Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3
Audizione del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Enrico Credendino
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)
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Rizzo Gianluca , Presidente ... 3
Credendino Enrico , Capo di Stato Maggiore della Marina militare ... 3
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11
ALLEGATO: Presentazione informatica illustrata dal Capo di Stato Maggiore della Marina militare ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Europa Verde-Verdi Europei: Misto-EV-VE;
Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea: Misto-M-PP-RCSE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIANLUCA RIZZO
La seduta comincia alle 8.30.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Enrico Credendino.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni congiunte Difesa di Camera e Senato reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Capo di Stato Maggiore della Marina militare, l'Ammiraglio di squadra Enrico Credendino.
Saluto e do il benvenuto alla presidente della Commissione Difesa del Senato, la senatrice Pinotti. Saluto tutti i colleghi presenti e i colleghi che partecipano alla seduta secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento del 4 novembre 2020, ai quali rivolgo l'invito a tenere spenti i microfoni per consentire una corretta fruizione dell'audio.
Do il benvenuto all'Ammiraglio di squadra Credendino, accompagnato dall'Ammiraglio di divisione Stefano Barbieri, dal Capitano di vascello Giancarlo Ciappina e dal Capitano di corvetta Rino Gentile. Dopo l'intervento dell'Ammiraglio sarà data la parola, alternativamente tra Camera e Senato, a un parlamentare per gruppo, per non più di quattro minuti per un primo giro di interventi. Dopo la replica dell'Ammiraglio potrà avere luogo – ove il tempo a disposizione lo consenta – un secondo giro, sempre nell'alternanza tra Camera e Senato. Chiedo pertanto ai colleghi di far pervenire, fin da adesso, la propria richiesta di iscrizione a parlare.
Do adesso la parola al Capo di Stato Maggiore della Marina, l'Ammiraglio di squadra Enrico Credendino. Prego, Ammiraglio.
ENRICO CREDENDINO, Capo di Stato Maggiore della Marina militare. Saluto il presidente Pinotti, il presidente Rizzo, gli onorevoli senatori e deputati delle Commissioni Difesa del Senato e della Camera. Grazie di questo invito, per me è un'occasione importantissima e porto il saluto delle donne e degli uomini, militari e civili, che ho il privilegio di guidare e che servono il Paese con dedizione, impegno e senso del dovere, tanto in Patria quanto all'estero.
Ho diviso la presentazione in due fasi: una, dove andrò molto veloce, che riguarda la marittimità; la seconda, invece, dove tratterò della flotta, del personale e delle infrastrutture.
Penso che non si possa parlare di Marina se prima non si parla dell'importanza del mare per il nostro Paese: per la crescita, il benessere, lo sviluppo e la sicurezza, ma anche per il ruolo geopolitico che può avere nel mondo e, quindi, per parlare di quale flotta serve al Paese bisogna inizialmente avere chiara questa situazione. Il mare circonda le terre; il mare unisce le terre che separa; esso è la fonte primaria di vita sulla terra e ricopre il 70 per cento della superficie terrestre. I grandi snodi della globalizzazione – l'economia, l'energia, l'alimentazione, la sicurezza e così via Pag. 4– passano dal mare e trovano terreno fertile sul mare. Il mare non è una fonte di risorse illimitate: c'è una grande responsabilità degli Stati nel proteggerlo e tutelarlo e delle flotte a supporto degli Stati in questo.
L'80 per cento della popolazione mondiale vive entro 200 chilometri dalla costa, in una zona facilmente raggiungibile dal mare e fortemente influenzabile dagli effetti dei cambiamenti climatici. Questo è ancora più vero per l'Italia. Diversi studi mostrano quale sarà l'erosione delle coste – alcuni più pessimistici e altri più ottimistici – comunque certamente ci sarà un forte impatto per il 30 per cento della popolazione italiana che vive entro 300 metri dalla costa e io sono uno di quelli.
Il 90 per cento del traffico merci mondiale viaggia via mare che rappresenta il mezzo di comunicazione più efficiente, conveniente e meno inquinante. Le linee di comunicazione vanno protette; il traffico mercantile marittimo deve essere ovviamente protetto così come le comunicazioni digitali. Il 98 per cento delle comunicazioni viaggia tramite dorsali marine. Ci sono 1,2 milioni di chilometri nel mondo di cavi sottomarini che vanno sorvegliati, ispezionati e manutenuti. Ci possono essere eventi accidentali – ricordiamo le eruzioni vulcaniche a Tonga che hanno isolato l'isola dal resto del mondo dal punto di vista tecnologico – o ci possono essere attentati che non è difficile portare a termine in questo settore. C'è una grande corsa allo spazio che è giusta, tuttavia l'80 per cento dei fondali marini è ancora inesplorato e questo riguarda il cibo, il gas, il petrolio e i minerali. Ci sono studi che dicono che il cibo del prossimo secolo proverrà per il 50 per cento dal mare e qui bisogna certamente fare di più.
In tutto questo l'Italia è proiettata nel centro del Mediterraneo, con i suoi 8.000 chilometri di costa e con un rapporto fra frontiera marittima e frontiera terrestre di sette a uno. C'è una frontiera terrestre protetta a nord dalla morfologia del territorio e dal sistema di alleanze e una frontiera liquida, invece, a sud esposta al rischio di minacce ed è di questo che stiamo parlando.
Questa è una foto di ieri, ma la situazione vede una media di almeno 10.000 imbarcazioni che circondano il nostro Paese e che transitano nel mare vicino al nostro Paese, di cui dobbiamo sapere tutto, perché in mezzo a queste imbarcazioni si possono nascondere rischi per il nostro Paese che abbiamo il dovere di intercettare e tenere lontano dal territorio nazionale. Abbiamo anche necessità di proteggere le infrastrutture marittime critiche nazionali di cui si parla tanto in questi giorni a seguito del conflitto in Ucraina. Questo richiede attività di sorveglianza e di presenza nelle vicinanze di queste piattaforme o infrastrutture per poter intervenire rapidamente. Ci possono essere incidenti, ma anche un attentato terroristico non è difficile da portare avanti: basta imbarcare del tritolo su un gommone che parte dalla Libia, portarlo sotto le piattaforme di ENI che sono a 50 miglia dalla costa e causare danni che tutti possono immaginare.
L'economia nazionale dipende molto dal mare: abbiamo un'industria di trasformazione che importa via mare le materie prime ed esporta poi il prodotto finito. Qui ci sono alcune cifre – che poi lascerò – dell'economia marittima, ma fondamentalmente ogni euro che investiamo in marittimità oggi ne attiva almeno altri due nonostante non vengano sfruttate appieno le potenzialità della marittimità nazionale.
Per quanto riguarda il settore ittico, la flotta peschereccia è in grande sofferenza. Non c'è più pescato nel mare vicino, nello stretto di Sicilia. Quando io sono entrato in Marina, nel 1980, quello dello stretto di Sicilia era veramente un mare molto ricco. Oggi il pesce non c'è più e i pescatori sono costretti a spostarsi verso est, quindi verso la Libia e sappiamo bene qual è la situazione. C'è necessità di proteggerli, di controllarli, tutelarli, così come di combattere il fenomeno della pesca illegale che sta sempre più emergendo. Alcuni Paesi la portano avanti in maniera molto assertiva e non tanto nel Mediterraneo, ma certamente nell'Oceano Indiano e nel Golfo di Guinea, con un impatto fortissimo su quelle Pag. 5popolazioni. Ci sono pescherecci cinesi che svolgono questo compito ed è una delle ragioni per cui la lotta a questa attività criminale che sta emergendo in questi anni verrà inserita nelle operazioni antipirateria dell'Unione europea, sia nell'Oceano Indiano che nel Golfo di Guinea.
Parliamo adesso di fabbisogno energetico. A fronte di una limitata produzione endogena, la quasi totalità del fabbisogno di petrolio e gas è importato via mare e questo aumenta la già forte dipendenza dal dominio marittimo del Paese. Il Mediterraneo è una cerniera tra tre continenti dal punto di vista geopolitico, strategico ed economico, che ha soltanto l'1 per cento del totale della superficie marina, ma è interessato dal 20 per cento del traffico mondiale – in forte crescita in questi ultimi anni – e dal 65 per cento del traffico energetico verso l'Europa. Il Mediterraneo è un mare chiuso, ma anche un medio oceano ovvero il collegamento tra l'Atlantico e l'Indo-Pacifico. Questa è la strada più rapida, sicura ed efficace per andare dall'Atlantico all'Indo-Pacifico e questo ha assunto una maggiore rilevanza con lo spostamento del baricentro degli Stati Uniti dal Mediterraneo all'Indo-Pacifico. In questo è fondamentale tenere conto degli stretti. I quattro stretti del Mediterraneo sono Gibilterra, Suez e gli stretti turchi di cui si parla sempre; si parla poco, invece, di uno stretto fondamentale che è lo stretto di Sicilia perché chi passa da est a ovest e viceversa deve passare dallo stretto di Sicilia. Noi abbiamo il dovere di essere molto assertivi, di essere presenti e fare un po' come i doganieri nel film di Troisi e Benigni Non ci resta che piangere che, quando qualcuno passava la frontiera, chiedevano un fiorino. Noi dobbiamo chiedere un fiorino a chiunque transiti nello stretto di Sicilia, che è casa nostra, dove oggi invece c'è una forte presenza della nuova flotta turca.
Dal punto di vista securitario il bacino è sempre più pervaso dal maggior attivismo di Paesi che, con politiche marcatamente assertive, vanno a riempire il vacuum lasciato dalla rimodulazione della presenza statunitense verso il mare dell'Indo-Pacifico. Questi Paesi tendono a colmare questo vuoto per guadagnarsi nuovi spazi per l'approvvigionamento di risorse alimentari ed energetiche, nuove aree di influenza per avvantaggiare i propri interessi, nuovi punti d'appoggio logistici in cui il posizionamento anche di sistemi d'arma ha creato situazioni di negazione al diritto di passaggio o alterazioni di tutto o parte dei servizi portuali.
Nel Mediterraneo si è passati da una situazione di pace con possibile escalation verso crisi o conflitto a una situazione di competizione permanente tra i Paesi dell'area e, quindi, a una situazione di equilibrio instabile permanente che può evolvere in crisi e conflitto.
Chiaramente questo è stato enfatizzato in questi ultimi giorni dalla guerra in Ucraina, ma già nei mesi precedenti c'era stato un notevole aumento della flotta russa. Nel 2015, quindi solo sette anni fa, era presente in maniera permanente una nave logistica russa a Tartus. Negli anni la flotta russa è aumentata con una media che si attestava negli ultimi mesi tra 10 e 12 navi e sommergibili nel Mediterraneo, oltre chiaramente alla flotta russa nel Mar Nero. In questi giorni, invece, c'è un grande transito quotidiano di navi e sommergibili che richiede ovviamente un'attenzione e una notevole capacità di intervento e di presenza.
A questo si è aggiunta negli ultimi anni anche la presenza costante di gruppi navali cinesi in attività di cosiddetta naval diplomacy, ma ovviamente che serviva a mostrare bandiera e a rimarcare i loro interessi anche nel Mediterraneo.
I rischi e le minacce che possono interessare il territorio nazionale in questo senso sono moltissimi: si va dalle minacce convenzionali, alla pirateria, al terrorismo, all'ecoterrorismo, al contenzioso sulle aree di interesse. Questi fattori vengono esacerbati anche dagli effetti dei cambiamenti climatici, dalla mancanza di cibo e acqua in Africa che spinge sempre di più i flussi migratori verso il nostro territorio.
C'è anche un crescente riarmo dei Paesi dell'area in termini navali. La Turchia diventerà il primo Paese marittimo del Mediterraneo: ha raddoppiato la consistenza della flotta e del personale e avrà una flotta Pag. 6di 60.000 uomini e donne, con navi moderne e molto sofisticate. C'è anche l'Egitto che si sta affermando in termini navali in maniera importante pur con linee di approvvigionamento molto diversificate. L'Algeria ha capacità marittime nuove, sommergibili sofisticati russi con armamento russo: l'Algeria ha capacità di land strike e, quindi, di lancio di missili sul territorio che l'Italia oggi non ha. Noi abbiamo ancora un'esigenza operativa ferma, stiamo ancora in discussione e ci vorranno anni prima di avere questa capacità che gli algerini oggi già hanno e anche il Marocco si sta riarmando in termini navali.
C'è un grande attivismo, un grande armamento e poi c'è anche la questione della territorializzazione del mare: l'appropriazione di parti sempre più estese d'alto mare per ottenere il controllo delle rotte che attraversano e delle risorse che giacciono sul loro fondali. Oggi soltanto il 20 per cento, anzi meno del 20 per cento del Mediterraneo, rimane libero per la navigazione e l'Italia finalmente sta concordando la zona economica esclusiva (ZEE) con i Paesi rivieraschi. Una volta che verrà emanata e definita questa ZEE, dovremo pattugliarla ed essere presenti; quindi, questo sarà un ulteriore compito per la Marina.
Infine il Mediterraneo allargato. Il Ministro della Difesa sta per emanare la prima direttiva strategica sul Mediterraneo e il Mediterraneo allargato, che rappresenterà l'area di interesse strategico e di intervento delle nostre Forze armate. Si tratta di un documento chiaramente interforze multidimensionale, ma dove il mare ha una grande centralità. Quello che avviene nella zona dell'area si riverbera sulle altre zone: ricordiamo che cosa è successo quando c'è stato il blocco di Suez a marzo dell'anno scorso, con una perdita stimata di 10 miliardi di dollari al giorno, ma soprattutto quando nel 2010, al picco della pirateria, le compagnie avevano deciso di non transitare più attraverso il Golfo di Aden che era troppo pericoloso, ma di circumnavigare l'Africa. Questo comportò un aumento dei premi assicurativi del 30 per cento e un aumento dei costi delle materie prime e, quindi, del prodotto finito altrettanto importante.
Per noi c'era un problema aggiuntivo. Una volta che le navi circumnavigavano l'Africa, non entravano più nel Mediterraneo, ma andavano direttamente nei grandi porti del nord Europa, che hanno una logistica molto più efficace della nostra. C'era veramente un rischio di marginalizzazione del Mediterraneo e dei nostri porti. Per questo siamo presenti nelle missioni antipirateria che sono state estremamente efficaci nell'Oceano Indiano e siamo adesso nel Golfo di Guinea dove c'è un fenomeno di pirateria altrettanto importante, anche se diverso. Nell'Oceano Indiano sequestrano le navi; nel Golfo di Guinea, invece, sequestrano i marittimi, ma c'è comunque bisogno di una presenza e c'è un grande problema di pesca illegale che ha un impatto fortissimo su quelle popolazioni.
Torniamo, quindi, alla Marina che concorre alla pace e alla stabilità internazionale.
Noi dobbiamo difendere il territorio nazionale bloccando le minacce lontano dalle coste, intervenendo in profondità. Dobbiamo proteggere le linee di comunicazione marittime, le infrastrutture critiche, il cluster marittimo nazionale e dobbiamo svolgere la funzione abilitante per la navigabilità nazionale. Per fare questo dobbiamo conoscere la situazione, avere chiara qual è la situazione nella zona di interesse nostro e ricordo le 10.000 imbarcazioni presenti giornalmente nella nostra area di interesse. Dobbiamo avere assetti, navi preposizionate che possano intervenire e contribuire alla sorveglianza marittima ed essere pronti a dare al decisore politico un ventaglio amplissimo di possibilità, dalla deterrenza fino all'intervento effettivo nelle aree di interesse. Questa è l'attività che faremo in questo anno dove avremo una media di 12 navi in mare e un sommergibile con 3.000 militari impegnati nelle varie operazioni.
Passo adesso alla flotta. A partire dal 2014 ci fu un grido d'allarme della Marina che rischiava di sparire perché in 10 anni sarebbero uscite 45 navi e ne sarebbero entrate in linea soltanto quindici. Il grido d'allarme della Marina fu colto dal GovernoPag. 7 e dal Parlamento e fu avviato un lungimirante piano straordinario di ammodernamento per rimediare a questo preoccupante processo di invecchiamento dello strumento navale. La presidente Pinotti sa benissimo di cosa parliamo. Furono stanziati 5,4 miliardi di euro che consentirono di prevedere la realizzazione e l'entrata in linea di sette pattugliatori polivalenti d'altura PPA (il primo verrà consegnato alla Marina venerdì prossimo), un'unità anfibia (la nave Trieste), una nave di supporto logistico (Nave Vulcano) e due mezzi navali veloci per le esigenze degli incursori. In aggiunta ci fu l'inedito provvedimento di un investimento strategico di ampio respiro, solidità finanziaria e profondità pluriennale, rivolto all'intero settore militare marittimo. Questo ha generato importanti e durature ricadute in termini di sviluppo, capacità operativa all'avanguardia e rinnovamento di tecnologie, prodotti e processi industriali interamente sviluppati in ambito nazionale con elevata competitività a livello europeo e internazionale.
La costruzione di una nave dura alcuni anni, genera un grande indotto locale, attiva posti di lavoro, è molto importante per le piccole e medie imprese e contribuisce in maniera forte al rilancio dell'economia. Questa attenzione – confermata e rafforzata ulteriormente in questi anni – ha permesso di consolidare questo processo grazie agli investimenti realizzati, in particolare negli ultimi cinque anni, attraverso i fondi pluriennali e il rifinanziamento del Fondo per la difesa, integrati anche dal rifinanziamento recato dal Ministero dello Sviluppo Economico. Un insieme per un valore complessivo di 19,2 miliardi che consentirà, entro il 2030, l'ingresso in linea di 11 nuove unità, a fronte però della dismissione di circa 23. In particolare, gli ultimi due provvedimenti di bilancio hanno permesso di rivitalizzare il fondo per i programmi della difesa con il principale strumento a disposizione del Governo e del Parlamento per indirizzare gli investimenti in programmi strategici per la difesa.
L'investimento complessivo sul rinnovamento della componente marittima consentirà di avviare il processo di acquisizione di ulteriori unità tra cui due unità antiaeree fondamentali, due unità anfibie e altre due navi logistiche, per citare le maggiori. Nel riconoscere la grande valenza del piano varato dal Governo per salvaguardare la capacità marittima nazionale devo continuare a ricorrere alla loro sensibilità per prevedere la necessaria continuità nei programmi di costruzioni navali ancora non finanziati senza i quali si corre il rischio di lasciare a metà l'importantissima opera di rinnovamento avviata, il cui completamento sottende ulteriori investimenti per circa 16 miliardi di euro in quindici anni.
Questa è la flotta che non compare. Oggi, da modello operativo di riferimento interforze, la flotta dovrebbe essere costituita da 65 unità, ma ne abbiamo 57. Il modello operativo interforze di riferimento è nella prima colonna, la consistenza attuale nella seconda. Nella terza colonna, in colore rosso, ci sono le navi che dovranno uscire perché hanno completato la loro vita operativa e, quindi, c'è la necessità di sostituzione.
Questo modello operativo interforze di riferimento è stato deciso nel comitato dei Capi di Stato Maggiore del 2018. Dobbiamo capire se questo modello sia ancora adeguato o meno alle esigenze di oggi, anche sulla base della situazione. Ci saranno riunioni presso lo Stato Maggiore della Difesa per esaminare la situazione alla luce della guerra in Ucraina e di quello che era successo negli ultimi due anni. A mio avviso noi abbiamo una carenza nelle navi con capacità antiaeree e nelle navi con capacità antisommergibile. Bisogna sempre ricordare il concetto del 3 e 1: per ogni tipologia di nave ce ne vogliono tre per tenerne una sempre in mare. Il ciclo – che non è solo italiano, ma internazionale – prevede una nave sempre in mare, una sempre ai lavori e una che fa il cambio equipaggio, comincia con l'addestramento e fa lavori occasionali. Oggi è così perché un tempo era 4 a 1, ma la tecnologia e la nuova logistica ci consentiranno di arrivare, forse, a 2,5 a 1. Diciamo che con tre fregate antisommergibile noi riusciamo ad averne sempre una in mare.Pag. 8
Abbiamo detto che oggi il Mediterraneo è veramente pieno di sommergibili che possono essere ostili. Abbiamo bisogno di due fregate antisommergibile nel Mediterraneo, una al centro e una a est. Queste navi sono essenziali per garantire la scorta al gruppo portaerei e al gruppo anfibio. Idealmente dovremmo avere quattro navi sempre disponibili. La situazione invece è critica nella parte delle navi con capacità antiaeree. Noi abbiamo quattro DDG, ma due hanno esaurito la loro vita operativa, Mimbelli e De la Penne. I missili antiaerei scadono a giugno e non potranno più essere impiegati. Rimangono solo il Doria e il Duilio, che sono fondamentali per garantire la scorta alle portaerei e al gruppo anfibio e per difenderli. Senza di loro questi gruppi non possono andare nel mare e contribuiscono poi alla difesa contro missili balistici del territorio nazionale, oggi assicurata e garantita dagli americani che hanno nel Mediterraneo quattro navi idonee a questo scopo. Dovranno essere fatte delle riflessioni su questo, per il resto la flotta è adeguatamente bilanciata e, quindi, idonea a supportare e a svolgere i compiti che servono.
Sulle forze aeree c'è un importante piano di rinnovamento e di investimenti sulle flotte che consentirà di estendere la vita operativa degli elicotteri pesanti fino al 2040 e degli elicotteri medi fino al 2050.
Abbiamo poi un problema con i pattugliatori marittimi perché dovremmo avere nove pattugliatori marittimi con capacità antisommergibile, ma oggi non ne abbiamo.
Questo è un sistema d'arma che dobbiamo acquisire perché consente la scoperta dei sommergibili in profondità e non abbiamo soprattutto aeromobili a pilotaggio remoto. Dovrebbero essere 14, ma non ne abbiamo nemmeno uno. Siamo l'unica Marina che non ha questo sistema d'arma, che è essenziale perché consente di effettuare la scoperta in zone pericolose senza mettere a rischio la vita dei piloti.
Quando ero comandante dell'operazione Atalanta, nel 2012, io ero imbarcato sul San Giusto e insieme a me c'era la flagship della NATO, che era olandese. Loro avevano due ScanEagle che volavano quotidianamente sulla costa libica per vedere qual era la situazione, mentre io ero costretto a mandare i nostri elicotteri per capire come si stavano attrezzando i pirati sulla costa con gravi rischi per l'incolumità dei nostri equipaggi. Io personalmente ho volato e mi hanno sparato in un paio di occasioni, meno male che eravamo alti.
Questi sono strumenti che servono e di cui stiamo ancora discutendo su quali dovremmo avere nel futuro.
Passiamo alla parte anfibia. Dobbiamo rinnovare il veicolo anfibio prendendo i veicoli blindati anfibi (VBA) e completare le dotazioni del veicolo tattico multiruolo per avere poi, insieme all'Esercito, la capacità nazionale di protezione dal mare che rappresenterà la forza anfibia della difesa del futuro e sarà una forza anfibia molto efficace, efficiente e bilanciata: appunto interforze.
Ricapitolando, per completare il processo di rinnovamento previsto dal modello operativo di riferimento sono necessari nei prossimi dodici anni 9,3 miliardi di euro. Tale stima però è incompleta e insufficiente a delineare le effettive necessità, se non si tiene debitamente conto degli oneri per il mantenimento delle capacità operative dei nuovi sistemi stimati in circa 6,9 miliardi da indirizzare verso attività di In Service Support, risoluzione obsolescenze, aggiornamento di configurazione hardware e software e, quindi, il fabbisogno complessivo è pari a 16,2 miliardi di euro.
Questo investimento potrebbe essere realizzato in modo tempestivo nell'arco di tre o quattro anni rendendo strutturale il rifinanziamento del Fondo difesa già recato dalle linee di bilancio 2021 e 2022. Questo consentirebbe alla Difesa, attraverso un piano di sviluppo bilanciato di tutte le componenti, di investire per ogni annualità di bilancio circa 4,5 miliardi nella componente marittima e nel relativo cluster industriale tecnologico. Si assicurerebbe in tal modo il rinnovamento della flotta realizzando al contempo prospettive di medio-lungo termine per lo sviluppo delle relative strategie industriali di ricerca, innovazione e crescita occupazionale in piena coerenza con le linee di sviluppo della politica industrialePag. 9 del settore difesa recentemente tracciate dal signor Ministro, per coniugare il rinnovamento dello strumento militare con il consolidamento della sovranità tecnologica nazionale.
Passiamo alla slide sul personale che rappresenta oggi la vera criticità per la Marina militare. Il personale ha subìto tagli lineari costanti negli anni. Questi tagli rispondono alle esigenze finanziarie ed economiche, ma non hanno tenuto conto dell'evoluzione dello scenario geopolitico. Negli anni Ottanta le Forze armate avevano un grande Esercito che era a presidio della frontiera e doveva rispondere, insieme agli alleati, a una possibile invasione del Patto di Varsavia. Avevamo una grande Aeronautica che aveva moltissimi obiettivi in tutti i Paesi dell'ex Patto di Varsavia. La Marina aveva un ruolo ancillare di scorta alle portaerei americane: di fatto il Mediterraneo era presidiato e la sicurezza garantita dagli americani.
Il mondo è cambiato, ma il taglio lineare non ne ha tenuto conto e c'è stato, quindi, un notevole aumento dei compiti della Marina.
Se esaminiamo la ripartizione nelle Forze armate tra il 1980 e quello che prevede la legge 31 dicembre 2012, n. 244 notiamo che non c'è differenza tra gli anni Ottanta e quello che è previsto una volta a regime. Gli altri Paesi, invece, hanno adeguato le loro esigenze al mutato cambio geopolitico e geostrategico e vediamo che la ripartizione tra Aeronautica e Marina sono simili nei Paesi principali di riferimento.
Voglio essere chiaro: io non sto dicendo che dobbiamo rimodulare i numeri delle Forze armate diminuendo Esercito e Aeronautica per aumentare la Marina. Io penso che dobbiamo aumentare – ed è urgente farlo – i numeri delle Forze armate con un aumento dedicato e importante per la Marina militare, che oggi presenta una carenza tra il 26 e il 30 per cento reale rispetto alle esigenze che abbiamo. L'attuale consistenza è pari a circa 29.000 unità ed è insufficiente ad assicurare agli equipaggi l'indispensabile alternanza di cicli impiego bordo- terra e addirittura i periodi di ricondizionamento al termine dell'attività in mare. Gli equipaggi fanno una missione di sei mesi, rientrano e molti sono costretti a reimbarcarsi e ripartire senza possibilità di avere l'indispensabile crew rest. Tenete conto che i francesi hanno sviluppato un modello per cui per ogni fregata FREMM hanno due equipaggi che fanno sei mesi e sei mesi. Noi in Marina abbiamo un equipaggio per due FREMM più o meno, questa è la situazione. Questo comporta un esodo – che colpisce soprattutto la Marina militare – di militari che perdono l'idoneità al servizio e transitano nel personale civile della difesa, ma continuando a gravare sugli organici di provenienza. Da un lato ho dei posti che sono occupati, ma in effetti il personale non c'è perché è transitato e, dall'altro, perdo professionalità indispensabili che non vengono ripianate. La situazione non può che peggiorare perché è il cane che si morde la coda: più la gente è costretta a fare periodi in barca, più non riesce a fare una vita familiare non dico normale – perché la condizione del marinaio questo non lo consente, ma è una scelta che abbiamo fatto – ma quantomeno sufficiente.
Quindi ricapitolando, oggi siamo 28.903 circa, dovremmo arrivare a regime a 26.800. Il mio predecessore ha fatto uno studio importante, dettagliato, fatto veramente bene, dove si dimostra che l'esigenza auspicata sarebbe di 39.000 unità, ma l'esigenza minima al di sotto della quale non si può scendere è di 35.000 unità, per poter assolvere ai compiti che siamo chiamati ad assolvere.
Vengo al personale civile. La situazione è altrettanto drammatica. Noi possiamo contare oggi 5.300 civili che stanno continuando ad andare in pensione perché l'invecchiamento, da un lato, e il blocco delle assunzioni, dall'altro, ha causato questa situazione. A gennaio 2025 noi avremo solo 3.700 unità di personale civile; c'è una carenza del 60 per cento che sarà in parte bilanciata dall'ingresso invece di transiti dai militari ai civili, ma che non sono immediatamente impiegabili, vanno riqualificati, hanno poi problemi di natura medica. Qui è necessaria un'immediata assunzione di quelle 1.289 unità che è stato Pag. 10previsto assumere nei prossimi tre anni; i bandi, tuttavia, ancora non sono stati emanati, quindi qui c'è l'urgenza di procedere a questi regolamenti.
Passiamo alla slide sulle infrastrutture. Per un Paese marittimo gli arsenali sono assetti strategici fondamentali e svolgono anche funzioni abilitanti per lo sviluppo dell'industria cantieristica nazionale e delle piccole e medie imprese che costituiscono l'indotto locale. Qui le criticità sono molte, gli arsenali di Taranto, La Spezia e Augusta costituiscono gli stabilimenti di lavoro che, assieme all'efficienza navi della squadra navale, assolvono la missione di garantire l'efficienza e la prontezza della flotta, soffrono – come ho detto – della sensibile riduzione delle maestranze. A Taranto, l'ultima volta che sono andato, era stato da poco inaugurato un capannone molto grande, importante con macchinari all'avanguardia. Sono 100 metri di lunghezza di dimensioni e ci sono quattro operai dentro che lavorano. La situazione non è più sostenibile, poi c'è anche il debito manutentivo delle infrastrutture degli impianti, contestuale al mancato adeguamento tecnologico delle attrezzature. Insomma, c'è un grande piano di sviluppo che abbiamo chiamato Piano Brin, sul quale sono stati previsti investimenti di 150 milioni di euro nel prossimo decennio, che consentiranno di ammodernare il 40 per cento di questi stabilimenti di lavoro e saranno necessari ulteriori 200 milioni di euro per completare l'aggiornamento. Su questo sto facendo una riflessione con il mio staff, dei piani regolatori nuovi consentono anche di attuare misure innovative quali, ad esempio, l'esternalizzazione di alcune o comunque un lavoro in sinergia con l'industria, perché così come siamo gli arsenali sono destinati a chiudere. Ma di questo ne discuteremo successivamente.
Insieme allo sviluppo degli arsenali c'è anche una necessità di adeguare le basi navali alla nuova flotta. Le nuove navi sono più grandi, hanno pescaggi maggiori, quindi vanno adeguate le banchine e i fondali. C'è un programma denominato «Basi blu di sviluppo» che prevede importanti investimenti: si parla di 550 milioni di euro al bilancio ordinario, oltre ai 203 milioni provenienti dal contratto istituzionale di sviluppo per Taranto. Per completare quest'opera sono necessari 50 milioni di euro per le basi principali e 150 milioni per Messina e Cagliari che sono basi fondamentali, di appoggio e di approdo logistico. Cagliari è sempre più importante, in vista dell'istituzione della zona economica esclusiva, quindi alcune navi dovranno essere a Cagliari per essere prontamente impiegate.
Andiamo al programma di sviluppo delle infrastrutture per il personale, altrettanto fondamentale. Qui noi siamo in grande sofferenza, su Roma abbiamo pochissimi alloggi, quindi per il personale militare della Marina lavorare a Roma è molto complicato. Abbiamo il 35 per cento di alloggi inagibili, perché sono vetusti e poi il noto problema dei sine titulo che portano via il 20 per cento degli alloggi disponibili per personale. C'è un importante piano di sviluppo che prevede nel prossimo decennio 180 milioni di euro già stanziati per ammodernare le strutture anche dal punto di vista ecologico e dell'efficienza energetica. Ne serviranno ulteriori 50 per completare l'ammodernamento.
L'ultima slide rappresenta la sintesi con 1.749 milioni di euro già stanziati e ulteriori 600 milioni che serviranno per completare la progettualità impiantata.
Prima di chiudere vado al Polo nazionale della subacquea che è in grande sviluppo e presenta molte similitudini con lo spazio con cui ha moltissime affinità. Grazie anche ai lavori e alla risoluzione del dicembre 2021 che ha consentito di avviare tale iniziativa, abbiamo creato un importante Polo nazionale della subacquea a La Spezia, presso le nostre infrastrutture del Centro di supporto di sperimentazione navale che prevede lo sviluppo della componente subacquea, dove oggi il traffico subacqueo è aumentato in maniera esponenziale rispetto agli ultimi cinque anni. Ci sono moltissimi mezzi civili guidati e non guidati che transitano sotto la superficie. I mega yacht adesso hanno tutti dei sommergibili che possono essere usati per fini turistici o per scappare a eventuali attacchi terroristici. Ci sono i cavi sottomarini. Insomma,Pag. 11 è un nuovo mondo dove non c'è un controllo, non c'è un'autorità nazionale per il controllo dello spazio subacqueo che penso dovrà essere istituita. Adesso faremo la proposta di istituire questa autorità nazionale di controllo del traffico subacqueo, così come c'è il controllo del traffico aereo di cui è responsabile la nostra Aeronautica. Sul controllo dello spazio subacqueo penso che la Marina sia l'unica ad avere le competenze. Abbiamo le centrali operative al comando in capo della squadra navale che sono in grado di svolgere questo importantissimo compito.
Mi avvio a concludere. Siamo nel secolo blu, il mare è fondamentale per la crescita, lo sviluppo e il benessere dell'Italia che è un Paese marittimo e credo che dovrebbe definirsi come media potenza regionale marittima e strutturare di conseguenza lo strumento di difesa e sicurezza. Abbiamo bisogno delle risorse e degli investimenti che ho evidenziato nei prossimi 10-15 anni per completare sia lo sviluppo della flotta che delle infrastrutture e abbiamo un'immediata e urgentissima criticità del personale che non ci consente di operare.
Chiudo togliendomi il berretto da Capo di Stato Maggiore della Marina, ma indossando quello di uomo che ha lavorato per lo Stato sul mare negli ultimi 42 anni. Io sono in contatto con tutto il cluster marittimo nazionale, di cui la Difesa è una costola fondamentale. Sentiamo tutti l'esigenza di una governance generale, uniforme e univoca dello Stato sul mare, un approccio olistico della questione marittima che parta dal mare, vada sui porti e poi continui fino al punto di destinazione e che riguardi tutto il cluster. Io penso a un Ministero del mare che un Paese marittimo, immagino, dovrebbe avere. La Francia l'ha istituito l'anno scorso, questo è un sogno che io ho e spero che un domani si possa realizzare. Nel frattempo bisogna lavorare di più per unificare l'azione dello Stato sul mare, evitando quelle che oggi sono duplicazioni, costi aggiuntivi. Capita spesso che sullo stesso bersaglio arrivino tre diverse organizzazioni, perché non c'è una visione olistica e uniforme di questa questione.
Ho concluso, signor presidente. Sono a disposizione per i vari approfondimenti, adesso oppure in seguito, anche a risposta scritta, se necessario.
PRESIDENTE. Grazie, Ammiraglio per la sua relazione certamente esaustiva e per la presentazione informatica di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico dell'audizione (vedi allegato). Ha dato anche un'immagine della nostra Marina militare in un contesto internazionale e nazionale. Ovviamente i temi trattati sono tanti, anche rispetto a quelli che sono all'esame della nostra Commissione. Solo per mero esempio, la questione legata al personale, la legge n. 244, il reclutamento, sperando si possa finalizzare presto in Aula per poi trasmetterla alla collega Pinotti al Senato.
Poiché tra poco inizieranno i lavori in Aula, d'accordo con la presidente Pinotti, potremmo prevedere il seguito dell'audizione in un'altra seduta, così diamo la possibilità a tutti di intervenire e all'Ammiraglio di poter replicare.
Rinnovo i saluti a tutti gli intervenuti e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 9.15.
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