XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 33 di Martedì 26 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Carabetta Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti di Nomisma Energia.
Carabetta Luca , Presidente ... 3 
Tabarelli Davide , Presidente di Nomisma Energia ... 3 
Benamati Gianluca , Presidente ... 5 
Tabarelli Davide , Presidente di Nomisma Energia ... 5 
Benamati Gianluca , Presidente ... 6 

Audizione di rappresentanti di HERA Spa:
Benamati Gianluca , Presidente ... 6 
Vai Massimo , Direttore centrale strategia, regolazione ed enti locali di HERA spa ... 7 
Benamati Gianluca , Presidente ... 10 
Galli Dario (LEGA)  ... 10 
Benamati Gianluca , Presidente ... 11 
Vai Massimo , Direttore centrale strategia, regolazione ed enti locali di HERA SPA ... 12 
Benamati Gianluca , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  La seduta comincia alle 10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Nomisma Energia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Nomisma Energia.
  Nel dare la parola al presidente Davide Tabarelli, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  DAVIDE TABARELLI, Presidente di Nomisma Energia. Grazie, Presidente. È un onore essere in questa sede a dare un contributo per fare politica energetica. L'energia è uno degli elementi – come dice il documento introduttivo dell'indagine conoscitiva di questa Commissione – fondamentale per lo sviluppo umano, l'economia e ha bisogno di grandi sistemi e di grande organizzazione sociale e politica.
  Parlerò per dieci minuti del contesto in cui si inserisce la crescita, l'Italia e questo Piano nazionale integrato energia e clima; passerò successivamente agli obiettivi di decarbonizzazione dell'Italia e di crescita delle rinnovabili; mi soffermerò su alcune caratteristiche del nostro sistema energetico colpito da una grave crisi economica; il problema delle intermittenti che tutti noi vorremmo più sviluppate, cioè solare e fotovoltaico; abbiamo una strutturale dipendenza dall'importazione di energia che merita attenzione, però la cosa più importante che vale per tutta la storia dell'energia dell'Italia degli ultimi cinquant'anni, ma anche prima, è la competitività dei prezzi che va peggiorando. Questo è il contesto globale. L'Italia è la settima, ottava potenza, è al centro del Mediterraneo, è uno dei Paesi più importanti d'Europa, ha fatto la storia della tecnologia ed è tuttora importante.
  A livello globale la domanda di energia cresce incessante per la prima ragione: la popolazione, 7,6 miliardi, andiamo verso i dieci; l'80 per cento di questa domanda è ancora da fonti fossili, soprattutto petrolio al primo posto, seguito da carbone e gas insieme. Il carbone però continua a crescere. Carbone che è uno dei punti qualificanti della nostra Strategia energetica nazionale, che ha poi portato a questo Piano. Le fonti rinnovabili nuove, quelle su cui anche noi cerchiamo di insistere, a livello globale non superano il 2 per cento e, se tutto va bene, raggiungeranno il 10 nei prossimi anni. Tutto ciò che non è fossile fa molta fatica in giro per il mondo.
  Nel grafico della documentazione scritta consegnata alla Commissione sono riportati gli obiettivi di decarbonizzazione dell'Italia: ci sono poi le emissioni di CO2 che erano in salita fino al 2015, poi c'è stato un Pag. 4grande cambiamento, una rottura, determinata soprattutto dalla crisi economica. Più efficienza energetica e anche più rinnovabili. Noi abbiamo ampiamente rispettato gli obiettivi di Kyoto, di cui non parliamo più, il protocollo del 1997. Io riconosco che non avrei mai detto che ci saremmo arrivati, per il fatto che non era prevedibile la crisi economica. Tuttavia gli sforzi che sono stati fatti sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica sono straordinari.
  Ricordo che l'Italia conta per l'1,3 per cento delle emissioni globali e nessuno in Europa ha fatto quanto noi. Noi siamo insieme alla Germania, ma quest'ultimo è un Paese molto più ricco dell'Italia. Gli obiettivi al 2030 sono relativamente facili da raggiungere. Due obiettivi fondamentali che emergono anche dal PNIEC: uno è quello della decarbonizzazione, che abbiamo visto; l'altro è quello delle rinnovabili.
  Nel grafico relativo della documentazione scritta è riportato l'andamento delle rinnovabili come percentuale sul totale, che è poi l'obiettivo di consumi di energia. Abbiamo anticipato di parecchio gli obiettivi: l'obiettivo del 17 per cento è stato raggiunto nel 2015, con cinque anni di anticipo. Questo risultato non è stato gratis, per cui insisterò molto, come richiede anche il documento introduttivo, sulle tre componenti: competitività, sicurezza e decarbonizzazione (ambiente). C'è stato uno squilibrio nello sforzo verso l'ambiente in questi anni.
  Raggiungere il 32 per cento sarà compito arduo, come farò vedere successivamente.
  Un po’ di tecnicismi. L'intensità energetica, cioè il contenuto di energia per unità di PIL. Questo Paese consumava molto energia, relativamente meno rispetto ad altri Paesi. Siamo già un Paese molto efficiente per varie ragioni. Noi stiamo cercando, con il nostro nuovo PNIEC, di ridurre l'intensità energetica del 2 per cento all'anno, una riduzione dell'ordine di quella che abbiamo avuto durante le crisi energetiche. Ma noi non abbiamo tutti questi spazi attualmente di inefficienze e soprattutto – speriamo – non abbiamo degli shock di prezzo come ci sono stati in questi anni. Il che vuol dire che potremo raggiungere questo obiettivo o con rotture tecnologiche, che però non si intravedono, oppure con impoverimento del Paese.
  Nel grafico è evidenziato lo scenario e il passato dal 1950 dell'Italia, un Paese dominato, come tanti altri nel mondo, dagli idrocarburi, petrolio e gas. È riportato lo sforzo che stiamo facendo sulle rinnovabili, che vedremo più avanti. In particolare si può vedere un focus sulle rinnovabili. Sottolineo l'idroelettrico, che chiamavamo «carbone bianco» una volta, e le bioenergie. Nel grafico è evidenziato il nuovo, le rinnovabili elettriche intermittenti, che dovremo nel PNIEC far esplodere, cosa che sarà estremamente difficile.
  Un successivo grafico è dedicato a una focalizzazione su quello che abbiamo già visto prima. La crescita degli ultimi ventitré anni è stata ottenuta per lo più grazie alle bioenergie, le biomasse, soprattutto legna, che non sono proprio pulitissime. La metà è stato ottenuto con eolico e solare. Il futuro nei prossimi dieci anni dovrebbe essere tutto solare e fotovoltaico. Questo ve l'hanno detto tutti. Sarà uno sforzo immane, che andrà a creare grossi stress sul sistema elettrico, il sistema nervoso del nostro Paese.
  Chiudendo questa parte sulla struttura, passo, sempre con l'ausilio dei grafici della documentazione scritta, al tema della sicurezza. Si può vedere come la dipendenza energetica dell'Italia dall'estero rimane sostanzialmente immutata. C'è stato un importante calo grazie alle rinnovabili, ma – insisto – grazie anche all'impoverimento dei consumi energetici che sono crollati. Però siamo sempre intorno al 76 per cento. Un sistema energetico estremamente fragile esposto a un'instabilità dei mercati, in particolare del petrolio. Per fortuna i prezzi del petrolio adesso sono deboli, e lo saranno nei prossimi anni grazie soprattutto agli Stati Uniti e a questa bruttissima cosa che chiamiamo fracking, che ambientalmente è molto invadente.
  L'ultima slide della documentazione, prima delle conclusioni, è sulla competitività. La competitività dei prezzi in Italia è Pag. 5sempre stata negativa, abbiamo dei prezzi più alti rispetto al resto d'Europa, ma è magra consolazione il fatto che i prezzi in Europa vanno aumentando per questo tentativo di decarbonizzazione che stiamo facendo. Stiamo perdendo competitività nella nostra industria nei confronti di Stati Uniti e Cina, che hanno prezzi che sono la metà o un terzo dei nostri. All'interno dell'Europa chi è messo peggio è l'Italia.
  Vado alle conclusioni. Nel mondo crescono i consumi di fonti fossili e le emissioni di CO2; l'Italia ha già fatto tantissimo sulla decarbonizzazione e sull'aumento del fronte rinnovabili, in passato questa crescita è stata ottenuta grazie soprattutto alle bioenergie, cioè legna e biomasse, cosa che adesso non è più consentito fare; poggiare il futuro sulle rinnovabili intermittenti implica una rivoluzione che tutta Europa sta facendo, ma avrà dei grossi costi sul sistema elettrico, sulle tariffe. Questo crea dei problemi di competitività. Poi i consumatori finali sono anche disposti a fare di più sull'ambiente e pagare qualcosa di più. L'importante sarebbe evitare di fare i primi della classe per peggiorare il nostro sistema industriale, senza dimenticarci della questione sicurezza, perché siano sempre dipendenti dall'estero per oltre il 75 per cento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIANLUCA BENAMATI

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento, pongo io un paio di questioni al professor Tabarelli. Il tema dei costi è certamente uno dei temi essenziali, anche se discutiamo spesso di quanto è importante, rispetto al nostro Paese e, naturalmente nell'ambito dell'Unione europea – poi l'Unione si confronta con il resto del mondo – il differenziale di costo dell'energia rispetto ad altri Paesi manifatturieri come la Germania e la Francia. Lei ritiene che l'andamento dei prezzi nei prossimi dieci anni, perché stiamo facendo una proiezione fino al 2030, in presenza di uno sforzo congiunto anche di altri Paesi, come la Germania e in parte la Francia, possa portare a una chiusura di quella forbice, di quel gap che ha caratterizzato l'Italia per molti anni, per il fatto che anche gli investimenti sulle rinnovabili dovrebbero essere meno a carico delle bollette dopo il 2022, 2023? E, se questa forbice non si dovesse chiudere, quali potrebbero essere le ragioni e anche le misure da mettere in atto per ridurre questo gap, considerando anche le azioni che vanno intraprese a Bruxelles per portare tutti su questa strada?
  La seconda questione è come vede il tema dell'uso del gas come elemento di transizione nella fase da qui al 2030 rispetto alla fuoriuscita del carbone, rispetto anche alla questione della diversificazione delle forniture, considerando che l'Algeria e i sistemi del Nord Africa, come anche la Libia, tenderanno a diminuire. Quindi considerando pure una politica di decarbonizzazione spinta quale quella che il PNIEC mette in campo fino al 2030, i consumi di gas sono e rimarranno ad un certo livello, anche perché facendo uscire il carbone, che è l'elemento tecnicamente più fastidioso dal punto di vista della carbonizzazione, e dal punto di vista della sicurezza e dal punto di vista dei costi ritiene che siano necessarie nuove rotte, nuovi fornitori e misure particolari, per esempio, per abbattere i costi del mercato interno rispetto al Nord Europa?
  Approfitto del professor Tabarelli, perché questa è una delle poche audizioni nelle quali parliamo della proiezione dei costi.
  Do la parola al professor Tabarelli per la replica.

  DAVIDE TABARELLI, Presidente di Nomisma Energia. Noi di mestiere facciamo previsioni, redigiamo dei rapporti di previsione dei prezzi del petrolio, a seguire del gas e dell'elettricità, su cui facciamo fatica ultimamente perché c'è stabilità e debolezza. Pertanto, in prospettiva, le cose vanno molto bene per i consumatori, in particolare per i Paesi consumatori come l'Italia, perché c'è abbondanza di energia in questo momento, grazie soprattutto agli Stati Uniti che hanno raddoppiato la produzione di petrolio e quasi altrettanto per il gas, e la stanno esportando. Stanno esportando molto Pag. 6gas verso l'Europa e questo è collegato al secondo punto, quello dei prezzi, e questo mantiene i prezzi dell'elettricità relativamente bassi verso il 2020, all'inizio del nuovo decennio.
  Tornando indietro sul problema del distacco, i prezzi dell'Italia sono più alti rispetto al resto d'Europa, ma questa differenza si è un po’ ristretta. La Germania ha fatto uno sforzo relativamente più alto: loro spendono circa 28 miliardi di euro all'anno in incentivi sulle rinnovabili, noi siamo intorno ai 12. Però il loro PIL è cresciuto incessantemente negli ultimi anni, il nostro PIL pro capite è più basso del 2008. È un Paese, il nostro, che purtroppo si è andato impoverendo. I tedeschi alla loro industria, a quella grande, hanno ridotto i prezzi dell'energia elettrica. Cosa che abbiamo fatto noi anche in Italia, ma in ritardo, nell'industria ad alta intensità energetica. Però noi abbiamo una piccola e media impresa che è – come si dice sempre – la spina dorsale di questo Paese, che paga dei prezzi dell'energia più alti di un 20/30 per cento. Dico energia elettrica. Poi sul gas la cosa è un po’ diversa.
  Non dimentichiamoci un'altra cosa di cui si è dibattuto in altre Commissioni: la tassazione sull'energia in Italia, come dicono le statistiche di EUROSTAT, è una delle più alte. Perciò anche quando parliamo di sussidi alle fonti rinnovabili o sussidi alle fonti fossili o incentivi alle rinnovabili, dobbiamo guardare il peso che è già molto alto, e la fiscalità va a determinare prezzi più alti. Però tendenzialmente l'abbondanza di energia che si prospetta, soprattutto di gas, aiuta a tenere i prezzi più bassi. Gli incentivi dovrebbero sparire, perché le fonti rinnovabili hanno avuto uno straordinario abbattimento dei costi, però sono gli investimenti sulle reti che saranno necessari. TERNA dovrà fare degli investimenti, e l'esempio tipico per tutta Europa è quello della Sardegna. E andiamo sul secondo punto: l'abbandono del carbone. Alla Sardegna occorrono delle centrali a gas. Il sistema che abbiamo messo in piedi, questo mercato della capacità per andare incontro all'intermittenza, ha fatto vedere che la nuova capacità, come è accaduto anche in Gran Bretagna, che si vuole costruire per compensare il fotovoltaico e l'eolico è tutta gas. E ricordo a favore del gas che, oltre a tenere bassi i prezzi, è attualmente in Europa l'azione più efficace negli ultimi quindici anni per contenere la forte crescita a livello mondiale delle emissioni di CO2 che, ricordo, dal 1992, quando c'è stato il primo vertice sulla terra a Rio de Janeiro, sono aumentate di più del 50 per cento. L'azione più efficace è stata l'abbondanza di gas negli Stati Uniti che ha consentito di sostituire il carbone. L'efficientamento sotto il profilo carbonico che abbiamo avuto in Europa, che si vede in Italia, l'abbiamo fatto grazie alla costruzione dei cicli combinati a gas che hanno sostituito l'olio combustibile nelle nostre centrali.
  Cosa potremo fare in futuro di più. Una critica – che vuole essere ovviamente costruttiva, l'Ente nazionale idrocarburi (ENI) è stato costituito a livello istituzionale e rimane tuttora la società la cui maggioranza è posseduta dallo Stato –, è sulla produzione nazionale. Noi abbiamo enormi riserve di gas oltre che di petrolio; nei prossimi dieci anni – come dice anche il PNIEC – avremo grande dipendenza ancora da gas, e il gas è più pulito, consente nella produzione elettrica di abbattere di più della metà le emissioni di CO2, e la produzione nazionale aumenta la sicurezza, aumenterebbe l'offerta riducendo i prezzi, contenendo la differenza di prezzo del gas rispetto a quello della Germania che è molto più basso.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Tabarelli di Nomisma Energia.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
di HERA spa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di HERA spa. Pag. 7
  Saluto il dottor Massimo Vai, direttore centrale strategia, regolazione ed enti locali, e il dottor Stefano Verde, responsabile pianificazione strategica e policy making.
  Nel dare la parola al dottor Vai, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva e gli chiederei di contenere la relazione in dieci minuti, in modo da consentire ai deputati la possibilità di formulare eventuali domande.

  MASSIMO VAI, Direttore centrale strategia, regolazione ed enti locali di HERA spa. Anzitutto intendo esprimere un ringraziamento alla Commissione per questo invito, che abbiamo ricevuto per fornire il nostro contributo su un tema così rilevante quale la Strategia energetica che interesserà il nostro Paese nel corso del prossimo decennio.
  Abbiamo preparato una memoria che depositeremo in questa sede e una breve presentazione che commenterò quest'oggi, con l'obiettivo di fornirvi alcune nostre valutazioni di merito sulla proposta di Piano nazionale integrato energia e clima – che da ora, per semplicità, chiamerò Piano nazionale – e di rappresentarvi alcuni esempi di azioni che il gruppo HERA ha già attivato per indirizzare il tema della decarbonizzazione.
  Brevemente due parole sul gruppo HERA. Il gruppo HERA è una multiutility che è quotata in Borsa dal 2002, opera prevalentemente in Emilia-Romagna, nel Triveneto e nel nord delle Marche; dal marzo di quest'anno è entrata a far parte dell'indice FTSE MIB e oggi ha una capitalizzazione di mercato di circa 6 miliardi di euro; è tra i leader nazionali di settore nella distribuzione e vendita di energia elettrica e gas, nel servizio idrico e nei servizi ambientali. Grazie ai suoi circa novemila dipendenti e a una dotazione impiantistica di primo piano, il gruppo oggi fornisce servizi a quasi quattro milioni e mezzo di cittadini.
  Tradizionalmente il gruppo è attento al tema della sostenibilità ambientale e si pone come interlocutore qualificato per rispondere alle sempre più urgenti esigenze dettate dal cambiamento climatico. Quest'ultimo ha reso e renderà necessario un più deciso intervento da parte del decisore pubblico anche in campo energetico, anche alla luce degli orientamenti della nuova Commissione europea verso il green new deal.
  All'interno di questa cornice le nuove linee di indirizzo strategico che deriveranno dal Piano nazionale o da sue future evoluzioni dovranno necessariamente attivare tutte le leve a disposizione per contrastare i repentini cambiamenti climatici, che colpiscono sempre più duramente il nostro Paese. Su questo basti pensare alle immagini che abbiamo visto nelle ultime due settimane di eventi calamitosi che hanno colpito la penisola.
  L'evoluzione dell'assetto energetico nazionale deve svilupparsi secondo una pianificazione coordinata e d'insieme, in grado di disegnare soluzioni proporzionate in una logica di bilanciamento costi/benefici e capace di contemperare gli obiettivi in termini di tre elementi: la sostenibilità ambientale, la sostenibilità economica e la sicurezza energetica.
  In un simile contesto riteniamo che la proposta di un Piano nazionale italiano costituisca sicuramente una buona base di partenza per il sistema Paese, tuttavia le misure che abbiamo visto descritte nel documento potrebbero, a nostro avviso, non essere sufficienti a rispondere alle sfidanti esigenze climatiche e di competitività nazionale di lungo periodo che abbiamo davanti. Quindi cogliamo questa occasione per formulare alcune osservazioni di merito su aspetti che riteniamo essere rilevanti.
  Adesso svilupperò per quattro punti i nostri principali commenti sul Piano nazionale.
  Il primo tema sul quale ci soffermiamo è quello dell'efficienza energetica, che è ormai considerata a tutti i livelli un elemento chiave per indirizzare gli obiettivi della decarbonizzazione. A nostro avviso alcuni aspetti andrebbero ricalibrati nel Piano nazionale e dovrebbero essere tenuti in debito conto, anche in una logica di lungo periodo. Rispetto a quanto previsto Pag. 8nel Piano nazionale le previsioni di finanziamento dei diversi meccanismi di supporto all'efficienza energetica possono essere meglio allocate in funzione del rapporto costo/efficacia per il sistema. La coesistenza di una pluralità non eccessiva di politiche incentivanti è senza dubbio apprezzabile e coerente con gli obiettivi comunitari, ma non tutte le misure incentivanti, individuate dal Piano nazionale, esibiscono lo stesso livello di costo/efficacia per la collettività. Lo vedete rappresentato nella relativa slide della documentazione scritta.
  Il meccanismo dei certificati bianchi è risultato essere l'incentivo più performante nell'ultimo decennio in termini di efficienza energetica generata per il sistema e di misurabilità della stessa. È tuttora considerato un fiore all'occhiello a livello europeo. Malgrado queste ottime performance il Piano nazionale riserva a tale meccanismo un ruolo di secondo piano, se esaminiamo la distribuzione delle risorse pubbliche che vengono allocate ai vari sistemi di supporto. Il documento riserva infatti solo 6,8 miliardi di euro a questo strumento, a fronte di quindici milioni di tonnellate equivalenti di petrolio di risparmi energetici attesi al 2030. Questo è pari a circa il 25 per cento in meno rispetto ai risparmi generati nel corso dell'ultimo decennio da questo strumento. Contestualmente vengono destinati ingenti risorse, 45 miliardi, alle detrazioni fiscali, da cui però ci si attende un risparmio energetico al 2030 pari a diciotto milioni di TEP. Quindi il confronto tra risorse pubbliche dedicato alle due misure appare marcatamente sproporzionato, se si pensa che, a fronte di una spesa di quasi sette volte superiore, la differenza di risparmio atteso è pari a solo tre milioni di TEP e che nel decennio appena trascorso le detrazioni fiscali hanno generato un risparmio energetico pari alla metà di quello conseguito grazie ai certificati bianchi. Analogo ragionamento può essere fatto per il conto termico. Quindi riteniamo che gli importi destinati a ciascuna delle misure individuate andrebbero ricalibrati a favore del meccanismo più efficace per alimentare una transizione efficiente.
  La comprovata efficienza del sistema dei certificati bianchi deve essere poi ricostituita con azione sul lato dell'offerta e della domanda. Malgrado i comprovati benefici apportati al sistema il meccanismo dei certificati bianchi si è trovato a dover fronteggiare negli anni più recenti una scarsa accettazione dei progetti industriali in grado di generare i titoli. Ciò ha comportato a cascata una contrazione della liquidità del mercato e, a seguire, una lievitazione dei prezzi dei titoli. Senza entrare nel merito delle cause che hanno generato una simile situazione, riteniamo che il meccanismo debba essere messo nella condizione di esprimere le eccellenti performance di efficienza energetica del passato. Un simile risultato è conseguibile tornando all'impostazione che contempli l'apertura del sistema dei certificati bianchi a tutte le tecnologie idonee a conseguire un risparmio energetico misurabile a consuntivo, incluso ad esempio il teleriscaldamento. Ciò permetterebbe di migliorare in modo rapido e semplice la liquidità del mercato, senza stravolgere un meccanismo che si è rivelato estremamente efficace.
  In conclusione sul tema dell'efficienza energetica ci preme fare un breve richiamo al ruolo che può essere giocato anche dalle misure comportamentali finalizzate al cambiamento delle abitudini degli utenti, ambito in cui il gruppo HERA ha maturato una discreta esperienza. Grazie ad esempio al semplice inserimento di un servizio di reportistica nelle bollette per sensibilizzare i clienti sui propri consumi energetici, siamo riusciti a coinvolgere centocinquantamila utenze, ottenendo un risparmio pari a circa ottocento TEP. Preso atto della rilevanza dei risultati conseguiti rispetto allo sforzo – lasciatemi dire – minimo messo in campo, abbiamo dato il via a una collaborazione con il Politecnico di Milano per la realizzazione di un progetto pilota finalizzato alla costruzione di ulteriori misure comportamentali da applicare al business dell'energia, ma da estendere anche ai servizi del ciclo idrico e dell'ambiente.
  Il secondo punto sul quale vogliamo stimolare una riflessione riguarda le tecnologie innovative e i vettori energetici puliti Pag. 9 da mettere a servizio della decarbonizzazione. Gli obiettivi ambiziosi impongono un ricorso completo sia alle fonti rinnovabili elettriche che all'uso di gas rinnovabile e pulito. Ricordiamo che oggi l'utilizzo del gas naturale risponde a specifiche esigenze industriali o di comfort termico residenziale, sfruttando le caratteristiche di tale vettore e la capillarità della rete di distribuzione del gas italiana, considerata un'eccellenza a livello europeo. Inoltre la rete del gas nazionale è un asset che è già stato ammortizzato dalla collettività e che, se adeguatamente utilizzato per vettoriare gas pulito, potrebbe ridurre il necessario ammontare di ulteriori investimenti per il sistema nazionale, a vantaggio dei cittadini e della competitività delle imprese. La coesistenza e lo sviluppo integrato del vettore elettrico e del vettore gas, il cosiddetto sector coupling, è quindi un'evoluzione ormai tracciata anche a livello europeo che consente di massimizzare il potenziale di decarbonizzazione, limitando il costo sociale della transizione alle rinnovabili. Un tipico esempio di sector coupling è rappresentato dalla tecnologia power-to-gas in grado di convertire dapprima in idrogeno e successivamente in metano di sintesi l'eccesso di produzione di energia rinnovabile, che per sua natura è intermittente e che altrimenti andrebbe dispersa, in quanto ad oggi ancora non facilmente stoccabile in quantità rilevanti e a costi sostenibili. Tale tecnologia è anche in grado di stoccare l'energia rinnovabile prodotta in eccesso sotto forma di idrogeno o gas di sintesi, garantendo l'equilibrio e la sicurezza dei sistemi elettrico e gas. Se guardiamo sotto questa dimensione, quindi, gli indirizzi prospettati dal Piano nazionale, non possiamo che esprimere la sensazione che il documento non dia sufficiente spazio alle misure attuative necessarie per sostenere lo sviluppo del sector coupling e di una filiera industriale adeguata, per la quale riteniamo imprescindibile lo sviluppo di una regolazione e incentivazione che ne favorisca la ricerca e l'applicazione industriale.
  Il terzo aspetto sul quale ci soffermiamo riguarda il mercato retail e il superamento del regime di tutela elettrica, a partire dal luglio 2020. Pur accogliendo con favore tale prospettiva, riteniamo che la transizione verso il mercato libero debba avvenire con la maggiore consapevolezza possibile in termini di contendibilità tra operatori, solidità finanziaria degli stessi e garanzie di qualità del servizio per i clienti finali. In attesa di un compiuto quadro di normativa primaria in grado di disciplinare questo delicato momento di transizione, sono condivisibili gli orientamenti di ARERA che prevedono l'affidamento mediante gara di un servizio di salvaguardia a beneficio di partite IVA e clienti finali domestici in uscita dal mercato di maggior tutela. Un simile processo deve però indirizzare in modo chiaro almeno due criticità: le modalità di gestione delle procedure di gara in termini di tempistiche per la formulazione delle offerte e di qualità del dato trasferito dal fornitore uscente all'aggiudicatario della gara, e la gestione delle complessità gestionali per gli operatori, perché ricordiamo che le informazioni oggetto di migrazione massiva riguarderanno complessivamente circa venti milioni di clienti. Risulta quindi estremamente importante garantire che le operazioni si svolgano con la necessaria gradualità, introducendo fin da subito un decreto attuativo che identifichi fasi, procedure e responsabilità degli attori coinvolti in questo processo. Non ultima per importanza segnaliamo la necessità di un'adeguata campagna di sensibilizzazione del cliente finale in merito all'accesso al mercato libero.
  Il quarto e ultimo punto sul quale ci soffermiamo è quello relativo alla necessaria complementarietà tra risparmio energetico e risparmio delle risorse, in una logica più ampia di economia circolare. Per massimizzare i risultati la risposta all'emergenza climatica non può infatti essere limitata agli obiettivi di decarbonizzazione del settore energetico, perché questo rappresenta il 55 per cento delle emissioni climalteranti globali, ma deve essere estesa all'intero settore industriale. Un tipico esempio di circolarità applicato alla filiera energetica è rappresentato dal biometano, tecnologicamente già maturo e immediatamente utilizzabile. Sempre a titolo di fornirvi qualche esempio di attività che stiamo Pag. 10facendo, poco più di un anno fa abbiamo inaugurato a Sant'Agata Bolognese un impianto di biodigestione anaerobica, che è in grado di produrre e reimmettere nella rete nazionale del gas ogni anno circa sette milioni e mezzo di metri cubi di biometano, che viene ricavato dai rifiuti organici raccolti in modo differenziato nella provincia di Bologna. Quindi chiudendo il circolo della raccolta differenziata dell'organico, trasformandolo in biometano.
  Se da un lato però la filiera industriale appare pronta a cogliere le opportunità legate al biometano, il Piano nazionale pare sottostimare il potenziale di produzione dello stesso al 2030. Poiché già la SEN 2017 puntava su una produzione di biometano al 2030 pari a otto miliardi di metri cubi, ci appare in particolar modo limitativo far coincidere il potenziale di biometano da dedicare ai trasporti con quello già previsto dal vigente regime incentivante, pari a circa 1,1 miliardi di metri cubi annui, comunque destinato a cessare nel 2022. Riteniamo che le prospettive per il biometano siano invece ben più favorevoli, in particolare ove venga esteso l'orizzonte temporale dei regimi incentivanti e rimosse alcune incertezze di natura autorizzativa. Ci riferiamo in particolare alle recenti vicende sull’end of waste.
  Come ulteriore esempio di applicazione delle logiche di circolarità sottolineiamo l'importanza del ruolo che può essere coperto anche dai biocarburanti. Sempre con l'obiettivo di fornirvi alcuni esempi di successo, ci piace sottoporvi una partnership che abbiamo avviato lo scorso anno con il gruppo ENI per la produzione di green diesel a partire da oli vegetali esausti, raccolti nei nostri territori. L'obiettivo è l'utilizzo di tale biocarburante nei nostri mezzi dell'igiene urbana in sostituzione dei carburanti tradizionali.
  In conclusione – e chiudo il mio intervento – quattro punti. Esprimiamo sicuramente un vivo apprezzamento nel complesso per quanto prospettato nella proposta di Piano nazionale al 2030, ritenendolo una buona base di partenza per rispondere alle imminenti esigenze di decarbonizzazione; tuttavia riteniamo necessario che la Strategia energetica del Paese agisca tutte le leve disponibili, valorizzando anche gli asset esistenti, come le reti del gas, per l'utilizzo di tutti i vettori energetici puliti.
  Per quanto riguarda l'efficienza energetica riteniamo che le risorse pubbliche dedicate alle differenti misure incentivanti debbano essere meglio allocate a favore dei certificati bianchi, in quanto caratterizzati dal miglior rapporto costo/efficacia in termini di risparmi energetici generati.
  Guardiamo con favore al superamento del regime di tutela del mercato elettrico, ma secondo un criterio di gradualità e con la dovuta attenzione agli aspetti operativi critici, che determineranno l'efficacia del processo e gli impatti sul cliente finale.
  Da ultimo evidenziamo che la decarbonizzazione del settore energetico deve essere necessariamente vista all'interno di un più ampio contesto del riuso della materia, con particolare riferimento a biometano e biocarburanti, sempre in una logica di economia circolare.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  DARIO GALLI. Intanto ringrazio per l'esposizione. Una domanda che in quest'aula faccio per la quinta volta senza aver avuto per quattro volte risposta. Il vostro quadro è chiarissimo, però ha una visione parziale del problema nel suo complesso nel senso che sul discorso della decarbonizzazione va bene, ma alla fine sostituire il carbone, per esempio con il gas, migliora l'inquinamento per le particelle del carbone che non ci sono più, ma non la questione del climalterante, perché CO2 produce uno e CO2 produce l'altro. È vero che, se c'è il biogas che deriva da prodotti vegetali di vario titolo, teoricamente il bilancio è zero perché tanta CO2 produco quanto ne avevo consumata nel momento in cui ho dato origine ai prodotti vegetali; però dubito che un intero Paese industrializzato possa sostenere alla lunga la produzione di carburanti nuovi, esclusivamente riutilizzando gli scarti comunque Pag. 11contenenti carbonio, quindi di origine vegetale o altro, comunque contenente carbonio da poter bruciare, quindi poi produrre energia e CO2. Quindi quello va bene, perché sicuramente è una strada da percorrere.
  Per affrontare il problema di fondo, è evidente che bisogna trovare un modo diverso di produrre energia. In questo momento la risposta, visto che il nucleare è abbandonato da un punto di vista ideologico, se non da tutti, da moltissimi, a parte i cinesi, e considerando che il nucleare di futura generazione, parlando con vari «esperti», tutti non si sbilanciano e dicono che ci arriveremo forse fra cinquant'anni, come dire «Non sappiamo come va a finire». Quindi quella è un'altra strada che nell'immediato sicuramente non c'è. Tutte le altre risorse ambientalmente compatibili, le rinnovabili vere e proprie, dall'eolico al resto, hanno tutte un problema di fondo, e l'abbiamo visto in queste settimane: in questi ultimi venti giorni e nei prossimi venti ci saranno trentacinque giorni di pioggia, oltretutto non a macchia di leopardo ma in tutta l'Italia, quindi per venti giorni di fila per esempio tutto il fotovoltaico produce praticamente zero. Stessa cosa l'eolico, se c'è una settimana senza vento. Alla fine il grosso problema di tutto quello che è rinnovabile, con le tecnologie di oggi, è come immagazzinare quello che viene prodotto in eccesso, se c'è, nei momenti in cui lo si può riutilizzare. Anche perché l'alternativa è veramente come il ponte sullo Stretto di Messina: si sarebbe fatto il ponte, però un mese all'anno, causa vento, tutti i traghetti avrebbero dovuto rimanere in esercizio. Siccome non credo che possiamo avere un sistema di produzione di energia rinnovabile e contemporaneamente tenere tutto il parco tradizionale in standby per farlo partire in caso di necessità, in estrema sintesi, visto che voi siete del settore, vi chiedo qual è la vostra opinione sulle possibili strade tecnologiche. Tutte queste cose vanno benissimo, però alla fine è un modo diverso di produrre CO2, ma risolviamo di poco il problema.

  PRESIDENTE. Pongo anch'io un paio di questioni. Il primo tema è quello dell'efficienza degli investimenti pubblici relativamente al risparmio in energia del Paese: si osserva che i titoli dei certificati bianchi sono molto più efficaci ed efficienti del conto termico, e questo è un dato oggettivo. Mi permetto di osservare che sulle detrazioni fiscali però c'è un diverso grado di spesa pubblica, nel senso che i certificati bianchi e il conto termico, a mia conoscenza, finiscono nelle bollette, mentre le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni sono in fiscalità generale. Questo attiene al principio del fatto che la detrazione fiscale per le ristrutturazioni energetiche è vista anche come un elemento di politica industriale per sostenere un settore che ha avuto delle grosse problematiche ed è, in genere, un settore molto sensibile al ciclo economico. Da questo punto di vista, pur permanendo il principio generale che i soldi è meglio spenderli laddove rendono di più nel ritorno energetico, però questa differenza vi indica qualche cosa? Avete fatto anche degli studi di ritorno sull'efficacia per esempio dei certificati bianchi sul sistema industriale?
  Il secondo punto su cui vorrei un'opinione è quello del previsto superamento del mercato a maggior tutela. In questa fase oltre che essere un tema del PNIEC, quello della modalità con cui i clienti fruiscono dell'energia, è anche un elemento cogente della politica energetica industriale del Paese, perché è previsto il passaggio tra sette mesi al libero mercato. Si sta parlando di un sistema che vede l'attuale salvaguardia come elemento centrale nel passaggio di milioni di clienti che non hanno ancora scelto. Bene l'indirizzo che voi date, che è quello dello spirito iniziale della concorrenza, fornire consapevolezza e informazioni chiare al cliente, perché deve essere una libera scelta e non un'imposizione. Chiedo cosa pensate dell'uso della salvaguardia, che poi è quella attuale, nonostante l'Autorità dica che è una salvaguardia diversa, perché non esiste nelle norme una salvaguardia diversa da quella attuale, che è un po’ il purgatorio, il luogo di ultima istanza per i consumatori che hanno problemi, siano essi industriali o civili, per la messa in quell'area di milioni di clienti con Pag. 12prezzi diversi e con aste sul territorio per la gestione di questo servizio.
  In ultimo vado alla questione del biometano. Il valore che noi abbiamo di biometano stimato, che sarebbe un decimo del consumo annuale al 2030, circa otto miliardi, è un dato che ci stiamo trascinando sin dalla SEN. Abbiamo avuto audizioni molto interessanti, Mi riallaccio anche a quello che diceva l'onorevole Galli in precedenza: al di là del futuro del nucleare sia di quarta generazione che della fusione, c'è un tema importante, perché il gas è utile nel transitorio per il carbone perché ha una emissione non solo di polveri sottili ma di climalteranti minori per unità di produzione di energia, ma il tema del biometano che poneva l'onorevole Galli è un tema che dà uno spazio maggiore all'uso del gas nel senso della rinnovabilità, perché ovviamente l'unione rinnovabile, gas e biometano è attrattiva. Ma voi pensate realmente che questo target di otto miliardi sia poco sfidante da qui al 2030 e che si possa realmente fare di più? Questo è un parametro che non riesco a valutare appieno.
  Do la parola al dottor Vai per la replica.

  MASSIMO VAI, Direttore centrale strategia, regolazione ed enti locali di HERA SPA. Per dare una risposta alla domanda del Presidente parto da quello che viene chiamato il trilemma energetico: il fatto di riuscire a mettere in pista delle azioni che garantiscano sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e sicurezza energetica. Quindi partendo da questi tre elementi, nell'ambito della transizione energetica, dobbiamo cercare di garantire la sicurezza a livello energetico nazionale, pur spostando il tipo di produzione sempre verso produzioni che non diano emissioni di gas climalteranti. In questo noi abbiamo un orizzonte temporale ad oggi di dieci anni, rispetto ai quali le tecnologie che oggi abbiamo a disposizione ci dicono che esiste un potenziale molto importante di recupero di gas da materia organica, legato all'evoluzione, che purtroppo in Italia non è omogenea a livello di tutti i territori, della raccolta differenziata di rifiuti. L'ultima filiera che si sta indirizzando nei territori più virtuosi di raccolta differenziata è proprio la raccolta dell'organico. Questo organico che normalmente, in assenza di impianti di questo tipo, veniva mandato in discarica, generava comunque dei gas che venivano o bruciati o dispersi nell'atmosfera: se noi riusciamo a catturare questo tipo di emissioni e sostituirle alle emissioni da gas fossili che estraiamo dal sottosuolo, sicuramente c'è un beneficio. Il secondo punto riguarda il tema della stoccabilità dell'energia elettrica prodotta dalle fonti rinnovabili, perché l'unica fonte di stoccaggio di energia elettrica con una certa prevedibilità, che però non è detto che sia programmabile fino in fondo, sono i bacini idrici che possono essere gestiti per accumulare energia e utilizzarla nei momenti di fabbisogno. L'eolico e il fotovoltaico non hanno questo tipo di caratteristiche. Quindi, sempre per garantire la tenuta del sistema energetico ed evitare blackout improvvisi, che non credo che sia una volontà che abbiamo, una presenza parallela di alternative che possono essere, magari in secondo piano, messe in atto per tutelare la tenuta del sistema elettrico ci deve essere. Penso che nei prossimi anni, e forse in questo anche lo sviluppo del settore dell'automobile elettrica darà una spinta allo sviluppo di batterie di accumulo e di reti intelligenti che consentano di stoccare meglio l'energia in eccesso, però in un orizzonte temporale più limitato credo che il nostro asset della rete di distribuzione gas possa essere un elemento molto importante per cercare di ridurre complessivamente il bilancio rispetto a quello che abbiamo oggi. Noi che abbiamo la fortuna di operare in diversi settori, quindi possiamo vedere i benefici che possiamo ottenere dal recupero di materia, ad esempio nella gestione dei rifiuti rispetto allo sviluppo e alla produzione di energia elettrica, riteniamo che questi siano degli asset importanti.
  Abbiamo portato due esempi: uno è l'impianto di Sant'Agata Bolognese, l'altro è un accordo con ENI per il recupero degli oli esausti che, se non gestiti bene, vengono buttati nelle fognature e generano un impatto devastante a livello di impianti di depurazione. Hanno un impatto molto importante su tutti i meccanismi e generano Pag. 13consumi energetici molto importanti. Il fatto di riuscire a riconvertirlo e sostituirlo sempre a carburante che proviene da fonti fossili, che stanno nel sottosuolo e che quindi non vengono più estratte, sicuramente genera un beneficio positivo.
  Su altri parametri che riguardano il nucleare non mi spingo, perché non sono la mia materia. Riteniamo però di dover gestire una transizione dove la rete del gas può giocare un ruolo molto importante, in attesa che poi ci siano delle importanti discontinuità sul mondo dell'elettrificazione. Credo che ad oggi non siamo in grado di formulare a breve un'ipotesi di tenuta del sistema dell'energia italiano, spegnendo la fornitura di gas: il sistema andrebbe in crisi. Dobbiamo guidare questa transizione, e magari lo faremo in misura crescente in funzione dell'evoluzione tecnologica. Di solito incentivazione e sviluppo opportunità creano circoli virtuosi in questa direzione.
  Per quanto riguarda l'efficacia dei titoli di efficienza energetica noi – l'ho detto all'inizio, lo ripeto – riteniamo che il fatto di avere un menu di interventi, quindi non soltanto uno, due interventi o averne venti sia un elemento molto importante. Quindi avere una diversa possibilità di intervenire penso che sia molto importante. Noi abbiamo fatto un'analisi molto numerica: se io giudico il rapporto costo/beneficio, è evidente. Non abbiamo considerato quell'elemento che giustamente è stato posto: il fatto che ci possono essere anche altri obiettivi non puramente di efficienza energetica, ma di tenuta di un comparto di sviluppo economico che, siccome sono partito dal trilemma energetico, non posso che condividere.
  Noi quello che proponiamo è una lieve rimodulazione, anche perché ad oggi quello che abbiamo è un sistema dei certificati bianchi che ha subito qualche anno di difficoltà, che si è espressa al massimo con la volatilità dei prezzi, ma soprattutto che oggi dimostra una carenza di progetti, perché il certificato bianco sottintende un progetto che genera riduzione di consumo, quindi efficienza energetica. Ad esempio il fatto di includere – come riteniamo noi – il teleriscaldamento, una delle forme di produzione energetica più efficienti che ci siano, può essere molto interessante. Così come il fatto di ottenere il certificato bianco, anche se si sostituisce un apparato di generazione di energia con la non best available technology, ma anche con una tecnologia che magari è meno costosa, ma che genera un effetto positivo, possa essere utile per andare a dare benzina a questo meccanismo che poi si traduce in efficienza. Poi è un obbligo dei distributori, quindi la domanda ci sarà. Ma, se alla fine non ci saranno progetti o i progetti per le dinamiche che ci sono oggi di incentivazione non sono – lasciatemi dire – bancabili, è difficile che poi, dal privato all'azienda, vengano intrapresi.
  Per quanto riguarda il superamento della tutela mi è stata fatta una domanda molto precisa. Io non sono espertissimo, ma dal punto di vista dell'utilizzo della salvaguardia il nostro giudizio è positivo come meccanismo delle aste. Quello su cui tengo a sottolineare la nostra posizione riguarda non tanto le tempistiche del passaggio in senso lato, ma la consapevolezza della complessità gestionale degli operatori. Quando parliamo di una migrazione di venti milioni di clienti, dietro ci sono delle banche dati che vanno trasferite e vanno gestite. L'abbiamo vissuto noi con la salvaguardia: noi abbiamo da diversi anni una posizione importante sul mercato della salvaguardia e quando abbiamo rilevato delle banche dati, abbiamo avuto tanti problemi di pulizia delle banche dati. Quindi la nostra richiesta fondamentale è tener conto che ci vogliono dei tempi congrui e anche una responsabilità di chi poi consegna queste banche dati, perché ricevere banche dati sporche vuol dire ritardare la fatturazione, perdere opportunità e dare un servizio al cliente non del livello che tutti vogliamo. L'uscita della tutela è in un'ottica di concorrenza e di mercato che non possiamo che condividere. Noi non siamo certo il più grande operatore nazionale, ma ci siamo conquistati la nostra piccola quota di mercato sul mondo della vendita con sviluppo commerciale, dando servizi e lavorando molto sulla fidelizzazione e su altri parametri Pag. 14 come i value-added service più recentemente. Per esempio il tema della messa a conoscenza in bolletta dei consumi si è rivelato uno strumento di fidelizzazione ma anche di influenza del comportamento, semplicemente per il fatto di consentire a una famiglia di confrontarsi con famiglie analoghe su parametri di consumo energetico, che magari non sono la priorità del bilancio economico di una singola famiglia.
  Chiudo sul biometano riallacciandomi alla prima cosa che ho detto. Se è vero che il biometano può essere prodotto – ed è vero, perché con l'impiantistica giusta lo si può produrre dalla matrice organica dei rifiuti urbani – il potenziale indirizzabile in Italia è ancora molto alto. Ci vogliono delle impiantistiche. Tenete conto che l'impianto che abbiamo realizzato noi, con tecnologia dell'ultima generazione ma assolutamente matura, non ha combustione. Anzi, cattura il gas, lo rimette in rete e utilizza un asset già esistente che è la rete. Riteniamo che gli obiettivi di otto miliardi complessivi al 2030 siano raggiungibili, siano forse sfidanti dal punto di vista dell’iter autorizzativo e della velocità con cui si possono realizzare degli impianti per produrlo, e questo è un grosso problema italiano: gli iter autorizzativi, il fatto di avere assenze impiantistiche strettamente correlate alle situazioni di crisi o di criticità legate al mondo dei rifiuti. Pensiamo che sia un obiettivo raggiungibile. Quello che noi avevamo evidenziato nella nota riguardava il fatto che quello per i trasporti oggi è già di un miliardo di metri cubi all'anno e forse può essere aumentato, e soprattutto che l'incentivazione cessa nel 2022. Quindi, considerate le tempistiche autorizzative e il potenziale, forse un allungamento di questa logica incentivante, per dare il tempo al sistema di mettersi in moto, riteniamo possa essere positivo.
  Il nostro giudizio complessivo – l'abbiamo detto e lo ribadisco – è sicuramente di grande positività. Gli elementi ci sono tutti, si tratta di accelerare e, secondo noi, fare un minimo di riallocazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti del gruppo HERA.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.55.