuazione dei tributi e per la disciplina specifica la norma rinvia all’intesa di cui all’articolo 2 del disegno di legge in esame, alla base del conferimento di funzioni.

Le quote di compartecipazione ai tributi erariali maturati nel territorio regionale costituiscono la principale entrata tributaria delle regioni a statuto speciale e anche il connotato più forte dell'autonomia finanziaria. Per ciascuna di esse, com’è noto, ogni statuto elenca le imposte erariali delle quali una quota percentuale è attribuita alla regione, le aliquote eventualmente differenziate per ciascun tipo di imposta, la base di computo, le modalità di attribuzione; alcune specificazioni di dettaglio sono rimesse poi alle norme di attuazione.

Per le regioni a statuto ordinario, invece, il sistema di finanziamento è quello precedente al decreto legislativo n. 68 del 2011 di attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. L’attuazione del nuovo regime, basato sul superamento del sistema dei trasferimenti erariali e della perequazione basata sulla spesa storica, è stata rinviata più volte e da ultimo la legge di bilancio per il 2023 (legge n. 197 del 2022, art. 1, comma 788) ha fissato la data del 2027 (o del 2026, nel caso si dovessero realizzare le condizioni previste dal decreto legislativo n. 118 del 2011 per l’attuazione appunto del federalismo fiscale). La data del 2027 è coerente con quanto previsto nel PNRR, che prevede un’unica milestone per l’attuazione del federalismo fiscale regionale, da realizzare entro il primo quadrimestre dell’anno 2026 (M1C1-119, nell’ambito della Riforma 1.14, Riforma del quadro fiscale subnazionale). Entro aprile 2026 occorrerà quindi aver definito il quadro normativo di riferimento, per ciò che concerne sia la legislazione primaria sia quella secondaria.

Si ricorda infine che, secondo il nuovo regime, le fonti di finanziamento delle regioni per l’erogazione dei LEP nelle materie della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale (per la spesa di parte capitale) dovranno essere costituite da entrate di tipo tributario (opportunamente rimodulate ed eventualmente perequate) ed entrate proprie. Ciò significa che dovrà essere completamente superato il sistema dei trasferimenti erariali e della perequazione basata sulla spesa storica.

 

La cornice normativa citata dalla norma in esame, nel rispetto della quale l’intesa è tenuta a operare, è quella del principio contabile della copertura delle leggi di spesa di cui all’art. 17 della legge n. 196 del 2009, nonché del principio costituzionale recato dall’articolo 119, quarto comma, Cost., a norma del quale le risorse derivanti dai tributi ed entrate propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio e dalle risorse ricevute a titolo di perequazione generale, senza vincolo di destinazione, consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

 

Per le procedure di modifica delle aliquote di compartecipazione successivamente all’approvazione dell’intesa si rinvia alla scheda sull’articolo 8, commi 1 e 2.

 


 

Articolo 6
(Ulteriore attribuzione di funzioni amministrative a enti locali)

 

 

L’articolo 6, comma 1, sostituito nel corso dell’esame al Senato, prevede che le funzioni amministrative trasferite alla Regione in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione sono attribuite, dalla Regione medesima, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie, ai Comuni, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitana e Regione, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Il successivo comma 2 stabilisce che restano, in ogni caso, ferme le funzioni fondamentali degli enti locali, con le connesse risorse umane, strumentali e finanziarie, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, come definite dalla normativa vigente.

 

Il comma 1, sostituito al Senato, prevede che le funzioni amministrative trasferite alla Regione in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione sono attribuite, dalla Regione medesima, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie, ai Comuni, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitana e Regione, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Il successivo comma 2 stabilisce che restano, in ogni caso, ferme le funzioni fondamentali degli enti locali, con le connesse risorse umane, strumentali e finanziarie, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.

 

Ai fini in esame vengono specificamente in rilievo le previsioni di cui al primo e al secondo comma del citato articolo 118 della Costituzione che prevedono rispettivamente che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.” E che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”[13].

 

Per quanto riguarda il comma 2 dell’articolo in esame, si rammenta che le funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, sono attualmente individuate dalle disposizioni di cui all’articolo 19 del decreto legge n. 95 del 2012[14], le funzioni fondamentali delle province sono individuate dalle disposizioni di cui ai commi 85 e 86 dell’articolo 1 della legge n. 56 del 2014[15] e le funzioni fondamentali delle città metropolitane sono individuate dalle disposizioni di cui al comma 44 dell’articolo 1 della medesima legge n. 56 del 2014[16].

Articolo 7
(Durata delle intese e successione di leggi nel tempo)

 

 

L’articolo 7, modificato al Senato, al comma 1, del disegno di legge disciplina innanzitutto la durata delle intese, che ciascuna di esse dovrà individuare comunque in un periodo non superiore a dieci anni. Si prevede inoltre che, con le medesime modalità previste per la loro conclusione, le intese possono essere modificate su iniziativa dello Stato o della Regione interessata e che ciascuna intesa potrà prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che l’iniziativa di modificare le intese può essere adottata anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere secondo i rispettivi regolamenti.

Il successivo comma 2 prevede il rinnovo dell’intesa alla scadenza, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione manifestata almeno dodici mesi prima, mentre il comma 3, sostituito nel corso dell’esame al Senato, prevede che ciascuna intesa individui, in un apposito allegato, le disposizioni di legge statale che cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, con l’entrata in vigore delle leggi regionali attuative dell’intesa.

Il comma 4 dell’articolo in commento prevede poi che la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, il Ministero dell’economia e delle finanze o la Regione possono disporre, anche congiuntamente, verifiche e monitoraggi sugli aspetti concernenti il raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni.

Il comma 5 stabilisce, infine, che le disposizioni statali successive alla data di entrata in vigore delle leggi di approvazione di intese sono tenute a osservare le competenze legislative e l’assegnazione delle funzioni amministrative e le ulteriori disposizioni contenute nelle intese.

 

Il comma 1 stabilisce, innanzitutto, che ciascuna intesa di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione indica la propria durata, comunque non superiore a dieci anni. L’articolo dispone poi che le intese possano essere modificate, con le medesime modalità previste nell’articolo 2 per il loro perfezionamento, su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, “anche sulla base – è stato specificato al Senato – di atti di indirizzo adottati dalle Camere secondo i rispettivi regolamenti”.

In proposito, si segnala che comunque, come rilevato anche dal Comitato per la legislazione, nel parere espresso sul provvedimento nella seduta del 23 aprile 2024, gli atti di indirizzo delle Camere potranno presumibilmente essere alla base dell’iniziativa dello Stato di modificare l’intesa e non di quella della regione.

 

Il comma 1 precisa anche che ciascuna intesa potrà prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che ciascuna intesa dovrà anche indicare “i tempi” con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia.

Inoltre, al Senato, la disposizione è stata integrata nel senso di prevedere che la cessazione dell’intesa può essere sempre deliberata in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

 

In proposito, si ricorda che il secondo comma dell’articolo 120 della Costituzione prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

 

In ogni caso, lo Stato quando ricorrono motivate ragioni a tutela della coesione e solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla Regione sulla base del monitoraggio previsto dall’articolo 8, dell’obbligo di garantire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP), dispone la cessazione integrale o parziale dell’intesa che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere.

Ai sensi del successivo comma 2, alla scadenza del termine di durata, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno dodici mesi prima della scadenza.

 

Per quanto concerne le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, si ricorda che il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione non contiene riferimenti né alla durata delle intese né conseguentemente alle modalità di modifica o di cessazione nel corso della sua durata, né infine alle modalità di rinnovo.

Come si è più volte ricordato, nel disciplinare in termini generali il trasferimento di competenze nell’ambito del cd. “regionalismo differenziato”, la disposizione costituzionale fa riferimento alla sola iniziativa regionale e a una legge di approvazione a maggioranza assoluta sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata.

Il testo in esame prevede invece anche l’iniziativa dello Stato per la modifica, la cessazione o il rinnovo delle intese già concluse a approvate con la legge di cui al terzo comma dell’art. 116 Cost. e che ciascuna intesa potrà prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Va a questo proposito ricordato che la previsione di speciali maggioranze per l’approvazione delle leggi, in deroga a quanto previsto dall’art. 64 della Costituzione, richiede di norma una fonte di rango costituzionale.

 

Il comma 3, come sostituito al Senato, prevede che ciascuna intesa individui in apposito allegato le disposizioni di legge statale che cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, con l’entrata in vigore delle leggi regionali attuative dell’intesa.

Nel testo originario si disponeva invece, con formulazione diversa, che ciascuna intesa doveva individuare i casi in cui le disposizioni statali vigenti nelle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, continuano ad applicarsi nei relativi territori fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali disciplinanti gli ambiti oggetto dell’intesa.

Il comma 4 prevede poi che la Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, il Ministero dell’economia e delle finanze o la Regione possono disporre, anche congiuntamente, verifiche su specifici profili o settori di attività oggetto dell’intesa con riferimento alla garanzia del raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, nonché il monitoraggio degli stessi. A tal fine i predetti soggetti ne concordano le modalità operative.

 

Infine, in base al comma 5, le disposizioni statali successive alla data di entrata in vigore delle leggi di approvazione di intese sono tenute a osservare le competenze legislative e l’assegnazione delle funzioni amministrative e le ulteriori disposizioni contenute nelle intese.

 


 

Articolo 8, commi 1 e 2
(Monitoraggio)

 

 

L’articolo 8 prevede, ai commi 1 e 2, procedure di monitoraggio da parte della Commissione paritetica degli aspetti finanziari connessi all’attuazione dell’intesa.

In particolare, il comma 1 prevede una valutazione annuale degli oneri per la Regione derivanti dall’esercizio delle funzioni trasferite; gli esiti della valutazione sono riferiti alla Conferenza unificata e alle Camere. 

Il comma 2 prevede invece una ricognizione dell’allineamento tra fabbisogni di spesa e andamento del gettito dei tributi oggetto di compartecipazione; in caso di disallineamento si prevede che il Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e d’intesa con la Conferenza unificata, su proposta della Commissione paritetica, adotti le necessarie variazioni. Il comma 2 prevede anche che sulla base dei dati del gettito effettivo dei tributi a consuntivo si proceda, di anno in anno alle conseguenti regolazioni finanziarie.

 

Il comma 1 dell’articolo 8 riproduce la previsione contenuta al comma 5 dell’articolo 7 del disegno di legge originario. Essa prevede che la Commissione paritetica di cui all’articolo 5 debba procedere annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna Regione interessata, dall’esercizio delle funzioni e dall’erogazione dei servizi connessi alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, secondo quanto previsto dall’intesa, in coerenza con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e, comunque, garantendo l’equilibrio di bilancio. La Commissione paritetica informa la Conferenza Unificata degli esiti della valutazione degli oneri finanziari.

Rispetto al comma 5 dell’articolo 7 del disegno di legge originario la disposizione è stata integrata unicamente con la previsione che la Commissione paritetica informi anche le Camere.

 

A tal proposito si ricorda – rinviando per approfondimenti alla pertinente scheda di lettura – che l’articolo 3, comma 4, della proposta in esame attribuisce alla Commissione paritetica il compito di monitorare che in ciascuna Regione venga effettivamente garantita l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione.

 

Il comma 2 dell’articolo 8 attribuisce alla Commissione paritetica anche il compito di provvedere annualmente alla ricognizione dell’allineamento tra i fabbisogni di spesa già definiti e l’andamento del gettito dei tributi oggetto di compartecipazione da parte della Regione per il finanziamento delle medesime funzioni in attuazione dell’intesa per il regionalismo differenziato. Se la ricognizione fa emergere uno scostamento, il Ministro dell’economia adotterà le necessarie variazioni delle aliquote di compartecipazione definite nell’intesa. Ciò avverrà di concerto con il Ministro per gli affari regionali e d’intesa con la (rectius, dal punto di vista della formulazione: “previa intesa in sede di”) Conferenza unificata, nonché su proposta della medesima Commissione paritetica.

In proposito, si segnala che, come rilevato anche dal Comitato per la legislazione, nel parere reso nella seduta del 23 aprile 2024, non risulta specificato l’atto con il quale il Ministro dell’economia procederà alla variazione delle aliquote di compartecipazione, atto che peraltro, sembra desumersi, potrebbe modificare uno dei contenuti dell’intesa recepita con legge approvata a maggioranza assoluta dalle Camere (infatti, l’articolo 5, comma 2, stabilisce che l’intesa individua le modalità finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale)”.

 

 

Inoltre, il comma 2 prevede anche che sulla base dei dati relativi al gettito dei tributi oggetto di compartecipazione rilevati a consuntivo, si procede di anno in anno alle conseguenti regolazioni finanziarie relative alle annualità decorse, sempre nei limiti delle risorse disponibili.

 


 

Articolo 8, comma 3
(Corte dei conti)

 

 

L’articolo 8, comma 3, introdotto al Senato, stabilisce che la Corte dei conti riferisca annualmente alle Camere sui controlli effettuati, con riferimento in particolare alla verifica della congruità degli oneri finanziari conseguenti al trasferimento di competenze nell’ambito del regionalismo differenziato rispetto agli obiettivi di finanza pubblica e al rispetto del principio dell’equilibrio di bilancio ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione.

 

L’articolo specifica che questo avverrà nell’ambito delle relazioni al Parlamento di cui all’articolo 3, comma 6, della legge n. 20 del 1994, il quale prevede che la Corte dei conti riferisca almeno annualmente al Parlamento e ai consigli regionali sugli esiti dei controlli sulla gestione effettuati sulle amministrazioni regionali.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge n. 20 del 1994, nell’esercizio del controllo successivo sulla gestione delle amministrazioni pubbliche (di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993), la Corte dei conti è chiamata a verificare la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione, accertando la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge.

La finalità perseguita attraverso questo tipo di controllo è, dunque, quella di verificare l’economicità, l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa, e di dare, in caso di giudizio negativo, alle amministrazioni controllate delle indicazioni utili a consentirgli di migliorare la propria azione.

 


 

Articolo 9
(Clausole finanziarie)

 

 

L’articolo 9 reca, al comma 1, la clausola di invarianza finanziaria con riferimento all’attuazione della presente legge e di ciascuna intesa che ne derivi. Il comma 2 dispone che il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto delle norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi e degli equilibri di bilancio. Il comma 3, come sostituito nel corso dell’esame al Senato, garantisce, per le singole Regioni che non siano parte delle intese, l’invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all’articolo 119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione. Il comma garantisce, inoltre, l’invarianza dell’entità e della proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all’attuazione dei LEP, nonché la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Il comma 4, introdotto al Senato, mantiene fermo il concorso anche delle Regioni che hanno sottoscritto le intese agli obiettivi di finanza pubblica derivanti dall’attuazione della normativa nazionale e dell’Unione europea.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, dall’applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Nella relazione tecnica, il Governo precisa che quanto previsto potrà essere riscontrato nel procedimento di attuazione delle singole intese, trattandosi di una disposizione volta ad orientare le future attività negoziali nonché il futuro legislatore. In particolare, tale risultato discende dall’assenza di disposizioni di spesa, non occorrendo cioè verificare se queste ultime siano presenti, ma generino un saldo positivo o almeno non negativo grazie all’operare congiunto con contestuali disposizioni di risparmio. È astrattamente possibile, invece, che si generino oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica per effetto della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e dei relativi costi e fabbisogni standard. Premesso che si tratta di un processo che, per un verso, precede le singole iniziative di accesso ad assetti di autonomia differenziata e le trascende sul piano degli obiettivi, che sono più generali (con particolare riferimento al “pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni” esplicitato dall’articolo 1, comma 2, dell’intervento normativo); e che, per altro verso, esso è toccato solo in misura molto limitata dal disegno di legge proposto, in quanto già quasi completamente disciplinato, sul piano procedimentale, dalle citate disposizioni della legge di bilancio per l’anno 2023, s’intendono pienamente applicabili all’esigenza di finanziamento di tali nuovi o maggiori oneri i meccanismi contemplati in via generale dall’articolo 17 della legge n. 196 del 2009 (si veda la ricostruzione seguente), dunque in piena conformità con le disposizioni costituzionali in materia di copertura finanziaria delle leggi di cui all’articolo 81, terzo comma, della Costituzione, fermo restando il rispetto degli equilibri di bilancio.

 

Il comma 2 dispone che, fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, comma 1 (si veda la relativa scheda), il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto dell’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009), e degli equilibri di bilancio.

 

Si rammenta che il menzionato articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica reca la disciplina della copertura finanziaria delle leggi. In particolare, prevede che, in attuazione dell'articolo 81 della Costituzione, ciascuna legge che comporti nuovi o maggiori oneri indica espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa, provvedendo alla contestuale copertura finanziaria dei medesimi oneri ai sensi del presente comma. L’articolo fornisce anche un elenco esaustivo delle modalità di copertura utilizzabili e disciplina il meccanismo di copertura delle leggi di delega e dei decreti legislativi.

 

Il comma 3, come sostituito al Senato, stabilisce che, per le singole Regioni che non siano parte delle intese approvate con legge in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, è garantita l’invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all’articolo 119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione. Le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l’entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all’attuazione dei LEP di cui all’articolo 3. È comunque garantita la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

 

L’articolo 119 della Costituzione, al terzo comma prevede che la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Ai sensi del quinto comma, invece, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Il sesto comma del medesimo articolo 119, infine, dispone che la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità.

 

Il comma 4, introdotto al Senato, mantiene ferma, al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, la possibilità di prevedere, anche per le Regioni che hanno sottoscritto le intese, ai sensi dell’articolo 2, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, tenendo conto delle vigenti regole di bilancio e delle relative procedure, nonché di quelle conseguenti al processo di riforma del quadro della governance economica avviato dalle istituzioni dell’Unione europea.

 

Ai sensi dell’articolo 9 (Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali), comma 5, della legge n. 243 del 2012, nel rispetto dei principi stabiliti dalla medesima legge, al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, la legge dello Stato, sulla base di criteri analoghi a quelli previsti per le amministrazioni statali e tenendo conto di parametri di virtuosità, può prevedere ulteriori obblighi a carico delle regioni, dei comuni, delle province, delle città metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica del complesso delle amministrazioni pubbliche.

 

 


 

Articolo 10
(Misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale)

 

 

L’articolo 10 stabilisce, al comma 1, come modificato nel corso dell’esame al Senato, misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione, della solidarietà sociale individuando anche alcune fonti per le relative risorse. Il comma 2, inserito al Senato, precisa che trova comunque applicazione la normativa volta ad assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, anche nel quadro dell’attuazione della milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativa alla Riforma del quadro fiscale subnazionale.

Il comma 3, modificato nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che il Governo debba informare le Camere e la Conferenza unificata circa le attività poste in essere ai sensi del comma 1 del presente articolo.

 

In particolare, il comma 1, come modificato nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che, al fine di garantire l’unità nazionale nonché la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, dell’insularità, della rimozione degli squilibri economici e sociali e del perseguimento delle ulteriori finalità di cui all’articolo 119, quinto e sesto comma, della Costituzione, anche nei territori delle Regioni che non concludono le intese, lo Stato, in attuazione dell’articolo 119, commi terzo e quinto, della Costituzione, promuove l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti dallo Stato e dalle amministrazioni regionali e locali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione, previa ricognizione delle risorse allo scopo destinabili.

 

Si rammenta che, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Il secondo comma elenca le materie rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, tra le quali figurano, alla lettera m) la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; e alla lettera p) la legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.

 

Il comma 1 in esame provvede quindi ad elencare una serie di fonti, non esclusive, di risorse destinabili agli scopi di cui sopra, e in particolare:

a)      l’unificazione delle diverse fonti aggiuntive o straordinarie di finanziamento statale di conto capitale, destinate alla promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, alla rimozione degli squilibri economici e sociali, all’eliminazione del deficit infrastrutturale tra le diverse aree del territorio nazionale, ivi compreso quello riguardante il trasporto pubblico locale e i collegamenti con le isole, e al perseguimento delle ulteriori finalità di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, semplificando e uniformando le procedure di accesso, di destinazione territoriale, di spesa e di rendicontazione, al fine di garantire un utilizzo più razionale, efficace ed efficiente delle risorse disponibili, e salvaguardando, al contempo, gli specifici vincoli di destinazione, ove previsti, nonché la programmazione già in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Resta comunque ferma la disciplina del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 88 del 2011;

 

Si rammenta che il FSC è, congiuntamente ai Fondi strutturali europei, lo strumento finanziario principale attraverso cui vengono attuate le politiche per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale e la rimozione degli squilibri economici e sociali in attuazione dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana e dell'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Per il ciclo di programmazione 2021-2017, il Fondo è stato rifinanziato per 73,5 miliardi di euro. Per un’illustrazione delle risorse e della disciplina del FSC, si rinvia alla relativa pagina di documentazione della Camera dei deputati nonché alla relativa pagina del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

b)     l’unificazione delle risorse di parte corrente e la semplificazione delle relative procedure amministrative;

c)      l’effettuazione di interventi speciali di conto capitale, ivi compresi quelli finalizzati ad eliminare il deficit infrastrutturale tra le diverse aree del territorio nazionale e a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità, da individuare mediante gli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio di cui all’articolo 7, comma 2, lettere a), d) ed f), della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009).

 

Si rammenta che il menzionato articolo 7 della legge di contabilità e finanza pubblica riguarda il ciclo e gli strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio. In particolare, il comma 2 reca l’elenco di tali strumenti:

a)  il Documento di economia e finanza (DEF), da presentare alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari;

b)  la Nota di aggiornamento del DEF, da presentare alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno, per le conseguenti deliberazioni parlamentari;

d) il disegno di legge del bilancio dello Stato, da presentare alle Camere entro il 20 ottobre di ogni anno;

e)  il disegno di legge di assestamento, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno;

f)  gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentare alle Camere entro il mese di gennaio di ogni anno;

g)  gli specifici strumenti di programmazione delle amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato.

 

d)     l’individuazione delle misure che concorrano a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità, promuovendo il diritto alla mobilità e alla continuità territoriale per tutte le isole, le forme di fiscalità di sviluppo, la perequazione infrastrutturale e la tutela degli ecosistemi nell’ambito delle risorse compatibili con i saldi di finanza pubblica (lettera inserita al Senato).

 

Il comma 2, inserito nel corso dell’esame al Senato, precisa che, in attuazione dell’articolo 119, terzo comma, della Costituzione, trova comunque applicazione l’articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011, in conformità con le disposizioni di cui all’articolo 2 (Princìpi generali del diritto tributario nazionale) della legge n. 111 del 2023 (Delega al Governo per la riforma fiscale), e nel quadro dell’attuazione della milestone del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) relativa alla Riforma del quadro fiscale subnazionale (Missione 1, Componente 1, Riforma 1.14).

 

Il decreto legislativo n. 68 del 2011 è volto, tra l'altro, ad assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario (RSO) attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, con contestuale soppressione di questi ultimi, dando attuazione su questo versante alla riforma costituzionale del 2001, anche nell'ottica di una maggiore responsabilizzazione delle decisioni di spesa e di una gestione più efficiente delle risorse pubbliche.

L'autonomia di entrata è diretta a garantire il funzionamento degli enti in questione mediante tributi propri, nonché mediante il gettito derivante dalla rideterminazione dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dalla compartecipazione regionale all'imposta sul valore aggiunto (IVA) e dai trasferimenti per finalità perequative. Tale sistema, che avrebbe dovuto essere effettivo, nelle intenzioni del legislatore delegato, sin dal 2013, è stato oggetto di rinvio attraverso plurimi interventi legislativi adottati nel corso degli anni. L'ultimo di questi interventi, come ricordato anche nella relazione di accompagnamento del disegno di legge di bilancio 2023 presentato alla Camera dei deputati, è stato effettuato con l’articolo 31-sexies del decreto-legge n. 137 del 2020, che ha differito all’anno 2023 l'attivazione dei predetti meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali, confermando, al fine di garantire la neutralità finanziaria della proroga, fino all’anno 2022, i criteri di determinazione dell’aliquota di compartecipazione all’IVA come disciplinati dal decreto legislativo n. 56 del 2000.

La citata relazione di accompagnamento rileva altresì che, con riferimento alle regioni, il PNRR prevede un’unica Milestone-UE per l’attuazione del federalismo fiscale regionale, da realizzare entro il primo quadrimestre dell’anno 2026[17]. Entro aprile 2026 occorrerà quindi aver definito il quadro normativo di riferimento, per ciò che concerne sia la legislazione primaria sia quella secondaria, procedendo, tra l'altro, all'individuazione dei trasferimenti dallo Stato alle RSO che saranno fiscalizzati e alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard. In questo contesto la relazione ritiene che l’attuazione del federalismo regionale debba necessariamente costituire un obiettivo da raggiungere nei tempi condivisi con la Commissione europea.

L’articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011, in particolare, prevede e disciplina le fonti di finanziamento delle spese delle regioni a decorrere dal 2027 o da un anno antecedente ove ricorrano le condizioni di cui al presente decreto legislativo.

 

La Riforma 1.14 del PNRR (Riforma del quadro fiscale subnazionale) consiste nel completamento del federalismo fiscale previsto dalla legge 42 del 2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), con l'obiettivo di migliorare la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livelli di governo, assegnare le risorse alle amministrazioni subnazionali sulla base di criteri oggettivi e incentivare un uso efficiente delle risorse medesime. La riforma dovrà definire in particolare i parametri applicabili e attuare il federalismo fiscale per le regioni a statuto ordinario, le province e le città metropolitane. La riforma dovrà essere completata entro il primo trimestre del 2026.

 

Il comma 3, come modificato nel corso dell’esame al Senato, stabilisce che il Governo deve informare le Camere e la Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 281 del 1997, circa le attività poste in essere ai sensi del comma 1 del presente articolo.

 

Si rammenta che il citato articolo 6 del decreto legislativo n. 281 del 1997 riguarda lo scambio di dati e informazioni e stabilisce, al comma 1, che la Conferenza Stato-regioni favorisce l'interscambio di dati ed informazioni sull'attività posta in essere dalle amministrazioni centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Ai sensi del comma 2, la Conferenza Stato-regioni approva protocolli di intesa tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, anche ai fini della costituzione di banche dati sulle rispettive attività, accessibili sia dallo Stato che dalle regioni e dalle province autonome. Le norme tecniche ed i criteri di sicurezza per l'accesso ai dati ed alle informazioni sono stabiliti di intesa con l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione.

 

Il comma 3, infine, stabilisce che i protocolli di intesa di cui al comma 2 prevedono, altresì, le modalità con le quali le regioni e le province autonome si avvalgono della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di trasporto e di interoperabilità messi a disposizione dai gestori, alle condizioni contrattuali previste ai sensi dell'articolo 15, comma 1, della legge n. 59 del 1997.

 


 

Articolo 11
(Disposizioni transitorie e finali)

 

 

L’articolo 11, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede, in primo luogo, che gli atti di iniziativa delle regioni in materia di autonomia differenziata già presentati al Governo vengono esaminati secondo quanto previsto dalle pertinenti disposizioni del provvedimento.

In secondo luogo, prevede l’applicazione delle disposizioni del presente provvedimento anche alle regioni a statuto speciale e le province autonome ai sensi dell’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 di riforma del Titolo V, che riconosce a tali enti territoriali forme di maggiore autonomia previste da tale legge.

Infine, reca la clausola di salvaguardia per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

 

Il comma 1, modificato dal Senato, prevede che gli atti di iniziativa delle regioni già presentati al Governo e dei quali sia stato eventualmente avviato il confronto tra il Governo e la regione prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, siano esaminati secondo il procedimento previsto dalle “pertinenti” disposizioni del disegno di legge in commento, principalmente recate dall’articolo 2.

Il testo originario del disegno di legge prevedeva, invece, che l’esame di tali atti proseguisse, sempre secondo il nuovo procedimento introdotto.

 

 

Le iniziative ex art. 116, terzo comma, avviate

 

L’art. 116 Cost. stabilisce che l’iniziativa per l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia spetta alla regione interessata, sentiti gli enti locali, e che la legge Statale di trasferimento di funzioni è approvata - a maggioranza assoluta dei componenti delle Camere – sulla base di intese tra Stato e regione. Il dettato costituzionale non reca disposizioni applicabili ai fini della determinazione delle intese, che sono oggetto del presente provvedimento.

Pur in assenza di una cornice normativa di dettaglio diverse regioni hanno avviato a partire dal 2017 iniziative per l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.

Le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto sono quelle che si trovano nello stato più avanzato del processo. Queste tre regioni hanno sottoscritto distinti accordi preliminari con il Governo pro tempore il 28 febbraio 2018, alla fine della XVII legislatura, e hanno proseguito i negoziati anche nella legislatura successiva. Le altre regioni hanno deliberato di avviare i negoziati senza pervenire alla sottoscrizione di accordi con il Governo.

In Emilia-Romagna il procedimento è stato avviato con l’approvazione da parte dell’Assemblea legislativa di quattro risoluzioni: n. 5321, n. 5600, n. 6124 e 6129 (in data 3 ottobre 2017, 14 novembre 2017 e 12 febbraio 2018) che impegnavano il presidente della giunta regionale ad avviare il negoziato con il Governo ai fini dell’intesa prevista dall’articolo 116.

In Lombardia e in Veneto, il 22 ottobre 2017, si sono svolti contestualmente due distinti referendum consultivi regionali a seguito dei quali il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una risoluzione per chiedere l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia (7 novembre 2017), mentre il Consiglio regionale del Veneto ha deliberato una proposta di legge statale di iniziativa regionale per gli stessi fini (15 novembre 2017). La scelta dei referendum è stata legittimata dalla Corte costituzionale che ha circoscritto l'ambito entro cui può essere esercitata. In particolare, la Corte si è pronunciata, con la sentenza n. 118 del 2015, sulle leggi della regione Veneto n. 15/2014 ("Referendum consultivo sull'autonomia del Veneto") e n. 16/2014 ("Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto"), facendo salvo il quesito su cui gli elettori veneti si sono pronunciati il 22 ottobre 2017 ("Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?"), in quanto il quesito ripete testualmente l’espressione usata nell’art. 116, terzo comma, Cost., collocandosi nel quadro della differenziazione delle autonomie regionali prevista da tale disposizione.

Successivamente, i Presidenti delle due regioni, con distinte comunicazioni indirizzate al Presidente del Consiglio, hanno richiesto formalmente al Governo di avviare il procedimento previsto dall’art. 116.

Sono, pertanto, iniziati i negoziati con le tre regioni attraverso incontri, condotti da parte del Governo dal Sottosegretario di Stato per gli affari regionali, a conclusione dei quali sono stati sottoscritti i tre accordi del febbraio 2018.

All'inizio della XVIII legislatura sono ripresi i negoziati e le tre regioni che avevano stipulato gli accordi preliminari hanno manifestato al Governo l'intenzione di ampliare il novero delle materie da trasferire (Camera dei deputati, Interrogazione a risposta immediata n. 3-00065, seduta del 11 luglio 2018).

Nella seduta del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2019, il Ministro per gli Affari regionali "ha illustrato i contenuti delle intese. Il Consiglio dei ministri ne ha preso atto e condiviso lo spirito".

Successivamente, con riferimento agli schemi di intesa, il Ministro per gli affari regionali pro tempore, Stefani, ha riferito alla Commissione per le questioni regionali che circa le trattative con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna «si è raggiunto un punto di definizione che [..] individua da una parte un testo su cui si è trovato il consenso delle parti rispetto alla richiesta, e dall'altra, una parte, comunque significativa, su cui invece le posizioni non hanno trovato un punto di equilibrio». In particolare, la mancata convergenza riguarda parti del testo in cui emergono differenze fra le richieste delle regioni e le proposte o le riformulazioni predisposte dai Ministeri competenti. Inoltre, il Ministro ha segnalato di aver portato all'attenzione del Consiglio dei ministri tali nodi problematici e ha fatto presente di non poter mettere a disposizione della Commissione una bozza di intesa prima che Governo nella sua collegialità raggiunga una posizione condivisa su tali nodi, ma comunque ne ha illustrato i contenuti.

Quanto alla procedura di attuazione, nelle bozze di intesa, come riferito dal Ministro, si prevede l'istituzione, con DPCM (da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa), di una Commissione paritetica Stato-Regione, composta di nove rappresentanti di nomina governativa (designati dal Ministro per gli affari regionali) e di altrettanti indicati dalla Giunta regionale. Alla Commissione è affidato il compito di determinare, entro 120 giorni dalla sua istituzione, le risorse finanziarie, umane e strumentali, nonché le forme di raccordo con le amministrazioni centrali, necessarie per l'esercizio delle funzioni oggetto di autonomia differenziata. Si prevede, inoltre, che, sempre con DPCM, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, siano trasferiti beni e risorse, determinati dalla Commissione paritetica. Tale trasferimento comporta la contestuale soppressione o il ridimensionamento, in rapporto a eventuali compiti residui, dell'amministrazione statale periferica nonché delle amministrazioni statali centrali. Al riordino delle amministrazioni statali si provvede con regolamenti ex articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa (Commissione parlamentare per le questioni regionali, Indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della costituzione, seduta del 28 maggio 2019).

Successivamente, l'impostazione seguita dal Governo nel processo di attuazione del regionalismo a geometria variabile è cambiata ed è emersa la necessità di elaborare una legge quadro entro cui inserire le intese (si veda l’audizione del Ministro pro tempore per gli affari regionali Boccia sulle linee programmatiche di sua competenza, Commissione parlamentare per le questioni regionali, seduta del 2 ottobre 2019).

Per un quadro complessivo delle fasi di negoziato tra le tre regioni e il Governo e sul contenuto delle intese si veda il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, approvato dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali il 12 luglio 2022.

 

Il comma 2, riformulato nel corso dell’esame in prima lettura, stabilisce che “Ai sensi dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano”.

Nella formulazione originaria si prevedeva che: “Nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, si applica l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”.

 

Questa disposizione prevede che: “Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale [che comprende quindi anche il terzo comma dell’articolo 116] si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”.

In proposito la relazione illustrativa afferma che “sino all’adeguamento dei rispettivi statuti” anche le regioni a statuto speciale e le province autonome “possono concludere intese per acquisire nuove competenze nelle materie indicate dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.

In tal senso, sembra prefigurarsi un procedimento nel quale, per il trasferimento delle materie previste dall’articolo 116, terzo comma, nelle regioni a statuto speciale si potrà procedere con le intese e con la legge di recepimento, secondo quanto previsto da tale disposizione costituzionale, e non con la modifica degli statuti speciali con legge costituzionale, come previsto per le altre materie, ferma restando la possibilità di un successivo adeguamento degli statuti speciali.

In proposito si ricorda però che l’articolo 116 stabilisce, al primo comma, che le regioni a statuto speciale “dispongono di forme e condizioni speciali di autonomia secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale” mentre, come già più volte rammentato, il terzo comma afferma che “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nelle materie di legislazione concorrente e con riferimento all’organizzazione della giustizia di pace, alle norme generali dell’istruzione e alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, “possono essere attribuite ad altre Regioni”.

 

Il comma 3, fa salva la clausola di salvaguardia per l'esercizio del potere sostitutivo del Governo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

 

Poteri sostitutivi

 

Il secondo comma dell'art. 120 Cost. disciplina l'esercizio da parte dello Stato di poteri sostitutivi rispetto agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni. Tali poteri sono attivabili quando si riscontri che gli enti interessati non abbiano adempiuto a norme e trattati internazionali o alla normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza e l'incolumità pubblica, ovvero lo richieda la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

La disposizione costituzionale demanda ad una successiva legge statale di attuazione il compito di disciplinare l'esercizio dei poteri sostituitivi nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.

L'articolo 8 della L. 131/2003, nel dettare le norme attuative dell'articolo 120, comma secondo, della Costituzione, ha in primo luogo delineato un meccanismo che ruota attorno alla fissazione di un congruo termine per l'adozione da parte dell'ente degli "atti dovuti o necessari". Il termine è fissato dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali.

Decorso tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un commissario. Il comma 1 dell'articolo 8, facendo espresso riferimento a provvedimenti "anche normativi", prefigura la possibile adozione, da parte del Governo, di atti di natura regolamentare, nonché di natura legislativa.

Il successivo articolo 10 della L. 131/2003 affida l'esecuzione di provvedimenti costituenti esercizio del potere sostitutivo direttamente adottati dal Consiglio dei ministri al rappresentante dello Stato per i rapporti con le autonomie, ossia al prefetto titolare dell'Ufficio territoriale del Governo del capoluogo di regione, cui sono trasferite le funzioni del Commissario del Governo compatibili con la riforma costituzionale del 2001.

La L. 131/2003 prevede una seconda "procedura settoriale" (art. 8, comma 3) per i casi in cui l'esercizio del potere sostitutivo riguardi gli enti locali (comuni, province e città metropolitane). In questi casi la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione e si richiede, per l'adozione dei provvedimenti sostitutivi da parte del commissario stesso, che sia sentito il Consiglio delle autonomie locali (qualora tale organo sia stato istituito).

Poiché anche tale disposizione pare innestarsi come specificazione di una particolare fase procedurale, nell'ambito della disciplina generale delineata dal comma 1, essa non comporta l'esclusione dell'esercizio dei poteri sostitutivi nei riguardi degli enti locali secondo l'altra opzione indicata dal comma 1, ossia attraverso l'adozione, direttamente da parte del Consiglio dei ministri, dei provvedimenti necessari, anche normativi.

Il comma 5 dell'articolo 8 evidenzia infine che i provvedimenti sostitutivi "devono essere proporzionati alle finalità perseguite"; in base al comma 6, il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.



[1]     Correlativamente il riferimento all’esigenza di tener conto degli svantaggi derivanti dall'insularità è stato inserito anche nel comma 1 dell’articolo 3 ai fini della determinazione dei costi e fabbisogni standard.

[2]     In questo senso si veda, in termini generali, Corte costituzionale n. 26 del 1966. In termini più specifici si vedano poi Corte costituzionale n. 20 del 1956, n. 180 del 1980, n. 237 del 1983, n. 212 del 1984, n. 160 del 1985, n. 213 del 1998, n. 341 del 2001, n. 353 del 2001, n. 51 del 2006, n. 82 del 2015, n. 198 del 2018, n. 31 del 2019 e n. 63 del 2023, per quanto concerne le norme di attuazione degli Statuti delle regioni a statuto speciale, e Corte costituzionale n. 78 del 1984, n. 379 del 1996 e n. 237 del 2022, relativamente ai regolamenti parlamentari.

[3]     Al riguardo si rammenta, in particolare, che, nella sentenza n. 78 del 1984, la Corte costituzionale - dopo aver ricordato che "...L'art. 64, primo comma, Cost., statuisce che " ciascuna Camera adotta il proprio regolamento". Ed è "secondo le norme del suo regolamento" che ognuna delle due Camere esamina i disegni di legge (art. 72, primo comma, Cost.); è ancora il regolamento di ognuna delle due Camere che può persino stabilire "procedimenti abbreviati" (art. 72, secondo comma, Cost.); è sempre il regolamento di ognuna delle due Camere che "può altresì stabilire", tanto i "casi", quanto le "forme", in cui i disegni di legge possono addirittura essere approvati in commissione, anziché nel plenum (art. 72, terzo comma, Cost.)" - ha rilevato che da tali dati testuali "la cui fedele trascrizione ne mostra l'univocità, risultano la spettanza di autonomia normativa ad entrambi i rami del Parlamento e la peculiarità e dimensione di tale autonomia. É riconosciuta, infatti, a ciascuna Camera la potestà di disciplinare il procedimento legislativo in tutto ciò che non sia direttamente ed espressamente già disciplinato dalla Costituzione. Ne consegue che questa lascia un margine piuttosto ampio all'interpretazione ed attuazione del pensiero del costituente in materia e che l'interpretazione ed attuazione in parola sono di esclusiva spettanza di ciascuna Camera. Ciò significa che, relativamente alla disciplina del procedimento legislativo, i regolamenti di ogni Camera in quanto diretto svolgimento della Costituzione, sono esercizio di una competenza sottratta alla stessa legge ordinaria...". Nella medesima prospettiva, nella sentenza n. 379 del 1996, la Corte costituzionale ha ribadito che "...Lo statuto di garanzia delle Assemblee parlamentari risulta ... definito, e al tempo stesso delimitato quanto alla sua operatività, da un unitario e sistematico insieme di disposizioni costituzionali, fra le quali campeggiano gli artt. 64 e 72. Essi riservano ai regolamenti parlamentari, votati a maggioranza assoluta da ciascuna Camera, l'organizzazione interna e, rispettivamente, la disciplina del procedimento legislativo per la parte non direttamente regolata dalla Costituzione...", precisando in via ulteriore che " ... i diritti la cui titolarità ed il cui esercizio abbiano come presupposto lo status di parlamentare e ne connotino la funzione possiedono ... uno statuto fondato sulla Costituzione e plasmato dal principio di autonomia delle Camere. È in relazione a tali diritti che la non interferenza ... si afferma con la massima cogenza, in quanto essa è finalizzata al soddisfacimento del bene protetto dagli artt. 64, 72 e 68 della Costituzione: la garanzia del libero agire del Parlamento nell'ambito suo proprio ...". Infine, in senso conforme, nella sentenza n. 237 del 2022 la Corte costituzionale ha ancora una volta affermato che “il regolamento parlamentare è espressamente previsto dall’art. 64 come atto normativo dotato di una sfera di competenza riservata e distinta rispetto a quella della legge ordinaria, «nella quale, pertanto, neppure questa è abilitata ad intervenire».”.

[4]     Si considerino, ad esempio, le già ricordate norme di attuazione degli Statuti delle regioni a statuto speciale, il cui ambito di competenza riservato è previsto dalle leggi costituzionali con cui sono stati adottati i predetti statuti (articolo 43 dello Statuto per la Regione siciliana, articolo 56 dello Statuto speciale per la Sardegna, articolo 107 del Testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, articolo 48-bis dello Statuto speciale per la Valle d’Aosta, articolo 65 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonché gli statuti delle regioni a statuto ordinario, il cui ambito di competenza riservato è previsto dall’articolo 123 della Costituzione.

[5]     Si rammenta che, già nella sentenza n. 282 del 2002, la Corte costituzionale ebbe a precisare che “i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali non sono una materia in senso stretto, ma una competenza del legislatore idonea a investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale dei diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle”. Si vedano nello stesso senso altresì Corte costituzionale n. 94 e n. 162 del 2007, n. 50 e n. 168 del 2008, n. 322 del 2009, n. 10 del 2010, n. 232 del 2011, n. 203 del 2012 e n. 91 del 2020.

[6]     Si rammenta che, attualmente, risultano già vigenti due disposizioni di legge ordinaria finalizzate all’attuazione del disposto del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Si tratta in particolare dell’articolo 14 della legge n. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, e dell’articolo 1, comma 571, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014). La prima disposizione richiamata prevede che con la legge con cui si attribuiscono, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, forme e condizioni particolari di autonomia a una o più regioni si provvede altresì all'assegnazione delle necessarie risorse finanziarie, in conformità all'articolo 119 della Costituzione e ai princìpi della medesima legge n. 42. La seconda disposizione richiamata prevede, invece, che il Governo si attiva sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell'intesa ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione nel termine di sessanta giorni dal ricevimento. Si prevede inoltre che questa disposizione si applica anche alle iniziative presentate prima della data di entrata in vigore della medesima, in applicazione del principio di continuità degli organi e delle funzioni, con decorrenza del termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore predetta.

[7]     Come, ad esempio, nel caso delle disposizioni volte a prevedere il parere della Conferenza unificata su ciascuno schema di intesa preliminare o quelle volte a prevedere che lo schema di intesa preliminare sia trasmesso alle Camere affinché le stesse possano esprimersi su di esso con atti di indirizzo ai sensi dell’articolo 2 ovvero come nel caso delle disposizioni volte a prevedere il parere delle Camere sugli schemi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con i quali sono determinati i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (LEP) e i relativi costi e fabbisogni standard ai sensi dell’articolo 3.

[8]     Va sottolineato, al riguardo, che l’assenza di una previsione costituzionale che contenga un rinvio esplicito alla legge di attuazione esclude necessariamente che le norme di quest’ultima possano operare come norme interposte (come, ad esempio, avviene nel caso paradigmatico della delegazione legislativa ovvero – per effetto delle modifiche apportate dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 e della conseguente evoluzione della giurisprudenza costituzionale a partire dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 – nel caso degli obblighi internazionali ai quali fa riferimento l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, nei limiti precisati nella richiamata giurisprudenza costituzionale, o ancora - per effetto delle modifiche apportate dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 - per le disposizioni contenute nella legge rinforzata di cui al sesto comma dell’articolo 81 della Costituzione) alla stregua delle quali possa essere valutata la legittimità costituzionale delle successive leggi che attribuiranno, in concreto, le ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle singole regioni, sulla base delle intese che verranno di volta in volta concluse.

[9]     Sul punto si rinvia anche alle considerazioni più avanti svolte in sede di commento del comma 6 dell’articolo 7 del disegno di legge in esame.

[10]   Si riporta qui di seguito il testo del richiamato comma 791: “791. Ai fini della completa attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e del pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni, il presente comma e i commi da 792 a 798 disciplinano la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, quale soglia di spesa costituzionalmente necessaria che costituisce nucleo invalicabile per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, per favorire un'equa ed efficiente allocazione delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato con il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali e quale condizione per l'attribuzione di ulteriori funzioni. L'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, relative a materie o ambiti di materie riferibili, ai sensi del comma 793, lettera c), del presente articolo, ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni (LEP)”.

[11]   Si vedano, a titolo esemplificativo, Corte costituzionale n. 220 del 2021, n. 142 del 2021, e n. 62 del 2020. L’imprescindibilità del processo di definizione e finanziamento dei LEP è stata, da ultimo, ancora una volta ribadita dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 71 del 2023.

[12]   Per quanto riguarda la definizione dei LEP in materia di tutela della salute la relazione di accompagnamento del disegno di legge e la richiamata analisi tecnico-normativa rilevano che resta fermo il quadro normativo relativo ai livelli essenziali di assistenza — LEA, già disciplinati dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 nonché dal decreto del Presidente del consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 e restano altresì ferme le procedure di aggiornamento dei LEA disciplinate dall'articolo 1, comma 554 e seguenti, della legge n. 208 del 2015, nonché il sistema di monitoraggio vigente nel settore sanitario, come già convenuto nelle Intese Stato-Regioni di settore e conseguenti normative di riferimento.

[13]   In ordine alla portata dell’articolo 118, primo comma, della Costituzione si ritiene comunque utile rammentare che, a partire dalla sentenza n. 303 del 2003, la Corte costituzionale ha precisato che tale disposizione “si riferisce esplicitamente alle funzioni amministrative, ma introduce per queste un meccanismo dinamico che finisce col rendere meno rigida, come si chiarirà subito appresso, la stessa distribuzione delle competenze legislative, là dove prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. È del resto coerente con la matrice teorica e con il significato pratico della sussidiarietà che essa agisca come subsidium quando un livello di governo sia inadeguato alle finalità che si intenda raggiungere; ma se ne è comprovata un’attitudine ascensionale deve allora concludersi che, quando l’istanza di esercizio unitario trascende anche l’ambito regionale, la funzione amministrativa può essere esercitata dallo Stato. Ciò non può restare senza conseguenze sull’esercizio della funzione legislativa, giacché il principio di legalità, il quale impone che anche le funzioni assunte per sussidiarietà siano organizzate e regolate dalla legge, conduce logicamente ad escludere che le singole Regioni, con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere a un compito siffatto … Una volta stabilito che, nelle materie di competenza statale esclusiva o concorrente, in virtù dell’art. 118, primo comma, la legge può attribuire allo Stato funzioni amministrative e riconosciuto che, in ossequio ai canoni fondanti dello Stato di diritto, essa è anche abilitata a organizzarle e regolarle, al fine di renderne l’esercizio permanentemente raffrontabile a un parametro legale, resta da chiarire che i principî di sussidiarietà e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata …” (nella stesso senso si vedano anche Corte costituzionale n. 6 del 2004, n. 7 e n. 142 del 2016, n. 246 del 2019, n. 40 e n. 123 del 2022, e da ultimo Corte costituzionale n. 6 del 2023, nella quale, tra l’altro, si è ribadito che i necessari strumenti di collaborazione fra Stato e regione “non sono univoci, ma si diversificano «in relazione al tipo di interessi coinvolti e alla natura e all’intensità delle esigenze unitarie che devono essere soddisfatte» nonché alle competenze incise”.

[14]   Più in particolare ai sensi della richiamata disposizione le funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, sono le seguenti:

a)     organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b)    organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

c)     catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

d)    pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

e)     attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

f)     organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e riscossione dei relativi tributi;

g)    progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali e erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

h)    l’edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, l’organizzazione e la gestione dei servizi scolastici;

i)      polizia municipale e polizia amministrativa locale;

l)      tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale;

m)  i servizi in materia statistica.

[15]   Più in particolare ai sensi delle richiamate disposizioni le funzioni fondamentali delle province, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, sono le seguenti:

a)     pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b)    pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

c)     programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

d)    raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

e)     gestione dell'edilizia scolastica;

f)     controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale;

g)    cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo;

h)    cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.

[16]   Più in particolare ai sensi della richiamata disposizione le funzioni fondamentali delle città metropolitane, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, sono – oltre alle funzioni fondamentali delle province - le seguenti:

a)     adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l'ente e per l'esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all'esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza;

b)    pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano;

c)     strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D'intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;

d)    mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell'ambito metropolitano;

e)     promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);

f)     promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

[17]   Si veda l'Allegato riveduto della Decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia dell'8 luglio 2021 reperibile al seguente indirizzo.