I Commissione
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
Commissione I (Affari costituzionali)
Comm. I
Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Emendamenti C. 716 cost.-A ... 10
Modifica all'articolo 57 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica. Emendamenti C. 2238 cost.-A ... 10
COMITATO PERMANENTE PER I PARERI:
Modifiche all'articolo 7 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di termini per la presentazione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e del disegno di legge del bilancio dello Stato alle Camere. Emendamenti C. 3437-A (Parere all'Assemblea) (Esame e conclusione – Parere) ... 10
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. Testo unificato C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro (Seguito esame e rinvio) ... 11
ALLEGATO (Relazione trasmessa dal Governo) ... 17
COMITATO DEI NOVE
Martedì 10 maggio 2022.
Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Emendamenti C. 716 cost.-A.
Il Comitato si è riunito dalle 12.05 alle 12.10.
Modifica all'articolo 57 della Costituzione, in materia di base territoriale per l'elezione del Senato della Repubblica.
Emendamenti C. 2238 cost.-A.
Il Comitato si è riunito dalle 12.10 alle 12.15.
COMITATO PERMANENTE PER I PARERI
Martedì 10 maggio 2022. — Presidenza del vicepresidente Fausto RACITI. – Interviene il Sottosegretario di Stato per l'Interno Ivan Scalfarotto.
La seduta comincia alle 12.15.
Modifiche all'articolo 7 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di termini per la presentazione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e del disegno di legge del bilancio dello Stato alle Camere.
Emendamenti C. 3437-A.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).
La Comitato inizia l'esame degli emendamenti riferiti al provvedimento.
Fausto RACITI, presidente, rileva come il Comitato permanente per i pareri sia chiamato a esaminare, ai fini del parere all'Assemblea, il fascicolo n. 1 degli emendamenti presentati alla proposta di legge C. 3437 e abb.-A, recante modifiche all'articolo 7 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di termini per la presentazione della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e del disegno di legge del bilancio dello Stato alle Camere.
Stefano CECCANTI (PD), relatore, rileva come gli emendamenti trasmessi non presentino profili problematici per quanto riguarda il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione: propone pertanto di esprimere su di essi nulla osta.
Il Comitato approva la proposta di parere del relatore.
La seduta termina alle 12.20.
SEDE REFERENTE
Martedì 10 maggio 2022. — Presidenza del presidente Giuseppe BRESCIA. – Interviene il Sottosegretario di Stato per l'Interno Ivan Scalfarotto.
La seduta comincia alle 12.25.
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.
Testo unificato C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro.
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 5 maggio 2022.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, informa che, facendo seguito alla richiesta avanzata in tal senso dal prescritto numero di componenti della Commissione, il Governo ha trasmesso una relazione, predisposta ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del Regolamento, sull'emendamento Ravetto 1.29 (vedi allegato), che è a disposizione dei componenti della Commissione.
Informa inoltre che, su richiesta del gruppo Fratelli d'Italia, la seduta odierna si concluderà alle 14.25.
Avverte quindi che l'esame delle proposte emendative continuerà a partire dall'emendamento Ravetto 1.45.
Simona BORDONALI (LEGA) illustra l'emendamento Ravetto 1.45, di cui è cofirmataria, facendo notare come esso, tra l'altro, miri a prevedere che l'ingresso dello straniero, ai fini del riconoscimento della cittadinanza, avvenga legalmente. Ritiene che tale elemento sia essenziale, facendo notare che il rispetto delle regole è necessario affinché, con la cittadinanza, vengano riconosciuti diritti ulteriori, peraltro limitati e specifici, rispetto a quelli fondamentali che già vengono garantiti a tutti, italiani e non.
Non comprende dunque le ragioni del parere contrario espresso dal relatore su tale proposta emendativa, osservando, peraltro, come il testo già faccia riferimento al concetto di legalità. Dopo aver dichiarato di ritenere inutile tale provvedimento, non sussistendo alcuna emergenza in materia di cittadinanza, atteso che l'Italia è ai primi posti come numero di cittadinanze concesse, fa presente che l'articolo 1 del provvedimento appaia poco chiaro, non prevedendo limiti precisi per il riconoscimento della cittadinanza.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, rispondendo alla deputata Bordonali, fa presente di avere espresso parere contrario sull'emendamento Ravetto 1.45, in quanto da lui ritenuto ultroneo e ridondante. Osserva, in proposito, come il testo già preveda che lo straniero risieda legalmente e senza interruzioni nel territorio italiano, precisando che, in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 572 del 1993, recante il Regolamento di esecuzione della legge n. 91 del 1992 sulla cittadinanza, si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia.
Simona BORDONALI (LEGA), intervenendo per una precisazione, alla luce delle considerazioni svolte dal Presidente, ritiene che anche il testo in esame, all'articolo 1, così come formulato, potrebbe apparire ultroneo, considerata la normativa vigente.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, in risposta alla deputata Bordonali, rileva come l'articolo 1 del testo unificato già indichi chiaramente che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza, il minore straniero deve aver risieduto legalmente in Italia: pertanto non appare necessario ripetere ulteriormente tale requisito.
Emanuele PRISCO (FDI), ritiene che l'emendamento Ravetto 1.45 non sia ultroneo, intervenendo a distinguere correttamente tra residenza legale e ingresso legale. Ritiene infatti necessario precisare che l'ingresso dello straniero, in vista della cittadinanza, deve avvenire legalmente, essendo presupposto essenziale della sua integrazione nel Paese, il rispetto di tali regole fondamentali. Osserva come il provvedimento in esame, invece, consenta agli stranieri di ottenere facilmente la cittadinanza, anche nel caso di ingresso irregolare nel nostro Paese degli stranieri, che saranno incentivati così a giungere in Italia illegalmente, in attesa di una successiva sanatoria, tanto cara ai partiti della sinistra.
Pur apprezzando lo sforzo compiuto dal relatore e dal Governo per motivare i pareri espressi sulle proposte emendative, continua dunque a non comprendere le ragioni di un orientamento non favorevole rispetto a proposte di modifica di buon senso.
Igor Giancarlo IEZZI (LEGA), dopo aver osservato che sarebbe opportuno approfondire con attenzione la relazione presentata dal Governo circa le motivazioni del parere espresso sull'emendamento 1.29, intervenendo sull'emendamento Ravetto 1.45 fa notare come esso non possa essere ritenuto ultroneo, facendo riferimento all'ingresso dello straniero e non alla sua residenza.
Ritiene che sia invece inutile il provvedimento in esame, dal momento che la normativa vigente già garantisce pieni diritti ai minori stranieri, ribadendo la disponibilità del suo gruppo a confrontarsi seriamente sulle specifiche problematiche che possono riguardare i minori, soprattutto in relazione all'adempimento delle pratiche burocratiche esistenti nel mondo della scuola. Fa presente che il suo gruppo ritiene che la cittadinanza debba essere il riconoscimento finale del percorso di integrazione e non il suo presupposto. Fa notare, in conclusione, come il provvedimento in esame non preveda alcuna seria verifica sull'effettiva integrazione del minore straniero, ritenendo sia illusorio pensare che la frequentazione di uno o più cicli scolastico possa garantirla, considerati i gravi problemi di cui è afflitta la scuola.
Felice Maurizio D'ETTORE (CI), con riferimento alle precisazioni rese dal relatore circa le motivazioni del parere contrario espresso sull'emendamento 1.45, osserva come l'avverbio «legalmente» debba ritenersi equivalente all'avverbio «regolarmente», alla luce sia dei testi normativi in materia, in cui le due espressioni sono utilizzate con un significato analogo, sia della giurisprudenza. Cita, in particolare, l'ordinanza del tribunale di Roma del 18 gennaio 2021, nella quale si fa riferimento al concetto di legalità e regolarità dell'ingresso nel territorio nazionale, la pronuncia della sezione penale della Corte di cassazione del 3 luglio 2018 sul procurato ingresso illegale e la pronuncia del tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento del 14 gennaio 2022 relativa all'accertamento del requisito della permanenza legale nel territorio nazionale per almeno dieci anni.
Rileva quindi come le obiezioni del relatore circa il carattere ultroneo della proposta emendativa in esame possano astrattamente essere plausibili, ma non tengano conto della giurisprudenza in materia, dalla quale emerge come le nozioni di ingresso illegale e ingresso irregolare siano equivalenti.
Sottolinea come il parere contrario del relatore sulle proposte emendative sia pertanto presumibilmente fondato su motivazioni di merito, legittime a pari delle proposte emendative volte a rendere maggiormente stringente il requisito della frequenza dei cicli di istruzione.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, richiama le considerazioni precedentemente svolte, ricordando come, ai sensi del DPR n. 572 del 1993, recante il regolamento di esecuzione della legge n. 91 del 1992, si considera legalmente residente nel territorio nazionale chi vi risieda avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti in materia di ingresso e di soggiorno. Ribadisce, pertanto, che l'aggiunta della parola «legalmente» prevista dall'emendamento Ravetto 1.45 è da ritenersi ultronea.
Laura BOLDRINI (PD), replicando alle precedenti considerazioni del deputato Prisco, rileva come i provvedimenti di sanatoria, vale a dire di regolarizzazione, siano stati adottati principalmente da Governi di destra.
Augusta MONTARULI (FDI) contesta le affermazioni della deputata Boldrini, giudicandole false, e ricorda la sanatoria introdotta con la cosiddetta «legge Turco-Napolitano».
Laura BOLDRINI (PD) ribadisce come le sanatorie siano state adottate principalmente da Governi di destra, ricordando quella del 2002, prevista dalla cosiddetta «legge Bossi-Fini», e quella del 2009, promossa dall'allora Ministro dell'interno Maroni. Sottolinea come tali sanatorie abbiano riguardato un milione di persone che erano entrate irregolarmente nel territorio nazionale. Ritiene, al riguardo, che sia preferibile utilizzare l'espressione «ingressi irregolare» anziché «ingresso illegale».
Sottolinea come l'ingresso irregolare non precluda, secondo la legislazione vigente, la possibilità di richiedere la cittadinanza, rilevando, ad esempio, come coloro che hanno fruito delle regolarizzazioni non siano certo esclusi dalla possibilità di richiedere la cittadinanza, sussistendo i requisiti previsti dalla legge, quale ad esempio la residenza per almeno dieci anni, nonostante siano entrati nel territorio nazionale in modo irregolare.
Ricorda come il meccanismo delineato dalla legge Bossi-Fini preveda una richiesta nominativa da parte del datore di lavoro, formulata prima che lo straniero abbia lasciato il proprio Paese di origine e come tale meccanismo sia di fatto inattuabile, in quanto il datore di lavoro dovrebbe assumere un dipendente senza neppure conoscerlo. Osserva come sia del tutto evidente che nessuno affiderebbe mai un compito delicato, quale ad esempio quello di prendersi cura dei propri figli, a una persona sconosciuta Pertanto, nella prassi, il meccanismo previsto dalla legge Bossi-Fini è stato aggirato attraverso l'istaurazione di rapporti di lavoro in nero con persone che avevano fatto ingresso in Italia con visti turistici o per motivi di studio, le quali, dopo aver fruito della regolarizzazione, facevano rientro nel proprio Paese di origine per essere poi richiamate nominativamente. Osserva, dunque, come la legge Bossi-Fini non abbia certo favorito l'integrazione e come, al contrario, sia disfunzionale rispetto a tale obiettivo.
In tale contesto sottolinea come l'emendamento Ravetto 1.45 precluderebbe la possibilità di richiedere la cittadinanza a tutti coloro che si trovano in Italia avendovi fatto ingresso irregolarmente ed avendo successivamente fruito delle regolarizzazioni, vale a dire a circa il 90 per cento degli stranieri presenti nel nostro Paese.
Matteo MAURI (PD) rileva come il merito dell'emendamento 1.45, indipendentemente dagli aspetti formali, sui quali non si sofferma, contrasti con la tesi finora sostenuta dalla Lega, e in particolare dal deputato Iezzi, vale a dire quella per cui è necessario concentrarsi sull'accertamento dell'avvenuta integrazione dello straniero. Osserva, infatti, come la proposta emendativa faccia riferimento allo stato del minore al momento del suo ingresso nel territorio nazionale, a prescindere dal fatto che il minore che richiede la cittadinanza abbia compiuto o meno un effettivo percorso di integrazione. Sottolinea quindi come le modalità di ingresso nel Paese non incidano in alcun modo sul livello di integrazione raggiunto dal minore, e rileva peraltro come la responsabilità di un eventuale ingresso irregolare non possa certo essere addebitata al minore stesso, specialmente nel caso in cui tale ingresso abbia avuto luogo nei primi anni di vita.
Invita pertanto i presentatori dell'emendamento a una riflessione, in quanto esso contraddice le tesi sostenute dal deputato Iezzi sull'importanza dell'integrazione, e sottolinea come negli ultimi anni, mentre alcune forze politiche si sono spese per facilitare l'integrazione, altre, incidendo sulle risorse destinate a tale scopo, si sono mosse nella direzione opposta.
Laura RAVETTO (LEGA) chiede l'accantonamento del suo emendamento 1.45, ritenendo necessaria una riflessione sul rapporto tra il testo in esame e la legislazione in materia di integrazione e tutela dei minori. Rileva, infatti, come il tema dell'integrazione dei minori sia del tutto diverso rispetto a quello della cittadinanza, la quale può essere riconosciuta soltanto previa verifica dell'effettiva integrazione e non costituisce di per sé un titolo per ritenere compiuta tale integrazione.
Ritiene che riconoscere la cittadinanza a chi è entrato illegalmente nel territorio nazionale costituirebbe un messaggio sbagliato e pericoloso e ribadisce come tale tema non abbia nulla a che vedere con la tutela dei minori, che è garantita a tutti attraverso una legislazione ad hoc.
Sottolinea inoltre come consentire il riconoscimento della cittadinanza a chi è entrato illegalmente nel Paese costituirebbe un messaggio pericoloso anche nei confronti degli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza con fatica e sacrificio, nel rispetto delle leggi. Rileva, peraltro, come nel caso di ingresso illegale, diverrebbe ardua la determinazione dell'effettivo tempo di permanenza nel territorio nazionale.
Si chiede quindi quali possano essere, nell'ottica di coloro che si oppongono alla proposta emendativa in esame, coloro che verrebbero penalizzati dalla specificazione dell'ingresso legale quale condizione per ottenere la cittadinanza, e ricorda al riguardo come un titolo di ingresso legale può ben essere costituito dal ricongiungimento familiare e come in materia vi sia un'interpretazione estensiva da parte della giurisprudenza.
Ribadisce nuovamente come il tema della cittadinanza vada tenuto distinto dal tema della tutela dei minori, ad esempio per quanto riguarda l'istruzione e l'assistenza sanitaria, garantita, attraverso specifici strumenti normativi, a tutti i minori.
Matteo MAURI (PD) osserva come, già sulla base della vigente legge sulla cittadinanza, l'ingresso irregolare non precluda la possibilità di ottenere la cittadinanza e come, dunque, sotto questo profilo il provvedimento all'esame della Commissione non rechi alcuna innovazione. Rileva, infatti, come, ad esempio con la presentazione della domanda di protezione internazionale o in virtù dei vari provvedimenti di regolarizzazione adottati nel corso degli anni, chi ha fatto ingresso irregolare nel territorio nazionale possa comunque permanervi legalmente e, decorso il periodo richiesto dalla legge, richiedere la cittadinanza.
Rileva come la proposta emendativa 1.45 negherebbe la possibilità di ottenere la cittadinanza a coloro che siano entrati in Italia, da soli o con i genitori, in maniera irregolare, pur non potendo evidentemente, data la loro età, essere considerati responsabili di tale ingresso irregolare, e ribadisce come le modalità dell'ingresso nel territorio nazionale non abbiano nulla a che vedere con il livello di integrazione raggiunto al fine di ottenere la cittadinanza, ben potendo verificarsi il caso che non sia meritevole della concessione della cittadinanza chi sia entrato regolarmente nel territorio nazionale e che, viceversa, lo sia chi vi ha fatto ingresso irregolarmente ma abbia successivamente compiuto un percorso di integrazione.
Laura RAVETTO (LEGA) chiede nuovamente l'accantonamento del suo emendamento 1.45, in quanto nel corso dell'esame sono emerse talune problematiche riguardanti la formulazione del testo unificato al quale si riferisce la proposta emendativa e che interessano anche la normativa vigente in materia di cittadinanza citata dal relatore.
Si domanda quale sia la ratio di un intervento normativo che esclude il requisito dell'ingresso legale, ma preveda al contempo che il soggetto interessato all'acquisto della cittadinanza abbia risieduto legalmente e senza interruzioni nel Paese, ritenendo che, senza l'introduzione del requisito dell'ingresso legale nel Paese, la formulazione del testo unificato risulterebbe illogica. Sollecita quindi la Commissione ad approfondire ulteriormente la legislazione vigente, anche a beneficio della valutazione che tutti i gruppi dovranno fare sugli altri emendamenti.
Gianni TONELLI (LEGA), intervenendo sull'emendamento Ravetto 1.45, dopo aver ricordato i dati concernenti l'acquisto della cittadinanza italiana negli ultimi dieci anni, ribadisce la contrarietà del suo gruppo all'intervento normativo proposto. Considerando il numero di persone che acquistano la cittadinanza ogni anno, sottolinea come non sussistano ragioni effettive per rivedere la disciplina in materia di cui alla legge n. 91 del 1992. Ritiene, dunque, che i gruppi del centrosinistra stiano cercando di promuovere una riforma della legge vigente per meri motivi ideologici.
Richiama altresì l'esigenza di mantenere i requisiti per l'acquisto della cittadinanza e che quindi siano previste le opportune verifiche per controllare la sussistenza di tali requisiti ed evitare che l'acquisto della cittadinanza sia rivolto indistintamente a chiunque.
Concludendo il suo intervento, rileva come chi non è cittadino possa già godere di tutti i diritti ad eccezione del diritto di voto, rilevando quindi siano altre le priorità da tenere in considerazione prima di modificare la normativa vigente, come suggerito dal testo unificato.
Igor Giancarlo IEZZI (LEGA) fa presente che l'emendamento Ravetto 1.45, introducendo il requisito dell'ingresso legale nel territorio nazionale, non possa essere considerato analogo a quanto previsto dalla disciplina vigente. Contrariamente alla posizione espressa dal relatore, ritiene quindi che l'emendamento Ravetto 1.45 non sia ultroneo, ma sia invece dotato di una portata normativa propria, ulteriore rispetto al requisito della residenza legale contemplato dal provvedimento in esame.
Replicando inoltre al deputato Mauri sulle risorse destinante all'integrazione ed alle eventuali riduzioni di tali risorse, che sarebbero state attuate dai cosiddetti decreti Salvini, considera queste affermazioni prive di ogni fondamento. Chiarisce infatti che la riduzione di quelle risorse non è imputabile all'allora Ministro Salvini, ma sarebbe avvenuta ad opera del successivo Governo di cui faceva parte il deputato Mauri in qualità di Viceministro. Rileva come le scelte compiute da quel Governo abbiano, tra l'altro, compromesso l'efficacia dei programmi di integrazione a cui quelle risorse erano finalizzate, in quanto questi tali risorse sono state utilizzate non a beneficio di chi permane in Italia ed intende acquisire la cittadinanza, ma a favore di chiunque entra nel nostro Paese, aumentando in tal modo gli stanziamenti per lo svolgimento dei corsi di integrazione svolti dalle realtà associative operanti in tale settore riconducibili all'area del centrosinistra, con finalità di carattere elettoralistico.
Rammenta come le misure proposte dalla Lega fossero invece indirizzate a chi avesse un effettivo interesse all'acquisto della cittadinanza italiana, mentre quelle promosse dai governi di centrosinistra avessero priorità e obiettivi di altro genere, come quelle di concedere a chiunque di vivere in Italia e di elargire risorse agli enti operanti in quel settore, osservando al riguardo come i dati dimostrino la fondatezza delle sue argomentazioni, in quanto solo una minima parte di chi frequenta tali corsi di integrazione chieda ed ottenga la cittadinanza.
Simona BORDONALI (LEGA) chiede l'accantonamento dell'emendamento Ravetto 1.45, per consentire ulteriori occasioni di dibattito ai gruppi parlamentari alla luce della pluralità di punti di vista che sono emersi nella seduta.
Giuseppe BRESCIA, presidente e relatore, non ritiene di accogliere la richiesta di accantonamento dell'emendamento Ravetto 1.45.
Edoardo ZIELLO (LEGA) sottolinea come, nel valutare il provvedimento in esame, la Commissione debba tenere conto anche delle norme in vigore nelle regioni, invitando a considerare l'emendamento Ravetto 1.45 non solo per la parte che fa riferimento all'ingresso legale nel territorio nazionale, ma anche per la parte che richiede la residenza «senza interruzioni».
Nello specifico, fa notare come l'emendamento Ravetto 1.45 preveda uno dei requisiti che sono disciplinati nella normativa della regione Toscana per regolamentare le procedure di assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica. Osserva quindi come la scelta compiuta dall'amministrazione regionale guidata dal Partito Democratico sia diversa rispetto alle posizioni assunte dai gruppi parlamentari, promotori della riforma della legge n. 91 del 1992, che si sono dichiarati contrari all'emendamento Ravetto 1.45. Rileva infatti come la Regione Toscana conceda un alloggio di edilizia pubblica solo a chi abbia residenza «esclusiva» e «ininterrotta» e come l'emendamento Ravetto 1.45 introduca un requisito analogo per l'acquisto della cittadinanza. Ritiene dunque incoerente l'approccio delle forze politiche che si oppongono all'emendamento Ravetto 1.45, ma hanno approvato norme analoghe a livello locale.
Sollecita pertanto il relatore ad accantonare l'emendamento Ravetto 1.45 per consentire ulteriori approfondimenti in merito.
Augusta MONTARULI (FDI) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sull'emendamento Ravetto 1.45, ritenendo necessario prevedere che l'ingresso del minore straniero, ai fini del riconoscimento della cittadinanza, avvenga legalmente.
Dopo aver fatto notare che, altrimenti, si premierebbe ingiustamente chi non rispetta le regole, ritiene necessario elaborare un testo che contempli la previsione di effettivi requisiti di integrazione.
Felice Maurizio D'ETTORE (CI), associandosi a talune considerazioni svolte dal deputato Ziello, osserva come l'emendamento Ravetto 1.45, richiamando i concetti di residenza ininterrotta, si ponga in linea con un orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, nonché con gli indirizzi ministeriali seguiti in materia.
Dopo aver osservato, peraltro, come, in materia di riconoscimento del diritto all'assegnazione di un alloggio di edilizia pubblica, il requisito della residenza ininterrotta, richiesto dall'emendamento in questione, sia già ampiamente previsto a livello locale, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sull'emendamento Ravetto 1.45.
La Commissione respinge l'emendamento Ravetto 1.45.
Giuseppe BRESCIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.15.
ALLEGATO
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza. (Testo unificato C. 105 Boldrini, C. 194 Fitzgerald Nissoli, C. 221 La Marca, C. 222 La Marca, C. 717 Polverini, C. 920 Orfini, C. 2269 Siragusa, C. 2981 Sangregorio e C. 3511 Ungaro).
RELAZIONE TRASMESSA DAL GOVERNO
In relazione all'emendamento Ravetto 1.29, che sostituisce il capoverso 2-bis della lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del testo unificato, si esprime parere contrario in relazione ai seguenti aspetti:
Frequentato almeno due cicli d'istruzione secondo il sistema scolastico italiano
L'emendamento, ancorando il riconoscimento dello status civitatis alla «frequentazione», si presta a diversi sbocchi interpretativi.
Il nostro ordinamento prevede due cicli di istruzione (legge 28 marzo 2003, n. 53). Il primo dura 8 anni e ricomprende la scuola primaria (per alunni da 6 a 11 anni) e la scuola secondaria di primo grado (per alunni da 11 a 14 anni). Il secondo ciclo prevede due tipi di percorsi di durata variabile da 3 a 5 anni: la scuola secondaria di secondo grado (quinquennale per gli studenti da 14 a 19 anni) e i percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) di competenza regionale (di 3 o 4 anni), rivolti a coloro che hanno concluso positivamente il primo ciclo di istruzione.
Ciò posto, per come è formulata la proposta, non risulta chiaro se il requisito della «frequentazione» si realizzerebbe soltanto qualora lo straniero abbia completato integralmente i predetti cicli e quindi abbia frequentato la scuola italiana per 11 anni (fino a un massimo di 13 anni a seconda del percorso prescelto) oppure se possa trovare riconoscimento anche il periodo d'istruzione svolto nel paese di origine.
Questa duplice possibilità interpretativa comporta indubbie difficoltà applicative, ancor più se rapportata al dato oggettivo dei 5 anni di frequenza nel territorio nazionale previsto dal testo base.
Almeno due cicli d'istruzione
Alla luce dell'attuale sistema d'istruzione, come sopra descritto, la proposta presenta due criticità.
In primo luogo, si realizzerebbe una compressione del diritto allo studio (art. 34 Cost.) e una discriminazione (art. 3 Cost.) tra coloro che hanno deciso di intraprendere il percorso di formazione professionale che si conclude a 17 o a 18 anni, a seconda dell'indirizzo scelto, e coloro che hanno optato invece per il liceo o l'istituto tecnico o l'istituto professionale, che concludono il percorso a 19 anni.
In questo ultimo caso, poi, e questa rappresenta la seconda criticità, il requisito si perfezionerebbe oltre la maggior età. Conseguentemente, al compimento della maggiore età (18 anni) potrebbero essere pienamente in possesso del requisito solo gli interessati che abbiano frequentato corsi di formazione triennale.
Un'ulteriore variabile scaturisce dalle procedure in tema di iscrizione scolastica.
Per gli stranieri la norma di riferimento è l'articolo 45 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
La norma attribuisce ai minori stranieri(1) presenti sul territorio nazionale il diritto dovere all'istruzione alla stessa stregua dei cittadini italiani, indipendentemente dalla regolarità in ordine al loro soggiorno: gli alunni privi di documentazione anagrafica o in posizione di irregolarità sono iscritti con riserva in attesa della regolarizzazione e l'iscrizione può essere richiesta in qualsiasi momento dell'anno scolastico.
Per decidere a quale classe iscrivere il minore straniero appena arrivato in Italia occorre tener presente una serie di fattori:
l'età anagrafica;
il livello di competenze nei saperi essenziali, anzitutto nella lingua italiana;
la scolarizzazione nel paese di origine.
Il collegio dei docenti ha il compito di attivare interventi iniziali di prima alfabetizzazione e/o di consolidamento delle competenze linguistiche, nonché formulare proposte al consiglio d'istituto per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi.
Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni, specifici interventi individualizzati o per gruppi per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola, ad esempio, nella scuola secondaria di primo grado, è possibile utilizzare le due ore settimanali di insegnamento della seconda lingua straniera per l'apprendimento dell'italiano come lingua veicolare.
Quando manca del tutto la conoscenza della lingua italiana può essere valutato l'inserimento nella classe precedente rispetto a quelle anagrafica (articolo 45, comma 2, lettera a), allungando in tal modo la durata del ciclo di studi.
Può al compimento della maggiore età avanzare istanza di cittadinanza italiana
L'uso del verbo «può» ingenera confusione con i casi di cui all'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, di concessione della cittadinanza da parte del Ministero dell'interno, di natura discrezionale. La collocazione della disposizione nell'articolo 4 presenterebbe, inoltre, un disallineamento rispetto al sistema normativo vigente, in quanto tale articolo disciplina i casi di riconoscimento di un diritto soggettivo ad opera dell'ufficiale di stato civile, organo a cui la legge non attribuisce alcuna valutazione discrezionale sul predetto riconoscimento.
Ingresso entro il decimo anno di età
L'abbassamento a 10 anni di età del termine entro cui il minore straniero deve aver fatto ingresso in Italia pone, sul piano applicativo, un ulteriore problema di coordinamento con le previsioni in materia di naturalizzazione. Tale condizione, unitamente a quella relativa al completamento dei due cicli di istruzione a 19 anni, configura un'ipotesi sovrapponibile, nel concreto, a quanto previsto dal citato articolo 9, comma 1, lett. f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91 che, ai fini della concessione della cittadinanza, richiede che lo straniero risieda legalmente sul territorio italiano da almeno 10 anni. Nel caso del minore che ha fatto ingresso ad esempio a 9 anni, il requisito del completamento degli studi a 19 anni e quello della residenza ininterrotta per 10 anni sarebbero coincidenti, con conseguente ambiguità applicativa.
Minore straniero nato in Italia
La proposta si applicherebbe anche al minore straniero nato in Italia, per il quale l'attuale comma 2 dell'articolo 4 prevede che, qualora abbia risieduto legalmente senza interruzioni sul territorio italiano, diviene cittadino al raggiungimento della maggiore età, a seguito di una mera dichiarazione da rendere all'ufficiale di stato civile entro un anno dalla suddetta data.
Laddove trovasse accoglimento l'emendamento in parola, infatti, resterebbe dubbia quale disposizione applicare nel caso dello straniero nato in Italia, che abbia optato per la scuola secondaria di secondo grado e abbia raggiunto la maggiore età prima di completare il secondo ciclo scolastico.
Capoverso 2-ter
L'emendamento non interviene sul successivo capoverso 2-ter previsto dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del testo base, il quale, qualora la proposta fosse accolta, si presenterebbe privo di coordinamento con le disposizioni contenute nell'articolo 4 della legge n. 92 del 1991, così modificato.
In ragione di quanto argomentato, le disposizioni proposte potrebbero favorire diversificate incertezze applicative e situazioni di disparità di trattamento.
In relazione ai diversi profili evidenziati, appare evidente il rischio di un significativo incremento del contenzioso in materia, a cui il Ministero dell'interno dovrebbe far fronte con le risorse finanziarie, strumentali e di personale disponibili a legislazione vigente.
(1) La medesima tutela è garantita ai minori richiedenti protezione internazionale e ai minori figli di richiedenti protezione internazionale (art. 21 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142), nonché ai minori stranieri non accompagnati per i quali è prevista la predisposizione di progetti specifici che si avvalgano del ricorso o del coordinamento di mediatori culturali (art. 14 della legge 7 aprile 2017, n. 47).