Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani - Roma, 30 gennaio 2024
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 10
Data: 26/01/2024
Organi della Camera: III Affari esteri, XIV Unione Europea

                        

 

XIX LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

Audizioni e incontri

 

 

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, sugli esiti del Consiglio Affari esteri dell’UE del 22 gennaio 2024 e sulle priorità della Presidenza italiana del G7

 

Roma, 30 gennaio 2024

 

Senato della Repubblica

Servizio studi

Ufficio ricerche nel settore politica estera e difesa

Servizio degli affari internazionali

UFFICIO DEI RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI

DELL’UNIONE EUROPEA  

n. 66

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 10

Servizio studi

Dipartimento affari esteri


 

Servizio Studi

Ufficio ricerche nel settore politica estera e difesa

Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - @SR_Studi

 

Servizio degli Affari internazionali -

Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell’Unione Europea

TEL. 06 6706 4561 - affeuropei@senato.it

 

Dossier n. 66

 

 

 

Ufficio rapporti con l’Unione europea

Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it - Twitter_logo_blue.png@CD_europa

Dossier n. 10

 

Servizio Studi – Dipartimento affari esteri

Tel. 06 6760 4939 - st_affari_esteri@camera.it

 

 

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I N D I C E

Esiti del Consiglio Affari esteri dell’UE  del 22 gennaio 2024  1

Guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina  2

Situazione in Medio Oriente  11

Situazione nel Mar Rosso  15

Azerbaijan e Armenia  26

Priorità dell’UE nei fori ONU sui diritti umani 27

Le priorità della Presidenza italiana del G7  29

La Presidenza italiana del G7  29

Il calendario degli eventi 30

Le priorità  30

 

 


 

 


Esiti del Consiglio Affari esteri dell’UE
del 22 gennaio 2024

 

Il Consiglio Affari esteri dell’UE del 22 gennaio 2024 ha discusso sui seguenti temi:

·        guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina (con uno scambio di opinioni informale in videoconferenza con il Ministro degli Affari esteri dell’Ucraina);

·        situazione in Medio Oriente (con scambi di opinione informali, in separate sedi, con: il Ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, i Ministri degli Affari Esteri dell’Arabia Saudita - Faisal bin Farhan Al Saud, Giordania - Ayman Safadi, e Egitto – Sameh Shoukry, e il Segretario generale della Lega degli Stati arabi Ahmed Aboul Gheit, nonché il Ministro degli Esteri dell’Autorità Palestinese Riyad al-Maliki);

·        situazione nel Mar Rosso;

·        Azerbaijan e Armenia.

Il Consiglio ha, altresì approvato delle conclusioni sulle priorità dell’UE nei fori ONU sui diritti umani.

Il Consiglio ha, inoltre, adottato delle decisioni relative a:

·         ulteriori misure restrittive nei confronti di sei persone e cinque entità, in considerazione della gravità dell’attuale situazione in Siria. I nuovi inserimenti in elenco comprendono un consulente economico del leader siriano Bashar al-Assad, tre imprenditori di spicco che sostengono il regime siriano e ne traggono vantaggio e due persone legate alla famiglia Assad e cinque società che sostengono il regime siriano e ne traggono vantaggio — Al-Dj Group, Cham Wings, Freebird Travel Agency, Iloma Investment Private JSC e Al-Aqila Company. Alcune di queste entità sono coinvolte nel trasferimento di mercenari siriani, nel commercio di armi, nel traffico di stupefacenti o nel riciclaggio, a sostegno delle attività del regime siriano.

·         misure restrittive nei confronti di sei entità, tenuto conto della gravità della situazione in Sudan, dove sono in corso combattimenti tra le Forze armate sudanesi (SAF) e le Forze di supporto rapido (RSF) e le rispettive milizie affiliate. I nuovi inserimenti in elenco — i primi nell’ambito del regime relativo al Sudan — comprendono sei entità responsabili di sostenere attività che compromettono la stabilità e la transizione politica del Sudan. Tra le entità inserite in elenco vi sono due società coinvolte nella produzione di armi e veicoli per le SAF (Defense Industries System e SMT Engineering), la società Zadna International Company for Investment Limited, controllata dalle SAF, e tre società coinvolte nell’approvvigionamento di attrezzature militari per le RSF (Al Junaid Multi Activities Co Ltd, Tradive General Trading e GSK Advance Company Ltd). Le entità inserite in elenco sono sottoposte a congelamento dei beni. È vietato fornire fondi o risorse economiche, direttamente o indirettamente, a tali entità o a loro beneficio.

Guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina

Il Consiglio Affari esteri ha discusso dell’aggressione russa contro l’Ucraina, dopo l’intervento del Ministro degli Affari esteri ucraino Dmytro Kuleba, che in videoconferenza ha informato i suoi omologhi dell’UE sugli ultimi sviluppi sul terreno. Nonostante i continui attacchi da parte della Russia, l’Ucraina sta ottenendo importanti successi militari, in particolare nel Mar Nero. Tuttavia, la Russia ha intensificato gli attacchi missilistici e droni contro obiettivi civili in Ucraina e rimane una minaccia per l’Europa. La discussione del Consiglio si è pertanto incentrata sulla necessità di continuare a fornire assistenza all’Ucraina, compreso il sostegno militare.

I ministri hanno discusso delle modalità per aiutare l’Ucraina fornendo un’assistenza maggiore e prevedibile, in vista della riunione straordinaria del Consiglio europeo prevista per il 1° febbraio. L’Alto Rappresentante ha espresso la speranza che l’UE riesca a raggiungere un accordo su un’integrazione di cinque miliardi di euro dello Strumento europeo per la pace e sull’istituzione di un “Fondo di assistenza all’Ucraina” per affrontare le esigenze più urgenti dell’Ucraina.

Si ricorda che il Consiglio europeo nelle conclusioni della riunione del 14 e 15 dicembre 2023 ha:

·        ribadito la ferma condanna della guerra di aggressione della Russia e riaffermato il sostegno ad indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale nonché al suo diritto naturale di autotutela;

·        riaffermato che l’UE continuerà a fornire per tutto il tempo necessario all’Ucraina e alla sua popolazione un forte sostegno finanziario, economico, umanitario, diplomatico e militare;

·        affermato che l’UE e i suoi Stati membri continueranno a rispondere alle esigenze militari e di difesa dell’Ucraina: a) insistendo sull’importanza di un sostegno militare prevedibile e sostenibile per l’Ucraina, segnatamente attraverso l’assistenza bilaterale degli Stati membri nonché attraverso lo strumento europeo per la pace e la missione di assistenza militare dell’UE; b) sottolineato l’urgente necessità di accelerare la fornitura di missili e munizioni, in particolare nell’ambito dell’iniziativa volta a fornire un milione di munizioni di artiglieria, e di dotare l’Ucraina di un maggior numero di sistemi di difesa aerea; c) invitando il Consiglio a intensificare i lavori per la riforma dello strumento europeo per la pace, anche per quanto riguarda un ulteriore aumento del relativo finanziamento;

·        indicato che l’UE e gli Stati membri restano determinati a contribuire, a lungo termine e insieme ai partner, agli impegni in materia di sicurezza a favore dell’Ucraina al fine di resistere agli sforzi di destabilizzazione e scoraggiare atti di aggressione nel futuro, invitando l’Alto rappresentante e gli Stati membri a proseguire i lavori in seno al Consiglio;

·        ribadito la volontà di proseguire le attività di assistenza umanitaria e di protezione civile, nonché di assistenza per garantire la resilienza del settore energetico durante l’inverno, indicando che l’UE resta determinata a sostenere, in coordinamento con i partner internazionali, la riparazione, la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina, compresi il processo di sminamento e la riabilitazione psicosociale;

·        riaffermato che l’UE e i suoi Stati membri proseguiranno gli sforzi intensificati di azione diplomatica e la cooperazione con l’Ucraina e altri paesi per garantire il sostegno internazionale più ampio possibile a una pace globale, giusta e duratura nonché ai principi e obiettivi chiave della formula di pace dell’Ucraina, in vista dello svolgimento di un futuro vertice di pace globale;

·        ribadito l’invito a compiere progressi decisivi sulle modalità con cui le entrate straordinarie detenute da entità private derivanti direttamente dai beni bloccati della Russia potrebbero essere destinate al sostegno dell’Ucraina e della sua ripresa e ricostruzione, sulla base delle recenti proposte della Commissione;

·        invitato a compiere ulteriori sforzi volti a istituire un tribunale per il perseguimento del crimine di aggressione nei confronti dell’Ucraina che goda del più ampio sostegno a livello interregionale e della più ampia legittimità, nonché un futuro meccanismo di risarcimento;

·        affermato che l’UE è determinata a indebolire ulteriormente la capacità della Russia di condurre la sua guerra di aggressione, anche mediante l’ulteriore rafforzamento delle sanzioni nonché attraverso la loro attuazione piena ed effettiva e la prevenzione della loro elusione;

·        sottolineato l’importanza della sicurezza e della stabilità nel Mar Nero, che sono essenziali per la sostenibilità delle esportazioni di cereali dell’Ucraina e per la loro capacità di raggiungere i mercati mondiali, invitando la Commissione a sviluppare ulteriormente la capacità dei corridoi di solidarietà su tutte le rotte.

Sostegno militare all’Ucraina

Il Consiglio ha finora stanziato, attraverso pacchetti successivi di decisioni, 5,6 miliardi di euro per la fornitura all’Ucraina di attrezzatura militare nell’ambito dello Strumento europeo per la Pace (European Peace Facility - EPF), fondo fuori dal bilancio dell’UE alimentato da contributi degli Stati membri (determinati secondo il criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo; l’Italia contribuisce per circa il 12,8%). La dotazione complessiva del fondo, a fronte delle crescenti esigenze di sostegno all’Ucraina, è salita da ultimo a 12,04 miliardi.

Per rispondere alla richiesta urgente di munizioni e missili da parte dell’Ucraina sono state adottate ulteriori misure sulla base di tre linee di intervento:

·        rifornire l’Esercito ucraino per circa 1 milione di proiettili di artiglieria e,  se richiesti dall’Ucraina,  anche di missili attingendo alle scorte nazionali esistenti o sulla base di ordini già effettuati dai singoli Stati membri all’industria, prevedendo un rimborso di 1 miliardo di euro a titolo dello Strumento europeo per la pace (decisione adottata dal Consiglio il 13 aprile);

·        mobilitare un altro miliardo di euro dell’EPF per effettuare in modo collettivo - attraverso l’Agenzia Europea per la Difesa o progetti congiunti – ordini di acquisti dall’industria europea della difesa (e dalla Norvegia) di munizioni da 155 mm e di missili, per ricostituire le scorte nazionali e aumentare le consegne all’Ucraina nel modo più rapido possibile, prima del 30 settembre 2023 (decisione adottata dal Consiglio il 5 maggio);

·        sostenere l’incremento delle capacità di produzione dell’industria europea della difesa nel settore delle munizioni e dei missili.  A tal fine il 20 luglio 2023 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno adottato il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (denominato ASAP). La nuova normativa prevede allo scopo, fra le altre cose, un finanziamento da parte dell’UE di 500 milioni di euro e la possibilità per gli Stati di usare, a sostegno della propria industria della difesa, i fondi del PNRR.

È ancora bloccato l’iter di approvazione della decisione sull’8a tranche degli aiuti militari all’Ucraina a titolo dell’EPF, a causa dal veto dell’Ungheria che ha chiesto garanzie affinché l’EPF mantenga un orizzonte globale e non sia unicamente utilizzato per armare l’Ucraina.

Al termine del Consiglio Affari esteri (formato difesa) del 13 novembre 2023, l’Alto Rappresentante Borrell ha fatto il punto sulla discussione in seno al Consiglio, evidenziando l’urgenza di aumentare il sostegno militare dell’UE e dei suoi Stati membri all’Ucraina. Per quanto riguarda la fornitura all’Ucraina di munizioni, Borrell ha indicato che rispetto all’obiettivo concordato dall’UE di fornire 1 milione di munizioni a metà novembre 2023 ne sono state fornite all’Ucraina dagli Stati membri circa 300.000, ed ha inviato a riorientare gli ordini dando priorità agli ordini di munizioni destinati all’Ucraina, evidenziando come molta dell’esportazione dell’industria della difesa continui ad esser destinata a paesi terzi, ma esprimendo fiducia nella capacità dell’industria europea della difesa di raggiungere l’obbiettivo prefissato per marzo 2024.

Il Consiglio Affari esteri del 28 novembre 2033 ha deciso di fornire finanziamenti aggiuntivi, attraverso l’EPF, per 194 milioni di euro per la formazione delle forze armate ucraine nell’ambito della missione di assistenza militare dell’Unione europea a sostegno dell’Ucraina (EUMAM Ucraina), portando gli stanziamenti totali in tale ambito a 255 milioni di euro. Tale sostegno sarà concesso e assumerà la forma di attrezzature e forniture letali e non letali necessarie, nonché di servizi a sostegno delle attività di formazione. Dall’avvio della missione, più di 34.000 soldati sono stati addestrati dall’EUMAM Ucraina.

 

Quadro sugli impegni dell’UE in materia di sicurezza a favore dell’UE

Il Consiglio europeo del 26 e 27 ottobre 2023 ha dato mandato all’Alto Rappresentante a procedere a consultazioni con l’Ucraina sul Quadro dei futuri impegni dell’UE in materia di sicurezza a favore dell’Ucraina e a riferire in merito a tali discussioni nella riunione del Consiglio europeo di dicembre.

Nella riunione del 23 novembre il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) ha raggiunto un accordo sul testo del Quadro e ha convenuto di sottoporlo al Consiglio per approvazione.

Il Quadro indica che i futuri impegni dell’UE in materia di sicurezza dovrebbero includere un sostegno prevedibile, a lungo termine e sostenibile alla sicurezza e alla difesa dell’Ucraina, nonché impegni più ampi in materia di sicurezza, che comprendono il processo di adesione all’UE e il sostegno dell’UE alle riforme, alla ripresa e alla ricostruzione, il sostegno diplomatico e le attività di sensibilizzazione a livello mondiale, il sostegno finanziario, commerciale e umanitario, nonché le sanzioni nei confronti della Russia, l’accertamento delle responsabilità e la cooperazione regionale.

Da parte sua, l’Ucraina dovrebbe continuare ad intraprendere riforme in linea con il suo percorso di adesione all’UE, anche nel settore della sicurezza e della difesa.

Il quadro afferma che l’Unione europea e i suoi Stati membri continueranno a fornire all’Ucraina un sostegno militare sostenibile, segnatamente attraverso lo strumento europeo per la pace (EPF) e la missione di assistenza militare dell’UE, nonché l’assistenza bilaterale degli Stati membri.

Il quadro indica, in particolare, che l’UE:

·         garantirà un meccanismo prevedibile, efficiente, sostenibile e a lungo termine per la fornitura di materiale militare all’Ucraina. Tale sostegno dovrebbe basarsi sull’assistenza attualmente fornita dagli Stati membri e nell’ambito dello strumento europeo per la pace e essere sufficientemente flessibile da rispondere alle esigenze ucraine in evoluzione (per quanto concerne il materiale sia letale che non letale, la formazione nonché la manutenzione e la riparazione), offrendo nel contempo sostegno a una pianificazione delle forze a più lungo termine per il comparto militare ucraino, il passaggio dal destoccaggio agli appalti e la mobilitazione della base industriale di difesa europea;

·         continuerà a offrire formazione alle forze armate ucraine, in particolare attraverso l’EUMAM Ucraina. I futuri obiettivi di formazione dovrebbero essere costantemente adeguati in termini di numeri e competenze, in funzione delle esigenze di combattimento espresse dalle forze armate ucraine e di concerto con i partner. Le iniziative dell’UE in materia di formazione dovrebbero altresì contribuire alla riforma a lungo termine delle forze armate ucraine;

·         promuoverà una maggiore cooperazione con l’industria della difesa ucraina per rafforzare la capacità di rispondere alle esigenze immediate e adoperarsi per l’allineamento delle norme e una migliore interoperabilità, anche attraverso incentivi specifici o altre forme di sostegno;

·         continuerà a fornire sostegno per rafforzare la cooperazione con l’Ucraina in materia di resilienza, concentrandosi sulla lotta alle minacce informatiche, ibride e alla disinformazione;

·         continuerà a fornire sostegno all’azione antimine militare e civile, sulla scorta degli interventi dell’UE in corso;

·         continuerà a sostenere la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina, in linea con il programma di adesione all’UE, e continuerà ad affrontare le sfide connesse alla guerra, quali il sostegno agli sforzi volti ad accertare le responsabilità e alle attività di contrasto nei territori liberati e adiacenti, in particolare attraverso la missione consultiva dell’UE in Ucraina (EUAM);

·         intensificherà la collaborazione con l’Ucraina per prevenire e contrastare lo sviamento di armi da fuoco, armi leggere e di piccolo calibro;

·         continuerà a sostenere la sicurezza e la transizione energetiche e la sicurezza e protezione nucleare in Ucraina;

·         continuerà a condividere intelligence e immagini satellitari, nel quadro dei parametri concordati.

 

Le sanzioni nei confronti della Russia

A partire dall’aggressione russa, il Consiglio ha adottato 12 pacchetti di sanzioni, l’ultimo il 18 dicembre 2023.

Il 12° pacchetto di sanzioni contro la Russia, adottato dal Consiglio il 18 dicembre 2023, prevede:

·        il divieto di importazione, acquisto o trasferimento diretti o indiretti di diamanti dalla Russia;

·        l’obbligo per gli esportatori dell’UE di vietare per contratto la riesportazione per un uso in Russia di beni e tecnologie particolarmente sensibili all’atto della vendita, fornitura, trasferimento o esportazione in un paese terzo;

·        restrizioni alle importazioni di beni che, generando entrate ingenti, consentono alla Russia di proseguire la guerra di aggressione contro l’Ucraina, quali ghise gregge e ghise specolari, fili di rame e fili, fogli e tubi di alluminio per un valore totale di 2,2 miliardi di euro all’anno ed un nuovo divieto di importazione del propano liquefatto (GPL) con un periodo transitorio di 12 mesi.

·        misure restrittive nei confronti di 61 ulteriori individui ed 86 entità per il ruolo nell’indebolire la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina nei settori militari e della difesa, affari economici, telecomunicazioni, compagni televisive;

Le misure prendono di mira anche i responsabili delle cosiddette “elezioni” illegali nei territori ucraini temporaneamente occupati dalla Russia e della “rieducazione” forzata dei bambini ucraini, nonché coloro che diffondono disinformazione a sostegno della guerra di aggressione contro l’Ucraina.

·        misure volte a rafforzare il meccanismo del price cap sui prodotti petroliferi russi entrato in vigore nel dicembre 2022;

·        ulteriori misure di esecuzione e antielusione delle sanzioni dell’UE.

 

Oltre alle nuove misure previste dal 12 pacchetto, sono attualmente in vigore:

·         misure restrittive (congelamento di beni e divieto di viaggio) nei confronti di circa 1950 tra entità giuridiche e persone (compresi i nuovi inserimenti previsti dal 12° pacchetto), tra i quali il Presidente Putin, il Ministro degli esteri Lavrov, esponenti di governo, parlamentari, militari, oligarchi, esponenti dell’informazione;

·         sanzioni finanziarie, tra cui il divieto di finanziamento della Federazione russa, del suo governo e della sua Banca centrale nonché la sospensione dal sistema di messaggistica finanziaria per scambiare dati finanziari (SWIFT) per le principali banche russe;

·         sanzioni nel settore energetico, quali in particolare: il divieto di acquistare, importare o trasferire nell’UE carbone e altri combustibili fossili solidi, se originari della Russia o esportati dalla Russia, nonché di importare petrolio dalla Russia via mare; il divieto di acquistare, importare o trasferire dalla Russia nell’UE petrolio greggio (a partire dal 5 dicembre 2022) e prodotti petroliferi raffinati (a partire dal 5 febbraio 2023); la possibilità di introdurre un tetto al prezzo per il petrolio greggio e altri prodotti petroliferi russi, al di sotto dei quali le società UE hanno il divieto di fornire servizi (trasporto, assicurazione ecc.) legati alla vendita per via marittima verso paesi terzi. Il Consiglio ha poi fissato i seguenti tetti di prezzo: 60 dollari al barile per il petrolio grezzo, 100 dollari a barile per i prodotti petroliferi raffinati di alta qualità, come diesel e benzina, 45 dollari per i prodotti di bassa qualità, come gli oli combustibili;

·         il divieto di tutte le operazioni con determinate imprese statali russe, di partecipazione di società russe negli appalti pubblici nell’UE e il divieto di esportazione dall’UE in Russia di prodotti siderurgici, beni di lusso, computer quantistici e semiconduttori avanzati, elettronica di alta gamma, software, macchinari sensibili;

·         sanzioni nei confronti di società nei settori militare, dell’aviazione, dei beni a duplice uso, della cantieristica navale e della costruzione di macchinari nonché divieti all’esportazione per prodotti a duplice uso di tecnologia critica e beni industriali;

·         il divieto di sorvolo, atterraggio e decollo nello spazio aereo dell’UE di aeromobili e vettori russi; il divieto alle navi registrate sotto la bandiera della Russia di accedere ai porti dell’UE; il divieto alle imprese di trasporto su strada russe e bielorusse di trasportare merci su strada nell’Unione;

·         divieto di transito nel territorio russo di beni e tecnologie che possono contribuire al rafforzamento militare e tecnologico della Russia;

·         il divieto di esportazione di motori per droni in Russia e verso paesi terzi, come l’Iran, che potrebbero fornire droni alla Russia;

·         il divieto per i cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione di società russe sottoposte a restrizioni o controllate direttamente o indirettamente dalla Russia;

·         restrizioni ai media, con la sospensione delle trasmissioni nell’Unione di una seria di emittenti e media russi;

·         contrasto all’elusione, attraverso la cooperazione bilaterale e multilaterale con i paesi terzi. Nei casi in cui la cooperazione non produca i risultati auspicati, l’UE adotterà un’azione rapida, proporzionata e mirata, volta unicamente a privare la Russia delle risorse che le consentono di proseguire la guerra di aggressione, sotto forma di misure individuali appropriate per contrastare il coinvolgimento di operatori di paesi terzi nell’agevolazione dell’elusione.

 

Sostegno economico e alla ricostruzione dell’Ucraina

Dall’inizio dell’aggressione russa, l’UE ha intensificato il proprio sostegno all’Ucraina, mobilitando circa 19,7 miliardi di euro, gran parte dei quali sotto forma di assistenza macrofinanziaria (AMF). Sono stati inoltre erogati 620 milioni in sovvenzioni a titolo di sostegno al bilancio per aiutare l’Ucraina a far fronte a bisogni urgenti sul campo. Complessivamente l’UE e gli Stati membri, in via bilaterale, avrebbero fino ad ora fornito assistenza all’Ucraina per circa 70 miliardi di euro.

In particolare, l’UE ha varato un piano di sostegno macroeconomico finanziario straordinario per una cifra massima di 18 miliardi di euro per tutto il 2023, volto a fornire una assistenza finanziaria stabile, regolare e prevedibile all’Ucraina con una media di 1,5 miliardi di euro al mese. Tali risorse sono destinate a coprire una parte significativa del fabbisogno di finanziamento a breve termine dell’Ucraina per il 2023, che le autorità del Paese e il Fondo monetario internazionale stimano da 3 a 4 miliardi di euro per mese. Il piano prevede alcune forme di condizionalità volte a impegnare le autorità ucraine a realizzare riforme per rafforzare ulteriormente lo stato di diritto, il buon governo, la modernizzazione delle istituzioni nazionali e locali e le misure antifrode e anticorruzione.

Sostegno alla ricostruzione

La proposta di istituzione di uno strumento per l’Ucraina

Nell’ambito della più ampia revisione del quadro finanziario pluriennale dell’UE (QFP) 2021-2027, la Commissione europea ha presentato, il 20 giugno 2023, una proposta di regolamento che istituisce un nuovo Strumento per l’Ucraina, fondato su sovvenzioni, prestiti e garanzie, con una capacità complessiva di 50 miliardi di euro (indicativamente 33 miliardi in prestiti e 17 miliardi in sovvenzioni e garanzie) per il periodo 2024-2027. Il nuovo strumento finanzierebbe le necessità immediate dell’Ucraina, nonché la ripresa e l’ammodernamento del Paese nel suo percorso verso l’UE.

La proposta è stata bloccata dal veto posto dall’Ungheria in sede di approvazione dalla revisione del QFP 2021-2027, ribadito da ultimo in occasione del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2023, che ha rinviato la decisione al Consiglio europeo straordinario del 1° febbraio 2024. Nelle sedi europee si sta valutando l’ipotesi – nel caso di un perdurante veto da parte dell’Ungheria - di garantire comunque il sostegno finanziario all’Ucraina di 50 miliardi di euro per il 2024-2027, ma su base di un impegno bilaterale da parte di ciascuno dei 26 Stati membri.

L’Ungheria vorrebbe che gli aiuti dell’UE all’Ucraina siano erogati su base annuale (sulla base di 4 tranche da 12,5 miliardi di euro da approvare all’unanimità) preferibilmente sulla base di un fondo speciale fuori dal bilancio dell’UE. L’ipotesi di scorporare la decisione sulle risorse per l’Ucraina dalla decisione sulla revisione complessiva sulla revisione del QFP 2021-2027 sarebbe anche al vaglio anche della Commissione europea.

Il 10 gennaio 2024, il Consiglio ha raggiunto, a maggioranza qualificata, un accordo parziale sulla proposta (ad esclusione delle modalità del suo finanziamento, per il quale occorre un accordo sulla revisione del QFP) ai fini dell’avvio dei negoziati con il Parlamento europeo, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria.

Lo Strumento previsto non coprirà gli aiuti umanitari, la difesa o il sostegno alle persone in fuga dalla guerra, che continueranno ad essere finanziati attraverso gli strumenti esistenti; sostituirà, invece, l’attuale sostegno bilaterale fornito all’Ucraina (AMF +, dotazione bilaterale NDICI) ed il sostegno che l’Ucraina avrebbe ricevuto nell’ambito dello Strumento di assistenza di preadesione.

L’uso dei beni russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina

La Commissione sta valutando la proposta di utilizzare i profitti di circa 211 miliardi di euro della banca centrale russa congelati nell’UE per pagare la ricostruzione dell’Ucraina, sulla base di due opzioni alternative: a) investire i fondi russi congelati e raccogliere i profitti a favore dell’Ucraina; b) tassare i profitti realizzati dagli attuali detentori di queste attività, in gran parte depositari centrali di titoli come Euroclear e Clearstream con sede in Belgio.

Il 12 dicembre 2023 la Commissione europea ha annunciato di aver trasmesso al Consiglio una proposta per istituire un quadro normativo per l’identificazione e la confisca dei profitti generati dai beni congelati della Banca centrale russa, al fine di utilizzarli – in una seconda fase e sulla base di una ulteriore proposta da presentare successivamente – per la ricostruzione dell’Ucraina. Poiché la procedura utilizzata è identica a quella utilizzata per la presentazione dei pacchetti di sanzioni contro la Russia, il testo della proposta legislativa della Commissione non verrà reso pubblico finché non sarà adottato dal Consiglio.

La Presidenza spagnola del Consiglio dell’UE (II° semestre 2023) ha stimato che i profitti derivanti dalle riserve congelate della banca centrale russa nei paesi dell’UE potrebbero generare 15-17 miliardi di euro.

 

Situazione in Medio Oriente

Il Consiglio Affari esteri ha discusso sulla situazione in Medio Oriente con incontri separati con i ministri degli esteri di Israele e dell’Autorità palestinese e con   gli interlocutori della regione coinvolti nel Peace Day Effort (cioè Arabia Saudita, Giordania, Egitto e Lega Araba). L’Alto Rappresentante ha condiviso con gli Stati membri la necessità di un approccio globale per riavviare il dialogo politico in Medio Oriente, sulla base di un Piano di pace in 12 punti (che non è stato reso noto).

Durante il primo incontro con il ministro israeliano Katz – come si legge nel comunicato del Consiglio – i ministri dell’UE hanno convenuto che la situazione catastrofica a Gaza – il crescente numero di vittime tra i civili, la fame diffusa, la grave mancanza di consegne e di accesso umanitario e gli ostaggi israeliani tenuti per oltre 100 giorni – è la priorità assoluta e più imminente.

Nella conferenza stampa al termine del vertice, Borrell ha dato conto dell’ampiezza della discussione con il ministro israeliano, senza nascondere la ferma opposizione espressa da quest’ultimo alla soluzione dei due Stati, sostenuta invece da tutti gli Stati membri. “Non sono riuscito a fargli cambiare idea” ha commentato l’Alto rappresentante. Borrell ha anche confermato che, durante l’incontro, Katz ha presentato un video dedicato a un futuro collegamento ferroviario tra diversi paesi del Medio Oriente e l’India, e un altro sul progetto di costruzione di un’isola artificiale al largo di Gaza, per ospitare parte della popolazione palestinese. Entrambi i contributi – ha commentato criticamente Borrell – “non avevano nulla a che fare con la discussione di oggi”.

Successivamente, i ministri dell’UE hanno avuto un pranzo di discussione con i partner regionali di Arabia Saudita, Giordania, Egitto (rappresentati dai ministri degli esteri) e Lega Araba (rappresentata dal Segretario generale). Come si legge nel comunicato, tutti hanno concordato sulla necessità di sostenere l’UNRWA (l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi), e hanno parlato della Gaza del dopoguerra, degli sforzi congiunti per rilanciare il processo politico verso una soluzione a due Stati.

A seguire, i ministri UE hanno avuto un colloquio anche con il ministro degli Esteri palestinese al-Maliki, al quale hanno ribadito il forte sostegno al popolo palestinese e all’ANP.

Infine, l’Alto Rappresentante ha condiviso con gli Stati membri la necessità di un approccio globale per riavviare il processo di pace in Medio Oriente, proponendo un Piano di pace in 12 punti (che non è stato reso noto), e che dovrebbe avviarsi con una prossima conferenza preparatoria di pace per affrontare il conflitto israelo-palestinese in modo globale.

Come ha detto Borrell nella conferenza stampa dopo il vertice, infatti, se le priorità immediate sono la crisi umanitaria, la fine dei bombardamenti e delle vittime civili e la liberazione degli ostaggi, occorre pensare anche al “giorno dopo”, con una soluzione a medio termine, che richiede però fin d’ora un’azione decis.      

La proposta di pace si fonda sui positivi riscontri all’iniziativa Peace Day Effort, lanciata per iniziativa dell’Alto Rappresentante Borrell a margine dell’Assemblea Onu dello scorso  settembre Secondo le indiscrezioni riportate da organi di stampa, la proposta ribadisce la soluzione dei due Stati e  punta sul coinvolgimento della comunità internazionale. Alla conferenza di pace, infatti, conferenza parteciperebbero, oltre a UE e Nazioni Unite, gli Stati Uniti, l’Egitto, la Giordania, l’Arabia Saudita e la Lega Araba, senza il coinvolgimento diretto – almeno nella prima fase - di israeliani e palestinesi.

Il presupposto è che – nell’attuale situazione - non vi siano le condizioni per un fruttuoso negoziato diretto tra le due parti.   I partecipanti alla conferenza sarebbero in costante contatto con i funzionari israeliani e palestinesi “ad ogni passo e in qualsiasi momento”, ma le due parti inizialmente non sarebbero “costretti a sedersi uno con l’altro”. La Striscia di Gaza e la Cisgiordania sarebbero rappresentate dall’Autorità Palestinese e dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, e non da Hamas. La conferenza avrebbe un anno di tempo per delineare il quadro di un piano di pace, tenendo conto dei contributi delle parti coinvolte, e dei precedenti sforzi di mediazione. Una volta redatto, il piano verrebbe presentato alle “parti in conflitto” e utilizzato come base principale per i negoziati finali.

Nella conferenza stampa conclusiva l’Alto rappresentante non ha fornito particolari sul progetto di pace, limitandosi a sottolineare che esso prevede “solide garanzie di sicurezza” sia per Israele che per il futuro Stato palestinese. Borrell ha anche auspicato la convergenza tra le diverse proposte di pace avanzate da vari soggetti della comunità internazionale.  

Recenti prese di posizioni dell’UE sulla crisi a Gaza

Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre scorsi ha tenuto un “dibattito strategico approfondito” sul MO, senza però approvare conclusioni di merito.  

Il Consiglio Affari esteri dell’11 dicembre, su proposta dell’Alto rappresentante, ha assunto alcuni punti “per orientare per orientare l’azione dell’UE”:

·        nessun trasferimento forzato della popolazione civile di Gaza né alcuna occupazione della striscia da parte di Israele;

·        prosecuzione dell’azione nei confronti di Hamas, anche attraverso misure restrittive;

·        sforzi per imporre misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti in Cisgiordania, sull’esempio degli Stati Uniti

·        uso efficace delle missioni UE sul terreno (EUPOL COPPS ed EU BAM Rafah).

 

Nelle conclusioni del vertice di Capi di Stato e di Governo, del 26 e 27 ottobre, si legge tra l’altro che il Consiglio europeo:

·        condanna con la massima fermezza Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutta Israele e per l’uso di civili come scudi umani;

·        sottolinea con forza il diritto di Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario; 

·        ribadisce l’invito rivolto ad Hamas a liberare immediatamente tutti gli ostaggi senza alcuna precondizione;

·        ribadisce l’importanza di garantire, in ogni momento, la protezione di tutti i civili in linea con il diritto internazionale umanitario, deplorando ogni perdita di vita umana tra la popolazione civile;

·        esprime la più profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria a Gaza e chiede di assicurare un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza restrizioni nonché l’arrivo degli aiuti ai bisognosi attraverso tutte le misure necessarie, compresi pause e corridoi umanitari per le esigenze umanitarie;

·        ricorda la necessità di evitare un’escalation regionale e di dialogare a tale riguardo con i partner, compresa l’Autorità palestinese;

·        si dichiara pronto a contribuire al rilancio di un processo politico sulla base della soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati, anche mediante il “Peace Day Effort”, accoglie con favore le iniziative diplomatiche per la pace e la sicurezza e sostiene lo svolgimento, a breve, di una conferenza di pace internazionale;

·        sottolinea la necessità di contrastare la diffusione della disinformazione e dei contenuti illegali ed evidenzia la responsabilità giuridica delle piattaforme in tale contesto.

 

Sul tema delle pause umanitarie, il 12 novembre l’Alto Rappresentante aveva dichiarato, tra l’altro, che l’UE:

·        si unisce alle richieste di pause immediate nelle ostilità e creazione di corridoi umanitari, anche attraverso maggiori capacità ai valichi di frontiera e una rotta marittima dedicata, per permettere agli aiuti umanitari di raggiungere in sicurezza la popolazione di Gaza;

·        torna a sottolineare con forza il diritto di Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. Chiede di assicurare un accesso umanitario continuo, rapido, sicuro e senza restrizioni nonché l’arrivo degli aiuti a coloro che ne hanno bisogno attraverso tutte le misure necessarie, compresi pause e corridoi umanitari per rispondere alle esigenze umanitarie;

·        ribadisce l’invito rivolto ad Hamas a liberare immediatamente tutti gli ostaggi senza alcuna condizione, cui il Comitato internazionale della Croce Rossa deve avere accesso;

·        condanna l’uso di ospedali e civili come scudi umani da parte di Hamas e esorta Israele a dar prova della massima moderazione per garantire la protezione dei civili, cui deve essere consentito di abbandonare le zone di combattimento;

·         sottolinea che il diritto internazionale umanitario stabilisce che gli ospedali, le forniture mediche e i civili all’interno degli ospedali devono essere protetti.

Situazione nel Mar Rosso

Per quanto riguarda la situazione nel Mar Rosso, il principale esito del Consiglio è il raggiungimento di quello che l’Alto commissario ha definito “un accordo di principio” sull’avvio di una nuova missione militare dell’UE nell’area. Borrell ha dichiarato che nessun paese ha espresso contrarietà all’avvio della missione (aggiungendo che ciò non significa che tutti vi parteciperanno), e che il Consiglio ha discusso le “varie opzioni sul tavolo”, su mandato, comando e regole d’ingaggio. Borrell non si è espresso sui tempi di avvio della missione, ma le aspettative sono che la decisione finale possa essere assunta, al più tardi, entro il prossimo Consiglio Affari esteri, fissato al 19 febbraio.

 

Per fronteggiare la situazione di alta tensione provocata dagli attacchi Houthi, il Consiglio ha definitivamente scartata (per il veto spagnolo, almeno secondo la stampa) l’ipotesi di estendere mandato e compiti dell’operazione Atalanta (su cui si veda più avanti), che pure, con la revisione del dicembre 2022, è “volta a contribuire alla sicurezza marittima nell’Oceano Indiano e nel Mar Rosso”. La nuova operazione - che si chiamerà EUNAVFOR Aspides – prenderà invece le mosse da Agenor, componente militare dell’iniziativa EMASOH (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), un’iniziativa multilaterale di singoli Stati membri (e paesi associati), al di fuori del quadro istituzionale Ue, attivata nel 2020 e a guida francese (su cui pure si veda più avanti).  

Regole d’ingaggio, area d’intervento e mandato sono ancora allo studio, anche se Borrell, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Ue, ha detto che “non si tratterà di una attività di scorta passiva”. I documenti preparatori di Consiglio e Commissione affrontano il tema dei confini del diritto di auto-difesa e della differenza tra il compito di “accompagnamento” e quello di “protezione”. Appare però inevitabile che gli assetti di Aspides, nel rispetto dei principi di necessità e proporzionalità, dovranno essere in grado di neutralizzare i diversi tipi di minaccia alle navi commerciali in transito, che possono venire da droni e missili, senza escludere gli attacchi marittimi o aerei.

L’area delle operazioni dovrebbe coprire le acque internazionali del Mar Rosso, il Mare arabico e il golfo Persico, compresi gli stretti di Hormuz e Bab al Mandeb

Si tratta poi di definire i paesi che parteciperanno attivamente alla missione, con personale e assetti, e decidere il paese che assumerà la guida dell’iniziativa. La composizione iniziale dovrebbe essere di almeno tre navi con difesa antiaeree, assetti arei di ricognizione e fattori abilitanti (logistica, informazioni, ecc.). Il fatto che la nuova missione UE tragga assetti e personale da Agenor, guidata dalla Francia, mette sicuramente Parigi in una posizione privilegiata, ma anche l’Italia ha espresso disponibilità in tal senso.

La nuova operazione dovrà coordinarsi strettamente con la missione Atalanta, anche perché le rispettive aree di azione sono in parte sovrapposte. La cooperazione sarà però necessaria anche con Prosperity Guardian, l’iniziativa a guida statunitense avviata lo scorso 18 dicembre, con i mezzi della coalizione Combined Marittime Forces, e, più in generale con tutti i paesi “like-minded” che operano nell’area. Così come per Atalanta, anche per Aspides sarà essenziale anche il coordinamento con le compagnie di navigazione, per assicurare una protezione tempestiva. È possibile prevedere una replica o un ampliamento del meccanismo di registrazione MSCHOA (Maritime Security Centre-Horn of Africa), impiegato, con affidabilità ormai consolidata, per Atalanta. 

Come per tutte le missioni militari PSDC, il controllo politico e la direzione strategica spetterà al Comitato politico e di sicurezza (PSC), composto di rappresentanti degli Stati.  Il Comitato militare UE, composto dai Capi di Stato maggiore, e il suo Presidente, dovranno svolgere un ruolo di interfaccia tra il comandante dell’operazione e il vertice politico. 

Le “spese comuni” dell’operazione saranno a carico dello Strumento europeo per la pace (EPF), lo stesso fondo che rimborsa gli aiuti militari all’Ucraina. Il resto lo metteranno gli Stati nazionali, finanziando la propria partecipazione nazionale.     

Le discussioni brussellesi non escludono che, in futuro, alla missione possa essere attribuita anche il compito specifico di applicare l’embargo delle armi nei confronti degli Houthi, disposto dal Consiglio di sicurezza fin dal 2015 (su cui si veda più avanti). Si tratterebbe ovviamente di un compito assai delicato, visto il diretto coinvolgimento iraniano in queste forniture. Proprio l’attenzione a evitare ogni possibile occasione di confronto con Teheran, dovrebbe anzi limitare fin da subito il raggio d’azione di Aspides, al largo dell’Oman. 

Si ricorda che, secondo l’articolo 42 del Trattato sull’UE, il Consiglio può avviare missioni civili o militari, all’esterno del suo territorio, “per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.

Attraverso missioni e operazioni militari l’UE può svolgere una serie di compiti che vanno dalle missioni umanitarie al peace-keeping, dalle missioni di addestramento delle forze armate alla lotta al terrorismo. Il Consiglio deve decidere all’unanimità, ma ciò non implica che tutti i paesi debbano poi partecipare alla missione.

L’articolo 43 del Trattato, tra l’altro, prevede che il consiglio possa affidare la realizzazione di una missione “a un gruppo di Stati che lo desiderano e dispongono delle capacità necessarie per tale missione”. Tali Stati – continua il Trattato – in associazione con l’Alto rappresentante “si accordano sulla gestione della missione” e informano periodicamente il Consiglio” sul suo andamento.

Si ricorda che lo scorso 10 gennaio il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato, in relazione agli attacchi Houthi, la risoluzione 2722. Sottolineando nelle premesse l’importanza della libertà di navigazione nel Mar Rosso, e rilevando l’impatto negativo sulla situazione economica e umanitaria mondiale dell’aumento dei costi di trasporto, con ricadute sulla stessa popolazione civile dello Yemen, il Consiglio di sicurezza: 

·        condanna nei termini più netti gli attacchi Houthi al naviglio commerciale, avviati dal 19 novembre;

·        chiede l’immediata cessazione di tali attacchi e l’immediato rilascio dell’imbarcazione Galaxy Leader e del suo equipaggio;

·        prende atto (“takes note”) del diritto degli Stati membri, conformemente al diritto internazionale, di difendere le proprie navi dagli attacchi, compresi quelli che compromettono i diritti e le libertà di navigazione;

·        elogia (“commends”) gli sforzi compiuti dagli Stati membri per migliorare la sicurezza e il transito protetto delle navi mercantili e commerciali di tutti gli Stati attraverso il Mar Rosso;

·        sottolinea la necessità di affrontare le cause profonde (“root causes”) compresi i conflitti che contribuiscono alle tensioni regionali e all’interruzione della sicurezza marittima;

·        ribadisce la necessità di rispettare l’embargo sulle armi stabilito nel 2015, che vieta le forniture agli Houthi (embargo che la stessa risoluzione riporta come largamente violato);

·        sollecita cautela e moderazione (“Caution and Restraint”) per evitare un ulteriore inasprimento della situazione nel Mar Rosso e nella regione;

·        incoraggia maggiori sforzi diplomatici da tutte le parti a tal fine, compreso il continuo sostegno al dialogo e al processo di pace dello Yemen.

La risoluzione è stata adottata con 11 voti favorevoli e 4 astensioni: Cina e Russia (che però non hanno posto il veto), oltre che di Algeria e Mozambico.

Nel corso della discussione la Russia aveva proposto un emendamento che stabiliva una forma di collegamento tra l’offensiva Houthi e il conflitto a Gaza. La proposta, appoggiata anche dalla Cina, oltre che dall’Algeria, Sierra Leone e Guyana, si è però scontrata col veto degli Stati Uniti e del Regno Unito. Nel testo finale – come visto - rimane solo un riferimento – generico – alla “cause profonde” delle tensioni nel Mar Rosso.  

Le conclusioni del Consiglio Affari esteri del 12 dicembre

Il 12 dicembre 2023 il Consiglio Affari esteri ha approvato conclusioni sulla crisi nel Mar Rosso, in cui tra l’altro l’UE:

·         ribadisce il suo impegno a favore dell’unità, della sovranità, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale dello Yemen nonché a sostegno degli sforzi di pace delle Nazioni Unite e del suo inviato speciale Grundberg;

·        sostiene il presidente Rashad Al Alimi e l’unità del Consiglio del comando presidenziale;

·        considerando l’impatto del conflitto yemenita sulla sicurezza e la stabilità regionali, invita gli attori internazionali e regionali a dialogare in maniera costruttiva con le parti yemenite ed elogia gli sforzi del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) e dei paesi vicini;

·        sottolinea la necessità di rispondere all’imperativo di far fronte alla catastrofica situazione umanitaria nello Yemen, dove oltre il 70 % della popolazione necessita di assistenza;

·        esorta gli Houthi ad abbandonare le posizioni massimaliste e a dialogare in modo costruttivo con l’inviato speciale delle Nazioni Unite, sottolineando l’importanza di ripristinare e prorogare ulteriormente la tregua;

·        condanna con fermezza i ripetuti attacchi perpetrati dagli Houthi ai danni di impianti di compagnie petrolifere e navi commerciali;

·        esprime soddisfazione per i voti favorevoli dello Yemen in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite con cui è stata condannata l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina;

·        invita le parti coinvolte nel conflitto ad astenersi da qualsiasi ostilità e a rispettare pienamente il diritto internazionale umanitario;

·        invita tutti gli attori, in particolare gli Houthi, a rilasciare le persone sequestrate;

·        è pronta a intensificare gli sforzi tesi a rafforzare la fiducia e a promuovere la sicurezza marittima nell’intera regione del Golfo e nel Mar Rosso.

 

L’operazione AGENOR

Agenor è la componente militare di  EMASOH (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), che non è una missione dell’UE, ma  un’iniziativa multilaterale di singoli Stati membri (e paesi associati).  La missione è stata avviata su proposta dalla Francia, a margine del Consiglio Affari esteri del gennaio 2020, e ha visto poi l’adesione di Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo e Norvegia oltre che dell’Italia. Il quartier generale è presso la base francese a Abu Dhabi.

L’obiettivo è salvaguardare la libertà di navigazione e la sicurezza delle navi in transito nello stretto, quadrante delicatissimo per il traffico commerciale e arteria essenziale per il trasporto di petrolio, minacciato dalle crescenti tensioni regionali (con un forte coinvolgimento dell’Iran).

I dispositivi aeronavali dei paesi che aderiscono all’iniziativa svolgono attività di presenza, sorveglianza e sicurezza per proteggere il naviglio mercantile nazionale (anche con attività di scorta); supportare il naviglio mercantile non nazionale (con attività di accompagnamento ma non protezione diretta); effettuare attività di ricognizione e raccolta informativa e rafforzare la cooperazione con gli altri assetti internazionali.

La partecipazione italiana alla missione è stata autorizzata dal Parlamento a partire dal 2021. Nel 2023 il nostro Paese ha partecipato alla missione con 200 unità di personale, 1 mezzo navale e 3 mezzi aerei, per un costo previsto di circa 19 milioni di euro.

 

L’operazione EUNAVFOR Atalanta

ATALANTA è un’operazione esecutiva dell’Unione europea, avviata nel dicembre del 2008, con due compiti principali: da un lato fornire protezione alle navi di aiuti umanitari del Programma alimentare mondiale (WFP) diretti in Somalia e dall’altro garantire la libera navigazione delle navi mercantili transitanti nell’area. 

Fino al 2 marzo del 2022, Atalanta ha potuto esercitare i suoi compiti principali anche all’interno delle acque territoriali somale, in virtù di un mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Da quella data le attività anti-pirateria devono invece limitarsi alle acque internazionali. Il governo somalo si è infatti opposto al rinnovo della risoluzione delle Nazioni Unite, ritenendo raggiunti gli obiettivi dell’operazione e dichiarando la propria intenzione di farsi direttamente carico della sicurezza marittima delle proprie acque territoriali.

Tra i compiti secondari di Atalanta figurano l’implementazione dell’embargo alle armi nei confronti della Somalia (sancito dal Consiglio di sicurezza dell’ONU nel 2014) e il contrasto al traffico di stupefacenti al largo della Somalia. Compiti secondari non esecutivi sono la sorveglianza su altri fenomeni illeciti (pesca illegale, traffico di carbone da legna) e il supporto alle altre iniziative UE (a cominciare dalle missioni EUTM e EUCAP sulla terraferma sonale) e internazionali.

Dal 12 dicembre 2022 Atalanta ha assunto la nuova denominazione di “operazione militare volta contribuire alla sicurezza marittima nell’Oceano Indiano occidentale e nel Mar Rosso”. 

Nel 2023 l’Italia ha partecipato all’operazione con 198 unità di personale, 1 mezzo navale e 2 mezzi aerei, per un costo previsto di quasi 27 milioni di euro.  

 

Gli Houthi e la guerra civile in Yemen (tratto da www.ispionline.it)

Con il termine Houthi si indica il movimento Ansar Allah, talvolta reso nella grafia “Ansarullah”, ovvero dall’arabo “partigiani di Dio”. È il nome che il movimento houthi si dà nel 2011, nel contesto della “primavera yemenita”, tentando di parlare a tutti gli yemeniti. Si tratta di un gruppo armato e politico dell’estremo nord dello Yemen, legato al nome di una famiglia – gli Houthi – che ha avuto sin dagli esordi un ruolo di leadership cruciale nella sua storia.

Nato all’inizio degli anni Novanta, il movimento degli Houthi è composto principalmente di combattenti della confessione zaydita, una branca minoritaria dell’islam sciita, ma non mancano anche elementi di altri gruppi religiosi. Nel 1992 viene fondata la “Gioventù credente” nel governatorato di Sa’ada, nel nord dello Yemen, il cui obiettivo è quello di portare avanti la rinascita dello zaydismo nel paese (la cui popolazione è a maggioranza sunnita), farne cessare l’emarginazione politico-religiosa e arrivare all’autonomia delle terre del nord. Si tratta del nucleo iniziale da cui nascerà il movimento Houthi vero e proprio. 

Il gruppo assume posizioni marcatamente anti-USA ed anti-Israele soprattutto dopo l’invasione americana del 2003 in Iraq. La violenza degli slogan e vere e proprie manifestazioni contro gli americani portano gli Houthi a uno scontro aperto con il regime di Ali Abdallah Saleh, presidente e dittatore dello Yemen dal 1990 al 2012, che dopo un tentativo di conciliazione attua una brutale repressione. Ne segue una vera e propria rivolta degli Houthi (“le guerre Sa’da”), proseguita dal 2004 a fasi alterne fino a un debole cessate il fuoco nel 2010. 

Nel 2011 il vento delle Primavere arabe arriva anche in Yemen, provocando sommosse di piazza contro il presidente Saleh, a cui gli Houthi partecipano attivamente. Negli anni successivi, gli Houthi percorrono attivamente la via della lotta armata e di fatto prendono il controllo di importanti pezzi del paese, in primis il natio governatorato di Sa’da.

Nel 2015, gli Houthi sbaragliano i filogovernativi e prendono con la forza i palazzi del potere grazie alla decisiva alleanza con il blocco dell’ex presidente, ma il presidente Abd Rabboh Mansur Hadi – salito al potere dopo la deposizione di Saleh – riesce a mettersi in salvo. L’ex capo di Stato, invece, verrà ucciso nel 2017 in un tentativo di fuga da San’a, nel corso di un attacco rivendicato proprio dagli Houthi, che guardavano con sospetto il tentativo di Saleh di trovare un cessate il fuoco con l’Arabia Saudita. 

È in questa fase (biennio 2014-15) che inizia a cristallizzarsi in Yemen uno scenario politico-militare bipolare: da una parte gli Houthi sostenuti dall’Iran, paese guida dei movimenti politico-militari sciiti, dall’altra il governo riconosciuto dalla comunità internazionale spalleggiato, in modo istituzionalizzato a partire dal 2015, da una Coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita. L’esecutivo guidato da Hadi, tuttavia, lascia la capitale San’a per trasferirsi nella città portuale di Aden.

Negli anni successivi gli Houthi accrescono il proprio grado di preparazione ed esperienza militare, mettendo a segno attacchi contro imbarcazioni in transito sul Mar Rosso e, soprattutto, contro diverse infrastrutture petrolifere saudite. A gennaio del 2022, inoltre, il gruppo rivendica un attacco negli Emirati Arabi Uniti, tra i principali attori della Coalizione anti-Houthi nello Yemen.

In questo periodo, anche per le crescenti pressioni dell’amministrazione americana guidata da Joe Biden, ci sono tentativi di distensione fra le parti – anche tramite scambi di prigionieri e incontri tra Houthi e sauditi – e la tregua nazionale raggiunta nel 2022, ma un vero accordo per una pace stabile e duratura non viene mai firmato. 

Con lo scoppio della guerra Israele-Hamas a ottobre 2023, gli Houthi avviano lanci di missili contro Israele e attacchi sistematici contro navi al largo delle coste dello Yemen, nel Mar Rosso, in segno di solidarietà con i palestinesi. Il 31 ottobre, le forze Houthi lanciano diversi missili balistici contro Israele, abbattuti dal sistema di difesa israeliano Arrow.

Il movimento yemenita chiede un cessate il fuoco a Gaza e la fine immediata del blocco israeliano sull’enclave palestinese come condizione per porre fine agli attacchi nel Mar Rosso. Da gennaio 2024, gli Stati Uniti e Regno Unito conducono attacchi aerei contro diversi obiettivi legati agli Houthi nello Yemen, dopo aver intimato più volte al movimento di interrompere i raid contro le navi – soprattutto mercantili – in transito nello Stretto di Bab El-Mandeb.

 

La procedura di autorizzazione della partecipazione italiana alle missioni internazionali

La partecipazione italiana alle missioni internazionali viene autorizzata dal Parlamento   ai sensi della legge n. 145 del 2016 (c.d. "legge quadro sulle missioni internazionali"), che, al di fuori dei casi di dichiarazione dello stato di guerra, di cui agli dell’artt. 78 e 87, nono comma, della Costituzione, si applica per:

-           la partecipazione delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare o civile e dei corpi civili di pace a missioni internazionali istituite nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) o di altre organizzazioni internazionali cui l’Italia appartiene o comunque istituite in conformità al diritto internazionale, comprese le operazioni militari e le missioni civili di polizia e per lo stato di diritto dell’Unione europea (art. 1, comma 1);

-           -l’invio di personale e di assetti, civili e militari, fuori del territorio nazionale, che avvenga secondo i termini della legalità internazionale, delle disposizioni e delle finalità costituzionali, in ottemperanza agli obblighi di alleanze o ad accordi internazionali o intergovernativi, o per eccezionali interventi umanitari (art. 1, comma 2).

Per quanto attiene alle modalità procedurali di autorizzazione e finanziamento, la “legge quadro” distingue tra l’avvio di nuove missioni (articolo 2) e la proroga delle missioni già in corso per l’anno successivo (articoli 3 e 4).

Per quanto concerne la partecipazione a nuove missioni il primo passaggio procedurale è un’apposita delibera del Consiglio dei ministri, da adottarsi previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed eventualmente convocando il Consiglio supremo di difesa, “ove se ne ravvisi la necessità” (art. 2, comma 1). La deliberazione del Consiglio dei ministri dovrà essere comunicata alle Camere le quali tempestivamente (i) la discutono e (ii) con appositi atti di indirizzo, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, autorizzano la/le missione/i, eventualmente definendo impegni per il Governo, ovvero ne negano l’autorizzazione.

Per ciascuna missione deve essere indicata l’area geografica di intervento, gli obiettivi, la base giuridica di riferimento, la composizione degli assetti da inviare, compreso il numero massimo delle unità di personale coinvolte, nonché la durata programmata e il fabbisogno finanziario per l’anno in corso.

Dovrà, inoltre, essere allegata la relazione tecnica sulla quantificazione dei relativi oneri, verificata ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 196/2009.

Per quanto attiene, invece, alla proroga delle missioni in corso, entro il 31 dicembre di ogni anno il governo presenta alle Camere, una relazione analitica sulle missioni in corso, anche ai fini della loro prosecuzione per l’anno successivo. Le Camere esaminano i provvedimenti e approvano appositi atti di indirizzo, autorizzando singolarmente la prosecuzione delle missioni, eventualmente definendo impegni per il governo. 

La legge prevede che la discussione e il voto sulla relazione abbia luogo nell’ambito di un’apposita sessione parlamentare sull’andamento delle missioni autorizzate, da svolgere entro il 31 dicembre di ciascun anno (articolo 3).

Nella prassi, la tempista prevista dalla legge 145/2016 è stata però raramente rispettata. Negli ultimi anni, in particolare, si è assistito a un notevole ritardo nell’approvazione delle delibere governative, allungando ovviamente, a cascata, il processo di autorizzazione. Nel 2019 la delibera per l’anno successivo è stata adottata dal governo il 23 aprile, nel 2020 il 21 maggio, nel 2021 il 17 giugno, nel 2022 il 15 giugno. Lo scorso anno la delibera è stata approvata il 1° maggio.

Anche la relazione analitica sulle missioni in corso deve essere accompagnata da un documento di sintesi operativa che riporti anche i dettagli attualizzati della missione. Anche la relazione analitica sulle missioni in corso dovrà essere corredata della relazione tecnica sulla quantificazione dei relativi oneri.

Per quanto concerne gli aspetti finanziari, l’articolo 4 della legge n. 145 del 2016 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo, destinato al finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali, la cui dotazione è stabilita annualmente dalla legge di bilancio, ovvero da appositi provvedimenti legislativi (comma 1).

A tal proposito si segnala che nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, sul capitolo 3006/1 programma 5.8 (Fondo per le missioni internazionali di cui all’ articolo 4, comma 1 della legge n. 145 del 2016) sono appostati fondi, per il 2024, pari a 1.569 milioni di euro.

Entro sessanta giorni dalla data di approvazione degli atti di indirizzo delle Camere che autorizzano la partecipazione italiana alle missioni, con uno o più DPCM, adottati su proposta dei Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della difesa, dell’interno e dell’economia e delle finanze, le risorse del Fondo sono ripartite tra le missioni nei termini risultanti dalle relative deliberazioni parlamentari.

Fino all’emanazione dei decreti di riparto del Fondo, per la prosecuzione delle missioni in atto le amministrazioni competenti sono autorizzate a sostenere spese trimestrali determinate in proporzione alle risorse da assegnare a ciascuna missione. Il decreto legge n. 148 del 2017 ha novellato l’articolo 4 della “legge quadro” al fine di inserirvi una specifica disposizione (comma 4-bis), stabilendo che, fino all’emanazione dei decreti di riparto delle risorse del fondo, le amministrazioni interessate possano ottenere un’anticipazione di tesoreria non superiore al 75 per cento delle somme iscritte nel fondo missioni, tenuto conto delle spese quantificate nelle relazioni tecniche.

L’anticipazione del 75 per cento deve intervenire:

- entro dieci giorni dalla data di presentazione alle Camere delle deliberazioni del Governo concernenti l’avvio di nuove missioni;

- entro dieci giorni dalla data di approvazione degli atti di indirizzo delle Camere nel caso di prosecuzione di missioni in corso di svolgimento.

Ulteriori disposizioni della legge quadro regolano poi, il trattamento economico e assicurativo del personale impiegato nelle missioni internazionali e la normativa penale ad essi applicabile.

Durante la scorsa legislatura, con i decreti-legge n. 14 e n.169 del 20222 è stata operata una deroga alla procedura di autorizzazione appena esposta.

Il decreto-legge n. 14/2022, in particolare, approvato il 25 febbraio, il giorno successivo all’avvio dell’aggressione russa all’Ucraina), ha disposto:

a)      l’avvio di una nuova missione, consistente nella partecipazione, fino al 30 settembre 2022, di personale militare italiano alle iniziative della NATO per l’impiego della forza ad elevata prontezza, denominata Very High Readiness Joint Task Force – VJTF (tale partecipazione è poi stata prorogata al 31 dicembre 2022 dal d.l. n. 169/2022);

b)     la prosecuzione, fino al 31 dicembre 2022, della partecipazione di personale militare al potenziamento di quattro dispositivi della NATO sul fianco est dell’alleanza (Sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza;
Sorveglianza navale nell’area sud dell’Alleanza; Enhanced Forward Presence in Lettonia e Air Policing nello spazio aereo Nato). Alcuni

Successivamente, la partecipazione ad alcune delle missioni di cui alla lettera b) è stata potenziata dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2022, contenente la relazione analitica delle missioni in corso, anche allo scopo della loro prosecuzione per l’anno successivo (cioè la procedura ordinaria prevista dalla legge 145/2016).

Si segnala che lo scorso 25 gennaio il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge di riforma della legge 145 del 2016. Come si legge nel comunicato di Palazzo Chigi, il testo ha la finalità di rendere il procedimento di autorizzazione e finanziamento delle missioni internazionali italiane più snello e più rispondente alle rapide evoluzioni del contesto geo-politico internazionale.

In particolare, le norme prevedono:

- la possibilità di prevedere in anticipo le possibili “interoperabilità” tra missioni nella stessa area;

- l’individuazione di forze ad alta e altissima prontezza operativa, da impiegare all’estero al verificarsi di crisi o situazioni di emergenza, prevedendo una procedura accelerata con decisione delle Camere entro cinque giorni dalla deliberazione del Consiglio dei ministri;

- la semplificazione della procedura mediante l’eliminazione della previsione dell’adozione di uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per la ripartizione delle risorse tra le varie missioni all’estero;  

- l’aggiornamento delle tempistiche annuali (dal 31 dicembre al 31 gennaio) per la presentazione da parte del Governo alle Camere della relazione analitica sulle missioni in corso, anche ai fini della loro prosecuzione;  

- l’implementazione dell’elenco degli acquisti e lavori che, in caso di necessità e di urgenza, possono essere eseguiti in economia da parte dei Dicasteri introducendo ulteriori materiali e servizi.

Azerbaijan e Armenia

Nell’ambito dell’attualità il Consiglio Affari Esteri ha discusso sulla situazione in Azerbaigiane Armenia. Il Consiglio ha espresso solidarietà alla Francia per l’espulsione dei suoi diplomatici e per i recenti attacchi mediatici. I ministri hanno convenuto che l’Azerbaigian deve riprendere i colloqui sostanziali di pace e normalizzazione con l’Armenia, affermando che qualsiasi violazione dell’integrità territoriale dell’Armenia è inaccettabile e avrà gravi conseguenze sulle relazioni con l’UE.

Si ricorda che dopo l’operazione militare dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh del 19-20 settembre 2023, il Consiglio europeo del 26-27 ottobre 2023 ha sottolineato il suo continuo sostegno alla promozione di una pace sostenibile e duratura tra i due paesi e ha espresso il suo sostegno al processo di normalizzazione di Bruxelles.

Al Consiglio Affari esteri del 13 novembre 2023 i ministri hanno raggiunto un accordo sull’intensificazione del sostegno dell’UE all’Armenia rafforzando la missione dell’UE in Armenia (EUMA) e sull’esplorazione di opzioni per fornire sostegno non letale all’Armenia nell’ambito dello Strumento europeo per la pace, nonché per un dialogo sulla liberalizzazione dei visti.

Nella riunione del Consiglio affari esteri dell’11 dicembre 2023, i ministri degli Affari esteri dell’UE hanno avuto uno scambio di opinioni informale con il Ministro degli Affari esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, e hanno discusso di come rafforzare le relazioni UE-Armenia, del sostegno dell’UE all’Armenia e delle prospettive di normalizzazione tra Armenia e Azerbaigian.

 

Priorità dell’UE nei fori ONU sui diritti umani

Il Consiglio Affari esteri ha adottato conclusioni sulle priorità dell’UE nei fori ONU sui diritti umani nelle quali in particolare:

·      ribadisce l’impegno dell’UE a favore dei diritti umani, del multilateralismo e del sistema di giustizia penale internazionale nel difficile contesto internazionale attuale, caratterizzato da conflitti armati, autoritarismo e disinformazione, nonché da un arretramento della parità di genere;

·      ribadisce l’impegno dell’UE a favore di un multilateralismo efficace e del rafforzamento del sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite, compreso l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR), invitando tutti gli Stati a rispettare l’OHCHR e a cooperare pienamente con lo stesso;

·      sottolinea la disponibilità dell’UE a continuare a monitorare la situazione dei diritti umani a livello mondiale e a denunciare le violazioni e gli abusi dei diritti umani ovunque si verifichino, nonché ad adottare una serie di iniziative nei consessi internazionali. L’UE sosterrà indagini indipendenti sulle violazioni e gli abusi dei diritti umani, per far sì che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni;

·      evidenzia che l’UE continua a opporsi fermamente alla pena di morte in tutti i casi e in tutte le circostanze e a condannare l’uso della tortura e di altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. L’UE continuerà a invitare tutti i paesi ad abolire la pena di morte e a promuovere l’Alleanza per un commercio libero da tortura e prenderà in considerazione ulteriori misure per vietare il commercio di merci utilizzate per la pena di morte e la tortura;

·      invita tutti i paesi a garantire il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, a contrastare la corruzione e a promuovere la libertà di religione o di credo e la libertà di espressione e di opinione;

·      ribadisce è la ferma volontà dell’UE di continuare a promuovere e intensificare con determinazione gli sforzi a favore della parità di genere, a lottare contro tutte le forme di discriminazione e ad adoperarsi per eliminare il razzismo, sulla base del piano d’azione dell’UE contro il razzismo 2020-2025;

·      sottolinea che l’UE continuerà ad assumere un ruolo guida nelle iniziative in materia di diritti umani e a porre l’accento sulle questioni relative ai diritti umani in dialoghi interattivi e dibattiti generali, e invita tutti i partner a unire gli sforzi intesi a difendere e promuovere i diritti umani a livello mondiale e a costruire partenariati più forti.

 

 

 

 

 


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Le priorità della Presidenza italiana del G7

La Presidenza italiana del G7

Il 1° gennaio 2024 l’Italia ha assunto, per la settima volta, la Presidenza del G7, il foro intergovernativo informale che riunisce, con cadenza annuale, i Capi di stato e di Governo di sette paesi altamente industrializzati, rispettivamente: Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Il G7 nasce nella prima metà degli anni 70 del secolo scorso, a seguito della crisi del sistema di Bretton Woods e della crisi energetica del 1973, come foro informale di coordinamento in materia economica e finanziaria. Ogni anno, a partire dal 1° gennaio, uno degli Stati membri assume a rotazione la guida del Gruppo. La Nazione che detiene la Presidenza funge da segretariato temporaneo, ospitando i lavori del Gruppo e il Vertice dei Leader.

Il primo Vertice dei Capi di Stato e di Governo, in formato ancora G6, risale al 1975; il formato attuale nasce nel 1976, con l’ingresso del Canada. Tra il 1997 e il 2013 il G7 si è ampliato diventando G8, con l’inclusione della Federazione Russa, la cui partecipazione è stata sospesa nel 2014 a seguito dell’annessione della Crimea.

Negli anni più recenti, l’Agenda G7 si è adeguata sempre più ai mutamenti del contesto internazionale: all’interesse iniziale per i problemi di stabilità finanziaria e di coordinamento macroeconomico si è affiancata la sensibilità verso altri temi cruciali, tra cui l’aiuto allo sviluppo, i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, la salute globale, l’uguaglianza di genere e il ruolo delle donne, l’innovazione e il lavoro, la lotta al terrorismo internazionale, la cybersecurity, la gestione dei flussi migratori. come l’aiuto allo sviluppo e il contributo alla pace e alla sicurezza globali. Per un approfondimento si veda qui

Il Gruppo, alle cui riunioni partecipano altresì l’Unione Europea e le principali istituzioni finanziarie internazionali, è unito da valori e principi comuni, quali la libertà e la democrazia, la Rule of Law ed il rispetto dei diritti umani.

La Presidenza italiana rimarrà in carica fino al 31 dicembre 2024. In questo anno sono previste una serie di riunioni tecniche e di incontri istituzionali

Nello specifico, il sito ufficiale della presidenza G7 2024, pienamente operativo dal 24 gennaio 2024,  segnala che oltre al Vertice dei Leader in Puglia previsto dal 13 al 15 giugno, avranno luogo venti sessioni ministeriali in diverse località italiane, dedicate ai principali argomenti di attualità internazionale, da infrastrutture e trasporti a clima ed ambiente, da energia e finanza passando per ricerca, lavoro, agricoltura e salute.

 

 

Il calendario degli eventi

Di seguito il calendario degli eventi:

 

PRESIDENZA ITALIANA DEL G7 2024:
RIUNIONI MINISTERIALI

Industria, Tecnologia e Digitale

13-14-15 marzo, Verona e Trento

Trasporti

11-12-13 aprile, Milano

Esteri

17-18-19 aprile, Capri

Clima, Energia e Ambiente

28-29-30 aprile, Torino

Giustizia

9-10 maggio, Venezia

Finanze

23-24-25 maggio, Stresa

Istruzione

27-28-29 giugno, Trieste

Scienza e Tecnologia

9-10-11 luglio, Bologna e Forlì

Commercio

16-17 luglio, Villa San Giovanni e Reggio Calabria

Sviluppo Urbano

24-25-26 luglio, Genova

Lavoro e Occupazione

11-12-13 settembre, Cagliari

Cultura

19-20-21 settembre, Positano

Agricoltura

26-27-28 settembre, Siracusa

Interni

2-3-4 ottobre (TBC), Avellino

Pari Opportunità

4-5-6 ottobre, Matera

Salute

9-10-11 ottobre, Ancona

Inclusione e Disabilità

14-15-16 ottobre, Assisi e Perugia

Turismo

Novembre (TBC), Toscana (TBC)

Esteri

Fiuggi

Sviluppo

Pescara

 

Fonte: https://www.g7italy.it/wp-content/uploads/landing/eventi/it/Calendario-Riunioni-MInisteriali-G7-2024.pdf

Le priorità

Con riferimento al programma italiano, nel citato sito ufficiale della presidenza G7 2024 si individuano una serie di priorità con particolare riferimento al rispetto dell’ordine internazionale, basato sulla forza del diritto, profondamente scosso dal conflitto Russo Ucraino che ne ha intaccato i principi cardini e ha scatenato una crescente instabilità, visibile nei diversi focolai di crisi. Altrettanto importante viene reputato il conflitto in Medio Oriente, con le relative conseguenze sull’agenda globale.

Risulta, inoltre, centrale il tema del rapporto con le Nazioni in via di sviluppo e le economie emergenti e prioritaria sarà altresì l’attenzione nei confronti dell’Africa. “La sfida” si legge nel richiamato sito “è costruire un modello di partenariato vantaggioso per tutti, lontano da logiche paternalistiche o predatorie”.

 Particolare riguardo sarà dedicato alla regione dell’Indo-Pacifico, in forte crescita e fulcro di una crescente competizione internazionale.

La Presidenza italiana intende conferire, inoltre, particolare importanza alle questioni migratorie e porre all’ordine del giorno alcune tra le principali sfide dei nostri tempi, come il nesso clima-energia e la sicurezza alimentare rispetto alle quali il “G7 ha la responsabilità e il dovere di individuare, insieme ai suoi partner globali, soluzioni innovative”.

Con particolare riferimento, poi, al tema dell’intelligenza artificiale, tecnologia “capace di generare grandi opportunità e valore ma anche enormi rischi, incidendo altresì sugli equilibri geopolitici” la Presidenza italiana reputa necessario sviluppare meccanismi di governance e fare in modo che l’AI sia incentrata sull’uomo e controllata dall’uomo, dando applicazione concreta al concetto di algoretica.