XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 24 di Giovedì 10 dicembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, e del Sostituto Procuratore, Sergio Colaiocco:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3 
Prestipino Giarritta Michele , Procuratore della Repubblica di Roma presso il Tribunale di Roma ... 4 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 7 
Colaiocco Sergio , Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Roma ... 7 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 12 
Suriano Simona (M5S)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 13 
Trancassini Paolo (FDI)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 13 
Ungaro Massimo (IV)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 13 
Serracchiani Debora (PD)  ... 13 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 14 
Colaiocco Sergio , Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Roma ... 14 
Prestipino Giarritta Michele , Procuratore della Repubblica di Roma presso il Tribunale di Roma ... 14 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 16 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 16 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 16 
Colaiocco Sergio , Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Roma ... 16 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 17  ... 17  ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto, se non vi sono obiezioni, che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Audizione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta, e del Sostituto Procuratore, Sergio Colaiocco.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta e del sostituto procuratore, Sergio Colaiocco.
  Ringrazio in modo non formale il dottor Prestipino e il dottor Colaiocco per avere scelto di venire in Commissione il giorno stesso in cui è stata conclusione l'indagine della Procura di Roma e ne sono stati depositati gli atti.
  Ritengo che non si tratti soltanto di un atto dovuto da parte loro, ma che sia invece una importante manifestazione di sensibilità nei confronti del Parlamento. L'odierna audizione dà infatti il senso al più alto livello dell'impegno comune nella ricerca della verità e della giustizia sulla morte di Giulio Regeni, nello spirito di leale e costruttiva collaborazione istituzionale che ha caratterizzato i rapporti che questa Commissione ha intrattenuto con la magistratura inquirente sin dalla sua costituzione esattamente un anno fa.
  Come è noto, i nostri lavori sono iniziati il 17 dicembre 2019 proprio con l'audizione degli stessi dottori Prestipino e Colaiocco, audizione che ha rappresentato la «bussola» di tutta la successiva attività della Commissione, come dimostrano i molteplici riferimenti che tutti i colleghi vi hanno costantemente fatto, sottolineando in ogni occasione gli straordinari risultati conseguiti dalla Procura di Roma e dai corpi investigativi dello Stato, a fronte dei margini via via sempre più ristretti, per non dire esauritisi, della cooperazione giudiziaria da parte egiziana.
  Pertanto, siamo oggi riuniti per dare atto alla Procura della decisiva tappa della conclusione delle indagini, che avviene nel pieno rispetto dei termini previsti, ad ulteriore riprova della consapevolezza di quanto sia urgente dare una risposta di verità e di giustizia alla famiglia ed all'opinione pubblica, nell'approssimarsi del quinto anniversario della morte di Giulio Regeni. Famiglia a cui rinnovo in questo delicato momento a nome di tutta la Commissione la massima vicinanza e solidarietà.
  Sono quindi certo che, come è stato per l'audizione dello scorso anno, anche questa audizione fornirà alla Commissione tutti gli elementi necessari per orientarne la futura attività in vista della relazione finale.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta degli auditi che dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni.
  Ricordo, altresì, ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, anche Pag. 4quando prenderanno la parola, come è ormai prassi in Assemblea.
  Invito il dottor Prestipino e il dottor Colaiocco a svolgere la loro relazione.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, Procuratore della Repubblica di Roma presso il Tribunale di Roma. Grazie, signor presidente, e grazie ai componenti della Commissione per averci invitato a rendere questa audizione ancora una volta. Nel corso di questa audizione avremo modo di illustrare il punto delle indagini che la Procura di Roma ha condotto sul sequestro di Giulio Regeni, sulle torture che gli sono state inflitte, sul suo omicidio, fatti tutti avvenuti, come è noto, al Cairo tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016.
  La ringrazio, presidente, e ringrazio ovviamente tutta la Commissione per il modo in cui è stata voluta e fissata questa audizione, cioè per aver inteso concordarne i tempi. Questo ci consente di illustrare i risultati cui siamo giunti al termine delle indagini preliminari e di farlo, per la prima volta, davanti alla Commissione e quindi in una sede particolarmente qualificata e istituzionale. Questo è un aspetto a cui noi teniamo moltissimo. Abbiamo semplicemente comunicato agli organi di stampa l'avvenuta conclusione delle indagini senza alcun particolare che invece intendiamo riversare in questa sede.
  Questa mattina abbiamo formalmente chiuso le indagini preliminari che erano iniziate a febbraio 2016 nell'immediatezza del fatto. Le indagini, sulle quali poi nel dettaglio lascerò la parola al mio collega dottor Colaiocco, sono state inizialmente indirizzate a carico di ignoti e poi, a un certo punto, gli indizi e gli elementi di fatto raccolti hanno consentito l'iscrizione nel registro degli indagati di una serie di persone, in particolare cinque, tutte appartenenti genericamente a forze di polizia, quattro in particolare appartenenti agli apparati di sicurezza egiziani, alla National Security. Oggi, al termine della raccolta di tutti gli elementi e dopo un'attenta valutazione degli stessi, abbiamo notificato un avviso di conclusione delle indagini a quattro indagati, quindi a quattro dei cinque indagati, uno appartenente a forze di polizia e tre appartenenti agli apparati di sicurezza. Tutti e quattro sono sottoposti a indagini per il sequestro di persona e uno di loro è, a nostro avviso, responsabile anche del concorso nelle lesioni aggravate e del concorso nell'omicidio aggravato di Giulio Regeni.
  Si tratta di un passaggio procedurale prodromico alla valutazione sulla richiesta di rinvio a giudizio, nel senso che senza avviso di conclusione di indagini non si può procedere alla richiesta di rinvio a giudizio. La procedura prevede che adesso decorra un termine di venti giorni durante i quali le parti del procedimento possono esercitare le loro facoltà e i loro diritti, depositare memorie, chiedere di essere interrogati. Al termine di questo intervallo temporale, di solito maggiore di venti giorni perché non si tratta di termini perentori, la Procura, anche sulla base dei nuovi elementi, ove mai fossero acquisiti, deciderà in ordine all'esercizio dell'azione penale.
  Nei confronti di uno solo dei cinque indagati abbiamo depositato sin d'ora una richiesta di archiviazione dalle imputazioni che erano state formulate nei suoi confronti, perché abbiamo ritenuto che il quadro probatorio raccolto nei confronti di questo indagato non fosse sufficiente per esercitare utilmente l'azione penale. Quindi quattro avvisi di conclusione d'indagine, tre per il sequestro, uno per sequestro, concorso in lesioni aggravate, concorso in omicidio aggravato.
  Sarò davvero telegrafico, però non posso non proporvi alcune osservazioni. Noi crediamo che questo sia, lo giudichiamo come tale, un risultato estremamente importante dell'esito del nostro procedimento. Lo è per tanti motivi ed è tanto più importante, perché mi preme dire che – lo dico sin d'ora e lo sottolineo – non era affatto un risultato scontato.
  Vorrei ripartire, proprio per formularvi queste mie brevi considerazioni, da dove mi ero fermato il 17 dicembre dello scorso anno, quando abbiamo avuto l'onore di aprire i lavori di questa Commissione. Ricordo che allora eravamo in una fase avanzata delle indagini, ma non con tutti gli elementi di prova raccolti e, a conclusione Pag. 5del mio intervento, vi dissi che la Procura di Roma avrebbe continuato con determinazione e nel rispetto delle regole a compiere tutte le attività necessarie all'acquisizione di ogni elemento di prova utile per accertare ogni responsabilità su quello che era accaduto. Mi sento, come prima osservazione, di poter dire che la Procura di Roma ha tenuto fermo e ha mantenuto questo impegno e ha fatto veramente di tutto per accertare tutti gli elementi utili. Lo abbiamo fatto, lo dovevamo alla memoria di Giulio Regeni, lo dovevamo a tutti noi, lo dovevamo al nostro modo di essere magistrati di questa Repubblica.
  Il risultato è stato raggiunto nonostante le numerose difficoltà che si sono presentate nel corso dello svolgimento delle indagini e nonostante la complessità degli accertamenti che abbiamo compiuto. In esito a queste indagini, ripeto, riteniamo di aver acquisito elementi di prova univoci e significativi sulla responsabilità delle persone sottoposte a indagine per come noi contestiamo e per come vi ho illustrato i fatti oggetto del procedimento e, proprio perché riteniamo di avere acquisito questo quadro probatorio significativo, intendiamo sottoporlo al giudice per le valutazioni del caso in ordine all'esercizio dell'azione penale per i fatti che abbiamo contestato. Questi elementi di prova sono il frutto di diversi anni di attività investigative e di indagine. Si tratta da un lato di alcune attività dirette, cioè di attività compiute direttamente dalla Procura della Repubblica di Roma e dalla polizia giudiziaria a cui gli accertamenti sono stati delegati e su questi lascio poi la parola al dottor Colaiocco e, dall'altro, di elementi, alcuni parecchio significativi e per noi importanti nella ricostruzione della dinamica dei fatti, che sono stati acquisiti attraverso un'attività indiretta, cioè un'attività che è stata il frutto della collaborazione con l'autorità giudiziaria egiziana. Devo dire subito, un rapporto di collaborazione che è iniziato a ridosso, dopo i noti accadimenti, e che si è sviluppato fino a pochissimi giorni fa con una serie di incontri che si sono ravvicinati nel tempo a partire da ottobre di quest'anno e fino ad arrivare all'ultima conference call che abbiamo tenuto con i magistrati egiziani. Un rapporto di collaborazione che per motivi diversi è stato particolarmente laborioso, difficoltoso, complesso e che noi riteniamo non pienamente compiuto, perché questo rapporto potrà ritenersi compiuto nel momento in cui l'autorità giudiziaria egiziana chiarirà tutti gli aspetti e risponderà a tutti i quesiti che abbiamo posto nelle nostre rogatorie, alcune delle quali attendono risposta. Ciononostante, grazie a questo rapporto di collaborazione, nelle diverse fasi noi abbiamo acquisito, in particolare, elementi documentali di sicuro significato probatorio e che uniti agli altri elementi di prova, soprattutto quelli frutto dell'attività diretta della Procura di Roma, ci hanno consentito una valutazione complessiva nei termini che vi ho detto.
  Vorrei molto rapidamente sottolineare ancora alcuni punti. Credo che il punto più significativo, la questione più significativa sia una e una soltanto, e cioè che noi ci avviamo a chiedere l'esercizio dell'azione penale – abbiamo compiuto tutti i passi procedurali necessari per farlo – nei confronti di alcuni appartenenti ai servizi di sicurezza egiziana. Vorrei sottolineare questo aspetto, perché io non credo che avvenga spesso che siano portati in giudizio di fronte all'autorità giudiziaria di uno Stato appartenenti a istituzioni pubbliche di un altro Stato per un fatto commesso nel territorio di questo Stato, sia pure in danno di una persona straniera. Questo, a nostro avviso, è il risultato più significativo, perché è stato raggiunto in condizioni di difficoltà nell'acquisizione degli elementi di prova, perché il fatto, come avevo già detto lo scorso 17 dicembre 2019, è avvenuto in un territorio straniero, quindi in un altro Paese, sul territorio di un altro Paese, dove ci sono regole ordinamentali, procedurali, giudiziarie molto diverse dalle nostre. Un Paese con il quale non abbiamo una consuetudine di rapporti giudiziari, quindi non siamo assistiti da rapporti bilaterali di cooperazione giudiziaria, Paese con l'autorità giudiziaria del quale abbiamo dovuto costruire ex novo la possibilità, l'alfabeto dell'interlocuzione giudiziaria. È stato molto complicato, abbiamo ottenuto i risultati Pag. 6che vi ho detto e questo lo ritengo un passaggio e un elemento di grandissima importanza.
  Il secondo punto che ritengo importante e anche questo non affatto scontato, come dicevo prima, è che nell'ultimo incontro, nella conference call che abbiamo fatto con la Procura generale del Cairo ci siamo dati reciprocamente atto delle attività che abbiamo svolto. Io ho comunicato al Procuratore generale del Cairo quali sarebbero state le nostre determinazioni alla fine delle indagini e cioè che noi avremmo proceduto con un avviso di conclusione delle indagini, con tutto quello che questo passaggio procedurale significa e che loro conoscono benissimo, perché glielo abbiamo anche spiegato. La Procura generale del Cairo, pur non condividendo la valutazione che noi davamo di questo materiale probatorio, ha ritenuto di prendere atto della nostra decisione e, come si legge nel comunicato, di rispettarla come decisione autonoma della Procura di Roma. Credo che anche questo sia un passaggio molto importante da non sottovalutare e non affatto scontato, perché è un passaggio al quale consegue quello che noi riteniamo allo stato un altro punto di forza del nostro impianto probatorio e cioè la circostanza che per l'omicidio di Giulio Regeni si svolgerà un solo processo e si svolgerà in Italia con le garanzie procedurali e secondo la procedura dei nostri codici e questo processo avrà al proprio centro la valutazione dell'impianto probatorio che la Procura di Roma ha in questi anni raccolto e messo in piedi. Questo è un altro punto importante che credo sia il frutto di un'azione di concerto che non è solo della Procura, ma è stata l'azione della famiglia, è stata l'azione dell'istituzione e dei lavori di questa Commissione, è stata l'azione di altre autorità decisionali, diplomatiche e politiche. Dicevo che non è affatto scontato, perché anche noi abbiamo preso atto delle decisioni della Procura del Cairo, la quale ci ha comunicato che intende procedere nei confronti dei componenti della cosiddetta «banda criminale» per il reato di furto. Questo lo sottolineo, per il reato di furto, ma non per altre ipotesi di reato che inizialmente la stessa Procura del Cairo era orientata a percorrere. Al di là di ogni possibile e plausibile valutazione di altro genere e di altro carattere, noi siamo, come dico sempre, la Procura della Repubblica e facciamo la Procura della Repubblica e non intendiamo invadere il campo delle valutazioni di altre autorità a cui quelle valutazioni spettano. Ritengo che dal punto di vista processuale questi risultati siano importanti, frutto di un lavoro comune fatto da molti attori, ognuno nel proprio campo, ognuno per la propria parte, ma io qui voglio – lo faccio in questa sede istituzionale e credo che il presidente me lo voglia consentire – ringraziare per il lavoro, per l'attività che fin qui è stata svolta la nostra polizia giudiziaria, il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che sin dall'inizio hanno dimostrato un'enorme capacità investigativa, un grande intuito, una grande dedizione al lavoro e si sono sobbarcati una serie di trasferte, di rapporti bilaterali, di valutazione di elementi di prova acquisiti dall'autorità giudiziaria egiziana. Credo che vada riconosciuto che questa indagine, anche da questo punto di vista, è stata una dimostrazione e un esempio di come le nostre polizie giudiziarie possono e debbono lavorare sempre, non soltanto con grande capacità professionale, ma anche sapendo interagire tra di loro senza spirito di competizione, ma con grande spirito di collaborazione per raggiungere un risultato che è stato poi quello che è stato conseguito.
  Presidente, me lo consentirà, vorrei qui pubblicamente ringraziare il mio collega, il dottor Sergio Colaiocco, che da cinque anni conduce questa indagine, nella quale ha profuso un impegno davvero eccezionale, con enormi capacità di direzione della polizia giudiziaria, di enormi capacità investigative, coordinando la polizia giudiziaria e mettendo a sistema tutti gli elementi di prova.
  In ultimo vorrei ringraziare anche la famiglia di Giulio Regeni per come in questi anni ha esercitato le proprie facoltà, i propri diritti di parte offesa, la tenacia con la quale ha saputo perseguire, sempre rispettandoPag. 7 il lavoro dell'autorità giudiziaria, le proprie ragioni.
  Se il presidente lo consente, lascerei la parola al mio collega per illustrare nel dettaglio gli ultimi elementi di prova acquisiti, dando per scontato tutto quello che avevamo già detto nella prima fase delle indagini.

  PRESIDENTE. Prego, dottor Colaiocco.

  SERGIO COLAIOCCO, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Roma. Buongiorno a tutti. Grazie, presidente, e grazie a tutta la Commissione.
  L'obiettivo del mio intervento, come poc'anzi ha detto il procuratore, sarà quello di dettagliare il quadro e fornire dei fatti, che sono stati quelli acquisiti e che ci hanno portato alle valutazioni probatorie per cui oggi sono stati depositati i provvedimenti.
  Non posso però esimermi, e lo faccio con grande piacere, dall'associarmi anche io ai ringraziamenti del procuratore, innanzitutto alla polizia giudiziaria, che con me, direi quotidianamente, in questi cinque anni ha lavorato su questa indagine; ai mass-media e ai giornalisti che hanno tenuto al corrente la pubblica opinione di quanto si andava facendo, di tutte le attività che hanno riguardato questa indagine. E anche, come ha detto il procuratore, la famiglia e con essa l'azione dell'avvocato Ballerini, difensore della persona offesa che, come dirò da qui a qualche momento, è stata decisiva nell'acquisizione di alcune prove testimoniali attraverso l'attività difensiva che il codice di procedura penale consente, per fortuna da qualche anno, di poter effettuare pienamente da parte degli avvocati. Come ha detto il procuratore, e lo richiamo qui, senza tutte queste collaborazioni e questo supporto l'azione della Procura non avrebbe certamente potuta essere così efficace.
  Il procuratore ha illustrato le conclusioni di cui stamattina abbiamo depositato i provvedimenti, cioè i quattro avvisi di conclusione delle indagini e il provvedimento di archiviazione. Come accennato, il provvedimento di conclusione delle indagini preliminari ha riguardato quattro ufficiali che appartenevano agli apparati di sicurezza egiziani, i cui nomi sono ormai stati resi noti da parecchi mesi dalla stampa e in particolare il generale Tariq Sabir, il colonnello Usham Helmi, il maggiore Sharif della National Security, insieme al colonnello Athar Kamel della polizia investigativa del Cairo, quindi tutti ricompresi nella più generale categoria degli apparati di sicurezza egiziani. A carico di tutti e quattro abbiamo ipotizzato il reato di sequestro di persona pluriaggravato, perché queste quattro persone, in concorso con altri soggetti allo stato purtroppo non identificati, dopo che il sindacalista Abdallah, capo dei rivenditori ambulanti del Cairo, aveva denunciato nel mese di novembre 2015 Giulio Regeni, ritenendo che le sue attività fossero meritevoli di attenzione da parte della National Security, la sera del 25 gennaio 2016 lo bloccavano all'interno della metropolitana del Cairo e lo conducevano contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, dapprima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly e lo privavano così della libertà personale per nove giorni. Questa è l'imputazione, la provvisoria contestazione per l'esattezza, che abbiamo formulato nei confronti di tutti e quattro gli appartenenti agli apparati di sicurezza.
  Le testimonianze acquisite dalla Procura di Roma hanno permesso di fare luce anche su quanto avvenuto successivamente al momento della scomparsa, cioè successivamente alle 19.51 del 25 gennaio 2016, e hanno permesso di mettere a fuoco però solo la condotta di una delle quattro persone, cioè del maggiore Sharif, al quale sono contestati ulteriori due reati, ovvero le condotte illecite poste in essere successivamente al sequestro di persona. Sono state quindi contestate al maggiore Sharif, al capo B dell'avviso ai sensi dell'articolo 415-bis del codice di procedura penale, le lesioni gravissime in quanto solo dal luglio 2017 è stato introdotto il reato di tortura e quindi non è stato possibile contestare il reato che oggi sarebbe il reato proprio da contestare. Sono stati dunque contestati i reati di cui agli articoli 582, 583 e 585 del Pag. 8codice penale, con una serie di aggravanti, proprio perché attraverso gli accertamenti medico-legali compiuti in Italia, su cui ci siamo già soffermati nella precedente audizione, sono state, secondo la ricostruzione effettuata, con crudeltà cagionate a Giulio Regeni acute sofferenze fisiche che gli hanno provocato lesioni gravissime e l'indebolimento permanente di più organi. Questo attraverso una serie di strumenti affilati e taglienti, con bruciature e attraverso alcuni mezzi contundenti che hanno provocato le lesioni su cui ci eravamo già soffermati l'altra volta. Questo ha portato alla contestazione delle lesioni, che però, come già era stato accennato, ma ritengo opportuno sottolinearlo, sono un fatto precedente e diverso dalla condotta omicidiaria che è intervenuta nella fase finale del sequestro, per cui si è provveduto a contestare, anche in questo caso al maggiore Sharif e anche in questo caso in concorso con ignoti – perché evidentemente hanno concorso altri soggetti per i quali o non sono stati raccolti elementi idonei o non sono stati proprio identificati – si è proceduto a contestare l'omicidio pluriaggravato, perché nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al sequestro di persona e alle lesioni gravissime, provocavano, attraverso una violenta azione contusiva sui distretti cranico-cervico-dorsali, un'insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che portava a morte Giulio Regeni. Questo tra il 31 gennaio, secondo la consulenza medico legale, e il 2 febbraio, come range di accadimento del decesso di Giulio Regeni. Questo è il dettaglio delle tre provvisorie contestazioni che la Procura ha formulato e che sono oggetto dell'articolo 415-bis, sulle quali vedremo se nei prossimi venti giorni ci saranno, da parte degli indagati o dei loro difensori, la presentazione di memorie, di documenti o la richiesta di essere ascoltati.
  Sulla quinta posizione, quella dell'agente Najem, che era il collaboratore del colonnello Helmi e aveva effettuato una serie di attività, in estrema sintesi abbiamo ritenuto che non ci fossero elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio in quanto, a differenza degli ufficiali per i quali erano stati forniti sia i tabulati telefonici sia le dichiarazioni dello stesso, siamo ancora in attesa di risposte da parte della magistratura egiziana, che riguardano proprio la posizione dell'agente Najem e in particolare l'acquisizione del tabulato telefonico che, come sapete, è uno dei dati che, messo a sistema, ha permesso di acquisire significativi elementi per la ricostruzione del fatto e a carico dei singoli indagati. Quindi l'assenza dell'invio da parte dell'autorità egiziana di questi dati ci ha indotto a ritenere che gli elementi indiziari che avevano portato all'iscrizione non sono stati integrati da ulteriori elementi e quindi abbiamo chiesto questa mattina al GIP l'archiviazione della posizione, almeno allo stato degli atti.
  Resta inteso che questi due procedimenti, quello che per cui è stata chiesta l'archiviazione e quello per cui è stato emesso l'avviso ex articolo 415-bis, non comportano la chiusura anche dell'originario procedimento contro ignoti aperto il 4 febbraio 2016, nel quale noi abbiamo sempre la speranza di poter fare ulteriore luce sulle responsabilità e sulla ricostruzione degli avvenimenti, attraverso ulteriori elementi che dovessero, speriamo, pervenire dalle autorità egiziane o da altri testimoni che dovessero ritenere di farsi finalmente avanti e illuminare gli avvenimenti accaduti in quei giorni.
  Seguendo il filo proposto dal procuratore, e che riprendo, la divisione tra attività diretta compiuta dalle autorità italiane, dalla magistratura, dal ROS dei carabinieri e dallo SCO della polizia e gli atti e i documenti ricevuti dalle autorità egiziane, vorrei fornire qualche elemento in fatto sugli atti e i documenti ricevuti dall'Egitto per fare chiarezza su questi punti. Dall'Egitto a noi sono arrivate sul nostro tavolo in questi cinque anni solo due rogatorie che avevano a oggetto undici quesiti, su cui è stata chiesta la nostra collaborazione dalle autorità egiziane. Noi nel 2016 e nel 2017 abbiamo risposto ad ambedue le rogatorie rispondendo a tutti e undici i quesiti che c'erano stati posti fino a ora. Al contempo noi, come forse è più noto, abbiamo presentato quattro rogatorie alle autorità egiziane in questi anni che contenevano molti Pag. 9più quesiti, per l'esattezza 64 e per questi 64 quesiti abbiamo avuto 25 risposte. Siamo quindi ancora in attesa di 39 risposte dalle autorità egiziane. Di questo – mi riallaccio a quanto dicevo poc'anzi sulla contestazione del reato in concorso con ignoti – molti quesiti, una quindicina, riguardano la posizione di 13 soggetti che emergono come collegati agli indagati, dei quali però non abbiamo né le generalità e l'identificazione certa, né i tabulati, tantomeno le dichiarazioni. Quindi vi sono altri 13 soggetti che sono nel circuito degli indagati, che però la mancata risposta delle autorità egiziane non ci ha permesso di identificare e anche da qui la contestazione del concorso con ignoti.
  Un ultimo chiarimento su questo aspetto delle rogatorie. Ripeto quanto abbiamo già detto un anno fa: certamente il periodo più proficuo della collaborazione con le autorità egiziane, come noi abbiamo sempre dichiarato, è stato quello dell'autunno del 2016, in cui sono stati raccolti gli elementi più significativi. Dal gennaio 2017 alla fine del 2018 sono stati forniti altri elementi tra cui il verbale dell'agente Najem che oggi è oggetto di archiviazione, ma certamente la parabola della quantità di atti che ci è pervenuta è andata scemando. È evidente, almeno a me e a noi che abbiamo operato in questa indagine, che da quando sono stato l'ultima volta al Cairo, il 28 novembre 2018, occasione nella quale comunicammo ai magistrati egiziani che avremo proceduto all'iscrizione sul registro degli indagati, nessun nuovo atto è pervenuto fino a oggi dalle autorità egiziane. Infatti la notifica degli atti degli avvisi ex articolo 415-bis è stata fatta con il rito degli irreperibili, quindi è stata fatta, come si dice tecnicamente, in doppia copia al difensore in quanto non abbiamo un indirizzo utile a cui fare le notifiche in Italia da parte degli indagati.
  Se questo era il primo profilo, relativo a brevi cenni alle attività fatte in collaborazione con le autorità egiziane, l'altro aspetto, che forse oggi è di maggiore interesse, è quello delle attività che abbiamo compiuto direttamente come investigatori e inquirenti italiani. Non starò qui a ripercorrere, come ha già detto il procuratore e come ho accennato anche io, quanto abbiamo ricostruito sulla fase anteriore al 25 gennaio 2016, perché il quadro l'abbiamo fatto e credo che ormai sia noto almeno nei suoi elementi essenziali a tutti i presenti. Io vorrei soffermarmi sui nuovi elementi, in particolare su cinque testimonianze che sono tra gli elementi decisivi – oltre ovviamente a tutto il quadro di riferimento indiziario che avevamo al momento dell'iscrizione nel registro degli indagati. Gli elementi decisivi sono certamente da ricondursi a queste cinque testimonianze. Sono testimonianze che, lo voglio dire esplicitamente, sono state acquisite direttamente o da me personalmente, con l'ausilio della polizia giudiziaria, o su nostra delega dal ROS e dallo SCO e sono quindi prove piene, perfettamente e pienamente utilizzabili in fase dibattimentale. Sono testimonianze rese da quelli che noi definiamo «testi indifferenti», cioè non portatori di interessi in questa vicenda e quindi, come dice la giurisprudenza della Cassazione sono già di per sé stessi affidabili nella loro ricostruzione dei fatti, ma vi è di più, perché si tratta di testimonianze che hanno trovato dei riscontri. Hanno trovato riscontri sia nelle consulenze medico-legali, sia nella collocazione spazio-temporale dei fatti narrati, sia su alcuni particolari che non erano noti alle cronache e che in realtà non erano noti neanche a noi nel momento in cui abbiamo raccolto le dichiarazioni a verbale e che poi abbiamo riscontrato come veritieri in fasi successive. Questo ovviamente rende maggiore l'affidabilità e la credibilità di questi testi, almeno secondo i criteri valutativi che la Corte di Cassazione ci chiede di utilizzare. Aggiungo a questo che sono testimonianze rese da soggetti le cui generalità abbiamo voluto, nei provvedimenti che abbiamo emesso, segretare per ragioni di opportunità e a loro tutela, perché si tratta evidentemente di dichiarazioni di particolare importanza e di particolare rilevanza. Questi testi sono testi di diversa nazionalità, sono testi di diversa estrazione sociale, sono testi che hanno le attività lavorative più disparate e sono testi che non hanno alcuna relazione tra di loro. Pag. 10Alcuni di questi – l'ho ringraziata prima e ne rinnovo qui il ringraziamento – sono stati acquisiti grazie al difensore della persona offesa la quale, attraverso l'attività di sensibilizzazione e di ricerca di verità e giustizia per Giulio Regeni e attraverso una serie di appelli, ha ottenuto una serie di contatti che ci ha immediatamente segnalato, perché fossimo noi direttamente ad acquisirli senza alcuna attività di intermediazione da parte della difesa pur legittimamente possibile. Vi è stata pertanto un'acquisizione assolutamente genuina della prova, anche dei testi che si sono presentati al difensore della persona offesa.
  Dicevo che si tratta di cinque testimoni, di cui due riferiscono in particolare su due circostanze, ovvero su come gli appartenenti alla National Security sono entrati in possesso della copia del passaporto di Giulio Regeni e di come gli appartenenti alla National Security hanno effettuato una perquisizione all'interno della stanza di Giulio Regeni. Altri tre testi, che sono quelli più rilevanti, riferiscono invece in ordine a quanto accaduto dopo il 25 gennaio e in particolare a tutto quello accaduto dopo l'ora ormai diventata famosa delle 19.51, nella quale c'è l'ultimo aggancio del cellulare di Giulio Regeni all'interno della metropolitana del Cairo, tra la stazione di Dokki e la stazione di El Behoos. Questi tre testi fotografano quindi tre momenti in successione di quanto è accaduto a Giulio Regeni dopo le 19.51. Per la rilevanza e per la significatività di queste testimonianze mi consentirete di illustrarle, perché ritengo che siano decisive nella valutazione probatoria che l'Ufficio ha fatto su queste testimonianze.
  Il primo, quello che noi abbiamo definito nei provvedimenti «teste Alfa», è il teste che riferisce di avere avuto un colloquio con il coinquilino di Regeni, l'avvocato El Sayed, che abitava in una stanza accanto a quella di Regeni. L'avvocato El Sayed parla a questo testimone in una data molto particolare il 23 gennaio, quindi due giorni prima dei fatti del sequestro e della scomparsa. Il teste riferisce che l'avvocato El Sayed aveva trovato un nuovo inquilino per la stanza che era rimasta libera qualche mese prima e che questo nuovo affittuario – si riferisce evidentemente a Regeni – gli aveva dato dei problemi in quanto la polizia era venuta a perquisirgli la stanza e che, aggiunge successivamente, la polizia egiziana ha perquisito proprio in sua presenza, in presenza dell'avvocato El Sayed, la stanza di Regeni. Aggiunge il testimone che la polizia aveva intimato all'avvocato El Sayed di non dire nulla a Regeni della perquisizione effettuata. Questo colloquio, secondo il testimone Alfa, è da collocarsi il 23 gennaio, quindi in data anteriore al sequestro.
  L'altro teste, il «teste Beta», ovvero il secondo teste, ci riferisce a proposito dell'acquisizione del passaporto. Il testimone ha avuto sempre un colloquio con il coinquilino El Sayed, il quale aveva raccontato anche a questo secondo testimone che era stato contattato dal portiere dello stabile dove abitavano e dove si era presentato un ufficiale della National Security prima del Natale del 2015, quindi circa a metà dicembre. Il testimone quindi colloca l'attività della National Security a metà dicembre, quindi 40 giorni prima della scomparsa. Il testimone riferisce che El Sayed era rimasto molto colpito dal fatto che l'ufficiale che si era presentato appartenesse non alla polizia locale, alla polizia investigativa, ma alla National Security e anche dal fatto che questo poliziotto aveva raccomandato a lui e al portiere di mantenere il più assoluto segreto sul suo interessamento. Dice il teste: «In quell'occasione l'avvocato El Sayed mi raccontò di essersi scambiato il numero di telefono con l'ufficiale e di averlo poi sentito più volte telefonicamente prima di Natale». Dice anche il teste Beta che l'ufficiale era poi tornato nel palazzo un'altra volta o altre due e che, venuto a sapere della scomparsa di Giulio Regeni, El Sayed contattò tra le prime persone proprio l'ufficiale che gli aveva dato il suo numero di telefono. Noi riteniamo – alla luce dei tabulati acquisiti – che questo ufficiale sia in realtà l'agente Najem, che ha posto in essere queste condotte in data anteriore al 25 gennaio e che è stato proprio la sera del 25 gennaio con l'avvocato El Sayed. Come dicevo, questi Pag. 11due testimoni, per quanto in modo a nostro parere significativo, riportano comunque fatti anteriori al 25 gennaio.
  Gli altri tre ci raccontano invece quello che è successo dopo. Il primo è il teste di cui purtroppo già nell'immediatezza dell'ascolto si è avuta notizia della esistenza ed è il teste che aveva ascoltato il colloquio avvenuto in Kenya nell'agosto 2017, di cui a questo punto, al termine delle indagini, possiamo dare maggiori elementi e maggiori chiarimenti. Il testimone, che noi abbiamo chiamato «teste Gamma», riferiva che: «Nel 2017, nel corso del mese di agosto, in particolare dopo le elezioni dell'8 agosto, ero in un ristorante ed era presente una seconda persona che poteva essere egiziana. Successivamente entrava nel ristorante una persona che presumo fosse keniota, cioè appartenente ai servizi di sicurezza del Kenya. I due uomini, l'egiziano e il keniota, hanno cominciato a discutere riguardo alla situazione che si era venuta a creare a Nairobi in tema di ordine pubblico e riguardo ai movimenti di protesta in Kenya. Quando ha terminato di parlare il keniota, l'arabo ha cominciato a parlare di uno studente italiano, un dottorando che stava cercando di fomentare un piccolo gruppo di persone al fine di avviare un'altra rivoluzione. Il keniano, in risposta a quanto diceva l'arabo, affermava che anche secondo lui gli europei erano cattive persone. L'arabo poi continuava il suo racconto, affermando che questo italiano poteva essere appartenente o alla CIA o al Mossad. L'egiziano continuava dicendo che loro avevano scoperto che era appartenente alla fondazione Antipode che spingeva per l'avvio di una rivoluzione in Egitto». Non vi sfuggirà che il riferimento alla fondazione Antipode era già emerso nell'indagine in modo particolarmente significativo. «A un certo punto, secondo quanto raccontava l'egiziano, loro ne avevano avuto abbastanza e avevano avviato anche delle intercettazioni, delle intercettazioni telefoniche. Un giorno avevano sentito dalle intercettazioni che Regeni doveva andare a una festa in zona Tahrir e, prima che raggiungesse il ristorante a piazza Tahrir, loro lo avevano fermato. L'egiziano usava la prima persona plurale raccontando di queste questioni, dicendo che loro, gli egiziani, erano molto arrabbiati, ma, usando la prima persona singolare, affermava di averlo colpito. A questo punto il keniota chiedeva al suo interlocutore il nome del soggetto italiano di cui stava parlando e l'egiziano rispondeva che si chiamava Giulio Regeni. Al momento dei saluti si sono scambiati i biglietti da visita e il keniano ha pronunciato, leggendo il biglietto da visita, il nome di Ibrahim Majdi Sharif, che l'egiziano confermava essere il proprio nome». Il racconto quindi del maggiore Sharif, sentito occasionalmente da questo teste, ci descrive un quadro che fa riferimento a delle intercettazioni telefoniche, che fa riferimento alla persona, cioè il maggiore Sharif, che ha fermato Giulio Regeni, al fatto che lo ha colpito al momento in cui lo fermava e al fatto che era a conoscenza del fatto che si stava recando a piazza Tahrir a una festa, circostanza che, come sapete, corrisponde pienamente ai fatti, così come il riferimento alla fondazione Antipode.
  Oltre al teste Gamma, che ci illumina e ci dà il primo quadro del momento del sequestro, ad opera di chi avviene, con quali modalità e per quali ragioni, cioè legato alle intercettazioni telefoniche, vi è il «teste Delta» che ci fa fare un passaggio successivo, perché ci illustra che cosa succede dopo l'apprensione, dopo il sequestro. Il teste Delta ci riferiva che il 25 gennaio, mentre lui era alla stazione di polizia di Dokki e «potevano essere le 20 o massimo le 21, è arrivata una persona, che avrà avuto tra i 27 e i 28 anni, aveva una barba corta, indossava un pullover verosimilmente tra il blu e il grigio e, se non mi ricordo male, portava una camicia sotto, si esprimeva in italiano e ha chiesto un avvocato e sono sicuro che si trattasse di Giulio Regeni, anche se nelle foto che ho visto in internet aveva la barba più lunga». Continua il teste Delta: «Mentre ero alla stazione di Dokki, ho visto arrivare il ragazzo che solo successivamente ho riconosciuto come Giulio Regeni che, mentre percorreva il corridoio, chiedeva di poter parlare con un avvocato o con il consolato. In quel frangente ho visto bene il ragazzo Pag. 12italiano che arrivava con quattro persone in abiti civili. Contestualmente ho visto uno di questi quattro soggetti con un telefono in mano». Secondo il racconto del teste, successivamente Regeni è stato fatto salire su un'auto egiziana che corrisponde a una FIAT 123 italiana, è stato bendato e condotto in un posto che si chiama Lazougly. «Uno dei poliziotti che si trovavano lì veniva chiamato Sharif. Un altro si chiamava Mohamed, ma non so se è il vero nome. Regeni chiedeva un avvocato e un altro arrestato che provava ad aiutarlo ricevette una gomitata al volto da un poliziotto, che disse che il ragazzo italiano parlava arabo». Mi soffermo solo su quest'ultimo particolare, sul fatto che la polizia sapesse che Regeni parlava arabo, pur esprimendosi lui in quel momento e in quella sera in lingua italiana. Il video del 7 gennaio, fatto su richiesta della National Security dal sindacalista Abdallah, di cui sono state poi diffuse le immagini anche attraverso i media, dimostra proprio che Giulio Regeni parlava l'arabo, l'arabo classico, ma parlava l'arabo, e questa era una circostanza che non poteva essere nota ai poliziotti della stazione di Dokki se non fossero stati a conoscenza di quel video, visto che lui secondo il testimone quella sera si esprimeva in italiano.
  Fatto il primo quadro del momento in cui Giulio Regeni è stato sequestrato secondo il racconto del testimone dal maggiore Sharif, che l'aveva anche colpito, visto il secondo quadro della sua entrata a Dokki e del suo trasferimento dal commissariato di Dokki la sera stessa verso Lazougly, successivamente si rende disponibile il quinto teste, il «teste Epsilon», il quale ci riferiva quanto segue. Il teste riferiva di avere lavorato per 15 anni dove Regeni è deceduto, nella sede della National Security che si trova all'interno del Ministero dell'interno e che prende il nome dalla via. Si chiama «struttura Lazougly», «direzione Lazougly». È una struttura in una villa che risale ai tempi di Nasser, che poi è stata sfruttata dagli organi investigativi. Sono quattro piani e il piano di interesse è il primo e la stanza è la stanza numero 13. Quando viene preso qualche straniero sospettato di tramare contro la sicurezza nazionale viene portato lì, in quella sede. «Era il giorno 28 o 29 gennaio e ho visto Regeni in quell'ufficio numero 13 e c'erano anche due ufficiali e altri agenti, anche se io conoscevo solo i due ufficiali. Entrando in quell'ufficio ho notato delle catene di ferro con cui legavano le persone. Lui era mezzo nudo, nella parte superiore portava dei segni di tortura, stava blaterando parole nella sua lingua. Delirava. Era un ragazzo magro, molto magro. Era sdraiato, steso per terra, con il viso riverso. L'ho visto ammanettato con delle manette che lo costringevano a terra. Ho notato dei segni di arrossamento dietro la schiena. Anche se sono passati quattro anni ricordo bene i particolari. Non l'ho riconosciuto subito, ma cinque o sei giorni dopo quando ho visto le foto sui giornali, ho associato le due persone e ho capito che era lui».
  Credo che queste testimonianze siano sufficientemente, anzi molto significative per la ricostruzione dei fatti e che le contestazioni di cui ho parlato trovino sostegno e spessore in queste testimonianze e in tutto il quadro – dell'ante 25 gennaio, del ruolo che il finanziamento della fondazione Antipode ha avuto in questa vicenda e della condotta di alcuni appartenenti della National Security – che questi testimoni, su cui ho esposto poc'anzi le ragioni che ci fanno ritenere la loro credibilità e affidabilità, hanno ricostruito e che hanno portato a contestazione.
  Io mi fermerei qui, anche per lasciare spazio, se il presidente ritiene, a eventuali domande.

  PRESIDENTE. Ringrazio sia il dottor Prestipino sia il dottor Colaiocco per le informazioni importanti che ci hanno fornito.
  Invito i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni o domande di chiarimento. Ricordo che eventuali richieste di intervenire in forma segreta potranno essere concentrate dopo avere esaurito gli interventi in forma pubblica.
  Do la parola alla collega Suriano.

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  SIMONA SURIANO. Ringrazio i procuratori per il lavoro encomiabile che hanno svolto per avere un quadro chiaro di quello che è accaduto in quei giorni. Mi chiedevo se, grazie anche a queste nuove testimonianze, vi siate fatti un'idea sul movente, se pensate che il fatto che possa essere stato considerato una spia, un agente della CIA o del Mossad possa essere un movente credibile o se c'è dell'altro.

  PRESIDENTE. Do la parola al vicepresidente Trancassini.

  PAOLO TRANCASSINI. Anzitutto veramente complimenti per l'ottimo lavoro svolto, anche all'interno di palesi difficoltà e depistaggi. Credo che vadano sottolineate l'attenzione, la passione e anche l'ostinazione con la quale avete portato avanti questo lavoro.
  Ricollegandomi all'intervento della collega che mi ha preceduto, a me ha colpito il fatto che la polizia abbia cominciato a indagare su Regeni 40 giorni prima. Mi riferisco al passaggio sulla perquisizione. Quindi vi faccio la stessa domanda: anche alla luce di questo numero così importante di giorni, è possibile che abbiano preso un abbaglio così grande? Anche perché nella prima audizione avete sottolineato il fatto che ormai è notorio che Giulio Regeni fosse semplicemente un ricercatore e nulla di più, però questa indagine così lunga, con perquisizioni e intercettazioni, poi consiglia i servizi, ovviamente in maniera totalmente sbagliata, a compiere questo efferato crimine. Su questo aspetto vi chiedo un approfondimento.

  PRESIDENTE. Do la parola al collega Ungaro.

  MASSIMO UNGARO. Grazie, presidente. Mi riservo di porre la mia prima domanda in seduta segreta. Con la domanda in seduta pubblica volevo chiedere ai procuratori un commento su due questioni, in relazione alla vostra conference call con la Procura del Cairo. La prima riguarda la possibilità di un processo in Egitto. Infatti la Procura del Cairo ha iniziato a procedere, seppur sappiamo bene non per omicidio, ma per furto; la seconda riguarda la parte del loro comunicato in cui dicono che la Procura del Cairo rispetterà l'esito del processo in Italia. Secondo voi che peso dobbiamo dare a questa affermazione?
  Mi riservo di intervenire più tardi.

  PRESIDENTE. La presidente Serracchiani ha chiesto la parola. Poi diamo la parola ai procuratori per un primo giro di risposte.

  DEBORA SERRACCHIANI. Mi unisco anche io ai complimenti assolutamente non scontati, anche perché credo che la Procura di Roma abbia agito davvero in una situazione di grande difficoltà e complessità, e ottenere questo processo mi pare oggettivamente un risultato di cui andare tutti molto orgogliosi, al di là di quello che possiamo pensare di questa drammatica vicenda.
  A me pare che l'ultimo incontro con la Procura egiziana sia stato comunque importante, per quanto, come diceva il procuratore Prestipino, si tratti di un rapporto complesso non ancora pienamente compiuto – la cito rispetto a quello che ha detto poc'anzi – perché ci sono ancora le questioni delle rogatorie aperte. A me pare che la questione che procedano solo per furto e non procedano parallelamente nei confronti di altri soggetti su fatti gravi, quali il sequestro e l'omicidio, sia anche rafforzativa dell'iniziativa giudiziaria italiana, perché vuol dire che quello sarà il processo che determinerà, ci auguriamo tutti, responsabilità e conseguenze rispetto alle attribuzioni delle colpe. In riferimento a questo passaggio così delicato, anche noi in Commissione come possiamo supportare questo processo con la nostra iniziativa, con quello che abbiamo fatto, con quanto abbiamo fin qui appreso? Cosa prevede accadrà? Ovviamente non mi riferisco alla fine del processo, ma ora dovranno passare i venti giorni, poi c'è la questione delle mancate elezioni di domicilio, poi la questione che il processo sarà contro irreperibili: lei ritiene che vi siano le condizioni perché si possa in qualche modo rafforzare Pag. 14la vostra iniziativa mediante l'iniziativa, quella sì, politica che noi possiamo sostenere? Spero di essere stata chiara.

  PRESIDENTE. Darei a voi la parola per questo primo giro di domande e poi eventualmente ne raccogliamo altre.

  SERGIO COLAIOCCO, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Roma. Per quanto riguarda il movente, noi riteniamo che certamente, ed è stata la fatica del primo anno, erano da escludersi moventi legati a ragioni sessuali, all'ipotesi della banda criminale, alla lite per strada o altri moventi legati a depistaggi che tutti ormai conosciamo. Secondo noi l'occasione della partenza di tutta questa tragica vicenda è legata all'attività di ricerca che Giulio Regeni aveva avviato al Cairo, certamente di per sé sola non sufficiente a fare comprendere quanto è successo. Quindi noi riteniamo che sia stato elemento scatenante dell'attenzione della National Security la circostanza del finanziamento della fondazione Antipode e quando si è iniziato a parlare delle 10.000 sterline. Questo discorso del finanziamento ha certamente attirato e acceso i riflettori degli indagati su Giulio Regeni e la possibilità di partecipare a questo bando di concorso della fondazione Antipode, che con tutta evidenza nella mente di Giulio Regeni era un'idea solo per aiutare i sindacati indipendenti attraverso l'ONG che gli aveva fatto conoscere il sindacalista Abdallah, è stata del tutto equivocata dallo stesso Abdallah e poi dagli ufficiali della National Security che oggi sono indagati, che immaginano che questo finanziamento in realtà non derivi da una fondazione, ma immaginano ben altro. Certamente questo è stato il fattore scatenante. A metà dicembre Giulio inizia a parlare ad Abdallah di questo finanziamento che avrebbe dovuto avere attraverso l'ONG della signora Hoda, colei che gli aveva fatto conoscere il sindacalista Abdallah. Pochi giorni dopo la National Security gli chiede di portargli il bando di Antipode e il famoso video del 7 gennaio ha proprio a oggetto, lo ricorderete, il finanziamento. Questo quindi è stato il fattore scatenante che ha fatto equivocare sulla condotta di Giulio Regeni e si deve ritenere ragionevolmente che abbiano pensato che fosse una persona che, come d'altronde il maggiore Sharif riferisce al suo collega keniota, voleva finanziare una rivoluzione, cioè volesse avviare un'azione sovversiva che era tutto tranne quello che era nelle idee di Giulio Regeni.
  Con questo credo di avere risposto anche alla seconda domanda, cioè sul perché ha un senso ed è congruente collocare 40 giorni prima la perquisizione, proprio perché sono gli stessi giorni in cui sappiamo, dall'analisi del personal computer di Giulio Regeni, che gli appartenenti della National Security chiedono il bando di concorso a Regeni attraverso Abdallah e quindi tutto si colloca nei primi dieci giorni di dicembre.

  MICHELE PRESTIPINO GIARRITTA, Procuratore della Repubblica di Roma presso il Tribunale di Roma. Non so cosa accadrà, nel senso che so quello che noi abbiamo fatto e la prospettiva sulla quale abbiamo lavorato. Il 17 dicembre 2019 vi avevo detto che eravamo in una fase di stallo all'epoca degli incontri, perché era stato appena nominato il nuovo procuratore al Cairo e la Procura di Roma era priva di un procuratore in via definitiva. Vi dissi che noi avremmo continuato in modo determinato e fino all'ultimo a cercare la collaborazione con l'autorità giudiziaria egiziana e uno dei motivi di questa nostra determinazione era costituito dal fatto che l'evento sul quale indagavamo era accaduto lì e che lì c'erano gli elementi di prova che dovevamo acquisire. Molti di questi elementi noi li abbiamo acquisiti e sono stati e costituiscono elementi significativi, perché sono quei famosi elementi di riscontro che ci possono consentire di dire che i testi sono credibili e sono attendibili, perché il teste fa un racconto, dopodiché il racconto deve essere verificato e noi l'abbiamo potuto verificare, come diceva prima il collega Colaiocco, nella dimensione spazio-temporale, grazie all'analisi di tutte le celle dei tabulati, del traffico telefonico e non solo di questo, materiale che non avevamo a nostra disposizione, ma che ci è stato fornito nell'ambito di questo rapporto di cooperazione giudiziaria.Pag. 15
  Riferendomi alla domanda dell'onorevole Ungaro, l'ultima conference call è stata preceduta da una serie di incontri di carattere tecnico, incontri molto lunghi nei quali abbiamo nuovamente illustrato tutti gli elementi di prova raccolti e abbiamo prospettato la messa a sistema di tali elementi. Dopodiché c'è stato uno spazio di riflessione su questo materiale di prova e all'ultimo, con il procuratore generale, ci siamo prospettati e ci siamo comunicati le rispettive valutazioni. È chiaro che abbiamo dato di questo materiale una valutazione diversa e su questo io francamente non vedo nulla di particolarmente strano o «scandaloso». Loro hanno dato una valutazione insufficiente del quadro probatorio che abbiamo loro prospettato per sostenere la nostra decisione, che era quella di procedere con l'avviso di conclusione delle indagini. Eravamo ancora incerti sull'ultima posizione che poi abbiamo valutato nel senso di chiederne allo stato l'archiviazione. Loro hanno dato una valutazione di insufficienza del quadro probatorio, noi riteniamo che questo quadro probatorio ci imponga di procedere e di sottoporlo alla valutazione del giudice con la prospettiva di un processo. Sono valutazioni ovviamente diverse. Ve lo dico con tutta franchezza, non conosco il codice di procedura penale egiziano, quindi non so quali sono i parametri di valutazione delle prove, sul quale il mio collega del Cairo ha ancorato questo suo giudizio di insufficienza, però so quali sono i nostri criteri probatori e so che sulla base dei nostri criteri probatori il materiale che abbiamo raccolto è sufficiente ed è un materiale che mi rende ragionevolmente ottimista sull'esito della prima valutazione del giudice. Poi è chiaro, se ci sarà un processo, ogni processo ha la sua storia. Lo sappiamo tutti che tra la prima fase e la fase del dibattimento, se eventualmente ci sarà un dibattimento, che può cambiare qualche cosa ed è chiaro che è un'altra storia, poi si vedrà in quella fase.
  La nostra preoccupazione, e lo dicevo già in occasione della precedente audizione, era quella che io ho legato a una formula che ho utilizzato in questi mesi. Noi avevamo la necessità di mettere in sicurezza il processo dal punto di vista procedurale. Questo significava chiedere con determinazione – cosa che abbiamo fatto e cosa che io ancora auspico – all'autorità giudiziaria egiziana di adoperarsi affinché ci fosse l'elezione di domicilio, perché l'elezione di domicilio toglie ogni possibilità di dubbio al fatto che gli indagati conoscano il processo al quale vengono sottoposti. Io già allora, il 17 dicembre 2019, dissi che puntavamo a questo risultato nella cooperazione, ma se questo risultato non fosse dovuto arrivare, non avrebbe significato che non avremmo assunto le nostre determinazioni ed è esattamente quello che è successo. Questo risultato ancora non è avvenuto, non sappiamo se avverrà, ripeto, io auspico che avvenga, però noi abbiamo preso ugualmente le nostre determinazioni e noi riteniamo che ci sono le condizioni, dal punto di vista procedurale, perché il giudice possa ritenere provata la conoscenza dell'esistenza di questo processo da parte degli indagati. È questo il punto: si può procedere in assenza dell'imputato, però occorre la prova che l'imputato ne abbia avuto conoscenza.
  Da questo punto di vista credo che abbia anche una sua funzione il comunicato a cui prima lei faceva riferimento, onorevole Ungaro, perché quello è un comunicato che è stato diffuso in Egitto oltre che in Italia e nel quale c'è l'esplicitazione delle intenzioni della Procura di Roma di procedere ad avviso di conclusione delle indagini nei confronti di cinque indagati appartenenti ai servizi di sicurezza, perché così è stato comunicato e così è stato scritto, e c'è la presa d'atto della Procura del Cairo di questa decisione e c'è la manifestazione di rispetto per la decisione che autonomamente la Procura di Roma ha assunto. Lei mi chiede che peso dare alla parola «rispetto». Lei capisce che questo fa parte più di una sorta di linguaggio diplomatico, formale, nel senso che il Procuratore generale del Cairo nel corso dell'incontro ci poteva dire: «Egregi colleghi, noi non condividiamo, punto e basta». Oppure poteva anche dire: «Vi comunico che noi, sulla base degli elementi da noi raccolti, procederemo diversamente» ed è l'elemento che l'onorevolePag. 16 Serracchiani, che ringrazio, ha sottolineato e messo in evidenza. Così non è avvenuto, ma è avvenuta una cosa diversa, che non è la condivisione dell'impianto probatorio, però è il rispetto della scelta che la Procura di Roma sta compiendo, il che, secondo me, è un passaggio di non poco momento nell'ambito di un rapporto di cooperazione che, come ho detto, è stato ed è difficoltoso, laborioso e complesso per tutta una serie di motivi che costituirebbe offesa alle vostre intelligenze ripetere ancora una volta.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Quartapelle.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Mi unisco ai ringraziamenti, che non sono formali, dei colleghi. Sono dei ringraziamenti non solo per il lavoro che avete svolto, ma anche per le difficoltà di mediazione culturale e anche diplomatica a cui siete andati incontro. Il vostro non è stato solo un lavoro tecnico da magistrati, ma è stato un lavoro più complesso anche a livello istituzionale. Grazie anche per avere deciso di venire a restituire a questa Commissione il lavoro che avete svolto, dando un senso più ampio rispetto al vostro lavoro, che è una restituzione non solo di fronte a noi, ma di fronte ai cittadini italiani, perché è giusto che si sappia. Ci sono quegli striscioni che dicono «Verità e giustizia per Giulio Regeni» e voi ci avete portato un pezzo grande di verità che è frutto del vostro lavoro. Sulla giustizia ci sarà un'altra occasione di dibattimento, però è giusto che si sappia ed è giusto che gli italiani sappiano che c'è stata una magistratura e che grazie alla collaborazione con la polizia giudiziaria e con le altre istituzioni dello Stato si è arrivati a un punto in questa inchiesta e non è che non si sa come è morto Giulio, a questo punto si sa.
  Vorrei fare un paio di domande. Dal percorso che avete ricostruito, risulta ancora più fondata l'idea che la fondazione Antipode sia stata un po' la miccia dell'epilogo, ma la fondazione Antipode è solo un momento in un percorso di sorveglianza a cui Giulio era sottoposto. Mi dispiace tornare indietro, ma secondo me questo è importante. Nel corso delle testimonianze e degli elementi che avete raccolto, è risultato più chiaro come sia iniziato quel percorso di sorveglianza? A ottobre inizia, non è relativo a dicembre.
  Per quanto riguarda la seconda domanda, immagino che nel giro di venti giorni ci saranno delle persone iscritte nel registro degli indagati e si andrà a processo. Dal punto di vista dei meccanismi di collaborazione di polizia internazionale, che cosa succede se una di queste quattro persone viaggia in un Paese con cui noi siamo collegati per esempio con l'Interpol? L'Italia può fare richiesta di arresto? Possiamo chiedere collaborazione agli altri Paesi con cui siamo collegati da meccanismi di collaborazione di polizia internazionale, prima ancora della conclusione del processo? Perché di fatto queste persone non si stanno costituendo in giudizio, quindi che cosa succede?
  La terza domanda è più una curiosità a cui non so se potrete darmi una risposta. Capisco la delicatezza del rapporto con la Procura del Cairo, ma, a fronte del giudizio dell'insufficienza del quadro probatorio, perché la Procura del Cairo non ha collaborato ulteriormente? Se loro dicono che il vostro lavoro non è stato sufficiente – immagino che innumerevoli volte sarà stato chiesto loro perché non intendessero rispondere alle rogatorie – perché si sono opposti ad aiutare queste indagini?

  PRESIDENTE. Aggiungo una precisazione. L'ultimo teste ha dichiarato di aver riconosciuto due ufficiali nella stanza dove Giulio Regeni era torturato. Fa riferimento a dei nomi che corrispondono ad alcuni degli indagati o semplicemente dice di conoscerli e sono altri?

  SERGIO COLAIOCCO, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Roma. Relativamente al momento in cui la National Security inizia ad attenzionare e a controllare Giulio Regeni, noi non abbiamo una data precisa di inizio. La ricostruzione indiretta e indiziaria che è stata effettuata la colloca tra due date purtroppo non vicinissime.Pag. 17 Noi sappiamo che nella prima metà di ottobre, per l'esattezza il 13 ottobre 2015, il sindacalista Abdallah incontra per tutto il pomeriggio Giulio Regeni a cui rilascia un'intervista e racconta tutta la sua esperienza di capo del sindacato dei rivenditori e questo lo sappiamo perché l'intervista è stata trascritta sul personal computer di Giulio Regeni. Questo in data 13 ottobre. Nella stessa data la signora Hoda, responsabile dell'ONG dove è avvenuto questo incontro, chiede al sindacalista Abdallah di accompagnare Giulio per i mercati del Cairo e il sindacalista si rifiuta decisamente di accompagnarlo, dicendo che lui non ci pensa proprio ad accompagnare uno straniero in giro per il Cairo. Questo è l'incontro del 13 ottobre. Noi sappiamo che il 7 dicembre la National Security, per l'esattezza uno degli indagati, il colonnello Helmi, sollecita il sindacalista Abdallah ad avere notizie su Regeni. Quindi tra la data del 7 dicembre e la data del 13 ottobre dobbiamo collocare la denuncia che il sindacalista Abdallah fa alla National Security, sul cui dettaglio adesso non entro, avendone forse già accennato nella precedente audizione. Ragionevolmente collochiamo questa denuncia intorno alla metà di novembre, in modo che la National Security abbia tempo di recepire la denuncia, incaricare Abdallah di seguire Regeni e poi sollecitarlo il 7 dicembre. Infatti poi l'8 dicembre il sindacalista Abdallah accompagnerà Regeni per i mercati, cosa che nella prima fase si era rifiutato di fare, evidentemente a ciò autorizzato da qualcuno che lui riteneva sufficientemente autorevole da evitargli problemi nell'accompagnare uno straniero per mercati. Abbiamo quindi alcune settimane nelle quali ragionevolmente collochiamo questo fatto che poi si collega al fatto che l'11 dicembre, durante la riunione sindacale, Regeni viene fotografato da una persona in modo del tutto particolare e di cui già abbiamo parlato.
  Per quanto riguarda la domanda relativa alla collaborazione sul piano internazionale e alle attività di polizia internazionale e delle attività di Interpol, per evidenti ragioni di riservatezza, visto che la seduta è pubblica e può essere ascoltata da chiunque, mi riserverei di rispondere nella parte segreta, così come mi riserverei di rispondere nella parte segreta alla domanda del presidente, trattandosi di chiarimenti che riguardano singole persone.

  PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta).

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (La Commissione prosegue in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il dottor Prestipino e il dottor Colaiocco per il grande lavoro compiuto e per il prezioso contributo ai lavori della Commissione.
  Nel dichiarare conclusa l'audizione, credo di esprimere l'unanime sentimento della Commissione nel ritenere indispensabile verificare nei prossimi giorni l'impatto dell'importante passaggio giudiziario che si è compiuto oggi: il Governo in particolare è chiamato – improrogabilmente – ad assumere tutte le iniziative di sua competenza per tutelare il lavoro della magistratura e la credibilità internazionale dell'Italia, garantendo l'effettività e la celerità dell'iter processuale rispetto al «silenzio assordante» che proviene da un Paese, l'Egitto, che ha fin qui dimostrato di non avere alcun rispetto per i diritti umani e per la giustizia.

  La seduta termina alle 15.05.