Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa) |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni |
Titolo: | Disposizioni in materia di conflitti di interessi |
Riferimenti: | AC N.304/XIX |
Serie: | Progetti di legge Numero: 54 |
Data: | 02/03/2023 |
Organi della Camera: | I Affari costituzionali |
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Camera dei deputati |
XIX LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni in materia di A.C. 304 |
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n. 54 |
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2 marzo 2023 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento istituzioni ( 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it |
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File: AC0105.docx |
INDICE
Schede di lettura
Il contenuto della proposta di legge 3
§ Princìpi generali e destinatari della disciplina 3
§ Incompatibilità generali 5
§ Incompatibilità di carattere patrimoniale 10
§ Obblighi di dichiarazione 10
§ Obblighi di astensione 14
§ Autorità di vigilanza e controllo e poteri di accertamento 15
§ Accertamento delle cause di incompatibilità 16
§ Mandato fiduciario 17
§ Disposizioni di delega 20
§ Incompatibilità degli organi di governo regionali 21
§ Divieto di percezione di erogazioni da Stati esteri 22
§ Disposizioni finali 27
Il quadro normativo: la legge n. 215 del 2004 29
§ Ambito di applicazione 29
§ Incompatibilità 30
§ Definizione di conflitto di interessi 32
§ Obblighi di dichiarazione 34
§ Competenze delle Autorità di garanzia 35
§ Altre disposizioni 39
La proposta di legge in esame introduce, all’articolo 1, alcuni princìpi generali di correttezza dell’azione pubblica, riprendendo, e in parte integrando, quelli indicati all’articolo 1, comma 1, della legge vigente sul conflitto di interessi (L. 215/2004, che viene abrogata dall’articolo 17).
La disposizione richiamata prevede infatti che i titolari di cariche di governo, nell'esercizio delle loro funzioni, si dedicano esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e si astengono dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto d'interessi. Il successivo comma 2 specifica che per “titolari di cariche di governo” si intendono “il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo” mentre al comma 3 si specifica che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del principio dell’esclusiva cura degli interessi pubblici.
L’articolo 1 in commento individua invece i soggetti destinatari della disciplina in tutti i titolari di cariche di governo statali, regionali o locali, nonché nel presidente e nei componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione. Tali soggetti, prosegue l’articolo, hanno l’obbligo di agire perseguendo esclusivamente la cura degli interessi pubblici. Essi hanno anche l’obbligo di adottare le misure previste per prevenire situazioni di incompatibilità ed evitare l’insorgere dei conflitti di interesse.
L’articolo 2 precisa ulteriormente l’ambito di applicazione della proposta di legge.
Il comma 1 indica che per titolari di cariche di governo statali si intendono il Presidente del Consiglio, i vicepresidenti del Consiglio, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo.
L’articolo 8, comma 1, della legge n. 400 del 1988 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri può proporre al Consiglio dei ministri l'attribuzione ad uno o più ministri delle funzioni di Vicepresidente del Consiglio dei ministri. In questa ipotesi, in caso di assenza o impedimento temporaneo del Presidente del Consiglio dei ministri, la supplenza spetta al Vicepresidente o, qualora siano nominati più Vicepresidenti, al Vicepresidente più anziano secondo l'età.
L'art. 10, comma 3, della medesima legge dispone che a non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.
Ai sensi dell'art. 11 della medesima legge, possono essere nominati commissari straordinari del Governo al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali. La nomina è disposta con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta ufficiale. Sull'attività del commissario straordinario riferisce al Parlamento il Presidente del Consiglio o un ministro delegato.
Il comma 2 ribadisce che il presidente e i componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione sono equiparati, ai fini dell’applicazione della legge, ai titolari di cariche di governo.
Le Autorità indipendenti rappresentano un peculiare modello di organizzazione amministrativa che si caratterizza per la sottrazione all'indirizzo politico governativo di alcune funzioni e per un alto grado di competenza tecnica. Tanto l'indipendenza che la competenza tecnica sono strumentali allo svolgimento delle funzioni di regolazione e di controllo che le Autorità sono chiamate a svolgere a tutela di interessi pubblici e privati di rilevanza costituzionale. Nell'ordinamento non esiste una legge che disciplini in via generale questo modello di organizzazione amministrativa e le singole Autorità sono istituite e regolate da leggi ad hoc.
Sono generalmente classificate tra le Autorità:
- la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob);
- la Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm);
- la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali;
- la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP);
- l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) già Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico;
- il Garante per la protezione dei dati personali;
- l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom);
- la Autorità nazionale anticorruzione, nella quale è confluita la Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
- l’Autorità di regolazione dei trasporti.
È di solito assimilata alle autorità indipendenti, pur con peculiari caratteristiche, anche la Banca d'Italia. Dopo la trasformazione in ente strumentale della Banca d'Italia, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap), diventato Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) non viene più annoverato tra le autorità amministrative indipendenti.
Il comma 3 precisa invece che per titolari di cariche di governo regionali si intendono il presidente della regione e i componenti della giunta regionale. In proposito, si ricorda – in particolare con riferimento alle situazioni di incompatibilità individuate dall’articolo 3 - che l’articolo 122, primo comma, della Costituzione prevede che i casi di ineleggibilità e incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. In attuazione di tale disposizione è intervenuta la legge n. 165 del 2004. In proposito, inoltre, l’articolo 14 prevede che le regioni e le province autonome si uniformino ai principi generali desumibili dalla proposta di legge (cfr. infra il paragrafo incompatibilità degli organi di governo regionale).
Il comma 4 individua invece i titolari di cariche di governo locali nel
· presidente o componente di una giunta provinciale. Si ricorda in proposito che la legge 56 del 2014 ha riformato l’ordinamento delle province, eliminando le giunte dagli organi provinciali (escluse le province autonome);
· il sindaco metropolitano e i componenti dei consigli metropolitani;
· il sindaco e i componenti della giunta comunale.
L’articolo 3 reca poi, al comma 1, la definizione di “conflitto di interessi” ai fini della proposta di legge. In particolare, si afferma che sussiste conflitto di interessi quando il titolare di una delle cariche di governo indicate all’articolo 2 è titolare di un “interesse privato idoneo ad interferire con l’imparzialità necessaria all’adempimento degli specifici compiti a cui il titolare della carica è proposto”.
In proposito, andrebbe valutata l’opportunità di specificare maggiormente i contorni della fattispecie dell’“interesse privato”, che appare poter essere anche di natura non economica.
Il comma 2 precisa che sussiste conflitto di interessi anche in presenza di una delle situazioni di incompatibilità individuate dagli articoli 4 e 5.
La proposta di legge in esame reca una serie di disposizioni in materia di incompatibilità con riferimento ai titolari di cariche di governo statali, regionali nonché locali oltre ai componenti delle autorità indipendenti (artt. 4 e 5).
Si ricorda, in proposito, che la legge 215/2004 disciplina esclusivamente le incompatibilità dei titolari di cariche di Governo statali (si veda oltre l’apposito box del presente paragrafo e più diffusamente il paragrafo relativo al quadro normativo), mentre, l’art. 122 Cost., rimette alla legge regionale la disciplina dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei presidenti e dei componenti della giunta regionale (oltre che dei consiglieri regionali) nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.
L’articolo 14 prevede che le regioni e le province autonome disciplinano le incompatibilità e i conflitti di interesse dei presidenti e degli assessori regionali uniformandosi ai principi generali desumibili dalla legge. L’articolo 13 affida ad una delega legislativa l’adeguamento delle previsioni del provvedimento in esame ai fini dell’applicazione ai titolari delle cariche di governo locali ed ai componenti delle autorità indipendenti (per approfondire si veda infra).
Nel dettaglio l’articolo 4, comma 1 dispone l’incompatibilità tra le cariche di governo statali, regionali e locali e quelle di presidente e di componente delle Autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione con:
· qualsiasi ufficio o carica pubblica anche di natura elettiva; unica eccezione prevista è la compatibilità tra le cariche di governo statali e la carica di deputato o senatore;
· qualsiasi carica o ufficio o funzione in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, aziende speciali e istituzioni degli enti locali o in enti senza fini di lucro sottoposti a vigilanza e a controllo da parte dello Stato, regioni o enti locali;
· qualunque attività professionale o di lavoro autonomo, anche se gratuita, in forma associata o societaria, di consulenza o arbitrale, a favore di soggetti pubblici o privati; in base al comma 5 i titolari iscritti in albi o elenchi professionali sono sospesi di diritto dai tali albi o elenchi per tutta la durata della carica e possono percepire unicamente i proventi derivanti da prestazioni professionali svolte in precedenza;
· qualsiasi tipo di impiego o lavoro pubblico o privato ad eccezione per i titolari id cariche di governo in enti locali con una popolazione inferiore a 15.000 abitanti (comma 3). In base al comma 8 i dipendenti pubblici e privati sono collocati in aspettativa non retribuita, senza pregiudizio della posizione di carriera).
Sussiste incompatibilità anche per le attività svolte per il tramite di interposta persona o attraverso società fiduciarie e per le attività svolte all'estero (comma 2).
Il divieto di assumere cariche in enti e di svolgere attività professionale o di lavoro autonomo è valido per tre anni dalla cessazione della carica di governo, con eccezione di attività, cariche o funzioni svolte nel settore esclusivamente privato in ambiti non connessi con la carica rivestita (comma 6).
In base al comma 7, per i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato l’incompatibilità per i successivi tre anni si intende riferita all'attività professionale svolta nei settori di competenza della medesima Autorità ai sensi della legge per la tutela della concorrenza e del mercato (L. 287/1990) e del codice del consumo (D.Lgs. 206/2005).
Si ricorda in proposito che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha il compito di garantire la tutela della concorrenza e del mercato (L. 287/1990, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato); contrastare le pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori e delle microimprese, tutelare le imprese dalla pubblicità ingannevole e comparativa, nonché vigilare affinché nei rapporti contrattuali tra aziende e consumatori non vi siano clausole vessatorie (D.Lgs. 206/2005, Codice del Consumo; D.Lgs. 145/2007, Attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole); vigilare sui conflitti di interesse in cui possono incorrere i titolari di cariche di Governo (L. 215/2004); attribuire alle imprese che ne facciano richiesta il rating di legalità (D.L.1/2012, art. 5-ter).
Inoltre, l’Autorità è competenza anche nelle seguenti materie: repressione degli abusi di dipendenza economica che abbiano rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato; vigilanza sui rapporti contrattuali nella filiera agro-alimentare; applicazione della normativa nazionale relativa al ritardo nei pagamenti; vigilanza sulla commercializzazione dei diritti sportivi; poteri consultivi previsti dal Codice delle comunicazioni elettroniche in materia di trasferimento delle radiofrequenze e di analisi dei mercati rilevanti dei prodotti e servizi relativi alle comunicazioni elettroniche.
Per quanto riguarda le conseguenze dell’incompatibilità, la proposta di legge prevede l’obbligo per il titolare di una carica di governo o del componente di autorità amministrativa indipendente di rinunciare agli incarichi e alle funzioni incompatibili con la carica, entro dieci giorni dall'assunzione della medesima. Viene inoltre precisato che da tali incarichi e funzioni non può derivare, per tutta la durata della carica, alcuna forma di retribuzione o di vantaggio per il titolare (comma 4).
Infine, viene specificato che restano ferme per le cause di incompatibilità previste da altre disposizioni di legge (comma 9).
Il regime vigente delle cause di incompatibilità dei membri del Governo La disciplina delle incompatibilità è recata dall'articolo 2 della legge 215/2004, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo. L'incompatibilità riguarda: - ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione di: - cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; - mandato parlamentare; - carica di amministratore locale (nei limiti stabiliti dal decreto-legge 138/2011 che ha posto l’incompatibilità con altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali con popolazione superiore a 15.000 abitanti); - cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della L. 60/1953; - cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici; - cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti; l'imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile; - l'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo; - l'esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato. Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche. Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell'incarico di Governo, l'incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d'impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa (o analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti). Esistono, inoltre, nell'ordinamento altre disposizioni recanti cause di incompatibilità per i membri del Governo. Si tratta di disposizioni specifiche, ad esempio quelle che istituiscono autorità amministrative indipendenti, introdotte in prevalenza anteriormente all'approvazione della legge 215 del 2004, e da questa sostanzialmente assorbite. Si registra peraltro l'introduzione di disposizioni di incompatibilità anche dopo il 2004. Oltre all'incompatibilità con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti, si ricordano una serie di incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39/2013 (di attuazione della c.d. legge anticorruzione) tra cui quelle tra membri di governo e: - titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale (art. 11, comma 1); - titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 12, comma 2); - presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale (art. 13, comma 1); - direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali (art. 14, comma 1). Ai sensi del decreto legislativo 235/2012 (anch'esso attuativo della legge anticorruzione) non possono inoltre ricoprire incarichi di governo coloro che sono stati condannati, in via definitiva, ad una pena superiore a 2 anni di reclusione per un delitto ricompreso in una delle seguenti categorie: - delitti previsti dall'art. 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale (delitti a carattere associativo e delitti di terrorismo); - delitti previsti nel Libro II, Titolo II (Delitti contro la pubblica amministrazione), Capo I (Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) del codice penale, composto dagli articoli da 314 a 335-bis; - delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni stabilita in base all'art. 278 c.p.p. |
Incompatibilità e conflitti di interesse per le autorità indipendenti Si ricorda che, attualmente, in tutte le leggi istitutive delle autorità indipendenti è presente una norma che impone la nomina esclusivamente di candidati dotati di particolari requisiti soggettivi: le formule, pur non essendo identiche, esprimono la comune necessità che a guidare le Autorità vi siano persone che si distinguono per competenza, esperienza, professionalità, moralità e indipendenza. Al contempo, in molte discipline di settore è previsto un regime di incompatibilità per coloro che vengono nominati membri del collegio dell’Autorità. Tale incompatibilità può concernere anche un dato lasso temporale successivo alla scadenza del mandato, onde evitare la cd. “cattura del regolatore da parte del regolato”. Una particolare fattispecie di incompatibilità può riguardare, al contrario, il momento antecedente alla nomina. Generalmente le leggi che disciplinano le singole autorità prevedono che i loro membri non possano esercitare alcuna attività professionale, essere amministratori di soggetti pubblici o privati, o ricoprire uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi. Inoltre, è prevista una particolare tipologia di incompatibilità successiva, comune a tutte le autorità, finalizzata ad escludere la possibilità che i componenti di un’autorità indipendente, alla scadenza del mandato, possano essere nominati presso un’altra autorità. A tal fine l’articolo 22, comma 1, del D.L. 90/2014 ha stabilito che i componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Commissione nazionale per le società e la borsa, dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità nazionale anticorruzione, della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, alla cessazione dall'incarico, non possono essere nuovamente nominati componenti di una autorità indipendente, a pena di decadenza, per un periodo pari a cinque anni. Ulteriori incompatibilità sono state introdotte per dirigenti e membri delle autorità di regolazione dei servizi pubblici, nonché di Consob, Banca d'Italia e Ivass, in base alle quali, alla cessazione dell'incarico, i componenti degli organi di vertice e i dirigenti non possono intrattenere rapporti con i soggetti regolati per un periodo di due anni. Per il Garante della Privacy il nuovo Codice in materia di protezione dei dati personali prevede che, per i due anni successivi alla cessazione dell’incarico ovvero del servizio presso il Garante, sia i componenti sia i dipendenti e il segretario generale si astengono dal trattare, procedimenti dinanzi al Garante, ivi compresa la presentazione per conto di terzi di reclami richieste di parere o interpelli (art. 153, comma 8, D.Lgs. 196/2003). Si ricorda inoltre che alle Autorità indipendenti si applicano anche principi e regole delle discipline relative agli obblighi di pubblicazione e di trasparenza (D.Lgs. 33 del 2013, art. 11), nonché di incompatibilità e inconferibilità specifiche per posizioni dirigenziali delle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. 39 del 2013. Si ricorda, infatti, che nell’ambito delle definizioni utilizzate dal tale provvedimento, per «pubbliche amministrazioni», si intendono le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti.
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L’articolo 5 prevede una particolare forma di incompatibilità in caso di situazioni patrimoniali di particolare rilievo dell’interessato.
Si dispone, infatti, che le cariche di governo statali, regionali e locali, e quelle di componenti delle Autorità amministrative indipendenti sono incompatibili con la proprietà, il possesso o la disponibilità di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale di:
· imprese che svolgono la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali,
· imprese titolari di diritti esclusivi o che operano in regime di monopolio
· imprese che operino nei settori della radiotelevisione e dell'editoria o della diffusione tramite internet,
· altre imprese di interesse nazionale.
L’incompatibilità opera anche nel caso in cui le predette situazioni patrimoniali siano riferibili, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, al coniuge o ai parenti o affini entro il secondo grado o a persone stabilmente conviventi, con l’eccezione del lavoro domestico, con il titolare delle cariche (comma 1).
Ai fini della determinazione del patrimonio rilevante, non sono computate le diminuzioni patrimoniali conseguenti ad atti di disposizione, anche indiretti, compiuti, a titolo oneroso o gratuito, nei 18 mesi precedenti l’assunzione della carica da parte del titolare della carica medesima nei confronti del coniuge o dei parenti o affini entro il secondo grado o di persone stabilmente conviventi, con l’eccezione del lavoro domestico (comma 2).
Ai sensi del comma 3, i titolari della carica di governo possono optare tra il mantenimento della carica di governo con il ricorso all’istituto del mandato fiduciario (si veda l’articolo 11) o il mantenimento delle situazioni sopra richiamate causa di incompatibilità.
Inoltre, il titolare di cariche di governo e i suoi congiunti non possono essere aggiudicatari di contratti pubblici di rilevanza europea in ambiti rientranti nel settore di competenza della carica rivestita o in ambiti connessi (comma 4). In caso di violazione tali contratti sono nulli, con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti (comma 5).
Rispetto alla disciplina vigente, viene confermata la previsione di dichiarazione dei casi dei conflitti di interesse, stabilita dall’art. 5 della legge 215/2014, che diventa però più dettagliata prevedendo un elenco tassativo di situazioni e di dati patrimoniali da dichiarare, con un timing più serrato di quello attuale e con un ampliamento delle attività e dei beni da dichiarare.
In base alle proposte di legge le dichiarazioni sono pubblicate nel sito internet dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in apposita sezione dedicata al “conflitto di interessi”.
All’articolo 6, comma 7, viene esteso il novero dei soggetti obbligati alla dichiarazione, che, secondo la normativa vigente (articolo 5, comma 6, della legge n. 215 del 2004), comprende oltre al titolare della carica, il coniuge e i parenti entro il secondo grado: l’articolo include anche gli affini entro il secondo grado e le persone stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
All’AGCM spetta accertare la veridicità e la completezza delle dichiarazioni (comma 8).
Il comma 9 prevede, in via generale, che tutte le dichiarazioni siano pubblicate sul sito internet dell’Autorità antitrust, in un’apposita sezione dedicata ai conflitti di interessi.
Si valuti n proposito l’opportunità di introdurre disposizioni che assicurino il rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali.
Il comma 1 dell’articolo 6 prevede che entro 10 giorni dall’assunzione della carica, vengano dichiarati all’Autorità antitrust una serie di incarichi e attività.
In base alla normativa vigente (cfr. infra in conclusione del paragrafo), il termine per la presentazione della dichiarazione è complessivamente pari a 90 giorni (ripartito in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali).
In particolare devono essere dichiarati:
L’azienda speciale è ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica e di autonomia imprenditoriale. È uno dei soggetti giuridici disciplinati dal TUEL per l’esercizio dei servizi pubblici locali, ad eccezione dei servizi sociali che gli enti locali possono esercitare attraverso l’istituzione, anch’esso organismo strumentale dell’ente, dotato di autonomia gestionale.
I commi da 2 a 4 dell’articolo 6 richiedono la trasmissione, entro 20 giorni dall’assunzione della carica, di una serie di dati patrimoniali e reddituali all’Autorità antitrust:
In base al comma 3 le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 riguardano anche gli incarichi e le attività svolte all’estero.
In base al comma 5, ogni variazione negli elementi dichiarati deve essere resa nota, con dichiarazione integrativa, entro venti giorni dalla sua realizzazione, così come, entro o trenta giorni dalla cessazione dalla carica, i soggetti interessati dovranno dichiarare le variazioni nelle loro posizioni intervenute dall’ultima dichiarazione integrativa presentata e la cessazione della carica. Le proposte stabiliscono la non trasmissione della dichiarazione integrativa in caso di ricorso alla gestione fiduciaria o mandato fiduciario di cui all’articolo 11. Il comma 6 prevede infine un aggiornamento della dichiarazione anche entro i trenta giorni successivi alla cessazione della carica di governo, salvo, anche in questo caso il ricorso alla gestione fiduciaria o mandato fiduciario di cui all’articolo 11.
In base alla legge 215/2004 (art. 5) chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l'obbligo di rendere note all'Autorità garante della concorrenza e del mercato:
- l'eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;
- tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.
Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è sdoppiato in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali. La legge precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie. Le successive variazioni dei dati patrimoniali sono anch'esse oggetto di dichiarazione. Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
Le dichiarazioni sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza.
Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui ai successivi artt. 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni.
Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato.
In attuazione della legge anticorruzione (L. 190/2012), il legislatore è intervenuto a riordinare la materia degli obblighi di trasparenza in capo alle pubbliche amministrazioni con il D.Lgs. 33/2013. In particolare, per quanto riguarda i titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale, le amministrazioni devono pubblicare (articolo 14):
- l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
- il curriculum;
- i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
- i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
- gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
- le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.
Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati cui entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell'incarico o del mandato.
Il comma 10 dell’articolo 6 prevede, sia in caso di mancata trasmissione sia di incompletezza o non veridicità delle dichiarazioni trasmesse, salvo che il fatto costituisca più grave reato, l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 250.000 euro.
In materia sanzionatoria interviene anche il successivo articolo 12 che prevede inoltre l’irrogazione da parte dell’Autorità di sanzioni alle imprese qualora sia conseguito un vantaggio - anche non patrimoniale - alle imprese controllate dal titolare della carica, dal coniuge o dai parenti o affini entro il secondo grado. È stabilita una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 500.000 euro e, qualora l’impresa svolga la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione dello Stato, l’Autorità può disporre la decadenza dell’atto di concessione o di altro atto di assenso cui è subordinato l’esercizio della relativa attività economica.
La proposta attribuisce inoltre all'Autorità garante della concorrenza e del mercato un potere di “verifica e controllo” sull'azione del titolare delle cariche di governo, al fine di accertare il rispetto dell'obbligo di astensione (comma 3).
L'Autorità, nel caso in cui accerti la sussistenza delle situazioni di conflitto di interessi, invita l'interessato ad astenersi dai relativi atti e a rimuovere, entro dieci giorni, la situazione di conflitto. Agli atti compiuti è comminata la nullità, che si estende anche alle deliberazioni degli organi collegiali, nonché alle attività preparatorie e consequenziali e ad ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo (comma 2).
La previsione relativa alla nullità degli atti degli organi collegiali appare suscettibile di maggiore determinazione anche considerato che, con tale formulazione, potrebbero in linea teorica rientrarvi anche atti aventi valore di legge (ivi inclusi anche i decreti-legge o i decreti legislativi di fonte pari ordinata a quella del provvedimento in esame) o disegni di legge del Governo, la cui presentazione è autorizzata dal Presidente della Repubblica.
Nel caso di inottemperanza all’invito di astensione e di rimozione del conflitto effettuato da parte dell’Autorità o all’obbligo di astensione, l’Autorità medesima applica al titolare della carica una sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a di 500.000 euro. Inoltre, la notizia relativa alle sanzioni applicate sono pubblicate, su disposizione dell’Autorità e a spese dell’interessato, su almeno tre quotidiani a diffusione nazionale e sia divulgata in apposito spazio informativo inserito nel corso dei notiziari delle emittenti radiotelevisive pubbliche nelle fasce di massimo ascolto (comma 4).
Per quanto riguarda i poteri dell’ANAC il comma 2 rinvia ai decreti legislativi attuativi dell’articolo 13. Tale articolo (cfr. infra il paragrafo Disposizioni di delega) conferisce infatti, al comma 1, una delega al Governo ad adottare entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, un decreto legislativo di adeguamento della normativa in materia di enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000) alle disposizioni della proposta di legge; il successivo comma 2 conferisce poi un’ulteriore delega di riordino, coordinamento e adattamento delle disposizioni in materia di incompatibilità dei presidenti e dei componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione. Entrambi i commi prevedono che i decreti legislativi dovranno anche definire i compiti di accertamento, vigilanza, controllo e sanzione dell’ANAC.
Per quanto riguarda nello specifico i poteri dell’Autorità antitrust, il comma 3 rimette a regolamenti dell’Autorità la definizione delle modalità con le quali i titolari delle cariche di governo e i soggetti interessati potranno vedere garantita la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione di eventuali sanzioni. Il successivo comma 8 prevede che gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati ai sensi della legge sono resi pubblici mediante pubblicazione nel sito Internet dell’Autorità in un’apposita sezione dedicata ai conflitti di interessi.
Il comma 5 prevede poi che l’Autorità possa fare richiesta di informazioni a qualunque organo della pubblica amministrazione e soggetto pubblico e privato, anche attraverso ispezioni e la richiesta di perizie ed analisi. È anche previsto (comma 6) che l’Autorità possa avvalersi di tutte le banche dati pubbliche o private esistenti e, senza oneri per la finanza pubblica, della Guardia di finanza e degli altri corpi di polizia dello Stato, nonché della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici. Con riferimento all’utilizzo delle banche dati pubbliche e private esistenti, si valuti l’opportunità di introdurre disposizioni che assicurino il rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali.
Si prevede anche che ogni provvedimento adottato dall’Autorità sia motivato (comma 7) che sia sempre ammesso il ricorso al giudice amministrativo e, in particolare, al TAR del Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi dell’articolo 135, comma 1, lettera b) del codice del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104 del 2010, comma 9) e che si applichino, in quanto compatibili le norme generali in materia di sanzioni amministrative di cui alla legge n. 689 del 1981 (commi 9 e 10).
Il citato articolo 135, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo già prevede che siano devolute alla competenza inderogabile al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, salvo ulteriori disposizioni di legge, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato e quelli dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Il comma 4 prevede che l’Autorità antitrust presenti semestralmente una relazione al Parlamento sull’attuazione della legge.
Il comma 11 prevede infine che l’Autorità antitrust e l’ANAC siano autorizzate a rideterminare le proprie dotazioni organiche nel limite massimo di incremento di dieci unità di personale ciascuna.
Gli articoli 9 e 10 prevedono due procedimenti distinti per l’accertamento di cause di incompatibilità generali (ossia quelle tra la carica di governo e altre cariche pubbliche o attività professionali e lavorative di cui all’articolo 4) e di quelle di carattere patrimoniale (ossia quelle derivanti dalla partecipazione in una impresa in settori rilevanti di cui all’articolo 5).
In entrambi i casi, l’Autorità procede all’accertamento, anche d’ufficio, dell’eventuale sussistenza di cause di incompatibilità entro 30 giorni dalla scadenza delle dichiarazioni rese dai titolari di cariche di governo ai sensi dell’articolo 6. L’Autorità ne verifica l’effettiva rimozione e può procedere all’accertamento anche durante l’intera durata del mandato dell’interessato (comma 1).
In caso di accertamento della mancata rimozione dell’incompatibilità, l’Autorità ne dà comunicazione immediatamente all’interessato che entro 10 giorni deve provvedere a eliminare la causa di incompatibilità (comma 2).
A questo punto il procedimento si differenzia: nel caso di incompatibilità generale, il membro del Governo ha 10 giorni di tempo per cessare dall’incarico o attività incompatibile. Nel frattempo tutti i suoi atti, anche quelli adottati in via collegiale (ad es. quelli del Consiglio dei ministri) quelli preparatori, conseguenziali e coessenziali all’attività di governo sono nulli (art. 9, comma 3).
Per quanto riguarda invece le incompatibilità patrimoniali l’interessato può optare tra il mantenimento della carica di governo (che comporta il conferimento del patrimonio ad una società fiduciaria ai sensi dell’art. 11) o il mantenimento dell’incompatibilità (in questo caso tutti gli atti anche presi in organismi collegiali sono nulli). Nel caso invece di opzione per la carica di governo, l’autorità assegna all’interessato un periodo di tempo per il conferimento del patrimonio (art. 10, comma 3).
Dopo questa fase il procedimento torna comune per le due fattispecie. Sia in caso di mancato conferimento del patrimonio, sia in caso di mancata cessazione dell’attività incompatibile, l’Autorità:
§ applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 mila a 1 milione di euro (comma 4);
§ dispone che la notizia della sanzione sia pubblicata, a spese dell’interessato, su almeno tre quotidiani a diffusione nazionale e sia diffusa nelle emittenti radio tv pubbliche (comma 5);
§ comunica la mancata rimozione delle cause di incompatibilità al Presidente del consiglio, al Ministro dell’interno e ai Presidenti delle Camere (quest’ultimi a loro volta provvedono a darne comunicazione alle rispettive Assemblee e al Presidente della Repubblica).
Il procedimento si conclude con la decadenza di diritto dell’interessato dall’incarico di governo con l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio, o, se la decadenza riguardi quest’ultimo, del Ministro dell’interno (comma 6).
In caso di incompatibilità derivanti da attività patrimoniali, la proposta di legge prevede, come anticipato sopra, l’obbligo del conferimento delle attività e del patrimonio ad un'unica società fiduciaria autorizzata ad operare con decreto del Ministro dello sviluppo economico e (vigilata dal medesimo ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966 recante disciplina delle società fiduciarie e di revisione), mediante mandato fiduciario senza rappresentanza (articolo 11, comma 1).
Il mandato fiduciario si colloca tra gli istituti giuridici che non hanno una specifica disciplina normativa, ma nascono dalla libera iniziativa delle parti nella regolazione dei propri rapporti e vengono in seguito elaborati dalla giurisprudenza, che provvede a delinearne le caratteristiche fondamentali. In particolare, la giurisprudenza si è soffermata sull’elaborazione dei tratti principali che contraddistinguono il negozio fiduciario, di cui il mandato fiduciario può essere considerato una manifestazione, segnatamente di quella tipologia rappresentata dalla c.d. fiducia cum amico, in cui “la creazione della titolarità è funzionale alla realizzazione di una detenzione e gestione del bene nell'interesse del fiduciante ed in vista di un successivo ulteriore trasferimento della titolarità, allo stesso fiduciante o a un terzo” - Cass. Sez. Unite 6459/2020). Secondo la Suprema Corte di cassazione “il fenomeno fiduciario consiste in una operazione negoziale che consente ad una parte (il fiduciante) di far amministrare o gestire per finalità particolari un bene da parte di un'altra (il fiduciario), trasferendo direttamente al fiduciario la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l'acquisto in nome proprio da un terzo, con il vincolo che il fiduciario rispetti un complesso di obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferisca il bene al fiduciante o a un terzo da lui designato.” Come ben evidenzia la definizione datane dalla Cassazione, il negozio fiduciario non si presenta “come una fattispecie, ma come una casistica: all'unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per pratici effetti”, “essendo diversi i tipi di interessi che possono sorreggere l'operazione”. (Cass. Sez. Unite 6459/2020).
La relazione illustrativa individua le ragioni della scelta relativa all'utilizzo dello strumento giuridico del mandato fiduciario rispetto al trust in particolare nei seguenti elementi: a) viene utilizzato uno strumento giuridico disciplinato nel diritto italiano, rispetto ad uno strumento, quale il trust, disciplinato solo da leggi estere; b) la separazione dei beni che si attua con il mandato fiduciario non richiede alcun passaggio della proprietà in capo alla società fiduciaria, a differenza del trust, così eliminando problematiche di carattere tributario; c) l'attività fiduciaria può essere esercitata in Italia esclusivamente da società in possesso di una specifica autorizzazione ministeriale.
Il comma 2 prevede una serie di clausole che il mandato fiduciario deve necessariamente prevedere, ossia:
· la durata non può eccedere quella dell’incarico di governo;
· il costo deve essere a carico del patrimonio amministrato;
· deve essere senza rappresentanza e comprendere l’incarico di intestazione fiduciaria e di amministrazione delle attività;
· deve essere espressamente prevista l’irrevocabilità del mandato fiduciario ai sensi dell’articolo 1723 del codice civile, in quanto conferito anche nell’interesse pubblico;
L’articolo 1723 c.c. prevede la possibilità che mandante possa revocare il mandato; ma, se era stata pattuita l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa. In ogni caso il mandato conferito anche nell'interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca; inoltre, non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante.
· deve prevedere la nomina di uno o più esperti, persone fisiche o giuridiche, scelte dal mandante nell’ambito di una lista predisposta dall’AGCM; gli esperti devono curare la gestione dei beni e degli attivi conferiti adottando al riguardo le determinazioni a ciò necessarie; fermo restando che l’attuazione di tali determinazione compete alla società fiduciaria.
Viene stabilito, inoltre, che il mandato fiduciario deve prevedere l'obbligo di alienazione o di trasformazione dei beni, da attuare a cura della società fiduciaria nei termini e alle condizioni stabiliti dagli esperti di cui sopra prevede la nomina (comma 3).
Sono previsti poi specifici requisiti e obblighi relativamente alla società fiduciaria ed all’attività degli esperti (commi 4-8).
In particolare, la società fiduciaria non può essere una società partecipata o amministrata anche nei 10 anni precedenti dal titolare della carica di governo, neanche per interposta persona, o da un congiunto, né avere avuto con esso rapporti contrattuali o finanziari (comma 4). Tali limiti valgono anche per gli esperti (comma 5).
Inoltre, società ed esperti:
· hanno l’obbligo di riservatezza (comma 6);
· devono astenersi da qualsiasi operazione che possa configurare un conflitto di interessi (comma 7);
· devono informare l’Autorità circa eventuali tentativi di ingerenza da parte del mandante (comma 8).
Il mandante ha diritto di conoscere, con cadenza periodica, solo l'ammontare quantitativo dei beni conferiti e l'andamento della gestione del patrimonio e i suoi eventuali incrementi o decrementi (comma 9).
L’AGCM approva il mandato fiduciario che non può contenere clausole incompatibili con quanto prescritto dalla pdl in esame (comma 10).
Sono quindi attribuiti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato compiti di vigilanza sull'attività della società fiduciaria e la facoltà di impartire le istruzioni che ritenga necessarie alle quali la società fiduciaria ha l'obbligo di attenersi (commi 11-12).
È stabilita l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro) nel caso in cui la società fiduciaria o gli esperti vengano meno agli obblighi prescritti, ferma restando la possibilità per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato di imporre al conferente di revocare il mandato conferito alla società fiduciaria o agli esperti (commi 13-14). In tale caso il mandante provvede, entro trenta giorni, alla loro sostituzione con le modalità e nel rispetto di quanto stabilito dalla legge (comma 15).
Si dispone, infine, l’applicazione del principio della trasparenza fiscale (con la previsione per cui tutti gli oneri tributari relativi alle operazioni compiute sono a carico del mandante) per tutte le operazioni poste in essere dalla società fiduciaria (comma 16).
L’articolo 13 reca due deleghe legislative al Governo per disciplinare i conflitti di interessi negli organi di governo degli enti locali e nelle Autorità amministrative indipendenti.
In particolare, una prima delega – da esercitare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge – è finalizzata a conformare le disposizioni del testo unico enti locali (D.Lgs. 267/2000) e della legge 56/2014, che ha riformato le province e istituito le città metropolitane, alla nuova disciplina del conflitto d’interessi (comma 1).
Andrebbe valutata, in proposito, l’opportunità di richiamare altresì il D.Lgs. 39/2013 che reca tra le altre, disposizioni in materia di inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello locale.
Con il medesimo decreto si provvede a definire altresì i compiti e le funzioni dell’ANAC nei confronti degli organi di governo locali.
Il relativo decreto è adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata e previo parere del Consiglio di Stato, da rendere nel termine di 30 giorni dal ricevimento dello schema di decreto.
Una seconda delega, contenuta al comma 2 dell'articolo 13, dovrà altresì riordinare, coordinare e adattare le vigenti disposizioni in materia di incompatibilità del presidente e dei componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, uniformandole con quanto stabilito nel provvedimento in esame. Anche in questo caso, la delega deve essere esercitata entro 180 giorni ed il relativo decreto delegato definisce i compiti dell’ANAC nei confronti dei componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione.
Il comma 3 individua il procedimento per l’esercizio di entrambe le deleghe, prevedendo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e l’obbligo del Governo a motivare il mancato recepimento del parere.
In entrambi i casi, i principi e criteri direttivi sembrerebbero dover essere desunti dalla complessiva riforma della disciplina del conflitto d’interessi.
Con riferimento ad entrambe le disposizioni di delega, occorre valutare l’opportunità di corredare la delega legislativa di espliciti principi e criteri direttivi ai sensi dell’articolo 76 della Costituzione.
Con specifico riferimento invece alla delega concernente le autorità indipendenti, si valuti l’opportunità di procedere ad una individuazione puntuale delle autorità interessate nella disposizione di delega.
L’articolo 14 prevede che le regioni e le province autonome disciplinano le incompatibilità e le situazioni di conflitto di interessi dei presidenti e degli assessori regionali, uniformandosi ai principi generali introdotti dal provvedimento ed ai principi fondamentali già vigenti in materia di incompatibilità della L. 165/2004.
Si ricorda, in merito alle disposizioni in materia di conflitto di interessi dei titolati di cariche di governo regionali, che l’art. 122 Cost., rimette alla legge regionale la disciplina dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei presidenti e dei componenti della giunta regionale (oltre che dei consiglieri regionali) nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica. La legge 165/2004, adottata in attuazione dell’art. 122 Cost. ha individuato i seguenti principi generali:
§ ineleggibilità (articolo 2)
- sussistenza di cause di ineleggibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato "possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto", ovvero possano "violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati";
- inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora il candidato cessi dalle funzioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito;
- applicazione della disciplina delle cause di incompatibilità alle cause di ineleggibilità sopravvenute alla elezione;
- non immediata rieleggibilità del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto allo scadere del secondo mandato consecutivo.
§ incompatibilità (articolo 3)
- sussistenza di cause di incompatibilità in caso di conflitto tra le funzioni svolte dal Presidente o dagli altri componenti della Giunta regionale o dai consiglieri regionali ed altre situazioni o cariche, anche elettive, che possano "compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione ovvero il libero espletamento della carica elettiva"; sussistenza di cause di incompatibilità in caso di conflitto con funzioni svolte dai medesimi soggetti presso organismi internazionali o sopranazionali;
- eventuale fissazione della causa di incompatibilità tra assessore regionale e consigliere regionale;
- in caso di previsione della incompatibilità per lite pendente con la regione: il soggetto deve essere parte attiva nella lite; altrimenti la previsione della causa di incompatibilità è possibile solo a seguito di giudizio definito con sentenza passata in giudicato;
- fissazione di un termine dall'accertamento della causa di incompatibilità, non superiore a trenta giorni, entro il quale a pena di decadenza dalla carica deve essere effettuata l'opzione o deve cessare la causa che determina l'incompatibilità.
L’articolo 15 del provvedimento in esame introduce un divieto di percezione di erogazioni provenienti da Stati esteri a carico di alcuni titolari di cariche di governo statali, regionali e dei parlamentari.
Come espressamente enunciato nella relazione illustrativa del provvedimento in esame l’articolo 15 “intende introdurre un procedimento sanzionatorio fondato sulla considerazione del fatto che il bene giuridico tutelato – l’indipendenza dei rappresentanti delle istituzioni da influenze straniere, incompatibili con il principio enunziato dall’articolo 54, secondo comma, della Costituzione, con la funzione attribuita dall’articolo 67 della stessa Costituzione e con il giuramento prescritto dall’articolo 93 della medesima – risulta concretamente messo in pericolo […] nel momento stesso dell’accettazione di contributi, prestazioni o altre forme di sostegno per un valore superiore a 5.000 euro annui”.
A questo proposito, la relazione richiama l’articolo 318 del codice penale che punisce il reato di corruzione per l’esercizio della funzione, per affermare che il suddetto bene giuridico tutelato – vale a dire l’indipendenza nell’esercizio delle funzioni esercitate dal titolare della carica – sarebbe messo concretamente in pericolo non soltanto nel caso in cui il pubblico ufficiale, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceva, per sé o per un terzo, denaro o altre utilità o ne accetti la promessa (come previsto dall’articolo 318 del codice penale), bensì per il solo fatto di ricevere prestazioni o altre forme di sostegno per un valore superiore a 5.000 euro annui, come previsto dalla disposizione in esame.
Lo scopo – dichiarato dai proponenti del provvedimento in esame – sembrerebbe quindi quello di anticipare la tutela del bene giuridico rispetto alla tutela penale attualmente accordata dall’articolo 318 c.p.
Attualmente, nel nostro ordinamento il divieto di percepire erogazioni da parte di Stati esteri è previsto a carico dei partiti e dei movimenti politici.
In particolare, l’articolo 1, comma 12, della legge n. 3 del 2019 (recante misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici) applica un divieto analogo a quello qui in esame, a carico dei partiti o movimenti politici che abbiano presentato propri candidati alle elezioni politiche, europee o regionali ovvero a carico dei partiti e movimenti politici iscritti nel registro dei partiti politici, cui dichiari di fare riferimento un gruppo parlamentare o una componente del Gruppo misto.
A tali partiti e movimenti politici (nonché alle liste partecipanti alle elezioni amministrative nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti), è fatto divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia.
Nel dettaglio, il comma 1 determina l’ambito soggettivo della disposizione in commento, limitandolo alle seguenti cariche:
· Presidente del Consiglio dei ministri,
· Vicepresidenti del Consiglio dei ministri,
· Ministri,
· Viceministri,
· Sottosegretari di Stato,
· Commissari straordinari del Governo di cui all’articolo 11 della legge n. 400 del 1988,
· Parlamentari,
· presidenti delle regioni e i componenti delle giunte regionali.
Rispetto all’ambito di soggettivo di applicazione delineato dall’articolo 2 del provvedimento, l’articolo 15 ricomprende anche i Parlamentari. Diversamente, non sono invece ricompresi nel divieto di cui all’articolo 15 i componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, che sono invece equiparati ai titolari di cariche di governo ai sensi dell’articolo 2, comma 2. Non sono infine destinatari del divieto di cui alla presente disposizione i titolari delle cariche di governo locali, di cui all’articolo 2, comma 3, del provvedimento.
Lo stesso comma 1 precisa l’ambito oggettivo del divieto, che non consente ai titolari delle suddette cariche di accettare, durante il proprio mandato e nell’anno successivo alla cessazione dello stesso, contributi, prestazioni o altre utilità di valore complessivo superiore a 5.000 euro annui, erogati, direttamente o anche indirettamente, da:
· Governi o da enti pubblici di Stati esteri; ovvero
· da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia.
La condotta del titolare della carica ritenuta sanzionabile riguarda quindi non soltanto le erogazioni accettate durante lo svolgimento dell’incarico, ma anche quelle ricevute nell’anno successivo alla cessazione dello stesso.
Il comma 2 esclude dall’ambito di applicazione del divieto le remunerazioni e le pensioni alle quali i soggetti sopra indicati abbiano diritto per attività prestate prima dell’assunzione della carica.
Il comma 3 esclude inoltre l’applicazione del divieto per i contributi, le prestazioni e le altre utilità percepite, nell’anno successivo alla cessazione del mandato, da chi riceveva un’erogazione di eguale natura, da parte dello stesso soggetto estero, prima di assumere una delle cariche indicate dal comma 1.
I commi 4 e 5 disciplinano le dichiarazioni che devono essere prodotte dai suddetti soggetti.
In particolare, entro il decimo giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, i soggetti destinatari del divieto trasmettono all’ANAC copia della medesima dichiarazione, presentata all’amministrazione finanziaria (comma 4).
A questo riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’articolo 6, comma 4, del provvedimento, entro lo stesso termine di dieci giorni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi, i titolari delle cariche individuati dall’articolo 2, sono tenuti a trasmettere copia di tale dichiarazione all’AGCM.
L’articolo 6, comma 7, prevede inoltre che ad analogo obbligo siano soggetti anche il coniuge, i parenti o affini entro il secondo grado del titolare della carica di governo e le persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico.
Si valuti l’opportunità di un approfondimento e di un eventuale coordinamento tra le richiamate disposizioni.
Entro lo stesso termine, gli stessi soggetti trasmettono inoltre all’ANAC una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445/2000 (recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), nella quale indicano i contributi, le prestazioni e le altre utilità, provenienti dagli Stati, dagli enti e dalle persone giuridiche di Stati stranieri , da essi percepiti nell’anno precedente, il valore di ciascuno di essi e la causa dell’erogazione (comma 5).
L’articolo 47 del D.P.R. 445/2000 disciplina le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato resa e sottoscritta dal medesimo (comma 1). La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza (comma 2). Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente oggetto delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni di cui all'articolo 46 del D.P.R. 445/2000 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (comma 3).
Ai sensi del comma 6, rispetto alle dichiarazioni rese dai soggetti destinatari del divieto, l’ANAC effettua le proprie verifiche avvalendosi dei poteri previsti in favore degli uffici competenti all’accertamento delle imposte sui redditi dall’articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, in quanto compatibili.
La norma non specifica quali dei poteri riconosciuti dalla legge all’amministrazione finanziaria, per l’esercizio dei suoi poteri di accertamento, sia attribuito anche all’ANAC.
L’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973 dispone infatti che, nell’adempimento dei compiti di controllo delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta, gli uffici delle imposte possono, tra i loro altri poteri[1]:
1) procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche;
2) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti;
3) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti;
4) inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati;
5) richiedere agli organi ed alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie;
6) richiedere copie o estratti degli atti e dei documenti depositati presso i notai, i procuratori del registro, i conservatori dei registri immobiliari e gli altri pubblici ufficiali;
6-bis) richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ai soggetti sottoposti ad accertamento, ispezione o verifica il rilascio di una dichiarazione contenente l'indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e le società fiduciarie, nazionali o stranieri, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta;
7) richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria;
7-bis) richiedere, con modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare d'intesa con l'Autorità di vigilanza in coerenza con le regole europee e internazionali in materia di vigilanza e, comunque, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, ad autorità ed enti, notizie, dati, documenti e informazioni di natura creditizia, finanziaria e assicurativa, relativi alle attività di controllo e di vigilanza svolte dagli stessi, anche in deroga a specifiche disposizioni di legge;
8-bis) invitare ogni altro soggetto ad esibire o trasmettere atti o documenti fiscalmente rilevanti concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente e a fornire i chiarimenti relativi.
In considerazione della particolarità dei poteri di accertamento e verifica attribuiti dalla legge all’amministrazione finanziaria e dei presupposti e garanzie del relativo procedimento, si valuti l’opportunità di specificare quali dei poteri di cui all’articolo 32 del DPR 600/1973 si intenda attribuire all’ANAC nell’esercizio dei poteri di verifica di cui alla presente disposizione.
Il comma 7 dispone che le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dall’ANAC nell’esercizio dei suoi compiti di verifica delle dichiarazioni rese dai soggetti destinatari del divieto sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
Lo stesso comma richiama inoltre la legge n. 241 del 1990 (recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) al fine di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento sopra descritto.
Si ricorda che il capo III (articoli da 7 a 13) della richiamata legge n. 241 del 1990 è intitolato “Partecipazione al procedimento”.
Esso disciplina la comunicazione di avvio del procedimento (art. 7) nonché le relative modalità e contenuti (art. 8), l’intervento nel procedimento (art. 9), i diritti dei partecipanti al procedimento (art. 10), la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza (art. 10-bis), gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento (art. 11), i provvedimenti attributivi di vantaggi economici (art. 12), l’ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione (art. 13).
Si ricorda che l’articolo 13, comma 2, prevede che le suddette disposizioni, di cui al capo relativo alla partecipazione al procedimento amministrativo, non si applicano, tra gli altri, ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano.
Il comma 8 prevede che, ove accerti la violazione del divieto di percezione di erogazioni provenienti da Stati esteri, l’ANAC lo dichiara con proprio provvedimento motivato, nel quale sono indicati i contributi, le prestazioni e le altre utilità la cui accettazione costituisce violazione del divieto. Il provvedimento è immediatamente comunicato al soggetto interessato.
Il comma 9 fa conseguire all’accertamento della violazione del divieto l’ineleggibilità e l’incompatibilità per cinque anni (decorrenti dalla data di pubblicazione del provvedimento dell’ANAC) rispetto alle cariche indicate nel comma 1.
Si ricorda che le cause di ineleggibilità impediscono l'elezione ma possono essere rimosse e pertanto il diritto di elettorato passivo del soggetto interessato non è perso ma non può essere validamente esercitato fino a quando non siano rimosse.
Le cause di incompatibilità sono invece dirette ad impedire che chi ricopre determinati uffici possa contemporaneamente ricoprire un ulteriore incarico; in tal senso, in caso di cariche elettive, non è impedita la partecipazione alle elezioni ma l'interessato, se eletto, deve optare tra il mandato parlamentare e la carica incompatibile. Alcune cause di incompatibilità sono individuate già in Costituzione, le altre sono invece stabilite per legge.
Per una ricostruzione delle cause di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità dei Parlamentari, si rimanda all’apposito dossier predisposto dal Servizio Studi della Camera.
Il richiamo contemporaneo alle cause di ineleggibilità e incompatibilità sembrerebbe suggerire l’applicazione di entrambe le sanzioni in conseguenza della medesima violazione del divieto di percezione di erogazioni di cui alla presente disposizione. Si valuti l’opportunità di un chiarimento
Infine, il comma 10 dispone che nei casi in cui la dichiarazione sostitutiva di cui al comma 5 non sia presentata nel termine ivi previsto (i.e. entro il decimo giorno successivo alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche), ovvero risulti non veritiera o incompleta, si applica la pena prevista dall’articolo 328, primo comma, del codice penale. In tali casi, l’ANAC riferisce all’autorità giudiziaria competente e ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
Si ricorda che l’articolo 328, primo comma, del codice penale disciplina la fattispecie di reato relativa al rifiuto di atti d'ufficio, prevedendo che il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuti un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Si segnala inoltre che l’articolo 76 (rubricato “norme penali”) del D.P.R. 445/2000, dispone che chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal testo unico di cui allo stesso D.P.R. 445/2000 è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà (comma 1). L'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso (comma 2).
In particolare, le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 sono considerate come fatte a pubblico ufficiale (comma 3).
Come esaminato supra, la pdl (art. 8, comma 11) autorizza l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e l’Autorità nazionale anticorruzione a rideterminare le proprie dotazioni organiche nel limite massimo di 10 unità di personale ciascuna.
L’articolo 16 della proposta provvede alla copertura finanziaria dell’onere derivante dall’ampliamento della dotazione organica delle due autorità – valutato in 800.000 euro annui a decorrere dal 2023 - attraverso una corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2024, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2022, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Tale copertura finanziaria è limitata ai soli anni 2023 e 2024.
L’articolo 17 della proposta di legge dispone l’integrale abrogazione della legge vigente sul conflitto di interessi (L. n. 215/2004) in conseguenza alla disciplina recata dal provvedimento.
L’articolo 18 dispone in ordine all’entrata in vigore della legge, stabilito in quello successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
La legge 20 luglio 2004 n. 215 (c.d. legge Frattini) affronta il tema dei conflitti di interessi che possono riguardare determinati titolari di incarichi pubblici i quali siano anche titolari di attività economiche di rilevante portata.
Il tentativo di disciplinare la materia era già stato affrontato anche prima dell’approvazione della legge, nelle precedenti due legislature senza alcun esito legislativo, nonostante l’iter parlamentare fosse giunto, in entrambi casi, a un’avanzata fase della deliberazione.
Nel corso delle legislature successive è stata risollevata in ambito parlamentare la questione dei conflitti di interessi in occasione dell’esame di alcune proposte di legge (non approvate) di riforma della legge del 2004.
Da ultimo nella XVIII Legislatura la I Commissione della Camera ha affrontato l'esame di diverse proposte di legge di iniziativa parlamentare volte a modificare la disciplina dei conflitti di interessi pervenendo alla adozione di un testo base senza tuttavia concluderne l’esame (per una descrizione del testo base si veda il tema dell’attività parlamentare Conflitti di interessi; una disamina dell’attività parlamentare nelle precedenti legislature nel dossier predisposto nella XVIII Legislatura in occasione dell’inizio dell’esame in sede referente delle medesime proposte).
Preliminarmente, la legge individua (articolo 1) i destinatari della disciplina nei “titolari di cariche di Governo”, nel cui ambito sono ricompresi (comma 2):
§ il Presidente del Consiglio dei ministri,
§ i ministri,
§ i vice ministri,
§ i sottosegretari di Stato,
§ i commissari straordinari del Governo.
L’art. 10, comma 3, della L. 400/1988[2] dispone che a non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.
Ai sensi dell’art. 11 della medesima legge, possono essere nominati commissari straordinari del Governo al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali. La nomina è disposta con D.P.R. su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta ufficiale. Sull'attività del commissario straordinario riferisce al Parlamento il Presidente del Consiglio o un ministro delegato.
Inoltre, le disposizioni in materia di conflitto di interessi di cui alla L. 215/2004 si applicano, in quanto compatibili, anche ai componenti della Commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria, di cui all’art. 54 della L. 416/1981, secondo quanto disposto dall’art. 2, comma 8, del decreto-legge n. 63/2012[3].
La legge impone a tali soggetti di dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e di astenersi dal compimento di atti – inclusa la partecipazione a deliberazioni collegiali – “in situazione di conflitto di interessi” (comma 1).
La definizione di conflitto di interessi, ai fini dell’individuazione degli atti dai quali è obbligatorio astenersi, è resa dal successivo art. 3 (v. infra).
Ai sensi del comma 3, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano disposizioni idonee ad assicurare il rispetto del principio di cui al comma 1.
La disciplina delle incompatibilità è recata dall’articolo 2, in cui sono elencate le cariche, gli uffici e le attività la cui titolarità o il cui esercizio risulta incompatibile con la titolarità di cariche di Governo.
L’incompatibilità riguarda:
§ ogni carica o ufficio pubblico, ad eccezione delle cariche o uffici inerenti alle funzioni svolte dal soggetto in quanto titolare di cariche di Governo; del mandato parlamentare; di amministratore locale (si veda oltre quanto disposto dal decreto-legge 138/2011); delle cariche che risultano compatibili con il mandato parlamentare ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della L. 60/1953[4];
§ cariche, uffici o funzioni in enti di diritto pubblico, anche economici;
§ cariche, uffici, funzioni o compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, o in associazioni o società tra professionisti. L’imprenditore individuale provvede a nominare uno o più institori, ai sensi del codice civile[5];
§ l’esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo;
§ l’esercizio di qualsiasi tipo di impiego o lavoro sia pubblico, sia privato.
Il decreto-legge 138/2011 (art. 13, comma 3)[6] ha ampliato (senza modificare testualmente la legge 215) il novero delle incompatibilità delle cariche di governo comprendendovi qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica (in pratica sindaci e presidenti di provincia) relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti[7].
Gli incarichi e le funzioni incompatibili cessano con effetto dalla data del giuramento relativo agli incarichi di Governo e comunque dalla data di effettiva assunzione delle cariche.
Dagli incarichi e funzioni incompatibili non può derivare, per tutta la durata della carica di Governo, alcuna forma di retribuzione o vantaggio per il titolare. Dopo il termine dell’incarico di Governo, l’incompatibilità sussiste per ulteriori dodici mesi nei confronti di cariche in enti di diritto pubblico e in società con fini di lucro che operano in settori connessi con la carica ricoperta. Quanto ai rapporti d’impiego o di lavoro pubblico o privato, è previsto il collocamento in aspettativa (o analoga posizione prevista dai rispettivi ordinamenti).
Esistono, inoltre, nell’ordinamento altre disposizioni recanti cause di incompatibilità per i membri del Governo. Si tratta di disposizioni specifiche, ad esempio quelle che istituiscono autorità amministrative indipendenti, introdotte in prevalenza anteriormente all’approvazione della legge 215 del 2004, e da questa sostanzialmente assorbite.
Si registra peraltro l’introduzione di disposizioni di incompatibilità anche dopo il 2004.
Oltre all’incompatibilità con la carica di sindaco e presidente di provincia, sopra menzionata, si ricordano una serie di incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013 (di attuazione della c.d. legge anticorruzione)[8] tra cui quelle tra membri di governo e:
- titolari di incarichi amministrativi di vertice (segretario generale, capo dipartimento, direttore generale e similari) nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale (art. 11, comma 1);
- titolari di incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico (art. 12, comma 2);
- presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale (art. 13, comma 1);
- direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali (art. 14, comma 1).
Ai sensi del decreto legislativo 235/2012[9] (anch'esso attuativo della legge anticorruzione) non possono inoltre ricoprire incarichi di governo coloro che sono stati condannati, in via definitiva, ad una pena superiore a 2 anni di reclusione per un delitto ricompreso in una delle seguenti categorie:
- delitti previsti dall'art. 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale (delitti a carattere associativo e delitti di terrorismo);
- delitti previsti nel Libro II, Titolo II (Delitti contro la pubblica amministrazione), Capo I (Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione) del codice penale, composto dagli articoli da 314 a 335-bis;
- delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni stabilita in base all'art. 278 c.p.p.
La legge individua quindi le situazioni in cui si determina il conflitto di interessi (articolo 3).
Esso sussiste quando il titolare di cariche di Governo partecipa all’adozione di un atto – anche formulando la proposta – o omette un atto dovuto:
§ trovandosi in situazione di incompatibilità ai sensi del precedente art. 2, ovvero
§ avendo l’atto o l’omissione un’“incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o delle imprese o società da essi controllate, con danno per l’interesse pubblico.
A fini interpretativi, giova rimarcare che:
§ la situazione di conflitto non concerne (solo) l’adozione di atti, bensì la partecipazione a tale adozione: può dunque trattarsi di deliberazioni collegiali ovvero di atti conseguenti all’adozione di un procedimento al quale il titolare di cariche di governo prende parte, anche attraverso la formulazione della proposta;
§ la situazione di conflitto può derivare anche da un’omissione, quando essa abbia ad oggetto un atto dovuto (non sembra dunque rilevare l’omissione di un atto qualora residui un margine di discrezionalità in ordine alla sua adozione);
§ l’incidenza patrimoniale dell’atto o dell’omissione deve essere non solo specifica ma “preferenziale”.
Tale aggettivo sembra richiedere un diverso (e migliore) effetto patrimoniale nei confronti del titolare (o dei parenti), rispetto alla generalità dei soggetti in atto o potenzialmente destinatari dell’atto o dell’omissione. A tale riguardo, la delibera del 16 novembre 2004 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, applicativa della legge, precisa (art. 5, comma 2) che “nell'accertamento dell'incidenza specifica e preferenziale l'Autorità prende in considerazione qualsiasi vantaggio che in modo particolare, ancorché non esclusivo, si può determinare nel patrimonio dei soggetti di cui all'art. 3 della legge, anche se l'azione di governo è formalmente destinata alla generalità o ad intere categorie di soggetti”;
§ l’incidenza dell’atto o dell’omissione può riguardare non solo il patrimonio (personale) del titolare, coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ma anche quello delle imprese o società da essi controllate. Il concetto di “controllo” è definito mediante rinvio all’art. 7 della L. 287/1990[10].
Al di fuori delle ipotesi di incompatibilità, per le quali l’insorgenza del conflitto è in re ipsa, il conflitto è configurato, come si è detto, in termini di “incidenza specifica e preferenziale” sul patrimonio del titolare e degli altri soggetti individuati: assume dunque rilievo la sola natura patrimoniale degli interessi. Ulteriore condizione che deve ricorrere perché si abbia conflitto è la sussistenza di un danno per l’interesse pubblico in conseguenza dell’atto.
La sussistenza di una situazione di conflitto di interessi (potenziale, deve intendersi) fa sorgere nel titolare della carica di governo l’obbligo di astensione di cui all’articolo 1.
Viene ribadita la validità delle norme generali poste a tutela della concorrenza[11] (articolo 4), stabilendo, tra l’altro, che la violazione del divieto di atti e comportamenti che costituiscano o mantengano una posizione dominante nel settore delle comunicazioni (ai sensi dell’art. 2 della L. 249/1997[12] - poi confluito nel testo unico della radiotelevisione: D.Lgs. 177/2005 e successivamente nel D.Lgs. 208/2021- e dell’art. 14 della L. 112/2004[13]) è sanzionata anche quando sia compiuta dall’impresa facente capo al titolare di cariche di Governo avvalendosi di atti posti in essere dal titolare medesimo. Resta altresì ferma, in presenza dei rispettivi presupposti, l’applicabilità delle norme civili, penali, amministrative e disciplinari vigenti.
Il riferimento alla L. 112/2004 è stato introdotto dal successivo D.L. 233/2004[14], che ha inteso adeguare e coordinare alcuni passaggi della L. 215/2004 con il dettato della L. 112/2004 (così detta “legge Gasparri”), che regola l’assetto del sistema radiotelevisivo e introduce, in particolare, il concetto di “sistema integrato delle comunicazioni”.
Il decreto-legge, nello specifico, ha novellato la legge in soli due punti (artt. 4 e 7) con il dichiarato intento di introdurre richiami alla “legge Gasparri” o in sostituzione di norme superate, o in aggiunta a norme che restano in vigore, ma che sono divenute insufficienti a regolare le funzioni previste dalla legge sul conflitto di interessi in materia di comunicazione.
Chi assume la titolarità di cariche di Governo ha l’obbligo di rendere note (articolo 5) all’Autorità garante della concorrenza e del mercato:
§ l’eventuale titolarità di cariche o attività incompatibili;
§ tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui sia titolare, o di cui sia stato titolare nei tre mesi precedenti.
Il termine per la presentazione della dichiarazione, complessivamente pari a 90 giorni, è sdoppiato in 30 giorni per la dichiarazione delle situazioni di incompatibilità, e in ulteriori 60 giorni per quella concernente le attività patrimoniali. Si precisa inoltre che tra le attività patrimoniali da dichiarare sono comprese le partecipazioni azionarie. Le successive variazioni dei dati patrimoniali sono anch’esse oggetto di dichiarazione.
Gli obblighi di dichiarazione sono estesi al coniuge ed ai parenti entro il secondo grado.
Le dichiarazioni sono rese anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, quando le incompatibilità o i dati patrimoniali afferiscano a settori di sua competenza.
Le due menzionate Autorità di garanzia provvedono agli accertamenti di competenza, con le modalità di cui ai successivi articoli 6 e 7, entro i 30 giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni.
Le dichiarazioni incomplete o non veritiere o la mancata effettuazione delle dichiarazioni stesse costituiscono reato (vedi oltre articolo 8).
In attuazione della legge anticorruzione (L. 190/2012), il legislatore è intervenuto a riordinare la materia degli obblighi di trasparenza in capo alle pubbliche amministrazioni con il D.Lgs. 33/2013. In particolare, per quanto riguarda i titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale, le amministrazioni devono pubblicare (articolo 14):
- l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
- il curriculum;
- i compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
- i dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
- gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
- le dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge, limitatamente al soggetto, al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano.
Le pubbliche amministrazioni pubblicano tali dati cui entro tre mesi dalla elezione o dalla nomina e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell'incarico dei soggetti, salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che vengono pubblicate fino alla cessazione dell'incarico o del mandato.
L’articolo 6 individua le nuove funzioni assegnate dalla legge all’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di conflitti di interessi.
Nel dettaglio, l’Autorità è competente ad accertare la sussistenza di:
§ situazioni d’incompatibilità, di cui all’articolo 2 della legge;
§ situazioni di conflitto d’interesse, ai sensi dell’articolo 3.
Nel primo caso, l’Autorità promuove, nei casi d’inosservanza, gli adempimenti volti a superare la situazione di incompatibilità, eseguiti poi dagli organi di volta in volta competenti, e ne dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere.
In particolare, l’Autorità, accertata la situazione di incompatibilità, promuove:
- la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio ad opera dell’Amministrazione competente o di quella vigilante l’ente o l’impresa;
- la sospensione del rapporto di impiego o di lavoro pubblico o privato;
- la sospensione dall’iscrizione in albi e registri professionali, che deve essere richiesta agli ordini professionali per gli atti di loro competenza.
Nella seconda ipotesi, l’Autorità non ha poteri diretti nei confronti del titolare di cariche di Governo, ma comunica ai Presidenti delle Camere gli accertamenti svolti, indicando la situazione di privilegio. L’Antitrust può invece diffidare ed eventualmente infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che pongano in essere comportamenti volti ad avvantaggiarsi degli atti adottati in situazioni di conflitto d’interesse.
La legge attribuisce all’Autorità Antitrust un potere di esame, controllo e verifica degli effetti dell’azione del titolare della carica di governo. Tale attività deve essere focalizzata a rilevare l’eventuale incidenza specifica e preferenziale, con danno per l’interesse pubblico, dell’azione del titolare della carica di governo sul proprio assetto patrimoniale, su quello del coniuge o dei parenti entro il secondo grado nonché su quello delle imprese o società da essi controllate.
È in ogni caso fatto salvo l’obbligo di denunzia all’autorità giudiziaria, quando i fatti abbiano rilievo penale.
Vengono indicate le modalità degli accertamenti dell’Antitrust, che procede d’ufficio alle verifiche di competenza, valutate preventivamente e specificatamente le condizioni di proponibilità ed ammissibilità della questione.
A tale fine, l’Autorità corrisponde e collabora con gli organi delle Amministrazioni, acquisisce i pareri delle altre Autorità amministrative indipendenti competenti e le informazioni necessarie per l’espletamento dei compiti che il disegno di legge le affida, con i limiti opponibili all’autorità giudiziaria.
Nell’esercizio di tali funzioni, l’Autorità si avvale dei poteri riconosciuti dalla L. 287/1990, in quanto compatibili.
È garantita la partecipazione procedimentale dell’interessato ai sensi della L. 241/1990[15], ma viene fatto salvo quanto previsto dell’articolo 14, comma 3, della L. 287/1990, che stabilisce che le notizie, le informazioni o i dati riguardanti le imprese oggetto di istruttoria da parte dell’Autorità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
Come si anticipava, a seguito degli accertamenti o dell’irrogazione di sanzioni pecuniarie previsti dall’articolo in esame, l’Antitrust deve effettuare una comunicazione motivata diretta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
Tale comunicazione deve indicare:
§ i contenuti della situazione di privilegio;
§ gli effetti distorsivi realizzatisi sul mercato;
§ le conseguenze della situazione di privilegio;
§ le eventuali sanzioni inflitte alle imprese.
All’Antitrust viene inoltre attribuito un potere regolatorio in riferimento alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 16 novembre 2004, su Criteri di accertamento e procedure istruttorie relativi all’applicazione della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi[16].
Il successivo articolo 7 attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifici compiti nella materia in esame.
Tali compiti – di vigilanza, di accertamento e sanzionatori – sono indirizzati non al titolare di cariche di governo ed ai suoi comportamenti, bensì ai comportamenti delle imprese che facciano capo al titolare medesimo – ovvero al coniuge o ai parenti entro il secondo grado, o che siano da essi controllate – qualora tali imprese operino nei settori del sistema integrato delle comunicazioni di cui all’art. 2, comma 1, lett. g) della L. 112/2004[17]: si tratta del “stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni”[18].
Oggetto del controllo sono gli (eventuali) comportamenti che:
§ forniscano un “sostegno privilegiato” al titolare di cariche di governo;
§ vìolino, al contempo, le disposizioni di cui alla L. 223/1990[19], alla L. 249/1997[20], alla L. 28/2000[21], nonché alla citata L. 112/2004.
Tali leggi costituiscono i principali provvedimenti di ordine generale volti a disciplinare l’esercizio dell’attività radiotelevisiva, l’assetto complessivo del settore delle comunicazioni e la comunicazione politica attraverso i mezzi di informazione. Ciascuna di esse reca una pluralità di specifici obblighi e divieti a carico delle imprese operanti nel settore, nonché di sanzioni per la violazione dei medesimi, e pone in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni specifiche competenze afferenti alla regolazione del settore, alla vigilanza, all’accertamento delle infrazioni ed all’irrogazione di sanzioni.
Gran parte delle disposizioni della legge 223/1990 e della legge 112/2004 sono state abrogate e sono confluite nel citato testo unico del 2005.
L’articolo in esame fa rinvio alle leggi sopra richiamate anche per definire i poteri attribuiti all’Autorità, le procedure che essa deve seguire e le sanzioni da questa irrogabili. In aggiunta a ciò, estende all’Autorità quanto già disposto nel precedente articolo 6 con riguardo ai poteri ed alle modalità di accertamento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Anche l’Autorità per le comunicazioni, come già previsto per l’Antitrust, qualora accerti che l’impresa abbia adottato comportamenti che forniscono un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo in violazione delle disposizioni di cui alle quattro leggi sopra citate, ha il potere di comminare, previa diffida, le sanzioni specificamente previste per tali infrazioni dalle leggi medesime: le sanzioni pecuniarie, peraltro, sono aumentate sino a un terzo, in relazione alla gravità della violazioni.
L’Autorità informa il Parlamento degli accertamenti effettuati e delle eventuali sanzioni irrogate.
La legge attribuisce anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un potere regolatorio in ordine alle procedure istruttorie, ai criteri di accertamento per lo svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal provvedimento in esame, nonché in relazione alle modifiche organizzative interne. Tale potere è stato esercitato con l’adozione della Deliberazione del 1 dicembre 2004, Regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[22], successivamente abrogata e sostituita dalla Deliberazione del 13 ottobre 2005, Modifiche e integrazioni al regolamento per la risoluzione dei conflitti di interessi[23].
Le due Autorità comunicano ogni sei mesi alle Camere, attraverso apposite relazioni, lo stato delle attività di controllo e vigilanza che sono ad esse attribuite (articolo 8).
Le ultime relazioni trasmesse sono le seguenti:
§ Doc. CLIII, n. 8 (trasmessa alla Presidenza il 24 febbraio 2022) relativa al secondo semestre 2021. Presentata dal Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
§ Doc. CLIII-bis, n. 1 (trasmessa alla Presidenza il 13 dicembre 2011) Anno 2011. Presentata dal Presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (ultima relazioni trasmessa).
Le violazioni agli obblighi di dichiarazione di cui al precedente articolo 5 (dichiarazioni di denuncia delle situazioni di incompatibilità e dei dati relativi alle proprie attività patrimoniali), di cui si siano resi responsabili i titolari delle cariche di Governo sono tutte sanzionate ai sensi dell’articolo 328 del codice penale[24].
Si prevedono le seguenti ipotesi di violazione degli obblighi di dichiarazione:
§ la mancata effettuazione della dichiarazione;
§ l’effettuazione di dichiarazione non veritiera;
§ l’effettuazione di dichiarazione incompleta.
Un’ulteriore condizione per l’applicazione dell’art. 328 c.p. si verifica quando l’interessato non ottemperi ad una specifica richiesta dell’autorità competente in un termine stabilito dalla stessa autorità, e comunque non inferiore a 30 giorni. Le autorità competenti sono l’Autorità per le comunicazioni, nel caso le dichiarazioni relative alle incompatibilità o ai dati patrimoniali riguardino il settore delle comunicazioni, e l’Autorità Antitrust negli altri casi.
Entrambe le Autorità, una volta verificate le irregolarità, ne danno comunicazione documentata sia all’autorità giudiziaria competente, sia ai Presidenti delle Camere.
L’articolo 9 dispone un incremento del ruolo organico di ciascuna Autorità, in conseguenza dei nuovi compiti ad esse attribuiti in materia di conflitti di interessi.
L’articolo 10 reca, infine, alcune disposizioni transitorie.
[1] La numerazione corrisponde a quella dell’articolo 32, del quali non sono riportati tutti i poteri.
[2] L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[3] D.L. 18 maggio 2012, n. 63, Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale. (conv. L. 16 luglio 2012, n. 103).
[4] L. 13 febbraio 1953, n. 60, Incompatibilità parlamentari. Si tratta delle “cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché [di] quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici”.
[5] Ai sensi dell’art. 2203 c.c., “è institore colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale”. L’institore (art. 2204 c.c.) può compiere tutti gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (salve le limitazioni contenute nella procura) e può stare in giudizio in nome del preponente, ma non può alienare o ipotecare i beni immobili senza espressa autorizzazione.
[6] D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148).
[7] La soglia demografica, originariamente fissata a 5.000 abitanti, è stato così elevata dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni di comuni e fusioni di comuni.
Si ricorda altresì che nel testo originario la legge 215 prevedeva anche l’incompatibilità tra le cariche di Governo e quella di amministratore locale. Per effetto della successiva L. 88/2005, di conversione del D.L. 44/2005, tale incompatibilità è venuta meno: l’art. 3-ter del decreto, introdotto in sede di conversione, novella infatti il comma 1, lett. a) dell’art. 2 per aggiungere alle eccezioni ivi elencate quella relativa alla carica di amministratore di enti locali, come definita dall’art. 77, comma 2, del Testo unico sugli enti locali.
Tale disposizione individua come segue gli amministratori degli enti locali:
- i sindaci, anche metropolitani, e i presidenti delle province;
- i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province;
- i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali;
- i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali;
- i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane;
- i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali;
- i componenti degli organi di decentramento.
[8] D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
[9] D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190
[10] L. 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
[11] Si tratta, in particolare, delle vigenti disposizioni volte a prevenire e reprimere l’abuso di posizione dominante da parte delle imprese, recate dall’art. 3 della L. 287/1990, istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
[12] L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo. Il richiamato art. 2, relativo al divieto di posizioni dominanti, è stato dapprima ampiamente modificato dalla L. 112/2004 e poi abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177; le corrispondenti disposizioni sono ora contenute negli artt. 22 e 43 del Testo unico.
[13] L. 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione. L’art. 14 è relativo all’accertamento della sussistenza di posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.
[14] D.L. 6 settembre 2004, n. 233 (conv. con mod. in L. 5 novembre 2004, n. 261), Modificazioni alla legge 20 luglio 2004, n. 215, in materia di risoluzione dei conflitti di interessi.
[15] L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
[16] Pubblicata nella G.U. 1 dicembre 2004, n. 282.
[17] Si ricorda che l’articolo richiamato è stato abrogato dall’art. 54 del Testo unico della radiotelevisione di cui al D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Le disposizioni ivi recate sono ora contenute nell’art. 2, comma 1, lett. s) del citato Testo unico, come modificato prima dal comma 4-bis dell'art. 16 del D.L. 159/2007 e poi dal comma 1 dell'art. 4, D.Lgs. 44/2010.
[18] Il riferimento al settore integrato delle comunicazioni è stato introdotto dal D.L. 233/2004, già richiamato nel testo.
[19] L. 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (cd. “legge Mammì”).
[20] L. 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (cd. “legge Maccanico”).
[21] L. 22 febbraio 2000, n. 28, Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica (cd. “legge sulla par condicio”).
[22] Deliberazione n. 417/04/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2004, n. 300.
[23] Deliberazione n. 392/05/CONS, pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 2005, n. 298 e modificata dalla Deliberazione n. 682/11/CONS del 12 dicembre 2011.
[24] Ai sensi del quale: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.