Sulla pubblicità dei lavori:
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA NORMATIVA CHE REGOLA LA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO ( END OF WASTE)
Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria).
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 3
Marchi Girolamo , presidente dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria ... 3
Medugno Massimo , direttore generale dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria) ... 5
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 7
Muroni Rossella (LeU) ... 7
Zolezzi Alberto (M5S) ... 8
Mazzetti Erica (FI) ... 9
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 10
Medugno Massimo , direttore generale dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria) ... 10
Zolezzi Alberto (M5S) ... 10
Benvenuto Alessandro Manuel , Presidente ... 11
ALLEGATO: Documentazione depositata dall'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MANUEL BENVENUTO
La seduta comincia alle 15.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di rappresentanti dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste).
Ringrazio i rappresentanti dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria) e cedo la parola al presidente Girolamo Marchi, per lo svolgimento della relazione.
GIROLAMO MARCHI, presidente dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria). Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per questa opportunità che ci date di affrontare un tema che devo dire, di tutti quelli che incrocio nella mia attività di presidente di ASSOCARTA, è uno dei più complicati e dei più difficili, ma anche dei più importanti.
Premetto che ci suddivideremo l'onere col dottor Medugno, il direttore dell'Associazione, di illustrare l'argomento con alcune slide. Prima di tutto, vorrei darvi una piccola informativa sul settore cartario. Il settore cartario è in questo momento particolarmente impegnato nell'economia circolare, perché dell'economia circolare è uno dei protagonisti. Il settore è costituito da circa 120 imprese e 20.000 addetti, con un fatturato complessivo intorno agli 8 miliardi e una produzione di 9 milioni di tonnellate, ma la cosa che riguarda in particolare l'argomento che trattiamo oggi sono le materie prime.
Le materie prime del settore cartario sono per il 51 per cento carta da riciclare, la materia prima fibrosa. La materia prima fibrosa nella carta rappresenta oltre il 50 per cento del costo complessivo, quindi è la voce principale. Dicevo, 51 per cento carta da riciclare e solo 34 per cento cellulosa, fibra vergine.
La produzione di carta, dicevo, sono 9 milioni; l'utilizzo di carta da riciclare sono 5 milioni. Questo vuol dire che, attraverso la raccolta dei comuni, attraverso la raccolta differenziata, riusciamo a riutilizzare qualcosa come il 60-70 per cento della carta che circola e che viene consumata. È un risultato molto importante, ed è una caratteristica fondamentale per l'industria nazionale, che, non avendo le foreste, quindi la materia prima, si è data l'obiettivo di eccellere nel riutilizzo, quindi nell'economia circolare.
Il dato sugli investimenti è importante: dice che il settore cartario investe di più che l'industria in generale. È facilmente comprensibile, perché è un'industria ad alto contenuto di capitale. Pag. 4
Vi segnalo uno dei casi inquietanti che il settore sta vivendo. Si tratta della fabbrica di Mantova, l'architettura è di Nervi. È un impianto nuovo ricostruito a Mantova ed è fermo da aprile, dopo un investimento di 300 milioni, perché è vittima di un sistema lento nel dare le risposte.
Ci sono, certamente, dei contenziosi, anche importanti, anche gravi tra il territorio e la fabbrica, però quello che secondo me è significativo è che in tutti questi mesi non siamo riusciti a dare una soluzione al problema.
Qui c'è un parallelo che vorrei fare, per me abbastanza significativo, con il problema dell’end of waste, di cui andiamo a parlare. È dato, cioè, dalla capacità del sistema legislativo e regolamentare di tenere il passo con i nuovi sviluppi della tecnologia, con i nuovi processi. La rapidità dell'adeguamento del sistema legislativo e regolamentare all'innovazione tecnologica è fondamentale perché l'industria possa progredire. Se perdiamo quest'occasione, perderemo l'industria e anche i posti di lavoro. Parliamo, quindi, di end of waste e di green new deal.
È indubbio che oggi l'amichevolezza con l'ambiente è un fattore fondamentale di successo delle aziende e dell'industria. Noi ce ne rendiamo perfettamente conto. L'industria cartaria è protagonista nell'economia circolare e sta investendo in tecnologie per il riciclo dei materiali. Avete visto 9 milioni di tonnellate prodotte e 5 milioni di carta riciclata utilizzate. Indubbiamente, per far meglio, bisogna sviluppare nuove tecnologie, per esempio tecnologie nel riciclo dei materiali compositi. Che cosa vuol dire? Vi cito l'esempio della pasta Rummo: i contenitori della pasta sono fatti in parte di materia fibrosa e in parte di materie plastiche o derivate dalla plastica.
Quando il nostro settore cerca di recuperare fibra per riutilizzarla, non fa altro che affrontare il problema del riciclo dei materiali compositi, cioè materiali fatti da una parte di fibra e da un'altra di prodotti meno nobili e più difficili da utilizzare. Applicando nuove tecnologie, siamo in grado di recuperare di più, quindi con meno materiali in discarica e maggiore efficienza. Bisogna, però, che la legislazione tenga il passo con questi sviluppi tecnologici, altrimenti si vanifica tutto.
Qui c'è l'Italia, c'è l'Europa, c'è il mondo, e tutto si muove nella stessa direzione.
Vengo ad alcune buone ragioni per sbloccare l’end of waste. L’end of waste è una materia prima – la definiamo così – che proviene da un rifiuto individuato per tipologia, trattato in maniera adeguata e che risponde a determinati standard. Vedete in una delle slide contenute nel documento che abbiamo depositato due colonne che mostrano in due diversi momenti – ma le percentuali sono più o meno le stesse – quale sia il consumo di carta da riciclare ed evidenziano come ci sia uno scarto finale che deve essere poi smaltito in discarica, in termovalorizzatore o comunque in qualche maniera. Perché? Nella carta che mettiamo nel cassonetto ci sono anche pezzi di metallo, di plastica, sabbia, e quindi recuperare vuol dire anche avere qualche residuo finale del prodotto.
Qual è il problema legislativo che ci angustia? Un decreto del 1998 ha disciplinato molti anni fa la materia, ma nel frattempo sono cambiate le cose, la tecnologia si è sviluppata. Questo decreto ministeriale è stato praticamente confermato da una sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio 2018, che ne ha fatto l'unico standard nazionale. Questo è un problema, perché le classificazioni che ci sono sono molto rigide, da una parte, e, dall'altra, non tengono conto delle evoluzioni tecnologiche. Questo sta bloccando i processi innovativi che il nostro settore sta sviluppando, soprattutto nella direzione, come dicevo, di recuperare fibra da materiali compositi.
Lo scarto di pulper è quell'elemento che vi ho evidenziato prima e che risulta come non più riutilizzabile. Comunque, dopo aver recuperato la carta, è quello che resta e che deve essere in qualche maniera affrontato per potersene liberare.
Tornando alla legislazione in vigore, siamo in difficoltà perché non riusciamo a portare avanti quei processi produttivi e quell'innovazione che ci stanno suggerendo sempre nuovi modi per recuperare meglio. Pag. 5Dobbiamo trovare una soluzione legislativa, regolamentare, che ci aiuti.
C'è una direttiva europea da recepire che indica chiaramente la direzione, ma abbiamo bisogno che anche la nostra legislazione si muova nella stessa direzione. L'articolo 6 di questa direttiva europea prevede un'armonizzazione competitiva tra i livelli: regolamentazione europea, quindi, e regolamentazione nazionale; quanto a quello che resta fuori, nel caso del nostro Paese, gestione a livello regionale. Se non si riesce a completare queste caselle, ci troveremo praticamente paralizzati.
Volendo scendere più nel dettaglio rispetto a questi concetti generali, darei la parola al dottor Medugno.
MASSIMO MEDUGNO, direttore generale dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria). Vorrei innanzitutto fare un piccolo rewind, perché abbiamo dato due informazioni che riguardano la carta da macero, la carta da riciclare e lo scarto di pulper. Siccome sono due argomenti che noi vediamo costantemente citati nelle audizioni del Ministro Costa, vorremmo cogliere l'occasione per darvi anche da parte nostra qualche informazione.
Innanzitutto, per la carta da riciclare, perché stiamo lavorando a un nuovo end of waste? Lo stiamo facendo perché la norma già contenuta nel decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 sulle materie prime secondarie deve essere aggiornata e superata. Gli standard tecnologici sono cambiati, gli standard merceologici sono cambiati, con l'obiettivo appunto di lavorare sempre di più sulla qualità e con quello di mantenere la tutela ambientale.
Da questo punto di vista, una riflessione che ci viene in mente è che probabilmente anche il sistema di normare, quando ci sono normative tecniche particolarmente rilevanti, dovrebbe un po’ cambiare, cioè dovremmo avere norme precise nei contenuti, precise nella direzione, ma la normativa tecnica dovrebbe forse essere adottata e gestita con un sistema un po’ diverso.
Evidentemente, l'adeguamento della normativa tecnica, se deve essere fatto con i tempi dei decreti ministeriali, rischia sempre di essere più lento. Forse, è molto meglio far riferimento a norme di settore, a norme armonizzate a livello UNI, a livello nazionale. Comunque, vi dico che è un anno, un anno e mezzo, che stiamo lavorando a questo progetto. Col ministero c'è un lavoro fecondo, che noi vorremmo che fosse anche un po’ più veloce.
Quella relativa allo scarto di pulper è la seconda parte della questione. Stiamo lavorando affinché gli scarti, o una parte degli scarti, la materia plastica, per l'appunto, possa essere recuperata in impianti di riciclo. Anche qui, ci stiamo lavorando da un po’ di tempo, ma volevo darvi il risvolto delle dichiarazioni che vedo spesso nei resoconti parlamentari. Molto spesso, questi decreti ministeriali sono annunciati, quasi come se fossero fatti. In realtà, vorrei dirvi che ci stiamo lavorando da tempo, ma probabilmente ci sono ancora diversi mesi davanti a noi. Devono essere ancora notificati a Bruxelles. Dovranno, infatti, essere notificati a Bruxelles.
Quanto alle buone ragioni per sbloccare l’end of waste, ne abbiamo già parlato in diverse occasioni. Il tema sul quale vorremmo ragionare qui oggi è che, a fronte e accanto agli end of waste settoriali, che sono appunto la carta da riciclare, nel nostro caso, o lo scarto di pulper, il secondo caso che ci riguarda, dobbiamo avere una normativa un po’ a chiusura, a complemento, delle normative settoriali.
Se, diversamente, pretendiamo che tutto il recupero sia normato con decreti ministeriali con la parte tecnica, non arriveremo mai a conclusione. La soluzione, fortunatamente, una volta tanto ci è offerta da una direttiva comunitaria, che prevede un'armonizzazione europea, che purtroppo credo non ci sarà, e un'armonizzazione a livello nazionale, che potrebbe esserci e ci sarà per quanto riguarda gli end of waste settoriali, ma prevede anche la possibilità di dare autorizzazioni caso per caso.
Questo «caso per caso» sembra evocare qualcosa di casuale, ma non è a caso. In realtà, fortunatamente la normativa ci dà criteri molto precisi, molto restrittivi. Quello che auspichiamo veramente Pag. 6 – più avanti, mostreremo anche una proposta alla quale abbiamo lavorato con altre organizzazioni – è che questa fosse una cosa fatta subito. Perché? Noi abbiamo individuato almeno dieci ragioni, poi secondo noi ce ne potrebbero essere almeno altre dieci. Innanzitutto, se si parla di un programma di green new deal, non avere un sistema di autorizzazioni in campo ambientale per la materia dei rifiuti è un controsenso. Vorremmo fare degli investimenti in materia ambientale: non avere il sistema autorizzatorio per gli impianti è un totale controsenso.
La seconda ragione è che per noi significa normalizzare il Paese. Scusate l'espressione un po’ brutta, ma un Paese che non riesce ad autorizzare l’end of waste o impianti di recupero dei rifiuti, è un Paese un po’ anomalo, scusate tanto. Questa ci sembra un'altra buona ragione. Inoltre, andremmo a recepire in anticipo, con sollecitudine, una norma della direttiva comunitaria che dovremmo recepire il prossimo anno. Lo faremmo a ragion veduta, e tutto questo non è negativo, anzi è positivo. Significa, soprattutto, e questo è un fatto importante, ridare fiducia e prospettive al mercato, sia ai produttori sia ai gestori di rifiuti.
Avere più autorizzazioni, infatti – forse, l'abbiamo detto in tanti contesti – significa ampliare il mercato legale e sicuramente disincentivare il mercato illegale. È chiaro ed è molto evidente che avere più impianti significa dare più possibilità di gestire i rifiuti. Si sbloccano gli investimenti, ed è il quinto motivo, che hanno un impatto sul PIL. Vorrei dire: evviva. Questo ci aiuta anche in un momento economico abbastanza difficile. Significa anche poter ridurre il trasporto dei rifiuti. Scusate se torno su questo punto, ci siamo forse già andati altre volte, ma purtroppo come associazioni ci stiamo trovando a fare un lavoro improbo, cioè quello di aiutare le aziende a trasportare i rifiuti in Slovacchia, in Ungheria, in Slovenia. Io non so se questo possa essere chiamato economia circolare.
Ho la sensazione che stiamo buttando via risorse. Se è vero, infatti, che il rifiuto è una risorsa, stiamo buttando via risorse. Nel contempo, lo stiamo facendo pagando dei soldi, perché paghiamo le cementerie slovene, gli impianti elettrici sloveni perché prendano i nostri rifiuti, e magari ci riportano anche il cemento fatto con i nostri rifiuti, quindi ci fanno anche un po’ di dumping commerciale.
Si dà sostanza e contenuto al tema del green procurement. Abbiamo assistito, in questi ultimi tempi, a molte iniziative che hanno a che fare con l'incentivo agli acquisti verdi, e anzi ci sono anche delle normative fiscali che incentivano gli acquisti verdi. Se, però, non abbiamo la possibilità di realizzare questi prodotti verdi, finisce che incentiviamo qualcun altro, non l'industria nazionale. Ora, noi amiamo confrontarci con i nostri concorrenti, però vorremmo confrontarci ad armi pari, avendo le autorizzazioni, avendo la possibilità di richiederle.
Ottavo motivo: è un modo anche per rilanciare una competenza tutta italiana. L'Italia è un Paese importante sotto il profilo manifatturiero, che però non ha materie prime o ne ha molto poche, quindi non ha tutte quelle che occorrono. Utilizzare, quindi, materie prime secondarie, scarti e sottoprodotti, se vogliamo, è una nostra competenza, che in questo modo sviluppiamo ulteriormente.
Finalmente, ed è il nono motivo, aggiorniamo il sistema del decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 e dell’end of waste, sistema concepito – purtroppo, a quel tempo già c'ero – per semplificare e incentivare il recupero. Di fatto, quel decreto ministeriale del 5 febbraio 1998 sta diventando una sorta di gabbia, qualcosa che ci incatena e non ci consente di fare ulteriori cose. È evidente che dopo vent'anni il sistema si è evoluto, le tecnologie si sono evolute. Un decreto ministeriale rimane quel che è, di vent'anni fa. Forse, quando venne varato, era già in ritardo, perché faceva già la fotografia a ritroso. In ultimo, se dobbiamo puntare agli investimenti verdi, non possiamo non avere una normativa di base che disciplini il recupero e il riciclo dei rifiuti. Pag. 7
Vado alla proposta, molto semplice. Credo sia stata presentata anche da altre organizzazioni, con le quali evidentemente ci sentiamo e abbiamo un tavolo informale che ogni tanto si riunisce.
Nella sostanza, si tratta di avere dei requisiti che fissino che la sostanza, l'oggetto è destinato a essere utilizzato per scopi specifici; che esista un mercato; che si soddisfino i requisiti tecnici; che si rispettino la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; ovviamente, che non si porteranno impatti complessivi negativi sull'ambiente e sulla salute umana. Questi sono i criteri che vengono considerati a livello sia europeo sia nazionale indicati dalla normativa europea.
Il fatto importante è che questo ci consente di esercitare questa competenza anche caso per caso, quando non ci sia una normativa generale. È in evidente contrasto con l'ultima norma varata nel giugno di quest'anno, che ha un difetto principale, se vogliamo l'unico difetto: ci rinvia nuovamente al decreto ministeriale del 5 febbraio 1998, in qualche modo si richiude su se stessa, e forse contiene anche un elemento di peggioramento. Quando, infatti, diciamo che il Ministero adotterà delle linee guida generali, c'è anche il rischio di peggiorare il quadro normativo: potrebbe essere un elemento ulteriore di incertezza.
Molto meglio, a nostro avviso, poter avere il recepimento dell'articolo 6, che ci indica già le caratteristiche e i criteri generali da rispettare e che dà alla regione la possibilità di autorizzare caso per caso. Cito un esempio. Nel decreto ministeriale 5 febbraio 1998 abbiamo una scheda che riguarda le materie prime per l'industria cartaria: in quella scheda manca un codice CER (Codice europeo del rifiuto), e la mancanza di quel codice CER sta diventando il motivo per il quale la regione non concede l'autorizzazione. Ed è un'assurdità che per un codice CER non si arrivi all'autorizzazione. Devo dire che questa è un'assurdità nell'assurdità. Stiamo parlando di questo: la regione non la concede, perché manca il codice, e non ha la possibilità di dare un'autorizzazione caso per caso.
Se ci fosse il recepimento dell'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva comunitaria, ci sarebbe questa possibilità, l'impianto sarebbe già partito. Forse, avremmo riciclato altre 100.000 tonnellate in più di carta, questo con vantaggi sotto il profilo manifatturiero, ambientale, dell'economia circolare, del PIL. Nel frattempo, infatti, magari questo mestiere lo stiamo facendo prima e più velocemente di qualcun altro, di qualche competitore europeo.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ROSSELLA MURONI. Voglio ringraziarvi di essere venuti qui oggi. La Commissione sta compiendo, spero molto rapidamente, quest'indagine conoscitiva sull’end of waste proprio per sbloccare una situazione la cui soluzione non possiamo più rimandare.
È un po’ paradossale un'indagine conoscitiva fatta a valle del problema, ma ne prendiamo atto e cerchiamo di cogliere l'occasione per raccontare alla politica anche un pezzo di Paese che si è messo in moto, mi verrebbe da dire, nonostante tutto. È vero, infatti, veniamo da un quadro di indeterminatezza da molti punti di vista, da una normativa vecchia di vent'anni: aver nuovamente fissato il paletto al 1998 ha bloccato, sostanzialmente, vent'anni di innovazione. Questo è un primo grande problema.
Quello che possiamo assicurarvi è che quest'indagine conoscitiva verrà utilizzata rapidamente per normare in maniera adeguata e definitiva un pezzo di settore industriale del Paese, che non solo risponde a logiche economiche di competitività – non credo nel sovranismo dell’end of waste, penso assolutamente che dobbiamo guardare all'Europa anche da questo punto di vista – ma risponde anche e soprattutto a un tema ambientale.
Noi siamo un Paese in cui i rifiuti continuano a viaggiare sui camion, e il trasporto dei rifiuti è uno degli ambiti più Pag. 8pericolosi anche ai fini del controllo della legalità. Soprattutto, abbiamo impianti che vanno a fuoco. È evidente, quindi, che non solo c'è un tema ambientale, ma c'è un tema economico e anche uno di contrasto all'illegalità. Io credo molto nella moneta buona che scaccia la moneta cattiva. Questo è un caso evidente.
Grazie di essere stati qui. La relazione è chiarissima. Peraltro, come sapete, non siete i primi in quest'indagine conoscitiva, e quindi la proposta è molto simile a quella avanzata da altri auditi, è sostanzialmente concordata. Penso che sarà utile anche per procedere celermente.
ALBERTO ZOLEZZI. Ringrazio anch'io per il contributo e per i dati portati.
Scrivere di riciclo non è facile. Ricordo a tutti che parliamo in generale di tutti i rifiuti, che sono oltre 835 codici CER. Pensare di scrivere su qualcosa che non riguardi i decreti ministeriali, cioè singoli flussi, ma parlare in generale – ci sono rifiuti non pericolosi, pericolosi, rifiuti postcombustione e post-recupero energetico, c'è un mondo – non è facile. È bene che ci sia un'indagine conoscitiva, chiaramente sentendo tutti i vari attori, anche i comitati coinvolti da reati ambientali, come quelli di Mantova.
Non è facile scrivere queste cose. Sono stati fatti dei tentativi nella normativa che sono stati sbagliati totalmente, ma sono stati sbagliati in proporzione alla difficoltà, come quello che è stato scritto nel decreto «sblocca cantieri», ma anche quello che è stato scritto in legge di delegazione europea. A me non preoccupa più di tanto, perché la norma ha bisogno di due anni per la sua attuazione, e io conto che prima di due anni si possa scrivere qualcosa di meglio.
Quanto alla nuova formulazione della direttiva, è stato detto chiaramente che c'è stata un'opportuna spinta del mondo imprenditoriale a scrivere che non deve essere notificato alla Commissione l'intervento caso per caso, ma quello è ciò che è scritto in direttiva, a parte la pressione o meno che può esserci stata, anche se è stata detta pubblicamente dal mondo imprenditoriale nell'occasione della presentazione tra la fine di luglio e l'inizio di agosto di questo testo.
Nella direttiva, però, non è scritto che a livello provinciale si può rilasciare questo tipo di autorizzazioni, mentre nel testo della legge di delegazione è scritto. Questa non è un'opinione, ma proprio un dato di fatto che è errato. Grazie al cielo, non entrerà in vigore, eventualmente, prima di due anni. Grazie al cielo, ci sarà un confronto con la Commissione europea, che potrà anche dire: così non potete assolutamente recepire un testo, perché se non è scritto in direttiva, non lo potete mettere voi; lo stesso testo che è stato cassato, non da un comitato, non da un politico, non da un colore, ma dal Consiglio di Stato.
C'è una Costituzione che dice che a livello provinciale queste cose non possono essere fatte, quindi è giusto fare chiarezza, in tempi rapidi, sono d'accordo, però cerchiamo di fare chiarezza su una cosa che, ripeto, non riguarda un singolo flusso di rifiuti, un singolo argomento, ma un mondo. È normale che si abbia bisogno di un po’ di tempo, di un po’ di ragionamento e di un po’ di confronti.
Si è partiti parlando del caso di Mantova, ed è proprio il caso in cui si voleva cercare di riciclare materiali che adesso sono sotto indagine, 106.000 tonnellate di rifiuti che nell'indagine non risultano essere carta da riciclo, ma rifiuti indifferenziati.
Capiamo che bisogna avere grande attenzione quando si parla di queste cose. Ci sono territori che hanno sofferto per rifiuti indifferenziati posati in aree non adibite a discarica, non impermeabilizzate, che hanno dato molestie odorigene, emissioni, con persone che non riuscivano più a stare. Questo fa capire che, se sbagliamo a scrivere la normativa, aumenteremo queste sofferenze di persone, di cittadini, che poi non ci capiranno più come legislatori, non si fideranno più.
Secondo me, dobbiamo tener conto che gli impianti che vanno a fuoco sono una richiesta di trattativa tra Stato ed ecomafia. Dobbiamo piegarci? Questa trattativa, quando in passato è stata fatta, diversamente, Pag. 9 tra Stato e mafia, non mi sembra abbia portato grandi cose. Bisogna ragionare su come non far andare gli impianti a fuoco, non far stoccare rifiuti. Bisogna prevenirli e ragionare.
Il pulper può andare a recupero di materia. Mi sembra che in Lucchesia, dove stanno provando a recuperare materia al pulper, non è che ci stiano chiedendo quello che è stato scritto nella legge di delegazione. Il problema sta nel chiedere magari di avere un po’ di tempo per sperimentare, per fare vari materiali dal pulper, anziché bruciarlo, così ci sono meno emissioni.
Ci deve essere un confronto di merito su questi vari argomenti per provare a scrivere un testo che, ripeto, non parlerà di un flusso di rifiuti, ma di tutti i rifiuti in Italia, del riciclo, cioè una cosa complicatissima. Il nostro Gruppo non si sottrae a questo confronto, ma teniamo conto che non stiamo parlando di niente di semplice, perché i rifiuti sono molteplici, hanno diversi caratteri di pericolosità, diverse possibilità. Ben venga adeguarsi, ben venga scindere la carta dagli imballaggi semplici, però poi ci sono anche le polveri post-incenerimento, c'è di tutto.
Probabilmente, fare qualche sottocategoria, tra quello che ha bisogno di un decreto ministeriale e quello che magari può essere inserito in una linea guida più generale, si può. Io l'avevo già proposto a ottobre dell'anno scorso. Avremmo già chiuso la partita per il 90-95 per cento dei rifiuti. Non è stato accettato. Adesso, vediamo di ripartire con un occhio veramente verso le imprese e verso la tutela ambientale.
ERICA MAZZETTI. Grazie, presidente. Oggi è una giornata importante: finalmente, iniziamo le audizioni per questo tema fondamentale, sia per l'ambiente, ma anche per lo sviluppo del nostro territorio. Grazie soprattutto ai tre relatori che sono qui oggi per farci capire com'è la vita reale di questo settore.
Sono soddisfatta di capire che occorre non solo un fine rifiuti legato a rifiuti zero, come molti dei Gruppi qui presenti a volte hanno sostenuto, ma che è fondamentale un progetto di impiantistica, che deve essere all'avanguardia, tecnicamente di risparmio ambientale per quanto riguarda tutto il CO2. È fondamentale anche per un discorso di trasporto.
Come hanno detto anche i miei colleghi, sappiamo benissimo che tutto il rifiuto non può essere riciclato al 100 per cento. Ci sarà sempre una parte che dovrà andare in discarica, nei termovalorizzatori o in impianti di nuova generazione.
Purtroppo, in Italia, per l'ottusità anche di chi ha governato fino ad oggi, questo non è stato possibile, e tutti gli scarti dei rifiuti vengono portati o al nord dell'Italia o sempre più spesso all'estero, aumentando notevolmente l'impatto ambientale per il trasporto lungo le strade della nostra penisola. Allora, ben venga questo tuffo di realtà e di concretezza che ci portano i tre relatori. Io chiedo al Governo che si è insediato da giorni che dia risposte concrete a queste persone e a tutti coloro che lavorano in questo settore, perché è un settore strategico per l'economia dell'Italia.
Spero che venga capito e che a breve il Governo e la maggioranza ci dicano che intenzioni hanno sull'impiantistica e se intendono adeguarsi velocemente alle direttive dell'Unione europea – non ne possiamo fare più a meno – soprattutto per dare uno slancio a tutti quei sottoprodotti di cui si lamentava prima.
Io vengo dalla città di Prato, dove la fine rifiuti viene fatta da quasi duecento anni, anche senza saperlo. Il riciclo dei tessuti, come ben sapete, è una fonte di innovazione del passato, che ora si ripropone nel presente. Conosciamo bene questo settore e ne abbiamo fatto una ricchezza senza utilizzare la materia prima, perché sappiamo bene che le materie prime sono in esaurimento e che molto presto costerà molto meno riciclare che utilizzare le materie prime, soprattutto dei tessuti.
Ben venga tutto questo. Io ringrazio voi e tutti coloro che verranno auditi. Sono certa che il Governo, anche tramite il presidente, prenderà in considerazione questi vostri rilievi e che saranno messi in atto e concretizzati con una normativa semplificata Pag. 10 e veloce che possa dare risposte immediate al nostro Paese.
PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.
MASSIMO MEDUGNO, direttore generale dell'Associazione italiana fra gli industriali della carta, cartoni e paste per carte (ASSOCARTA-Confindustria). Innanzitutto, voglio riferirmi brevemente all'intervento dell'onorevole Zolezzi. Non a caso abbiamo fatto riferimento all'impianto di Mantova. Sappiamo qual è la situazione sul territorio e sappiamo anche che ci sono stati dei problemi, ma vorrei evidenziare un numero, se questo può bastare.
Quell'impianto sarebbe in grado di riciclare 500.000 tonnellate di carta ogni anno. Questo significherebbe che un terzo delle nostre esportazioni di rifiuti di carta all'estero potrebbe essere riciclato in Italia. Questo significherebbe fare economia circolare.
Ci sono stati diversi problemi, ma il tema dell'opposizione a quell'impianto è veramente abbastanza risalente nel tempo. Da una parte, ci diciamo, e ce lo raccontiamo in tante situazioni e in tanti frangenti, che non possiamo pensare di risolvere i nostri problemi esportando i rifiuti all'estero, che c'è il bando della Cina e così via; dall'altra, non ci sforziamo di comprendere che dietro a questi progetti ci sono dei progetti industriali, ma anche delle soluzioni per risolvere alcuni problemi del Paese. Lo sottolineo.
Purtroppo, ma lo fa anche l'Europa, ci stiamo un po’ abituando a considerare alcuni Paesi fuori dall'Europa o alcuni Paesi europei un po’ come il nostro retrobottega, mentre quello che raccogliamo o gestiamo qui in casa potrebbe essere recuperato e riciclato in maniera adeguata.
Noi siamo pronti, e qui mi riferisco ancora al tema del riciclo della carta, a trovare tutte le soluzioni e le opzioni tecnologiche. Lo scarto di pulper può essere impiegato per fare i pallet? Va bene. Può essere impiegato per fare gli schienali delle auto? Benissimo. Non possiamo neanche chiudere gli occhi, però, e non vedere che i nostri concorrenti all'estero con questo materiale, che ha un certo potere energetico, fanno energia. In questo modo, paradossalmente, e lo stanno facendo anche i nostri amici slovacchi, riducono l'utilizzo di combustibili fossili.
Allora, se lo fanno gli slovacchi, se lo fanno gli austriaci, perché lo fanno anche gli austriaci, un motivo ci sarà. Il nostro compito non è certamente quello di portare delle soluzioni definitive. Il nostro compito è di portare alla vostra attenzione – noi che viviamo questo mondo in maniera un po’ più profonda di voi – le soluzioni tecnologiche che hanno gli altri Paesi, Paesi abbastanza normali. L'Austria è un Paese che fa della tutela ambientale il proprio vanto, la Germania la stessa cosa. Si può scuotere la testa, ma se si gira in Austria, l'Austria si fa passare per un Paese verde, un Paese normale, forse più normale dell'Italia da un certo punto di vista.
Per quanto riguarda il tema di Prato, onorevole, e anche per noi è un modo per rifarci alle origini, l'impiego delle materie prime vergini è un fatto abbastanza recente, del 1800-1850. Anche la carta nasce inizialmente con l'impiego dei vestiti, delle fibre tessili. Su questo possiamo raccontare quello che succedeva in Veneto. La Repubblica di Venezia vietava l'esportazione degli stracci perché servivano per fare la carta. Allora, infatti, la carta era un fatto importante, era l'unico supporto che poteva essere utilizzato per fare comunicazione, per i documenti notarili, per gli archivi dello Stato.
Effettivamente, ci sono settecento-ottocento anni di tradizione in questa direzione. Facevamo economia circolare forse prima di tutte le direttive.
ALBERTO ZOLEZZI. Scusi, non per battibeccare, ma vorrei ricordare, proprio per quanto riguarda la sovranità nella gestione dei rifiuti, che Mantova è il caso in cui i primi rifiuti arrivati alla Pro-Gest sono 106.000 tonnellate dagli Stati Uniti, che pensavano di utilizzare l'Italia al posto della Cina come Stato di secondo livello. È giusto per lasciarlo agli atti. Pag. 11
Non è proprio il caso di citare Mantova, un caso vergognoso per il quale la magistratura farà il suo lavoro e ci spiegherà bene come è andata. Non è un caso da citare sulla chiusura dell'economia circolare nazionale.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.50.
Pag. 12ALLEGATO
Pag. 13
Pag. 14
Pag. 15
Pag. 16
Pag. 17
Pag. 18
Pag. 19
Pag. 20
Pag. 21
Pag. 22
Pag. 23
Pag. 24
Pag. 25
Pag. 26
Pag. 27
Pag. 28
Pag. 29
Pag. 30
Pag. 31
Pag. 32
Pag. 33
Pag. 34
Pag. 35