XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Martedì 23 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti di Confindustria energia.
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Ricci Giuseppe , Presidente di Confindustria energia ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 
Squeri Luca (FI)  ... 6 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 6 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 7 
Ricci Giuseppe , Presidente di Confindustria energia ... 7 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 8 

Audizione di rappresentanti di Energia da biomasse solide (EBS):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 8 
Bigai Andrea , Consigliere di Energia da biomasse solide (EBS) ... 8 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Squeri Luca (FI)  ... 12 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Bigai Andrea , Consigliere di Energia da biomasse solide (EBS) ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 13 

Audizione di rappresentanti di Federmetano:
Benamati Gianluca , Presidente ... 13 
Balboni Licia , Presidente di Federmetano ... 13 
Benamati Gianluca , Presidente ... 18 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 18 
Squeri Luca (FI)  ... 18 
Bersani Pier Luigi (LeU)  ... 18 
Benamati Gianluca , Presidente ... 18 
Balboni Licia , Presidente di Federmetano ... 18 
Benamati Gianluca , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 12.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confindustria energia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Confindustria energia.
  Nel dare la parola al presidente di Confindustria energia, il dottor Giuseppe Ricci, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  GIUSEPPE RICCI, Presidente di Confindustria energia. Saluto la presidente e tutta la Commissione e ringrazio per l'opportunità di poter illustrare la nostra posizione sul PNIEC (Piano nazionale energia e clima), che rappresenta un importantissimo driver strategico per il prossimo decennio.
  Faccio solamente una brevissima introduzione per presentare Confindustria energia, che è la federazione delle associazioni dei produttori e distributori di energia, includendo tutte le fonti e tutti i vettori energetici. Confindustria energia partecipa attivamente al dibattito sull'energia, nell'interesse di salvaguardare gli interessi strategici del settore, ma soprattutto assicura un punto di vista oggettivo sul processo di transizione energetica, con un approccio olistico di neutralità tecnologica, valorizzando tutte le forme e le infrastrutture energetiche necessarie a perseguire gli obiettivi del PNIEC nel modo più efficace ed efficiente possibile. Siamo firmatari anche del contratto collettivo nazionale di lavoro energia e petrolio.
  Nella slide n. 3 della documentazione trasmessa alla Commissione ripercorro in sintesi i passaggi degli obiettivi di politica energetica. L'abbiamo riportata solamente per evidenziare quanto sia sfidante il Piano energia e clima, ma non impossibile. Semplicemente dovremmo cercare di perseguire questi obiettivi con razionalità, con una corretta e concreta pianificazione e cercando di ottimizzare gli aspetti ambientali con quelli economici e sociali.
  Considerando che la dipendenza dalle fonti fossili e dalla loro importazione non solo è elevatissima oggi (nel 2018 è stata del 74 per cento), ma continuerà a esserlo ancora al 2030, nonostante il grandissimo sforzo del PNIEC, diventa fondamentale cercare di uscire dalla logica della contrapposizione tra fonti fossili e rinnovabili e, viceversa, bisognerà cercare sempre di più di adottare una strategia inclusiva di sistema, alla quale, proprio grazie al mix fossile e rinnovabile, si possa traguardare tutti gli obiettivi assicurando l'affidabilità dell'intero sistema, minimizzando i costi e salvaguardando l'occupazione e la competitività del Paese. In sostanza, ciò significa lo sviluppo di nuova capacità di produzione Pag. 4a gas, per assicurare il phase-out del carbone previsto dal PNIEC, significa promuovere delle nuove partnership tra gas e fonti rinnovabili, la riduzione della dipendenza energetica anche attraverso la valorizzazione delle risorse nazionali, consentire il repowering e il revamping degli impianti Fer esistenti per aumentare la loro capacità, salvaguardare tutti gli asset esistenti, anche quelli fossili, come le raffinerie e gli impianti che oggi permettono di sostenere il sistema e lo dovranno fare ancora per un lungo periodo. Bisognerà spingere ovviamente al massimo sull'efficienza energetica, che come ben sappiamo dovrà concentrarsi soprattutto sul settore edilizio, perché l'industria italiana è già particolarmente virtuosa e ha ancora pochissimo da fare, essendo molto più efficiente della media europea.
  Per ultimo, non vorrei non parlare dell'economia circolare, che può rappresentare una grande opportunità per un Paese povero di materie prime e, ahimè, aggravato da un grosso problema dei rifiuti, dove attraverso logiche e cultura di economia circolare è possibile trasformare il rischio dei rifiuti in un'opportunità, trasformandoli anche in prodotti energetici, e beneficiando due volte l'ambiente, sia come minore consumo di risorse prima e come riduzione dell'impatto ambientale dei rifiuti stessi.
  Ovviamente è fondamentale parlare di infrastrutture. Per realizzare il PNIEC è necessario investire moltissimo nelle infrastrutture energetiche. Non stiamo parlando solo di produzione, ma di distribuzione, di messa a disposizione dell'energia. In un periodo di transizione come quello che ci aspetta è ancora più importante, perché cambiando il modello energetico da concentrato a distribuito, da fossili a rinnovabili, è fondamentale che le infrastrutture energetiche vengano adeguate per assicurare la sicurezza della fornitura e l'affidabilità della fornitura stessa.
  Come Confindustria energia abbiamo sviluppato lo scorso anno uno studio proprio sugli investimenti necessari a fine 2018 per soddisfare gli obiettivi che erano già previsti nella SEN (Strategia energetica nazionale) e l'abbiamo recentemente adeguato guardando gli obiettivi del PNIEC, che sono leggermente più sfidanti di quelli precedenti. Adeguandolo al PNIEC, stiamo parlando di oltre 100 miliardi di investimenti in un decennio, che diventano una cosa fondamentale, perché se non dovessimo fare questi investimenti, farli solo parzialmente o farli in ritardo, tutti gli obiettivi del PNIEC risulterebbero vani. Proprio per questo come Confindustria energia, come insieme di tutti i soggetti produttori e distributori, continueremo anno dopo anno a monitorare l'effettiva realizzazione di questi investimenti, evidenziando le eventuali differenze rispetto al previsto, che avranno sicuramente delle conseguenze, come ritardi o come parziale soddisfacimento degli obiettivi.
  Faccio ora un piccolo focus sulla mobilità sostenibile, che è un tema molto sentito. Uno degli obiettivi del PNIEC è appunto raggiungere il 21,6 per cento al 2030 di rinnovabili nella mobilità, che è un altro di quegli obiettivi che va raggiunto sicuramente seguendo un mix di soluzioni, per cercare di massimizzare l'efficacia delle nuove tecnologie e dei nuovi modelli di mobilità, un modello di mobilità che deve essere basato sul pragmatismo e sull'inclusività. Non c'è un'unica soluzione, ma bisogna perseguirle tutte in parallelo.
  Peraltro, non possiamo affrontare il tema della mobilità guardando solo la decarbonizzazione, ma dobbiamo assolutamente tenere conto dell'importanza della qualità dell'aria e, perché no, anche il tema della congestione dei grandi centri urbani. Nel momento in cui si decidono le strategie di mobilità, bisogna tener conto di tutti questi fattori insieme.
  È ovvio che per muoversi verso una mobilità sostenibile i primi interventi sono quelli della mobilità condivisa pubblica di tutti i tipi e quelli dello svecchiamento del parco veicolare italiano, che è tra i più vecchi d'Europa. Indipendentemente da quelle che possono essere le tecnologie sul trasporto privato, sono due elementi fondamentali che secondo noi dovrebbero ricevere la massima attenzione e anche il massimo sforzo per poter migliorare il trasporto Pag. 5 pubblico e la qualità dei mezzi che circolano.
  È fondamentale assicurare comunque nelle decisioni la neutralità tecnologica, effettuare tutte le valutazioni secondo il metodo della life cycle analysis. Non possiamo guardare solo al tubo di scappamento, ma dobbiamo guardare a tutto l'intero ciclo, altrimenti rischiamo semplicemente di deviare l'attenzione dell'opinione pubblica da una soluzione all'altra, ma non teniamo conto effettivamente del reale impatto.
  Detto ciò, siamo fermamente convinti che tutte le tecnologie, sia motoristiche che nei carburanti o vettori energetici, possano ancora dare molto, così come abbiamo visto nello sviluppo di nuovi biocarburanti, i biocarburanti idrogenati, ma anche delle motorizzazioni a gas liquefatto, che si stanno sviluppando, e non ultimo dell'idrogeno, su cui c'è molto fermento negli ultimi tempi a livello mondiale e che sarà un vettore a cui prestare molta attenzione e dare spazio. Ovviamente il trasporto elettrico è molto importante, ma va calettato dove effettivamente è più efficace, ovvero nelle corte distanze, nei centri urbani e nei veicoli a basso peso.
  Abbiamo detto che il piano di investimenti delle infrastrutture è imponente e assolutamente necessario. Ovviamente uno degli elementi importanti per poter consentire la realizzazione nei tempi e nei modi giusti degli investimenti in infrastrutture è l’iter autorizzativo, che spesso è un elemento di criticità nella realizzazione. Siamo già in ritardo, se noi vogliamo realizzare oltre 100 miliardi di investimenti nelle infrastrutture energetiche. Quando parliamo di reti di distribuzione, elettrico, gas, sistemi di accumulo o nuove produzioni, spesso l’iter autorizzativo dura molti anni e, quindi, urge assolutamente rivedere questo processo per cercare di snellire l’iter e facilitare la realizzazione di queste infrastrutture.
  Abbiamo bisogno anche di nuove norme più semplici per attivare i processi, per esempio, di economia circolare. Il decreto end of waste dovrebbe alla fine riuscire a snellire, altrimenti rimane tutto sulla carta. L'economia circolare è una grande opportunità, ma oggi le barriere che noi abbiamo rendono di fatto irrealizzabile cogliere questa opportunità. Abbiamo degli esempi già virtuosi di economia circolare, come quello dell'utilizzo degli oli di frittura per produrre i biocarburanti, il biometano, il bio GPL. Ci sono processi waste to fuel per trasformare l'umido in carburante per uso marino, per trasformare le plastiche non riciclabili in idrogeno o metanolo, prodotti commerciali, superando assolutamente la logica dei termovalorizzatori e andando verso una produzione di prodotti commerciali dei rifiuti. È ovvio che tutto questo ha bisogno di un quadro normativo che possa facilitare l’iter autorizzativo per far sì che gli imprenditori investano in queste nuove tecnologie.
  È ovvio che forse siamo arrivati a un grado di maturità tale da poter ripensare anche al trattamento fiscale, cioè cominciare a orientare il trattamento fiscale sui carburanti dandogli una certa premialità ambientale. L'ideale sarebbe andare verso l'analisi del ciclo completo (life cycle analysis), però anche basarsi sulle emissioni di CO2 potrebbe essere un primo passo per cominciare a intraprendere un percorso che alcuni Paesi del Nord Europa hanno già attuato.
  Un aspetto importante è la salvaguardia della competitività del nostro Paese, perché tutte le misure normative che dovranno essere sviluppate non potranno prescindere dal fattore competitività. Dunque, neutralità tecnologica da una parte, ma anche attenzione alla filiera italiana, perché noi non abbiamo bisogno di perdere ulteriore competitività. Ovviamente quando parliamo di competitività indirettamente parliamo anche di occupazione.
  Per fare tutto questo sicuramente serve molto pragmatismo, ma serve anche una governance certa, una pianificazione, un monitoraggio dell'attuazione dei vari passaggi e serve un quadro unico e coerente che possa essere seguito in questi anni. Infatti, basta che uno dei tasselli di tutto l'insieme non vada in porto e tutto il castello cade.
  Pertanto, quello che noi auspichiamo è che ci possa essere una cabina di regia, un Pag. 6tavolo permanente che segua l'evoluzione di tutto questo piano e dove tutti gli stakeholder possano portare il loro contributo – ritorno a dire – in modo inclusivo e non di contrapposizione, perché la sfida è molto importante e nessuno può vincerla da solo. Abbiamo bisogno che tutte le componenti lavorino insieme.
  Concludo con un riassunto dei concetti fondamentali che abbiamo indicato nel nostro messaggio: neutralità tecnologica, promozione degli investimenti R&D (research and development), perché la ricerca può dare ancora moltissimo, ma va spronata a tirare fuori nuove soluzioni. Gli investimenti devono essere adeguati. La dotazione infrastrutturale è fondamentale, interconnessa, diversificata, evoluta e digitale, ma non possiamo fare a meno di questi investimenti infrastrutturali.
  Lo sviluppo della mobilità sostenibile deve seguire l'approccio della life cycle analysis, non può essere parziale, deve essere pragmatico e oggettivo. Abbiamo bisogno di tempi certi e snellimento degli iter autorizzativi. L'economia circolare è un'opportunità da non perdere, perché, se passa qualche anno, perdiamo questa grande opportunità dell'economia circolare e la transizione energetica è il momento giusto per poter dare una spinta forte all'economia circolare. La transizione energetica deve essere inclusiva e la governance è fondamentale per assicurare che tutto questo venga effettivamente realizzato nei tempi e nei modi giusti e guardando a un'ottimizzazione tra aspetti ambientali, economici e sociali.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Innanzitutto colgo l'occasione per sottolineare il valore di questa indagine. Do il merito alla presidente e alla Commissione tutta, perché avere l'opportunità di sentire tanti interventi autorevoli su un tema così importante non capita sempre.
  Ciò detto, ho una domanda molto nel profondo del PNIEC. Io ho sentito citare e condivido pienamente la necessità di avere un approccio neutrale rispetto a tutte le forme di energia rinnovabile. Sta di fatto che la settimana scorsa ero a un convegno sulla mobilità e ci fu un rappresentante dell'ENEL che, dopo aver sentito tutti i precedenti relatori condividere questo concetto della naturalità, esordì dicendo «a me questo concetto di neutralità ha rotto le scatole».
  È evidente il perché l'abbia detto: l'elettricità nel PNIEC ha avuto la sua massima promozione, tant'è che è un PNIEC che parte dall'assunto di incrementare il consumo di energia elettrica e poi quello che ne deriva. Cosa ne deriva, però? Ne deriva un PNIEC a mio avviso sbilanciato, dove si vuole utilizzare l'energia elettrica anche in comparti che non le sono funzionali, come il termico e la mobilità stessa. Pertanto, abbiamo uno sbilanciamento dove nel prossimo appuntamento dettato dal percorso di transizione energetica vediamo che, se l'obiettivo è quello di decarbonizzare, in realtà c'è un aumento di gas, perché l'energia elettrica si deve produrre ancor più col gas, come peraltro avviene adesso.
  Arrivo al dunque. Chiedo ai rappresentanti di Confindustria energia se non ritengono che sarebbe magari più coerente rispetto alla neutralità, ma soprattutto rispetto alla possibilità di raggiungere gli obiettivi, che non sono di aumentare il consumo di energia elettrica, ma di aumentare le rinnovabili, fare come già adesso è e viene confermato nei piani europei di Germania, Francia, Spagna, cioè mantenere le bioenergie a un livello molto più alto di quello che, invece, prevede il PNIEC italiano, che ha assunto come energie da promuovere il solare e l'eolico, mettendo all'angolo le bioenergie, l'idrico e la geotermia.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il presidente di Confindustria energia per la relazione, articolata e anche numericamente precisa, perché, come diceva prima l'onorevole Squeri, è un momento fondamentale per noi di sintesi e di analisi in relazione al PNIEC.
  Io vorrei focalizzare l'attenzione su un aspetto che il presidente Ricci ha toccato Pag. 7relativamente all'economia circolare e all’end of waste, che è un argomento fondamentale oggi come capacità di recupero di un prodotto che non è più un rifiuto, per trasformarlo e dargli una nuova vita, sia come recupero sia come valorizzazione e così via, visti anche gli obiettivi sfidanti che il PNIEC si pone.
  In ordine a questo io vorrei chiedere un vostro parere sul fatto che eventuali ritardi, eventuali difficoltà o eventuali approcci non adeguati alla moderna tecnologia in termini di end of waste possano comunque portare a una maggiore difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi del PNIEC.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre richieste di intervento, pongo una domanda che non hanno sollevato i precedenti interventi. Si parla di rivedere anche il trattamento fiscale. Su questo vorrei avere qualche informazione in più rispetto alle valutazioni che avete fatto.
  Do la parola al presidente Ricci per la replica.

  GIUSEPPE RICCI, Presidente di Confindustria energia. Parto dalla prima domanda. Per quanto riguarda l'approccio neutrale, la neutralità tecnologica è il cavallo di battaglia di Confindustria energia. Vorrei dare al proposito un'informazione su Elettricità futura, che rappresenta anch'essa una componente rinnovabile molto forte, ma anche non rinnovabile, perché rappresenta la produzione di energia elettrica. La produzione di energia elettrica oggi viene fatta da solare, da eolico, da gas, da carbone, da biomassa, un po’ da tutto. Chiariamo il concetto: il vettore energetico è una cosa, le fonti energetiche sono un'altra. Elettricità futura, che era un socio aggregato di Confindustria, ieri è entrato a pieno titolo in Confindustria energia, perché il nostro vuole essere proprio un approccio inclusivo, dove il nostro ruolo deve essere quello di fare un po’ l'allenatore di tutte le componenti, metterle d'accordo e in un certo modo anche evitare che ci siano delle fughe ideologiche da una parte o dall'altra. Questo è molto importante.
  L'onorevole Squeri mi dice che forse nel PNIEC stiamo aumentando troppo il consumo di energia elettrica. Se noi adottiamo il principio della neutralità tecnologica, questo significa che una persona che ha un'abitazione con il riscaldamento a gas valuta da un punto di vista economico se gli conviene smantellare tutto e mettere le pompe di calore oppure mantenere il gas e mettere la caldaia a condensazione di ultima generazione, perché è facilissimo fare una valutazione economica. È ovvio che, se uno ha una casa nuova e sceglie la pompa di calore, la trovo una soluzione molto ragionevole, ma andare a distruggere quello che abbiamo per mettere qualcos'altro per guadagnare uno zero virgola di rendimento complessivo forse non vale la pena. Sono questi i ragionamenti da fare. Alcune volte converrà, alcune volte non converrà. Se noi assicuriamo questo concetto di neutralità tecnologica e ci basiamo sui numeri, ci sarà veramente spazio per tutti, perché le cose da fare nel PNIEC sono molte e, quindi, ci dovrebbero permettere di aumentare i posti di lavoro, di investire tantissimo e di raggiungere gli obiettivi ambientali.
  L'importante, tornando al concetto di competitività che dicevo prima, è che non stimoliamo il mercato cinese a fornirci i pannelli solari, ma cerchiamo di favorire una volta tanto una filiera italiana, perché purtroppo con gli incentivi sulle rinnovabili abbiamo speso di fatto quanto la Cassa del Mezzogiorno, ma dando buona parte di questi fondi ai cinesi, che ci hanno fornito i pannelli solari. Se noi consideriamo tutti gli elementi, possiamo fare delle cose positive.
  Sul discorso dell'aumento della produzione e del consumo di energia elettrica, è vero che è molto pericoloso, perché, se aumenta troppo il consumo di energia elettrica e non riusciamo a starci dietro con la produzione di rinnovabili, per tanti motivi, ivi incluse le autorizzazioni a realizzare nuovi parchi eolici, fotovoltaici e quant'altro, c'è il rischio che non si faccia il phase-out del carbone. Pertanto, occorre valutare il rischio e il beneficio, perché il phase-out del carbone è previsto domani, il resto è previsto un po’ dopo, quindi bisogna bilanciare molto bene. È per questo che parlavo di seguire passo dopo passo l'evoluzione ed Pag. 8eventualmente correggere in corso d'opera, non guardando solo un aspetto, ma cercando di guardare sempre l'insieme.
  L'altra domanda, invece, è sull'economia circolare. Il problema oggi è che i rifiuti hanno una normativa molto complessa e molto impegnativa, che scoraggia settori dell'imprenditoria seri a occuparsene. C'è un tema legittimamente fondamentale, che è quello dell'accettabilità di qualsiasi tipo di soluzione che riguarda i rifiuti. Appena si parla di materia prima rifiuti si scatena subito l'opposizione di tutti. Bisogna cercare di spiegare bene, con oggettività e trasparenza, quali sono gli impianti che si vanno a fare. Una cosa è un termovalorizzatore e una cosa è un impianto che trasforma un prodotto in un altro prodotto. Va fatta un'attenta valutazione.
  Io credo che ci sia una grande opportunità di trasformazione soprattutto all'interno degli stabilimenti esistenti, che pian piano diventeranno un qualcosa che non servirà più. Nel momento in cui si riduce il consumo di fonti fossili come carburanti e combustibili, altre raffinerie dovranno ridimensionarsi, ci saranno petrolchimici, ci saranno degli stabilimenti che hanno generazioni di esperienze, di capacità, di tecnologie. Perché non li sfruttiamo per trasformarli in qualcos'altro?
  L'esempio delle bioraffinerie sicuramente è stato un esempio dove c'è stata una capacità di convertire qualcosa di tradizionale in qualcosa di nuovo, convertire anche la testa dei lavoratori che hanno dovuto fermarsi, però avevano un bagaglio robusto, avevano già le capacità. Il DNA c'era, non è stato necessario partire da zero. Questa secondo noi è una grande opportunità per il Paese: il coraggio di trasformare.
  Vengo alla domanda della presidente sul trattamento fiscale. Sicuramente in alcuni Paesi del Nord Europa, in Scandinavia, c'è una quota dell'accisa che è funzione delle emissioni di CO2 del carburante. Questo può essere un modo per cercare di dare un indirizzo ambientale e anche stimolare maggiormente gli investimenti di chi deve fare ricerca e sviluppo sui carburanti. L'ideale sarebbe farlo considerando tutta la life cycle analisys, ovvero tutto il ciclo di vita. Capisco che è molto più complesso, però si può anche andare per step, non è detto che bisogna fare tutto subito. Sicuramente il paradigma principale è che dalla mobilità oggi lo Stato incassa un certo importo. Credo che quell'ammontare totale non possa venir meno, quindi la ristrutturazione parte dal presupposto che i conti devono comunque tornare. Si può fare qualche passaggio intermedio, ma deve essere fatto in modo molto razionale.
  Il bonus malus di gennaio purtroppo ha avuto come prima ricaduta il blocco delle vendite delle auto e, quindi, l'aumento delle emissioni, perché mantenendo l'età delle auto le emissioni sono rimaste alte, in quanto un Euro6 inquina meno di un Euro2 o un Euro3, in termini di CO2, ma enormemente in termini di qualità dell'aria. Bloccare questo processo di cambiamento naturale come lo svecchiamento dell'auto fa male all'ambiente, fa male all'industria nazionale, fa male alla competitività del Paese. È questo il concetto che noi vorremmo evidenziare, cercando di contribuire a trovare delle soluzioni che siano un po’ più razionali.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Confindustria energia e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti di Energia da biomasse solide (EBS).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Energia da biomasse solide (EBS).
  Nel dare la parola al consigliere dell'associazione, l'ingegnere Andrea Bigai, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  ANDREA BIGAI, Consigliere di Energia da biomasse solide (EBS). Buongiorno. Rappresento Pag. 9 qui l'associazione EBS, Energia da biomasse solide, un'associazione che raggruppa sedici operatori, per un totale di diciotto impianti collocati su tutto il territorio nazionale. La collocazione geografica va dal Veneto al Piemonte, dalla provincia di Sondrio alla provincia di Enna.
  La produzione è prevalentemente di energia elettrica da biomassa solida vergine, quindi biomassa solida non trattata, per un totale di circa 3,5 milioni di tonnellate annue di materiale impiegato, con un'attività che coinvolge oltre 5.000 addetti tra diretti e indiretti. La potenza installata è di circa 320 megawatt e la provenienza della biomassa è pressoché per la totalità italiana.
  Cito alcuni aspetti peculiari. La produzione di energia elettrica da biomasse è una produzione sostanzialmente piatta, quindi i 320 megawatt sono da considerarsi sostanzialmente sempre producibili per oltre 8.000 ore all'anno. Ci sono delle ripercussioni o comunque dei vantaggi di questo tipo di produzione, di cui parlerò brevemente in seguito.
  Al fine di meglio comprendere quali saranno gli elementi che vogliamo porre all'attenzione di questa indagine conoscitiva, descriverò rapidamente le principali caratteristiche peculiari del settore, iniziando dagli aspetti socioeconomici, che distinguono questo tipo di produzione elettrica rinnovabile dal restante panorama delle energie rinnovabili. Prima di tutto il fortissimo contributo occupazionale, sia diretto che indotto, soprattutto legato alla produzione e alla raccolta della biomassa e alla logistica molto consistente che ne consegue, e il consistente valore aggiunto generato localmente. Si tratta infatti di impianti molto inseriti nel territorio e una parte consistente dei ricavi anche da incentivo di queste iniziative imprenditoriali viene riversata sul territorio, quindi l'indotto è veramente molto consistente. Vi è poi da aggiungere il contributo fiscale che ne consegue e anche le royalties, che pressoché da tutti gli impianti vengono riconosciute agli enti locali.
  Per quanto riguarda invece gli aspetti prettamente ambientali, che sicuramente sono un aspetto di interesse sempre crescente, possiamo annoverare aspetti decisamente peculiari, come il fatto che questi impianti evitano impatti ambientali dovuti ad emissioni derivanti da combustioni incontrollate o comunque su impianti poco manutentati o privi di controllo della combustione. Come dicevo, si tratta di impianti di taglia rilevante, tutti al di sopra dei 5 megawatt elettrici, quindi in termini di potenza termica ragioniamo su qualcosa che va oltre i 15 megawatt. Si tratta quindi di impianti che dal punto di vista tecnologico e del processo sono dotati di tecnologie che rendono efficiente la combustione e che in maniera decisamente efficiente contribuiscono all'abbattimento delle emissioni, nonché consentono il monitoraggio in continuo delle emissioni stesse.
  Una caratteristica interessante di questo tipo di attività è che consentono il recupero di una serie di materiali residuali, provenienti sia dal comparto forestale che dal comparto agricolo, che non hanno assolutamente possibilità di un utilizzo diverso, più nobile. Questa rappresenta un'occasione di reddito integrativo per le aziende che operano sul territorio.
  Nei giorni scorsi mi sono recato dopo alcune settimane nei cantieri montani che sono stati colpiti dalla tempesta Vaia nello scorso autunno e, accanto a tutta la produzione di materiale ligneo destinato ad esempio al legname d'opera e quindi alle segherie, c'è una parte di materiale assolutamente residuale (rami, ramaglie, anche con foglie, le stesse radici che devono essere assolutamente rimosse per consentire un consolidamento del terreno) che non solo non ha un utilizzo diverso dal punto di vista industriale, ma anzi rappresenta un costo per la collettività e deve essere rimosso, mentre gli impianti di questo tipo ne consentono l'utilizzo.
  Una cosa interessante è che, tanto maggiore è la taglia dell'impianto o comunque con taglie nell'ordine di alcune decine di megawatt termici, tanto più le dotazioni impiantistiche consentono un utilizzo di materiale anche molto eterogeneo e molto povero, quindi materiale con foglie o con corteccia, che in altri tipi di impianto non Pag. 10può essere utilizzato, qui invece costituisce il materiale prevalente che viene utilizzato in questi impianti.
  Esiste tutta una serie di materiali, che rappresenterebbe un costo per la collettività sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ambientale, la cui destinazione sarebbe la discarica che invece qui trovano una valorizzazione economica ed energetica.
  Non mi soffermo su pratiche di combustione incontrollata in campo aperto, che purtroppo ancora nel nostro Paese in taluni casi si notano, ad esempio in campo aperto c'è la combustione della paglia o in alcuni casi i residui della potatura vengono bruciati in campo, senza un sistema di controllo e quindi con notevoli impatti dal punto di vista delle missioni.
  Altri due aspetti caratteristici, peculiari di questo tipo di iniziative sono il fatto che hanno stimolato la crescita di competenze nazionali, quindi tutta una serie di know how legata agli specifici tipi di impianti che vengono realizzati si è sviluppato in questi anni ed è oggetto di esportazione; questo significa che le nostre aziende che progettano, realizzano, gestiscono e fanno manutenzione su questi impianti spesso in questi ultimi anni hanno anche richieste dall'estero e rappresentano delle aziende di riferimento nazionale, europeo e internazionale.
  Ultimo elemento molto importante riguarda invece la tipologia di produzione elettrica. Come dicevo prima, sono impianti che viaggiano oltre 8.000 ore all'anno con una produzione sostanzialmente piatta, per cui non solo non generano sbilanciamenti sulla rete, ma anzi rappresentano un'occasione di sostegno alla rete in tutte quelle condizioni in cui ci sono alternanze stagionali, alternanze giornaliere oppure semplicemente c'è l'impossibilità di gestire la programmabilità.
  Dal punto vista dell'approvvigionamento spendo una parola, perché spesso ci sono delle conoscenze non eccessivamente realistiche sulla disponibilità di questo tipo di materiale. Sia dal terzo inventario nazionale delle foreste che da altri studi a livello europeo è evidente che la disponibilità di biomassa, soprattutto di questa tipologia di biomassa, è in continuo aumento, anzi è in aumento incontrollato, perché è frutto non di gestione forestale, ma di riconquista di macchie forestali tipo pascoli, quindi non solo non rappresenta un elemento di vantaggio, ma anzi rappresenta un elemento di rischio dal punto di vista sia degli aspetti del dissesto idrogeologico che degli incendi. Si è stimato (le proporzioni sono ragionevolmente simili) che in Italia in questi ultimi decenni la superficie forestale sia aumentata di circa 70.000 ettari all'anno, quindi questo dà l'idea del fatto che questo materiale non viene assolutamente gestito.
  Dal punto di vista di tutte le altre matrici utilizzate all'interno dei nostri impianti, ricordiamo che c'è una serie di residui, erbacei ad esempio, la paglia delle coltivazioni autunno-vernine o coltivazioni arboree anche agroforestali, ad esempio i pioppeti, la cui parte nobile è destinata all'uso in cartiera piuttosto che all'uso in segheria per la nobilitazione di determinati tipi di manufatti lignei. Tutta la parte residuale, quindi tutte le ramaglie anche con foglie, che si ritiene materiale quasi incombustibile o che comunque fino a pochissimi anni fa rappresentava il materiale che veniva lasciato in campo, con problemi di generazione di anidride carbonica e fenomeni degenerativi, patologie che si sviluppavano in campo, attualmente viene recuperata ed è occasione di reddito integrativo per gli agricoltori.
  Non mi soffermo sui numeri relativi ai quantitativi di materiali residuali disponibili per questo tipo di iniziative, per i quali rimando alla documentazione trasmessa alla Commissione, e mi preme solo aggiungere un'osservazione. C'è una serie di matrici residuali dell'industria agroalimentare, ad esempio la vinaccia esausta che non ha veramente più nulla da dare come contributo, ma viene valorizzata dal punto di vista energetico. Alcune delle nostre centrali sono in connubio stretto con la parte impiantistica, quindi ancora una volta torniamo al tema del recupero (ad esempio vinacce o sansa di oliva quando scendiamo verso il sud). Pag. 11
  Un aspetto che volevo condividere è che, una volta sfogliato il documento programmatico oggetto di questa indagine conoscitiva, ci siamo ritrovati in parecchi dei punti qui espressi per quanto riguarda le linee guida europee, laddove, quando leggo tra i macro obiettivi la sicurezza nell'approvvigionamento, penso immediatamente che il materiale che rappresenta il combustibile delle nostre centrali è materiale italiano, quindi materiale che riusciamo a controllare, dal punto di vista della sicurezza di approvvigionamento è una fonte completamente alternativa e, come dicevo, assolutamente programmabile, quindi con una qualità dell'energia assolutamente elevata. Per quanto riguarda la competitività del settore in senso allargato con l'indotto che genera riteniamo di essere in linea con questo tipo di obiettivo. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale ripeterei i concetti espressi prima. Questo per quanto riguarda le linee europee.
  Quando penso invece agli aspetti evidenziati a livello nazionale e quindi al ruolo degli operatori energetici per lo sviluppo del sistema Paese, è automatico per me pensare alla filiera che è stata costituita, che rappresenta occasione di occupazione anche in zone strutturalmente destinate a spopolamento, e occasione di reddito certo, perché questo tipo di iniziative industriali ha fatto svoltare gli operatori forestali, che sono stati in grado di programmare acquisti di meccanizzazione e di pianificare le loro attività.
  Riteniamo che il settore energetico sia uno dei motori della reale ripresa economica del Paese e confidiamo che uno spazio adeguato all'interno della strategia energetica nazionale a questo tipo di iniziative sicuramente andrà verso lo sviluppo di tutta la filiera.
  Nel Piano energetico nazionale per quanto riguarda le bioenergie troviamo espresso il principio, secondo cui si tenderà ad una leggera flessione delle bioenergie al netto dei bioliquidi, per i quali invece è attesa la graduale fuoriuscita. Riteniamo che il mantenimento della capacità produttiva soprattutto per l'entità della sfida che ci attende sia assolutamente fondamentale e che l'utilizzo della biomassa in questo tipo di iniziative sia assolutamente in linea con gli indirizzi anche del Piano forestale, che indica un maggiore tasso di accrescimento della biomassa solida all'interno del nostro Paese.
  C'è la massima apertura a una discussione su eventuali obiettivi di miglioramento delle nostre attività, quindi su un ulteriore abbattimento delle emissioni, anche se gli impianti della taglia che vi ho detto hanno il monitoraggio delle emissioni in continuo, sono soggetti a controlli dei dipartimenti ARPA, le Agenzie regionali per la protezione ambientale, hanno filtri a maniche e filtri elettrostatici, e l'abbattimento delle polveri è elevatissimo.
  Spendo le ultime parole del tempo a mia disposizione per perorare la causa dei nostri impianti relativamente al fatto che si parla in maniera indifferenziata di biomassa solida, accomunando tutte le taglie d'impianto. Posso citare numerosi studi, non ultimo quello elaborato dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) solo qualche mese fa, che ha riassunto conoscenze già note sul fatto che i piccoli impianti a biomassa, in particolare quelli domestici, non sono accomunabili a questo tipo di iniziative, fra l'uno e l'altro ci sono quattro ordini di grandezza di differenza, cioè le emissioni in termini di particolato o di CO arrivano fino a 10.000 volte quelli di un comune impianto domestico. Quando si parla di biomasse, quindi, bisogna stare attenti, perché le situazioni sono molto differenziate e una taglia rilevante non solo non è sinonimo di impianto maggiormente inquinante, anzi succede esattamente l'opposto.
  In sintesi, relativamente all'obiettivo di questa audizione, partendo dal presupposto delle caratteristiche peculiari che ho cercato di sintetizzare e di tutte le esternalità positive che vengono generate da questo tipo di impianti, e considerando già alcune linee guida rese pubbliche, vorremmo richiedere che venga considerata in termini di meccanismi incentivanti la possibilità che queste iniziative continuino a portare il loro effetto benefico sia dal punto di vista socioeconomico, sia dal punto di Pag. 12vista del presidio del territorio, sia dal punto di vista ambientale, soprattutto considerando l'orizzonte temporale di queste iniziative, che nel giro di pochi anni si avvieranno alla fine della loro vita incentivata.
  Sugli altri aspetti virtuosi che si generano dall'indotto ho già relazionato, quindi concludo con due aspetti che ci vengono imputati. Il primo è l'entità del sostegno economico, che però dobbiamo considerare a tutto tondo, perché i nostri impianti generano continuativamente un fabbisogno di personale e di materiale che ingenera tutta la filiera e quindi l'indotto di cui ho detto, con fiscalità e stimolo del consumo. Questo lo differenzia da tutte le altre attività, quindi anche l'entità dell'incentivo deve essere considerata al netto di tutti questi benefici per la collettività, che ritornano a livello nazionale.
  L'altro aspetto è sulla qualità della produzione. Consideriamo che la produzione elettrica, per dove sta andando il mondo, ma soprattutto per il fatto che ha un contenuto di energia utilizzabile elevatissima a differenza delle altre energie, ad esempio della termica, non può essere paragonata (è di qualche minuto fa l'intervento del Ministro dell'ambiente Costa) ad esempio con l'energia elettrica abbinata alle pompe di calore; oltrepassiamo il 100 per cento di rendimento, perché una pompa di calore ha un COP, un coefficiente di prestazione, di circa 3, il rendimento di questi impianti supera il 33 per cento. Quando consideriamo l'utilizzo del termico e l'utilizzo dell'elettrico, dobbiamo quindi differenziare il contenuto di energia utilizzabile presente in queste due diverse forme.
  Un ultimo auspicio. Quello che spesso ha frenato in questi anni lo sviluppo di queste tecnologie è il fatto che il quadro normativo regolatorio è stato sicuramente non stabile e ancor più percepito come poco affidabile. Queste iniziative necessitano di un fortissimo investimento in termini di impianto iniziale, per cui un quadro regolatorio, seppure in evoluzione, che renda certe le prospettive è un elemento assolutamente indispensabile.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Ringrazio per l'esposizione. Sono ormai conosciuto come un tifoso della bioenergia, per cui quando sento parlare del contributo che possono dare queste fonti rinnovabili alla tradizione vedo solamente elementi positivi: Chiederei solo delle specifiche, se cioè tutti gli impianti sono efficienti, sono sostenibili. Se l'impianto di biomassa produce solamente energia elettrica, è difficile che sia considerato efficiente, perché tutto il termico che fine fa, viene dissipato? Questa richiesta di incentivi è quindi rivolta a mantenere una situazione di non efficienza o a promuovere l'incentivazione di centrali che abbiano un'efficienza intrinseca?

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio l'ingegner Bigai. Ho una domanda da porre, che si pone a chiusura del suo intervento, rispetto al fatto che i 18 impianti che voi avete come associati, sono localizzati in alcune regioni, mentre in altre non ci sono. La domanda è se vi siano delle questioni economiche di disponibilità di materiale o regolatorie o autorizzative per cui in alcune realtà c'è stato lo sviluppo di questa impiantistica e in altre realtà no.

  PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Bigai per la replica.

  ANDREA BIGAI, Consigliere di Energia da biomasse solide (EBS). Risponderò in maniera sintetica. L'ho espresso forse in termini tecnici che non sono facilmente comprensibili, però quando parliamo di rendimento e quindi anche di rendimento elettrico parliamo di un prodotto finale che ha un contenuto di energia utilizzabile molto superiore ad altre tipologie di fonte energetica, quindi è difficile paragonare il termico con l'elettrico e ad esempio, trasformando da energia termica all'interno di un impianto di combustione, producendo energia elettrica e poi ritrasformando all'interno di un sistema ad alta efficienza tipo una pompa di calore, si riesce ad ottenere Pag. 13un rendimento superiore all'unità, che sembra un assurdo dal punto di vista termodinamico.
  Non mi sottraggo alla risposta e dico che siamo assolutamente disponibili a fare tutti i ragionamenti per i miglioramenti impiantistici e a guardare le maggiori efficienze raggiungibili in impianti di ultima generazione, aggiungendo componentistica di ultima generazione, ma ci sono degli esempi assolutamente già virtuosi all'interno del nostro comparto, ad esempio alcuni dei nostri impianti come quello per il quale io lavoro, che fornisce calore ad una rete di teleriscaldamento cittadina. Altri forniscono già vapore di processo, quindi c'è già un utilizzo termico, combinato con la produzione di energia elettrica.
  Provo a ribaltare il ragionamento e dico che, essendo così qualitativamente importante l'apporto dell'energia elettrica, nelle realtà dove vi è solo produzione di energia termica è una mancata occasione, cioè si è persa un'occasione per produrre, accanto al termico che in ogni caso viene recuperato o è possibile che venga recuperato, anche l'elettrico che, come sappiamo, ha una possibilità di utilizzo molto più flessibile di altri tipi di energia, non fosse altro per il tema del trasporto.
  Il tema dell'approvvigionamento è assolutamente importante e ricorre sempre nelle nostre discussioni, perché l'importanza della logistica è elevatissima. Questo si traduce sia dal punto di vista degli impatti sui costi, sia dal punto di vista degli impatti ambientali, perché capiamo come trasportare biomassa debba essere razionalizzato al massimo. Si sono svolte attività da questo punto di vista, la distribuzione degli impianti è presente su tutto il territorio nazionale, ma ci sono delle aree di concentrazione, però è altrettanto vero che anche a livello di associazione ci stiamo muovendo per cercare di razionalizzare gli approvvigionamenti, in maniera tale da spostare il minimo possibile la biomassa e indirizzarla verso gli impianti più prossimi. Da questo punto di vista c'è un tema assolutamente economico, ma c'è anche un tema dal punto di vista dell'incentivo, perché in ogni caso in questi che sono impianti incentivati la biomassa tracciata, che rappresenta la stragrande maggioranza della biomassa utilizzata, è soggetta alla verifica del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e ottiene un coefficiente in termini di incentivanti maggiore se proviene da aree limitrofe, quindi dai famosi 70 chilometri della filiera corta, oppure se ricade in contratti quadro, realizzati con le organizzazioni di categoria.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Bigai e dichiaro conclusa l'audizione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIANLUCA BENAMATI

Audizione di rappresentanti di Federmetano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Federmetano. Sono presenti la presidente, dottoressa Lucia Balboni, e la dottoressa Simona Negri, consulente.
  Vi chiederei di svolgere la relazione in quindici o venti minuti al massimo, per consentire ai deputati di porre eventuali domande.
  Nel dare la parola alla presidente di Federmetano, dottoressa Licia Balboni, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  LICIA BALBONI, Presidente di Federmetano. Buongiorno a tutti. Sono Licia Balboni, presidente di Federmetano, oramai dal 2016. Ringrazio la Commissione per l'opportunità odierna di poter conferire in merito a questo carburante virtuoso che è il gas naturale nell'uso autotrazione.
  L'ultima audizione per Federmetano risale all'autunno del 2016, quando ci fu la revisione della Strategia energetica nazionale Pag. 14 (SEN) e prima che venisse redatto il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257 di attuazione della DAFI, la direttiva europea 2014/94/UE. Da allora, il settore si è evoluto molto. In questi due anni e mezzo, abbiamo collaborato in maniera continuativa con i ministeri deputati, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dei trasporti e il Ministero dell'ambiente. Quest'evoluzione è stata continua, ma c'è ancora spazio per poter far evolvere il settore del metano per autotrazione, spazio nei temi che riguardano la decarbonizzazione, la sostenibilità di tipo economico, di tipo sociale e di tipo ecologico, e soprattutto il fatto che è una fonte rinnovabile. Questi temi sono, quindi, assolutamente centrati dal metano per autotrazione e li delineerò brevemente nella presentazione che abbiamo affiancato al PNIEC.
  Dirò due parole su Federmetano. È l'associazione di categoria che rappresenta i distributori e i trasportatori di metano. È stata fondata nel 1948. La sede è a Bologna, in Emilia-Romagna. L'anno scorso abbiamo, quindi, festeggiato i 70 anni. Rappresentiamo un terzo dei 1.370 distributori di metano a uso autotrazione. Riforniamo – abbiamo fatto un calcolo empirico – 15 milioni di veicoli annualmente. I nostri soci sono principalmente i proprietari dei distributori stradali, ma anche le imprese che trasportano il metano, vale a dire i trasportatori a mezzo gomma di metano dove non c'è l'infrastruttura. Il settore si chiama trasporto tramite carri bombolai.
  La nostra rete di relazioni comprende anche le officine, dal 2009 con un tema di affiliazione, che sono fondamentali nello sviluppo della parte finale della filiera del metano, poiché, come si può immaginare, i serbatoi con cui sono equipaggiate le auto vanno revisionati periodicamente. Se non ci fosse l'attività delle officine, questa parte salterebbe, e anche l'utilizzo dei mezzi a metano sarebbe in pericolo.
  Sinteticamente, espongo i numeri di Federmetano al 30 giugno: come già detto prima, 400 punti vendita rappresentati, 155 aziende. Copriamo l'intero territorio. Manca la Sardegna, che non ha l'infrastruttura del metano. Le officine affiliate a oggi sono 176. Mancano tre regioni. Il comparto dei carri bombolai, fondamentale come ho detto prima, ha la capacità di trasportare un milione di metri cubi giornalieri, copre tutte le regioni ed è molto importante soprattutto da un punto di vista emergenziale. Quando, infatti, si interrompe l'infrastruttura della rete Snam o Italgas, interveniamo noi con questi carri.
  Un altro ambito nel quale ci siamo sviluppati è quello dei soci sostenitori, imprese che si trovano nella filiera dei costruttori, costruttori di kit, costruttori di compressoristica, tutto quello che riguarda il mondo del metano per autotrazione.
  L'analisi sintetica di Federmetano rispetto al PNIEC riguarda quattro dei cinque temi. Non ci siamo spinti sulla ricerca e innovazione, poiché questa è una tecnologia matura, ed è anche questo uno dei suoi punti forti nell'utilizzo. Abbiamo, invece, analizzato decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica e mercato interno dell'energia.
  Passo all'analisi di ciascun punto.
  Per quanto riguarda la decarbonizzazione, l'obiettivo che si è posto il PNIEC è una riduzione del 33 per cento di milioni di tonnellate di CO2 equivalente rispetto al 2005. È un obiettivo molto sfidante, ma che per il settore dei trasporti si può certamente raggiungere. Il settore trasporti, lo ricordo, è uno dei settori non ETS (Emission trading system), così come l'agricoltura, il settore dei rifiuti e quello residenziale. Come si può raggiungere? Riteniamo che due principali modalità siano una sostituzione parco veicolare, come individuato dal PNIEC, la mobilità condivisa e la diffusione di mezzi a basso impatto e consumo di CO2. Passando, infatti, alle nostre osservazioni, che ritrovate nella slide n. 6 della documentazione trasmessa alla Commissione, Federmetano giudica fondamentale agevolare il ricambio del parco circolante, composto ancora oggi da vetture da Euro 0 a 3 per un 36 per cento, spingendo con incentivi all'acquisto di auto Euro 6, preferenzialmente alimentate con metano, GPL, ibrido elettrico, sempre in un contesto di neutralità tecnologica. Questo, secondo noi, dovrebbe comunque essere abbinato Pag. 15 contestualmente alla rottamazione di un veicolo Euro 0-3, così come fa già oggi la regione Emilia-Romagna.
  Analoghe misure sono da utilizzare continuativamente per i mezzi pesanti da N1 a N3, per intenderci tutti i mezzi che arrivano fino alle 12 tonnellate. Mi risulta che sia notizia proprio di ieri che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Toninelli, abbia nuovamente siglato un decreto che incentiva l'utilizzo di questi mezzi dando delle premialità. Abbiamo un plafond totale che è passato da 33 a 25 milioni di euro, ma per i mezzi pesanti sono stati stanziati 9,5 milioni di euro, questo per l'acquisto di mezzi che usino tecnologie alternative, ovvero CNG, metano compresso, LNG, ibrido elettrico, elettrico e trasformazioni anche sull'elettrico. Non è compreso nella documentazione, perché è una notizia che abbiamo avuto stamattina, e ci tenevo a riportarvela.
  Quanto alle energie rinnovabili, la copertura delle rinnovabili deve essere del 30 per cento, con 33 milioni di TEP da fonti rinnovabili su 111. Nel settore dei trasporti, anche qui, c'è una percentuale sfidante del 21,6. Precedentemente, era del 14 per cento: è stata aumentata. Questo è quello che dice il Piano. Sicuramente, questa rinnovabile deve per noi arrivare principalmente dal biometano, un biometano che di quel 21 per cento deve coprire il 75 per cento. Il decreto è uscito nel marzo scorso e sta procedendo bene, anche se ci sono ampi margini di sviluppo, che andremo a vedere.
  Negli obiettivi del PNIEC, tralasciando il discorso del decremento dei biocarburanti prima generazione che dovranno ridursi e l'aumento di quelli avanzati con un target che deve arrivare addirittura all'8 per cento, viene rimenzionato, infatti, il 75 per cento di biometano e il target di 1,1 miliardi per metri cubi al 2030.
  Voglio qui ricordare che il metano utilizzato oggi in autotrazione è di un miliardo di metri cubi, quindi tutte le auto che oggi circolano a metano potrebbero circolare con biometano, ma potremmo arrivare a target ancora più sfidanti se, oltre ad avere questi 1,1 miliardi di metri cubi, arrivassimo ai 5 miliardi, come abbiamo proposto noi, al 2030, con il biometano avanzato. Potremmo far muovere con lo scarto, quindi con la FORSU o con i residuati dell'agricoltura, 5 milioni di veicoli. È chiaro che per arrivare a quest'obiettivo dobbiamo avere l'immatricolato. È veramente questo il punto cruciale: che i costruttori di mezzi diano una gamma sempre più ampia di scelta, altrimenti abbiamo, da un lato, la possibilità di utilizzare biometano, ma non abbiamo i mezzi che li utilizzino. Voglio anche ricordare che nella SEN del 2017 il biometano potenziale arrivava addirittura a 8 miliardi.
  Fornisco alcuni numeri sintetici del metano autotrazione in Italia, una fotografia. La rete distributiva è composta da 1.370 impianti al 30 giugno, di cui 47 autostradali. Voglio ricordare che nel 2006 gli impianti autostradali erano pochissimi e che questo è uno sviluppo avuto negli ultimi 12-13 anni grazie a un progetto sviluppato con Autostrade per l'Italia e altre associazioni.
  Come già detto, quanto ai consumi, su 67-70 miliardi di metri cubi di metano che circolano nella rete, un miliardo viene utilizzato per l'autotrazione. L'immatricolato, dopo una crisi del 2016-2017, si sta riprendendo, con 37.000 veicoli, grazie anche al fatto che si sono affacciati nuovi costruttori e abbiamo nuovi modelli, e quindi la richiesta del pubblico viene soddisfatta. Il circolante è di un milione di veicoli. Questo circolante rappresenta, però, solo il 2 per cento del totale. Sarebbe opportuno perché i costruttori continuassero a investire in questo settore che si arrivasse almeno a un 5-6 per cento del circolante. Questo è un target, è un numero che è stato identificato da gruppi come Volkswagen, che stanno valutando, e solo loro oggi stanno costruendo mezzi nuovi, poiché il costruttore nazionale purtroppo – è un punto dolente – ha abbandonato la produzione dei veicoli a metano se non per due modelli, nonostante il metano fosse un'eccellenza italiana su tutta la filiera. Questo è un grave peccato, direi, come giustamente facciamo notare.
  Per quanto riguarda la rete distributiva, l'immatricolato è cresciuto, ma la rete distributiva Pag. 16 è cresciuta molto di più. Negli ultimi cinque anni, abbiamo avuto un incremento di anno su anno del 5 per cento, l'anno scorso addirittura del 10-11 per cento. E abbiamo 1.370 impianti. Non è ancora una distribuzione omogenea. Prevalentemente è nel nord Italia. Gli impianti si sono costruiti dove già c'era un mercato. Per quanto riguarda soprattutto l'LNG, però, si stanno facendo molti impianti dove mancava la rete, e ci si sta spostando anche verso il sud.
  Quanto al circolante a livello di percentuali, di questi 50 milioni di veicoli in Italia, abbiamo detto che il 2 per cento è alimentato a metano. La maggior parte sono autovetture, come si può ben vedere dalla slide n. 13 della documentazione. Poi abbiamo gli autocarri per il trasporto merci, che piano piano stanno aumentando sempre di più la loro quota, soprattutto grazie all'LNG. Un punto critico è quello degli autobus. Sarebbe bene che il trasporto pubblico locale sfruttasse di più quest'opportunità: non solo un trasporto di massa, ma un trasporto di massa a metano. In Emilia-Romagna, soprattutto a Bologna, ma anche a Ravenna, abbiamo delle realtà virtuose su questo tema.
  Le immatricolazioni ci fanno capire come sia per i mezzi pesanti sia per gli autobus qualcosa si è mosso. La vera e propria rivoluzione, l'abbiamo avuto nei mezzi LNG, cioè a metano liquefatto. Nella slide n. 14 si può vedere che nel 2017 avevamo 302 mezzi; nel 2018, ne abbiamo 699; quest'anno, abbiamo avuto un ulteriore importante incremento.
  Voglio sottolineare, ed è importante ricordarlo, che in Italia abbiamo 2.000 mezzi alimentati a LNG. In Europa ce ne sono in totale 6.000, 2.000 sono in Italia. Perché? I maggiori committenti, nel certificare un trasporto green, spingono la logistica a esprimersi su questo tipo di mezzi. Dipende, quindi, dal committente, non si tratta solo di un'incentivazione ministeriale. Abbiamo dall'altra parte anche una richiesta proprio di sostenibilità da parte del mercato che viene accolta.
  Quanto alla decarbonizzazione, abbiamo tanti obiettivi: la miscelazione dei biocarburanti, ad esempio con l'idrometano; la loro sostenibilità, per cui devono derivare da scarto, non da colture dedicate; la riduzione delle emissioni effetto serra.
  Ciò che ci interessa è ricordare che su questi argomenti siamo d'accordo, in linea generale, ma l'ultimo, ovvero inserire una quota obbligatoria di target di immissione al consumo, eventualmente per il metano, non ci trova d'accordo. Semplicemente, rappresentando oggi il metano un 2 per cento del circolante, deve trovare ancora un naturale sviluppo. Più tardi riterremo necessario inserire delle quote obbligatorie, tanto più che abbiamo già il metano che ci aiuta a usare il rinnovabile. Se, però, non facciamo crescere il circolante, che è il circolante che poi utilizzerà il biometano, siamo destinati a non dare continuità a questo tipo di tecnologia. Secondo noi, quindi, questo meccanismo non è da utilizzare per il momento.
  Passiamo all'incremento di una mobilità collettiva, alla mobilità privata sempre con mezzi a metano, alla promozione di una riduzione dei consumi di energia. Qui che cosa dice Federmetano? Vado direttamente alla nostra proposta sull'efficienza energetica: un approccio che sia tecnologicamente neutrale. Purtroppo, vediamo che c'è uno sbilanciamento verso certi tipi di tecnologie. Riteniamo che il metano, essendo una tecnologia matura, possa già esprimersi oggi che è un ponte verso il futuro, ma che possa avere un peso paritetico all'elettrico, all'ibrido elettrico. Non poniamo dei limiti a questo tipo di tecnologia, che comunque è a basso impatto.
  Inoltre, nella valutazione di quale tecnologia scegliere, bisogna non solo guardare le emissioni allo scarico, ma avere un approccio appunto dal pozzo alla ruota, well-to-wheel, e considerare anche il ciclo di vita del mezzo. Solo con questo tipo di ottica potremo valutare in maniera completa l'impronta, il carbon footprint di un mezzo. Confrontandolo, appunto, well-to-wheel, autovettura benzina e gasolio, abbiamo già per il metano fossile una riduzione del CO2 del 23 per cento, col gasolio del 7 per cento; sull’heavy-duty, sui mezzi Pag. 17pesanti, abbiamo una riduzione del 16 per cento.
  Nella slide n. 20 è riportato un confronto sulle emissioni del gas serra di un'agenzia tedesca, la Dena, un alter ego dell'ACI: già nel 2010, era ben visibile come nell'impronta del CO2 un mezzo alimentato a biometano fosse assolutamente paragonabile a un mezzo puramente elettrico alimentato da rinnovabile. Si vede chiaramente nella slide, dove due freccette fanno capire il paragone tra il biometano e l’e-mobility.
  Quanto al rinnovabile da pale eoliche, sui mezzi pesanti abbiamo l'LNG rispetto al gasolio Euro 6. Si tratta di dati che ci sono stati forniti da Iveco e da Scania, quindi CNH Industrial e Scania Group. Abbiamo una riduzione del particolato. Come è noto, il metano non produce particolato PM10, PM2,5, quindi inquinanti locali. Tra l'altro, sono per lo più i freni i responsabili della produzione di queste particelle. C'è una riduzione dell'NOx e anche una riduzione del CO2, con il biometano addirittura del 90 per cento. Ricordiamo anche che i mezzi a metano sono molto, molto meno rumorosi dei mezzi ad alimentazione normale.
  Andiamo ancora avanti sulla sicurezza energetica.
  Riteniamo che ci debba essere una diversificazione delle fonti di approvvigionamento anche tramite lo sviluppo dell'LNG, che è l'altra grande tematica. Federmetano si occupa del CNG, dell'LNG e del biometano. L'LNG è sviluppato nei trasporti marittimi, nei servizi portuali. Soprattutto, noi ci occupiamo dello sviluppo del trasporto stradale, con una priorità al centro-sud Italia, poiché nel 2014 non c'erano punti vendita di LNG, mentre oggi ne abbiamo 48. È un settore che galoppa, in continua evoluzione, una rete che si è creata molto velocemente.
  Questi sono i numeri. C'è una produzione di 300 milioni di tonnellate per anno mondiale: 50 arrivano nel mercato europeo (l'LNG è prodotto dal Qatar, dall'Australia, dalla Cina, dagli Stati Uniti); 50 sono importati in Europa; 48 sono immessi in rete, perché del metano che abbiamo in rete gassoso molto deriva dall'LNG, è rigassificato di origine fossile; 2 milioni vanno per small-scale; per il trasporto da mezzi pesanti, 50.000 tonnellate per anno. Quest'ultimo numero era riferito al 2018. Queste 50.000 tonnellate, nel 2019, dato fornito ieri, diventeranno in proiezione 80.000 e nel 2020 saranno 100.000, quindi uno sviluppo veramente importante.
  Della rete ho parlato prima: dalla prima apertura a Piacenza di LNG, oggi abbiamo 48 impianti. Nella slide n. 25 è riportata una cartina dei nostri impianti, mappa che si può trovare sempre aggiornata sul sito di Federmetano: c'è stata una crescita esponenziale. Purtroppo, nel sud Italia si trovano pochissimi distributori, perché ancora oggi l'LNG deriva dall'estero, da Barcellona, da Marsiglia, dall'Olanda. È chiaro, dunque, che il costo per trasportare questo tipo di carburante verso il sud Italia è molto elevato. Ci fermiamo soprattutto al Lazio. Ne abbiamo uno in autostrada a Baronissi e uno a Brindisi nel 2017.
  Per quanto riguarda l'LNG, sicuramente bisogna assicurare un quadro stabile per il settore industriale. Non devono essere previste variazioni sulle accise anche per l'LNG usato nei trasporti, perché ciò andrebbe a destabilizzare l'utilizzo odierno. La Sardegna avrà l'utilizzo del metano grazie all'LNG tramite Egas a Oristano, mentre il primo hub italiano small-scale, lo avremo a Ravenna da gennaio 2021, quindi la zona adriatica verrà coperta dal 2021.
  Faccio un accenno alla struttura del metano. Al centro della slide n. 27 è l'impianto di distribuzione carburanti. Come si può vedere, può derivare sia da un deposito LNG sia da un metanodotto sia dalla produzione di biometano. Il biometano può essere trasportato sia col carro bombolaio sia col metanodotto oppure portato con cisterna una volta liquefatto. Poi dall'impianto di distribuzione abbiamo le medesime caratteristiche per mezzi pesanti, autobus e autoveicoli.
  Solo ancora due parole su Europa 2019-2030, dove noi ci contestualizziamo: dei 3.630 impianti europei, 1.370 sono italiani; delle 200 stazioni LNG, una cinquantina è in Italia; dei 6.000 camion, 2.000 sono in Pag. 18Italia. Le prospettive sono di 10.000 impianti e di 2.000 stazioni LNG.
  Finisco sul biometano. L'apertura sul biometano e la vera e propria evoluzione, le abbiamo avute nel marzo dello scorso anno. Grazie al decreto, a cui noi come Federmetano abbiamo collaborato attivamente, si è avuta finalmente la produzione da FORSU con 56 milioni di standard metri cubi all'anno. Considerate che per autotrazione ne abbiamo un miliardo che ci serve. È interessante notare che finalmente abbiamo attivi dieci punti vendita che vendono biometano, di cui quattro in Emilia-Romagna, tre in Lombardia e tre in Campania. Abbiamo anche un impianto che produce biometano da scarti industriali.
  L'ultimo tema a cui tengo è di tipo culturale. L'utilizzo del metano passa anche per la cultura, la conoscenza di questo prodotto. Noi stiamo mandando avanti anche con le università, con imprese e con le associazioni ambientaliste questo tipo di progetto, che è il progetto biometano, per identificare in maniera diretta proprio l'utilizzo di questo carburante.

  PRESIDENTE. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio la presidente di Federmetano per l'esposizione articolata e piena di dati. Per poter arrivare a una decisione consapevole, è importante pure partire da dati effettivi e non teorici.
  Non sto a evidenziare come il metano sia una fonte di energia fondamentale per le caratteristiche di positività ambientale che genera, chiaramente tra le fonti fossili, se rapportato ad altre fonti.
  La presidente Balboni è andata molto velocemente sul finale e l'apprezziamo per i tempi, ma mi piacerebbe veramente che potesse spendere altre due parole, magari anche con un documento che potrà fornire alla Commissione, proprio sull'aspetto del biometano.
  Oltre ai rapporti stretti con il mondo agricolo, non tanto per la rete, ma qual è la possibilità che il biometano diventi sempre più importante come capacità di impiantistica, come capacità distributiva, come veramente reale fonte alternativa rispetto al fossile?

  LUCA SQUERI. Fino a qualche anno fa, il metano era visto come la fonte rinnovabile moderna della mobilità. Ricordo i piani fatti anche sulla rete distributiva. A livello normativo regionale, per esempio, si prevedeva la possibilità per un impianto, a condizione che avesse la presenza del metano.
  La domanda è: come mai c'è stata un'inversione di tendenza? Abbiamo sentito dire che l'industria italiana ha fatto una retromarcia clamorosa sulla produzione di macchine a metano. Sappiamo, invece, che è uno degli elementi più incentivanti nella diffusione di questo sistema energetico.

  PIER LUIGI BERSANI. A proposito della rete distributiva, dei distributori, ho sentito che viene meno un aspetto di concentrazione, seppur gradualmente. Vuol dire che si sono superati anche i problemi autorizzativi e di standard autorizzativi nel livello regionale o c'è ancora questo problema?
  Interessa poi anche a me quello che chiedeva il collega Squeri, ma è un «contrordine, compagni», e ogni tanto arrivano. La cosa, quando partì, partì fianco a fianco dell'industria nazionale. Adesso, bisogna andare da soli. Questa è la sostanza.

  PRESIDENTE. Do la parola alla nostra ospite per la replica.

  LICIA BALBONI, Presidente di Federmetano. Cercherò di essere telegrafica. Parto dal fondo, perché le ultime due domande e considerazioni si possono accomunare.
  A livello autorizzativo, realizzare un impianto di distribuzione carburanti metano è molto più semplice di una volta, in quanto è insita nella DAFI la presenza del metano se vogliamo aprire un nuovo impianto carburanti.
  Molti nostri associati, da monocarburante, sono diventati policarburanti, e in monocarburante sono pochissimi. I tempi di allacciamento alla rete SNAM sono lunghi, perché dobbiamo considerare 18-24 Pag. 19mesi, ma oggi abbiamo l'opportunità appunto dell'LNG, del metano liquefatto, che riesce ad arrivare dove non arrivava la rete SNAM. È vero, quindi, che arriva su gomma, ma questo LNG non lo vendiamo solo liquefatto ai mezzi pesanti, ma lo vendiamo anche gassoso alle auto, quindi in un unico serbatoio criogenico basta cambiare la pressione e la temperatura e abbiamo anche la vendita per le auto. Questo è stato superato.
  Dal punto di vista della programmazione regionale, qualche regione si è adeguata alla DAFI, altre no. L'Emilia-Romagna, ad esempio, non si è ancora adeguata, perché comunque aveva già dei buoni standard. La Lombardia è stata la prima, continua, e ha recuperato il gap con l'Emilia-Romagna. Grazie al progetto metano, se abbiamo più poco più di 200 impianti in Emilia-Romagna, la Lombardia è a ruota, quindi ha fatto un grandissimo lavoro.
  Pertanto, la nota dolente è che la rete c'è, è una rete presente, ma il costruttore nazionale purtroppo non è della partita. È della partita Volkswagen, con Seat, con Skoda, con tutto il suo gruppo, ma FIAT non ci crede. Sta sviluppando l'elettrico, non ha fatto delle dichiarazioni ufficiali.
  Quando io e la dottoressa Negrini andammo a Ginevra lo scorso anno e avemmo la fortuna di chiedere a Marchionne che cosa pensava dello sviluppo del metano autotrazione sulla linea FIAT, lui rispose in conferenza stampa: «Manca la rete». «Come, manca la rete?» «Sì. Non quella italiana, quella europea». Questa fu la sua risposta. Ci sono, però, altri che ci credono. In Germania abbiamo 900 impianti.
  Passo al biometano. Perché il biometano si sviluppi ci devono comunque essere i mezzi, e ci deve essere anche tutta una semplificazione sull'utilizzatore dei mezzi a metano fossile, perché questo è un normale trapasso. Se io ho il distributore, il distributore che vende il metano fossile potrà vendere biometano, l'auto che va a metano fossile potrà andare a biometano, perché le caratteristiche di immissioni in rete devono essere le stesse del metano fossile.
  È chiaro, però, che se oggi ho dei problemi sull'utilizzo del metano, questi vanno superati. Uno dei problemi è il self-service, che entro fine anno sicuramente diventerà realtà. L'altro problema è, per esempio, quello della revisione dei serbatoi, sul quale noi ci stiamo battendo.
  Per quanto riguarda il settore agricolo: revisione dei serbatoi con cui sono equipaggiati i mezzi, sia nei tempi della revisione sia nei modi, che sono rimasti antistorici. Bisogna semplificare.
  Il biometano ha una grande potenzialità e noi siamo fiduciosi che sicuramente si svilupperà sempre più. Credo che possiamo arrivare ai valori dei 5 miliardi di metri cubi per il 2030.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente per l'interessante presentazione. L'argomento è interessante. Il biometano è un po’ una storia italiana da questo punto di vista.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.40.