XVIII Legislatura

VII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 12 ottobre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Frassinetti Paola , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FONDAZIONI LIRICO-SINFONICHE

Audizione del Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, Michele Dall'Ongaro.
Frassinetti Paola , Presidente ... 2 
Dall'Ongaro Michele , Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia ... 2 
Frassinetti Paola , Presidente ... 6 
Nitti Michele (PD)  ... 6 
Dall'Ongaro Michele , Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia ... 7 
Frassinetti Paola , Presidente ... 8 

Audizione del Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari, Massimo Biscardi:
Frassinetti Paola , Presidente ... 8 
Biscardi Massimo , Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari ... 8 
Frassinetti Paola , Presidente ... 11 
Nitti Michele (PD)  ... 11 
Mollicone Federico (FDI)  ... 11 
Frassinetti Paola , Presidente ... 12 
Biscardi Massimo , Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari ... 12 
Mollicone Federico (FDI)  ... 12 
Biscardi Massimo , Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari ... 12 
Frassinetti Paola , Presidente ... 13 

Audizione del Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna, Fulvio Macciardi:
Frassinetti Paola , Presidente ... 13 
Macciardi Fulvio , Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna ... 13 
Frassinetti Paola , Presidente ... 17 
Mollicone Federico (FDI)  ... 17 
Nitti Michele (PD)  ... 17 
Carbonaro Alessandra (M5S)  ... 18 
Frassinetti Paola , Presidente ... 18 
Macciardi Fulvio , Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna ... 18 
Mollicone Federico (FDI)  ... 19 
Macciardi Fulvio , Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna ... 19 
Frassinetti Paola , Presidente ... 20

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-L'Alternativa c'è: Misto-L'A.C'È;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
PAOLA FRASSINETTI

  La seduta comincia alle 10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare, nonché sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, Michele Dall'Ongaro.

  PRESIDENTE. Buongiorno a tutti. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle fondazioni lirico sinfoniche del professor Michele Dall'Ongaro, Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia. Saluto il professor Dall'Ongaro che ringrazio per essere intervenuto, saluto anche i colleghi presenti e quelli che parteciperanno da remoto. Ricordo che dopo l'intervento del professor Dall'Ongaro, darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni; successivamente il nostro ospite potrà rispondere alle domande. Chiedo ai colleghi interessati di far pervenire fin da ora la propria iscrizione a parlare. Do quindi la parola al professor Michele Dall'Ongaro. Prego, professore.

  MICHELE DALL'ONGARO, Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia. Buongiorno e grazie di questo invito, onorevoli deputati. Comincio subito dicendo che rispetto alle fondazioni che avete conosciuto, l'Accademia di Santa Cecilia ha una storia un po' diversa, anche un modello diverso di governance; quindi cerco di entrare subito nel vivo di questa materia. Devo fare un passo indietro, perché l'Accademia di Santa Cecilia, probabilmente, è la più antica istituzione musicale tuttora operativa, la sua nascita si deve a Paolo Sisto V, il Papa che nel 1585 con una sua Bolla ha istituito la Congregazione dei cantori con la protezione della Beata Vergine e di Santa Cecilia. Rapidamente, diventa anche un'istituzione egemone che ottiene l'esclusiva sulla produzione di musica, l'insegnamento e la stampa e, quella che poi diventerà l'Accademia, ha sempre mantenuto questo forte legame istituzionale. Arriviamo ai primi del Novecento: con una delega del Governo, l'Accademia ha l'incarico di occuparsi di tutte le forme di spettacolo dal vivo e, negli anni Trenta, fonda il Liceo musicale, che diventa Conservatorio, a Roma. Quelle che oggi conosciamo come Scuola sperimentale di cinematografia e Accademia d'arte drammatica, sono frutto del lavoro dell'Accademia di Santa Cecilia che mantiene questo stato di accademia, come quella di San Luca e quella dei Lincei, tant'è vero che, ancora oggi, propone nomi illustri al Presidente della Repubblica per il premio del Presidente. Con la legge n. 800 e la creazione degli enti lirici e avendo anche un'attività concertistica molto intensa, ci sono un po' due anime: l'Accademia, nel senso tradizionale che spiegavo, e l'Ente autonomo dei concerti, quello che organizza i concerti; entrambi con lo stesso presidente, che è anche il sovrintendente. Con la creazione delle fondazioni queste due anime vengono fuse in una sola e finalmente abbiamo la conversione dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia che però ha anche qui regole differenti. Come Pag. 3sapete, in tutte le altre fondazioni il presidente è il sindaco o un suo delegato; il sovrintendente è nominato dal Ministro, su indicazione del sindaco e del Consiglio di istituto. Diversa è la situazione con Santa Cecilia perché, invece, il presidente è anche sovrintendente e direttore artistico e viene non cooptato, ma eletto tra i 70 accademici. È rimasta questa tradizione: ci sono 70 accademici italiani 30 stranieri che rappresentano il meglio della scena musicale internazionale che votano ed eleggono il loro presidente. Questo è un elemento assolutamente determinante e unico nel panorama delle fondazioni liriche, come peraltro lo è anche il Consiglio di amministrazione. Insisto su queste cose perché fanno la differenza e spiegano anche una serie di conseguenze. Il Consiglio di amministrazione dell'Accademia – che si chiama di amministrazione e non d'istituto, come per le altre fondazioni – è composto dai tre soci pubblici, quindi, naturalmente lo Stato, attraverso il rappresentante del Ministero della cultura, regione e comune. Poi abbiamo cinque rappresentanti – attualmente sono quattro – dei soci privati e cinque accademici che fanno parte del Consiglio di amministrazione e sono sempre eletti dall'assemblea degli accademici, più il presidente. La maggioranza dei componenti del Consiglio di amministrazione è fatta da accademici, quindi è un po' diverso l'equilibrio, al punto da convincere poi di estrapolarci dal catalogo ISTAT nel quale noi non siamo presenti, a differenza di quasi tutte le altre fondazioni, un po' a causa di queste caratteristiche.
  L'altro elemento determinante è che con la creazione delle fondazioni, il legislatore ha reputato di dare una speciale qualifica di forme organizzative speciali alle fondazioni che avessero alcuni requisiti che cito, secondo l'articolo della legge. «L'assoluta rilevanza internazionale, le eccezionali capacità produttive, i rilevanti ricavi propri, il significativo e continuativo apporto finanziario dei privati, il pareggio di bilancio da almeno cinque anni». Allo stato attuale della situazione, soltanto la Scala e l'Accademia nazionale di Santa Cecilia hanno dimostrato di avere queste caratteristiche. Per quanto riguarda Santa Cecilia, il bilancio è in pareggio da circa 15 anni, dal 2006, quindi abbiamo accesso a questo status speciale che dà principalmente due grandi vantaggi: la certezza di un finanziamento triennale – e, quindi, ogni tre anni viene esaminata la situazione dall'apposita Commissione del Ministero e viene confermata o ritoccata la percentuale del flusso a cui si ha diritto che rimane la medesima per un triennio (un grande vantaggio: avete sentito il sovrintendente Giambrone dichiarare che questa era un'aspirazione di tutte le fondazioni) – e l'autonomia, in accordo con le organizzazioni sindacali, nel formulare il contratto di lavoro. Qualche anno fa noi abbiamo formulato il contratto che chiamiamo «Santa Cecilia»; La Scala ha il suo, se ci sarà tempo e modo vedremo poi qualche dettaglio di questo contratto.
  Le tipicità di questa fondazione sono anche altre. Tanto per cominciare, è l'unica che non fa opera, o meglio, facciamo le opere in forma di concerto, una o due l'anno; qualche volta le registriamo in disco, ma non allestiamo opere e abbiamo un'attività sinfonica. Questa è la prima cosa, anche perché è sull'attività sinfonica che riceviamo i contributi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo).
  Un'altra caratteristica è che è forse l'unica grande orchestra che non sia del gruppo delle orchestre della radiofonia europee ad avere un coro: tranne l'Italia, molte orchestre della radiofonia hanno un coro, ma le grandi orchestre sinfoniche come la Berliner Philharmoniker, la Wiener, la London Symphony non ce l'hanno: noi sì. Anzi, abbiamo visto che l'Accademia affonda le sue radici proprio nell'attività corale: il nostro coro ha quindi una caratteristica molto importante per la nostra attività.
  Però abbiamo molte altre attività. Intanto, come prevede la specialità, abbiamo molte tournées: ogni anno circa venti capitali della musica del mondo. Naturalmente il COVID ha scompaginato tutto, ma già tra un mese saremo a Vienna, Monaco, Amburgo, Düsseldorf, Francoforte; a febbraio saremo a Madrid, Barcellona, Parigi, Londra e più tardi ancora a Mosca. Questo è solo l'inizio, è la nostra attività abituale per Pag. 4la quale il Ministero della cultura, qualche volta – quando ci sono i soldi, quando è possibile – dà dei contributi su trasporti e viaggi. Non sempre è possibile accedervi, anche perché per legge le tournées devono essere in pareggio e devo dire che quasi sempre ce la caviamo da soli.
  Abbiamo numerose incisioni discografiche. Ad oggi, con il solo Antonio Pappano, siamo a 32, questo è molto importante. Ci tengo a sottolineare il grande ruolo che il maestro Antonio Pappano ha avuto negli ultimi sedici anni nella storia, nello sviluppo e nelle attività musicali di questa Accademia, con questa attività che ha potenziato la qualità dei nostri complessi e queste produzioni, soprattutto tournée e incisioni discografiche.
  Abbiamo molta musica da camera che rientra tra le attività che non sono finanziate dal FUS, ma che facciamo lo stesso. C'è una stagione di musica da camera con i maggiori pianisti viventi e alcune formazioni che provengono a rotazione dalla nostra orchestra. È molto importante perché la qualità di un'orchestra si migliora anche attraverso l'attività cameristica.
  Abbiamo un importante settore dedicato all'educazione. Cinque orchestre giovanili, dai cinque anni ai diciotto. Abbiamo dodici cori infantili e giovanili, un coro e un'orchestra amatoriali di adulti. Per due anni abbiamo avuto due cori nel carcere di Rebibbia, un'esperienza sperimentale molto fruttuosa e molto importante per noi. Tutta questa attività coinvolge circa 1200 bambini (è inutile che vi parli del COVID, adesso è tutto da ristudiare, stiamo riaprendo nel rispetto delle norme) con un indotto di famiglie molto importante; pensate che l'indotto umano – per usare un'espressione forse antipatica, ma chiara – ovvero le persone che ruotano intorno all'Accademia, nel corso di un anno, sono circa 350 mila, per pubblico, genitori, allievi.
  Abbiamo una bibliomediateca di importanza storica, da Palestrina a Morricone; conserviamo manoscritti e molti fondi di grandissima importanza, tant'è vero che a questa bibliomediateca è legata un'attività editoriale di rilevante interesse scientifico e di convegni, tavole rotonde: quindi abbiamo anche un'attività di editoria.
  Poi, dal 1939, abbiamo istituito per legge i corsi di alto perfezionamento a cui accedono studenti in tutto il mondo per ottenere questo titolo di studio che è anche legato ad altri corsi tenuti dalle nostre prime parti dell'orchestra.
  Questo è il quadro delle nostre attività che sono anche molto legate a co-produzioni e progetti europei. Veniamo da poco, quattro anni, in cui siamo stati capofila di un progetto importantissimo, vinto come Europa creativa, che si chiama Music Up Close Network che ha coinvolto dieci istituzioni internazionali, tutto volto alla formazione di giovani musicisti, di giovane pubblico, di giovani operatori musicali. È stata un'esperienza di grande importanza, recentemente conclusa, ampiamente documentabile di cui, prossimamente, vi possiamo mandare – forse anche oggi stesso – alcuni documenti.
  Un altro lavoro che abbiamo fatto è quello di ristrutturazione interna. Quando sono stato eletto, sette anni fa, c'erano tre dirigenti che si occupavano di produzione: un direttore di produzione, un direttore amministrativo e un direttore del personale che avevano eguali poteri e responsabilità, ognuno nel proprio settore e poi direttamente un riporto con il presidente e sovrintendente. Questa struttura, secondo le riflessioni che abbiamo fatto, non era idonea per lo sviluppo che dovevamo dare all'Accademia ed è stata profondamente trasformata. È stata creata la figura del direttore generale, ora Claudio Brizzi: ne approfitto per fare i complimenti perché è un elemento fondamentale, peraltro era anche direttore amministrativo, carica che sta ricoprendo ad interim mentre stiamo cercando un altro direttore generale. Le altre figure hanno un ruolo meno apicale.
  L'altro elemento fondamentale è stato riformulare la pianta organica con una razionalizzazione delle presenze del coro. In base a una vecchia pianta organica degli anni Ottanta era formato da 87 persone, ma, di fatto, erano 76. La nostra pianta organica prevedeva una riduzione fino a 66 in tre anni, naturalmente senza licenziare Pag. 5nessuno; semplicemente, man mano che le persone andavano in pensione, attivavamo i concorsi per ricoprire i ruoli per arrivare a 66. Questo percorso che si sta ultimando, ha comportato un notevole risparmio sulle spese del personale di circa due milioni (1,9 milioni) e una razionalizzazione artistica – tutto questo, ovviamente, in accordo con i sindacati – perché per le nostre produzioni è il tipo di organico che si confà alle nostre esigenze. Nei casi eccezionali si fanno co-produzioni, come è successo con il San Carlo, o si assumono aggiunti a tempo determinato.
  L'orchestra è al pieno del suo organico, che ammonta a circa 112 persone; man mano che si libera un posto viene immediatamente attivato il concorso per sostituire l'elemento che manca: è un ciclo continuo e immediato.
  Del bilancio in pareggio da 15 anni vi ho già detto. Alcuni hanno parlato di vecchi carrozzoni. Ci tengo molto a rassicurare i presenti, che Santa Cecilia non è mai stato un carrozzone, ha sempre avuto questa politica, anche per il grande merito del mio predecessore, il sovrintendente professor Bruno Cagli: per vent'anni sovrintendente, presidente e direttore artistico dell'Accademia. Devo dire che c'era questa possibilità; quando sono stato eletto, ho proposto – ed è stata approvata – una modifica dello Statuto che impedisce di avere più di due mandati consecutivi, quindi un massimo di dieci anni. Sembrava una logica e razionale decisione da prendere. In questo modo, grazie alla nostra autonomia, siamo riusciti a fare il contratto «Santa Cecilia» che sostituisce le vecchie idee di orario di lavoro, per quanto riguarda l'orchestra, con un numero di servizi da fare obbligatoriamente durante l'anno: i servizi sono prove e concerti. Il vantaggio è che in una settimana, con un orario di lavoro rigido, se ho bisogno di quel determinato numero di ore di lavoro, bene; altrimenti, se ne occorrono meno, le devo pagare lo stesso, ma se ne occorrono di più, bisogna pagare gli straordinari. Non è razionale rispetto ai nostri ritmi di produzione. Invece la logica dei servizi – che peraltro è quella condivisa dalla maggior parte dei grandi complessi europei e, per quel che ne so, in Italia, solo dall'Orchestra della Rai, da dove provengo i sovrintendenti – consente l'elasticità di avere più o meno servizi a seconda dei bisogni di produzione. Quindi, una grande flessibilità di cui godono l'istituzione e, ovviamente, il lavoratore. Inoltre, siccome l'orario di servizio è calcolato su base annuale, abbiamo tutti la possibilità di pianificare il nostro futuro in maniera più serena, più elastica e soprattutto più produttiva. Quindi aumentare la produzione esattamente come ci chiede la legge. Per quanto riguarda il budget – è inutile che dica ogni volta che il COVID scompagina un po' tutto – in questo periodo, grosso modo, è per poco più della metà di carattere pubblico e per il resto di carattere privato. Quando dico privato, intendo i contributi dei soci privati, i nostri ricavi che incidono per un 15-20 per cento, ovvero sbigliettamento, tournée, abbonamenti, eccetera e il contributo dei numerosi donatori, mecenati, benefattori che accompagnano e seguono con grande passione le attività dell'Accademia: sono quasi 200 e portano circa un milione di euro nelle nostre tasche ogni anno, devo dire con uno slancio di generosità, soprattutto durante il periodo del COVID. Circa il 40 per cento degli abbonati ha rinunciato al rimborso degli abbonamenti.
  Questo ci porta alla pandemia. Inizio subito ringraziando il Ministero della cultura, senza il quale non ce l'avremmo fatta, perché ha continuato ad assicurare il FUS e con il FIS (Fondo di integrazione salariale) ha consentito ai lavoratori di coro e orchestra di avere una retribuzione mensile. Ne abbiamo usato pochissimo, cinque settimane nel 2020 e tre settimane nel 2021, queste tre settimane con l'80 per cento di integrazione. Ma non ci siamo mai fermati, perché anche quando era tutto chiuso, abbiamo avuto una notevolissima attività sul web: abbiamo continuato a mandare concerti in streaming; abbiamo messo i nostri concerti su piattaforme a pagamento e su piattaforme gratuite, non ci siamo mai fermati. Abbiamo realizzato un DVD con la collaborazione del Ministero degli esteri dedicato interamente alla musicaPag. 6 da concerto di Ennio Morricone. Abbiamo realizzato attività didattiche con il nostro reparto educational sul web, aperto a tutti, non solo ai nostri allievi, grazie al quale abbiamo vinto per la seconda volta il Premio Abbiati, proprio per l'attività didattica, che è un po' il Nobel, l'Oscar della musica in questo Paese. Se noi non ci siamo mai fermati, si è fermato l'incasso, ovviamente. Pensate che i ricavi dei concerti – anche quelli fuori sede di cui parlavo – tra il 2019 e 2020 si sono ridotti passando da 7,3 milioni di euro nel 2019 a 2,5 milioni nel 2020, quindi una riduzione complessiva di 4,8 milioni, pari a meno 65 per cento. Di nuovo, in questo caso, è stato fondamentale l'intervento del Ministro della cultura. Aggiungo che, per quanto mi riguarda, nel periodo in cui è stato richiesto il FIS, mi sono ridotto lo stipendio del 30 per cento; il nostro direttore generale ha fatto altrettanto. Il maestro Pappano si è ridotto del 100 per cento il suo compenso come direttore musicale.
  In questo periodo abbiamo capito che queste non sono soltanto sale dove si fanno concerti – lo abbiamo capito dalla reazione del nostro pubblico e degli altri, in tutte le fondazioni è stato così – ma sono presìdi di civiltà e di identità. Per questo non ci siamo fermati: abbiamo pensato che in questi presìdi si debba sempre tenere una luce accesa, una fiaccola; non vanno mai spenti, perché il contatto con la musica è fondamentale essendo quanto di più simile al tatto. La musica tocca, c'è la necessità di essere avvolti, consolati e incoraggiati da questa nostra attività che abbiamo capito essere fondamentale e non accessoria. Adesso affrontiamo la riapertura con uno spirito incoraggiante, da un lato, e di grandi dubbi, dall'altro, per riportare il pubblico nelle sale, riempirle al 100 per cento, lavorare con i giovani come abbiamo fatto sul web e con l'attività di formazione, perché chi fa musica va ad ascoltare musica, per questo abbiamo tanti ragazzi nel nostro settore Education. Sono a vostra disposizione per chiarimenti, domande e altro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie al professor Dall'Ongaro. Do ora la parola all'onorevole Nitti.

  MICHELE NITTI. Grazie, presidente e grazie anche al dottor Dall'Ongaro per questo intervento così articolato. Oggi siamo alla seconda tornata di audizioni di questa indagine conoscitiva che ho voluto promuovere, sia per fotografare complessivamente la situazione delle nostre fondazioni lirico-sinfoniche – quindi attività gestionale, modelli organizzativi, attività di risanamento, eventuali criticità o contraddizioni, penso, per esempio, a quelle legate alla natura giuridica – ma anche e soprattutto per superare quella percezione negativa che talvolta si è diffusa, si è cristallizzata negli anni a causa di situazioni non particolarmente commendevoli. Provando, invece, a promuovere quegli elementi positivi, le dimensioni più innovative, più costruttive, più propositive che caratterizzano oggi i nostri teatri. Santa Cecilia rappresenta certamente un'eccellenza universalmente riconosciuta e lo dico sia come deputato che come direttore d'orchestra. Durante il periodo delle chiusure, delle limitazioni a causa della pandemia, abbiamo dovuto sacrificare proprio la cultura della socialità e sappiamo bene quanto i nostri teatri, i nostri luoghi della cultura siano spazi deputati alla socialità, agli incontri, ai rapporti fra persone, agli scambi di idee, di emozioni, al rito collettivo dello spettacolo dal vivo. Durante il primo lockdown intervenni in diverse occasioni per cercare di affermare quanto le attività culturali, in particolare quelle performative che si svolgono all'interno dei luoghi della cultura, dovessero legittimamente essere considerate beni essenziali e certamente non meno essenziali di quanto non lo fossero i luoghi fisici della cultura e la loro fruizione.
  Provammo a legarci perfino al codice dei beni culturali, all'articolo 101; provammo a riferirci al decreto Colosseo, però le chiusure – come sappiamo – sono state inevitabili. Adesso, finalmente, abbiamo ottenuto questo importantissimo risultato del ritorno alle piene capienze a cui faceva riferimento il sovrintendente; ma sappiamo benissimo che ci vorrà ancora del tempo Pag. 7per raggiungere la piena capacità operativa e che si dovrà lavorare anche perché si superi la paura di dei luoghi chiusi. C'è un rischio, secondo lei, che si sia diffusa la disabitudine, se non proprio la disaffezione a frequentare i luoghi della cultura? Avete a disposizione dati, riscontri sulla partecipazione del pubblico, in quest'ultimo periodo? Quali potrebbero essere le politiche di promozione che potremmo introdurre per favorire il ritorno del pubblico in sala e promuovere una nuova fase di fidelizzazione? Si parla spesso di detraibilità delle spese culturali, ma con la consapevolezza del rischio di introdurre un nuovo elemento, un nuovo strumento sperequativo rispetto a chi, non avendo reddito, non avrebbe nulla da detrarre. Voi, come dicevo prima, rappresentate certamente un esempio plastico dei livelli di eccellenza dell'offerta culturale, ma quali altre iniziative potrebbero essere utili, invece, a sostenere la domanda culturale? Grazie.

  MICHELE DALL'ONGARO, Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia. Grazie presidente. Ringrazio l'onorevole Nitti che mi viene da chiamare maestro per abitudine professionale.
  Il tema che lei solleva è di grande importanza: noi abbiamo un paio di idee a proposito che portano tutte allo stesso posto, cioè alla scuola. Alla fine il punto è sempre quello quando si affrontano queste discussioni sulla divulgazione, sul pubblico, sulla domanda e l'offerta. Lo dico in maniera netta: finché in questo Paese non ci sarà l'educazione musicale in tutte le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, non faremo molti passi avanti. È per questa ragione che ci impegniamo tanto nel lavorare con i bambini. Due anni fa un bambino mi ha fermato e mi ha detto: «Grazie che ci fai cantare». Di fronte a questa, che la più grande soddisfazione che si possa avere da un bambino piccolissimo, ci rendiamo conto che è quello il futuro. Finché non diventa un'abitudine; perché se fai musica, canti e suoni, poi vai ai concerti. Chi gioca a calcio da bambino, probabilmente poi andrà allo stadio. Questa consuetudine non si può imporre per legge, si può semplicemente comunicarla con l'esempio oppure con l'educazione. Quello è il primo punto, il resto è un palliativo. Per esempio, noi adesso offriamo ai minori di 18 anni l'ingresso gratuito ai concerti sinfonici, purché accompagnati da un adulto che avrà uno sconto sul biglietto. Onestamente, siccome si parla spesso di prezzi – e i nostri vanno dai 19 euro ai 50 – non è tanto, calcolando quanto paga un giovane per sentire Vasco Rossi, con tutto il rispetto per Vasco Rossi. Ai giovani applichiamo uno sconto del 25 per cento e, con 150 euro, possono avere un abbonamento di base. Quindi la politica dei prezzi è ultra indirizzata verso un dialogo molto aperto; tra l'altro, abbiamo anche forme di collaborazione con varie istituzioni e varie convenzioni. Abbiamo inoltre un'attenzione specifica anche per la parte dedicata alla disabilità, con l'ingresso gratuito con grande sconto per l'accompagnatore.
  Cerchiamo di fare quello che si può, avendo anche una sala gigantesca e questo ci porta all'altro problema. La sala di Santa Cecilia, che ha 2.700 posti, è stata una manna quando avevamo i distanziamenti: 1.200 posti erano un'enormità rispetto a quasi tutti gli altri teatri. Adesso assistiamo a un fenomeno molto curioso, onorevole Nitti. Devo dire che, da un lato, c'è una grande richiesta di partecipare – noi abbiamo dei concerti che fanno gola – ma assistiamo anche a un altro fenomeno che vedo per la prima volta. C'è qualcuno che chiede il rimborso del biglietto, perché non si fida più di venire a piena capienza. Non l'avevamo previsto; parliamo di uno o due casi, però se ne deve tenere conto. Quello che possiamo fare è garantire il massimo rigore per la sicurezza: naturalmente controlliamo il Green pass, i documenti a ogni singolo e il biglietto. Entrare in Santa Cecilia è come prendere un aereo. Oltre a questo, c'è l'aria condizionata senza riciclo tra le più efficienti d'Europa, personale che segue la tracciabilità dei biglietti e personale presente in sala: quindi grande rigore che è tipico della nostra organizzazione. Stiamo molto attenti a stare lontano da una percezione negativa, come stanno facendo tutte le fondazioni. Finalmente tutti cominciano a domandare non «cosa puoi fare tu Pag. 8per me», ma «cosa posso fare io per te». Godiamo di finanziamento pubblico, godiamo della fiducia dei privati – al Santa Cecilia siamo fortunati che investono e ci aiutano a collaborare – quindi dobbiamo restituire qualcosa in cambio. Ogni volta ci domandiamo cosa può fare la musica per i cittadini e questo credo che sia forse il modo migliore per creare un rapporto amichevole, oltre che lavorare con i giovani. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, professor Dall'Ongaro per il suo contributo preziosissimo. Dichiaro conclusa questa prima audizione. Grazie a tutti.

Audizione del Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari, Massimo Biscardi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle fondazioni lirico-sinfoniche, del maestro Massimo Biscardi, Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva su canale satellitare, nonché sulla web-tv della Camera dei deputati. Saluto e do il benvenuto al maestro Biscardi che ringrazio per essere intervenuto.
  Ricordo ancora una volta che, dopo l'intervento iniziale del nostro ospite, darò la parola ai colleghi che intendono porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il maestro Biscardi potrà replicare. Prego maestro Biscardi, a lei la parola.

  MASSIMO BISCARDI, Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari. Buongiorno a tutti e grazie per questo invito.
  Per parlare della Fondazione Teatro Petruzzelli credo si debba fare una piccola storia, perché è la Fondazione ultima nata. È nata nel 2004 e quindi, come dire, è un caso a parte rispetto alle fondazioni liriche italiane. Questo perché? Avere avuto decenni di attività o di storia ha strutturato le altre Fondazioni nel tempo, mentre il Teatro Petruzzelli ha dovuto strutturarsi velocemente in questi ultimi anni.
  Riferendomi agli ultimi 6/7 anni ed escludendo giusto gli ultimi 2 anni di pandemia, se si fa un raffronto del cammino del Teatro Petruzzelli dal 2014 al 2019, alcuni dati interessanti possono dare l'immagine attuale dello stato della Fondazione Petruzzelli.
  Dal 2014 ad oggi – al 2019, intendo, ovviamente – gli incassi di biglietteria sono aumentati nel 103 per cento, i contributi dei soci fondatori sono passati da 11 milioni a 14 milioni e mezzo, così i contributi dello Stato da 6,6 milioni, a 8,5 milioni – quindi il 30 per cento di aumento – e il punteggio FUS, che è fondamentale per lo spacchettamento, appunto del FUS, da 625 punti a 1.297; il punteggio artistico della qualità, che è un dato assai interessante per noi, è aumentato del 70 per cento.
  Anche la presenza di pubblico ha avuto un aumento, in 5 anni, del 100 per cento – 101 per cento, esattamente – e i sipari del 71 per cento. Questo per dire che la Fondazione Petruzzelli, che nel 2014 viveva un periodo molto difficile, stava per chiudere il secondo bilancio in deficit, si è fermata nel 2014 e ha ragionato su come procedere per non chiudere, perché la situazione era quella. E, d'accordo con le organizzazioni sindacali, con i lavoratori, si è scelta una strada, a mio parere, virtuosa che ha portato ottimi risultati. C'era un'unica cosa che avrebbe potuto salvare la Fondazione Petruzzelli: crescere.
  Per cui, la Fondazione Petruzzelli con i suoi lavoratori, ha intrapreso una strada che l'ha portata a questa crescita importante la quale ha comportato un aumento progressivo di possibilità, anche dal punto di vista finanziario, che oggi hanno stabilizzato la Fondazione Petruzzelli in una posizione molto positiva.
  Faccio un esempio: il Teatro Petruzzelli ha sempre lavorato all'interno del C.C.N.L. (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), non c'è stato un contratto integrativo. Questo è un accordo con i suoi lavoratori perché, fin quando non si fosse creata una stabilizzazione dell'ente, era impossibile pensarePag. 9 di aggiungere una contrattazione di secondo livello a quella del C.C.N.L. Voi sapete benissimo che il C.C.N.L. è fermo praticamente da 20 anni e questo è un problema, a mio parere, serio per i lavoratori. Ciononostante, la Fondazione Petruzzelli è riuscita, in grande armonia, a procedere per 5/6 anni in crescita, senza contratto integrativo, e solo quando la situazione si è stabilizzata – parlo di quest'anno – ha potuto, in accordo con le organizzazioni sindacali, firmare un contratto nuovo di secondo livello che vale. È partito dal 1° ottobre scorso.
  Questo per dire che è stato un lavoro di intesa, all'interno sia del consiglio di indirizzo che con i lavoratori, perché la fondazione raggiungesse determinati punti di arrivo. Anche la Fondazione Petruzzelli fa parte del piano di risanamento, è entrata con un mutuo di 4.480.000 e ha un mutuo residuo di 4 milioni, però la situazione patrimoniale della fondazione, in questi 5 anni, si è ristabilita fortemente, per cui noi oggi saremmo anche in grado di poter uscire dal piano di risanamento.
  La dotazione organica, come tutte le fondazioni, è stata rivista in queste ultime settimane, ma ci siamo attenuti ad una dotazione organica, come dire, compatibile con le nostre possibilità. Quello che è importante, all'interno di una fondazione, a mio parere, è l'equilibrio tra le spese e l'attività produttiva. Il nostro scopo deve essere quello di aprire il teatro al pubblico, il più possibile, e a ogni fascia di pubblico, quindi bisogna produrre molto e armonizzare le spese varie, anche quelle di personale, con quelle della produzione.
  Per cui, la vecchia dotazione organica – che era di 174,5 elementi – è stata aumentata, ma di poco, a 190 elementi. Questo non significa che i 190 elementi lavoratori sono sufficienti a svolgere qualsiasi tipo di attività e, per questo, c'è la possibilità di fare contratti a tempo determinato. È chiaro che avremmo potuto, avremmo voluto, anche aumentare un po' di più la dotazione organica, ma non è che ogni fondazione, secondo le leggi attuali, avrebbe potuto aumentarla a suo piacere, perché c'erano dei paletti all'interno dei quali bisognava organizzare la nuova dotazione organica, quindi non si potevano superare determinati limiti.
  Nel nostro caso, quella della Fondazione Petruzzelli è una buona dotazione organica, ma ha un impedimento molto grande, del quale mi piacerebbe potervi parlare: la legge prevede la possibilità di ricorrere a contratti a tempo determinato per un massimo del 20 per cento della dotazione organica. Per un teatro come il Petruzzelli, la cui dotazione organica, forse è – anzi, sono certo – la più piccola d'Italia, il limite del 20 per cento per i contratti a tempo determinato è un grossissimo problema. Spiego perché: se normalmente la fondazione può viaggiare con 190 elementi a tempo indeterminato, quando ci sono programmazioni di un certo tipo, per esempio, «Aida», o «Turandot», o la seconda sinfonia di Mahler, è necessario avere un certo numero di aggiunti. Questo numero di aggiunti se devono essere all'interno del 20 per cento di 190, sono troppo pochi per il Teatro Petruzzelli. Cioè il limite del 20 per cento, che è importante per chi ha una pianta organica di 500, di 600, di 400 figure, è molto basso per chi ne ha pochissime. È una legge punitiva nei riguardi di chi ha una pianta organica snella, perché quella si può permettere.
  Su questo, devo dire, ho bisogno di rimarcare la difficoltà che il Teatro Petruzzelli ha, e avrà, rispetto al 20 per cento. Perché il 20 per cento di 190 significa 38 elementi. Ma se fai «Aida», 38 elementi, sono solo quelli che aggiungi di coro. Noi abbiamo un coro di 50 elementi, però «Aida» – solo per citare «Aida», ma ci sono tante occasioni analoghe – ha bisogno di un coro di almeno 80 elementi. Poi, ci sono anche le comparse, i tecnici aggiunti, gli orchestrali aggiunti, per cui il problema del 20 per cento, a mio parere, è gravissimo e noi abbiamo bisogno di affrontarlo e, possibilmente, di risolverlo.
  Come farlo, non è mio compito. Tuttavia, ad esempio, per un teatro come il nostro, al di sotto delle 200 unità a tempo indeterminato, se il limite del 20 per cento fosse considerato come media annuale, si risolverebbe il problema. Occasioni del genere,Pag. 10 infatti, non sono continue, ce ne saranno 3-4 all'anno, ma noi non possiamo realizzarle legittimamente con questo limite del 20 per cento. Però, se la media del 20 per cento non si riferisse a ogni produzione, come è scritto nella legge, ma alla media annua, risolverebbe. Ci possono essere anche altre soluzioni riguardanti, eventualmente, solo quelle fondazioni che hanno una pianta organica al di sotto, per esempio, delle 200 unità.
  Mi permetto di approfittare di questa occasione – leggo sempre le vostre iniziative e sono veramente meritorie – per lanciare un'altra idea che riguarda l'attività di tutte le fondazioni e gli allestimenti scenici. Come sapete, i teatri italiani hanno alcuni allestimenti scenici storici, importantissimi, anche di 50 anni fa, ma spesso devono essere distrutti perché la conservazione di questi allestimenti ha un costo molto alto e, da solo, ogni teatro non ce la fa a reggere l'affitto di grandi magazzini per la conservazione di questi allestimenti che, essendo storici, sono importantissimi e potrebbero essere ripresi nel tempo.
  Mi chiedo se, a livello europeo, non si possa pensare ad una sede per tutti gli allestimenti storici più importanti, che saranno scelti, naturalmente da una Commissione. Ciò affinché non vengano distrutti allestimenti che fanno parte della storia italiana, o che appartengono alla Francia, alla Germania o all'Austria. Questa è un'idea che mi viene in mente ora, che sono alla vostra presenza.
  Per il resto, direi che la Fondazione Petruzzelli è cresciuta molto; è contenta della propria attività; ha un ritorno di pubblico importantissimo e anche durante la pandemia, attraverso la propria attività in streaming, ha potuto dedicarsi ad attività di qualità, direi anche più alta che, forse, in presenza di pubblico, non si sarebbe potuta permettere. Ad esempio, ha dedicato alcune giornate alla composizione italiana contemporanea, che spesso viene trascurata nelle programmazioni, ma che è bellissima. Ho ascoltato tanta musica bellissima, scritta da compositori italiani viventi.
  In streaming queste giornate di musica contemporanea hanno avuto un riscontro altissimo, incredibile. Non parlo di quegli utenti che hanno «cliccato», hanno ascoltato un minuto e poi hanno cambiato canale, ma di quelli che hanno seguito per intero questi concerti. Il seguito del nostro pubblico, e anche di un nuovo pubblico, è stato importante quasi da pensare che sarà d'aiuto alla ripresa che sta avvenendo adesso del pubblico nelle sale.
  A Bari, il pubblico in teatro, da settembre, è ritornato in massa. Abbiamo già aperto con «Don Giovanni» di Mozart, con il «tutto esaurito», con la capienza possibile allora. Stiamo continuando con «Trovatore» per il quale si prevede un «tutto esaurito» a capienza piena. Potrei dire, quindi, che la pandemia, per come è stata affrontata in Italia, potrà essere superata. E il green pass, a mio avviso, è stato di grande aiuto per coloro che non si sentivano rassicurati a tornare nei luoghi pubblici. È un gesto di attenzione, ovviamente, rispetto alla situazione pandemica, che curiamo con rigore. Chiediamo il green pass al pubblico, controllando i documenti, e non stiamo avendo alcun problema in questo senso. Quindi chi entra in teatro, a Bari, può essere assolutamente sicuro.
  Vorrei fare un'ultima osservazione sul prezzo dei biglietti al Teatro Petruzzelli. Come sapete, il Teatro Petruzzelli è stato chiuso per un ventennio a causa di un incendio e, quando ha potuto riaprire, si è trovato senza un pubblico. Due generazioni erano passate senza essere mai entrate in un teatro lirico. Quindi la politica che il Teatro Petruzzelli ha fatto, dal 2014 in poi, è stata quella di creare nuovo pubblico, dedicandosi, innanzitutto, ai bambini e ai ragazzi. Abbiamo avviato, da anni, una politica proprio dedicata a loro – un po' quello che dovrebbe fare la scuola in Italia e che purtroppo non fa – ovvero una politica di cultura musicale, di cultura all'ascolto della musica, attraverso family concert, al costo di 1 euro per i bambini e di 5 euro per i genitori che li accompagnano, con riduzioni delle opere liriche che vanno in scena, al pomeriggio, alla sera, o al mattino, di un'ora, sempre per i bambini e per i ragazzi e, ogni anno, commissioniamo una nuova opera lirica, di solito ispirata a Pag. 11favole del mondo dei bambini, a un compositore italiano che mette in scena un'opera, nel mese di maggio, dedicata alle scolaresche di bambini tra i 5 e i 12 anni.
  L'attività artistica, in questo modo, viene stimolata, ma, soprattutto, abituiamo il pubblico dei bambini all'ascolto della musica tonale, da Mozart in poi, nonché della musica contemporanea.
  Ho voluto fare un quadro rapido della situazione del Teatro Petruzzelli, non so se sono stato esauriente.

  PRESIDENTE. Grazie, maestro Biscardi. Ha chiesto la parola l'Onorevole Nitti a cui chiedo di intervenire.

  MICHELE NITTI. Grazie, presidente. Ringrazio il maestro Biscardi per tutte le informazioni e i suggerimenti molto interessanti, penso anche a quello degli allestimenti scenici che dovremmo davvero approfondire.
  Durante la precedente tornata di audizioni abbiamo avuto modo di conoscere un teatro, il Teatro Massimo di Palermo, che il sovrintendente Giambrone, e io sono pienamente d'accordo con lui, ha definito come un teatro completo, che dispone delle tre compagini, quindi coro, orchestra e corpo di ballo, che danno pienamente senso alle funzioni e alle finalità che la legge prevede per i nostri teatri.
  Con il Petruzzelli, oggi, il maestro Biscardi ci ha presentato una realtà giovane – diceva che è l'ultima fondazione riconosciuta – una realtà più piccola, nelle dimensioni, rispetto alle altre fondazioni lirico-sinfoniche, ma con ampi orizzonti di crescita. Una fondazione, peraltro, di alto livello qualitativo. Parliamo di un teatro che, come ricordava il maestro Biscardi, ha vissuto, non dimentichiamolo, la tragedia di un incendio che ha precluso a una intera generazione di giovani, di ragazzi di allora – che poi è la mia generazione sostanzialmente – la possibilità di accedere ad una parte fondamentale della vita culturale della città, e della regione, per tantissimi anni, per 20 anni. Io, poi, ho avuto la fortuna di entrare, per la prima volta, in questo nuovo teatro ricostruito, come direttore d'orchestra. Non vi ero mai entrato prima e ho potuto apprezzare personalmente proprio la freschezza, la grande qualità artistica delle produzioni e di queste compagini, oltre alla voglia di crescere, di attestarsi subito tra le realtà più interessanti del panorama artistico nazionale e internazionale. Vorrei chiedere al Sovrintendente un piccolo approfondimento, se è possibile, proprio sul piano di risanamento cui faceva cenno. Avevo presentato tre emendamenti al decreto rilancio, che purtroppo ebbero parere contrario. Uno di questi chiedeva non solo la possibilità di differire le rate di ammortamento delle fondazioni durante la pandemia – cosa che peraltro ha lamentato anche il dottor Giambrone – ma anche che, ove ci fossero state le condizioni, le fondazioni che si trovavano nella condizione di estinguere il debito, dopo anni di sacrifici e di costrizioni, potessero tornare alla gestione ordinaria. Il mio intento, chiaramente, era quello di sottolineare quanto fosse importante affrontare il tema del post Bray, dell'uscita dai piani di risanamento.
  Quindi, qual è la vostra situazione in merito al piano di risanamento? Sareste nelle condizioni di uscire? Mi pare di capire che potreste, avendo completato positivamente questo percorso, ma che non possiate farlo perché la Legge Bray non prevede un piano di uscita. Questo non rischia di arrecare danno alla fondazione e alla sua crescita? Grazie.

  FEDERICO MOLLICONE. Intanto buongiorno al Sovrintendente Biscardi. Ho apprezzato dal sovrintendente, al di là della relazione, anche alcune ipotesi progettuali di sviluppo sulla valorizzazione degli allestimenti scenici storici, una cosa che dovrebbero organizzare tutte le sovrintendenze italiane in collaborazione con il Ministero, o d'Europa.
  Ricordo che, a Roma, che ha un patrimonio inestimabile, gli allestimenti scenici sono praticamente buttati nel magazzino del Quarticciolo, in alcuni container, dove si stanno ammalorando. Ci sono telecamere che riprendono solo un ingresso e non altro; quindi, non si sa chi entra, chi esce o come vengono gestiti questi allestimenti scenici. In merito a questo ho presentatoPag. 12 un'interrogazione; ecco perché questa osservazione del sovrintendente mi trova molto d'accordo.
  In generale, sul caso Petruzzelli è stato molto signorile; in realtà, oltre all'incendio c'è un problema storico legato all'inchiesta per tangenti. Anzi, in proposito, vorremmo sapere anche se tale inchiesta, nelle conoscenze del sovrintendente, abbia avuto un esito o meno. Essa ha macchiato la gestione del Petruzzelli all'epoca del Sovrintendente Fortes che poi, nonostante l'inchiesta, andò a fare il sovrintendente a Roma. Non era rinviato a giudizio, io sono assolutamente garantista, però qualche interrogativo al riguardo è rimasto.
  Ho letto il bilancio consuntivo del 1920 della fondazione e devo dire che, in effetti, c'è un processo di risanamento, però la Fondazione ha, verso la regione Puglia, se non sbaglio, un credito di un milione che è il finanziamento; poi ci sono l'accantonamento del T.F.R. e altri debiti, diciamo, rispetto alla gestione economica fiscale. Su questo sarebbe utile un approfondimento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie Onorevole Mollicone. Se non ci sono altri iscritti a parlare, do la parola al maestro Biscardi per la replica. Prego, maestro.

  MASSIMO BISCARDI, Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari. Se ho rimarcato, durante la mia breve prolusione, la questione del piano di risanamento è anche in positivo. Di solito, ci si lamenta delle leggi che non funzionano. A mio parere, la legge sul piano di risanamento ha funzionato, funziona, e l'esempio è che un teatro come il Petruzzelli – che, certo, aveva un debito esiguo rispetto ad altri teatri italiani – in questi anni, seguendo una sua strategia è riuscito, proprio grazie ai mezzi che il piano di risanamento ha offerto, a risolvere i propri problemi. Quindi, quando una legge funziona è bello anche dare un riscontro positivo alle cose.
  Per rispondere all'Onorevole Nitti, confermo che, grazie alla crescita che la Fondazione Petruzzelli ha avuto in questi 5 anni, al patrimonio che ha acquisito, oggi sarebbe in grado di potere uscire dal piano. È vero che il piano prevede il modo per entrare e non per uscire, ma mi risulta che il Ministero – credo entro la fine dell'anno – dovrebbe dare indicazioni su situazioni come la nostra, quindi sulla possibilità di potere uscire dal piano di risanamento che, effettivamente, crea anche alcuni lacci rispetto all'attività. Perciò, se la situazione di una fondazione è a posto, sarebbe anche bello potere essere un po' più liberi nel proprio sviluppo.
  Se ho risposto alla domanda dell'Onorevole Nitti, passerei a quella dell'Onorevole Mollicone. Non ci sono crediti da parte della regione o altri enti; tutti hanno ottemperato ai pagamenti previsti in bilancio ed è vero quello che dice l'Onorevole Mollicone rispetto all'inchiesta che fu avviata molto prima, nel 2014, e che ebbe un esito nel 2015. Ero presente anche perché collaborai, non appena arrivato a Bari, perché si scoprisse quale fosse l'inghippo che bloccava un po' l'attività del Teatro Petruzzelli. A mio parere, l'inchiesta è quasi una medaglia per la Fondazione Petruzzelli, perché se è vero che c'erano persone che rubavano al suo interno, è vero anche che noi abbiamo fatto di tutto perché venissero scoperte e venisse estirpato questo cancro: abbiamo fatto la nostra parte.
  Proprio in questo mese di ottobre, sarà avviato il processo: ci sarà la prima udienza nei riguardi del direttore amministrativo della fondazione e di quegli imprenditori privati che, esternamente, erano collusi con lui.
  Non so se ci sono altre domande a cui non ho risposto, Onorevole Mollicone.

  FEDERICO MOLLICONE. Sul TFR per i lavoratori, perché ho visto che c'è stato un accantonamento parziale.

  MASSIMO BISCARDI, Sovrintendente della Fondazione lirico-sinfonica Teatro Petruzzelli e Teatri di Bari. No, nel corso di questo bilancio, l'ultimo, è stato accantonato per intero tutto il TFR dei lavoratori, quindi la situazione adesso si è normalizzata. Direi che, dal punto di vista del bilancio,Pag. 13 come è stato verificato dai revisori dei conti, la situazione è del tutto in ordine, sia per quanto riguarda il TFR, sia per quanto riguarda i crediti che la fondazione vantava verso enti. È tutto normalizzato: nell'anno della pandemia, siamo riusciti a mettere in ordine anche questi aspetti.
  Quindi abbiamo un buon bilancio che ha chiuso con un buon attivo nell'anno scorso e, proprio per questo motivo, ci piacerebbe, avendo tutte le carte in regola, poter avere una più agile libertà di sviluppo delle attività, uscendo anche dal piano di risanamento che però, ripeto, è stato un ottimo piano che ha funzionato. Di questo bisogna dare atto a chi ha fatto la legge e a chi l'ha seguita.

  PRESIDENTE. Grazie. Ringrazio il maestro Biscardi per il suo contributo e dichiaro conclusa questa audizione. Grazie a tutti.

Audizione del Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna, Fulvio Macciardi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle fondazioni lirico-sinfoniche, del maestro Fulvio Macciardi, Sovrintendente della Fondazione Teatro Comunale di Bologna.
  Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare, nonché sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Saluto e do il benvenuto al maestro Macciardi, che ringrazio per essere intervenuto.
  Come sempre, dopo l'intervento iniziale del nostro ospite, darò la parola ai colleghi che intendono porre domande o svolgere osservazioni, successivamente il maestro Macciardi potrà replicare.
  Do ora la parola al maestro Fulvio Macciardi. Prego, maestro.

  FULVIO MACCIARDI, Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna. Buongiorno. Ringrazio molto, per me è un grande onore questa audizione. So che è stata preceduta da alcuni altri miei colleghi e dal direttore generale dello spettacolo dal vivo. Io sono qui anche in veste di vicepresidente dell'ANFOLS (Associazione Nazionale Fondazioni Lirico Sinfoniche), la nostra associazione di categoria. Il nostro Presidente Giambrone, che ha fatto l'audizione la settimana scorsa, vi ha lasciato un testo, evidentemente condiviso, per cui mi rifaccio a quello, senza ripetere le cose che ha già detto. Se qualcuno vuole avere qualche chiarimento rispetto a quel testo, o alle questioni poste dal Presidente, credo di poter tranquillamente intervenire in questa fase per chiarire alcune questioni.
  Il tema, come è stato detto, riguarda la certezza dei contributi erogati dallo Stato su base pluriennale; a parte quello che è successo, purtroppo, in tempo di pandemia, su cui c'è stato il generoso sostegno del Ministero, questi servono molto. Cito solo un dato che è interessante: per tutti i teatri europei – mitteleuropei soprattutto, quindi Austria, Germania, Paesi dell'est – il contributo su base triennale è un dato acquisito. Perciò eventuali diminuzioni o aumenti hanno logicamente una ricaduta sui bilanci.
  Ho l'onore di presiedere un teatro bellissimo. Questa dietro di me è una foto della bellissima sala settecentesca. Noi siamo, insieme al Teatro San Carlo di Napoli, il teatro originale più antico d'Italia: 1763, andiamo verso i 260 anni. Questo teatro ha una meravigliosa acustica, sicuramente una delle meraviglie che l'architetto Galli Bibiena, quando lo costruì, si inventò. Non abbiamo la sala a semicerchio, ma abbiamo la sala cosiddetta a ferro di cavallo. Io, che nasco violinista, ho chiaramente la visione di quello che è il corpo di uno strumento ad arco, un violino, un violoncello, anche una chitarra, che permette a questo teatro di avere questa meraviglia di acustica che ha portato tantissimi debutti, tantissimi incipit di carriere. Molti direttori musicali hanno iniziato la loro storia qui: penso al direttore attuale de La Scala Chailly, al maestro Daniele Gatti, al maestro Michele Mariotti. Da qui sono partite carriere bellissime per molti cantanti e per molti musicisti.Pag. 14
  Storicamente siamo un teatro wagneriano; abbiamo fatto molte prime di opere di Wagner, quando ancora l'Italia, nell'Ottocento, era tutta schierata a favore di Verdi e Wagner era guardato come un provocatore. Di questo potrei parlarvi entusiasticamente per molto tempo.
  Vorrei partire da un ragionamento importante per capire a che punto sta il Teatro Comunale di Bologna, perché credo che sia quello che interessa i componenti della Commissione. Il Teatro Comunale di Bologna non sarebbe stato obbligato ex lege ad aderire ai piani di risanamento, perché non era mai stato commissariato, fino al 2014. Però abbiamo avuto risultati negativi: praticamente, dall'inizio del secolo, dal primo anno del Duemila, tutti gli esercizi sono stati chiusi in passivo; quindi, una situazione molto complessa, molto grave.
  All'epoca ero già qui, non come sovrintendente, ma come direttore dell'area artistica. Poi sono stato il direttore generale nel periodo dei piani di risanamento quando condividemmo, con l'allora sovrintendente e con il Sindaco della città, che sarebbe stato importante aderire al piano. Avendo noi aderito spontaneamente e convintamente a quel processo che ha consentito a questo teatro di rinascere e riproporsi in maniera completamente diversa rispetto alle prospettive future, abbiamo avuto un percorso molto difficile: siamo uno tra i pochi teatri che ha veramente fatto una delle possibilità previste dai piani di risanamento, cioè una procedura di mobilità. C'è stato un primo periodo in cui abbiamo ridotto il personale, abbiamo conseguito il risultato ma, economicamente, non c'era sussistenza, quindi abbiamo fatto una procedura di mobilità, totalmente supportata dal Ministero. Devo dire che, da quel punto di vista, il comportamento del Ministero è stato veramente esemplare: abbiamo aperto come si dice tecnicamente – una commessa di Ales, la società dove abbiamo potuto ricollocare gli esuberi, una trentina su una pianta organica di 260; una trentina di esuberi rappresentano più del 10 per cento, un numero importante. Tutti coloro che hanno accettato, volontariamente, di cessare il loro rapporto con il teatro, sono stati tutti ricollocati. Si è trattato, credo, di un'operazione tecnicamente esemplare: è stato diminuito il numero del personale a tempo indeterminato; lo si è ricollocato in un ambito all'interno del Ministero, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, con una procedura di esodo su base volontaria.
  Adesso siamo uno dei teatri, in attesa delle nuove dotazioni organiche – sapete che c'è l'iter in itinere – tra i più piccoli, perché, con circa 250 persone stiamo nel gruppo assolutamente minore di organici; però, siamo anche un teatro che riesce ad operare bene con questi numeri. Il nostro spazio per il pubblico è inferiore ai 900 posti e, grazie ai lavori degli ultimi anni, abbiamo un grado di riempimento della sala molto elevato.
  Gestiamo anche un'altra sala molto bella, un auditorium liberty dei primi del 900: l'Auditorium Manzoni, che ci è stato conferito in proprietà a fini patrimoniali di ricapitalizzazione del patrimonio, dove facciamo la stagione sinfonica. Diversamente da non tutte le altre fondazioni sinfoniche, facciamo comunque una piena stagione lirica di circa 10-12 titoli all'anno, una stagione sinfonica tra 15 e 20 concerti – dipende dalle stagioni – e, da 3 anni, ho introdotto una valorizzazione delle attività di danza, che so essere state citate più volte come uno dei settori un po' in crisi, un po' a disagio. Pertanto, facciamo 5 spettacoli di balletto, con un numero di repliche inferiore alla lirica, però con un abbonamento dedicato che ci ha permesso anche – quello che interessa molto a noi – un importante rinnovamento del pubblico.
  Il pubblico della danza è molto differente dal pubblico della lirica e della sinfonica. Stiamo sviluppando molto anche le varie tecniche di marketing e di audience development – come si dice ormai in termini più tecnici – e abbiamo alcuni riscontri positivi.
  Questo percorso di risanamento ci ha portato, dal 2017, ad avere sempre bilanci in pareggio. C'è stato un aiuto importantissimo del Comune di Bologna per cui ringrazierò sempre il Sindaco Merola, che ha cessato da due giorni il suo mandato, Pag. 15per aver creduto molto nel teatro. Ci fu un contributo straordinario una tantum da parte del Comune che erogò 1.800.000 nel 2016 che ha comportato un'inversione di tendenza. Dopo 16 anni di esercizi sempre in passivo, dal 2017 abbiamo tutti gli esercizi in attivo e riusciamo anche a fare quel piccolo plus che ci permette di avere una certa serenità per quanto riguarda i flussi di cassa. Riusciamo comunque a chiudere tutti gli anni con 100, 200, 250 mila euro di utili, che ci aiutano rispetto a quello che è il problema di tutte le fondazioni. Con la cassa in pareggio si avrebbe infatti uno sbilancio perché, con i piani di risanamento acquisiti e i debiti a lungo termine avendo rimodulato, abbiamo – pur non essendo tra i teatri più indebitati – un minus importante: quasi 900 mila euro all'anno di vari debiti che andiamo a pagare progressivamente. Questo è un problema per tutti i teatri all'interno del piano di risanamento che non possono così avere accesso al credito. Poter disporre di un fido di cassa, per avere una fluidità di organizzazione, è molto positivo.
  Abbiamo creduto molto in questo bellissimo teatro settecentesco e abbiamo fatto investimenti. Questa è una cabina di regia dove facciamo le nostre registrazioni; abbiamo cablato negli anni il teatro e siamo stati molto felici, in tempi di pandemia, di averlo fatto. La sala del Bibbiena – che vedete in questa bella foto alle mie spalle – è tutta cablata; siamo riusciti a reagire bene, come hanno fatto tutti i colleghi degli altri teatri, facendo diventare la platea, dove adesso ci sono le sedie per il pubblico, un luogo dove mettere gli esecutori; abbiamo fatto i concerti con l'orchestra, con il coro; in qualche maniera li abbiamo messi insieme e abbiamo potuto riprendere in streaming, mantenendo il contatto con il nostro pubblico.
  Il tema degli investimenti sui teatri storici, così come anche di ammodernamento dei teatri più moderni, è molto importante. Credo che le risorse che saranno messe a disposizione potranno essere importanti anche per strutture come queste che tramandano e celebrano il bello, per poter adattare le macchine sceniche, i palcoscenici, lo streaming, le modalità di comunicazione. C'è bisogno di forme di investimento, perché è mancata molto l'idea di investire. Credo che sia giusto pensare a come potrebbero essere questi teatri tra 5, 10, 15, 20 anni perché, attraverso questi percorsi – secondo me, molto virtuosi – in cui abbiamo rimesso in ottimo equilibrio gli aspetti finanziari, dobbiamo uscire dalla programmazione immediata e pensare a progetti più importanti.
  Crediamo tantissimo nelle co-produzioni. Siamo un teatro che fa nuovi prodotti, molte co-produzioni sia italiane che internazionali; abbiamo laboratori, il coro di voci bianche e, soprattutto, la nuova gamba su cui stiamo facendo molti investimenti: la formazione. Non riusciamo ad avere un'accademia così prestigiosa come l'Accademia delle Arti e dei Mestieri della Scala, che ha anche investimenti cospicui, ma abbiamo un bellissimo settore di formazione che si chiama Scuola dell'Opera dove, oltre a fare corsi artistici per cantanti e pianisti, facciamo molti corsi sostenuti dalla regione Emilia Romagna, da un fondo sociale europeo, per attività più tecniche – quelle attività che una volta si tramandavano e adesso si insegnano anche con progetti formativi importanti – ovvero, corsi per sarti, per tecnici del suono, per tecnici audio e video, per elettricisti, per tecnici di palcoscenico, per stage manager. Abbiamo moltissima richiesta. Come sapete, ogni capoluogo ha un teatro lirico con una storia importante e noi abbiamo sempre una richiesta di 7-8 volte superiore alle capienze dei nostri corsi che hanno numeri limitati tra 10 e 15. Un dato che mi sembra molto interessante è che circa il 50 per cento dei nostri corsisti, un anno dopo, finito il corso, ha trovato una attività, non necessariamente, purtroppo, a tempo indeterminato, però almeno un avviamento importante al lavoro. Questo per un teatro storico importante e significativo come questo, è bello.
  Poiché la storia di questo teatro è sempre stata legata alla nascita di carriere, di incipit di percorsi musicali, artistici, siamo assolutamente protesi verso il settore della formazione in cui crediamo molto. Sono stato, nella prima parte della mia vita, un Pag. 16violinista; ho lavorato, a 25 anni, come esecutore nei teatri. Posso quindi dire che la cultura musicale, la cultura della conoscenza, la formazione per gli aspetti artistici è abbastanza carente in Italia. Adesso non è il momento per affrontare questo aspetto, però credo che i teatri come i nostri, specialmente teatri molto radicati sul territorio come il Teatro Comunale di Bologna che si identifica fortemente nella città, così come anche nella Regione Emilia Romagna, abbia il dovere non di supplire ad altre forme di formazione artistica, ma sicuramente di favorire un'interconnessione ed essere propositivo verso percorsi di questo tipo.
  Questa è una terra di grandissimi musicisti: a 100 metri da qui c'è il Conservatorio Martini, che era il padre di Mozart, dove si è formato Rossini. Questo Teatro Verdi ha ascoltato «Lohengrin», la prima opera di Wagner, eseguita in Italia nel 1871 – l'anno scorso erano i 150 anni di questa grande esecuzione – e, in uno dei nostri palchi, ci sono gli appunti di Verdi che ascoltava e segnava. C'era un fermento musicale molto forte in questo territorio in cui crediamo molto. L'intervento propositivo del teatro è assolutamente significativo.
  Un altro aspetto su cui stiamo lavorando è avvicinare nuove generazioni. Ci troviamo proprio nel cuore della città universitaria di Bologna; la piazza su cui si affaccia il teatro è Piazza Verdi, molto frequentata da giovani; è anche luogo di movida, con un po' di problemi legati all'ordine pubblico, ma non è argomento di questo intervento. Sicuramente stiamo facendo politiche anche molto aggressive, con abbonamenti under 30 e accordi specifici con l'università, abbassando tantissimo il titolo di ingresso. Abbiamo fatto un abbonamento under 30 specifico per gli universitari per permettere che anche nei momenti tipici di una tradizione un po' iconoclasta delle prime, in cui si pensa che venga solo un certo tipo di parterre, di pubblico, vengano anche ragazzi molto free, molto liberi: il jeans è sempre bene accolto nei nostri teatri.
  Stiamo cercando di tenere aperti sempre un po' di più i nostri spazi – abbiamo creato uno spazio per accogliere gli studenti universitari –, facciamo lezioni e molti incontri con il pubblico, per avvicinarlo in maniera differente alla lirica, anche invitando artisti ospiti. Abbiamo chiamato questa rassegna «dialogo intorno all'opera», dove si parla di tutto ciò che è intorno all'opera, non dell'opera. La drammaturgia, la storia, quello che può essere il collegamento in riferimento a un periodo, a un modo di essere, o figure di un certo tipo. Questa è la sintesi di questo teatro che ha ritrovato un suo percorso importante.
  Chiudo dicendo che nei piani di risanamento – io, che ho lavorato tutta la vita nei teatri – ho trovato come dato qualificante, e molto positivo, un grande cambio di mentalità dell'approccio anche da parte di tutto il personale dipendente che è sempre stato molto motivato, molto propositivo; e quelli che storicamente erano muri di contrapposizione tra dirigenti e dipendenti, si stanno trasformando in confronti dialettici – come deve essere – con una partecipazione diversa.
  Chiudo con una citazione sul settore generale: abbiamo le retribuzioni ferme da quasi 20 anni nei piani di risanamento; i contratti di secondo livello sono diminuiti di valore economico; è diminuito del 50 per cento nel piano di risanamento il valore economico delle retribuzioni, nella parte accessoria, dei nostri dipendenti: credo che sarebbe importante far partire un nuovo percorso.
  Stiamo incominciando alcuni incontri, come dirigenza ANFOLS, con i segretari nazionali; però immagino che – non so se li avete già ascoltati o ascolterete i sindacati – sia un tasto molto dolente su cui non è più possibile procrastinare.
  Ritengo inoltre importante, soprattutto su un progetto di prospettiva del settore, ragionare su forme di aggregazione: non ce n'è solo una che può funzionare; però, per molti teatri di piccole dimensioni, che fanno fatica ad avere disponibilità economiche di un certo impatto, potrebbero essere strade importanti.
  È un percorso che è stato fatto in Francia, alla fine del secolo scorso, agli inizi del nuovo. Abbiamo anche molti teatri di tradizione,Pag. 17 oltre alle fondazioni lirico-sinfoniche, che qualcuno ha anche citato; si potrebbe pensare anche a formule ibride. Evidentemente siamo gli unici teatri che hanno i corpi artistici dipendenti a tempo indeterminato; abbiamo le orchestre, i cori: i teatri di tradizione non li hanno; li hanno le istituzioni concertistiche orchestrali. Credo che un'idea interessante potrebbe essere quella di creare dei sistemi su base regionale; ne ho parlato anche con i vertici del Ministero. Auspico e mi auguro che ci possa essere un nuovo percorso per pensare a come costruire un futuro per questi teatri, le aggregazioni di territori; soprattutto per valorizzare e ottimizzare anche alcuni scambi. Alcuni teatri fanno fatica a fare attività estive; altri teatri invece hanno i festival estivi dove riescono a concretizzare particolarmente. Il modello del festival partecipato dalle Fondazioni lirico-sinfoniche funziona molto. Noi, come teatro comunale, siamo stati quasi 30 anni l'orchestra, il coro di residenza, del Festival Rossini di Pesaro, poi c'è stato il passaggio.
  Adesso siamo co-produttori del Festival Verdi, che è gestito principalmente dal Teatro Regio di Torino in collaborazione con noi, in sinergia con l'orchestra regionale che è l'orchestra dell'Emilia Romagna. Quindi, esistono delle possibilità di sviluppare questi progetti; è giusto pensare nuove orchestre, nuovi teatri là, in quelle regioni, in quei territori dove adesso mancano, dove ci sono i corpi artistici, ma tutti i dipendenti di questo teatro, che rappresentano un'eccellenza riconosciuta a livello nazionale e internazionale, il brand, il Teatro Comunale di Bologna, la nostra orchestra, il nostro coro. Noi facciamo molti dischi, ci chiedono etichette importanti; Deutsche Grammophon, Sony, ci chiedono continuamente di fare dischi, perché siamo molto qualificati.
  Rendere permeabile, ecco, non impermeabile ma permeabile, queste eccellenze al territorio potrebbe essere una valorizzazione di queste risorse e, dando una piena e continua occupazione ai nostri dipendenti, si potrebbe anche pensare a un adeguamento di risorse e di investimenti.
  Mi fermo qua e ascolto volentieri gli interventi.

  PRESIDENTE. Grazie per il suo intervento, maestro Macciardi. Do ora la parola all'Onorevole Mollicone.

  FEDERICO MOLLICONE. Eccomi, grazie presidente. Ringrazio il sovrintendente per la relazione. Rispetto a quello che ha descritto, anche con procedure virtuose quali appunto quella della formazione dei mestieri dell'opera nonché gli aspetti artistici, a me, però, guardando il consuntivo integrato, l'assestamento di maggio 2020, e quindi in epoca COVID-19, è sorto l'interrogativo rispetto ai costi di consulenze e servizi che risultano essere di circa 5 milioni di euro, pari, più o meno, al 60 per cento della retribuzione dei dipendenti, delle risorse artistiche, che è circa 8 milioni e mezzo. Vorrei capire a cosa corrispondono queste consulenze, questi servizi resi, per circa 2 milioni e mezzo ciascuno, e come impattano e perché c'è questo squilibrio, considerato questo cammino virtuoso a cui ha fatto riferimento che però vede l'abbattimento del 50 per cento del salario accessorio dei dipendenti. Quindi, da una parte si riducono i soldi per i dipendenti, i lavoratori dello spettacolo, dall'altra, quella della fondazione, ci sono circa 5 milioni tra servizi esterni e consulenze. Vorrei un chiarimento su questo.

  MICHELE NITTI. Ringrazio anch'io il sovrintendente Maestro Macciardi. Vorrei introdurre un tema collaterale, diciamo così. In questa legislatura, in diverse occasioni, è stato sollevato il tema della candidatura UNESCO (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization) dell'opera lirica italiana. Io stesso sono intervenuto, in alcune occasioni, in Aula, su questo tema; ho depositato un ordine del giorno che poi è stato approvato diversi mesi fa, proprio per sollecitare il completamento dell'iter di questa candidatura. Ho anche depositato una proposta di legge per il riconoscimento del melodramma italiano come espressione artistica di rilevanza nazionale,Pag. 18 proprio in relazione alla diffusione della lingua italiana.
  Volevo chiedere al sovrintendente se crede che questi percorsi, ovvero la candidatura UNESCO e il riconoscimento del valore del melodramma italiano possano aiutare a rilanciare l'immagine positiva delle nostre Fondazioni lirico-sinfoniche all'interno del panorama artistico internazionale che ancora subisce – grazie a Dio – il fascino, la suggestione della lirica e del melodramma italiano.
  Come mai, a suo avviso, questo percorso stenta ad essere finalizzato? Come e se le fondazioni sono impegnate anche su questo fronte? Grazie.

  ALESSANDRA CARBONARO. Grazie, presidente. Buongiorno Sovrintendente Macciardi. La ringrazio per il contributo, perché è stato molto esaustivo e ha affrontato varie tematiche particolarmente interessanti; non ultimo, lo ha citato proprio in chiusura, il tema dei giovani, il tema dei pubblici, sostanzialmente, che è la questione alla quale volevo legare la mia prima domanda, perché è chiaro che la pandemia, con la chiusura purtroppo che hanno avuto tutti i luoghi dell'arte e della cultura, ha visto un'importantissima battuta di arresto. Adesso, però, si riparte, speriamo, in maniera continua, al 100 per cento. La domanda è come si muoverà il teatro, anche per attrarre nuovi pubblici, per riportare le persone in sala.
  C'è anche il tema del digitale, dello streaming. Chiaramente, per noi, non potrà mai sostituire l'esperienza fisica dell'andare a teatro ma, sicuramente, questi nuovi linguaggi avranno collateralmente una loro storia che guarda anche al futuro. Quindi, in questa direzione, le chiedo come si muoverà il teatro per affrontare l'evoluzione anche delle nuove forme di attrazione dei pubblici. Una domanda ancora: le chiedo se ci sono state, in passato, alcune lacune per quanto riguarda l'organico e se, ove ci fossero state, si è riusciti a colmarle con le piante organiche nuove, che sono tra l'altro oggetto di dibattito nel corso di questa indagine proposta dall'Onorevole Nitti.
  Da ultimo, mi ha incuriosito molto la tematica che ha affrontato sull'aggregazione dei luoghi come i teatri di tradizione e i teatri come fondazioni liriche. Credo che sia una riflessione importante, che dovremmo porre all'attenzione anche di questa indagine. Questa è una sollecitazione che rivolgo anche all'Onorevole Nitti che ha curato e proposto l'indagine. È chiaro che, lo abbiamo visto in pandemia, fare squadra aiuta; quindi, secondo me, la proposta che lei ha portato avanti, sull'immaginare forme di aggregazione tra diversi tipi di teatri e tra diversi tipi di realtà, può essere un modo virtuoso per far sì che ci siano più presìdi culturali e che si possa soprattutto guardare – come lei ha detto bene – anche a una programmazione futura da qui a 10 e 15 anni.
  Purtroppo, spesso si parla di sopravvivenza del settore; adesso credo che sia arrivato il momento di parlare di un vero e proprio rilancio dello spettacolo dal vivo. In questo caso ci occupiamo di fondazioni liriche, ma ben vengano, ove ci fosse la possibilità di una maggiore forma di ibridazione. A volte, si lascia un po' tutto alla buona volontà del direttore, del sovrintendente; le chiederei se si potesse immaginare anche un provvedimento legislativo che introduca premialità per chi attiva forme di collaborazione – come lei diceva – anche sul modello francese.
  La ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carbonaro. Non ho più iscritti a parlare, quindi chiedo al maestro Macciardi se vuole replicare agli interventi dei colleghi. Prego.

  FULVIO MACCIARDI, Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna. Replico molto volentieri perché sono tutte questioni molto stimolanti.
  Risponderei in ordine di intervento. Onorevole Mollicone, stia tranquillo, non possiamo neanche permetterci di spendere 5 milioni di consulenze. Adesso non ho presente il dato che lei cita che, chiaramente, non metto in discussione, ma le assicuro che probabilmente si tratta di qualcos'altro. Verifico e, comunque, noi abbiamo pochissime consulenze, controllatissime, perché è stato anche uno degli argomenti proprio...

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  FEDERICO MOLLICONE. Solo per dare al sovrintendente il dato preciso. «Budget economico annuale 2020, assestamento approvato dal Consiglio di indirizzo il 29 maggio 2020 alle voci “costi per servizi e acquisizione di servizi”: euro 2.212.565 e “consulenze e collaborazioni e altre prestazioni di lavoro”: euro 2.733.838». Il totale è 5 milioni. Considerando che si tratta del periodo di riferimento interessato dalla pandemia da COVID-19 con la sospensione delle attività, come risulta dal sito lirico di Bologna, con la restituzione dei biglietti di tutta la stagione, mi chiedevo a quale periodo facesse riferimento. Poiché la definizione è proprio «consulenze» e lei, giustamente, nell'ottica del risparmio ha citato un taglio del salario accessorio del 50 per cento ai lavoratori, chiedevo di avere – ovviamente, senza malizia – un chiarimento su questo.

  FULVIO MACCIARDI, Sovrintendente della Fondazione Teatro comunale di Bologna. Il chiarimento mi riprometto di mandarglielo per iscritto perché la sua domanda mi sembra molto precisa. Credo che, all'interno di quella voce, nella riclassificazione che noi facciamo, ci siano i costi artistici; quindi, non sono le consulenze, ma i cachet degli artisti. Noi abbiamo un budget, che si aggira sui 4-5 milioni, per fare quasi tutta l'attività; a metà anno, temendo quello che poteva accadere nella seconda metà, abbiamo delocalizzato il teatro, lo abbiamo spostato al di fuori, siamo andati al palasport, al PalaDozza, come si chiama a Bologna; abbiamo allestito un palcoscenico e l'idea era di fare tutta la seconda metà del 2020 in quello spazio. Per cui ci possono essere sicuramente stati alcuni costi straordinari, legati al momento di pandemia, per l'investimento su quel settore e per i costi artistici, non certo per consulenze.
  Comunque, se posso inviare una nota alla Commissione, sarà mia cura farlo.
  Adesso rispondo all'Onorevole Nitti. La candidatura UNESCO è importantissima. Il nostro è stato uno dei primi teatri – parliamo ancora della fine degli anni Ottanta – ad affrontare importanti tournée internazionali; il brand teatro Comunale di Bologna, nel lontano Oriente, in Giappone sicuramente, ma anche in Corea, è molto noto, è un biglietto da visita che apre molte porte, che ancora adesso ci permette di programmare, organizzare in prospettiva e portare a termine anche delle tournée.
  Essere ambasciatori di un bene che è riconosciuto a livello internazionale ha il suo valore. Vi dico anche che sono sempre di più gli studenti stranieri che vengono da noi a studiare canto, arti musicali, accessori di vario tipo, perché restiamo noi la patria, insieme ai Paesi di lingua tedesca, di una grande cultura musicale che segna molto positivamente tutto il percorso.
  In questi riconoscimenti UNESCO, a livello internazionale, c'è molto da dire, c'è molto da raccontare, c'è molto da rappresentare. Tra l'altro, Bologna è città UNESCO della musica; i portici di Bologna, di cui il più bel portico è quello del nostro teatro, è il più lungo portico, senza soluzione di continuità, con un unico ingresso che è quello del teatro. Sono tutti riconoscimenti molto importanti e auspico che si possa concludere positivamente anche questo percorso.
  L'onorevole Carbonaro è stata particolarmente stimolante. Inizio dalla parte finale. Sulle aggregazioni ho molti esempi: sicuramente la fondazione lirico–sinfonica – come dicevo prima – che ha corpi artistici a tempo indeterminato, potrebbe, molto virtuosamente, abbinare e costruire un sovrateatro. Non si tratta di conquistare nessun altro, ma di cambiare livello. Ad esempio – mi permetto di fare una provocazione, anche se siamo in un ambito molto prestigioso – se il Teatro Regio di Parma ambisse a diventare fondazione lirico-sinfonica, poiché non ci sono, a parte casi rarissimi, due fondazioni lirico-sinfoniche sullo stesso territorio, potrebbe unirsi al Teatro Comunale di Bologna, creare un sovrateatro che si chiama teatro comunale dell'Emilia Romagna, di Bologna e Parma (il nome veramente diventa ininfluente) e mettere a sistema due teatri eccellenti, che funzionano benissimo, con cui noi collaboriamo molto volentieri, in maniera anche artisticamente e produttivamente molto stimolante. Tutti ne avremmo un beneficio; in Pag. 20questo caso, direi anche senza investire ulteriori risorse, perché la massa critica che ciascuno di noi potrebbe portare, anche in termini di risorse tramite sponsor, o sostegni dei soci fondatori pubblici, permetterebbe di arrivare al livello di quelle fondazioni che hanno i bilanci più floridi: penso a Roma, a Venezia. Ecco che noi avremmo già risolto quei problemi che al momento potrebbero sembrare irrisolvibili.
  Sulla dotazione organica, è complicato. Questo modello in cui noi viviamo, in questo momento, governato da un contratto di lavoro di categoria molto importante e sostenuto poi dai contratti aziendali, è un contratto molto vecchio, oggettivamente. Si rifà anche a modelli di relazione tipici degli anni ottanta e novanta. Probabilmente bisognerebbe pensare a figure più interdisciplinari, molto più duttili e a modalità nuove di organizzazione del lavoro – come in tantissimi altri luoghi di lavoro – da introdurre anche nel nostro settore.
  Esistono normative e studi di settore che dicono che i costi artistici sono incomprimibili. In parte è vero, ma in parte bisogna anche dire che si può cambiare parzialmente, anche in questo periodo di pandemia. Con le orchestre e i cori che hanno dovuto rimanere distanti, sono state pensate modalità differenti, interpretazioni differenti, posti di fisicità differenti. Per cui, la sperimentazione nulla impedisce.
  Noi abbiamo il dovere – questo è il primo stimolo che diceva l'onorevole Carbonaro – di creare sempre forte interesse. In molti nostri settori abbiamo un pubblico abbastanza anziano. Abbiamo fatto un investimento, come vi dicevo prima, molto forte: calcolate che facciamo venire anche al prezzo di soli 10 euro, alle prime, gli studenti universitari. È chiaro che così penalizziamo tantissimo le entrate di botteghino del teatro, soprattutto in un teatro piccolo; però, creiamo le condizioni per avere il pubblico degli anni prossimi che segua con entusiasmo il teatro.
  Un motivo di orgoglio, per un teatro di grande fascino come questo, è che quasi tutti quelli che si avvicinano al teatro con un po' di dubbi, per le prime volte, che vengono dentro a vedere, a sentire, ad ascoltare una conferenza, a percepire il bello anche della fisicità di queste sale così affascinanti, poi ne rimangono spesso, quasi sempre, stregati e tornano, si fanno rivedere. Per cui, ben venga tutto quello che può servire per creare la frattura del primo passaggio all'interno di questi luoghi bellissimi che possa poi portare a un seguito.
  Credo che le condizioni ci siano. Anche il tema della pandemia credo che possa essere utilizzato. Il tema dei teatri chiusi, delle sale che non potevano ospitare persone, ha creato un dibattito molto importante e il modello nostro è vincente, sicuramente, perché è un teatro che non affatica, che non intimorisce, che permette, anche dall'alto della sua storia, un approccio molto semplice.
  Spero di avere risposto a tutto e vi ringrazio molto per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie. Ringraziamo il maestro Macciardi per il suo contributo e dichiaro conclusa questa audizione.

  La seduta termina alle 12.10.