Sulla pubblicità dei lavori:
Casa Vittoria , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FONDAZIONI LIRICO-SINFONICHE
Audizione del Primo ballerino
étoile
della Scala di Milano, Roberto Bolle.
Casa Vittoria , Presidente ... 3
Bolle Roberto , Primo ballerino ... 3
Casa Vittoria , Presidente ... 5
Nitti Michele (PD) ... 6
Di Giorgi Rosa Maria (PD) ... 7
Carelli Emilio (CI) ... 7
Aprea Valentina (FI) ... 8
Anzaldi Michele (IV) ... 8
Iorio Marianna (M5S) ... 9
Carbonaro Alessandra (M5S) ... 9
Patelli Cristina (LEGA) ... 10
Casa Vittoria , Presidente ... 10
Bolle Roberto , Primo ballerino ... 11
Casa Vittoria , Presidente ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
VITTORIA CASA
La seduta comincia alle 14.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna è garantita anche dalla trasmissione in diretta sul canale web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Primo ballerino étoile della Scala di Milano, Roberto Bolle.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Fondazioni lirico-sinfoniche, del Primo ballerino étoile della Scala di Milano, Roberto Bolle. Ricordo che l'audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, in videoconferenza dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 31 marzo 2020. Saluto il nostro ospite e lo ringrazio per avere accolto l'invito della Commissione. Saluto anche i colleghi – quelli presenti e quelli che partecipano da remoto. Ricordo che, dopo l'intervento del Maestro Roberto Bolle, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente il nostro ospite potrà rispondere alle domande. Do quindi la parola al Maestro Roberto Bolle, pregandolo di contenere il suo intervento in circa 20 minuti.
ROBERTO BOLLE, Primo ballerino étoile della Scala di Milano. Buongiorno presidente. Buongiorno a tutti. Voglio iniziare questo mio intervento con alcuni nomi: Caterina de' Medici, Baldassarre da Belgioioso, Jean-Baptiste Lully, Enrico Cecchetti. Sono nomi importanti e in parte dimenticati, nomi che hanno in comune due cose fondamentali: hanno creato, dato forma e struttura a un genere artistico e culturale, il balletto, che ha influenzato il mondo intero in maniera irreversibile, ed erano tutti italiani.
La danza classica è nata e si è evoluta attraverso le menti creative di italiani che hanno sentito la necessità di portare più in alto il livello espressivo delle arti rappresentative del loro tempo, luminari che hanno avuto il coraggio di cambiare la rotta, di inventarne una nuova per toccare corde più profonde e per tutto l'Ottocento e parte del Novecento i maestri e le grandi ballerine saranno italiani. Gli italiani saranno artisti di grido in grado di esportare Oltralpe, insegnare, divulgare e promuovere la loro arte, ammirati e celebrati. Dico questo perché saper dare il giusto valore alla storia è il primo passo per costruire il futuro. Al contrario, sembra proprio che il nostro glorioso passato sia stato dimenticato e lasciato indegnamente alle spalle.
La situazione della danza in Italia è sempre più difficile e arida, fatta di compagnie teatrali sempre più scarne, di corpi di ballo che vengono chiusi, di assoluta mancanza di protezione per la categoria artistica, di ballerini che devono lasciare il proprio Paese per vivere della loro passione e cercare di realizzare i propri sogni all'estero.
Il mio intervento di oggi è al tempo stesso un grido di dolore e una richiesta di aiuto per il mondo del balletto. Diciamo le cose come stanno: negli ultimi decenni è stato compiuto un vero e proprio scempio verso la danza italiana, un depauperamento di cui ci si può solo vergognare. La danza italiana viene costantemente avvilita, Pag. 4trattata come la cenerentola delle arti, con opera lirica e musica sinfonica nel ruolo delle sorelle privilegiate cui sono riservate le attenzioni e le cure delle fondazioni. Da cosa nasce questa decisione? Non certo dall'insostenibilità di un corpo di ballo, perché l'organico del ballo non è meno sostenibile rispetto a quello dell'opera. Nasce dalla scarsa conoscenza e mancanza di visione di chi ne era responsabile a livello governativo e di gestione dei teatri. Molti sovrintendenti amano l'opera, amano la musica. Al contrario, molto raramente conoscono e apprezzano la danza. La frase più comune che si sente dire è: non capisco nulla di danza. Una risposta è proprio lì: il balletto è vittima dell'ignoranza di chi, per il ruolo che ricopre, dovrebbe proteggerlo, promuoverlo e valorizzarlo. Invece, il taglio del costo del ballo è sempre stata la carta più facile da giocare sul piatto del contenimento dei costi: un gravissimo errore che non tiene conto dei numeri della danza.
Nel nostro Paese ci sono circa 17 mila scuole di danza e un milione e 400 mila studenti. Per darvi un'idea, gli iscritti alle scuole di calcio sono più o meno un milione. Ma, nonostante questi numeri impressionanti, in Italia sono sopravvissuti, come sappiamo, solo quattro corpi di ballo; quindi 14 fondazioni lirico-sinfoniche, 14 orchestre, 14 cori, ma soltanto 4 corpi di ballo. Nelle fondazioni dove questi non ci sono più, si chiamano compagnie esterne che arrivano spesso dall'estero.
Ribadendo alcuni dati esposti anche dagli amici di «Danza Error System» nella loro audizione presso questa Commissione, voglio rimarcare che dal 2016 a oggi, tra balletti e opere con balletto, il totale delle produzioni esternalizzate è di circa 290. Calcolando una media di quattro o cinque recite per ogni titolo, si arriva a 1500 rappresentazioni negli ultimi cinque anni. Questo vuol dire che anche la maggior parte dei danzatori e danzatrici italiani, dopo anni di rigorosi studi nelle nostre accademie e nelle nostre scuole, è costretta a espatriare. L'investimento anche economico fatto da questi ragazzi non ha vie di sbocco nel nostro Paese e per tutti loro non rimane che andare all'estero.
I corpi di ballo in Italia abbiamo detto essere quattro: Milano, Roma, Napoli e Palermo. Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, sia dal punto di vista dell'organico che come programmazione e autorevolezza, sicuramente è un punto di riferimento per tutti. Per quanto riguarda gli altri tre teatri, nel 2019, che è l'ultimo anno pre-pandemia, comparando le produzioni di opera lirica con quelle del balletto, i titoli di balletto hanno rappresentato le seguenti percentuali: al Teatro dell'Opera il 38 per cento, al San Carlo di Napoli il 29 per cento, al Teatro Massimo il 18 per cento. A Roma le danzatrici e i danzatori assunti con contratti precari sono stati il 67 per cento, a Napoli il 63 per cento, a Palermo addirittura l'85 per cento. Nel caso di Roma, oggi, grazie alle vertenze contro l'abuso dei contratti a termine, l'organico stabile del corpo di ballo conta una sessantina di elementi; a Napoli quindici elementi; a Palermo invece si arriva a poco più di dieci elementi, cinque full time e cinque part time. Quelli di Napoli e Palermo, diciamolo, sono corpi di ballo in fin di vita, destinati a morire se non si interviene rapidamente. Solo ultimamente qualcosa è stato fatto grazie ai sovrintendenti Lissner e Giambrone, che hanno messo più attenzione verso i corpi di ballo, ma ancora troppo poco e ancora con troppi pochi mezzi. Aggiungiamo il caso vergognosa dell'Arena di Verona. Il corpo di ballo stabile è stato licenziato nel 2017, ma non certo perché manchino le occasioni di mettere in scena balletti. Da allora a oggi, infatti, la Fondazione ha prodotto almeno 44 produzioni con coreografie. Nella maggior parte di questi 44 titoli, ha assunto nuovamente, ma con contratti a tempo determinato, i ballerini che prima erano stati precedentemente licenziati, e sono stati incentivati con una somma economica offerta loro dalla Fondazione, così da non impugnare il licenziamento. Anche qui si sceglie di favorire situazioni precarie e togliere le garanzie, le certezze e i diritti ai lavoratori.
Se vogliamo davvero fare qualcosa e dare una boccata d'ossigeno al nostro balletto agonizzante, bisogna prima di tutto stabilizzare danzatrici e danzatori di NapoliPag. 5 e Palermo, ripristinando un organico consono. Bisogna rimettere in piedi il corpo di ballo stabile dell'Arena di Verona. Solo a Verona c'è la stagione areniana, che ha quasi cinque milioni di utili a fine stagione. Sono tre mesi di spettacoli più altri di prove, ovviamente. Ci sono già le sale prove della sala Verace, il Teatro Filarmonico, il Teatro Romano, quindi ci sono tutte le condizioni, nonché la necessità di avere un corpo di ballo. Bisogna mettere mano alla situazione del Maggio Fiorentino a Firenze, compagnia di storia e prestigio indiscussi. Anche quella è una parte importantissima del nostro patrimonio artistico, storico e culturale.
Per me è molto importante equiparare il punteggio del FUS (Fondo unico per lo spettacolo) del balletto con quello dell'opera lirica. Questo è un punto cruciale, nel senso che mi sfugge il fatto che se io metto in scena una Tosca devo avere dodici punti di FUS e se metto in scena un Lago dei cigni devo averne sette. C'è una disparità così grande che non si incentiva chi amministra il teatro, chi amministra una fondazione, a mettere in scena dei balletti, perché i punti di FUS e i finanziamenti sono sempre molto ridotti rispetto a quelli dell'opera.
Bisogna diminuire il punteggio del FUS per le attività prodotte da un corpo di ballo esterno, che oggi valgono tanto quanto quelle svolte da un corpo di ballo interno. Se io produco e investo sul mio corpo di ballo, quindi spendo tanti soldi, ho lo stesso punteggio che ho se faccio Il lago dei cigni con la compagnia di Belgrado. Anche questo è ingiusto e sbagliato. Bisogna incentivare e sostenere finanziariamente quei teatri che decidono di investire nei corpi di ballo e incentivare e agevolare le coproduzioni tra i teatri e le tournée dei nostri corpi di ballo nelle altre fondazioni e negli altri teatri italiani.
Bisogna modificare la denominazione «Fondazioni lirico-sinfoniche» in «Fondazioni lirico-sinfoniche coreutiche» come simbolo della loro identità e stanziare un fondo apposito per la salvaguardia e la ricostruzione di corpi di ballo stabili in questi enti, quindi incentivare le fondazioni che reintroducano corpi di ballo. Ricordiamoci, infatti, che le fondazioni si differenziano dalla maggior parte dei teatri privati proprio perché vengono finanziate con milioni di euro pubblici, proprio per avere al loro interno masse artistiche stabili e garantire programmazioni dodici mesi l'anno.
Per concludere, voglio aggiungere che un corpo di ballo ha una ricaduta economica molto importante su tanti settori a esso collegati: su maestranze, professionalità diverse come pianisti, costumisti, sarti, scenografi, scuole di ballo. Però, secondo me, bisogna valutare anche il valore della danza e l'impatto sociale che questa ha per le giovani generazioni. Pensate quanti ragazzi e ragazze sognano di diventare ballerini, vivono di quel sogno e nutrono la loro infanzia e adolescenza con la passione per la danza, con i valori etici e morali che sono propri di quest'arte, disciplina del corpo e della mente, ricerca di bellezza e armonia.
Eliminare un corpo di ballo vuol dire anche inaridire tutto il settore delle scuole di ballo e delle realtà che operano sul territorio, ma anche inaridire i nostri ragazzi, perché si perdono passione, motivazioni e aspirazione di migliaia di giovani. Abbiamo tantissime scuole di ballo sul territorio ma, se non c'è un punto di sbocco per questi giovani, molti di loro non saranno neanche più motivati a frequentarle. I posti nelle compagnie sono pochissimi e pochi riescono a raggiungerli, però tanti hanno la passione e il sogno. Se si tolgono quelle poche realtà o se le si lasciano morire, si va a intaccare un tessuto molto più profondo, secondo me. L'arte e la cultura sono eccellenze del nostro Paese. Sono la nostra tradizione e la nostra identità, ma anche il nostro oro e il nostro petrolio. Se da una parte sono quello che ci rende unici e speciali, dall'altra, se ben gestite, potrebbero rappresentare una grande risorsa, anche economica. Diamo valore alla tradizione e alla cultura della danza. Facciamone un punto di forza e di rinascita. È il momento che si attui un cambiamento e la mia voce si unisce al grido collettivo della categoria che qui rappresento. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, maestro, per la sua testimonianza. Credo che molti punti Pag. 6che sono emersi sono importanti, primo fra i quali quello di dare valore al corpo di ballo, che negli ultimi tempi è stato mortificato, e lavorare per cambiare un paio di regole, prima fra tutte il punteggio per il FUS. È importante che si dia al balletto lo stesso valore dell'opera lirica. Già cambiando la denominazione, inserendo la voce «coreutico», sicuramente la prospettiva sarà diversa.
Do adesso la parola all'onorevole Nitti, che è stato il promotore di questa indagine conoscitiva, per fare il punto della situazione.
MICHELE NITTI. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Ringrazio il maestro Bolle per questo contributo. La sua presenza oggi qui alla Camera è davvero molto importante e credo suggelli la centralità che il tema della danza in generale e dei corpi di ballo in particolare ha rivestito all'interno di questa indagine conoscitiva. Come potete intuire, e lo dico da direttore d'orchestra prima ancora che da parlamentare, ho fortemente desiderato non solo che si potesse svolgere questa indagine che oggi concludiamo ufficialmente, ma che ci fosse un coinvolgimento diretto anche degli artisti. Abbiamo interloquito, pur nell'economia dei tempi e chiedendo talvolta anche memorie scritte, con diverse associazioni di categoria. La settimana scorsa abbiamo audito l'étoile Abbagnato, oggi abbiamo Roberto Bolle. Personalmente ho anche incontrato diversi artisti, diversi cantanti, alcuni registi, non solo in questa sede, ma anche durante le diverse produzioni che ho diretto negli ultimi anni. Questo semplicemente perché potesse emergere il grandissimo valore delle nostre risorse umane e artistiche, al netto poi degli articoli della Costituzione che sanciscono quanto e come lo Stato debba difendere il lavoro e valorizzare il proprio patrimonio culturale e artistico, perché poi i principi generali si traducono nel lavoro svolto dagli artisti e dai nostri teatri. A loro ho voluto che le nostre istituzioni dessero anzitutto legittimi spazi di visibilità come questi. Per questo ringrazio anche il maestro Bolle, che rappresenta un'icona indiscutibile del nostro Paese e ringrazio tutti gli artisti che hanno offerto il loro contributo a questa indagine conoscitiva.
Negli ultimi mesi sono emersi segnali molto importanti di attenzione verso la danza. Penso anche all'ultimo decreto sul FUS, il 2224, dove proprio nel corso dell'istruttoria tecnica, grazie anche ai contributi e alle sollecitazioni da parte dell'ANCI, è stata sottolineata la necessità di garantire una grande attenzione, certamente una maggiore attenzione, proprio al settore della danza, di cui evidentemente si riconosce anche il valore civile e la capacità di incidere sul tessuto sociale. Soprattutto adesso, in questa fase post pandemica, può essere fondamentale proprio per riattivare le dinamiche sociali e la crescita cognitiva dei nostri territori.
Abbiamo tutti accolto con grande piacere e soddisfazione la notizia della firma da parte del Ministro Franceschini del decreto che assegnava 10 milioni di contributi a fondo perduto alle scuole di danza private, quelle non facenti capo al CONI. Poi abbiamo ascoltato tantissimi interventi in audizione, da cui sono emerse anche le numerose sperequazioni a cui alludeva il maestro Bolle ai danni proprio del settore della danza. Giambrone ha parlato anche del cachettario per i direttori delle produzioni di danza, che andrebbe assolutamente rivisto.
L'ANFOLS (Associazione Nazionale Fondazioni Lirico-Sinfoniche) ha fatto riferimento anche a tutti quei parametri relativi all'attività di balletto e di danza che sono al momento palesemente sottovalutati.
Vorrei chiedere al maestro Bolle la stessa cosa su cui abbiamo riflettuto durante la scorsa audizione. Sono emerse sostanzialmente due posizioni dal nostro dibattito. Da una parte c'è un modello basato su una diffusione ampia, capillare, dei corpi di ballo. Tanto per intenderci, un corpo di ballo per ciascuna delle 14 Fondazioni, magari anche con una rispettiva scuola al proprio interno da cui poi far transitare risorse per incrementare il corpo di ballo e, dall'altro, un modello che invece vedrebbe una circuitazione degli attuali corpi di ballo, o magari qualcuno in più, fra i diversi teatri. Mi piacerebbe che anche lei ci potessePag. 7 aiutare a capire quali sarebbero i pro e i contro di queste due soluzioni. Grazie.
ROSA MARIA DI GIORGI. Grazie, presidente. Grazie, maestro, per aver accettato il nostro invito e per essere venuto qui da noi a chiudere in bellezza, direi, questa nostra indagine conoscitiva, che è partita anche un po' con questo scopo, ossia quello di fare il punto sulla situazione dei corpi di ballo. Perlomeno, in diversi di noi c'è stata questa motivazione, naturalmente poi anche quella di verificare ciò che sta succedendo all'interno delle fondazioni. Infatti abbiamo anche dato un forte impulso in queste ultime settimane con la decisione – per questo ringraziamo il Ministro Franceschini – di mettere 150 milioni a disposizione per le fondazioni lirico-sinfoniche, in modo da dare un aiuto ai loro bilanci. Dico questo perché ritengo che, proprio a causa di questo e a seguito di questo, potremmo chiedere qualcosa di più alle fondazioni. Ho sentito questo nelle sue parole e concordo molto con quanto lei diceva. Con troppa leggerezza abbiamo dato autonomia negli anni, un'eccessiva autonomia, ai sovrintendenti di colmare i loro deficit decidendo di tagliare sui corpi di ballo. Questo è quello che è successo. Io vengo da Firenze, so benissimo la storia del Maggio Fiorentino. Questo è accaduto in modo colpevole anche da parte di tutto il mondo della politica, ma anche del Ministero per certi versi – negli anni si sono succeduti Ministri diversi – ma devo dire che rispetto a questo abbiamo acquisito come un dato ineludibile quello che comunque nelle fondazioni si doveva tagliare e, guarda un po', si tagliava sui corpi di ballo, umiliando così una forma d'arte che invece è riconosciuta, riconoscibile e famosissima nel mondo, e quindi con nessun motivo per fare questo. Questo è un po' quello che è successo. Ed è questo il tema a cui bisogna dare soluzioni, altrimenti questa indagine conoscitiva serve a poco, perché tante informazioni sulle fondazioni le avevamo già. Lo dico anche ai colleghi: un obiettivo ce lo dobbiamo dare. Mi pare stia emergendo in molte di queste nostre audizioni – perché abbiamo sentito tutti i sovrintendenti – una sorta di rivalutazione a livello generale rispetto alle scelte fatte negli anni. Su questo dobbiamo dare una mano, intervenire e trovare delle soluzioni, perché non ci si può fidare del singolo. Dobbiamo mettere alcuni incentivi. Qui è già stato detto, è venuto fuori anche in altre audizioni. Dobbiamo mettere incentivi forti per chi ricostituisce i corpi di ballo e auspicabilmente anche un po' dappertutto. Concordo sulle questioni di natura economica che sicuramente ci sono rispetto a soluzioni che prevedano la riapertura di tutti i corpi di ballo. Sono consapevole delle difficoltà, ma sono anche consapevole del diritto che hanno tutti i giovani, tutti coloro che vogliono frequentare scuole di danza e tutti coloro che vogliono una scuola di danza dentro quelle fondazioni – che sono solo 14 alla fine – per avere un ambito, un luogo, dove tutto questo possa giungere a compimento, quindi dove si possa avere anche uno sbocco rispetto a una preparazione molto dura che viene fatta da parte di tanti giovani che poi non trova accoglimento e che li costringe ad andare all'estero.
Tenendo conto un po' di tutto questo, incentivi, punteggio del FUS, cioè cose precise che devono essere messe in campo per incentivare, in via diretta o indiretta, con un taglio dei finanziamenti a chi non si muove in una certa direzione: in queste forme potremmo dare forse un indirizzo diverso. Credo che siamo abbastanza maturi per poterlo fare. Gli anni sono passati, abbiamo fatto tutte le valutazioni, per cui credo che questo sia possibile.
Non ho una domanda specifica da fare, perché devo dire che concordo con quanto è stato detto e con le soluzioni che ci venivano proposte. Grazie.
EMILIO CARELLI. Grazie, presidente. Saluto Roberto Bolle e lo ringrazio per essere presente oggi in Commissione. Dobbiamo sicuramente ascoltare e accogliere con grande attenzione il grido di dolore che Roberto ci lancia, la richiesta d'aiuto, e non sottovalutare quello che ci ha detto a proposito del valore della danza e del suo impatto sociale.
L'indagine conoscitiva va bene, abbiamo fatto bene a farla, però adesso si deve Pag. 8tradurre in provvedimenti pratici e concreti, come hanno già detto anche i colleghi che hanno parlato prima di me. Penso che questa Commissione, a questo punto, si debba anche fare carico di una serie di misure e di provvedimenti che segnino un momento di svolta per la danza. Che la danza sia in sofferenza lo sappiamo da anni, anche da decenni. Che la danza sia stata abbandonata lo sappiamo da tempo, ma dobbiamo segnare un momento di svolta attraverso provvedimenti concreti che puntino alla rinascita e al rilancio del settore.
Ho sentito che 10 milioni sono già stati stanziati dal Ministro Franceschini. Va bene, ma penso che si debbano studiare misure strutturali utili a cambiare quei meccanismi che in questi anni hanno penalizzato il mondo della danza e hanno costretto molte compagnie a chiudere. Partendo dalla formazione, sappiamo della crisi che sta vivendo l'Accademia nazionale di danza, che dovrebbe essere rilanciata, soprattutto dal punto di vista qualitativo. Quando nacque tanti anni fa era un punto di riferimento mondiale; oggi, purtroppo, sappiamo che non lo è più. Bisogna capire perché non lo è più, come fare per rilanciarla, perché da lì nasce anche un modello da proporre a tutto il mondo, per passare poi alle scuole di danza e ai corpi di ballo.
Tutti i suggerimenti che Roberto Bolle ci potrà dare, anche nella pratica, saranno ben accolti. Grazie.
VALENTINA APREA. Grazie, presidente. Ringrazio il maestro Bolle. Ringrazio il relatore e tutti i commissari per aver voluto aggiornare la situazione, perché come hanno detto anche i miei colleghi, un po' tutti noi, soprattutto di questa Commissione, siamo sensibili ai temi e a quello che succede nelle fondazioni lirico-sinfoniche. Tra l'altro, fu questa Commissione a far nascere queste fondazioni diverse legislature fa: ma c'ero anche allora. Quindi mi ricordo bene.
Fare invece il punto della situazione dopo tanti anni e raccogliere anche quello che non ha funzionato o quello che sta funzionando molto male è sicuramente necessario. Aggiungo un altro elemento negativo: vorrei sentire dal maestro Bolle se ha avuto esperienza dei licei musicali e coreutici, che con Letizia Moratti, Ministro nel 2003, facemmo nascere con la riforma.
Maestro, colleghi, sapete quanti licei musicali e coreutici abbiamo dopo vent'anni? Solo 170. Tanto per dare un parametro di riferimento, i licei scientifici sono 1700; quindi, al netto di tutti gli altri ordinamenti e licei. Questo vuol dire che non si investe neanche a livello di scuola secondaria superiore. Continuano ancora a proliferare le scuole di danza piuttosto che – lo sa bene il maestro e collega Nitti nel Sud – di formazione, ragazzi che hanno talento che vanno a studiare nelle scuole di musica private o comunque comunali. Tutt'altro fuorché la scuola, questo voglio dire. Però, vent'anni fa, facemmo il tentativo di dare uno spazio culturale anche alla danza. Tra l'altro, con il parere contrario di tutti. L'idea di far nascere anche il liceo coreutico era assurda. Era un assurdo mettere il coreutico accanto al liceo. Pensate che tipo di cultura avevamo ancora. Invece, la volontà nostra era quella di dire che è un'arte di prima qualità e merita anche un liceo, proprio a significare che c'è un'attenzione nella formazione.
Chiedo se il maestro ha conosciuto giovani che hanno studiato nei licei musicali e coreutici. Tra l'altro, la Lombardia è la regione che ne ha 18. Le chiedo se questa indagine non possa essere anche un modo per sensibilizzare il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione a incentivare questi licei, perché da quello che mi risulta la domanda c'è, ma non viene soddisfatta dai ministeri. C'è qualche forza negativa che blocca. Abbiamo tante altre realtà – l'ha detto anche il maestro – rispetto all'opera, rispetto ad altre forme espressive altissime, ugualmente di grande prestigio, e alla fine si finisce che si fa la cenerentola. Non deve più succedere.
MICHELE ANZALDI. Grazie, presidente. Grazie, maestro. Sottoscrivo tutte le cose che ha detto lei, presidente, e che hanno detto gli altri colleghi. C'è bisogno di dare risposte chiare alle domande che ha posto il maestro. Tuttavia, se possibile, vorrei alcuni chiarimenti. Il maestro ha fatto riferimento alle due scuole che sono a rischio, i due corpi di ballo, quello di PalermoPag. 9 e di Napoli. A proposito, in particolar modo, di quello di Palermo, che mi sta a cuore, ha detto, se non sbaglio, che sono esterni e cinque sono interni, e che questo si deve al lavoro del direttore Giambrone, che però sta per andare via, se non lo è già, per arrivare a Roma. Questa situazione drammatica descritta dal maestro precipiterà ulteriormente? Ha la sensazione che ci sia qualche speranza che, almeno, rimanga statica se non, come tutti sogniamo, di miglioramento?
Volevo chiedere un'altra cosa. La situazione è questa e noi ci impegneremo (il FUS, i fondi), ma chiedo se loro, come gruppo, come categoria, come amanti, come ballerini, hanno pensato anche a forme di comunicazione per attirare i giovani che si vogliono avvicinare, o che neanche sanno che c'è la danza, per fare nascere in loro la passione. Vorrei sapere se si sta pensando a qualcosa che possa invertire la tendenza. Prima c'erano le famiglie che portavano i bambini a vedere il primo balletto. Adesso questo non c'è più. Chiedo se c'è un progetto al quale poter dare una mano: abbiamo la RAI, abbiamo il servizio pubblico, si potrebbe inventare o proporre qualcosa che venga dalla vostra sensibilità e dalla vostra conoscenza. Dalle fiction, ai talent, agli approfondimenti. Come si inizia? Dove si studia? Come ci si avvicina? Tutto. Per chi non ha una famiglia con una cultura che spesso discende dagli avi, avvicinarsi alla danza, secondo me, nel nostro secolo, è un po' problematico.
MARIANNA IORIO. Grazie, presidente. Ringrazio il maestro Bolle per la sua presenza. Venendo dal mondo della danza, volevo porre l'attenzione su quello che diceva il collega, o meglio, come comunicare ai ragazzi come ci si avvicina a quest'arte. Sappiamo che la danza è sempre stata vista un po' come un'arte d'élite. Quello che si riscontra all'esterno è che molte famiglie, per esempio, hanno difficoltà a far formare i propri figli, a sostenere le spese per farli studiare e per portare avanti quest'arte. Chiedo se c'è un modo per aiutare a sostenere quest'arte, per poterla far andare avanti e farvi avvicinare sempre di più i ragazzi, dando la possibilità di una formazione più completa e più accessibile a tutti. Grazie.
ALESSANDRA CARBONARO. Grazie, presidente. Grazie, maestro, per le sue parole che, come hanno detto i colleghi, suonano come un grido d'allarme che noi purtroppo conosciamo. Siamo alla seconda indagine conoscitiva su questa materia: ne abbiamo chiusa una, qualche mese fa, sul lavoro e sulla previdenza nel settore dello spettacolo, tema che come lei ben sa nei ballerini è dirimente e fondamentale, perché per tutte le tutele legate al lavoro, alla maternità, alla previdenza, per chi lavora in settori che noi definiamo ad alta discontinuità e con un impegno fisico importante come quello del ballo, diventa dirimente che ci si doti di norme importanti.
Da questo punto di vista qualcosa è stato fatto. L'abbiamo fatto nel decreto «sostegni bis» e lo stiamo facendo nel disegno di legge-delega al Senato, che sarà un veicolo importante, e rispetto al quale ho avuto modo di vedere che sono stati presentati diversi emendamenti sul tema dei corpi di ballo. La senatrice Montevecchi ne ha depositato uno proprio sul tema della stabilizzazione e della valorizzazione dei corpi di ballo. È un tema importante, come ha detto prima anche la collega Aprea. Un tema è la formazione, ma lo è anche l'offerta di lavoro, perché si rischia un mismatch da questo punto di vista. Abbiamo ragazzi che si formano e che poi hanno difficoltà a trovare il posto dove poter esprimere la loro arte. I motivi possono essere molteplici. Uno di ordine culturale. Nel nostro Paese abbiamo ancora reticenze quando si parla di cultura. La si vede come quel volano di cui tanto si dice, ma che poi, effettivamente, non riesce a entrare nel nostro immaginario come qualcosa di veramente fondamentale, sia per l'economia che per la salvaguardia del nostro tessuto sociale. I corpi di ballo, le scuole di ballo e con esse le orchestre e le scuole di musica sono presidi fondamentali. Al contempo dobbiamo lavorare per attrezzarci affinché questi giovani possano trovare un luogo dove esprimere la propria arte.Pag. 10
Penso che da poco si è chiusa la prima della Scala, e chi si è avvicinato all'arte e alla musica credo che non poteva non avere come sogno quello di potersi esibire o lavorare in un posto di così grande eccellenza. Io stessa ho avuto modo di studiare con maestri come Carallo, Formisano. Sono state prime parti importantissime della Scala. Quel sogno però a volte rischia di inaridirsi proprio perché manca quell'offerta di lavoro che diventa fondamentale per il nostro Paese.
Credo che l'onorevole Nitti abbia fatto già un lavoro di raccordo per possibili e probabili misure da mettere in campo. Credo che la legge-delega sia un veicolo importante. L'esame, riprenderà nell'anno nuovo, subito dopo la legge di bilancio. Speriamo che in quel settore e per voi si possa fare qualcosa già nell'imminente, perché il rischio è che la situazione possa peggiorare ed è un settore che certamente non lo merita. Grazie.
CRISTINA PATELLI. Grazie, presidente. Desidero sottolineare l'importanza dell'interlocuzione odierna, che è utile ad approfondire i temi dell'indagine di questa Commissione che ha per oggetto la condizione delle fondazioni lirico-sinfoniche e, in particolare in questa e nella precedente seduta, lo stato delle scuole e dei corpi di ballo. Tutto ciò è finalizzato ad acquisire notizie, informazioni e semmai i documenti utili quando trarremo le nostre conclusioni. Per questo motivo, maestro, coglierà l'importanza del suo contributo. Per questo le domando la pazienza di ascoltare e la cortesia di rispondere alle sollecitazioni che le rivolgerò.
L'argomento delle condizioni di salute delle scuole e dei corpi di ballo e, più in generale, della danza nel nostro Paese, nonostante l'emozione e l'interesse suscitati anche fra noi commissari, deve essere ostico se nella già scarsa letteratura che tratta della gestione, dell'organizzazione e del finanziamento dei teatri dell'opera non si fa quasi mai riferimento a quel mondo che lei rappresenta in modo magistrale: quello della danza. Nessuno degli auditi è stato in grado di spiegare il motivo di questo apparente disinteresse accademico. Quindi rivolgo a lei la stessa domanda: perché sembra esserci scarso interesse e ancora minore conoscenza dell'organizzazione dei complessi tersicorei?
Concludo con il quesito che mi sta più a cuore. Spesso ho sentito da alcuni addetti ai lavori evocare il modello francese e il modello tedesco come paradigmatici, fermo restando che la condizione italiana richiede senz'altro un intervento legislativo. La signora Abbagnato, nella scorsa audizione, non ha negato l'articolazione e la vitalità della condizione delle scuole e dei corpi di ballo in Francia, ma ha rappresentato, tuttavia, una prospettiva non idilliaca anche Oltralpe, in peggioramento e riduzione. Sempre la signora Abbagnato ha magnificato la condizione dei tersicorei tedeschi. In Germania vi sarebbero oltre 50 corpi di ballo, affermazione che peraltro ho sentito spesso ripetere. Forse alcuni non addetti ai lavori pensano a 50 corpi di ballo della completezza e dimensione di quelli della Scala, per intenderci, ma evidentemente non è così. Quelle dimensioni, se ho ben compreso, all'esito delle mie ricerche, sono il privilegio di una decina di grandi istituzioni, da Berlino a Monaco di Baviera, da Francoforte a Stoccarda. Dopodiché vi è un numero significativo di corpi di ballo di dimensioni ben più ridotte e che fanno largo utilizzo di aggiunti, mi passi l'espressione. È così, quasi per ogni teatro di dimensioni significative, in un contesto caratterizzato da una grandissima mobilità di artisti e, tuttavia, da riconoscimenti economici e professionali adeguati. Le chiedo quindi, cortesemente, di confermarmi e di confortarmi o meno, se ho colto le caratteristiche di questo modello tedesco che sembra così interessante.
Infine, le chiedo di suggerire un modello, a prescindere dal tema dei maggiori finanziamenti pubblici su cui possiamo essere tutti concordanti, un tema idoneo a portare la danza e il balletto al ruolo che meritano anche nel nostro Paese. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Patelli. Non ho altri iscritti a parlare, quindi do la parola al maestro Roberto Bolle per la replica. Prego, maestro.
Pag. 11 ROBERTO BOLLE, Primo ballerino étoile della Scala di Milano. Per quello che riguarda l'interesse per la formazione e l'avvicinamento dei ragazzi alle scuole di ballo, vedo un problema più nella qualità dell'insegnamento, a volte. Ad esempio, l'Accademia della Scala tiene corsi per insegnanti, con docenti molto qualificati, certificati. Nel territorio non è sempre così e io auspicherei che questi corsi per insegnanti, tenuti da istituzioni importanti come l'Accademia della Scala, l'Opera di Roma o la scuola del San Carlo, possano essere di più, così da avere un maggior numero di insegnanti qualificati.
Però, sul fronte dell'avvicinamento dei ragazzi e delle ragazze alla danza, in realtà vedo grandissimo interesse. Come dicevo prima: i numeri dei ragazzi che si avvicinano alla danza sono altissimi. Nel mio piccolo, tra la trasmissione televisiva di Rai 1 «Danza con me», «OnDance», i gala di danza, cerco di fare il possibile, ma vedo comunque che c'è una grandissima risposta e un grandissimo interesse per la danza.
Quello che non vedo è proprio lo sbocco, il dopo, perché ci sono migliaia e migliaia di ragazzi che hanno questa passione grazie anche alla televisione, non solo con me, ma anche attraverso Rai 5 che ha tutto un palinsesto dedicato alla danza e ad Amici su Canale 5, un talent dove si fa vedere la danza. Il messaggio della danza arriva in maniera molto più forte di qualche anno fa. Il problema è lo sbocco professionale che non c'è. Negli ultimi anni si è drasticamente ridotto. Abbiamo visto costantemente ogni tot anni togliere dei corpi di ballo, quindi adesso sono veramente pochi. Questo per me è il problema principale.
Sui licei musicali e coreutici, in realtà, non sono così informato. So che i ragazzi della Scala vanno a un liceo coreutico a Milano e sono tutti molto soddisfatti. C'è un grande entusiasmo. Non posso che sostenere questa formazione musicale e coreutica. La musica, la danza, l'opera, una formazione artistica nel nostro Paese secondo me è fondamentale e da sostenere. Auspicherei sicuramente un ampliamento dei licei musicali e coreutici.
Per quanto riguarda Palermo, come dicevo prima, in questo momento, sono cinque unità con contratto a tempo indeterminato e cinque part time, nel senso che hanno un contratto a tempo indeterminato, ma di nove mesi. È un passo avanti rispetto a un po' di tempo fa. Giambrone – stando a quanto mi hanno detto – ha assunto part time, non potendo assumere con contratto full time. Quindi ha trovato questa via di mezzo per ampliare un po' l'organico. Sicuramente non è sufficiente. Un anno fa pensavamo che Palermo sarebbe stata chiusa dopo poco. Come dicevo prima, è un corpo di ballo morente. Se vedi ogni anno, ogni stagione, che l'organico viene ridotto, non viene ripristinato, non vengono fatti i concorsi, non vengono assunti e rimangono cinque o sei ballerini col posto fisso, cosa ti aspetti? Pensi che, a un certo punto, venga chiuso anche quello, dopodiché sarebbe toccato a Napoli; poi rimanevano la Scala e l'Opera di Roma. Per la direzione in cui si stava andando, non posso dire che ci fosse rassegnazione, ma ci trovavamo davanti a una situazione veramente vergognosa.
Sono molto contento che si ponga l'attenzione su questi temi, perché è veramente fondamentale dare ossigeno e salvarli. Come dicevo prima, spesso è proprio un grande potere dato a chi amministra una grande libertà di scelta, a chi amministra i conti e decide senza nessun indirizzo se tagliare qualcosa a un altro. Spesso, purtroppo, è così. I sovrintendenti hanno una loro formazione professionale che è quella della musica e dell'opera, non di certo quella del balletto. È anche per via della loro formazione, della loro preparazione, della loro cultura, che decidono di tagliare un costo anziché un altro. Non è che l'opera abbia un costo inferiore, però quella viene sostenuta e l'altro no. Spesso è stato così.
Bisogna anche dire che i fondi vengono dati alle fondazioni che poi decidono su cosa investirli. Hanno la libertà di investire 90 sull'opera e 10 sul balletto, però non è giusto: si dovrebbero dare fondi pubblici per l'opera e fondi pubblici da investire nel balletto. Se non li investi non li hai; questo significa che se non li vuoi investire nel Pag. 12balletto, allora invece di 100, avrai 60. Invece ci sono state scelte arbitrarie da parte di tutti. Ognuno, a proprio piacimento, ha investito in ciò che riteneva giusto. Questo, secondo me, è stato fortemente sbagliato.
Se si cambiano i criteri a monte – quindi le valutazioni del FUS, secondo me, sono prioritarie – e un sovrintendente, un teatro, ha lo stesso incentivo a fare l'uno o l'altro, sceglie in maniera diversa e non è tutto a favore dell'opera lirica.
Modello francese e tedesco. Sì, è vero che in Germania ci sono alcuni corpi di ballo molto grandi, una decina. Molte altre compagnie sono molto piccole, però parliamo di numeri grandi, che danno comunque il segno di una grande vitalità del sistema, e questo è molto importante. C'è un modello a cui ambire, avere alcune realtà molto grandi che possono quindi fare un repertorio classico, grandi produzioni. Non tutte lo possono fare e non serve che lo facciano tutte, obiettivamente. Serve che lo facciano alcune. Le altre, di solito, fanno spettacoli contemporanei. Alcuni hanno 10, 12, 15 elementi, però sono realtà dinamiche che attirano molti giovani da tutta Europa. Perché lo fanno? Hanno sovvenzioni, appoggi, incentivi. Sono incentivate e facilitate nella creazione di compagnie per dar lavoro a tutti i ragazzi e nel creare spettacoli. È un sistema molto semplice che permette a poco costo di mettere su una compagnia e creare lavoro per tanti ragazzi. In questo senso è un modello sicuramente a cui ambire, a cui guardare.
L'onorevole Nitti parlava di come fare. Sicuramente avere tutti i corpi di ballo per le fondazioni è un'ambizione e un sogno difficilmente realizzabile. Forse bisogna andare per gradi: una via di mezzo potrebbe essere quella di avere alcune fondazioni – io auspico comunque il ripristino del corpo di ballo di Verona e di Firenze – e incentivare poi la circuitazione di queste compagnie nel territorio e negli altri enti lirici. Vuol dire che la compagnia di Firenze può facilmente andare a Trieste o a Verona e le altre nei loro territori, per avere punti di riferimento importanti, con compagnie con un organico consono che possano poi girare, fare tournée e coprire anche altri territori. Secondo me è uno step importante a cui ambire almeno in un primo tempo, perché è abbastanza difficile e ambizioso pensare di riuscire a ripristinare tutti i corpi di ballo. Queste sono ferite ancora molto fresche che si possono rimarginare e sarebbe utile farlo, perché sono territori dove ancora le strutture ci sono e si possono veramente usare.
Vado a Verona ogni anno e andiamo a lavorare in sala Bra dove ci sono tutte le sale ballo, ci sono i camerini, è tutto funzionante; viene già usato dal corpo di ballo che fa la stagione estiva. Sono situazioni anche molto facili. Il Maggio a Firenze è un grande teatro, ci sono grandi strutture, hanno fatto grandissimi investimenti. Non mettere un balletto, una compagnia, non riempire di contenuti questo spazio e questo investimento enorme che è stato fatto per la città, sarebbe veramente un peccato.
PRESIDENTE. Grazie, maestro Bolle, per la sua testimonianza, per il suo contributo altamente qualificato. La invito a farci pervenire memoria scritta del suo contributo e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.55.