Modifica all'articolo 135 della Costituzione, in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche nella composizione della Corte costituzionale 9 marzo 2023 |
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Contenuto|Minoranze linguistiche: legislazione nazionale| |
ContenutoLa proposta di legge costituzionale C. 6 (Schullian ed al.) Articolo 1propone una modifica dell'articolo 135 della Costituzione in materia di composizione della Corte costituzionale, introducendo al primo comma un periodo secondo il quale uno dei giudici nominati dal Parlamento in seduta comune deve essere espressione delle minoranze linguistiche della Repubblica (articolo 1).
Secondo i proponenti, la garanzia di una rappresentanza delle minoranze linguistiche dentro la Consulta "si rende opportuna al fine di dirimere dall'origine eventuali conflitti di attribuzione tra lo Stato e le regioni", in particolare quelle ad autonomia speciale, e potrebbe "apportare un valore aggiunto nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in quanto più sensibile alle esigenze giustificate delle minoranze".
Come noto, la Composizione della Corte costituzionaleCorte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d'esercizio. I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni e non possono essere nuovamente nominati. La Corte elegge tra i suoi componenti il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile (art. 135 Cost.). In particolare, i giudici della Corte che nomina il Parlamento sono eletti da questo in seduta comune delle due Camere, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti l'Assemblea. Per gli scrutini successivi al terzo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti l'Assemblea (art. 3, L. cost. n. 2/1967). L'Articolo 2articolo 2 della proposta reca una disposizione in base alla quale, in prima applicazione, il Parlamento in seduta comune deve procedere alla nomina del giudice espressione delle minoranze linguistiche in occasione della prima integrazione della Corte successiva alla data in entrata in vigore della legge costituzionale. Si dispone inoltre che a regime si procederà alla scadenza del mandato del giudice espressione delle minoranze linguistiche. In merito alla formulazione al testo, si valuti l'opportunità di utilizzare il termine "cessazione dalla carica" (o "cessazione dal mandato") anziché "scadenza del mandato" per ricomprendere anche altre ipotesi quali le dimissioni, la morte o la decadenza del giudice.
Si ricorda, in proposito, che se un giudice cessa dal mandato anticipatamente, per morte o dimissioni o decadenza, viene sostituito ad opera dello stesso organo che aveva designato il suo predecessore, e dura in carica a sua volta nove anni. In tal modo, essendosi nel tempo sfasate fra di loro le date delle nomine dei singoli giudici, il mutamento della composizione della Corte è sempre parziale e graduale.
La proposta in esame richiede dunque che uno tra i cinque giudici scelti dal Parlamento in seduta comune sia espressione delle minoranze linguistiche della Repubblica. A L'articolo 6 Cost. e le norme di attuazionetale riguardo, giova ricordare che la tutela delle minoranze linguistiche è definito dall'articolo 6 della Carta costituzionale quale principio fondamentale, da attuare attraverso appositi provvedimenti normativi. L'Italia è infatti ricca di minoranze linguistiche, sia dal punto di vista della varietà, sia della quantità. Nel rinviare per ulteriori approfondimenti ai paragrafi successivi, si segnala preliminarmente che le popolazioni alloglotte sono prevalentemente concentrate nelle zone di confine: Val d'Aosta (francofoni), Trentino - Alto Adige (germanofoni e ladini) e Friuli - Venezia Giulia (sloveni, germanofoni e friulani). Tali aree, che sono, insieme alla Sardegna e alla Sicilia, regioni a statuto speciale, godono di ampi livelli di autonomia amministrativa e le minoranze presenti fruiscono di differenti forme di tutela. Oltre a queste esistono altre minoranze linguistiche presenti nel resto del territorio nazionale: albanesi, greci, franco-provenzali, catalani, croati, occitani. Inoltre, un lingua espressione di una intera regione, il sardo, è riconosciuta come lingua da tutelare. Le popolazioni che parlano le lingue fin qui citate sono considerate minoranze linguistiche storiche e sono tutelate dallo Stato italiano dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, che ha dettato la prima disciplina generale del principio della tutela minoritaria affermato nell'articolo 6 Cost. Le minoranze linguistiche riconosciute e tutelate da tale legge sono dodici: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo. Tale legge introduce alcune misure di favore per le minoranze ivi elencate, la cui operatività è comunque subordinata all'individuazione da parte degli enti locali dei territori di insediamento della minoranza linguistica tutela; si applica un modello territoriale e non personale di tutela (per approfondimenti si v. infra). Norme statali di tutela speciale, anch'esse ispirate ad un modello di tutela territoriale e non personale, sono previste per gli sloveni dalla legge 23 febbraio 2001, n. 38. Inoltre, tutte le regioni a statuto speciale e alcune delle regioni a statuto ordinario hanno adottato disposizioni specifiche per le minoranze presenti nel proprio territorio (per una disamina della legislazione regionale si veda il dossier del Servizio studi del Senato Minoranze linguistiche del maggio 2017). Nel solo Trentino-Alto Adige, come si vedrà, questa tutela si esprime anche attraverso la possibilità di dichiarare da parte dei cittadini ivi residenti l'appartenenza al gruppo linguistico italiano, tedesco o ladino (art. 20-ter del D.P.R. n. 752 del 1976). Da ciò discendono misure di tutela di carattere personale quali, ad esempio, le norme che assicurano la presenza di appartenenti a determinati gruppi linguistici negli organi giurisdizionali e, per quanto di interesse in questa sede, nel Consiglio di Stato. Si ricorda che la proposta non rinvia ad una legge per l'individuazione delle modalità applicative del principio di rappresentanza delle minoranze linguistiche. Si segnala inoltre che solo per le minoranze linguistiche tedesca e ladina del Trentino Alto Adige, come già si è accennato e come verrà sviluppato nei successi paragrafi, è prevista la possibilità di dichiarare individualmente la propria appartenenza a un gruppo linguistico. Alla luce di questi elementi, si valuti l'opportunità di approfondire le modalità attraverso le quali sarà possibile individuare il giudice da eleggere da parte delle Camere come "espressione delle minoranze linguistiche". |
Minoranze linguistiche: legislazione nazionale |
Principi costituzionaliL'articolo 3 della Costituzione sancisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni (tra l'altro) di lingua. L'articolo 6 della Carta costituzionale prevede specificamente, quale ulteriore principio fondamentale, la tutela delle minoranze linguistiche, da attuare attraverso appositi provvedimenti normativi. |
La legge n. 482 del 1999 sulle minoranze linguistiche storicheLa legge 15 dicembre 1999, n. 482, Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, introduce nell'ordinamento, "in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei ed internazionali" (art. 2), una disciplina organica di tutela delle lingue e delle culture minoritarie storicamente presenti in Italia, e più specificamente delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo. La legge sancisce preliminarmente il carattere ufficiale della lingua italiana quale lingua della Repubblica e la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana (art. 1). La competenza a definire gli ambiti territoriali (anche subcomunali) di applicazione delle norme di tutela è attribuita a ciascun consiglio provinciale; il procedimento è attivabile da parte di almeno il 15 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni interessati, oppure da un terzo dei consiglieri comunali dei comuni espressione della medesima minoranza, i quali esprimono in ogni caso il loro parere sulla proposta di delimitazione. Nel caso in cui non si siano verificate tali condizioni, il procedimento può iniziare a seguito della pronuncia favorevole delle popolazioni interessate, con referendum (art. 3). Una serie di norme è finalizzata a promuovere l'apprendimento delle lingue minoritarie. Nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo grado è previsto, accanto all'uso della lingua italiana, l'uso della lingua della minoranza come strumento di insegnamento. Nelle stesse scuole, le istituzioni scolastiche determinano, tenendo conto anche delle richieste delle famiglie degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, adottano iniziative per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali delle minoranze tutelate e promuovono la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti in tal senso. L'insegnamento della lingua della minoranza viene impartito su richiesta espressa rivolta alle istituzioni scolastiche dai genitori interessati (art. 4). Le università, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e delle proprie risorse, possono istituire corsi di lingua e cultura delle minoranze e agevolare la ricerca scientifica e le attività culturali e formative in materia (art. 6). Per la realizzazione di progetti per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali delle 2 minoranze promossi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca l'art. 5 stanzia 2 miliardi di lire (1,03 milioni di euro) annui. Ai membri dei consigli comunali (e delle comunità montane, delle province e delle regioni, dei quali facciano parte comuni nei quali è riconosciuta la lingua della minoranza, che complessivamente costituiscano almeno il 15 per cento della popolazione interessata) e degli altri organi collegiali dell'amministrazione, è riconosciuto il diritto di utilizzare la lingua tutelata nell'attività degli organi stessi, ferma restando la possibilità, su richiesta dei membri dei suddetti organi che dichiarino di non conoscere la lingua della minoranza, della immediata traduzione in lingua italiana (art. 7). Viene prevista inoltre, previa delibera del consiglio comunale e con spese gravanti sul bilancio del comune stesso, la pubblicazione nella lingua tutelata degli atti ufficiali dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici non territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in italiano (art. 8). È consentito l'uso orale e scritto della lingua tutelata negli uffici della pubblica amministrazione (con esclusione delle forze armate e delle forze di polizia) aventi sede nei comuni rientranti nell'ambito territoriale di applicazione delle norme di tutela nonché nei procedimenti davanti al giudice di pace (art. 9). Le amministrazioni statali che impiegano personale che permetta al pubblico di utilizzare la lingua tutelata nei rapporti con i propri uffici, beneficiano di specifici contributi dello Stato. Per corrispondere tali contributi viene istituito (art. 9, co. 2), presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio, un Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche, con una dotazione annua di 9,8 miliardi di lire (5,06 milioni di euro).
Da ultimo, con d.P.C.m. del 15 novembre 2019 sono stati determinati i criteri per la ripartizione dei fondi, relativi agli esercizi finanziari 2020-2022, previsti dagli articoli 9 e 15 della legge n. 482 del 1999 per la tutela delle minoranze linguistiche.
I comuni possono adottare toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali, mantenendo comunque i toponimi ufficiali (art. 10). È riconosciuto agli interessati il diritto di ripristinare nella lingua originaria i cognomi o i nomi "italianizzati" prima della entrata in vigore della legge, su espressa richiesta, debitamente documentata, da rivolgere al sindaco del comune di residenza, il quale la inoltra al prefetto che provvede con proprio decreto (art. 11). Nella convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI, e nel relativo contratto di servizio, sono previste specifiche condizioni per promuovere e diffondere le lingue e le culture tutelate attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Le regioni possono inoltre stipulare convenzioni con la RAI e accordi con le emittenti locali per realizzare, nell'ambito della programmazione radiotelevisiva regionale, trasmissioni destinate alle minoranze linguistiche (art. 12). Le regioni, le province e i comuni possono disporre, sulla base delle proprie risorse finanziarie, provvidenze per l'editoria, per gli organi di stampa e per le emittenti radiotelevisive private che utilizzino le lingue tutelate; gli stessi soggetti possono inoltre corrispondere finanziamenti alle associazioni che si prefiggono l'obiettivo di salvaguardare le minoranze linguistiche (art. 14). Per le spese sostenute dagli enti locali per gli interventi in favore delle minoranze, la legge autorizza uno stanziamento annuo di 8,7 miliardi di lire (4,49 milioni di euro), da ripartirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa verifica dei rendiconti presentati dai comuni, nei quali devono essere indicati i motivi dell'intervento e giustificata la congruità della spesa (art. 15). Le regioni e le province possono istituire, con propri fondi, organismi per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali o specifiche sezioni autonome di analoghe istituzioni locali già esistenti (art. 16). Le regioni a statuto ordinario, nelle materie di loro competenza, devono conformare la propria legislazione ai princìpi stabiliti dalla legge, mantenendo le eventuali disposizioni regionali che prevedono condizioni più favorevoli per le minoranze (art. 13). Le regioni a statuto speciale disciplinano con norme di attuazione dei propri statuti l'applicazione delle disposizioni più favorevoli previste dalla legge. Sono comunque fatte salve le norme di tutela già presenti nei rispettivi ordinamenti regionali (art. 18, co. 1). L'art. 23 della L. 38/2001 (recante norme a tutela della minoranza linguistica slovena, sulla quale vedi infra) ha introdotto nella legge l'art. 18-bis, il quale estende ai fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche le misure penali e processuali che l'art. 3 della L. 654/1975 ed il D.L. 122/1993 recano al fine di prevenire e contrastare gli atti di discriminazione razziale, etnica o religiosa. La legge prevede infine che la Repubblica italiana possa promuovere, in condizioni di reciprocità con gli Stati stranieri, lo sviluppo delle lingue e delle culture minoritarie tutelate che sono diffuse all'estero, qualora i cittadini delle relative comunità abbiano mantenuto l'identità socio-culturale e linguistica d'origine. D'altro canto, viene parimenti disposta la promozione di intese con altri Stati, per garantire condizioni favorevoli per 3 le comunità di lingua italiana presenti sul loro territorio e per diffondere all'estero la lingua e la cultura italiane (art. 19). Sullo stato di attuazione di tali adempimenti il Governo riferisce annualmente al Parlamento. L'ultima relazione trasmessa si riferisce all'anno 2020 (XVIII legislatura, Doc. LXXX-bis, n. 4). In attuazione della legge n. 482 è stato adottato il "Regolamento di attuazione della L. 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche", di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001, n. 345. |
La legge sulla tutela della minoranza slovenaAlla disciplina di carattere generale contenuta nella L. 482/1999 ha fatto seguito un ulteriore intervento legislativo, specificamente rivolto alla tutela della minoranza linguistica slovena: si tratta della legge 23 febbraio 2001, n. 38, Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia, destinata ad applicarsi anche in deroga alle disposizioni della legge generale sulle minoranze linguistiche. La minoranza slovena godeva già di una ampia tutela ai sensi dello Statuto speciale allegato al Memorandum di intesa firmato a Londra il 5 ottobre 1954 e recepito nel Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 (L. 73/1977). Il Memorandum è richiamato dalla L. 38/2001, che fa esplicitamente salvi i provvedimenti emanati in sua attuazione. La L. 38/2001 ha istituito il Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena, composto da 20 membri nominati in parte dal Governo e in parte dalla regione e dagli enti locali. Tra i principali compiti del Comitato vi è la delimitazione del territorio regionale nel quale è presente la minoranza slovena (art. 4). Tale delimitazione è preliminare all'effettivo dispiegarsi degli effetti della legge. In relazione all'uso della lingua, in particolare, la legge stabilisce il diritto al ripristino dei nomi e dei cognomi sloveni e il loro impiego in tutti gli atti pubblici, valevole per le persone sia fisiche che giuridiche; il diritto, pur mantenendo fermo il carattere ufficiale della lingua italiana, all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, nonché il diritto di avere documenti bilingui; il diritto all'uso della lingua slovena per gli appartenenti alla minoranza chiamati a cariche elettive nello svolgimento delle relative funzioni; l'impiego della lingua slovena, in aggiunta a quella italiana, nelle insegne pubbliche, nelle indicazioni toponomastiche e nella segnaletica stradale (artt. 7, 8, 9 e 10). Per la trattazione delle questioni relative all'istruzione in lingua slovena, vengono istituiti due organismi ad hoc: una Commissione scolastica regionale per l'istruzione in lingua slovena (DPCM 288/2006) - per l'autonomia dell'istruzione i lingua slovena - e un Ufficio speciale presso l'Ufficio scolastico regionale del Friuli-Venezia Giulia (art. 13). |
Lo Statuto speciale del Trentino Alto-Adige e altre disposizioni stataliIn relazione alla rappresentanza di minoranze linguistiche in istituzioni o organismi della PA si segnala che in attuazione dell'articolo 93 dello Statuto speciale della provincia autonoma di Bolzano, del Consiglio di Stato, supremo organo della magistratura amministrativa, devono far parte due Consiglieri appartenenti al gruppo di lingua tedesca della provincia. Ai sensi dell'art. 14 DPR 426/1984 la nomina è disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, con l'assenso del Consiglio provinciale di Bolzano. Per la nomina è richiesto altresì il parere del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Costituisce requisito per la nomina la conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca. Al riguardo, si ricorda infatti che l'articolo 20-ter del DPR n. 752 del 1976 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzionale negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego) prevede, al comma 1, che "Qualora intenda beneficiare, nei casi previsti, degli effetti giuridici derivanti dall'appartenenza o dall'aggregazione al gruppo linguistico, ogni cittadino residente nella provincia, di età superiore agli anni diciotto e non interdetto per infermità di mente, ha facoltà di rendere in ogni momento una dichiarazione individuale nominativa di appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino. Coloro che ritengono di non appartenere ad alcuno di tali gruppi, lo dichiarano e rendono soltanto dichiarazione nominativa di aggregazione ad uno di essi". Per completezza, si segnala che anche la legge elettorale del Consiglio provinciale di Bolzano prevede che con la lista dei candidati sia presentato il certificato di appartenenza o di aggregazione a un gruppo linguistico ex art. 20-ter, DPR 752/1976, ovvero, in mancanza, una dichiarazione di appartenenza o di aggregazione al gruppo linguistico ai fini e agli effetti del mandato elettorale (articolo 17 della legge provinciale n. 14 del 2017). Il regolamento del Consiglio regionale del Trentino Alto-Adige prevede poi, all'articolo 13, che i consiglieri rendano personalmente per iscritto alla Presidenza la dichiarazione di appartenenza a un gruppo linguistico, oltre che a un gruppo politico. Per il collegio elettorale di Bolzano fa fede la dichiarazione rilasciata al momento della candidatura. L'iscrizione a un gruppo linguistico è irrevocabile per la durata della legislatura. Nell'ambito della contribuzione diretta all'editoria l'articolo 2, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 70 del 2017 ha previsto, a tutela e promozione delle diverse minoranze linguistiche riconosciute nel Paese, un finanziamento a sostegno delle imprese editrici di testate espressione di minoranze linguistiche. In ragione del particolare favor riservato alle minoranze linguistiche, non è richiesta alle imprese una specifica forma societaria e non si applica il limite al contributo massimo erogabile in relazione ai ricavi dell'impresa. Ancora nel settore dell'editoria, il D.Lgs. n. 67 del 2017, nel riformare le norme sulla composizione dell'Ordine nazionale dei giornalisti, prevede che il Consiglio nazionale dell'Ordine è composto da non più di sessanta membri di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti, eletti dagli iscritti agli Ordini regionali e interregionali, prevedendo in ciascuna categoria almeno un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute. In proposito, l'articolo 16 della legge n. 69 del 1963 (legge sull'ordine dei giornalisti), come modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 67 del 2017, specifica che, ai fini della sua composizione, il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti "con propria determinazione da adottare previo parere vincolante del Ministro della giustizia, assicura la rappresentanza delle minoranze linguistiche riconosciute, prevedendo criteri e modalità che tengono conto della diffusione della lingua presso le rispettive comunità territoriali, del numero dei giornalisti professionisti e dei pubblicisti appartenenti alle aree linguistiche tutelate nonché, ove necessario secondo un principio di rotazione. Per le medesime finalità, in sede di prima applicazione, è costituito un collegio unico nazionale per l'elezione dei rappresentanti delle minoranze linguistiche riconosciute, al quale possono partecipare gli iscritti appartenenti a tali minoranze che ne facciano richiesta entro venti giorni antecedenti la data fissata per la prima convocazione dell'assemblea elettiva e che autocertifichino l'appartenenza ad esse ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445" (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa). Per quanto concerne la tutela delle minoranze linguistiche nel settore del servizio pubblico radiotelevisivo, la legge 14 aprile 1975, n. 103 ("Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva"), agli art. 19 e 20, nel disciplinare, rispettivamente, le prestazioni cui è tenuta la società concessionaria, nonché i corrispettivi dovuti alla società stessa per gli adempimenti di cui al medesimo art. 19, prevede, tra l'altro, che la società concessionaria provveda: a sistemare le reti trasmittenti televisive nelle zone di confine bilingui per renderle idonee a ritrasmettere programmi di organismi esteri confinanti; ad effettuare trasmissioni radiofoniche e televisive - regolate mediante convenzione aggiuntiva da stipularsi con le competenti amministrazioni dello Stato - in lingua tedesca e ladina per la provincia di Bolzano, in lingua francese per la Regione autonoma Valle d'Aosta ed in lingua slovena per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. |