Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3
Audizione, in videoconferenza, della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
:
Corda Emanuela , Presidente ... 3
Gelmini Mariastella (FI) , Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto) ... 3
Corda Emanuela , Presidente ... 8
Pella Roberto (FI) ... 8
Granato Bianca Laura ... 9
Drago Tiziana Carmela Rosaria ... 10
Gariglio Davide (PD) ... 12
Mollame Francesco ... 13
Corda Emanuela , Presidente ... 13
Gelmini Mariastella (FI) , Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto) ... 13
Corda Emanuela , Presidente ... 15
Gelmini Mariastella (FI) , Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto) ... 15
Drago Tiziana Carmela Rosaria ... 16
Gelmini Mariastella (FI) , Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto) ... 16
Corda Emanuela , Presidente ... 16
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA
La seduta comincia alle 8.45.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva in differita sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione, in videoconferenza, della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, della Ministra per gli affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini.
Ricordo che l'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza della Ministra e dei componenti della Commissione secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati nella riunione del 4 novembre 2020.
In proposito ricordo che anche ai parlamentari collegati in videoconferenza non è consentito esporre cartelli o scritte, secondo le regole ordinarie vigenti per la partecipazione alle sedute. Faccio inoltre presente per i parlamentari partecipanti da remoto la necessità che essi risultino visibili alla Presidenza, soprattutto nel momento in cui svolgono il loro eventuale intervento, il quale deve ovviamente essere udibile. La Presidenza non potrà, infatti, dare la parola ai parlamentari non visibili o i cui interventi non siano chiaramente percepibili. A tal fine occorre dunque assicurarsi di disporre di una connessione Internet stabile, evitando, ad esempio, di collegarsi da mezzi di trasporto in movimento, condizione che di solito rende insufficienti la stabilità e la qualità della connessione stessa.
Quanto ai deputati presenti in Aula nel corso delle audizioni, ricordo che per ragioni tecniche legate alle infrastrutture tecnologiche utilizzate per il collegamento in videoconferenza essi non saranno visibili nella schermata di videoconferenza né nella ripresa sulla web-tv della Camera.
Avverto che l'Assemblea della Camera è convocata alle ore 10.30. Pertanto, in considerazione del tempo a disposizione al fine di organizzare al meglio i nostri lavori, al termine dell'intervento della Ministra darò la parola per il primo giro di domande a un commissario per gruppo. Raccomando a tutti di contenere gli interventi in un tempo limitato.
Unitamente a tutti i colleghi presenti, ringrazio sentitamente la Ministra per aver accolto l'invito della Commissione. L'audizione costituisce, infatti, l'occasione per rafforzare il dialogo tra la Commissione e la Ministra su tutti i temi di interesse della Commissione e, in particolare, sull'attuazione del regionalismo differenziato, sul quale la Commissione sta predisponendo il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva svolta.
Do volentieri la parola alla Ministra per lo svolgimento della relazione. Prego, Ministra.
MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto). Buongiorno, presidente. Ringrazio lei e i commissari per avermi Pag. 4voluto ascoltare anche sul tema specifico del regionalismo differenziato, nonché sul tema dell'attuazione dell'articolo 116, comma 3. Avevamo già avuto il piacere di un confronto il 3 marzo, ma credo che sia utile un ulteriore momento di approfondimento anche con riferimento all'indagine conoscitiva che ho avuto modo di seguire dai resoconti dei vostri lavori.
Come avevo anticipato anche la scorsa volta, ho ritenuto indispensabile istituire una commissione di studio sul tema del regionalismo differenziato perché, dopo la stagione della pandemia, ritenevo indispensabile, da un lato, non disperdere il lavoro fatto precedentemente, ma, al tempo stesso, aggiornare le informazioni e i contenuti. Quindi ho chiesto al professor Beniamino Caravita di presiedere e di coordinare una commissione nella quale sono presenti anche delle figure importanti, come la professoressa Poggi, il professor Giulio Salerno, Massimo Rubechi – per citarne solo alcuni – o il professor Scaccia, del legislativo e del Ministero.
Qual è la sintesi a cui sta pervenendo la commissione? Premettendo che i lavori non sono ancora del tutto terminati, ma sono sicuramente a buon punto, la commissione ha svolto innanzitutto un articolato lavoro di audizioni al fine di sviscerare tutti i temi connessi al regionalismo e anche le criticità che erano precedentemente emerse, al fine di addivenire alla possibile conclusione e definizione di una legge cornice, che sia propedeutica alla possibilità di giungere alle intese.
Io mi sono convinta che sarebbe sbagliato non addivenire a una legge quadro, perché questo non farebbe altro che rafforzare le divisioni, le conflittualità, le diffidenze e le preoccupazioni rispetto alle regioni che corrono verso le intese. Al tempo stesso dico che è importante immaginare una clausola di salvaguardia rispetto al lavoro svolto, perché è chiaro che ci sono regioni, come la Lombardia, il Veneto, l'Emilia-Romagna, che, o attraverso il referendum o attraverso un atto legislativo, sono addivenute alla richiesta di un più alto grado di autonomia. Queste richieste oramai giacciono da tempo immemorabile e devono essere riprese in considerazione. Tutto il lavoro che è stato svolto fino ad oggi è giusto che venga considerato e salvaguardato.
Ho voluto insediare tale commissione perché sono convinta che non solo il tema del regionalismo differenziato, ma anche il tema del federalismo fiscale, debbano addivenire a una conclusione. Il fatto che per oltre un anno l'attività di due differenti Governi non abbia avuto modo di compiere dei passi avanti su questo punto, a causa dell'emergenza sanitaria, non deve portare, però, a un ripensamento sui quei principi che consideravamo acquisiti e che, per quanto mi riguarda, tali restano.
Ribadisco anche il fatto che durante questa pandemia è chiaro che lo Stato ha dovuto compiere dei passi avanti, ha dovuto individuare regole anche complesse e molto impattanti sulla vita dei cittadini, ma tutto questo non deve portare a un nuovo centralismo. Occorreva, dunque, riprendere le fila di un ragionamento anche per dare risposte alle richieste pendenti da ormai quattro anni, supportate in Lombardia e in Veneto dal referendum e in Emilia-Romagna in modo diverso.
Il tema del regionalismo differenziato – l'ho già detto nella precedente audizione – ha un'inevitabile sinergia e dei punti di contatto con la questione del federalismo fiscale. Come sapete, la linea dell'Esecutivo è quella di completare il percorso entro il 2026, e questo è scritto all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza; ma trattandosi di una riforma – quella del federalismo fiscale – che risale a molti anni fa, al 2009, credo che sia fondamentale, come ha anche sottolineato la Viceministra Castelli relazionando di fronte alla Commissione lo scorso 9 giugno, rispettare anche su questo punto un cronoprogramma e dei passaggi necessari a completare la perequazione comunale, da un lato, e, dall'altro, a definire i fabbisogni standard e i livelli essenziali delle prestazioni per le città metropolitane e per le province.
Con riferimento al federalismo fiscale, proprio per imprimere un po' un'accelerazione su questo tema, il Dipartimento degli affari regionali ha provveduto a sostituire il Pag. 5proprio membro nella commissione tecnica e abbiamo individuato la professoressa Cerniglia, la cui nomina è in corso di definizione, il cui contributo sarà sicuramente di alto livello, al pari di quello degli altri membri. Ridare forza a questa commissione vuol dire provare a compiere quei passi necessari per l'attuazione del federalismo fiscale. Ci troviamo, quindi, in questa situazione.
Per quanto attiene al federalismo fiscale, abbiamo un cronoprogramma. Al momento, invece, non è definito un analogo cronoprogramma per quanto riguarda l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Il dibattito sulle richieste pervenute dalle quattro regioni si è sospeso. Quello che abbiamo chiesto alla commissione presieduta dal professor Caravita è di esprimersi su un disegno di legge cornice, sulla famosa legge quadro, che, pur prendendo le mosse da uno schema già ipotizzato dal precedente Esecutivo, deve, secondo me, da un lato, fornire maggiori garanzie di trasparenza e omogeneità delle procedure, e, dall'altro, contribuire a sciogliere quelle questioni politiche e giuridiche che potrebbero pregiudicare le concrete possibilità di definizione delle future intese. Come vi è noto, uno dei temi su cui a lungo si è dibattuto è quello relativo alle modalità di coinvolgimento del Parlamento.
Se sulla fase dell'iniziativa non ci sono dubbi, infatti, non ci sono aspetti particolarmente problematici in quanto sappiamo che l'iniziativa compete alle regioni, molto più complesse appaiono, invece, la fase governativa e la fase parlamentare. Parto dall'iniziativa – che è la parte più semplice – per dire che essa spetta alle regioni, sentiti gli enti locali. Le modalità procedurali e l'organo competente ad assumere l'iniziativa sono, dunque, disciplinati dalle singole regioni. È quindi una facoltà – e non un obbligo – delle regioni stesse far precedere l'attività di iniziativa legislativa regionale da una consultazione referendaria in una fase anteriore ed esterna al procedimento stesso.
Per quanto riguarda la consultazione degli enti locali, anche in questo caso è previsto dal dettato costituzionale un parere obbligatorio ma non vincolante. Questo lo si lo si può fare o attraverso il Consiglio delle autonomie locali o attraverso una consultazione dell'ANCI o dell'UPI o in entrambi i modi; ma sicuramente questo passaggio ci deve essere. In sede di redazione di una legge di procedura si può anche valutare di formalizzare il coinvolgimento del Consiglio delle autonomie locali (CAL), essendo peraltro un organo direttamente previsto dalla Costituzione all'articolo 123.
A mio avviso, l'eventuale legge cornice potrebbe prevedere il coinvolgimento del CAL, salvo che sia diversamente previsto dagli statuti regionali. Ciò potrebbe valere sia per la fase dell'iniziativa che per lo schema dell'intesa e questo è un punto abbastanza chiaro. In seguito, poi, all'attivazione e alla conclusione del procedimento da parte delle regioni, la richiesta di ulteriori forme e condizioni di autonomia viene presentata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali. Ciò pone in essere l'obbligo di avviare i negoziati da parte del Governo.
Il Governo gode di ampi margini di discrezionalità sulle modalità con cui strutturare l'atto di intesa e procedimentalizzare la sua approvazione, non essendo mai stato formalizzato sino in fondo un procedimento in tal senso. Ad avviso della commissione di esperti si potrebbe, dunque, ipotizzare un'approvazione in Consiglio dei ministri di uno schema di intesa, previa la stipula di accordi in sede di conferenze.
Un altro punto critico riguarda la possibilità del Parlamento di intervenire sul contenuto dell'intesa stessa e questo è un punto molto delicato. Si potrebbe, per esempio, ragionare – questo è il suggerimento che viene dalla commissione – di sottoporre alle Commissioni parlamentari competenti per materia gli schemi di intesa per la predisposizione dei pareri, prevedendo una procedura rinforzata a carico del Governo, qualora voglia distaccarsi da tali pareri. Io credo che sarebbe importante, accanto al coinvolgimento delle Commissioni parlamentari competenti, anche un coinvolgimento della vostra Commissione, la Commissione bicamerale per le questioni Pag. 6regionali. Troverei singolare che questa Commissione, che ha nella sua finalità esattamente questo tema, ossia il rapporto con le regioni, non fosse coinvolta.
Lo schema di intesa, così come è integrato con le modifiche provenienti dalle indicazioni parlamentari e dalla Commissione bicamerale per le questioni regionali, dovrebbe successivamente essere di nuovo sottoposto al vaglio della regione interessata, ai fini di addivenire alla predisposizione dell'accordo definitivo. Arrivati all'accordo definitivo – quindi dopo la consultazione con gli enti locali, con le Commissioni parlamentari, con la Commissione bicamerale per le questioni regionali, eventualmente col CAL, se si decide di intervenire in tal senso, o con ANCI o UPI – l'intesa finale potrebbe essere presentata al Parlamento per il tramite di un disegno di legge specificamente finalizzato alla sua ratifica, da approvare, ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 116 della Costituzione, a maggioranza assoluta.
Ribadisco un concetto che ho detto prima: è chiaro che su questa procedura per me sarà importante acquisire anche il vostro parere, anche se dall'indagine conoscitiva che voi avete svolto emerge una preoccupazione giusta, che io condivido, relativamente a una clausola di salvaguardia rispetto al percorso già effettuato dalle regioni che già hanno presentato una richiesta di autonomia. Si tratta di capire, da un lato, come salvaguardare il lavoro svolto nelle regioni dove c'è stato il referendum, o dove c'è stata un'iniziativa nel senso di una maggiore autonomia, e, dall'altro, come mantenere una cornice unitaria. Il senso della legge quadro è esattamente questo: non è frapporre una perdita di tempo o un lasso temporale maggiore tra il Governo e le regioni nel formulare le intese, ma è fare in modo che queste intese arrivino in porto perché a monte si vanno a eliminare gli elementi di conflitto, di preoccupazione e di diffidenza rispetto alle altre regioni.
Poi veniamo a un altro punto piuttosto complicato, che riguarda la definizione dell'ampiezza delle materie da attribuire alle regioni. Su questo aspetto la commissione si è molto soffermata, e ancora non è addivenuta a una definizione ultima, perché la lettura dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione potrebbe condurre a ritenere conforme alla disposizione costituzionale un ampliamento dell'autonomia regionale che si estenda fino a ricomprendere tutte le materie previste dal medesimo articolo 116, terzo comma. Però su questo punto emerge una criticità, infatti l'assegnazione di tutte le competenze previste dall'articolo 116 della Costituzione potrebbe configurare in via surrettizia, cioè attraverso l'autonomia differenziata, l'introduzione di un'autonomia speciale.
Questo, secondo la commissione, sarebbe simile agli attuali elenchi di materie contenuti negli statuti delle regioni speciali. È come se le regioni che chiedono l'autonomia differenziata di fatto poi, vedendosi assegnate tutte le materie che sono proprie delle regioni a statuto speciale, diventassero anch'esse regioni a statuto speciale e questo non è possibile. Su questo punto c'è un approfondimento ancora in corso da parte della commissione, però si tratta di un tema molto delicato, rispetto al quale dobbiamo stare attenti a non incorrere in vizi di legittimità costituzionale. Tutto ciò conduce i costituzionalisti a interpretare la norma in modo che non si possa arrivare a un'attribuzione generalizzata di tutte le materie richiamate nel citato terzo comma, ma solo di alcune; e su questo punto c'è un approfondimento in corso.
La seconda questione riguarda quanta e quale parte delle materie è possibile scorporare, perché evidentemente ci sono alcune materie espressamente previste dalla Costituzione che risultano strutturalmente non devolvibili interamente alle regioni. Penso, per esempio, alla materia relativa al coordinamento di finanza pubblica e al coordinamento del sistema tributario, così come alla materia riguardante la produzione, la distribuzione e il trasporto nazionale dell'energia. Vi sono poi materie che, pur teoricamente interamente devolvibili, non lo sarebbero da un punto di vista della coerenza del sistema costituzionale, poiché è richiesto il rispetto dell'articolo 33 della Costituzione e di tutte le previsioni di unitarietà in essa contenute. Nella legge quadroPag. 7 occorrerebbe dunque delimitare la portata delle attribuzioni con riguardo alla dimensione unitaria nazionale degli interessi coinvolti. Inoltre, l'eventuale attribuzione di materie legislative dovrà poi riverberarsi sul piano delle competenze amministrative nel pieno e completo rispetto del principio di sussidiarietà, con la conseguente valorizzazione – questo è un punto importante – del ruolo dei comuni, delle province e delle città metropolitane nella titolarità e nell'esercizio delle funzioni amministrative a livello territoriale. Premesso il fatto che occorre andare a definire un insieme di materie che si collocano nel perimetro del rispetto della Costituzione, senza incorrere nel rischio, che vi ho illustrato prima, di creare surrettiziamente autonomie speciali che possono essere delegate alle regioni, occorre un'attuazione del principio di sussidiarietà e, quindi, una valorizzazione del ruolo dei comuni, delle province e delle città metropolitane, perché se così non fosse il regionalismo differenziato diventerebbe una sorta di centralismo regionale, che non è quello che noi vogliamo ottenere.
Una legge quadro dovrà quindi indicare i princìpi generali e su questo aspetto occorre anche un approfondimento politico con le regioni più coinvolte riguardo alle trattative già in essere sulle materie da devolvere. La legge quadro, quindi, dovrà costituire un elemento di accelerazione del processo proprio perché andrà a definire i principi alla luce dei quali poter innescare questo meccanismo e poter addivenire alle intese, senza incorrere in quei vizi di legittimità costituzionale a cui ho fatto riferimento prima.
Riguardo alle materie che possono essere oggetto di intesa, al fine di andare incontro alle richieste delle regioni e, al tempo stesso, evitare vizi di legittimità costituzionale, io credo che saremo in grado di definire tali materie in maniera più netta a settembre; anche perché abbiamo un'altra questione di fondo da dirimere – che è stata illustrata anche dalla Viceministra Castelli – sul tema del federalismo fiscale, ossia la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei fabbisogni standard. Si discute, infatti, se per delegare alcune materie alle regioni sia indispensabile prima la definizione dei LEP e dei fabbisogni standard.
Io credo che questo sia vero solo in parte, perché ci sono molte materie che sono regolatorie e che, quindi, non hanno bisogno di definire i LEP e i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), e ce ne sono alcune per le quali i LEP e i LEA sono già stati definiti. Il fatto che si debba correre nel completare il processo per addivenire a un'attuazione del federalismo fiscale io lo trovo assolutamente giusto e coerente, ma non deve diventare un pretesto per allungare ulteriormente i tempi di definizione dell'autonomia differenziata.
Su questo credo che siano comunque importanti il lavoro che la commissione, la SOSE e il Ministero dell'economia e delle finanze stanno svolgendo e la definizione di un'attuazione del federalismo fiscale e di quei provvedimenti che ancora mancano. Quel cronoprogramma è sicuramente di aiuto, poiché è a supporto anche dell'autonomia differenziata, ma non deve diventare un elemento di blocco.
Posso anche dire che trovo indispensabile, essendo trascorso molto tempo, addivenire quanto prima a un confronto con i presidenti di regione, in particolare della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia-Romagna, e ne ho parlato recentemente anche in una visita che ho svolto in Emilia-Romagna con il presidente Bonaccini. Infatti, evidentemente quelle pre-intese credo che debbano essere riprese in mano, affrontate, snocciolate, al fine comunque di essere pronti – una volta individuata la legge quadro, che per settembre dovremmo avere definito e che dovremmo essere in grado di poter sottoporre all'esame di questa Commissione e delle Commissioni competenti – anche sul fronte delle intese, avendo già però valorizzato il lavoro fatto fin qua con le regioni.
Le due questioni di fondo che rimangono da definire sono le competenze – sul tema dell'istruzione credo che ci debba essere un approfondimento particolare – e, una volta definiti i principi che informano la legge quadro – mi pare che la procedura Pag. 8sia abbastanza chiara e non abbia particolari difficoltà –, è chiaro che la preoccupazione del Parlamento è quella di essere adeguatamente coinvolto, ascoltato e protagonista di questa partita. La preoccupazione dei presidenti di regione, dall'altra parte, è di non vedere stravolte le intese dal Parlamento, e quindi occorre procedere parallelamente, ma poi addivenire a un'intesa, che non può riguardare solo il Governo e le regioni, ma che deve vedere la piena condivisione del Parlamento per fare in modo che questo procedimento arrivi a compimento. D'altronde, se è passato così tanto tempo dall'indizione dei referendum, evidentemente queste criticità non sono state ancora risolte.
Ribadisco che il senso della legge quadro e del lavoro che ha svolto la commissione sulle procedure, ma anche del coinvolgimento non solo del Parlamento bensì anche delle regioni e, quindi, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è un modo di evitare il conflitto, perché tutta questa procedura non si deve infrangere su delle contrapposizioni o conflittualità che possano interrompere il percorso. Penso che ci siano, in realtà, le condizioni per sgombrare il campo da dubbi di legittimità costituzionale sulla procedura.
Credo che sia chiara a tutti la necessità di un coinvolgimento forte anche delle autonomie e ovviamente è chiaro anche il ruolo del Parlamento. Ci si muove, da un lato, sul fronte della legge quadro e, dall'altro, sul fronte delle pre-intese. Per addivenire alle intese con i Governatori sarà indispensabile un confronto; una volta addivenuti a un testo, ossia a una bozza di legge quadro, sarà necessario un confronto non solo nelle Commissioni parlamentari, ma anche nella Conferenza Unificata. Queste sono le tappe per arrivare quanto prima all'approvazione della legge quadro.
Io mi fermerei qui e resto in ascolto e in attesa di conoscere le vostre riflessioni e le eventuali domande.
PRESIDENTE. Ringrazio la Ministra Gelmini. Do la parola ai parlamentari che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ROBERTO PELLA(intervento da remoto). Buongiorno, Ministra Gelmini, la voglio ringraziare di cuore non perché apparteniamo allo stesso partito, ma per la capacità di aver saputo dare seguito alle importanti richieste che arrivano da parte dei territori. Mi permetta in questa parte iniziale di ringraziarla in modo particolare per due questioni. La prima è di aver riconosciuto alla Commissione bicamerale per le questioni regionali, ben guidata dalla Presidente Corda, la centralità del Parlamento in un ruolo che può essere anche di coordinamento tra le diverse Commissioni parlamentari sulle materie in oggetto. La seconda è di aver riconosciuto a comuni, province e città metropolitane un ruolo importante e strategico rispetto alla definizione del federalismo.
Credo che questi due punti siano alla base del mio intervento. Innanzitutto condivido pienamente la sua relazione, anche e soprattutto nel quadro della tempistica. Credo veramente che oggi più che mai sia importante e doveroso andare a dare risposta a quelle tre regioni che, comunque, hanno voluto coinvolgere in primo luogo i cittadini. Soprattutto quelle tre regioni si sono fatte anche promotrici – seppur con diverse collocazioni politiche – dell'argomento in oggetto. Quindi ha ragione quando dice che va prevista una clausola di salvaguardia per le regioni che hanno svolto un referendum.
Sul merito delle competenze, Ministra, condivido con lei il fatto che dobbiamo sicuramente scorporare alcune materie come la finanza pubblica, l'aspetto tributario e l'energia, perché indubbiamente non possono che rimanere in capo al Governo nazionale. Così come sicuramente condivido con lei l'impostazione del coinvolgimento dei comuni, delle province e delle regioni. Su questo punto mi permetto solo di fare una sollecitazione. Lei giustamente ha evidenziato l'importanza del CAL, che io indubbiamente credo – essendo anche eletto democraticamente da parte delle rappresentanze di comuni e province – vada in qualche modo coinvolto. Io le suggerirei di coinvolgere il CAL, per la sua funzione, come avviene in ambito di Conferenza Unificata,Pag. 9 ma anche di coinvolgere le rappresentanze territoriali o – direi meglio – regionali, l'ANCI e l'UPI, perché sicuramente su questo si può ulteriormente fare un miglior lavoro e soprattutto creare un coinvolgimento da parte di tutti.
Concludendo, come le dicevo, sono estremamente contento dell'impostazione che lei ha dato, che sicuramente dà valore alla Commissione presieduta dalla collega Corda, poiché prevede una centralità della Commissione bicamerale per le questioni regionali anche nelle scelte strategiche delle diverse Commissioni permanenti. Io, Ministra, sarei a indicare a lei e alla Presidente Corda l'opportunità che la Commissione bicamerale per le questioni regionali possa diventare il centro del coinvolgimento e della sinergia tra le diverse Commissioni permanenti.
Infine, un'ultima osservazione: condivido pienamente quello che lei ha detto rispetto al fatto che in Parlamento questa legge dovrà essere approvata a maggioranza assoluta. E soprattutto mi fa piacere che, comunque, pur mantenendo le doverose competenze, lei abbia la voglia di coinvolgere il Parlamento, come ha giustamente detto, senza stravolgere le indicazioni delle regioni. Grazie, Ministra, per la sua illustrazione. Grazie per la tempistica molto chiara. Grazie per aver coinvolto ANCI, UPI, CAL e soprattutto la nostra Commissione bicamerale per le questioni regionali.
Se mi permette, visto che siamo in ambito di Commissione bicamerale per le questioni regionali, come ho detto alla Presidente Corda – e lo dico anche ai colleghi –, la voglio anche ringraziare per un'altra cosa che sta facendo in questo periodo molto importante, che non è argomento dell'audizione di oggi ma, comunque, si integra nel quadro di sviluppo del PNRR e del federalismo; il grande lavoro che, attraverso anche il coordinatore che lei ha nominato, Luca Masneri, si sta facendo sul tema della montagna.
Credo che questo sia un altro punto importante e fondamentale. Noi l'abbiamo anche trattato in questa Commissione e, come ho sollecitato anche alla Presidente Corda, sarebbe opportuno anche su questo argomento, nelle prossime settimane, magari, poter avere un'interlocuzione con lei e con il coordinatore Masneri rispetto all'importante cabina di regia che lei ha costituito, il cui lavoro, da quello che so, sta dando veramente grandi frutti e coinvolge tanti soggetti al fine di arrivare anche su questo tema a una legge quadro sulla montagna.
BIANCA LAURA GRANATO(intervento da remoto). Buongiorno, Ministra. Buongiorno, colleghi e presidente. Io ho ascoltato con attenzione il resoconto della Ministra Gelmini e ho notato che ha fatto presente una volontà, un'intenzione, di procedere speditamente sulla definizione di una legge quadro. Però non ci ha chiarito che cosa vuol fare della legge quadro Boccia, cioè della bozza che era stata elaborata dal precedente Ministro per gli affari regionali, che partiva già da un livello di condivisione di alcune linee e della quale, secondo me, va assolutamente tenuto conto.
Oltretutto, il Ministro Boccia aveva dichiarato nelle precedenti audizioni che la materia dell'istruzione sarebbe stata tenuta fuori da queste proposte e da queste richieste di autonomia. Invece noto che oggi si va a rimettere la materia dell'istruzione dentro il calderone delle materie le cui competenze vengono attribuite anche alle regioni.
Ora innanzitutto esiste l'articolo 5 della Costituzione, che prevede la salvaguardia dell'unità nazionale, quindi dell'unitarietà della Repubblica. Questo è un principio che bisogna assicurare anche attraverso il rispetto di alcuni diritti costituzionali, che devono essere preservati a livello nazionale, in misura uguale per tutti, ovviamente nel rispetto delle pari opportunità. Gli articoli 3 e 5 della Costituzione, così come tutta la prima parte della Costituzione devono trovare attuazione e riscontro nel disegno di legge quadro. Non esiste solo il Titolo V della Costituzione, così come riformato al fine di attribuire maggiori autonomie alle regioni, agli enti locali. Tale impostazione ha fatto lievitare in maniera spropositata il debito pubblico e, nel corso del tempo, purtroppo ha cristallizzato alcuni costi storiciPag. 10 a beneficio di alcune regioni, mentre ha lasciato completamente fuori tante altre regioni, specialmente del Sud, che non erano pronte ad affrontare le forme di autonomia che, purtroppo, sono state attribuite agli enti locali. Ci sono regioni con tanti comuni commissariati, con tanti commissariamenti al loro interno, anche di competenze, tipo la sanità – mi riferisco alla regione Calabria –, che hanno dimostrato proprio il fallimento di queste politiche autonomistiche.
Io voglio capire se, nel momento in cui si definirà una legge quadro sull'attribuzione di maggiori forme di autonomia, si terrà anche conto di tutto il fallimento di questo processo, fallimento che noi abbiamo sotto gli occhi quotidianamente. Io mi auguro che di questo si tenga conto. Infatti, i commissariamenti purtroppo impediscono alle regioni svantaggiate del Sud anche di poter utilizzare proficuamente i fondi europei, poiché la stratificazione di competenze dei vari enti locali con i commissari prefettizi e quant'altro impedisce di attingere ai fondi europei. Allo stesso modo, tale situazione darà grossi problemi per l'utilizzo dei fondi del PNRR, che abbiamo visto essere stati distribuiti al Sud in maniera assolutamente iniqua.
Io vorrei capire se lei, Ministra, prioritariamente terrà conto del divario che c'è fra le regioni di questo Paese rispetto alla definizione della legge quadro, perché prima si colmano i divari e poi si pensa ad attribuire maggiori forme di autonomia, se è necessario e dove eventualmente è necessario. Purtroppo la situazione rischia di aggravare ulteriormente la condizione di svantaggio di alcune regioni rispetto ad altre, perché io non vedo mai nessun'opera di riforma o un impegno per poter colmare il divario tra le regioni del Nord e le regioni del Sud. Alcune regioni sono state letteralmente scaricate da questo Governo, che non se ne sta occupando nel modo più assoluto. Lo confermano i dati dei LEA della regione Calabria, che dopo più di dieci anni di commissariamento sono a 125 punti a fronte dei 160. Ci sono tante cose di cui tener conto prima di pensare a una legge quadro o nel pensare a una legge quadro.
Non parliamo dell'istruzione: in quel caso si andrebbe veramente a creare una spaccatura netta tra i diritti fondamentali di alcuni cittadini rispetto ad altri, favorendo la privatizzazione del settore dell'istruzione, perché è questo l'obiettivo della richiesta di maggiori autonomie: si danno maggiori competenze alle regioni per poter privatizzare in maniera libera più settori possibili. Infatti, molto spesso le regioni non sono in grado di gestire determinati servizi, così come è avvenuto con la formazione professionale, che ormai è stata completamente devoluta ai privati ed è stata svenduta, svilita e resa praticamente inutile.
Attendo quindi sue delucidazioni in merito. Oltretutto, per quanto riguarda gli schemi di intesa, lei diceva che occorre trovare il modo per non rendere vincolante il parere delle Commissioni rispetto a tali schemi. Ma allora ci prendete in giro. Praticamente voi fate arrivare alle Commissioni gli schemi di intesa per poi, comunque, decidere voi, come Governo, in autonomia cosa fare dei pareri espressi dalle Commissioni parlamentari. Ritengo che questo sia assolutamente inaccettabile e che sia l'ennesimo oltraggio al Parlamento e, quindi, anche a quelle regioni che sono meno rappresentate proprio in forza del fatto che anche demograficamente sono state impoverite e spopolate proprio dagli effetti del gap che si è venuto a creare nel corso degli anni, a partire da quando è stato modificato il Titolo V della Costituzione.
Mi auguro che la legge quadro vada nella direzione di riequilibrare gli squilibri e non nella direzione di sganciare alcune regioni per poterle rendere completamente autonome rispetto a un contesto di Paese che ormai è stato smembrato ed è stato reso quasi uno Stato federale senza esserlo.
TIZIANA CARMELA ROSARIA DRAGO (intervento da remoto). Ministra, intanto la ringrazio per la relazione. Ho notato che si è messa subito in movimento da quando si è insediata e ho notato che sono stati già rinominati i componenti delle Commissioni paritetiche per l'attuazione degli statuti delle Pag. 11Regioni ad autonomia speciale di nomina governativa.
Avrei delle osservazioni in merito ad alcune questioni. È condivisibile l'idea della legge quadro e devo dire che la senatrice Granato ha centrato alcuni aspetti importanti. Tuttavia, forse sarebbe il caso di spiegare alcuni punti che non ho ben compreso, in particolare la sua affermazione secondo cui, seguendo certe modalità, si rischia di dare un'impostazione di regione a statuto speciale ad alcune regioni a statuto ordinario.
Poi ha sottolineato – probabilmente avrò capito male io – che ciò potrebbe rappresentare dei profili di incostituzionalità. Probabilmente avrò compreso male e per questo le chiedo gentilmente di chiarirmi questo passaggio, anche alla luce della sua affermazione per cui l'autonomia senza il federalismo fiscale sarebbe una contraddizione in termini. Tuttavia, io farei addirittura un passo in più e direi che sarebbe una contraddizione in termini senza equità fiscale. Infatti, siamo sicuri che il federalismo fiscale corrisponda all'«equità fiscale»?
Lei sa benissimo che una delegazione di questa Commissione è stata in missione in Lombardia e in Veneto. In Lombardia un assessore del consiglio regionale, il professor Galli, ebbe ad esaltare l'impostazione dello statuto regionale siciliano e devo dirle onestamente che, come siciliana, sono rimasta piacevolmente colpita dal fatto che un esimio collega e assessore, nonché professore della facoltà di scienze politiche, potesse fare un'osservazione del genere. Dove voglio arrivare? Se si ricorda, quando lei si insediò, dissi espressamente che era lodevole il fatto di voler continuare il lavoro portato avanti dal suo predecessore, ma che ancor prima di questo era necessario completare l'iter delle regioni a statuto speciale e in questo caso parlo della Sicilia.
Ad esempio, l'articolo 14 dello statuto della Regione Siciliana reca tutta una chiara elencazione delle competenze per materia. Intuisco il suo passaggio rispetto al quale le ho chiesto spiegazioni in premessa, però è anche vero che, ad esempio, l'articolo 43 del medesimo statuto parla della Commissione paritetica come di un organo che avrebbe dovuto avere una valenza temporanea per permettere l'applicazione dello statuto in attesa dei decreti attuativi. Come sa benissimo e come dirò fino quasi a rendermi insopportabile per i colleghi commissari, la Sicilia attende l'attuazione degli articoli 36 e 37 dello statuto, in materia di fiscalità di sviluppo.
La domanda sostanzialmente è questa: che visione abbiamo di Paese? Attuando quello che giustamente chiedono regioni come il Veneto, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, e visto e considerato che comunque tale possibilità è prevista costituzionalmente e che è stata confermata anche dall'esito di un referendum, è chiaro che bisognerà venire incontro alle regioni.
Di fronte alla sperequazione fiscale, a un accordo capestro tra Stato e regioni nel 2016 e nel 2017 del governatore Crocetta, quando Matteo Renzi era Presidente del Consiglio, capisce bene che la Sicilia non potrà in questo caso assolutamente concorrere in termini di equità fiscale. Non so se riesco a spiegare bene l'obiettivo del mio discorso, ma se bisognerà votare all'unanimità per giungere a questa situazione, è chiaro che bisognerà assicurare la perequazione fiscale per tutte le altre regioni.
Inoltre, che visione di Paese abbiamo? Vogliamo giungere a una federazione o a una confederazione di regioni? Vogliamo mantenere le regioni a statuto speciale e avere le regioni a statuto speciale, le regioni con autonomia differenziata e regioni a statuto ordinario? Dobbiamo chiarirci un po' anche su queste questioni che sembrano elementari, ma che secondo me sono sostanziali e vanno affrontate a monte di tutto il sistema che si vuole porre in essere.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, concordo con l'onorevole Pella sul discorso del CAL. Addirittura nelle regioni a statuto ordinario che chiedono l'autonomia differenziata, dove il CAL non esista, magari si può pensare di costituirlo.
Intanto la ringrazio e spero di ricevere risposte in merito ai miei quesiti. Buon lavoro.
DAVIDE GARIGLIO(intervento da remoto). Buongiorno, Ministra. Grazie della sua presenza e della relazione che ci ha illustrato. Lei è il terzo Ministro che nel corso dell'attuale legislatura sta cercando di portare avanti un processo che è datato nel tempo, poiché fa riferimento a una norma che è in Costituzione dal 2001. Sono passati vent'anni e in qualche modo, dopo vent'anni, abbiamo raggiunto la maturità per poterla provare ad attuare con saggezza grazie al suo lavoro e a quello dei suoi due predecessori.
La prima considerazione è che certo non giova che in una legislatura si siano alternati tre Governi, e quindi tre Ministri, con tre approcci, che devono tener conto anche di una ripartenza.
Noi come gruppo del Partito Democratico siamo sempre stati favorevoli all'attuazione di questo processo a condizione che avesse determinate caratteristiche. Noi abbiamo sostenuto a suo tempo la riforma costituzionale, che altri gruppi non hanno votato, che ha portato a questa possibilità. Se non erro, era proprio l'onorevole Bressa, a suo tempo, il presentatore di un emendamento che introdusse questa possibilità nel testo del nuovo Titolo V della Costituzione.
Abbiamo rimarcato più volte l'esigenza di utilizzare questa riforma per consentire alle regioni più virtuose di andare avanti più velocemente, ma dall'altro lato abbiamo posto in evidenza l'esigenza di creare le situazioni per mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza al fine di evitare eventuali squilibri.
Da qui vi è la necessità, su cui ha lavorato molto il suo predecessore, di stabilire i livelli essenziali delle prestazioni e i fabbisogni standard, per dare certezza a ogni comunità di avere le risorse per rispondere ai propri bisogni. Dopodiché la modalità con cui ogni comunità esprime la propria classe dirigente fa parte delle scelte individuali, però apprendiamo con piacere – mi pare che lei questo l'abbia detto – che lei considera determinante arrivare alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni – e quindi dei fabbisogni standard – per le materie che comportano la necessità di spesa e non per le materie meramente regolatorie. Questo per noi è assolutamente un passaggio fondamentale.
Anche lei ha ripreso la soluzione della legge quadro, che mi sembra un buon meccanismo per trovare una risposta alla vaghezza di una norma che, poiché è una norma costituzionale, non può essere molto di dettaglio.
Mi sembra importante sottolineare il passaggio che ha fatto sul CAL, perché attiene a come vogliamo valorizzare la sussidiarietà e il federalismo, però non vogliamo che ci sia una forma eccessiva di ingerenza delle regioni. L'idea che questo organo venga consultato dalle regioni mi sembra molto importante, perché in qualche modo le regioni hanno anche dei livelli di autonomia territoriale nel loro territorio esercitata dai comuni e dalle province, la cui identità è peraltro molto risalente nel tempo rispetto a quella delle regioni. Per questo motivo credo sia molto importante portare questi enti a bordo nello sviluppo del processo di autonomia differenziata.
Lei ha sottolineato il ruolo del Parlamento e io volevo rimarcarlo, anche a nome dei colleghi del mio gruppo. Abbiamo cercato di sintetizzare gli interventi, ma i colleghi del gruppo mi facevano giustamente notare che in questo caso non si tratta solo di un parere delle Commissioni parlamentari. Infatti, siccome l'autonomia differenziata crea la possibilità di aumentare stabilmente le potestà legislative di una regione e di alterare il riparto di competenze legislative fra Parlamento e Consiglio regionale, riteniamo che sia opportuno e doveroso che su queste materie si esprima l'Assemblea e non solo le Commissioni parlamentari. Non si tratta di un parere su un atto di nomina di un presidente di un porto, ma si tratta di una stabile e nuova ripartizione di competenze legislative su cui occorre che il Parlamento che si esprima. Lo dico da sostenitore di questo processo e da persona che spera che questo processo possa aumentare la potestà legislativa delle regioni, ma lo dico anche da consigliere regionale con tre mandati alle spalle. Tuttavia, questo deve essere fatto con un atto in cui l'Assemblea, nella sua sovranità, intervienePag. 13 e credo che questo debba essere fatto a priori, perché non ritengo che si possa pensare che il Governo avvii una trattativa e il Parlamento sia posto nelle condizioni di prendere o lasciare. Credo, invece, che sia importante che il Parlamento dia una traccia su cui il Governo interviene e su cui poi, alla fine, esprime l'ultimo parere.
Su questo vorrei dire che la centralità del ruolo del Parlamento, proprio perché il Governo sta trattando non solo la competenza amministrativa, ma sta intervenendo sulle competenze costituzionalmente garantite al Parlamento, debba essere valorizzata in maniera molto chiara.
Passando all'ultimo punto, lei ha parlato di clausola di salvaguardia per le regioni che hanno già avviato il procedimento. Mi permetto di dire che anche la mia regione, la regione Piemonte, durante la scorsa legislatura ha avviato questo procedimento, seppur partendo più tardi, ma ha la stessa dignità di altre regioni che hanno svolto un referendum. Infatti, semplicemente abbiamo preso una scelta politica diversa dal ricorso all'istituto referendario.
Vorrei capire esattamente cosa intende, Ministra, per «clausola di salvaguardia» rispetto alle tre regioni che sono più avanti in questo percorso.
FRANCESCO MOLLAME (intervento da remoto). Buongiorno, Ministra, non posso che esprimerle le mie congratulazioni per il modo equilibrato, pacato e garbato con il quale sta affrontando un tema assolutamente complesso.
Volevo semplicemente marcare un paio di punti che lei ha già evidenziato. Il primo punto riguarda la funzione di questa Commissione. Questa Commissione sicuramente può essere chiamata ad esprimersi su tutti i provvedimenti che, dopo l'approvazione della legge quadro di cui stiamo parlando, riguarderanno l'applicazione delle autonomie differenziate.
Un altro punto che mi preme sottolineare riguarda il principio di sussidiarietà a cui lei ha fatto riferimento. Penso che possa essere un tema che si può sicuramente marcare anche all'interno della legge quadro che andremo a discutere e ad approvare, che ritengo fondamentale anche con riferimento al tema dell'etica della partecipazione politica dei cittadini, che magari partecipano alla vita del loro comune, così come i comuni possono partecipare anche alla gestione delle province e delle città metropolitane.
Mi fermerei complimentandomi per quello che lei ha detto, perché credo che sia il quadro più completo che è stato fatto fino ad oggi.
PRESIDENTE. Do ora la parola alla Ministra Gelmini per la replica.
MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto). Provo a rispondere ai diversi quesiti, partendo da quelli della senatrice Granato, perché mi sembrava che l'onorevole Pella condividesse quanto detto, sottolineando l'importanza del CAL, come hanno fatto anche altri colleghi, e certamente la condivisione con gli enti locali è assolutamente un passaggio fondamentale.
Parto, quindi, dalle osservazioni della senatrice Granato. Intanto mi permetto di osservare che la legge quadro predisposta dal Ministro Boccia non fa riferimento all'istruzione. Può darsi che il Ministro abbia dichiarato l'intendimento di espungere l'istruzione dalle competenze, ma non mi sembra che questo non sia rilevato all'interno del testo della bozza di legge.
Personalmente sono d'accordo, nel senso che ritengo questo percorso dell'autonomia estremamente difficoltoso ed è la storia che lo dimostra. Infatti, se ne stiamo ancora parlando è perché evidentemente trovare una sintesi su questo tema è particolarmente complesso. Anche la commissione presieduta dal professor Caravita, che ancora non è addivenuta a un'individuazione puntuale delle competenze da delegare alle regioni ha osservato come il tema dell'istruzione sia il più complicato e ha suggerito molta prudenza su questo tema. Francamente, per mia sensibilità personale, essendomi confrontata con la commissione e conoscendo un po' il tema, sono d'accordo. È chiaro che oggi non posso proporre di Pag. 14togliere il tema dell'istruzione, perché stiamo parlando di intese e credo che sarebbe sbagliato anticipare qualcosa che deve maturare in questa Commissione, in Parlamento e anche nel confronto con le regioni.
Per quanto riguarda la legge Boccia, credo che il metodo introdotto dal precedente Governo sia un metodo corretto, ma nel merito mi riservo, a valle di un approfondimento che faremo insieme e che stiamo già facendo con questa Commissione, con le Commissioni competenti e con le regioni, di addivenire a un testo che possa meglio rappresentare i princìpi ai quali informare non solo le intese, ma anche un frame comune all'interno di tutte le regioni italiane.
Prima la senatrice Drago coglieva un po' il punto nel chiedersi qual è il fine della riforma del Titolo V e, a valle dell'autonomia differenziata e del federalismo fiscale, che sistema regionale ci troviamo di fronte.
Rispetto a questa situazione credo che ci siano margini di miglioramento, ma ritengo che quella proposta possa essere in parte mantenuta e in parte migliorata con l'intendimento di individuare princìpi e procedure che ci consentano di addivenire alle intese in un clima di condivisione anche da parte delle regioni non direttamente coinvolte, avendo affrontato il tema della perequazione, senza però svilire le richieste di autonomia che alcune regioni – non solo quelle che ho citato – hanno portato avanti. È un compito che ha una valenza giuridica intrinseca, ma che necessita di uno sforzo politico importante.
Vengo alla questione che ha posto anche l'onorevole Gariglio rispetto al ruolo del Parlamento. È evidente che il Parlamento ha l'ultima parola e per legge dovrà approvare le intese e, quindi, è evidente che il ruolo del Parlamento non può e non deve essere conculcato. Credo al lavoro delle Commissioni parlamentari e penso che sia una valorizzazione della Commissione bicamerale per le questioni regionali e delle Commissioni competenti il fatto che i contenuti delle intese vengano affrontati, sviscerati ed emendati all'interno delle Commissioni, il che non vuol dire che alla fine il Parlamento non abbia l'ultima parola, ma, se, dopo un percorso di condivisione con le regioni, con il CAL, con l'ANCI, con l'UPI e con le Commissioni parlamentari permanenti, il Parlamento dovesse stravolgere il contenuto delle intese, vorrebbe dire che allora il percorso fatto prima non ha prodotto i risultati sperati. Auspico che un percorso di condivisione approfondito e faticoso produca un iter parlamentare in cui gli emendamenti siano pochi, perché evidentemente il testo dovrebbe già avere un'ampia condivisione. Il Parlamento può anche bocciare l'intesa e non sono io ad attribuire al Parlamento delle competenze, perché il Parlamento ce le ha per legge e quindi le esercita. Tuttavia, il ruolo della politica, che abbiamo tutti e non solo il Governo, ma anche il Parlamento, le Commissioni competenti e le regioni, è quello di condividere un testo che possa alla fine avere un sostanziale via libera dal Parlamento, dopo che vi è stato un protagonismo del Parlamento nelle sedi competenti. Dopodiché sappiamo benissimo che l'Assemblea plenaria è sovrana e può decidere qualsiasi cosa, però credo che lo sforzo su cui dobbiamo concentrarci sia di fare in modo che quello sia l'ultimo passaggio.
Per quanto riguarda la clausola di salvaguardia – non vorrei essere fraintesa su questo – volevo dire semplicemente che le regioni che hanno già avanzato l'iniziativa non la devono riassumere. Chi ha già, in maniera costituzionalmente corretta, avanzato l'iniziativa per ottenere un di grado più alto di autonomia, non la deve reiterare. Questa è la clausola di salvaguardia e vale per tutte le regioni che hanno approcciato questo tema.
Per quanto diceva la senatrice Drago rispetto alla Sicilia, alle Commissioni paritetiche e alla questione dell'autonomia differenziata e all'autonomia speciale, mi permetto di dire che effettivamente la commissione tecnica evidenzia il rischio di un contenzioso costituzionale, laddove attraverso l'autonomia differenziata si dovessero introdurre autonomie speciali. Questa questione c'è e magari potremmo approfondirla appena avremo un testo più dettagliato da parte della stessa commissione.Pag. 15
Detto questo, la commissione sta lavorando per definire le competenze da assegnare alle regioni entro il perimetro delle materie concorrenti evitando il rischio di incorrere in sanzioni, con un caveat rispetto all'istruzione, a significare che è un tema di cui siamo tutti consapevoli. Per quel minimo di conoscenza che ho del tema, credo che se buttiamo dentro l'istruzione, non si fa quasi nulla. Questo è il mio pensiero, però se ne discuterà nei tavoli con le regioni perché, trattandosi di intesa, non si può imporre un punto di vista, ma si deve addivenire con molta fatica e molta umiltà a una condivisione.
Sicuramente la delega di tutte le materie rappresenterebbe un problema ed è quello che la commissione presieduta dal professor Caravita ha evidenziato, anche perché il ragionamento che ha fatto il professor Caravita è che se in astratto tutte le regioni chiedono tutte le competenze, abbiamo cambiato surrettiziamente l'articolo 117 della Costituzione, a significare che il problema c'è.
Le Commissioni paritetiche – ha ragione la senatrice Drago – sono un organismo veramente importante, ma per certi versi incompiuto, perché è chiaro che anche laddove ci troviamo di fronte – come nel caso della Sicilia, della Sardegna, del Friuli Venezia Giulia, della Valle d'Aosta e del Trentino Alto Adige – ad autonomie speciali, le Commissioni paritetiche hanno un peso giuridico e legislativo molto forte, perché sono soggette solo al vaglio della Costituzione e, quindi, quelle intese non possono essere modificate. Come ne parlavamo ieri con il presidente Fedriga, rispetto alle Commissioni paritetiche del Friuli e della Sardegna, si tratta di fare un lavoro importante.
Quello che ho chiesto e sto chiedendo – oggi si insedieranno altre Commissioni ed è la volta del Trentino Alto Adige e della Sicilia – a tutti i componenti delle Commissioni paritetiche – e non solo a quelli di nomina governativa – è di imprimere un'accelerazione utilizzando questo strumento così prezioso per attuare fino in fondo la specialità, ma soprattutto per superare le contraddizioni e le criticità – non voglio usare il termine «conflittualità», però di questo si tratta – con il Governo centrale, che ci sono soprattutto sul piano finanziario, ma non solo.
Mi permetto di dire alla presidente che forse dopo che il lavoro sarà un po' più avanzato e dopo che saranno sviscerate le questioni importanti rispetto a queste Commissioni paritetiche, potrebbe essere utile un confronto, perché comunque lì si addensano i problemi, ma anche le possibili soluzioni e intese con il Governo centrale.
Credo che questo sia un fatto estremamente importante che abbiamo sperimentato anche per quanto riguarda la spesa sull'emergenza COVID-19. Infatti, abbiamo visto come le regioni a statuto speciale hanno finanziato non poco questa spesa, ma oggi si aspettano dallo Stato delle risposte, che ancora non stanno arrivando, soprattutto in tema di flessibilità. Su questo c'è un'interlocuzione aperta con il Ministero dell'economia e delle finanze, ma è uno dei temi sul tavolo.
Per questo motivo credo che sia giusto sottolineare l'importanza della Commissione paritetica e non pensare che laddove siamo di fronte ad una regione a statuto speciale, la specialità e l'autonomia siano state completamente risolte.
Restano delle criticità e a volte restano delle tensioni con il Governo nazionale e quindi è giusto affrontarle e trovare le modalità per risolvere queste problematiche.
Spero di aver risposto a tutti. Se ho dimenticato qualcosa, me ne scuso e resto in ascolto.
PRESIDENTE. Ringrazio la Ministra Gelmini. Le volevo domandare se ci fosse la possibilità di far pervenire a questa Commissione anche una parte dei materiali relativi al lavoro della commissione di studio che si sta occupando del regionalismo differenziato, poiché sarebbe molto utile anche in vista della redazione del documento conclusivo della nostra indagine conoscitiva. Non so a che punto siano i lavori e per questo glielo chiedo.
MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie (interventoPag. 16 da remoto). Saremo sicuramente pronti per settembre, ma proviamo a far pervenire una prima parte della relazione entro una settimana.
TIZIANA CARMELA ROSARIA DRAGO (intervento da remoto). Ho una richiesta. Non so se è già stata depositata la relazione che ha illustrato oggi la Ministra. Se non chiedo troppo, vorrei sapere se fosse possibile averla.
MARIASTELLA GELMINI, Ministra per gli affari regionali e le autonomie (intervento da remoto). Va bene, con piacere. Non c'è nessun problema.
PRESIDENTE. Grazie mille, anche perché ci sono colleghi che purtroppo oggi non sono presenti e hanno chiesto di poter avere memoria della sua relazione. La ringrazio ancora per la sua disponibilità. Grazie, Ministra, buona giornata e buon lavoro. Dichiaro chiusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.