XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 6 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030.

Audizione di rappresentanti di Assomineraria – Associazione mineraria italiana.
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Ketoff Andrea , Direttore generale di Assomineraria – Associazione mineraria italiana ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 
Silvestroni Marco (FDI)  ... 6 
Squeri Luca (FI)  ... 6 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 
Brun Marco , Vicepresidente – Settore idrocarburi e geotermia – di Assomineraria – Associazione mineraria italiana ... 6 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 

Audizione di rappresentanti del Consorzio Grandi reti:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 
Gatti Giuseppe , Presidente del Consorzio Grandi reti ... 7 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Squeri Luca (FI)  ... 10 
Porchietto Claudia (FI)  ... 10 
Squeri Luca (FI)  ... 11 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 
Gatti Giuseppe , Presidente del Consorzio Grandi reti ... 11 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti del Consorzio Ecogas:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 
Tramontano Alessandro , Presidente del Consorzio Ecogas ... 11 
Carabetta Luca , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Assomineraria – Associazione mineraria italiana.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Assomineraria – Associazione mineraria italiana.
  Nel dare la parola al direttore generale di Assomineraria, dottor Andrea Ketoff, e nel ringraziare per la sua presenza il vicepresidente del settore idrocarburi e geotermia, il dottor Marco Brun, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  ANDREA KETOFF, Direttore generale di Assomineraria – Associazione mineraria italiana. Ringrazio la presidente e ringrazio la Commissione per aver coinvolto Assomineraria in quest'importante indagine conoscitiva.
  Sono il direttore generale di Assomineraria. Accanto a me c'è il vicepresidente Marco Brun, che mi aiuterà a rispondere anche ai quesiti che dovessero emergere.
  Per chi non conoscesse Assomineraria, la nostra associazione rappresenta gli uomini, le imprese e le tecnologie che lavorano per la valorizzazione delle risorse naturali. Il loro obiettivo è, da un lato, garantire la disponibilità della risorsa energetica primaria e, dall'altro, renderla disponibile nel modo più efficiente e sostenibile e contribuendo allo sviluppo economico e sociale per le comunità e i territori coinvolti.
  Il Piano energia e clima predisposto dal Governo parte dal quadro normativo disegnato in ambito internazionale che apre la strada a un processo di transizione verso un nuovo modello energetico decarbonizzato. Questo modello deve, quindi, considerare tutte le componenti di una politica energetica: la domanda di energia, l'offerta, la natura delle emissioni e la loro origine, gli strumenti per ridurre l'impatto a livello sia globale sia locale, e infine i costi sociali della decarbonizzazione, tutti elementi da affrontare in modo strategico e considerando i criteri di neutralità tecnologica e di efficienza. L'obiettivo è coniugare la sostenibilità ambientale, economica e sociale con la competitività e la sicurezza del sistema.
  Gli obiettivi del Piano presentato dal Governo sono in linea con quelli degli altri Paesi europei, e in molti casi sono anche più ambiziosi. Tuttavia, nel Piano risultano poco specificate le analisi costi/benefìci alla base della scelta degli strumenti utilizzati per raggiungere questi obiettivi. Non si chiarisce bene l'impatto, da un lato, sulla spesa del consumatore e, dall'altro, sulla competitività delle imprese. Mancano informazioni sull'evoluzione futura e sui costi delle tecnologie su cui puntare. Pag. 4
  Il Piano sembra ritenere che l'unico percorso di decarbonizzazione del sistema elettrico sia basato su rinnovabili e decentralizzazione, ma non fornisce indicazioni di dettaglio sugli impatti e i costi di questa soluzione, in particolare per quanto riguarda l'accumulo.
  Il futuro modello energetico, è vero, dovrà essere caratterizzato da elevati standard di efficienza dell'utilizzo di energia, soprattutto energia a elevata densità, a basso impatto sull'ambiente e fornita in modo continuo ed economico. La transizione verso questo modello dovrà, però, essere basata su un mix composto da tecnologie che usano fonti a zero emissioni e fonti fossili a minore impatto.
  Il Piano energia e clima evidenzia correttamente l'opportunità di garantire la sicurezza del sistema nazionale gas attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, ma non menziona la valorizzazione della produzione nazionale. Di conseguenza, mancando l'indicazione sulle attività rivolte a garantire questa produzione domestica di idrocarburi, nel capitolo 4.4 potrebbero risultare, da un lato, una sovrastima delle produzioni nel lungo periodo e del gettito fiscale e, dall'altro, una sottostima della dipendenza energetica dall'estero.
  Ricordiamo che gli idrocarburi prodotti in Italia costituiscono la più sicura tra le fonti di approvvigionamento. Quali sono i numeri legati alla valorizzazione delle risorse italiane? Il punto di partenza è che oggi le fonti utilizzate in Italia sono al 40 per cento il gas, al 36 per cento il petrolio, all'8 per cento il carbone e al 6 per cento le fonti rinnovabili. Sono dati 2018. L'Italia importa il 75 per cento dell'energia che consuma, contro una media europea del 54 per cento. Compriamo dall'estero oltre il 90 per cento del nostro fabbisogno di idrocarburi. Le importazioni di energia costano al nostro Paese circa 40 miliardi di euro, una bolletta energetica che vale il 2 per cento del PIL.
  Nel 2018, la produzione domestica di idrocarburi, che ammonta a circa 9,3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP), ha ridotto questa bolletta energetica di 3,1 miliardi di euro. Le riserve di idrocarburi ammontano a circa 330 milioni di TEP. Costituiscono un potenziale importante per il Paese. Il solo bacino adriatico potrebbe contribuire al nostro fabbisogno con una produzione di oltre 4 miliardi di metri cubi l'anno, mentre oggi sono molto meno di 3 miliardi.
  Per quanto riguarda l'impegno economico, come pubblicato recentemente in uno studio di Confindustria Energia, che non so se sia già stato presentato a questa Commissione, nel periodo 2018-2030 sono previsti circa 13 miliardi di euro di investimenti solo su progetti già definiti, con un impegno economico complessivo di circa 18 miliardi, e queste quantità di investimenti potrebbero salire anche di molto.
  Per quanto riguarda l'occupazione, il settore attualmente impiega circa 20.000 addetti soltanto in corrispondenza dei siti operativi, ai quali è da considerare che se ne aggiungono oltre 100.000 impegnati nel cosiddetto parapetrolifero per l’export, ovvero beni e servizi prodotti per questo settore in altri Paesi del mondo, e un fatturato di oltre 20 miliardi l'anno, che non è secondario nel nostro bilancio import-export. Si parla, quindi, di un totale di 120.000 addetti altamente specializzati.
  È da considerare, inoltre, il contributo per le casse dello Stato: royalties, canoni e tassazione ordinaria garantiscono alle casse dello Stato e agli enti locali una media di 800 milioni di euro l'anno.
  A proposito, vorrei annotare che il piano sembra prevedere l'abolizione delle franchigie per la produzione, con un aggravio di royalties di circa 54 milioni di euro l'anno. Vorremmo segnalare che ciò compromette la redditività di oltre il 60 per cento delle attuali concessioni minerarie per circa un 20 per cento della produzione, principalmente a gas. L'effetto negativo sulle casse dello Stato si può valutare in circa 40 milioni di euro tra tasse, contributi e royalties, quindi i 54 milioni previsti di maggiori entrate sono a serio rischio.
  Ci sono poi altri fatti e numeri che aiutano a capire perché le risorse nazionali sono importanti proprio per il Piano energia Pag. 5 e clima e la transizione verso un modello decarbonizzato.
  In tema di innovazione tecnologica, gli investimenti della filiera, e quindi di imprese private, solo in ricerca e sviluppo sono di circa 300 milioni l'anno per lo sviluppo di nuovi strumenti altamente tecnologici utilizzati anche in altri settori energetici, compresi stoccaggio, batterie e diverso altro che poi menzioneremo.
  Infine, volendo affrontare il tema della coesistenza e integrazione tra attività di produzione di energia e territorio, vorremmo segnalare il modello virtuoso cui fare riferimento, che è quello dell'Emilia-Romagna. È emblematico, infatti, che in Emilia-Romagna le eccellenze agricole e alimentari della food valley emiliana si sviluppino a fianco a dei campi a gas. Le 40 piattaforme a gas nell’offshore romagnolo sono perfettamente inserite in un contesto che può vantare sette bandiere blu nel 2018, che corrispondono a 25 località balneari. Ravenna è il centro di riferimento del settore e ha sviluppato una filiera oil & gas di eccellenza internazionale insieme ad altri importanti settori produttivi e dei servizi.
  In definitiva, considerando le esigenze declinate dal Piano energia e clima, la valorizzazione delle risorse nazionali carburi e le attività connesse facilitano la transizione verso un modello più sostenibile e, allo stesso tempo, contribuiscono alla crescita del PIL in termini sia di saldo import-export, sia di consumi interni, sia di investimento.
  Ci sono poi alcuni altri aspetti che vorremmo sottolineare e suggerire di considerare.
  L'industria estrattiva, per la sua struttura e per la presenza sinergica in altri comparti industriali, è impegnata su temi di grande interesse per il Piano energia e clima, e cito tre esempi. Uno è quello dell'economia circolare. Il riutilizzo degli scarti e dei rifiuti è un tema poco sviluppato nel piano presentato dal Governo. L'economia circolare è, infatti, una leva fondamentale per la decarbonizzazione, oltre a costituire una soluzione a gravosi problemi ambientali, e non solo, legati allo smaltimento dei rifiuti. Si consideri che in Italia ci sono oltre 12 milioni di tonnellate di rifiuti all'anno. Nella relazione scritta trasmessa alla Commissione troverete maggiori dettagli su questo tema.
  Nel Piano, la cattura della CO2 è soltanto accennata, ma in realtà la realizzazione di progetti in questo campo potrebbe dare un significativo contributo agli obiettivi del Piano stesso.
  Inoltre, gli operatori della filiera estrattiva sono tra i maggiori investitori in un altro campo, che è quello dello sviluppo di strumenti della cosiddetta carbon capture, utilization and storage, ovvero tecnologie in grado di catturare le emissioni di CO2 e utilizzarle per la creazione di nuovi materiali da adoperare in altri comparti. In particolare, si pensi all'industria delle costruzioni e alla produzione di biocarburanti.
  Infine, c'è la ricerca, cui secondo noi andrebbe dedicato maggiore spazio nel Piano energia e clima. Solo la ricerca e l'innovazione tecnologica potranno, infatti, consentire di superare i limiti attuali delle varie fonti energetiche, da un lato, e l'impronta carbonica per le fossili e, dall'altro, la bassa densità e la discontinuità per le rinnovabili. Anche per il conseguimento dell'efficienza energetica la ricerca è assolutamente essenziale.
  In conclusione, secondo noi una politica energetica coerente deve basarsi su un'idea organica e complessiva di sviluppo industriale ed economico dell'intero sistema Paese. Il nuovo modello energetico deve essere caratterizzato da elevati standard di efficienza in grado di fornire energia pulita, a elevata densità, continua ed economica. Non esiste oggi e per il prossimo futuro un'unica fonte energetica che risponda a tali requisiti. È necessario, quindi, puntare su un mix energetico che promuova le fonti rinnovabili e preveda l'utilizzo delle fonti fossili, necessarie in particolare nel settore del trasporto, della grande industria e della chimica.
  Il mondo non dispone ancora di tecnologie low carbon tecnicamente ed economicamente scalabili a un livello tale da innescare una rapida sostituzione degli idrocarburi. Pag. 6 Secondo le previsioni al 2040-2050 dei maggiori organi internazionali accreditati, questi rimarranno fondamentali ancora per molti anni.
  La mancata valorizzazione della produzione domestica a favore dell'importazione determinerebbe una serie di impatti negativi a livello di sistema Paese, e non solo. Nel breve, medio e lungo periodo, infatti, si avrebbero meno investimenti, meno risorse, meno entrate per le casse dello Stato, meno occupazione, meno know how, una bolletta energetica più pesante, più dipendenza dall'estero e, oltretutto, emissioni di gas serra superiori di circa il 25 per cento rispetto alla produzione a chilometro zero.
  Secondo noi, bisogna dunque evitare fughe in avanti, che potrebbero mettere a rischio il conseguimento di importanti obiettivi ambientali. Rinunciare a misure che potrebbero fin da subito contribuire alla riduzione della quantità complessiva di emissioni e attendere, invece, soluzioni che potrebbero tardare o non arrivare affatto, significa non prevedere una transizione e correre il rischio di fallire gli obiettivi o di conseguirli in ritardo, con ulteriori aggravi di costi sia economici sia sociali.
  Concordiamo tutti sul fatto che il cambio del paradigma energetico si debba realizzare in modo globalmente sostenibile, puntando a una crescita delle rinnovabili, escludendo il carbone e riconoscendo al gas un ruolo fondamentale nei processi di transizione. Valorizzare la produzione domestica di energia, sia fossile sia rinnovabile, consente di formare un mix energetico adeguato e in grado di disaccoppiare la crescita economica e i trend emissivi, disegnando un futuro sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

  PRESIDENTE. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO SILVESTRONI. Vorrei comprendere meglio un aspetto. Noi estraiamo all'incirca l'80 per cento del prodotto minerario, del petrolio, dall'Azerbaijan. Questo viene detto di solito e questo asserisce, comunque, l'Azerbaijan. Non so da dove prendiamo il resto, o comunque come ce ne approvvigioniamo. Prima, se non ho capito male, ha detto che l'estrazione mineraria possibile dall'Adriatico basterebbe per il fabbisogno nazionale?

  LUCA SQUERI. Ho una domanda di attualità. Abbiamo letto che il Governo italiano si è opposto al nuovo progetto, la Eastmed, che porterebbe il gas da Israele in Italia: voi pensate che questo progetto sia da attuare o no?

  PRESIDENTE. Do la parola al vicepresidente Marco Brun per la replica.

  MARCO BRUN, Vicepresidente – Settore idrocarburi e geotermia – di Assomineraria – Associazione mineraria italiana. Provo a dare una risposta alle domande poste. Sì, l'Azerbaijan è sicuramente una fonte di approvvigionamento importante per l'Italia, ma ve ne sono molte altre. Qui, magari, mi ricollego anche alla seconda domanda.
  Crediamo che quello della differenziazione delle fonti sia un punto fondamentale che ci mette al riparo non solo da rischi geopolitici o di variazioni di prezzo, ma anche da arbitraggi che le Nazioni possono giocare.
  Riguardo alla produzione, invece, ci riferivamo alla produzione nazionale. Oggi, la produzione nazionale di idrocarburi vale circa l'8 per cento dei consumi per quanto riguarda il petrolio e circa l'8 per cento dei consumi per quanto riguarda il gas, alle condizioni attuali. Viste le riserve di idrocarburi che, però, il Paese ha, questa produzione potrebbe aumentare, naturalmente in un contesto regolatorio che potrebbe facilitare questo tipo di exploitment del territorio.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il loro intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
del Consorzio Grandi reti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Pag. 7prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti del Consorzio Grandi reti.
  Saluto il presidente del Consorzio Grandi reti, il professor Giuseppe Gatti, e, prima di cedergli la parola, ricordo che abbiamo venti minuti in tutto a disposizione per l'audizione, considerando anche il tempo per i componenti della Commissione, laddove lo ritengano, di porre domande. Ricordo altresì che l'audizione è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.
  Do la parola al professor Gatti.

  GIUSEPPE GATTI, Presidente del Consorzio Grandi reti. Grazie, presidente. Mi atterrò rigorosamente ai tempi, cercando di riassumere il mio intervento in non più di dieci minuti, in modo da lasciare agli onorevoli membri della Commissione spazio per eventuali domande e chiarimenti.
  Grandi Reti è una società consortile nata nel 1991 e raggruppa, oggi, circa 30 tra le principali società attive nel settore della distribuzione dei derivati petroliferi e dei servizi all'automobilista. In particolare, è attiva nella distribuzione e nella vendita di carburanti per autotrazione (benzina, gasolio, gas naturale, sia il gas naturale compresso sia, oggi, il gas naturale liquefatto, LNG), e si sta attrezzando per la prossima vita elettrica.
  I nostri soci gestiscono circa 1.500 punti vendita, in parte convenzionati con società petrolifere, in parte con propri marchi, con un erogato complessivo che copre circa il 5 per cento del mercato nazionale.
  Voglio anzitutto ringraziare la X Commissione della Camera per questo ciclo di audizioni, che consente agli operatori del settore energetico di poter esprimere le proprie valutazioni e di dare il proprio contributo alla definizione delle politiche energetiche che dovranno sostanziare il Piano nazionale per l'energia e il clima.
  Credo che si supplisca, in tal modo, a una delle carenze metodologiche che hanno caratterizzato la stesura del Piano. Mentre la Strategia energetica nazionale del 2017 è stata costruita anche con una larga consultazione pubblica, il Piano è stato calato dall'alto, senza alcun coinvolgimento del settore nelle sue diverse componenti. Quest'assenza di interlocuzione con gli operatori attraverso le loro rappresentanze compromette la capacità di rappresentare lo Stato e la struttura dei mercati.
  In questo Piano, l'energia è vista quasi esclusivamente sotto il profilo ambientale, e questo certamente era un elemento da tenere in considerazione, ma non l'unico, mentre ci si esaurisce nell'aspetto ambientale sottovalutando gli aspetti di sistema, gli aspetti economici e di struttura dei mercati.
  In specie, per quanto riguarda il settore petrolifero, non si è colto, trascurando l'analisi sulla struttura dei mercati, che oggi c'è un rilevante punto critico nella distribuzione dei carburanti, che rappresenta un pesante elemento di inefficienza del nostro sistema energetico e, insieme, testimonia il fallimento di un mercato non adeguatamente tutelato nel suo corretto esplicarsi. Che cosa intendo dire? I due fenomeni (inefficienza, da un lato, e mancata tutela del mercato, dall'altra) si intrecciano tra loro. L'inefficienza deriva da una mancata razionalizzazione della rete di distribuzione, che presenta un numero eccessivo di punti vendita. In Italia, abbiamo circa 22.000 punti vendita, quando una dimensione ottimale non dovrebbe superare i 15-16.000. Questo comporta maggiori costi che si scaricano sul consumatore.
  Abbiamo un numero pletorico di piccoli impianti con basso erogato e scarsa qualità dei servizi al consumatore, ma questa pletora di punti vendita inefficienti sta in piedi grazie alla diffusione di pratiche illegali che danneggiano, insieme, tanto il settore quanto l'Erario. Si stima che complessivamente, tra mancato gettito IVA e mancato gettito accise, si sia arrivati lo scorso anno a un'evasione intorno ai 6 miliardi di euro. Il punto era stato esplicitamente riconosciuto nella Strategia energetica nazionale e aveva portato ad apprezzabili misure di contrasto all'evasione fiscale con la legge di bilancio 2018. Pag. 8
  Con il nuovo regime a cui assoggettare i depositi fiscali con pagamento anticipato dell'IVA, si è preso atto che negli ultimi anni, rispetto alle tradizionali forme di illegalità, riconducibili essenzialmente al contrabbando, l'evasione dell'IVA aveva assunto la dimensione prevalente per dimensione economica e volumi di prodotto con società cartiere, società carosello, false esportazioni e tutta la strumentazione truffaldina che si può mettere in atto al riguardo.
  La nuova normativa introdotta con la legge di bilancio, peraltro, non riesce ancora a essere pienamente operativa perché manca una serie di esplicazioni interpretative da parte dell'Agenzia delle entrate. A nostro avviso, è particolarmente urgente porre rimedio a questa situazione. Solo apparentemente queste sono misure de minimis. Viceversa, costituiscono elemento fondante per poter riportare a efficienza i settori della distribuzione dei carburanti a tutto vantaggio dei consumatori.
  Al tempo stesso, anche il contrabbando tradizionale sta mutando volto e pelle. Un tempo, il contrabbando era sostanzialmente giocato sui cosiddetti prodotti agevolati: far passare per gasolio da agricoltura o per gasolio da pesca quello che era, viceversa, gasolio per autotrazione o gasolio per riscaldamento. Oggi, abbiamo una diffusione su scala molto più ampia di illegalità, di contrabbando, su scala internazionale, che provengono fondamentalmente dall'Europa dell'Est.
  In questa direzione dovrebbe maggiormente esplicarsi l'azione di contrasto da parte della Guardia di finanza, di cui abbiamo apprezzato il crescente impegno, ma che sovente appare dispersa in molteplici azioni di scarsa rilevanza.
  Ripristinare rapidamente condizioni di legalità nella distribuzione dei carburanti è oggi una condizione essenziale, non solo per ristabilire un corretto funzionamento del mercato, e creare quindi le condizioni per la razionalizzazione della rete, ma per contrastare la criminalità organizzata italiana e, insieme, dell'area balcanica, che ha individuato in questo settore uno strumento per il riciclaggio e per ulteriori arricchimenti. Oggi, la piaga dell'illegalità è l'elemento caratterizzante il settore della distribuzione dei carburanti.
  Venendo direttamente al Piano, le obiezioni che abbiamo avanzato in ordine alla sua costruzione e all'insufficiente rapporto con gli stakeholder non pone, peraltro, in alcun modo in discussione i suoi obiettivi di fondo, che derivano del resto dal Winter package presentato dalla Commissione europea il 30 novembre 2016 e che possono essere schematicamente riassunti nella decarbonizzazione della filiera energetica e nel bilanciamento equilibrato dei tre elementi che compongono il cosiddetto trilemma dell'energia: competitività, sicurezza, sostenibilità.
  Questi obiettivi corrispondono, del resto, agli impegni assunti dall'Italia in sede di COP21, la Conferenza sul clima di Parigi del dicembre 2015, e agli indirizzi espressi con il concorso italiano dall'Unione europea. In se stessi, non sono dunque a nostro avviso in discussione.
  Più complessa, però, è l'individuazione dei processi e delle strumentazioni per il loro raggiungimento, ed è su questo terreno che il Piano energia e clima ci sembra, invece, particolarmente debole e prigioniero di una sorta di pensiero unico che lo priva di una capacità di visione a 360 gradi.
  Bisogna, infatti, essere consapevoli, a nostro avviso, che la decarbonizzazione comporta un processo di lungo periodo con un percorso non facile, non lineare e in larga parte ancora da tracciare, e che esistono in molti campi rilevanti barriere tecnologiche ancora da superare.
  Riteniamo, allora, miope e insufficiente puntare unicamente sulle fonti rinnovabili quali oggi le conosciamo. Non solo l'accumulo, nonostante i progressi compiuti, non è ancora gestibile su larga scala e su grandi dimensioni, ed è questo l’handicap fondamentale che si presenta allo sviluppo delle rinnovabili; soprattutto, non si possono ignorare tecnologie alternative in via di sviluppo, e quindi gli imprevedibili salti tecnologici che potremmo vedere nei prossimi anni. Pensiamo alle ricerche in corso e in avanzato stadio di sviluppo sul methane cracking, come alle prospettive aperte dal carbon capture and storage, tutte tecnologie Pag. 9che consentono di ambientalizzare i tradizionali prodotti fossili.
  Rimanendo al tema stretto della mobilità, pensiamo poi alla sfida che si sta delineando tra l'elettrico e l'idrogeno, accoppiabili alle rinnovabili, che non consente di progettare con sicurezza come vincenti al 2030 e, ancor meno, al 2040 o al 2050 le soluzioni che oggi paiono più affidabili, e puntare quindi tutto sull'elettrico. In qualche misura, di questo anche il Piano nazionale sembra consapevole laddove dà largo spazio alle prospettive dell'idrogeno.
  In questo contesto, con un divenire largamente aperto, da un lato è necessario mantenere, a nostro avviso, una posizione di assoluta neutralità tecnologica, senza forzature che distorcano il mercato; dall'altro, è necessario un chiaro sostegno, che manca peraltro nel Piano, alle attività di ricerca volte a decarbonizzare i fossili rendendone possibile l'utilizzo senza compromissione ambientale.
  Venendo in modo più specifico agli obiettivi assunti per il settore dei trasporti, questi sono indicati chiaramente, a pagina 8 del Piano, in quattro punti. Il primo è il rilievo prioritario alle politiche per il contenimento del fabbisogno di mobilità. È questo il punto a nostro avviso meno convincente: in una società avanzata, il problema non è ridurre la mobilità, ma essere in grado di soddisfare una domanda crescente di mobilità diversamente qualificata rispetto al passato. Meno mobilità per il lavoro, più mobilità per il tempo libero.
  Il secondo punto indicato nel piano è un incremento della mobilità collettiva, in particolare su rotaia, compreso lo spostamento del trasporto merci da gomma su ferro. Ci auguriamo che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha sottoscritto il documento, sia ben consapevole che uno spostamento trasporto merci da gomma su ferro comporta una contrazione delle accise, costo valutato evidentemente inferiore al beneficio dato dalle esternalità che si generano, ma non sempre questo punto ci sembra sufficientemente chiarito.
  Il terzo punto è quello di un'Europa più connessa – cito dal Piano – dotata di reti di trasporto strategiche.
  Quanto al quarto punto, per il residuo fabbisogno di mobilità privata e di merci si intende promuovere l'uso dei carburanti alternativi, e in particolare il vettore elettrico, e accrescere la quota di rinnovabili. Qui ho soltanto da precisare che quello che viene definito come residuo fabbisogno di mobilità privata e delle merci non è una componente marginale, ma almeno nel breve e medio periodo è quella di gran lunga predominante.
  Ancora, è da riconoscere positivamente il ruolo assegnato al gas quale elemento centrale della transizione nella funzione di cerniera tra gli assetti energetici attuali e quelli futuri.
  In tal senso, è centrale il passaggio di pagina 62 del Piano, dove si dice che il sistema gas giocherà un ruolo indispensabile per il sistema energetico nazionale e potrà divenire il perno del sistema energetico ibrido elettrico-gas, anche alla luce della spinta per la diffusione di carburanti alternativi nei trasporti.
  Questo è quanto indicato per la componente trasporti nel Piano. Come ho detto, su questi obiettivi ci ritroviamo. Quello che manca, tuttavia, è l'indicazione di un percorso per la situazione attuale e la prospettiva che si vuol cogliere. A nostro avviso, nell'ottica della decarbonizzazione, e ancor più dell'abbattimento delle polveri sottili, il rinnovo del parco circolante, che in Italia ha una vetustà palesemente elevata – l'età media del parco circolante è di 11 anni, ultimi dati disponibili di fine 2017 – riveste un'importanza particolare.
  Basti considerare che una vettura Euro0 equivale, in quanto a emissioni inquinanti, a 28 autovetture Euro6, e in Italia circolano 1,5 milioni di auto Euro0, alle quali si aggiungono oltre 6 milioni di veicoli Euro1 ed Euro2. Oltre un terzo del parco, infine, per la precisione il 35,8 per cento, arriva soltanto fino a Euro3, le classi più inquinanti. Questo è per le autovetture. La situazione è ancora peggiore per i veicoli pesanti, che per oltre il 60 per cento arrivano soltanto alla classe Euro3.
  In un processo razionale che promuova la tensione energetica con la consapevolezza dei tempi e dei passaggi necessari a Pag. 10una graduale conversione, il più immediato obiettivo è quello dello svecchiamento del parco, favorendo intanto il passaggio alla più avanzata delle soluzioni tecnologiche disponibili, cioè l'Euro6, sia benzina sia diesel, unitamente – è ovvio – alle alimentazioni alternative.
  Il brusco salto intrapreso dal Governo con l'introduzione nella legge di bilancio 2019 dell'ecotassa, dell’ecobonus, è sotto questo profilo semplicemente sconcertante: non solo non contribuisce al raggiungimento degli obiettivi assunti col Piano, ma anzi ne allontana il conseguimento. Gli incentivi previsti, e quelli più significativi sono riservati al pure electric, non modificheranno a nostro avviso la propensione all'acquisto di modelli che si collocano tra i 27.000 e i 50.000 euro di costo. Oltretutto, la barriera all'auto elettrica non è rappresentata tanto dal costo, quanto dall'autonomia ancora limitata e dall'insufficienza dell'infrastruttura di rete per la ricarica, unitamente ai suoi tempi. A nostro giudizio, quindi, gli incentivi monetari non avranno praticamente effetto. Per contro, giocherà pesantemente la disincentivazione indotta dall'ecotassa in termini di rinvio della soluzione dell'usato.
  Si frenano, in tal modo, il rinnovo del parco e la riduzione delle emissioni, con un contraccolpo pesante su tutta la filiera dell’automotive, in un contesto in cui è ormai evidente che dalla recessione tecnica siamo entrati nella recessione tout court, testimoniata anche da un calo delle immatricolazioni di autovetture del 7,5 per cento in gennaio e del 2,3 per cento in febbraio, nonostante un incremento degli acquisti da parte dei privati proprio per evitare l'ecotassa in vigore dal 1° marzo.
  Riscontriamo analoga contraddizione, e concludo, tra gli obiettivi dichiarati e le politiche seguite in quello che a noi appare un assurdo blocco delle esplorazioni e della ricerca di idrocarburi. So che prima di me è stata ascoltata in audizione Assomineraria, quindi non insisto più di tanto su questo tema. Faccio soltanto presente che il Piano nazionale, da un lato, ribadisce la centralità del gas; da un altro, sottolinea l'esigenza di garantire una maggiore sicurezza nell'approvvigionamento; infine, indica anche la necessità di sviluppare al massimo le risorse nazionali. Alla luce di quest'indicazione, risulta francamente incomprensibile il blocco delle esplorazioni.
  Aggiungo, infine, a rendere ancora più incomprensibile la materia, che non possiamo dimenticare che nei mesi scorsi abbiamo avuto importanti celebrazioni da parte del Governo, con i viaggi da parte del Ministro dello sviluppo economico in Egitto e del Presidente del Consiglio ad Abu Dhabi e a Cipro, dei successi di ENI nella ricerca di gas in quelle aree e dell'ottenimento di concessioni per la trivellazione ed estrazione di gas naturale e di greggio. Noi siamo ben felici dei successi di ENI, come di qualunque altra impresa italiana, ma vorremmo capire perché estrarre gas in Italia è una colpa, ma diventa un merito se fatto in altre acque.
  Si pone, dunque, in ultima analisi, un problema di coerenza tra le indicazioni del Piano, con tutti i suoi limiti, e le policy sviluppate dal Governo. Un Piano non supportato da azioni coerenti si riduce a un'astratta elaborazione teorica sulla quale diventa superflua qualunque discussione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Faccio i complimenti al professor Gatti. Molti dei colleghi non lo sapranno, per una questione generazionale, ma chi ci ha intrattenuto è stato il direttore generale dell'allora Ministero dell'industria, per cui la voce che abbiamo sentito è assolutamente autorevole.
  Una frase mi ha colpito, al di là del condividere gran parte dell'intervento: che cosa vuol dire decarbonizzare il fossile? Non l'ho capito.

  CLAUDIA PORCHIETTO. Se non ho capito male, abbiamo visto nel 2018, anzi nel 2017, nascere un Piano strategico sull'energia, che lei sottolineava come sia stato ampiamente condiviso e costruito anche Pag. 11con gli stakeholder del settore, mentre questo Piano è stato calato dall'alto.
  Questo Piano si può definire un prosieguo non condiviso del Piano strategico precedente, o è veramente un punto a capo e completamente stravolto? Abbiamo delle politiche energetiche che tra un passaggio e l'altro di legislatura hanno dato un segno di continuità o, ancora una volta, abbiamo ricominciato da capo, a prescindere dal contenuto, e quindi stiamo perdendo tempo?

  LUCA SQUERI. Ho un'ulteriore domanda, che ho già fatto nell'audizione precedente, sul discorso del progetto Eastmed, che abbiamo visto esser stato bloccato a Bruxelles da parte del Governo italiano: che cosa ne pensa? È una cosa positiva o negativa?

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Gatti per la replica, ricordandogli che abbiamo a disposizione solo pochi minuti.

  GIUSEPPE GATTI, Presidente del Consorzio Grandi reti. Rispondo prima alla domanda dell'onorevole Squeri sulla decarbonizzazione dei fossili. Che cosa vuol dire? Vuol dire tecnologie che estraggono il carbonio dal fossile, in particolare il methane cracking, tecnologia su cui sta lavorando il professor Rubbia con larghi finanziamenti del Governo federale tedesco all'università di Karlsruhe: attraverso un procedimento di cracking, di rottura degli atomi del gas o del carbone, si riesce a estrarre, quindi poi a sequestrare, il carbonio e, di conseguenza, si rendono ambientalizzati i prodotti fossili. Sono molto stringato, ma la sostanza è questa.
  Ne so poco – dico la verità – ma francamente trovo incomprensibile che da parte dell'Italia, da una parte nel Piano – rispondo sempre all'onorevole Squeri – si sottolinei l'esigenza di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas e, da un'altra, si faccia ostruzionismo a quest'iniziativa.
  Rispetto alla domanda dell'onorevole Porchietto, a mio avviso non si può dire che sia stravolta, è proprio un'altra cosa, è un altro film. Mentre la SEN, piaccia o non piaccia – non esprimo giudizi di merito – cercava di inquadrare le problematiche dell'energia italiana fondamentalmente in riferimento alla struttura dei mercati energetici (funzionamento o non funzionamento del mercato, insufficienze, fallimenti di mercato), questo Piano, come abbiamo detto prima, è rivolto fondamentalmente agli aspetti ambientali. Soltanto per la parte elettrica c'è qualche elemento in più, ma non dimentichiamo che il Piano è stato elaborato sostanzialmente da Terna e da Ricerche sul sistema energetico-RSE, cioè strutture elettriche, e il discorso per esempio dell'interconnessione per quanto riguarda l'energia elettrica è particolarmente sviluppato, ma anche in questo caso senza entrare in una logica dei mercati, della struttura e degli assetti. Rispetto alla SEN, quindi, la parentela è molto, molto lontana.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Gatti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
del Consorzio Ecogas.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti del Consorzio Ecogas.
  Nel salutare i rappresentanti del Consorzio Ecogas, l'architetto Alessandro Tramontano, presidente, e la dottoressa Monica Dall'Olio, ricordo che abbiamo in totale a disposizione venti minuti da dividere tra la relazione e le eventuali domande poste dai deputati e relative risposte. Ricordo altresì che l'audizione è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.
  Do la parola all'architetto Tramontano.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  ALESSANDRO TRAMONTANO, Presidente del Consorzio Ecogas. Ringrazio la Commissione dell'invito. Pag. 12
  Noi siamo un'associazione che raggruppa un po’ tutta la filiera del GPL e del metano per autotrazione, dalla componente industriale a quella che commercializza questi prodotti, alle officine che lo installano, ai distributori stradali di GPL e metano. Abbiamo collaborato per molti anni, e ancora collaboriamo, con il Ministero dell'ambiente e con il Ministero dello sviluppo economico per gli incentivi sul GPL e sul metano.
  GPL e metano per autotrazione sono dei comparti che forse non tutti conoscono, ma hanno una grande rilevanza sulla nostra economia. Tutto il know how del GPL e del metano a livello mondiale è italiano. Abbiamo iniziato noi con i primi impianti di trasformazione delle auto, subito nel dopoguerra, e ancora deteniamo questo know how a livello mondiale. Diciamo spesso che, su 100 impianti commercializzati nel mondo, oltre 80 hanno tecnologie italiane e sono anche prodotti in Italia.
  Inoltre, il settore ha una diffusione capillare, con oltre 6.000 officine di installazione su tutto il territorio nazionale che operano manutenzione e installazione degli impianti, 4.200 distributori di GPL e oltre 1.300 distributori di metano.
  Partiamo rapidamente da due aspetti che ci interessano. Vorrei essere breve, così poi possiamo eventualmente discuterne.
  Partiamo dalla direttiva DAFI, la Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi, che definisce, nell'articolo 2, quali sono i carburanti alternativi: l'elettricità, l'idrogeno, i biocarburanti, i combustibili sintetici, il gas naturale, quindi il metano, il biometano, quindi quello ottenuto dalla frazione organica, o comunque dalla fermentazione dell'organico, e il gas di petrolio liquefatto, quindi il GPL.
  Questo per noi è molto rilevante, perché sarebbe importante che questa definizione venisse mantenuta anche quando i comuni fanno limitazioni alla circolazione, cioè che quando parliamo di carburanti alternativi utilizziamo questa definizione che la DAFI ha dato.
  Abbiamo visto che nella proposta di Piano nazionale per l'energia e il clima di cui stiamo discutendo si parla del settore della mobilità sostenibile, quindi di come la mobilità può dare un suo contributo al miglioramento della qualità dell'aria, soprattutto nei centri urbani.
  Anche in questo caso, si fa riferimento ai carburanti alternativi della direttiva DAFI e a una sostituzione per andare verso il loro utilizzo nelle nostre città, soprattutto per migliorare anche la percezione dell'utente rispetto a questi carburanti. Sia l'utilizzo dell'elettrico sia l'utilizzo dei carburanti alternativi (GPL o metano), infatti, vuol dire cambiare anche in parte la cultura dei cittadini.
  Passo velocemente a fornire alcuni dati – riportati nella documentazione scritta trasmessa alla Commissione – per capire di che cosa parliamo in Italia.
  Si tratta di dati dell'ACI, l'Automobile club d'Italia, che riguardano la composizione del parco auto in Italia, diviso tra nord, centro e sud. Si può vedere come ancora addirittura ci sia una forte circolazione delle auto Euro0, poi abbiamo l'Euro4, l'Euro5 e l'Euro6. Su un totale di circa 38 milioni del circolante in Italia, la percentuale di auto Euro0, Euro3, Euro4 o Euro5 è ancora altissima, quindi ancora auto inquinanti. Preferisco soffermarmi sulla situazione totale del territorio nazionale.
  Abbiamo circa 7 milioni di veicoli alimentati a benzina che ancora sono Euro4 o Euro5, su un totale di circa 38 milioni di veicoli, anche se molti Euro0 sono veicoli immatricolati che non sono stati rottamati, ma probabilmente molti non circolano. Vorrei sottolineare, però, il numero di circa 7 milioni di veicoli alimentati a benzina.
  Nella documentazione scritta abbiamo usato come fonte uno studio che è stato realizzato dalla Fondazione sviluppo sostenibile, utilizzando della bibliografia internazionale. È riportato, in particolare, uno studio dell’International Council on Clean Transportation (ICCT), uno dei più autorevoli istituti internazionali che si occupa di emissioni. Lo studio era stato fatto in tempi non sospetti, cioè prima del dieselgate, ma non fa altro che rivelare quello che poi è Pag. 13successo: in realtà, i valori delle emissioni da limiti con cui questi veicoli vengono immatricolati, omologati, e i valori reali presi con questi nuovi sistemi del controllo delle emissioni on board, sono notevolmente diversi. Così è in condizioni normali. Se, poi, qualcuno ha anche fatto qualche giochino sulle centraline o su altro, i valori peggiorano ulteriormente. Questa è la situazione che poi è esplosa con il dieselgate di cui tutti siamo venuti a conoscenza.
  Si fa riferimento poi a uno studio fatto dal Joint research centre (JRC), il più autorevole istituto che possiamo avere a livello europeo, studio che parla delle emissioni di CO2 sia dal pozzo alle ruote sia solo fino alla pompa, alla distribuzione. Si può vedere come GPL e metano, per le loro caratteristiche, abbiano delle emissioni di CO2 notevolmente inferiori ai carburanti tradizionali.
  Per fare un piccolo appunto, faccio notare che quindi nella combustione benzina e diesel stanno intorno agli 87 grammi di CO2 equivalente per mega joule e GPL e metano stanno intorno ai 73-75 mega joule equivalenti di CO2. Questo vuol dire una riduzione della CO2 di circa il 15 per cento quando si utilizzano questi carburanti, solo per il loro utilizzo.
  Altra cosa importante che rileva alla fine, dopo aver consultato una bibliografia internazionale, lo studio della Fondazione sviluppo sostenibile, è che i risultati danno che la riduzione della CO2 è circa tra il 10 e il 20 per cento, la riduzione degli NOx, il problema delle nostre città, è circa l'80 per cento, il particolato è circa il 40 per cento, utilizzando GPL, utilizzando i gas per autotrazione.
  Lo studio prevede anche un'eventuale penetrazione delle auto a gas. Sostituendo o acquistando delle auto nuove, queste sarebbero le riduzioni che potremmo ottenere con lo scenario di penetrazione che lo studio ipotizza: si potrebbero risparmiare, secondo uno scenario al 2030, 3,5 milioni di tonnellate di CO2, 21.000 tonnellate di NOx e 67 tonnellate di particolato. Sono numeri molto importanti, perché corrispondono a milioni di veicoli, come se circolassero milioni di veicoli in meno.
  Vorrei fare solo un piccolo flash su un aneddoto. Trent'anni fa, quando ancora c'erano pochi studi sulle emissioni di carburanti – purtroppo, siamo un po’ vecchi del settore – con la dottoressa Monica Dall'Olio, il nostro responsabile dell'ufficio stampa, citavamo infatti un esempio. Tutti ogni giorno utilizziamo GPL e metano per cucinare, per fare un uovo al tegamino su un fornello che va a metano o su uno che va a GPL, la classica bombola da cucina, tutti lo mangiamo, e sa ancora di nuovo: vorrei provare a cucinare un uovo su un fornelletto diesel o su uno a benzina e vedere se ancora il sapore permane. Questo vuol dire che il carburante ha intrinsecamente delle sue caratteristiche ecologiche. Dopodiché, negli anni tutti i sistemi post-combustione (gli Euro3, gli Euro4, gli Euro5 e gli Euro6) hanno ottenuto dei risultati incredibili, ma appena qualcosa nell'auto va male, c'è un piccolo malfunzionamento, l'usura o altro, chiaramente questi carburanti rispondono meglio al deterioramento dell'auto.
  Le ricadute ambientali sono esposte anche nel Piano, dove si parla soprattutto di GNL, il metano liquido per i trasporti pesanti.
  È importante anche il discorso del biometano, questo gas, come possiamo considerarlo, assolutamente nell'economia circolare, ottenuto dagli scarti, dai sottoprodotti agricoli, dalla FOS, dalla fermentazione di queste materie. Il biometano ha ulteriori vantaggi e ulteriori benefìci, soprattutto dal punto di vista della CO2. Per quanto riguarda le altre emissioni, è identico al metano; per quanto riguarda la CO2, chiaramente, presenta zero o addirittura valori negativi, perché viene ottenuto dall'utilizzo di sottoprodotti.
  Vengo alle nostre proposte. La prima è quella a cui ho già accennato, cioè cercare di utilizzare carburanti alternativi, come proposto dalla DAFI, per dare anche uniformità agli enti locali, ai territori. Quando a Bologna è bloccata la circolazione dei veicoli più inquinanti, so che, se c'è libera circolazione per i veicoli alimentati con carburanti alternativi, la stessa cosa vale per Roma o Milano, per cui c'è una definizione Pag. 14 univoca di quello che significa carburante alternativo.
  A parità di gettito, poi, si potranno rivedere i sistemi fiscali, come la tassa di possesso, e, anche se non l'ho inserito nella relazione scritta, perché non volevo andare fuori dal tema, vorrei fare un piccolo inciso sull'ecotassa; favorire l'incentivo all'acquisto e alla trasformazione da parte delle pubbliche amministrazioni di veicoli a carburanti alternativi, come prevede anche la DAFI; semplificare e promuovere l'utilizzo del biometano in tutti i settori, soprattutto in quello che può diventare più congeniale, il settore agricolo, per cui si potrebbero dare benefìci enormi non solo dal punto di vista delle emissioni sui terreni e sui prodotti che tutti mangiamo, ma soprattutto un valido aiuto agli agricoltori nelle spese per il carburante, che costa circa un terzo del gasolio; semplificare, per quanto possibile – avremo anche un'audizione in Commissione trasporti – il sistema della visita e prova, il collaudo dei veicoli quando vengono trasformati a GPL e a metano dopo l'immatricolazione, in aftermarket, quello che viene fatto dalle officine di installazione.
  Prendo solo un minuto per una proposta che vorrei avanzare, come poi faremo anche nelle sedi più opportune, sul discorso dell'ecotassa, che chiaramente riesce a incentivare anche i veicoli alimentati a GPL e a metano, perché beneficiano di questo 15-20 per cento di emissioni in meno di CO2. Molti veicoli, che nella loro versione a benzina sono sopra i 160 grammi, e quindi pagherebbero l'ecotassa, nella versione immatricolata a GPL o a metano sono sotto i 160 o le altre soglie.
  Visto che è un'industria tutta italiana, che abbiamo 6.000 officine sul territorio nazionale di trasformazione, che siamo leader assoluti e indiscussi in questo settore, proponiamo che si trovi un meccanismo per cui, nel momento in cui acquisto la macchina, se quel modello non è disponibile come primo equipaggiamento GPL o metano, che possa essere trasformato a GPL e a metano contestualmente all'immatricolazione – tanto c'è un collaudo certificato da parte della motorizzazione – e se viene trasformato a GPL e a metano gli riconosciamo un valore. Ho detto che ci sono studi autorevoli che parlano di un range dal 15 al 20 per cento: diamogli il 15, diamogli il 10 per cento, ma probabilmente sarebbe un buon incentivo all'utilizzo di questi carburanti, un buon incentivo a tutto un comparto delle officine di installazione di tutta l'industria che produce questi impianti. Anche per tutto il discorso del know how che esportiamo all'estero purtroppo il mercato nazionale si sta riducendo, e quando si riduce il mercato domestico diventa anche difficile fare esportazione. Rivitalizzare il mercato domestico sarebbe un forte impulso all'industria, ma anche a tutto il settore artigianale.

  PRESIDENTE. Non essendoci interventi da parte dei colleghi, ringrazio i rappresentanti del Consorzio Ecogas e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.