Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero |
Riferimenti: | AC N.127/XIX AC N.162/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 64 |
Data: | 09/03/2023 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali |
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Camera dei deputati |
XIX LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Modifiche al testo unico sull’immigrazione, in materia di permesso di soggiorno
(AA.C. 127 e 162) |
Schede di lettura
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n. 64 |
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9 marzo 2023 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni
( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it
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File:
AC0110.docx
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INDICE
Schede di lettura
§
Introduzione
5
§
Permesso di soggiorno e permesso di soggiorno UE
5
§
Divieto di espulsione
8
§
Permesso di soggiorno per ricercatori
12
§
Conversione del permesso soggiorno per i minori stranieri non accompagnati
15
Testo a fronte 19
Le proposte in esame (C. 127 e C. 162) intervengono ad apportare alcune modifiche sulla disciplina in materia di permesso di soggiorno recata dal c.d. Testo unico sull’Immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
In particolare, la proposta C. 127 interviene su due disposizioni del testo unico (articoli 5 e 9-bis), al fine di negare il rinnovo del permesso di soggiorno quando a carico dello straniero si accerti la violazione di disposizioni in materia fiscale o contributiva.
Diversamente, la proposta C. 162, modifica in più punti la disciplina recata dal testo unico in materia di permesso di soggiorno, intervenendo su profili diversi da quello considerato dalla proposta C. 127 e, in molti casi, sopprimendo alcune delle modifiche apportate al testo unico durante il Governo Conte II (attraverso il DL 130/2020, c.d. Decreto Lamorgese); viene così ripristinata la disciplina previgente, come da ultimo definita durante il Governo Conte I attraverso il DL 113/2018 (c.d. primo Decreto Sicurezza).
In proposito, si ricorda, in estrema sintesi, che nella XVIII legislatura il governo Conte I ha adottato i D.L. 113/2018 e del D.L. 53/2019 (c.d. Decreti Sicurezza). Se il D.L. 113 è intervenuto su numerosi aspetti delle politiche migratorie (condizioni della protezione internazionale, accoglienza dei migranti, contrasto all'immigrazione clandestina, ecc.), le disposizioni in materia di immigrazione contenute nel decreto-legge 53/2019 hanno riguardato soprattutto il contrasto all'immigrazione illegale e il controllo alle frontiere. Di particolare rilievo l'introduzione della possibilità per il Ministro dell'interno di limitare o vietare l'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale in determinati casi.
Successivamente, il governo Conte II, con il D.L. 130/2020, ha modificato alcune disposizioni dei due decreti-legge precedenti, tra cui quella sulla limitazione del transito navale. È intervenuto, inoltre, in materia di immigrazione sotto vari aspetti. Tra questi, la disciplina per la conversione dei permessi di soggiorno, le misure per l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, la procedura di esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato.
Entrambe le proposte in esame (C. 127 e C. 162) intervengono ad apportare alcune modifiche sulla disciplina in materia di permesso di soggiorno recata dal c.d. Testo unico sull’Immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
Si ricorda che il permesso di soggiorno, disciplinato dall’art. 5 TU è il documento che legittima la permanenza dello straniero nel territorio italiano, rilasciato per un periodo variabile a seconda dei motivi del soggiorno.
Infatti, possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri, entrati regolarmente, che siano muniti di permesso di soggiorno, o di Permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati, e in corso di validità, o di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi (art. 5, comma 1, TU).
Una volta fatto ingresso nel territorio nazionale, ogni straniero deve fare richiesta del permesso di soggiorno entro otto giorni al questore della provincia in cui si trova ed esso è rilasciato per le attività previste dal visto di ingresso (art. 5, comma 2, TU).
Non è richiesto il permesso di soggiorno per gli studenti di filiazioni universitarie straniere che possono soggiornare (per non più di centocinquanta giorni) purché entrati regolarmente nel territorio dello Stato italiano, in possesso del visto per studio rilasciato per l'intera durata del corso e previa presentazione di dichiarazione di presenza alla questura competenze (art. 5, comma 4-bis, introdotto dal D.L. 130/2020).
Sul punto, la proposta C. 127 interviene sugli articoli 5 e 9-bis del testo unico, al fine di negare il rinnovo del permesso di soggiorno quando a carico dello straniero si accerti la violazione di disposizioni in materia fiscale o contributiva.
In particolare, la proposta inserisce nell’articolo 5 un nuovo comma 5-quater, al fine di negare il rinnovo del permesso di soggiorno quando, a carico dello straniero, si accerti la violazione di disposizioni in materia fiscale o contributiva.
Allo stesso fine, viene novellato anche l’articolo 9-bis, inserendo un nuovo comma 6-bis che nega il rinnovo del permesso di soggiorno UE per i soggiornanti di lungo periodo in presenza dell’accertamento di una violazione, a carico dello straniero titolare del permesso, di una violazione delle disposizioni in materia fiscale o contributiva.
La regolarità fiscale e contributiva ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno nella giurisprudenza del Consiglio di stato
Il Consiglio di stato, sez. III, sentenza n. 4416 del 2019 ha stabilito che è illegittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno opposto all'extracomunitario per insufficiente reddito lavorativo se egli documenta (ad es. con il deposito delle buste paga o degli estratti conto bancari) di aver percepito negli anni di riferimento redditi da lavoro dipendente superiori alla soglia minima richiesta, anche se non registrati nei tabulati I.N.P.S. per una omissione del datore di lavoro, che non ha versato i contributi previdenziali, omissione che non può tornare in danno del lavoratore straniero al fine di comprovare il requisito reddituale (sul punto viene richiamata C.d.S., sez. III, 04/10/2016, n.4082).
In assenza di una disposizione legislativa, il Consiglio di stato, sez. III, sentenza n. 2931 del 2019 aveva affermato che l’evasione fiscale e contributiva, in conformità con il principio di legalità, non può essere una ragione, neanche indiretta, di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto il legislatore non ha previsto che la evasione fiscale sia causa ostativa, in se stessa considerata, per cui una eventuale situazione di evasione in capo all'immigrato, regolarmente accertata, deve essere oggetto di provvedimenti tipici, adottati dai organi competenti dell'Amministrazione fiscale e dagli enti previdenziali, diretti al contrasto all'evasione mediante sia il recupero del credito sia la sanzione dell'inosservanza della fiscale e tributaria .
Anche il comma 1, lettera a) della proposta C 162 interviene sull’articolo 5 del testo unico, in materia di permesso di soggiorno:
1) sopprimendo la possibilità di soggiorno in Italia per gli studenti di filiazioni di università straniere [1] riconosciuta dal comma-1bis, introdotto dal decreto-legge n. 130 del 2020; e
2) sopprimendo la clausola di salvaguardia degli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano, introdotta al comma 6 dal decreto-legge n. 130 del 2020, nell'ambito della procedura di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno sulla base di accordi internazionali quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti.
Tale inciso, già in precedenza presente con diversa formulazione [2] , era stato già abrogato dal decreto-legge n. 113 del 2018. Nell'emanare quel decreto-legge, il Presidente della Repubblica inviava una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri (in data 4 ottobre 2018) richiamando, in via generale, come restassero "fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall'Italia”.
Il comma 1, lettera b) interviene sull’articolo 6 del testo unico, in materia convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, abrogando il comma 1-bis, introdotto dal decreto-legge n. 130 del 2020. Viene quindi esclusa la possibilità di convertire in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti, i seguenti permessi di soggiorno:
a) permesso di soggiorno per protezione speciale, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale;
b) permesso di soggiorno per calamità;
c) permesso di soggiorno per residenza elettiva;
d) permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, ad eccezione dei casi in cui lo straniero era precedentemente in possesso di un permesso per richiesta di asilo;
e) permesso di soggiorno per attività sportiva;
f) permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico;
g) permesso di soggiorno per motivi religiosi;
h) permesso di soggiorno per assistenza di minori;
h-bis) permesso di soggiorno per cure mediche.
Il comma 1, lettera c) interviene sull’articolo 19 del testo unico, in materia di divieti di espulsione e di respingimento per le categorie vulnerabili, sopprimendo le seguenti disposizioni introdotte dal DL 130/2020:
1) il riferimento (art. 19, comma 1) all'orientamento sessuale e all'identità di genere tra i motivi di persecuzione per i quali non si può disporre l'espulsione o il respingimento;
2.1) il riferimento (art. 19, comma 1.1) agli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato italiano tra i motivi che impediscono il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato, come conseguenza dell’abrogazione del medesimo riferimento all’articolo 5, comma 6, del testo unico, di cui si è detto sopra;
2.2) il divieto di respingimento o espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che l’allontanamento sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (art. 19, comma 1.1, terzo periodo). Conseguentemente viene soppressa anche la previsione secondo la quale, ai fini della valutazione dei rischi alla vita privata e familiare derivanti dall’allontanamento, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine (art. 19, comma 1.1, quarto periodo);
3) la previsione di un permesso di soggiorno per protezione speciale nei casi di rigetto della domanda di protezione internazionale ove ricorrano i requisiti previsti per le categorie vulnerabili (art.19, comma 1.2);
4) All’articolo 19, comma 2, lettera d-bis) viene ripristinata la formulazione originaria della lettera d-bis), introdotta dal DL 113/2018 (c.d. 1° Decreto Sicurezza) in relazione al divieto di espulsione e il rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche. Resta ferma la procedura che prevede l’accertamento di condizioni, che devono essere tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza, mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
4.1) In particolare, il riferimento alle gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie - che viene sostituito con il riferimento alle condizioni di salute di particolare gravità; e
4.2) in conseguenza della modifica apportata dal comma 1, lettera b) del provvedimento, di cui si è detto sopra, viene eliminata la possibilità di conversione del permesso di soggiorno per cure mediche in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
L’articolo 19 del TU prevede che nessun straniero può essere espulso o respinto verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, oppure possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione (principio del non refoulement sancito dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951).
Inoltre, nessuno può essere espulso verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti.
In tali casi, qualora non ricorrano gli estremi per la concessione della protezione internazionale, agli interessati è rilasciato un permesso di soggiorno per protezione speciale.
Il divieto di espulsione è previsto, al di là delle motivazioni di cui sopra, anche per alcune categorie di persone particolarmente vulnerabili quali i minori, le donne in stato di gravidanza, coloro che versano in gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie. Non possono essere espulsi infine gli stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE di lungo periodo e gli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana.
La giurisprudenza della Cassazione sul riferimento all’orientamento sessuale e all'identità di genere nel riconoscimento della protezione umanitaria
La Corte di Cassazione Sez. II civile, ordinanza, n. 7778 del 2021, ha affermato il principio di diritto secondo il quale “in tema di protezione internazionale, qualora vi sia incertezza sull'effettivo orientamento omosessuale dichiarato dal richiedente la protezione, ovvero sull'autenticità dei documenti dallo stesso prodotti a sostegno della domanda, il giudice di merito deve disporre, anche in via ufficiosa, gli approfondimenti istruttori ritenuti opportuni al fine di verificare l'attendibilità del racconto e della documentazione a corredo, non potendosi ritenere inattendibile il racconto sulla base dell'assunto aprioristico secondo cui la deduzione dell'omosessualità da parte del richiedente sarebbe frutto di una scelta difensiva finalizzata soltanto ad ottenere la protezione invocata, così come non è possibile far derivare la falsità dei documenti prodotti dal solo fatto che, in un determinato contesto territoriale, il ricorso all'uso di atti falsi sia in aumento”.
Nel caso di specie, la Suprema Corte cassava la decisione del giudice di merito con cui era stato rigettato il ricorso avverso il diniego di accesso alla protezione internazionale e umanitaria, rinviando la causa al giudice di merito per una nuova valutazione della questione.
Già in precedenza, la Corte di Cassazione Sez. II civile, ordinanza n. 20385 del 2020, ha ricordato come il legislatore abbia ritenuto di affidare la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo non alla mera opinione del giudice, ma ha previsto una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e tenendo conto "della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente", con riguardo alla sua condizione sociale e all'età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l'accadimento, sicché è compito dell'autorità amministrativa e del giudice dell'impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda".
In particolare, per quanto riguarda la condizione di omosessualità e il rischio che una persona sia sottoposta ad atti persecutori o a trattamenti inumani e degradanti a causa del suo orientamento sessuale, la Cassazione richiama quanto precisato dalla CGUE, nelle sentenze del 25.1. 2018 nella causa C-473/16, del 2.12.2014, e del 7.11.2013, nelle cause riunite da C-199/12 a C-201/12, ribadendo che: l'orientamento sessuale è un elemento idoneo a dimostrare l'appartenenza del richiedente ad un particolare gruppo sociale (la quale, ai sensi della direttiva 2011/95, costituisce un motivo di persecuzione).
A questo riguardo, tale direttiva considera (considerando n. 30) necessaria l’introduzione di una definizione comune del motivo di persecuzione costituito dall’«appartenenza a un determinato gruppo sociale», tenendo debito conto, degli aspetti connessi al sesso del richiedente, tra cui l’identità di genere e l’orientamento sessuale.
La Corte di giustizia ricorda peraltro come lo svolgimento di un colloquio individuale condotto dal personale dell'autorità accertante sia tale da contribuire alla valutazione delle dichiarazioni, dal momento che sia l'art. 13, paragrafo 3, lett. a), della direttiva 2005/85 sia l'art. 15, paragrafo 3, lett. a), della direttiva 2013/32 stabiliscono che gli Stati membri provvedono affinché la persona incaricata di condurre il colloquio abbia la competenza per tener conto del contesto personale in cui è presentata la domanda, in particolare dell'orientamento sessuale del richiedente.
Alla luce di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione afferma che le dichiarazioni del richiedente relative al suo orientamento sessuale che non sono suffragate da prove documentali o di altro tipo, non necessitano di conferma se le condizioni di cui a tale disposizione sono soddisfatte, dato che tali condizioni si riferiscono, in particolare, alla coerenza e plausibilità di tali dichiarazioni, senza richiedere necessariamente una perizia.
Nel caso di specie, la Suprema Corte cassava quindi la pronuncia di merito che aveva riconosciuto la protezione umanitaria ad un richiedente, che aveva allegato ragioni di persecuzione nel paese di origine legate alla sua omosessualità (il tribunale di merito aveva infatti affermato che, stante l'impossibilità di provare tale condizione, non era possibile sindacare la veridicità del suo racconto in quanto relativo alla sua sfera sessuale). Insieme, la Suprema Corte operava un rinvio al giudice di merito affinché procedesse ad un nuovo ed appropriato esame delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo al fine di valutare, secondo le regole e i principi richiamati dalla Suprema Corte, se potesse ritenersi provata una condizione individuale di esposizione a rischio di atti persecutori ovvero di trattamento inumano e degradante.
Con riguardo all’identità di genere, si ricorda anche che la Corte costituzionale (con la sentenza n. 221 del 2015, in materia di rettificazione giudiziale dell'attribuzione di sesso) affermato che il "diritto all'identità di genere" è "elemento costitutivo del diritto all'identità personale, rientrante a pieno titolo nell'ambito dei diritti fondamentali della persona".
E secondo la sentenza n. 180 del 2017 "va ancora una volta rilevato come l'aspirazione del singolo alla corrispondenza del sesso attribuitogli nei registri anagrafici, al momento della nascita, con quello soggettivamente percepito e vissuto costituisca senz'altro espressione del diritto al riconoscimento dell'identità di genere".
Nell'ordinamento italiano "orientamento sessuale" e "identità di genere" sono espressioni che, oltre nell’articolo 19 del Testo unico sull’immigrazione come novellato nel 2020, ricorrono anche in altre disposizioni di legge.
Ambedue sono menzionate in più passaggi dal decreto legislativo n. 123 del 2018, di riforma dell'ordinamento penitenziario (modificativo della legge n. 354 del 1975).
L'orientamento sessuale, inoltre, è menzionato dal decreto legislativo n. 101 del 2018 modificativo del Codice della privacy (recato dal decreto legislativo n. 196 del 2003), là dove esso riscrive, di quest'ultimo, l'articolo 60 (inserendo i dati relativi alla vita sessuale e all'orientamento sessuale della persona, tra i dati il cui trattamento sia consentito solo se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, sia di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consista in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale).
Così come ha trovato menzione nel decreto legislativo n. 216 del 2003 - là dove modifica l'articolo 15 ("Atti discriminatori") dello Statuto dei lavoratori (ossia la legge n. 300 del 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento") - nonché nella legge n. 183 del 2010 - là dove modifica l'articolo 7 ("Gestione delle risorse umane") del decreto legislativo n. 165 del 2001, recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche" (per l'assenza di discriminazioni in ordine all'accesso al lavoro, al trattamento e alle condizioni di lavoro, alla formazione professionale, alle promozioni e alla sicurezza sul lavoro).
L'identità di genere è stata considerata per la prima volta dalla direttiva 2011/95/UE, ai fini, come già si è accennato (v. box sopra) di una definizione comune del motivo di persecuzione costituito dalla "appartenenza a un determinato gruppo sociale", per definire il quale sono da tenere in conto gli aspetti connessi al sesso, tra cui l'identità di genere e l'orientamento sessuale, che possono essere legati a determinate tradizioni giuridiche e consuetudini, che comportano ad esempio le mutilazioni genitali, la sterilizzazione forzata o l'aborto coatto, nella misura in cui sono correlati al timore fondato di subire persecuzioni. Il concetto di identità di genere ha poi fatto ingresso nell'ordinamento italiano in sede di recepimento di quella direttiva europea, con il decreto legislativo n. 18 del 2014. Esso modifica l'articolo 8 del decreto legislativo n. 251 del 2007, sì da individuare - circa l'attribuzione della qualifica di rifugiato - individua tra i motivi di persecuzione l'appartenenza a un particolare gruppo sociale, per l'individuazione delle caratteristiche del quale "si tiene debito conto delle considerazioni di genere, compresa l'identità di genere".
Il comma 1, lettera d) modifica le condizioni per il permesso di soggiorno per calamità di cui all’articolo 20-bis del testo unico, introdotto dal DL 113/2018 (c.d. 1° Decreto Sicurezza). Anche qui viene ripristinata la disciplina originaria rispetto agli interventi operati dal DL n. 130/2020:
1) prevedendo che tale permesso sia rilasciato non più in caso di “situazione di grave calamità” ma in “situazione di contingente ed eccezionale calamità”;
2.1) ponendo un limite di sei mesi alla sua rinnovabilità;
2.2) subordinando il rinnovo del permesso alla permanenza di eccezionali (e non più solo gravi) condizioni di calamità nel proprio Paese di origine;
2.3) eliminando la possibilità di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
In presenza di rilevanti esigenze umanitarie, originate da conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea, con DPCM sono stabilite le necessarie misure di protezione temporanea che possono derogare alle disposizioni del testo unico immigrazione (art. 20 TU).
In ogni caso, quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno si trova in una situazione di grave calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, all’interessato viene rilasciato da parte del questore il permesso di soggiorno per calamità, della durata di sei mesi e rinnovabile. Il permesso è valido solo nel territorio nazionale e consente di svolgere attività lavorativa (art. 20-bis)
Il comma 1, lettera e) modifica la disciplina del permesso di soggiorno, di durata tra i nove e i dodici mesi, per ricerca di occupazione riconosciuto a chi abbia terminato un periodo di ricerca in Italia sull’articolo 27-ter del testo unico.
In recepimento della direttiva (UE) 2016/801del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari, il D.lgs. 71/2018ha modificato il TU ed in particolare gli articoli che disciplinano l'ingresso e soggiorno: per volontariato (articolo 27-bis), per ricerca (articolo 27-ter), per studio (articoli 39 e 39-bis).
La direttiva (UE) 2016/801 ha inteso rimediare ad alcune carenze rilevate dalle istituzioni europee, soprattutto per profili quali i requisiti di ammissione, i diritti, le garanzie procedurali, l'accesso degli studenti al mercato del lavoro durante gli studi e la mobilità all'interno dei Paesi dell'Unione europea.
Per quanto riguarda l'ammissione, la Direttiva definisce, tra l'altro, le condizioni generali (articolo 7), nonché i requisiti specifici per i ricercatori (articolo 8), gli studenti (articolo 11), gli alunni (articolo 12), i tirocinanti (articolo 13), i volontari (articolo 14) e le persone collocate alla pari (articolo 16).
La direttiva stabilisce poi il regime delle autorizzazioni, rilasciate sotto forma di permesso di soggiorno, di visto a lunga durata o programma che prevede mobilità (articolo 17), e definisce la loro durata a seconda che si tratti di ricercatori, studenti o programma di scambio di alunni (articolo 19). Precisa inoltre i motivi di rifiuto di una domanda di autorizzazione (articolo 20), nonché quelli alla base della revoca o del non rinnovo della stessa (articolo 20).
Tali motivi includono la non sussistenza delle condizioni generali, documenti falsificati o manomessi, irregolarità da parte dell'ente, dell'impresa o della famiglia ospitante. Fatta eccezione per i ricercatori, nel caso in cui si presenti una domanda di rinnovo per instaurare o continuare un rapporto di lavoro in uno Stato membro, quest'ultimo può verificare se il posto in questione non possa essere occupato da propri cittadini, o da altri cittadini dell'Unione, o da cittadini di paesi terzi che soggiornano da lungo periodo in tale Stato (articolo 20, paragrafo 5).
Nel caso in cui lo Stato non intenda rinnovare o intenda revocare l'autorizzazione agli studenti, questi ultimi potranno presentare una domanda di accoglienza presso un altro istituto superiore per seguire un programma di studi equivalente rimanendo nello Stato membro fino alla decisione delle autorità competenti in merito alla domanda (articolo 20, paragrafo 6).
Quanto ai diritti, la Direttiva stabilisce che, nei rapporti di lavoro, i ricercatori, i tirocinanti, i volontari e le persone alla pari abbiano un trattamento pari a quello riservato ai cittadini dello Stato membro interessato, salvo alcuni casi particolari (articolo 22).
Tra i casi per i quali gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento per i ricercatori, la Direttiva non menziona i requisiti introdotti dalla novella in esame (i.e. la necessità la necessità di dimostrare la disponibilità di un alloggio, di un reddito minimo annuo e di una assicurazione sanitaria ovvero l’iscrizione al Servizio sanitario nazionale per i quali si veda infra).
Infatti, la Direttiva stabilisce che gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento per quanto tra ricercatori stranieri e cittadini dello Stato membro soltanto nelle seguenti forme:
a) escludendo le borse di studio e i prestiti concessi a fini di studio e di mantenimento o altri tipi di borse e prestiti;
b) non concedendo sussidi familiari ai ricercatori che sono stati autorizzati a soggiornare nel territorio dello Stato membro interessato per un periodo non superiore a sei mesi;
c) limitando l'applicazione ai casi in cui i familiari del ricercatore per i quali si chiedono le agevolazioni abbiano il domicilio o la residenza abituale nel territorio dello Stato membro interessato;
d) limitando l'accesso per quanto riguarda l'assistenza abitativa.
In proposito, la novella in esame modifica i commi 9-bis e 9-ter, introdotti entrambi dal D.lgs. 71/2018 (di attuazione della direttiva (UE) 2016/801 relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari) e successivamente modificati dal DL n. 130/2020. Anche qui vengono superate le modifiche apportate dal DL 130/2020:
1.1) reintroducendo la necessità di dimostrare la disponibilità di un alloggio, di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere (articolo 29, comma 3, lettera b) T.U.) [3] e di una assicurazione contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico (articolo 34, comma 3 T.U.) [4] dello straniero che, alla scadenza del permesso di soggiorno per ricerca, richieda un permesso di soggiorno di durata non inferiore a nove e non superiore a dodici mesi al fine di cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con l'attività di ricerca completata (art. 23-ter, comma 9-bis);
1.2) precisando che il riferimento al permesso di soggiorno per ricerca è da intendersi riferito al comma 7 dell’articolo 23-ter;
2) reintroducendo la necessità di allegare la documentazione relativa al possesso di alloggio, reddito, assicurazione sanitaria ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui all’articolo 23-ter, comma 9-bis. Resta ferma la necessità di allegare idonea documentazione di conferma del completamento dell'attività di ricerca svolta, rilasciata dall'istituto di ricerca (art. 23-ter, comma 9-ter).
Il requisito del possesso del reddito nella giurisprudenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza n. 4417 del 2019 ha affermato che il possesso di un reddito minimo, che possa esser idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo familiare, costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell'ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese al quale ha chiesto di ospitarlo.
In termini simili si sono espresse anche le sentenze: Cons. Stato Sez. III, 26/06/2019, n. 4410; Cons. Stato Sez. III, 22/05/2019, n. 3328; Cons. Stato Sez. III, 17/09/2018, n. 5433; Cons. Stato, Sez. III, n. 2558/2018; Cons. Stato, Sez. III n. 1971/2017; Cons. Stato, Sez. III n. 1524/2017.
Infine, il comma 1, lettera f) interviene ad eliminare dall’articolo 32 del testo unico, recante disposizioni concernenti la conversione, al compimento della maggiore età, del permesso di soggiorno riconosciuto in favore dei minori stranieri non accompagnati. A tal fine, la novella elimina il secondo e il terzo periodo del comma 1-bis, introdotti dal DL 130/2020.
Si ricorda infine che, con l'espressione "minore non accompagnato", in ambito europeo e nazionale, si fa riferimento allo straniero (cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea e apolide), di età inferiore ai diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale (art. 2, D.Lgs. n. 142/2015 e art. 2, L. n. 47/2017).
In particolare, si sopprime la previsione (di cui al secondo periodo) ai sensi della quale il mancato rilascio del parere da parte della Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio rilasciato ai già minori non accompagnati al momento del compimento della maggiore età.
Viene conseguentemente eliminato il rinvio (contenuto al terzo periodo) al meccanismo del silenzio assenso disciplinato dall’articolo 20 della legge n. 241 del 1990.
Ne consegue che si potrà negare il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura nel caso in cui non venga espresso il parere per la conversione del permesso di soggiorno, al compimento della maggiore età, in favore dei minori stranieri conviventi con i genitori (art. 31) ovvero dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) che siano stati sottoposti ad affidamento o tutela o che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati, tenuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
L’articolo 32, comma 1-bis TU prevede che ai minori stranieri non accompagnati, al momento del compimento della maggiore età, possa essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura.
Il permesso di soggiorno può essere rilasciato ai minori stranieri non accompagnati:
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affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184,
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sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri (ora sostituito dalla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali v. DPR 191/2022),
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che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile
Il mancato rilascio del parere richiesto non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno.
Come riportato nelle Linee Guida della Direzione Generale dedicate al rilascio dei pareri per la conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui all’articolo 32, comma 1-bis del, è preferibile che il parere della Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, laddove pervenuto, sia allegato all’istanza di conversione del permesso di soggiorno da parte dell’interessato, se maggiorenne, o dai soggetti che hanno la responsabilità dei minori ai sensi della normativa vigente.
Nelle Linee Guida si precisa, inoltre, che il parere si configura come un atto endo-procedimentale, obbligatorio ancorché non vincolante, ai fini dell’adozione da parte della Questura territorialmente competente del provvedimento relativo al rilascio del permesso di soggiorno al compimento del diciottesimo anno d’età.
La tabella che segue mette a confronto il testo del d.lgs. n. 286 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione) precedente le modifiche apportate dal D.L. 130/2020 (colonna di sinistra), il testo attualmente vigente, con evidenziate le modifiche apportate dal D.L. 130/2020 (colonna centrale) e il testo risultante dalle modifiche di cui alla p.d.l. C. 162 in esame (colonna di destra) con evidenziate le modifiche rispetto al testo attualmente vigente.
Testo precedente le modifiche apportate dal D.L. 130/2020
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Testo vigente
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modifiche apportate dalla p.d.l. C. 162
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Articolo 5 |
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(…)
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Introdotto dal D.L. 130/2020
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1-bis. Nei casi di cui all'articolo 38-bis, possono soggiornare nel territorio dello Stato gli studenti stranieri che sono entrati secondo le modalità e alle condizioni previste dall'articolo 4 e che sono in possesso del visto per motivi di studio rilasciato per l'intera durata del corso di studio e della relativa dichiarazione di presenza.
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Abrogato
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(…)
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6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti.
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6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
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6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, |
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Art. 6 |
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(…)
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Introdotto dal D.L. 130/2020
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1-bis. Sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti, i seguenti permessi di soggiorno:
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Abrogato
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a) permesso di soggiorno per protezione speciale, di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale, di cui agli articoli 10, comma 2, 12, comma 1, lettere b) e c), e 16 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
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b) permesso di soggiorno per calamità, di cui all'articolo 20-bis;
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c) permesso di soggiorno per residenza elettiva, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-quater), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
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d) permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, ad eccezione dei casi in cui lo straniero era precedentemente in possesso di un permesso per richiesta di asilo;
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e) permesso di soggiorno per attività sportiva, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p);
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f) permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico, di cui all'articolo 27, comma 1, lettere m), n) ed o);
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g) permesso di soggiorno per motivi religiosi, di cui all'articolo 5, comma 2;
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h) permesso di soggiorno per assistenza di minori, di cui all'articolo 31, comma 3;
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h-bis) permesso di soggiorno per cure mediche, di cui all'articolo 19, comma 2, lettera d-bis).
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Articolo 19 |
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1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
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1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
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1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, |
1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani.
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1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani. Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, a meno che esso sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine.
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1.1. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti |
Introdotto dal D.L. 130/2020
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1.2. Nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1., la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale. Nel caso in cui sia presentata una domanda di rilascio di un permesso di soggiorno, ove ricorrano i requisiti di cui ai commi 1 e 1.1, il Questore, previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, rilascia un permesso di soggiorno per protezione speciale.
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Abrogato
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(…)
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2. Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:
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a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;
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Identica
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Identica
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b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;
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Identica
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Identica
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c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
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Identica
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Identica
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d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;
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Identica
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Identica
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d-bis) degli stranieri che versano in condizioni di salute di particolare gravità, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di salute di particolare gravità debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale.
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d-bis) degli stranieri che versano in gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di cui al periodo precedente debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
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d-bis) degli stranieri che versano in condizioni di salute di particolare gravità, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finché persistono le condizioni di cui al periodo precedente debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale |
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(…)
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Articolo 20-bis |
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1. Fermo quanto previsto dall'articolo 20, quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, il questore rilascia un permesso di soggiorno per calamità.
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1. Fermo quanto previsto dall'articolo 20, quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di grave calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, il questore rilascia un permesso di soggiorno per calamità.
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1. Fermo quanto previsto dall'articolo 20, quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza, il questore rilascia un permesso di soggiorno per calamità.
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2. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi, ed è rinnovabile per un periodo ulteriore di sei mesi se permangono le condizioni di eccezionale calamità di cui al comma 1; il permesso è valido solo nel territorio nazionale e consente di svolgere attività lavorativa, ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
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2. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi, ed è rinnovabile |
2. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi, ed è rinnovabile per un periodo ulteriore di sei mesi se permangono le condizioni di eccezionale calamità di cui al comma 1; il permesso è valido solo nel territorio nazionale e consente di svolgere attività lavorativa, ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
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Articolo 27-ter |
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(…)
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9-bis. In presenza dei requisiti reddituali di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b), e fermo restando il rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 34, comma 3, lo straniero munito di passaporto valido o altro documento equipollente, che ha completato l'attività di ricerca, alla scadenza del permesso di cui al comma 7 può dichiarare la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro presso i servizi per l'impiego, come previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, e richiedere un permesso di soggiorno di durata non inferiore a nove e non superiore a dodici mesi al fine di cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con l'attività di ricerca completata. In tal caso il permesso di soggiorno dei familiari è rinnovato per la stessa durata. In presenza dei requisiti previsti dal presente testo unico, può essere richiesta la conversione in permesso di soggiorno per lavoro
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9-bis. |
9-bis. In presenza dei requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), e fermo restando il rispetto dell’obbligo di cui all’articolo 34, comma 3, lo straniero munito di passaporto valido o altro documento equipollente, che ha completato l'attività di ricerca, alla scadenza del permesso di cui al comma 7 del presente articolo può dichiarare la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro presso i servizi per l'impiego, come previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, e richiedere un permesso di soggiorno di durata non inferiore a nove e non superiore a dodici mesi al fine di cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con l'attività di ricerca completata. In tal caso il permesso di soggiorno dei familiari è rinnovato per la stessa durata. In presenza dei requisiti previsti dal presente testo unico, può essere richiesta la conversione in permesso
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9-ter. Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 9-bis, lo straniero, oltre alla documentazione relativa al possesso dei requisiti reddituali e al rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 34, comma 3, allega idonea documentazione di conferma del completamento dell'attività di ricerca svolta, rilasciata dall'istituto di ricerca. Ove la documentazione di conferma del completamento dell'attività di ricerca svolta non sia già disponibile, può essere presentata entro sessanta giorni dalla richiesta del permesso di soggiorno di cui al comma 9-bis
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9-ter. Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 9-bis, lo straniero, |
9-ter. Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 9-bis del presente articolo, lo straniero, oltre alla documentazione relativa al possesso dei requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), e al rispetto dell’obbligo di cui all’articolo 34, comma 3, allega idonea documentazione di conferma del completamento dell'attività di ricerca svolta, rilasciata dall'istituto di ricerca. Ove la documentazione di conferma del completamento dell'attività di ricerca svolta non sia già disponibile, può essere presentata entro sessanta giorni dalla richiesta del permesso di soggiorno di cui al comma 9-bis.
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Articolo 32 |
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1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del presente testo unico, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
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1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del presente testo unico, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Il mancato rilascio del parere richiesto non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Si applica l'articolo 20, commi 1, 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
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1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 del presente testo unico, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. |
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[1] Di cui alla legge n. 4 del 1999.
[2] Precedentemente all’abrogazione operata dal decreto-legge n. 113 il comma 6 recitava: “Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è rilasciato dal questore secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione.”
[3] La norma prevede inoltre che per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici sia richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
[4] La norma prevede inoltre che per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale sia corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell'anno precedente in Italia e all'estero.