Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3
Audizione del Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, avv. Corrado Sforza Fogliani:
Ruocco Carla , Presidente ... 3
Sforza Fogliani Corrado , Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari ... 4
Ruocco Carla , Presidente ... 6
Pellegrini Marco ... 6
Ruocco Carla , Presidente ... 7
Pesco Daniele ... 7
Ruocco Carla , Presidente ... 7
De Bertoldi Andrea ... 7
Ruocco Carla , Presidente ... 7
Castiello Francesco ... 7
Ruocco Carla , Presidente ... 8
Foti Tommaso (FDI) ... 8
Ruocco Carla , Presidente ... 8
D'Alfonso Luciano ... 8
Ruocco Carla , Presidente ... 9
Lannutti Elio ... 9
Ruocco Carla , Presidente ... 9
Sforza Fogliani Corrado , Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari ... 9
Ruocco Carla , Presidente ... 12
Sforza Fogliani Corrado , Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari ... 12
Ruocco Carla , Presidente ... 12
Sforza Fogliani Corrado , Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari ... 13
Ruocco Carla , Presidente ... 13
Sforza Fogliani Corrado , Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari ... 13
Ruocco Carla , Presidente ... 13
ALLEGATO: Documento depositato da Assopopolari ... 14
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO
La seduta inizia alle 12.50.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione in diretta web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, avv. Corrado Sforza Fogliani.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, l'avvocato Corrado Sforza Fogliani. La Commissione ha svolto un ampio ciclo di audizioni sul tema dell'attuazione degli interventi previsti dai decreti-legge n. 18 e n. 23 del 2020 relativamente al settore bancario e finanziario per il sostegno alle aziende colpite dalla crisi.
Sono stati auditi a più riprese i componenti della Task Force Banca d'Italia, ABI (Associazione Bancaria Italiana), Mediocredito Centrale, SACE (Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione), il Ministero dell'economia e delle finanze, il MISE (Ministero dello sviluppo economico) e il Ministro dell'economia e delle finanze, l'onorevole Gualtieri.
Il trend sulla attuazione delle misure citate nel corso dell'audizione con Banca d'Italia dell'11 giugno scorso è apparso in crescita. Oltre alle misure di moratoria del Fondo Gasparrini sui prestiti che si sono rivelate particolarmente efficaci, anche il tasso di erogazione dei prestiti fino a 25.000 euro, poi elevato a 30.000 in sede di conversione del decreto-legge n. 23 si è rilevato in crescita. A tal proposito, la Banca d'Italia ha evidenziato relativamente all'erogazione di prestiti garantiti, un quadro meno chiaro e disomogeneo che mostra ancora ritardi. In particolare, la Banca d'Italia ha parlato di una percentuale superiore al 60 per cento di finanziamenti erogati rispetto alle domande presentate, mentre nei primi tempi di applicazione della misura, come evidenziato dal questionario inviato dalla Commissione alle banche, tale percentuale non superava il 40 per cento al 20 maggio. Il questionario somministrato al sistema bancario da questa Commissione d'inchiesta ha altresì messo in luce che i tempi di erogazione del credito garantito sono molto eterogenei tra le banche.
Dalla scorsa settimana abbiamo iniziato ad audire su tali temi alcuni istituti bancari, iniziando con Intesa Sanpaolo lo scorso 17 giugno.
L'audizione con Assopopolari è molto importante per il forte radicamento sul territorio che le banche popolari hanno con un totale di quasi 4.000 sportelli e più di 6 milioni di clienti e oltre mezzo milione di soci. Le banche popolari ricoprono un ruolo importante nel panorama economico e finanziario italiano, in quanto sono gestite da una governance di tipo cooperativo e sono molto legate al territorio di riferimento, con l'obiettivo di sviluppare la crescita, avendo un rapporto privilegiato con il settore delle PMI (Piccole e Medie Imprese) e delle famiglie.
Il settore è stato interessato nel 2015 da una riforma legislativa al Testo Unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993). Pag. 4Sono stati introdotti limiti dimensionali per l'adozione della forma di banca popolare con l'obbligo di trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro. È stata introdotta una disciplina uniforme per tutte le banche popolari per quanto attiene alle vicende straordinarie e societarie, trasformazioni e fusioni, sottraendo agli statuti la determinazione delle maggioranze previste per tali vicende societarie. Sono stati introdotti limiti al voto capitario, consentendo agli atti costitutivi di attribuire ai soci persone giuridiche più di un voto. È stata prevista la possibilità di emettere strumenti finanziari con specifici diritti patrimoniali e di voto.
I processi di concentrazione bancaria sviluppatisi nell'ultimo decennio hanno riguardato quindi anche le banche popolari, portando all'acquisizione del controllo da parte delle realtà più grandi della categoria di altre popolari e di banche locali, creando gruppi bancari di rilievo nazionale.
È quindi importante ascoltare il punto di vista di Assopopolari sulla attuazione degli interventi per recuperare i ritardi registrati nell'erogazione di prestiti garantiti e favorire l'immissione di liquidità a sostegno della ripresa economica del Paese, duramente colpito dagli effetti della pandemia e sul ruolo delle banche popolari che, essendo radicate sul territorio, possono giocare in questo contesto.
Do quindi la parola al Presidente Sforza Fogliani, pregandolo di contenere la durata dell'intervento in venti minuti circa, per dare poi spazio al dibattito e contemporaneamente ringraziandolo per la disponibilità manifestata a collaborare con la Commissione. Grazie.
CORRADO SFORZA FOGLIANI, Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari. Sono io che ringrazio la signora Presidente e i commissari dell'invito che ci è stato fatto. Non è un ringraziamento semplicemente di ritualità, perché questa Commissione ci ha invitato senza che noi chiedessimo di essere invitati. La precedente Commissione non ci ha invitato, avendo noi chiesto di essere invitati, quindi devo ringraziare in particolare per questa apertura che è stata fatta alla nostra categoria e ringrazio naturalmente la signora presidente del riconoscimento che ha fatto, d'altra parte pacifico, acquisito, del radicamento che hanno le banche di territorio in genere, ma le banche di territorio di carattere cooperativo soprattutto.
Io sono Presidente di Assopopolari, che è l'associazione delle banche popolari. Sono Presidente dal 2015, per cui non ho vissuto direttamente con questa mia carica la riforma delle popolari che in quel periodo è stata fatta e di cui adesso parlerò. Voglio in via preliminare fare un brevissimo cenno storico, perché è importante, a mio modo di vedere, esaminare con precisione da quale ambiente sociale escono le banche popolari, cenno che, in un certo senso, è stato preannunciato dalla presidente.
Le banche popolari sono nate nella seconda metà dell'Ottocento e sono nate in simbiosi con le organizzazioni, anche dei lavoratori, ma in modo particolare dei piccoli e medi imprenditori, artigiani, agricoltori eccetera. L'Assopopolari è stata costituita nel 1876 e nel 1886 le banche popolari erano già duecento. Si sono di continuo sviluppate. All'inizio del Novecento erano settecento. Adesso, superstiti dalla riforma del 2015, siamo una sessantina circa. Il primo rivolgimento dopo il Novecento è stato nel 1927, quando un decreto-legge di questo periodo obbligò alcune banche popolari a convertirsi in Spa. Poi conosciamo quello che si è saputo dell'attività di alcune banche che indubbiamente hanno screditato la categoria. Alcune non facevano neppure parte, proprio per questa ragione, già quando ancora erano in vita, di Assopopolari. C'è stata anche una superfetazione di banche attribuite alla categoria delle popolari, ma che popolari non erano. Per esempio delle quattro banche si è detto anche su giornali autorevoli che si trattava di quattro popolari. In realtà, si trattava di tre ex casse di risparmio e di una popolare, che poi era quella più chiacchierata giornalisticamente per i suoi collegamenti che tutti conosciamo. Naturalmente si sono trasformate le nove più grosse che dovevano convertirsi sulla base della legge. Ne rimane una che è ancora in discussione, la Banca Pag. 5Popolare di Sondrio, nostra socia, sulla quale la Corte di giustizia europea si pronuncerà il 17 luglio, perlomeno rispondendo ai quesiti formulati dal Consiglio di Stato. Delle nove convertite non ve n'è una che sia sfuggita alla presa dei fondi internazionali, quindi è stato un notevole apporto alla finanza internazionale che pretende di guidare l'Italia unitamente al pensiero unico. Questa circostanza ci preoccupa, perché fa venir meno una delle caratteristiche delle banche popolari, che sono sempre state difese dalla Banca d'Italia proprio per la concorrenza che tengono viva nel territorio. Credo che tale tema sia da valutare non tanto nell'ambito dell'audizione di oggi, quanto nell'ambito generale che attiene ai compiti della Commissione di inchiesta, proprio sul futuro da dare all'assetto del territorio e del sistema bancario in particolare.
Venendo all'argomento di questa audizione, cioè in sostanza ai provvedimenti del decreto «Liquidità» e comunque a sostegno delle misure economiche varate dal Governo, vorrei brevemente far notare che il Presidente del Consiglio ha annunciato questi provvedimenti il 6 aprile dopo il Consiglio dei ministri. Immediatamente dopo l'annuncio in un telegiornale, le persone sono cominciate a venire in banca chiedendo che noi provvedessimo, così come si era detto. Il decreto-legge non era ancora in Gazzetta, ci è andato l'8, quindi due giorni dopo, e ci siamo immediatamente accorti che non era così facile da interpretare come poteva sembrare. Particolarmente la definizione di «nuovi finanziamenti» è certamente stata molto elaborata quando si innesta sugli scoperti di conto eccetera. Comunque la documentazione dell'ente garante dei finanziamenti è stata resa disponibile sotto i 25.000 euro l'11 aprile, con operatività del fondo interessato dal 16 aprile. In sostanza dieci giorni messi a carico dei banchieri e dei bancari, ma per i quali, peraltro, non vi era da parte nostra la possibilità di provvedere, perché mancava tutta la modulistica che doveva essere messa a disposizione, in questo caso, dal Mediocredito.
Per i finanziamenti sopra i 25.000 euro la cosa è andata peggio, nel senso che la modulistica è stata resa disponibile solo il 23 aprile e quindi diciassette giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta del decreto-legge. Noi come Banche Popolari abbiamo fatto uno sforzo importante che è documentato dai dati che abbiamo riassunto in una tavola che è stata distribuita. In sostanza le nostre banche, con riferimento ai prestiti fino a 25.000 euro, hanno trattato 20.889 pratiche, di cui ne sono state accettate 13.954 con una percentuale del 66 per cento. Ancora meglio è andata con i prestiti superiori ai 25.000 euro che sono stati accettati per l'89 per cento.
Salto la suddivisione tra Nord, Centro e Sud, perché è riportata qua nel documento che abbiamo distribuito e crediamo sia sufficientemente eloquente per dire come, da parte nostra, si ritiene che sia stato fatto il nostro dovere, pur con la situazione che ha pesato soprattutto nel primo periodo, quando, in pieno periodo di coronavirus, le banche hanno dovuto essere tenute chiuse e solo successivamente si è riusciti ad aprirle e solo su appuntamento, quindi solo successivamente hanno avuto la possibilità di svolgere la propria attività in modo più accurato.
Per i prestiti al di sopra dei 25.000 euro, presenti nella tavola 2 della relazione che abbiamo depositato, i dati riportano un numero di domande complessive pari a 4.335 di cui quelle accettate sono state 3.860. Altri dati si riferiscono sempre ad altre comparazioni di questo tipo. Le domande di moratoria trattate dalle banche popolari sono state 43.000, 41.000 accettate, con una percentuale del 94 per cento.
Questo è il quadro generale, sul quale resto a disposizione per ogni chiarimento che fosse eventualmente necessario. Sono dati che ci confortano largamente al di sopra del sistema.
Ho ancora qualche minuto, quindi ne approfitto per fare una valutazione di carattere generale. Proprio oggi sul Sole 24 ORE campeggia il titolo «le aggregazioni devono essere fatte» o comunque si spinge per le aggregazioni. Io credo, ed è il parere della nostra categoria, che le aggregazioni Pag. 6in sé non siano né buone né cattive. Sono buone, se aggregano dei soggetti deboli, sono cattive, se aggregano soggetti buoni, capitalizzati. Ho visto con grande piacere che anche il presidente Enria considera comunque una forza la biodiversità. Quindi è necessario che questa valutazione sia fatta anche alla luce di quello che il presidente Enria ha detto. Che poi siano buone o cattive c'è da dire che un effetto negativo le aggregazioni comunque lo conseguono, perché riducono la concorrenza tra banche e diminuiscono fortemente l'accesso al credito delle piccole e medie aziende. Oggi vi sono intere zone del territorio italiano, in particolare al Sud, prive di un sistema bancario in concorrenza e spesso prive di banche del tutto. A Nord la situazione oligopolista è alle porte. Da più parti si pensa che questo sia il risultato voluto dal pensiero unico e dalla finanza internazionale. Io dico onestamente che sono tra quelli.
Credo che vada ammesso, a proposito della riforma delle Popolari, che vi erano delle banche troppo grandi per poter essere considerate banche di territorio, ancorché caratterizzate da ampi poteri delegati alle sedi periferiche, ma si sarebbe potuta percorrere, a nostro avviso, un'altra strada più proficua e meno dannosa, ad esempio quella di scorporare l'azienda bancaria dalla cooperativa con l'assunzione da parte sua della forma giuridica della Spa, restando la stessa tale e quindi con il voto capitario compreso.
È una soluzione che, a nostro avviso, presenta diversi vantaggi. Il primo sarebbe quello di far crescere dimensionalmente la banca senza perdere il link con il territorio che non è tanto legato all'articolazione della rete quanto al modo di fare banca. Verrebbe poi in questo modo superata una delle perplessità più ricorrenti da parte delle autorità di vigilanza, ovvero il fatto che il voto capitario rappresenterebbe un ostacolo al reperimento di mezzi freschi sul territorio. Lo scopo dell'azienda bancaria, in ogni caso, eviterebbe tentazioni per amministratori infedeli che fossero intenzionati ad utilizzare le famose operazioni baciate per trovare nuovi mezzi. Alla holding popolare resterebbero i compiti di mutualità esterna a favore del territorio come da tradizione storica delle popolari, i cui statuti consacrano questo criterio, nella felice coincidenza che più cresce il territorio e più cresce la banca, così come più cresce la banca, più cresce il territorio.
Concludo ricordando alla Commissione che le banche popolari sono nella media più patrimonializzate e, conoscendo il territorio, caratterizzate da minori sofferenze. Sulla redditività grava, peraltro, come un macigno la pesantezza degli adempimenti, molti dei quali esclusivamente di lavoro, che io chiamo «lavoro buroindotto». Per raddoppiare la redditività basterebbe che l'Unione Europea e le norme di recepimento rispettassero davvero il principio costituzionale europeo di proporzionalità.
L'esperienza degli Stati Uniti, della Germania, del Canada e della stessa Francia, oltre che dei Paesi di recente democrazia, dimostrano che il modello cooperativo di banca rappresenta una biodiversità da una ricchezza da preservare, come ha detto anche il presidente Enria. Le popolari non eterodirette si sono sempre capitalizzate, ricorrendo esclusivamente ai soci fino a venti anni fa circa. Soprattutto, nei Paesi in cui il sistema cooperativo non è osteggiato, le banche crescono per linee interne, preservando quindi la concorrenza, e non esclusivamente fagocitando le medio-piccole come regolarmente avviene da noi, con ciò creando una situazione di non concorrenza. Soprattutto, il modello cooperativo salvaguarda il sistema bancario dalla conquista da parte della finanza internazionale, regolarmente avvenuta dopo la riforma contro le popolari, con conseguente trasferimento di fiumi di risorse in mani estere.
Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei. Senatore Pellegrini. Prego.
MARCO PELLEGRINI. Grazie presidente. Grazie, Presidente Sforza Fogliani. Non è stato eufemistico e quindi mi viene da farle due domande brevi.
Una sua valutazione numerica, se ha il dato, su quanto ha influito la riforma delle Pag. 7popolari sul flusso di finanziamenti che sono arrivati alle microimprese, alle piccole, agli artigiani e agli autonomi, cioè se ha un dato della diminuzione, se questa è avvenuta oppure se addirittura c'è stato un aumento.
Lei in parte nel suo intervento ha dato dei suggerimenti per rompere quello che lei stesso ha definito, in maniera non eufemistica, un «oligopolio creditizio». Quindi, oltre a quanto ci ha illustrato, c'è qualcosa in più che può suggerire a questa Commissione per Darle la possibilità di essere propositiva dal punto di vista legislativo? Grazie.
PRESIDENTE. Facciamo prima tutte quante le domande? Collega Pesco. Prego.
DANIELE PESCO. Grazie presidente per le informazioni che ci ha portato, molto preziose. Volevo fare una domanda a proposito dell'articolo 13 lettera m), i finanziamenti sotto i 25.000 euro garantiti al 100 per cento. Vedo che la Banca di Piacenza ha fatto molto bene, soprattutto nelle ultime domande ricevute, quasi la totalità sono state accolte, a differenza di quello che è avvenuto prima, dal 13 maggio a oggi rispetto a quelle pervenute nell'ultimo periodo. Vedendo però i dati di tutte le banche popolari, i dinieghi sembra che siano parecchi. Mi chiedevo qual è il motivo principale per cui viene negato questo finanziamento garantito al 100 per cento dallo Stato. Grazie.
PRESIDENTE. Collega De Bertoldi.
ANDREA DE BERTOLDI. Ringrazio anch'io il Presidente Sforza Fogliani per la sua presenza e il suo intervento.
Io, Presidente, ho due brevissime domande, una quasi ormai canonica e di tradizione negli incontri che abbiamo avuto col sistema bancario qui in Commissione banche che riguarda un tema molto preciso.
È agli occhi di tutti, della stampa specializzata, delle associazioni di categoria, della politica, che il decreto «Liquidità» non abbia avuto quei risultati in termini di credito che, perlomeno, erano stati annunciati e promessi, ma che vi siano stati sia in termini di importi effettivamente erogati che in termini di domande erogate rispetto alle presentate, quindi sia sul fronte quantitativo sia sul fronte poi deliberato, delle discrepanze piuttosto importanti tra il promesso e il realizzato. Io ritengo che uno dei problemi che hanno caratterizzato questo imbuto, questa lentezza possa rinvenirsi nel fatto che i bancari non abbiano avuto la manleva penale nelle pratiche fino a 25.000 euro, quindi nelle pratiche della procedura automatica in termini di antiriciclaggio e antimafia. Vorrei capire cosa ne pensa di questo aspetto. Effettivamente poteva risolversi o comunque diminuire di molto la problematica in presenza di una manleva penale oppure no? Questo è l'aspetto principale.
Poi mi allargo un attimo, approfittando del fatto che io da sempre mi sono interessato del tema delle banche di territorio, del credito cooperativo, anche in conseguenza della mia provenienza geografica, io provengo dal Trentino, quindi terra di casse rurali. Sono stato un fiero oppositore e critico della riforma che nella scorsa legislatura ha, secondo me, cancellato o quasi le banche di territorio dal nostro sistema economico. Ritengo che soprattutto in territori di periferia quale è la mia regione, ma quale è gran parte del nostro Paese, la funzione che hanno esercitato le vostre banche sia stata pregnante, soprattutto sulle PMI.
Cosa pensa oggi, dopo qualche anno da questa non accettabile riforma del credito, degli effetti che può avere avuto sul sistema economico, anche in un momento difficile come questo? Soprattutto, cosa pensa che si potrebbe ancora fare perché il credito di territorio possa tornare ad avere un significato e ad essere un punto di riferimento per le PMI italiane? Grazie.
PRESIDENTE. Collega Castiello.
FRANCESCO CASTIELLO. Presidente, io mi ricollego alla domanda fatta dal collega poc'anzi. Anche io ho molte perplessità sulla riforma che è stata eseguita e che Pag. 8ha fatto venire meno quelli che erano i capisaldi culturali, ideologici, etici del credito cooperativo. Questo riguarda sia la categoria delle popolari sia la categoria delle BCC (Banche di credito cooperativo). Le chiediamo una valutazione a questo riguardo.
Aggiungo una domanda mia particolare. Lei ha accennato alla ipotesi che, sulla falsariga della riforma delle casse di risparmio, dove c'è stato lo scorporo della fondazione da un canto e dell'azienda bancaria costituita in Spa dall'altra, potesse avvenire una cosa del genere anche per quanto riguarda la società cooperativa che sopravvive con le sue tradizioni, i suoi valori e le sue ideologie mutualistiche, scorporando l'azienda bancaria costituita in forma di Spa. Io vorrei capire meglio, Presidente, quali sarebbero le funzioni della cooperativa rivenienti da questo scorporo e in che modo quelle funzioni, quei valori, quegli obiettivi mutualistici si scaricano, orientandone l'attività sull'azienda bancaria. Grazie.
PRESIDENTE. Collega Foti. Prego.
TOMMASO FOTI. Molto brevemente, due considerazioni. Io ho letto una dichiarazione del Presidente, che personalmente condivido, quando, a fronte delle pressioni che da più parti venivano fatte per incolpare il sistema bancario di non essere sufficientemente veloce, ha detto: se era così facile, perché lo Stato non ha dato direttamente i soldi alle imprese invece che avvalersi delle banche?
La seconda è relativa a una delle questioni che ha affrontato questa Commissione in più occasioni. Già ne parlava prima a proposito della manleva il collega De Bertoldi. È quella del merito creditizio. In buona sostanza, si ritiene che le banche non debbano più dare la valutazione del merito creditizio, perché tanto c'è la garanzia dello Stato. È veramente proprio così o le banche hanno comunque una responsabilità, soprattutto le banche popolari, nei confronti dei propri soci e quindi debbono comunque valutare cosa stanno facendo? Proprio perché è vero che c'è una garanzia dello Stato, ma è altrettanto vero che le banche hanno anche dei soci a cui devono rispondere del loro operato.
PRESIDENTE. Grazie, Collega D'Alfonso, prego.
LUCIANO D'ALFONSO. Presidente grazie. Anch'io ringrazio il Presidente per la sua relazione, che ho sentito in parte, in ragione di un ritardo, ma a giudicare dall'introduzione delle domande dei colleghi, colgo soddisfazione. Io le faccio tre domande innocenti che però mi aiutano a determinare una circolarità del mio patrimonio conoscitivo sul tema delle misure efficaci o meno messe in campo dal Governo.
La prima domanda riguarda i tempi di erogazione. Se voi potete arrivare a stabilire un numero, un coefficiente per quanto riguarda la vostra esperienza. Se adesso non riesce a farlo, possiamo anche provvedere con un invio successivo, perché abbiamo assistito in un quadro di correttezza all'ammissione da parte di ABI, che non ci poteva dare questa informazione in ragione del dettato statutario e normativo che non consente loro di fare «la presa» di queste informazioni. Quindi la domanda numero uno è sui tempi di erogazione. Tra il tempo T0 che è la richiesta dell'utente cittadino e il tempo dell'arrivo tra le mani, nelle amministrazioni si parla di «arrivo in pancia», per la cittadinanza io dico «arrivo tra le mani». Quali sono i tempi fotografabili come medi nella realtà che rappresenta?
Secondo: poiché è presente lo spirito di Franco Vazio, nostro collega avvocato, che ho definito puntuto anche l'altra volta, quali sono i costi riferiti ai servizi applicati?
La terza domanda, invece, è proprio mia. In questo momento, negli spazi del Parlamento e del Governo c'è un atteggiamento di scrutinio, a volte anche diffidente nei confronti dell'Europa. Nel 2000 l'Europa varò un'agenda che si chiamava «Agenda 2000». Presumo che il collega Pesco abbia avuto a che fare con questa agenda nella sua vita precedente, quando ha lavorato da funzionario pubblico. «Agenda 2000» dell'Ue fu molto ispirata Pag. 9dalla cultura della prossimità normativa ed istituzionale e cioè il legislatore non fa norme pensate nella sua solitudine, ma ascolta l'utenza, il destinatario e dice: «Quali sono le norme che ti possono servire per funzionare?» Se fossimo in tempo di «Agenda 2000» e di prossimità normativa e io fossi un legislatore modello Putin – faccio tutto io – e le chiedessi che cos'è che serve per fare in modo che la prossima volta non ci siano buchi, lei Presidente, con la sua saggezza e non solo per quanto riguarda ciò che descrive la sua esperienza, ma anche per la rappresentatività della sua attività dentro il sodalizio delle banche popolari, quale norma ulteriore ci suggerirebbe che poteva servire? Ma dicendolo non in un convegno dove a volte si dicono cose inutili, bensì assumendolo dalla pratica quotidiana dove non ci siano incertezze, e dentro questa domanda riassumo anche una parte della direzione della domanda del collega De Bertoldi, anche quanto al dato problematico introdotto dalla normativa sui fallimenti, che ha frenato rispetto alle istruttorie. Qual è la norma mancante per fare meglio?
PRESIDENTE. Grazie, collega Lannutti. Prego.
ELIO LANNUTTI. Grazie, buongiorno, ringrazio anch'io il Presidente di Assopopolari, l'avvocato Sforza Fogliani.
Alcuni principi che lei ha evocato nell'introduzione sono musica per le mie orecchie perché, quando mi occupavo di tutela dei consumatori, ho cercato di contrastare in tutti i modi, anche con ricorsi alle autorità amministrative, TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) e Consiglio di Stato, quella riforma che si innestava in un modello, quello del neoliberismo dittatoriale e del globalismo, il cui fallimento, anche causa Covid, è sotto gli occhi di tutti. Le banche del territorio stanno vicino ai cittadini. Io ricordo quando lavoravo in banca, in un quartiere importante di Roma, dove questa banca aveva qualcosa come un'agenzia con circa 40.000 clienti. Io ricordo il controllo, oltre quello che si faceva allora, non tramite gli algoritmi di Francoforte, che facevano i comitati fidi e poi c'è un altro controllo sociale, quello al bar, dove c'era la conoscenza con il direttore, con i funzionari ed era un modello virtuoso, tutt'altro da quello che accade ora. Io ho visto che ci sono alcune luci e ombre nei dati che lei ha esposto in queste tabelle, però più luci che ombre rispetto al sistema.
Per cercare di migliorare alcune condizioni di accesso al credito, qualche suo consiglio potrebbe essere prezioso. Per esempio, le assicurazioni in genere si dice che chiudono l'ombrello quando piove. In questo momento proprio le grandi banche, quelle che, si ricorda il 1992, quelle che «Dobbiamo fonderci, dobbiamo aggregarci.» I guai li abbiamo visti, perché il costo dei servizi bancari non è diminuito, ma addirittura è aumentato e la qualità dei servizi ha lasciato a desiderare. Per esempio i 25.000 euro sono garantiti. Il collega De Bertoldi anche lui fa sempre queste domande. È dipeso anche dalla legge? Ma c'è un'autocertificazione che ha superato oramai quella manleva che veniva richiesta, quindi questo è uno step superato, ma sotto i 25.000 euro se qualcuno non ha pagato una bolletta ed è segnalato alla CRIF (Centrale Rischi Finanziari), non riceve quei 25.000 euro. Allora le chiediamo cosa potremmo fare per migliorare questi decreti che sono stati fatti non per negare a chi ne ha bisogno la liquidità, ma per favorirla. La ringrazio molto.
PRESIDENTE. Grazie. Non ho altri interventi. Do la parola al Presidente Fogliani. Prego.
CORRADO SFORZA FOGLIANI, Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari. Grazie signora presidente. Grazie a tutti i parlamentari che sono intervenuti, facendo domande che apprezzo e che si inseriscono nell'esposizione che ho cercato di fare seppure nei tempi ristretti.
La prima domanda, se ho capito bene, si riferisce alla possibile influenza della riforma sull'accesso al credito. La riforma, a differenza di quello che è stato il trattamento delle Banche di Credito Cooperativo (BCC), ha influito su alcune banche popolari, Pag. 10 obbligandole a trasformarsi in Spa e ha lasciato indenni le altre. Dico indenni da esponente di banche popolari, nel senso che, a differenza del credito cooperativo rispetto al quale tutte sono state interessate dalla riforma e quindi a costituirsi in organismi superiori per cui è stato sostanzialmente tolto a tutte il governo vero, reale, le popolari, quelle che non sono state toccate, hanno proseguito la loro vita allo stesso modo. Quindi, come ha influito la riforma? Nelle province (La mia è una di quelle) in cui la riforma non ha operato le cose sono proseguite nella forma naturale. Dove ha operato, mi riferisco a dove vi erano delle vere banche di territorio, non delle banche, magari anche popolari come categoria, ma non di territorio, o comunque non con la cultura delle banche locali che avevano prima e che poi hanno perso, in queste zone ha influito nel senso di limitare la concorrenza. In pratica questo fatto si è risolto in una maggiore difficoltà da parte delle imprese medio-piccole di ottenere credito. Questo è palese. Soprattutto al Sud, che è stato maggiormente penalizzato da cadute di banche locali, questo si è verificato, quindi è un po' quello che ho detto prima nell'esposizione. Indubbiamente la limitazione della concorrenza è un fatto di cui nessuno parla ma che invece, per chi crede nella funzione che la concorrenza svolge, è importante, perché non ogni zona ha un mercato governato dagli stessi tassi di interesse. Ci sono delle zone con determinati tassi di interesse, ci sono altre zone con altri tassi d'interesse, perché sappiamo le dinamiche del mercato e quindi la dinamica dei tassi di interesse. Non è assolutamente vero che vi possa essere un tasso d'interesse uguale in tutta Italia. Le statistiche di economisti illustri dimostrano che dove c'è una banca locale (noi lo diciamo, per quanto si riferisce alla mia zona, anche pubblicamente e nessuno ci smentisce) i tassi di interesse a carico dei consumatori, a carico dei clienti sono diversi da quelli dove c'è invece un'assoluta carenza di concorrenza, perché la concorrenza crea questo effetto palese che è evidente. I tassi di interesse a carico dei clienti sono minori, anche di riguardo, dove c'è operativa una banca locale.
Per quanto si riferisce alla Banca di Piacenza è stato sottolineato, mi pare in un paio di interventi, che uno dei problemi che certamente questo decreto «Liquidità» pone è il perché non venga dato con immediata celerità il finanziamento sotto i 25.000 euro, quindi coperto al 100 per cento. Prima di tutto la questione del merito creditizio, come ha ribadito anche il Governatore nelle sue considerazioni finali: c'è l'obbligo di valutare il merito creditizio in entrambi i casi, tanto sotto che sopra i 25.000 euro. C'è questo obbligo di legge, in mancanza del quale sia i dipendenti che i legali rappresentanti potrebbero avere delle noie di carattere anche penale.
Entriamo nell'altro argomento quello della manleva. È vero che la garanzia al 100 per cento è totale, però bisogna anche vedere (non è che voglio dare suggerimenti, lancio solo un'idea) come hanno funzionato le garanzie pubbliche diverse degli enti che hanno dato queste garanzie per il terremoto, perché purtroppo ci sono molte preoccupazioni e molti esempi che dimostrano che la garanzia pubblica non è poi così facile da escutere. Qualcuno lamenta che vi siano degli eccessivi formalismi nel momento in cui si escutono le garanzie pubbliche. Un certo controllo, tuttavia, le banche devono per forza di cose farlo, non solo perché è la loro attività che deve essere fatta, ma anche perché arrivano a volte delle considerazioni non estremamente favorevoli, come dicevamo sulla possibilità di escutere le garanzie pubbliche relative al terremoto.
La questione del merito creditizio si innesta sul discorso che è stato più volte fatto e che è stato portato avanti da alcuni banchieri, più di banche grosse che di banche piccole e che poi è analogo al discorso della non assegnazione dei dividendi. La mia banca ha dovuto lottare per poter dare i dividendi. Noi abbiamo lo slogan «ottant'anni di vita, ottant'anni di dividendi». Quest'anno, non si sa perché, non avremmo dovuto darli. Abbiamo un CET1 del 19 contro il 7 di legge, quindi per noi non c'era proprio nessun motivo, anche con la maggiore Pag. 11 prudenza, che ci impedisse di dare i dividendi. Un grosso banchiere ha lanciato questa idea, forse alla sua banca tornava comodo che non si spartissero i dividendi, fatto sta che ha messo in difficoltà tutti e noi abbiamo dovuto lottare per poter dare i dividendi. Quando non li avessimo dati, saremmo andati incontro alla perdita dell'immagine. Altroché la tutela dell'immagine come la vigilanza giustamente vuole! Ma che perdita di immagine avremmo avuto se, per la prima volta nella storia della nostra banca, non avessimo dato, come quasi si voleva pretendere facessimo, i dividendi? Perché poi il mercato è fatto da milioni e milioni di sensazioni, sentimenti, impercettibili o comunque imperscrutabili e difficilmente modificabili. Quindi certamente qualcuno, specialmente quelli della concorrenza, avrebbero detto che non eravamo in grado di dare dividendi. Noi abbiamo delle cause in corso perché i rappresentanti di altre banche hanno addirittura detto che noi non pagavamo gli stipendi. Siamo arrivati a questo. Quindi c'è una situazione che, sotto questo profilo, va attentamente valutata. La manleva è stata proposta, più che proposta richiesta, da qualcuna delle grosse banche. Che questo pericolo pesi un po' sui banchieri è vero, perché per esempio io mi sono trovato una volta ad assistere a un dibattito su questo tema in cui era presente un magistrato. Il magistrato ha detto: «La colpa di questo rovescio è delle banche che hanno dato danaro e risorse a questa azienda quando era già in situazione decotta.» Ha finito il suo intervento, arriva dentro un altro magistrato che non aveva sentito il collega e lui ha detto: «La colpa è delle banche, perché non aiutano le aziende in difficoltà.» Questa è veramente, a volte, la situazione nella quale noi ci troviamo, perché quando c'è un'azienda in difficoltà, viene il prefetto, vengono i sindacati, viene il sindaco giustamente e si interessano. Poi però i rischi si corrono, perché dopo può anche arrivare la giurisdizione penale e il magistrato. Io credo che questo problema possa forse essere risolto, se non con uno scudo penale totale, come mi pare sia stato richiesto seppure in termini molto generici, con uno scudo penale come un concordato preventivo. Nel concordato preventivo c'è già una situazione di protezione delle persone interessate e di coloro che sono intervenuti e che intervengono non così totale, non così esimente come quello che è stato richiesto e si è proposto, ma che potrebbe essere una strada da considerare e da valutare.
Ringrazio gli altri intervenuti. Il problema che è stato sollevato dell'aiuto che le banche danno all'economia reale è un problema vero, che deve essere, secondo me, sollevato e sul quale anche la Commissione potrà, con i larghi poteri che le sono stati attribuiti dalla legge costitutiva, utilmente indagare. Io ritengo però che molto si risolva alla base da un punto di vista meramente tecnico, considerando che oggi le banche, paradossalmente, sono più aiutate, guadagnano di più «in soldoni», facendo finanza che non aiutando l'economia reale. Questo è sostanzialmente il vero problema che oggi ha il sistema bancario. Se a noi della Piacenza desse di volta il cervello, lasciassimo a casa i cinquecento dipendenti che abbiamo e investissimo il nostro patrimonio ragguardevole (CET1 del 19%) in borsa, come fanno le fondazioni bancarie, per cui giustamente si è ricordato il caso dello scorporo eccetera, la banca guadagnerebbe di più. Questo è il paradosso, questo è l'assurdo.
Il problema di quanto io proponevo, e che prima è stato ripreso autorevolmente, ossia che possa esservi uno scorporo dell'azienda bancaria dalla società cooperativa che rimane, è stato da noi approfondito ma non più di tanto, anche perché purtroppo si è visto che non era una strada sulla quale allora si pensava comunque di andare. Io credo che possa essere una formula giusta proprio per fare sì che le singole banche che si trasformano in Spa abbiano la facilità di ricapitalizzazione che hanno obiettivamente le Spa, anche se nella storia e fino a vent'anni fa le banche popolari si sono sempre ricapitalizzate attraverso degli aumenti di capitale sottoscritti dai propri soci. Il problema si è creato solo da vent'anni a questa parte per interventi di vario genere che hanno, non dico distrutto, ma Pag. 12certo non hanno aiutato la posizione dei soci delle cooperative bancarie. Credo che operando in questo indirizzo si possa fare in modo che si abbia un sistema bancario molto più produttivo, molto più accuratamente a difesa non del patrimonio italiano, ma a difesa del sistema, cosicché non vi sia più la necessità di ricorrere, come ha fatto questo Governo, seppure meritevolmente al «Golden Power», perché oltretutto non si capisce come mai in tanti anni precedenti si sia operato quasi aprendo la strada diretta alla finanza internazionale per impossessarsi delle nostre banche. Oggi, se guardiamo al capitale da cui sono costituite le banche, non ce n'è più una che si dovrebbe chiamare italiana. Si chiamano italiane, perché hanno la sede legale in Italia. A Piacenza ce n'è una che ha la sede legale a Parma, ma porta i soldi in Francia. Se ci fosse un sistema bancario costruito in questi termini, non sarebbe necessario un provvedimento come quello varato dal Governo, sia pure temporaneamente, quindi a valere solo per il periodo di pandemia per la difesa delle banche. Soprattutto, è un discorso che contrasta con quello che è sempre stato fatto fino ad oggi. Ultimamente abbiamo visto il rappresentante di una grande azienda bancaria esaminare lui, criticare lui, denunciare lui che certe unificazioni potrebbero provocare la diminuzione della concorrenza, ma non l'ho mai sentito, se non da parte nostra, dirlo prima di oggi. Oggi questi concetti, che se fossero valsi prima avrebbero portato il nostro sistema bancario ad essere più forte di quanto in realtà non sia, non si sono mai sentiti. Io poi non ho mai capito perché se una persona, un soggetto privato, porta soldi all'estero sia accusato di frodare le imposte e di non aiutare l'economia reale; ma anche se uno porta i soldi all'estero legalmente, pagando le tasse, ammesso che le paghi e che non porti i soldi a banche che hanno società all'estero eccetera, non aiuta l'economia reale comunque. Questa, dunque, dovrebbe essere una preoccupazione di cui il Governo e chi regge una nazione abbia contezza e provveda nel senso dovuto.
Il senatore D'Alfonso ha parlato, giustamente, dei tempi di erogazione. I tempi di erogazione sono però dei tempi molto difficili da stabilire perché, con il discorso delle garanzie, noi mandiamo la documentazione a SACE o a Mediocredito e poi quando possiamo erogare o quando siamo sicuri di erogare? Perché queste entità mandano prima una dichiarazione nella quale dicono: «Abbiamo ricevuto la vostra domanda.» aggiungono però nella presa d'atto che «il giudizio definitivo sulla concessione o meno della garanzia spetta al consiglio al cui esame andrà». Allora noi siamo un po' in ambasce, perché se addirittura loro ci dicono: «Guardate, che abbiamo ricevuto la domanda.», però deve andare in consiglio, perché il consiglio deve valutare se concedere o meno la garanzia, allora per noi potrebbe essere rischioso, anche dopo le parole del Governatore, erogare in pendenza di un discorso aperto con il consiglio e quindi questo è un tempo che materialmente deve essere considerato, ma non è certo un tempo che fa carico alle banche, perché le banche della concessione della garanzia hanno la certezza solo dopo diverse settimane, almeno due da quando hanno inviato la documentazione. Come mi sono permesso di dire nell'esposizione iniziale, non si può pensare che sia attribuito al ritardo delle banche nell'istruzione dei crediti, anche il periodo durante il quale noi abbiamo dovuto attendere tutta la documentazione dalle società che devono garantire, dovremmo avere la scienza infusa. Finisco.
PRESIDENTE. Ci sono dei colleghi che devono andare via.
CORRADO SFORZA FOGLIANI, Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari. Ci sono anche dei problemi che devono essere esaminati, però per l'erogazione, in sostanza, il problema è lo stesso di quello che ho accennato prima e cioè della disponibilità della documentazione che abbiamo avuto largo tempo successivamente alla pubblicazione in Gazzetta. Grazie ancora.
PRESIDENTE. Un'ultima domanda volevo fargliela io. Se dopo questa terribile Pag. 13crisi le banche cooperative dovessero dare corso ad aumenti di capitale, dopo le vicende della Veneto Banca e la Popolare di Vicenza non potrebbero avere delle difficoltà, dato che il valore delle azioni è stato comunque rivisto?
CORRADO SFORZA FOGLIANI, Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari. La Veneto Banca non è socia di Assopopolari, ma non ho capito bene la parola.
PRESIDENTE. Se dopo questa crisi le banche popolari dovessero dare corso a un aumento di capitale e quindi rivolgersi al mercato, a causa delle vicende passate che quindi hanno visto ovviamente i risparmiatori traditi in qualche vicenda, secondo lei questo potrebbe dare dei problemi, dato che è stata rovinata l'immagine?
CORRADO SFORZA FOGLIANI, Presidente dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari. È più che giusta la domanda. Probabilmente non vi sarebbe stato quello che vi è stato, se fin dall'inizio non fosse imperato il cesarismo che ha portato alla situazione attuale in quelle zone nelle quali vi è stata una situazione di decozione, come quella della Banca di Vincenza o della Veneto che, come ripeto, peraltro non era nostra socia o come d'altra parte è avvenuto anche per il Monte dei Paschi. Come diceva Einaudi, «il capitale ha le gambe della lepre», quindi scappa subito e pertanto, per forza di cose, c'è un'incidenza notevole di quello che è successo, però nelle situazioni normali, non toccate da disastri, credo che la possibilità di capitalizzazione in relazione alla situazione finanziaria delle persone, pur fuori da questa difficoltà che creerà questa pandemia, possa ancora esservi.
PRESIDENTE. Grazie. Io non ho altre domande. Salutiamo il Presidente Sforza Fogliani e ci diamo appuntamento alla prossima occasione.
Dispongo che la documentazione sia allegata al resoconto stenografico della seduta.
La seduta è chiusa.
La seduta termina alle 13.55.
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