XVIII Legislatura

XIV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Giovedì 27 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA PER L'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

Audizione del prof. Fabrizio Barca, coordinatore
del Forum Disuguaglianze e Diversità.

Battelli Sergio , Presidente ... 3 
Barca Fabrizio , coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità ... 3 
Battelli Sergio , Presidente ... 9 
Sensi Filippo (PD)  ... 9 
Rossello Cristina (FI)  ... 10 
Battelli Sergio , Presidente ... 10 
Rossello Cristina (FI)  ... 11 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 11 
Berlinghieri Marina (PD)  ... 11 
De Luca Piero (PD)  ... 11 
Galizia Francesca (M5S)  ... 11 
Barca Fabrizio , coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità ... 12 
Battelli Sergio , Presidente ... 15 

ALLEGATO: Obiettivi di giustizia sociale delle 15 proposte del Forum Disuguaglianze e Diversità – Schema aggiornato degli obiettivi e ipotesi sugli indicatori ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
SERGIO BATTELLI

  La seduta comincia alle 9.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del prof. Fabrizio Barca, coordinatore
del Forum Disuguaglianze e Diversità.

  PRESIDENTE. La Commissione prosegue oggi il ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche dell'Unione europea per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Do il benvenuto e ringrazio per essere intervenuto il professor Fabrizio Barca, coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. Nell'introdurre il dibattito, ricordo che nelle prime due audizioni abbiamo ascoltato le considerazioni del professor Giovannini, portavoce dell'Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) e della professoressa Maggino, presidente della Cabina di Regia «Benessere Italia», istituita presso la Presidenza del Consiglio, che ci hanno offerto interessanti spunti di riflessione. Sono certo che altrettanti ne offrirà il professor Barca, che tra l'altro si soffermerà sul tema delle disuguaglianze, che costituisce un asse fondamentale dello sviluppo sostenibile e dell'Agenda 2030 al pari delle pur rilevanti questioni connesse alla crisi climatica. Prima di dare la parola al professor Barca, ricordo che abbiamo a disposizione circa cinquanta minuti per lo svolgimento dell'audizione. Chiedo pertanto ai gruppi di far pervenire fin da ora al banco della presidenza le richieste di intervento, al fine di organizzare il dibattito nel modo più ordinato e consentire a tutti i colleghi che lo desiderino di intervenire. Quindi do la parola al professor Barca, prego.

  FABRIZIO BARCA, coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. Sono qua con molto piacere e avendo letto il testo dell'impostazione del vostro lavoro. C'è una finestra di opportunità aperta dall'impostazione della nuova presidenza della Commissione europea, soprattutto, come voi menzionate, dall'impegno a riorientare il semestre europeo che è forse la battaglia più importante e concreta, trattandosi dello strumento principale di coordinamento delle politiche di bilancio. Il punto di vista che vi porto, che riassumo – poi mi direte voi su quali punti approfondire – è il punto di vista del Forum Disuguaglianze e Diversità che coordino, che raccoglie otto organizzazioni di cittadinanza attiva, da Caritas italiana ad ActionAid e da alcune organizzazioni del sud, a Lega Ambiente che è nato essenzialmente attorno alla sensazione, alla percezione e al convincimento che l'enormità delle disuguaglianze che ci sono oggi, non soltanto di reddito e di ricchezza, ma anche di accesso ai servizi fondamentali, ma anche all'opportunità di preservare le stesse condizioni per le generazioni future è oggi il tema fondamentale. È la fonte di grande angoscia, a parte quelle temporanee, che viviamo in questo momento, quindi è il tema attorno a cui si sono raccolte le organizzazioni di cittadinanza e che, ho la sensazione molto precisa, ha a che fare Pag. 4con quello che voi vi aspettiate, ovvero: in questo Paese esistono due milioni di persone che lavorano in modo volontario nelle organizzazioni di cittadinanza, complessivamente mezzo milione di dipendenti. Sono organizzazioni che presidiano i temi della disuguaglianza territorio per territorio, dalle rurali alle periferie. La somma di tutti questi interventi pur importantissimi – seppure ciascuno di questi eventi cambi la vita di Maria o di Aziz o delle persone con cui interagisce – non cambia il sistema. Esiste una situazione paradossale di un Paese che resta, sul piano imprenditoriale, associativo e di alcune importanti isole della PA, un paese vivace, ma ove la somma di tutte queste militanze – lasciatemi usare questa espressione, perché è nella mia cultura – o associazioni o impegni nei territori non produce un cambiamento di sistema. Non riusciamo a tradurlo in un cambiamento di sistema. Quindi il Forum immaginatevelo così: ma perché una persona di Caritas che lavora sodo per affrontare i problemi dei poveri deve perdere una parte del proprio tempo a fare rete? Lo fa perché vuole portare in quella sede alcune delle proprie esperienze e capacità e prenderne qualcosa per vedere se riesce a impattare alla fine della storia su di voi – la politica –, da cui l'importanza di essere qua per me. Una definizione importante: l'unica documentazione che ho chiesto di porre in distribuzione, poi mi direte voi se avrete altre richieste – noi abbiamo moltissimo materiale come Forum, abbiamo un sito e sarò lieto di farvi avere dei materiali che siano particolarmente attinenti ai vostri quesiti –, riguarda soltanto uno schema metodologico. Io alla fine sono un metodologo, avendo fatto tanti mestieri nella vita. Penso che se leggiamo la realtà in una maniera appropriata poi riusciamo anche ad affrontarla. Questo proposto è un tentativo secondo l'impianto concettuale che è quello delle capacitazioni di Amartya Sen, ma senza andare a prendercelo in giro per il mondo, è rinvenibile nella Costituzione italiana, perché l'articolo 3 della Costituzione ci offre la definizione di quello che rapidamente vi metterò sul tavolo fra qualche secondo, cioè una definizione di giustizia sociale, che non è l'«egualizzazione» delle condizioni delle persone ma, come dice l'articolo 3, è quello di consentire a ogni persona il pieno sviluppo della propria persona. Questa idea che uguaglianza vuol dire mettere tutti nella condizione di sviluppare appieno la propria persona è uno strumento potente, perché come scorrette solo dai titoli del documento si nota come noi suggeriamo di affrontare le tematiche in questione: lavoro; mercato visto dal lato del consumatore dell'impresa; servizi pubblici essenziali – che non devo dire cosa sono a voi; ambiente; clima; cultura politica e partecipazione. E a parte il tema giovani, che ovviamente è orizzontale a tutti quanti, ma che non può non essere oggetto di un'attenzione particolare, perché gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana, per usare ancora il termine della Costituzione, che hanno i giovani in questo momento sono senza precedenti nella storia della nostra democrazia e quindi meritano un'attenzione particolare. Se guardiamo a questi aspetti della vita umana, sono gli aspetti della vita umana in cui esistono ostacoli al pieno sviluppo della persona umana: giustizia sociale per noi è affrontare e darsi degli obiettivi, che trovate qui indicati in ognuno di questi campi. Trovate anche uno schema di raccordo con i goal dello sviluppo sostenibile e trovate, con tutta franchezza, perché il nostro lavoro è fatto anche di questo, alcune aree dove leggerete «Goal SDGs non presente». Cioè: noi siamo partiti da un impianto concettuale che è significativo per il nostro Paese. Qualche volta, molto spesso ci siamo ritrovati nello schema generale, altre volte no. Ad esempio non ci siamo ritrovati spesso per quanto riguarda l'impatto della tecnologia. Il cambiamento tecnologico è una delle grandi trasformazioni che sta avvenendo nel nostro mondo, specialmente la trasformazione digitale. Non ha di per sé effetti né giusti né ingiusti. Apre delle biforcazioni, come le ha aperte la globalizzazione e sta a noi, sta alle politiche capire quale strada Pag. 5prendere. In particolare l'attenzione nostra è molto forte, lo è anche del Parlamento e in altri luoghi, sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale, in particolare degli algoritmi di apprendimento automatico come strumento per prendere decisioni che ovviamente sono rilevanti non soltanto in un campo come il vostro della partecipazione politica e informazione, ma anche nel prendere decisioni sulla salute, nel prendere decisioni sul dare o non dare una casa a una persona, decisioni ogni giorno prese dalle imprese che riguardano le assunzioni. Ormai non si assume più sulla base di interviste, si assume sulla base dell'utilizzo di algoritmi. E lo stesso dicasi per il credito. A una coppia di giovani il credito viene dato sostanzialmente sulla base di una decisione presa da un algoritmo che va a ricercare, a individuare, per quella persona, quale sia il gruppo cui essa assomiglia di più e se quel gruppo di persone a cui quella persona assomiglia ha mostrato una capacità di restituire credito o meno. Questa cosa – su questo se avete interesse, noi abbiamo uno dei nostri fuochi – apre delle biforcazioni. La puoi usare bene o la puoi usare male. La puoi usare per dare credito a tante persone, perché non hai bisogno di avere informazioni su come hanno restituito il credito: puoi guardate le loro informazioni su come si comportano sul web e quindi questo è un elemento di potenza. Contemporaneamente puoi usare l'algoritmo per discriminare. Perché? Ma senza neanche volerlo: perché sostanzialmente se tu trai delle informazioni dal passato e nel passato c'è disuguaglianza e sulla base delle decisioni del passato, prendi decisioni sul futuro, tu riproduci in maniera indefinita le disuguaglianze. Questo vi dà il senso di come abbiamo lavorato noi: mossi dagli SDGs, ma al tempo stesso senza rimanerne intrappolati all'interno. Quindi quello che io metto sul tavolo è il nostro schema di lavoro. Noi abbiamo proceduto all'indietro. Non abbiamo scelto di affrontare tutte le disuguaglianze. Abbiamo deciso di guardare a quella più eclatante. Le due più grandi disuguaglianze di questa fase della storia sono dal punto di vista delle opportunità la disuguaglianza di ricchezza e la disuguaglianza di istruzione. Noi siamo partiti da quella più controversa, perché tutti parlano di istruzione che va benissimo, però sulla ricchezza ogni tanto c'è qualcuno che si tira indietro, perché dopo tutto... Ricordo solo un numero che è importante: dal 1996 al 2016 la ricchezza dei primi 5 mila adulti di questo Paese – gli adulti sono 50 milioni circa – è cresciuta dal 2,5 al 7 per cento. La ricchezza del 50 per cento meno ricco di questo Paese è scesa dal 10 al 4 per cento, cioè il 50 per cento di persone adulte, cioè 25 milioni di persone, si sono scambiate le parti con le prime 5 mila. Quando uno vede questo numero, perché i numeri servono, le stime servono, il rigore è importante, non ha bisogno di domandarsi perché trova tanta rabbia e tanto risentimento che poi si sfoga secondo le modalità delle persone in quello che è più vicino a loro. Se non gli viene data un'alternativa, se la prendono quelli che stanno peggio di loro. Noi abbiamo preso la disuguaglianza di ricchezza. Vi do solo lo schema. Abbiamo utilizzato lo schema riportato nella documentazione distribuita. Cosa importa alle persone? Questi non sono output, sono outcome. A un lavoratore interessa che ci siano più buoni lavori e meno cattivi lavori. Uno dei temi di questa fase storica è la creazione di molti cattivi lavori a fronte di buoni lavori. A un lavoratore interessa che gli algoritmi siano utilizzati per minimizzare gli incidenti sul lavoro che sono altissimi nel nostro Paese e non necessariamente per copiare i propri movimenti, guardando esclusivamente alla redditività d'impresa e via dicendo. Poi siamo risaliti per i rami come diciamo noi, cioè ci siamo domandati: «Per cambiare quell'outcome, per cambiare quella particolare manifestazione, che cosa devo fare?» Da qui risalendo per i rami, abbiamo preso di petto i tre grandi elementi di trasformazione che riproducono disuguaglianze di ricchezza o le accentuano che sono: il cambiamento tecnologico, ripeto, non perché esso di per sé determini disuguaglianze, Pag. 6 ma perché il suo non governo, il non governo delle piattaforme digitali ha determinato la situazione in cui siamo, cioè la concentrazione della conoscenza – se volete su questo uno dei temi più importanti posso ritornare; il tema del rapporto tra lavoro e imprenditori che si è squilibrato nei precedenti trent'anni. Il lavoro organizzato fa fatica a organizzarsi, perché è sparpagliato, perché è diviso, perché è un lavoro in larga misura precario, perché non è più unito e fa fatica quindi a dialogare, a negoziare o, come ci dicono i sindacati e Confindustria con una bella espressione, «a partecipare strategicamente all'indirizzo dell'impresa». Cosa vuol dire partecipare strategicamente, così vengo a un tema anche ambientale su cui se ho ancora quattro minuti mi voglio soffermare? Voglio dire una cosa molto semplice: se quindici anni fa a Taranto – ricordatevi che sono stato Ministro della Repubblica e ho visto i dossier in quella fase quando facemmo il primo provvedimento –, non dieci anni fa, non cinque anni fa, ma quindici anni fa, ci fosse stato a Taranto un consiglio del lavoro e della cittadinanza, che non a caso è una delle nostre proposte, in cui i lavoratori potevano esprimere i loro rappresentanti ma anche i cittadini di Tamburi potevano eleggere i propri rappresentanti, cosa avrebbero fatto? Si sarebbero accapigliati, qualche volta in famiglia, qualche volta il lavoratore con sé stesso, visto che in alcuni casi era vittima delle conseguenze ambientali e al tempo stesso era un lavoratore, ma avrebbero avuto modo di discutere, in quale modo la natura degli investimenti che erano fatti, il modo di organizzare la produzione di quell'impianto e quindi avrebbero potuto influenzare le decisioni aziendali che furono prese quindici anni fa che riguardavano gli investimenti fatti, perché potevano essere fatti investimenti che avrebbero abbattuto le conseguenze. Molto della disuguaglianza di ricchezza e della disuguaglianza delle opportunità deriva dal non costruire degli strumenti in cui tutti abbiano una voce, in cui i cittadini e i lavoratori abbiano la possibilità di esprimere in maniera articolata e argomentata le loro posizioni. Il terzo elemento. Quindi abbiamo detto il cambiamento tecnologico, governarlo, rapporto tra lavoro e impresa, tornare a riequilibrare il rapporto fra queste due forze e terzo il passaggio generazionale, un punto delicatissimo. Il passaggio generazionale di ricchezza è molto semplice: si chiama eredità. Questo è un Paese – voglio ricordarlo – che a un certo punto ha abolito la tassazione sull'eredità, quando l'ha reintrodotta, non l'ha reintrodotta in modo progressivo. Questo vuol dire che se una ragazza 17 anni esce da un tecnico, magari avendo avuto un'idea geniale perché si è inventata un robottino e ha una famiglia che le consente di avere quei 15-20-30.000 euro da mettere insieme a un'altra persona per poter realizzare una piccola start up e provare magari – a quel punto prende anche un pochino di credito – ad attuare la propria idea, ha una vita. Se quella persona è arrivata a 17 anni preparatissima dallo stesso tecnico e non basta l'istruzione si ritrova in una famiglia dove non solo non c'è un soldino, ma magari deve anche rimediare qualche soldo immediatamente, perché c'è un debito familiare o perché il papà o la mamma stanno male, la storia di quella persona cambia radicalmente. Come ci insegnava Tullio De Mauro: cinque anni dopo quella persona ha perso tutta la formazione che aveva acquisito. Quindi sicuramente bisogna lavorare sull'istruzione, ma se non lavoriamo anche sulle opportunità... da cui il tema del trasferimento della ricchezza. A parte che siamo in un Paese dove c'è moltissima piccola impresa che è la parte forte del nostro Paese, ma poiché le capacità imprenditoriali non possono essere ereditate ci troviamo spesso nel passaggio generazionale ad avere piccole imprese che saltano per aria. Anche la Germania come noi ha molta piccola impresa. La piccola impresa è la forza di questo Paese, ma la differenza tra di noi è che il 75 per cento delle imprese tedesche sono gestite da un manager. Il 20 per cento delle imprese piccole italiane sono gestite da un manager, Pag. 7 cioè la famiglia incombe sulla gestione delle imprese e spesso le conduce a risultati negativi, quando muore la o il grande inventore. Questi sono i tre ambiti in cui noi abbiamo lavorato. Vorrei chiudere, sentendo poi le vostre osservazioni. Noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo messo sul tavolo – perché le parole sono molto interessanti, ma non cambiano nulla – e tradotto questa analisi in quindici proposte di cambiamento che sono le quindici proposte per la giustizia sociale, dove giustizia sociale nella definizione di Amartya Sen è anche giustizia ambientale, quindi giustizia sociale vuol dire dare a tutti l'opportunità di esprimere la propria persona, ma consentire alla generazione successiva di non avere un pizzico di libertà in meno. Quindi noi abbiamo costruito tre impianti: ve li dico rispetto al ruolo dell'Europa. Per alcune delle proposte che noi abbiamo fatto l'Europa è indispensabile: la dimensione, la massa critica, la forza geopolitica dell'Europa è l'unica condizione che rende possibile un cambiamento. Ve ne dico due, vi do solo i titoli: una riguarda il cambiamento di una regola. È la più grande delle cose che prendiamo, ma se parliamo di SDGs e parliamo di Europa, dobbiamo parlare anche di princìpi. Noi nel 1994 abbiamo commesso un gravissimo errore al mondo. Abbiamo scritto una regola che sta scritta nell'accordo TRIPs che è sbagliata. Ci sono due principi, importanti entrambi che sono: consentire a chi ha delle idee straordinarie di brevettarle, cioè la proprietà privata delle idee e l'altra è l'accesso a tutte le idee. È una vecchia battaglia liberale dai tempi di Jefferson. Questi due principi sono entrambi importanti: se domina solo il primo, io non consento a tutte le altre persone di accedere alle idee, quindi blocco lo sviluppo della conoscenza. Se io elimino la possibilità di ricavare profitti dalle idee che ho avuto, riduco la spinta a farlo, perché di cento idee che mi invento soltanto una andrà in porto, quindi io devo con quell'una ripagare tutti gli errori che ho commesso negli altri 99 casi. Bene, questo equilibrio che esisteva negli anni Ottanta e Novanta è stato rotto nel 1994 dall'accordo TRIPs che ha dato preminenza alla proprietà intellettuale, semplicemente dicendo che i Paesi che in qualche modo la vìolano – e rendendo quindi questo principio gerarchicamente superiore all'altro – non possono più accedere al WTO. Questa regola è stata violata ai tempi dell'HIV, un'altra epidemia tanto per cambiare, perché quando ci sono le epidemie improvvisamente tutti quanti ci svegliamo e quindi il mondo consentì al Sudafrica, dove stava esplodendo, la possibilità di avere medicinali generici a prezzi stracciati, venendo meno a quell'accordo. Noi diciamo che quelle cinque righe vanno cambiate. Chi lo può fare? Solo l'Europa potrebbe farlo. La seconda cosa che solo l'Europa può fare è meno utopica, se volete meno lontana – uso con l'amico Enrico Giovannini la parola «utopia» nel senso importante che dobbiamo capire dove andiamo, poi magari facciamo anche piccoli passi –, ed è il fatto che l'Europa ha bisogno assoluto di dare forza alle proprie mille, incredibili, straordinarie infrastrutture di ricerca. L'Europa ha mille infrastrutture di ricerca pubbliche, pagate da tutti noi, da tutti i cittadini europei che producono ricerca senza bisogno di avere il profitto, perché sono stipendiate. I suoi ricercatori prendono lo stipendio, come ho fatto anche io, fino a quando lavoravo nella PA. C'è un problema – c'è uno splendido paper, che posso mettere a vostra disposizione, di Massimo Florio uno dei massimi studiosi italiani di queste tematiche: quando questo pool di conoscenza, questo open science viene costruito, a questo open science si possono approvvigionare soltanto i soggetti che hanno costruito a loro volta al loro interno (grandi corporation, non piccole imprese), le condizioni per poter usare quella conoscenza è trasformarla da ricerca in innovazione. Che cosa succede se soltanto alcuni elefanti – questa è l'immagine che noi ci siamo dati – possono accedere a quelle conoscenze attraverso la loro proboscide? Sono sette, otto, le sette grandi sorelle digitali. Sono sette tra le più grandi dieci imprese del mondo. Un tempo erano le petrolifere. Pag. 8Oggi sono le digitali. Che succede se soltanto alcune enormi corporation possono farlo? Che quella che era la conoscenza pubblica che abbiamo messo tutti noi diventa privata e quindi noi, come dice Massimo Florio in questo splendido paper internazionale, la paghiamo due volte. L'abbiamo pagato una volta come contribuenti, la seconda volta la paghiamo sotto forma di prezzi monopolistici di produzione. Anzi la paghiamo tre volte, perché sapete perfettamente che ogni giorno attraverso questi strumenti digitale noi riforniamo di informazione dei soggetti e non abbiamo nessun controllo sulle informazioni che diamo, informazione gratis. Sono radicali le cose che sto dicendo? Assolutamente no, le trovate in un paper meraviglioso di un liberale abbastanza di destra a Chicago, un meraviglioso libro di Eric Posner che è un liberale. I liberali quando sono radicali e forti sono persone straordinarie. Un libro di Eric Posner che dice questa roba non può reggere e noi non possiamo regalare i dati per poi ripagarli dopo. Dobbiamo trovare delle soluzioni. Io – se mi chiedete che cosa ho fatto nella vita, ne ho fatte tante tante, ma mi sono occupato di impresa soprattutto – vi dico una cosa: regolare? Sentite parlare molto di regolazione dei mercati. Quando le posizioni monopolistiche sono troppo forti, non ci si arriva con la regolazione e con gli organi statali. Bisogna giocare sul mercato. Siamo nel capitalismo, si gioca sul mercato. Come si gioca sul mercato? Come giocò l'Italia, quando creò l'Eni, quando avevamo bisogno di essere un po' più indipendenti dagli altri dal petrolio, perché volevamo svilupparci senza essere agli ordini dei francesi e degli americani. Costruimmo un'impresa pubblica. Le imprese pubbliche sono uno strumento che ti consente di giocare la stessa partita degli altri «elefanti». Non impedisci alle grandi corporation di agire. Giochi con loro, quindi noi proponiamo, sulla base anche di lavori, che si diffonda in Europa la nascita, la costruzione in Europa, a valle di queste infrastrutture di ricerca, di un soggetto, di un hub tecnologico. C'è un gruppo di proposte che noi facciamo dove l'Europa è fondamentale, ma non è lo strumento attraverso cui agire e vengo alle cose della mia vita, alle politiche di coesione. L'Europa ha degli strumenti che io considero delle case accoglienti che però vanno usate. La politica di coesione è un buono strumento accogliente, però bisogna saperle usare. Uno degli strumenti storici con cui si riducono le disuguaglianze, con cui si riconcilia giustizia sociale e ambientale, con cui si impedisce il depopolamento dei territori e delle aree interne del nostro territorio che stanno perdendo popolazione in maniera fortissima è di una semplicità straordinaria: dare a queste persone la possibilità di costruire delle strategie di lungo termine come l'onorevole prima alludeva. Non quindi bandi per le aree interne, non bandi per le periferie in cui qualcuno da qualche centro, che si chiami Roma, si chiami Milano o si chiami Napoli ha deciso cosa bisogna fare e dà soldini ai territori. Questo lo abbiamo fatto per 30-40 anni. I territori se li prendono. Se sono già abbastanza bravi, li usano anche bene. Se non sono bravi, li usano malissimo e li usano per compensare. Poi si inizia la battaglia: meglio la formazione o meglio le infrastrutture, meglio gli incentivi alle imprese o meglio sussidi alle persone? Comunque sia sono soldini che arrivano alle persone che servono solo ad allungare l'agonia di questi territori. L'abbiamo fatto nel sud a lungo e abbastanza da capire che non dovremmo farlo. Cosa devi fare? Devi fare una cosa semplice che si chiama place-based approach. È l'approccio più avanzato e moderno: Olanda, Austria, alcuni pezzetti della Gran Bretagna, alcuni pezzetti della Polonia e se Dio vuole ci abbiamo provato anche in Italia. Io sono orgoglioso di avere con tanti altri lavorato al lancio della strategia nazionale per le aree interne che è stata apprezzata e che è vissuta da 1.050 sindaci, 2 milioni di persone, il 17 per cento del territorio nazionale. Che cosa sono queste strategie? Potremmo farle anche nelle periferie o nelle campagne industrializzate. Vuol dire che il centro c'è, è forte, dà degli indirizzi non degli ordini. Pag. 9Dà degli indirizzi, dei principi, mette a disposizione dei fondi, ma li condiziona alla capacità di un microterritorio (29.000-30.000 abitanti), di un quartiere – le aree progetto delle aree interne sono mediamente 30.000 abitanti ciascuna: a queste persone, che sono insegnanti, lavoratori, imprenditori, imprenditori agricoli, ragazzi che tornano in queste terre, si chiede di mettersi a tavolino e non di dire qual è il progetto che serve, perché il progetto viene dopo, ma, prima, di costruire una strategia, una visione di cosa potrà campare fra trent'anni questo territorio. Cosa c'è di potenza che non sto sfruttando? Quali territori – scusate se faccio riferimento alle aree interne, ma vale anche per le periferie – quali sono le terre che il bosco si sta riprendendo, 60.000 ettari di aumento all'anno... Dice: «L'Italia ha un problema». No, il problema è il contrario, che stiamo perdendo territorio agricolo a scapito del cemento e dei boschi, boschi selvaggi che poi determinano incendi o cadute. Come avrei potuto usare quella terra e perché non la uso? Allora improvvisamente scopro l'uovo di Colombo: non la uso, perché non si sa più neanche di chi è quella terra, non ho lo strumento per poterla dare in affidamento o in comodato e allora trovo il problema e la soluzione la conoscete voi. Cioè scrivo cinque parole che riguardano il comodato in cui rendo possibile a un sindaco affidare la terra senza avere la paura dalla mattina alla sera di trovarsi ad avere commesso un atto illegale. Vi ho fatto questo piccolo esempio perché sennò sembra che stiamo discorrendo solo di parole. Che c'entra l'Europa? L'Europa ci dà l'accordo di partenariato, ci dà i fondi che servono, che non sono solo i soldi che contano, ci dà un framework. Ci ha dato delle regole che nella vita ho potuto usare e che quando siamo capaci le usiamo bene e quindi noi in questo momento stiamo chiedendo con forza al Ministro Provenzano, al Governo, perché il Forum Disuguaglianze dialoga con voi ed è felice quando voi ci chiamate in questo luogo, ma dialoga con chiunque abbia interesse e possa pesare sulle cose. Lavora con i comuni quando capita, lavora con le organizzazioni sindacali se sono elastiche abbastanza per lavorare con noi, ma lavora con lui, chiedendo al Governo di usare l'occasione straordinaria relativa alle decisioni circa il periodo 2021-2027 per costruire delle strategie e per rafforzare la strategia aree interne, che vive da un anno e mezzo una situazione di stallo, e per applicare questo stesso tipo di modalità anche ad altri. Mi fermo qui, perché ho parlato abbastanza. Ci sono altre proposte, ma vi ho dato il senso del modo in cui lavoriamo. Dagli schemi metodologici e analitici a proposte molto concrete.

  PRESIDENTE. Grazie professor Barca. Diamo quindi spazio agli interventi da parte dei deputati.

  FILIPPO SENSI. Grazie presidente. Grazie molte, professore per la sua esposizione che trovo molto interessante. In particolare, però non ne ho le competenze, sul tema delle aree interne su cui credo che anche la nostra Commissione possa fare un ulteriore lavoro di approfondimento vista la centralità della questione per lo sviluppo e non solo. Volevo farle tre brevi domande. Magari risulteranno delle «domande ombrello», quindi me ne scuso. La prima è: in rapporto agli obiettivi da lei indicati, volevo capire la priorità o meno del tema ambientale dentro l'impianto della strategia degli obiettivi di giustizia sociale. Se ne parla molto. È un po' una parola feticcio quella dello European Green Deal per quello che ci riguarda o del Green New Deal per stare al contesto americano. Mi chiedevo quanto le proposte e gli obiettivi fossero innervate di questa preoccupazione. Il secondo punto è: ho visto che molte delle proposte che non sono sovrapponibili a SDGs riguardano i temi della tecnologia e in particolare degli algoritmi, eccetera. Mi è sembrato di leggere, ma mi scuserà per la mia banalizzazione, che il principio ordinatore di questi interventi sia un principio di precauzione. Non dico pessimistico, ma in qualche modo di controllo e regolazione rispetto al lato oscuro, mi consenta questa banalizzazione, Pag. 10degli algoritmi e delle nuove tecnologie. Volevo chiedere se è così, se questo comporta una valutazione in qualche modo – mi passi il termine – negativa o cauta o prudente nei confronti delle nuove tecnologie in funzione del raggiungimento degli obiettivi di giustizia sociale di cui lei ha parlato. Terza domanda, un po' brutale un po' secca: se lei ritiene che un'imposta di successione a livello europeo possa essere uno strumento utile ai fini, in particolare mi rifaccio all'obiettivo 6, di un passaggio generazionale più giusto. La ringrazio molto.

  CRISTINA ROSSELLO. Buongiorno professor Barca. Grazie per il suo apporto. Ovviamente Forza Italia è radicalmente contraria alla sua interpretazione sul passaggio generazionale, come potrà bene immaginare. Sono anni che abbiamo sostenuto questa posizione e vorremmo anche sottolineare un concetto: bisognerebbe che questo aspetto del passaggio generazionale non fosse più trattato come se ci fosse un tema di sinistra evoluta o di destra retrograda, ma ci fosse un tavolo dove finalmente si parla di aziende familiari, di imprese, perché il capitalismo italiano è stato rovinato da scelte sulle politiche di successione fatte esclusivamente su posizioni di partito. Su questo se anziché parlare di passaggio generazionale e cannibalismo che non esiste, perché c'è una tradizione, c'è un made in Italy, c'è una forma che lei conosce benissimo, professore, e diventa demagogia quando si parla di passaggio generazionale. Noi lo riteniamo in tutte le sedi. Ci sono le teorie. Ovviamente quelle di AIdAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari): lei ricorderà la posizione di Alberto Falck quando creò l'Associazione. Ebbene era una persona comunque molto vicina alla sinistra e cercò di spiegare come il mondo delle imprese soprattutto del Nord, nel caso fosse stato realizzato un certo tentativo di politiche di tassazione sulla successione, e quindi della transizione e del passaggio generazionale, avrebbe avuto un effetto devastante. Lei conosce benissimo la tesi spagnola. Quindi ci siamo già risposti sull'ipotesi europea che è inconcepibile in questo momento, perché sarebbe un'altra forma di concorrenza sleale nei confronti del nostro Paese. Perché? Con il sistema e l'accordo di tassazioni sul reddito molto più elevate da noi che in altri Paesi e tassazione sul passaggio della proprietà, saremmo completamente a terra. Quindi sui 15 goal famosi, sul discorso del progetto Giovannini che porta in Italia questo importantissimo Piano della sostenibilità, vorrei segnalarle un tema: molto spesso la sostenibilità in assoluto diventa un tema della sinistra. Forza Italia invece è sempre stata molto sensibile e vorrebbe aprire un dialogo con tutti al di là delle posizioni di arco costituzionale, richiamando gli scritti di Cavour che forse è stato uno degli antesignani nella formazione e nei lavori che c'erano sulle politiche agricole. Quindi vorremmo, veramente, avere l'occasione di questo dialogo con lei per segnalarle nei tre pilastri che lei ha evidenziato come possa essere molto pericoloso questo ragionamento aprioristico, e forse anche un po' prevenuto, del passaggio generazionale. Facciamo l'esempio della ragazza che lei ha detto dei 20 o 30 mila euro: ma scusi perché deve arrivare dal privato la formazione di un passaggio generazionale, quando dovrebbe essere lo Stato e ci sono state delle politiche di terzo settore completamente adesso abbandonate? Allora lo Stato dovrebbe mettersi a ragionare per la formazione, per incentivare i giovani e avere una posizione assolutamente meno cannibalistica nei confronti della ricchezza, ma casomai non aggredire la ricchezza e dare di più e distribuire con le risorse, intervenendo sulla spending review e non facendo quelle politiche assurde di bonus che sono un palliativo, una risposta immediata, ma che non consentono di avere una vera pianificazione sociale. Noi, sul suo intervento circa il passaggio generazionale, sentiamo, ovviamente, il bisogno di esprimerci, segnalandole – penso di averlo fatto con una certa verve – e spiegando bene anche ai colleghi come sia pericoloso proporre, addirittura, un piano europeo al riguardo. Poi le vorrei anche segnalare una cosa sull'intelligenza artificiale.

  PRESIDENTE. Scusi collega. La invito a concludere il suo intervento. Ricordo, infatti, che la seduta riprende alle 9.55 e ci Pag. 11sono altri tre iscritti a parlare. Quindi prego di contenere la durata degli interventi, casomai ponendo all'audito domande secche.

  CRISTINA ROSSELLO. Allora mi taccio, però l'occasione di avere il professor Barca qui non capita tutti i giorni. Mi dovete promettere che il professore ritornerà, perché tra i quindici punti citati nel suo intervento vi era quello relativo alle politiche di genere, su cui Forza Italia sostiene posizioni molto all'avanguardia, nonché altri temi, quali la formazione e il coding, di grande interesse. Volevamo parlare con il professor Barca di molte cose.

  EMANUELA ROSSINI. Buongiorno. Sarò molto veloce. Sui temi dei fondi di coesione: lei sa che vengo dal Trentino e abbiamo lavorato molto bene con lei. Abbiamo realizzato dei risultati. Grazie ai fondi di coesione e alle politiche strategiche sulle aree interne, abbiamo evitato che molte zone si spopolassero. Però mi chiedo quali siano le condizioni affinché si possano applicare. Anche guidare i processi è fondamentale: guidare i processi tra i soggetti, è la cosa più difficile. Quindi mi chiedo se in questi vent'anni la sfida sulla formazione manageriale è fallita. Ciò anche in riferimento al passaggio in cui lei dice di tornare alle imprese pubbliche. La managerialità è cruciale. La mia domanda è anche frutto di una mia recente esperienza. Sono tornata insieme ai miei colleghi da un tavolo di lavoro con dei partner europei ove è stata posta a tutti noi una questione: come Unione europea dobbiamo essere dei big player sul piano dell'innovazione e dell'intelligenza artificiale, nel mondo o perlomeno all'interno del nostro spazio europeo? Quindi la mia domanda è: in che modo si possono creare imprese pubbliche che tutelino risorse come energia, come acque e come bene pubblico? E se ciò dovrebbe essere fatto a livello europeo e in che modo. Cosa pensa sul punto e se crede che vi siano le condizioni per creare qualcosa insieme ai partner europei. Grazie.

  MARINA BERLINGHIERI. Sarò rapidissima e a flash: noi qui stiamo audendo sui temi dell'agenda 2030 tutta una serie di soggetti e abbiamo audito la Cabina di Regia per il Benessere Italia, i Forum per la Sostenibilità, per le Disuguaglianze, audiremo il Forum dell'alleanza contro la povertà, c'è l'Agenzia per la coesione, c'è l'Agenzia per l'Italia digitale. Si apriva questo ragionamento rispetto alla considerazione che l'Italia è un Paese in cui ci sono tanti elementi e tanto associazionismo che fa delle cose molto belle, che cambia le vite individuali, ma non cambia il sistema. La mia domanda è molto semplice: tra tutti questi enti esiste un rapporto, esiste una capacità di arrivare e addivenire a quella che è una strategia anche di pensiero che possa essere utile per il Paese e che possa davvero diventare un po' una governance e un indirizzo anche per chi si trova a governarlo e a legiferare, nonché per favorire nei singoli territori alcune scelte piuttosto che altre. Grazie.

  PIERO DE LUCA. Saluto anch'io il professor Barca. Giusto uno spot, considerando le sue enormi competenze in materia di fondi strutturali europei. Se ci può dare giusto una sua riflessione rapidissima ovviamente considerando i tempi. Circa l'attuale sistema di funzionamento, anche normativo, dell'utilizzo dei fondi strutturali europei – sa che c'è un dibattito anche sulla possibilità di modificarne i regolamenti legati all'utilizzo, agli assi prioritari, cioè un funzionamento che è un po' complesso e macchinoso – lei ritiene sia da portare avanti una riforma del sistema di funzionamento dei fondi strutturali europei e se allo stato attuale possono davvero essere ancora questi uno strumento utile per raggiungere gli obiettivi che lei indica nella sua relazione oppure dobbiamo immaginare altre forme, altre strutture di finanziamento soprattutto per le regioni meno sviluppate, perché poi sappiamo bene qual è la destinazione prioritaria dei fondi strutturali europei. Grazie.

  FRANCESCA GALIZIA. Io sarò così veloce che temo di correre il rischio di non essere compresa nella domanda. Si è parlato di giovani e del pieno sviluppo delle Pag. 12persone umane, però noi oggi stiamo vivendo in Italia una crisi demografica fortissima in cui c'è proprio la difficoltà ad avere figli, in cui vi sono ostacoli alla nascita stessa di un bambino. Quindi le politiche di genere, che qui non vengono nominate – o almeno così appare dalla sintesi cui è stato costretto –, come possono essere affrontate per poter dare la possibilità a chi vuole di potere avere una famiglia?

  FABRIZIO BARCA, coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. È sempre così importante che dei luoghi come il nostro interagiscano con voi. Il tempo è ridotto, ma in sette minuti si può fare molto! Coesione: vado dalle cose più semplici. Io penso che noi non dobbiamo imbarcarci in altri grandi riforme. Vado secco come bisogna andare secchi in altre grandi riforme o ridisegni. I chiodi ci sono grosso modo. Continua a esserci questa strana separazione nella logica europea che nega quello che ci siamo detti tutti, cioè la parte territoriale viene concepita come un pezzetto aggiunto ai settoriali. Territoriale è un metodo. È un modo per far sì che le politiche settoriali siano attente alle condizioni dei territori. Quello che nella mia vita professionale mi ha sempre colpito è quando cascano dei provvedimenti presi da Roma – e lì non è una questione di Sinistra o di Destra, è una questione di un modo di ragionare che si chiama in inglese «one size fits all», cioè l'idea che quando si prendono le decisioni, si prendono per tutti –, ma la condizione di un territorio interno o di una periferia sono diverse. Questa cosa immediatamente però pone un problema su cui voglio richiamare la vostra attenzione, senza il quale non facciamo nulla di tutto questo. Noi stiamo per assumere 500.000 ragazzi nell'amministrazione pubblica italiana. È la cosa più straordinaria. È l'evento più incredibile della storia dell'Italia moderna, perché la mia generazione, se Dio vuole, se ne sta andando. Io sono andato via dall'amministrazione pubblica cinque anni prima del tempo per scelte personali, ma i miei colleghi se ne stanno andando ora – bravissimi alcuni. Ma 500.000 giovani noi rischiamo di prenderli senza un criterio, senza aver capito quali sono le missioni che vogliono fare e senza chiedergli un metodo diverso di lavoro, perché il funzionario che sta seduto in un ufficio non ci serve più in quanto tale. Quindi a noi poi alla fine non ci piace come lavoro. Lo criminalizziamo, criminalizziamo la PA. Il tema lo conoscete benissimo: è che i miei colleghi non hanno discrezionalità, perché non sono incentivati ad averla, perché se prendono decisioni discrezionali che sono le uniche necessarie per fare quello che lei ha detto, sono puniti perché hanno il rischio della giurisdizione e quindi fanno quella che conoscete benissimo che si chiama burocrazia difensiva. Se noi mettiamo nell'amministrazione pubblica 500.000 giovani e lo facciamo diventare il grande cambiamento e ne curiamo l'entrata, perché lasciatemi parlare del mestieraccio che ho fatto. Io ho fatto il «mestieraccio». Come un imprenditore nel suo settore, io l'ho fatto nella PA. Se tu inserisci dei giovani e curi il loro collegamento con i vecchi, che succede? Che i vecchi, quelli che proprio non se ne può più, staccano, ma i vecchi straordinari ritrovano la loro stagione e hai quella connessione di generazione che avviene in un'impresa intelligente che fa continuo rinnovo. La PA non è un'impresa intelligente. Ha smesso di assumere per un lungo periodo e quindi ho buttato due miei minuti per dirvi che l'entrata di 500.000 persone è la vera carta. Pensate cosa sarebbe se venisse raccontato come un grande cambiamento. Noi rischiamo di prenderli piano piano a piccoli concorsi, ma non penso a cose fatte male, penso alla perdita di una straordinaria occasione. Che cosa fanno le organizzazioni? Già il Forum è un'alleanza. Quello che avviene in questo momento nel mondo della cittadinanza è un raggrumarsi. Che poi i grumi si raggrumino fra loro... Sì, io ho molti rapporti con organizzazioni come Asvis ed Enrico Giovannini siede dentro il Forum Disuguaglianza e io siedo dentro Asvis e poi ci sta l'Alleanza povertà. Abbiamo opinioni diverse. Nella vita ho lavorato in tutte le condizioni. Cinque anni della mia vita continui li ho avuti con un Governo di centrodestra e con Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti e Gianfranco Miccichè. Pag. 13 Non è questo. Si può lavorare, anzi per certi versi ho sempre detto scherzando che si lavorava meglio, perché tanto con loro, come dire, avevamo un rapporto che era solo professionale. È stato per me un rapporto di soddisfazione, lo dico sempre e l'ho sempre detto. Quindi il tema vero, in questo momento, delle organizzazioni è un rapporto fra di loro. Priorità ambientali: sono all'interno delle problematiche politiche medesime. Nelle politiche per le aree marginalizzate il tema ambientale ti esce fuori non come l'aggiunta, ma come la condizione fondamentale, perché se tu non hai le persone che presidiano i territori, non hai le donne e gli uomini, le coppie che decidono di viverci è inutile. Come affronti così – me la cavo in modo semplice – il tema della donna della scelta fondamentale, il tema del genere, quando ti riesce fuori? Quando una coppia di giovani che ha studiato agraria e si è sposata con un altro o stanno con degli amici che hanno fatto relazioni internazionali, che ci azzecca? Oggi se vuoi vendere il pecorino a 25 euro sul mercato americano devi sapere fare relazioni internazionali. Devi sapere una lingua e quindi hai questi grumi di ragazzi che si radunano attorno a queste idee, ma la domanda che si fanno è questa: o rinunciano a fare figli oppure se li fanno cosa si domandano? Quale sarà la qualità della scuola in quel territorio o se hanno un anziano e se Dio vuole, la famiglia si ricompone e se lo vogliono portare dietro; vogliono essere tranquilli che se gli succede qualcosa arrivi l'autoambulanza. In quei territori quando l'autoambulanza arriva dopo 60-70 minuti, quello è il tema. O la qualità della scuola: se i bambini stanno, secondo una vecchia idea sociale che ogni comune, ogni borgo deve avere il suo piccolo plesso. No, non è quello il tema. Un gruppo di borghi può avere una scuola comune. Lì rimetti in pari le persone e gli dai opportunità. Altrimenti io quello che vedo nei territori delle aree interne – scusatemi se faccio riferimento a questo, ma preferisco sempre fare esempi concreti – vedo che la donna torna a svolgere la sua funzione fondamentale che è quella di accompagnare i bambini che vuol dire un'ora e mezza e un'ora e mezza, tre ore della giornata in macchina per portare i bambini nella scuola e far sì che il proprio compagno o marito possa lavorare. Quindi il tema, per ritornare alle priorità ambientali, consigli del lavoro e della cittadinanza: non abbiamo avuto il tempo, ma se aveste voglia di guardarci dentro, l'idea di costruire un consiglio affianco del consiglio di amministrazione, dove si possono prendere in carico le diverse esigenze. L'impresa pubblica – ne ho parlato un attimo prima – io non sto pensando di pubblicizzare altre imprese. Io sto pensando di usare bene quelle che abbiamo. Noi stiamo conducendo in questo momento come Forum una cosa che si chiama «colloquio» con tutti gli amministratori delegati e i presidenti delle imprese pubbliche italiane. Lo abbiamo fatto nel convincimento che la potenza di fuoco che abbiamo ancora dentro quelle imprese è irraccontabile e il raccordo con la piccola impresa, perché il salvataggio della piccola impresa è quello di potersi approvvigionare alla conoscenza e alcune curano. Sono manager di valore. Dentro abbiamo l'ipotesi idrogeno. Vogliamo parlare di ambiente? Quante volte in questi colloqui è riemersa la questione idrogeno? Ma noi per farlo abbiamo bisogno di una missione, quindi noi diciamo alle imprese pubbliche di fare qualcosa. Ma dobbiamo dare una missione idrogeno! Se la missione è: idrogeno, allora la missione è: idrogeno e a questo punto i manager che prendono queste imprese invece di essere giudicati sulla loro appartenenza a quello o quell'altro eccetera, vengono giudicati sul fatto se stanno proseguendo la missione idrogeno. Quindi io ed Enrico Giovannini qui saremo compatti nel dire che l'utilità degli obiettivi e degli outcome è dire: «Io ti ho affidato una missione: non voglio sapere cosa hai fatto tra un anno. Non me ne importa niente, se sei quotata, benissimo, ma se vai un po' giù, non è un problema.» Io voglio capire se tra tre anni come sei andato avanti e sconto il fatto che commetterà errori. Questo è un modo. O oppure ancora: dentro di noi c'è Legambiente. Questa la racconto carina, perché qual è il rischio di alcune proposte ambientali? Che le persone si arrabbiano Pag. 14nei territori. Se tu aumenti il prezzo della benzina, tu chi colpisci? Le persone che stanno male, quelle che devono fare migliaia di chilometri, quelle che lavorano in settori agricoli che poi appaiono anti ambientalisti. Allora forse quando facciamo le proposte ambientali, dobbiamo curarci dell'impatto che hanno. Faccio un esempio concreto, che se no sono parole. Il tema delicatissimo del rinnovo delle concessioni balneari delle nostre coste, un tema che abbiamo affrontato pure noi – mi ricordo ancora – nel Consiglio dei ministri e poi lo metti da parte, perché dici che non è il caso. C'è un modo che sta scritto nel documento che Legambiente ha fatto a ottobre che sente l'influenza del sociale. Se tu in quel territorio dici: «Io legherò il rinnovo delle concessioni a due parametri di come viene utilizzato il lavoro, lavoro regolare e non regolare e la cura delle dune e io ti do delle tariffe o delle premialità». A questo punto tu non hai più contro tutta la costiera dell'Emilia Romagna o quella del Lazio. Hai giovani a cui hai dato una chance che magari si sono inventati la maniera per tutelare la duna e grazie a questo prenderanno una cifra migliore. Questo è combinare ambientale e sociale. Allora l'ambientalismo non appare più una cosina della sinistra chic, ma diventa una cosa che è di tutti quanti. Tecnologia: non è solo precauzionale. Veramente grazie per la domanda, perché c'è questa sensazione che dobbiamo evitare che succedano guai, dobbiamo evitare altre spiacevoli conseguenze. No, noi dobbiamo avere la possibilità di fare qualcosa. Faccio un esempio molto chiaro: Ferrovie dello Stato, così parliamo di cose concrete. Ferrovie dello stato è una potenza in questo Paese. Ha la possibilità di e sta costruendo la sua piattaforma digitale, perché quella è una piattaforma digitale. Sta diventando una piattaforma di riferimento della mobilità anche su gomma dei territori, ma è evidente che per rendere potente la capacità di quel centro di competenza, perché io ho sempre in mente i piccolissimi che ho sempre adorato nella mia vita – lo dico a chi è intervenuto in materia, perché quando sono entrato in Banca d'Italia, mi hanno detto: «le piccole imprese sono finite» e il mio primo lavoro per Carlo Azeglio Ciampi insieme al mio amico Marco Magnani fu di dire che le piccole imprese sono la salvezza del nostro Paese, poi possiamo avere delle discussioni, però una cosa gliela voglio dire su quello – per la piccola impresa quella è una piattaforma digitale offensiva. Quando Milano, forse Bologna sull'esempio di Barcellona costruiscono piattaforme digitali per la mobilità, in cui i riders continuano a fare i riders, ma è trasparente cosa fanno. Si sa se è una giornata di pioggia rischiosissima e le imprese che li governano hanno smesso di farli andare, perché è pericoloso, cioè abbiamo un governo collettivo e il digitale diventa uno strumento straordinario. Ultima battuta sulle imprese, perché lei ha sollevato una serie di questioni su cui propongo due osservazioni, una di metodo e una di contenuto. Osservazione di metodo: della nostra proposta abbiamo scritto e presto uscirà un volume per Il Mulino; ma se domani mattina qualcuno attuasse la nostra proposta direttamente, così come l'abbiamo scritta, sarebbe un disastro. Le proposte vanno infatti discusse, e a me piace fare così. Per quanto possono essere diverse o ci possono essere differenze solo una discussione profonda può consentire un risultato utile. Un'osservazione importante: venti anni fa quando lavoravo in Banca d'Italia, alcune interessanti imprese merchant bank, inglesi e altre, si affacciarono sul mercato italiano, osservando il problema tipico delle piccole imprese che faticano – lasciamo perdere se per le imposte o altro – nel passaggio generazionale. Noi perdiamo opportunità nel passaggio generazionale. Non c'è nessuna criminalizzazione. È un tema rilevante, però. È un tema rilevante che in Italia la piccola impresa fatica ad acquisire capitale finanziario esterno, fatica a riconoscere l'importanza, a volte, di affidarsi a un manager. Un'ultima osservazione sull'eredità: l'Italia in questo momento ha un'aliquota sulle imposte di eredità che è veramente ingiusta, perché colpisce tutti, anche persone che hanno pochissimo, che hanno accumulato micro risparmi; colpisce pochissimo, perché non è progressiva. È l'unico Paese Pag. 15d'Europa. La Gran Bretagna, ad esempio, ha un tasso ben diverso. Quindi io non sono convinto che ci siano le condizioni per una mossa europea. Sono convinto che bisogna sempre, quando si fanno le operazioni fiscali, tenere conto dei rischi e delle conseguenze e che queste vanno discusse con molta attenzione; però partiamo da una situazione in cui l'Italia ha una situazione radicalmente diversa dagli altri Paesi senza che in conseguenza di ciò – mi lasci fare una battuta – siano venuti tutti da noi perché le condizioni erano migliori.

  PRESIDENTE. Purtroppo l'Assemblea è in procinto di iniziare la seduta. Mi spiace per i tempi un po' stretti che abbiamo avuto a disposizione, professor Barca, ma sicuramente ci rivedremo. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione depositata dal professor Fabrizio Barca (vedi allegato). Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.

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ALLEGATO

Obiettivi di giustizia sociale delle 15 proposte del Forum Disuguaglianze e Diversità – Schema aggiornato degli obiettivi e ipotesi sugli indicatori

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