Sulla pubblicità dei lavori:
Battelli Sergio , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA PER L'ATTUAZIONE DELL'AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Audizione del professor Enrico Giovannini, portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile).
Battelli Sergio , Presidente ... 3
Giovannini Enrico , portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) ... 4
Battelli Sergio , Presidente ... 10
Berti Francesco (M5S) ... 10
Sensi Filippo (PD) ... 10
Battelli Sergio , Presidente ... 11
Giovannini Enrico , portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) ... 11
Battelli Sergio , Presidente ... 12
ALLEGATO: Documentazione depositata dal professor Enrico Giovannini ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XIV COMMISSIONE
SERGIO BATTELLI
La seduta comincia alle 14.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.
Audizione del professor Enrico Giovannini, portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Enrico Giovannini, portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche dell'Unione europea per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
La Commissione dà oggi il via al ciclo di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche dell'Unione europea per l'attuazione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Do il benvenuto e ringrazio il professor Giovannini per la sua gradita presenza.
Nell'introdurre il dibattito, mi limito a rilevare come l'indagine conoscitiva in oggetto risulti quanto mai tempestiva e opportuna alla luce dei più recenti sviluppi delle politiche europee. L'Agenda 2030 e i suoi diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile sono, infatti, ormai entrati a pieno titolo tra gli assi portanti dell'Unione, costituendone l'orizzonte di medio e lungo periodo.
È vero che lo sviluppo sostenibile, nella sua portata economica, sociale e ambientale, è uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione europea in base ai Trattati e che i principi dell'Agenda 2030 sono radicati nei principi e nei valori su cui si fonda l'Unione europea, così come è vero che l'Unione ha adottato una propria strategia per lo sviluppo sostenibile sin dal lontano 2001, concorrendo fin dalle origini del problema anche alla lotta contro i cambiamenti climatici. Ma è altresì vero che i temi della crescita sostenibile e inclusiva non hanno mai avuto piena cittadinanza come nel contesto odierno. E, soprattutto, non ha mai avuto sufficiente attenzione l'esigenza, ormai invece sempre più evidente e impellente, di trasformare radicalmente il nostro modello di sviluppo.
Non mi riferisco soltanto alle questioni connesse ad una crisi climatica sempre più severa e tangibile, che pure impongono un ripensamento radicale dei modelli di produzione e consumo e degli stessi nostri stili di vita, bensì anche ai temi della lotta alla povertà e alle crescenti disuguaglianze, della salvaguardia dei valori comuni, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, nonché, sul piano geopolitico, alle tematiche connesse alla valorizzazione delle istituzioni internazionali e del principio – invero sottoposto a non poche pressioni – del multilateralismo inclusivo.
Nello scenario attuale, percorso da trasformazioni epocali sul piano tecnologico, ambientale, demografico che cambieranno il volto delle nostre società, l'Agenda 2030 si pone come una bussola, che ci ricorda la direzione da intraprendere per mettere davvero le persone al centro delle nostre scelte, salvaguardare il pianeta e costruire un Pag. 4mondo migliore per le generazioni future nel quale nessuno sia costretto a rimanere indietro.
Queste, che possono apparire come mere declamazioni di principio, sono in realtà le vere questioni dense di sostanza politica che l'Agenda 2030 pone dinanzi a noi.
Dopo anni nei quali si è celebrato acriticamente un modello economico d'ispirazione liberale incentrato su una crescita indefinita, ritenuto da molti ineluttabile e privo di alternative, oggi il leitmotiv è divenuto invece il «cambio di paradigma», perché è finalmente maturata la comune consapevolezza che la crescita economica non può mai essere fine a se stessa, non può ipotecare il futuro e non può essere riservata soltanto a una minoranza degli oltre 7,5 miliardi di abitanti del pianeta. E soprattutto non può essere misurata solo attraverso un indicatore quantitativo quale è il prodotto interno lordo.
È proprio questa – a ben vedere – la filosofia di fondo sottesa al programma della nuova Commissione europea, che ha scommesso tutta la sua credibilità su una profonda e ambiziosa rivisitazione delle politiche e degli stessi meccanismi di coordinamento delle stesse, incentrata proprio sul perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile declinati nell'Agenda 2030. Vanno in questa direzione gli orientamenti programmatici, strettamente connessi con l'attuazione dell'Agenda, annunciati dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che proprio in queste settimane stanno cominciando a prendere forma.
Mi riferisco, in particolare, a tre recenti e importanti comunicazioni della Commissione europea: la prima, dell'11 dicembre scorso, sul «Green Deal europeo», che illustra la nuova strategia di crescita volta a fare dell'Europa il primo continente al mondo a emissioni zero; la seconda, di particolare rilevo, del successivo 17 dicembre, recante la nuova «Strategia annuale di crescita sostenibile», che per la prima volta integra in modo sistematico gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite nella procedura del Semestre europeo; e infine, la comunicazione dello scorso 14 gennaio sul «Piano di investimenti per un'Europa sostenibile», finalizzato a mobilitare investimenti sostenibili per almeno mille miliardi di euro nel prossimo decennio.
Del contenuto, assai articolato, di questi documenti, di cui si dà nel dossier predisposto dagli uffici, avremo modo di discutere nel corso di questa indagine.
Prima di dare la parola professor Giovannini, ricordo che abbiamo a disposizione circa un'ora per lo svolgimento dell'audizione. Chiedo pertanto ai gruppi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza le richieste di intervento, al fine di organizzare il dibattito nel modo più ordinato e consentire a tutti i colleghi che lo desiderino di intervenire.
Do quindi la parola al professor Giovannini.
ENRICO GIOVANNINI, portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile). Grazie, presidente. È un piacere essere qui ed è un onore aprire la serie di audizioni che la Commissione ha voluto avviare in questa indagine conoscitiva relativa al tema dell'Europa e lo sviluppo sostenibile.
Sono qui in qualità di portavoce dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile; avete ricevuto un dossier che contiene, tra l'altro, il rapporto che come Alleanza abbiamo presentato a ottobre del 2019 (vedi allegato). L'Alleanza è un unicum al mondo, perché riunisce più di 240 soggetti della società civile italiana, dalle associazioni ambientaliste ai sindacati, alle associazioni professionali degli imprenditori, alle associazioni di volontariato, a tutti i soggetti più o meno della società civile, e sta per compiere quattro anni di vita, ed è un'iniziativa che è stata identificata dall'ONU come una best practice mondiale.
Il rapporto che avete ricevuto contiene una serie di dati relativi all'Europa, relativi all'Italia, relativi alle sue regioni, e l'ultima parte illustra proposte di policy, a partire dal cambiamento della Costituzione, per inserire in Costituzione, tra i principi fondamentali, il principio dello sviluppo sostenibile. A questo proposito – lo ricorderò successivamente – prima delle elezioni ASVIS ha proposto a tutte le forze politiche Pag. 5una serie di interventi, su cui gran parte delle forze politiche si sono impegnate, tra cui, appunto, il cambiamento della Costituzione.
Oggi ci concentriamo sul tema dell'Europa. A livello globale noi non siamo su un sentiero di sviluppo sostenibile. Vorrei ricordare, a questo proposito, che nel 1972 il famoso Club di Roma, creato da un grande italiano, Aurelio Peccei, aveva, tra l'altro, nei vari scenari ipotizzato che saremmo arrivati a circa otto miliardi di persone nel 2030 per poi tornare a sei miliardi alla fine del secolo. Far sparire due miliardi di persone in settant'anni per molto tempo è stata considerata un'ipotesi fantasiosa, economisti e politici negli ultimi trent'anni hanno definito queste come delle previsioni da Cassandra. Non ho il tempo di illustrarvi il fatto che siamo lungo quei sentieri, ma come forse avete visto anche a Davos, nella scorsa settimana, questo è il tema di cui si dibatte. È un cambio di paradigma del capitalismo che ha prodotto indubbiamente straordinari risultati, ma che non sembra in grado di affrontare altre sfide come quelle che abbiamo davanti. Per questo qui non si tratta di sostituire il capitalismo con qualcos'altro, ma di immaginare una nuova fase come il capitalismo ha già mostrato di essere in grado di fare nel suo percorso storico.
L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è composta – come è stato ricordato anche dal presidente – di diciassette obiettivi e 169 target. Nelle slide (vedi allegato) trovate una sintesi dei diciassette obiettivi, ma trovate anche uno schema che mostra come lo sviluppo sostenibile non sia una questione ambientale o puramente ambientale. Credo di non aver mai visto un Governo che cade a causa di un'alluvione, mentre ho visto Governi che cadono a causa della rivolta dei cittadini, per varie motivazioni. Ecco perché i quattro pilastri dello sviluppo sostenibile (l'economia, l'ambiente, la società e le istituzioni) sono tutti ugualmente importanti.
Questo non è quello che abbiamo detto negli ultimi quarant'anni. Abbiamo pensato che l'economia in qualche modo tirasse tutto il resto. Se andate allo schema che avete nelle slide (vedi allegato, slide «Un approccio sistemico è necessario») – che mostra le relazioni tra i diversi pezzi del sistema economico, sociale e ambientale – in cui ho inserito anche i diciassette obiettivi, in un sistema – come diceva qualche «mese fa» Menenio Agrippa nel suo famoso apologo – tutto è importante, non c'è qualcosa che viene prima o viene dopo. Questo è un cambio di mentalità radicale nel modo in cui le politiche sono state finora disegnate. Questo è un cambio di paradigma radicale nel modo con cui la programmazione politica è stata fatta.
Si dice che l'Agenda 2030 richiede azioni trasformative, non solo singole politiche ma trasformazioni profonde, quindi nelle due slide successive (vedi allegato, slide «Il decalogo dell'ASVIS») trovate le dieci proposte che noi abbiamo fatto a tutte le forze politiche prima delle scorse elezioni. Tutti i gruppi che si sono presentati alle elezioni hanno sottoscritto questi dieci impegni, eccetto Lega e Fratelli d'Italia. Anche se Fratelli d'Italia ha poi indicato la propria disponibilità a sottoscriverli. In queste dieci proposte trovate, per esempio, la prima proposta: inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile. Ora io vorrei chiarire questo aspetto, visto tra l'altro che un Consiglio regionale (il Consiglio regionale del Veneto) ha presentato a questo Parlamento una proposta di riforma costituzionale che prende esattamente le parole, proposte dall'ASVIS per intervenire sull'articolo 3 e sull'articolo 9, «lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che consente alla generazione attuale di soddisfare i propri bisogni senza pregiudicare il fatto che le generazioni successive possano fare altrettanto». Quindi è un concetto di giustizia tra le generazioni. Non è una questione ambientale, non è una questione sociale, non è economica. È una questione di giustizia tra generazioni. E questo principio è assente nella nostra Costituzione, come in quasi tutte le Costituzioni scritte nel secondo dopoguerra, per cui Francia, Svizzera, Norvegia, Belgio – per parlare solo dell'Europa – hanno negli ultimi anni introdotto questo principio nelle proprie Costituzioni. Pag. 6
La ragione per cui ho citato questi dieci punti è perché il decimo punto era quello di operare affinché l'Unione europea metta l'impegno per attuare l'Agenda 2030 al centro della sua nuova strategia di medio termine. Questo è avvenuto. Non sono sicurissimo che sia avvenuto grazie all'impegno degli Stati, ma non c'è dubbio che con la nuova Commissione europea c'è un cambiamento profondo, molto in linea con il Trattato di Lisbona (vedi allegato, slide «Il Trattato di Lisbona»). L'articolo 3 del Trattato di Lisbona già cita per due volte le parole «sviluppo sostenibile», ma poi cita anche una serie di termini che sono chiaramente connessi ai diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile, il che ci consente di riconoscere che di fatto è stata l'Europa a «vendere» – se posso usare questo termine – al mondo l'Agenda 2030. Il problema è che, dopo aver convinto il mondo dopo due anni e mezzo di negoziazioni all'ONU, che questa era la strada da intraprendere, la precedente Commissione Junker ha messo da parte l'approccio sistemico a questi problemi. Questo non vuol dire che la Commissione precedente non abbia promosso cose importanti, ma è mancata la visione sistemica e la governance integrata. Questa è la rivoluzione che la Commissione von der Leyen ha proposto: è stata approvata sia dal Consiglio che dal Parlamento, ed è questo che genererà effetti a cascata molto rilevanti sul vostro lavoro e sul lavoro di ogni Paese.
Nel rapporto che vi è stato distribuito trovate i sentieri di sviluppo dell'Europa rispetto ai «Sustainable Development Goals». Questi grafici che trovate nella presentazione (vedi allegato, slide «L'Unione europea e gli SDGs») danno un'idea, usando più di settanta indicatori elaborati da Eurostat, di dove l'Europa nel suo complesso sta andando. E vedete elementi positivi ed elementi negativi. Per esempio, l'obiettivo 15 (lo stato degli ecosistemi terrestri) è in peggioramento nettissimo. Per il «goal» 7 e il «goal» 13 (energia e lotta al cambiamento climatico) vedete che c'è stato un periodo di miglioramento, poi, con la ripresa economica, la situazione si è sostanzialmente stabilizzata, quindi il tema è come andare avanti.
Grafico successivo (vedi allegato, slide «Forti disuguaglianze tra i Paesi UE»). Ma non dobbiamo guardare solo le medie europee. Nel rapporto trovate anche questi indicatori sintetici per tutti i singoli Paesi. Qui c'è solo un esempio sulla riduzione delle disuguaglianze e sulla qualità degli ecosistemi terrestri, in cui potete immediatamente vedere la posizione dell'Italia rispetto alla media, ma anche l'eterogeneità della situazione dei singoli Paesi membri. Questa è la pietra tombale all'idea, perseguita dalla precedente Commissione, del cosiddetto «upward convergence»: l'idea che si potesse tutti convergere verso le posizioni dei Paesi più avanzati. In realtà ci sono enormi differenze tra Paesi, e questo spiega in gran parte anche la diversa attitudine rispetto all'Unione europea. Basta guardare quali sono i Paesi che stanno sistematicamente in alto nelle classifiche e quelli che stanno sistematicamente in basso, con importanti eccezioni naturalmente, e vedete subito perché alcuni Paesi pensano che l'Unione europea sia un serio problema e altri Paesi pensano che l'Unione europea sia una straordinaria invenzione. La variabilità delle posizioni dei singoli Paesi spiega molto anche rispetto alle opinioni pubbliche e quindi all'approccio della politica rispetto a questi temi.
Vado alla slide successiva (vedi allegato, slide «L'Agenda 2030 al centro delle nuove politiche UE»), che sintetizza le posizioni espresse dall'ASVIS a maggio del 2019 nell'evento di apertura del Festival dello sviluppo sostenibile in cui avanzammo una serie di proposte. Le proposte riguardavano le priorità strategiche del quinquennio 2019-2024, la connessione con le politiche nazionali, il quadro finanziario pluriennale 2021-2027, la struttura della Commissione, il Semestre europeo, la valutazione delle nuove iniziative legislative e il coinvolgimento della società civile. Non posso nascondere il fatto che la nuova Commissione europea ha preso a bordo molte delle nostre proposte, non solo di ASVIS ma proposte fatte dalla società civile negli ultimi anni, dal Consiglio, dal Comitato economico Pag. 7 e sociale, dal Parlamento, dando una sterzata radicale rispetto alla posizione della Commissione Jucker. Le priorità della nuova Commissione – qui ricordate (vedi allegato, slide «Le priorità della nuova Commissione europea») – sono sei linee di intervento: «European Green deal», un'economia incentrata sulle persone; la digitalizzazione; il modello di vita europeo; un'Europa più forte nel mondo; una nuova spinta per la democrazia europea. E, se andate a guardare le proposte di Ursula von der Leyen, che ebbi tra l'altro il piacere di conoscere e con cui ho lavorato quando ero Ministro del lavoro, perché anche lei era Ministro del lavoro all'epoca, trovate (reperibile anche sul sito dell'ASVIS) le connessioni con i diversi obiettivi di sviluppo sostenibile.
Ma il punto rilevante, che oggi vorrei sottolineare per la vostra discussione, è la struttura della nuova Commissione. A ciascun vicepresidente e a ciascun commissario è stato dato l'incarico di realizzare i diciassette obiettivi, ognuno per la sua area. È come se il Presidente del Consiglio in Italia avesse mandato – come noi suggeriamo – una direttiva ai suoi Ministri dicendo: «Ministro del lavoro, tu sei responsabile degli obiettivi 8, per esempio, dell'Agenda; Ministro dell'ambiente, tu sei responsabile del 14, 15, e così via». Secondo passaggio. È stato introdotto un commissario alle disuguaglianze, perché uno degli elementi cruciali dell'Agenda è che non dobbiamo guardare solo alle medie ma anche alle composizioni, territoriali, ma anche nei gruppi socioeconomici. Lo slogan dell'Agenda è: «Nessuno sia lasciato indietro». Terzo aspetto. La Commissione nel suo complesso è responsabile per il conseguimento dell'Agenda 2030. Se posso permettermi, presidente, il mio suggerimento a tutti è parlare di Agenda «2030» e non «20-30», perché per i non esperti 20-30 sono due numeri che non si capisce che cosa siano: 2030, tutti capiamo che è un'Agenda per i prossimi dieci anni. Il commissario Gentiloni ha il compito di valutare gli avanzamenti e di coordinare l'azione della Commissione rispetto ai diciassette obiettivi e poi, punto cruciale, l'Agenda 2030 deve essere al centro di un nuovo semestre europeo. Questo è il punto chiave di una delle comunicazioni prima di Natale sull'«Annual Sustainable Growth Survey», perché la grande sfida è la coerenza delle politiche. Non so quanti di voi hanno visto l'analisi che ASVIS ha fatto l'anno scorso sulla legge di bilancio 2019: siete tutti invitati a partecipare all'evento del 26 febbraio in cui noi riprenderemo i mille commi della legge di bilancio e li analizzeremo tutti alla luce dei 169 target. Basta guardare il lavoro dell'anno scorso e si vede che alcuni degli interventi vanno nella direzione giusta, altri vanno nella direzione sbagliata.
Vorrei ricordare a questo proposito che ventuno dei 169 target sono al 2020, non al 2030. Ve ne cito tre: dimezzare il numero di morti per incidenti stradali rispetto al 2015. L'Italia si è impegnata – lo ripeto – a dimezzare il numero di incidenti stradali tra il 2015 e il 2020. Basta guardare il rapporto (c'è una sezione dedicata a questo) e si vede che il trend si è interrotto negli ultimi anni. Ridurre drasticamente il numero di giovani NEET, giovani che non studiano e non lavorano (oltre due milioni). Dotare tutte le città di piani per l'adattamento ai cambiamenti climatici e la gestione delle catastrofi ambientali. Capite la concretezza: si passa dai diciassette obiettivi ai 169 target. Tornerò a breve su questo. L'OCSE ha pubblicato recentemente delle raccomandazioni del Consiglio dell'OCSE su come assicurare la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile.
Se questo è il quadro complessivo, perché il vostro lavoro verrà fortemente impattato da tutto questo? Il nuovo Semestre europeo è una rivoluzione, potenzialmente, del modo con cui finora si è operato. Se volete vedere di più questo rapporto «Sustainable Equality» (uguaglianza sostenibile), che trovate anche in italiano sul sito della Progressive Alliance, descrive cosa potrebbe essere un nuovo Semestre europeo.
Andiamo alla slide successiva (vedi allegato, slide «La Comunicazione della CE»). La comunicazione della Commissione europea – io qui ho riportato i passi fondamentali – commette alcuni errori gravi, a Pag. 8mio parere, e contiene alcuni elementi fortemente impattanti per il vostro lavoro. Primo errore. Hanno chiamato questa una «Strategia annuale di crescita sostenibile» e non di «sviluppo sostenibile». La parola «crescita» continua a essere dominante nella discussione, non perché la crescita del PIL, dell'occupazione e così via non sia importante (è l'obiettivo 8 dell'Agenda), ma perché questo è il linguaggio usato per cinque anni dalla precedente Commissione. Questo è normale, perché i funzionari della Commissione che scrivono adesso i documenti sono gli stessi che li hanno scritti per cinque anni, quindi il passaggio culturale è ancora lento. Secondo aspetto, ed è il secondo punto. Nell'ultimo decennio il Semestre europeo si è dimostrato uno strumento per il coordinamento delle politiche, può quindi contribuire a guidarle verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Il riorientamento del Semestre europeo. Cosa vuol dire? Vuol dire finalmente che non avremo più l'«Annual Growth Survey» da cui parte tutto il lavoro: il 10 febbraio iniziano le analisi per Paese di questi elementi, non si guarderà solo la crescita, non si guarderà solo il deficit, non solo il debito, ma tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questo è un cambiamento epocale di prospettiva spiegato nella slide successiva. Prendendo le mosse delle relazioni per Paese, ogni Paese, quando prepara il DEF, il documento di economia e finanza, deve descrivere le azioni proposte non più secondo la vecchia nomenclatura ma secondo gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questo vuol dire che, se questa Commissione non conosce gli obiettivi, non sarà in grado di valutare il DEF. Questo è un cambiamento epocale. Abbiamo invocato – credo – tutti il superamento dell'approccio ragionieristico alle politiche europee, questo è l'effetto: il Governo deve presentare il DEF secondo i diciassette obiettivi, e a voi è chiesto di valutare il DEF secondo i diciassette obiettivi. In particolare il Piano nazionale di riforme.
Si spiega successivamente, nelle slide successive, perché questo non riguarda solo le politiche europee ma anche le politiche nazionali. Perché il Piano nazionale di riforma è preparato dai Governi, non dalla Commissione. In più, passaggio anche questo epocale, le raccomandazioni per Paese, le «Country specific recommendations», che vengono approvate dal Consiglio a giugno, non riguarderanno solo gli aspetti economici ma tutti i principali aspetti dello sviluppo sostenibile. E la legge di bilancio è, per ipotesi, disegnata per rispondere alle «Country specific recommendations». Di nuovo, se il Parlamento non ha chiaro, se il Governo non ha chiaro lo schema dell'Agenda 2030, come farà a valutare tutto ciò? E la Commissione europea, quando riceverà la legge di bilancio, da adesso in poi, non la valuterà soltanto alla luce del deficit o del debito, ma dovrà farlo anche alla luce dei diciassette obiettivi.
Capite che la dinamica politica cambia radicalmente, e dunque è necessaria una fortissima capacità di coordinamento delle politiche.
Qui mi avvio alla conclusione e segnalo alcuni punti che riguardano i temi ancora aperti. Qui spero che questa indagine conoscitiva aiuti il Parlamento e il Governo a esprimere nei prossimi due mesi – mi dispiace, i tempi sono molto stretti – l'orientamento da tenere su alcuni punti, da cui dipenderà tutto il processo. E mi riferisco a questa slide (vedi allegato, slide «Il nuovo semestre europeo») in cui segnalo i punti principali.
Primo problema, copertura. Il vostro gruppo politico è particolarmente interessato ad esempio al tema della delle emissioni di CO2 e gas climalteranti? È particolarmente interessato al tema delle disuguaglianze? È particolarmente interessato al tema dell'educazione? Se questi temi non sono presi in considerazione nell'«Annual Sustainable Growth Survey», le raccomandazioni di giugno non le prenderanno in considerazione. Il primo vero tema è il «coverage», l'ampiezza di queste analisi. Qui c'è una prima preoccupazione: che la Commissione o alcuni Paesi membri puntino a dare una spennellatina di verde a quello che già esiste. Già adesso si prendono in considerazione indicatori economici, sociali, ma l'idea di aggiungere un Pag. 9pochino di verde è una tentazione molto forte, che però non avrebbe questo respiro integrato delle politiche.
Il secondo aspetto riguarda lo schema analitico, perché lo schema analitico con cui si approccerà questo problema ha a che fare con il coinvolgimento delle diverse Commissioni, delle diverse formazioni del Consiglio e delle diverse Commissioni del Parlamento, europeo e nazionale. Qui avete una lista in cui si vede le formazioni del Consiglio (vedi allegato, slide «Coinvolgimento di Commissione, Consiglio e Parlamento»): Affari generali, Affari esteri, Agricoltura, eccetera. Si sta discutendo a livello europeo se si debba costituire una nuova formazione del Consiglio che metta insieme tutti questi pezzi. Il Parlamento europeo sta discutendo se deve creare una Commissione trasversale, che affronti tutte queste tematiche insieme, oltre alle tematiche settoriali che vengono considerate nelle singole parti del Parlamento e del Consiglio. Questa è una decisione importante che ha a che fare anche con il titolo di questo processo. Se il titolo è «Annual Sustainable Growth Survey», state sicuri che l'attenzione sarà concentrata sugli aspetti economici. Se sarà «Annual Sustainable Development Survey», allora anche gli altri aspetti entreranno in gioco.
La valutazione ex ante delle nuove iniziative (vedi allegato, slide omonima). Noi abbiamo dimostrato, nel rapporto 2017 con un modello più ampio ma simile a quello che il MEF utilizza per le simulazioni del DEF, che si possono integrare temi come l'energia, le disuguaglianze, il cambiamento climatico e così via, per cui mi aspetterei che il Parlamento si dotasse di strumenti del genere o chiedesse al Governo di dotarsi di strumenti del genere. Altrimenti la valutazione ex ante delle politiche resterebbe distorta, come è stato finora.
Infine ci sono temi che riguardano i dati, la loro disponibilità e la loro la tempestività (vedi allegato, slide «Dati e problemi politici»). Qui vorrei segnalare che l'Italia è all'avanguardia grazie ai lavori fatti dall'ISTAT. Ma l'Europa non è allo stesso livello dell'Italia. Vi faccio un esempio per tutti. Quando la Strategia «Europa 2020» fu preparata, alcuni Paesi si opposero all'elaborazione di un indicatore sulla povertà assoluta. Così che l'Europa oggi ha un indicatore sulla povertà relativa, non quella assoluta. Avendo un indicatore sulla povertà relativa, ad esempio il reddito di cittadinanza non avrebbe potuto essere attuato in Italia. Lo faccio come esempio per dirvi che l'elaborazione dei dati condiziona le politiche, quindi di nuovo qui il Governo e il Parlamento hanno un ruolo importante per orientare.
Concludo con il riferimento al coordinamento delle politiche nazionali, che non sono solo nazionali ma anche regionali, provinciali, comunali. Qui ci sono una serie di proposte, ne cito rapidissimamente tre. Come abbiamo scritto nel rapporto che avete, noi riteniamo che tutte le relazioni illustrative delle proposte di legge dovrebbero identificare gli impatti attesi, anche solo sul piano qualitativo, sui 169 target dell'Agenda. Lo abbiamo fatto noi, non si vede perché il Parlamento e il Governo non siano in grado di farlo. Ogni volta che c'è un nuovo provvedimento, per sapere se si va nella direzione giusta dovreste domandare al proponente qual è l'impatto atteso sui diciassette obiettivi e i 169 target, anche perché i nuovi fondi comunitari lo chiederanno. Tutti i fondi comunitari, dai fondi per le regioni, per l'innovazione e così via, chiederanno ai singoli progetti qual è l'impatto atteso sui diciassette goal e i 169 target. Non si vede perché le leggi possiamo approvarle senza farci questa semplice domanda.
Non è banale, perché in alcuni casi alcuni provvedimenti avranno effetti positivi su alcuni target e negativi su altri. Se io pompo la crescita economica e non faccio la transizione ecologica, emetterò più CO2; se io chiudo le centrali a carbone e non ho un'idea di come riutilizzare i lavoratori, mi cadrà l'occupazione e il PIL, mentre invece le emissioni andranno giù. Questa è la complessità a cui siete chiamati.
Il coinvolgimento del Parlamento, è la penultima slide. Qui ci sono delle proposte molto concrete. Primo, organizzare un dibattito annuale sullo stato dell'Unione europea e dell'Italia rispetto agli SDGs. Non è Pag. 10una sessione di bilancio naturalmente, ma un dibattito pubblico in cui si prendono posizioni attraverso mozioni, risoluzioni, ordini del giorno per orientare la politica in questa direzione. Secondo, la modifica del DEF e dei suoi allegati. Mi farebbe molto piacere che il Parlamento dicesse al Governo come vuole il DEF alla luce di tutto questo. La legge annuale sullo sviluppo sostenibile. Esiste una legge annuale sulla concorrenza, più o meno; esiste una legge annuale europea, più o meno – più o meno annuale, non sto criticando il resto – ma noi crediamo che, poiché il quadro è molto complesso, la pratica di cercare di utilizzare il veicolo che passa – per usare un termine parlamentare – per introdurre emendamenti su questo e quel tema, per quanto importanti, non sia il modo migliore di procedere.
La legge di bilancio di dicembre è un punto cruciale. Cosa sarebbe un'approvazione a giugno, a luglio, prima della chiusura, di una legge annuale sullo sviluppo sostenibile che inglobi tutti gli interventi regolamentari senza impatti finanziari in modo ordinato e non, appunto, con singoli provvedimenti.
L'uso degli SDGs nella codifica degli atti parlamentari. Il Parlamento europeo forse va in questa direzione, sarebbe molto semplice: questo consentirebbe di richiamare tutti gli atti alla luce dei diversi goal. Poi la formazione al personale e agli stessi parlamentari.
Mi fermo qui, ricordo soltanto la mozione che la Camera dei deputati ha approvato ad aprile 2019, dove molti di questi elementi erano già contenuti e adesso si tratta di realizzarli (vedi allegato, slide «Mozione di aprile 2019»).
PRESIDENTE. Grazie, professor Giovannini. Credo che iniziamo al meglio questa indagine conoscitiva. Gli argomenti sono tanti e – io dico anche finalmente – si dibatte in questa Commissione di questi argomenti che ci accompagneranno da qui al 2030.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.
FRANCESCO BERTI. Grazie, presidente. Ringrazio il professor Giovannini per aver spiegato con assoluta chiarezza la pragmaticità anche di questi obiettivi e come tradurli tramite le elefantiache, spesso, procedure parlamentari e governative in obiettivi misurabili, perché la parola deve essere misurabilità degli obiettivi. Senza misurabilità non si va da nessuna parte.
In riferimento ai venti obiettivi prioritari che sono individuati a pagina 89 del report, molti sono direttamente nella disponibilità degli enti locali. Penso agli incidenti stradali – per dirne uno –, ma anche alla mobilità urbana. Lo Stato in questo può fare, se mette in campo delle politiche che incentivano i Comuni a fare progetti in quel senso, anche perché la Costituzione giustamente assegna competenze diverse. I dati sugli incidenti stradali, li cito solo per dare una qualche numero: sono 172 mila in Italia, con 242 mila feriti e 3.300 vittime. Sono numeri importantissimi, anche con un calo non come quello che c'eravamo prospettati, perché dovrebbe essere un calo del 20 per cento in un anno (cosa che non succederà); poi quando a Roma noi facciamo questi ragionamenti, io torno sul territorio nel fine settimana e vedo che appena un sindaco prova a fare una modifica su una strada, associazioni, commercianti e l'opinione pubblica fanno valere il suo peso che è di resistenza al cambiamento. Quindi mi chiedo quali siano le strade per dare anche una semplicità nella comprensione di questi argomenti ai decisori pubblici locali, anche agli stakeholder locali che spesso vedono con resistenza questo cambiamento, che però è necessario. Penso anche solo alla misurabilità di alcuni obiettivi che devono essere strada per strada. Questa misurabilità però deve essere anticipata da una comprensione della bussola – come diceva il presidente – ma anche degli strumenti per raggiungere questi obiettivi.
FILIPPO SENSI. Grazie, presidente. Ringrazio il professor Giovannini per questa esposizione. Sono convinto che anche le raccomandazioni per il coinvolgimento del Parlamento potranno essere oggetto non solo di riflessione ma anche di azione concreta, Pag. 11 diretta da parte di tutti noi singolarmente, anche come esponenti di questa Commissione. Penso ad esempio alla richiesta, a proposito delle ultime slide illustrate, di una promozione di un dibattito annuale sullo stato degli SDGs sia nell'Unione europea che in Italia.
Vorrei chiedere una cosa specifica a proposito dei target, perché è un tema che mi sta molto a cuore e vorrei sentire la sua opinione. Parlando dei target, punto 16 e punto 10, si dice «Garantire un pubblico accesso all'informazione e proteggere le libertà fondamentali» – vasto programma, come si direbbe – le chiedo, siccome c'è un tema che è molto dibattuto e discusso, comincia a essere dibattuto e discusso anche in Europa, ed è quello della invasività di alcune tecnologie, in particolare penso a quella del riconoscimento facciale delle telecamere, noi siamo molto avanti rispetto ad altri contesti grazie al GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati), grazie alla nostra legislazione, però le chiedo se in qualche modo in questo target, quello della protezione delle libertà fondamentali, possa essere ricompresa anche la questione della disponibilità, proprietà, dei dati. E in che senso e in che misura il lavoro di ASVIS, il lavoro che ci attende ci può aiutare in questa direzione.
PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi, quindi lascio il tempo per le risposte al professor Giovannini, prego.
ENRICO GIOVANNINI, portavoce dell'ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile). Grazie, presidente. Parto proprio dalla seconda domanda e poi arrivo alla prima, perché in parte sono connesse. La bellezza dell'Agenda 2030 è che non ti dice cosa devi fare, ma dove devi arrivare. In altri termini, il nostro Paese si è impegnato a raggiungere quegli obiettivi, se poi li raggiunge attraverso certi strumenti di policy o altri strumenti di policy, questo spetta ai politici deciderlo. E naturalmente poi dovranno affrontare l'opinione pubblica. Questo vuol dire che c'è la necessità di bilanciare tantissime esigenze diverse, anche in funzione degli orientamenti politici prevalenti in un particolare Paese.
Il tema della proprietà dei dati può essere affrontato in diversi modi. In Italia per esempio, mentre altri Paesi hanno scelto di riferirsi al GDPR, il testo è stato ricopiato nell'ordinamento nazionale e, tra l'altro, in questa ricopiatura con qualche forzatura coerente con l'approccio che il Garante della privacy ha avuto in Italia di particolare difesa della privacy, anche rispetto a un tema che conosco un po’ meglio: l'uso dei dati per l'analisi, per la statistica. Quindi certamente rientra, ma spetta a ogni Paese trovare il giusto equilibrio.
Mi fa piacere quello che lei ha detto a proposito del dibattito. Se posso permettermi, il momento ideale di questo dibattito è febbraio, marzo al massimo, perché è il momento in cui il Governo prepara il DEF. Qualsiasi dibattito che arriva dopo, di fatto fa perdere un anno. E poiché noi ne abbiamo persi cinque con la disattenzione a questi aspetti come Italia, il mio invito – se volete raccogliere questo suggerimento – è di programmarlo subito. Non a caso a febbraio è prevista la pubblicazione del rapporto che dovrebbe valutare l'impatto della legge di bilancio sugli indicatori BES (benessere equo e sostenibile), che poi sono molto simili a quelli degli SDGs. Quindi febbraio è un momento chiave.
Vengo al tema degli enti locali, e parto dall'esempio che lei ha fatto, onorevole, sui limiti di velocità. Si sta discutendo, almeno sui media, dell'idea di alzare i limiti di velocità. Quella sarebbe una decisione del Parlamento, non del singolo. Invito tutti a riflettere su questo aspetto. Anche perché, facendo un'analisi un po’ più dettagliata, si capisce che, se andiamo alla pagina in cui si vede il grafico del rapporto sull'andamento dei morti per incidenti stradali, c'è stata una forte discesa e poi ci si è fermati sostanzialmente. La forte discesa è stata dovuta al combinato disposto di norme più restrittive e al miglioramento degli autoveicoli, che però hanno dei limiti: l'introduzione degli airbag, l'uso delle cinture, il casco e così via. Il tema è che da sola questa cosa non migliora, perché abbiamo raggiunto, grazie all'innovazione tecnologica e produttiva, il limite. Quindi, se uno vuol prendere seriamente quell'impegno, Pag. 12deve immaginare qualcosa di diverso. Questa è la forza degli SDGs, di pórti la domanda «sì, ma come faccio io a raggiungere quegli obiettivi?». E l'eventuale discussione sull'aumento dei limiti di velocità – qualcuno direbbe – va nella direzione opposta.
Parliamo dei pedoni? Nelle scorse settimane l'opinione pubblica si è molto concentrata sulle due ragazze uccise – tra l'altro in una zona che conosco molto bene: il tema è l'illuminazione, è il funzionamento della segnaletica, al di là dei comportamenti eventualmente illeciti dei guidatori o dei pedoni, e sappiamo quanta poca manutenzione sulle strade noi stiamo facendo. Vede come tutto è collegato. Gli incidenti in moto, motorini, eccetera, adesso, con lo sviluppo delle biciclette a pedalata assistita o dei monopattini: se si finisce in buche particolarmente rilevanti, è chiaro che il numero di incidenti potenzialmente mortali aumenterà. Quindi – come vede – il tema delle infrastrutture e la qualità della nostra rete viaria è strettamente connesso a questi aspetti. Ecco dove la coerenza delle politiche va ricercata, ma lei giustamente ha fatto riferimento al fatto che molte politiche dipendono non dallo Stato ma dalle regioni e dagli enti locali. Il Governo «Conte 1» ha avviato un'iniziativa importante, ribadita proprio prima della caduta del Governo, cioè il Ministero dell'ambiente ha spinto, attraverso un bando con 4 milioni di euro, tutte le regioni a sviluppare le loro strategie regionali di sviluppo sostenibile, e con un bando di agosto 2019 ha messo altre risorse su questa iniziativa e ha preso un'iniziativa analoga per le Città metropolitane. In base agli accordi fatti con il Ministero dell'ambiente entro giugno tutte le regioni dovrebbero compilare le proprie strategie regionali di sviluppo sostenibile. Lo stanno facendo, non lo stanno facendo? Noi stiamo tentando di monitorare tutto questo, ma questi sono temi da Conferenza unificata in cui il Governo dovrebbe porre questa tematica e discutere di come si coordinano le politiche nazionali, regionali, cittadine. Il Governo «Conte 2» ha messo nelle sue priorità l'Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile, che abbiamo sviluppato noi. Questa è una delle nostre proposte – e c'è anche una pubblicazione ad hoc, se siete interessati, è disponibile sul sito ASVIS – che mette insieme le responsabilità dei Comuni tagliando trasversalmente diciassette obiettivi. Per esempio sull'educazione un pezzo importante è nelle competenze dei Comuni, ma poi dello Stato naturalmente, e, se c'è devoluzione, anche potenzialmente delle regioni. Sul sito ASVIS c'è una matrice che mostra, per i 169 target, chi ha competenza prevalente a livello nazionale e regionale, cittadina.
Adesso non entro nei dettagli, ma questo ci fa capire che, grazie al lavoro che abbiamo fatto in questi quattro anni, c'è molto materiale disponibile. Se la politica vuole prendere seriamente, come l'Europa ha deciso di prendere seriamente, l'Agenda 2030, non si parte da zero, ma va tradotta in atti politici di coordinamento delle politiche concreti. Altrimenti si rischia di restare un po’ astratti.
PRESIDENTE. Grazie, professore è stato veramente illuminante. Sicuramente si lavorerà per andare in questa direzione, questo è uno dei compiti che ci aspetta anche per salvaguardare le generazioni future.
La ringrazio, professore, anche per la documentazione presentata, di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.05.
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